XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2006 - A.C. 6177 - Schede di lettura - Articolo 1, commi 233-399 - Tomo 2
Serie: Progetti di legge    Numero: 835
Data: 21/11/05
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Riferimenti:
AC n.6177/14   AS n.3613/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Finanziaria 2006

A.C. 6177

Schede di lettura
Articolo 1, commi 233-399

n. 835

Tomo II

 


xiv legislatura

21 novembre 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato redatto con la collaborazione dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ID0046s2.doc

 


INDICE

 

 

Tomo I

 

TAVOLA DI RAFFRONTO.. 1

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi13

Struttura e oggetto. 14

§      Contenuto. 14

§      Relazioni allegate. 36

Elementi per l’istruttoria legislativa. 37

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. 37

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali37

§      Compatibilità comunitaria. 38

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico. 39

§      Formulazione del testo. 40

La manovra di finanza pubblica per il 2006

§      1. Le previsioni macroeconomiche. 51

§      2. Gli obiettivi di finanza pubblica. 53

2.1     Le previsioni degli organismi internazionali54

§      3. Gli strumenti della manovra. 56

§      4. Le dimensioni della manovra. 57

§      5. Il contenuto. 59

5.1     La copertura. 59

5.2     Gli interventi espansivi63

5.3     Gli interventi relativi ad oneri inderogabili e alla proroga di agevolazioni fiscali63

Schede di lettura (articolo 1, commi 1-232)

§      Articolo 1, commi 1-4 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato)69

§      Articolo 1, commi 5 e 9 (Riduzione degli stanziamenti di bilancio per consumi intermedi e investimenti fissi lordi)75

§      Articolo 1, comma 6 (Contenimento degli incrementi di spesa per consulenze)82

§      Articolo 1, comma 7 (Contenimento degli incrementi di spesa per spese di rappresentanza)86

§      Articolo 1, comma 8 (Contenimento degli incrementi di spesa per auto di servizio)88

§      Articolo 1, comma 10 (Contenimento spesa centri di accoglienza)91

§      Articolo 1, commi 11-12 (Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese)93

§      Articolo 1, comma 13 (Flessibilità del bilancio)98

§      Articolo 1, comma 14 (Fondo per consumi intermedi del Ministero dell’interno)114

§      Articolo 1, comma 15 (Fondo investimenti Forze dell’ordine)115

§      Articolo 1, comma 16 (Fondo funzionamento Arma dei carabinieri)116

§      Articolo 1, comma 17 (Soluzione crisi industriali - ex legge 181)117

§      Articolo 1, comma 18 (Convenzione Poste Italiane Spa per riduzione tasso di interesse sulle giacenze di tesoreria della raccolta postale)119

§      Articolo 1, comma 19 (Rinnovo seggi Consiglio sicurezza Nazioni Unite)121

§      Articolo 1, comma 20 (Personale in servizio MAE per missione IRAQ)122

§      Articolo 1, commi 21-23 (Limitazione dei pagamenti)123

§      Articolo 1, commi 24-26 (Limitazione dei pagamenti dei titolari di contabilità speciali di tesoreria)126

§      Articolo 1, commi 27-29 (Contabilità speciali e conti correnti di tesoreria non movimentati)128

§      Articolo 1, commi 30-32 (Finanziamento delle funzioni già esercitate dagli uffici metrici provinciali e trasferite alle Camere di commercio)132

§      Articolo 1, comma 33 (Limite alle riassegnazioni di entrate)136

§      Articolo 1, comma 34 (Assegnazione di risorse al Consiglio di Stato e ai TAR)138

§      Articolo 1, commi 35-36 (Versamento accantonamenti enti pubblici)139

§      Articolo 1, comma 37 (Debiti pregressi delle amministrazioni centrali dello Stato)143

§      Articolo 1, commi 38-48 (Riduzione dei costi della politica)145

§      Articolo 1, commi 49-55 (Autofinanziamento di alcune autorità indipendenti)163

§      Articolo 1, commi 56-61 (Autofinanziamento delle Agenzie fiscali)176

§      Articolo 1, comma 62 (Rifinanziamento della legge 1° agosto 2002, n. 166, e di ulteriori interventi infrastrutturali)181

§      Articolo 1, comma 63 (Contributi alla Guardia di finanza)185

§      Articolo 1, comma 64 (Immobili vicini all’aeroporto di Milano Malpensa)187

§      Articolo 1, comma 65 (Interventi nel settore ferroviario)190

§      Articolo 1, comma 66 (Sviluppo dell'industria per la difesa)197

§      Articolo 1, comma 67 (Contratto di programma Poste)201

§      Articolo 1, comma 68 (Missioni di pace)205

§      Articolo 1, commi 69-71 (Protezione civile)210

§      Articolo 1, commi 72-74 (Autotrasporto merci)216

§      Articolo 1, comma 75 (Contributo di solidarietà alla Regione siciliana)219

§      Articolo 1, comma 76 (Proroga di agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)222

§      Articolo 1, comma 77 (Proroga di agevolazioni fiscali  per la manutenzione e la salvaguardia dei boschi)236

§      Articolo 1, comma 78 (Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)238

§      Articolo 1, comma 79 (Proroga di agevolazioni fiscali e previdenziali per imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari)241

§      Articolo 1, comma 80 (Proroga agevolazioni fiscali per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina)243

§      Articolo 1, comma 81 (Proroga di termini per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio)245

§      Articolo 1, comma 82 (Proroga dell’esenzione IRPEF per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)249

§      Articolo 1, comma 83 (Limite di deducibilità dei contributi di assistenza sanitaria dal reddito di lavoro dipendente)251

§      Articolo 1, comma 84 (Clausola di salvaguardia)253

§      Articolo 1, comma 85 (Proroga del regime di indetraibilità dell’IVA sugli acquisti di motoveicoli e autoveicoli)255

§      Articolo 1, comma 86 (Proroga esenzioni da imposte e tasse per gli atti relativi alla ricostruzione delle aree terremotate del Belice)258

§      Articolo 1, comma 87 (Proroga regime di esenzione fiscale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza - IPAB)260

§      Articolo 1, comma 88 (Proroga deduzione forfetaria per gli esercenti impianti di distribuzione di carburante)262

§      Articolo 1, comma 89 (Differimento termine TARSU)264

§      Articolo 1, comma 90 (Scambi culturali e scientifici)266

§      Articolo 1, comma 91 (Opere infrastrutturali fiera di Milano)271

§      Articolo 1, comma 92 (Limite minimo al versamento del debito e al rimborso del credito di imposta)273

§      Articolo 1, commi 93-103 (Patto di stabilità interno)275

§      Articolo 1, comma 104 (Retribuzione pensionabile dei componenti delle autorità indipendenti)294

§      Articolo 1, comma 105 (Compartecipazione provinciale e comunale al gettito IRPEF)296

§      Articolo 1, commi 106-107 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2006)298

§      Articolo 1, comma 108 (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici – SIOPE)304

§      Articolo 1, comma 109 (Regolamento finanziario sulle emissioni obbligazionarie dei comuni)308

§      Articolo 1, commi 110-116 (Adeguamento delle risorse contrattuali per il biennio 2004-2005 a seguito del protocollo d’intesa del 27 maggio 2005)312

§      Articolo 1, commi 117-120 (Risorse rinnovi contrattuali per il biennio 2006-2007)317

§      Articolo 1, commi 121-122 (Limiti all’utilizzo di personale a tempo determinato)320

§      Articolo 1, commi 123-131 (Interventi in materia di risorse destinate alla contrattazione integrativa e di lavoro straordinario)325

§      Articolo 1, commi 132-134 e 136-140 (Concorso delle regioni e degli enti locali al contenimento degli oneri di personale)334

§      Articolo 1, comma 135 (Riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali)341

§      Articolo 1, commi 141-154 (Disposizioni per il contenimento degli oneri di personale)342

§      Articolo 1, comma 155 (Vicedirigenza)354

§      Articolo 1, commi 156-158 (Mobilità)356

§      Articolo 1, commi 159-167 (Proroga contratti a tempo determinato)359

§      Articolo 1, commi 168-175 e 177 (Assunzioni di personale)367

§      Articolo 1, comma 176 (Organi di certificazione dei contratti di lavoro)374

§      Articolo 1, commi 178-181 (Dirigenti e personale delle Forze di Polizia)378

§      Articolo 1, commi 182-186 (Gestioni previdenziali)383

§      Articolo 1, comma 187 (Lavoratori industria mineraria siciliana)387

§      Articolo 1, comma 188 (Indennizzo vittime Ustica)393

§      Articolo 1, commi 189-190 (Risorse finanziarie Servizio sanitario nazionale)395

§      Articolo 1, commi 191-195 (Concorso dello Stato al ripiano dei disavanzi regionali e norme sui tempi di attesa. Disposizioni per la razionalizzazione della spesa)398

§      Articolo 1, commi 196-210 (Completamento degli interventi sanitari e miglioramento dell’offerta sanitaria)403

§      Articolo 1, comma 211 (Farmaci di automedicazione)414

§      Articolo 1, commi 212-213 (Norme concernenti l’Agenzia per i servizi sanitari regionali)415

§      Articolo 1, commi 214-216 (Programma edilizia sanitaria)417

§      Articolo 1, commi 217-221 (Ricerca farmaceutica)419

§      Articolo 1, commi 222-227 (Modificazioni alla disciplina recata dal decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56)422

§      Articolo 1, commi 228-231 (Ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio di alcune attività regolate)432

§      Articolo 1, comma 232 (Aggiornamento sanzioni)450

 

 

Tomo II

Schede di lettura (articolo 1, commi 233-399)

§      Articolo 1, commi 233-238 (Fondo solidarietà e famiglia - Assegni per i figli nati o adottati)455

§      Articolo 1, commi 240-243 (5 per mille per volontariato e ricerca)461

§      Articolo 1, commi 244-246 (Indennizzi per i risparmiatori vittime di frodi fiscali)466

§      Articolo 1, comma 247 (Cessione del “quinto”)472

§      Articolo 1, commi 248-249 (Fondo per le adozioni internazionali e contrasto dello sfruttamento sessuale e dell’abuso sessuale dei minori)479

§      Articolo 1, commi 250-251 (Eliminazione della tassa e dell’imposta di bollo sui brevetti)482

§      Articolo 1, commi 252-254 (Detassazione della ricerca)485

§      Articolo 1, commi 255-258 (Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione)490

§      Articolo 1, commi 259-260 (Riduzione del costo del lavoro)499

§      Articolo 1, commi 261-262 (Rideterminazione dei premi assicurativi INAIL)502

§      Articolo 1, commi 263-268 (Distretti)505

§      Articolo 1, commi 269-271 (Banca del Sud)528

§      Articolo 1, commi 272-277 (Categorie di azioni e strumenti finanziari partecipativi)535

§      Articolo 1, comma 278 (Convenzioni per la gestione di interventi a favore delle imprese artigiane)546

§      Articolo 1, commi 279-281 (Trasferimento di autoveicoli)548

§      Articolo 1, comma 282 (Confidi)552

§      Articolo 1, commi 283-284 (Promozione turistica all’estero)554

§      Articolo 1, comma 285 (Edilizia popolare e residenziale)556

§      Articolo 1, commi 286-288 (Personale per le emergenze sanitarie)559

§      Articolo 1, comma 289 (Esclusione dalle limitazioni alla spesa pubblica dei progetti dell’Istituto Nazionale Fauna selvatica)566

§      Articolo 1, comma 290 (Finanziamento Fondo bieticolo nazionale)568

§      Articolo 1, commi 291-292 (Modernizzazione dei settori dell’agricoltura, pesca, acquicoltura alimentazione e foreste)571

§      Articolo 1, comma 293 (Nuove misure per il contenimento della spesa per l'assistenza farmaceutica)575

§      Articolo 1, comma 294 (Ammortizzatori sociali)577

§      Articolo 1, comma 295 (Crediti d’imposta per gli investimenti e le assunzioni)581

§      Articolo 1, comma 296 (Interventi di ristrutturazione di imprese della filiera agroalimentare)585

§      Articolo 1, commi 297-299 (Concentrazione di imprese ed estensione del contributo alle imprese agricole)589

§      Articolo 1, comma 300 (Programma agevolato per la produzione di biodiesel)595

§      Articolo 1, comma 301 (Promozione filiere agro-energetiche)598

§      Articolo 1, comma 302 (Produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali)600

§      Articolo 1, comma 303 (Agecontrol Spa)603

§      Articolo 1, comma 304 (Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese)604

§      Articolo 1, comma 305 (Fondo per esigenze di tutela ambientale)606

§      Articolo 1, comma 306 (Protocollo di Kyoto)608

§      Articolo 1, commi 307-310 (Bonifica e ripristino ambientale)613

§      Articolo 1, commi 311-319 (Danni ambientali e sanzioni)624

§      Articolo 1, commi 320-331 (Contributi per l’editoria)632

§      Articolo 1, commi 332-339 (Rivalutazione di beni d’impresa e di aree edificabili)642

§      Articolo 1, commi 340-341 (Demanio)652

§      Articolo 1, commi 342-351 (Disciplina del giuoco legale con apparecchi da intrattenimento)654

§      Articolo 1, commi 352-367 (Contrasto del giuoco illegale e disposizioni varie in materia di giuochi e scommesse)666

§      Articolo 1, commi 368-369 (Disposizioni in materia di accisa sui tabacchi lavorati)683

§      Articolo 1, comma 370 (Co.co.co. enti vigilati del Ministero politiche agricole)687

§      Articolo 1, comma 371 (Documento unico di regolarità contributiva delle imprese)689

§      Articolo 1, commi 372-373 (Fondo per spese sostenute dalle famiglie per le esigenze degli studenti universitari)690

§      Articolo 1, comma 374 (Istituzione Fondo nazionale per le comunità giovanili presso il Dipartimento politiche antidroga)692

§      Articolo 1, comma 375 (Monitoraggio spese ambientali)694

§      Articolo 1, comma 376 (Assunzioni effettuate da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste)698

§      Articolo 1, comma 377 (Emittenti radiofoniche locali)700

§      Articolo 1, comma 378 (Rete di telecomunicazione GSM per sicurezza traffico ferroviario)704

§      Articolo 1, comma 379 (Bonifica aree industriali)711

§      Articolo 1, commi 380-383 (Vittime criminalità e terrorismo)714

§      Articolo 1, comma 384 (Reti globali di monitoraggio climatico e ambientale)724

§      Articolo 1, comma 385 (Lavoratori marittimi esposti all’amianto)727

§      Articolo 1, comma 386 (All-digital Sardegna e Valle d’Aosta)731

§      Articolo 1, comma 387 (Contributo imprese editrici)736

§      Articolo 1, comma 388 (Fondi speciali)739

§      Articolo 1, commi 389 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)746

§      Articolo 1, comma 390 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)754

§      Articolo 1, commi 391 (Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)757

§      Articolo 1, commi 392 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)763

§      Articolo 1, commi 393 (Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)778

§      Articolo 1, comma 394 (Eccedenze di spesa)780

§      Articolo 1, comma 395 (Fondi unici investimenti)790

§      Articolo 1, comma 396 (Copertura finanziaria)796

§      Articolo 1, commi 397 e 398 (Applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome e coordinamento della finanza pubblica)800

§      Articolo 1, comma 399 (Entrata in vigore)801

 


Schede di lettura
(articolo 1, commi 233-399)

 


Articolo 1, commi 233-238
(Fondo solidarietà e famiglia - Assegni per i figli nati o adottati)

 


233. Al fine di assicurare la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio-economico, è istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo, con una dotazione finanziaria di 1.140 milioni di euro per l'anno 2006, destinata alle finalità previste ai sensi della presente legge.

234. Per ogni figlio nato ovvero adottato nell'anno 2005 è concesso un assegno pari ad euro 1.000.

235. Al fine di contribuire alle spese sostenute nell'anno 2005 dalle famiglie con bambini di età inferiore a tre anni, è erogato un assegno pari ad euro 160 per ogni figlio nato ovvero adottato dal 1o gennaio 2003 al 31 dicembre 2005.

236. Il Ministero dell'economia e delle finanze comunica per iscritto, entro il 15 gennaio 2006, la sede dell'ufficio postale di zona presso il quale gli assegni possono essere riscossi. Gli assegni possono essere riscossi, in deroga ad ogni disposizione vigente in materia di minori, dall'esercente la potestà sui figli di cui ai commi 234 e 235, sempreché residente, cittadino italiano ovvero comunitario.

237. Il Ministero dell'economia e delle finanze e Poste italiane Spa, con apposita convenzione stipulata entro il 10 gennaio 2006 nel limite di spesa di 6 milioni di euro, stabiliscono quanto occorrente per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 236.

238. Per le finalità di cui ai commi da 234 a 237 è autorizzata la spesa di 800 milioni di euro per l'anno 2006.


 

 

L’articolo 44 del testo originario del disegno di legge prevede la costituzione di un Fondo di 1.140 milioni di euro per il 2006 per interventi “volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio economico”.

Dopo un ampio dibattito in ordine alla definizione degli interventi cui destinare le risorse del Fondo, la Commissione Bilancio non ha apportato alcuna modifica al testo iniziale, rinviando all’Assemblea l’approfondimento delle diverse proposte presentate al riguardo [1].

 

In seguito alla presentazione dell’emendamento 1.2000 del Governo, il comma 233, approvato dal Senato, ribadisce l’istituzione del Fondo e lo stanziamento di 1.140 milioni di euro per il 2006, precisando che tale somma è “destinata alle finalità previste ai sensi della presente legge”.

 

I successivi commi 234-238 recano misure di sostegno ai genitori con bambini. In particolare è previsto:

-    un assegno di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato nell’anno 2005 (comma 234);

-    un assegno di 160 euro per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2003 ed il 31 dicembre 2005(comma 235).

 

Si ricorda che il D.L. n. 269 del 2003 (art. 21) [2] aveva assegnato alle donne residenti in Italia – purché cittadine italiane o di Paesi membri della comunità – la somma di 1.000 euro per ogni figlio non primogenito nato o adottato tra il 1° dicembre 2003 e il 31 dicembre 2004.

Si segnala inoltre che la legislazione vigente prevede altri due strumenti di sostegno per i nuclei familiari con bambini:

a)                   l’assegno per il nucleo familiare di cui al D.L. n. 69 del 1988 [3]: trattasi di una prestazione erogata con cadenza mensile, unitamente agli altri elementi della retribuzione o della pensione[4]. L’assegno ha la funzione di integrare la retribuzione dei lavoratori che si trovano in determinate situazioni familiari di reddito. Beneficiari dell’assegno sono:

-       i lavoratori dipendenti che prestino la propria attività nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla nazionalità;

-       i titolari di pensione derivante da un precedente rapporto di lavoro;

-       i lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi.

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare[5], il rispetto di determinati limiti di reddito, la non fruizione di altri trattamenti di famiglia[6].

b)    l’assegno a favore dei nuclei familiari con almeno tre figli minori a carico, istituito dall’art. 65 della legge n. 448 del 1998 per i nuclei familiari:

-       composti da cittadini italiani residenti, con tre o più figli aventi età inferiore ai 18 anni e con una situazione economica determinata in base ai valori del cosiddetto ”Indicatore della situazione economica” (ISE).

 

Per gli interventi sopra descritti sono dettate norme di attuazione; è prevista anche un’apposita convenzione con le Poste italiane (commi 236 e 237) e viene autorizzata la spesa complessiva di 800 milioni di euro nel 2006 (comma 238).

 

Al riguardo la relazione tecnica integrativa quantifica un onere complessivo di 795 milioni di euro per il 2006, di cui 530 milioni per il contributo per i figli nati nel 2005[7] e 258 milioni di euro per l’assegno relativo ai figli nati tra il 2003 e il 2005[8], oltre agli oneri per la convenzione.

 

Si osserva che dalla lettura del disegno di legge e della relazione tecnica integrativa del Governo sembra emergere un problema di coordinamento tra la disposizione di cui al comma 233 e le altre misure introdotte nel corso dell’esame al Senato.

Va segnalato a tale riguardo che la tabella allegata alla relazione tecnica integrativa, concernente la quantificazione degli effetti degli emendamenti approvati dal Senato, indica con il segno (-) l’importo dei 1.140 milioni di euro del Fondo per la famiglia di cui al comma 233. Contestualmente riporta come maggiori oneri:

-                    i 795 milioni di euro per il 2006 per gli interventi a sostegno dei genitori di cui ai commi da 234 a 238, sopra analizzati;

-                    un aumento di 100 milioni di euro della tabella C, Ministero delle infrastrutture e trasporti, con riferimento al rifinanziamento della legge n. 431 del 1998 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili ad uso abitativo)[9];

-        un aumento di 100 milioni di euro della tabella A, Ministero del lavoro.

L’accantonamento di risorse di cui nella tabella A presuppone comunque la predisposizione di un provvedimento di legge con il quale siano definite le misure da finanziare.

 

Considerato che la relazione tecnica fa riferimento all’utilizzo di 995 milioni, appare opportuno un chiarimento sulla destinazione dell’intero importo di 1.140 milioni di euro di cui al comma 233, anche in relazione all’approvazione da parte del Senato di altre disposizioni a favore della famiglia (o di natura sociale).

Si segnalano in particolare le seguenti disposizioni (per un’analisi delle singole norme cfr. le relative schede di lettura):

-        detrazione di imposta per spese sostenute per pagamento rette asili nido (comma 239): 30 mln di euro per il 2006;

-        fondo per le famiglie destinato alle esigenze abitative degli studenti universitari (commi 372 e 373): 25 mln di euro per il 2006;

-        fondo nazionale per le comunità giovanili (comma 374): 5 mln di euro per il 2006.

 

Si sottolinea infine l’opportunità di un approfondimento, alla luce del riparto di competenze stabilito dal titolo V della Costituzione, sulla previsione di un Fondo per la famiglia, volto a realizzare interventi che sono in parte sovrapponibili a quelli realizzati dalle regioni attraverso il Fondo per le politiche sociali [10].


Articolo 1, comma 239
(Detrazioni per spese sostenute dai genitori per asili nido)

 


239. Limitatamente al periodo d'imposta 2005, per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido per un importo complessivamente non superiore a 632 euro annui per ogni figlio ospitato negli stessi, spetta una detrazione dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento, secondo le disposizioni dell'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.


 

 

Il comma in esame, introdotto dal Senato, prevede la detrazione d’imposta del 19 per cento per le spese documentate sostenute dai genitori di bambini che frequentano asili nido.

La detrazione, da effettuarsi in base all’art. 15 del TUIR, è limitata all’anno d’imposta 2005.

La norma prevede un tetto massimo di spesa di 632 euro annui per ciascun figlio ospitato dagli asili nido.

 

La relazione tecnica integrativa quantifica gli effetti finanziari, in termini di cassa, in ragione del meccanismo di saldo/acconto, in misura pari a 30,4 milioni di euro di minori entrate per il 2006 e di 12 milioni di euro di maggiori entrate per il 2007.

 

Si segnala che l’art. 70, comma 6, della legge n. 448 del 2001, e successive modificazioni, aveva previsto per gli anni 2002-2004 la deducibilità dalle imposte sui redditi - in favore dei genitori e dei datori di lavoro - per le spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro gestiti sia dai comuni che dai privati.

 

Si ricorda che sia gli oneri deducibili che le detrazioni d’imposta hanno la funzione di ridurre il carico fiscale gravante sul soggetto.

In particolare, gli oneri deducibili, di cui all’articolo 10 del TUIR, sono rappresentati da determinate fattispecie non aventi un denominatore comune (vi sono, infatti, ricomprese determinate spese mediche, i contributi previdenziali e assistenziali, gli assegni di mantenimento), le quali possono essere portate in diminuzione dal reddito complessivo del soggetto, operando sulla base imponibile dell’imposta.

Le detrazioni d’imposta, di cui all’articolo 15 del TUIR, al contrario, operano una decurtazione dell’imposta lorda, tenendo conto, entro misure prefissate, di oneri sostenuti dal soggetto passivo per il suo stesso mantenimento, ovvero di determinati oneri gravanti su particolari fonti produttive di reddito, nonché di erogazioni liberali effettuate a favore di particolari soggetti per determinate finalità.


Articolo 1, commi 240-243
(5 per mille per volontariato e ricerca)

 


240. Per l'anno finanziario 2006, ed a titolo iniziale e sperimentale, fermo quanto già dovuto dai contribuenti a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, una quota pari al 5 per mille dell'imposta stessa è destinata in base alla scelta del contribuente alle seguenti finalità:

a) sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall'articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

b) finanziamento della ricerca, scientifica e sanitaria, e dell'università;

c) attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente.

241. Resta fermo il meccanismo dell'8 per mille di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222.

242. Le somme corrispondenti alla quota di cui al comma 240 sono determinate sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti, risultanti dal rendiconto generale dello Stato.

243. Con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto e le modalità del riparto delle somme stesse, sentite le Commissioni parlamentari competenti relativamente alle finalità di cui al comma 240, lettera a). Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ad apposite unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze delle somme affluite all'entrata per essere destinate ad alimentare un apposito fondo.


 

 

Il comma 240 prevede l'istituzione di un apposito Fondo in cui far confluire una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, da destinare al perseguimento delle seguenti finalità:

§      sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionale e provinciale, delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori dell'assistenza sociale e socio-sanitaria[11];

§      finanziamento della ricerca, scientifica e sanitaria, e dell'università;

§      attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente.

La destinazione dell’5 per mille è limitata all’anno 2006 ed è a titolo sperimentale.

 

In base al comma 241, tale destinazione del 5 per mille risulta aggiuntiva rispetto alla destinazione dell'8 per mille a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale[12] e di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica, ai sensi dell’articolo 47 della legge n. 222 del 1985 e delle altre disposizioni legislative che hanno esteso tale scelta in favore di altre confessioni religiose.

 

L'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, recante "Disposizioni sugli enti ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi", ha stabilito che a decorrere dal 1990 una quota pari all'otto per mille del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, venga destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.

La scelta relativa all'effettiva destinazione viene effettuata dai contribuenti all'atto della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi; in caso di scelte non espresse dai contribuenti, la destinazione viene stabilita in base alle scelte espresse (articolo 47, terzo comma).

Relativamente all'impiego dei fondi disponibili, il successivo articolo 48 della citata legge n. 222/1985 prevede che tali quote vengano utilizzate:

§       dallo Stato, per interventi straordinari per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali;

§       dalla Chiesa cattolica, per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di Paesi del terzo mondo.

Successive disposizioni legislative hanno previsto che la scelta sulla destinazione dell’otto per mille dell’IRPEF possa essere effettuata anche a favore di altre confessioni religiose[13].


Il comma 242 stabilisce che alla determinazione dell'importo da destinare al Fondo si provvede sulla base degli incassi in conto competenza, relativi alla medesima imposta, risultanti dal rendiconto generale dello Stato e sulla base delle scelte espresse dai contribuenti.

 

Rispetto alla disciplina della quota relativa all’8 per mille, la disposizione in esame non contempla il caso di “scelta non espressa”. Ne consegue che soltanto la quota di reddito specificamente destinata da ciascun contribuente sarà assegnata ad una delle tre tipologie indicate dal comma 240; per l’8 per mille, invece, la quota non espressa viene posta a ulteriore ripartizione in percentuale sulle scelte espresse.

 

La relazione tecnica al disegno di legge (A.S. 3613) stima una maggiore spesa pari a circa 270 milioni di euro nel 2007 (anno di riferimento per la dichiarazione dei redditi del 2006), basandosi sull'ipotesi di una percentuale di contribuenti che presumibilmente effettueranno la scelta, pari al 41%.

 

La relazione indica gli incassi per il 2005 in 131.911 milioni; conseguentemente la quota del 5 per mille è pari a 660 milioni. Considerando che per la quota del 2005, che è riferita alle dichiarazioni dei redditi del 2001, solo il 41% dei contribuenti ha espresso la scelta, applicando tale percentuale anche ai 660 milioni considerati, si ottiene una cifra pari a 270 milioni. La disponibilità dei dati circa le scelte dei contribuenti potrà essere disponibile soltanto nel 2007, anno di presentazione delle dichiarazioni dei redditi del 2006 e di elaborazione dei dati del rendiconto.

 

Infine il comma 243 demanda ad un decreto non regolamentare del Presidente del Consiglio - su proposta dei Ministri dell’istruzione e della salute, di concerto con il Ministro dell’economia - il compito di stabilire le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto e le modalità del riparto stesso, sentite le Commissioni parlamentari competenti “relativamente alle finalità di cui alla lettera a)”, cioè le finalità di sostegno al volontariato.

 

Si osserva che la norma in esame prevede che con un unico DPCM di natura non regolamentare sono stabilite le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto e le modalità del riparto stesso.

Si valuti l’opportunità di prevedere - analogamente a quanto stabilito per l’8 per mille – l’emanazione di un regolamento attuativo che regoli i requisiti soggettivi ed oggettivi e la procedura per essere ammessi al riparto.

 

Si osserva inoltre che, in base alla formulazione della norma, non risulta chiaro se la locuzione “relativamente alle finalità di cui alla lettera a)” si riferisca alla competenza delle Commissioni parlamentari (nel senso che devono esprimere parere le Commissioni competenti in materia di sostegno al volontariato) o all’oggetto del parere (nel senso che il parere delle Commissioni competenti deve avere ad oggetto solo il riparto per finalità di sostegno al volontariato). Sulla base dei lavori svolti al Senato, la seconda interpretazione proposta è quella che appare corretta (è stato infatti approvato presso la Commissione bilancio del Senato un emendamento che prevedeva il parere delle Commissioni riferito testualmente alla lettera a) del comma 240, il cui contenuto è stato trasfuso alla fine del secondo periodo del comma 243 in sede di coordinamento formale).

 

Si ricorda che per la ripartizione della quota a diretta gestione statale dell’8 per mille del gettito IRPEF prevede che entro il 30 settembre di ogni anno il Presidente del Consiglio dei Ministri sottoponga alle competenti commissioni parlamentari, per il parere, lo schema di decreto di ripartizione, con la relativa documentazione. Il Presidente del Consiglio, acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari e comunque decorso il termine a tal fine previsto dai regolamenti parlamentari, adotta il decreto di destinazione dei fondi entro il 30 novembre di ogni anno. Il decreto di ripartizione è altresì pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

 

Infine il comma 243 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a riassegnare, con propri decreti, ad apposite unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze le somme affluite all'entrata per essere destinate ad alimentare l’apposito fondo del 5 per mille.


Articolo 1, commi 244-246
(Indennizzi per i risparmiatori vittime di frodi fiscali)

 


244. Per indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito, è costituito, a decorrere dall'anno 2006, un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il fondo è alimentato con le risorse di cui al comma 246, previo loro versamento al bilancio dello Stato.

245. Ai benefìci di cui al comma 244 sono ammessi anche i risparmiatori che hanno sofferto il predetto danno in conseguenza del default dei titoli obbligazionari della Repubblica argentina.

246. Il fondo è alimentato dall'importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all'interno del sistema bancario e finanziario, definiti con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze; con lo stesso regolamento sono altresì definite le modalità di rilevazione dei predetti conti e rapporti.


 

 

Premessa

I commi da 244 a 246 dell’articolo 1 istituiscono nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo per l’indennizzo dei risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito.

L’indennizzo è esteso ai risparmiatori danneggiati a seguito dell’insolvenza della Repubblica argentina.

Il fondo è alimentato dall’importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all’interno del sistema bancario e finanziario. La nozione di “conto o rapporto dormiente” e le modalità della rilevazione dei conti e rapporti così definiti dovranno essere determinate con regolamento governativo.

 

Si ricorda che l’articolo 27, comma 2, dei progetti di legge in materia di risparmio e mercati finanziari (A.C. n. 2436 e abb.) delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l'istituzione di un fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)       destinazione del fondo all'indennizzo, nei limiti delle disponibilità del fondo medesimo, dei danni patrimoniali, causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, detratti l'ammontare dell'indennizzo previsto dal comma 1 dello stesso articolo 27 eventualmente erogato al soggetto danneggiato e gli importi dallo stesso comunque percepiti a titolo di risarcimento;

b)      previsione della surrogazione del fondo nei diritti dell'indennizzato, limitatamente all'ammontare dell'indennizzo erogato, e facoltà di rivalsa del fondo stesso nei riguardi della banca o dell'intermediario responsabile;

c)       legittimazione della CONSOB ad agire in giudizio, in rappresentanza del fondo, per la tutela dei diritti e l'esercizio della rivalsa ai sensi della lettera b), con la facoltà di farsi rappresentare in giudizio a norma dell'articolo 1, decimo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, ovvero anche da propri funzionari;

d)       finanziamento del fondo esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazione delle norme di cui alla lettera a)e per la violazione delle disposizioni di cui al titolo VI del testo unico bancario di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;

e)       attribuzione della gestione del fondo alla CONSOB;

f)        individuazione dei soggetti che possono fruire dell'indennizzo da parte del fondo, escludendo comunque gli investitori professionali, e determinazione della sua misura massima;

g)       attribuzione del potere di emanare disposizioni di attuazione alla CONSOB.

I depositi bancari cosiddetti “giacenti” o “dormienti”

La situazione attuale

I contratti bancari di deposito sono disciplinati dagli articoli da 1834 a 1838 del codice civile e dalle disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali contenute nel titolo VI del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993).

In particolare, nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà, ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante.

Può accadere che un deposito rimanga lungamente inattivo, per morte o prolungata assenza o incapacità del depositante, qualora gli aventi causa non ne conoscano l’esistenza.

In questo caso, secondo l’interpretazione giurisprudenziale, si applica la prescrizione ordinaria decennale. In tal senso la corte di cassazione, sez. I civ., sent. 3 maggio 1999, n. 4389, Motivazione, 7, argomenta:

-                    ove il diritto del depositante alla restituzione possa essere esercitato in qualsiasi momento, il periodo di prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il depositante poteva richiedere la restituzione, ossia dal giorno stesso della costituzione del rapporto, ovvero da quello dell'ultima operazione compiuta, se il rapporto si sia sviluppato attraverso accreditamenti e prelevamenti: infatti, essendo il diritto alla restituzione un diritto di credito, il suo mancato esercizio dà luogo immediatamente allo stato di inerzia che è il presupposto della prescrizione (v. Cass., 29 gennaio 1979, n. 535; 21 marzo 1963, n. 689);

-                             la disposizione secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere si riferisce soltanto alla possibilità legale dell'esercizio del diritto: quindi, l'impossibilità di fatto di agire non vale ad impedire il decorso della prescrizione. L'ignoranza dell'esistenza del diritto da parte del titolare costituisce un mero impedimento di fatto, che non vale ad impedire il decorso della prescrizione (v. da ultimo, Cass., 7 maggio 1996, n. 4235 che conferma un orientamento del tutto consolidato).

In ogni caso, poiché al deposito sono periodicamente addebitate spese e oneri tributari, ove la loro incidenza sia superiore alla misura dell’interesse accreditato, è verisimile che la somma depositata venga a consumarsi in un periodo di tempo più o meno lungo a seconda della sua entità.

Disposizioni speciali sono previste nell’articolo 1841 del codice civile per le cassette di sicurezza: dopo sei mesi dalla scadenza del contratto – previo avviso all’intestatario – ne è infatti consentita l’apertura, con l’autorizzazione del tribunale e l’assistenza di un notaio. La banca è tenuta a conservare gli oggetti rinvenuti, secondo le disposizioni del tribunale, che può autorizzare la vendita di quanto sia necessario al pagamento di canoni e spese.

La disciplina proposta nel progetto di legge sul risparmio e cenni su ordinamenti esteri

Non esistono attualmente strumenti formali mediante i quali gli eventuali interessati possano venire informati dell’esistenza di un deposito giacente.

A questo si era inteso provvedere nel corso dell’esame dei progetti di legge in materia di risparmio e mercati finanziari, ove, nell’articolo 14 del testo approvato dalla Camera (A.C. n. 2436 e abb.), era stata introdotta una procedura così articolata:

-        dopo cinque anni di inattività del deposito, la banca è tenuta a ricercare l’intestatario o i suoi eredi per chiedere disposizioni;

-                             se dopo un anno non risultino notizie dell’intestatario, la banca procede alla pubblicazione del deposito giacente;

-                             dopo un anno dalla pubblicazione, i depositi giacenti non rivendicati sono trasferiti alla Banca d’Italia, che li custodisce per dieci anni in deposito fruttifero all’interesse legale, pubblicandone l’elenco;

-                             decorso il decennio, le somme non rivendicate sono devolute allo Stato, compresi gli interessi maturati, e destinate in parte al fondo di garanzia per gli investitori e i risparmiatori e in parte al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

I termini suddetti sono abbreviati per i depositi giacenti da almeno dieci anni alla data di entrata in vigore della legge.

 

L’articolo 14 del progetto di legge A.C. n. 2436 e abb. è stato poi soppresso nel corso dell’esame presso il Senato.

 

Disposizioni su questa materia esistono in alcuni ordinamenti esteri, tra cui si richiamano i seguenti:

 

Australia[14]

Con riguardo ai depositi bancari, secondo l’articolo 69 del Banking Act del 1959, i conti di valore superiore a $ 100 giacenti per un periodo di sette anni sono annualmente notificati e versati dalle banche al Tesoro, che ne pubblica l’elenco nella Gazzetta ufficiale. Gli aventi diritto debbono rivolgersi alle banche, cui il Tesoro restituisce le somme rivendicate.

Disposizioni affini riguardano i crediti d’assicurazione sulla vita non riscossi: essi sono trasferiti dopo sette anni allo Stato, cui possono essere richiesti dagli aventi diritto.

Per quanto riguarda i titoli azionari, il Corporations Act del 2001 prevede che le società debbono tenere un registro pubblico; i titoli giacenti per un periodo di sei anni sono notificati alla Australian Securities and Investment Commission (ASIC); il loro elenco è pubblicato nella Gazzetta ufficiale; i dividendi non ritirati dopo lo stesso termine sono notificati agli Stati della Federazione. Dopo un anno dalla pubblicazione, le somme sono consegnate al Registrar General.

Disposizioni analoghe riguardano i proventi della liquidazione di società.

 

Irlanda

Secondo il Dormant Accounts Act 2001 (in vigore dall’aprile 2002)[15], la legge si applica a depositi, conti correnti, certificati di deposito, obbligazioni e simili strumenti, detenuti presso le banche e taluni intermediari finanziari.

È considerato giacente il conto che non ha avuto versamento o ritiro di somme dopo il 31 marzo 1987, oppure – a regime – per un periodo quindici anni.

In questo caso, l’intermediario è tenuto a informare il titolare del conto. Qualora ciò non sia possibile, l’importo è trasferito allo Stato e versato a un Dormant Accounts Fund, gestito dalla National Treasury Management Agency (NTMA), sotto la vigilanza del Ministro per gli affari sociali e della famiglia.

Allo stesso fondo affluiscono i beni di coloro che siano morti senza eredi.

I proventi del fondo sono impiegati per finanziare iniziative di carattere sociale.

 

Spagna

La legge 3 novembre 2003, n. 33, sul patrimonio delle amministrazioni pubbliche, all’articolo 18, ha stabilito che spettano allo Stato i valori, il denaro e gli altri beni mobili depositati presso la Cassa generale dei depositi o presso istituti di credito o altre istituzioni finanziarie, i saldi di conti correnti, libretti di risparmio e simili, rispetto ai quali non siano stati compiuti dall’interessato atti implicanti l’esercizio del diritto di proprietà per una durata di venti anni. Gli enti depositari sono obbligati a comunicarne l’esistenza al Ministero dell’economia, cui spetta gestirli e che può alienarli con il procedimento motivatamente ritenuto più idoneo. La Banca di Spagna, nelle ispezioni, verifica l’adempimento del suddetto obbligo. Le relazioni dei revisori dei bilanci dei suddetti enti debbono dar conto dell’esistenza di tali depositi.

 

Procedure per l’individuazione dei depositi giacenti, su richiesta degli interessati, sono state predisposte anche dalle associazioni bancarie britannica (www.bba.org.uk) ed elvetica (www.swissbanking.org).

Le disposizioni in esame

Il comma 244 dell’articolo 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo per l’indennizzo dei risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito.

 

Si rileva che la disposizione, facendo riferimento ai risparmiatori che abbiano investito sul mercato finanziario, non specifica se debba trattarsi esclusivamente di soggetti nazionali, né se debba aversi riguardo ai soli mercati finanziari italiani o a qualsiasi mercato finanziario

Inoltre, considerato che il risarcimento riguarda le vittime di frodi finanziarie (con esclusione quindi di tutti i casi in cui l’insolvenza non sia stata determinata da comportamenti fraudolenti degli amministratori o degli intermediari), non è precisato come debba individuarsi la sussistenza della frode e del danno ingiusto, che sembrerebbe presupporre un accertamento giurisdizionale definitivo.

 

Il comma 243 estende l’indennizzo ai risparmiatori danneggiati a seguito dell’insolvenza della Repubblica argentina.

 

Si rileva che non è determinato se, con riferimento ai risparmiatori danneggiati, debba trattarsi di soggetti nazionali.

 

Ai sensi del comma 244, il fondo è alimentato dall’importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all’interno del sistema bancario e finanziario. La nozione di “conto o rapporto dormiente” e le modalità della rilevazione dei conti e rapporti così definiti dovranno essere determinate con regolamento governativo.

 

Si rileva che la definizione della nozione di conto o rapporto o bancario “dormiente” è rimessa ad un atto di normazione secondaria, senza che la legge ne determini gli elementi essenziali (almeno la durata della giacenza) agli effetti della loro acquisizione al bilancio dello Stato: ciò potrebbe suscitare riserve in relazione al disposto dell’articolo 42, secondo comma, della Costituzione, che rimette alla legge la determinazione dei modi di acquisto della proprietà e, quindi, anche della prescrizione del relativo diritto.

Inoltre, sarebbe opportuno che il regolamento governativo disciplinasse aspetti ulteriori rispetto a quelli indicati nella disposizione (ad esempio: procedura per il trasferimento del denaro e dei valori dalle banche allo Stato, gestione dei beni trasferiti e del fondo; determinazione della misura dell’indennizzo nonché dei presupposti oggettivi e delle condizioni soggettive richiesti per fruirne).

Sarebbe comunque necessario precisare il riferimento operato all’articolo 17 della legge n. 400 del 1988, che si ritiene riferito al comma 1, atteso che l’atto qui indicato sembra configurarsi come regolamento di attuazione di norma legislativa.

 


Articolo 1, comma 247
(Cessione del “quinto”)

 


247. Al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

     «Le cessioni degli stipendi, salari, pensioni ed altri emolumenti di cui al presente testo unico hanno effetto dal momento della loro notifica nei confronti dei debitori ceduti. Tale comunicazione può essere effettuata attraverso qualsiasi forma, purché recante data certa. Nel caso delle pensioni e degli altri trattamenti previsti nel quarto comma è fatto salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo.»;

b) all'articolo 5, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

     «Le operazioni di prestito concesse ai sensi del presente testo unico devono essere conformi a quanto previsto dalla delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio del 4 marzo 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 2003, e dalla vigente disciplina in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali per i servizi bancari, finanziari ed assicurativi.»;

c) all'articolo 5, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

     «Qualora il debitore ceduto sia una delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, trova applicazione il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per gli atti relativi ai prestiti e alle operazioni di cessione degli stipendi, salari, pensioni e altri emolumenti, secondo le modalità individuate dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui articolo 13-bis, comma 2, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, da emanare entro dieci mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 80 del 2005.»;

d) all'articolo 28, secondo comma, le parole: «a decorrere dal primo del mese successivo a quello in cui ha avuto luogo la comunicazione» sono sostituite dalle seguenti: «nei termini di cui all'articolo 1, sesto comma»;

e) all'articolo 52, secondo comma, le parole: «di cui al presente comma» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al precedente e al presente comma»;

f) all'articolo 55, primo comma, sono soppresse le parole: «38, primo e secondo comma,».


 

 

Il comma in esame apporta alcune novelle al testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni, di cui al D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180.

Le lettere a) e d) del presente comma dispongono che le cessioni, di cui al citato testo unico, degli stipendi, salari e pensioni ed altri emolumenti hanno effetto dal momento della loro comunicazione ai debitori ceduti.

La comunicazione - specifica la novella - può essere fatta in qualsiasi forma, purché rechi una data certa.

Si ricorda che invece l’articolo 28, secondo comma, del testo unico prevede che le cessioni di quote di stipendio o salario hanno effetto a decorrere dal primo del mese successivo a quello in cui ha avuto luogo la comunicazione.

Per le pensioni e gli altri trattamenti di cui all'art. 1, quarto comma, del testo unico, e successive modificazioni[16], si fa inoltre salva la corresponsione della misura corrispondente al trattamento minimo delle pensioni.

Si ricorda che il quarto comma dell’articolo 1 su citato prevede che i pensionati pubblici e privati possono contrarre con banche e intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, prestiti da estinguersi con cessione di quote della pensione fino al quinto della stessa, valutato al netto delle ritenute fiscali e per periodi non superiori a dieci anni.

Si ricorda che le norme in esame concernono anche i pensionati che non siano stati dipendenti pubblici.

La disposizione, seppur non del tutto perspicua, sembrerebbe voler introdurre un ulteriore limite alla cedibilità della pensione: sembrerebbe che non possa cedersi una quota superiore a quella che farebbe scendere la pensione residua al di sotto del trattamento minimo.

Si ricorda che, grazie all’istituto dell’integrazione al trattamento minimo, se dal calcolo deriva una pensione inferiore ad un limite stabilito (“minimo vitale”), al titolare della prestazione viene attribuita una integrazione, sempre che sussistano determinate condizioni legate al reddito posseduto. La pensione “a calcolo” viene integrata, fino a raggiungere l’importo del trattamento minimo stabilito dalla legge.

La normativa in materia ha registrato nel tempo modifiche rilevanti dovute ad interventi legislativi e giurisprudenziali. Dal 1° ottobre 1983 l’integrazione al trattamento minimo è collegata ai limiti di reddito del soggetto interessato (art. 6 della legge n. 638/83) e del coniuge (art. 4 del decreto legislativo n. 503 del 1992).

 

La lettera b) del comma in esame prevede che le operazioni di prestito effettuate ai sensi del citato testo unico debbano essere conformi alla delibera CICR del 4 marzo 2003 e alla vigente disciplina "in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali per i servizi bancari, finanziari ed assicurativi".

La disciplina legislativa generale in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali per i servizi bancari è contenuta nel titolo VI del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito: TUB).

 

L’articolo 116 stabilisce le forme di pubblicità relativamente ai tassi d’interesse, ai prezzi, alle spese per le comunicazioni alla clientela e ad ogni altra condizione economica relativa alle operazioni e ai servizi offerti dalle banche e dagli intermediari finanziari, compresi gli interessi di mora e le valute applicate per l'imputazione degli interessi. Essi debbono venire esposti in ciascun locale aperto al pubblico. Non può essere fatto rinvio agli usi.

Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, stabilisce le disposizioni relative ai contratti riguardanti i titoli di Stato.

Le informazioni pubblicizzate non costituiscono comunque offerta al pubblico a norma dell'articolo 1336 del codice civile.

L’articolo 117 prescrive la forma scritta per i contratti, a pena di nullità e salve le deroghe indicate dal CICR. Un esemplare di essi dev’essere consegnato al cliente.

I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora. La possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con clausola approvata specificamente dal cliente. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.

La Banca d'Italia può prescrivere che determinati contratti o titoli, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato.

L’articolo 118 disciplina le ipotesi di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali. L’articolo 119 riguarda le comunicazioni periodiche alla clientela.

L’articolo 120 reca disposizioni sulla decorrenza delle valute e sulle modalità di calcolo degli interessi.

Il successivo capo II disciplina il credito al consumo.

Infine, a norma dell’articolo 127, le disposizioni predette sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente.

L’articolo 128 attribuisce le funzioni di controllo alla Banca d'Italia o, per gli intermediari finanziari iscritti nel solo elenco generale previsto dall'articolo 106 TUB, all'Ufficio italiano dei cambi.

 

La citata deliberazione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) del 4 marzo 2003 reca disposizioni sulla disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Essa è stata adottata in attuazione delle norme del titolo VI del citato testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, che conferiscono al CICR poteri normativi, segnatamente, in materia di potere di pubblicità delle operazioni e dei servizi, forma dei contratti, modi e termini delle comunicazioni al cliente relativamente alle modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali, nonché di contenuto e modalità delle comunicazioni periodiche alla clientela.

La disciplina si applica ai contratti e ai servizi bancari e finanziari indicati nell’allegato alla deliberazione medesima, e agli altri rapporti eventualmente determinati dalla Banca d’Italia.

Sono sottoposte ad essa le banche e, per quanto compatibile, gli intermediari finanziari iscritti nelle apposite sezioni dell'elenco generale previsto dall'articolo 106 TUB, i soggetti che esercitano il credito al consumo, i mediatori creditizi, la società Poste Italiane Spa, per le sole attività di bancoposta, e gli istituti di moneta elettronica.

 

In particolare, per quanto riguarda la pubblicità e i contratti, la suddetta deliberazione prescrive agli intermediari di esporre e mettere a disposizione della clientela un avviso contenente l'indicazione dei diritti e degli strumenti di tutela previsti ai sensi del titolo VI del testo unico bancario, e fogli informativi contenenti informazioni sull'intermediario, su tassi, spese, oneri e altre condizioni contrattuali nonché sui principali rischi tipici dell'operazione o del servizio. La Banca d'Italia può individuare operazioni e servizi per i quali, in ragione della particolare complessità, l'intermediario è tenuto a consegnare al cliente il foglio informativo prima della conclusione del contratto. Nel caso di offerta fuori sede, è comunque prescritta la consegna dell'avviso e dei fogli informativi prima della conclusione del contratto. Quando siano usate tecniche di comunicazione a distanza, l'avviso e i fogli informativi sono messi a disposizione della clientela anche mediante tali tecniche.

Gli annunzi pubblicitari dell'intermediario specificano la propria natura di messaggio pubblicitario e indicano che i fogli informativi sono a disposizione della clientela.

In materia di informazione precontrattuale, è previsto che prima della conclusione del contratto il cliente ha diritto di ottenerne una copia completa per una ponderata valutazione.

Per l’adempimento degli obblighi di informazione contrattuale, al contratto dev’essere unito un documento di sintesi delle principali condizioni contrattuali, redatto secondo i criteri indicati dalla Banca d'Italia. Quest’ultima individua altresì le operazioni e i servizi per i quali, in ragione delle caratteristiche tecniche, gli intermediari sono obbligati a rendere noto un «indicatore sintetico di costo» (ISC) comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell'operazione per il cliente.

In via generale i contratti debbono avere forma scritta. La Banca d'Italia può individuare forme diverse per le operazioni e i servizi effettuati sulla base di contratti redatti per iscritto, nonché per le operazioni e i servizi aventi carattere occasionale o comportanti oneri di importo contenuto per il cliente.

Sono altresì disciplinate, per i contratti di durata, la comunicazione delle variazioni contrattuali sfavorevoli alla clientela e le comunicazioni periodiche analitiche sullo svolgimento del rapporto, con l’indicazione del tasso di interesse e delle altre condizioni contrattuali in vigore.

La competenza ad emanare disposizioni di attuazione è rimessa alla Banca d'Italia.

 

Le disposizioni relative alla trasparenza per i servizi assicurativi, già contenute in diverse leggi speciali, sono ora contenute nel codice delle assicurazioni private, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in vigore dal 1° gennaio 2006.

 

Esse sembrano rilevare, per quanto attiene all’oggetto del presente comma, nei casi in cui la cessione debba essere assistita da garanzia assicurativa (prestiti con cessione del quinto della pensione contratti da pensionati pubblici e privati con banche e intermediari finanziari: art. 1, commi terzo, quarto e quinto, e art. 54, primo comma, del testo unico n. 180 del 1950).

Nel caso di prestiti concessi da società di assicurazione ai sensi dell’articolo 15 del testo unico n. 180 del 1950, il contratto, conformemente alla sua natura, dovrebbe essere sottoposto alle regole di trasparenza concernenti i servizi finanziari. Sarebbe tuttavia opportuno un chiarimento a questo riguardo (anche in relazione alla titolarità della funzione di vigilanza), atteso che le disposizioni in materia di trasparenza dei servizi assicurativi riguardano istituti contrattuali di natura assai diversa.

 

Le disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e protezione dell'assicurato sono contenute nel titolo XIII del predetto codice.

 

In particolare, l’articolo 182 disciplina la pubblicità dei prodotti assicurativi, prescrivendo la correttezza dell'informazione e la conformità rispetto al contenuto della nota informativa e delle condizioni di contratto.

L’articolo 183 disciplina le regole di comportamento delle imprese e degli intermediari assicurativi.

Nell'offerta e nell'esecuzione dei contratti essi devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati; acquisire dai contraenti le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative o previdenziali e operare in modo che siano sempre adeguatamente informati; organizzarsi in modo da identificare ed evitare conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da consentire agli assicurati la necessaria trasparenza sui possibili effetti sfavorevoli e comunque gestire i conflitti di interesse in modo da escludere che rechino loro pregiudizio; realizzare una gestione finanziaria indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei contraenti e degli assicurati.

L’articolo 185 prescrive alle imprese di assicurazione di consegnare al contraente, prima della conclusione del contratto e unitamente alle condizioni di assicurazione, una nota informativa contenente le informazioni, diverse da quelle pubblicitarie, che sono necessarie, a seconda delle caratteristiche dei prodotti e dell'impresa di assicurazione, affinché il contraente e l'assicurato possano pervenire a un fondato giudizio sui diritti e gli obblighi contrattuali e, ove opportuno, sulla situazione patrimoniale dell'impresa.

Il contenuto e lo schema della nota informativa sono stabiliti dall’ Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) comprendendovi, oltre alle indicazioni relative all'impresa, le informazioni sul contratto con particolare riguardo alle garanzie e alle obbligazioni assunte dall'impresa, alle nullità, alle decadenze, alle esclusioni e alle limitazioni della garanzia e alle rivalse, ai diritti e agli obblighi in corso di contratto e in caso di sinistro, alla legge applicabile e ai termini di prescrizione dei diritti, alla procedura da seguire in caso di reclamo e all'organismo o all'autorità eventualmente competente, nonché informazioni supplementari riferite a particolari assicurazioni dei rami vita (costi e rischi del contratto, operazioni in conflitto di interesse). Al contraente di un'assicurazione sulla vita sono altresì comunicate, per tutto il periodo di durata del contratto, le informazioni indicate nel regolamento adottato dall'ISVAP con particolare riguardo alle spese, alla composizione e ai risultati della gestione delle attività nelle quali è investito il premio o il capitale assicurato.

I poteri regolamentari, di vigilanza e sanzionatorî rispetto alle materie sopra indicate sono attribuiti all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).

 

La lettera c) dispone che, qualora il debitore ceduto sia una pubblica amministrazione (di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni) trovi applicazione, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, la disciplina di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, "Codice dell'amministrazione digitale", per gli atti relativi ai prestiti e alle operazioni di cessione degli stipendi, salari, pensioni ed altri emolumenti.

 

La lettera e) estende ai dipendenti privati e ai dipendenti pubblici a tempo indeterminato e diversi da quelli statali, considerati nel precedente Titolo II del testo unico, la possibilità di cedere il trattamento di fine rapporto in misura superiore al quinto - possibilità attualmente prevista solo per i dipendenti pubblici a tempo determinato (e sempre diversi da quelli statali summenzionati)-.

 

La lettera f) sopprime per i dipendenti privati e per i dipendenti pubblici diversi da quelli statali summenzionati nonché per i collaboratori in forma coordinata e continuativa (di cui all'articolo 409, primo comma, numero 3), del codice di procedura civile), anche con pubbliche amministrazioni (ivi comprese quelle statali), il rinvio alle norme dell’articolo 38, primo e secondo comma, del testo unico (poste per i medesimi dipendenti statali), relative all'estinzione anticipata della cessione.

Si ricorda che l’articolo 38, primo e secondo comma, del testo unico su citato prevede che, quando siano trascorsi almeno due anni dall'inizio di una cessione stipulata per un quinquennio od almeno quattro anni dall'inizio di una cessione stipulata per un decennio, il cedente ha facoltà di estinguerla mediante versamento dell'intero debito residuo. In tal caso, sull'importo di ciascuna quota mensile di stipendio o salario non ancora scaduta, il cessionario è tenuto a scontare l'interesse per il tempo in cui è anticipato il rispettivo pagamento, calcolando lo sconto allo stesso saggio al quale fu accordato il mutuo.

 


Articolo 1, commi 248-249
(Fondo per le adozioni internazionali e contrasto dello sfruttamento sessuale e dell’abuso sessuale dei minori)

 


248. A favore del Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 1, comma 152, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. Con decreto di natura non regolamentare, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati l'entità e i criteri del rimborso, nonché le modalità di presentazione delle istanze. In ogni caso, i rimborsi non possono superare l'ammontare massimo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

249. Per il finanziamento annuale delle spese relative al coordinamento delle attività di contrasto dello sfruttamento sessuale e dell'abuso sessuale dei minori di cui all'articolo 17 della legge 3 agosto 1998, n. 269, come rideterminato dall'articolo 80, comma 36, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.


 

 

Il comma 248 reca disposizioni relative al finanziamento del Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali per gli anni 2006, 2007 e 2008.

 

Il Fondo è stato istituito dalla legge finanziaria 2005 (articolo 1, comma 152 della legge 30 dicembre 2004, n. 311) al fine di garantire i rimborsi delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione di minori stranieri prevista ai sensi del capo I, titolo III, della legge 4 maggio 1983, n. 184, recante "Diritto del minore ad una famiglia". Il richiamato articolo della finanziaria 2005 ha disposto il finanziamento del Fondo per il solo 2005 per un ammontare complessivo non superiore ai 10 milioni di euro; il successivo D.P.C.M. 28 giugno 2005, adottato su proposta del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha determinato entità, criteri e modalità di presentazione delle istanze per ottenere i rimborsi delle spese sostenute per l'adozione di minori stranieri nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2004.

 

Il comma in esame rifinanzia il Fondo in oggetto per il triennio 2006-2008, confermando l'ammontare massimo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni indicati e stabilendo, analogamente alla previsione normativa della finanziaria 2005, che un successivo decreto di natura non regolamentare disponga in ordine all'entità, ai criteri ed alle modalità di presentazione delle domande di rimborso.

 

Il comma 249 dell’articolo 1 dispone il rifinanziamento delle spese relative al coordinamento delle attività e degli interventi di contrasto ai fenomeni di sfruttamento e di abuso di tipo sessuale a danno dei minori - di cui all'articolo 17 della legge 3 agosto 1998, n. 269 - per un ammontare complessivo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, confermando l'impegno di spesa già previsto in precedenza.

 

La legge 3 agosto 1998, n. 269, recante "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù", all'articolo 17 stabilisce che le funzioni di coordinamento delle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per l'assistenza e la tutela dei minori dallo sfruttamento sessuale e dall'abuso sessuale - fatte salve le previsioni di cui alla legge 28 agosto 1997, n. 285 recante "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza" - siano attribuite alla Presidenza del Consiglio; l’articolo 80, comma 36, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) ha provveduto a disporre il rifinanziamento di dette funzioni per una spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Con la decisione n. 803/2004/CE, del 21 aprile 2004, è stato istituito un programma di azione comunitaria Daphne II (2004-2008) per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio.

Si tratta della seconda fase del programma Daphne inteso a prevenire e combattere tutte le forme di violenza che si verificano nella sfera pubblica o privata contro i bambini, i giovani e le donne mediante misure preventive e sostegno alle vittime e ai gruppi a rischio, e in particolare la prevenzione dell’esposizione futura alla violenza. Il programma, la cui dotazione finanziaria è di 50 milioni di euro - di cui 29 milioni per il periodo fino al 31 dicembre 2006 -, è inoltre inteso ad assistere ed incoraggiare le organizzazioni non governative e le altre organizzazioni attive nel settore.

 

Il programma prevede, tra l’altro, le seguenti azioni transnazionali:

§      individuazione e scambio di migliori pratiche ed esperienze operative;

§      indagini analitiche per categoria, studi e ricerche;

§      finanziamento dell’attuazione di metodi, moduli di formazione e assistenza (psicologica, medica, sociale, scolastica, giuridica e finalizzata alla reintegrazione) che coinvolgano direttamente i beneficiari;

§      costituzione di reti multidisciplinari durature;

§      formazione ed ideazione di strumenti didattici sulla prevenzione della violenza e sul trattamento positivo;

§      elaborazione ed attuazione di programmi di trattamento destinati alle vittime e alle persone a rischio nonché agli autori di atti di violenza;

§      azioni di sensibilizzazione rivolte a un pubblico specifico.

 

Il 6 aprile 2005 la Commissione ha presentato una proposta di decisione per istituire il programma “Lotta contro la violenza (Daphne) e prevenzione e informazione in materia di droga per il periodo 2007-2013” (COM(2005)122) come parte del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”[17], al fine di contribuire al rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Il programma, relativo al periodo 2007-2013, persegue l’obiettivo generale di contribuire alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, combattendo la violenza, prevenendo e riducendo l’uso della droga, la tossicodipendenza e gli effetti nocivi connessi. In tale contesto il programma prevede i seguenti obiettivi specifici:

§      prevenire e combattere tutte le forme di violenza che si verificano nel settore pubblico o privato contro i bambini, i giovani e le donne, adottando misure preventive e sostenendo le vittime e i gruppi a rischio;

§      assistere e incoraggiare le ONG e le altre organizzazioni attive nella protezione contro la violenza;

§      sviluppare e attuare azioni di sensibilizzazione;

§      diffondere i risultati ottenuti nell’ambito dei due programmi Daphne;

§      individuare e rafforzare le azioni che contribuiscono al trattamento positivo delle persone vulnerabili alla violenza.

La proposta di decisione verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.


Articolo 1, commi 250-251
(Eliminazione della tassa e dell’imposta di bollo sui brevetti)

 


250. Gli articoli 9 e 10 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative, di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, sono abrogati.

251. Nella tabella di cui all'allegato B annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni, relativa agli atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto, dopo il numero 27-ter è aggiunto il seguente:

«27-quater. Istanze, atti e provve­dimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, di brevetti per modelli di utilità e di brevetti per modelli e disegni ornamentali».


 

 

I commi 250 e 251 prevedono, rispettivamente, la soppressione della tassa sui brevetti e l’esenzione dall’imposta di bollo per istanze, atti e provvedimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali

 

In particolare, il comma 250 abroga gli articoli 9 e 10 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative approvata con il decreto del Ministro delle finanze del 28 dicembre 1995[18], riguardanti gli atti soggetti alla tassa sui brevetti.

 

Ai sensi dell’articolo 9 della predetta tariffa, sono sottoposti a tassa di concessione governativa i seguenti atti:

-        brevetto per invenzioni industriali;

-        licenza obbligatoria su brevetti per invenzioni industriali;

-        trascrizione di atti relativi ai brevetti.

Ai sensi dell’articolo 10 della medesima tariffa sono invece sottoposti a tassa di concessione governativa:

-        brevetto per modelli di utilità;

-        brevetto per modelli e disegni ornamentali.

Si ricorda che l'allegato 2-ter alla legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), aggiunto dall'allegato al D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 7 dello stesso decreto-legge, aveva disposto fra l’altro l'aumento dell'importo della tassa di concessione governativa sui brevetti, con decorrenza dal 1° febbraio 2005.

 

Si segnala che la presente disposizione, nell'abrogare i citati articoli 9 e 10 della tariffa sulle concessioni governative, non interviene rispetto all'articolo 9-bis della stessa tariffa, che assoggetta a tassa di concessione la privativa per nuove varietà vegetali.

 

L'invenzione industriale è la soluzione ad un problema tecnico non ancora risolto. Essa si realizza come un nuovo metodo o processo di lavorazione industriale, uno strumento, utensile o dispositivo meccanico che costituisce un'innovazione rispetto allo stato della tecnica, atto ad essere applicato in campo industriale.

Il modello di utilità consiste in un ritrovato che fornisce particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti.

Per disegno o modello s'intende, invece, l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento.

 

Secondo la relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3613), la presente disposizione mira a incentivare la registrazione di brevetti, eliminando un onere che può influire negativamente sulla quantità delle registrazioni.

Va tuttavia considerato che una parte del gettito delle tasse sui brevetti deriva dalle cosiddette “annualità”, cioè dagli importi corrisposti per il mantenimento dell’esclusiva: tali importi aumentano con il passare del tempo, al fine di rendere più onerosa la conservazione dell’esclusiva su tecnologie già sfruttate, impedendo l’iniziativa da parte di soggetti diversi.

Per quanto concerne i brevetti appartenenti a stranieri, poiché il meccanismo delle annualità favorisce l’abbandono di brevetti non più attuali o non sufficientemente remunerativi, esso finisce per agevolare le imprese nazionali che traggono profitto dalla decadenza di quei diritti d’esclusiva avviando proprie ricerche. Limitatamente a quest’aspetto, l'eliminazione delle annualità potrebbe quindi tradursi in un vantaggio in favore delle imprese straniere, cui non corrisponderebbe un vantaggio analogo per quelle italiane, tenute comunque al pagamento dei diritti d’esclusiva all’estero.

 

Il comma 251 aggiunge il nuovo articolo 27-quater alla tabella di cui all'allegato B annessa al DPR. 26 ottobre 1972, n. 642, recante la disciplina dell’imposta di bollo.

In particolare, per effetto dell'inserimento dell’articolo 27-quater nella tabella riferita ad "atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto", vengono esentate dall'imposta di bollo tutte le istanze, gli atti e i provvedimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali.

L'introduzione dell'esenzione dall’imposta di bollo appare egualmente intesa ad eliminare un possibile disincentivo alla registrazione di nuovi brevetti.

 


Articolo 1, commi 252-254
(Detassazione della ricerca)

 


252. Sono integralmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca, a titolo di contributo o liberalità, dalle società e dagli altri soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES) in favore di università, fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, delle fondazioni e delle associazioni regolarmente riconosciute a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ivi compresi l'ISS e l'ISPESL, nonché degli enti parco regionali e nazionali.

253. Gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito di cui al comma 252 sono esenti da tasse e imposte indirette diverse da quella sul valore aggiunto e da diritti dovuti a qualunque titolo e gli onorari notarili relativi agli atti di donazione effettuati ai sensi del comma 252 sono ridotti del 90 per cento.

254. Al comma 2 dell'articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la lettera c) è abrogata. All'articolo 14 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, il comma 8 è abrogato.


 

 

Le disposizioni dei commi da 252 a 254 sono volte a incentivare le erogazioni liberali nel campo della ricerca da parte delle società e di altri soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES).

 

Si segnala, preliminarmente, che la scelta di modificare una disciplina contenuta in un testo unico senza intervenire espressamente su quest'ultimo, bensì collocando le disposizioni sostitutive in un diverso atto legislativo – per di più di struttura complessa e disomogenea, qual è la legge finanziaria – contrasta con le esigenze di organicità della legislazione e con le vigenti Regole sulla redazione tecnica dei testi legislativi.

 

In particolare, il comma 252 ridisciplina parte della materia trattata nel vigente articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, disponendo che sono totalmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca a:

-                    università;

-                    fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge n. 388 del 2000[19];

Il richiamato articolo 59, comma 3, della legge n. 388 del 2000 prevede che una o più università possano costituire fondazioni di diritto privato con la partecipazione di enti e amministrazioni pubbliche e di soggetti privati. I criteri e le modalità per la costituzione e il funzionamento delle predette fondazioni, con l’individuazione delle tipologie di attività e di beni che possono essere conferiti alle medesime nell'osservanza del criterio della strumentalità rispetto alle funzioni istituzionali, che rimangono comunque riservate all'università, sono stati stabiliti con il regolamento di cui al D.P.R. 24 maggio 2001, n. 254[20];

-                   istituzioni universitarie pubbliche;

-                   enti di ricerca pubblici;

-                   fondazioni e associazioni regolarmente riconosciute ai sensi del D.P.R. n. 361 del 2000, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

Il citato regolamento emanato con il D.P.R. n. 361 del 2000 reca norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto, stabilendo, all'articolo 1, che le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture;

-                   enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, compresi l'Istituto superiore di sanità (ISS) e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);

A norma dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419 (Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali), l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro sono sottoposti alla vigilanza del Ministro della sanità.

Non è pertanto formalmente esatto considerare questi enti “compresi” – come risulterebbe dalla disposizione qui illustrata – nel novero degli “enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.

-                   enti parco regionali e nazionali.

 

L’articolo 100, comma 2, lettera c), del TUIR consentiva la deduzione delle erogazioni liberali in favore delle università e degli istituti d’istruzione universitaria, per un ammontare non superiore al 2 per cento del reddito di impresa dichiarato.

La lettera b) del comma 7 dell’articolo 14 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha modificato la predetta disposizione eliminando la limitazione relativa all’importo dell’erogazione e ha esteso la deducibilità anche alle erogazioni liberali effettuate in favore di fondazioni universitarie, istituzioni universitarie pubbliche, enti di ricerca pubblici, fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto la ricerca scientifica (da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri), nonché degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, compresi l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali.

 

Dal successivo comma 254 viene contestualmente prevista l'abrogazione della disposizione di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, che prevede, in generale, la deducibilità delle erogazioni liberali a favore delle università ed istituzioni ad esse assimilate.

 

In proposito, si osserva che la disposizione abrogata non appare interamente ricompresa nella nuova agevolazione introdotta dal comma 252 qui illustrato, innanzitutto in relazione alla determinazione dei soggetti eroganti. L’articolo 100 del TUIR si applica infatti ai seguenti soggetti, ai sensi delle disposizioni indicate tra parentesi:

1.      persone fisiche titolari di reddito di impresa (art. 56 del TUIR);

2.      società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato (art. 73, co. 1, lett. a), e art. 81 del TUIR);

3.      enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (art. 73, co. 1, lett. b), e art. 81 del TUIR);

4.      enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. c), e art. 146 del TUIR);

5.      società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, ma con stabile organizzazione nel suddetto territorio (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 1, del TUIR);

6.      società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato e senza stabile organizzazione nel suddetto territorio, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 2, del TUIR);

7.      società ed enti non commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 154, co. 1, del TUIR).

Il nuovo comma 252 in esame invece si applica alle società e agli altri soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES)[21], cioè ai soggetti sopra indicati ai punti 2-7, indipendentemente dalla circostanza che l’erogazione sia stata effettuata nell’ambito dell’attività d’impresa. Le persone fisiche (sopra, punto 1) sono in ogni caso escluse dal campo di applicazione della norma in esame (né potrebbero valersi della deduzione attualmente consentita dalla lettera c) del comma 2 dell’art. 100 TUIR, abrogato dal successivo comma 254).

Si segnala inoltre che la nuova agevolazione introdotta dal comma 252 in esame dispone la deducibilità relativamente ai soli "fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca": non appare certo che nella nozione di “fondi” possano rientrare anche le erogazioni diverse da quelle in denaro, che sarebbero invece deducibili secondo la vigente disciplina.

Si rileva altresì che nel medesimo articolo 100, comma 2, del TUIR sono contemplate ulteriori ipotesi di deducibilità parzialmente corrispondenti a quelle qui introdotte:

-        lettera n): le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo;

-        lettera o): le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per la realizzazione di programmi di ricerca scientifica nel settore della sanità autorizzate dal Ministro della salute con apposito decreto.

 

Il comma 253 esenta da tasse, imposte indirette (ad eccezione dell'IVA, per la quale la relazione introduttiva specifica che esiste un vincolo comunitario) e da diritti dovuti a qualunque titolo, gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito indicati al comma 252, riducendo anche del 90 per cento gli onorari notarili relativi agli atti di donazione in parola.

Tale previsione agevolativa sostituisce quella dell'articolo 14, comma 8, del decreto-legge n. 35 del 2005[22], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, che viene pertanto abrogato dal successivo comma 254. Il medesimo comma abroga inoltre, come già ricordato, la lettera c) del comma 2 dell'articolo 100 del TUIR.

 

Anche la disposizione introdotta dal presente comma 253 non appare del tutto sovrapponibile a quella del comma 8 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 35 del 2005, contestualmente abrogato, in quanto quest’ultimo non comprende le fondazioni e associazioni regolarmente riconosciute, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tra i soggetti i cui atti di trasferimento a titolo gratuito sono esenti da tasse, imposte indirette (ad eccezione dell'IVA) e altri diritti.

 

La relazione tecnica afferma che le presenti disposizioni non comportano oneri aggiuntivi, in quanto si tratterebbe della riscrittura di norme già contenute nell'ordinamento tributario.

 

Si veda tuttavia quanto rilevato sopra, in particolare circa il diverso ambito soggettivo di applicazione delle nuove disposizioni dei commi 252 e 253.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 12 ottobre 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione concernente un piano d’azione integrato per la ricerca e l’innovazione (COM(2005(488).

Il piano riunisce in un unico documento tutti gli strumenti che possono sostenere l’innovazione e la crescita: vi si trovano dunque azioni già previste in altre iniziative in materia di competitività, come nel programma quadro per la ricerca e negli indirizzi di massima per gli aiuti di Stato.

Il documento contiene 19 azioni suddivise in quattro parti:

-        ricerca e innovazione al centro delle politiche dell’UE;

-        ricerca e innovazione al centro dei finanziamenti dell’UE;

-        ricerca e innovazione come elemento centrale delle imprese;

-        miglioramento delle politiche della ricerca e dell’innovazione.

In particolare il documento prevede un migliore e più ampio utilizzo di incentivi fiscali per ricerca e innovazione, un più agevole accesso delle piccole e medie imprese ai finanziamenti, lo sviluppo di cooperazioni tra università e industria.

 

Il documento è stato trasmesso al Consiglio e al Parlamento europeo.

Nell’ambito della revisione intermedia della strategia di Lisbona, il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l’innovazione e la competitività (2007-2013) (COM(2005)121). Tra gli strumenti in favore delle imprese rientrano le misure rivolte alle piccole e medie imprese con un potenziale di crescita elevato, con particolare riguardo a quelle che mettono in atto progetti di ricerca, sviluppo e innovazione.

Per l’illustrazione del documento vedi scheda relativa ai commi 255-258.

 


Articolo 1, commi 255-258
(Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione)

 


255. A decorrere dall'anno 2006 è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il fondo per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, di seguito denominato «fondo», destinato a finanziare i progetti individuati dal Piano per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, elaborato nel quadro del rilancio della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, nonché interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

256. Le erogazioni effettuate dal fondo sono operate esclusivamente sul presupposto dei maggiori proventi rispetto alle previsioni di bilancio per l'anno 2006 derivanti da operazioni di dismissione o alienazione di beni dello Stato nel limite massimo di 3.000 milioni di euro per l'anno 2006.

257. Il fondo è ripartito esclusivamente tra gli interventi individuati dal Piano di cui al comma 255, nonché tra gli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute, con apposite delibere del CIPE, il quale stabilisce i criteri e le modalità di attuazione degli interventi in base alle risorse affluite al fondo, riservando il 15 per cento dell'importo da ripartire agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

258. Le risorse finanziarie assegnate dal CIPE costituiscono limiti massimi di spesa ai sensi del comma 6-bis dell'articolo 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468.


 

 

Il comma 255 istituisce, a decorrere dall’anno 2006, il Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri finalizzato a finanziare:

§      i progetti individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione;

§      interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute.

Il fondo è ripartito con delibere del CIPE, che stabilisce i criteri e le modalità di attuazione dei progetti sulla base delle risorse affluite al fondo medesimo, riservando – a seguito di una modifica introdotta dal maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia al Senato - il 15% dell’importo agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario (comma 257).

Le risorse assegnate dal CIPE costituiscono limiti massimi di spesa ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 6-bis[23], della legge 5 agosto 1978, n. 468 (comma 258).

L’articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n. 468/1978 prevede che le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi. Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l'avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa. Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto per l'anno in corso alla medesima data.

 

Il comma 256 dispone che le erogazioni del fondo sono subordinate all’introito di proventi da operazioni di dismissione o alienazione di beni dello Stato ulteriori rispetto a quelle previsti dal bilancio per il 2006, nel limite massimo di 3 miliardi di euro.

 

Si osserva che sarebbe opportuno un chiarimento in ordine all’individuazione degli stanziamenti di bilancio riferiti alle operazioni di dismissione o alienazione, trattandosi non solo di dismissioni immobiliari (per le quali risulta iscritto in bilancio 1 miliardo di euro[24]) ma genericamente di dismissioni di beni dello Stato.

Andrebbe inoltre chiarito se l’attribuzione di risorse al Fondo è subordinata ai maggiori proventi rispetto alle singole voci di bilancio o rispetto al complesso delle risorse previste in bilancio per dismissioni o alienazioni.

 

Si tratta dunque di risorse eventuali, che in quanto tali non sono prese in considerazione nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato al disegno di legge finanziaria.

Il limite massimo di 3 miliardi di euro corrisponde all’importo indicato per il 2006 nel Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (per un esame delle risorse del Piano, si rinvia a pag.

 

Si segnala peraltro che - a seguito di una modifica introdotta dal maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia al Senato - il 15 per cento delle risorse del Fondo (cioè 450 milioni di euro, nell’ipotesi del raggiungimento dei 3 miliardi) è stato riservato ad interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario proposti dal Ministro per la salute, ulteriori rispetto a quelli individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione.

 


Il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione

Il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (PICO) è stato definitivamente approvato dal Governo, nella riunione del 14 ottobre 2005, nel quadro del rilancio della strategia di Lisbona, deciso dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo, le cui modalità di intervento sono state precisate dal Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005.

Per quanto riguarda le conclusioni del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo e del 16 e 17 giugno, si rinvia al paragrafo successivo.

Il Piano indica le riforme, le misure e gli interventi nazionali programmabili per perseguire gli obiettivi dell'Accordo di Lisbona del 2000, individuando cinque obiettivi prioritari:

§         l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese;

§         l’incentivazione della ricerca scientifica e tecnologica;

§         il rafforzamento dell’istruzione e della formazione;

§         l’adeguamento delle infrastrutture materiali e immateriali;

§         la tutela dell’ambiente.

 

In quest’ambito, due sono le categorie di interventi delineate dal Piano:

v      provvedimenti di carattere generale per il sistema economico, tra i quali i più significativi riguardano:

-       una più ampia liberalizzazione dell’offerta nel settore dei servizi, in linea con gli orientamenti europei;

-       una più libera espressione del mercato – nei settori indicati dall’Autorità garante della concorrenza e dalle altre Autorità – e dei prezzi;

-       una più efficace legislazione per prevenire le frodi in materia comunitaria e per contrastare le contraffazioni, in modo da ridurre le distorsioni che esse generano nel funzionamento dei mercati;

-       miglioramento delle prestazioni della pubblica amministrazione e un contenimento dei suoi costi;

-       creazione di un contesto normativo propizio agli investimenti, all’innovazione e allo sviluppo tramite una riduzione, semplificazione e miglioramento qualitativo della legislazione esistente;

-       miglioramento della normativa concernente le piccole imprese ed i distretti produttivi;

-       più efficace organizzazione del sistema di istruzione e della formazione professionale;

-       creazione o completamento di reti infrastrutturali per i collegamenti interni, intraeuropei e internazionali;

-       piena attuazione della “politica di coesione europea”, volta a ridurre le disparità economiche tra aree interne all’Unione, con particolare attenzione al Mezzogiorno;

-       una maggiore attenzione nei processi produttivi alla domanda di protezione ambientale.

v      progetti specifici con effetti positivi sulla produttività e competitività dell’economia italiana, tra cui si ricordano:

-       il completamento del progetto Galileo per la creazione di una rete satellitare europea;

-       la partecipazione alla realizzazione dei progetti europei Egnos e Sesame per la gestione del traffico aereo;

-       la realizzazione di piattaforme informatiche per la tutela della salute, lo sviluppo del turismo, l’infomobilità, la gestione delle banche dati pubbliche e territoriali;

-       l’attuazione di 12 programmi strategici di ricerca nei settori della salute, farmaceutico e bio-medicale, dei sistemi di manifattura, della motoristica, della cantieristica navale e aeronautica, della ceramica, delle telecomunicazioni, dell’agroalimentare, dei trasporti e della logistica avanzata, dell’ ICT e componentistica elettronica e della microgenerazione energetica;

-       la creazione di 12 laboratori di collaborazione pubblico-privata per lo sviluppo della ricerca nel Mezzogiorno nei settori della diagnostica medica, dell’energia solare, dei sistemi avanzati di produzione, dell’e-business, delle bio-tecnologie, della genomica, dei materiali per usi elettronici, della bioinformatica applicata alla genomica, dei nuovi materiali per la mobilità, dell'efficacia dei farmaci, dell’open source del software, dell’analisi della crosta terrestre;

-       lo sviluppo di 24 distretti tecnologici, che estendono l’esperienza dei distretti industriali italiani a settori ad alto contenuto tecnologico e potenziale innovativo;

-       l’ampliamento e l’uso razionale delle infrastrutture nel settore energetico e idrico;

-       settori di rilevanza strategica aventi ricadute tecnologiche nei processi produttivi e nel benessere dei cittadini e in condizione di garantire una migliore tutela ambientale, con particolare attenzione alle fonti energetiche alternative.

 

In base alle stime effettuate dal Governo, l’attuazione del Piano dovrebbe determinare:

§      un aumento delle spese in ricerca e sviluppo, in modo tale che esse si avvicinino all’obiettivo del 3% del PIL suggerito dalla Commissione;

§      un impatto macroeconomico in termini di innalzamento del reddito potenziale attuale nell’ordine dell’1%, con effetti disinflazionistici strutturali stimati in 30 centesimi di punto e conseguente rafforzamento del potere di acquisto salariale;

§      un incremento dell’occupazione, valutato in circa 200 mila posti di lavoro.

 

Si ricorda che le Commissioni riunite V Bilancio e XIV Politiche dell’Unione europea della Camera hanno avviato lo svolgimento dell’audizione del Ministro per le politiche comunitarie sul Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione. L’audizione, iniziata nella seduta del 13 ottobre 2005, è proseguita nella seduta del 9 novembre 2005.

Le risorse per il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione

Per quanto riguarda l’individuazione delle risorse finanziarie assegnate in via generale al Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione - secondo le indicazioni del Piano e quelle fornite dal Ministro per le politiche comunitarie[25] – si è proceduto ad una ricognizione degli interventi già previsti a livello legislativo riferibili ai cinque obiettivi prioritari del Piano medesimo. Risultano al momento stanziati per questi interventi, precedenti all’approvazione del piano medesimo, 33,7 miliardi di euro, riferiti a risorse iscritte nel bilancio statale o da dotazioni aggiuntive per la politica di coesione comunitaria (si presume di provenienza comunitaria), di cui 29,9 relativi agli anni fino al 2005 e 3,8 miliardi di euro relativi al triennio 2006-2008.

Le risorse, secondo le indicazioni del Governo, sono imputabili ad interventi in materia di infrastrutture per 26,1 miliardi di euro (di cui 2,5 riferiti al triennio 2006-2008), di ricerca e sviluppo per 5,2 miliardi di euro (di cui 0,9 riferiti al triennio 2006-2008), di istruzione e formazione per 1,2 miliardi di euro (di cui 0,2 riferiti al triennio 2006-2008), di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese per 0,8 miliardi di euro (di cui 0,2 riferiti al triennio 2006-2008), di ambiente per 0,4 miliardi di euro (interamente riferiti al periodo precedente al 2006).

 

Per quanto riguarda lo stanziamento di nuove risorse, sono ritenuti necessari per il triennio 2006-2008 circa 13 miliardi di euro - di cui 3 miliardi di euro nel 2006, 4 miliardi nel 2007, 7 miliardi nel 2008 - provenienti dalla cessione di attività reali dello Stato.

L’acquisizione delle predette risorse è peraltro subordinata al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Le risorse dovrebbero essere destinate, per l’intero triennio ad interventi in materia di infrastrutture per 5,2 miliardi di euro, di ricerca e sviluppo per 4,1 miliardi di euro, di istruzione e formazione per 0,4 miliardi di euro, di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese per 1,3 miliardi di euro e di ambiente per 1,7 miliardi di euro.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Revisione della strategia di Lisbona

Il Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005 ha proceduto, sulla base di una comunicazione della Commissione,[26] alla revisione intermedia della Strategia di Lisbona. In particolare, le conclusioni del Consiglio europeo:

sottolineano l’importanza di rilanciare la strategia di Lisbona riorientando le priorità verso la crescita e l’occupazione, mobilitando tutti i mezzi nazionali e comunitari nelle tre dimensioni economica, sociale, ambientale, e coinvolgendo tutte le forse interessate (Parlamenti, autorità locali, parti sociali e società civile);

ribadiscono che motori di una crescita sostenibile sono la conoscenza e l’innovazione e che occorre creare uno spazio attraente per le imprese e i lavoratori. In particolare, si conferma l’impegno degli Stati membri a raggiungere un livello di spesa in ricerca e sviluppo pari al 3% del PIL entro il 2010;

riaffermano la necessità di creare un quadro normativo più favorevole alla concorrenza e alle imprese e, nel contempo, di perseguire come prioritari gli obiettivi della piena occupazione, nonché della qualità e produttività del lavoro;

prevedono, allo scopo di migliorare la governance della strategia, un approccio semplificato basato su un ciclo di tre anni, con inizio nell’anno in corso, e che sarà rinnovato nel 2008.

In coerenza con le conclusioni del Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005, il Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005, ha riconosciuto l’indifferibilità di procedere al rilancio della strategia di Lisbona, facendo ricorso a tutti gli strumenti appropriati, nazionali e comunitari, compresa la politica di coesione, nell’ottica delle tre dimensioni della strategia (economica, sociale, ambientale).

Pertanto il Consiglio ha accolto favorevolmente il progetto di linee direttrici integrate per la crescita e lo sviluppo per il periodo 2005-2008, presentate dalla Commissione in conformità alle indicazioni del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo, sottolineando che esse devono necessariamente trovare un completamento in programmi nazionali di riforma, in grado di rispondere ad esigenze specifiche delle realtà nazionali e di riflettere l’approccio integrato e coerente tra le politiche macroeconomiche, microeconomiche e di sviluppo.

In linea con le conclusioni del Consiglio europeo di giugno, il Consiglio ECOFIN del 12 luglio 2005 ha adottato le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008.

Le linee direttrici, includono in un unico documento gli orientamenti di politica economica e le linee direttrici per l’occupazione, la cui presentazione è prevista dal Trattato CE.[27] Le linee integrate, pertanto, si articolano in due atti formalmente distinti ma elaborati secondo un indirizzo unitario e concentrati su un numero limitato di misure considerate essenziali per aumentare la crescita e l’occupazione:

§      una raccomandazione recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE), applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità.

I GOPE indicano, nell’ambito delle linee direttrici microeconomiche, intese a rinforzare l’efficacia e la capacità di adattamento dell’economia europea ed accrescerne il potenziale di crescita: sviluppare e approfondire il mercato interno; assicurare l’apertura e la competitività dei mercati; rendere l’ambiente delle imprese più attraente; incoraggiare una cultura più imprenditoriale e creare un ambiente favorevole alle PMI; ampliare e migliorare le infrastrutture europee e completare i progetti transfrontalieri prioritari approvati; aumentare e migliorare gli investimenti nella ricerca-sviluppo; facilitare l’innovazione e l’adozione delle TIC; incoraggiare l’impiego sostenibile delle risorse e rafforzare le sinergie tra la protezione dell’ambiente e la crescita; contribuire alla creazione di una base industriale solida;

§      una decisione recante le linee direttrici per l’occupazione che enunciano i seguenti obiettivi generali e azioni prioritarie:

applicare politiche per l’occupazione volte a raggiungere il pieno impiego, a migliorare la qualità e la produttività del lavoro e a rafforzare la coesione sociale e territoriale; favorire un approccio al lavoro fondato sul ciclo di vita; creare mercati del lavoro che favoriscano l’inserimento di coloro che sono in cerca di lavoro e delle persone svantaggiate; migliorare la risposta ai bisogni del mercato del lavoro; favorire la flessibilità conciliandola con la sicurezza sul lavoro e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro; vigilare che l’evoluzione dei salari e degli altri costi del lavoro sia favorevole all’occupazione; aumentare e migliorare gli investimenti nel capitale umano; adattare i sistemi di educazione e di formazione alle nuove competenze richieste.

Le linee direttrici integrate 2005-2008 prevedevano la presentazione da parte degli Stati membri, entro il 15 ottobre 2005, di programmi nazionali di riforma triennali e da parte della Commissione europea di un programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione.

Il 20 luglio 2005 la Commissione europea ha presentato una prima versione del programma comunitario di Lisbona 2005-2008, corredato da una tabella che indica, nel dettaglio, le misure legislative e non legislative in corso d’esame presso le istituzioni comunitarie o in via di elaborazione da parte della Commissione europea (in quest’ultimo caso viene indicato anche il periodo presumibile di presentazione della proposta).

Tali misure si concentreranno in particolare sui seguenti obiettivi: favorire la ricerca e l’innovazione in Europa;riforma del regime degli aiuti di stato;semplificazione del quadro regolamentare nel quale operano le imprese;completamento del mercato interno dei servizi;raggiungimento di un accordo ambizioso nei negoziati di Doha (nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio);rimozione degli ostacoli alla mobilità dei lavoratori e dei ricercatori;sviluppo di un approccio comune al tema dell’emigrazione per cause economiche;iniziative per affrontare le conseguenze sociali delle ristrutturazioni in alcuni settori economici.

Ai programmi nazionali di riforma faranno seguito le relazioni di attuazione, che gli Stati membri dovranno presentare nell’autunno del 2006 e del 2007.

Ogni anno, nel mese di gennaio, la Commissione presenterà una relazione sulla situazione annuale, sulla base delle relazioni di attuazione presentate dagli Stati membri. Sulla base delle suddetta relazione, la Commissione proporrà, se del caso, proposte di modifica delle linee direttrici integrate.

 

Programma quadro per l’innovazione e la competitività

Nell’ambito della revisione intermedia della strategia di Lisbona, il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l’innovazione e la competitività (2007-2013) (COM(2005)121).

Il programma (PIC) riunisce in un quadro comune sia i programmi comunitari più specifici sia le parti più rilevanti di altri programmi di carattere più generale volti a rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico.

Costituiscono obiettivi del programma quadro, tra gli altri:

-       gli incentivi all’innovazione, ivi compresa l’eco-innovazione;

-       la realizzazione di una società dell’informazione accessibile a tutti;

Gli obiettivi sono realizzati mediante l’attuazione di programmi specifici tra i quali l’appoggio strategico in materia di TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione).

La proposta, trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo, sarà esaminata secondo la procedura di codecisione.

Il Consiglio competitività del 18 aprile 2005 ha preso atto della presentazione del programma. Il Consiglio del 10 maggio 2005, dopo uno scambio di opinioni sulla proposta, ha invitato il Comitato dei rappresentanti permanenti a continuare l’esame dettagliato della proposta e riferire sull’andamento dei lavori in una delle riunioni successive.

Il 12 ottobre 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione concernente un piano d’azione integrato per la ricerca e l’innovazione (COM(2005(488).

Per il contenuto del documento vedi scheda relativa ai commi 252-254.

 

Aiuti di Stato per l’innovazione

Il 21 settembre scorso la Commissione europea ha avviato una consultazione su misure finalizzate ad apportare miglioramenti al regime degli aiuti di Stato a favore dell’innovazione.

Con la comunicazione si invitano gli interessati a pronunciarsi sull’opportunità di prevedere regole specifiche in base alle quali la Commissione possa autorizzare aiuti di Stato all’innovazione secondo norme e criteri preventivamente definiti. Sulla scorta di tale consultazione la Commissione valuterà se integrare con nuove disposizioni il regime esistente in modo da consentire agli Stati membri di ottenere più rapidamente un’autorizzazione per i loro aiuti di Stato all’innovazione.

Il termine ultimo per l’invio delle osservazioni sul documento alla Commissione è fissato al 21 novembre 2005.

Le questioni sulle quali la Commissione invita ad inviare osservazioni riguardano, tra l’altro, i seguenti aspetti:

-        il sostegno alla creazione e alla crescita di imprese innovative;

-        l’ulteriore flessibilità nella concessione di aiuti ai capitali di rischio;

-        l’ampliamento delle attività coperte dalla disciplina degli aiuti di Stato per i progetti di ricerca e sviluppo e autorizzazione di aiuti alle piccole e medie imprese (PMI) impegnate in attività di innovazione;

-        le sovvenzioni alle PMI per promuovere il ricorso ai servizi offerti da intermediari che operano per l’ innovazione (gli aiuti potrebbero prendere la forma di “buoni per servizi di innovazione” con un importo massimo di 200 mila euro in tre anni);

-        le sovvenzioni alle PMI per il reclutamento di ricercatori e ingegneri altamente qualificati e per favorire gli scambi con università e grandi imprese;

-        il sostegno allo sviluppo di centri di eccellenza per progetti che presentino un interesse europeo comune.

 


Articolo 1, commi 259-260
(Riduzione del costo del lavoro)

 


259. Nell'ambito del processo di armonizzazione delle forme di contribuzione e della disciplina relativa alle prestazioni temporanee a carico della gestione di cui all'articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, nonché di riduzione del costo del lavoro, a decorrere dal 1o gennaio 2006 è riconosciuto ai datori di lavoro un esonero dal versamento dei contributi sociali alla predetta gestione nel limite massimo complessivo di un punto percentuale.

260. L'esonero di cui al comma 259 opera prioritariamente a valere sull'aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare e, nei confronti dei datori di lavoro operanti nei settori per i quali l'aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare è dovuta, tenuto conto dell'esonero stabilito dall'articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in misura inferiore a un punto percentuale, a valere anche sui versamenti di altri contributi sociali dovuti dai medesimi datori di lavoro alla gestione di cui al comma 259, prioritariamente considerando i contributi per maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo al Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, e successive modificazioni, nonché il contributo di cui all'articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845.


 

 

I commi in esame recano disposizioni in materia di riduzione del costo del lavoro.

In particolare, il comma 259, secondo anche quanto affermato nella relazione illustrativa al provvedimento originario, intervenendo sul c.d. cuneo contributivo, cioè il rapporto tra i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro e il costo del lavoro, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2006, un esonero (al riguardo, si segnala che sarebbe più idoneo l’utilizzo del termine “riduzione) dal versamento dei contributi sociali alla gestione delle prestazioni temporanee presso l’INPS, di cui all’articolo 24 della L. 9 marzo 1989, n. 88, recante la ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL, nel limite massimo complessivo di un punto percentuale.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 24, a decorrere dal 1° gennaio 1989, ha fuso le gestioni per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, ivi compreso il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto e per l'assicurazione contro la tubercolosi, la cassa per l'integrazione guadagni degli operai dell'industria, la cassa per l'integrazione guadagni dei lavoratori dell'edilizia, la cassa per l'integrazione salariale ai lavoratori agricoli, la cassa unica per gli assegni familiari, la cassa per il trattamento di richiamo alle armi degli impiegati ed operai privati, la gestione per i trattamenti economici di malattia di cui all'articolo 74 della L. 833 del 1978, il Fondo per il rimpatrio dei lavoratori extracomunitari, di cui all'articolo 13 della L. 943 del 1986, ed ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni, in una unica gestione che assume la denominazione di «Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti». Tale gestione, alla quale affluiscono i contributi afferenti ai preesistenti fondi, casse e gestioni, ne assume le attività e le passività ed eroga le relative prestazioni.

 

Il successivo comma 260 prevede che tale esonero operi prioritariamente sull’aliquota contributiva per gli assegni per il nucleo familiare, e, nel caso in cui il datore di lavoro operai in settori per i quali tale aliquota è dovuta in misura inferiore ai predetti limiti, a valere anche su i versamenti di altri contributi sociali dovuti dai medesimi datori di lavoro alla predetta gestione, considerando in via prioritaria i contributi per maternità e per disoccupazione.

In ogni caso, si escludono da tali esoneri il contributo al fondo di garanzia per il TFR, di cui all’articolo 2 della L. 29 maggio 1982, n. 297, recante la disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica, e il contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.

Si ricorda che il contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è stato previsto dall’articolo 12 della legge n. 160 del 1975 nella misura dell’1,30 per cento della retribuzione. In seguito, a decorrere dal 1° gennaio 1979, l’articolo 25, comma 4 della legge n. 845 del 1978 ha previsto un aumento dell’aliquota di tale contributo in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni.

Andrebbe chiarito se l’esclusione dall’esonero contributivo riguarda l’intero importo del contributo integrativo o, al contrario, esclusivamente la maggiorazione del contributo introdotta dal richiamato comma 4 dell’articolo 25 della legge n. 845 del 1978.

 

Secondo la relazione tecnica originaria, sulla base di un monte retributivo stimato per l’anno 2006 pari a 236.000 mln di euro circa, su uno slittamento dei contributi pari a 2/13 e sull’esonero contributivo di 1 punto percentuale, derivano le seguenti minori entrate, esplicitate nella tabella seguente (dati in mln di euro).

 

Anni

2006

2007

2008

Al lordo effetti fiscali

1.996

2.429

2.518

Al netto effetti fiscali

1.996

1.556

1.829

 

Si ricorda che l'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG (ora IRES) se il committente è una persona giuridica.


Articolo 1, commi 261-262
(Rideterminazione dei premi assicurativi INAIL)

 


261. La misura dei premi assicurativi dovuti all'INAIL è rideterminata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, in misura corrispondente al relativo rischio medio nazionale tenuto conto dell'andamento infortunistico e dell'attuazione della normativa in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione dei tassi di premio, in maniera da garantire comunque l'equilibrio finanziario complessivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica.

262. La rideterminazione di cui al comma 261 è disposta in presenza di variazioni dei parametri di riferimento rilevate entro il 30 giugno di ciascun anno. In sede di prima applicazione, si provvede ai sensi del comma 261 con delibera dell'istituto, approvata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 28 febbraio 2006.


 

 

Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa al d.d.l. originario, la norma in esame “mira, con cadenza annuale e nel rispetto complessivo delle gestioni INAIL, ad introdurre elementi di flessibilità nella rideterminazione dei premi assicurativi per la copertura dei rischi relativi ad infortuni e malattie professionali”. Tale rideterminazione, secondo quanto disposto dal comma 261, deve tener conto dell’andamento del rischio medio nazionale e dell’attuazione della normativa di prevenzione, nonché degli oneri concorrenti alla determinazione dei tassi di premio. In ogni caso, la rideterminazione deve garantire l’equilibrio finanziario complessivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La richiamata rideterminazione si rende necessaria, ai sensi del comma 262, in presenza di variazioni dei parametri di riferimento rilevate entro il 30 giugno di ogni anno.

In sede di prima applicazione, infine, alla rideterminazione si provvede con delibera dell’INAIL, approvata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 28 febbraio 2006.

Si ricorda che già il vigente articolo 3 del D.Lgs. 38 del 2000 prevede, fermo restando l’equilibrio finanziario complessivo della gestione industria, l’approvazione per ciascuna delle quattro gestioni di cui al precedente articolo 1[28], con decreto ministeriale su delibera dell’istituto, di distinte tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, tenendo conto dell’andamento infortunistico aziendale e dell’attuazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione delle tariffe dei premi. Ogni tariffa stabilisce il tasso di premio nella misura corrispondente al relativo rischio medio nazionale. In sede di prima applicazione, le tariffe sono aggiornate entro il triennio successivo alla data di entrata in vigore delle stesse.

Con il D.M. 12 dicembre 2000 sono state determinate le nuove tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle 4 gestioni richiamate, nonché le relative modalità di applicazione.

Su ciascuna lavorazione è applicato il tasso medio previsto nella corrispondente voce della tariffa della gestione nella quale è inquadrato il datore di lavoro. Il tasso corrispondente ad ogni lavorazione è quello nazionale, risultante dal rapporto tra oneri diretti ed indiretti sostenuti dall’INAIL per le prestazioni e il monte retributivo imponibile di tutti i lavoratori alla lavorazione stessa. In ogni caso, il tasso non può eccedere il limite massimo del 130 per mille.

Al riguardo, il citato D.M. 12 dicembre 2000 ha stabilito che, dal momento che il tasso medio nazionale subisce variazioni, in aumento o in diminuzione, in relazione alla specifica situazione dell’azienda, attraverso le cd. oscillazioni, dovute:

-        nei primi due anni dalla data di inizio dell'attività, in relazione alla situazione dell'azienda per quanto riguarda il rispetto delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro, nel qual caso può essere applicata una riduzione o un aumento del tasso medio di tariffa in misura fissa del 15%, ed applicato con determinate modalità;

-        dopo i primi due anni di attività, in relazione all’effettivo andamento infortunistico aziendale. Più specificamente, l’oscillazione è determinata in base al tasso specifico aziendale ed al parametro dei lavoratori-anno. A tale oscillazione si aggiunge un’ulteriore variazione, pari al 5%, al 10% o al 15% del tasso medio nazionale, in relazione all’entità dello scarto tra tasso specifico aziendale e tasso medio nazionale, nonché alla dimensione dell’azienda espressa dal numero dei lavoratori-anno del periodo, determinata in ragione del loro numero.

 

Pertanto, rispetto alla vigente normativa, la novità più rilevante sarebbe costituita dall’obbligo per l’amministrazione di procedere annualmente alla rideterminazione delle tariffe in presenza di variazioni dei parametri di riferimento.

 

Si osserva che il comma non individua un termine per l’adozione dei decreti ministeriali (su delibera dell’istituto) di revisione delle tariffe, prevedendo esclusivamente l’obbligo di procedere a tale revisione nel caso di “scostamento” dei parametri di riferimento rilevato al 30 giugno.

Inoltre andrebbe precisato se resta ferma la misura massima dei tassi medi nazionali al 130 per mille, stabilita dal comma 6 dell’articolo 3 del D.Lgs. 38 del 2000.

Infine andrebbe precisato l’ambito di applicazione dell’articolo, in particolare se si riferisce esclusivamente alla gestione industria di cui all’articolo 1 del su citato decreto legislativo, con esclusione della gestione agricoltura[29].

 

Secondo la relazione tecnica originaria, dalla disposizione in esame, “in considerazione della circostanza che la rideterminazione dei premi INAIL è prevista in modo da garantire l’equilibrio finanziario delle gestioni e non alterare i saldi di finanza pubblica, non conseguono effetti per la finanza pubblica medesima”.

 


Articolo 1, commi 263-268
(Distretti)

 


263. Ai fini dell'applicazione dei commi da 264 a 268, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono definite le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, quali libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione, secondo princìpi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali.

264. L'adesione da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche ed agricole è libera.

265. Ai distretti produttivi si applicano le seguenti disposizioni:

a) fiscali:

     1) le imprese appartenenti a distretti di cui al comma 263 possono congiuntamente esercitare l'opzione per la tassazione di distretto ai fini dell'applicazione dell'IRES;

     2) si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute negli articoli 117 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, relative alla tassazione di gruppo delle imprese residenti;

     3) tra i soggetti passivi dell'IRES di cui all'articolo 73, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono compresi i distretti di cui al comma 263, ove sia esercitata l'opzione per la tassazione unitaria di cui ai commi da 263 a 268;

     4) il reddito imponibile del distretto comprende quello delle imprese che vi appartengono, che hanno contestualmente optato per la tassazione unitaria;

     5) la determinazione del reddito unitario imponibile, nonché dei tributi, contributi ed altre somme dovute agli enti locali, viene operata su base concordataria per almeno un triennio, in base alle disposizioni dei numeri seguenti;

     6) fermo il disposto dei numeri precedenti, ed anche indipendentemente dall'esercizio dell'opzione per la tassazione distrettuale o unitaria, i distretti di cui al comma 263 possono concordare in via preventiva e vincolante con l'Agenzia delle entrate per la durata di almeno un triennio il volume delle imposte dirette di competenza delle imprese appartenenti da versare in ciascun esercizio, avuto riguardo alla natura, tipologia ed entità delle imprese stesse, alla loro attitudine alla contribuzione e ad altri parametri oggettivi, determinati anche su base presuntiva;

     7) la ripartizione del carico tributario tra le imprese interessate è rimessa al distretto, che vi provvede in base a criteri di trasparenza e parità di trattamento, sulla base di princìpi di mutualità;

     8) non concorrono a formare la base imponibile in quanto escluse le somme percepite o versate tra le imprese appartenenti al distretto in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti;

     9) i parametri oggettivi per la determinazione delle imposte di cui al numero 6) vengono determinati dalla Agenzia delle entrate, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti;

     10) resta fermo da parte delle imprese appartenenti al distretto l'assolvimento degli ordinari obblighi e adempimenti fiscali e l'applicazione delle disposizioni penali tributarie. In caso di osservanza del concordato, i controlli sono eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione e l'aggiornamento degli elementi di cui al numero 6);

     11) i distretti di cui al comma 263 possono concordare in via preventiva e vincolante con gli enti locali competenti per la durata di almeno un triennio il volume dei tributi, contributi ed altre somme da versare dalle imprese appartenenti in ciascun anno;

     12) la determinazione di quanto dovuto è operata tenendo conto della attitudine alla contribuzione delle imprese, con l'obiettivo di stimolare la crescita economica e sociale dei territori interessati. In caso di opzione per la tassazione distrettuale unitaria, l'ammontare dovuto è determinato in cifra unica annuale per il distretto nel suo complesso;

     13) criteri generali per la determinazione di quanto dovuto in base al concordato vengono determinati dagli enti locali interessati, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti;

     14) la ripartizione del carico tributario derivante dall'attuazione del numero 7) tra le imprese interessate è rimessa al distretto, che vi provvede in base a criteri di trasparenza e parità di trattamento, sulla base di princìpi di mutualità;

     15) in caso di osservanza del concordato, i controlli sono eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione di quanto dovuto in base al concordato;

b) amministrative:

     1) al fine di favorire la massima semplificazione ed economicità per le imprese che aderiscono ai distretti, le imprese aderenti possono intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici, ovvero dare avvio presso gli stessi a procedimenti amministrativi per il tramite del distretto di cui esse fanno parte. In tal caso, le domande, richieste, istanze ovvero qualunque altro atto idoneo ad avviare ed eseguire il rapporto ovvero il procedimento amministrativo, ivi incluse, relativamente a quest'ultimo, le fasi partecipative del procedimento, qualora espressamente formati dai distretti nell'interesse delle imprese aderenti si intendono senz'altro riferiti, quanto agli effetti, alle medesime imprese; qualora il distretto dichiari altresì di avere verificato, nei riguardi delle imprese aderenti, la sussistenza dei presupposti ovvero dei requisiti, anche di legittimazione, necessari, sulla base delle leggi vigenti, per l'avvio del procedimento amministrativo e per la partecipazione allo stesso, nonché per la sua conclusione con atto formale ovvero con effetto finale favorevole alle imprese aderenti, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici provvedono senza altro accertamento nei riguardi delle imprese aderenti. Nell'esercizio delle attività previste dal presente numero, i distretti comunicano anche in modalità telematica con le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che accettano di comunicare, a tutti gli effetti, con tale modalità. I distretti possono accedere, sulla base di apposita convenzione, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabilite le modalità applicative delle disposizioni del presente numero;

     2) al fine di facilitare l'accesso ai contributi erogati a qualunque titolo sulla base di leggi regionali, nazionali o di disposizioni comunitarie, le imprese che aderiscono ai distretti di cui al comma 263 possono presentare le relative istanze ed avviare i relativi procedimenti amministrativi, anche mediante un unico procedimento collettivo, per il tramite dei distretti medesimi che forniscono consulenza ed assistenza alle imprese stesse e che possono, qualora le imprese siano in possesso dei requisiti per l'accesso ai citati contributi, certificarne il diritto. I distretti possono altresì provvedere, ove necessario, a stipulare apposite convenzioni, anche di tipo collettivo con gli istituti di credito ed intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, volte alla prestazione della garanzia per l'ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità applicative della presente disposizione;

c) finanziarie:

     1) al fine di favorire il finanziamento dei distretti e delle relative imprese, con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, sono individuate le semplificazioni, con le relative condizioni, alle disposizioni della legge 30 aprile 1999, n. 130, applicabili alle operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti concessi da una pluralità di banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto e ceduti ad un'unica società cessionaria;

     2) con il decreto di cui al numero 1) vengono individuate le condizioni e le garanzie a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1) in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell'emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti beneficiarie dei crediti oggetto di cessione;

     3) le disposizioni di cui all'articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, si applicano anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti, alle condizioni stabilite con il decreto di cui al numero 1);

     4) le banche e gli altri intermediari che hanno concesso crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla relativa cartolarizzazione o alle altre operazioni di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, possono, in aggiunta agli accantonamenti previsti dalle norme vigenti, effettuare accantonamenti alle condizioni stabilite con il decreto di cui al numero 1);

     5) al fine di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riferimento ai progetti di sviluppo e innovazione, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta o propone le misure occorrenti per:

          5.1) assicurare il riconoscimento della garanzia prestata dai confidi quale strumento di attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea;

          5.2) favorire il rafforzamento patrimoniale dei confidi e la loro operatività;

          5.3) agevolare la costituzione di idonee agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche nell'ambito del metodo standardizzato di calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea;

          5.4) favorire la costituzione, da parte dei distretti, con apporti di soggetti pubblici e privati, di fondi di investimento in capitale di rischio delle imprese che fanno parte del distretto;

d) per la ricerca e lo sviluppo:

     1) al fine di accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali, attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali, è costituita l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, di seguito denominata «Agenzia»;

     2) l'Agenzia promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo attraverso l'individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove conoscenze, tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali prodotti su scala nazionale ed internazionale;

     3) l'Agenzia stipula convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità;

     4) l'Agenzia è soggetta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri che, con propri decreti di natura non regolamentare, sentiti il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle attività produttive, nonché il Ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale ed il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, se nominati, definisce criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali. Lo statuto dell'Agenzia è soggetto all'approvazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

266. Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 263 si applicano anche ai distretti rurali e agro-alimentari di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ai sistemi produttivi, ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, nonché ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 febbraio 1989, n. 83.

267. Fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria, le disposizioni di cui ai commi da 263 a 268 trovano applicazione in via sperimentale nei riguardi di uno o più distretti individuati con il decreto di cui al comma 263. Ultimata la fase sperimentale, l'applicazione delle predette disposizioni è in ogni caso realizzata progressivamente.

268. Dall'attuazione dei commi da 263 a 267 non devono derivare oneri superiori a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.


 

 

I commi da 263 a 268 recano un’articolata disciplina in materia di distretti produttivi.

L’assunto di fondo dal quale muove l’intervento legislativo è la necessità di valorizzare le specificità del sistema produttivo italiano, composto in prevalenza da piccole e medie imprese (PMI) il cui tipico modello organizzativo è costituito dai distretti industriali. In particolare, considerata la connotazione del tessuto produttivo nazionale, caratterizzata da uno scarso numero di grandi imprese a fronte di una ricca costellazione di PMI, le presenti disposizioni sono dirette a conferire una sorta di soggettività giuridica al modello organizzativo dei distretti, trasformandoli in piattaforme di sviluppo organizzate secondo il concetto della filiera produttiva, in grado sia di surrogare l’assenza di grandi industrie, sia di promuovere una più intensa internazionalizzazione dell’economia italiana.

Nel suo complesso, l’intervento legislativo è diretto, segnatamente, a superare l’asimmetria tra la “struttura economica unitaria dei distretti e la “struttura giuridica molecolare” delle imprese che appartengono agli stessi. Al fine di far convergere, almeno parzialmente, la sostanza economica (unitaria) dei distretti, con la forma giuridica (plurale) delle imprese ad essi sottostanti, l’intervento legislativo in esame è volto alla creazione di una “piattaforma comune” sul piano della fiscalità, della finanza, degli adempimenti amministrativi e delle attività di ricerca e sviluppo.

 

In tale prospettiva, il comma 263 prevede che i distretti siano oggetto di un intervento di riorganizzazione, da articolarsi secondo le seguenti direttrici:

-                    definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazione dei distretti produttivi, rimessa ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, per la cui adozione si richiede il concerto con i Ministri delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, dell'istruzione, università e ricerca e per l'innovazione e le tecnologie;

-                    indicazione dei nuovi distretti come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi le seguenti finalità, da perseguirsi "secondo principi di sussidiarietà orizzontale e verticale”, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali"[30]:

-        accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento;

-        miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.

 

Il comma in esame prefigura dunque la definizione di due distinte tipologie di distretti: quelli territoriali e quelli funzionali.

I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata finora nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo oltre che ad uno stesso ambito territoriale.

I distretti funzionali, che nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge (A.S. 3613) sono definiti come "una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge".

 

Ai sensi del successivo comma 264, l'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche e agricole, è libera.

 

Tale disposizione appare sostanzialmente pleonastica, in considerazione del fatto che la definizione dei distretti contenuta nel comma 1 già fa riferimento, utilizzando la locuzione "libere aggregazioni", al carattere volontario della partecipazione delle singole imprese ai distretti.

 

Si ricorda che la normativa nazionale di riferimento in materia di distretti produttivi è contenuta nella legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), la quale, all'articolo 36, dopo averne enunciato la nozione (art. 36, co. 1: "Si definiscono distretti industriali le aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese"), ha affidato alle regioni il compito di individuare i rispettivi ambiti territoriali. Lo stesso articolo 36, al comma 3 prevede per le aree così delimitate la possibilità di dar luogo al finanziamento, da parte delle regioni, di progetti innovativi concernenti più imprese, in base a un contratto di programma stipulato tra i consorzi e le regioni medesime, le quali definiscono altresì le priorità degli interventi.

Successivamente è intervenuta a modificare tale contesto normativo la legge 11 maggio 1999, n. 140 (Norme in materia di attività produttive), la quale, all'articolo 6, ha introdotto la definizione di sistema produttivo locale, inteso come contesto produttivo omogeneo, caratterizzato da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna, e ha altresì ridefinito i distretti industriali come quei sistemi produttivi locali che sono caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese. Sempre ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140/1999, le regioni sono chiamate a individuare i sistemi produttivi locali e provvedono al finanziamento di progetti innovativi e di sviluppo dei sistemi produttivi locali, predisposti da soggetti pubblici o privati.

In via generale, si osserva come i distretti industriali italiani rappresentino uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano, configurandosi come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva. Nati per favorire, in zone con determinate caratteristiche economiche, la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi, i distretti italiani si sono sviluppati in maniera largamente autonoma durante gli ultimi decenni, concentrando le loro attività su settori specifici (tessile, abbigliamento, meccanica, cuoio) nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi particolarmente rilevanti.

I distretti industriali sono in genere composti da aziende a forte tradizione artigianale e di dimensioni medio-piccole. L'azienda del distretto è quasi sempre a gestione familiare, e spesso gli stessi impianti sono fisicamente localizzati nelle vicinanze dalla residenza dell'imprenditore “capo-famiglia". Le piccole imprese indipendenti tra di loro sono integrate e specializzate in fasi diverse di uno stesso processo produttivo.

I distretti non sono tuttavia semplicemente un insieme, magari specializzato e localizzato in un territorio, di imprese, ma sono raggruppamenti che tendono a cogliere le possibili sinergie esistenti, mentre il territorio, che non costituisce un semplice sfondo all’interno del quale operano e producono tali imprese, rappresenta una vera infrastruttura di integrazione sociale, economica, verticale ed orizzontale dei cicli produttivi, il luogo nel quale si sono depositate le tradizioni produttive, le conoscenze pratiche, difficili da trasferire altrove.

Secondo dati aggiornati dell’IPI (Istituto per la promozione industriale), al 1° aprile 2005 le Regioni che, sulla base degli indirizzi contenuti nelle normative nazionali di riferimento (legge n. 317 del 1991 e legge n. 140 del 1999), hanno provveduto all’individuazione dei distretti industriali (DI), sono complessivamente 12, di cui 8 del Centro-Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Marche, Lazio) e 4 del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Basilicata e Sardegna).

In complesso sono stati riconosciuti, allo stato attuale, 160 distretti industriali. Di questi 139 sono localizzati nel Centro-Nord e 21 nel Mezzogiorno. Le principali specializzazioni produttive sono, nell’ordine: Tessile e Abbigliamento (41 DI riconosciuti), Meccanica (31), Prodotti per l’arredamento e Lavorazione di minerali non metalliferi (29), Pelli, cuoio e calzature (20). Le quattro branche di attività menzionate costituiscono la specializzazione produttiva di 121 Distretti Industriali; questi ultimi rappresentano, nel loro insieme, il 76% dei complessivi Distretti individuati dalle Regioni.

In base ai più recenti dati dell’ISTAT, i distretti industriali sono invece in complesso 199, di cui 59 nel Nord-Ovest, 65 nel Nord-Est, 60 nel Centro e 15 nel Mezzogiorno. Nei 199 distretti risiedono circa 14 milioni di persone (25 per cento del totale Italia); al loro interno operano circa 239 mila unità locali manifatturiere (40per cento Italia) con 2,2 milioni di addetti (45 per cento Italia) e una dimensione media di 9 addetti per unità locale. Le specializzazioni produttive più rappresentate sono nell’ordine le seguenti: tessile e abbigliamento (70); prodotti per la casa (37); meccanica (33); pelli, cuoio e calzature (28); alimentari (17); carta e poligrafiche (6); altri 8 distretti presentano specializzazioni varie. Le prime quattro menzionate branche di attività coincidono con quelle che emergono per i distretti delle regioni; a esse fanno riferimento 168 distretti (l’84 per cento del totale).

 

Il comma 265 determina le disposizioni tributarie, amministrative, finanziarie e di promozione della ricerca e dello sviluppo, applicabili ai distretti produttivi. Con esse viene prevista, in sintesi, la possibilità, per le imprese appartenenti a distretti produttivi, di dare vita a un ambito comune per la fiscalità, gli adempimenti amministrativi e la finanza.

 

La lettera a) individua la disciplina tributaria.

Come risulta anche dall’illustrazione contenuta nella relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3616), viene prevista – su base comunque opzionale – la possibilità di due diverse aggregazioni, costituite rispettivamente dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES).

Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali) il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento.

La tassazione consolidata (numeri 1 e 2) ricalca l'istituto del consolidato nazionale per la tassazione dei gruppi di imprese, le cui norme vengono espressamente richiamate in quanto applicabili. In luogo del gruppo di imprese controllate, l'unità fiscale di riferimento è il distretto, che provvede agli adempimenti dichiarativi e di pagamento, sulla base della somma algebrica dei redditi delle società partecipanti. Viene quindi consentita, ad esempio, la compensazione intradistrettuale delle perdite fiscali.

La tassazione unitaria (numeri da 3 a 15) individua il distretto quale soggetto passivo delle imposte sui redditi, dei tributi e delle altre somme dovute agli enti locali, sulla base di concordato preventivo di durata almeno triennale.

Il ricorso a tale forma di concordato preventivo è comunque ammesso anche indipendentemente dall’opzione per le suddette forme di tassazione.

 

Secondo il disposto del numero 1), le imprese appartenenti a distretti aventi le caratteristiche determinate a norma del comma 263 possono congiuntamente esercitare l'opzione per la tassazione (consolidata) di distretto ai fini dell'applicazione dell'imposta sul reddito delle società (IRES).

La tassazione di distretto si configura come estensione delle condizioni per l’applicazione del l’istituto del consolidato nazionale, previsto e disciplinato dal titolo II, capo II, sezione II (articolo da 117 a 129), del vigente testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per la tassazione di gruppo delle imprese residenti.

 

La facoltà di opzione per la tassazione di gruppo è stata introdotta dalla riforma dell’imposizione sul reddito delle società[31].

L’opzione è consentita congiuntamente alle società di capitali, cooperative, mutue assicuratrici o enti commerciali controllanti e a ciascuna società o ente controllato. Gli enti non residenti possono esercitare l'opzione solo in qualità di controllanti e a condizione che siano residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione ed esercitino nel territorio dello Stato un'attività d'impresa mediante una stabile organizzazione alla quale la partecipazione in ciascuna società controllata sia effettivamente connessa. L’opzione è ammessa a condizione che l'esercizio sociale di ciascuna società controllata sia identico a quello della società o ente controllante. Si considera controllata la società di capitali al cui capitale sociale la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento, da determinarsi tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, e al cui utile la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento da determinarsi tenendo parimenti conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo. Non si considerano le azioni prive del diritto di voto.

A seguito dell'opzione per la tassazione di gruppo, per la società o ente controllante viene determinato un unico reddito complessivo globale imponibile, corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi di ciascuna entità appartenente al gruppo, indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante, rettificati secondo le disposizioni dell’articolo 122. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile le somme percepite o versate tra le società del gruppo in contropartita di vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.

Al soggetto controllante compete il riporto a nuovo dell’eventuale perdita risultante dalla somma algebrica degli imponibili, la liquidazione dell'unica imposta dovuta o dell'unica eccedenza rimborsabile o riportabile a nuovo e gli obblighi di versamento a saldo e in acconto. Le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione di gruppo possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono. Le eccedenze d'imposta riportate a nuovo relative agli stessi esercizi possono essere utilizzate dalla società o ente controllante o alternativamente dalle società cui competono.

I trasferimenti infragruppo beneficiano di un regime di neutralità fiscale.

 

A quest’effetto, il numero 2) dispone che si osservino, in quanto applicabili, le disposizioni contenute negli articoli 117 e seguenti del citato testo unico delle imposte sui redditi.

 

Il numero 3) stabilisce che i distretti, ove sia esercitata l'opzione per la tassazione unitaria, sono compresi tra i soggetti passivi dell'IRES indicati all'articolo 73, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi.

 

L’articolo 73, comma 1, lettera b), del TUIR dispone che sono soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

 

Il numero 4) specifica quindi che il reddito imponibile del distretto comprende quello delle imprese che vi appartengono, che hanno contestualmente optato per la tassazione unitaria.

 

Il numero 5) prevede che, in caso di opzione contestuale per la tassazione unitaria, il reddito imponibile del distretto nonché i tributi, contributi e altre somme dovute da esso agli enti locali vengano determinati in base a uno speciale concordato di durata almeno triennale.

 

Il numero 6) introduce questa speciale forma di concordato preventivo, disciplinata dai numeri successivi, in favore dei distretti per la determinazione del reddito unitario imponibile, nonché dei tributi, contributi e altre somme dovute agli enti locali.

Il concordato ha durata almeno triennale e può essere esercitato anche indipendentemente dall'esercizio dell'opzione per la tassazione di distretto o per la tassazione unitaria, previste rispettivamente dai precedenti numeri 1) e 4).

 

Anche nell’eventualità che le imprese non optino per le speciali forme di tassazione introdotte, il soggetto facoltizzato a concordare la misura dell’imposizione con gli enti pubblici competenti è il distretto.

Sarebbe opportuno chiarire se, ove il distretto eserciti tale facoltà, la ripartizione del carico tributario da esso conseguentemente determinata secondo i numeri 7) e 14) obblighi le imprese partecipanti, indipendentemente dalla loro effettiva volontà di aderire al concordato stipulato.

 

In relazione alle imposte dirette, il distretto concorda con l’Agenzia delle entrate la misura del carico tributario di competenza delle imprese ad esso appartenenti per ciascuno degli esercizi compresi nel concordato, sulla base di elementi caratteristici relativi alla natura, tipologia ed entità delle imprese partecipanti, alla loro attitudine alla contribuzione (ossia alla rispettiva capacità contributiva) e ad altri parametri oggettivi, determinati anche su base presuntiva. Secondo il numero 9), questi elementi e parametri sono stabiliti dall'Agenzia delle entrate, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti.

Analogamente, il numero 11) consente ai distretti di concordare nei medesimi termini con gli enti locali competenti il volume dei tributi, contributi e altre somme da versare in ciascun anno da parte delle imprese ad essi appartenenti. Per la determinazione dei criteri generali in base ai quali stabilire quanto è dovuto a questi ultimi, il numero 13) riserva la competenza agli enti locali interessati, che debbono provvedervi previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti. A norma del numero 12), gli importi sono stabiliti tenendo conto dell’attitudine delle imprese alla contribuzione (capacità contributiva), con l'obiettivo di stimolare la crescita economica e sociale dei territori interessati. In caso di opzione per la tassazione distrettuale unitaria, l'ammontare dovuto agli enti locali è determinato in cifra unica annuale per il distretto nel suo complesso.

 

Il numero 7) prevede che la ripartizione del carico tributario concordato nell'ambito del distretto sia rimessa al distretto stesso, secondo criteri di trasparenza e parità di trattamento, e sulla base di principi di mutualità.

 

Il numero 14) ripete la medesima disposizione, facendo riferimento al “carico tributario derivante dall’attuazione del numero 7)”.

Verisimilmente, la norma deve intendersi riferita alla ripartizione dei tributi, contributi e altre somme dovuti agli enti locali, relativamente alla quale sono confermati i criteri di trasparenza, parità di trattamento e mutualità previsti dal numero 7) per la suddivisione degli oneri tributari erariali.

 

La formulazione dovrebbe essere rettificata in tal senso, ovvero riunita in un’unica disposizione avente riferimento ai carichi tributari concordati a norma dei numeri 6) e 11).

 

Il numero 8) esclude dalla base imponibile le somme percepite o versate tra le imprese appartenenti al distretto in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.

La disposizione riproduce quanto è previsto dall’articolo 118, comma 4, del TUIR per le società optanti per la tassazione di gruppo secondo il metodo del consolidato nazionale. Tale disposizione si riferisce la possibilità che, in via contrattuale, gli aderenti al consolidamento concordino compensi da corrispondersi fra loro a fronte dei vantaggi fiscali che ricaveranno dal consolidamento medesimo (ad esempio, il trasferimento di perdite utilizzate per abbattere il reddito globale) o dall'opzione per la tassazione di gruppo (ad esempio, la mancata applicazione di imposte sul reddito prodotto a seguito dell'utilizzo in compensazione di perdite trasferite da altri soggetti), ovvero degli svantaggi corrispondenti (ad esempio, per la rinunzia alla possibilità di utilizzare una perdita di esercizio). In base alla richiamata disposizione, le somme percepite o versate a questo titolo sono fiscalmente irrilevanti e pertanto non costituiscono componenti positivi o negativi di reddito[32].

 

Il numero 10) precisa che restano fermi da parte delle imprese appartenenti al distretto l'assolvimento degli ordinari obblighi e adempimenti fiscali e l'applicazione delle disposizioni penali tributarie.

È altresì previsto che, qualora siano rispettati gli obblighi derivanti dal concordato, i controlli tributari vengano eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione e l'aggiornamento degli elementi e parametri per la determinazione della capacità contributiva, sui quali l’Agenzia delle entrate si fonda per la stipulazione del concordato secondo il disposto del precedente numero 6).

Analoga previsione è infine espressa nel numero 15) in relazione ai tributi, contributi e altri diritti degli enti locali, relativamente agli adempimenti di loro competenza.

 

La lettera b) del comma 265 individua alcune disposizioni amministrative applicabili ai distretti produttivi.

Ai fini della semplificazione degli adempimenti burocratici posti a carico delle imprese che aderiscono ai distretti, la norma prevede la facoltà per il distretto di svolgere talune funzioni quali l'esecuzione, in nome e per conto dell'impresa, degli adempimenti burocratici connessi con lo svolgimento dell'attività, nonché la "certificazione" della esattezza dell'iter procedurale seguito.

A fronte di questa attività amministrativa svolta dal distretto, la cui rispondenza alle norme di legge è dichiarata dal distretto stesso, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono di conseguenza nei riguardi delle imprese senza esperire alcun altro controllo.

Viene altresì consentito ai distretti di accedere con apposita convenzione ai sistemi informativi e alle banche dati delle pubbliche amministrazioni, rimandando ad un successivo decreto l'individuazione delle concrete modalità applicative della disposizione.

 

Più in dettaglio, la lettera b) prevede che al fine di favorire la semplificazione e l'economicità per le imprese che aderiscono ai distretti, le imprese aderenti possano intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici (ovvero dare un impulso a procedimenti amministrativi) attraverso il distretto.

In questo caso, le domande, le richieste, le istanze etc., idonee ad avviare ed eseguire il rapporto ovvero il procedimento amministrativo (incluse le fasi partecipative), se espressamente formate dai distretti nell’interesse delle imprese aderenti, si intendono senz’altro riferite, quanto agli effetti, alle medesime imprese. Nel momento in cui il distretto dichiari inoltre di avere verificato, nei riguardi delle imprese aderenti, la sussistenza dei presupposti ovvero dei requisiti necessari per l’avvio, la partecipazione e la conclusione del procedimento amministrativo con atto formale ovvero con effetto finale favorevole alle imprese aderenti, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici sono tenuti a provvedere senza altro accertamento nei riguardi delle imprese aderenti.

Si prevede altresì per i distretti la possibilità di comunicare anche in modalità telematica con le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che accettano di comunicare, a tutti gli effetti, con tale modalità. I distretti possono accedere altresì, su base convenzionale, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici. Viene quindi demandata al Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, l'individuazione delle modalità applicative delle disposizioni del presente numero, con decreto di natura non regolamentare.

Nel corso dell’esame al Senato è stato inoltre previsto l'inserimento (lettera b), numero 2) di una disposizione di semplificazione per l'accesso delle imprese appartenenti ai distretti ai contributi regionali, nazionali o comunitari. Viene infatti consentita la presentazione delle istanze mediante un unico procedimento realizzato tramite i distretti, che possono altresì fornire alle singole imprese consulenza ed assistenza, nonché certificare il loro diritto per l'accesso ai contributi.

In aggiunta, si prevede la facoltà per i distretti di procedere alla stipula di apposite convenzioni con aziende di credito ed intermediari finanziari iscritti nell'apposito elenco tenuto dall'UIC ai fini della prestazione della garanzia per l'ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso, rimandando ad un successivo decreto la determinazione delle specifiche modalità applicative.

 

La lettera c) individua una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti. Si tratta in particolare di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto.

A tale proposito, vengono anzitutto previste forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società.

A questo fine, il numero 1) rimette a regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, l'individuazione delle semplificazioni applicabili rispetto alla disciplina contenuta nella legge 30 aprile 1999, n. 130.

 

Si osserva che questo regolamento, ancorché riguardi la cartolarizzazione di crediti concessi da banche o intermediari finanziari, verrebbe emanato sentita la CONSOB e non anche la Banca d'Italia. Mentre per le operazioni di semplificazione previste dal numero 1) può rilevare la competenza della CONSOB, la materia trattata nel numero 2) sembra attenere a profili di stabilità, spettanti alla competenza della Banca d’Italia. La stessa osservazione vale a maggior ragione per il contenuto del successivo numero 4), che attiene specificamente alla disciplina dell’attività bancaria.

 

La legge 30 aprile 1999, n. 130, reca disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti.

Tale tecnica finanziaria consiste nella cessione di crediti o di altre attività finanziarie non negoziabili a una società qualificata, che ha per oggetto esclusivo la realizzazione di tali operazioni e provvede alla conversione di tali crediti o attività in titoli negoziabili su un mercato secondario. Questi titoli sono strumenti finanziari, il cui collocamento è sottoposto all’obbligo di predisposizione del prospetto per cura della società cessionaria o, se diversa, della società emittente. Nel caso in cui i titoli siano offerti ad investitori non professionali, l'operazione dev’essere inoltre sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi.

La legge disciplina altresì le modalità della cessione e la sua efficacia, stabilendo che dalla data della pubblicazione della notizia dell'avvenuta cessione nella Gazzetta ufficiale, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti incorporati nei titoli emessi e per il pagamento dei costi dell'operazione. Dalla stessa data la cessione è opponibile agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi in data anteriore, e ai creditori del cedente che non abbiano pignorato il credito prima della pubblicazione della cessione.

 

Con lo stesso regolamento, ai sensi del numero 2), possono essere stabilite le condizioni e le garanzie a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1), in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell'emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti già beneficiarie dei crediti che sono stati oggetto di cessione.

L’operazione comporta per i soggetti già beneficiari dei crediti ceduti la possibilità di ricevere ulteriore credito, da parte della società cessionaria, mediante destinazione del ricavato dell’emissione dei titoli il cui rimborso dovrebbe avvenire con le somme da essi medesimi corrisposte in qualità di debitori ceduti.

La disposizione comporta evidenti rischi finanziari, che possono risultare attenuati in ragione della qualità delle garanzie e del rigore delle condizioni che potranno essere stabilite con il previsto regolamento ministeriale.

 

Il numero 3) estende le disposizioni relative alle obbligazioni bancarie garantite, disciplinate dall’articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti. Le condizioni per l'estensione vengono stabilite con il predetto regolamento.

 

L’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999 dispone, al comma 1, in tema di obbligazioni bancarie garantite, che le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 2 e 3 (relativo alle società di cartolarizzazione, in particolare alla separazione tra il patrimonio della società da quello di ogni singola operazione e delle operazioni fra loro), all'articolo 4 (relativo alle modalità ed all’efficacia della cessione) e all'articolo 6, comma 2 (relativo alle disposizioni fiscali e di bilancio, in particolare alle agevolazioni concesse a determinati soggetti e categorie) della stessa legge si applichino, salvo quanto specificato ai successivi commi 2 e 3 dello stesso articolo 7-bis, alle operazioni aventi ad oggetto le cessioni di crediti fondiari e ipotecari, di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle medesime, anche individuabili in blocco, nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura, effettuate da banche in favore di società il cui oggetto esclusivo sia l'acquisto di tali crediti e titoli, mediante l'assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche cedenti, e la prestazione di garanzia per le obbligazioni emesse dalle stesse banche ovvero da altre.

Il comma 2 pone sui crediti e i titoli acquistati dalle società di cartolarizzazione e sulle somme corrisposte dai relativi debitori il vincolo di destinazione al soddisfacimento dei diritti, anche ai sensi dell'articolo 1180 del codice civile, dei portatori delle obbligazioni bancarie garantite di cui al comma 1 e delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti accessori, nonché al pagamento degli altri costi dell'operazione, in via prioritaria rispetto al rimborso dei finanziamenti assunti dalle società cessionarie secondo quanto indicato al comma 1.

Il comma 3 prevede che le disposizioni degli articoli 3, comma 2 (esclusività del diritto di azione sul patrimonio separato), e 4, comma 2 (limiti al diritto di azione sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti) si applichino a beneficio dei portatori delle obbligazioni bancarie garantite e delle controparti dei contratti derivati di cui al precedente comma 2.

Secondo quanto stabilito nel comma 4, alle predette cessioni non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, numero 2440 (concernente “nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”). Inoltre, dell'affidamento o trasferimento delle funzioni di cui all'articolo 2, comma 3, lettera c) della stessa legge a soggetti diversi dalla banca cedente, è dato avviso mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale nonché comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici. Ai finanziamenti concessi alle società di cui al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società si applica l'articolo 67, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, numero 267, e successive modificazioni (riguardante “disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa”).

Il comma 5 rimette a regolamento emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, le disposizioni di attuazione aventi ad oggetto, in particolare, il rapporto massimo tra le obbligazioni oggetto di garanzia e le attività cedute, la tipologia di tali attività e di quelle, dagli equivalenti profili di rischio, utilizzabili per la loro successiva integrazione, nonché le caratteristiche della garanzia prestata dalla società cessionaria per le obbligazioni emesse ai sensi del comma 1.

Ulteriori disposizioni di attuazione sono emanate dalla Banca d’Italia, in conformità a deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR). Sono con esse disciplinati fra l’altro i requisiti delle banche emittenti, i criteri che le banche cedenti adottano per la valutazione dei crediti e dei titoli ceduti e le relative modalità di integrazione, nonché i controlli che le banche effettuano per il rispetto degli obblighi previsti dal presente articolo, anche per il tramite di società di revisione allo scopo incaricate.

Il comma 7 prevede che ogni imposta e tassa sia dovuta considerando le operazioni di cui al comma 1 come non effettuate e i crediti e i titoli che hanno formato oggetto di cessione come iscritti nel bilancio della banca cedente, se per le cessioni è pagato un corrispettivo pari all'ultimo valore di iscrizione in bilancio dei crediti e dei titoli, e il finanziamento di cui al comma 1 è concesso o garantito dalla medesima banca cedente.

 

Si osserva a questo proposito che l’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999, aggiunto dal decreto-legge n. 35 del 2005, ha inteso introdurre nell’ordinamento italiano un titolo obbligazionario di elevata qualità e affidabilità in quanto garantito da attivi creditizi di specifiche categorie (crediti fondiari e ipotecari, crediti verso pubbliche amministrazioni o da esse garantiti).

L’emanando regolamento dovrebbe quindi assicurare che i crediti nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti abbiano caratteristiche idonee per essere ammessi a costituire equivalente garanzia.

In ogni caso, i predetti crediti – essendo al di fuori del numerus clausus previsto dall’articolo 43 della direttiva n. 2000/12/CE – non rileverebbero per il conseguimento dei vantaggi previsti dalla normativa comunitaria agli effetti del calcolo dei coefficienti di solvibilità.

 

Per le banche e gli altri intermediari che concedono crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla loro cartolarizzazione o all’emissione di obbligazioni bancarie garantite, il numero 4) prevede la facoltà di effettuare accantonamenti ulteriori (rispetto a quelli già previsti dalle norme vigenti) alle condizioni che saranno stabilite dal predetto regolamento.

 

Si ricorda che l’articolo 106 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) prevede norme in tema di svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti.

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'articolo 85, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche di accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non è più ammessa quando l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

Ai sensi del comma 2, le perdite sui crediti di cui al comma 1, determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili a norma dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

Secondo il comma 3, per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. n. 87 del 1992, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,40 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,40 per cento è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. Ai fini del presente comma le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,40 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

Ai sensi del comma 4, per gli enti creditizi e finanziari nell'ammontare dei crediti si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria nonché la rivalutazione delle operazioni «fuori bilancio» iscritte nell'attivo in applicazione dei criteri di cui all'articolo 112. Secondo il comma 5, infine, le perdite sui crediti di cui al comma 3, determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, sono deducibili, ai sensi dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare del predetto accantonamento eccede il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

 

Infine il numero 5), allo scopo di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riguardo ai progetti di sviluppo e innovazione, affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di adottare o proporre misure volte a:

a)      assicurare che la garanzia che prestano i consorzi collettivi di garanzia dei fidi (confidi) sia riconosciuta come strumento idoneo per l'attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, previsti nel nuovo accordo di Basilea;

b)      favorire il rafforzamento patrimoniale e l'operatività dei confidi;

c)      facilitare la costituzione di agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, a beneficio delle imprese stesse e delle banche che applicano il metodo normalizzato di calcolo dei requisiti previsto nel nuovo accordo di Basilea;

d)      favorire la costituzione, da parte dei distretti, di fondi d’investimento in capitale di rischio delle imprese che ne fanno parte; a tali fondi potranno conferire il loro apporto soggetti sia pubblici, sia privati.

 

Il nuovo accordo di Basilea (più noto come Basilea 2)[33] è un accordo sui requisiti patrimoniali delle banche approvato il 26 giugno 2004 dalle banche centrali e dalle autorità di vigilanza del Gruppo dei dieci. Si tratta di un testo, elaborato dal Comitato di Basilea[34], destinato a diventare operativo tra la fine del 2006 e il 2007 e che andrà a sostituire quello elaborato nel 1988.

Scopo dell'accordo è quello di aumentare la stabilità del sistema bancario internazionale rendendo le banche più sensibili al controllo dei rischi di credito, di mercato e operativi; per raggiungere tale obiettivo, sono state definite, in estrema sintesi, nuove regole fondate su tre "pilastri":

I)         il primo pilastro è quello dei requisiti patrimoniali minimi, che si traducono in vincoli all’operatività bancaria al fine di garantire la solidità economica e finanziaria delle banche;

II)       il secondo pilastro riguarda l'efficienza della vigilanza sulla gestione del rischio da parte delle banche, che implica per le Banche centrali la verifica sulla disponibilità, da parte delle banche, dei requisiti patrimoniali minimi e il controllo del rischio degli impieghi, al fine di prevenire la possibilità che il capitale scenda al di sotto della soglia minima;

III)      il terzo pilastro, infine, concerne la disciplina del mercato e la trasparenza, e si traduce in regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.

 

Per quanto riguarda il rischio di credito, Basilea 2 introduce la possibilità di scegliere fra più metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali, in particolare:

-        un metodo normalizzato (standardised approach) basato sull’utilizzo di valutazioni (rating) esterne forniti dalle agenzie specializzate, in base ai quali vengono applicati coefficienti prudenziali omogenei predefiniti dall’Autorità di vigilanza;

-        un metodo più sofisticato, il quale, utilizzando rating interni, permette di correlare meglio il capitale regolamentare al rischio effettivo; esso si suddivide a sua volta in un metodo di base (foundation approach) e un metodo avanzato (advanced approach), in relazione alla capacità delle banche di stimare direttamente alcuni parametri necessari alla valutazione del coefficiente prudenziale da applicare all’esposizione sottostante.

 

La lettera d) del comma 265, detta disposizioni in materia di ricerca e sviluppo,prevedendo, al punto 1), l'istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, che è chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali.

Il sistema produttivo italiano presenta – com'è noto – aspetti fortemente peculiari rispetto a quelli rilevabili negli altri Paesi industrializzati, essendo caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di imprese di piccola dimensione specializzate nei settori a medio-bassa tecnologia, dall'agro-alimentare, al calzaturiero, al tessile-abbigliamento, all'arredamento.

La maggioranza di tali imprese, pur svolgendo in molti casi una intensa innovazione dei processi produttivi basata sull’acquisizione di tecnologie già disponibili, non possiede le risorse professionali e finanziarie per investire in ricerca e innovazione.

Per queste sue caratteristiche, il sistema produttivo italiano richiede ad avviso di molti osservatori l'individuazione di strumenti idonei ad assicurare l'accesso effettivo delle piccole e medie imprese a servizi tecnologici esterni qualificati, così da favorire l'acquisizione delle nuove tecnologie e lo sviluppo di nuovi prodotti.

Sul lato dell’offerta di servizi per l’innovazione, la realtà italiana presenta un vasto e articolato panorama composto di centri di servizio e di competenze tecniche e scientifiche diffuse all’interno dei centri di ricerca e delle università.

Tale offerta è alimentata innanzitutto dal sistema universitario e dalle principali istituzioni scientifiche nazionali. La ricerca industriale è inoltre sostenuta da alcuni grandi centri privati, emanazione delle più importanti aziende del paese.

Accanto a tali soggetti, operano inoltre un gran numero di strutture di servizio per l’innovazione e il trasferimento tecnologico alle imprese, promosse dalle associazioni imprenditoriali, dalle camere di commercio, dagli enti locali e dalle stesse università.

Se ricca e variegata appare la presenza di strutture legate al territorio, si manifestano però alcune criticità riconducibili alla frammentazione dell’offerta dei servizi per l'innovazione e alla ridotta specializzazione delle strutture che li erogano, fattori questi che secondo molti osservatori impediscono spesso alle imprese di sfruttare pienamente il potenziale innovativo disponibile.

 

Ai sensi del numero 2), in funzione dei predetti obiettivi, si assegna all'Agenzia il compito di promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale;

Il numero 3) prevede la stipula, da parte dell’Agenzia, di convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità.

L'Agenzia, ai sensi delle indicazioni contenute nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge, tende a rendere più agevole ed efficace per le piattaforme industriali l'accesso ai "fornitori di tecnologia" su scala nazionale ed internazionale (università, centri di ricerca, eccetera), assicurando così ad esse la possibilità di meglio corrispondere ai bisogni e alle strategie delle imprese di riferimento sul versante dell'innovazione tecnologica.

Compito dell'Agenzia è assistere le piattaforme industriali in ogni fase del percorso di ricerca, applicazione ed ingegnerizzazione di una nuova tecnologia, attraverso: la ricerca e il costante aggiornamento di nuove tecnologie di prodotto e/o processi industriali presso università e istituti di ricerca; lo sviluppo di nuovi processi/applicazioni industriali; la realizzazione di programmi di formazione; l'implementazione di nuovi processi/applicazioni industriali. A tal fine, l'Agenzia opera come:interfaccia fra le piattaforme industriali e il mondo della ricerca nazionale e internazionale (scouting); osservatorio delle piattaforme industriali, per l'analisi dei reali bisogni di ricerca e sviluppo e la conseguente proposta di nuove soluzioni tecnologiche (diffusione); struttura di supporto per la realizzazione delle iniziative selezionate (delivery), mediante l'offerta di programmi di formazione sulle nuove tecnologie, programmi di assistenza per l’applicazione delle nuove tecnologie, sostegno per l'analisi dei relativi impatti economici e eventuale assistenza nella fase di ricerca di fondi.

Con il punto 4) l’Agenzia viene sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è rimessa anche l'approvazione dello statuto (si presume, nel testo adottato dai competenti organi dell'Agenzia stessa).

Attraverso decreti di natura non regolamentare, la Presidenza del Consiglio provvede, altresì, alla definizione di criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.

 

Il comma 266 estende l'applicazione delle nuove disposizioni relative ai distretti introdotte dal comma 263:

§      ai distretti rurali ed agroalimentari, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[35];

§      ai sistemi produttivi;

§      ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317[36];

§      ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 dicembre 1989, n. 83[37].

 

Ai sensi del comma 267, l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 263-268, "fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria", avrà luogo in un primo tempo, in via sperimentale, limitatamente ad uno o più distretti che saranno individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze richiamato al comma 263. Una volta conclusa la fase sperimentale, si darà poi corso, progressivamente, all'applicazione delle disposizioni in questione ai rimanenti distretti. A questa fase sperimentale seguirà, comunque, una realizzazione progressiva dell’applicazione delle disposizioni in oggetto.

 

In relazione alla compatibilità con l’ordinamento comunitario, si osserva che le disposizioni sopra illustrate, in quanto recanti un regime differenziato sostanzialmente agevolativo – sul piano fiscale e, segnatamente, su quello finanziario – riservato alle imprese ricadenti nell’ambito dei distretti, dovrebbero essere valutate alla luce dell'articolo 87 del Trattato, il quale dichiara incompatibili con il mercato comune "nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza". È quindi considerato aiuto di Stato qualunque beneficio concesso dallo Stato, ovvero mediante risorse statali, quando concorrano le seguenti condizioni: conferisce un vantaggio economico al beneficiario; è selettivo, e dunque favorisce soltanto talune imprese o talune produzioni; rischia di falsare la concorrenza; incide sugli scambi fra gli Stati membri.

 

La Commissione e la Corte di Giustizia hanno dato un'interpretazione assai lata del concetto di "aiuto". Il testo del Trattato cita gli aiuti "concessi (...) sotto qualsiasi forma", e le autorità comunitarie vi fanno rientrare tutti gli aiuti pubblici ovvero concessi da un ente territoriale. L'aiuto può provenire anche da un organismo privato, quale un'impresa privata o un'impresa pubblica che operi in regime di diritto privato, o da un organismo soggetto all'influenza preponderante, diretta o indiretta, dello Stato, di un ente pubblico o di un ente locale. Il divieto colpisce moltissime forme di aiuto, dirette o indirette, indipendentemente dalla loro tipologia. Ai fini della disciplina comunitaria non rileva, infatti, quale sia la forma, la ragione o la finalità di un aiuto, in quanto assume rilievo soltanto il suo effetto sulla concorrenza. Pertanto costituiscono aiuto di Stato non solo le prestazioni positive quali le sovvenzioni, ma anche qualsiasi altra misura intesa a sollevare un'impresa degli oneri finanziari che sono normalmente a suo carico.

Peraltro, poiché è impossibile applicare un divieto assoluto degli aiuti di Stato, anche in ragione dell'articolo 2 del Trattato, che assegna alla Comunità il compito di "promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità", l'articolo 87, paragrafi 2 e 3, del Trattato prevede una serie di eccezioni, compatibili con il mercato comune: gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; gli aiuti concessi alle regioni tedesche che risentono della divisione della Germania.

Possono inoltre considerarsi compatibili con il mercato comune: gli aiuti destinati a agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni; gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro; gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio; le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio. È compito della Commissione vigilare affinché gli Stati membri non concedano aiuti incompatibili con il mercato comune.

Richiamandosi all'articolo 88 del Trattato, il regolamento di procedura relativo agli aiuti di Stato dispone che prima di poter dare esecuzione ad un aiuto, questo deve essere notificato alla Commissione al fine della sua autorizzazione. L'obbligo di notificazione preliminare alla Commissione è mitigato dal regolamento relativo degli aiuti di Stato orizzontali, in forza del quale la Commissione può stabilire mediante regolamento l'esonero da tale obbligo per talune categorie di aiuti. Benché gli aiuti di Stato siano concessi nel rispetto della normativa comunitaria in materia di concorrenza, il Quadro di valutazione degli aiuti di Stato rileva che il loro importo complessivo può provocare “notevoli distorsioni “ della concorrenza nel mercato interno. La Commissione ha quindi avviato un processo di riforma a lungo termine volto a semplificare le procedure amministrative e a concentrare le proprie risorse sulle distorsioni più gravi della concorrenza. Tale processo si è concretato, da un lato, nell'elaborazione di regolamenti d'esenzione per categoria, quali, tra gli altri, quelli relativi agli aiuti alla formazione, agli aiuti de minimis, agli aiuti a favore dell'occupazione e delle PMI, e, dall'altro, nell'elaborazione di nuove linee direttrici e discipline comunitarie.

 

Il comma 268 pone un limite massimo di spesa per l’attuazione dei precedenti commi 263-267 pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 10 giugno 2005 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica on line in cui invita le imprese a comunicare entro il 31 dicembre 2005 le loro osservazioni per una migliore gestione dei loro obblighi amministrativi.

Il Consiglio ECOFIN dell’8 novembre 2005 ha adottato delle conclusioni in materia di riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle imprese. Il Consiglio, tra l’altro:

considera la metodologia di valutazione degli oneri amministrativi elaborata dalla Commissione europea come una base comune per la raccolta e lo scambio dei dati tra gli Stati membri;

ribadisce l’invito alla Commissione e agli Stati membri ad individuare degli obiettivi quantitativi per la riduzione degli oneri amministrativi che gravano sulle imprese di settori appositamente selezionati;

rileva che i requisiti normativi e le procedure amministrative spesso impongono oneri eccessivi alle piccole e medie imprese (PMI). Pertanto, invita la Commissione europea, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, a presentare proposte volte ad alleggerire l’onere gravante sulle PMI.


Articolo 1, commi 269-271
(Banca del Sud)

 


269. Con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo economico del Mezzogiorno è costituita, in forma di società per azioni, la Banca del Mezzogiorno, di seguito denominata «Banca».

270. In armonia con la normativa comunitaria e con il testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono disciplinati:

a) lo statuto della Banca, ispirato ai princìpi già contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari;

b) il capitale della Banca, in maggioranza privato e aperto, secondo le ordinarie procedure e con criteri di trasparenza, all'azionariato popolare diffuso, con previsione di un privilegio patrimoniale per i vecchi soci dei banchi meridionali. Stato, regioni, province, comuni, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, altri enti e organismi hanno la funzione di soci fondatori;

c) le modalità per provvedere, attraverso trasparenti offerte pubbliche, all'acquisizione di marchi e di denominazioni, entro i limiti delle necessità operative della stessa Banca, di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari;

d) le modalità di accesso della Banca ai fondi e ai finanziamenti internazionali, in particolare con riferimento alle risorse prestate da organismi sopranazionali per lo sviluppo delle aree geografiche sottoutilizzate.

271. È autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'apporto al capitale della Banca da parte dello Stato, quale soggetto fondatore.


 

 

I commi da 269 a 271 dell’articolo 1 prevedono la costituzione della "Banca del Mezzogiorno", al cui capitale partecipa lo Stato, quale soggetto fondatore.

 

Si segnala che l'articolo in esame riproduce il contenuto della proposta di legge A.C. n. 5713 (Tremonti e altri) recante "Costituzione, in forma di società per azioni, della Banca del Mezzogiorno". Tale proposta, presentata in data 10 marzo 2005, è stata assegnata alla Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 237, della legge finanziaria per il 2005 ha attribuito al Consiglio nazionale delle ricerche il compito di costituire un Osservatorio sul mercato creditizio regionale procedendo, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, alla elaborazione di studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale, autorizzando, a tale fine, la spesa di 500.000 euro a decorrere dal 2005.

L’Osservatorio, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, dovrà elaborare studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale. A tal fine è stata autorizzata una spesa di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2005.

 

Nel dettaglio, il comma 269 prevede la costituzione della "Banca del Mezzogiorno", organizzata in forma di società per azioni, con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo economico del Sud d'Italia.

 

Come si legge nella relazione governativa al disegno di legge (A.S. 3613), la disposizione è diretta a creare una banca radicata nel territorio meridionale, espressione della classe imprenditoriale locale, che sia in grado di praticare "una politica selettiva del credito volta a incoraggiare le imprese meritevoli facendo così da volano per l'avvio di un circolo virtuoso che rilanci lo sviluppo del territorio stesso".

 

La costituenda banca sembrerebbe avere carattere sovra-regionale, con tendenziale operatività nell’intero ambito delle regioni del Mezzogiorno d’Italia. Qualora invece essa si configurasse come “banca regionale”, dovrebbe considerarsi che, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la potestà legislativa in materia di casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 14 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la Banca d'Italia autorizza l'attività bancaria quando ricorrano le seguenti condizioni: a) sia adottata la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; a-bis) la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica; b) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia; c) venga presentato un programma concernente l'attività iniziale, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto; d) i titolari di partecipazioni rilevanti abbiano i requisiti di onorabilità stabiliti dall'articolo 25 del medesimo testo unico e sussistano i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 19 dello stesso; e) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza indicati nell'articolo 26 del citato testo unico; f) non sussistano, tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, stretti legami che ostacolino l'effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza. La Banca d'Italia nega l'autorizzazione quando dalla verifica delle predette condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione.

Le “Istruzioni di vigilanza per le banche”, emanate dalla Banca d’Italia (Titolo I, cap. 1, pag. 6), specificano, fra l’altro, che nel programma iniziale debbano essere indicati i settori di intervento, le operazioni e i servizi che la banca intende svolgere, l’indicazione delle aree economiche e territoriali di intervento, della tipologia della clientela sia nell’attività di raccolta (mercato al dettaglio, mercato all’ingrosso, altro) sia in quella di impiego (finanziamento alle famiglie, alle imprese, altro), della struttura tecnica, organizzativa e gestionale.

La presentazione di tale programma consente alla Banca d’Italia di conoscere i progetti industriali e finanziari che la costituenda banca si ripromette di realizzare, anche in relazione al mercato di riferimento (v. così R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, 2001, pag. 298).

 

Al riguardo, si segnala che il generico riferimento al TUB dovrebbe essere specificato, chiarendo la relazione fra la presente disposizione di legge e l’applicazione delle autorizzazioni e dei controlli previsti dall’ordinamento creditizio. In particolare, la prevista attribuzione a regolamento ministeriale della competenza a disciplinare aspetti rilevanti per la sana e prudente gestione, quali le partecipazioni al capitale e lo statuto della banca, dovrebbe essere più puntualmente coordinata con i poteri di autorizzazione dell’attività bancaria da parte della Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 14 TUB sopra richiamato, e con gli altri controlli attribuiti all’autorità di vigilanza dagli articoli 19 ss. (assetti proprietari) e 56 (modificazioni statutarie) del medesimo TUB.

 

Con riguardo al nome della nuova banca, si rileva, fra l’altro, che anche sugli organi di stampa si utilizzano in modo equivalente le definizioni di “banca del Mezzogiorno” e di “banca del Sud”. Al riguardo, si segnala che è attualmente in corso un’iniziativa finalizzata, secondo il rituale procedimento previsto dal testo unico bancario, alla costituzione della “Banca del Sud s.p.a.[38].

 

Il comma 2 rimette a successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l'individuazione degli elementi caratterizzanti la Banca.

 

Non è specificata la natura del decreto, che potrebbe connotarsi come regolamento ministeriale (ex articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988), ancorché il contenuto di esso riguardi la disciplina statutaria di una società e i modi della sua operatività sul mercato. Inoltre, non è previsto alcun termine per la sua emanazione.

 

È disposto, comunque che la futura disciplina dovrà essere coerente con la normativa comunitaria in materia, nonché con le disposizioni del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, recante il testo unico bancario (TUB).

 

Il comma 2 elenca poi le caratteristiche della futura Banca del Mezzogiorno.

Per quanto riguarda lo statuto della Banca, questo dovrà essere ispirato ai princìpi già contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari.

 

Si rileva l’indeterminatezza delle previsioni riferite ai “principi contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari”. Potrebbe trattarsi degli istituti – Banco di Napoli e Banco di Sicilia – che, unitamente alla Banca d’Italia, erano autorizzati all’emissione di biglietti di banca o altri titoli equivalenti, pagabili al portatore e a vista, e la cui attività era disciplinata dal testo unico delle leggi sugli istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, approvato con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204.

 

Per quanto concerne il capitale della Banca, si prevede:

a)      che i soci fondatori saranno prevalentemente soggetti pubblici, e specificamente lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le camere di commercio. A questi si aggiungono altri enti e organismi (anche privati, si suppone);

b)      che, nonostante la natura pubblica dei principali soci fondatori, il capitale dovrà essere in maggioranza privato. Il capitale, inoltre, dovrà essere aperto, secondo le ordinarie procedure e con criteri di trasparenza, all’azionariato popolare diffuso;

Con riguardo al regime giuridico, non risulta chiara la natura – pubblica o privata – della costituenda banca. In ogni caso, a mente dell’articolo 151 del TUB, l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dallo stesso TUB, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.

Secondo il Governatore della Banca d'Italia, “se la Banca del Sud è una banca pubblica, ricadiamo nel sistema delle banche pubbliche; se la banca del Sud nasce da iniziativa di privati, il discorso cambia. Ma ce ne sono già abbastanza; credo che gli stessi banchieri che operano al Sud ritengano la possibilità di offerta che loro hanno sia elevata. Torno a ripetere: il rapporto impieghi-valore aggiunto è più alto al Sud che al Nord, perché è troppo basso il valore aggiunto” [audizione presso le Commissioni 5a (Bilancio) del Senato e V (Bilancio) della Camera, seduta del 18 ottobre 2005, pag. 18].

c)      che sia riservato un privilegio patrimoniale in favore dei vecchi soci dei banchi meridionali.

 

Le caratteristiche di tale privilegio non vengono precisate, così come non vengono meglio specificate le modalità per l'individuazione dei "vecchi soci dei banchi meridionali".

Si segnala altresì che l’attribuzione di tali “privilegi” su base legislativa potrebbe determinare squilibri negli assetti di governo societario, contrastanti con l’obiettivo di una sana e prudente gestione della banca.

 

La nuova Banca dovrà inoltre provvedere all’acquisizione di marchi e denominazioni di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari. L'acquisizione, da realizzarsi ricorrendo a offerte pubbliche (che si prescrive debbano essere “trasparenti”), dovrà essere effettuata entro i limiti delle necessità operative della stessa Banca.

 

In proposito si rileva come appaia assai generico il riferimento alle necessità operative della Banca quale limite per l'acquisizione di marchi e denominazioni di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari; tale acquisizione sembrerebbe un obiettivo di lungo periodo.

Non appare del tutto chiara la nozione di offerta pubblica, atteso che i marchi e le denominazioni dei preesistenti banchi meridionali sono nella disponibilità dei singoli soggetti che ne hanno assorbito l’attività, e che pertanto l’offerta non potrà che essere diretta ad essi.

 

Viene poi prefigurato un ruolo per la Banca del Mezzogiorno nelle politiche di sviluppo delle aree sottoutilizzate.

In particolare, si prevede che la Banca possa accedere, secondo le modalità dettate dal decreto ministeriale sopra citato, ai fondi e ai finanziamenti internazionali, con particolare riferimento alle risorse per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate prestate da organismi sopranazionali.

 

L’articolo 47 del TUB disciplina l’erogazione di finanziamenti agevolati e la gestione di fondi pubblici da parte delle banche.

In particolare, è previsto che tutte le banche possono erogare finanziamenti o prestare servizi previsti dalle vigenti leggi di agevolazione, purché essi siano regolati da contratto con l'amministrazione pubblica competente e rientrino tra le attività che le banche possono svolgere in via ordinaria.

L'assegnazione e la gestione di fondi pubblici di agevolazione creditizia previsti dalle leggi vigenti e la prestazione di servizi a essi inerenti sono disciplinate da contratti stipulati tra l'amministrazione pubblica competente e le banche scelte da questa. I contratti determinano altresì i compensi e i rimborsi ad esse spettanti, e possono prevedere che la banca alla quale è attribuita la gestione debba stipulare a sua volta contratti con altre banche per disciplinare la concessione delle agevolazioni relativamente a finanziamenti da queste erogati.

 

Il comma 271 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l'apporto al capitale della banca da parte dello Stato quale socio fondatore.

La seconda Nota di variazioni provvede a costituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze l’UPB 3.2.3.31 (Altri investimenti) ed il relativo capitolo 7285.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di cinque proposte relative al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013[39]. Si tratta, in particolare, di:

§      una proposta di regolamento generale (COM(2004)492 procedura di parere conforme), recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione;

§      una proposta di regolamento (COM(2004)495, procedura di codecisione) sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER);

§      una proposta di regolamento (COM(2004)493, procedura di codecisione) sul Fondo sociale europeo (FSE);

§      una proposta di regolamento (COM(2004)494, procedura di consultazione) sul Fondo di coesione;

§      una proposta di regolamento (COM(2004)496, procedura di codecisione) che istituisce un nuovo strumento giuridico denominato Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT).

Le proposte, che si collocano nell’ambito delle misure legislative intese a dare attuazione alle nuovo quadro finanziario per il periodo 2007-2013[40], prospettano una incisiva riforma dell’oggetto, degli strumenti e delle modalità di intervento della politica di coesione, soprattutto allo scopo di tenere conto del nuovo assetto dell’Unione europea dovuto all’allargamento.

In primo luogo, si dispone la riduzione dei fondi strutturali dai cinque attuali (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia, sezione orientamento, Strumento finanziario di orientamento per la pesca, Fondo di Coesione) a tre (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione, cfr. par. 6). In luogo del Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia, sezione orientamento,[41] e dello Strumento finanziario di orientamento per la pesca, la Commissione, presentando sempre il 14 luglio 2004, altre due proposte di regolamento, prospetta l’introduzione di appositi strumenti finanziari afferenti alla politica agricola e della pesca (cfr. par. 7 del presente dossier).

Conseguentemente, la Commissione propone di organizzare la strategia e le risorse attorno a tre nuovi obiettivi costituiti dalla convergenza[42], la competitività e occupazione regionale, e la cooperazione territoriale (cfr. par. 5).

Il 6 luglio 2005 il Parlamento europeo ha esaminato in prima lettura, secondo la procedura di parere conforme, il pacchetto di cinque proposte di regolamento relative alla riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013(8). In particolare, sulla cosiddetta proposta di regolamento generale recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (COM(2004)492), che segue la procedura di parere conforme, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione interlocutoria con la quale chiede la prosecuzione dell’esame assieme al Consiglio; la risoluzione inoltre precisa che i 336,1 miliardi di euro proposti dalla Commissione a sostegno delle tre priorità, costituiscono lo stanziamento minimo indispensabile ed appoggia di conseguenza la posizione della Commissione volta ad attribuire alla politica di coesione nell’ambito delle prospettive finanziare 2007-2013 lo 0,41% del RNL comunitario.

Il 2 agosto 2005 la Presidenza britannica ha presentato una proposta di compromesso sulla proposta di regolamento generale recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (COM(2004)492).

Il 17 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una proposta modificata relativa al Fondo sociale europeo (COM(2005)523.

Il Parlamento europeo riesaminerà il pacchetto di proposte, relativo al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione, nella sessione del 5 aprile 2006.

 


Articolo 1, commi 272-277
(Categorie di azioni e strumenti finanziari partecipativi)

 

 


272. Ai fini del completamento del processo di privatizzazione, le società di interesse nazionale che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio nelle quali lo Stato abbia ancora una qualificata partecipazione azionaria possono emettere strumenti finanziari partecipativi, ai sensi dell'articolo 2346, sesto comma, del codice civile, ovvero creare categorie di azioni, ai sensi dell'articolo 2348 del codice civile, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, che attribuiscono all'assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di sottoscrivere aumenti di capitale riservati. Gli strumenti finanziari e le azioni di cui ai commi da 272 a 277 possono godere di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell'attivo residuo in sede di liquidazione e possono essere emessi a titolo gratuito a favore di tutti gli azionisti ovvero, a pagamento, a favore di uno o più azionisti, individuati in base alla percentuale di azioni detenute; i criteri per la determinazione del corrispettivo sono determinati in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la CONSOB.

273. I diritti amministrativi relativi agli strumenti finanziari e alle azioni di cui ai commi da 272 a 277 si estinguono in caso di trasferimento degli stessi, di perdita della qualità di azionista, ovvero di adesione ad un'offerta pubblica di acquisto. In tal caso vengono meno le limitazioni al godimento dei diritti patrimoniali.

274. La deliberazione dell'assemblea, che crea la categoria di azioni o di strumenti finanziari di cui ai commi da 272 a 277, e quella di cui al comma 276 non danno diritto al recesso.

275. Le clausole statutarie introdotte ai sensi dei commi da 272 a 277 sono modificabili con le maggioranze previste per l'approvazione delle modificazioni statutarie e sono inefficaci in mancanza di approvazione da parte dell'assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui ai commi da 272 a 277.

276. Lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere, con le maggioranze previste per l'approvazione delle modificazioni statutarie, che l'efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni, dopo il triennio previsto dal comma 3 del citato articolo, sia subordinata all'approvazione da parte dell'assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui ai commi da 272 a 277. In tal caso non si applica il secondo periodo del citato comma 3.

277. Sono fatte salve le diverse disposizioni in materia di offerte pubbliche conseguenti al recepimento della relativa normativa comunitaria.


 

 

Il comma 272 dell'articolo 1 prevede, al fine di completare il processo di privatizzazione già in corso, che le società di interesse nazionale che ricorrono al mercato dei capitali di rischio e nelle quali lo Stato abbia ancora una partecipazione azionaria qualificata, possono:

a)      emettere gli strumenti finanziari partecipativi la cui emissione è consentita dall’articolo 2346, sesto comma, del codice civile; ovvero

b)      creare categorie di azioni sulla base dell’articolo 2348 del codice civile, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, che attribuiscono all’assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di sottoscrivere aumenti di capitale riservati.

È ammessa la possibilità che gli strumenti finanziari e le azioni cui si fa riferimento:

a)      godano di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione;

b)      siano emessi a titolo gratuito a favore di tutti gli azionisti ovvero, a pagamento, a favore di uno o più azionisti, individuati in base alla percentuale di azioni detenute. In relazione a questa seconda ipotesi, si prevede che i criteri per la determinazione del corrispettivo siano stabiliti in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la CONSOB.

 

L'introduzione degli strumenti finanziari partecipativi e la concessione di ampia autonomia nella creazione di categorie di azioni diverse da quelle ordinarie costituiscono un aspetto significativo della riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, realizzata con il D.Lgs. n. 6 del 2003 in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

 

In particolare, l'articolo 2346, sesto comma, del codice civile prevede che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, può emettere strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.

 

In relazione a tali strumenti si ritiene che i diritti patrimoniali non possano mancare, mentre quelli amministrativi possono anche essere assenti; da ciò si deduce che questi strumenti non attribuiscono la qualità di azionista, ma possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati.

All’acquirente spettano i diritti amministrativi, anche di controllo, esercitati tramite gli strumenti finanziari, con l’obbligo di restituzione alla scadenza, salva la possibile decurtazione a seguito di perdite; gli spetta una partecipazione agli utili della società, determinati o rispetto all’intera attività, o rispetto ad un ramo, ovvero ancora, rispetto ad un singolo affare; l’apporto verrebbe iscritto fra i debiti nel bilancio della società emittente.

Per quanto riguarda l’apporto, inteso in senso generico e atecnico come prestazione sinallagmatica dovuta alla società in cambio dell’emissione dello strumento finanziario, il dato testuale dell’articolo 2346, sesto comma, ammette che possano formarne oggetto sia i beni conferibili ex art. 2342, c. c. (quindi denaro, beni in natura e crediti), sia altre prestazioni non conferibili, tra le quali sono espressamente menzionate le opere e i servizi, ma che potrebbero consistere anche in altre tipologie, quali obblighi di non fare, il consenso all’uso del nome, e simili.

La causa dell’apporto può essere un’operazione di finanziamento, con obbligo di restituzione a favore dell’investitore, come avviene per le obbligazioni, con la conseguenza della creazione di un ibrido, poiché in questo caso sussistono anche diritti amministrativi e patrimoniali, finora riservati alle sole azioni. Potrebbe altresì essere un rapporto di associazione in partecipazione, a fronte del quale all’associato spettano diritti amministrativi, anche di controllo, tramite gli strumenti stessi, oltre alla restituzione dell’apporto alla scadenza del contratto (decurtato da eventuali perdite) e la partecipazione agli utili della società. Similmente, si potrebbe parlare dei contratti previsti dall’art. 2554 c. c., cioè cointeressenza impropria e propria. Altra causa si potrebbe ravvisare, come già sottolineato, in una prestazione di opere e servizi (non iscrivibile, però, in bilancio), ovvero, ancora, in un’ulteriore combinazione di apporti con cause tipiche e atipiche, dei quali sarebbe difficile immaginare il contenuto.

La determinazione del contenuto patrimoniale degli strumenti è libera, non ancorata all’esigenza di individuare elementi essenziali. Peraltro, nel caso in cui la causa loro sottesa fosse soltanto un finanziamento, con il diritto alla restituzione di quanto apportato, oltre ad una remunerazione a titolo di interessi, dovrebbero incorporare anche uno o più dei diritti amministrativi consentiti dalla legge, con lo scopo di distinguerli da una mera obbligazione.

 

In alternativa all’utilizzazione degli strumenti finanziari atipici contemplati dall’articolo 2346, sesto comma, del codice civile, la presente disposizione consente che, per creare categorie alternative di azioni, le società d’interesse nazionale a qualificata partecipazione statale che ricorrono al capitale di rischio utilizzino la norma contenuta nell’articolo 2348 del codice civile, secondo la quale è possibile creare, accanto alle azioni ordinarie, categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto concerne l'incidenza delle perdite.

In tal caso la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie. Queste azioni attribuirebbero all’assemblea speciale dei loro titolari il diritto di sottoscrivere aumenti di capitale riservati.

 

Con il richiamato articolo 2348 del codice civile si è permesso alle società di creare categorie di azioni fornite di diritti e contenuti diversi dai tradizionali. Se lo statuto lo consente, si possono emettere azioni poco sensibili alle perdite, azioni che attribuiscano diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore; si può differire la partecipazione alle perdite rispetto alle azioni ordinarie, in modo tale che le perdite aggrediscano prioritariamente le azioni ordinarie e soltanto in seconda battuta quelle speciali. Con queste ultime è dunque possibile diminuire il rischio derivante all’azionista dalla partecipazione alla società e garantire all’impresa i necessari finanziamenti, senza doverne incrementare oltre misura l’indebitamento.

 

Per quanto concerne in particolare l'attribuzione all'assemblea speciale del diritto di sottoscrivere aumenti di capitale riservato, si segnala che l’articolo 29 della direttiva n. 77/91/CEE del 13 dicembre 1976[43] ha previsto limitati casi di esclusione dal diritto di opzione (come avviene nel caso di un aumento di capitale riservato).

In particolare, la legge nazionale può non applicare l’obbligo di offerta in opzione a tutti gli azionisti alle azioni fornite di un diritto limitato di partecipazione alle distribuzioni degli utili o alla suddivisione del patrimonio sociale in caso di liquidazione, oppure permettere che quando il capitale sottoscritto di una società avente più categorie di azioni, per cui il diritto di voto o il diritto di partecipazione agli utili o al patrimonio sono diversi, viene aumentato mediante l'emissione di nuove azioni in una sola di tali categorie, gli azionisti delle altre categorie esercitino il diritto di opzione solo dopo gli azionisti della categoria in cui le azioni sono emesse.

Il diritto di opzione non può essere escluso o limitato dallo statuto o dall'atto costitutivo. L'esclusione o la limitazione possono essere tuttavia decise dall'assemblea, a maggioranza non inferiore ai due terzi del capitale rappresentato (ovvero, se la legge lo consente, a maggioranza semplice quando sia rappresentata almeno la metà del capitale).

 

La disposizione qui illustrata, specificando che gli strumenti e le azioni eventualmente emessi in applicazione della stessa possono godere di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione, sembra prefigurare un modo di partecipazione concentrato sulla gestione sociale e sul rischio ad essa connesso.

Detti titoli e azioni, inoltre, possono essere emessi a titolo gratuito, in favore di tutti gli azionisti, o a pagamento, in favore di uno o di un numero limitato di soggetti, che siano individuati sulla base della percentuale di azioni detenute: in questo caso, il corrispettivo sarà stabilito dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la CONSOB.

Con riguardo alle disposizioni in esame, si è fatto riferimento sulla stampa alle nozioni, utilizzate nella prassi dei mercati finanziari, di “poison pill[44] ovvero di golden share “mascherata”, che permetterebbe, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile, di deliberare un aumento di capitale nelle società partecipate dalla mano pubblica, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione.

 

Come è noto, nell’ambito dei processi di privatizzazione delle imprese pubbliche, il particolare rilievo strategico rivestito dalle società privatizzate nell’ambito delle economie nazionali ha indotto molti legislatori a riservare ai Governi determinate prerogative di intervento sulla struttura e sulla gestione di tali imprese.

Tali poteri di intervento, definiti nella prassi come golden shares, sebbene non necessariamente legati alla qualità di azionisti rivestita da enti pubblici, attribuiscono di norma allo Stato o ad altri enti pubblici il diritto di vietare alcuni trasferimenti nazionali ovvero il diritto di votare in modo determinante quando si deliberi sulla disponibilità di alcuni cespiti aziendali considerati strategici, ovvero nelle decisioni dell’assemblea o del consiglio di amministrazione considerate essenziali per l’interesse nazionale.

Come è noto, l’azione delle golden shares può ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal trattato istitutivo delle Comunità europee: per questa ragione la Corte di giustizia europea è stata investita di controversie relative ad alcune norme di tal genere previste rispettivamente nel Portogallo, in Francia e in Belgio, da essa decise con sentenze del 4 giugno 2002 (cause C-367/98, C-483/99 e C-503/99)[45].

Per quanto concerne l’ordinamento italiano, si può ricordare che la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano in relazione all’articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 2001, n. 192, convertito dalla legge 20 luglio 2001, n. 301, recante “Disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici”.

In particolare, in data 23 ottobre 2002, la Commissione ha emesso una lettera di costituzione in mora nei confronti dell’Italia, facendo valere l’incompatibilità della norma sopra citata con l’articolo 56 TCE, che sancisce il principio della libera circolazione dei capitali[46]. Il Governo italiano, con nota del 12 marzo 2003, ha presentato le proprie osservazioni. In data 9 luglio 2003, la Commissione ha emesso parere motivato nei confronti dello Stato italiano. Con ricorso notificato il 4 maggio 2004, la Commissione ha convenuto lo Stato italiano dinanzi alla Corte di giustizia. Nelle conclusioni del 3 marzo 2005, l’Avvocato generale ha chiesto la condanna dell’Italia.

In data 2 giugno 2005, la Corte di Giustizia[47], accogliendo nella sostanza le argomentazioni della Commissione e dell’Avvocato generale, ha emesso una sentenza di condanna dell’Italia, ritenendo che la legge italiana la quale dispone la sospensione automatica dei diritti di voto relativi a partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale di imprese operanti nei settori dell'elettricità e del gas, quando tali partecipazioni sono acquisite da imprese pubbliche non quotate in borsa e titolari di una posizione dominante nel proprio mercato nazionale, vìoli le disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali.

 

Il comma 273 prevede che i diritti amministrativi legati agli strumenti e alle azioni di cui sopra si estinguano in caso di trasferimento degli stessi, perdita della qualità di azionista o adesione ad un’offerta pubblica di acquisto; in tal caso vengono meno, inoltre, le limitazioni al godimento dei diritti patrimoniali.

 

Il comma 274 stabilisce che le deliberazioni assembleari relative alla creazione delle azioni o degli strumenti finanziari indicati al comma 272 e quelle previste al comma 276 (limiti massimi al possesso di partecipazioni) non attribuiscono diritto al recesso.

Si ritiene che l'esclusione del diritto di recesso valga quand’anche le deliberazioni, per l’argomento trattato, rientrino nel novero di quelle per le quali l’articolo 2437 del codice civile lo prevede.

 

Si segnala l'opportunità di valutare attentamente gli effetti che potrebbero derivare da un’esclusione indiscriminata del diritto di recesso, in quanto si tratta di una prerogativa posta a tutela del socio.

 

Si ricorda che l’articolo 2437 del codice civile stabilisce che hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti:

a)       la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell'attività della società;

b)      la trasformazione della società;

c)       il trasferimento della sede sociale all'estero;

d)       la revoca dello stato di liquidazione;

e)       l'eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;

f)        la modifica dei criteri di determinazione del valore dell'azione in caso di recesso;

g)       le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.

Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:

a)       la proroga del termine;

b)      l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.

Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine maggiore, non superiore a un anno.

Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso.

Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento.

È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l'esercizio del diritto di recesso nelle ipotesi previste dal primo comma del presente articolo

 

Il comma 275 conferma che le clausole inserite nello statuto in virtù dei commi precedenti possono essere modificate con le maggioranze previste per le modifiche statutarie.

Dette clausole sono altresì inefficaci se manca l’approvazione dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti indicati ai commi precedenti.

 

Il comma 276 dispone che lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può subordinare all’approvazione da parte dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti sopra descritti l’efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 332 del 1994 (con le quali si pongono limiti massimi al possesso di partecipazioni da parte di singoli soci o categorie di soci), decorso il primo triennio di efficacia (previsto dal comma 3 dello stesso articolo).

Viene esclusa, in questo caso, l’applicazione del comma 3 dell'articolo 3 citato, secondo cui la clausola che prevede un limite di possesso decade comunque allorché il limite sia superato per effetto di un'offerta pubblica di acquisto.

 

Si ricorda che l'articolo 3 del D.L. n. 332 del 1994 (Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni) ha previsto, al comma 1 – per le società operanti nei settori della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, e degli altri pubblici servizi, nonché per le banche e le imprese assicurative, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici – la possibilità di introdurre nello statuto un limite massimo di possesso azionario non superiore al 5 per cento, riferito al singolo socio, al suo nucleo familiare (comprendente il socio stesso, il coniuge non separato legalmente e i figli minori) e al gruppo di appartenenza, intendendosi in esso compresi il soggetto, anche non avente forma societaria, che esercita il controllo, le società controllate e quelle controllate da uno stesso soggetto controllante, nonché le società collegate; il limite riguarda altresì i soggetti che, direttamente o indirettamente, anche tramite controllate, società fiduciarie o interposta persona aderiscono anche con terzi ad accordi relativi all'esercizio del diritto di voto o al trasferimento di azioni o quote di società terze o comunque ad accordi o patti di cui all'articolo 10, comma 4, della legge n. 149 del 1992, in relazione a società terze, qualora tali accordi o patti riguardino almeno il 10 per cento delle quote o delle azioni con diritto di voto se si tratta di società quotate, o il 20 per cento se si tratta di società non quotate.

Ai sensi del comma 2, con riferimento alle partecipazioni azionarie diverse da quelle detenute dallo Stato, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, il superamento del limite di cui al comma 1 comporta il divieto di esercitare il diritto di voto e comunque i diritti aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, attinenti alle partecipazioni eccedenti il limite stesso. Alla partecipazione eccedente il limite alla data del 2 ottobre 1993 le disposizioni di cui al presente comma non si applicano per un periodo di tre anni dalla stessa data.

Il comma 3 prevede che le clausole statutarie introdotte ai sensi del comma 1, nonché quelle introdotte al fine di assicurare la tutela di minoranze azionarie, non possono essere modificate per un periodo di tre anni dall'iscrizione delle relative delibere assembleari. La clausola che prevede un limite di possesso decade comunque allorché il limite sia superato per effetto di un'offerta pubblica di acquisto (OPA) promossa ai sensi degli articoli 106 o 107 del D.Lgs. n. 58 del 1998, recante il testo unico della finanza (TUF).

 

Il comma 277 concerne infine la compatibilità delle disposizioni in esame con quanto stabilito in sede comunitaria in materia di offerte pubbliche, le cui disposizioni di recepimento vengono fatte salve.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Poteri speciali nelle società privatizzate

Il 12 ottobre 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato nell’ambito della procedura di infrazione relativa alla compatibilità con le legislazione comunitaria delle disposizioni nazionali concernenti l’esercizio di poteri speciali in società privatizzate.

Tali disposizioni erano già state oggetto di contestazione da parte delle autorità comunitarie. In particolare, con la sentenza del 23 maggio 2000 (causa C-58/99) la Corte di giustizia aveva dichiarato alcune disposizioni della legge 30 luglio 1994, n. 474, in materia di privatizzazioni contrarie alle norme del trattato CE sulla libera circolazione dei capitali e sul diritto di stabilimento (articoli 56 e 43).

Per ottemperare alla pronuncia, le norme della legge n. 474 del 1994 sono state modificate dalla legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria 2004) e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2004, attuativo delle medesime disposizioni.

La legge n. 350 del 2003 ridefinisce i poteri speciali da esercitare a tutela degli interessi vitali dello Stato attribuendo alle autorità competenti la titolarità dei seguenti poteri:

-        opposizione all’assunzione da parte di investitori di partecipazioni rilevanti che rappresentano almeno il 5% dei diritti di voto o la percentuale minore fissata dal Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto;

-        opposizione alla conclusione di accordi o patti tra azionisti che rappresentano almeno il 5% dei diritti di voto o la percentuale minore Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto;

-        veto all’adozione delle delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell’azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all’estero, di cambiamento dell’oggetto sociale, di modifica dello statuto che sopprimono o modificano i poteri speciali in oggetto;

-        nomina di un amministratore senza diritto di voto.

In base alle nuove norme, pertanto, il vecchio regime di autorizzazione ex-ante è stato sostituito da un regime di opposizione, e i poteri speciali sono esercitati esclusivamente ove ricorrano rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, con particolare riferimento all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla sanità pubblica e alla difesa, in forma di misure idonee e proporzionali alla tutela di detti interessi. Infatti, l’esercizio dei poteri speciali da parte delle autorità competenti deve essere giustificato in termini di effettivo pericolo per gli interessi vitali dello Stato, le autorità medesime devono rispettare limiti di tempo rigorosi (10 giorni dalla data della comunicazione), e gli azionisti o le parti che sottoscrivono l’accordo dispongono di 60 giorni per impugnare la decisione delle autorità dinnanzi al tribunale.

Ad avviso della Commissione europea, le norme modificate e i nuovi criteri per l’esercizio dei poteri speciali non eliminano la violazione delle norme del Trattato sulla libertà di movimento dei capitali e sul diritto di stabilimento (artt. 56 e 43). Infatti, la Commissione ritiene che i criteri per l’esercizio di tali poteri speciali non sono sufficientemente specifici, dal momento che conferiscono ampi poteri discrezionali alle autorità nazionali nell’apprezzamento del pregiudizio per gli interessi vitali dello Stato[48].Essi, inoltre, non soddisfano le condizioni di proporzionalità necessarie per adempiere i requisiti superiori di interesse generale che potrebbero giustificare il controllo dell’assetto proprietario e della gestione dell’impresa. In altre parole, secondo la Commissione una restrizione della libera circolazione dei capitali - una delle libertà fondamentali del mercato interno – può essere giustificata solo come extrema ratio, vale a dire quando non sussistano altri mezzi per conseguire gli obiettivi di sicurezza nazionale. A questo riguardo, la Commissione ritiene che l’obiettivo della tutela degli interessi vitali dello Stato possa essere conseguito mediante l’adozione di misure meno restrittive, quali la regolamentazione dell’attività.

 

Partecipazioni al capitale sociale di imprese che operano nei settori dell’elettricità e del gas

Il 12 ottobre 2005 la Commissione europea ha deciso di inviare all’Italia una lettera di messa in mora, ai sensi dell’art. 228 del trattato CE[49], per la mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia del 2 giugno 2005 nella causa C-174/04.

Nella sentenza in questione, la Corte ha dichiarato che mantenendo in vigore il decreto legge 25 maggio 2001, n. 192[50], recante disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici, l’Italia è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’articolo 56 del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali (articolo 56). La legge italiana, infatti, dispone la sospensione automatica dei diritti di voto inerenti a partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale di imprese che operano nei settori dell’elettricità e del gas, quando tali partecipazioni siano acquisite da imprese pubbliche non quotate in mercati finanziari regolamentati e che beneficiano nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante.

La Corte ha ritenuto che la sospensione dei diritti di voto impedisca la partecipazione effettiva degli investitori alla gestione e al controllo delle imprese italiane che operano nei mercati dell’elettricità e del gas, e che configuri pertanto una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Il fatto che la normativa in oggetto riguardi unicamente la categoria delle imprese pubbliche che beneficiano nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante non inficia questa conclusione. La Corte ha inoltre respinto l’argomentazione secondo la quale il rafforzamento della struttura concorrenziale del mercato in oggetto costituirebbe una valida giustificazione della restrizione alla libera circolazione dei capitali.

Con lettera del 27 maggio 2005 l’Italia ha informato la Commissione europea di aver adottato decreto legge 14 maggio 2005, n. 81[51], che modifica l’art. 1 del decreto legge 25 maggio 2001, n. 192.

La Commissione europea, pur accogliendo con favore lo sforzo delle autorità italiane di conformarsi alla sentenza della causa C-174/04, è del parere che la norma, così come emendata, non sia interamente conforme alla sentenza della Corte.

La Commissione, infatti, rileva che la nuova normativa esenta solo alcune imprese pubbliche dalla sospensione automatica dei diritti di voto, e precisamente le imprese pubbliche titolari nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante, qualora lo Stato interessato:

-        abbia avviato le procedure per la privatizzazione di tali imprese;

-        abbia concluso accordi con il Governo italiano volti a tutelare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e l’apertura del mercato, nonché a promuovere l’effettivo esercizio, a condizioni di reciprocità, delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE ai mercati dell’energia e del gas naturale.

A questo riguardo, la Commissione osserva che, sebbene i requisiti di reciprocità siano previsti in alcune direttive comunitarie relative a norme comuni per il mercato interno nel settore dell’energia[52], essi si riferiscono esclusivamente alla fornitura del servizio interessato e non riguardano quindi la proprietà di imprese o l’esercizio di diritti derivanti da tale proprietà. Ad avviso della Commissione qualsiasi considerazione di reciprocità che possa determinare il condizionamento del diritto di investimento all’interno dell’Unione europea, non può giustificare restrizioni alle libertà fondamentali del Trattato e potrebbe condurre a un’applicazione discriminatoria di norme nazionali nei confronti di operatori economici di altri Stati membri.

 


Articolo 1, comma 278
(Convenzioni per la gestione di interventi a favore delle imprese artigiane)

 


278. Le convenzioni di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 26 novembre 1993, n. 489, e successive modificazioni, ed all'articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, possono essere prorogate, con atti integrativi delle convenzioni stesse, per una sola volta e per un periodo di tempo non superiore alla metà dell'originaria durata, con una riduzione di almeno il 5 per cento delle relative commissioni.


 

 

Il comma 278, aggiunto nel corso dell'esame da parte della Commissione bilancio, consente la proroga delle convenzioni per la gestione di interventi a favore delle imprese artigiane - attualmente in vigore - previste dall’articolo 3, comma 1, della legge n. 489/93, disciplinante la ristrutturazione degli enti creditizi, e dall’articolo 15 del D.Lgs. n. 112 del 1998.

La proroga, concedibile per una sola volta, è disposta mediante atti integrativi delle convenzioni stesse e la sua durata non può eccedere la metà di quella originariamente fissata.

Per poter usufruire della proroga è altresì necessario che venga realizzata una riduzione pari ad almeno il 5 per cento delle commissioni previste dalle stesse convenzioni.

 

Si ricorda che la legge n. 489 del 1993 (Proroga del termine di cui all'articolo 7, comma 6, della legge 30 luglio 1990, n. 218, recante disposizioni per la ristrutturazione e la integrazione del patrimonio degli istituti di credito di diritto pubblico, nonché altre norme sugli istituti medesimi)- che all'articolo 2, comma 1, ha previsto la trasformazione obbligatoria in Spa entro il 30 giugno 1994, degli enti creditizi pubblici - all’articolo 3 contiene una disciplina della successione nei rapporti giuridici tra Mediocredito centrale e Artigiancassa e le società per azioni derivanti dalla trasformazione obbligatoria. In particolare, il comma 1 dell’articolo citato[53], cui rinvia la disposizione in esame, nello stabilire che le società derivanti dalla trasformazione succedano nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche assunti dagli enti originari, in forza di leggi, provvedimenti amministrativi e contratti, prevede anche che dette società stipulino apposite convenzioni con le amministrazioni competenti, per concessioni decennali, dotandosi, altresì, di distinti organi deliberativi e separate contabilità concernenti tali concessioni. Alla scadenza della concessione, tuttavia, l’amministrazione statale competente non sarà obbligata ad affidare la gestione dei provvedimenti agevolativi esclusivamente ai due istituti, ma dovrà affidarla anche ad una o più società che presentino adeguati requisiti di affidabilità imprenditoriale. Le suddette provvederanno, altresì, a determinare i compensi e i rimborsi spettanti per la gestione dei provvedimenti agevolativi.

Il D.Lgs 112 del 1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59). all’art. 15, relativo alle “Agevolazioni alle imprese artigiane”, prevede che le regioni, che provvedono ad incentivare le imprese artigiane sulla base di leggi regionali, subentrino alle amministrazioni dello Stato nei diritti e negli obblighi derivanti dalle convenzioni vigenti alla data di emanazione del medesimo D.Lgs n. 112, stipulate dalle stesse regioni in forza di leggi. L’articolo prevede, altresì che, se necessario, le regioni provvedono alla stipula di atti integrativi alle convenzioni stesse per i necessari adeguamenti (comma 1).

 


Articolo 1, commi 279-281
(Trasferimento di autoveicoli)

 


279. L'autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli è effettuata dai dirigenti del comune di residenza del venditore, ai sensi dell'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d'appello di residenza del venditore, dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall'Automobile Club d'Italia (ACI) o dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate ai sensi della legge 8 agosto 1991, n. 264, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell'automobilista di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, gratuitamente, o da un notaio iscritto all'albo.

280. Con decreto di natura non regolamentare adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell'attività di cui al comma 279 da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione delle disposizioni di cui al medesimo comma 279.

281. All'articolo 3 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, i commi 4, 5 e 6 sono abrogati.


 

 

I commi in esame - presenti nel disegno di legge finanziaria originario[54] - disciplinano l’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi per oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli.

 

La disciplina vigente, dettata dall’articolo 3, commi 4-6 del DL 35/2005[55] (abrogati dal comma 281 in esame) prevede che l’autenticazione della sottoscrizione per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione dei beni mobili registrati e rimorchi di valore non superiore a 25 mila euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi possa essere effettuata gratuitamente anche dai funzionari del Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, dai funzionari e titolari degli Sportelli Telematici dell'Automobilista, nonché dai funzionari dell'ACI. Con decreto di natura non regolamentare adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza unificata, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell'attività sopra descritte da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione. L'eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere l'attività suddetta 4 è demandata ad un regolamento, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'interno, con cui sono altresì disciplinati i requisiti necessari, le modalità di esercizio dell'attività medesima da espletarsi nell'àmbito dei rispettivi compiti istituzionali, e senza oneri a carico della finanza pubblica.

 

In particolare il comma 279 prevede che l’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi per oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli è effettuata:

§      da un notaio iscritto all’albo;

§      dai dirigenti del comune di residenza del venditore, ai sensi dell’articolo 107 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

L’articolo 107 del D.Lgs 267/2000 ha posto in capo ai dirigenti degli enti locali tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale. In particolare sono attribuiti ai dirigenti le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;

§      dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore;

§      dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

§      dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall’Automobile Club d’Italia (ACI);

§      dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista.

La legge 8 agosto 1991, n. 264 ha disciplinato l'attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, prevedendo che questa sia esercitata da imprese o da società autorizzate dalla provincia; l’autorizzazione è rilasciata al titolare dell'impresa che sia in possesso di specifici requisiti, tra cui il possesso di un attestato di idoneità professionale rilasciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo superamento di un esame di idoneità svolto davanti ad apposite commissioni.

 

Lo sportello telematico dell’automobilista (cd. “STA”) è stato istituito con DPR n. 358/2000[56] con lo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi.

Lo Sportello Telematico dell'Automobilista è attivato presso gli Uffici Provinciali dell'ACI, gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile, le delegazioni ACI e le imprese di consulenza automobilistica abilitate al servizio che devono esporre un logo[57].

Lo Sportello Telematico dell'Automobilista è entrato a regime il 16 dicembre 2002 per i trasferimenti di proprietà (con data dell'atto di vendita posteriore al 15 dicembre 2002) e per le radiazioni. Per le prime immatricolazioni/iscrizioni di veicoli nuovi, invece, l'obbligo di utilizzo delle procedure attraverso lo STA è in vigore dal 1° giugno 2004.

Le pratiche gestite dallo Sportello Telematico dell'Automobilista, come previsto dal DPR 358/2000[58] come successivamente integrato e modificato sono:

-       l'immatricolazione e l'iscrizione di autoveicoli e motoveicoli nuovi (ad esclusione dei veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo tramite canali d'importazione non ufficiali e perciò privi del codice di antifalsificazione o del codice di omologazione nazionale; dei veicoli usati già in possesso della documentazione di circolazione rilasciata da uno Stato diverso da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo; dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

-       la reimmatricolazione o il rinnovo di iscrizione e il trasferimento di proprietà degli autoveicoli e dei motoveicoli (ad esclusione dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

-       la cessazione dalla circolazione (radiazione) per demolizione e per esportazione definitiva all'estero degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi.

 

L’autenticazione deve essere effettuata gratuitamente da tutti i soggetti sopra indicati, fatta eccezione per i notai.

Rispetto alla normativa vigente:

§      si fa riferimento ai veicoli e non più ai beni mobili registrati e ai rimorchi;

§      è stato eliminato il riferimento al valore massimo di 25.000 euro; conseguentemente le operazioni di autenticazione possono essere effettuate gratuitamente dai soggetti sopraindicati (ad eccezione dei notai) anche per veicoli di importo superiore;

§      è stata ampliata la platea dei soggetti abilitati ad effettuare gratuitamente l’autenticazione, con l’inclusione in essa dei dirigenti del comune di residenza del venditore, dei funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore, nonché dei titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista.

 

Le concrete modalità applicative dell’attività di autenticazione sopra descritta sono demandate ad un decreto di natura non regolamentare, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia, il Ministero della giustizia e il Ministero dell'interno. Il decreto è adottato – secondo una formulazione che non appare del tutto chiara - “anche ai fini della progressiva attuazione delle disposizioni di cui al comma 279 “(comma 280).

 

Il comma 281 reca l’abrogazione dei sopra illustrati commi 4-6 dell’articolo 3 del DL 35/2005, che recano la vigente disciplina dell’attività di autenticazione oggetto delle disposizioni in esame.


Articolo 1, comma 282
(Confidi)

 

282. Al comma 55 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «fino a non oltre tre anni dalla stessa data» sono sostituite dalle seguenti: «fino a non oltre cinque anni dalla stessa data».

 

 

Il comma 282 interviene sulla disposizione transitoria dettata dal comma 55 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, che ha consentito ai consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi), già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto stesso, di continuare a gestire fondi pubblici di incentivazione e di prestare garanzia a favore dell'amministrazione finanziaria al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie.

Per effetto della presente disposizione, la durata di tale periodo transitorio, che il vigente articolo 13, comma 55, fissa in tre anni dall'entrata in vigore del decreto n. 269 del 2003 (ossia dal 1° ottobre 2003), viene prolungata a cinque anni.

 

Si ricorda che l’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003 ha operato una riforma organica della normativa sui Confidi. In estrema sintesi, gli aspetti fondamentali di tale riforma sono stati i seguenti:

§      è stato previsto un rafforzamento patrimoniale dei Confidi, sia in termini di requisiti patrimoniali minimi, sia di incentivazione alle fusioni ed aggregazioni;

§      è stata prevista una complessiva riforma del Fondo di garanzia per le PMI [legge n. 662 del 1996, articolo 100, lettera a)] al fine di creare un sistema nazionale di garanzia articolato su due livelli: un primo livello (garanzia diretta) riservato ai Confidi e agli altri garanti operanti sul territorio, un secondo livello (controgaranzia) affidato al Fondo;

§      è stata favorita l'evoluzione dei Confidi consentendo, nel rispetto dei princìpi del vigente ordinamento bancario e creditizio, l'utilizzazione dei modelli di banca di credito cooperativo o di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario emanato con il decreto legislativo n. 385 del 1993. A tal fine, si è prevista la possibilità che l'attività di garanzia collettiva dei fidi venga svolta anche da parte di banche, secondo il modello delle banche cooperative;

§      ai fini dell'evoluzione dei Confidi verso il modello di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dallo stesso articolo 107 del testo unico bancario, sono state disciplinate due categorie di Confidi:

-       Confidi "minori", iscritti in un'apposita sezione dell'elenco previsto dall’articolo 106 del testo unico bancario e la cui operatività resterebbe sostanzialmente limitata a quella attuale (garanzia collettiva fidi);

-       intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico bancario, che possono esercitare, prevalentemente in favore dei soci, oltre alla garanzia collettiva dei fidi (che rimarrebbe comunque l'attività prevalente) anche alcune attività di garanzia nei confronti dello Stato e di gestione di fondi pubblici di agevolazione.

 


Articolo 1, commi 283-284
(Promozione turistica all’estero)

 


283. All'articolo 22, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, dopo le parole: «delle piccole e medie imprese», sono aggiunte le seguenti: «nonché le attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di incrementare i flussi turistici verso l'Italia».

284. All'articolo 2, primo comma, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché a fronte di attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia».


 

 

Le disposizioni dei commi 283 e 284 sono dirette a includere la promozione all’estero del settore turistico tra le finalità attualmente contemplate da talune disposizioni di legge - il cui testo, a tal fine, viene opportunamente integrato - recanti interventi a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

In particolare, il comma 283 novella l'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143[59] , comma 1, aggiungendo alla finalità ivi prevista - ossia la concessione di contributi diretti ad incentivare lo svolgimento di specifiche attività promozionali di rilievo nazionale e la realizzazione di progetti volti a favorire, in particolare, l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese - anche quella di favorire le attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico, onde incrementare i flussi turistici verso l'Italia.

L’articolo 22 del D.Lgs (Disposizioni in materia di contributi e di finanziamenti per lo sviluppo delle esportazioni) al comma 1 prevede - nel testo vigente - l'ampliamento della concessione dei contributi a favore di enti e organismi vari di cui all'art. 1, co. 40, della legge 549/95[60] prevista per incentivare l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. I contributi, infatti, potranno essere concessi anche a soggetti diversi da quelli indicati nella tabella A della citata legge, previa individuazione mediante decreto ministeriale.

 

Il comma 284 provvede a sua volta a novellare l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251[61]. Anche in questo caso l’integrazione al testo in vigore comporta la previsione di una concessione dei finanziamenti che viene estesa anche ad attività di promozione commerciale all'estero del settore turistico "al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia".

Si ricorda che l’articolo 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane"), convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n 394, ha istituito, presso il Mediocredito centrale, un fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in paesi diversi da quelli delle Comunità europee. La gestione del fondo è passata alla SIMEST a seguito dell'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 143/1998.


Articolo 1, comma 285
(Edilizia popolare e residenziale)

 


285. Al testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 95, primo comma, alinea, dopo le parole: «da cooperative» sono inserite le seguenti: «, oltre quelli prescritti dall'articolo 31»;

b) all'articolo 95, primo comma, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

     «b) la residenza anagrafica o attività lavorativa esclusiva o principale nel comune o in uno dei comuni nell'ambito territoriale ove è localizzato l'alloggio, ove per ambito territoriale si prende a riferimento quello individuato dalle delibere regionali di programmazione».


 

 

Il comma 285 interviene sull’articolo 95 del testo unico sull’edilizia economica e popolare, ridefinendo i requisiti necessari per potere diventare proprietari di case costruite da cooperative mutuatarie della Cassa depositi e prestiti o fruenti del solo contributo erariale.

L’attuale formulazione del comma 95 prevede che i requisiti per l'attribuzione di case costruite da cooperative sono:

a)  l'appartenenza ad una delle categorie indicate nell'art. 91 e nel secondo comma dell'art. 90;

b)  la residenza nel comune nel quale sorgono le costruzioni.

 

Il requisito di cui alla lettera a) deve esistere sia al momento della prenotazione sia a quello dell'assegnazione, salvo che per gli appartenenti alla categoria indicata alla lettera a) del successivo art. 97 per i quali è sufficiente che esista al momento dell'iscrizione alla cooperativa. Le eventuali interruzioni nel possesso del requisito fra la data della prenotazione e quella dell'assegnazione non pregiudicano il diritto del socio.

Il requisito di cui alla lettera b) del primo comma deve esistere alla data di iscrizione alla cooperativa o da quella della prenotazione

Il comma 2 dell’articolo 90 prevede che possono tuttavia costruire od acquistare case popolari ed economiche a proprietà individuale le cooperative costituite da membri delle due Camere del Parlamento o da impiegati addetti alle istituzioni create in virtù di legge ed aventi funzioni essenzialmente statali.

Le categorie indicate dall’articolo 91 sono le seguenti:

a)  i dipendenti delle due Camere del Parlamento e della Corte costituzionale;

b)  gli impiegati civili di ruolo dello Stato;

c)  il personale militare e dei corpi armati dello Stato specificato dall'art. 156 del R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, nonché il personale dei gradi corrispondenti del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza;

d)  i pensionati dello Stato godenti di assegno vitalizio;

e)  il personale di ruolo in servizio od in pensione delle ferrovie dello Stato;

f)   i pensionati dell'Opera di previdenza a favore degli impiegati dello Stato ed i loro superstiti non aventi diritto a pensione;

g)  i segretari comunali e provinciali, in servizio ed in pensione;

h)  il personale di ruolo in servizio ed in pensione dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato

 

Con la disposizione in commento si stabilisce adesso che oltre ai requisiti di cui alle lettere a e b (lettera che viene peraltro riformulata), è necessario che vi siano i requisiti previsti dall’articolo 31 del testo unico.

L’articolo 31 citato prevede che non possono essere assegnate in proprietà case economiche e popolari costruite col concorso od il contributo dello Stato;

a)  a chi sia proprietario nello stesso centro urbano di altra abitazione che risulti adeguata ai bisogni della propria famiglia. Si ritiene adeguata l'abitazione composta di un numero di vani, esclusi gli accessori, pari a quello dei componenti la famiglia, con un minimo di tre e un massimo di cinque vani;

b)  a chi abbia già ottenuto l'assegnazione in proprietà di altri alloggi costruiti con concorsi o contributi dello Stato, o con mutui di cui alla L. 10 agosto 1950, n. 715;

c)  a chi sia iscritto nei ruoli dell'imposta complementare per un reddito tassabile che, esclusa per intero la parte afferente a redditi di ricchezza mobile di categoria C-1 e C-2 e per metà quella di ricchezza mobile di categoria B, risulti superiore a lire 150.000.

Le stesse esclusioni sono stabilite per le persone il cui coniuge non separato legalmente si trovi nelle suddette condizioni.

 

La lettera b) viene invece riformulata nel senso di rendere meno stringente il requisito ivi previsto. Al fine dell’attribuzione dell’alloggio non è più necessario, infatti, avere la residenza (anagrafica) nel comune dove sorgono le costruzioni, ma può essere sufficiente avere la residenza anagrafica o svolgere attività lavorativa esclusiva o principale nel comune o in uno dei comuni dell’ambito territoriale ove è localizzato l’alloggio, ove per ambito territoriale si prende a riferimento quello individuato dalle delibere regionali di programmazione.

Si osserva al riguardo che il riferimento allo svolgimento di attività lavorativa esclusiva o principale sembra far riferimento al concetto di domicilio, che è definito dall’articolo 43 del codice civile come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi.

Per quel che riguarda invece le delibere regionali di programmazione, si osserva che occorrerebbe meglio precisare a quali delibere di programmazione regionali ci si riferisce

Si ricorda, al riguardo che in questi ultimi anni la materia dell’edilizia residenziale pubblica è stata oggetto di interventi legislativi con particolare riferimento ad un aspetto di notevole rilevanza, quale quello del conferimento di compiti e funzioni dallo Stato alle regioni.

In tale settore si è infatti avuta una rilevante ridefinizione di competenze amministrative ad opera del decreto legislativo n. 112 del 1998, in particolare degli articoli 59-64.

Le norme indicate, infatti, hanno completato il trasferimento dell'intera materia alla competenza regionale, prevedendo la soppressione del CER e la diretta attribuzione alle Regioni dei fondi destinati al finanziamento degli interventi (artt. 61 e 62). Inoltre è stata attribuita alle Regioni anche la competenza in ordine alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi e per la definizione dei canoni (art. 60). Allo Stato restano invece assegnati compiti di semplice determinazione di principi e finalità di carattere generale, di raccolta di informazioni, di impulso, di garanzia e di sostegno delle fasce economicamente più deboli (art. 59).


Articolo 1, commi 286-288
(Personale per le emergenze sanitarie)

 


286. La limitazione di cui al comma 121, non si applica al personale impiegato per far fronte alle emergenze sanitarie e, in particolare, a quello previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1996, n. 532, e all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202.

287. Per garantire lo svolgimento dei compiti connessi alla prevenzione e alla lotta contro l'influenza aviaria e le emergenze connesse alle malattie degli animali, il Ministero della salute è autorizzato a convertire in rapporti di lavoro a tempo determinato di durata triennale gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, conferiti, ai sensi del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1996, n. 532, ai veterinari, chimici e farmacisti attualmente impegnati nei posti di ispezione frontaliera (PIF), negli uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (UVAC) e presso gli uffici centrali del Ministero della salute, previo superamento di un'apposita prova per l'accertamento di idoneità.

288. Per far fronte alle emergenze sanitarie connesse al controllo dell'influenza aviaria è consentita, per l'anno 2006, la deroga alle limitazioni di cui al comma 132 per l'assunzione nei servizi veterinari degli enti del Servizio sanitario nazionale di un numero complessivo massimo a livello nazionale di 300 unità di personale veterinario e tecnico a tempo determinato. Tale deroga è subordinata alla preventiva definizione di apposito accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per il riparto tra le regioni delle predette unità di personale e per la definizione delle misure compensative aggiuntive rispetto a quelle previste dal medesimi commi da 132 a 140 da adottare ai fini del rispetto del livello complessivo di spesa per il Servizio sanitario nazionale di cui al comma 190.


 

 

Il comma 286, introdotto dal Senato, consente al Ministero della salute una deroga ai limiti all’impiego di personale a tempo determinato, con convenzioni ovvero con collaborazione coordinata e continuativa, disposti dal medesimo disegno di legge finanziaria; il comma 121 prevede a tale riguardo, per gli anni 2006 e seguenti, una limitazione del 60 per cento rispetto alla spesa sostenuta nel 2003 (confronta più diffusamente supra).

La deroga in esame concerne l’impiego di personale volto a fronteggiare le emergenze sanitarie, con particolare riferimento a quanto previsto dai provvedimenti per contrastare l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE)[62] e la diffusione dell’influenza aviaria[63].

 

La relazione tecnica integrativa quantifica i maggiori oneri in 2,8 milioni di euro circa, con riferimento esclusivamente al personale assunto dal Ministero della salute per contrastare la BSE, senza fornire elementi sul numero dei soggetti coinvolti.

Per quanto concerne, invece, i contratti a tempo determinato di durata triennale previsti dal recente decreto legge in materia di influenza aviaria, la norma in esame non comporta oneri aggiuntivi in quanto gli oneri relativi risultano già coperti dal provvedimento in questione.

 

Il comma 287, introdotto dal Senato, autorizza il Ministero della salute, al fine di contrastare l’emergenza aviaria e le altre emergenze riguardanti le malattie animali, a convertire in contratti a tempo determinato, di durata triennale, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa di veterinari, farmacisti e chimici, impiegati presso i posti d’ispezione frontaliera (PIF)[64] e gli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari (UVAC)[65], già stipulati in occasione dell’emergenza BSE[66]. E’ previsto lo svolgimento di un’apposita prova per l’accertamento di idoneità.

 

Nella relazione tecnica integrativa si sottolinea che tale disposizione “scongiura una ingiustificata disparità di trattamento tra i nuovi dirigenti veterinari di I livello, il cui reclutamento (con contratto a tempo determinato) è previsto dal citato decreto-legge n. 202/2005 ed i soggetti già in servizio (con contratti di collaborazione coordinata e continuativa) ai sensi del decreto-legge n. 429/1996”.

L’onere è quantificato in 6,7 milioni di euro annui; non sono forniti dati sul numero di soggetti interessati.

Si ricorda che nel corso della discussione al Senato sul decreto legge n. 2002/2005 sono stati presentati alcuni ordini del giorno volti a risolvere tale problematica[67].

 

Il comma 288, introdotto dal Senato, consente di effettuare nel 2006 assunzioni a tempo determinato nei servizi veterinari, in deroga alle disposizioni sul contenimento della spesa per il personale, di cui al medesimo disegno di legge finanziaria; il comma 132 prevede, a tale riguardo, che la spesa per il personale per gli anni 2006 e seguenti sia inferiore dell’1 per cento a quella sostenuta nel 2004 (cfr. più analiticamente supra).

La norma prevede la possibilità di assumere fino a 300 unità, tra veterinari e tecnici, previo Accordo in sede di Conferenza Stato - Regioni, al fine di ripartire tale personale tra le regioni e individuare le misure compensative dei relativi oneri, aggiuntive rispetto a quelle già previste dal disegno di legge finanziaria[68], e garantire il livello complessivo di spesa del Servizio Sanitario Nazionale[69]”.

 

La relazione tecnica integrativa si limita a sottolineare il carattere neutrale della disposizione in esame dal punto di vista finanziario.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Influenza aviaria e pollicoltura

Il 28 aprile 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM (2005) 171-1), che aggiorna le attuali misure comunitarie in materia di influenza aviaria, di cui alla direttiva 92/40/CEE, alla luce dei progressi compiuti nella conoscenza scientifica e dell’esperienza maturata nella lotta alla malattia.

L’obiettivo dell’intervento legislativo è quello di migliorare la prevenzione e il controllo dei focolai e di ridurre i rischi per la salute nonché i costi e le conseguenze negative per la società nel suo complesso ascrivibili a tale malattia.

Nella stessa occasione la Commissione ha presentato una proposta di decisione in materia di sostegno finanziario agli Stati membri in relazione alle nuove misure contro l’influenza aviaria (COM(2005)171-2).

Sulla base delle proposte della Commissione, le disposizioni vigenti in materia di lotta contro l'influenza aviaria sarebbero modificate principalmente sotto i seguenti profili:

modifica della definizione di influenza aviaria, in modo da estendere la portata delle misure di lotta anche nei confronti di quei virus di bassa portata patogena (LPAI) che potrebbero potenzialmente mutare in virus altamente patogeni, responsabili della maggior parte delle epidemie di questi anni (HPAI);

introduzione della sorveglianza obbligatoria nei confronti dei virus LPAI in tutti gli Stati membri;

disposizioni più flessibili in materia di vaccinazione;

disposizioni più flessibili in materia di lotta contro l'LPAI e l'HPAI nei volatili domestici diversi dal pollame, come i volatili tenuti negli zoo o le specie minacciate;

disposizioni per garantire la cooperazione tra le autorità sanitarie e veterinarie degli Stati membri in caso di influenza aviaria, al fine di tutelare la salute umana;

attribuzione alla Commissione europea, secondo le procedure di comitatologia, del potere di adottare ulteriori e più specifiche misure di lotta contro l'influenza aviaria e di istituire una banca dei vaccini contro l'influenza aviaria.

Le proposte, che seguono la procedura di consultazione, verranno esaminate dal Parlamento europeo presumibilmente nella seduta del 15 dicembre 2005. L’esame da parte del Consiglio è previsto per il mese di dicembre 2005.

 

Il 30 maggio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne (COM(2005)221).

La proposta, che segue la procedura di consultazione, verrà esaminata dal Parlamento europeo nella sessione del 4 febbraio 2006. Il Consiglio dovrebbe esaminarla il 19 dicembre 2005.

Contributi finanziari

Il 26 ottobre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sul cofinanziamento comunitario per le misure eccezionali di sostegno ai mercati adottate negli Stati membri in caso di epizoozie (COM(2004)712).

La proposta mira ad aumentare il contributo nazionale al finanziamento delle misure di sostegno decise a livello comunitario al fine sia di debellare più rapidamente le epizoozie che di ridurre i costi degli aiuti. La Commissione propone pertanto di approvare un regolamento che modifichi la disciplina delle sei organizzazioni comuni di mercato dei prodotti animali, tra cui quelle del settore delle uova e del settore del pollame, riducendo la quota di cofinanziamento comunitario dal 70% al 50%.

Il 13 ottobre 2005 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, nell’ambito della procedura di consultazione, approvando alcuni emendamenti con i quali fissa la partecipazione comunitaria al livello del 75% ossia ad un livello più elevato rispetto al livello del 50% indicato dalla Commissione.

 

Il 6 aprile 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento che istituisce il nuovo Fondo di solidarietà dell’Unione europea (COM (2005) 108), sostituendo il regolamento n. 2012/2002 attualmente in vigore. Il fondo, destinato a fornire una risposta rapida in caso di gravi catastrofi e emergenze sanitarie, consentirà il rimborso fino a 1000 milioni di euro annui per coprire le spese sostenute in caso di emergenze sanitarie per vaccini e antivirali. Gli Stati membri saranno rimborsati su proposta della Commissione e dopo la decisone favorevole del Consiglio, a maggioranza qualificata.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 5 aprile 2006.

Misure adottate dalla Commissione

A seguito della diffusione di casi di influenza aviaria in Romania, Turchia e Russia e dopo la conferma delle analisi di laboratorio che si tratta del virus altamente patogeno H5N1, la Commissione ha adottato secondo procedure di comitatologia, in base ai poteri ad essa attribuiti dalle direttive 91/496/CEE[70] e 97/78/CE[71], misure immediate per evitare la propagazione dell’epidemia. In particolare, la Commissione ha deciso la sospensione dell’importazione di tutte le specie aviarie e dei loro prodotti dalla Turchia e dalla Romania, rispettivamente con le decisioni 2005/705/CE e 2005/710/CE, e l’invio di missioni di esperti per aiutare le autorità dei paesi interessati a fronteggiare l’emergenza. Il 20 ottobre 2005 la Commissione ha adottato inoltre la decisione 2005/740/CE relativa all’estensione a tutta la Russia, ad eccezione dell’area di Kaliningrad e di alcune regioni ai confini con la Finlandia, del divieto di tutte le importazioni di uccelli vivi e dei loro prodotti[72].

 

Il 17 ottobre 2005, esercitando secondo procedure di comitatologia i poteri ad essa attribuiti dalla decisione 90/424/CEE del Consiglio[73], la Commissione ha adottato la decisione 2005/732/CE che approva i programmi per l’attuazione nel 2005 di indagini degli Stati membri sull’influenza aviaria nel pollame e nei volatili selvatici. La Commissione ha deciso di cofinanziare al 50% al massimo i piani di sorveglianza aviaria dei 25 Stati membri per un ammontare di 883.700 euro di cui 86.960 destinati all’Italia (per un totale di 32,230 test sui volatili domestici e 1.500 test sui volatili selvatici) per il periodo luglio 2005-gennaio 2006.

La Commissione ha inoltre adottato, secondo una procedura di comitatologia nell’esercizio dei poteri ad essa attribuiti dalla direttiva 90/425/CE[74],:

§      il 17 ottobre 2005, la decisione 2005/731/CE che fissa ulteriori requisiti per la sorveglianza dell’influenza aviaria nei volatili selvatici. Secondo tale decisione gli Stati Membri dovranno accordarsi con le associazioni di cacciatori e con altre organizzazioni del settore perché siano notificate immediatamente gli episodi di mortalità abnorme o qualsiasi focolaio significativo di malattia nei volatili selvatici e in quelli acquatici. Dopo la notifica le autorità competenti dovranno sottoporre i campioni agli esami di laboratorio e comunicane i risultati alla Commissione;

§      il 19 ottobre 2005, la decisione 2005/734/CE relativa a misure di bio-sicurezza per il pollame e gli altri volatili in cattività e introduce un sistema di individuazione precoce nelle zone particolarmente a rischio poste sulle rotte migratorie delle uccelli e particolarmente degli uccelli acquatici migratori;

§      il 21 ottobre 2005, la decisione 2005/744/CE recante misure addizionali di bio-sicurezza per proteggere i volatili nei giardini zoologici, che dà agli Stati membri la facoltà di ricorrere alla vaccinazione se giudicata appropriata, comunicando alla Commissione entro il 30 novembre le modalità dell’applicazione interna di tali misure. Gli Stati membri dovranno comunicare altresì al Comitato per la Catena alimentare e la salute animale i piani di vaccinazione degli uccelli tenuti negli zoo. Il Comitato riesaminerà tale decisione ai primi di dicembre 2005;

§      il 21 ottobre 2005, la decisione 2005/745/CE che rafforza le misure di bio-sicurezza previsti dalla decisione 2005/734/CE per il pollame e agli altri volatili in cattività nelle zone particolarmente a rischio. Gli Stati membri hanno la responsabilità di definire tali aree sulla base dei fattori di rischio riportati nella decisione 2005/734/CE e informeranno delle misure adottate il Comitato per la Catena alimentare e la salute animale.

 

Ulteriori iniziative

Il 20 e 21 ottobre 2005 il Consiglio informale dei ministri della salute dell’UE ha affrontato il tema dell’influenza aviaria e fra l’altro:

§      ha sottolineato l’importanza di una comunicazione chiara e trasparente per evitare confusione nell’opinione pubblica;

§      nonostante siano molto bassi i rischi di diffusione della malattia fra gli umani, ha evidenziato la necessità di tenere costantemente sotto controllo lo stato di preparazione dell’UE;

§      ha concordato sull’importanza di collazionare i dati nazionali sulla sorveglianza in forme che ne consentano la comparazione e di condividere le informazioni sulle azioni di protezione della salute umana.

I suggerimenti e le proposte avanzati dai ministri per ulteriori azioni a livello comunitario verranno tenute in considerazione nel piano d’azione che sarà presentato al Consiglio del 9 dicembre 2005. A questo proposito, la Presidenza ha istituito un gruppo intersettoriale che coinvolge Stati membri e Commissione per assicurare che il lavoro del Consiglio proceda in maniera spedita e coerente.

Il 5 ottobre 2005 la Commissione ha pubblicato un documento tecnico sulle procedure per la comunicazione di casi di influenza umana agli Stati membri, alla Commissione e al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Il documento intende soprattutto fissare criteri uniformi per la diffusione e la comparazione delle informazioni tra gli Stati membri.

 

 

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia contro l’Italia per la mancata attuazione da parte dell’Italia della direttiva 2003/99/CE sulle misure di sorveglianza delle zoonosi, tra cui quelle del pollame, e degli agenti zoonotici. Tale direttiva, che avrebbe dovuto essere recepita entro il 12 aprile 2004, è inclusa nell’allegato B della legge n. 62 del 8 aprile 2005 (legge comunitaria 2004).

 


Articolo 1, comma 289
(Esclusione dalle limitazioni alla spesa pubblica dei progetti dell’Istituto Nazionale Fauna selvatica)

 

289. I progetti dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, finanziati con fondi non provenienti da contributi dello Stato, sono esclusi dalle limitazioni della spesa pubblica.

 

 

Il comma 289 esclude dalle limitazioni poste alla spesa pubblica i progetti dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica che siano finanziati con contributi non statali.

 

La disposizione, facendo riferimento in modo generico alle “limitazioni della spesa pubblica”, sembrerebbe stabilire la non applicazione ai progetti con contributi non statali delle disposizioni previste dal comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311).

 

Il citato comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 fissa per amministrazioni espressamente indicate in allegato, per il triennio 2005-2007, un limite all’incremento della spesa, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.

Per gli anni 2006 e 2007 per tali amministrazioni si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l'anno precedente.

I suddetti limiti all’incremento della spesa non si applicano alle Casse di previdenza, alle altre associazioni e fondazioni di diritto privato; agli enti del sistema camerale.

L’ultimo periodo del comma 57 prevede inoltre che esse non si applicano neppure alle amministrazioni pubbliche per le quali è dettata una specifica disciplina, vale a dire:

§       alle regioni e agli enti locali cui si applica la disciplina del patto di stabilità interno prevista dai commi da 21 a 53;

§       agli enti del servizio sanitario nazionale interessati dalle disposizioni di cui ai commi da 164 a 188;

§       agli enti del sistema universitario e agli enti di ricerca, ai quali si applicano le disposizioni previste dall’articolo 3, commi 1 e 2 della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), che fissano un limite all’incremento del fabbisogno degli enti in questione con riferimento al triennio 2004-2006.

 

Mentre per l’anno 2005 l’elenco 1 allegato alla legge finanziari 2005 indica le amministrazioni pubbliche che sono interessate dalla disposizione, per il 2006 le amministrazioni interessate sono state individuate dall’ISTAT nel comunicato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 2005, recante l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

In entrambi i casi è presente l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS).

 

La legge n. 157/1992, recante “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” (nota come legge sulla caccia), intervenuta allo scopo di adeguare la legislazione sull’esercizio venatorio alle disposizioni comunitarie ed alla riveduta potestà legislativa regionale, ha anche disciplinato l’attività dell’Istituto nazionale di biologia della selvaggina, successivamente ridenominato Istituto nazionale per la fauna selvatica(INFS). Nell’operare tale trasformazione la legge n. 157 ha attribuito al nuovo Istituto la funzione di “organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province” (art. 7, co. 1).

Riconoscendo all’INFS un ruolo d’interesse generale, la medesima legge ha posto l’Istituto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 7. co. 2), d’intesa con le regioni[75], ed ha attribuito al Presidente del Consiglio, sempre previa intesa con le regioni, di definire con le norme regolamentari dell’Istituto la creazione di sezioni decentrate denominate unità operative tecniche consultive, che fungono da organismi di supporto alle regioni nella predisposizione dei piani regionali. Pertanto, alla copertura delle spese di funzionamento dell'Istituto possono contribuire le regioni, sulla base di apposite convenzioni.

 

Si osserva che la disposizione, nell’escludere dalle limitazioni di spesa i progetti finanziati con fondi “non provenienti da contributi dello Stato”, potrebbe ricomprendere anche i contributi a progetti che siano finanziati da enti ricompresi nell’aggregato “Pubblica amministrazione”, quali, ad esempio, regioni, province o altri enti ricompresi nei sopracitati elenchi, che sono anch’essi sottoposti, magari con percentuali diverse, alle limitazioni di spesa.

Per escludere tale eventualità, potrebbe farsi riferimento ai “progetti finanziati con fondi privati”.

 


Articolo 1, comma 290
(Finanziamento Fondo bieticolo nazionale)

 

290. Il Fondo bieticolo nazionale di cui all'articolo 3 del decreto-legge 21 dicembre 1990, n. 391, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1991, n. 48, è incrementato della somma di 10 milioni di euro per l'anno 2006.

 

Il comma 290 trasferisce all’Associazione bieticolo-saccarifera italiana (ABSI) 10 milioni di euro per l’anno 2006, che andranno a riversarsi sul fondo dalla medesima gestito ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 391/1990 (che ha tra l’altro trasferito all’AGEA le risorse nazionali e comunitarie destinate al settore bieticolo saccarifero[76]).

Si ricorda che un analogo trasferimento di 10 milioni di euro è stato disposto per l’esercizio 2005 dal comma 479 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 (Legge finanziaria per il 2005), in conseguenza della quale è stato istituito presso il dicastero dell’economia, nella UPB 3.2.3.46, il cap. 7376.

L’articolo 3 del D.L. n. 391/90 ha autorizzato l’AIMA (ora AGEA) a versare al fondo bieticolo nazionale, istituito presso l’ABSI, una quota parte degli aiuti destinati al comparto. Le risorse così assegnate possono essere destinate agli interventi di perequazione delle bietole e dei relativi oneri comunitari, nonché ad ogni altra azione di interesse del settore bieticolo.

In proposito vale ricordare che lo zucchero è oggetto di una disciplina comunitaria ed è attualmente regolato dal Reg. (CE) n. 1260/2001 (“Oorganizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero”), entrato in vigore il 1° luglio 2001. Detto provvedimento consente all’Italia, fino alla chiusura della campagna 2005/2006, di concedere un aiuto di adattamento il cui importo non può superare 5,43 EUR per 100 chilogrammi di zucchero bianco ai produttori di barbabietole da zucchero e, eventualmente, ai produttori di zucchero per la produzione della quantità di zucchero corrispondente effettuata entro i limiti delle quote A e B di ciascuna impresa produttrice di zucchero, per le regioni seguenti: Abruzzo, Molise, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.

Va rammentato che in linea generale è proprio la legge finanziaria che annualmente quantifica gli stanziamenti destinati alla realizzazione degli interventi autorizzati dall’Unione europea per il settore bieticolo saccarifero, attribuendo tuttavia dette risorse direttamente all’AGEA (così in tabella D della leggi finanziarie per il 2004 e il 2005). Sempre annualmente interviene una delibera del CIPE che, utilizzando le risorse assegnate, determina l’entità dell’aiuto da concedersi ai produttori. In proposito l’ultimo provvedimento oggetto di pubblicazione in Gazzetta è stata la Del. CIPE n. 53/05 del 4/11/2005, relativa alla campagna 2004/2005, che ha attribuito 8,428 mln ai bieticoltori tramite l’industria saccarifera e 1,372 mln al Fondo bieticolo nazionale. La quantità di prodotto che beneficia dell’aiuto ammonta approssimativamente a 2 milioni di quintali.

L’ABSI-Fondo Bieticolo è l’Ente Inteprofessionale del settore bieticolo saccarifero costituita da tutte le Associazioni dei bieticoltori e da tutte le Società saccarifere. Costituita sotto forma di Associazione nel 1982 con il compito principale di gestire il Fondo Bieticolo Nazionale, è stata trasformata in Società consortile il 30 ottobre 2001. Le disposizioni statutarie prevedono che le decisioni vengano assunte di comune accordo tra le parti, con maggioranze qualificate, mentre la rappresentanza è commisurata alla effettiva rappresentatività. Compito principale dell’ABSI-Fondo Bieticolo è quello di attuare gli Accordi Interprofessionali nonché gestire il Fondo Bieticolo Nazionale in merito al quale vige l’obbligo di rendicontazione al MIPAF.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato tre proposte di regolamento con le quali delinea un nuovo regime giuridico ed economico del settore bieticolo-saccarifero dal 2006/2007 al 2014/20152:

una proposta di regolamento sull’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero;

§      una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 1782/2003 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori;

§      una proposta di regolamento che istituisce un regime temporaneo per la ristrutturazione dell’industria saccarifera nella Comunità europea e modifica il regolamento (CE) n. 1258/1999 sul finanziamento della politica agricola comune.

Le proposte mirano ad estendere al settore bieticolo-saccarifero i principi e i meccanismi della riforma della politica agricola comune, attuata, relativamente ad altri settori, nel 2003 e nel 2004, nonché a rendere coerente la disciplina comunitaria in materia con gli impegni giuridici e politici assunti dall’Unione europea a livello internazionale, in particolare con riferimento ai Paesi in via di sviluppo produttori di zucchero.

I principali interventi prospettati dalla tre proposte concernono:

-        l’eliminazione del prezzo di intervento e la sua sostituzione con un prezzo di riferimento, più basso del 39% rispetto al primo;

-        la semplificazione dell’attuale sistema di quote di produzione dello zucchero, ferme restando le quote complessive di produzione previste per ciascuno Stato membro per il biennio 2004/2005;

-        un regime volontario di ristrutturazione per gli stabilimenti che producono zucchero, mediante un pagamento decrescente quadriennale destinato a incoraggiare la chiusura degli stabilimenti e la rinuncia alla quota;

-        una compensazione parziale a copertura della perdita di reddito dei produttori di barbabietole,derivante dalla riduzione dei prezzi, pari a circa il 60% del reddito stesso;

-        una serie di misure a favore dei Paesi ACP e degli altri Paesi in via di sviluppo.

Le proposte saranno esaminate dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura di consultazione.

Il 29 novembre 2005 la Commissione agricoltura del Parlamento europeo dovrebbe approvare il progetto di relazione sulle proposte presentato dall’ On. Fruteau (PSE, FR) nello scorso settembre. La relazione e il progetto di risoluzione legislativa (recante gli eventuali emendamenti alle proposte della Commissione europea) dovrebbero essere poi esaminati e approvati, secondo la procedura di consultazione, in plenaria nel gennaio 2006.

Il Consiglio dovrebbe definire un approccio generale della riforma nella riunione del 23/24 novembre 2005.


Articolo 1, commi 291-292
(Modernizzazione dei settori dell’agricoltura, pesca, acquicoltura alimentazione e foreste)

 


291. In considerazione dell'accresciuta complessità delle funzioni e del maggior numero di compiti di coordinamento delle attività regionali, individuati dai decreti legislativi emanati in attuazione dell'articolo 1 della legge 7 marzo 2003, n. 38, recante delega al Governo per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura, della pesca, dell'acquacoltura, agro-alimentare, dell'alimentazione e delle foreste, le risorse destinate al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi istituzionali del Ministero delle politiche agricole e forestali sono incrementate di euro 1.550.000 a partire dall'anno 2006.

292. All'onere derivante dall'attuazione del comma 291 si provvede, a decorrere dall'anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

I commi 291 e 292 incrementano di 1,55 milioni di euro, a decorrere dal 2006, le risorse destinate al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi istituzionali del Ministero delle politiche agricole e forestali, al fine di far fronte ai nuovi compiti previsti per il Ministero medesimo dai decreti legislativi attuativi della legge delega n. 38 del 2003. Alla copertura dei relativi oneri si provvede a valere sulle risorse del D.Lgs. n. 228 del 2001 (recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”).

 

L’articolo 1 della legge n. 38 del 2003[77] ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per “completare il processo di modernizzazione dei settori agricolo, della pesca, dell’acquacoltura, agroalimentare, dell’alimentazione e delle foreste”. In attuazione di tale ampia delega (il cui termine, già prorogato, è ora scaduto) sono stati adottati i seguenti decreti legislativi:

-       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (“Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 102(“Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       DLgs. 26 maggio 2004, n. 153 (“Attuazione della L. 7 marzo 2003, n. 38, in materia di pesca marittima”);

-       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 154 (“Modernizzazione del settore pesca e dell'acquacoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 100 (“Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori della pesca e dell'acquacoltura e per il potenziamento della vigilanza e del controllo della pesca marittima, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 101 (“Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste, a norma articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102 (“Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38).

Tra i maggiori compiti di coordinamento previsti in capo al Ministero delle politiche agricole e forestali dai suddetti decreti legislativi si possono ricordare, in particolare, le funzioni connesse alla redazione e alla gestione del Piano assicurativo agricolo annuale (artt. 4-6 del D.Lgs. n. 102/2004) e del Programma assicurativo annuale della pesca e dell’acquacoltura (art. 14-bis del D.Lgs. n. 154/2004), all’istituzione del Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell’acquacoltura (art. 14 del D.Lgs n. 154/2004) e alla nuova disciplina per il riconoscimento delle organizzazioni di produttori e delle loro forme associate (artt. 3-7 del D.Lgs. n. 102/2005).

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento che istituisce il nuovo Fondo europeo per la pesca (FEP) relativo al periodo di programmazione 2007-2013 (COM(2004)497).

Il Fondo è volto a facilitare, in conformità con la riforma della politica agricola comune del 2002, la messa in opera di misure destinate ad assicurare una pesca sostenibile e la diversificazione economica delle zone di pesca. Obiettivo principale del Fondo sarà quello di contribuire a ridurre la pressione esercitata dalle attività di pesca in modo da consentire la ricostituzione degli stock ittici, e di incoraggiare l’utilizzazione di attrezzature e pratiche più ecologiche nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

Il FEP sostituirebbe l’attuale Strumento finanziario di orientamento per la pesca (SFOP) e a differenza di quest’ultimo non farà parte dei fondi strutturali veri e propri[78]. Il FEP disporrebbe di circa 700 milioni di euro per ciascun anno con un totale per l’intero settennio di 4,96 miliardi di euro.

 

Le misure del FEP saranno riconducibili a cinque assi prioritari: 1) misure a favore dell’adattamento delle capacità della flotta peschereccia comunitaria; 2) acquicoltura, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura; 3) misure d’interesse collettivo; 4) sviluppo sostenibile delle zone costiere; 5) assistenza tecnica.

Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, nell’ambito della procedura di consultazione, nella sessione del 6 luglio 2005, approvando un parere favorevole con alcuni emendamenti che ampliano le possibilità di sovvenzione ai pescherecci inferiori ai 12 metri.

 

Il 9 ottobre 2003 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo (COM(2003)589).

La Commissione propone l’adozione di piani di gestione nel Mediterraneo accompagnate da una serie di misure tecniche (il rafforzamento del divieto di utilizzare attrezzi trainanti nelle zone costiere, la dimensione delle maglie delle reti da pesca, la limitazione delle dimensioni di alcuni attrezzi da pesca) e di controllo nonché dal divieto di determinati modi di pesca in alcune zone specifiche. Sono previste anche disposizioni relative alla pesca sportiva e alle interferenze di questa con la pesca professionale. Da ultimo, viene delegata agli Stati membri la facoltà di disciplinare, all’interno delle proprie acque territoriali e a determinate condizioni, le attività di pesca prive di una dimensione comunitaria o di un impatto ambientale significativo.

Il Consiglio ha esaminato la proposta il 20 giugno 2005 senza giungere ad un accordo. Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, nell’ambito della procedura di consultazione, nella sessione del 6 luglio 2005, approvando un parere favorevole con alcuni emendamenti.

 

 

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 18 luglio 2001 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora all’Italia nell’ambito della procedura d’infrazione[79] sul mancato controllo delle misure tecniche comunitarie relative alle reti da posta derivanti: un gran numero di pescherecci italiani utilizza infatti reti da posta derivanti di lunghezza superiore a 2,5 chilometri in acque soggette alla sovranità o giurisdizione della Spagna e della Grecia, nonché in acque non soggette ad alcuna giurisdizione nazionale. Secondo la Commissione l’Italia non avrebbe assolto gli obblighi di controllo delle attività di pesca, mancando inoltre di procedere a sanzionare i responsabili delle violazioni. Inoltre l’Italia non avrebbe comunicato regolarmente alla Commissione stessa i risultati delle ispezioni e controlli delle attività di pesca con reti da posta.

 

Il 13 ottobre 2004 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia[80] per violazione del regolamento (CE) 2847/93 che istituisce un regime di controllo applicabile nell’ambito della politica comune della pesca. Tale regolamento prevede che gli Stati membri debbano comunicare alla Commissione i quantitativi semestrali di tonno rosso pescati, catturati o messi in commercio nel loro territorio. Secondo la Commissione l’Italia ha mancato di trasmettere i dati sulle catture relative al primo semestre 1999 e all’anno 2000.


Articolo 1, comma 293
(Nuove misure per il contenimento della spesa per l'assistenza farmaceutica)

 


293. Al comma 5 dell'articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo la lettera f) è inserita la seguente:

«f-bis) procedere, in caso di superamento del tetto di spesa di cui al comma 1, ad integrazione o in alternativa alle misure di cui alla lettera f), ad una temporanea riduzione del prezzo dei farmaci comunque dispensati o impiegati dal Servizio sanitario nazionale, nella misura del 60 per cento del superamento».


 

 

Il comma in esame, introdotto dal Senato, attribuisce nuovi poteri all’agenzia italiana del farmaco (AIFA) in caso di superamento dei livelli di spesa farmaceutica programmati.

 

Si ricorda che, ai sensi della normativa vigente, l’Agenzia ha a disposizione una serie di strumenti per intervenire in casi di sfondamento dei tetti di spesa[81].

In particolare l’Agenzia può provvedere, anche temporaneamente, ad una ripartizione della spesa eccedente secondo i seguenti criteri:

§         per il 60%: ridefinendo le quote di spettanza del produttore (sul prezzo dei farmaci ammesso al rimborso);

§         per il 40% è ripianata dalle singole regioni attraverso l’adozione di specifiche misure in materia farmaceutica.

 

Il comma in esame prevede la possibilità da parte dell’AIFA di adottare misure che “in aggiunta, o in alternativa” agli interventi sopradescritti, determinino la temporanea riduzione del prezzo dei farmaci comunque dispensati o impiegati dal Servizio sanitario nazionale, nella misura del 60% del superamento del livello di spesa programmato.

 

La relazione tecnica integrativa non fornisce elementi sull’andamento previsto della spesa farmaceutica né sugli effetti attesi dalla norma.

 

Si segnala che per contrastare l’andamento della spesa farmaceutica nel 2004, superiore ai livelli massimi prefissati, il decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156 [82] ha disposto, tra le altre, misure per la riduzione della percentuale spettante al produttore sul prezzo dei farmaci[83].

 


Articolo 1, comma 294
(Ammortizzatori sociali)

 


294. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 505 milioni di euro a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può disporre entro il 31 dicembre 2006, in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi ed aree territoriali, ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 giugno 2006 che recepiscono le intese già stipulate in sede istituzionale territoriale, ovvero nei confronti delle imprese agricole e agro-alimentari interessate dall'influenza aviaria. Nell'ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2005. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga, del 40 per cento per le proroghe successive. All'articolo 7-duodecies, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006».


 

 

Il comma 294,riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) e nell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), prevede che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali[84] e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2006, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - di concerto con quello dell'economia e delle finanze – possa - anche in deroga alla normativa ordinaria - concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:

§      la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi, “ovvero nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari interessate dall’influenza aviaria”;

§      i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2006.

 

Si evidenzia che, rispetto alla disciplina precedente su citata, si è aggiunta la possibilità di erogare i trattamenti di CIGS, mobilità e disoccupazione anche nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari che possono essere danneggiate dal fenomeno dell’influenza aviaria.

Sembra quindi che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia possa concedere, anche in deroga alla vigente normativa, per tali aziende, i trattamenti su citati valutando discrezionalmente l’incidenza dell’influenza aviaria sulla situazione occupazionale.

Sembra pertanto che tali aziende, in considerazione della peculiarità della crisi da cui sono colpite, non siano tenute, per fruire dei trattamenti, a realizzare programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, definiti in specifici accordi in sede governativa.

 

Il secondo periodo del comma in esame autorizza la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dal richiamato articolo 1, comma 155, della Legge n. 311 del 2004.

Pertanto il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2005.

L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriore proroga.

 

Si ricorda che il comma 155 dell’articolo 1 della legge n. 311/04 già prevede la possibilità di concedere i trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, in deroga alla normativa vigente, per l’anno 2006, ma con esclusivo riferimento agli accordi di settore (produttivo). Tuttavia anche in tal caso vale il termine del 30 giugno 2005 per la conclusione di accordi in sede governativa.

Tale previsione appare superata dal comma in esame.

 

Per l’attuazione delle disposizioni previste dal comma 294 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga - viene stanziato un importo complessivo di spesa pari a 505 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione, di cui all’art. 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[85]).

 

L’ultimo periodo del comma in esame modificando l’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004,) concernente, come sopra visto, la proroga di alcuni trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali – proroga dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 il termine entro il quale il Ministro del lavoro, di concerto il Ministro dell'economia, può concedere e prorogare, anche in deroga alla normativa ordinaria, trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale.

Si ricorda, ai sensi del medesimo comma 137, devono essere rispettate le seguenti condizioni:

§       esistenza di programmi intesi alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti al reimpiego dei lavoratori;

§       per i casi di prima concessione dei trattamenti, conclusione, in sede governativa, di specifici accordi entro il 30 giugno 2004;

§       limite massimo complessivo di pari a 360 milioni di euro (a carico del summenzionato Fondo per l'occupazione);

 

Si evidenzia che il periodo in esame modifica testualmente l’articolo 7-duodecies del decreto legge n. 7/2005, che a sua volta aveva sostituito, all’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, il termine del “30 aprile 2005” con quello del “31 dicembre 2005”.

Si osserva che la modifica prevista dovrebbe essere più correttamente formulata come novella all’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350.

Si osserva inoltre che sarebbe opportuno un coordinamento tra i primi tre periodi del comma in esame e l’ultimo periodo dello stesso comma, prevedendo entrambe le norme autorizzazioni a concedere o prorogare i medesimi trattamenti (CIGS, mobilità e disoccupazione speciale) per l’anno 2006, in deroga alla normativa vigente.

 

Si ricorda che, ai sensi del quinto e sesto periodo dell'art. 3, comma 137, la misura dei trattamenti liquidati in base al quarto periodo del medesimo comma 137 è ridotta del 20%, ad esclusione dei casi di concessione e di prima proroga.

Poiché il comma 294 in esame, con l’ultimo periodo, differisce al 31 dicembre 2006 il termine per la concessione o la proroga dei trattamenti di CIGS, mobilità e disoccupazione speciale ai sensi della norma su citata, si evince che la disciplina di cui ai primi tre periodi dello stesso comma in esame sarebbe non sostitutiva, bensì aggiuntiva rispetto a quella recata dal citato art. 3, comma 137.

Si consideri che la disciplina di proroga di cui all’articolo 3, comma 137 è parzialmente differente da quella dei primi tre periodi del comma in esame: non viene posta, per beneficiarne, la condizione della riduzione (nella misura pari ad almeno il 10%) del numero dei destinatari e si prevedono criteri meno restrittivi di diminuzione dell'importo del trattamento.

 

Si ricorda inoltre che il decreto legge n. 203/2005, approvato dal Senato (C. 6176), attualmente all’esame della Camera, all’articolo 8, comma 3-ter provvede a prorogare, non oltre il 31 dicembre 2006, i trattamenti di CIGS e di mobilità alle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, alle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti ed alle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.


Articolo 1, comma 295
(Crediti d’imposta per gli investimenti e le assunzioni)

 


295. Al fine di rendere più efficiente l'utilizzo degli strumenti di incentivazione per gli investimenti e le assunzioni, alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 62, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

     «1-bis. Le risorse derivanti da rinunce o da revoche di contributi di cui al comma 1, lettera c), sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per accogliere le richieste di ammissione all'agevolazione, secondo l'ordine cronologico di presenta­zione, non accolte per insufficienza di disponibilità.»;

b) all'articolo 63, comma 3, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Ove il datore di lavoro presenti l'istanza di accesso alle agevolazioni prima di aver disposto le relative assunzioni, le stesse sono effettuate entro trenta giorni dalla comunicazione dell'accoglimento dell'istan­za da parte dell'Agenzia delle entrate. In tal caso l'istanza è completata, a pena di decadenza, con la comunicazione del­l'identificativo del lavoratore, entro i successivi trenta giorni».


 

 

Il comma 295 dell’articolo 1 modifica gli articoli 62 e 63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), relativamente ai crediti d’imposta per investimenti e per le nuove assunzioni, con l'obiettivo di accrescere l'efficienza nell'impiego dei suddetti strumenti d’incentivazione.

 

La lettera a) interviene circa il credito d’imposta per investimenti, introducendo un nuovo comma 1-bis nell'articolo 62 della legge n. 289 del 2002.

Con esso viene disposto che le risorse derivanti da rinunzie o da revoche dei contributi di cui al comma 1, lettera c), del suddetto articolo 62 sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per accogliere le richieste di ammissione all'agevolazione, non accolte per insufficienza di disponibilità, secondo l'ordine cronologico di presentazione.

 

L’articolo 62 della legge n. 289 del 2002 ha introdotto alcune specifiche modalità per la fruizione del credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, al fine di consentire all’amministrazione la pianificazione e un adeguato monitoraggio dei flussi di spesa. In particolare alla lettera c) del comma 1 viene disciplinata la procedura per la fruizione del contributo agli investimenti da parte dei soggetti che hanno presentano l'istanza per la prima volta relativamente agli investimenti da effettuare dopo il 1° gennaio 2003.

 

Il credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate è stato introdotto dall’articolo 8 della legge n. 388 del 2000, in favore delle imprese che, entro la chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investimenti nelle predette aree, individuate nelle aree destinatarie degli aiuti a finalità regionale ammessi alle deroghe previste dall'articolo 87.3.a) e 87.3.c) del Trattato in materia di aiuti di Stato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti per il periodo 2000-2006.

I soggetti beneficiari sono i titolari di reddito d’impresa, con esclusione degli enti non commerciali. L’articolo 60 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), ha modificato l’ambito soggettivo dei beneficiari, estendendone l’applicazione anche alle imprese agricole operanti nell’intero territorio nazionale.

Sono nuovi investimenti agevolabili le acquisizioni, ivi comprese quelle in leasing, di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive già esistenti o di nuova costituzione, ubicate nelle aree svantaggiate. I beni, che possono essere sia materiali che immateriali, devono possedere il requisito della novità.

I beni materiali, sia mobili che immobili, devono essere utilizzati durevolmente nell'attività dell'impresa. Quanto ai beni immobili, risultano agevolabili soltanto gli investimenti in immobili strumentali per destinazione.

I beni immateriali agevolabili sono quelli rappresentati da diritti suscettibili di tutela giuridica, vale a dire, i brevetti e le relative licenze di sfruttamento, i marchi e le relative licenze di sfruttamento; i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno; i diritti di sfruttamento di conoscenze tecniche non brevettate (know-how).

L'agevolazione compete sugli investimenti effettuati a decorrere dal 14 marzo 2001, vale a dire dal giorno successivo alla data di approvazione da parte dell'Unione europea del regime agevolativo, e fino al 31 dicembre 2006.

L’entità del beneficio non può essere superiore alla misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla Commissione europea.

Per quanto concerne le modalità di fruizione del credito d’imposta, il comma 5 del citato articolo 8 della legge n. 388 del 2000 consente l’applicazione del beneficio in sede di dichiarazione dei redditi, disponendone l’utilizzo solo in compensazione con debiti tributari e contributivi, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

 

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 62 della legge n. 289 del 2002 definisce l’ambito territoriale di applicazione della misura agevolativa sopra ricordata e le intensità di aiuto a decorrere dal 1° gennaio 2003.

In particolare, il primo periodo della lettera c) stabilisce che a decorrere da tale data il credito d'imposta sia attribuito esclusivamente per gli investimenti da effettuare nelle seguenti aree:

-          nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato istitutivo della Comunità europea,

-          nelle sole aree delle regioni Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), dello stesso Trattato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006.

Nelle altre aree 87.3.c) del Centro Nord è riconosciuto un credito d’imposta per gli investimenti più limitato, entro 30 milioni di euro annui fino al 2006, secondo le medesime modalità (terzo periodo della lettera c). L’efficacia di tale misura nelle aree del Centro Nord è tuttavia subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato.

Il secondo periodo della lettera c) precisa la misura dell’agevolazione applicabile:

-          nelle aree ammissibili alla deroga ai sensi dell’art. 87.3.a) il contributo spetta nella misura dell’85% dell’intensità fissata dalla Carta degli aiuti.

-          per le aree 87.3.c) delle regioni Abruzzo e Molise il contributo spetta nella intera misura dell’intensità fissata per tali aree dalla Carta degli aiuti 2000-2006.

Per le restanti aree 87.3.c) del Centro Nord non è, invece, prevista alcuna precisazione relativamente all’intensità di aiuto applicabile.

 

La lettera b) del presente comma riguarda il credito d’imposta per assunzioni, aggiungendo un periodo al comma 3 dell'articolo 63 della legge n. 289 del 2002.

Il periodo aggiunto interviene nell'ambito della procedura – prevista dal comma 3 dell'articolo 63 citato – necessaria per maturare il diritto al credito d’imposta per le nuove assunzioni, stabilendo che se il datore di lavoro presenta l’istanza di accesso alle agevolazioni prima di aver disposto le relative assunzioni di personale, queste devono essere effettuate entro trenta giorni dalla comunicazione dell’accoglimento dell’istanza da parte dell’Agenzia delle entrate. In tale ipotesi è necessario completare l’istanza con la comunicazione relativa all’identità del lavoratore entro trenta giorni, a pena di decadenza.

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 63 della legge n. 289 del 2002 ha operato una revisione della disciplina del credito di imposta, introdotto dall’articolo 7 della legge n. 388 del 2000, in favore dei datori di lavoro per le nuove assunzioni effettuate, con contratto a tempo indeterminato, ad incremento dell'organico. Il regime agevolativo, come ridisciplinato, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2006.

La lettera a) del comma 1 disciplina il credito d’imposta per le assunzioni effettuate nell’anno 2003 in favore dei datori di lavoro che abbiano acquisito il diritto all’agevolazione già nel 2002, nei cui riguardi trova applicazione l’articolo 2 del D.L. n. 209 del 2002. La lettera b) delinea la nuova disciplina del credito d’imposta per l’occupazione che sostituisce definitivamente - con cadenze temporali differenziate in base alla particolare posizione soggettiva del datore di lavoro - quello previsto dall’articolo 7 della legge n. 388 del 2000.

Il nuovo regime entra in vigore:

-        nell’anno 2003 in favore dei datori di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a), vale a dire in favore di coloro i quali non hanno mai fruito in precedenza dell’agevolazione (né ai sensi dell’art. 7 della legge 388 del 2000 né valendosi dell’art. 2 del D.L. n. 209 del 2002);

-        a decorrere dal 1° gennaio 2004 in favore di tutti i datori di lavoro.

Il credito d’imposta è attribuito per ogni nuova assunzione che dia luogo ad un incremento della base occupazionale rispetto alla base occupazionale media riferita al periodo 1° agosto 2001-31 luglio 2002, nell’importo di:

-        100 euro mensili per ogni nuovo assunto;

-        150 euro mensili se il nuovo assunto è di età superiore ai 45 anni;

-        ulteriori 300 euro mensili se le assunzioni sono effettuate nelle aree indicate al comma 10 dell’articolo 7 della legge n. 388 del 2000, vale a dire nelle aree di cui all'obiettivo 1 dei Fondi strutturali (regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia), nelle regioni Abruzzo e Molise, nelle aree di crisi e nelle c.d. zone cuscinetto, individuate ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della legge n. 448 del 1998.

Per il credito d’imposta così disciplinato, si stabilisce un limite finanziario complessivo di 125 milioni di euro per ciascun anno del periodo 2003-2006.

Il comma 2 dell'articolo 63 citato specifica i termini per l’attribuzione e la fruizione del credito d’imposta, ai sensi della disciplina dettata dal comma 1.

Per maturare il diritto al credito d’imposta il comma 3 dell’articolo 63 prevede una procedura specifica, che impone ai datori di lavoro di presentare una apposita istanza preventiva al Centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate, contenente tutte le informazioni occorrenti per stabilire la base occupazionale di riferimento e il numero, la tipologia, la decorrenza e la durata dell’assunzione.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 30 gennaio 2003 è stato approvato il modello di istanza preventiva per l’attribuzione del credito di imposta per l’incremento dell’occupazione, da inviare all’Agenzia delle entrate ai sensi del comma 3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 20 giugno 2003 è stato stabilito il termine iniziale di presentazione delle istanze.

Il credito d’imposta può essere fruito solo dopo l’espresso atto di assenso adottato dall'Agenzia delle entrate entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’istanza. L’Agenzia decide in funzione dei dati raccolti, anche in ordine alla proiezione degli effetti finanziari sugli anni successivi e in considerazione dei limiti di spesa progressivamente impegnati nel corso dell’anno in ragione dei contributi via via assegnati. Per la gestione delle istanze da parte dall'Agenzia delle entrate, il comma 3 rimanda alla disciplina dettata dal D.M. Finanze del 3 agosto 1998, n. 311.

 


Articolo 1, comma 296
(Interventi di ristrutturazione di imprese della filiera agroalimentare)

 


296. All'articolo 1, comma 3-ter, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A valere sulle risorse del fondo di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, sono individuati dal CIPE interventi per la ristrutturazione di imprese della filiera agro-alimentare, con particolare riguardo a quelle gestite o direttamente controllate dagli imprenditori agricoli».


 

 

Il comma 296 novella l’articolo 1, comma 3-ter, del decreto legge n. 22/2005 (Interventi urgenti nel settore agroalimentare), assegnando al CIPE il compito di individuare interventi per la ristrutturazione di imprese appartenenti alle filiere agroalimentari. La norma sembra attribuire una preferenza, se non una priorità (“con particolar riguardo”), alle imprese controllate da imprenditori agricoli. Per la messa in atto delle operazioni di ristrutturazione il CIPE non si vede attribuire risorse aggiuntive, ma deve attingere alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (di cui agli artt. 60 e 61 della legge n. 289/2002).

 

Il D.L. 22 febbraio 2005 n. 22 ha disposto, con il menzionato comma 3-ter, in merito ad un rifinanziamento del Fondo di solidarietànazionale – interventi indennizzatori. Al CIPE è stato attribuito il compito di provvedere alla destinazione delle risorse, che vanno individuate all’interno del fondo di cui all’art. 61, co. 1 della legge 289/2002 (cosiddetto Fondo per le aree sottoutilizzate), per la parte attribuita alla gestione del dicastero delle attività produttive.

Il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), che ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP). Nel Fondo MEF sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno, all’intervento ordinario nelle aree depresse, al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. NelFondo MAP,sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, ossia le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area). Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari, alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

 

Per una valutazione della ammissibilità degli aiuti alla ristrutturazione con le disposizioni comunitarie, va fatto riferimento agli Orientamenti comunitari sugli aiuti si Stato finalizzati al salvataggio o ristrutturazione delle imprese, che la Commissione ha adottato a decorrere dal 1994, ma che si rivolgono anche al settore agricolo a partire dal 1997[86]. Detti Orientamenti sono stati peraltro sostituiti nel 1999 da una nuova disciplina in materia, più rigorosa e restrittiva della precedente; infine, anche tale versione, scaduta il 9 ottobre 2004, è stata sostituita con gli “Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà” (di cui alla Comunicazione pubblicata nella Gazzetta 2004/C244/02).

I nuovi orientamenti, entrati in vigore il 10 ottobre 2004, disciplinano orizzontalmente gli aiuti di Stato, prevedendo sia una disciplina generale applicabile alle imprese operanti in tutti i settori di attività[87], sia delle norme particolari da applicarsi alle sole piccole e medie imprese o per il settore agricolo, per il quale ultimo va fatto riferimento alla specifica sezione 5.

Alla luce dei menzionati Orientamenti, hanno titolo all’aiuto le imprese in difficoltà, e secondo la Commissione sono tali le imprese che non sono in grado - con le loro risorse o con quelle che possono ottenere da proprietari/azionisti o dai creditori - di contenere le perdite che, in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche, potrebbero condurle quasi certamente al collasso economico a breve o a medio termine. In linea di principio, sono comunque considerate in difficoltà, a prescindere dalle dimensioni, le società:

§       a responsabilità limitata, qualora abbia perduto più della metà del capitale sociale e la perdita di più di un quarto di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

§       in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perduto più della metà dei suoi fondi propri, quali indicati nei conti della società, e la perdita di più di un quarto del capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

§       di tutte le forme, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti una procedura concorsuale per insolvenza.

In ogni caso, come si precisa nei nuovi orientamenti, una impresa in difficoltà può beneficiare degli aiuti solo previa verifica della sua incapacità di riprendersi con le proprie forze o con finanziamenti ottenuti dai suoi proprietari/azionisti o da altre fonti sul mercato.

Ai sensi degli orientamenti, presentano profili di incompatibilità con la disciplina comunitaria gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese di nuova costituzione (in linea di principio si considera tale una impresa nei primi tre anni dall’avvio dell’attività nel settore interessato) o quelle che fanno parte di un gruppo più grande.

La Commissione disciplina con la medesima comunicazione sia gli aiuti per il salvataggio che gli aiuti alla ristrutturazione, in quanto, pur obbedendo a meccanismi diversi, in entrambi i casi la decisione in merito all’intervento pubblico ha per oggetto una valutazione di imprese in difficoltà.

Per quanto qui rileva, pertanto, gli aiuti per la ristrutturazione possono essere autorizzati in linea generale solo nei casi in cui la concessione non risulti contraria all’interesse comune, e ciò è possibile solo in caso di rispetto di criteri rigorosi e con misure compensativeche minimizzino gli eventuali effetti distorsivi della concorrenza.

Le condizioni da rispettare per la concessione degli aiuti per la ristrutturazione sono:

§       l'ammissibilità dell'impresa, che deve essere un'impresa in difficoltà;

§       la definizione e realizzazione di un piano di ristrutturazione di durata il più limitata possibile;

§       piano che consenta il ripristino della redditività a lungo termine e sulla base di ipotesi realistiche sulle condizioni operative future;

§       l'introduzione di misure compensative - per minimizzare il più possibile gli effetti negativi sui concorrenti -proporzionali all’effetto distorsivo dell’aiuto, alle dimensioni e al peso dell’impresa sui mercati. Peraltro, dette misure, la cui entità deve essere fissata dalla Commissione, di norma non si applicano alle piccole imprese; nel caso invece di imprese attive nel settore agricolo vale l’obbligo di adottare la maggior parte di tali misure, in ragione della maggiore sensibilità del comparto che amplifica gli effetti negativi degli aiuti concessi sugli scambi (cfr. punto 87 della sez. 5);

§       in caso di sovracapacità strutturale di una impresa operante nel comparto agricolo si applicano le specifiche misure di riduzione (di cui alla sez. 5.4);

§       l'importo e l'intensità dell'aiuto devono essere limitati allo stretto necessario. I beneficiari dovranno, pertanto contribuire in maniera significativa al piano di ristrutturazione sia con fondi propri che con finanziamenti esterni;

§       l'imposizione da parte della Commissione di condizioni ed obblighi specifici;

§       la piena attuazione del programma di ristrutturazione ;

§       il controllo che la Commissione deve potere effettuare sull'avanzamento del piano di ristrutturazione sulla base di relazioni regolari e particolareggiate, trasmesse dallo Stato membro.

Nei nuovi orientamenti viene, inoltre, ulteriormente rafforzato il principio dell’aiuto “una tantum” al fine di evitare che si ricorra alla concessione ripetuta di aiuti allo scopo di tenere in vita le imprese. Pertanto, gli aiuti sia per il salvataggio che per la ristrutturazione possono essere concessi una sola volta e lo Stato membro, all’atto della notifica alla Commissione di un progetto di aiuto è tenuto a precisare se l’impresa abbia ottenuto in passato aiuti. L’arco temporale cui fare riferimento è di norma 10 anni; tuttavia, per le imprese agricole tale periodo è ridotto a 5 anni.

 


Articolo 1, commi 297-299
(Concentrazione di imprese ed estensione
del contributo alle imprese agricole)

 


297. All'articolo 9, comma 1, lettera b), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La concentrazione si considera realizzata anche attraverso il controllo di società di cui all'articolo 2359 del codice civile, la partecipazione finanziaria al fine di esercitare l'attività di direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile e la costituzione del gruppo cooperativo previsto dall'articolo 2545-septies del codice civile».

298. All'articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. Il contributo di cui al comma 1 è esteso agli imprenditori agricoli».

299. All'articolo 9 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «giovani imprenditori agricoli,» sono inserite le seguenti: «anche organizzati in forma societaria,»;

b) al comma 2, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di cui all'articolo 2».


 

 

Il comma 297, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, estende la nozione di concentrazione”, rilevante per l’attribuzione del relativo premio previsto dall’articolo 9 del D.L. n. 35 del 2005, ad altre fattispecie, espressamente indicate.

 

Il richiamato articolo 9 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, prevede infatti, in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese – definite secondo i criteri dell’Unione europea – che partecipino a processi di concentrazione, l'erogazione di un credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze relativi alle operazioni di concentrazione stesse.

 

Nel dettaglio, il citato articolo 9 attribuisce alle imprese rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese, di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che prendono parte a processi di concentrazione, nel rispetto delle condizioni previste nel regolamento (CE) n. 70/2001 del 12 gennaio 2001 della Commissione, un contributo nella forma di credito di imposta pari al cinquanta per cento delle spese sostenute per studi e consulenze, inerenti all'operazione di concentrazione e comunque in caso di effettiva realizzazione dell'operazione, secondo le condizioni che seguono:

a) il processo di concentrazione deve essere ultimato, avuto riguardo agli effetti civili, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto e i ventiquattro mesi successivi;

b)  l'impresa risultante dal processo di concentrazione, comunque operata, ovvero l'aggregazione fra singole imprese, deve rientrare nella definizione di piccola e media impresa di cui alla raccomandazione della Commissione europea del 6 maggio 2003;

c) tutte le imprese che partecipano al processo di concentrazione devono aver esercitato attività omogenee nel periodo d'imposta precedente alla data in cui è ultimato il processo di concentrazione o aggregazione ed essere residenti in Stati membri dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo.

 

Il comma 1-bis dell’articolo 9 è diretto a specificare la definizione di "concentrazione" ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste dallo stesso articolo.

Viene pertanto precisato che, al fine della concessione del contributo suddetto, s’intendono per concentrazione:

-        l’aggregazione di più imprese che dà luogo alla costituzione di un’unica impresa;

-        l’incorporazione, da parte di un'impresa, di un'altra o di altre imprese;

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2501 del codice civile, la fusione di più società può eseguirsi o mediante la costituzione di una nuova società, come nel caso di cui alla lettera a), o mediante l'incorporazione in una società di una o più altre, come nel caso di cui alla lettera b).

 

-        le aggregazioni di più imprese – su base contrattuale – per l'organizzazione in comune di attività imprenditoriali rilevanti;

-        la creazione di consorzi, con cui più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per lo svolgimento di fasi rilevanti dell’attività delle rispettive imprese;

Questa definizione di consorzio coincide con quella, di carattere più generale, dettata dall'articolo 2602 del codice civile, in base alla quale con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

-        le ulteriori forme che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese.

 

Il comma 297 in esame aggiunge ora all'articolo 9, comma 1, lettera b), del D.L. n. 35 del 2005 un periodo a tenore del quale la concentrazione si considera realizzata anche:

a)      attraverso il controllo di società di cui all'articolo 2359 del codice civile;

 

Ai sensi del richiamato articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:

1)  le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)  le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)  le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

b)     la partecipazione finanziaria al fine di esercitare l'attività di direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile;

 

Il capo IX del libro quinto del codice civile (articoli 2497 e seguenti) prevede norme in tema di direzione e coordinamento di società. In particolare, l’articolo 2497-sexies stabilisce che si presume, salva prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell'articolo 2359. Il successivo articolo 2497-septies prescrive l’applicazione delle disposizioni del medesimo capo alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi indicate all'articolo 2497-sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti.

 

c)      la costituzione del gruppo cooperativo previsto dall'articolo 2545-septies del codice civile.

 

Ai sensi del richiamato articolo 2545-septies del codice civile, in tema di gruppo cooperativo paritetico, il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese deve indicare:

1)  la durata;

2)  la cooperativa o le cooperative cui è attribuita direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri;

3)  l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;

4)  i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;

5)  i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività comune.

La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.

Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma scritta l'accordo di partecipazione presso l'albo delle società cooperative.

 

La disposizione introdotta dal comma 297 andrebbe meglio riferita al comma 1-bis dell’articolo 9 del D.L. n. 35 del 2005, che fornisce la nozione di partecipazione rilevante ai fini della normativa in esame.

 

Si ricorda che una classificazione delle diverse tipologie di concentrazione è rinvenibile nell'articolo 5 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato". Tale definizione, tuttavia, differisce da quella adottata dal comma 1-bis qui illustrato, anche perché dettata con diversa finalità (tutela della concorrenza).

In particolare, ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 citato, l'operazione di concentrazione si realizza:

-        quando due o più imprese procedono a fusione;

-        quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;

-        quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune.

Ai sensi del successivo comma 3, le operazioni aventi quale oggetto o effetto principale il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti non danno luogo a una concentrazione.

 

Il comma 298 integra il medesimo articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80), al fine di estendere anche agli imprenditori agricoli il credito d’imposta iviprevisto per le microimprese, le piccole e medie imprese che si impegnano in processi di concentrazione.

Per la individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 del codice civile, recentemente modificato dall’art. 1, co. 1 del D.Lgs. n. 228 del 2001, in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-       coltivazione del fondo;

-       selvicoltura:

-       allevamento di animali;

-       attività connesse.

Per coltivazione del fondo, selvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

Il comma 299 estende anche alle società di giovani imprenditori agricoli i benefici previsti dal decreto legislativo n. 185 del 2000 in favore dell’imprenditorialità giovanile in agricoltura.

Si tratta di contributi a fondo perduto e mutui agevolati per la realizzazione di investimenti, di contributi a fondo perduto relativi alla gestione, di interventi di assistenza tecnica e di attività di formazione e qualificazione. Contestualmente si precisa che le società, per poter beneficiare di tali contributi, dovranno avere la sede legale, amministrativa e operativa nei territori destinatari degli interventi a favore dell'imprenditorialità giovanile e dell'autoimpiego, vale a dire nelle regioni obiettivo 1, nelle aree del Centro-Nord comprese nell'obiettivo 2, nelle aree alle quali si applica la deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale e nelle aree svantaggiate.

 

Il D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185, ha disciplinato i nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego nel Mezzogiorno, che hanno sostituito, rispettivamente, le precedenti forme di agevolazione all’imprenditorialità giovanile e il prestito d’onore. In particolare, nel titolo I sono state riunite le diverse forme di agevolazione in favore dell’imprenditorialità giovanile, nei diversi settori. Nel titolo II (autoimpiego), oltre al già esistente “prestito d’onore”, sono stati previsti incentivi per le nuove tipologie di autoimpiego in forma di microimpresa e in forma di franchising.

Per entrambe le forme di imprenditorialità, l’ambito territoriale di applicazione è stato ampliato rispetto alla disciplina precedente ed esteso a tutte le aree obiettivo 1 e 2 dei fondi comunitari (programmazione 2000-2006), alle aree ammesse alla deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale (art. 87.3.c. del Trattato), nonché alle c.d. “aree svantaggiate”, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 marzo 1995, e successive modificazioni.

L’articolo 67 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha infine esteso le agevolazioni per la sola imprenditorialità giovanile ai comuni montani del Centro-Nord con meno di 5.000 abitanti.

L’articolo 9 del D.lgs. n. 185 del 2000, in particolare, definisce i soggetti beneficiari delle misure in favore della nuova imprenditorialità in agricoltura, e individua tali soggetti nei giovani agricoltori, che subentrino nella conduzione dell’azienda agricola ad un familiare e presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura. Precedentemente alla novella introdotta dal D.L. n. 35 del 2005 (noto come Decreto sulla competitività) l’età richiesta ai giovani era compresa fra i 18 e 35 anni; è ora sufficiente che, ai sensi dell’articolo 8 del regolamento CE n. 1357/00, il giovane agricoltore non abbia compiuto i 40 anni.

Quanto ai benefìci, le agevolazioni previste dal comma 1 dell’articolo 3 assumono la forma di:

§       contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;

§       contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;

§       assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative;

§       attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto.

Vale segnalare che da ultimo il D.L. n. 35 del 2005 ha introdotto (con l’art. 8, co. 7) nell’articolo 3 del D.Lgs. n. 185 del 2000 un comma 1-bis, il quale dispone che alle indicate agevolazioni si applichino i massimali previsti dalla normativa comunitaria per gli investimenti operati da giovani imprenditori agricoli. Inoltre, per le iniziative nel settore della produzione agricola, viene precisato che il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni.

 


Articolo 1, comma 300
(Programma agevolato per la produzione di biodiesel)

 

300. All'articolo 21, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, dopo le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate» sono inserite le seguenti: «; con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, possono essere individuate le percentuali di produzione di biocombustibili oggetto di appositi contratti di coltivazione o accordi di filiera».

 

 

Il comma 300 demanda ad un decreto del Ministro dell'economia, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, l’individuazione delle percentuali di produzione di biocombustibili, oggetto di appositi contratti di coltivazione o accordi di filiera, da inserire in un apposito programma il quale, avviato il 1o gennaio 2005 e della durata di sei anni, comporta l'esenzione dall'accisa in favore del biodiesel prodotto, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate.

 

L’articolo 21, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ("Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative")[88], nel disciplinare i prodotti sottoposti ad accisa, prevede, nell’ambito di uno specifico programma, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. L’esenzione si applica al prodotto utilizzato sia come carburante, sia come combustibile, come additivo, oppure anche solo per accrescere il volume finale dei carburanti o dei combustibili.

Il biodiesel, ottenuto da oli vegetali di colza, soia o girasole, è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Il biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile per uso trazione (prEN14214-UNI10946) e riscaldamento (prEN14213-UNI10947).

La produzione italiana di biodiesel, in costante aumento, dovrebbe raggiungere nel breve termine, secondo le valutazioni dell’Associazione italiana produttori biodiesel, le 300.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate annue.

In particolare nel programma nazionale sui biocombustibili (Probio), approvato con la del CIPE n. 27/2000 in attuazione dell’art. 3 della legge n. 423/98, si precisa che il termine «biocombustibili» individua, nella sua accezione più ampia, l'insieme di quelle biomasse o prodotti derivanti dalle biomasse che presentano caratteristiche fisico-chimiche tali da renderli utilizzabili in processi di combustione od altra trasformazione termochimica.

I biocombustibili, in funzione del loro stato, possono essere classificati in: solidi (legno, paglie, pellets, ecc.), liquidi (oli vegetali, alcoli, eteri, esteri, ecc.), gassosi (biogas da digestione anaerobica ecc.). Un ulteriore metodo di classificazione divide i biocombustibili in biomasse tal quali (ad es. paglia) e in combustibili derivanti da una qualche trasformazione di biomasse tal quali (ad es. pellets).

Per biomassa, infine, in base al D.Lgs. n. 128/05[89], deve intendersi la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;

 

Si fa presente che l’uso del termine biocombustibile non è equivalente a quello di biocarburante, indicando il primo qualunque combustibile, per uso trazione o per uso riscaldamento, ricavato da biomassa.

 

Per quanto concerne i contratti di coltivazione e vendita, nonché gli accordi di filiera, si ricorda che l’intera disciplina della materia è stata ridefinita, da ultimo, dal D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102 (“Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della legge 7 marzo 2003, n. 38”).

Il Capo II detta norme sulle intese per l’integrazione di filiera. L’articolo 9 disciplina le intese di filiera, le quali possono essere stipulate, nell’ambito del Tavolo agroalimentare, dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale dei settori della produzione, trasformazione, commercio e distribuzione dei prodotti agricoli, nonché dalle organizzazioni interprofessionali riconosciute. Le intese sono approvate, previa verifica della compatibilità con la normativa nazionale e comunitaria, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali. La definizione delle modalità per la stipula delle filiere, nonché per la costituzione e il funzionamento dei tavoli di filiera, sono rimesse a un DPCM da adottare entro 3 mesi su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

Il Capo III detta norme sulla regolazione di mercato. Gli articoli 10 e 11 disciplinano i contratti quadro, ciascuno dei quali deve riguardare un prodotto e un’area geografica specifici,. Gli accordi definiscono, in particolare, il contratto-tipo che deve essere adottato nella stipulazione dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, valevole anche nei confronti dei soggetti non aderenti alle organizzazioni stipulanti. Si rimette, inoltre, a un DM del Ministro delle politiche agricole e forestali la possibilità di definire, per singole filiere, le modalità di stipula dei contratti quadro in mancanza di intesa di filiera, al fine di prevedere una rappresentatività specifica, determinata in base al volume di produzione commercializzata, da dei soggetti stipulanti.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Biocarburanti

Il 9-12 settembre 2005, il Consiglio informale dei ministri dell’agricoltura e dell’ambiente, riunitosi a Londra, ha esaminato gli aspetti relativi all’interazione tra l’agricoltura e i mutamenti climatici, valutando le possibilità di ridurre l’impatto delle attività agricole sul riscaldamento climatico. Nelle conclusioni approvate si sottolineano le enormi possibilità esistenti di ridurre le emissioni europee di gas a effetto serra, cui l’agricoltura contribuisce per il 10%, soprattutto attraverso lo sviluppo dell’uso dei biocarburanti, sui quali la Commissione ha annunciato la prossima presentazione di un piano d’azione.

 

Bioetanolo

Nel progetto di relazione del sig. Jean-Claude Fruteau (PSE, FR), relatore per la Commissione agricoltura del Parlamento europeo sulle proposte di riforma del settore bieticolo-saccarifero presentate dalla Commissione europea lo scorso 22 giugno 2005[90](cfr.la scheda relativa al comma 290), si suggerisce, tra l’altro, lo sviluppo della produzione di bioetanolo per offrire uno sbocco ai coltivatori di barbabietola e alle industrie del settore.

Il progetto di relazione prevede, da un lato, di riservare una parte degli aiuti del fondo di ristrutturazione per sostenere la riconversione degli impianti industriali in distillerie per biocarburanti, e, dall’altro, di aumentare da 45 a 60 l’aiuto per ettaro dell’attuale aiuto diretto alle colture energetiche portando da 1,5 a 2 milioni di ettari la superficie massima per tali colture.


Articolo 1, comma 301
(Promozione filiere agro-energetiche)

 

301. L'importo previsto dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato nel 2005, è destinato per l'anno 2006 alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agro-energetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione.

 

 

Il comma 301 prevede che le risorse destinate dalla legge finanziaria per il 2005 al Progetto sperimentale «bioetanolo», che al termine del corrente anno risultino inutilizzate, siano destinate per l'anno 2006 alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione.

 

Si osserva che la disposizione in esame non appare conforme alla vigente disciplina contabile, in quanto prevede l’utilizzo nel 2006 di risorse stanziate per il 2005 e introduce dunque una deroga rilevante al principio di annualità del bilancio.

 

Il Progetto sperimentale “bioetanolo” è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto una riduzione dell’imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi (bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, etere etilterbutilitico derivato da alcole di origine agricola, additivi e riformulati prodotti da biomasse) al fine di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Da ultimo, l’articolo 1, comma 520 della legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha differito dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto, disponendo per esso uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

 

In merito ai certificati di cui la norma fa menzione, sembra doversi far riferimento ai certificati verdi che costituiscono il nuovo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’art. 11 del il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei CV è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Si evidenzia l’opportunità di specificare che per “certificati” si intendono i certificati verdi di cui al decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Si rinvia alla scheda relativa al comma 300.

 


Articolo 1, comma 302
(Produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali)

 

302. La produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali effettuata dalle aziende agricole va ricompresa nelle attività di trasformazione e valorizzazione dei prodotti agricoli e quindi inquadrata nell'ambito del reddito agrario, così come definito dal decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

 

 

Il comma 302 ha lo scopo di fare rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione di energia elettrica mediante l’utilizzo di biocombustibili agroforestali.

 

Si fa presente che il richiamo del D.Lgs. 228/01 appare improprio, in quanto andrebbe riferito alla attività di trasformazione e valorizzazione dei prodotti agricoli (quali attività “connesse”) e non già (come pare desumersi dall’uso del termine maschile “definito”) al reddito agrario (di cui il D.Lgs. n. 228/2001 non fornisce alcuna definizione).

Per la individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 c.c., recentemente modificato dall’art. 1, co. 1 del D.lgs. n. 228/2001, in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-       coltivazione del fondo,

-       selvicoltura,

-       allevamento di animali,

-       attività connesse.

Per coltivazione del fondo, selvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

In merito alla definizione di reddito agrario va richiamato l’articolo 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, che stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

Il reddito agrario è determinato catastalmente applicando le tariffe d’estimo fissate nella legge catastale e sottoposte a revisione periodica.

Ai fini dell’applicazione del citato articolo 32 del TUIR sono considerate attività agricole (comma 2):

a)       le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b)       l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno[91] e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c)       le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[92].

Qualora le attività di cui alle sopra indicate lettere b) e c) superino i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è da considerarsi reddito d’impresa e la sua determinazione segue le relative regole (articolo 56-bis del TUIR).

Qualora le attività agricole, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nei limiti stabili dalle lettere b) e c), siano esercitate da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti, esercenti attività di impresa, il reddito conseguito da questi soggetti si considera sempre reddito di impresa ed è pertanto determinato secondo la relativa disciplina (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

Per quanto concerne biocombustibili si rinvia al commento del precedente comma 300.


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Si rinvia alla scheda relativa al comma 300.

 


Articolo 1, comma 303
(Agecontrol Spa)

 

303. È autorizzata la spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2006 per l'effettuazione dei controlli affidati ad Agecontrol Spa ai sensi dell'articolo 18, comma 1-bis, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99.

 

 

Il comma 303 autorizza una spesa di 13 milioni di euro per il 2006 per l’effettuazione dei controlli di qualità sui prodotti ortofrutticoli affidati ad Agecontrol Spa.

 

Il regolamento 1782/2003/CE stabilisce che l’autorità competente in materia di controlli e frodi alimentari per l’Italia sia l'AGEA. Ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs n. 99 del 2004, (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38) l’AGEA svolge tale funzione attraverso la Agecontrol s.p.a.[93], società di cui è azionista in quanto detentrice delle quote già appartenute al Ministero delle politiche agricole e forestali e all'Istituto nazionale di economia agraria (INEA).

L’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, prevede che nell'espletamento dei propri compiti l'Agecontrol Spa si avvalga del supporto dell’Ispettorato centrale repressione frodi del Ministero delle Politiche agricole e forestali, in coordinamento con esso.

 


Articolo 1, comma 304
(Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese)

 

304. Per lo svolgimento delle attività istituzionali della Fondazione di cui all'articolo 1, comma 160, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è assegnato un contributo di 3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. A tal fine è corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

 

 

Il comma in esame prevede l’assegnazione di un contributo a favore della Fondazione per la responsabilità sociale d’impresa, istituita dall’articolo 1, comma 160, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004).

 

Il richiamato comma 160, oltre ad istituire la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese, ha assegnato alla stessa un contributo di 1 milione di euro, per l'anno 2005, per lo svolgimento delle attività istituzionali.

Si ricorda che alla Fondazione partecipano quali soci fondatori il Ministero del lavoro e dello politiche sociali e altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità (non viene peraltro specificato quali). Viene altresì stabilito che la fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, redatto dai fondatori.

 

In particolare, si prevede un contributo pari a 3 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008, ai fini delle attività istituzionali della Fondazione. Ai fini della copertura finanziaria, come affermato nella relazione tecnica originaria, si riduce l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 20, comma 8, della L. 8 novembre 2000, n. 328, relativa al Fondo nazionale per le politiche sociali.

 

Il tema della Responsabilità Sociale delle Imprese (CSR) è da tempo argomento di discussione in Europa. Al riguardo la Commissione Europea ha pubblicato nel 2001 il "Libro verde – Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese" e nel 2002 la "Comunicazione della Commissione relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle Imprese allo Sviluppo Sostenibile". I due documenti espongono le linee-guida della Commissione Europea in materia di CSR. che nel Libro Verde viene definita come "l'integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate". Per responsabilità sociale dell'impresa si intende quindi l'impegno a comportarsi in modo etico e corretto che vada oltre il semplice rispetto della legge[94].

La CSR è una dimensione che dovrebbe appartenere all'orientamento strategico di fondo dell'impresa e quindi interagire con tutti gli ambiti della gestione aziendale: con gli aspetti finanziari, la produzione (rispetto delle leggi, riduzione dell'impatto ambientale, sicurezza dei lavoratori, non sfruttamento dei minori, attenzione alla qualità e alla sicurezza dei prodotti), il marketing, le risorse umane (la gestione dei percorsi di carriera, le politiche di formazione, la gestione degli esuberi ecc.) e, più in generale con le strategie e le politiche aziendali.

Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel 2002 ha costituito un gruppo di lavoro interamente dedicato allo sviluppo e alla promozione della responsabilità sociale delle imprese per lo sviluppo del Progetto CSR-SC (Corporate Social Responsability – Social Comitment). Il Progetto ha come quadro di riferimento il Libro Verde della Commissione Europea e pone le proprie radici nella nozione di CSR.

La proposta italiana si basa su un approccio volontario alla CSR e ha l'obiettivo principale di promuovere la cultura della responsabilità sociale all'interno del sistema socio-economico e di accrescere il grado di consapevolezza delle imprese sullo sviluppo sostenibile.

Le attività legate allo sviluppo del progetto CSR-SC hanno comportato la stesura, il 23 marzo 2005, di un Protocollo d'intesa tra Federambiente (Federazione italiana servizi pubblici igiene ambientale) e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con validità triennale.

Più specificamente, con tale protocollo la Federambiente si è impegnata, in stretto coordinamento con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad una serie di atti, quali, tra gli altri:

-        l’identificazione del livello di adozione e maturità della CSR tra le imprese associate e promozione delle azioni di sostegno alla diffusione della responsabilità sociale delle imprese e di valorizzazione delle best practices, in linea con il progetto CSR-SC;

-        la diffusione, nel settore del servizio pubblico locale, della cultura della CSR e il progetto CSR-SC;

-        la realizzazione, in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e nell’ambito delle proprie competenze, di un’attività di monitoraggio delle imprese che decideranno di aderire all’iniziativa del Ministero, attraverso la costituzione a livello nazionale di un apposito Osservatorio.

 


Articolo 1, comma 305
(Fondo per esigenze di tutela ambientale)

 

305. Il Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, è iscritto a decorrere dall'anno 2006 nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

 

 

Il comma in esamedispone che il Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale, istituito con l’art. 1, comma 1, del decreto legge 21 febbraio 2005, n. 16, venga iscritto, a decorrere dall’anno 2006, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

Si ricorda che il Fondo per le esigenze di tutela ambientale - con una dotazione di 140 milioni di euro annui a partire dal 2006 - è stato istituito dall’art. 1, comma 1, del decreto legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Lo stesso comma ha previsto, altresì, che con successivi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, si sarebbe provveduto alla ripartizione delle risorse del fondo tra le unità previsionali di base degli stati di previsione delle amministrazioni interessate.

La formulazione delle disposizioni recate dal citato comma del decreto legge ha suscitato più di una perplessità. La prima in relazione alla destinazione delle risorse del fondo che la norma citata prevede “per le esigenze di tutela ambientale connesse al miglioramento della qualità ambientale dell'aria e alla riduzione delle emissioni di polveri sottili in atmosfera nei centri urbani” e che sembrerebbe pertanto rivolta a un ambito estremamente ampio e differenziato di iniziative[95].La seconda in merito alla dizione usata per la ripartizione delle risorse del fondo tra le “unità previsionali di base degli stati di previsione delle amministrazioni interessate”, che sembrerebbe prevedere la ripartizione del fondo tra gli stati di previsione di altri ministeri, sebbene le finalità di tutela ambientale cui il Fondo è destinato sembrerebbero riconducibili all’esclusiva competenza del Ministero dell’ambiente.

Quest’ultima perplessità sembra invero superata dalla disposizione recata dal comma in esame, che colloca all’interno dello stato di previsione deputato alla tutela ambientale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, l’istituzione e la gestione delle risorse di un Fondo le cui specifiche finalità sono appunto strettamente connesse alla tutela ambientale.

La relazione governativa al d.d.l. originario (AS 3613) relativa alle disposizioni in esame precisa che la norma è rivolta a disciplinare l’iscrizione nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio di tale Fondo, che verrà iscritto “tra le dotazioni del Fondo per la difesa del suolo e la tutela ambientale”[96].

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato, nell’ambito delle prospettive finanziarie 2007-2013, una proposta di regolamento su un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (COM(2004) 621). Tale strumento riunirebbe gran parte degli attuali programmi di sostegno destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza grazie alla notevole semplificazione della relativa gestione.

La proposta di regolamento è stata emendata dal Parlamento europeo in prima lettura, il 7 giugno 2005, e sarà esaminata prossimamente dal Consiglio, nell’ambito della procedura di codecisione.

 


Articolo 1, comma 306
(Protocollo di Kyoto)

 

306. Per l'attuazione delle misure previste dal Protocollo di Kyoto, ratificato ai sensi della legge 1o giugno 2002, n. 120, e ricomprese nella delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2006.

 

 

Il comma in esame dispone un finanziamento di 100 milioni di euro per l’anno 2006 per la realizzazione delle misure di attuazione del Protocollo di Kyoto e ricomprese nella delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002.

 

Si ricorda che il Protocollo firmato a Kyoto il 7 dicembre 1997, divenuto vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005, impegna i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre le emissioni di gas[97] in grado di alterare l’effetto serra del pianeta entro il 2012.

Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono, tra gli altri, un miglioramento dell’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti, per addivenire ad una riduzione dei livelli di emissione rispetto a quelli del 1990. Tale onere, ripartito fra i vari Paesi in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica, grava sull’Italia nella misura del 6,5%.

Per quanto riguarda l’Italia, si ricorda che la ratifica del protocollo è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale, tuttavia, non si è limitata alla mera ratifica, ma ha recato una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

L’art. 2, comma 1, ha infatti previsto l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate:

1)  al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili;

2)  all'aumento degli assorbimenti di gas serra conseguente ad attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e forestali;

3)  alla piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation), e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism);

4)  all'accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l'introduzione dell'idrogeno quale combustibile nei sistemi energetico e dei trasporti nazionali, nonché per la realizzazione di impianti per la produzione di energia con biomasse, di impianti per l'utilizzazione del solare termico, di impianti eolici e fotovoltaici per la produzione di energia e di impianti per la produzione di energia dal combustibile derivato dai rifiuti solidi urbani e dal biogas.

In attuazione del citato disposto il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010, nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.

Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[98], contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Tali misure sono descritte in modo dettagliato nel Piano nazionale, che individua le misure che possono raggiungere il miglior risultato in termini di riduzione delle emissioni con il minor costo e i migliori effetti sulla modernizzazione e sull'efficienza dell'economia nazionale. Il Piano distingue tra misure già individuate alla data di approvazione del Piano e ulteriori misure di riduzione. Tali misure sono esposte sinteticamente anche nelle tabelle 3 e 7 della delibera.

Tra le misure del primo tipo si ricordano la crescita delle fonti rinnovabili per 2800 MW; i decreti di efficienza usi finali; la diffusione di autobus e veicoli privati con carburanti a minor densità di carbonio (Gpl, metano); i sistemi di ottimizzazione e collettivizzazione del trasporto privato; la rimodulazione dell’imposizione sugli oli minerali, “crediti di carbonio” derivanti da attività di afforestazione e riforestazione.

Tra le ulteriori misure si ricordano la sostituzione dei motori industriali con motori ad alta efficienza; la produzione di energia da biogas da rifiuti solidi urbani e da scarti delle lavorazioni agricole ed agroalimentari; il recupero rifiuti nei cementifici; un ulteriore crescita nella produzione di energia da fonti rinnovabili tra 500-1200 MW; il prolungamento dei decreti di efficienza usi finali; sostituzione auto circolanti con auto a bassi consumi ed emissioni; miscelazione del gasolio per autotrazione con biodiesel fino al 5%; promozione reti ferroviarie regionali e connessioni con parcheggi scambiatori; piani urbani della mobilità; riduzione di CH4 dagli stoccaggi delle deiezioni animali; impiego dei meccanismi di joint implementation e clean development mechanism[99].

 

Si ricorda, infine, che uno degli strumenti principali individuati dal Protocollo per la riduzione delle emissioni, adottato anche dall’Unione europea con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE, è il cd. emission trading (commercio dei diritti di emissione) in base al quale i soggetti che riescono ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri soggetti che – al contrario – non riescono a raggiungere gli obiettivi assegnati.

Per quanto riguarda l’Italia, i Ministeri delle attività produttive e dell'ambiente hanno elaborato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di emissione di anidride carbonica (secondo quanto previsto dalla direttiva 2003/87/CE) che illustra i principi per l'applicazione della direttiva nel contesto energetico e industriale dell'Italia ed il metodo da utilizzare per l'assegnazione delle quote a livello di attività e di impianto.

Si ricorda che in materia è intervenuto anche il D.L. 12 novembre 2004, n. 273, recante disposizioni urgenti per l’applicazione della direttiva 2003/87/CE, convertito con la legge n. 316/2004, che ha consentito – in attesa del recepimento della direttiva 2003/87[100] - l’avvio a partire già dal 2005 del sistema previsto dalla direttiva.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Nella comunicazione “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” (COM(2005)35, del 9 febbraio 2005) la Commissione ricorda che con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto[101], l’impegno internazionale per la lotta ai cambiamenti climatici entra pertanto in una nuova fase: l’UE europea ha cominciato a ridurre le proprie emissioni di gas serra e deve predisporre le strategie di medio e lungo termine per vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici, all’interno del suo territorio e in collaborazione con la comunità internazionale.

La comunicazione è stata presentata in risposta all’invito del Consiglio europeo del marzo 2004 a elaborare un’analisicosti-beneficî che tenga conto degli aspetti connessi sia all’ambiente sia alla competitività, in vista di un dibattito sul cambiamento climatico globale dopo il primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (2008-2012).

Nel documento la Commissione afferma la necessità di contenere i futuri aumenti della temperatura del pianeta a 2° C al di sopra dei livelli pre-industriali; per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, inoltre, la società e l’economia dovranno subire notevoli adeguamenti, in particolare per quanto riguarda i sistemi energetici e di trasporto, al fine di conseguire gli obiettivi ambientali indicati, mantenendo al contempo la competitività in economia.

La comunicazione - che è stata accolta positivamente dal Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005 - afferma che la futura strategia sui cambiamenti climatici dell’UE dovrà pertanto comprendere i seguenti elementi:

l’UE deve continuare a svolgere un ruolo di leadership nell’approccio multilaterale ai cambiamenti climatici;

§      l’azione internazionale dovrà estendersi a tutti i gas serra e a tutti i settori, in particolare alle emissioni prodotte dai trasporti aerei e marittimi e alla lotta alla deforestazione nel mondo;

§      è necessario favorire l’innovazione, in particolare per quanto riguarda il sistema energetico e dei trasporti;

§      è necessario mantenere gli elementi strutturali del protocollo di Kyoto che si sono rivelati positivi, quale lo scambio delle emissioni, nell’ambito del sistema introdotto dall’Unione europea;

§      occorre stanziare, nell’UE, risorse più ingenti per l’adeguamento ai cambiamenti climatici, anche dei paesi più poveri e più colpiti dal fenomeno.

 

Il 24 ottobre 2005 la Commissione ha avviato, nell’ambito di una conferenza aperta alle parti in causa, la nuova fase del programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP II) volto a definire la politica comunitaria in materia di cambiamento climatico per il periodo successivo al 2012. La Commissione, in particolare, intende esaminare i progressi compiuti e valutare la possibilità di intraprendere nuove azioni per sfruttare le soluzioni economicamente efficaci disponibili per l’abbattimento delle emissioni in sinergia con la strategia di Lisbona: in questo contesto l’attenzione è rivolta all’efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, ai trasporti e alla cattura e stoccaggio del carbonio.

Il 27 settembre 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione Ridurre l’impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici” (COM (2005)459), ritenendo necessario includere il trasporto aereo internazionale in qualsiasi nuovo sistema di lotta ai cambiamenti climatici che dovesse subentrare dopo il 2012.

Dopo aver analizzato una serie di opzioni, la Commissione ritiene che il modo migliore per procedere in questa direzione, da un punto di vista economico e ambientale, sia quello di includere l’impatto climatico del settore aereo nel sistema di scambio delle quote di emissione, che resterà probabilmente l’elemento centrale di ogni futura strategia per combattere i cambiamenti climatici.

L’11 agosto 2003 la Commissione ha presentato la proposta di regolamento su taluni gas fluorurati ad effetto serra (COM(2003)492), intesa ad istituire un quadro normativo per la riduzione delle emissioni di idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC) ed esafluoruro di zolfo, potenti gas ad effetto serra contemplati dal protocollo di Kyoto.

La proposta riguarda il contenimento, l’uso, il recupero e la distruzione dei gas fluorurati ad effetto serra elencati nell’allegato A del protocollo di Kyoto. Inoltre disciplina l’etichettatura e lo smaltimento di prodotti e apparecchiature contenenti tali gas, la comunicazione di informazioni su questi gas, l’uso di esafluoruro di zolfo, l’immissione in commercio dei prodotti e apparecchiature contenenti, o che funzionano, mediante tali gas, nonché la formazione e certificazione del personale addetto alle attività contemplate dalla presente proposta.

La proposta di regolamento è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 31 marzo 2004. Il Consiglio ha adottato, il 21 giugno 2005, la posizione comune che è stata esaminata dal Parlamento europeo in seconda lettura il 27 ottobre 2005, secondo la procedura di codecisione.

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

La Commissione ha provvisoriamente archiviato la procedura di infrazione avviata con lettera di messa in mora il 26 gennaio 2004 (procedura 2004/60)per la mancata attuazione della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE.


Articolo 1, commi 307-310
(Bonifica e ripristino ambientale)

 


307. Al fine di consentire nei siti di bonifica di interesse nazionale la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate per le quali sono in atto procedure fallimentari, sono sottoscritti accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la regione, le province, i comuni interessati con i quali sono individuati la destinazione d'uso delle suddette aree, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell'area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e di riconversione delle aree, e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l'iniziativa.

308. Al finanziamento dell'accordo di programma di cui al comma 307 concorre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nei limiti delle risorse assegnate in materia di bonifiche, ivi comprese quelle dei programmi nazionali delle bonifiche di cui all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, nonché con le risorse di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 14 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2004.

309. L'accordo di programma di cui al comma 307 individua il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell'area. Il trasferimento della proprietà avviene trascorsi centottanta giorni dalla dichiarazione di fallimento qualora non sia stato avviato l'intervento di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione e bonifica.

310. Ai fini di cui ai commi da 305 a 319, è in ogni caso fatta salva la vigente disciplina normativa in materia di responsabilità del soggetto che ha causato l'inquinamento nelle aree e nei siti di cui al comma 307.


 

 

Le disposizioni in commento introducono una disciplina speciale riguardante siti da bonificare di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari.

 

In primo luogo si ricorda che è pendente una delega disposta dalla legge n. 308 del 2004 per l’emanazione di uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nell’intera materia ambientale. La delega esplicita sette specifici ambiti in cui la materia ambientale viene suddivisa, fra cui uno viene espressamente indicato come “gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati”.

Gli schemi di decreti delegati attuativi della delega non sono stati ancora trasmessi al Parlamento, anche se i testi (provvisori) sono stati resi pubblici dal Ministero dell’ambiente[102].

Si ricorda, inoltre, che il Consiglio dei Ministri ha approvato – nella seduta del 18 novembre 2005, n. 31 - uno schema di decreto unico che raccoglierebbe – invece – in un unico provvedimento il complesso delle norme delegate (quest’ultimo testo non è invece ancora stato pubblicato sul citato sito Web).

Pur non essendo pertanto ancora disponibile il testo ufficiale delle nuove norme attuative della delega, in corso di elaborazione, è tuttavia possibile riscontrare che la materia delle bonifiche viene trattata dallo schema di decreto (o da uno degli schemi di decreti) in corso di elaborazione.

Sembrerebbe, pertanto opportuno verificare – durante l’esame parlamentare delle norme in commento – i termini di un eventuale raccordo con le norme delegate in via di elaborazione presso il Ministero dell’ambiente.(Titolo V dello schema di decreto in materia di rifiuti, artt. 63-77).

 

Si ricorda, inoltre, che la bonifica dei siti inquinati – e in particolare le norme relative al reperimento delle ingenti risorse finanziarie necessarie - è stata recentemente oggetto di interventi ripetuti da parte del legislatore, fra i quali particolare rilievo ha assunto l’art. 18 della legge n. 179 del 2002. Con quella norma – che non ha trovato ancora attuazione, non essendo intervenuti i decreti previsti dalla norma primaria – si prevedeva un nuovo meccanismo di finanziamento delle bonifiche dei siti inquinati, attraverso il ricorso ad una procedura alternativa (rispetto a quella ordinaria[103]) basata sull’affidamento con gara a soggetti privati delle attività di bonifica e riqualificazione delle aree inquinate, anche previo esproprio delle aree stesse (a spese, comunque, del soggetto privato affidatario della bonifica), e sulla previsione, quale corrispettivo, della disponibilità delle aree bonificate.

 

Le norme ora introdotte dai commi 307-310 – con finalità analoghe di introduzione di nuovi meccanismi finanziari che rendano meno onerose per la parte pubblica l’intervento di bonifica – intervengono ora, invece, sulla specifica ipotesi di concorso fra procedura fallimentare dell’impresa responsabile dell’inquinamento e di intervento di bonifica del sito.

 

Più in particolare, viene prevista dai commi 307- 310 la possibilità di stipulare accordi di programma tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, le regioni, le province e i comuni interessati relativamente a tali siti con il passaggio di proprietà del sito stesso ad un ente pubblico, ferme restando le disposizioni vigenti che riguardano la responsabilità del soggetto che ha causato l’inquinamento (si ricorda che il citato schema di decreto, pur non ufficialmente trasmesso alle Camere per il parere, ma tuttavia pubblicato sul citato sito Web a cura del Ministero dell’ambiente, reca una normativa specifica, all’art. 70, relativa agli accordi di programma per la bonifica dei siti inquinati).

 

Con gli accordi di programma – che dovranno consentire la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientali- sono individuati la destinazione d’uso delle aree da bonificare, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell’area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e di riconversione delle aree e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l’iniziativa. Gli accordi di programma individuano anche il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell’opera. Il trasferimento della proprietà avviene trascorsi 180 giorni dalla dichiarazione di fallimento qualora non sia stato avviato l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione e bonifica.

Le disposizioni riguardanti la responsabilità sono contenute - per quel che riguarda l’aspetto civilistico - nell’articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e in particolare nel comma 2, il quale prevede una responsabilità di tipo oggettivo a carico del soggetto responsabile dell’inquinamento. Sempre per quel che riguarda le responsabilità, l’articolo 17 prevede inoltre obblighi a carico dei privati che hanno causato l’inquinamento di un sito di adottare idonee misure di sicurezza e riparazione, mentre l’articolo 51-bis del decreto legislativo n. 22 riguarda invece le sanzioni penali.

Per quel che riguarda invece l’aspetto del finanziamento dei siti da bonificare, si ricorda che, lo stesso decreto legislativo n. 22 già prevede la possibilità che gli interventi di bonifica siano cofinanziati dallo Stato.

Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 17 prevede che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto n. 22 il Ministro dell'ambiente, avvalendosi dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, definisca:

a)  i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti;

b)  le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni;

c)  i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei progetti di bonifica;

c-bis)tutte le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo al fine di evitare i rischi di contaminazione del suolo e delle falde acquifere.

Il comma 2 prevede che chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento. A tal fine:

a)  deve essere data, entro 48 ore, notifica al Comune, alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti, nonché agli organi di controllo sanitario e ambientale, della situazione di inquinamento ovvero del pericolo concreto ed attuale di inquinamento del sito

b)  entro le quarantotto ore successive alla notifica di cui alla lettera a), deve essere data comunicazione al Comune ed alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti degli interventi di messa in sicurezza adottati per non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento, contenere gli effetti e ridurre il rischio sanitario ed ambientale;

c)  entro trenta giorni dall'evento che ha determinato l'inquinamento ovvero dalla individuazione della situazione di pericolo, deve essere presentato al Comune ed alla Regione il progetto di bonifica delle aree inquinate.

Ai sensi del comma 3 i soggetti e gli organi pubblici che nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali individuano siti nei quali i livelli di inquinamento sono superiori ai limiti previsti, ne danno comunicazione al Comune, che diffida il responsabile dell'inquinamento a provvedere ai sensi del comma 2, nonché alla Provincia ed alla Regione.

Il comma 4 prevede che il Comune approva il progetto di cui al comma 2 ed autorizza la realizzazione degli interventi previsti entro novanta giorni dalla data di presentazione del progetto medesimo e ne dà comunicazione alla Regione. L'autorizzazione indica le eventuali modifiche ed integrazioni del progetto presentato, ne fissa i tempi, anche intermedi, di esecuzione, e stabilisce le garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore della Regione per la realizzazione e l'esercizio degli impianti previsti dal progetto di bonifica medesimo. E’ previsto inoltre che se l'intervento di bonifica e di messa in sicurezza riguarda un'area compresa nel territorio di più comuni il progetto e gli interventi sono approvati ed autorizzati dalla Regione.

Il comma 5 prevede che entro sessanta giorni dalla data di presentazione del progetto di bonifica la Regione può richiedere al Comune che siano apportate modifiche ed integrazioni ovvero stabilite specifiche prescrizioni al progetto di bonifica.

Il comma 6 prevede che qualora la destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici in vigore imponga il rispetto di limiti di accettabilità di contaminazione che non possono essere raggiunti neppure con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, l'autorizzazione di cui al comma 4 può prescrivere l'adozione di misure di sicurezza volte ad impedire danni derivanti dall'inquinamento residuo, da attuarsi in via prioritaria con l'impiego di tecniche e di ingegneria ambientale, nonché limitazioni temporanee o permanenti all'utilizzo dell'area bonificata rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ovvero particolari modalità per l'utilizzo dell'area medesima. Tali prescrizioni comportano, ove occorra, variazione degli strumenti urbanistici e dei piani territoriali, mentre ai sensi del comma 6-bis gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributo pubblico entro il limite massimo del 50 per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 10 e 11

Il comma 7 prevede che l'autorizzazione di cui al comma 4 costituisce variante urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità dei lavori, e sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente per la realizzazione e l'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto di bonifica.

Ai sensi del comma 8, il completamento degli interventi previsti dai progetti di cui al comma 2, lettera c), è attestato da apposita certificazione rilasciata dalla Provincia competente per territorio.

Il comma 9 dispone che qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri enti pubblici. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le Regioni possono istituire appositi fondi nell'àmbito delle proprie disponibilità di bilancio

Ai sensi del comma 10, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L'onere reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell'articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Il comma 11 prevede che le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3, sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare

Il comma 11-bis dispone che. nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto autorizza l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.

Ai sensi del comma 12, le Regioni predispongono sulla base delle notifiche dei soggetti interessati ovvero degli accertamenti degli organi di controllo un'anagrafe dei siti da bonificare che individui:

a)  gli ambiti interessati, la caratterizzazione ed il livello degli inquinanti presenti;

b)  i soggetti cui compete l'intervento di bonifica;

c)  gli enti di cui la Regione intende avvalersi per l'esecuzione d'ufficio in caso di inadempienza dei soggetti obbligati;

d)  la stima degli oneri finanziari.

Il comma 13 prevede che nel caso in cui il mutamento di destinazione d'uso di un'area comporti l'applicazione dei limiti di accettabilità di contaminazione più restrittivi, l'interessato deve procedere a proprie spese ai necessari interventi di bonifica sulla base di un apposito progetto che è approvato dal Comune ai sensi di cui ai commi 4 e 6. L'accertamento dell'avvenuta bonifica è effettuato, dalla Provincia ai sensi del comma 8.

Ai sensi del comma 13-bis. le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dall’articolo 17 possono essere comunque utilizzate ad iniziativa degli interessati, mentre il comma 13-ter prevede che. gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale previsti dall’articolo 17 vengono effettuati indipendentemente dalla tipologia, dalle dimensioni e dalle caratteristiche dei siti inquinati nonché dalla natura degli inquinamenti..

Il comma 14 prevede che i progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale sono presentati al Ministero dell'ambiente ed approvati, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni che precedono, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, d'intesa con la Regione territorialmente competente. L'approvazione produce gli effetti di cui al comma 7 e, con esclusione degli impianti di incenerimento e di recupero energetico, sostituisce, ove prevista per legge, la pronuncia di valutazione di impatto ambientale degli impianti da realizzare nel sito inquinato per gli interventi di bonifica

Il comma 15 prevede che i limiti, le procedure, i criteri generali di cui al comma 1 ed i progetti di cui al comma 14 relativi ad aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento sono definiti ed approvati di concerto con il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali.

Ai sensi del comma 15-bis. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, emana un decreto recante indicazioni ed informazioni per le imprese industriali, consorzi di imprese, cooperative, consorzi tra imprese industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi e finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione .

Il comma 15-terdispone infine che. Il Ministero dell'ambiente e le regioni rendono pubblica, rispettivamente, la lista di priorità nazionale e regionale dei siti contaminati da bonificare

L’articolo 51-bis. prevede che chiunque cagiona l'inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dall'articolo 17, comma 2, è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui all'articolo 17. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da lire diecimilioni a lire centomilioni se l'inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Con la sentenza di condanna per la contravvenzione di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale

 

In particolare, la legge n. 426 del 1998 ha previsto il concorso dello Stato al finanziamento delle opere di bonifica di interesse nazionale, rinviando a un successivo programma l’individuazione dei siti da considerare di interesse nazionale e ha altresì provveduto a individuare una serie di siti di interesse nazionale.

Il programma nazionale è stato adottato con il D.M. 18 settembre 2001, n. 468

Con il D.M. n. 471 del 1999 si è invece provveduto a definire in modo più specifico le procedure di messa in sicurezza, bonifica e ripristino previste dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 22.

 

Il decreto ministeriale n. 471 del 1999 si compone di 18 articoli e 5 allegati tecnici.

Sin dalle disposizioni introduttive viene chiarito l’ambito di applicazione (piuttosto ampio) della disciplina. Tale ambito comprende:

-        la determinazione di parametri tecnici necessari alla stessa individuazione dei siti inquinati, sia in termini di "valori limite di concentrazione delle sostanze inquinanti" , sia in termini di procedure per il prelievo e l'analisi dei campioni ;

-        la chiarificazione e delimitazione dell'ambito di applicazione della normativa sulla bonifica, attraverso definizioni ma anche attraverso esplicite esclusioni di fenomeni analoghi o contermini che il legislatore ha ritenuto di tenere al di fuori della disciplina , e infine attraverso la previsione di interventi a carattere speciale per i quali lo stesso DM detta specifiche norme procedimentali ;

-        la definizione di criteri guida per la progettazione e la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale ;

-        la procedimentalizzazione di tutte le fasi in cui l'intervento si articola;

-        la delimitazione di responsabilità e competenze dei vari soggetti - pubblici e privati - coinvolti nella progettazione e nella attuazione degli interventi;

-        le prescrizioni relative alla creazione dei necessari supporti conoscitivi, mediante l’aggiornamento, da parte delle regioni, del Censimento dei siti potenzialmente contaminati e la predisposizione dell’Anagrafe dei siti da bonificare ;

-        i criteri per l’individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale .

Il D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 si apre con una serie di definizioni preliminari estremamente importanti in relazione alla applicazione pratica della procedura.

L'articolo 2 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 definisce il "sito inquinato" come il sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o costruito. Ai sensi di questa normativa, risulta essere inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal regolamento .

Il Decreto definisce, infine, “interventi di interesse nazionale”, quelli individuabili in relazione alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti nel sito medesimo, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante, al sito inquinato in termini di rischio sanitario ed ecologico nonché di pregiudizio per i beni ambientali, nei casi in cui l'inquinamento risulti particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione e/o dell'estensione dell'area interessata.

Le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni sono invece contenute nell'allegato 2 dove vengono affrontati i problemi dell'ubicazione dei punti di campionamento, le modalità di prelievo, trasporto e conservazione dei campioni, i criteri per le analisi di laboratorio e per il controllo della qualità delle operazioni di campionamento e di analisi, l'elaborazione e interpretazione dei risultati.

Con il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468, si è invece provveduto ad emanare il previsto Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, dopo aver acquisito l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed i previsti pareri da parte delle Commissioni competenti presso i due rami del Parlamento, espressi, questi ultimi, nelle sedute del 14 marzo 2001 (Camera dei Deputati) e 21 marzo 2001 (Senato della Repubblica).

L'articolo 2 del Decreto n. 468 ha definito quindi i contenuti del Programma nazionale individuando gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità ed il trasferimento delle relative risorse, le modalità di monitoraggio e di controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure di revoca dei finanziamenti con il relativo riutilizzo delle risorse resesi disponibili.

Nell'articolo 3 vengono infatti individuati come interventi di interesse nazionale, oltre quelli già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F), indicati tra quelli che le regioni ritengono prioritari e che possiedono requisiti tali da farli classificare come di interesse nazionale. Ai sensi del successivo articolo 5, il contributo pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica ambientale, è ammesso sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che dei soggetti privati, ma escludendo comunque quei soggetti privati che risultino a qualsiasi titolo responsabili del danno ambientale.

Per quanto riguarda i criteri di finanziamento, l’articolo 6 dispone direttamente la ripartizione dei finanziamenti in fase di prima applicazione, attribuendo le risorse indicate nella tabella G alle varie regioni interessate.

L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono invece direttamente demandate alle regioni, nel rispetto di specifici criteri di erogazione.

Il monitoraggio ed il controllo sull’attuazione del programma nazionale e sulla conformità degli interventi stessi vengono affidati alle Regioni, con il contributo delle ARPA.

Infine sono previste disposizioni per la revoca dei finanziamenti e la loro riassegnazione.

Le disposizioni sono quindi finalizzate ad accelerare la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari dotando l’amministrazione pubblica di strumenti più incisivi nell’effettuazione complessiva dell’intervento e nella programmazione del finanziamento, fino a riconoscere a quest’ultima la stessa proprietà del sito.

Le disposizioni sembrano configurare infatti un trasferimento della proprietà del sito stesso - subordinatamente ad un’inerzia dello stesso soggetto responsabile protratta oltre il periodo di centottanta giorni – quale forma di adempimento dell’obbligo di risarcimento, già previsto dalla normativa vigente (art. 18, comma 1, della legge n. 349 del 1986).

Tuttavia, occorre chiarire l’ipotesi – che non sembrerebbe prevista dalla norma in commento – in cui il proprietario del sito, sottoposto a procedura fallimentare, non sia il soggetto responsabile dell’inquinamento. In tal caso il trasferimento della proprietà in capo alla amministrazione potrebbe configurarsi quale vera e propria espropriazione senza indennizzo, con profili di dubbia costituzionalità (art. 42, terzo comma Cost.).

Per quel che riguarda il finanziamento delle opere, si provvede nei limiti delle risorse assegnate in materia di bonifiche al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, comprese quelle dei programmi nazionali delle bonifiche di cui alla legge n,426 del 1998 e quelle di cui al decreto 14 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 99 del 28 aprile 2004.

 

Tale ultimo decreto contiene le modalità per la ripartizione del fondo istituito dall’articolo 18 della legge n. 349 per l’effettuazione di interventi di bonifica

 

Si osserva che occorrerebbe chiarire meglio quali sono le risorse assegnate e quali sono le priorità tra l’assegnazione di risorse agli accordi di programma in questione e gli altri interventi, dato che sia il programma nazionale delle bonifiche che il decreto da ultimo citato contengono dei criteri di priorità per l’assegnazione delle risorse. Occorrerebbe cioè chiarire se gli accordi di programma previsti dalle disposizioni in commento godono di una posizione di priorità nei confronti degli altri finanziamenti.

 

 


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

L’11 febbraio 2004 la Commissione ha presentato la comunicazioneVerso una strategia tematica sull’ambiente urbano” (COM(2004)60), prima fase nell’elaborazione della strategia volta a migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane.

L’obiettivo della comunicazione è quello di contribuire alla definizione di un quadro di riferimento per promuovere iniziative locali basate sulle migliori pratiche, lasciando la scelta delle soluzioni e degli obiettivi ai responsabili locali. L’elemento fondamentale in questo quadro dovrebbe essere l’obbligo per le capitali e gli agglomerati urbani con popolazione superiore a 100 mila abitanti (ossia le 500 maggiori città dell’UE) di adottare un piano di gestione dell’ambiente urbano che stabilisca gli obiettivi da conseguire per dar vita ad un ambiente urbano sostenibile, e di introdurre un apposito sistema di gestione ambientale per assicurare l’esecuzione del piano. Tali città dovrebbero inoltre elaborare e attuare un piano di trasporto urbano sostenibile. A tal fine la Commissione ritiene che possano essere stabiliti specifici obblighi nella disciplina comunitaria.

Il Consiglio ambiente ha adottato, il 14 ottobre 2004, conclusioni sulla comunicazione nelle quali, fra l’altro:

-        ritiene che le azioni nell’ambito della strategia sull’ambiente urbano dovrebbero contribuire alla riduzione dell’inquinamento dell’aria e dell’inquinamento sonoro;

-        invita la Commissione a riesaminare la giustificazione per gli obblighi da essa proposti relativi, tra l’altro, ad un piano di trasporto urbano sostenibile, alla luce del principio di sussidiarietà e delle attuali legislazioni e procedure a livello comunitario e nazionale; e a considerare ulteriormente la proposta di applicare questi eventuali obblighi alle capitali e alle città con più di 100 mila abitanti.

La Commissione ha preannunciato la presentazione della strategia europeaper dicembre 2005.

 

La dimensione urbana nella riforma della politica di coesione

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di cinque proposte relative al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013 (si rinvia, al riguardo, alla scheda relativa ai commi 269-271).

In questo nuovo quadro legislativo, il campo di intervento delle attuali iniziative comunitarie, tra cui URBAN, sarà integrato nelle priorità dei tre nuovi obiettivi (convergenza, competitività e occupazione regionale, cooperazione territoriale). In particolare il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), i cui interventi saranno concentrati sugli obiettivi “Competitività e occupazione regionale” e “Cooperazione territoriale”, riserverà una particolare attenzione alle specificità territoriale delle zone urbane, soprattutto quelle relative alle cittadine di medie dimensioni il cui ruolo nel promuovere lo sviluppo regionale sarà valorizzato mediante aiuti alla riqualificazione urbana. Inoltre a tali zone potrebbero essere delegati poteri diretti[104].

 

Il 6 luglio 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione “Una politica di coesione a sostegno della crescita e dell’occupazione – Orientamenti strategici comunitari 2007-2013” (COM(2005)299, volta ad aprire una consultazione utile a definire la versione finale degli “Orientamenti” che la Commissione presenterà al Consiglio, dopo l’approvazione del regolamento orizzontale sui fondi strutturali sopra citato, secondo la procedura stabilita dal regolamento stesso all’art. 23.

Secondo tale futuro regolamento gli “Orientamenti” costituirebbero la base per predisporre i quadri strategici nazionale e i programmi operativi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione. I programmi sono intese a promuovere lo sviluppo equilibrato armonioso e sostenibile dei paesi dell’UE nonché il miglioramento della qualità di vita dei cittadini europei.

La Commissione indica tra le priorità l’esigenza di integrare la dimensione territoriale in tutte le azioni previste nell’ambito della politica di coesione, sia per quanto riguarda le zone rurali, sia per quanto riguarda le zone urbane. In particolare, per quanto riguarda queste ultime, la comunicazione sottolinea che occorre favorire misure che:

-          promuovano l’imprenditoria, l’occupazione locale e lo sviluppo delle comunità;

-          consentano il ripristino dell’ambiente fisico e la riconversione delle zone industriali abbandonate nonché la preservazione e lo sviluppo del patrimonio storico e culturale.

Per il conseguimento di tali obiettivi la Commissione propone l’elaborazione di un piano di sviluppo a medio e lungo termine per il risanamento urbano in modo da garantire la coerenza degli investimenti e la loro qualità ambientale nonché da favorire la partecipazione del settore privato.

Il 7 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una relazione illustrativa dei risultati della consultazione conclusasi il 30 settembre. Sulla base di tali risultati la Commissione presenterà al Consiglio la versione finale degli “orientamenti strategici” non appena adottati i testi normativi sulla riforma della politica di coesione per il periodo 2007-2013.

 


Articolo 1, commi 311-319
(Danni ambientali e sanzioni)

 


311. Fermo quanto previsto dai commi 33 e 34, le somme versate in favore dello Stato a titolo di risarcimento del danno ambientale a seguito della sottoscrizione di accordi transattivi, contenenti condizioni specifiche relative al loro reimpiego, sono riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

312. Le sanzioni amministrative provenienti da illeciti ambientali sono elevate di dieci volte nel minimo e di cinquanta volte nel massimo.

313. Con ordinanza immediatamente esecutiva il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, accertato in via amministrativa un fatto che abbia provocato un danno ambientale, irroga nei confronti dell'autore le sanzioni amministrative di sua competenza ed ingiunge il ripristino della situazione ambientale antecedente a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato. Quando il danno ambientale non risulti eliminabile mediante risarcimento in forma specifica, con la medesima o con successiva ordinanza è ingiunto il pagamento entro il termine di dieci giorni di una somma pari al valore economico del danno accertato. L'ordinanza è emessa nei confronti dell'autore materiale del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il fatto è stato commesso o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio.

314. La quantificazione del danno di cui al comma 313 deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino ed è eseguita nel rispetto delle norme di cui alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004. Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, l'ordinanza ne determina l'ammontare, in tutto o in parte, in via equitativa, anche con riguardo al profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dell'ambiente.

315. Per la riscossione delle somme di cui è ingiunto il pagamento con l'ordinanza di cui ai commi 313 e 314, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

316. Le disposizioni previste dai commi da 305 a 319 si applicano anche ai danni ambientali presi in considerazione in procedure transattive non ancora definite alla data del 30 settembre 2005.

317. Avverso l'ordinanza di cui ai commi 313 e 314 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente per territorio o al Presidente della Repubblica.

318. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti di cui ai commi da 305 a 319, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fideiussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad un fondo istituito nell'ambito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al fine di finanziare, anche in via di anticipazione, interventi urgenti di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale, con particolare riferimento alle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale, nonché altri interventi per la protezione dell'ambiente e la tutela del territorio.

319. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al fondo di cui al comma 318, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione.


 

I commi da 311 a 319 prevedono invece una serie di norme in materia di danno ambientale.

Si ricorda, preliminarmente, che la legge n. 308 del 2004 ha disposto una delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nell’intera materia ambientale, esplicitando poi sette specifici ambiti in cui la materia ambientale viene suddivisa, fra cui uno viene espressamente indicato come “tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente”.

Gli schemi di decreti delegati attuativi della delega non sono stati ancora trasmessi al Parlamento, anche se i testi (provvisori) sono stati resi pubblici dal Ministero dell’ambiente[105], mentre il Consiglio dei Ministri ha approvato – nella seduta del 18 novembre 2005, n. 31 - uno schema di decreto unico che raccoglierebbe in 318 articoli il complesso delle norme delegate (quest’ultimo testo non è invece ancora stato pubblicato sul citato sito Web).

Pur non essendo pertanto ancora disponibile il testo ufficiale delle nuove norme attuative della delega, in corso di elaborazione, è tuttavia possibile riscontrare una corrispondenza fra molte delle disposizioni in commento e alcune delle norme che sembrerebbero destinate ad essere inserite nello schema di decreto delegato (di tale corrispondenza si dà conto nel corso del seguente commento).

Si ricorda, inoltre, che a livello comunitario è intervenuta la direttiva 2004/35/CE in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che impone agli Stati membri di recepire le nuove norme entro il 30 aprile 2007. Pertanto le disposizioni in esame andrebbero lette non solo in connessione con quelle in corso di elaborazione dal Governo in attuazione della delega, ma anche con quelle della direttiva 2004/35/CE.

 

Il comma 311 prevede che fermo quanto previsto dai commi 33 e 34 dello stesso disegno di legge finanziaria, le somme versate in favore dello Stato a titolo di risarcimento del danno ambientale a seguito della sottoscrizione di accordi transattivi, contenenti condizioni specifiche relative al loro reimpiego, sono riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

L’inciso che introduce il comma in esame fa comunque fermo quanto previsto dai commi 33 e 34 dello stesso disegno di legge.

E’ opportuno osservare che il primo di tali riferimenti è da intendersi nel senso che deve comunque essere rispettato il limite all’ammontare complessivo delle riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata (il comma 33, infatti, prevede che l’ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non potrà superare, per ciascuna amministrazione, a decorrere dal 2006, l’importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell’anno 2005).

 

Al contrario, non appare sufficientemente chiarito il riferimento al comma 34 che reca una novella all’art. 1, comma 309, della legge n. 311 del 2004, ove si stabilisce che il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni relative al contributo unificato per le spese di giustizia è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l’adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari

 

Si ricorda che gli accordi transattivi sono contratti- previsti dal codice civile -attraverso i quali i privati risolvono liti, facendosi reciproche concessioni

 

Il comma 312 prevede che le sanzioni amministrative provenienti da illeciti ambientali sono elevate di dieci volte nel minimo e di cinquanta volte nel massimo.

Si tratta quindi di una disposizioni di carattere generale che va ad incidere su tutte le disposizioni che contengono sanzioni amministrative per illeciti ambientali.

 

Si osserva peraltro che sembrerebbe opportuno individuare le disposizioni sanzionatorie a cui si riferisce l’inasprimento recato dalla disposizione in commento.

 

I commi da 313 a 319 prevedono infine una procedura per l’azione risarcitoria del danno ambientale.

In primo luogo (comma 313), si prevede la doppia ipotesi del risarcimento in forma specifica o per equivalente patrimoniale (analogamente – peraltro - a quanto sembrerebbe previsto dallo schema di decreto legislativo in materia di danno ambientale, all’art. 13[106]). Con ordinanza immediatamente esecutiva il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, accertato in via amministrativa un fatto che abbia provocato un danno ambientale, irroga nei confronti dell’autore le sanzioni amministrative di sua competenza ed ingiunge il ripristino della situazione ambientale antecedente a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato. Si prevede inoltre che quando il danno ambientale non risulti eliminabile mediante risarcimento in forma specifica, con la medesima o con successiva ordinanza è ingiunto il pagamento entro il termine di 10 giorni di una somma pari al valore economico del danno accertato. L’ordinanza è emessa nei confronti dell’autore materiale del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il fatto è stato commesso o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio.

Si rileva una parziale sovrapposizione (con significativi discostamenti) tra le norme in commento e alcune delle disposizioni recate dallo schema di decreto legislativo che risulterebbe approvato dal Consiglio dei Ministri[107] (vedi in particolare art. 311, comma 2 e art. 313, commi 1, 2 e 3 dello schema di decreto).

 

Si ricorda che con la locuzione “risarcimento in forma specifica” si intende l’operazione tendente a riportare la situazione nello stato precedente all’intervento che ha causato il danno

 

Il comma 314 prevede che la quantificazione del danno di cui al comma 313 deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino ed è eseguita nel rispetto delle norme di cui alla direttiva n. 35/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004. Ove non sia motivatamente possibile l’esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, l’ordinanza ne determina l’ammontare, in tutto o in parte, in via equitativa, anche con riguardo al profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dell’ambiente.

La norma in commento sarebbe anch’essa contenuta nello schema di decreto legislativo approvato dal Governo e non ancora trasmesso al Parlamento (art. 314)

 

Si ricorda che la direttiva comunitaria n. 35 del 2004 sul danno ambientale prevede un sistema incentrato sul principio “chi inquina paga”. Sono previste azioni di prevenzione e azioni di riparazioni. I costi di tali operazioni sono ascritti generalmente agli operatori. Gli allegati contengono inoltre misure per la quantificazione del danno

La nuova direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio è stata adottata considerando la problematica della perdita della biodiversità nonché l’esistenza nella Comunità di molti siti contaminati che comportano rischi significativi per la salute.

Il principio fondamentale della direttiva è quello per cui l'operatore la cui attività ha causato un danno ambientale, o la minaccia imminente di tale danno, sarà considerato finanziariamente responsabile, in modo da indurre gli operatori ad adottare misure e a sviluppare pratiche atte a ridurre al minimo i rischi di danno ambientale.

Assecondando dunque il principio di prevenzione, inserito dall’Atto Unico europeo all’art. 174 del Trattato che istituisce la Comunità europea, la direttiva disciplina azioni di prevenzione (art. 5) e azioni di riparazione (art. 6).

Quanto alle azioni di prevenzione, novità introdotta dalla direttiva, l’art. 5 prevede che:

“Quando un danno ambientale non si è ancora verificato,ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore adotta, senza indugio, le misure di prevenzione necessarie. Se del caso, e comunque quando la minaccia imminente di danno ambientale persista nonostante le misure di prevenzione adottate dall'operatore, gli Stati membri provvedono affinché gli operatori abbiano l'obbligo di informare il più presto possibile l'autorità competente di tutti gli aspetti pertinenti della situazione.

L'autorità competente , in qualsiasi momento, ha facoltà di:

a)  chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;

b)  chiedere all'operatore di prendere le misure di prevenzione necessarie;

c)  dare all'operatore le istruzioni da seguire riguardo alle misure di prevenzione necessarie da adottare; oppure

d)  adottare essa stessa le misure di prevenzione necessarie.

L'autorità competente richiede che l'operatore adotti le misure di prevenzione. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al paragrafo 1 o al paragrafo 3, lettere b) o c), se non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della presente direttiva, l'autorità competente ha facoltà di adottare essa stessa tali misure”.

Quanto invece alle azioni di riparazione il successivo articolo 6 stabilisce: “Quando si è verificato un danno ambientale, l'operatore comunica senza indugio all'autorità competente tutti gli aspetti pertinenti della situazione e adotta:

a)  tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, gli inquinanti in questione e/o qualsiasi altro fattore di danno, allo scopo di limitare o prevenire ulteriori danni ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi e

b)  le necessarie misure di riparazione conformemente all'articolo 7

L'autorità competente, in qualsiasi momento, ha facoltà di:

a)  chiedere all'operatore di fornire informazioni supplementari su qualsiasi danno verificatosi;

b)  adottare, chiedere all'operatore di adottare o dare istruzioni all'operatore circa tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con

effetto immediato, gli inquinanti in questione e/o qualsiasi altro fattore di danno, allo scopo di limitare o prevenire ulteriori danni ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;

c)  chiedere all'operatore di prendere le misure di riparazione necessarie;

d)  dare all'operatore le istruzioni da seguire riguardo alle misure di riparazione necessarie da adottare; oppure e) adottare essa stessa le misure di riparazione necessarie.

L'autorità competente richiede che l'operatore adotti le misure di riparazione. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al paragrafo 1 o al paragrafo 2, lettere b), c) o d), se non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della presente direttiva, l'autorità competente ha facoltà di adottare essa stessa tali misure, qualora non le rimangano altri mezzi”.

La direttiva fornisce anche una nozione di danno ambientale. All’art. 2, co. 1, il danno ambientale è infatti definito come:

a)  danno alle specie e agli habitat naturali protetti, vale a dire qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat. L'entità di tali effetti è da valutare in riferimento alle condizioni originarie, tenendo conto dei criteri enunciati nell'allegato I; il danno alle specie e agli habitat naturali protetti non comprende gli effetti negativi preventivamente identificati derivanti da un atto di un operatore espressamente autorizzato dalle autorità competenti, secondo le norme di attuazione dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4 o dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE o dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE oppure, in caso di habitat o specie non contemplati dal diritto comunitario, secondo le disposizioni della legislazione nazionale sulla conservazione della natura aventi effetto equivalente;

b)  danno alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo e/o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, a eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva;

c)  danno al terreno, vale a dire qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito dell'introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nel suolo”;

Per quel che riguarda i costi di prevenzione e di riparazione, l’art. 8, commi 1 e 2 dispongono che:

“L'operatore sostiene i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione adottate in conformità della presente direttiva.

Fatti salvi i paragrafi 3 e 4, l'autorità competente recupera, tra l'altro attraverso garanzie reali o altre adeguate garanzie, dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia di danno i costi da essa sostenuti in relazione alle azioni di prevenzione o di riparazione adottate a norma della presente direttiva. Tuttavia, l'autorità competente ha facoltà di decidere di non recuperare la totalità dei costi qualora la spesa necessaria per farlo sia maggiore dell'importo recuperabile o qualora l'operatore non possa essere individuato.”

 

Il comma 315 prevede che per la riscossione delle somme di cui è ingiunto il pagamento con l’ordinanza di cui ai commi 313 e 314, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (recante il riordino del servizio nazionale della riscossione).

Norma di identico tenore sarebbe recata dall’art. 317, comma 1, dello schema di decreto legislativo.

 

Ai sensi del comma 316. le disposizioni previste dal presente articolo si applicano anche ai danni ambientali presi in considerazione in procedure transattive non ancora definite alla data del 30 settembre 2005.

 

Ai sensi del comma 317, avverso l’ordinanza di cui ai commi 313 e 314 è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale competente per territorio o al Presidente della Repubblica. Tali norme trovano corrispondenza nei commi 1 e 3 dell’art. 317 dello schema di decreto.

 

Si osserva in proposito che il par. 4 articolo 11 della direttiva n. 35 richiede che tutte le decisioni che impongono misure di prevenzione o di riparazione devono essere notificate all’operatore interessato. Tale notificazione deve anche informare in merito ai mezzi di ricorso previsti. Sembrerebbe opportuno recepire tale disposizione

 

Il comma 318 prevede che le somme derivanti dalla riscossione dei crediti di cui ai commi da 305 a 319, ivi comprese quelle derivanti dall’escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ad un fondo istituito nell’ambito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, al fine di finanziare, anche in via di anticipazione, interventi urgenti di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale, con particolare riferimento alle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale, nonché altri interventi per la protezione dell’ambiente e la tutela del territorio.

Infine, il comma 319 prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al fondo di cui al comma 17, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione

 

Il contenuto dei commi 318 e 319 appare in gran parte riprodotto nei commi 4, 5 e 6 dello schema di decreto legislativo di riordino della materia ambientale.

 

Si osserva che appare opportuno verificare il coordinamento delle disposizioni in commento con l’art. 18 della legge n. 349 del 1986, e disporre, contestualmente, l’abrogazioni delle parti della disciplina vigente incompatibile con le norme qui introdotte.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

L’11 febbraio 2004 la Commissione ha presentato la comunicazioneVerso una strategia tematica sull’ambiente urbano” (COM(2004)60), prima fase nell’elaborazione della strategia volta a migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane.

Per l’illustrazione del documento vedi la scheda relativa ai commi 307-310.

 

Dal 28 luglio al 26 settembre 2005 si è svolto un processo di consultazione su una strategia tematica per la protezione del suolo, che la Commissione intende presentare nel mese di novembre 2005.

La Commissione ha presentato, il 15 luglio 2004, una comunicazione sul finanziamento della rete Natura 2000[108] (COM(2004) 431) nella quale propone di optare per l’integrazione finanziaria di Natura 2000 nelle politiche comunitarie pertinenti.

La Commissione, in particolare, propone che i fondi comunitari, tra i quali i fondi strutturali e i fondi per lo sviluppo rurale, contribuiscano con un ingente cofinanziamento all’attuazione della rete. La Commissione provvederà alla pubblicazione di orientamenti sulle possibilità di utilizzo di detti fondi a sostegno della rete Natura 2000.

 

La dimensione urbana nella riforma della politica di coesione

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di cinque proposte relative al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013 (si rinvia, al riguardo, alla scheda relativa ai commi 269-271).

In questo nuovo quadro legislativo, il campo di intervento delle attuali iniziative comunitarie, tra cui URBAN, sarà integrato nelle priorità dei tre nuovi obiettivi (convergenza, competitività e occupazione regionale, cooperazione territoriale).

Per l’illustrazione del documento vedi la scheda relativa ai commi 307-310.

 

Il 6 luglio 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione “Una politica di coesione a sostegno della crescita e dell’occupazione – Orientamenti strategici comunitari 2007-2013” (COM(2005)299.

Per l’illustrazione del documento vedi la scheda relativa ai commi 307-310.

 

 


Articolo 1, commi 320-331
(Contributi per l’editoria)

 


320. A decorrere dai contributi relativi all'anno 2005, non è più corrisposta l'anticipazione di cui all'articolo 3, comma 15-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 250. I contributi sono comunque erogati in un'unica soluzione entro l'anno successivo a quello di riferimento.

321. A decorrere dal 1o gennaio 2005, ai fini del calcolo dei contributi previsti dai commi 2, 8, 10 e 11 dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, i costi sostenuti per collaborazioni, ivi comprese quelle giornalistiche, sono ammessi fino ad un ammontare pari al 10 per cento dei costi complessivamente ammissibili.

322. A decorrere dal 1o gennaio 2002, all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le lettere f) e h) sono abrogate;

b) al comma 2-ter, dopo le parole: «I contributi previsti dalla presente legge» sono inserite le seguenti: «, con esclusione di quelli previsti dal comma 11,»;

c) al comma 2-quater, dopo le parole: «della legge 5 agosto 1981, n. 416» sono aggiunte le seguenti: «, con il limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e per il contributo variabile di cui al comma 10; a tali periodici non si applica l'aumento previsto dal comma 11».

323. A decorrere dai contributi relativi all'anno 2005, il requisito temporale previsto dall'articolo 3, comma 2, lettere a) e b), della legge 7 agosto 1990, n. 250, è elevato a cinque anni per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2004. In caso di cambiamento della periodicità della testata successivo al 31 dicembre 2004, il requisito deve essere maturato con riferimento alla nuova periodicità.

324. A decorrere dal 1o gennaio 2006, per l'accesso alle provvidenze di cui all'articolo 3, commi 2 e 2-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, le cooperative editrici devono essere composte esclusivamente da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici.

325. Le disposizioni di cui al comma 2-bis dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, si applicano soltanto alle imprese editrici che abbiano già maturato, entro il 31 dicembre 2005, il diritto ai contributi di cui al medesimo comma 2-bis.

326. A decorrere dal 1o gennaio 2006, i contributi previsti dai commi 2, 8, 10 e 11 dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, sono percepiti a condizione che:

a) l'impresa editrice sia proprietaria della testata per la quale richiede i contributi;

b) l'impresa editrice sia una società cooperativa i cui soci non partecipino ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere i medesimi contributi. In caso contrario tutte le imprese editrici interessate decadono dalla possibilità di accedere ai contributi;

c) i requisiti di cui alle lettere a) e b) non si applicano alle imprese editrici che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già maturato il diritto ai contributi. In tal caso nel calcolo del contributo non è ammesso l'affitto della testata.

327. Le imprese richiedenti i contributi di cui agli articoli 3, 4, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, nonché all'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all'articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, decadono dal diritto alla percezione delle provvidenze qualora non trasmettano l'intera documentazione entro un anno dalla richiesta.

328. L'entità del contributo riservato all'editoria speciale periodica per non vedenti, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 2 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, è fissata in 1.000.000 di euro annui.

329. Per le finalità di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 2001, n. 62, sono destinati 20 milioni di euro per l'anno 2006, 10 milioni di euro per l'anno 2007 e 5 milioni di euro per l'anno 2008.

330. Il limite degli oneri finanziari previsto per gli anni 2003, 2004 e 2005, ai fini del riconoscimento del credito d'imposta di cui all'articolo 8 della citata legge n. 62 del 2001, per investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2004, è aumentato di 20 milioni di euro.

331. Al comma 3 dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, le parole: «L. 200» sono sostituite dalle seguenti: «0,2 euro».


 

 

I commi 320-331 recano una serie di disposizioni che vanno ad incidere sulla normativa in materia di provvidenze all’editoria.

Il testo in esame riproduce l’articolo 63 del d.d.l. 3613 del Senato, tenendo conto delle modifiche – meramente formali - introdotte in Commissione, cui aggiunge il comma 320, la lettera c) del comma 322 e la lettera c) del comma 326. Si segnala, inoltre, in materia di editoria, che il comma 387 del provvedimento in esame reca norme in materia di contributi alle imprese editrici[109].

 

Secondo quanto affermato dal governo in sede di relazione illustrativa al d.d.l. 3613, l’articolo è volto a disciplinare in maniera più rigorosa l’erogazione dei contributi diretti all’editoria nonché a rifinanziare quei contributi indiretti (come il credito agevolato e il credito d’imposta) che hanno dimostrato di avere una particolare efficacia, riuscendo a sostenere il mercato senza alterarne le condizioni di base.

La relazione tecnica al d.d.l. valutava in 36 milioni di euro all’anno i risparmi di spesa, mentre quantificava l’onere derivante dall’articolo in 40,5 milioni di euro per il 2006, a 10,5 milioni di euro per il 2007 ed a 5 milioni di euro per il 2008.

 

In sintesi la norma, prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250[110]:

§      modifica i requisiti per l’accesso ai contributi;

§      modifica le modalità di erogazione (attraverso l’eliminazione dell’anticipazione sui contributi; l’introduzione, ai fini del calcolo, di un limite del 10 per cento per i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, e di un tetto al contributo per i periodici editi da cooperative giornalistiche; la rideterminazione del contributo per copia stampata alle imprese editrici di periodiciesercitate da cooperative, fondazioni o enti morali);

§      estende la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi;

§      incrementa il contributo all'editoria speciale periodica per non vedenti;

§      introduce la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalla citata legge n. 250 del 90 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[111] - riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - per le imprese che non inviano la documentazione nei termini stabiliti;

§      rifinanzia il credito agevolato e il credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[112];

 

Ai fini di una più agevole comprensione dei commi in esame, si riepiloga di seguito la disciplina introdotta dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria[113].

La platea dei destinatari dei contributi comprende:

1.       le imprese editrici di giornali quotidiani (comma 2), costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (co. 2, lettera a)) subordinatamente al possesso di una serie di requisiti[114]:

2.       le imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali non aventi scopo di lucro (comma 2-bis), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti sopra citati, ad eccezione dell’obbligo di essere una cooperativa giornalistica (lettera a)) e di vendere la testata ad un prezzo non inferiore alla media del prezzo base degli altri quotidiani (lettera h));

3.       le imprese editrici che editino giornali quotidiani in una lingua delle minoranze francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (comma 2-ter), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti delle imprese non a scopo di lucro[115];

4.       le cooperative giornalistiche che editano periodici (comma 2-quater)[116].

 

Per le imprese sopra elencate, i contributi – che vengono corrisposti solo qualora gli introiti pubblicitari dell’anno precedente non superino il 40 dei costi complessivi (comma 7) e non possono comunque superare il 60 per cento della media dei costi (comma 9) - sono determinati nelle seguenti misure(comma 8):

a) un contributo fisso annuo di importo pari al 30 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi per ciascuna impresa;

b) contributi variabili rapportati alla tiratura[117].

 

5.       imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche (comma 10);

Ai sensi del medesimo comma 10, per tali imprese, i contributi sono determinati nelle seguenti misure:

a)  un contributo fisso annuo di importo pari al 40 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi e 500 milioni per i quotidiani e lire 600 milioni per i periodici;

b)  un contributo variabile, calcolato secondo i parametri previsti dal comma 8, per i quotidiani, ridotto ad un sesto, un dodicesimo od un ventiquattresimo rispettivamente per i periodici settimanali, quindicinali o mensili; per i suddetti periodici viene comunque corrisposto un contributo fisso di lire 400 milioni nel caso di tirature medie superiori alle 10.000 copie.

 

Da ultimo, sono previsti ulteriori contributi integrativi pari al 50 per cento di quanto determinato dalle lettere a) e b) del predetto comma 10, qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 30 per cento dei costi d'esercizio annuali (comma 11).

Tali contributi - così come quelli di cui al precedente comma 10 - sono concessi a condizione che le imprese non fruiscano, né direttamente né indirettamente, dei contributi previsti al comma 8 (comma 13). Si ricorda, infine, che la somma dei contributi previsti dai commi 10 e 11 non può comunque superare il 70 per cento dei costi (comma 12).

 

Il comma 320 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2005, non sia più corrisposta l’anticipazione sui contributi alle imprese editrici di giornali quotidiani prevista dal comma 15-bis dell’articolo 3 della legge n. 250/90; i contributi sono quindi erogati in un’unica soluzione entro l’anno successivo a quello di riferimento.

 

Il predetto comma 15-bis prevede che entro il 31 marzo di ciascun anno sia corrisposto il 50 per cento dei contributi, mentre la liquidazione viene effettuata entro tre mesi dalla presentazione del bilancio dell’impresa editoriale, secondo le modalità previste dal medesimo comma e previa certificazione a cura di una società di revisione.

 

Si segnala - con riferimento al coordinamento con la normativa vigente - l’opportunità che la norma in esame sostituisca il comma 15-bis della legge n. 250/90, ovvero che tale comma sia abrogato nella parte in cui prevede la citata anticipazione e la liquidazione del contributo residuo.

 

Il comma 321 prevede che ai fini del calcolo dei contributi previsti dall'articolo 3, commi 2, 8, 10 e 11 della legge n. 250/90, i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, siano ammessi fino al 10 per cento dei costi complessivamente ammessi.

 

Il comma 322 apporta - a decorrere dal 1° gennaio 2002 - modifiche testuali all'articolo 3 della legge 250/90. In particolare:

§      la lettera a) esclude i quotidiani editi in lingua nelle regioni autonome ed i quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (di cui al comma 2-ter del citato articolo 3) dall'applicazione dei contributi integrativi previsti dal comma 11. In tal modo viene estesa la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi, già prevista dal predetto comma 13 dell’articolo 3 (vedi supra).

§      la lettera b) integra il comma 2-quater dell'art. 3 della legge n. 250, il quale estende l'applicazione delle norme dell'articolo stesso previste per i quotidiani ai periodici editi da cooperative giornalistiche, nel senso di prevedere un limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e per quello variabile di cui al comma 10 dell'articolo 3. A tali soggetti, inoltre, come a quelli di cui alla precedente lettera a), non si applica l'aumento previsto dal comma 11;

§      la lettera c), introdotta al Senato dall’emendamento governativo, modifica i requisiti per accedere ai contributi, mediante l’abrogazione delle lettere f) e h) del comma 2 dell’articolo 3.

Tali lettere, come si è detto, nell’ambito dei requisiti prescritti dal comma 2 per accedere ai contributi, prevedono, rispettivamente, che le testate nazionali che usufruiscono dei contributi in questione non siano poste in vendita congiuntamente con altre testate (lettera f)) e chela testata edita sia posta in vendita a un prezzo non inferiore alla media dal prezzo base degli altri quotidiani, (lettera h)).

 

In proposito si ricorda, che è all’esame della VII Commissione Cultura, in sede referente, il disegno di legge di iniziativa governativa AC 4163 recante “Disposizioni in materia di editoria e di diffusione della stampa quotidiana e periodica”, contenente una serie di norme, di carattere eterogeneo, volte a modificare o integrare la normativa vigente, in materia di condizioni per l’esercizio dell’attività, contributi, contributi previdenziali, credito agevolato. In particolare, l’articolo 5 del d.d.l. reca, al comma 1, alcune modifiche alla legge n. 250 del 1990 di analogo tenore a quelle previste dal presente comma[118].

 

Con riferimento al comma in esame, occorrerebbe valutare l’impatto sulle imprese interessate dell’inserimento di una modifica con una decorrenza ampiamente precedente all’entrata in vigore della legge.

 

     Il comma 323, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2005, eleva da tre a cinque anni il requisito temporale per accedere ai contributi della legge n. 250 previsto per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2004. Inoltre, dispone che tale requisito debba essere maturato con riferimento alla nuova periodicità se questa è stata modificata dopo la suddetta data.

 

Si segnala che il citato articolo 5 del d.d.l. 4163 prevede, al comma 2, l’innalzamento del predetto requisito temporale a 5 anni per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2002.

 

     Il comma 324 impone alle cooperative editrici di quotidiani e periodici, per poter accedere ai contributi in esame, la condizione di essere composte solo da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici.

 

     Il comma 325 dispone che i contributi destinati alle imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (di cui al comma 2-bis dell’art. 3 della legge n. 250) possano essere erogati solo alle imprese editrici che abbiano già maturato il diritto a tale contributi entro il 31 dicembre 2005.

 

Si segnala che il citato articolo 5 del d.d.l. 4163 prevede, al comma 3, che le imprese editrici in questione costituite dopo il 31 dicembre 2002 possano accedere al contributo solo a condizione che la maggioranza del capitale sia detenuto da cooperative, fondazioni o enti morali da almeno 5 anni e che i medesimi soggetti editino la testata da almeno 5 anni.

 

     Con il comma 326 si stabilisce che i contributi di cui ai citati commi 2, 8, 10 e 11 dell'articolo 3 della legge n. 250 - a decorrere dal 1 gennaio 2006 - siano percepiti alle seguenti condizioni:

§      che l'impresa editrice sia proprietaria della testata per cui sono richiesti i contributi (lett. a));

§      che essa sia una società cooperativa i cui soci non partecipano ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere gli stessi contributi (lett. b));

§      i requisiti sopra richiamati non si applicano qualora le imprese abbiano già maturato il diritto ai contributi all’entrata in vigore della legge. In tal caso, tuttavia, l’affitto della testata no è ammesso nel calcolo del contributo (lett. c), introdotta al Senato dall’emendamento del governo).

 

Con riferimento alle disposizioni descritte, occorrerebbe valutare l’opportunità di intervenire con una novella alla legge n. 250 che, al comma 2 dell’articolo 3, reca l’elenco dei requisiti per accedere ai predetti contributi.

 

     Il comma 327 prevede la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalla legge n. 250/90 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[119] - riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - per le imprese che non inviano l'intera documentazione entro un anno dalla relativa richiesta.

 

Si ricorda che l'articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali;

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993[120].

 

     Con riferimento al termine per la documentazione, si ricorda che il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525[121], contiene vari termini per la procedura di presentazione delle domande di contributi e della relativa documentazione. In particolare, dispone che le domande per la concessione dei contributi di cui alla legge n. 250 siano presentate entro il termine perentorio del 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento dei contributi, e che la documentazione integrativa sia presentata entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta stessa e comunque non oltre il 30 settembre dello stesso anno.

 

Si ricorda, inoltre che il d.d.l. 4163, al comma 5 dell’articolo 5, prevede - per la presentazione della documentazione - un termine di due anni per le imprese richiedenti i contributi di cui alla legge n. 250.

 

     Il comma 328 fissa in 1.000.000 euro annui il contributo per l'editoria speciale periodica per non vedenti, previsto dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 542[122].

L'art. 8 di tale decreto dispone che - a decorrere dall'anno 1994 - all'editoria speciale periodica per non vedenti, prodotta con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico e in braille, è riservato un contributo annuo di lire 1.000 milioni (516.456 euro) per il 1994 e di lire 950 milioni (490.634 euro) a decorrere dal 1995[123].

 

I commi 329 e 330 prevedono il rifinanziamento del credito agevolato e del credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[124].

La legge 62/2001 reca un’ampia riforma della L. 416/1981[125] sull’editoria e, più in generale, introduce varie iniziative di sostegno del settore editoriale. Gli articoli 5-8, in particolare,relativi agli interventi per lo sviluppo del settore editoriale, raccolgono gli strumenti di sostegno indiretti attorno alle due figure del credito agevolato e del credito di imposta alle imprese editoriali che investano in beni strumentali e in nuovi prodotti.

Il primo dei due strumenti si realizza con l’istituzione di un Fondo per le agevolazioni di credito alle imprese del settore editoriale,destinato alla concessione di contributi in conto interessi su mutui bancari o contratti di locazione finanziaria per la realizzazione di progetti di ristrutturazione, realizzazione o ampliamento di impianti, miglioramento della distribuzione o formazione del personale (art. 5).

L’utilizzazione del secondo strumento è prevista in favore delle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuino determinate tipologie di investimenti entro il 31 dicembre 2004. Il credito d’imposta, di un ammontare pari al 3% del costo sostenuto, è fruibile nel periodo di imposta in cui l’investimento è stato effettuato ed in ciascuno dei quattro periodi di imposta successivi (art. 8). Alla legge n. 62/2001 è stata data attuazione con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 142 (credito agevolato) e con il D.P.C.M. 6 giugno 2002, n. 143 (credito d’imposta).

Si segnala, infine, che il d.d.l. 4163, all’articolo 9, modifica e integra le disposizioni in materia di credito agevolato e di credito d’imposta contenute nella legge n. 62/2001.

 

In particolare, il comma 329 destina 20 milioni di euro per l'anno 2006, 10 milioni per il 2007 e 5 milioni per il 2008 alle finalità indicate dall’articolo 5 della legge n. 62, mentre il comma 330 aumenta di 20 milioni di euro il limite degli oneri finanziari previsto per gli anni 2003-2005 ai fini del riconoscimento del credito di imposta previsto dall'articolo 8 della citata legge n. 62, per investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2004.

In proposito si ricorda che il D.M. 7 febbraio 2003, recante "Monitoraggio dei crediti d'imposta, da adottare ai sensi dell'art. 5 del D.L. 8 luglio 2002, n. 138", stabiliva il limite degli oneri finanziari previsti per il riconoscimento del credito d'imposta di cui al citato art. 8 in 28.405.129 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.

 

     Il comma 331 - che interviene sulla legge n. 250 - ridetermina in 0,20 euro l'importo di lire 200 indicato al comma 3 dell'art. 3 della legge n. 250 del 1990, come somma da corrispondersi annualmente - per copia stampata fino a 40 mila copie di tiratura media, indipendentemente dal numero delle testate - alle imprese editrici di periodici che risultino esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro.

 

Si segnala al riguardo l’opportunità di spostare il comma in esame prima del comma 327, al fine di unificare tutti gli interventi relativi alla legge n. 250.

 

In linea generale, si osserva, inoltre, che le modifiche a tale legge – già di difficile comprensione per la notevole complessità della formulazione – non facilitano la lettura ma, semmai, rendono ancora più ardua la comprensibilità delle norme ivi contenute. Tale circostanza è accentuata dal fatto che alcune modifiche non intervengono con la tecnica della novella, ma con interventi che non toccano direttamente il testo vigente, modificandolo “dall’esterno”.

 


Articolo 1, commi 332-339
(Rivalutazione di beni d’impresa e di aree edificabili)

 


332. La rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni, di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342, e successive modificazioni, ad esclusione delle aree fabbricabili di cui al comma 336, può essere eseguita con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all'esercizio chiuso entro la data del 31 dicembre 2004, nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

333. Il maggiore valore attribuito in sede di rivalutazione si considera fiscal­mente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita.

334. L'imposta sostitutiva dovuta, nella misura del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 6 per cento per i beni non ammortizzabili, è versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita.

335. Il saldo di rivalutazione derivante dall'applicazione della disposizione di cui al comma 332 può essere assoggettato, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP, nella misura del 7 per cento. L'imposta sosti­tutiva deve essere obbligatoriamente ver­sata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi: 10 per cento nel 2006; 45 per cento nel 2007; 45 per cento nel 2008. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 475, 477 e 478, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

336. Le disposizioni degli articoli da 10 a 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano, in quanto compatibili, limitatamente alle aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa. I predetti beni devono risultare dal bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004 ovvero, per i soggetti che fruiscono di regimi semplificati di contabilità, essere annotati alla medesima data nei registri di cui agli articoli 16 e 18 del decreto del Presidente della Repub­blica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. La rivalutazione deve riguardare tutte le aree fabbricabili appartenenti alla stessa categoria omoge­nea; a tal fine si considerano comprese in distinte categorie le aree edificabili aventi diversa destinazione urbanistica.

337. La disposizione di cui al comma 336 si applica a condizione che l'utiliz­zazione edificatoria dell'area, ancorché previa demolizione del fabbricato esisten­te, avvenga entro i cinque anni successivi all'effettuazione della rivalutazione; trovano applicazione le disposizioni di cui all'ar­ticolo 34, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. I termini di accertamento di cui all'articolo 43 del decreto del Pre­sidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, decorrono dalla data di utilizzazione edificatoria dell'area.

338. L'imposta sostitutiva dovuta, nella misura del 19 per cento, deve essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi:

a) 40 per cento nel 2006;

b) 35 per cento nel 2007;

c) 25 per cento nel 2008.

339. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 332 e 336 si fa riferimento, per quanto compatibili, alle modalità stabilite dai regolamenti di cui al decreto del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86.



I commi da 332 a 339 dell’articolo 1 dispongono la riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni d’impresa e delle aree edificabili delle imprese, estendendo, in quest’ultimo caso, la facoltà di rivalutazione anche ai beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa(c.d. beni-merce).

La disciplina originaria relativa alla rivalutazione dei beni d’impresa è contenuta nellasezione II del capo I (articoli da 10 a 16) della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante "Misure in materia fiscale".

 

Si ricorda che gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno concesso alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni risultanti in bilancio attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.

In particolare, ai sensi dell’articolo 10, potevano essere oggetto di rivalutazione i beni mobili e immobili e le partecipazioni in società controllate o collegate che risultassero iscritte tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “beni-merce”).

Quanto all’ambito soggettivo, potevano avvalersi delle disposizioni richiamate le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15).

La rivalutazione in argomento, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello di cui all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadeva successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

L’articolo 12 prevedeva l’applicazione, sui maggiori valori emersi, di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era comunque riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata.

Ai sensi del successivo articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in una apposita riserva in sospensione d’imposta[126], la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La norma ha la finalità di evitare che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, potessero essere utilizzate senza essere tassate. Pertanto, il medesimo articolo 13 dispone che nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società che quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si può dar luogo a distribuzione di utili se prima non viene reintegrata la riserva medesima.

L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento).

In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’art. 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta.

L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15.

Rivalutazione dei beni d'impresa

I commi da 332 a 335 dell'articolo 1 riguardano la rivalutazione dei beni delle imprese e delle partecipazioni.

 

Ai sensi del comma 332 è possibile eseguire la rivalutazione dei beni materiali e immateriali (con l'eccezione delle aree fabbricabili, per le quali è prevista una disciplina specifica dai successivi commi 336-338, cui si rinvia). Detta rivalutazione può essere eseguita con riferimento ai beni risultanti dal bilancio relativo all'esercizio chiuso entro il 31 dicembre 2004.

La rivalutazione deve risultare nel bilancio dell'esercizio successivo il cui termine dì approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2006.

In sostanza, con riferimento ai soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, sono oggetto di rivalutazione i beni materiali e immateriali iscritti nel bilancio chiuso il 31 dicembre 2004; i maggiori valori iscritti devono risultare nel bilancio successivo, ossia quello chiuso il 31 dicembre 2005, il cui termine di approvazione scade, in via ordinaria, il 30 aprile 2006.

 

Il comma 333 stabilisce che il maggior valore attribuito con la rivalutazione è riconosciuto fiscalmente ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata eseguita.

In sostanza, per i soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori decorrerà dall'esercizio 2008.

 

Il comma 334 stabilisce che, sul maggior valore iscritto in bilancio, è dovuta una imposta sostitutiva nella misura del 12 per cento relativamente ai beni ammortizzabili e del 6 per cento relativamente ai beni non ammortizzabili.

L'imposta dovrà essere versata, in una unica soluzione, entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta nel corso del quale la rivalutazione è stata eseguita.

 

L’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001 stabilisce, al comma 1, che il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive è fissato al giorno 20 del sesto mese successivo alla data di chiusura dell’esercizio.

Il successivo comma 2 dispone che i richiamati versamenti possono essere effettuati entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.

 

In sostanza, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, l’imposta sostitutiva dovrà essere versata entro il 20 giugno 2006.

 

In proposito, si ricorda che l'aliquota dell'imposta sostitutiva stabilita dalla norma in esame è inferiore a quella fissata dall'articolo 12 della legge n. 342 del 2000, che era pari, rispettivamente, al 19 per cento per i beni ammortizzabili e al 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva inoltre essere versata in tre rate annuali di pari importo.

 

Sarebbe opportuno chiarire se, per quanto concerne il termine di versamento, sia applicabile anche il comma 2 dell’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001.

 

Il comma 335, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni circa la riserva in sospensione d’imposta iscritta in bilancio a seguito della rivalutazione, prevedendo, in particolare, la possibilità di procedere al suo affrancamento.

 

Come già ricordato, l’articolo 13 della legge n. 342 del 2000, recante disposizioni in merito alla contabilizzazione della rivalutazione, dispone che il maggior valore attribuito ai beni d’impresa iscritti nell’attivo patrimoniale dev’essere imputato ad aumento del capitale sociale o ad un’apposita riserva dalla cui denominazione risulti l’applicazione delle disposizioni sulla rivalutazione eseguita. Con ciò si è inteso manifestare l’esistenza di un valore del patrimonio sociale non assoggettato a tassazione (c.d. riserva in sospensione d’imposta). Infatti, il medesimo articolo 13, dispone che:

-        se la riserva è utilizzata per coprire le perdite, non si può procedere ad una successiva distribuzione di utili senza aver prima reintegrato la riserva stessa;

-        se la riserva viene distribuita ai soci o partecipanti, le somme attribuite concorrono alla formazione del reddito imponibile della società (alla quale viene, corrispondentemente, riconosciuto un credito d’imposta di importo pari all’imposta sostitutiva pagata in sede di rivalutazione) e alla formazione del reddito imponibile del socio o partecipante.

 

Il presente comma 335 concede la facoltà alle imprese interessate di affrancare la riserva di rivalutazione attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 7 per cento della riserva medesima.

In conseguenza dell’affrancamento, la riserva di rivalutazione non è più considerata una riserva in sospensione d’imposta. Pertanto, non è più soggetta ai limiti di utilizzo indicati nell’articolo 13 della legge n. 342 del 2000 ed è liberamente distribuibile ai soci.

 

Il pagamento dell’imposta sostitutiva deve obbligatoriamente essere eseguito in tre rate, e in particolare:

1)      la prima rata, in misura pari al 10 per cento dell’imposta dovuta, deve essere versata nel 2006 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi;

2)      la seconda rata, in misura pari al 45 per cento dell’imposta complessiva, deve essere versata nel 2007 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi;

3)      la terza e ultima rata, in misura pari al restante 45 per cento, deve essere versata nel 2008 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi.

 

Quindi, per quanto riguarda i soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, i termini di scadenza fissati sono, rispettivamente, il 20 giugno 2006, il 20 giugno 2007 e il 20 giugno 2008.

 

Anche in questo caso, sarebbe opportuno chiarire se, per quanto concerne il termine di versamento, si intende applicabile anche il comma 2 dell’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001.

 

La norma in commento precisa che sulle rate non devono essere applicati interessi.

 

Ai sensi del comma in esame, infine, si applicano, ove compatibili, le disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 475, 477 e 478, della legge n. 311 del 2005 (legge finanziaria per il 2005).

 

I commi da 473 a 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 recano disposizioni concernenti l’affrancamento di riserve e fondi in sospensione d’imposta.

In particolare, ai sensi del comma 475 le riserve affrancate mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito imponibile dell’impresa e, in caso di distribuzione ai soci, non spetta il corrispondente credito d’imposta.

Il comma 477 dispone l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva. Pertanto, l'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere fatta, in tutto o in parte, a carico delle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se, invece, l’imputazione è fatta al capitale sociale o fondo di dotazione, la norma precisa che la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga alle disposizioni contenute nell'articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice[127].

Infine, ai sensi del comma 478, ai fini della liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni e contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.

 

In sostanza, in conseguenza del rinvio alle indicate disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2005:

§      le riserve di rivalutazione, se affrancate ai sensi del presente comma 335, non concorrono più alla formazione del reddito e, corrispondentemente, l’imposta sostitutiva pagata non costituisce più credito d’imposta;

§      l’imposta sostitutiva è indeducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e può essere, in tutto o in parte, contabilizzata a conto economico o imputata a riduzione di riserve disponibili. Se l’imposta sostitutiva è imputata a capitale sociale, la corrispondente riduzione è effettuata ai sensi dell’articolo 2445 del codice civile, anche in deroga all’articolo 2365 del codice civile medesimo (ossia senza la necessaria deliberazione dell’assemblea straordinaria);

§      per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni, i rimborsi nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

Rivalutazione delle aree fabbricabili

I commi da 336 a 338 dell'articolo 1 dettano norme specifiche per la rivalutazione delle aree fabbricabili non ancora edificate possedute da imprese e iscritte nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2004.

 

Con riferimento all'ambito soggettivo, il comma 336 consente la rivalutazione ai soli soggetti esercenti attività d'impresa (imprese individuali e società), indipendentemente dal regime contabile adottato. Infatti, la rivalutazione viene consentita anche ai contribuenti in contabilità semplificata, per i quali i beni predetti devono risultare alla stessa data dai registri indicati agli articoli 16 e 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 (ossia dal registro dei beni ammortizzabili e dai registri tenuti a fini IVA).

 

Con riferimento all’ambito oggettivo, è prevista per le imprese la possibilità di procedere alla rivalutazione delle aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa.

 

Pertanto, rispetto alla disciplina contenuta nella legge n. 342 del 2000, il presente comma 336 estende l’ambito di applicazione, in quanto vi include anche i cosiddetti beni-merce.

La disposizione potrebbe risultare assai favorevole per alcune attività quali, in particolare, le società che operano nell’edilizia. Attraverso la rivalutazione delle aree fabbricabili, considerate beni-merce, tali imprese, di fatto, aumentano i costi di esercizio, riducendo per conseguenza l’imponibile tributario annuo. In sostanza, con riferimento al periodo di imposta in cui avviene la rivalutazione, il maggior valore (che coincide con la riduzione del reddito d’impresa) viene tassato applicando l’aliquota di imposta sostitutiva (19%) in luogo della tassazione ordinaria.

 

Inoltre, a differenza di quanto previsto per la rivalutazione dei beni d’impresa, non sembrano essere individuati i criteri in base ai quali dovrà essere determinato il nuovo valore.

 

L’articolo 11 della legge n. 342 del 2000, infatti, al fine di evitare sopravvalutazioni, reca disposizioni in merito ai criteri da utilizzare per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

In particolare, il comma 2 del richiamato articolo 11 stabilisce che i valori rivalutati “non possono in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all'effettiva possibilità di economica utilizzazione nell'impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri”. Inoltre, ai sensi del comma 3, gli amministratori e i sindaci sono tenuti a motivare nelle loro relazioni i criteri utilizzati attestando che la rivalutazione effettuata non eccede il limite di valore determinato ai sensi del comma 2.

 

Verisimilmente, in mancanza di criteri di riferimento per la rideterminazione del valore delle aree edificabili, le imprese tenderanno ad attribuire, agli effetti della successiva vendita, un valore elevato alle aree che faranno oggetto di rivalutazione.

 

Il comma 336 stabilisce, infine, che la rivalutazione è consentita per le aree considerate fabbricabili, a condizione che non siano state ancora edificate o che i fabbricati insistenti sopra di esse siano stati demoliti. La rivalutazione deve altresì riguardare tutte le aree fabbricabili appartenenti alla stessa categoria omogenea, a tal fine considerando comprese in distinte categorie le aree edificabili aventi diversa destinazione urbanistica.

 

In proposito, si ricorda che il D.M. 2 aprile 1968, n. 1444[128] ha stabilito, all'articolo 2, che sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:

 

A)     le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B)     le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;

C)     le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

D)     le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

E)     le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

F)      le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

 

Il comma 337 prescrive che la rivalutazione è ammessa a condizione che, entro i cinque anni successivi, l’impresa realizzi l’utilizzazione edificatoria dell'area.

Ai sensi del medesimo comma trovano, inoltre, applicazione le disposizioni di cui all’articolo 34, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) in materia di responsabilità solidale per l'imposta sui redditi delle persone fisiche.

 

Il terzo comma del richiamato articolo 34 dispone che ciascun coniuge, nel caso di comunione di beni, è solidalmente responsabile, limitatamente al valore dei beni ad essi ceduti a qualsiasi titolo dal soggetto passivo, per il pagamento delle imposte da questo dovute per l'anno in cui è avvenuta la cessione e per gli anni precedenti.

 

Infine, il comma in esame stabilisce che i termini di accertamento indicati nell’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 decorrono dalla data di utilizzazione edificatoria dell’area.

 

L’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 reca disposizioni in merito ai termini di accertamento delle dichiarazioni dei redditi. In particolare, il primo comma stabilisce che gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

 

Pertanto, con riferimento alla rivalutazione in esame, gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui ha avuto inizio la utilizzazione edificatoria dell’area. Quest’ultima, come già esposto, deve avvenire entro cinque anni dalla rivalutazione dell’area edificabile.

 

Il comma 338 determina, in primo luogo, la misura dell'imposta sostitutiva per la rivalutazione delle aree fabbricabili, che è pari al 19 per cento dell'importo della rivalutazione.

In questo caso (a differenza di quanto previsto dal comma 334 per la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni d'impresa), l'imposta sostitutiva non può essere versata in unica soluzione, bensì dev’essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza interessi. La misura delle tre rate, da versare entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, è la seguente:

 

a)     40 per cento nel 2006;

b)     35 per cento nel 2007;

c)     25 per cento nel 2008.

 

Analogamente a quanto indicato per la rivalutazione dei beni d’impresa, sarebbe opportuno chiarire se, per quanto concerne il termine di versamento, si intende applicabile anche il comma 2 dell’articolo 17 del DPR n. 435 del 2001.

 

Poiché dal tenore letterale della disposizione non risulta chiaramente che la misura dell'imposta sostitutiva disposta dal comma 338 sia riferita alla rivalutazione delle aree fabbricabili, si suggerisce di esplicitare nel testo il richiamo al comma 336.

 

Infine, per l’attuazione dei commi 332 e 336, il comma 339 rinvia, per quanto compatibili, alle modalità stabilite dal D.M. 13 aprile 2001, n. 162, e dal D.M. 19 aprile 2002, n. 86, concernenti le modalità di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni delle imprese e del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio.

 

Si ricorda, a tale proposito, che l'articolo 5 del citato D.M. n. 162 del 2001, quanto alle modalità della rivalutazione, precisa che essa può essere eseguita alternativamente:

-          rivalutando sia i costi storici sia i fondi di ammortamento in misura tale da mantenere invariata la durata del processo di ammortamento e la misura dei coefficienti;

-          rivalutando soltanto i valori dell'attivo lordo;

-          riducendo in tutto o in parte i fondi di ammortamento.

Come contropartita della rivalutazione deve essere iscritta una speciale riserva, regolata dall'articolo 13 della legge n. 342 del 2000.

Quanto agli effetti fiscali della rivalutazione, l'articolo 7 dello stesso D.M. n. 162 del 2001 prevede che la rivalutazione ha effetto dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita. Le quote di ammortamento, anche finanziario, possono essere commisurate al maggior valore dei beni fin dall'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Presso la Corte di giustizia delle Comunità europee è pendente la causa[129], sollevata in via pregiudiziale, sulla compatibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con il divieto, comunitario, di imposte sulle cifre d’affari diverse dall’IVA.

Per l’illustrazione del contenuto della causa in questione, si rinvia alla scheda relativa al comma 78.


Articolo 1, commi 340-341
(Demanio)

 


340. A fini di contenimento della spesa pubblica, i contratti di locazione stipulati dalle amministrazioni dello Stato per proprie esigenze allocative con proprietari privati sono rinnovabili alla scadenza contrattuale, per la durata di sei anni a fronte di una riduzione, a far data dal 1o gennaio 2006, del 10 per cento del canone annuo corrisposto. In caso contrario le medesime amministrazioni procederanno, alla scadenza contrattuale, alla valutazione di ipotesi allocative meno onerose.

341. Al fine di ottimizzare le attività istituzionali dell'Agenzia del demanio di cui all'articolo 65 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è operante, nell'ambito dell'Agenzia medesima, la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa con riferimento a vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato e ad acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni pubbliche nonché ai fini del rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti pubbliche amministrazioni nel rispetto della normativa vigente.


 

 

Il comma 340 dell’articolo 1, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, prevede la possibilità di rinnovare, alla scadenza contrattuale, i contratti di locazione stipulati con proprietari privatidalle amministrazioni dello Stato per proprie esigenze allocative. Tale rinnovo, della durata di sei anni, deve accompagnarsi ad una riduzione del 10 per cento del canone annuo corrisposto, a far data dal 1º gennaio 2006.

 

Non è chiaro come debba interpretarsi il termine, fissato al 1° gennaio 2006, per la decorrenza della riduzione dei canoni di locazione, nel caso di contratti di locazione che abbiano scadenza successiva a tale data. La disposizione sembrerebbe prescrivere che, in occasione del rinnovo del contratto di locazione, alle condizioni previste dal presente comma, le amministrazioni dello Stato debbano negoziare la restituzione del 10 per cento dei canoni versati dal 1° gennaio 2006 alla data di scadenza del contratto.

 

In caso contrario (cioè qualora i proprietari privati non accettassero la decurtazione del canone), le amministrazioni, alla scadenza contrattuale, procederanno alla valutazione di ipotesi allocative meno onerose.

 

Il fatto che le Amministrazioni debbano "valutare" l'esistenza di ipotesi allocative meno onerose non sembrerebbe escludere la possibilità di rinnovare il contratto scaduto pur in assenza della decurtazione del 10 per cento del canone. Nulla si dice infatti circa l'eventualità in cui non dovessero risultare ipotesi allocative più convenienti.

 

La disposizione mira al contenimento della spesa pubblica. La relazione tecnica stima un minore onere per 5 milioni di euro relativamente all’anno 2006 e per 10 milioni dall’anno 2007.

 

Il comma 341 stabilisce che nell’ambito dell’Agenzia del demanio, con lo scopo di accrescere l’efficacia nell’adempimento delle attività istituzionali[130], opera la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa.

L'attività della Commissione si esplica con riferimento a:

§      vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato;

§      acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni pubbliche;

§      rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti pubbliche amministrazioni.

 

Non è chiaro, in base alla lettera della norma, se essa abbia carattere meramente ricognitivo o sia diretta ad ampliare l'ambito di operatività della Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa che, secondo quanto si legge nella relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge in esame (A.S. 3613), è organo tecnico dell'Agenzia del demanio. Dalla lettura della relazione risulta infatti che la Commissione è operante almeno dal 2001 (anno a partire dal quale sono stati presi in considerazione gli abbattimenti di valore effettuati dalla Commissione stessa).


Articolo 1, commi 342-351
(Disciplina del giuoco legale con apparecchi da intrattenimento)

 


342. Il comma 6 dell'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«6. Si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito:

     a) quelli che, obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali gli elementi di abilità o intrattenimento sono presenti insieme all'elemento aleatorio, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche. Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali;

     b) quelli, facenti parte della rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell'interno, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

          1) il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

          2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

          3) l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

          4) le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

          5) le soluzioni di responsabilizza­zione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

          6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera».

343. Agli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si applica un prelievo erariale unico, fissato con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L'aliquota del prelievo non può essere inferiore all'8 per cento né superiore al 12 per cento delle somme giocate.

344. All'articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il comma 13-bis è sostituito dal seguente:

«13-bis. Con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definiti i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi da intrattenimento previsti dall'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni».

345. All'articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «commi 6 e 7» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6, lettera a), e 7».

346. All'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Ai fini del rilascio dei nulla osta di cui ai precedenti commi, è necessario il possesso delle licenze previste dall'articolo 86, terzo comma, lettera a) o b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni».

347. Entro il 1o luglio 2006 e secondo modalità definite con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato:

a) gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, sono installati esclusivamente in esercizi pubblici, commerciali o punti di raccolta di altri giochi autorizzati dotati di apparati per la connessione alla rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che garantiscano la sicurezza e l'immodificabilità della registrazione e della trasmissione dei dati di funzionamento e di gioco. I requisiti dei suddetti apparati sono definiti entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge;

b) il canone di concessione previsto dalla convenzione di concessione per la conduzione operativa della rete telematica di cui all'articolo 14-bis del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, è fissato nella misura dello 0,8 per cento delle somme giocate;

c) l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato riconosce ai concessionari della rete telematica un compenso, fino ad un importo massimo dello 0,5 per cento delle somme giocate, definito in relazione:

     1) agli investimenti effettuati in ragione di quanto previsto dalla lettera a);

     2) ai livelli di servizio conseguiti nella raccolta dei dati di funzionamento degli apparecchi di gioco.

348. A partire dal 1o luglio 2006, il prelievo erariale unico sulle somme giocate con apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è fissato nella misura del 12 per cento delle somme giocate.

349. In relazione agli interventi previsti dal comma 347, necessari ad adeguare la rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, e successive modificazioni, il termine della concessione per la conduzione operativa della rete telematica è prorogato al 31 ottobre 2010.

350. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce, entro il 31 gennaio 2006, i requisiti che devono possedere i terzi eventualmente incaricati della raccolta delle giocate dai concessionari della rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, e successive modificazioni. Entro il 31 marzo 2006, i concessionari presentano all'Amministrazione l'elenco dei soggetti incaricati.

351. Il terzo comma dell'articolo 86 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Relativamente agli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui all'articolo 110, commi 6 e 7, la licenza è altresì necessaria:

a) per l'attività di produzione o di importazione;

b) per l'attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

c) per l'installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma o di cui all'articolo 88 ovvero per l'installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati».


 


I commi 342-351 dell’articolo 1 modificano alcuni aspetti della vigente disciplina relativa agli apparecchi da giuoco lecito con vincite in denaro.

Le modifiche proposte, secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa del Governo all’originario disegno di legge (A.S. 3613), nascono anche dall’analisi e dalla valutazione delle esperienze maturate nei primi mesi di operatività di questo comparto del giuoco e sono finalizzate prioritariamente all’incremento dell’offerta di giuoco legale (aumento del numero di apparecchi con vincite in denaro conformi a modelli certificati) e ad evitare l’erosione della base imponibile, attraverso il perpetuarsi di comportamenti illeciti.

 

Il comma 342 novella l’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773[131], il quale individua le caratteristiche degli apparecchi da giuoco lecito con vincite in denaro.

I suddetti apparecchi, ai sensi del vigente articolo 110, comma 6, devono avere le seguenti caratteristiche:

§       preponderanza degli elementi di abilità e di intrattenimento, rispetto all’elemento aleatorio;

§       attivazione del giuoco con moneta metallica di valore non superiore a 50 centesimi;

§       durata della partita compresa tra 7 e 13 secondi;

§       distribuzione di vincite in denaro di importo non superiore a 50 euro; erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita, esclusivamente mediante monete metalliche;

§       vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di 14.000 partite;

§       divieto di riprodurre il giuoco del poker o comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali.

Ai sensi dell’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972[132], gli apparecchi sono gestiti telematicamente, mediante attrezzature videoterminali, da uno o più soggetti concessionari della rete o delle reti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Con il D.M. 12 marzo 2004, n. 86, sono state dettate disposizioni per la gestione telematica di tali apparecchi.

Il comma in esame sostituisce interamente il citato comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, individuando due tipologie di apparecchi idonei al giuoco lecito, con vincite in denaro.

La lettera a) del nuovo comma 6 si riferisce agli stessi apparecchi contemplati nell’attuale versione dello stesso comma 6[133], modificandone i parametri di funzionamento, allo scopo – dichiarato nella citata relazione illustrativa – di avvicinare l’offerta di giuoco lecito alle caratteristiche della domanda.

Gli apparecchi in questione, ai sensi della nuova disciplina:

§      sono obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui al ricordato articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972;

§      si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico[134];

§      presentano elementi di abilità o intrattenimento, insieme all'elemento aleatorio;

§      hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

§      offrono partite con durata minima non inferiore a 4 secondi;

§      distribuiscono vincite in denaro, di valore unitario non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche[135];

§      distribuiscono vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite;

§      non possono riprodurre il giuoco del poker o comunque le sue regole fondamentali.

Come si può osservare, la nuova disciplina consente la permanenza sul mercato degli apparecchi rispondenti alle prescrizioni della versione attualmente vigente del citato articolo 110, comma 6, del TULPS.

 

La lettera b) del nuovo comma 6 introduce un nuovo tipo di apparecchi (VLT: Video Lottery Terminal) facenti parte della rete telematica di cui al citato articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972 e attivabili esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa.

Le caratteristiche di questa tipologia di apparecchi non sono ulteriormente determinate, rinviandosi a tal fine ad un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno[136], che dovrà tenere conto delle specifiche condizioni di mercato, la definizione:

1)      del costo e delle modalità di pagamento di ciascuna partita;

2)      della percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3)      dell'importo massimo e delle modalità di riscossione delle vincite;

4)      delle specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5)      delle modalità di informazione e responsabilizzazione del giocatore, da adottare sugli apparecchi (secondo la relazione governativa, ciò ha il fine di prevenire l’insorgenza di ludopatie);

6)      delle tipologie e delle caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giuochi, nei quali possono essere installati gli apparecchi.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge chiarisce che la scelta di definire i parametri di funzionamento dei nuovi apparecchi mediante regolamento è da ricondurre alla complessità e flessibilità della tecnologia di funzionamento degli apparecchi stessi; caratteristiche che rischiano di rendere rapidamente obsoleta qualsiasi definizione di parametri operata da norme di rango legislativo.

 

Il comma 343 rinvia ad un regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze[137] la fissazione del prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi di cui alla sopra illustrata lettera b) del novellato comma 6 dell’articolo 110 del TULPS. In ogni caso l’aliquota del prelievo dovrà essere compresa tra l’8 e il 12 per cento delle somme giocate.

Si ricorda che, per gli apparecchi di cui al vigente articolo 110, comma 6, del TULPS, il prelievo erariale unico si applica nella misura del 13,50 per cento delle somme giocate, ai sensi dell’articolo 39, comma 13, dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Il decreto direttoriale 14 luglio 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 luglio 2004, n. 173) ha individuato le modalità di determinazione della base imponibile del PREU, costituita dalle somme giocate, in maniera differenziata a seconda che l’apparecchio sia collegato o meno alla rete telematica. La misura del 13,50 per cento continuerà ad applicarsi, agli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, sino al 30 giugno 2006. A partire dal 1° luglio 2006, sempre per questi apparecchi, l’aliquota sarà applicata nella misura del 12 per cento, ai sensi del successivo comma 348 dell’articolo 1 in esame.

Secondo quanto riportato dalla citata Relazione illustrativa, “le analisi di mercato effettuate all'estero dimostrano che, in misura sensibilmente maggiore rispetto agli apparecchi AWP attualmente in esercizio, la domanda è fortemente influenzata dalle somme restituite (pay out) al giocatore. Tale caratteristica del prodotto VLT impone una gestione oculata della leva fiscale (la cui entità influenza direttamente il pay out) subordinata ad attente analisi del mercato italiano e del profilo del giocatore che utilizza questa particolare tipologia di apparecchi. Anche il contenuto dell'offerta di gioco mediante VLT, inoltre, può variare sensibilmente al mutare della componente erariale”. Per questo motivo si è previsto di rimettere alla normativa secondaria l'individuazione puntuale dell'aliquota.

 

Il comma 344 sostituisce il comma 13-bis dell’articolo 39 del citato D.L. n. 269 del 2003.

Il vigente comma 13-bis dell’articolo 39 stabilisce che, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definiti i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico e dell'acconto di cui al precedente comma 13[138]. Tale ultimo comma, oltre a fissare nella sopra citata misura del 13,50 per cento il prelievo erariale unico relativo agli apparecchi di cui al comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, detta disposizioni relative a quanto dovuto per l’anno 2004.

Il nuovo comma 13-bis stabilisce invece, in senso più generale, che i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS sono definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

Il comma 345 novella i commi 3 e 4 dell’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001)[139], in modo da escludere dalle previsioni degli stessi gli apparecchi di cui alla lettera b) del nuovo comma 6 del citato articolo 110 del TULPS (per la disciplina dei quali il precedente comma 342 dell’articolo in esame prevede l’emanazione di un apposito regolamento).

Si ricorda che il citato comma 3 dell’articolo 38 stabilisce che gli importatori e i produttori degli apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7[140] (in base alla novella: di cui ai commi 6, lettera a), e 7) dell’articolo 110 del TULPS, prima dell’importazione o dell’avvio della produzione di tali apparecchi e congegni, devono presentarne un esemplare al Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che procederà, direttamente o tramite soggetti convenzionati, alla verifica tecnica, secondo quanto disposto dallo stesso comma 3.

Il successivo comma 4 detta disposizioni relative al nulla osta rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato agli importatori e produttori degli apparecchi e congegni che hanno superato la verifica tecnica.

La citata relazione illustrativa al disegno di legge in esame sottolinea a tal proposito l'appartenenza degli apparecchi di cui alla lettera b) del nuovo comma 6 alla rete di gestione del giuoco affidata ai concessionari e la necessità di valutare le caratteristiche e il funzionamento di tali apparecchi in maniera strettamente correlata al funzionamento del sistema di giuoco complessivo.

 

Il comma 346, sostituendo il comma 6 del citato articolo 38 della legge n. 388 del 2000, interviene sulla disciplina autorizzatoria degli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 e al comma 7 del citato articolo 110 del TULPS, richiedendo, ai fini del rilascio del nulla osta, che i soggetti importatori e produttori dei suddetti apparecchi siano in possesso delle licenze previste dalle lettere a) o b) del terzo comma dell’articolo 86 del TULPS. Il comma in esame fa riferimento al testo dell’articolo 86 del TULPS risultante dalle modifiche introdotte dal successivo comma 351 del presente articolo 1.

 

Il vigente comma 6 dell’articolo 38 della legge n. 388 del 2000 (sostituito dalla disposizione qui illustrata) prevede che il nulla osta di cui allo stesso articolo (per il quale si veda il commento al precedente comma 345) valga anche ai fini del nulla osta di cui al terzo comma (versione vigente) dell’articolo 86 del TULPS.

Il terzo comma (versione vigente) dell’articolo 86 del TULPS richiede la licenza del questore per l'attività di distribuzione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui al quinto comma[141] dell'articolo 110 del TULPS, e di gestione, anche indiretta, dei medesimi apparecchi per i giuochi consentiti. Si prevede inoltre che la licenza per l'esercizio di sale pubbliche da giuoco in cui sono installati i suddetti apparecchi e la licenza per lo svolgimento delle attività di distribuzione o di gestione, anche indiretta, di tali apparecchi, sono rilasciate previo nulla osta dell'Amministrazione finanziaria, necessario comunque anche per l'installazione degli stessi nei circoli privati.

 

Il comma 347 disciplina le condizioni di concessione della rete telematica e il collegamento obbligatorio ad essa degli apparecchi di giuoco indicati alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, disponendo che, entro il 1° luglio 2006, siano emanati appositi provvedimenti del Ministero dell'economia e finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per disciplinare alcuni aspetti, espressamente indicati, della materia.

In particolare la lettera a) del comma 347 prevede che gli apparecchi sopra indicati siano installati esclusivamente in luoghi[142] dotati di apparati per la connessione alla rete telematica, di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, i quali possano garantire la sicurezza e l'immodificabilità della registrazione e della trasmissione dei dati di funzionamento e di giuoco. La stessa lettera a) dispone altresì che i requisiti dei suddetti apparati siano definiti entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge (si ritiene con i provvedimenti sopra indicati).

La più volte citata relazione illustrativa osserva che le specifiche tecniche degli apparati per la connessione alla rete telematica presuppongono continui aggiornamenti per far fronte alle attività illecite di manomissione. L'esperienza operativa avrebbe rivelato, infatti, che i sistemi di connessione, così come previsti dalle attuali specifiche tecniche, sono un punto di vulnerabilità della rete telematica, sfruttato da alcuni operatori irregolari.

La lettera b) del comma 347 prevede un incremento del canone di concessione, per la conduzione operativa della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, in favore dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dallo 0,3[143] allo 0,8 per cento delle somme giocate.

La relazione illustrativa nota che l’incremento del canone consente di costituire una disponibilità finanziaria, gestita dall’Amministrazione dei monopoli, da destinare ai concessionari della rete telematica a fronte degli investimenti che questi sono tenuti ad eseguire ai sensi della successiva lettera c). Tale lettera prevede che l’Amministrazione dei monopoli riconosca ai concessionari un compenso, fino ad un importo massimo dello 0,5 per cento delle somme giocate, da definire in relazione agli investimenti effettuati per adeguare gli apparati di connessione ai requisiti previsti dalla lettera a) del presente comma, nonché ai livelli di servizio conseguiti nella raccolta dei dati di funzionamento degli apparecchi di giuoco.

 

Il comma 348 fissa nella misura del 12 per cento, a partire dal 1° luglio 2006, il prelievo erariale unico sulle somme giocate con gli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS.

Attualmente tale prelievo è fissato nella misura del 13,50 per cento dal comma 13 dell’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

Secondo quanto riportato dalla Relazione illustrativa, il combinato disposto dei commi 347 e 348 “ridefinisce la distribuzione dell'importo residuo destinato alla filiera, attivando, da un lato, un meccanismo incentivante per i concessionari che assicurino gli investimenti necessari al continuo adeguamento delle tecnologie ed i più elevati livelli di servizio nell'operatività della rete telematica ed aumentando, dall'altro lato, le disponibilità per gli esercenti e per i gestori di apparecchi. La formulazione del comma (348) consente, peraltro, agli operatori del settore di destinare al giocatore, se ritenuto opportuno, un rendimento anche superiore al 75 per cento delle somme giocate”.

 

Il comma 349, in relazione agli investimenti, necessari ad adeguare la rete telematica, di cui al precedente comma 347, proroga di un anno (dal 31 ottobre 2009 al 31 ottobre 2010) il termine della concessione per la conduzione operativa della stessa rete telematica.

 

La scadenza del 31 ottobre 2009 per la concessione è stata stabilita dal primo comma dell'articolo 13 dello schema di convenzione di concessione per l'affidamento dell'attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da intrattenimento predisposto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Il secondo comma dello stesso articolo attribuisce alla stessa Amministrazione la facoltà di prorogare, per evitare interruzioni nel servizio e nella riscossione delle entrate erariali, la durata della concessione fino ad un ulteriore anno agli stessi patti e condizioni previsti dalla convenzione di concessione medesima; l’Amministrazione è tenuta a comunicare al concessionario tale intenzione entro il 30 aprile 2009.

 

Il comma 350 detta disposizioni per l’applicazione dell’articolo 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), il quale prevede che la raccolta delle giocate mediante gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS, è esente da IVA, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 6), del D.P.R. n. 633 del 1972[144], anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica e i terzi incaricati della raccolta stessa.

Il comma in esame dispone che, entro il 31 gennaio 2006, ai fini sopra indicati, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti che devono possedere i terzi eventualmente incaricati della raccolta delle giocate dai concessionari della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972. Entro il 31 marzo 2006, tenendo conto di tale definizione, i concessionari devono presentare alla suddetta Amministrazione l’elenco dei soggetti incaricati.

 

Il comma 351 novella infine il terzo comma[145] dell’articolo 86 del TULPS, individuando come segue i tipi di licenza necessari in relazione agli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, del TULPS:

a)      licenza per l’attività di produzione o di importazione dei suddetti apparecchi;

b)      licenza per l’attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

c)      licenza per l'installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma dello stesso articolo 86[146] o di cui all'articolo 88[147] del TULPS ovvero per l'installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati.

Rispetto all’attuale versione dell’articolo 86 del TULPS, la possibilità di ottenere licenza per l’installazione di apparecchi da intrattenimento viene estesa agli esercizi commerciali diversi da quelli di cui ai citati commi primo e secondo dell’articolo 86 del TULPS e da quelli di cui all’articolo 88 dello stesso testo unico.

Tale estensione, secondo la relazione illustrativa al disegno di legge, ha l’obiettivo di ampliare le tipologie di esercizi commerciali nei quali è possibile installare apparecchi legali, riducendo, così, la possibilità di installazioni irregolari.

Il presente comma si ricollega inoltre a quanto stabilito dal precedente comma 346, al quale si rinvia.

 

Si osserva che la materia trattata nei commi qui illustrati potrebbe essere più opportunamente ripartita, in particolare, collocando in sequenza i commi 348, 343 e 344, che disciplinano il prelievo erariale unico per i diversi tipi di apparecchi da giuoco, e coordinandone le disposizioni con la disciplina vigente, contenuta nell’articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 269 del 2003, eventualmente anche attraverso la sua espressa novellazione.

 

 


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 13 gennaio 2004 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno (COM(2004)2)[148].

Tale proposta prevede, all’art. 18, che in deroga al regime generale, il principio del Paese d’origine[149], non si applichi, in via transitoria ad una serie di attività, tra cui alle quelle di giochi d'azzardo, compresi i giochi con poste in denaro, le lotterie e le transazioni relative a scommesse. L’art. 40 della proposta prevede inoltre che, dopo un anno dall’entrata in vigore della direttiva, la Commissione europea esamini la possibilità di presentare proposte di misure d’armonizzazione relative alle medesime attività.

Il Consiglio competitività del 25 e 26 novembre 2004 ha avviato la discussione della proposta soffermandosi in particolare sui temi del paese d’origine, della cooperazione amministrativa e della semplificazione amministrativa; il Consiglio ha definito la proposta un elemento chiave per il conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona.

Il 24 maggio 2005 è stata presentata al Parlamento europeo il progetto di relazione sulla proposta con una serie di emendamenti al testo originario. La relazione dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura in occasione della sessione plenaria del 16-19 gennaio 2006, secondo la procedura di codecisione.

 

 

Procedure di contenzioso

(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 16 dicembre 2003, la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia per non aver rispettato il principio generale della trasparenza e il requisito che ne deriva della pubblicità, previsti dal Trattato istitutivo della Comunità europea, quando, il 21 dicembre 2000, senza alcuna procedura di gara, ha rinnovato fino al 2006 con i concessionari precedenti circa 329 concessioni per la gestione delle scommesse ippiche.

Il ricorso alla Corte fa seguito al parere motivato[150] inviato all’Italia il 16 ottobre 2002, nel quale la Commissione, oltre alla violazione succitata, aveva sollevato obiezioni anche su alcune norme nazionali ritenute in contrasto con i princìpi comunitari in quanto preclusivi della partecipazione alla procedura di aggiudicazione delle concessioni relative alle scommesse ippiche e sportive alle società di capitali quotate sui mercati regolamentati in Italia e in altri Paesi dell’Unione europea. L’Italia, con la legge finanziaria per il 2003 (legge 27/12/2002, n. 289) ha provveduto ad abrogare le norme in questione (precisamente l’art. 2, comma 8, del DPR n. 169/98 e l’art. 2, comma 6, del DPR n. 174/98) e ne ha dato comunicazione alla Commissione, con una nota del 9 gennaio 2003.

Il sistema italiano delle scommesse era già stato esaminato a livello comunitario dalla Corte di giustizia, con una sentenza del 6 novembre 2003 adottata in una causa pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Ascoli[151]. Nella pronuncia la Corte aveva rilevato come la normativa italiana, riservando allo Stato o ai suoi concessionari l’attività di raccogliere scommesse sportive, configurasse una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi ed alla libertà di ricevere o di beneficiare servizi. Secondo la Corte tale restrizione non è sufficientemente giustificata da motivi di tutela del consumatore o di mantenimento dell’ordine sociale.


Articolo 1, commi 352-367
(Contrasto del giuoco illegale e disposizioni varie in materia di giuochi e scommesse)

 


352. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, fermi i poteri dell'autorità e della polizia giudiziaria ove il fatto costituisca reato, comunica ai fornitori di connettività alla rete Internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, i casi di offerta, attraverso le predette reti, di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o dei limiti o delle prescrizioni definiti dall'Amministrazione stessa.

353. I destinatari delle comunicazioni hanno l'obbligo di inibire l'utilizzazione delle reti, delle quali sono gestori o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento dei giochi, delle scommesse o dei concorsi pronostici, di cui al comma 352, adottando a tal fine misure tecniche idonee in conformità a quanto stabilito con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

354. In caso di violazione dell'obbligo di cui al comma 353, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

355. La Polizia postale e delle telecomunicazioni ed il Corpo della guardia di finanza, avvalendosi dei poteri ad esso riconosciuti dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, cooperano con il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 353 e 354, secondo i criteri e le modalità individuati dall'Ammini stessa d'intesa con il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza.

356. All'articolo 4, comma 4-ter, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, dopo le parole: «apposita autorizzazione», sono inserite le seguenti: «del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato».

357. Il comma 1 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«1. In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati, autorizzati alla pratica del gioco o all'installazione di apparecchi da gioco, è esposta in luogo visibile una tabella, predisposta ed approvata dal questore e vidimata dalle autorità competenti al rilascio della licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d'azzardo, anche quelli che lo stesso questore ritenga di vietare nel pubblico interesse, nonché le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre. Nelle sale da biliardo deve essere, altresì, esposto in modo visibile il costo della singola partita ovvero quello orario».

358. Il comma 3 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«3. L'installazione degli apparecchi di cui ai commi 6 e 7 è consentita esclusivamente negli esercizi commerciali o pubblici o nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati ed associazioni autorizzati ai sensi degli articoli 86 o 88, nel rispetto delle prescrizioni tecniche ed amministrative vigenti».

359. All'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro e con la chiusura dell'esercizio per un periodo non superiore a quindici giorni è punito chiunque, gestendo apparecchi di cui al comma 6, ne consente l'uso in violazione del divieto posto dal comma 8».

360. Il comma 9 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«9. Ferme restando le sanzioni previste per il gioco d'azzardo dal codice penale:

     a) chiunque produce od importa, per destinare all'uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

     b) chiunque produce od importa, per destinarli all'uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 sprovvisti dei titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

     c) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico od in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi o congegni non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio. La stessa sanzione si applica nei confronti di chiunque, consentendo l'uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni conformi alle caratteristiche e prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, corrisponde a fronte delle vincite premi, in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

     d) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

     e) nei casi di accertamento di una delle violazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) è preclusa all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la possibilità di rilasciare all'autore della violazione titoli autorizzatori concernenti la distribuzione o l'installazione di apparecchi da intrattenimento, per un periodo di cinque anni;

     f) nei casi in cui i titoli autorizzatori per gli apparecchi o i congegni non siano apposti su ogni apparecchio, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio».

361. All'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, dopo il comma 9 sono inseriti i seguenti:

«9-bis. Per gli apparecchi per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti ovvero che non siano rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è disposta la confisca ai sensi dell'articolo 20, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Nel provvedimento di confisca è disposta la distruzione degli apparecchi e dei congegni, con le modalità stabilite dal provvedimento stesso.

9-ter. Per la violazione del divieto di cui al comma 8 il rapporto è presentato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo in cui è stata commessa la violazione. Per le violazioni previste dal comma 9 il rapporto è presentato al direttore dell'ufficio regionale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente per territorio.

9-quater. Ai fini della ripartizione delle somme riscosse per le pene pecuniarie di cui al comma 9 si applicano i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168».

362. Il comma 10 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«10. Se l'autore degli illeciti di cui al comma 9 è titolare di licenza ai sensi dell'articolo 86, ovvero di autorizzazione ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, le licenze o autorizzazioni sono sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle violazioni ai sensi dell'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono revocate dal sindaco competente, con ordinanza motivata e con le modalità previste dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni. I medesimi provvedimenti sono disposti dal questore nei confronti dei titolari della licenza di cui all'articolo 88».

363. Il comma 11 dell'articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«11. Oltre a quanto previsto dall'articolo 100, il questore, quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati ed alla reiterazione delle violazioni, sospende la licenza dell'autore degli illeciti per un periodo non superiore a quindici giorni, informandone l'autorità competente al rilascio. Il periodo di sospensione, disposto a norma del presente comma, è computato nell'esecuzione della sanzione accessoria».

364. Per le violazioni di cui all'articolo 110, comma 9, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, commesse in data antecedente alla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni vigenti al tempo delle violazioni stesse.

365. Dopo l'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, sono inseriti i seguenti:

«Art. 14-ter. - (Controllo dei versamenti di imposte relative ad apparecchi e congegni per il gioco lecito). - 1. Avvalendosi di procedure automatizzate, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esegue, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento dell'imposta, il controllo dei versamenti effettuati dai contribuenti per gli apparecchi e congegni previsti all'articolo 110, comma 7, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, nonché per gli apparecchi meccanici od elettromeccanici.

2. Nel caso in cui risultino omessi, carenti o intempestivi i versamenti dovuti, l'esito del controllo automatizzato è comunicato al contribuente per evitare la reiterazione di errori. Il contribuente può fornire i chiarimenti necessari all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

3. Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definite le modalità di effettuazione dei controlli automatici di cui al comma 1.

Art. 14-quater. - (Iscrizione a ruolo delle somme dovute a seguito dei controlli automatici). - 1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 1, risultano dovute a titolo d'imposta sugli intrattenimenti, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento delle imposte. Per la determinazione del contenuto del ruolo, delle procedure, delle modalità della sua formazione e dei tempi di consegna, si applica il regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321.

2. Le cartelle di pagamento recanti i ruoli di cui al comma 1 devono essere notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento dell'imposta.

3. L'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare, con le modalità indicate nell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le somme dovute, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dall'articolo 14-ter, comma 2, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione, in sede di autotutela, delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente. In questi casi, l'ammontare delle sanzioni amministrative previste è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.

Art. 14-quinquies. - (Disposizioni in materia di recupero dell'IVA sugli intrattenimenti). - 1. Le disposizioni di cui agli articoli 14-ter e 14-quater possono essere applicate anche dagli uffici dell'Agenzia delle entrate per il recupero dell'IVA connessa con l'imposta sugli intrattenimenti. A tal fine, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato comunica all'Agenzia delle entrate le violazioni constatate in sede di controllo dell'imposta sugli intrattenimenti. Per quanto non previsto dagli articoli 14-ter e 14-quater si applicano le disposizioni in materia di IVA».

366. All'articolo 8, comma 14, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2003, n. 200, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel primo periodo le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2007»;

b) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «La disposizione di cui al primo periodo non si applica nei trecentosessantacinque giorni antecedenti la scadenza della convenzione di concessione»;

c) al quarto periodo le parole: «di cui al secondo e terzo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al terzo e quarto periodo».

367. Ciascun affidatario delle concessioni previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, o dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, non può esercitare la propria attività mediante l'apertura di sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse.


 

I commi da 352 a 356 dell’articolo 1 contengono misure per il contrasto del giuoco illegale.

 

Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa del Governo (A.S. 3613), lo scopo di tali disposizioni sarebbe quello di

-       contrastare fenomeni di illegalità connessi all’offerta di giuoco mediante la rete informatica;

-       disincentivare la convenienza dell'accesso a distanza al giuoco illecito proposto su diversi mezzi di comunicazione, creando inoltre le condizioni economiche per la costruzione e il consolidamento di una rete di raccolta a distanza, legale, in grado di proporre un’offerta italiana competitiva.

 

Il comma 352, in particolare, stabilisce che il Ministero dell'economia e finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) segnali ai fornitori di connettività alla rete internet, ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che mediante esse forniscono servizi telematici, i casi di offerta, attraverso dette reti, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro che siano illegali, mancando delle concessioni, autorizzazioni, licenze o altri titoli previsti dalla legge.

Qualora il fatto costituisca reato, permangono naturalmente i poteri dell'autorità giudiziaria.

 

Con riferimento ai destinatari della disposizione del provvedimento in esame (fornitori di connettività), si segnala che in ambito normativo i soggetti e le attività riguardanti il settore delle comunicazioni telematiche non sono indicati in modo univoco dal punto di vista terminologico.

 

Alcune indicazioni sono rinvenibili nei documenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: la dizione “fornitori di connettività” è utilizzata nella Relazione annuale dell’Autorità per l’anno 2003, con riguardo al mercato della telefonia fissa.

Altre definizioni si rinvengono nella delibera dell'Autorità del 15 novembre 2001, n. 435/01/CONS[152] in materia di radiodiffusione terrestre in tecnica digitale, che - pur intervenendo in un ambito diverso, che tuttavia presenta analogie col settore delle telecomunicazioni, specialmente nella prospettiva della convergenza tecnologica - all’articolo 1, ha dettato le seguenti definizioni:

-       «operatore di rete»: il soggetto titolare del diritto di installazione, esercizio e fornitura di una rete di comunicazioni elettroniche e di impianti di messa in onda, multiplazione, distribuzione e diffusione e delle risorse frequenziali che consentono la trasmissione agli utenti dei blocchi di diffusione(comma 1, lett. g));

-       «fornitore di contenuti»: il soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi destinati alla radiodiffusione televisiva e sonora(comma 1, lett. h));

-       «fornitore di servizi»: il soggetto che fornisce, attraverso l'operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato mediante distribuzione agli utenti di chiavi numeriche per l'abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi, ed eventualmente alla fornitura di apparati, ovvero che fornisce servizi della società dell'informazione ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva n. 98/34/CE, come modificata dalla direttiva n. 98/48/CE, ovvero fornisce una guida elettronica ai programmi (comma 1, lett. i))

Una definizione puntuale di tali espressioni non è invece contenuta nel recente Codice delle comunicazioni elettroniche che, all’articolo 1, reca le definizioni dei soggetti e delle attività afferenti a tale materia[153].

 

Ai sensi del comma 353, i destinatari delle segnalazioni sono obbligati ad adottare misure tecniche, che verranno stabilite con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, atte a impedire l'utilizzazione delle reti di cui sono gestori, o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento di giuochi, scommesse o concorsi pronostici illeciti.

In caso di violazione dell'obbligo suddetto, è prevista dal comma 354 una sanzione amministrative pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ogni violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

Per l'applicazione delle disposizioni testé esaminate, il comma 355 prescrive la collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, la Polizia postale e delle telecomunicazioni e il Corpo della Guardia di finanza. Quest'ultimo si avvale dei poteri ad esso riconosciuti ai sensi del D.Lgs. n. 68 del 2001 (Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell'articolo 4 della legge 31 marzo 2000, n. 78).

 

Il Corpo della Guardia di finanza è forza di polizia ad ordinamento militare con competenza generale in materia economica e finanziaria sulla base delle peculiari prerogative ad esso conferite dalla legge. Esso, ai sensi D.Lgs n. 68 del 2001 (articolo 3, primo comma), "in relazione alle proprie competenze in materia economica e finanziaria, collabora con gli organi costituzionali. La stessa collaborazione, previe intese con il Comando generale, può essere fornita agli organi istituzionali, alle Autorità indipendenti e agli enti di pubblico interesse che ne facciano richiesta". Nell'espletamento di tali attività, i militari del Corpo agiscono con le facoltà e i poteri previsti dalle leggi e regolamenti vigenti.

Inoltre, a norma dell'articolo 6 del medesimo decreto n. 68 del 2001 il Corpo della Guardia di finanza esercita funzioni di polizia giudiziaria secondo le leggi e i regolamenti vigenti e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, a titolo di concorso, ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 121 del 1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza).Nell'espletamento di tale attività di concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, il Corpo dipende funzionalmente dal Ministro dell'interno.

 

Tale cooperazione avverrà secondo i criteri e le modalità individuati dall'AAMS d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

 

Il Dipartimento della pubblica sicurezza, ai sensi del regolamento di organizzazione del Ministero dell’interno approvato con D.P.R. 398/2001[154], costituisce una delle quattro articolazioni centrali del Ministero. Quanto a funzioni e modalità organizzative, il Dipartimento è tuttora disciplinato dalla L. 121/1981[155], che ha riordinato l’Amministrazione della pubblica sicurezza – la struttura cioè attraverso la quale il Ministro espleta i compiti relativi alla tutela dell’ordine pubblico – e riorganizzato le strutture del Ministero per quanto concerne tali funzioni.

Il Dipartimento della pubblica sicurezza (articolo 4, D.P.R. 398/2001) si articola in 14 tra Direzioni centrali e Uffici di pari livello, anche interforze. Da esso dipendono la Direzione investigativa antimafia e i due Istituti di formazione per le Forze di polizia. A capo del Dipartimento è posto un prefetto, che assume le funzioni di Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza; sono previsti tre vice direttori generali, con funzioni specifiche.

 

Il comma 356 interviene, "sulla base dell'esperienza operativa degli ultimi anni", modificando il comma 4-ter dell'articolo 4 della legge n. 401 del 1989 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), in modo da specificare che l'organo competente a rilasciare l'autorizzazione all'esercizio di attività di giuoco o di scommessa è il Ministero delle Finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

 

I commi da 357 a 364 introducono ulteriori modifiche all'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, finalizzate al recupero dell'evasione fiscale nel settore dei giochi attraverso una vasta revisione dell'apparato sanzionatorio, anche in relazione al maggior numero di apparecchi cui tale sistema sanzionatorio risulta applicabile.

 

Come rilevato nella relazione al disegno di legge (A.S. 3613), le modifiche sono volte in generale alla depenalizzazione, finalizzata ad assicurare una maggiore celerità nella definizione del procedimento amministrativo rispetto alla sede penale. La più dettagliata definizione e l'inasprimento delle sanzioni, che in alcuni casi risultano quintuplicate, permetterebbero, secondo la relazione tecnica, un maggior gettito pari a circa 75 milioni di euro. Considerando, però, un periodo iniziale di lentezza nell'applicazione delle nuove norme, tale cifra dovrebbe essere prudenzialmente abbassata a 25 milioni per il primo anno.

 

Il comma 357, sostituendo il comma 1 dell'articolo 110 del TULPS, stabilisce che in tutti gli esercizi e circoli privati autorizzati alla pratica del gioco venga esposta una tabella con l'indicazione dei giuochi d'azzardo, dei giochi comunque vietati e di tutte le prescrizioni e i divieti stabiliti dal questore nel pubblico interesse. La tabella viene predisposta e approvata dal questore e deve essere vidimata dalle autorità competenti al rilascio delle licenze necessarie per lo svolgimento delle attività.

Tale intervento si rende opportuno per chiarire il rapporto tra la norma che si intende modificare, che attualmente prescrive che la tabella venga vidimata dal questore, e l'articolo 195 del regolamento di attuazione del TULPS (R.D. 6 maggio 1940, n. 635), che prescrive che la stessa tabella venga vidimata dal sindaco o da suo delegato.

Con la nuova formulazione del comma 1 si stabilisce, poi, che nelle sale da biliardo deve essere esposto il costo della singola partita ovvero quello orario.

 

Il comma 358, sostituendo il comma 3 dell'articolo 110 del TULPS, estende le tipologie di macchine per il giuoco installabili negli esercizi autorizzati ai sensi degli articoli 86 e 88 dello stesso testo unico.

 

In particolare gli esercizi qui contemplati sono i seguenti:

-       alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, né sale pubbliche per biliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili (art. 86, comma 1);

-       esercizi ove si effettua lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci (art. 86, comma 2);

-       gli esercizi che ottengono la licenza per le scommesse e per l'attività di distribuzione e gestione anche indiretta di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d'azzardo, vale a dire quelli che hanno insita la scommessa, o che consentono vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio in denaro o in natura, o vincite di valore superiore a limiti fissati, escluse le macchine vidimatrici per i giochi gestiti dallo Stato (art. 86, comma 3);

-       infine, tutti gli esercizi che ottengono la licenza per le scommesse (art. 88).

 

Per quanto riguarda l'estensione del tipo di macchinari, nella formulazione vigente gli apparecchi sono quelli indicati dal comma 6 del medesimo articolo 110 (ora sostituito dal precedente comma 342) e dal comma 7, lettera b), abrogata dall'articolo 1, comma 495, della legge finanziaria del 2005.

L'estensione quindi si concreta nell'ampliamento delle categorie previste dal comma 6 (si veda, sopra, l’illustrazione del comma 342) e nel riferimento agli apparecchi previsti dal comma 7, lettere a) e c).

 

Questi ultimi sono:

1) apparecchi elettromeccanici privi di schermo (gru, ruspe e redemption), attraverso cui si esprime l’abilità del giocatore (lettera a), i quali:

-       sono attivabili soltanto con l’introduzione di una moneta;

-       hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

-       consentono, immediatamente e direttamente dopo la partita, vincite di piccoli oggetti, non convertibili in denaro, di valore complessivo non superiore a 20 volte la giocata;

2) apparecchi basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi, per i quali il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi (lettera c).

 

Il comma 359, in particolare, introducendo il nuovo comma 8-bis nell'articolo 110 del TULPS, fissa la sanzione amministrativa per i gestori che permettono l'uso di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da giuoco di abilità, non di azzardo, come definiti dal comma 6 dell'articolo 110 del TULPS, ai minori di 18 anni. Tale limite è imposto dal comma 8 dello stesso articolo 110.

La sanzione consiste nel pagamento di una somma da 500 a 3.000 euro e nella chiusura dell'esercizio per un massimo di 15 giorni. Si deve tenere presente che un'ammenda da 500 a 1.000 euro viene attualmente prevista dal successivo comma 9 dell’articolo 110 del TULPS, oggetto di modifica da parte del comma 360.

Il comma in esame, dunque, inasprisce la sanzione pecuniaria ma ne cambia la natura, da penale ad amministrativa.

 

Il comma 360, modificando il comma 9 dell’articolo 110 del TULPS, introduce nuove fattispecie sanzionabili e ne modifica altre già esistenti, cambiandone comunque la natura da penale ad amministrativa. Si deve comunque sottolineare che rimangono ferme le sanzioni previste dal codice penale per il giuoco d'azzardo.

Come sopra detto, la sanzione riferita all'uso di macchine da giuoco, non di azzardo, ai minori di 18 anni, presente nel vigente comma 9, viene estrapolata, modificata e inserita nel nuovo comma 8-bis dalla novella proposta.

Le altre sanzioni, sempre di tipo amministrativo pecuniario, previste dal nuovo comma 9 si riferiscono alle tipologie di apparecchi di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 110 del TULPS (cfr. supra il commento al comma 358 per una breve descrizione di tali tipologie).

In particolare:

§      la produzione e l'importazione di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

§      la produzione e l'importazione di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatorî previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

§      la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso in qualsiasi sede di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio; tale sanzione si applica anche a chi, pur gestendo apparecchi in regola, corrisponde, a fronte delle vincite, premi, in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

§      la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso in qualsiasi sede di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatorî previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio.

Nei casi di accertamento di una delle violazioni sopra elencate, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato non può rilasciare all’autore della violazione titoli autorizzatorî concernenti la distribuzione o l’installazione di apparecchi da intrattenimento, per un periodo di cinque anni.

La sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio si applica quando i titoli autorizzatorî non sono apposti sugli apparecchi stessi.

 

Il comma 361 aggiunge tre commi dopo il comma 9 dell'articolo 110 del TULPS.

Il primo comma aggiunto (nuovo comma 9-bis) dispone la confisca e la distruzione degli apparecchi non rispondenti alle norme vigenti. Il procedimento è soggetto alla disciplina recata dall'articolo 20, comma 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689 ("Modifiche al sistema penale") il quale stabilisce che la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, dev’essere comunque disposta, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento.

Il secondo (nuovo comma 9-ter) dispone che il rapporto relativo alle violazioni di cui al comma 8 dell'articolo 110 TULPS (divieto di uso di apparecchi da trattenimento o da gioco di abilità da parte dei minori di 18 anni) deve essere inviato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo della violazione; il rapporto relativo alle violazioni di cui al comma 9 dell'articolo 110 TULPS (novellato dal comma 360, al cui commento si rimanda) viene inviato all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente per territorio.

 

Tale disposizione si renderebbe opportuna, secondo la relazione, per demandare l'irrogazione della sanzione amministrativa all'organo tecnicamente più competente nel settore.

 

Il terzo (nuovo comma 9-quater) dispone che le somme riscosse per le pene pecuniarie sono ripartite secondo i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168, recante "Ripartizione dei proventi delle sanzioni pecuniarie dovute per violazioni alle leggi tributarie".

 

Si ricorda brevemente che la legge n. 168 del 1951 stabilisce che la ripartizione, detratto il 10 per cento per le spese inerenti alla riscossione, viene effettuata come segue:

a)       il 60 per cento all'Erario;

b)       il 20 per cento ai fondi di previdenza o assistenza delle Amministrazioni civili e dei Corpi di polizia cui appartengono gli accertatori;

c)       il 10 per cento da dividersi in eguale misura fra gli accertatori, fino all'assegnazione a ciascuno di essi di un massimo di lire 50.000 per ogni accertamento;

d)       il 10 per cento da devolversi a speciali fondi, costituiti presso le Amministrazioni civili ed i Corpi di polizia cui appartengono i funzionari, ufficiali ed agenti partecipanti all'accertamento, per la distribuzione di premi al personale delle Amministrazioni e dei Corpi medesimi che si sia distinto per particolari meriti.

Se gli accertatori sono militari della Guardia di finanza, parte delle quote sono versate al Fondo massa della Guardia di finanza stessa.

 

Il comma 362 modifica il comma 10 dell'articolo 110 TULPS.

Esso dispone la sospensione della licenza o dell'autorizzazione per gli autori degli illeciti di cui al comma 9 dello stesso articolo 110 del TULPS (per una breve descrizione di tali illeciti cfr. supra il commento al comma 360) e la revoca delle stesse in caso di reiterazione dello stesso. Nel testo vigente il periodo massimo di sospensione è di sei mesi: con la modifica qui proposta lo stesso limite viene abbassato a trenta giorni e viene mantenuta la sanzione della revoca per la reiterazione.

La modifica, inoltre, specifica che le licenze a cui si applica la norma sono quelle previste dagli articoli 86 e 88 del TULPS (cfr. supra commento al comma 358), nonché quelle previste dall'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287 ("Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi"), vale a dire le licenze per attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione.

Non viene modificata la previsione secondo la quale il sindaco è l’autorità competente a revocare la licenza con provvedimento motivato e con le procedure previste dall'articolo 19 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

 

A tale proposito, si ricorda che l'articolo 19 del D.P.R. n. 616 del 1977 (recante attuazione della delega prevista dall'art. 1 della legge n. 382 del 1975, "Norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione") attribuisce ai comuni la concessione della licenza per taluni esercizi, tra cui esercizi contemplati dall'articolo 86 TULPS. Lo stesso articolo dispone che il diniego del provvedimento di concessione delle licenze è adottato previa comunicazione al prefetto. La sospensione, l'annullamento e la revoca della licenza devono essere adottati su motivata richiesta del prefetto stesso. Il diniego dei provvedimenti è efficace solo se il prefetto esprime parere conforme.

 

Il comma 363 introduce modifiche al comma 11 dell'articolo 110 del TULPS.

Il comma 11 citato attribuisce al questore la facoltà di sospendere la licenza in caso di illecito informando l'autorità competente al rilascio. La durata della sospensione è computata ai fini dell'esecuzione della sanzione accessoria. Tale sospensione, nel testo vigente, può avere una durata massima di tre mesi. Con la modifica proposta tale durata massima è abbassata a quindici giorni e la facoltà del questore di sospendere la licenza è esercitabile solo quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati e alla reiterazione delle violazioni.

Sono comunque fatte salve, nel testo vigente come nel testo modificato, le norme recate dall'articolo 100 del TULPS, che attribuiscono al questore la facoltà di sospendere le licenze di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.

Il comma 364 precisa che in caso di violazioni delle disposizioni del comma 9 dell'articolo 110 del TULPS antecedenti alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, si applicano le disposizioni vigenti al momento delle violazioni.

Il comma 365 modifica il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 ("Imposta sugli spettacoli"), introducendo tre nuovi articoli dopo l'articolo 14-bis in materia di disciplina fiscale degli apparecchi e congegni da intrattenimento.

 

Giova ricordare che l'articolo 14-bis citato è stato aggiunto dall'art. 9 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, con la decorrenza indicata nell'art. 22 dello stesso decreto, e poi sostituito dal comma 4 dell'art. 22 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, indi modificato dal D.L. 30 settembre 2003 n. 269.

In base al testo del citato articolo 14-bis, per gli apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui al comma 7 del novellato articolo 110 del TULPS, il pagamento dell’imposta sugli intrattenimenti e dell’IVA viene determinato sulla base di un imponibile medio forfetario annuo e deve essere effettuato in unica soluzione, secondo le disposizioni in materia di versamento unitario e compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, entro il 16 marzo di ogni anno ovvero entro il giorno 16 del mese successivo a quello di prima installazione per gli apparecchi e congegni installati dopo il 1º marzo.

Con specifico riguardo agli apparecchi e congegni “automatici, semiautomatici e elettronici”, di cui al richiamato articolo 110, comma 7, del TULPS, installati prima del 1° gennaio 2003, l’articolo 14-bis, prevede l’obbligo di denuncia, entro il 15 febbraio 2003, all’Amministrazione dei monopoli la quale rilascia un apposito nulla osta per ciascun apparecchio, a condizione del contestuale pagamento delle imposte dovute.

Il pagamento entro la predetta data degli importi dovuti per il 2003 estingue le imposte per gli anni precedenti, sebbene non si faccia al luogo al rimborso delle somme già pagate a tale titolo.

In mancanza della denuncia e del pagamento delle imposte in parola, gli apparecchi sono confiscati, ovvero, se i proprietari o gestori sono concessionari dell’Amministrazione dei monopoli, la concessione è revocata.

Per quanto riguarda la misura degli imponibili forfetari, il comma 2 dell’articolo 14-bis, fino alla attivazione della rete per la gestione telematica, per gli apparecchi e congegni per il gioco lecito indicati all’articolo 110, comma 6, del TULPS, fissa, ai fini dell’imposta sugli intrattenimenti, un imponibile medio forfetario annuo di 10.000 euro per l’anno 2003.

Il comma 3 dell’articolo 14-bis determina la misura dell’imponibile medio forfetario degli apparecchi di cui al comma 7 dell’articolo 110, limitatamente al periodo 2001-2003.

A decorrere dal 2004, il successivo comma 3-bis fissa la misura dell’imponibile medio forfetario annuo per gli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, comma 7, del T.U.L.P.S in:

a)       1.800 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera a) del comma 7 dell’articolo 110 (+300 euro rispetto agli anni precedenti);

b)       2.500 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera b) del comma 7 dell’articolo 110 (-1.600 euro);

c)       1.800 euro, per gli apparecchi di cui alla lettera c) del comma 7 dell’articolo 110 (+1.000 euro).

Peraltro, il comma 5 dell'articolo 14-bis consente di stabilire, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 gennaio dell’anno cui gli stessi si riferiscono, variazioni degli imponibili medi forfetari sopra indicati e di definire forfetariamente la base imponibile per gli apparecchi meccanici, in relazione alle caratteristiche tecniche degli apparecchi medesimi. Per l’anno 2005 è stato emanato il decreto 28 gennaio 2005 (G.U. n. 55 del 8 marzo 2005).

 

Secondo il nuovo articolo 14-ter introdotto dalla norma qui illustrata, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esegue, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza dei termini di pagamento, il controllo automatizzato dei versamenti dovuti. In caso di versamenti carenti, omessi o intempestivi, viene data comunicazione al contribuente che può fornire chiarimenti entro trenta giorni da tale comunicazione. Le modalità con cui vengono effettuati tali controlli vengono stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS.

Il nuovo articolo 14-quater stabilisce che le somme che risultino dovute in seguito all'attività di controllo sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi definitivamente entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza per il pagamento. Trova applicazione il decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321, recante il regolamento sulle norme per la determinazione del contenuto del ruolo e dei tempi, procedure e modalità della sua formazione e consegna.

 

Si ricorda brevemente che, ai sensi del citato decreto n. 321 del 1999, i ruoli sono formati direttamente dall'ente creditore e recano un numero identificativo univoco a livello nazionale. Essi sono costituiti ognuno da un prospetto conforme al modello da approvare con decreto dirigenziale, adottato dalle Amministrazioni delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il prospetto è redatto in conformità al modello di cui all'allegato 1 del decreto 11 novembre 1999. Il ruolo deve comunque necessariamente riportare:

a)       l'ente creditore;

b)       la specie del ruolo;

c)       il codice fiscale e i dati anagrafici dei debitori;

d)       il codice di ogni componente del credito, di seguito denominata articolo di ruolo;

e)       il codice dell'ambito;

f)         l'anno o il periodo di riferimento del credito;

g)       l'importo di ogni articolo di ruolo;

h)       il totale degli importi iscritti nel ruolo;

i)         il numero delle rate in cui il ruolo deve essere riscosso, l'importo di ciascuna di esse e la cadenza delle stesse;

l)         la data di consegna al concessionario.

 

L'articolo 14-quater stabilisce inoltre che le cartelle di pagamento devono essere notificate entro il 31 dicembre del quarto anno successivo alla scadenza del termine di pagamento.

 

A tale proposito, giova ricordare come la Corte costituzionale, con sentenza n. 280 del 2005, abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ("Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito"), nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ("Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi"). La mancata individuazione di un termine comprometterebbe «il diritto del contribuente all’effettiva conoscenza dell’iscrizione a ruolo, procrastinandola a tempo indeterminato e ledendo, in tal modo, il diritto di difesa del contribuente».

 

L'iscrizione a ruolo, ai sensi del comma 3, non viene eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare quanto dovuto entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui sopra o della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione delle somme dovute in seguito ai chiarimenti del contribuente. In tal caso le sanzioni amministrative sono ridotte ad un terzo.

 

Tale norma applica l’istituto del cosiddetto "avviso bonario" alle fattispecie qui considerate.

In base alle disposizioni riguardanti la liquidazione delle dichiarazioni inserite dal D.Lgs n. 241 del 1997, come modificate dal D.Lgs n. 32 del 2001, la formazione del ruolo deve essere letta unitamente alle disposizioni previste dagli articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e il nuovo articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 nonché dell'articolo 2 del D.Lgs n. 462 del 1997. Gli articoli da ultimo citati prevedono, infatti, che entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, l’amministrazione finanziaria procede alla liquidazione delle dichiarazioni. Il risultato della liquidazione, sia in senso positivo che negativo, è comunicato al contribuente attraverso una comunicazione inviata direttamente dall’amministrazione finanziaria prima di formare il ruolo: il c.d. "avviso bonario".

 

Il nuovo articolo 14-quinquies stabilisce che quanto previsto nei due articoli precedenti (14-ter e 14-quater) può essere applicato anche per il recupero dell'IVA connessa all'imposta sugli intrattenimenti. A tal fine l'AAMS comunica le risultanze dei controlli operati all'Agenzia delle entrate, alla quale sono attribuiti gli adempimenti legati al recupero dell'IVA.

 

Il comma 366 proroga fino al 31 dicembre 2007 la disciplina fiscale relativa al prelievo erariale e alla cauzione per i concessionari del gioco del Bingo, prevista fino al 31 dicembre 2005 dal comma 14 dell'articolo 8 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, modificato dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 200.

 

Si ricorda che l'articolo 5 del regolamento sul gioco del Bingo, recato dal decreto del Ministero delle finanze del 31 gennaio 2000, n. 29, prevede un "prelievo erariale", in misura pari al 20% del prezzo di vendita delle cartelle, da versarsi a cura del concessionario all'affidatario del controllo centralizzato che provvede al successivo riversamento alla Tesoreria provinciale dello Stato.

L'articolo 8 del decreto-legge n. 147, come modificato dalla legge di conversione, introduce un'agevolazione per i concessionari del Bingo stabilendo che il prelievo erariale sulle cartelle dovuto da questi ultimi può essere effettuato entro novanta giorni dal ritiro delle stesse cartelle, a condizione che siano corrisposti gli interessi per i giorni di dilazione e previa maggiorazione del 3 per cento della cauzione prevista. L'omesso o il ritardato pagamento di quanto dovuto comporta la decadenza automatica del beneficio concesso agli operatori del bingo che, in futuro, dovranno provvedere al pagamento anticipato del corrispondente prelievo erariale e compenso centralizzato del gioco. Chi non avesse adempiuto a tale obbligo inoltre si vedrà incamerare la cauzione prestata a garanzia del pagamento differito del prelievo erariale e dei relativi interessi.

 

Secondo la modifica proposta, tale disposizione non è tuttavia applicabile nei 365 giorni antecedenti la scadenza della convenzione di concessione.

 

Il comma 367, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, vieta agli affidatari delle concessioni per l’accettazione di scommesse, previste dal regolamento di cui al D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169, o dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, di esercitare l’attività mediante l'apertura di sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 del citato D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi), il Ministero dell’economia e delle finanze attribuisce, d'intesa con il Ministero per le politiche agricole, con gara da espletare secondo la normativa comunitaria, le concessioni per l'esercizio delle scommesse sulle corse dei cavalli, a totalizzatore e a quota fissa, a persone fisiche e società con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria, sulla base dei seguenti criteri:

a)       trasparenza dell'assetto proprietario ed efficienza della gestione dei singoli punti di accettazione delle scommesse;

b)       potenziamento della rete di raccolta ed accettazione delle scommesse; razionale e bilanciata distribuzione sul territorio secondo parametri programmati e controllabili;

c)       omogeneità ed equilibrio della remunerazione stabilita per le varie categorie di concessionari;

d)       eventuale previsione di scaglioni retributivi decrescenti che consentano maggiori ricavi iniziali per il concessionario in funzione dei costi di avviamento;

e)       garanzia della libertà di concorrenza e di mercato mediante la previsione di parametri volti ad impedire l'abuso di posizioni dominanti, determinati tenendo anche conto del numero delle concessioni attribuite a ciascuna persona fisica o società e del volume di scommesse raccoglibili da ciascun concessionario;

f)         previsione di modalità di controllo centralizzato ed in tempo reale delle scommesse e dei relativi flussi finanziari, anche mediante l'imposizione ai concessionari di obblighi di segnalazione all'Amministrazione finanziaria di scommesse anomale per entità economica e ripetizione del medesimo pronostico. I concessionari adottano per la gestione delle scommesse strumenti informatici conformi alle specifiche tecniche stabilite con decreto del Ministro delle finanze al fine di assicurarne la compatibilità con il sistema informativo dell'anagrafe tributaria;

g)       riserva, nel primo piano di potenziamento della rete di accettazione, di una quota pari al 5 per cento delle concessioni da attribuire con gara in favore di soggetti iscritti all'albo degli allibratori, che abbiano esercitato tale attività per un periodo non inferiore a dieci anni;

h)       durata di sei anni.

L’articolo 2 del citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 giugno 1998, n. 174 (Regolamento recante norme per l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore ed a quota fissa su competizioni sportive organizzate dal CONI) prevede che il CONI può attribuire, con gara da espletare secondo la normativa nazionale e comunitaria, le concessioni per l'esercizio delle scommesse sportive al totalizzatore nazionale e a quota fissa a persone fisiche, società ed altri enti con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria, sulla base dei seguenti criteri:

a)       trasparenza dell'assetto proprietario ed efficienza della gestione dei singoli punti di accettazione delle scommesse;

b)       potenziamento della rete di raccolta ed accettazione delle scommesse; razionale e bilanciata distribuzione sul territorio secondo parametri programmati e controllabili;

c)       omogeneità ed equilibrio della remunerazione stabilita per le varie categorie di concessionari;

d)       eventuale previsione di scaglioni retributivi decrescenti che consentano maggiori ricavi iniziali per il concessionario in funzione dei costi di avviamento;

e)       garanzia della libertà di concorrenza e di mercato mediante la previsione di parametri volti ad impedire l'abuso di posizioni dominanti, determinati tenendo anche conto del numero delle concessioni attribuite a ciascuna persona fisica, società o altri enti e del volume di scommesse raccoglibili da ciascun concessionario;

f)         previsione di modalità di controllo centralizzato ed in tempo reale delle scommesse e dei relativi flussi finanziari, anche mediante l'imposizione ai concessionari di obblighi di segnalazione all'amministrazione finanziaria di scommesse anomale per entità economica e ripetizione del medesimo pronostico. I concessionari adottano per la gestione delle scommesse strumenti informatici conformi alle specifiche tecniche stabilite con decreto del Ministero delle finanze;

g)       durata non inferiore a sei anni;

h)       l'accettazione delle scommesse avviene nei locali nei quali non si svolgono attività diverse dalla accettazione di scommesse.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Si rinvia alla scheda relativa ai commi 342-351.


Articolo 1, commi 368-369
(Disposizioni in materia di accisa sui tabacchi lavorati)

 


368. Il secondo comma dell'articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, e successive modificazioni, in materia di imposizione fiscale sui tabacchi lavorati, è sostituito dal seguente:

«Per le sigarette, le tabelle di cui al primo comma sono stabilite con riferimento alle sigarette della classe di prezzo più richiesta, determinate ogni tre mesi, secondo i dati rilevati al primo giorno di ciascun trimestre solare».

369. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e successive modificazioni, può essere aumentata l'aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare il mantenimento del gettito per l'anno 2006 e per gli anni successivi.


 

 

Il comma 368 dell’articolo 1, sostituendo il secondo comma dell’articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, stabilisce che la rilevazione delle sigarette della classe di prezzo più richiesta deve essere effettuata trimestralmente (il 1° gennaio, il 1° aprile, il 1° luglio e il 1° ottobre di ogni anno) anziché semestralmente[156](il 1° gennaio e il 1° luglio di ogni anno) come attualmente previsto. La rilevazione di tale classe di prezzo, che ha effetto sulla determinazione dell’imposta di consumo sulle sigarette, è contenuta nei decreti del Ministro delle finanze che fissano le tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita delle sigarette al pubblico[157].

 

Si ricorda che il meccanismo di determinazione dell’imposta di consumo sulle sigarette è disciplinato dall’articolo 6 della citata legge n. 76 del 1985. A tal fine si individua innanzitutto il c.d. importo di base (secondo comma dell’articolo 6), che corrisponde all’imposta di consumo sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta ed è determinato dall’applicazione dell’aliquota di base, attualmente fissata al 58,50%[158], al prezzo di vendita al pubblico delle sigarette appartenenti alla suddetta classe di prezzo. L’imposta sulle altre sigarette è costituita dalla somma dei seguenti due elementi (terzo comma dell’articolo 6):

un importo specifico fisso corrispondente al 5% della somma di:

-       importo di base,

-       ammontare dell’IVA sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta;

§       un importo risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico. Tale aliquota proporzionale corrisponde all’incidenza percentuale dell’importo di base, diminuito dell’importo specifico fisso, sul prezzo di vendita al pubblico delle sigarette della classe di prezzo più richiesta.

Con la modifica introdotta dal D.L. n. 24 del 2004[159], l’ammontare dell’imposta di consumo, dovuta per le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, è direttamente rapportato all’importo di base (come è già previsto per le sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta), mentre il sopra illustrato meccanismo di cui al terzo comma dell’articolo 6 della legge n. 76 del 1985 continua ad essere applicato solo alle sigarette vendute ad un prezzo superiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta.

Si segnala infine che, ai sensi del comma 2-bis del citato articolo 4 del D.L. n. 24 del 2004, l’importo di base non può comunque essere inferiore a 60 euro per 1.000 sigarette. A decorrere dal 1° luglio 2006, tale importo minimo è elevato a 64 euro.

 

Il comma 369 prevede la possibilità di aumentare, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi.

Nel determinare l' aumento dell'aliquota sarà necessario tenere conto anche dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, recante norme in tema di regime di imposizione fiscale sui prodotti oggetto di monopolio di Stato.

 

Il citato articolo 2 della legge n. 825 del 1965 prevede che l’inserimento di ciascun prodotto soggetto a monopolio fiscale nelle tariffe, contenute nelle diverse tabelle allegate alla stessa legge n. 825 del 1965, è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono stabiliti in conformità a quelli richiesti dai fabbricanti e dagli importatori. Le richieste per l’inserimento in tariffa presentate dagli interessati devono essere corredate, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto, da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti alla variazione proposta.

 

Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:

-       sigarette........................................ 58,50%;

-       sigari e sigaretti............................. 23%;

-       tabacco da fumo............................ 56%;

-       tabacco da masticare..................... 24,78%;

-       tabacco da fiuto............................. 24,78%.

 

Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dalla lettera a) del citato articolo 28, comma 1, del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.

Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.

In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[160]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.

Si ricorda inoltre che l’articolo 2, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha stabilito che i decreti con i quali può essere disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette, ai sensi dell’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modifiche e integrazioni, devono assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 15 ottobre 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 262 dell’8 novembre 2004), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58 per cento al 58,50 per cento.

Infine, l’articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) ha previsto che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avrebbe potuto essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 25 ottobre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 255 del 2 novembre 2005), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione del tabacco da fumo dal 54 per cento al 56 per cento.

 


Articolo 1, comma 370
(Co.co.co. enti vigilati del Ministero politiche agricole)

 

370. Per gli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, l'autorizzazione alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al comma 122 è estesa anche ad altre tipologie di contratti di lavoro autonomo, nel limite di autorizzazione alle spese delle medesime amministrazioni e nel rispetto dei vincoli statuiti dal citato comma 122.

 

 

Il comma 370, per la veritàformulato in maniera poco perspicua, estende agli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali l’autorizzazione alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al comma 122, prevedendo inoltre la possibilità di ricorrere ad “altre tipologie di lavoro autonomo”.

 

Si ricorda, in proposito, che tra gli enti vigilati del Ministero delle politiche agricole e forestali, rientrano i seguenti istituti sperimentali ed enti, ai sensi della Tabella A allegata al decreto 25 luglio 2000 del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio della programmazione economica (attualmente dell’economia e delle finanze) e del Ministro delle politiche agricole e forestali.

1)  Ente nazionale sementi elette (ENSE);

2)  Istituto sperimentale agronomica (ISA);

3)  Istituto sperimentale agrumicoltura;

4)  Istituto sperimentale assestamento forestale e alpicoltura;

5)  Istituto nazionale di economia agraria (INEA);

6)  Istituto sperimentale cerealicoltura;

7)  Istituto sperimentale floricoltura;

8)  Istituto sperimentale lattiero caseario;

9)  Istituto sperimentale meccanizzazione agricola;

10)     Istituto sperimentale nutrizione delle piante;

11)     Istituto sperimentale per l'enologia;

12)     Istituto sperimentale per la selvicoltura;

13)     Istituto sperimentale colture foraggere;

14)     Istituto sperimentale colture industriali;

15)     Istituto sperimentale elaiotecnica;

16)     Istituto sperimentale olivicoltura;

17)     Istituto sperimentale orticoltura;

18)     Istituto sperimentale per il tabacco;

20)     Istituto sperimentale zoologia agraria[161];

21)     Istituto sperimentale zootecnica;

22)     Istituto di patologia vegetale;

23)     Istituto sperimentale per la valorizzazione tecnologica dei prodotti agricoli;

24)     Istituto sperimentale studio e difesa del suolo;

25)     Istituto sperimentale viticultura;

26)     Istituto sperimentale frutticoltura.

 

Oltre a ciò, in data 20 febbraio 2002, il Ministero delle politiche agricole ha indicato, mediante comunicazione al Servizio Studi della Camera dei deputati, i seguenti enti (al riguardo, la richiamata comunicazione non ne ha specificato lo status di ente vigilato).

§       Ente irriguo umbro toscano (EIUT);

§       Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania;

§       Istituto nazionale di economia agraria (INEA);

§       Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN);

§       Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE);

§       Istituto di diritto agrario internazionale e comparato;

§       Centro per la formazione in economia e politica;

§       Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA);

§       Ente nazionale risi;

§       Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).

 

Sarebbe opportuno chiarire quali siano le ulteriori tipologie di lavoro autonomo.

Si pongono i seguenti vincoli:

-        “limite delle autorizzazioni alle spese delle medesime amministrazioni”;

-        “rispetto dei vincoli statuiti dal citato comma 122”.

 

Il primo dei vincoli su elencati sembra volto a prevedere che si possano stipulare contratti di lavoro autonomo solamente nei limiti degli stanziamenti di bilancio degli stessi enti.

 

Si osserva inoltre che non appare chiaro il rinvio ai “vincoli statuiti dal citato comma 122”.

Si ricorda che il comma 122 prevede che possano stipularsi, tra l’altro, contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento dei servizi per gli studenti.

 


Articolo 1, comma 371
(Documento unico di regolarità contributiva delle imprese)

 

371. Per accedere ai benefìci ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266.

 

 

Ai sensi del comma in esame, per accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari, le imprese sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 210/2002.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 210/02 reca disposizioni che traspongono sostanzialmente sul piano normativo i contenuti dell’avviso comune tra le parti sociali siglato il 24 luglio 2002, con lo scopo di favorire l’emersione dell’economia sommersa, anche attraverso modifiche ed integrazioni alla normativa vigente in materia di emersione progressiva, dettata dal capo I della legge 18 ottobre 2001, n. 383.

L’articolo 2, comma 1, prevede che le imprese le quali risultino affidatarie di un appalto pubblico siano tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, a pena di revoca dell'affidamento. Il comma 1-bis aggiunge che la certificazione di regolarità deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono sevizi ed attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico.

Il comma 2 del medesimo articolo 2 reca invece una misura di semplificazione procedurale, con la previsione della stipula di una convenzione da parte di INPS e INAIL ai fini del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva (d.u.r.c.).

 

In sostanza il comma in esame intende introdurre l’onere di certificare la regolarità contributiva, per le imprese di tutti i settori, al fine di beneficiare delle sovvenzioni comunitarie.

 


Articolo 1, commi 372-373
(Fondo per spese sostenute dalle famiglie per le esigenze degli studenti universitari)

 


372. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito, in via sperimentale, un Fondo per le spese sostenute dalle famiglie per le esigenze abitative degli studenti universitari la cui dotazione, per l'anno 2006, è fissata nel limite di 25 milioni di euro.

373. Le risorse assegnate al Fondo di cui al comma 372 sono successivamente ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che ne fissa i criteri e le modalità.


 

 

Il comma 372 istituisce, in via sperimentale, un Fondo per le spese sostenute dalle famiglie per le esigenze abitative degli studenti universitari. Tale misura si inserisce, secondo quanto emerge dalla relazione tecnica allegata all’emendamento del governo, nel quadro della realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie.

A tale scopo, per l’anno 2006 è destinata la somma di 25 milioni di euro nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 373 disciplina la procedura di ripartizione del Fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che viene demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che ne fissa i criteri e le modalità, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.

 

Con riferimento al diritto agli studi universitari, si segnalano i seguenti provvedimenti:

-          la legge 2 dicembre 1991, n. 390[162], ha istituito, all’articolo 16, comma 4 - ad integrazione delle disponibilità finanziarie destinate dalle regioni agli interventi per i prestiti agli studenti - per gli anni 1991 e 1992, presso il MIUR, un Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d'onore, ripartito fra le regioni che abbiano attivato le procedure per la concessione dei prestiti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro, sentita la Conferenza Stato-regioni. La legge 11 febbraio 1992, n. 147[163] ha poi prorogato gli interventi agli anni successivi[164];

-          la legge 14 novembre 2000, n. 338[165], all’articolo 1, comma 1, ha autorizzato la spesa di lire 60 miliardi (pari a circa 31 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002 per contribuire alla realizzazione di diverse tipologie di interventi, riguardanti immobili adibiti o da adibire ad alloggi o residenze per gli studenti universitari, da parte delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché di altri enti operanti nel settore del diritto allo studio. E’ inoltre previsto che a decorrere dal 2003 l'ammontare della spesa sia determinato dalla legge finanziaria.

-          la legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto, all'articolo 4, commi da 99 a 103, che agli studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi universitari possono essere concessi prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi (comma 99); che a tal fine viene istituito un fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari e che tale fondo può essere utilizzato anche per corrispondere contributi in conto interessi agli studenti privi di mezzi e agli studenti nelle stesse condizioni residenti nelle aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289[166] (comma 100)[167];

 

Si segnala l’opportunità di valutare la norma in esame alla luce della recente giurisprudenza costituzionale in tema di contributi statali a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale per competenza esclusiva o concorrente ai sensi del terzo e quarto comma dell’articolo 117 della Costituzione (vedi le sentenze nn. 320 e 423 del 2004 e n. 77 del 2005[168]).


Articolo 1, comma 374
(Istituzione Fondo nazionale per le comunità giovanili presso il Dipartimento politiche antidroga)

 


374. Al fine di prevenire fenomeni di disagio giovanile e di contrastare l'uso di sostanze stupefacenti favorendo la partecipazione dei giovani alla vita sociale, civile e culturale del Paese, anche mediante il sostegno a nuove realtà associative, è istituito presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri il «Fondo nazionale per le comunità giovanili». La dotazione finanziaria del Fondo per l'anno 2006 è fissata in 5 milioni di euro. Con decreto di natura non regolamentare adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, vengono determinati i criteri per l'accesso al Fondo nonché le modalità di presentazione delle istanze.


 

 

Il comma in esame, introdotto dal Senato, istituisce, presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il “Fondo nazionale per le politiche giovanili”, con uno stanziamento di 5 milioni di euro nel 2006.

Tale iniziativa è volta a contrastare e prevenire le situazioni di disagio giovanile ed il ricorso all’uso di sostanze stupefacenti.

Un apposito decreto di natura non regolamentare, adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, definirà i criteri e modalità per l’accesso al Fondo.

 

Si ricorda chel’articolo 3, commi 83-86, della legge finanziaria per il 2004[169] ha istituito presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, con compiti di prevenzione, monitoraggio e contrasto della diffusione delle dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope e da alcool, in collaborazione con le associazioni e le cooperative sociali[170] che operano nel settore[171]. Ad esso sono trasferite le risorse (finanziarie, strumentali ed umane) relative alle competenze in materia esercitate in passato dal Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali[172]. Il Dipartimento opera sulla base degli indirizzi del Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga[173].

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, comma 106, della legge finanziaria per il 2005[174] ha autorizzato l’ulteriore spesa di 6 milioni di euro annui dal 2005, per l’operatività del Dipartimento.

 


Articolo 1, comma 375
(Monitoraggio spese ambientali)

 


375. Per la raccolta ed elaborazione dei dati occorrenti al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale fruibili anche per mantenere aggiornata e confrontabile l'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, in conformità ai princìpi e criteri di cui all'articolo 1, comma 8, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, è disposta la prosecuzione delle attività già conven­zionalmente assicurate dall'Associazione nazionale dei comuni italiani a favore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le proprie finalità istituzionali. Con regolamento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità alla convenzione in essere, criteri e modalità di funzionamento per regolamentare la prosecuzione delle suddette attività. Per l'attuazione delle suddette finalità viene annualmente destinata, a valere sul capitolo 7090 «Fondo da ripartire per la difesa del suolo e tutela ambientale», una somma non inferiore all'1 per cento e non superiore al 2 per cento, calcolata sui fondi del predetto capitolo di spesa e determinata nel suo ammontare annuo con le modalità ed i criteri definiti con il predetto regolamento.


 

 

Il comma in esame, introdotto nel corso dell’iter al Senato, prevede che venga disposta la prosecuzione delle attività già convenzionalmente assicurate dall'Associazione dei Comuni italiani (ANCI) a favore del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, ai fini del monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale.

Si ricorda, infatti, che lo svolgimento di tali attività è stato già disciplinato attraverso la sottoscrizione, in data 24 luglio 2003, di un accordo quadro triennale tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e l’ANCI, per la realizzazione di una forma permanente di cooperazione in tema di politica ambientale. La convenzione, che ha previsto rilevazioni sullo stato dell'ambiente a livello locale, interventi tecnici ed il monitoraggio della spesa ambientale, riguarda sostanzialmente dieci settori di intervento: inquinamento dell'aria; inquinamento delle acque; inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso; tutela della "risorsa territorio"; sviluppo sostenibile; ciclo integrato dei rifiuti, recupero energetico e riduzione della produzione alla fonte; energia da fonti rinnovabili; modalità di ristoro del danno ambientale; parchi ed aree protette; finanziamenti. Il monitoraggio della spesa ambientale è previsto specificatamente dall’art. 6 dell’accordo, che dispone che ”il Ministero e l'ANCI si impegnano a monitorare la spesa ambientale dei Comuni sostenuta e finanziata dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni stessi ai fini di verificare l'efficacia delle azioni e degli interventi in campo ambientale dei vari livelli istituzionali”. L’accordo quadro, ai sensi dell’art. 9 dello stesso, avrà una durata di tre anni a decorrere dalla data della sottoscrizione (24 luglio 2003). Sul piano finanziario, l'accordo prevede un contributo annuale da parte del Ministero e dell'Anci rispettivamente di euro 50.000 che andrà ad aggiungersi alla spesa sostenuta dai Comuni, dalle Regioni e dalle Province. L’accordo, nelle dichiarazioni rilasciate dal Ministro dell’ambiente quando venne siglato, rappresentava l’avvio di “una collaborazione fattiva tra Governo centrale e il sistema dei Comuni italiani in un settore prioritario quale è l'ambiente. E' la prima volta che si instaura un rapporto organico e continuativo tra Ministero e Comuni e questo potrà servire ad avvicinare sempre più il tema dell'ambiente ai cittadini”[175].

La norma in esame dispone, inoltre, che la raccolta e l’elaborazione dei dati necessari al monitoraggio sarà finalizzata a mantenere aggiornata e confrontabile l’informazione ambientale ai sensi delle recenti disposizioni contenute negli artt. 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, nonché in conformità ai principi indicati nell’art. 1, comma 8, della legge 15 dicembre 2004, n. 308.

Si ricorda, sinteticamente, che il decreto legislativo n. 195 del 2005 che ha recentemente recepito la direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha previsto, all’art. 8, una serie di obblighi a carico dell’autorità pubblica in materia di diffusione informazione ambientale, da adempiersi attraverso l’uso delle tecnologie di telecomunicazione in informatica e delle tecnologie elettroniche disponibili e in particolare attraverso la creazione di banche dati elettroniche ed il successivo art. 9 ha assegnato all’APAT il compito di garantire la qualità dell’informazione ambientale.

Si ricorda, poi, che l’art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 ha previsto che i decreti delegati che il Governo dovrà emanare in attuazione della delega ambientale, dovranno conformarsi, nel rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali e del principio di sussidiarietà, ad una serie di princìpi e di criteri direttivi generali tra cui la previsione di misure che assicurino l'efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali.

Il comma in esame prevede, da ultimo, che un successivo decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, dovrà definire, in conformità alla convenzione già in essere, i criteri e le modalità per regolamentare la prosecuzione delle attività di raccolta ed elaborazioni dati necessari per il monitoraggio. Per l’attuazione di tali attività verrà destinata annualmente, a valere sul capitolo 7090 “Fondo da ripartire per la difesa del suolo e tutela ambientale”[176], una somma non inferiore all'un per cento e non superiore al due per cento di tale Fondo, il cui ammontare annuo dovrà essere determinato con il decreto previsto dal comma in esame.

Si fa presente che sul capitolo 7090, riportato nello stato di previsione del Ministero dell’Ambiente (Tab. n. 9) allegato al bilancio 2006, e recante gli stanziamenti di parte capitale (U.P.B. 1.2.3.6), insistono circa 511,4 milioni di euro in termini di competenza e di cassa. Pertanto la somma da destinare alle finalità previste dalla disposizione in esame dovrebbe essere compresa tra 5,1 e 10,2 milioni di euro.

Si segnala, infine, che analoga disposizione relativa alle modalità di regolamentazione della convenzione tra ANCI e Ministero dell’ambiente è contenuta nell’art. 55 dello schema di decreto legislativo recante il testo unico in materia ambientale, in corso di emanazione ai sensi della legge n. 305 del 2005.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

La Commissione ha presentato, il 24 ottobre 2003, un “pacchetto” di proposte legislative per l’adeguamento completo della normativa comunitaria alle disposizioni previste dalla Convenzione di Århus sull’accesso alle informazioni[177], la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata dalla Comunità europea nel 1998. Il pacchetto comprende:

§      una proposta di regolamento per l’applicazione alle istituzioni comunitarie delle disposizioni della Convenzione di Århus (COM(2003) 622);

§      una proposta di direttiva relativa all’accesso alla giustizia in materia ambientale (COM(2003) 624);

§      una proposta di decisione relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (COM(2003) 625).

La proposta di regolamento, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo il 31 marzo 2004 in prima lettura; il Consiglio ha adottato la posizione comune il 18 luglio 2005.. La proposta di direttiva è stata esaminata dal Parlamento europeo il 31 marzo 2004 in prima lettura, secondo la procedura di codecisione. La decisione è stata definitivamente adottata dal Consiglio, secondo la procedura di consultazione, il 17 febbraio 2005 (decisione 2005/370).

 

Il 23 luglio 2004 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità (INSPIRE) (COM(2004)175).

La proposta intende ottimizzare lo sfruttamento di dati già disponibili, imponendo la documentazione dei dati territoriali esistenti, la realizzazione di servizi per rendere più accessibili e interoperabili tali dati e affrontando gli ostacoli che ne limitano l’uso; verranno trattati in modo specifico i dati necessari per monitorare e migliorare lo stato dell’ambiente, in particolare l’aria, l’acqua, il suolo e il paesaggio naturale.

I principali beneficiari della proposta di direttiva saranno coloro che partecipano alla formulazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle politiche a livello europeo, nazionale e locale.

La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, dal Parlamento europeo il 7 giugno 2005. Il Consiglio ha raggiunto l’accordo sulla posizione comune il 24 giugno 2005.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione aveva inviato all’Italia un parere motivato (procedura 2005/353) per la mancata attuazione nell’ordinamento nazionale della direttiva 2003/4/CE, relativa all’accesso del pubblico all’informazione ambientale il cui termine di recepimento era scaduto il 14 febbraio 2005. In seguito all’adozione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva, la procedura risulta in via di archiviazione da parte della Commissione.

 


Articolo 1, comma 376
(Assunzioni effettuate da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste)

 


376. All'articolo 2 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l'assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 1o gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma».


 

 

Il comma in esamedisciplina la possibilità di ricorrere a rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato nel settore dei servizi postali.

 

In sostanza, si estende a tale settore quanto previsto dall’attuale articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 368 del 2001 con riferimento al settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali.

Si ricorda che tale articolo consente di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato alle aziende del trasporto aereo o esercenti i servizi aeroportuali, ai fini dello svolgimento di servizi operativi di terra, di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e alle merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale. Si prevede che tale percentuale possa essere aumentata per gli aeroporti minori, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro.

In ogni caso le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione da parte delle aziende delle richieste di assunzione in questione.

Pertanto l’articolo in esame prevede che le imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste possano stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale.

Si osserva che, dal punto di vista della formulazione, sarebbe opportuno sostituire le parole “Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche….” con le seguenti “E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato…”.

Si ricorda che il decreto legislativo n. 368 del 2001 è stato predisposto ai sensi degli artt. 1 e 2 e del relativo allegato B della L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000), che delegano il Governo al recepimento della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999. Quest'ultima, ha dato attuazione all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale CES, UNICE e CEEP.

In concreto, la disciplina proposta rende sotto molti aspetti più agevole il ricorso ai contratti a termine, al fine di rispondere alle esigenze di "flessibilità" nell'impiego della manodopera. In particolare l'articolo 1 definisce condizioni oggettive e requisiti di forma in presenza dei quali è consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato. La stipulazione dei contratti a termine è ammessa per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. La norma, integrandosi con l'espressa individuazione dei casi in cui il ricorso al lavoro a termine è vietato (articolo 3) e con la nuova disciplina dei limiti quantitativi di utilizzo (articolo 10, commi 7 e 8), delinea un cambiamento di impostazione che inverte la logica posta a base della normativa vigente (che vieta i contratti a termine, salvo nei casi espressamente ammessi). In sostanza - come sottolinea la relazione governativa -, si trasforma in regola quella che è stata finora un'eccezione (peraltro, in progressivo ampliamento). Pertanto, viene soppresso anche il principio secondo cui il rapporto di lavoro "si reputa" a tempo indeterminato, dando, come indicato ancora dalla relazione, parità di status giuridico alle due forme contrattuali.


Articolo 1, comma 377
(Emittenti radiofoniche locali)

 

377. All'articolo 145, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dopo le parole: «servizi radiotelevisivi» sono aggiunte le seguenti: «nonché alle singole emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni».

 

 

Il comma 377 – introdotto al Senato[178] - modifica il comma 19 dell’articolo 145 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000), estendendo anche alle emittenti radiofoniche locali la previsione - attualmente disposta in favore delle emittenti televisive locali - della erogazione di un acconto sui contributi, in caso di ritardi procedurali.

 

I contributi per l’emittenza locale sono stati introdotti dall’art. 45, co. 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento “collegato” alla manovra finanziaria 1999), che ha disposto uno stanziamento per il solo triennio 1999-2001 pari a 24 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000; 33 miliardi per l’anno 2001.

Successivamente, l’art. 27, co. 10, (sesto periodo) della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000) ha reso permanente lo stanziamento, destinando a tale finalità 40 miliardi di lire annue a decorrere dal 2000.

L’art. 145, co. 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha incrementato lo stanziamento da 40 a 82 miliardi annui a partire dal 2001.

Il comma 19 del medesimo articolo ha stabilito che l’erogazione delle somme alle emittenti locali avvenga entro il 30 settembre di ciascun anno e che - in caso di ritardi procedurali - alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dei comitati regionali per i servizi radiotelevisivi, venga erogato, entro il termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il medesimo comma ha stabilito altresì che il bando di concorso per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci - previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni[179] - sia emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno.

Con l’articolo 52, comma 18, della legge 448/2001 (legge finanziaria 2002) è stato incrementato lo stanziamento di 20 milioni di euro in ragione d’anno, a decorrere dal 2002. Si ricorda che l’articolo 52 citato ha ammesso a beneficiare del contributo previsto per le emittenti locali anche le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti alla data di entrata in vigore della legge, prevedendo, peraltro, che lo stanziamento complessivo a favore della radiofonia locale non possa superare il 10% del totale.

Con DM 1° ottobre 2002, n. 225 sono state definite le modalità e i criteri di attribuzione del contributo previsto per le emittenti radiofoniche locali. In particolare l’articolo 1 del decreto ha ammesso al beneficio le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti ossia in possesso dei requisiti prescritti che abbiano inoltrato al Ministero delle comunicazioni, nei termini previsti, la domanda di verifica del possesso dei requisiti alla data del 30 settembre 2001.

L'ammontare annuo dello stanziamento è attribuito per tre dodicesimi alle emittenti radiofoniche a carattere commerciale e per tre dodicesimi alle emittenti radiofoniche a carattere comunitario. I sei dodicesimi dello stanziamento annuo sono attribuiti sulla base di una graduatoria predisposta tenendo conto di una serie di condizioni e di elementi, in maniera proporzionale al punteggio ottenuto da ciascuna emittente. Quanto all’assegnazione dei contributi il decreto prevede che il Ministero delle comunicazioni li assegni su base nazionale nei limiti dello stanziamento annuo, in misura proporzionale al punteggio ottenuto. Il contributo deve essere erogato entro i sei mesi successivi alla presentazione della domanda per l'ottenimento dello stesso.

La domanda di richiesta dei contributi deve essere fatta dalle emittenti entro il 30 ottobre di ciascun anno a cui il contributo si riferisce.

 

L’articolo 80, comma 35 della legge 289/2002 ha incrementato il finanziamento annuale di ulteriori 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003, prevedendo - limitatamente all’anno 2003 – che l’incremento fosse pari a 10 milioni di euro in luogo di cinque.

L'articolo 4, comma 5, della legge 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto l’ulteriore incremento di 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004 del finanziamento annuale previsto dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dall'articolo 80, comma 35, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Per il solo anno 2004 il predetto finanziamento è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro.

Il successivo comma 190 ha disposto che le emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario possano beneficiare in misura paritaria per una quota pari al 10% dei contributi per le emittenti locali già riservati alle emittenti radiofoniche (cui a loro volta era stato riservato il 10% del plafond complessivo dei contributi per l’emittenza locale); a tali emittenti è quindi destinato l’1% del totale dei contributi stanziati per l’emittenza locale. Le emittenti comunitarie dovevano presentare la domanda per la concessione del beneficio entro il 31 gennaio 2004.

Il comma 213 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha previsto - allo scopo di promuovere il potenziamento e l'aggiornamento tecnologico nel settore della radiofonia - che a decorrere dall'anno 2005 la quota dell’1% dei contributi per l’emittenza locale, destinati dall'articolo 4, comma 190, della legge n. 350 del 2003 alle emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario, non possa essere inferiore a 1 milione di euro all'anno. A tal fine è autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2005.. Resta ferma la misura del 10% stabilita dal citato comma 190.

L'accesso ai contributi per le emittenti in questione è subordinato alla presentazione da parte dei soggetti interessati della relativa domanda entro il 31 gennaio di ciascun anno.

Il successivo comma 214 ha ulteriormente incrementato di 5 milioni di euro per il solo anno 2005 il finanziamento annuale a favore delle emittenti locali titolari di concessione.

 

Con riferimento all’emittenza locale, si fa presente che il disegno di legge finanziaria in esame prevede, tra l’altro, disposizioni concernenti il finanziamento delle Authorities - tra le quali rientra l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - attraverso i mercati di competenza (cfr. commi 49-52). Inoltre, si ricorda che il disegno di legge finanziaria originario aveva disposto una decurtazione ai benefici a favore delle emittenti locali pari a 29,17 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007 e pari a 28,54 milioni di euro per il 2008[180]: a seguito dell’approvazione al Senato dell’ emendamento 1.200 su cui il Governo ha posto la questione di fiducia, interamente sostitutivo degli articoli del disegno di legge finanziaria originario ed annessi elenchi 1, 2, 3 e 4, allegati 1 e 2, e tabelle A, B, C, D, E e F, la decurtazione suddetta è stata soppressa[181].

 

 

Legge 388/2000, articolo 145, comma 19 testo vigente

Legge 388/2000, articolo 145, comma 19 (come modificato dal comma 377 dell’art. 1 dell’AC 6177)

19. L'erogazione delle somme di cui al comma 10, sesto periodo, dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dal comma 18 del presente articolo, avviene entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di ritardi procedurali, alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dai comitati regionali per i servizi radio­televisivi, è erogato, entro il predetto termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il bando di concorso previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni, per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno. È abrogata la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del citato regolamento adottato con D.M. n. 378 del 1999, del Ministro delle comunicazioni.

 

19. L'erogazione delle somme di cui al comma 10, sesto periodo, dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dal comma 18 del presente articolo, avviene entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di ritardi procedurali, alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dai comitati regionali per i servizi radio­televisivi nonché alle singole emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni è erogato, entro il predetto termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il bando di concorso previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni, per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno. È abrogata la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del citato regolamento adottato con D.M. n. 378 del 1999, del Ministro delle comunicazioni.

 

 


Articolo 1, comma 378
(Rete di telecomunicazione GSM per sicurezza traffico ferroviario)

 


378. Il comma 3-bis dell'articolo 87 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, è sostituito dal seguente:

«3-bis. Al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di telecomunicazione GSM-R dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché al fine di contenere i costi di realizzazione della rete stessa, all'installazione sul sedime ferroviario ovvero in area immediatamente limitrofa dei relativi impianti ed apparati si procede con le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione». Le disposizioni del comma 3-bis del decreto legislativo n. 259 del 2003, come sostituito dal presente comma, si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, riguardanti sia le installazioni già realizzate, sia quelle in corso di realizzazione ovvero non ancora attivate, comunque avviati ai sensi della previgente normativa.


 

 

Il comma 378 modifica il comma 3-bis dell’articolo 87 del codice della comunicazioni elettroniche[182], prevedendo una semplificazione amministrativa della procedura di installazione della rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie.

 

L'art. 87 del codice del comunicazioni elettroniche disciplina i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, subordinandone l'installazione e la modifica delle caratteristiche di emissione ad una autorizzazione che deve essere rilasciata dagli enti locali, previo accertamento, da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, relativamente alle emissioni elettromagnetiche, stabiliti uniformemente a livello nazionale.

L’articolo 87 prevede, inoltre, una procedura abbreviata consistente in una semplice denuncia di inizio attività nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS o di altro genere, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20 watt.

Il comma 3-bis, nella formulazione vigente, subordina l’installazione della rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie alla procedura semplificata della denuncia di inizio attività sopra descritta, fermo restando - come già previsto in via generale dal codice stesso - il rispetto dei limiti di esposizione elettromagnetica, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità indicati. La rete di telecomunicazioni, finalizzata a garantire un maggiore livello di sicurezza e di affidabilità alla rete ferroviaria italiana, deve essere ad uso esclusivo interno della società RFI (Rete ferroviaria italiana Spa)[183], attualmente gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale[184].

 

La nuova formulazione del comma 3-bis prevede l’installazione degli impianti e degli apparati della rete di telecomunicazione GSM-R sul sedime ferroviario ovvero in area immediatamente limitrofa:

§      secondo le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario;

§      fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità alle esposizioni elettromagnetiche stabiliti dalla legge 36/2001, già richiamato in via generale dall’articolo 87, comma 1, del codice della comunicazioni elettroniche.

Si ricorda che legge n. 36 del 22 febbraio 2001, Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, oltre a dettare una disciplina unitaria, applicabile a tutte le fonti di inquinamento elettrico e magnetico, si è proposta di fissare - attraverso rinvii a specifici DPCM - nuovi limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità[185], nonché le tecniche di misurazione e di rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico (art. 4). A tale dettato normativo si è data recentemente attuazione attraverso l’emanazione del DPCM 8 luglio 2003 che ha provveduto a fissare i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz. In relazione alla fissazione dei limiti di esposizione, il DPCM fa quindi rinvio ai valori contenuti nella tabella 1 dell’allegato B dello stesso DPCM, per i valori di attenzione si rinvia alla tabella 2 dell’allegato B e, infine, per gli obiettivi di qualità il rinvio è alla tabella 3 dell’allegato B.

 

La disposizione illustrata risulta finalizzata ad “accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di comunicazione GSM-R dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché [a] contenere i costi di realizzazione della rete”

 

Il comma in esame precisa inoltre che la procedura indicata si applica anche ai procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore della disposizione e comunque avviati ai sensi della normativa attualmente vigente, riguardanti sia le installazioni già realizzate sia quelle in corso di realizzazione ovvero non ancora attivate.

Si ricorda che il tema del potenziamento della sicurezza in ambito ferroviario è da tempo all’attenzione della Unione europea, nonché della legislazione nazionale. In particolare si segnala che con il D.Lgs 188/2003 è stato recepito il “pacchetto ferroviario” costituito dalle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE, 2001/14/CE (cd. pacchetto “infrastruttura”), che ha ridefinito il quadro regolamentare del settore, sia al fine di una maggiore apertura del mercato alla concorrenza, sia al fine di garantire una maggiore sicurezza del trasporto ferroviario, secondo standard e criteri di controllo comuni in ambito europeo. Tra i numerosi contenuti, per quanto attiene al tema in esame, si ricordano in particolare la previsione della necessaria costituzione in ogni Stato membro di un organismo di regolazione (che può essere anche individuato nel Ministero, come è accaduto con il D.Lgs. di recepimento n. 188), con requisiti di indipendenza rispetto alle imprese ferroviarie, ai “richiedenti” ed al gestore dell’infrastruttura[186], la certificazione di sicurezza dell’impresa ferroviaria, che deve essere rilasciata da un organismo indipendente da enti o imprese che prestano servizi di trasporto ferroviario (con il D.Lgs. di recepimento n. 188, tale soggetto è stato individuato nel gestore dell’infrastruttura).

Il quadro regolamentare comunitario è peraltro ancora in evoluzione in considerazione dei successivi pacchetti ferroviari.

In particolare nel “secondo pacchetto ferroviario” figurano:

-                    la direttiva (2004/49/CE) relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie (il cui termine di recepimento da parte degli stati membri è stato fissato al 30 aprile 2006);

-                    Il regolamento n. 881/2004 relativo all’istituzione di un'Agenzia ferroviaria europea per la sicurezza.

Il terzo pacchetto ferroviario, volto a completare il quadro legislativo comunitario in materia, si richiama agli orientamenti fissati sul Libro bianco sulla politica dei trasporti e comprende:

-                    una comunicazione (COM (2004) 140) che traccia il quadro delle nuove azioni proposte dalla Commissione in merito;

-                    quattro proposte relative ad alcuni specifici settori di intervento[187]

 

D.Lgs. 259/2003 - Art. 87, co. 3-bis

(testo vigente)

D.Lgs. 259/2003 - Art. 87, co. 3-bis,

(come modificato dal comma 378 dell’articolo 1 dell’A.C. 6177)

3-bis. Ad uso esclusivo interno della Società Rete Ferroviaria Italiana (RFI) Spa ed al fine di garantire un maggiore livello di sicurezza e di affidabilità della rete ferro­viaria italiana, è sufficiente la denuncia di inizio attività di cui al comma 3 per l'istallazione, su aree ferroviarie, di una rete di telecomunicazioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di atten­zione e degli obiettivi di qualità indicati al comma 1

3-bis. Al fine di accelerare la realiz­zazione degli investimenti per il completamento della rete di teleco­municazione GSM-R dedicata esclusi­vamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché al fine di contenere i costi di realizzazione della rete stessa, all'installazione sul sedime ferroviario ovvero in area immedia­tamente limitrofa dei relativi impianti ed apparati si procede con le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di atten­zione e degli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provve­dimenti di attuazione


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Sistema ERTMS

Il 4 luglio 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione riguardante la realizzazione del sistema europeo di segnalamento ferroviario ERTMS (European Rail Traffic Mangement System) (COM(2005)298).

La Commissione attribuisce una grandissima importanza alla realizzazione del progetto ERTMS ai fini del rilancio del settore ferroviario nell’Unione europea in quanto l’esistenza, a livello comunitario, di oltre 20 sistemi diversi di segnalamento e controllo della velocità costituiscono un ostacolo per lo sviluppo del trasporto ferroviario europeo in termini di interoperabilità e di sicurezza.

Gli investimenti per dotare con il sistema ERTMS circa il 20% della rete transeuropea[188] e del materiale rotabile potrebbero ammontare a 5 miliardi di euro per il periodo 2007-2016. Per favorire la realizzazione di questo progetto la Commissione propone di finanziare almeno il 50% degli investimenti, compresi quelli relativi all’adattamento del materiale rotabile.

Per favorire l’attuazione coordinata dell’ERTMS la Commissione ha proposto, con un progetto di decisione del 20 luglio 2005[189] di nominare un coordinatore europeo che avrà i seguenti compiti:

-       sviluppare approcci metodologici adeguati al fine di individuare le necessità per l’applicazione dell’ERTMS sull’insieme dei corridoi ferroviari descritti nell’Allegato H delle Specifiche Tecniche d’Interoperabilità (STI) per il sistema ferroviario convenzionale;

-       effettuare la supervisione degli studi realizzati per ogni corridoio e la loro integrazione in un piano coerente dell’UE per il dispiegamento dell’ERTMS, tenendo conto sia delle necessità specifiche individuate nel protocollo di accordo (vedi nota n. 1), sia di quelle indicate dagli Stati membri nei loro piani nazionali per il dispiegamento dell’ERTMS;

-       contribuire allo sviluppo di una strategia coerente di attuazione del piano europeo, in particolare individuando i montaggi finanziari possibili e i rischi che possono riguardare la sua attuazione;

-       redigere, ogni 5 anni, una relazione sui progressi realizzati nell’attuazione del progetto, sui nuovi sviluppi, normativi o di altra natura, suscettibili di avere ripercussioni sulle caratteristiche dei progetti, e sugli ostacoli che possono provocare un ritardo consistente nella loro realizzazione;

-       consultare regolarmente gli Stati membri e gli attori interessati per individuare meglio tutti gli elementi relativi allo sviluppo dei corridoi ferroviari e dell’ERTMS, le possibilità di finanziamento degli investimenti giudicate necessarie e le modalità di accesso a tali finanziamenti.


Articolo 1, comma 379
(Bonifica aree industriali)

 

379. All'articolo 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, dopo la lettera p-terdecies), sono aggiunte le seguenti:

«p-quaterdecies) area industriale del comune di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1994, n. 679;

p-quinquiesdecies) aree di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 aprile 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 1995».

 

 

Il comma 379 inserisce tra i siti di interesse nazionale da bonificare che usufruiscono del finanziamento pubblico previsto dalla legge n. 426 del 1998 l’area industriale del comune di cui all’articolo 3 del D.P.R. 5 ottobre 1994, n. 679, cioè del comune di Milazzo e le aree di cui al D.P.C.M 14 aprile 1995, ovvero sia l'area del bacino idrografico del fiume Sarno, compresa nelle province di Avellino, Salerno e Napoli.

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997 ha previsto una disciplina molto articolata degli obblighi che gravano in capo ai soggetti che si rendano responsabili (anche senza colpa) dell’inquinamento di determinati siti. Uno degli obblighi previsti è relativo al finanziamento delle spese occorrenti a eliminare il danno prodotto

L’articolo 17 prevede peraltro che vi possa essere il concorso del finanziamento pubblico per quel che riguarda gli oneri connessi alle operazioni di bonifica.

In applicazione di tale disposto normativo la legge n. 426 del 1998 ha previsto lo stanziamento di somme in favore di interventi di bonifica riguardanti siti di interesse nazionale, rinviando a tal proposito all’elaborazione di un programma nazionale da adottare con apposito decreto, avente il compito di individuare tali siti. Tale programma è stato adottato con il decreto ministeriale 18 settembre 2001 n. 168.

Il comma 4 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 ha inoltre indicato una serie di aree da considerare di interesse nazionale e che beneficiano quindi di finanziamenti pubblici.

La disposizione in commento provvede quindi ad inserire tra i siti di interesse nazionale anche le aree sopra specificate.

Il comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 prevede che al fine di consentire il concorso pubblico nella realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ivi compresi aree e specchi d'acqua marittimi, lacuali, fluviali e lagunari in concessione, anche in caso di loro dismissioni, nei limiti e con i presupposti di cui all'articolo 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, nonché per gli impegni attuativi del protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 3 dicembre 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998, del piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e degli accordi e contratti di programma di cui all'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, sono autorizzati limiti di impegno ventennali di lire 27.000 milioni a decorrere dall'anno 1998, di lire 5.600 milioni a decorrere dall'anno 1999 e di lire 16.200 milioni a decorrere dall'anno 2000. Per le medesime finalità è altresì autorizzata la spesa di lire 130.000 milioni per l'anno 2000; per gli anni successivi, al finanziamento degli interventi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.

Il comma 2 dispone che alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1 possono concorrere le ulteriori risorse destinate dal CIPE al finanziamento di progetti di risanamento ambientale, nonché quelle attribuite al Ministero dell'ambiente in sede di riprogrammazione dei fondi disponibili nell'àmbito del quadro comunitario di sostegno 1994-1999.

Il comma 3 prevede che per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 e per la utilizzazione delle relative risorse finanziarie il Ministero dell'ambiente adotta, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse. Il programma tiene conto dei limiti di accettabilità, delle procedure di riferimento e dei criteri definiti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Con il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468, si è provveduto ad emanare il previsto Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, dopo aver acquisito l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed i previsti pareri da parte delle Commissioni competenti presso i due rami del Parlamento, espressi, questi ultimi, nelle sedute del 14 marzo 2001 (Camera dei Deputati) e 21 marzo 2001 (Senato della Repubblica).

 

L'articolo 2 del Decreto n. 468 ha definito quindi i contenuti del Programma nazionale individuando gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità ed il trasferimento delle relative risorse, le modalità di monitoraggio e di controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure di revoca dei finanziamenti con il relativo riutilizzo delle risorse resesi disponibili.

Nell'articolo 3 vengono infatti individuati come interventi di interesse nazionale, oltre quelli già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F), indicati tra quelli che le regioni ritengono prioritari e che possiedono requisiti tali da farli classificare come di interesse nazionale.

Ai sensi del successivo articolo 5, il contributo pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica ambientale, è ammesso sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che dei soggetti privati, ma escludendo comunque quei soggetti privati che risultino a qualsiasi titolo responsabili del danno ambientale.

Per quanto riguarda i criteri di finanziamento, l’articolo 6 dispone direttamente la ripartizione dei finanziamenti in fase di prima applicazione, attribuendo le risorse indicate nella tabella G alle varie regioni interessate.

L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono invece direttamente demandate alle regioni, nel rispetto di specifici criteri di erogazione.

Il monitoraggio ed il controllo sull’attuazione del programma nazionale e sulla conformità degli interventi stessi vengono affidati alle Regioni, con il contributo delle ARPA.

Infine sono previste disposizioni per la revoca dei finanziamenti e la loro riassegnazione.

 


Articolo 1, commi 380-383
(Vittime criminalità e terrorismo)

 


380. Al fine della progressiva estensione dei benefìci già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 381 e 382, è autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006.

381. Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:

a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;

b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;

c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

d) in operazioni di soccorso;

e) in attività di tutela della pubblica incolumità;

f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

382. Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 381 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

383. Con regolamento da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinati i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze, entro il limite massimo di spesa stabilito al comma 380, ai soggetti di cui ai commi 381 e 382 ovvero ai familiari superstiti.


 

 

I commi 380-383[190] disciplinano l’estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, anche alle vittime del dovere, comprendendo in questa definizione tutti i dipendenti pubblici.

 

A tal fine, il comma 380 reca l’autorizzazione alla spesa annua della cifra massima di 10 milioni di euro, a partire dal 2006, al fine appunto della “progressiva” estensione dei benefici di cui sopra a tutte le vittime del dovere, secondo alcune condizioni indicate nei commi seguenti.

 

Il comma 381 individua le categorie che devono essere considerate tra le vittime del dovere.

Innanzitutto, vengono indicati (attraverso il richiamo all’art. 3 della L. 466/1980[191]) i soggetti con i quali la normativa vigente normalmente identifica le vittime del dovere. Si tratta, infatti, di persone che per il loro tipo di attività lavorativa sono più esposti ai rischi nei confronti della propria incolumità: in primo luogo, dunque, le forze dell’ordine e i militari, ma anche i magistrati, vigili del fuoco ecc.

Inoltre, il comma in esame ricomprende tra le vittime del dovere tutti gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito una invalidità permanente a due condizioni: che il fatto avvenga in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto e che la causa dell’evento sia compresa in una delle seguenti:

-                    contrasto ad ogni tipo di criminalità (non solamente, dunque, di tipo organizzato e mafioso);

-        servizi di ordine pubblico;

-        vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

-        operazioni di soccorso;

-        attività di tutela della pubblica incolumità;

-        azioni avvenute “in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.

Si tratta, come appare evidente, di attività tipiche delle categorie sopra richiamate, e non appare agevole individuare quali altri dipendenti pubblici potrebbero essere interessati (tra questi potrebbe individuarsi il personale della Protezione civile). Tanto più che è previsto espressamente che la speciale elargizione dovuta alle vittime del dovere sia concessa a qualsiasi persona (non necessariamente dipendente pubblico) che, legalmente richiesta, presti assistenza alle forze di polizia (L. 466/1980, art. 4).

Tuttavia, l’inclusione di tutti i dipendenti pubblici (e quindi non solo degli appartenenti a determinate categorie a rischio) costituisce indubbiamente una novità nella disciplina vigente in materia.

 

Si ricorda che ai sensi della legislazione vigente sono definite vittime del dovere gli appartenenti alle forze dell’ordine (Arma dei carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Corpo degli agenti di custodia e Corpo forestale dello Stato) caduti in attività di servizio a causa di azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico, e più in generale in conseguenza di eventi connessi all’espletamento di funzioni di istituto e dipendenti da rischi specifici dovuti a operazioni di polizia preventiva, repressiva, o di soccorso (L. 629/1973, art. 1 e 3, co. 2). Assimilabili alle categorie sopra citate sono anche i magistrati, il personale civile dell’Amministrazione penitenziaria, i vigili del fuoco, i militari (in servizio di ordine pubblico o di soccorso) e i vigili urbani (L. 466/80, art. 3 e 4). Rientrano tra le vittime del dovere, come si è accennato, anche i privati cittadini che su richiesta prestano assistenza alle forze dell’ordine (L. 466/80, art. 4).

 

Il comma 382 reca una disposizione che equipara ai soggetti di cui al comma precedente anche le vittime di “missioni di qualunque natura”, sia in Italia che all’estero, che “per le particolari condizioni ambientali od operative”, non meglio specificate, siano riconosciute dipendenti da causa di servizio. Si tratta di una norma volta ad estendere i benefici per le vittime anche a personale presumibilmente non dipendente da pubbliche amministrazioni, dal momento che vengono definiti “equiparati” ad essi.

 

Il comma 383 fa rinvio, per quanto riguarda la definizione dei termini e delle modalità per la concessione dei benefici, ad un regolamento di esecuzione (ex art. 17, comma 1, della legge 400/1988[192]) da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento di esame (entro marzo 2006). Si tratta di un decreto del ministro dell’interno, adottato di concerto con il ministro della difesa e con il ministro dell’economia e delle finanze.

 

La legislazione in materia di provvidenze a favore delle vittime del dovere risulta oggi strettamente intrecciata con quella concernente le vittime del terrorismo e, più in generale, le vittime di azioni criminose.

Per un esame analitico della disciplina vigente si rinvia al paragrafo posto in calce alla scheda. In questa sede è opportuno rilevare le eventuali differenze di trattamento tra le due categorie che giustifichino l’intervento normativo in oggetto.

Effettivamente, l’ultimo atto normativo intervenuto in materia, la legge 206/2004, introduce alcune disposizioni dirette a beneficiare esclusivamente le vittime del terrorismo, come si evince dallo stesso titolo della legge: Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

Innanzitutto, la legge 206 porta a 200.000 euro la speciale elargizione una tantum, definita da provvedimenti precedenti, che costituisce uno (e per molto tempo l’unico) dei principali benefici per le vittime. Si tratta di una provvidenza, corrisposta in proporzione alla percentuale di invalidità, disciplinata da ultimo dall’articolo 1 della legge 302/1990, che la legge 206 ha modificato per quanto riguarda l’importo. Tale elargizione è dovuta oltre alle vittime del terrorismo, anche, ai sensi del citato art. 1 della legge 302 anche a chiunque subisca danni a causa di atti di eversione dell’ordine democratico e di delitti di mafia.

Una elargizione di pari importo, ma attribuita con differenti modalità, è prevista anche per le vittime del dovere ai sensi dell’art. 3 della legge 466/1980 (l’importo fissato a 100 milioni è stato elevato a 200.000 euro ad opera del DL 337/2003, art. 2).

Altre provvidenze, disciplinate dalla legge 206, non trovano riscontro tra i benefici per le vittime del dovere; tra le principali di esse si ricordano:

-                    la concessione, in aggiunta della speciale elargizione, di un assegno vitalizio, pari a 1.033 euro rivalutati automaticamente (art. 5, comma 3)[193];

-                    la maggiorazione dello stipendio finale ai fini pensionistici e di trattamento di fine rapporto (art. 2);

-                    l’aumento figurativo di 10 anni di versamenti contributivi per chi ha subito una invalidità al di sotto dell’80% (art. 3);

-                    l’equiparazione ai grandi invalidi di guerra e il diritto immediato alla pensione diretta per coloro che hanno subito una invalidità superiore all’80% (art. 4);

-                    l’assistenza psicologica a carico dello Stato (art. 6, co. 2);

-                    l’esenzione della partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica (art. 9).

 

Nella tabella che segue sono confrontati alcuni tipi di provvidenze in favore delle vittime del terrorismo e del dovere secondo la legislazione vigente.

Tipo di beneficio

Vittime del terrorismo

Vittime del dovere

Elargizione una tantum per invalidità

€ 200.000 (L. 206/2004 art. 5, L. 302/90 art. 1)

€ 200.000 (L. 466/80 art. 3, DL 337/2003 art. 2)

Elargizione una tantum ai superstiti

L 150 milioni (L. 302/90 art. 4)

€ 200.000 (L. 629/73 art. 3, DL 337/2003 art. 2)

Vitalizio

€ 1.033 mensili (L. 302/90 art. 5, co 3)

L 500.000 mensili (L. 407/98 art. 2, L. 388/2000, art. 82, co. 1)

Diritto al collocamento obbligatorio

Vittime e familiari (L. 407/98 art. 1, co. 2)

Familiari forze armate e polizia (L. 3/2003 art. 34)

 

La legislazione vigente

Basata inizialmente su una disposizione del R.D.L. 261/1921[194], che riguardava il corpo di polizia e i carabinieri, la disciplina generale in materia ha subìto nel tempo numerose integrazioni e modifiche[195] dirette soprattutto a:

-        adeguare la misura dell’elargizione una tantum che, almeno inizialmente, costituiva la principale provvidenza;

-        estendere le categorie ammesse a fruire dei benefici previsti dalla legge;

-        diversificare i tipi di provvidenze, affiancando alla elargizione una tantum la concessione di pensioni privilegiate, l’attribuzione del diritto all’assunzione obbligatoria e l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari;

-        ampliare le condizioni per la concessione dei benefici, sia per ciò che riguarda gli eventi considerati (morte, invalidità permanente) sia per ciò che riguarda le circostanze in cui l’evento si verifica.

-        La vigente disciplina di ordine generale fa principalmente capo alle seguenti leggi:

-        Legge 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche;

-        Legge 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-        Legge 23 novembre 1998, n. 407, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-        Legge 23 dicembre 2000, n. 388, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001);

-        Legge 3 agosto 2004, n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

 

Le leggi 302/1990 e 407/1998 sono state da ultimo modificate in alcuni punti dal D.L. 13/2003[196].

Il regolamento approvato con D.P.R. 510/2000[197] ha disciplinato in modo unitario e coordinato le modalità di attuazione delle leggi testé citate.

 

La legge 13 agosto 1980, n. 466 ha mirato ad una riorganizzazione della materia, prevedendo:

-        l’estensione della già prevista elargizione una tantum (aumentata a 100 milioni di lire) a nuove categorie di soggetti, in caso di morte o di grave invalidità: la misura interessa, oltre agli appartenenti alle Forze di polizia, i vigili del fuoco, i militari delle Forze armate, i vigili urbani, i magistrati ordinari, qualsiasi persona legalmente richiesta di prestare assistenza alle Forze di polizia, nonché tutti i cittadini italiani quando la morte o la grave invalidità consegua ad azioni terroristiche;

-        il diritto all’assunzione obbligatoria, secondo le disposizioni sul collocamento, al coniuge superstite ed ai figli dei soggetti appartenenti alle categorie destinatarie delle provvidenze, con precedenza su ogni altra categoria prevista dalle leggi vigenti;

-        l’ulteriore precisazione della definizione di “vittime del dovere”, comprendendo nelle circostanze legittimanti la corresponsione dei benefici – indicate nell’art. 1 della L. 629/1973 – anche gli eventi connessi all’espletamento delle funzioni di istituto, proprie delle categorie considerate, e, più specificamente, all’attività di soccorso ed alle operazioni di polizia preventiva e repressiva.

 

La legge 3 giugno 1981, n. 308 ha introdotto norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, feriti o caduti in servizio e dei loro superstiti.

Essa dispone la concessione della pensione privilegiata ordinaria nonché dei benefici, relativi anch’essi al trattamento pensionistico, previsti dagli articoli 15 e 16 della L. 9/1980[198], ai militari, di carriera o di leva, ed ai loro congiunti, che subiscano, per causa di servizio o durante il periodo di servizio, un evento dannoso che ne provochi la morte o che comporti una menomazione dell’integrità fisica ascrivibile ad una delle categorie di cui alla tabella A o alla tabella B, del testo unico sulle pensioni di guerra (L. 313/1968[199]).

Ai soggetti sopraindicati si applicano, inoltre, le norme sull’equo indennizzo, di cui alla L. 1094/1970[200].

Ai superstiti dei militari caduti nell’adempimento del dovere in servizio di ordine pubblico o di vigilanza ad infrastrutture civili e militari, ovvero in operazioni di soccorso, è corrisposta una speciale elargizione di 200.000 euro pari quella prevista per i superstiti delle vittime del dovere (tale importo è stato così fissato da ultimo con il D.L. 337/2003).

 

La legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, ha disposto:

§       l’elevazione fino a 150 milioni di lire delle elargizioni di cui alla L. 466/1980 citata;

§       un ampliamento delle categorie dei beneficiari, prevedendo la corresponsione di un’elargizione, anch’essa pari a 150 milioni, a chiunque[201] subisca un’invalidità permanente per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di vari accadimenti e, in particolare:

-        di atti di terrorismo o eversione dell’ordine democratico;

-        di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni mafiose;

-        di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi previsti dai punti precedenti;

-        di assistenza prestata ad ufficiali e agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, nel corso di operazioni di lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata;

§       la corresponsione della elargizione anche ai superstiti, compresi:

-        i componenti la famiglia della vittima;

-i soggetti non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della vittima negli ultimi tre anni precedenti l’evento;

-        i conviventi more uxorio;

§       l’introduzione della possibilità, per i beneficiari che abbiano riportato una invalidità pari ad almeno due terzi della capacità lavorativa e per i superstiti, di ottenere un assegno vitalizio, in luogo dell’elargizione in unica soluzione;

§       il diritto all’assunzione obbligatoria presso le pubbliche amministrazioni dei coniugi superstiti, figli e genitori dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi in misura non inferiore all’80% della capacità lavorativa (tale disposizione è stata poi abrogata dall’art. 22 della L. 68/1999);

§       l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari per ogni tipo di prestazione conseguente agli eventi che legittimano la corresponsione dei benefici[202].

 

È quindi intervenuta la legge 23 novembre 1998, n. 407, che – nel testo modificato dal citato D.L. 13/2003 – apporta, tra le altre, le seguenti innovazioni:

-        diritto al collocamento obbligatorio ai soggetti di cui all’art. 1 della L. 302/1990 (si tratta di coloro che hanno subito un’invalidità permanente a causa di atti di terrorismo) e ai superstiti dei deceduti;

-        corresponsione di un vitalizio, oltre alla elargizione una tantum, di 500 mila lire mensili a chiunque subisca un’invalidità permanente non inferiore a un quarto della capacità lavorativa e ai superstiti delle vittime;

-        attribuzione di due annualità della pensione di reversibilità ai congiunti degli invalidi di cui all’art. 1 della L. 302/1990, in caso di decesso di questi ultimi;

-        istituzione di borse di studio riservate agli invalidi di cui sopra e agli orfani e ai figli delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-        riliquidazione degli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione sulla base della rivalutazione operata dalla L. 302/1990, che, si ricorda, aveva elevato l’importo a 150 milioni di lire[203].

 

Un ulteriore assestamento di questa disciplina è stato operato dall’art. 82 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), che, tra l’altro:

-                    riliquida gli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione di cui alla citata L. 466/1980 ai “superstiti di atti di terrorismo”, colpiti da grave invalidità permanente, tenendo conto dell’aumento (a 150 milioni) disposto dalla successiva L. 302/1990. Precisa inoltre a quali familiari delle vittime di atti di terrorismo – e in quale ordine – spettino le provvidenze ex L. 302/1990 in assenza dei familiari più prossimi in grado;

-                    prevede che i benefìci previsti dalla L. 302/1990 e dalla L. 407/1998 si applichino a decorrere dal 1º gennaio 1967[204];

-                    introduce un principio di ordine generale, in base al quale per la concessione di benefici alle vittime della criminalità organizzata si applicano le norme vigenti in materia per le vittime del terrorismo, qualora più favorevoli;

-                    attraverso due modifiche alla L. 407/1998, tende ad equiparare, dal punto di vista dei benefici, le vittime della criminalità organizzata a quelle del terrorismo.

 

Ulteriori misure, specificamente rivolte ad ampliare la portata delle disposizioni vigenti in favore dei congiunti del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, sono state introdotte ad opera degli artt. 34 e 37 della L. 16 gennaio 2003, n. 3[205]. In particolare, viene esteso ai familiari del personale delle forze armate e delle forze di polizia caduti o feriti in attività operative il diritto al collocamento obbligatorio, già disposto per le vittime del terrorismo ai sensi della L. 407/98.

 

Il D.L. 28 novembre 2003, n. 337[206]ha introdotto specifiche provvidenze per le famiglie delle vittime civili italiane decedute in conseguenza degli attentati terroristici a Nassiriya e Istanbul[207] avvenuti nel novembre 2003, estendendo loro i benefici previsti, per analoghi eventi verificatisi sul territorio nazionale, dalle leggi 302/1990 e 407/1998, ovvero una speciale elargizione e un assegno vitalizio mensile, e ha reso possibile l’applicazione ai militari delle Forze armate e alle Forze di polizia[208], caduti o feriti a causa di eventi accaduti anche all’estero, dei benefici disposti dalle due leggi citate. In assenza di quest’ultimo provvedimento, le provvidenze previste dalle leggi citate non sarebbero risultate applicabili agli eventi di Nassiriya e di Istanbul, in quanto espressamente riferite ad eventi criminosi verificatisi nel territorio dello Stato.

Il provvedimento dispone inoltre l’esenzione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) dei benefici corrisposti ed eleva a 200.000 euro, per gli eventi successivi alla data del 1° gennaio 2003, le elargizioni dalle leggi 302/1990, 629/1973, 466/1980 e 308/1981.

 

In proposito è successivamente intervenuto il D.L. 20 gennaio 2004, n. 9, convertito dalla legge 12 marzo 2004, n. 68[209],il cui art. 1-bis estende ai familiari il diritto al collocamento obbligatorio e il beneficio delle borse di studio previsti dalla L. 407/1998.

 

La legge 3 agosto 2004, n. 206, infine, ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiute sul territorio nazionale o all’estero, e dei loro familiari superstiti. Tale legge si innesta sulla stratificata disciplina preesistente: l’art. 1 infatti prevede in via generale che, per quanto da legge stessa non espressamente previsto, si applicano le disposizioni contenute nelle leggi 302/1990 e 407/1998 e l’art. 82 della L. 388/2000. Le altre misure stabiliscono:

-        la ridefinizione a 200.000 euro dell’entità massima delle elargizioni, già disposte dalla normativa previgente, in favore di chiunque subisca una invalidità permanente (o dei familiari in caso di morte) a causa di atti di terrorismo;

-        la concessione, oltre all’elargizione, di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica;

-        la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base alla normativa preesistente, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale;

-        la prestazione, a carico dello Stato, dell’assistenza psicologica alle vittime e ai loro familiari;

-        alcuni benefici che incidono sui trattamenti pensionistici (aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione e il trattamento di fine rapporto; equiparazione, per le vittime che hanno subìto danni più gravi, ai grandi invalidi di guerra e riconoscimento del diritto immediato alla pensione diretta; adeguamento costante, al trattamento in godimento dei lavoratori in attività, delle pensioni delle vittime);

-        il diritto al patrocinio legale gratuito, a carico dello Stato, nei procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili per le vittime e i loro superstiti;

-        la garanzia di tempi certi per le procedure in sede amministrativa e giurisdizionale relative al riconoscimento e alla valutazione dell’invalidità e all’attribuzione di provvidenze alle vittime del terrorismo;

-        l’applicazione dei benefici della L. 206/2004 a decorrere dal 1° gennaio 1961, per gli eventi verificatisi in Italia, e dal 1° gennaio 2003, per quelli all’estero.


Articolo 1, comma 384
(Reti globali di monitoraggio climatico e ambientale)

 


384. Per assicurare la partecipazione alle reti globali di monitoraggio climatico e ambientale nell'ambito del programma promosso dall'Organizzazione delle Nazioni Unite «Atmospheric Brown Cloud» e «SHARE-Asia», anche ai fini delle ricadute sul sistema produttivo agricolo mondiale e del supporto ai progetti collegati per lo sviluppo sostenibile nelle regioni montane nel quadro del Partenariato internazionale delle Nazioni Unite, è assegnato al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) un contributo annuo di 1,8 milioni di euro per l'anno 2006. Il Comitato di cui al decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1182, assicura il collegamento e lo scambio di informazioni tra il CNR e il Ministero delle politiche agricole e forestali per quanto riguarda l'attuazione del programma SHARE-Asia.


 

 

Il comma 384 assegna al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) per il 2006 un contributo di 1,8 milioni di euro: il contributo è finalizzato alla partecipazione italiana alle reti globali di monitoraggio climatico e ambientale, e in particolare sia al Programma delle Nazioni Unite intitolato “Atmospheric Brown Cloud”, che al progetto SHARE-Asia. La partecipazione italiana avviene anche avendo riguardo alle ricadute dei progetti in questione sull’agricoltura mondiale e sullo sviluppo sostenibile nelle regioni montane del pianeta.

Per quanto concerne il solo programma SHARE-Asia, il Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il Governo italiano e la FAO, istituito con il Decreto Legislativo 7 maggio 1948, n. 1182, cura la connessione e lo scambio di informazioni tra il CNR e il Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

Il programma «SHARE-Asia» (Stations at High Altitude for Research on the Environment) è un progetto integrato di monitoraggio climatico, ambientale e geofisico. Esso è diretto a creare una rete di stazioni di monitoraggio, nella catena montuosa dell'Himalaya-Karakorum, per la determinazione di parametri meteo-climatici e di misure sulla chimica dell'atmosfera, che consentano di migliorare le conoscenze nel campo ambientale e delle scienze della terra nella regione, nonché di valutare l'impatto dell'uomo sulle varie componenti che caratterizzano gli ecosistemi e di comprendere le loro interazioni, al fine di identificare le attività di intervento nazionale ed internazionale più idonee.

Il progetto SHARE Asia, recentemente avviato dal Comitato Ev-K²-CNR ("Everest - K2 - CNR), include anche il Pyramid Meteo Network (PMN), una rete di monitoraggio climatico fondata dal Comitato nel 1990 e costituita da sei stazioni installate nel territorio del Sagarmatha (Nepal), e una stazione in Pakistan sul ghiacciaio di Baltoro.

 

Il Progetto Atmospheric Brown Cloud (ABC), promosso dall’UNEP (United Nations Environment Programme) si propone di analizzare l’impatto degli inquinanti nella troposfera delle regioni asiatiche sul sistema fisico climatico regionale e globale, sull’agricoltura, sul ciclo dell’acqua e sulla salute umana.

 

Il Consiglio nazionale delle ricerche è stato recentemente riordinato con D.Lgs 127/2003[210]; ai sensi di quest’ultimo Il C.N.R. ha personalità giuridica di diritto pubblico e gode di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa, patrimoniale e contabile.

Tra le finalità del CNR, per quanto qui interessa, oltre alla promozione della ricerca con obiettivi di eccellenza in ambito nazionale e internazionale- anche in collaborazione con università e soggetti pubblici o privati- figura la partecipazione a programmi internazionali di ricerca nell’ ambito del Piano triennale delle attività (previsto dall’art. 16 del D.Lgs.).

Con riguardo allo stanziamento disposto dal comma 384 in esame, si ricorda che tra le entrate del CNR (art. 17 del D.Dlgs), oltre ad una quota del fondo ordinario per il finanziamento degli enti pubblici di ricerca (di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[211]) e ad eventuali risorse a carico dei fondi previsti dal Programma nazionale della ricerca, figuranocontributi delle pubbliche amministrazioni, dell'unione europea o di altri organismi internazionali per l’esecuzione o partecipazione a programmi e progetti specifici;

 

Con il D.Lgs. 1182/1948 è stato costituito (art. 1) il Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il Governo italiano e la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), ed eventualmente con altri analoghi Istituti internazionali.

Compito del Comitato – che ha sede presso il Ministero delle politiche agricole e forestali – è quello del coordinamento fra i vari dicasteri ed enti interessati, nelle loro relazioni con gli Istituti predetti, nonché quello di esprimere pareri preventivi su provvedimenti ad esso sottoposti, che riguardino i settori dell’agricoltura e dell'alimentazione. Inoltre, al Comitato vanno in ogni caso inviati i provvedimenti su tali materie, pur se non soggetti al parere di esso, a scopo informativo e di studio. Il Comitato può anche (art. 5) nominare – senza oneri per il bilancio dello Stato – sottocomitati e commissioni e chiedere il parere di esperti su questioni particolari: in base a tale previsione, il 20 Dicembre 2001 il Comitato ha dato mandato al Segretario Generale di provvedere alla costituzione delle seguenti sei Commissioni:

-        Agricoltura e povertà nei paesi in via di sviluppo del Mediterraneo – Ipotesi di progetti integrati di sviluppo agricolo e forestale;

-        Sicurezza alimentare e accesso al cibo – Educazione e solidarietà;

-        Polo alimentare ONU Roma - Logistica ed organizzazione;

-        Ricerca scientifica per l'agricoltura e l'alimentazione nei paesi in via di sviluppo;

-        Promozione e diffusione delle finalità della FAO;

-        Elaborazione di proposte per un Codice di condotta internazionale sul diritto all'alimentazione.

Il Comitato (art. 2) è presieduto dal Ministro per l'agricoltura e le foreste[212], che ne ha altresì la legale rappresentanza, ed è composto (art. 3) da rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali, del Ministeri degli affari esteri, del Ministero dell'interno, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero delle attività produttive, del Ministero della sanità, dell'ICE, dell'ISTAT, dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria e dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione.

 


Articolo 1, comma 385
(Lavoratori marittimi esposti all’amianto)

 


385. Per i lavoratori marittimi assicurati presso l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), la sussistenza e la durata dell'esposizione all'amianto sono accertate e certificate dall'IPSEMA. Per i predetti lavoratori, restano valide le domande di certificazione già presentate all'INAIL, in ottemperanza al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 27 ottobre 2004, emanato in attuazione dell'articolo 47 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2004.


 

 

Il comma in esamedetta una disciplina particolare per quanto riguarda le competenze alla certificazione dell’esposizione all’amianto per i lavoratori marittimi assicurati presso l’IPSEMA.

L'IPSEMA, istituito con il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, emanato in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, per il riordino e la soppressione degli enti pubblici di previdenza e assistenza, ha unificato in un nuovo soggetto, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, le competenze in precedenza attribuite a tre distinte Casse: la Cassa marittima adriatica, la Cassa marittima tirrenica e la Cassa marittima meridionale.

L’IPSEMA è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; svolge compiti in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed eroga prestazioni previdenziali di malattia e maternità nel campo marittimo.

Si ricorda, infatti, che l’INAIL ha competenza esclusiva per quanto riguarda la gestione della tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, salvo alcune eccezioni (articolo 127 del D.P.R. 1124/1965):

-                    i dirigenti e gli impiegati tecnici ed amministrativi, di concetto e d’ordine, di aziende agricole e forestali, a cui provvede l’ENPAIA;

-                    i giornalisti, per i quali l’istituto assicuratore è l’INPGI;

-                    i detenuti addetti a lavori condotti direttamente dallo Stato;

-                    gli addetti alla navigazione marittima, alla pesca marittima e i radiotelegrafisti di bordo, che sono iscritti obbligatoriamente all’istituto di previdenza per il settore marittimo, IPSEMA.

Si prevede quindi che, per i lavoratori marittimi, la sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto siano accertate e certificate dall’IPSEMA e non più, come prevede la normativa vigente[213], dall’INAIL.

Si osserva che sarebbe opportuno, dopo le parole “presso l’IPSEMA”, aggiungere le seguenti “ai sensi dell’articolo 127, numero 1, del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124”, in modo da precisare che ci si riferisce a tutti i lavoratori marittimi indicati da tale disposizione (addetti alla navigazione marittima, alla pesca marittima e radiotelegrafisti di bordo).

 

Si prevede, inoltre, che restano valide le domande di certificazione già presentate all’INAIL, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia del 27 ottobre 2004, in attuazione dell’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003.

Si osserva, dal punto di vista formale, che non si tratta di decreto interministeriale, ma di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda che l’articolo 13, comma 8, della Legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, concede un beneficio previdenziale a determinate categoria di lavoratori (senza specificare se dipendenti pubblici o privati) che durante l’attività lavorativa siano stati esposti all’amianto. Il comma 8 prevedeva che l’intero periodo di esposizione all’amianto soggetto all’assicurazione presso l’INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, fosse moltiplicato per un coefficiente pari a 1,5 ai fini della prestazione pensionistica.

L’articolo 47 del decreto legge 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla Legge 326 del 2003, ha modificato in pejus la disciplina concernente i benefici previdenziali, riducendo la misura del coefficiente di moltiplicazione dei periodi contributivi a favore dei lavoratori esposti all’amianto da 1,5 a 1,25, con decorrenza dal 1° ottobre 2003.

Peraltro, lo stesso articolo, superando la preclusione presente nella previgente disciplina, estende ai lavoratori non coperti da assicurazione gestita dall’INAIL il beneficio consistente nella rivalutazione a fini pensionistici del periodo di esposizione all’amianto.

Il nuovo coefficiente inoltre deve applicarsi, con la medesima decorrenza, soltanto per la determinazione della misura del trattamento previdenziale e non anche per la maturazione dei requisiti di accesso alla pensione (i cosiddetti requisiti minimi contributivi).

Era previsto che le nuove misure si applicassero anche ai lavoratori a cui fossero state rilasciate le certificazioni dall'INAIL relative all'esposizione all'amianto sulla base degli atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali prima dell'entrata in vigore del decreto legge 269, ovvero prima del 1° ottobre 2003[214].

Inoltre il beneficio viene riconosciuto solo in favore dei lavoratori che siano stati esposti (per un periodo superiore a 10 anni) all'amianto "in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno". Resta fermo che tali limiti non concernono i soggetti per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto, secondo quanto previsto dal testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al DPR 30 giugno 1965, n. 1124.

La sussistenza dell'esposizione all'amianto e la sua durata devono essere accertate e certificate dall'INAIL.

Successivamente, l’articolo 3, comma 132, della Legge 350/2003 (Legge finanziaria 2004), ha previsto una deroga alle disposizioni dell’art. 47 del D.L. 269/2003; conseguentemente le disposizioni previgenti al decreto legge 269 vengono ripristinate solo in favore dei lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, alternativamente,:

-                    abbiano già ottenuto il riconoscimento, in sede giudiziaria o amministrativa, del beneficio previdenziale in oggetto;

-                    abbiano già presentato domanda all’INAIL per il rilascio del certificato attestante lo svolgimento di attività lavorative con esposizione ultradecennale all’amianto;

-                    abbiano già maturato il diritto alla pensione anche con contributi riconosciuti per lavorazioni esposte all’amianto[215];

-        abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento;

-        siano percettori di trattamenti di mobilità.

In questi casi la misura del coefficiente di moltiplicazione per il periodo di esposizione all’amianto è ancora pari a 1,5 e vale sia per il raggiungimento del diritto sia per la determinazione della misura della pensione.

 

Le modalità di attuazione delle disposizioni recate dal decreto legge 269 sono state stabilite con il D.M. 27 ottobre 2004 che ha previsto una disciplina a doppio binario, distinguendo tra i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi nonsoggetti all’assicurazione obbligatoria gestita dall’INAIL e quelli che, invece, sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi soggetti all’assicurazione INAIL e che hanno maturato, sempre alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali[216] (articolo 1).

Per i lavoratori non soggetti all’assicurazione INAIL si applica il disposto dell’art. 47 del citato D.L. n. 269/2003 e, pertanto, la maggiorazione di un anno di contribuzione si verifica ogni quattro anni di contribuzione anziché ogni due (coefficiente pari a 1,25 anziché 1,50: articolo 2).

Ai sensi dell’articolo 3, l’esistenza e la durata dell’esposizione devono essere accertate e certificate dall’INAIL. La domanda di certificazione di esposizione all’amianto doveva esser presentata all’INAIL entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto (quindi entro il 15 giugno 2005), a pena di decadenza dai benefici pensionistici[217].

Il decreto ministeriale precisa infine (articolo 4) che l’anzianità complessiva utile ai fini pensionistici, conseguita con l’attribuzione dei benefici previdenziali derivanti dall’esposizione all’amianto, non può comunque risultare superiore a 40 anni, ovvero al limite massimo stabilito dai regimi pensionistici di appartenenza (qualora sia inferiore a 40 anni).

 

Sarebbe opportuno precisare che anche per l’accertamento e la certificazione da parte dell’IPSEMA valgono le disposizioni procedurali di cui all’articolo 3 del su citato D.M. 27 ottobre 2004, ora riferite all’INAIL.

Si ricorda, in particolare, che l’articolo 3 di tale decreto prevede che l’avvio del procedimento di accertamento dell’INAIL è subordinato alla presentazione, da parte del lavoratore interessato, del curriculum lavorativo, rilasciato dal datore di lavoro, dal quale risulti l’adibizione, in modo diretto ed abituale, ad una delle attività lavorative comportanti l’esposizione all’amianto (comma 3).

Inoltre, ai fini dell’accertamento dell’esposizione all’amianto, il datore di lavoro è tenuto

A fornire all’INAIL tutte le notizie e i documenti utili richiesti dall’istituto.

Nel corso dell'accertamento, l'INAIL esegue i sopralluoghi ed effettua gli incontri tecnici che ritiene necessari per l'acquisizione di elementi di valutazione, ivi compresi quelli con i rappresentanti dell'azienda e con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'azienda stessa (comma 6).

Per lo svolgimento dei suoi compiti, l'INAIL si avvale dei dati delle indagini mirate di igiene industriale, di quelli della letteratura scientifica, delle informazioni tecniche, ricavabili da situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonché di ogni altra documentazione e conoscenza utile a formulare un giudizio sull'esposizione all'amianto fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza (comma 7).

La certificazione della sussistenza e della durata dell'esposizione all'amianto deve essere rilasciata dall'INAIL entro un anno dalla conclusione dell'accertamento tecnico (comma 8).

 


Articolo 1, comma 386
(All-digital Sardegna e Valle d’Aosta)

 


386. Per l'anno 2006 nei confronti degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital Sardegna e Valle d'Aosta e di quattro ulteriori aree all digital da individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni nonché degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle medesime aree attraverso il pagamento dell'imposta comunale sugli immobili, in regola per l'anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che non abbiano beneficiato del contributo previsto dall'articolo 4, comma 1, legge 24 dicembre 2003, n. 350, e dall'articolo 1, comma 211, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che acquistino o noleggino un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, i segnali televisivi in tecnica digitale, è riconosciuto un contributo pari a 90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1o al 31 dicembre 2005 e di 70 euro per quelli effettuati dal 1o gennaio 2006. Il contributo è riconosciuto a condizione che sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro e che siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 18 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), nonché a condizione che il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni. Ai titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a disposizione del pubblico. La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.


 

 

Il comma in esame riconosce un contributo in caso di acquisto o noleggio di un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale.

 

Il contributo è previsto:

§      per l’anno 2006;

§      nei confronti :

-       degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital Sardegna e Valle d'Aosta.

Il 16 aprile 2005 sono stati sottoscritti. – al fine della definitiva transizione alla televisione digitale terrestre (switch-off) nel territorio delle regioni autonome Valle d'Aosta e Sardegna - protocolli d’intesa dal Ministero delle comunicazioni, dalle predette regioni e dall'Associazione DGTVi, con cui le parti si sono impegnate a mettere in atto tutte le attività necessarie per rendere possibile entro il 31 gennaio 2006 la transizione al digitale terrestre nelle aree principali delle due regioni;

-       degli abbonati al servizio di radiodiffusione di quattro ulteriori aree all digitalda individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni;

-       degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle aree suddette attraverso il pagamento dell'imposta comunale sugli immobili.

I soggetti sopra elencati devono :

§       essere in regola per l'anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento;

§      non aver beneficiato del contributo previsto dall'articolo 4, comma 1, legge 350/2003 (legge finanziaria 2004), e dall'articolo 1, comma 211, della legge 311/2004 (legge finanziaria 20059.

Il comma 1 dell’articolo 4 della legge 350/2003 prevede, per l’anno 2004, un contributo statale pari a 150 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio radiodiffusione, in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che acquisti o noleggi un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Il limite di spesa per tali incentivi è fissato in 110 milioni di euro. La ricezione del segnale televisivo deve avvenire in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore dei contenuti, e lo standard per le trasmissioni digitali può essere anche quello via cavo (C-DVB), oltre a quello via terra (si intende, via etere). Per la determinazione dei criteri e delle modalità di attribuzione del contributo statale è poi intervenuto, sulla base del medesimo articolo 4 (comma 4), il D.M. 30 dicembre 2003[218]

Il comma 211 dell’articolo 1 della legge 311/2004 rifinanzia l’ intervento già previsto dalla legge finanziaria 2004 prevedendo, per l’anno 2005, un contributo statale pari a 70 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio di radiodiffusione che acquisti o noleggi un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Il contributo è corrisposto a condizione che l’utente sia in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del relativo canone di abbonamento. La misura si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1° dicembre 2004. Per le procedure di assegnazione dei contributi la disposizione rinvia a quanto stabilito, relativamente all’anno 2004, dagli articoli 1, 2, 3 e 7 del decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003, in quanto compatibili. Il limite di spesa per tali incentivi è fissato in 110 milioni di euro.

Il decreto ministeriale 1° settembre 2005 - al fine di favorire la definitiva transizione delle trasmissioni televisive su frequenze terrestri dalla tecnologia analogica a quella digitale entro il 31 gennaio 2006 nelle principali aree territoriali, omogenee dal punto di vista dei bacini, delle regioni autonome della Valle d'Aosta e della Sardegna – ha riservato una quota pari a 14 milioni di euro, ovvero alla minor somma residua rispetto allo stanziamento iniziale di cui all'art. 1, comma 211, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in relazione alle erogazioni effettuate alla data del decreto, contributi per l'acquisto o noleggio, anche con possibilità finale di acquisto, di apparecchi idonei a consentire la ricezione in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (T-DVB/C-DVB) e la conseguente interattività in favore di abbonati al servizio di radiodiffusione delle regioni Sardegna e Valle d'Aosta, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso.

Il decreto ministeriale 2 settembre 2005 ha poi riconosciuto agli abbonati al servizio di radiodiffusione televisiva, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso, delle regioni autonome della Sardegna e della Valle d'Aosta, un contributo di 20 euro per l'acquisto od il noleggio di un apparecchio idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale e una elevata interattività da remoto. Alla erogazione del contributo suddetto si è provvede attingendo, entro il limite di 6 milioni di euro, alle disponibilità del Fondo - istituito con il comma 250 dell'art. 1 della legge finanziaria 2005, per l’anno 2005, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni - per la promozione e la realizzazione di aree all digital e servizi di T-Government sulla piattaforma della televisione digitale terrestre, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro.

 

L’ammontare del contributo è pari a:

§      90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1° al 31 dicembre 2005;

§      70 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1° gennaio 2006.

 

Il contributo è riconosciuto a condizione che:

§      sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro;

§      siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 18 della direttiva 2002/21/CE[219]

L’articolo 18 richiamato prevede che, al fine di assicurare il libero flusso di informazioni, il pluralismo dei mezzi d'informazione e la diversità culturale, gli Stati membri incoraggiano:

a)       i fornitori dei servizi di televisione digitale interattiva da rendere disponibile al pubblico nella Comunità su piattaforme di televisione digitale interattiva, a prescindere dalle modalità di trasmissione, a usare un'API aperta;

b)       i fornitori di tutte le apparecchiature digitali televisive avanzate destinate a ricevere i servizi di televisione digitale interattiva su piattaforme di televisione digitale interattiva, a rispettare l'API aperta in conformità con: requisiti minimi dei relativi standard o specifiche.

§      il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni.

 

Per i titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a disposizione del pubblico.

 

La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.

 

Si segnala che la disposizione non esame non prevede alcunché circa la determinazione delle modalità di attribuzione del contributo statale ivi previsto.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

La promozione della televisione digitale costituisce uno dei settori di intervento previsti dalla strategia di Lisbona in quanto è considerata uno strumento efficace ai fini dell’accesso generalizzato a tutti i cittadini ai nuovi servizi e applicazioni della società dell’informazione.

Sulla strategia di Lisbona vedi scheda relativa ai commi 255-258.

Il 24 maggio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione concernente l’accelerazione della migrazione dalla radiodiffusione televisiva in tecnica analogica a quella digitale (COM(2005)204).

Il documento è stato trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio.

 


Articolo 1, comma 387
(Contributo imprese editrici)

 


387. Nei casi di cui all'articolo 3, comma 11-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 250, qualora siano presentate più domande, tutte le imprese editrici interessate decadono dal diritto di accedere ai contributi. I costi ammissibili per il calcolo dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, all'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all'articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, non possono aumentare su base annua di una percentuale superiore a quella del tasso programmato di inflazione per l'anno di riferimento dei contributi.


 

 

Il comma 387 modifica, al primo periodo, la disciplina della non cumulabilità dei contributi alle imprese editrici previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250[220], stabilendo che qualora siano presentate più domande da parte di imprese tra loro collegate, tutte le imprese interessate decadano dal diritto di accedere ai contributi.

Si segnala che i commi 320-331 del provvedimento in esame recano una serie di disposizioni che vanno ad incidere sulla normativa in materia di provvidenze all’editoria, prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

 

L’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, in parte sostituito dall'articolo 18 della legge n. 62 del 2001, disciplina i contributi diretti previsti per le testate edite da cooperative giornalistiche e di altre specifiche categorie di imprese editoriali (quali imprese editrici di quotidiani ove la maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro, o che editino giornali in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero nonché imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche). Ai fini dell’accesso ai contributi la disposizione, in particolare, richiede, oltre a requisiti di trasparenza e diffusione, che i proventi pubblicitari non superino una certa percentuale dei costi. I contributi sono di due tipi: fissi e variabili. Per entrambi è stabilito un limite massimo definito in termini percentuali rispetto ai costi complessivi. Fermo restando questo elemento comune, i primi sono erogati a prescindere dalla tiratura; i secondi sono invece rapportati alla tiratura[221].

In particolare, per quanto qui interessa, il comma 11-ter ha previsto che i contributi siano concessi a condizione che non fruiscono dei medesimi contributi imprese collegate con l'impresa richiedente, o controllate da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano.

 

Si segnala - con riferimento al coordinamento con la normativa vigente - l’opportunità che la norma in esame modifichi il comma 11-ter della legge n. 250/90.

 

Il secondo periodo del comma 387 prevede, inoltre, che i costi ammissibili per il calcolo del contributo previsto dalla citata legge n. 250 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[222]- riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - non possano aumentare su base annua di una percentuale superiore a quella del tasso programmato di inflazione per l’anno di riferimento dei contributi.

 

Si ricorda che il comma 327 del provvedimento in esame prevede la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalle medesime leggi per le imprese che non trasmettano l'intera documentazione entro un anno dalla relativa richiesta.

 

L’articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali;

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993[223].

 

In linea generale, si segnala l’opportunità di spostare il comma in esame prima del comma 327, al fine di unificare tutti gli interventi in materia di editoria.


Articolo 1, comma 388
(Fondi speciali)

 


388. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all'articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall'articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2006-2008, restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il Fondo speciale destinato alle spese correnti e per il Fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.


 

 

Il comma 388 stabilisce l’entità dei fondi speciali. I fondi speciali sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

La disciplina di questo istituto è contenuta nell'articolo 11-bis della legge n. 468/1978. Il comma 1 dell'articolo 11-bis stabilisce che la legge finanziaria deve indicare distintamente per la parte corrente (Tabella A) e per quella in conto capitale (Tabella B) le somme destinate alla copertura dei progetti di legge, ripartiti per ministeri.

 

In sede di relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria sono indicare le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante.

Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

 

L’articolo 11 bis, comma 2, della legge n. 468/1978 prevede anche la possibilità di inserire nelle tabelle A e B accantonamenti di segno negativo, relativi a provvedimenti di minore spesa o di maggiore entrate da approvare in corso d’anno. Gli accantonamenti negativi sono collegati (mediante lettere alfabetiche) agli accantonamenti positivi alla cui copertura sono preordinati.

 

La disciplina dei fondi speciali prevede, infine, che le quote relative a spese correnti non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio. Gli accantonamenti relativi a spese in conto capitale possono essere utilizzati anche nell’anno successivo (“slittamento”) se il provvedimento in questione è stato approvato da almeno una delle due Camere.

Per particolari tipologie di spese (spese corrispondenti ad obblighi internazionali, obbligazioni contrattuali o provvedimenti relativi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed al trattamento economico e normativo dei dipendenti di pubbliche amministrazioni non compresi nel regime contrattuale) lo slittamento è consentito purché il provvedimento risulti presentato alle Camere entro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno successivo.

 

Nel disegno di legge finanziaria per il 2006 gli importi della Tabella A ammontavano, nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) complessivamente a 452,5 milioni per il 2006, a 489,5 milioni per il 2007 e a 505,4 milioni per il 2008.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame al Senato, gli importi della Tabella A sono stati rideterminati in 526,535 milioni di euro per il 2006, in 436,526 milioni di euro per il 2007 e in 449,422 milioni di euro per il 2008.

 

Nel prospetto successivo sono riportati gli importi complessivi della Tabella A come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria per il 2006 presentato dal Governo (A.S. 3613), e nel testo approvato dal Senato (A.C. 6177). Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 

 


Tabella A (migliaia di euro)

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

137.536

184.527

180.423

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

452.535

458.526

505.422

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 3613-A)

452.535

489.526

475.422

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

526.535

463.526

449.422

 

Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge finanziaria per il 2006 prevedeva nel testo iniziale (A.S. 3613) accantonamenti pari a 474 milioni per il 2006, a 385 milioni per il 2007 e a 356 milioni per il 2008.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, gli importi della Tabella B sono stati rideterminati in 496,6 milioni di euro per il 2006, in 490 milioni di euro per il 2007 e in 251milioni di euro per il 2008.

 


Anche per la Tabella B vengono di seguito riportati gli importi complessivi come indicati nelle fasi dell’esame parlamentare. Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 

Tabella B (migliaia di euro)

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

423.959

385.044

356.044

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

473.959

385.044

356.044

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 3613-A)

503.959

385.044

251.044

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

496.559

490.044

251.044

 

 

Nei seguenti progetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.

 

 

TABELLA A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE

(migliaia di euro)

 

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

3.437

6.847

3.247

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

13.437

36.847

53.247

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3613-A)

13.437

36.847

23.247

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

3.437

26.847

13.247

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le modifiche all’articolo 288 del codice di procedura civile, per la disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante e di morte inaspettata del feto, per disposizioni in materia di cambiali finanziarie, per le pensioni FF.SS., per misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane, inserite nella lista del patrimonio mondiale poste sotto la tutela dell’UNESCO, per norme per la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche, per le misure di natura patrimoniale per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo internazionale e l’attività dei paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, per l’abbandono del recupero delle prestazioni pensionistiche indebite, per le modifiche al regime di cumulo tra pensione di inabilità assegno ordinario di invalidità e rendita INAIL, per i profughi Giuliano-Dalmati e per interenti vari.


MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

9.570

31.950

31.950

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

9.570

31.950

31.950

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

109.570

31.950

31.950

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è finalizzato agli incentivi all’occupazione, a misure di sostegno dell’occupazione e di assunzioni a tempo indeterminato, a contributi in favore dei minorati della vista, alla disciplina previdenziale per gli spedizionieri doganali, per l’abbandono del recupero delle prestazioni pensionistiche indebite, per i principi in materia di governo del territorio.

 

 

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

31.228

39.859

39.859

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

31.228

39.859

39.859

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

25.228

33.859

33.859

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato per far fronte agli oneri derivanti dalla programmata ratifica ed applicazione di accordi internazionali.

 

 

 

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

3.859

9.859

9.859

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

3.859

9.859

9.859

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le disposizioni in materia di società e associazioni sportive dilettantistiche, per l’istituzione del profilo di docente presso la scuola di lingue estere dell’esercito e per un contributo all’Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili.

 

 


MINISTERO DELL'INTERNO

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

-

5.000

5.000

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

40.000

15.000

15.000

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

30.000

5.000

5.000

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le modifiche alla legge n. 752/1985 in materia di coltivazione e commercio dei tartufi, per le vittime del dovere e per lo scrutinio elettronico.

 

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

710

986

2.482

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

710

986

2.482

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato alla ratifica ed esecuzione della convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici e pesticidi, all’istituzione del Parco Nazionale del subappennino Dauno.

 

MINISTERO DELLA DIFESA

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

417

417

417

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

417

417

417

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per l’istituzione del profilo di docente della scuola di lingue estere dell’esercito nell’ambito delle dotazioni organiche del personale civile del Ministero della difesa, nonché per la revisione delle leggi penali militari di pace di guerra e per l’adeguamento dell’ordinamento giuridico.

 

MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

10.568

11.600

9.600

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

10.568

11.600

9.600

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario, per la valorizzazione dei territori montani, per la disciplina dell’apicoltura, per la promozione, la tutela e la valorizzazione dell’agriturismo e delle risorse culturali e naturali nei territori rurali collinosi e montani, per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, per la concessione di contributi alle associazioni combattentistiche e per i principi in materia di governo del territorio.

 

 

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

783

45

45

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

783

45

45

 

Finalizzazioni

L’Accantonamento è preordinato alla legge quadro sulla qualità architettonica, alle misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell’Unesco e ad interventi in materia di beni e attività culturali e di sport.

 

 

MINISTERO DELLA SALUTE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

76.963

77.963

77.963

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

341.963

342.963

342.963

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per la nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione di emoderivati, per borse di studio per i medici specializzandi, per le disposizioni concernenti il divieto delle pratiche di mutilazione sessuale e per indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie.

 

 

Analogamente a quanto esposto per gli accantonamenti di Tabella A, nei seguenti prospetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.


TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE

(migliaia di euro)

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

409.059

377.144

348.144

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

459.059

377.144

348.144

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3613-A)

489.059

377.144

243.144

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

481.659

482.144

243.144

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è rivolto a consentire la partecipazione finanziaria dell’Italia alla ricostituzione delle risorse di Fondi internazionali, le misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell’UNESCO, la sicurezza della navigazione per favorire l’uso di navi a doppio scafo, per l’ammodernamento della flotta, nonché il piano di azione per lo sviluppo economico sociale e territoriale, interventi nel sistema fieristico nazionale, la realizzazione di un centro polifunzionale di alta specializzazione per l’integrazione sociale dei ciechi plurimenomati, la stabilizzazione dell’area balcanica e interventi vari.

 

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

7.000

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

7.000

-

-

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato agli interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale e per il finanziamento di interventi per opere pubbliche.

 

 

MINISTERO DEI BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

7.900

7.900

7.900

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

7.900

7.900

7.900

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato alla legge quadro sulla qualità architettonica.

 

 


Articolo 1, commi 389
(Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)

 

389. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2006 e triennio 2006-2008, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.

 

 

L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 - nel testo sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 15, della legge n. 208 del 1999 - prevede tra i contenuti propri della legge finanziaria la "determinazione", in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C).

 

L’articolo 2, comma 18, della legge n. 208/1999 - che ha riformulato l’art. 11, comma 3, lett. d), della legge n. 468 nel senso sopra indicato - ha stabilito inoltre che, in sede di prima applicazione, fosse la stessa legge finanziaria per il 2000 ad indicare quali erano le leggi vigenti la cui quantificazione poteva essere effettuata dalla Tabella C, “intendendosi come soppresse quelle norme recanti autorizzazioni di spesa permanenti già contenenti il riferimento alla predetta lettera d) e non indicate nella legge finanziaria medesima”.

Tale disposizione era confermata dall’articolo 70, comma 7, della legge finanziaria 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), il quale precisava che “le leggi vigenti la cui quantificazione è effettuata dalla tabella di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, (…) sono indicate (…) dalla Tabella C (…)” della legge finanziaria medesima.

 

 

Rispetto alla finanziaria dello scorso anno, nella legge finanziaria per il 2006 la Tabella C prevede il finanziamento di ulteriori disposizioni di legge. In particolare:

-          Legge n. 448 del 2001, art. 14, co. 2: Restituzione e rimborsi di imposte ai territori del centro-nord per accise gas metano (nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze);

-          Legge n. 91 del 2005: Contributo al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica – AIEA (nell’ambito del Ministero degli affari esteri).

 

Non è invece più previsto nella Tabella C il finanziamento relativo alle seguenti leggi del Ministero dell’economia e delle finanze:

 

-          Legge n. 195 del 1958: Consiglio superiore magistratura;

-          Legge n. 17 del 1973: Aumento assegnazione annua al CNEL;

-          Legge n. 20 del 1994, art. 4: Autonomia finanziaria Corte dei conti;

-          D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2, lett. b): Finanziamento Agenzia del territorio;

-          D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2, lett. c): Finanziamento Agenzia delle dogane;

-          D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia delle entrate;

-          Legge n. 205 del 2000, art. 20: Autonomia amministrativa del Consiglio di Stato e dei TAR.

 

La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2006 prevedeva, nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613), un ammontare pari a 16.786,3 milioni di euro per il 2006, 15.583 milioni di euro per il 2007 e di 15.576,6 milioni di euro per il 2008.

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato, l’ammontare complessivo degli stanziamenti previsti dalla Tabella C del disegno di legge finanziaria 2006 (A.C. 6177) è stato rideterminato in 16.860,7 milioni di euro per il 2006, 15.591,1 milioni per il 2007 e 15.584,7 milioni per il 2008.

 

Nella tabella che segue sono esposti gli stanziamenti delle singole voci di Tabella C, contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2006.

Per ciascuna voce, sono indicati gli importi del bilancio a legislazione vigente per il 2006 (A.S. 3614), gli importi di Tabella C del disegno di legge iniziale (A.S. 3613) e come determinati nel testo approvato dal Senato (A.C. 6177).

L’ultima colonna evidenzia la variazione tra la dotazione della Tabella C e il bilancio a legislazione vigente

 

Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.

 


 

 

BLV
2006

Ddl iniziale (AS 3613)

Testo Senato
(AC 6177)

Variaz. su BLV (testo Senato)

Ministero dell’economia e delle finanze

 

 

 

 

D.L. 95/1974: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (CONSOB) (U.P.B. 3.1.2.11 – cap. 1560)

24.686

7.410

13.410

-11.276

D.P.R. 701/1977: Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (U.P.B. 12.1.2.15 – cap. 5217)

9.526

15.000

15.000

5.474

L. 385/1978: Compensi per lavoro straordinario ai dipendenti dello Stato (U.P.B. 4.1.5.4 - cap. 3026)

43.940

43.500

43.500

-440

L. 468/1978, art. 9-ter: Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente (U.P.B. 4.1.5.2 - cap. 3003)

500

94.400

400

-100

L. 16/1980 e L. 137/2001: Indennizzi incentivi e agevolazioni per cittadini ed imprese italiane che abbiano perduto beni, diritti ed interessi in territori già soggetti alla sovranità italiana e all’estero (U.P.B. 3.2.3.29 – cap. 7256)

26.076

26.000

26.000

-76

L. 146/1980, art. 36: Assegnazione all’Istituto nazionale di statistica (U.P.B. 3.1.2.27 – cap. 1680)

130.977

160.000

160.000

29.023

L. 67/1987: Editoria (U.P.B. 3.1.5.14 – cap. 2183; U.P.B. 3.2.10.2 – cap. 7442)

425.335

426.000

426.000

665

L. 440/1989: Utilizzazione del porto franco di Trieste (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 1539)

286

286

286

0

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile (U.P.B 3.2.10.3 – cap. 7446/p)

202.888

203.000

203.000

112

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa (U.P.B. 3.2.10.3 – cap. 7446/p)

80.405

80.405

80.405

0

L. 225/1992, art. 1: Istituzione del servizio della protezione civile (U.P.B. 3.1.5.15 – cap. 2184)

40.552

41.000

41.000

448

L. 225/1992, art. 3: Attività e compiti della protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7447)

550.325

550.000

550.000

-325

D.Lgs. 39/1993, art. 4: Istituzione Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (U.P.B. 3.1.2.33 – cap. 1707/p)

16.384

17.000

17.000

616

L. 109/1994, art. 4: Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (U.P.B. 3.1.2.32 – cap. 1702)

18.019

5.700

7.500

-10.519

L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.17 – cap. 1613)

1.903

1.900

1.900

-3

L. 675/1996: Tutela delle persone e altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali (U.P.B. 3.1.2.42 – cap. 1733)

8.621

20.000

20.000

11.379

L. 94/1997, art. 7, co. 6: Contributo in favore dell’ISAE (U.P.B. 2.1.2.4 – cap. 1321)

8.691

10.000

10.000

1.309

L. 249/1997: Istituzione dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (U.P.B. 3.1.2.14 – cap. 1575)

20.903

6.600

8.600

-12.303

D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale, minori entrate IRAP, ecc. (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 2701)

-

1.102.000

1.102.000

+.1.102.000

L. 128/1998, art. 23: Istituzione Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (U.P.B. 3.1.2.37 – cap. 1723)

3.920

3.920

3.920

0

L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (U.P.B. 3.1.5.16 – cap. 2185)

211.122

212.000

212.000

878

L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della SVIMEZ (U.P.B. 3.2.3.38 – cap. 7330)

1.735

1.735

1.735

0

D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs. 188/2000: Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (U.P.B. 3.1.2.7 – cap. 1525)

215.381

216.000

216.000

619

D.Lgs. 285/1999: Riordino del FORMEZ (U.P.B. 12.1.2.12 – cap. 5200)

12.044

22.000

22.000

9.956

D.Lgs. 287/1999: Riordino della SSPA-Scuola superiore della pubblica amministrazione (U.P.B. 6.1.2.13 – cap. 3935)

15.101

15.100

15.100

-1

D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia del demanio (U.P.B. 6.1.2.9 - cap. 3901)

112.069

113.000

113.000

931

D.Lgs. 303/1999: Ordinamento Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 11, della L. n. 59/1997 (U.P.B. 3.1.5.2 – cap. 2115)

308.455

315.000

280.400

-28.055

L. 353/2000: Legge quadro in materia di incendi boschivi (U.P.B. 4.1.2.14 – cap. 2820)

8.891

9.000

9.000

109

L. 388/2000, art. 74 co. 1: Previdenza complementare (U.P.B. 3.1.5.9 – cap. 2156)

135.368

136.000

136.000

632

L. 38/2001, art. 16 co. 2: Tutela della minoranza linguistica slovena - contributo alla regione Friuli Venezia Giulia (U.P.B. 4.2.3.12 – cap. 7513/p)

4.950

4.950

4.950

0

D.Lgs 165/2001, art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (U.P.B. 12.1.2.16 – cap. 5233)

3.497

3.500

3.500

3

L. 448/2001, art. 14, comma 1: Finanziaria 2002 – accise gas metano (U.P.B. 6.1.2.2 – cap. 3823)

-

100.000

100.000

+100.000

Ministero delle attività produttive

 

 

 

 

L. 287/1990, art. 10, co. 7: Autorità garante della concorrenza e del mercato (U.P.B. 3.1.2.3 – cap. 2275)

21.293

22.000

22.000

707

L. 292/1990: Ente nazionale italiano per il turismo (U.P.B. 3.1.2.2 – cap. 2270)

21.656

21.700

21.700

44

L. 282/1991, D.L. 496/1993 e D.L. 26/1995: Riforma dell'ENEA (U.P.B. 4.2.3.4 – cap. 7630)

198.053

200.000

200.000

1.947

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 cap. 2280)

28.331

28.400

28.400

69

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. a): Spese di funzionamento ICE (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5101)

97.801

98.000

98.000

199

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. b): Attività promozionale delle esportazioni italiane (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5102)

62.182

62.200

62.200

18

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

 

 

 

L. 335/1995, art. 13: Riforma del sistema pensionistico - Vigilanza sui fondi pensione (U.P.B. 11.1.2.2 – cap. 4332)

1.960

600

800

-1.160

L. 448/1998, art. 80, co. 4: Formazione professionale – contributi a organismi vari (U.P.B. 10.1.2.1 – cap. 4161)

1.960

2.000

2.000

40

L. 328/2000: art. 20, co. 8: Fondo da ripartire per le politiche sociali (U.P.B. 7.1.5.2 - cap. 3671)

1.159.492

1.157.000

1.157.000

-2.492

Ministero della giustizia

 

 

 

 

D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento dei detenuti tossicodipendenti (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 1768)

4.990

5.000

5.000

10

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.1.2.1 – cap. 1160)

120

120

120

0

Ministero degli esteri

 

 

 

 

L. 1612/1962, art. 12: Mezzi finanziari per il funzionamento dell’Istituto agronomico per l'Oltremare (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2201)

2.752

2.800

2.800

48

L. 794/1966: Costituzione dell’istituto italo-latino-americano (U.P.B. 16.1.2.2 – cap. 4131)

2.508

2.500

2.500

-8

DPR 200/1967: Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari (U.P.B. 11.1.2.3 - cap. 3105)

2.361

2.400

2.400

39

L. 883/1977: Accordo relativo a un programma internazionale per l'energia (U.P.B. 13.1.2.2 - cap. 3749)

944

1.000

1.000

56

L. 140/1980: Partecipazione italiana al Fondo europeo per la gioventù (U.P.B. 15.1.2.5 - cap. 4052)

273

280

280

7

L. 7/1981 e L. 49/1987: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (U.P.B. 9.1.1.0 e 9.1.2.2 - capitoli vari)

552.631

400.000

400.000

-152.631

L. 960/1982: Rifinanziamento legge di ratifica degli accordi di Osimo tra Italia e Jugoslavia (U.P.B. 15.1.2.2 – capp. 4061 e 4063)

2.733

2.800

2.800

67

L. 549/1995, art. 1, co 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.2 – cap. 1163)

6.217

6.200

6.200

-17

L. 299/1998: Finanziamento italiano della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE) (U.P.B. 20.1.2.1 – cap. 4534)

4.968

5.000

5.000

32

L. 58/2001: Istituzione del fondo per lo sminamento umanitario (Paesi in via di sviluppo) (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2210)

2.269

2.300

2.300

31

L. 91/2005, art. 1, co. 1: Contributo volontario al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica-AIEA (U.P.B. 12.1.2.2 – cap. 3421)

-

-

-

-

Ministero dell’istruzione

 

 

 

 

L. 407/1974: Programma europeo di cooperazione scientifica e tecnologica (U.P.B. 4.2.3.7 - cap. 7291)

4.694

4.700

4.700

6

L. 394/1977: Potenziamento dell'attività sportiva universitaria (U.P.B. 4.1.2.14 - cap. 1709)

7.928

8.000

8.000

72

L. 181/1990: Funzionamento della scuola europea di Ispra (U.P.B. 7.1.2.3 - cap. 2193)

370

370

370

0

L. 245/1990: Piano triennale di sviluppo dell'Università e attuazione Piano quadriennale 1986-1990 (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 1690)

121.669

122.000

122.000

331

L. 243/1991: Università non statali legalmente riconosciute (U.P.B. 4.1.2.10 - cap. 1692)

132.167

133.000

133.000

833

L. 147/1992: Norme sul diritto agli studi universitari (U.P.B. 4.1.2.12 - cap. 1695)

146.025

147.000

147.000

975

L. 537/1993, art. 5, comma 1, lett. a): Spese finanziamento ordinario delle università statali (U.P.B. 4.1.2.11 - cap. 1694)

6.919.291

6.920.500

6.920.500

1.209

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti e altri organismi (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 1679)

18.494

18.500

18.500

6

L. 440/1997 e L. 144/1999, art. 68, co. 4, lett. b): Fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa (U.P.B. 2.1.5.2 - cap. 1270/p)

180.425

181.000

181.000

575

D.Lgs. 204/1998: Programmazione e valutazione della politica nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (U.P.B. 4.2.3.4 - cap. 7236)

1.626.104

1.630.000

1.630.000

3.896

Legge 338/2000, art. 1 co. 1: Alloggi e residenze per studenti universitari (U.P.B. 4.2.3.6 - cap. 7273/p)

31.291

32.000

32.000

709

Ministero dell’interno

 

 

 

 

L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 5.1.1.1 - cap. 2674)

22.554

22.600

30.600

8.046

L. 968/1969 e D.L. 361/1995, art. 4: Fondo scorta Corpo nazionale Vigili del Fuoco (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1916)

18.042

18.100

18.100

58

D.P.R. 309/1990, art. 101: Prevenzione e repressione traffico illecito sostanze stupefacenti (U.P.B. 5.1.1.1 – cap. 2668; U.P.B. 5.1.1.4 – cap. 2815)

2.967

3.000

3.000

33

Legge 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.1 – cap. 1286)

 

107

110

110

3

Ministero dell’ambiente

 

 

 

 

L. 979/1982, art. 7: Difesa del mare (U.P.B. 2.1.2.5 - capp. 1644,1646/p)

41.406

41.500

41.500

94

D.L. n. 2/1993: Commercio e detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (U.P.B. 2.1.1.0 – capp. 1388, 1389)

218

220

220

2

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.3 - cap. 1551)

50.685

51.000

51.000

315

D.Lgs. 300/1999, art. 38: Agenzia protezione ambiente e servizi tecnici (U.P.B. 7.1.2.1 – cap. 3621 – U.P.B. 7.2.3.2 – cap. 8831)

84.323

85.000

85.000

677

Ministero delle infrastrutture e trasporti

 

 

 

 

L. 721/1954: Fondo scorta per le Capitanerie di porto (U.P.B. 6.1.1.1 - cap. 2661)

4.510

4.510

4.510

0


L. 267/1991, art. 1, co. 1 : Piano nazionale della pesca – Mezzi operativi e strumentali (U.P.B. 6.1.1.5 – cap. 2719)

802

800

800

-2


L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 4.1.2.18 – cap. 2032)

348

350

350

2

D.L. 535/1996: Contributo al centro internazionale radio medico CIRM (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 2098)

639

640

640

1


D.Lgs. 250/1997, art. 7: Istituzione dell'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) (U.P.B. 4.1.2.13 – cap. 2161)

63.836

64.000

64.000

164

L. 431/1998, art. 11, co. 1: Disciplina delle locazioni e rilascio degli immobili ad uso abitativo (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 1690)

216.194

217.000

317.000

100.806

Ministero della difesa

 

 

 

 

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità dei Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1253)

41.272

42.000

42.000

728

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità del Corpo dell’Arma dei Carabinieri (U.P.B. 7.1.1.1 – cap. 4840)

14.660

25.000

25.000

10.340

L. 549/1995, art. 1, comma 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 – cap. 1352)

779

800

800

21

D.Lgs. 300/1999, art. 22, co. 1: Finanziamento Agenzia industrie difesa (U.P.B. 3.1.2.8 - cap. 1360; U.P.B. 3.2.3.6 - cap. 7145)

13.284

13.300

13.300

16

L. 267/2002, art. 1, co. 2: Contributi dello Stato all'INSEAN (U.P.B. 3.1.2.4 - cap. 1354)

3.879

4.000

4.000

121

L. 267/2002, art. 1, co. 3: Contributi dello Stato in favore dell'IHO (U.P.B. 3.1.2.2 - cap. 1345)

68

70

70

2

Ministero delle politiche agricole e forestali

 

 

 

 

L. 267/1991, art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la pesca marittima (U.P.B. 2.1.1.0 e 2.1.2.7 – capitoli vari)

16.902

17.000

17.000

98

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 2200)

5.442

5.450

5.450

8

D.Lgs. 454/1999: Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura (U.P.B. 3.1.2.10 – cap. 2083)

92.853

93.000

93.000

147

Ministero per i beni e le attività culturali

 

 

 

 

L. 190/1975: Biblioteca nazionale centrale "Vittorio Emanuele II" di Roma (U.P.B. 3.1.1.0 – cap. 1941)

2.401

2.400

2.400

-1

D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P.B. 2.1.1.0 - capp. 1261, 1262, 1263; U.P.B. 3.1.1.0 – capp. 1942)

5.323

5.400

5.400

77

L. 163/1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (U.P.B. 5.1.2.2 e 5.2.3.9 – capitoli vari)

442.183

300.000

385.000

-57.183

L. 118/1987: Norme relative alla Scuola archeologica italiana in Atene (U.P.B. 4.1.2.1 – cap. 2363)

850

850

850

0

L. 466/1988: Contributo Accademia nazionale dei Lincei (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2052)

2.741

2.750

2.750

9

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.3 - cap. 2100)

30.653

30.700

30.700

47

Ministero della salute

 

 

 

 

D.L.C.P.S. 1068/1947: Contributo all’organizzazione mondiale della sanità (U.P.B. 4.1.2.10 – cap. 4320)

20.024

20.050

20.050

26

DPR 613/1980: Contributo alla Croce Rossa Italiana (U.P.B. 3.1.2.20 - cap. 3453)

30.895

31.000

31.000

105

D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo sanitario nazionale - Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione (U.P.B. 3.1.2.10 - cap. 3392)

185.379

285.000

285.000

99.621

D.Lgs. 267/1993: Riordinamento Istituto superiore di sanità (U.P.B. 3.1.2.16 - cap. 3443)

84.531

90.000

90.000

5.469

D.Lgs. 268/1993: Riordinamento dell’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (U.P.B. 3.1.2.17 - cap. 3447)

65.445

66.000

66.000

555

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.11 - cap. 3412)

5.686

5.700

5.700

14

L. 434/1998: Finanziamento interventi prevenzione del randagismo (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 4340)

4.073

4.100

4.100

27

D.L. 17/2001, art. 2, co. 4: Agenzia servizi sanitari regionali (U.P.B. 3.1.2.21 - cap. 3457)

5.019

5.100

5.100

81

D.L. 269/2003, art. 48, co. 9: Agenzia Italiana del Farmaco (U.P.B. 3.1.2.22 - capp. 3458, 3459; U.P.B. 3.2.3.5 - cap. 7230)

45.759

46.000

46.000

241

 


Articolo 1, comma 390
(Rifinanziamento di spese di conto capitale)

 

390. Ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati fra le spese di conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.

 

 

Il comma 390 approva l’entità degli stanziamenti di cui alla Tabella D, nella quale vengono rifinanziate alcune leggi di spesa di conto capitale recanti interventi di sostegno dell’economia.

 

L’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978 (come modificato dall’articolo 2, comma 16, della legge n. 208 del 1999) prevede che la Tabella D della legge finanziaria disponga:

-          il rifinanziamento per un solo anno di interventi di conto capitale per i quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza;

-          il rifinanziamento per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti (indipendentemente dal fatto che abbiano una dotazione finanziaria) che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.

Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale.

 

In sede di prima applicazione, il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 208/1999 ha previsto che fosse la legge finanziaria per il 2000 a indicare l’elenco delle leggi vigenti recanti interventi di parte capitale, che potevano essere incluse nella Tabella D e rifinanziate per un periodo pluriennale. L’elenco è riportato nell’Allegato 1 alla legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).

Ai sensi dell’articolo 70, comma 7, di detta legge, infatti, è stato precisato che “(…) le leggi vigenti rifinanziabili per un periodo pluriennale ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della medesima legge, sono indicate (…) dall’allegato 1” della legge finanziaria medesima.

 

In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere rifinanziate pluriennalmente in Tabella D soltanto se sono state incluse nell’allegato 1 della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne prevede l’inserimento in Tabella D.

 

Il totale dei rifinanziamenti previsti in Tabella D dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) ammontava a 4.757,1 milioni euro per il 2006, a 1.220 milioni per il 2007 e a 9.480 milioni per il 2008.

 

A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame al Senato, gli stanziamenti di Tabella D per l’anno 2006 risultano pari a 4.842,1 milioni di euro.

 

La Tabella D della legge finanziaria per il 2006 dispone i seguenti rifinanziamenti:

 

Ministero dell’economia e delle finanze

§      3.767 milioni nel 2006 del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (legge n. 183 del 1987, art. 5) (Tab. F - Settore 27);

§      160 milioni nel 2006, quale contributo alla Regione Calabria per le opere di forestazione (legge n. 236 del 1993, art. 3, co. 9) (Tab. F – Settore 19);

§      850 milioni nel 2007 e nel 2008quale apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 14) (Tab. F - Settore 11);

§      100 milioni nel 2006, 100 milioni nel 2007 e 8.300 milioni nel 2008 quali risorse aggiuntive destinate al Fondo per le aree sottoutilizzate (legge n. 289 del 2002, art. 61) (Tab. F - Settore 4);

§      50 milioni nel 2006, 100 milioni nel 2007 e 100 milioni nel 2008 quale rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionaleinterventi indennizzatori (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F –Settore 21);

 

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

§      500 milioni nel 2006a favore del Fondo per l’occupazione (D.L. n. 148 del 1993, art. 1, co. 7) (Tab. F - Settore 27);

 

Ministero della giustizia

§      20 milioni nel 2006, 20 milioni nel 2007 e 30 milioni nel 2008 a favore del Fondo investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(Legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 4) (Tab. F – Settore 27);

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca

§      85 milioni nel 2006 per la ricerca di base (legge n. 388 del 2000, art. 104, co. 4) (Tab. F - Settore 13);

§      10 milioni nel 2006, di 50 milioni nel 2007 e di 100 milioni nel 2008 destinati al Fondo per le aree sottoutilizzate - settore ricerca applicata (legge n. 289 del 2002, art. 61 comma 1 (Tab. F - Settore 4);

 

Ministero dell’interno

§      100 milioni sia per il 2006 quali contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo (legge n. 67 del 1997, art. 3) (Tab. F - Settore 27);

 

Ministero delle politiche agricole e forestali

§      di 50 milioni nel 2006, di 100 milioni nel 2007 e di 100 milioni nel 2008 per il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F –Settore 21).

 

Tutte le autorizzazioni legislative che vengono rifinanziate, annualmente o pluriennalmente, in Tabella D sono esposte nella Tabella F, nei settori sopra segnalati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2006, 2007, 2008 e per l’anno 2009 e successivi.

 

Per una analisi delle disponibilità finanziarie di ciascuna autorizzazione di spesa di cui al precedente elenco (come previste a legislazione vigente e come modificate dal disegno di legge finanziaria per effetto di eventuali rifinanziamenti o definanziamenti disposti dalle Tabella D o E e di eventuali rimodulazioni disposte dalla Tabella F), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 392).

 


Articolo 1, commi 391
(Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)

 

391. Ai termini dell'articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.

 

 

Il comma 391 dispone, in attuazione dell’articolo 11, commi 3, lettera e), della legge n. 468/1978 (come sostituito dall'articolo 5 della legge n. 362/1988), in ordine alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa (definanziamenti) per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale (Tabella E).

 

La riduzione delle spese mediante definanziamento permette tra l’altro di reperire risorse ai fini della copertura dei maggiori oneri recati dalla finanziaria stessa.

Gli effetti riduttivi della Tabella E sono computati negli importi esposti nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.

Il codice 1 indicato nell’ultima colonna della tabella (la colonna “definanziamento”) significa che la riduzione viene disposta in via permanente, sino all’anno di scadenza dell’autorizzazione di spesa.

 

Il totale dei definanziamenti previsti in Tabella E dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) ammontava a 2.209,1 milioni euro per il 2006, a 1.040,5 milioni per il 2007 e a 646,3 milioni per il 2008.

 

A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame al Senato, i definanziamenti di Tabella E risultano pari a 3.769,1 milioni di euro per il 2006, a 2.405,5 milioni per il 2007 e a 1.846,3 milioni per il 2008.

 

Le riduzioni delle autorizzazioni di spesa interessate dalla Tabella E sono:

Ministero dell’economia e delle finanze

§      riduzione di 20 milioni nel 2006 del Fondo rotativo per il finanziamento delle imprese (D.L. n. 251 del 1981) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 8 milioni nel 2006 e di 8 milioni nel 2007 del Fondo per il concorso statale nel pagamento degli interessi (legge n. 67 del 1988, art. 15, co. 3) (Tab. F - Settore 10);

§      riduzione di 40 milioni nel 2006 del Fondo di protezione civile (D.L. n. 142 del 1991, art. 6, co. 1) (Tab. F - Settore 3);

§      riduzione permanente di 1,2 miliardi dell’apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 14) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 15,4 milioni nel 2006 e nel 2007 dei contributi per l’acquisto di macchine utensili(legge n. 266 del 1997, art. 12, co. 1) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 10,3 milioni per ogni annualità del triennio 2006-2008 del finanziamento di esportazioni a pagamento differito (legge n. 266 del 1997, art. 12, co. 2) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 22,7 milioni nel 2006 e nel 2007 del piano triennale di soppressione dei passaggi a livello (legge n. 354 del 1998, art. 1, co. 3) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 51,6 milioni nel 2006 e di 91,6 milioni nel 2007 relativa all’ammodernamento degli itinerari ferroviari(legge n. 354 del 1998, art. 1, co. 3) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 256 milioni per ciascun anno nel triennio delle risorse per l’edilizia sanitaria pubblica(legge n. 488 del 1998, art. 50, co. 1) (Tab. F - Settore 17);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del finanziamento per la metanizzazione dei comuni montani del Centro-Nord(legge n. 144 del 1999, art. 28) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 400 milioni nel 2006 dell’apporto al capitale sociale di ANAS Spa(legge n. 138 del 2002, art. 7) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 75 milioni nel 2006 dei rimborsi IVA per trasporti pubblici locali (legge n. 350 del 2003, art. 3, co. 25);

§      riduzione di 24 milioni nel 2006 e di 6 milioni nel 2007 per il risanamento Policlinico Umberto I di Roma(legge n. 350 del 2003, art. 3, co. 144) (Tab. F – Settore 17);

§      riduzione di 20 milioni nel 2006 del finanziamento del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F – Settore 21);

§      riduzione di 70 milioni nel 2006 e di 60 milioni nel 2007 dei contributi agli enti locali(legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 28) (Tab. F – Settore 19);

§      riduzione di 9,5 milioni nel 2006 e di 1 milione nel 2007 dei contributi agli enti locali(D.L. n. 7 del 2005, art. 2-bis, co. 1) (Tab. F – Settore 19);

§      riduzione di 8 milioni nel 2006 e di 0,45 milioni nel 2007del Fondo per il sistema d’informazione visti (D.L. n. 35 del 2005, art. 1, co. 5) (Tab. F – Settore 27);

§      riduzione di 4 milioni nel 2006, e di 12 milioni nel 2007 dei contributial TOROC (Olimpiadi invernali Torino 2006) (D.L. n. 35 del 2005, art. 8-bis, co. 1) (Tab. F – Settore 24).

 

Ministero delle attività produttive

§      riduzione di 20 milioni nel 2006delFondo Incentivi alle attività produttive (legge 488)(D.L. n. 415 del 1992, art. 1, co. 2) (Tab. F - Settore 4);

§      riduzione di 560 milioni nel 2006per la prosecuzione degli interventi nelle aree depresse (legge 488 e programmazione negoziata) (legge n. 208 del 1998, art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 4);

§      riduzione di 40 milioni nel 2006del  Fondo unico per le imprese (legge n. 448 del 1998, art. 52) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006per gli interventi di Risparmio energetico (legge n. 239 del 2004, art. 1, co. 119) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006per gli Accordi di cooperazione per il carbone(legge n. 239 del 2004, art. 1, co. 119) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 12 milioni nel 2006 e nel 2007per il settore aeronautico (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 251) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 20,8 milioni nel 2006 e nel 2007per la reindustrializzazione area Fiat- Alfa Romeo (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 268) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 100 milioni nel 2006 e di 275 milioni nel 2007per lo sviluppo dell’industria della difesa (D.L. n. 35 del 2005, art. 6-bis, co. 1) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 20 milioni nel 2006, di 34 milioni nel 2007 e di 26 milioni nel 2008 per gli interventi di reindustrializzazione e promozione industriale (D.L. n. 35 del 2005, art. 11, co. 9) (Tab. F - Settore 2).

 

Ministero della giustizia

§      riduzione di 46,6 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(Regio decreto n. 787 del 1931);

§      riduzione di 8,2 milioni nel 2006 del Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(D.L. n. 201 del 2002, art. 9).

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca

§      riduzione di 60 milioninel 2006 per l’edilizia universitaria(legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 8) (Tab. F - Settore 23);

§      riduzione di 40 milioninel 2006 del Fondo per le aree sottoutilizzate - settore ricerca applicata (legge n. 289 del 2002, art. 61 comma 1 (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

§      riduzione di 80 milioninel 2006 del Fondo investimenti per la difesa del suolo (legge n. 183 del 1989) (Tab. F - Settore 19);

§      riduzione di 20 milioninel 2006 delle misure di prevenzione delle aree a rischio idrogeologico (legge n. 180 del 1998 , art. 1, co. 2) (Tab. F - Settore 3);

§      riduzione di 5,7 milioninel 2006 per la bonifica dei siti inquinati (legge n. 426 del 1998 , art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 19);

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

§      riduzione di 20 milioninel 2006 per completamento opere per l’edilizia penitenziaria (legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 6) (Tab. F - Settore 17);

§      riduzione di 4 milioni per ciascun anno del triennio per il raddoppio autostrada Torino – Savona(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 86) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 4 milioni per ciascun anno del triennio per la Variante di valico Firenze-Bologna(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 87) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 15,4 milioni per ciascun anno del triennio per il potenziamento autostrade (legge n. 67 del 1997, art. 19, co. 1) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 40,2 milioni per ciascun anno del triennio per l’acquisto di autobus(legge n. 194 del 1998, art. 2, co. 5) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 10,3 milioni nel 2006, di 10,3 milioni nel 2007 e di 7,2 milioni nel 2008 per i Passanti ferroviari di Milano e Torino (legge n. 194 del 1998, art. 3, co. 1) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 0,8 milioni nel 2006 e nel 2007 per la campagna di sicurezza stradale (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 280) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del triennio per interventi viabilità Italia-Francia (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 452) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006 per Fondo per la viabilità(legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 455) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 4 milioni nel 2006 e nel 2007 per la realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 456) (Tab. F - Settore 16);

 

Ministero delle comunicazioni

§      riduzione di 13,9 milioni nel 2006, di 20 milioni nel 2007 e di 20 milioni nel 2008per la prosecuzione degli interventi nelle aree depresse - Reti di comunicazione(legge n. 208 del 1998, art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero della difesa

§      riduzione di 46 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti della difesa(D.Lgs. n. 264 del 1997, art. 1, co. 1);

§      riduzione di 41,3 milioni per ciascun anno del Programma interforze ad alto contenuto tecnologico(legge n. 388 del 2000, art. 145, co. 4) (Tab. F - Settore 27);

 

Ministero delle politiche agricole e forestali

§      riduzione di 82,1 milioni nel 2006 e di 10,4 milioni nel 2007del Fondo unico investimenti in agricoltura(legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 4) (Tab. F –Settore 27);

§      riduzione di 20 milioni nel 2006del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F – Settore 21).

 

Ministero per i beni e le attività culturali

§      riduzione di 30,9 milioni per ciascun anno del triennio della quota dei proventi del gioco del lotto che sono devoluti ai beni culturali (legge n. 662 del 1996, art. 3, co. 83);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del triennio del Piano per l’arte contemporanea(legge n. 29 del 2001, art. 3, co. 1);

§      riduzione di 92,2 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti per il patrimonio culturale(legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 1);

§      riduzione di 0,2 milioni per ciascun anno del triennio del finanziamento al CNR(D.Lgs. n. 127 del 2003).

 

Ministero della salute

§      riduzione di 60 milioni per il 2006del finanziamento degli interventi sanitari nei grandi centri urbani(legge n. 448 del 1998, art. 71, co. 1)(Tab. F –Settore 25).

 

Le autorizzazioni legislative definanziate dalla Tabella E sono esposte nella Tabella F, ai settori indicati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2006, 20067 2008 e per l’anno 2009 e successivi.

Anche per una analisi delle disponibilità finanziarie delle autorizzazione di spesa definanziate dalla Tabella E (come previste a legislazione vigente e come modificate dal disegni di legge finanziaria), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 392).


Articolo 1, commi 392
(Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)

 

392. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.

 

 

Il comma 392 dispone in ordine agli stanziamenti iscritti nella Tabella F. La Tabella Frimodula le quote per il triennio finanziario di riferimento delle leggi di spesa in conto capitale pluriennali, senza tuttavia poter variare lo stanziamento complessivo di ciascuna legge (art. 11, comma 3, lettera e) e art. 11-quater, comma 1,della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni).

Il disegno di legge finanziaria deve inoltre indicare in apposito allegato per ciascuna legge di spesa pluriennale i residui di stanziamento e le giacenze di tesoreria eventualmente in essere al 30 giugno dell'anno in corso.

Quest'ultima prescrizione ha fini meramente conoscitivi; essa consente peraltro di avere indicazioni sulla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni: i residui di stanziamento si formano infatti allorché, rispetto agli stanziamenti di competenza, non siano stati assunti impegni di spesa; le giacenze di tesoreria si formano invece alla fine della procedura di spesa del bilancio (qualora le somme relative debbano transitare in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria) in relazione al loro mancato utilizzo da parte dei soggetti destinatari.

In attuazione di quanto disposto dall'articolo 11-quater, lettera d) della legge n. 468 del 1978, l'allegato 6 al disegno di legge finanziaria (A.C. 5310) indica i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e le giacenze in essere alla medesima data.

 

La Tabella F ha la funzione di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge. Tale stanziamento, peraltro, può essere modificato mediante rifinanziamenti disposti nella Tabella D o definanziamenti disposti nella Tabella E. Qualora le leggi interessate siano esposte in Tabella F, l’importo indicato tiene conto anche di dette variazioni.

La Tabella F sconta, quindi, anche i rifinanziamenti esposti nella Tabella D e i definanziamenti previsti dalla Tabella E.

 

Nel testo del disegno di legge finanziaria 2006 (A.S. 3613) gli importi iscritti in Tabella F ammontavano complessivamente a 15.997 milioni per il 2006, 10.641,9 milioni per il 2007, a 9.931,2 milioni per il 2008 e a 50.536,2 milioni per il 2009 e gli anni successivi.

Tali importi scontavano già i nuovi rifinanziamenti disposti dalla Tabella D e i definanziamenti di Tabella E.

 

Rispetto al bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), le rimodulazioni proposte dalla Tabella F del disegno di legge finanziaria 2006 determinano una riduzione delle autorizzazioni di spesa di 9.396,2 milioni per il 2006, di 7.167,8 milioni di euro per il 2007, di 30.343,9 milioni per il 2008, con incrementi compensativi delle autorizzazioni di spesa per 46.908 milioni nel 2009 e negli anni successivi.

 

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato (A.C. 6177), l’ammontare complessivo delle autorizzazioni pluriennali di spesa riportato in Tabella F è pari a 14.398 milioni per il 2006, a 9.257,9 milioni per il 2007, a 8.502,2 milioni per il 2008 e a 49.336,2 milioni per il 2009 e anni successivi.

 

Le variazioni determinate direttamente dalla tabella F attraverso lo spostamento negli anni delle risorse già disponibili hanno interessato le seguenti autorizzazioni di spesa:

§      L. 448/1998, art. 52 – Fondo unico per le imprese: slittamento di 30 milioni dal 2006 al 2007;

§      DL 142/1991, art. 6, co. 1 - Fondo protezione civile: slittamento di 30 milioni dal 2006 al 2007;

§      L. 289/2002, art. 61 comma 1: Fondo per le aree sottoutilizzate: riduzioni di 1.532,9 milioni nel 2006, di 63 milioni nel 2007 e di 9.035 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (10.630,9 milioni);

§      L. 662/1996, art. 2, comma 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato Spa: riduzioni di 1.757,6 milioni nel 2006, di 2.950 milioni nel 2007 e di 14.050 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (18.757,6 milioni);

§      L. 448/1998, art. 50, co 1, p. c) – Edilizia sanitaria pubblica: riduzioni di 60 milioni nel 2007 e di 2.460 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (2.520 milioni);

§      L. 311/2004, art. 1, co. 28 – contributi agli enti locali (c.d. milleopere 1): riduzioni di 46,2 milioni nel 2006 e di 49,85 nel 2007, che slittano al 2008 (96.05 milioni);

§      L. 183/1987 art. 5: Fondo di rotazione per le politiche comunitarie: riduzioni di 5.999,5 milioni nel 2006, di 4.000 milioni nel 2007 e di 5.000 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (14.999,5 milioni).

 

 

Si analizzano, di seguito, le autorizzazioni pluriennali di spesa esposte nella Tabella F che hanno subito variazioni, rispetto al bilancio a legislazione vigente (BLV), per effetto:

§         di rifinanziamenti di Tabella D;

§         di definanziamenti di Tabella E;

§         di rimodulazioni di Tabella F.

 

Nelle tabelle che seguono, ripartite per settore, sono indicate, per ciascuna legge pluriennale di spesa, le disponibilità finanziarie previste a legislazione vigente e le variazioni determinate dalla legge finanziaria (eventuali rifinanziamenti di Tabella D, definanziamenti di Tabella E, rimodulazioni di Tabella F, eventuali variazioni determinate da disposizioni contenute nell’articolato).

L’ultima riga di ciascuna tabella indica l’importo esposto nella Tabella F che rappresenta l’effettiva entità delle risorse disponibili per il triennio 2006-2008 e negli anni 2009 e successivi di ciascuna autorizzazione di spesa.

 

Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.


Settore 2 - Interventi a favore delle imprese

Ministero attività produttive

L. n. 448/1998, art. 52, co. 1 – Fondo unico per gli incentivi alle imprese (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

 

-

-

Tabella E

-40.000

 

 

 

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità

30.000

30.000

-

-

*     La dotazione del Fondo unico per gli incentivi alle impresenel d.d.l. di bilancio per il 2006 ammonta a 1.423 milioni, in quanto in esso sono ricomprese le risorse destinate al settore commerciale, all’industria aeronautica, all’innovazione tecnologica, all’imprenditorialità femminile, agli interventi nelle aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive.

 

L. n. 448/1998, art. 52, co. 1 – Fondo unico per gli incentivi alle imprese (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

 

-

-

Tabella E

-40.000

 

 

 

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità

30.000

30.000

-

-

 

L. n. 311/2004, art. 1, co. 251 – Interventi agevolativi nel settore aeronautico (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7421)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

30.000

30.000

-

-

Tabella E

-12.000

-12.000

-

-

Disponibilità

18.000

18.000

-

-

 

L. n. 311/2004, art. 1, co. 265 – Deindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

52.000

72.000

-

-

Tabella E

-20.800

-28.800

-

-

Disponibilità

31.200

43.200

-

-

 

DL. n. 35/2005, art. 6bis, co. 1 – Industrie della difesa (U.P.B. 3.2.3.16 - cap. 7485)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

275.000

-

-

Tabella E

-100.000

-275.000

-

-

Disponibilità

-

-

-

-

 

DL. n. 35/2005, art. 11, co. 9 – Interventi di deindustrializzazione e promozione industriale (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

85.000

65.000

-

Tabella E

-20.000

-34.000

-26.000

-

Disponibilità

30.000

51.000

39.000

-

 

 

Settore 3 - Interventi per calamità naturali

Ministero economia e finanze

D.L. n. 142/1991, art. 6, co. 1 – Fondo protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7446/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

-

-

-

Tabella E

-40.000

-

-

-

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità

30.000

30.000

-

-

Ministero ambiente e territorio

D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 - Rischio idrogeologico nella Regione Campania, misure di prevenzione per le aree a rischio (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

 

-

-

Tabella E

-20.000

 

-

-

Disponibilità

30.000

 

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2005 la dotazione del capitolo 7090 (Fondo unico investimenti, sul quale confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 395).

 

 

Settore 4 - Interventi nelle aree sottoutilizzate

Ministero economia e finanze

L. 289/2002, art. 61, co. 1: Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

7.207.900

6.778.000

6.800.000

-

Tagli ex D.L. 35/05 (competitività)

-75.000

-115.000

-65.000

-

Trasferimento risorse per progetti finalizzati Ministero Interno

-98.000

-4.000

-

-

Tabella D

+100.000

+100.000

+8.300.000

-

Tabella F

-1.532.900

-63.000

-9.035.000

+10.630.900

Disponibilità

5.702.000

6.796.000

6.000.000

10.630.900

Ministero attività produttive

DL 415/1992, art. 1, co. 2 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

L 208/1998, art. 1, co. 1 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

1.400.000

-

-

-

Tabella E

-560.000

-

-

-

Disponibilità

840.000

-

-

-

Ministero istruzione, università e ricerca

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime (U.P.B. 4.2.3.5 – cap. 7254/p e U.P.B. 4.2.3.11 - cap. 7308/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

-

-

-

Tabella D

+10.000

+50.000

+100.000

-

Tabella E

-40.000

-

-

-

Disponibilità

70.000

50.000

100.000-

-

Ministero comunicazioni

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime: Reti di comunicazione (U.P.B. 2.2.3.4 - cap. 7230)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

34.780

50.000

50.000

 

Tabella E

-13.900

-20.000

-20.000

 

Disponibilità

20.880

30.000

30.000

 

 

 

 

Settore 9 - Mediocredito Centrale

Ministero economia e finanze

D.L. 251/1981, art. 2 - Fondo rotativo finanziamento imprese esportatrici (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7301)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

L. 266/1997 art. 12, co. 1: Contributi per l’acquisto di nuove macchine utensili (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7299/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

38.734

38.734

-

-

Tabella E

-15.400

-15.400

-

-

Disponibilità

23.334

23.334

-

-

 

L. 266/1997 art. 128, co. 2: Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito (U.P.B. 1.2.3.4 – cap. 7005/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

25.823

25.823

25.823

154.936

Tabella E

-10.300

-10.300

-10.300

-

Disponibilità

15.523

15.523

15.523

154.936

 

 

Settore 10 - Artigiancassa

Ministero economia e finanze

L. 67/1988, art. 15, co. 43: Artigiancassa (U.P.B. 3.2.3.19 - cap. 7165)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

20.000

10.000

-

-

Tabella E

-8.000

-8.000

-

-

Disponibilità

12.000

2.000

-

-

 

 

Settore 11 - Interventi nel settore dei trasporti

Ministero economia e finanze

L. 662/1996, art. 2, co. 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (U.P.B. 3.2.3.15. – cap. 7122)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

3.257.596

3.600.000

14.700.000

 

DL 203/2005, art. 12

-124.000

-124.000

-124.000

 

Tabella D

-

+850.000

+850.000

 

Tabella E

-1.200.000

-1.200.000

-1.200.000

-1.200.000

Tabella F

-1.757.596

-2.950.000

-14.050.000

+18.757.596

Esposto in Tab. F

176.000

176.000

176.000

17.557.596

Articolato, co. 65

100.000

200.000

200.000

+2.500.000

Disponibilità

276.000

376.000

376.000

21.257.596

 

L. 354/1998, art. 1, co. 3: Soppressione passaggi a livello (U.P.B. 3.2.3.15 - cap. 7123/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

56.810

56.810

-

-

Tabella E

-22.700

-22.700

-

-

Disponibilità

34.110

34.110

-

-

 

L. 354/1998, art. 3: Potenziamento itinerari ferroviari (U.P.B. 3.2.3.15 - cap. 7123/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

129.114

229.114

-

-

Tabella E

-51.600

-91.600

-

-

Disponibilità

77.514

137.514

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 194/1998, art.2 , co. 5: Acquisto autobus ( U.P.B. 5.2.3.8 - cap. 8151/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.709

100.709

100.709

302.128

Tabella E

-40.200

-40.200

-40.200

 

Disponibilità

60.509

60.509

60.509

302.128

 

L. 194/1998, art. 3, co. 1: Passanti ferroviari di Milano e Torino (U.P.B. 5.2.3.9 - cap. 8164)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

25.823

25.823

18.076

18.076

Tabella E

-10.300

-10.300

-7.200

-

Disponibilità

15.523

15.523

10.876

18.076

 

 


Settore 13 – Interventi nel settore della ricerca

Ministero istruzione, università e ricerca

L. 388/2000, art. 104, co. 4: Ricerca di base (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7302/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

85.000

-

-

-

Disponibilità

85.000

-

-

-

 

 

Settore 16 - Interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione

Ministero economia e finanze

D.L. 138/2002, art. 7: Apporto al capitale sociale di ANAS Spa (U.P.B. 3.2.3.48– cap. 7372)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

500.000

-

-

-

Tabella E

-400.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

-

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 662/1996, art. 2, co. 86: Raddoppio autostrada A6 Torino-Savona ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7142)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.329

10.329

10.329

82.634

Tabella E

-4.000

-4.000

-4.000

-

Disponibilità

6.329

6.329

6.329

82.634

 

L. 662/1996, art. 2, co. 87: Variante di valico Firenze-Bologna ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7143)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.329

10.329

10.329

82.634

Tabella E

-4.000

-4.000

-4.000

-

Disponibilità

6.329

6.329

6.329

82.634

 

DL. 67/1997, art. 19, co. 1: Realizzazione di tratte autostradali ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7144)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

38.734

38.734

38.734

413.168

Tabella E

-15.400

-15.400

-15.400

-

Disponibilità

23.334

23.334

23.334

413.168

 

L. 311/2005, art.1, co. 452: Viabilità Italia Francia ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7481)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

5.000

5.000

40.000

Tabella E

-2.000

-2.000

-2.000

-

Disponibilità

3.000

3.000

3.000

40.000

 

L. 311/2005, art.1, co. 455: Interventi tutela ambientale ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7482)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

 

L. 311/2005, art.1, co. 456: Realizzazione infrastrutture a elevata automazione e a ridotto impatto ambientale ( U.P.B 3.2.3.8 - cap. 7514)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.000

10.000

-

-

Tabella E

-4.000

-4.000

-

-

Disponibilità

6.000

6.000

-

-

 

 

Settore 17 - Edilizia penitenziaria, giudiziaria, sanitaria, di servizio

Ministero economia e finanze

L. 448/1998, art. 50, co. 1, lett. c) – Edilizia sanitaria pubblica (U.P.B. 4.2.3.3 – cap. 7464)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

640.000

700.000

3.100.000

-

Tabella E

-256.000

-256.000

-256.000

 

Tabella F

-

-60.000

-2.460.000

+2.520.000

Disponibilità

384.000

384.000

384.000

2.520.000

 

L. 350/2003, art. 3 , co. 144 – Risanamento Policlinico Umberto I di Roma (U.P.B. 4.2.3.21 – cap. 7560)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

60.000

15.000

-

-

Tabella E

-24.000

-6.000

-

-

Disponibilità

36.000

9.000

-

-

 

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 910/1986, art. 7, co. 6 - Completamento delle opere per immobili da destinare agli istituti di prevenzione e pena (U.P.B. 3.2.3.7 – cap. 7473)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

 

Settore 19 - Difesa del suolo e tutela ambientale

Ministero economia e finanze

L. 236/1993, mart. 3, co. 9: Contributo alla regione Calabria per le opere di forestazione (U.P.B. 4.2.3.10 - cap. 7499)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

160.102

-

-

-

Disponibilità

160.102

-

-

-

 

L. 311/2004, art. 1, co. 28: Contributi agli enti locali per interventi vari (U.P.B. 4.2.3.17- cap. 7536/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

176.200

169.850

-

-

Tabella E

-70.000

-60.000

-

 

Tabella F

-46.200

-49.850

+96.050

-

Disponibilità

60.000

60.000

96.050

-

 

DL. 7/2005, art. 2bis, co. 1: Contributi agli enti locali per interventi vari (U.P.B. 4.2.3.17- cap. 7536/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

23.755

2.600

-

-

Tabella E

9.500

-1.000

-

-

Disponibilità

14.255

1.600

-

-

Ministero Ambiente

L. 183/1989: Difesa del suolo (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

200.000

-

-

-

Tabella E

-80.000

-

-

-

Disponibilità

120.000

-

-

-

 

L. 426/1998, art. 1, co. 1: Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

14.307

-

-

-

Tabella E

-5.700

-

-

-

Disponibilità

8.607

-

-

-

 

 

Settore 21 – Interventi in agricoltura

Ministero economia e finanze

D.Lgs. 102/2004, art. 15 co. 2, p. 2: Fondo di solidarietà interventi indennizzatori (U.P.B. 3.2.4.3 - cap. 7411)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella D

+50.000

+100.000

+100.00

 

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

80.000

100.000

100.000

-

Ministero politiche agricole

D.Lgs. 102/2004, art. 15 co. 2, p. 1: Fondo di solidarietà incentivi assicurativi (U.P.B. 3.2.3.3 - cap. 7439)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella D

+50.000

+100.000

+100.00

 

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

80.000

100.000

100.000

-

 

 

Settore 23 – Università

Ministero Istruzione, università e ricerca

L. 910/1986, art. 7, co. 8: Edilizia universitaria (U.P.B. 4.2.3.9 - cap. 7304)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

150.000

-

-

-

Tabella E

-60.000

-

-

-

Disponibilità

90.000

-

-

-

 


Settore 24 – Impiantistica sportiva

Ministero economia e finanze

DL. 35/2005, art. 8 bis, co. 1: Olimpiadi Torino 2006 (U.P.B. 3.2.3.44- cap. 7364)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.000

30.000

-

-

Tabella E

-4.000

-12.000

-

-

Disponibilità

6.000

18.000

-

-

 

 

Settore 25 – Sistemazione aree urbane

Ministero salute

L. 448/1998, art. 71, co. 1: Interventi sanitari nei grandi centri urbani (U.P.B. 2.2.3.3 - cap. 7111)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

160.000

-

-

-

Tabella E

-64.000

-

-

-

Disponibilità

96.000

-

-

-

 

 

Settore 27 - Interventi diversi

Ministero economia e finanze

L. n. 183/1987 art. 5: Coordinamento politiche comunitarie - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

4.232.500

4.204.000

5.600.000

 

Tabella D

+3.767.000

-

-

 

Tabella F

-5.999.500

-4.000.000

-5.000.000

+14.999.500

Disponibilità Tab. F

2.000.000

204.000

600.000

14.999.500

 

L..n. 144/1999, art. 28: Metanizzazione comuni montani del Centro-Nord (U.P.B. 3.2.3.17- cap. 7151)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.165

5.165

5.165

5.165

Tabella E

-2.000

-2.000

-2.000

-

Disponibilità

3.165

3.165

3.165

5.165

 

 

 

DL. 35/2005, art. 1, co. 5: Istituzione del sistema di informazione visti (U.P.B. 4.2.3.35- cap. 7589)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

20.498

1.130

-

-

Tabella E

-8.000

-450

-

-

Disponibilità

12.498

680

-

-

Ministero Attività produttive

L. 239/2004, art. 1, co. 119, p. 2: Risparmio e contenimento consumi energetici (U.P.B. 4.2.3.3- cap. 7621)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

 

L. 239/2004, art. 1, co. 119, p. 4: Accordi di cooperazione sul carbone (U.P.B. 4.2.3.3- cap. 7622)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

Ministero lavoro e politiche sociali

D.L. 148/1993, art. 1, comma 7: Interventi a sostegno dell'occupazione - Fondo per l’occupazione (U.P.B. 3.2.3.1 - cap. 7202)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

110.000

-

-

-

Tabella D

+500.000

-

-

-

Disponibilità

610.000

-

-

-

Ministero Giustizia

L. 448/2001, art. 46, comma 4: Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria (U.P.B. 1.2.3.3 - cap. 7020)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

+20.000

+20.000

+30.000

-

Disponibilità

20.000

20.000-

30.000

-

 

Ministero dell’interno

D.L. 67/1997, art. 3: Contribuiti ai comuni di Napoli e Palermo (U.P.B. 2.2.3.6 - cap. 7239)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

+100.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

-

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. n. 311/2004, art. 1, co. 280: Campagna di sicurezza stradale (U.P.B. 5.2.3.14 – cap. 8223)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

2.000

2.000

-

-

Tabella E

-800

-800

-

-

Disponibilità

1.200

1.200

-

-

Ministero Difesa

L. n. 388/2000, art. 145, co. 4: Programmi interforze ad alto contenuto tecnologico (U.P.B. 1.2.1.10 – cap. 7003/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

103.292

103.292

103.292

103.292-

Tabella E

-41.300

-41.300

-41.300

-

Disponibilità

61.992

61.992

61.992

103.292

Ministero politiche agricole

L. 448/2001, art. 46, comma 4: Fondo unico investimenti (U.P.B. 1.2.10.2 - cap. 7003/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

205.308

26.000

-

-

Tabella E

-82.100

-10.400

-

-

Disponibilità

123.208

15.600

-

-


Articolo 1, commi 393
(Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)

393. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella F, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell'anno 2006, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.

 

 

Ai sensi dell'articolo 11-quater, comma 2, della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.

La disposizione demanda tuttavia alla legge finanziaria la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.

In ogni caso, i pagamenti devono essere contenuti entro i limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.

 

Come già le leggi finanziarie precedenti, il disegno di legge finanziaria per il 2006 si avvale della predetta facoltà di limitare la impegnabilità dei fondi stanziati con le leggi pluriennali, esposte in Tabella F, contrassegnando le disposizioni legislative esposte nella tabella con i numeri 1, 2 o 3 che stanno ad indicare:

-          n. 1, che le quote degli anni 2007 ed esercizi successivi non sono impegnabili;

-          n. 2, che le quote degli anni 2007 e successivi sono impegnabili al 50%;

-          n. 3, che le quote degli anni 2007 e successivi sono interamente impegnabili nell’esercizio 2006.

 

Sono comunque fatti salvi gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2004 e quelli derivanti da spese in annualità.

 

Analogamente alle precedenti leggi finanziarie, nella tabella F si prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare nel 2006 le risorse relative agli anni successivi, con due eccezioni, per le quali le quote relative agli anni 2007 e successivi non sono impegnabili:

-          legge n. 354/1998, articolo 3, per quanto concerne il potenziamento degli itinerari ferroviari (settore 11);

-       legge n. 398/1998, disposizioni finanziarie a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese (settore 27).


Articolo 1, comma 394
(Eccedenze di spesa)

 

394. In applicazione dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le misure correttive degli effetti finanziari di legge di spesa sono indicate nell'allegato 1 alla presente legge.

 

 

Analogamente a quanto previsto a decorrere dalla legge finanziaria per il 2004, il comma 394 dispone l’approvazione dell’allegato 1, nel quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche voci di bilancio (cd. eccedenze di spesa).

 

Il finanziamento di tali oneri viene disposto in attuazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978, introdotto dal decreto-legge n. 194/2002 (c.d. decreto-legge “tagliaspese”), ai sensi del quale nella legge finanziaria possono essere inserite misure correttive degli effetti finanziari di leggi in relazione alle quali, in fase di attuazione, si sono verificati scostamenti rispetto alle previsioni.

La formulazione della legge n. 468/1978 fa peraltro riferimento a “misure correttive”, che potrebbero anche configurarsi come interventi di revisione delle disposizioni che hanno dato luogo a maggiori oneri, in modo da evitare l’emersione di ulteriori scostamenti, piuttosto che come la semplice attribuzione di finanziamenti aggiuntivi.

 

Il decreto legge 6 settembre 2002 n. 194, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", (cosiddetto decreto "tagliaspese"), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246, ha previsto che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime (articolo 1, comma 1, lett. a), che novella l’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468/1978).

Nel caso in cui, in fase di attuazione, si determinino oneri superiori ai limiti della spesa espressamente autorizzata, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose (lett. b) dell’articolo 1, comma 1.

In ogni caso, qualora dall’attuazione di disposizioni di legge si determinino, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2 del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).

Il D.L. n. 194/2002 ha, tuttavia, stabilito che misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge).

Ha inoltre disposto che in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).

 

Le eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 dispone il finanziamento ammontano a 2.712 milioni di euro per il 2006, a 696 milioni di euro per il 2007 e a 756 milioni di euro per il 2008.

Peraltro, negli stanziamenti riferiti al 2006 è compreso anche il finanziamento di oneri riferite ad esigenze degli anni pregressi, per un importo complessivo di 2.016 milioni di euro.

La copertura di una quota di tali oneri, pari a 403 milioni di euro e riferita a spese di giustizia, viene effettuata nella forma di regolazioni debitorie.

 

Si segnala, altresì, che l’incidenza sull’indebitamento netto delle eccedenze di spesa risulta notevolmente inferiore all’ammontare dei finanziamenti aggiuntivi iscritti nel bilancio dello Stato.

In particolare, per il 2006, a fronte di nuovi finanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per 2.712 milioni di euro, viene computato un incremento delle spese rilevanti ai fini della determinazione dell’indebitamento netto per 589 milioni di euro.

 

Le disposizioni di legge per le quali l’allegato 1 prevede il finanziamento dei maggiori oneri, sono riconducibili a tipologie di autorizzazioni di spesa assai differenziate.

 

 


Ministero dell’Economia e delle finanze

 

Legge 157/1999, L. 156/2002 – Fondo spese elettorali partiti politici (UPB 3.1.2.23- cap. 1638)

2006

2007

2008

Anno terminale

40.000

40.000

40.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, lo stanziamento del fondo per le spese elettorali dei partiti e movimenti politici, pari a euro 160.819.045, risulta fissato ai sensi delle leggi n. 157/1999 e n. 156/2002, che hanno determinato l'onere complessivo annuo per i rimborsi delle spese elettorali sostenute da movimenti o partiti politici per le campagne per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali. Il rimborso delle predette spese avviene ripartendo annualmente, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, i diversi fondi per il rinnovo di ciascuno degli organi sopracitati.

L'ammontare di ciascuno dei quattro fondi relativi agli organi in parola viene fissato, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, in base all'ammontare risultante dalla moltiplicazione dell'importo di euro 1,00 per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati. Per effetto delle richiamate disposizioni, pertanto, l'ammontare annuo del suddetto onere complessivo è da considerare variabile, dipendendo, rispettivamente, dal numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali per ciascuna consultazione, nonché dalla cadenza dei rinnovi degli organi in questione.

In tale situazione, il presumibile onere effettivo a regime, stimando in 50 milioni il numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali per ciascun fondo, senza considerare eventuali elezioni anticipate, referendum, ed elezioni suppletive, si attesta a circa 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2005.

Pertanto, il citato importo di euro 160.819.045 è da intendersi una previsione di spesa, ai sensi dell'articolo l11-ter della legge n. 468/1978, tenuto conto anche della circostanza che nel corso dell'anno 2005, mediante prelevamento dal fondo spese obbligatorie, si è dovuto provvedere ad una integrazione del fondo per l'importo di 39 milioni di euro circa, a seguito dell'insufficienza dello stanziamento complessivo per sostenere la maggiore spesa a decorrere dal 2005 derivante dal rinnovo dei consigli regionali.

Tenuto conto che la richiamata eccedenza di spesa, quantificabile a regime in circa 40 milioni di euro, presenta carattere di continuità nel tempo, è stata ritenuta necessaria l'inclusione della stessa, a decorrere dall'anno 2006, tra le ecccedenze di spesa.

 

 

D.P.R. n. 915/1978 – Pensioni di guerra (UPB 2.1.2.3 – cap. 1316)

2006

2007

2008

Anno terminale

65.000

65.000

65.000

P

 

 

Legge n. 335/1995, art. 2 – Assegni e medaglie al valor militare (UPB 3.1.6.1 – cap. 2198)

2006

2007

2008

Anno terminale

120.000

120.000

120.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, ai sensi del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra di cui al DPR n. 915/1978 e della riforma pensionistica di cui alla legge n. 335/1995, i pagamenti relativi a pensioni e assegni di guerra, a assegni di medaglia e a pensioni privilegiate tabellari vengono complessivamente effettuati dalle strutture periferiche del Ministero dell'economia e delle finanze attraverso l'emissione di ruoli di spesa fissa, predisposti dal Servizio Centrale per il Sistema Informativo Integrato SCSII del medesimo Ministero e della Banca d'Italia.

Tali modalità di pagamento, peraltro, determinano la difficoltà di conoscere presuntivamente l'effettivo andamento della spesa.

In tale situazione, rispetto agli stanziamenti di bilancio, che costituiscono il limite di spesa ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al decreto legge n. 194 del 2002, emergenti sulla base dei dati di consuntivo, che è presumibile potranno riproporsi anche per l' anno in corso.

Tali maggiori esigenze presunte, stimate sulla scorta dei dati di consuntivo dell'anno 2004, si ritiene debbano essere incluse, a decorrere dal prossimo esercizio, nell'ambito delle misure correttive del disegno di legge finanziaria 2006.

 

 

Legge n. 515/1993 – Agevolazioni tariffarie elettorali Poste (3.1.2.4 – cap. 1496)

2006

2007

2008

Anno terminale

22.500

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 39,5 milioni di euro per il 2005.

 

 

Legge n. 67/1988, – Fondo editoria – agevolazioni tariffarie postali(3.1.2.43 – cap. 1850)

2006

2007

2008

Anno terminale

10.700

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 80,5 milioni di euro per il 2005 e di 46 milioni di euro a decorrere dal 2006.

 

Secondo la relazione tecnica, le risorse da assegnare a Poste italiane Spa per il rimborso delle spese sostenute in relazione ad obblighi tariffari disciplinati dalla normativa vigente derivano dalle agevolazioni concesse, rispettivamente, in favore delle imprese editrici e delle organizzazioni non profit, nonché a seguito di consultazioni elettorali (iscritte sul cap. 14961Economia.

Per quanto riguarda le agevolazioni all'editoria, in applicazione dell'articolo 3 del decreto legge n. 353/2003 (convertito dalla legge n. 46/2004), la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede al rimborso in favore della menzionata società della somma corrispondente all'ammontare delle riduzioni tariffarie complessivamente applicate, nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli del bilancio autonomo della Presidenza medesima.

La citata normativa, fissando espressamente un limite di spesa alle agevolazioni tariffarie editoriali, determina l'impossibilità dell'insorgenza di nuovi oneri per il bilancio dello Stato derivanti dalla concessione delle agevolazioni. Lo stesso avviene per le agevolazioni tariffarie elettorali, per le quali lo stanziamento di bilancio costituisce un tetto di spesa, ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al decreto-legge n. 194 del 2002, convertito dalla legge n. 246 del 2002.

In tale contesto normativo, sono pervenute le segnalazioni del competente Dipartimento del Tesoro in ordine a maggiori oneri sostenuti da Poste Italiane per le predette agevolazioni, rispetto ai corrispondenti rimborsi statali, iscritti a credito nel proprio bilancio.

Tali maggiori esigenze si ritiene debbano essere incluse nell'ambito delle misure correttive del disegno di legge finanziaria 2006.

 

 

 

 

Legge n. 416/1981 – Telecom agevolazioni editoria anni ’97-’99 (3.1.2.4 – cap. 1501)

2006

2007

2008

Anno terminale

18.069

-

-

2006

 

Secondo la relazione tecnica, le risorse da assegnare ai gestori telefonici per il rimborso delle spese sostenute in relazione ad obblighi tariffari disciplinati dalla normativa vigente, rientrano nell'ambito delle agevolazioni concesse in favore dell'editoria ai sensi della legge n. 416/1991

Le predette spese conseguono al complesso delle riduzioni tariffarie applicate e consuntivate negli anni precedenti dai gestori telefonici. Al rimborso si provvede con i fondi stanziati costituiscono limite di spesa.

In relazione a tale contesto normativo, il competente Dipartimento del Tesoro ha segnalato che negli anni 1997 e 1999 i gestori hanno sostenuto per le predette agevolazioni un maggior onere, pari complessivamente ai 18 milioni di euro, rispetto ai corrispondenti rimborsi statali e, pertanto, tale importo è da considerare quale eccedenza di spesa rispetto ai citati stanziamenti di bilancio.

 

 

D.L. n. 487/1993, art. 6, comma 5 – IPOST (3.1.2.19 – cap. 1620)

2006

2007

2008

Anno terminale

10.000

-

60.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, l'articolo 6, comma 7, della legge n. 71 del 1994, ha attribuito all'IPOST la gestione relativa al trattamento di quiescenza dei dipendenti di Poste italiane andati in pensione a decorrere dal 1° agosto 1994, ponendo l’onere in parte a carico dello stesso IPOST e in parte a carico dello Stato in misura proporzionale alla durata del servizio prestato presso l'Ente Poste Italiane e l'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni.

Per tali finalità, in aggiunta alle risorse stanziate in bilancio sono state successivamente destinate nel corso degli anni, ai sensi dell' art. 1, comma 1, lett. i-quater, della legge 468/1978, ulteriori risorse, tenuto conto dell'andamento crescente della spesa.

Tuttavia, tenuto conto del maggior fabbisogno comunicato dal Commissario liquidatore dell'IPOST per l'anno 2005, pari a circa 700 milioni di euro complessivi, e dell'ulteriore crescita dell'onere a regime, fissato in 870 milioni di euro a decorrere dal 2008, si è ritenuto di dover includere le relative eccedenze rispetto ai predetti stanziamenti di bilancio nell'ambito delle misure correttive previste dal disegno di legge finanziaria.

 

 

Legge n. 81/1986 – Accordo Lome (3.1.2.24 – cap. 1647)

2006

2007

2008

Anno terminale

112.000

-

-

2006

 

Secondo la relazione tecnica, le risorse destinate ad assicurare la partecipazione italiana alla ricostituzione del Fondo Europeo di Sviluppo risultano in bilancio  per l'importo annuo di 350 milioni di euro, e concernono la concessione di contributi a fondo perduto a sostegno di programmi di sviluppo del Paesi ACP (Africa, Carabi, Pacifico), ai sensi della legge n. 81 del 1986 e successive modifiche.

La citata normativa non fissa espressamente un limite ai suddetti contributi, concernenti l'esecuzione di accordi internazionali, e pertanto lo stanziamento costituisce un tetto di spesa.

Peraltro, tenuto conto della maggior capacità di assorbimento dei Paesi beneficiari e della prevista attivazione di molti progetti già approvati in occasione di precedenti ricostituzioni del fondo in parola, è da ritenere che le erogazioni del FES avranno tendenzialmente un profilo ascendente.

 

 

Decreto legislativo n. 56/2000– Federalismo fiscale – Compartecipazione IVA(4.1.2.18 – cap. 2862)

2006

2007

2008

Anno terminale

767.829

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 740 milioni di euro per il 2005.

 

 

Legge n. 59/1997 – Federalismo amministrativo(4.1.2.17 – cap. 2856)

2006

2007

2008

Anno terminale

116.611

100.000

100.000

2008

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 77 milioni di euro per il 2005.

 

Secondo la relazione tecnica, il decreto legislativo n. 56 del 2000, che ha istituito la compartecipazione delle regioni a statuto ordinario all'IVA, ha previsto, al comma 2 dell'articolo 2, la rideterminazione della compartecipazione medesima per ciascun anno sulla base del gettito IVA complessivo realizzato nel penultimo anno precedente a quello in considerazione, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE.

In applicazione della predetta normativa, si rende necessario l'adeguamento della compartecipazione regionale calcolata sulla base del gettito IVA per l'anno 2003, già determinata in via presuntiva in sede di quantificazione delle previsioni iniziali per il corrente esercizio, che comporterà un maggior onere di euro 767.829.165 rispetto alle assegnazioni di bilancio per le medesime finalità, in conseguenza di quanto deliberato dal CIPE in sede di riparto del fabbisogno sanitario per l'anno 2005.

Inoltre, per quanto concerne le risorse del federalismo amministrativo non transitate nell'ambito della compartecipazione IVA, si è verificato per l'anno 2005 un fabbisogno aggiuntivo di 116.610.368,66 euro complessivi, da includere anch'esso nell'ambito delle misure correttive, relativo alle risorse da trasferire alle regioni in materia di salute umana ai sensi del decreto legislativo n. 112/1998.

 

 

Ministero del Lavoro e delle politiche sociali

 

Legge n. 53/2000, artt. 19 e 20, e legge n. 104/1992, art. 33 – Agevolazioni a familiari di persone con handicap(7.1.2.3 – cap. 3525)

2006

2007

2008

Anno terminale

37.829

-

-

2006

 

 

D.L. n. 546/1996, art. 1, e legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 43, comma 1 – Oneri per pensionamenti anticipati (11.1.2.7 – cap. 4354)

2006

2007

2008

Anno terminale

9.004

-

-

2006

D.L. n. 267/1972, art. 23-bis - Rivalutazione delle pensioni riguardanti i cittadini italiani rimpatriati dalla Libia(11.1.2.7 – cap. 4356)

2006

2007

2008

Anno terminale

2.090

-

-

2006

 

 

Legge n. 88/1989, art. 37 – Sgravi contributivi (11.1.2.9 – cap. 4363)

2006

2007

2008

Anno terminale

266.032

-

-

2006

 

 

D.L. n. 103/1991, art. 4 – Ricostituzione dell’assicurazione generale obbligatoria dei periodi di lavoro effettuati in Libia (11.1.2.10 – cap. 4367)

2006

2007

2008

Anno terminale

3.355

-

-

2006

 

 

Legge n. 449/1997, art. 4, commi 17 e 21, e legge n. 448/1998, art. 3, comma 5 – Oneri per contributi sotto forma capitaria per imprese operanti in particolari territori (11.2.3.1 – cap. 7762)

2006

2007

2008

Anno terminale

19.590

-

-

2006

 

Secondo la relazione tecnica, per quanto riguarda i trasferimenti dal bilancio dello Stato all'INPS, sono state individuate, sulla base del rendiconto del predetto Istituto per l'anno 2003, alcune autorizzazioni di spesa per le quali è necessario, limitatamente alle agevolazioni contributive e alle prestazioni erogate nel 2003, integrare le relative autorizzazioni di spesa.

La disposizione costituisce di fatto una regolazione di effetti contabili, riferita ai risultati del bilancio consuntivo INPS per il 2003; pertanto, riferendosi a agevolazioni e prestazioni già erogate nel 2003, essa non ha alcun effetto sul conto delle pubbliche amministrazioni, in quanto tutte le eccedenze di spesa interessate sono già state considerate, nel medesimo conto, secondo il loro effettivo ammontare.

 

 

Ministero della Giustizia

 

D.P.R. n. 115/2002, art. 64 – Spese di giustizia(2.1.2.1 – capp. 1360 e 1364 n.i.)

2006

2007

2008

Anno terminale

603.000

200.000

200.000

2008

 

Il finanziamento per il 2006 avviene, per un importo di 403 milioni di euro, a titolo di regolazione debitoria.

La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 214 milioni di euro per il 2004 e di 40 milioni di euro per il 2005 e per il 2006; la legge finanziaria per il 2005 stanziava per il 2005 ulteriori 373,5 milioni di euro.

 

Secondo la relazione tecnica, ai dati comunicati dai funzionari delegati alla gestione delle spese di giustizia e relativi sia al rimborso delle anticipazioni effettuate da Poste Italiane S.p.a. sia alle ritenute ed alle imposte da versare (artt. 183-186 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, D.P.R. n. 115/2002) è emerso un debito pari a 203 milioni di euro così costituito:

162 milioni di euro per consentire l’estinzione delle anticipazioni effettuate per spese di giustizia da Poste Italiane Spa e il versamento delle ritenute ed imposte dell'esercizio 2004;

17 milioni di euro per consentire l’estinzione delle anticipazioni effettuate per compensi alla magistratura onoraria e il versamento delle ritenute ed imposte dell'esercizio 2004;

24 milioni di euro quali maggiori esigenze connesse alle anticipazioni effettuate per spese di giustizia da Poste Italiane Spa nonché per imposte relative all'esercizio 2003.

In relazione alla suddetta situazione debitoria e tenendo presente le effettive esigenze che si stanno manifestando nel corso del corrente esercizio, viene previsto un aumento delle risorse finanziarie riguardanti le spese di giustizia pari a 200 milioni di euro per l'anno 2005 e confermato tale aumento a decorrere dall'anno 2006.

 

 

Ministero dell'Interno

 

Legge n. 388/2000, art. 64 – Fondo ordinario enti locali (ristoro minori entrate ICl)(2.1.2.6 – cap. 1316)

2006

2007

2008

Anno terminale

377.808

90.939

90.939

P

 

In base alla relazione tecnica, l'articolo 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha disposto, con decorrenza dall'anno 2001, che i minori introiti ICI registrati dai comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall'autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D sono compensati con corrispondente aumento dei trasferimenti erariali.

Per l'attuazione di detta disposizione, a partire dall'anno 2001, la dotazione del cap. 1316 del Ministero dell'interno é stato incrementata dell'importo di 12.911.420 euro.

La norma non ha proceduto ad una quantificazione dell'onere, per cui gli stanziamenti sono iscritti in bilancio sulla base delle certificazioni acquisite dal Ministero dell'interno.

A seguito delle richieste a tal fine formulate dal predetto Dicastero, si rende necessario provvedere integrare la dotazione del citato cap. 1316 del complessivo importo di euro 377.808.000 per l'anno 2006, di cui euro 286.870.000 per gli anni 2005 e precedenti ed euro 90.939.000 per gli anni 2006 e successivi.

AI riguardo, secondo la relazione tecnica, i rimborsi statali in esame non hanno effetto sull'indebitamento netto, in quanto le spese degli enti locali sono regolate dal Patto di stabilità interno e non hanno alcuna correlazione con il volume delle entrate.

 

 

Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio

 

Legge n. 488/1988 – Convenzione sulla sorveglianza continua e la valutazione del trasporto a lunga distanza di inquinanti atmosferici in Europa (EMEP)(4.1.2.2 – cap. 2225)

2006

2007

2008

Anno terminale

294

147

147

P

 

Secondo la relazione tecnica, la Convenzione EMEP stabilisce tra l’altro il pagamento di una quota associativa al Segretariato della Convenzione sulla sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a lunga distanza di inquinanti atmosferici in Europa. Poiché, dall'anno 2005 tale quota é stata aumentata, si rende necessario provvedere all'integrazione dello stanziamento della relativa autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 488 del 1988.

 

 

Legge n. 743/1980 – Accordo italo-franco–monegasco RA.MO.GE (4.1.2.2 – cap. 2226)

2006

2007

2008

Anno terminale

33

15

15

P

 

Secondo la relazione tecnica, l'accordo italo franco monegasco di cui alla legge n. 743 del 1980, in materia di protezione delle acque del litorale mediterraneo, prevede tra l'altro il pagamento di un contributo obbligatorio al Segretariato Generale della Commissione dell'accordo italo franco monegasco RA.MO.GE. Dall'anno 2005 è aumentato il fabbisogno finanziario per la corresponsione del predetto contributo.

 

 

Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

 

Legge n. 169/1975, art. 2 – Sovvenzioni società di navigazione (4.1.2.2 – cap. 2041)

2006

2007

2008

Anno terminale

29.900

-

-

2006

 

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 81 milioni di euro per il 2005 e di 27 milioni di euro a decorrere dal 2006.

Si segnala che il comma 11 prevede una riduzione dello stanziamento in bilancio relativo alla eccedenza di spesa disposta dalla legge finanziaria per il 2005.

 

Secondo la relazione tecnica, la stima aggiornata del fabbisogno di sovvenzione per l'anno 2005 delle Società del Gruppo Tirrenia ammonta a circa euro 211.800.000 a fronte di uno stanziamento iscritto in bilancio di euro 181.900.000.

Tale scostamento é da ascrivere all'aumento del costo del combustibile, a cui si é aggiunto il deprezzamento dell' euro rispetto al dollaro (valuta di riferimento nelle quotazioni dei combustibili) e all'andamento negativo del traffico.

L'incremento di spesa é calcolato per il solo anno 2005 in considerazione del fatto che, a decorrere dall'anno 2006, alle Società del Gruppo Tirrenia dovrebbe essere applicato un nuovo regime di convenzioni dal quale conseguirebbe un fabbisogno finanziario complessivo minore rispetto allo stanziamento di euro 211.800.000.

 


 

Ministero della salute

 

Legge n. 210/1992 – Indennizzo vittime trasfusioni e somministrazione emoderivati (2.1.2.12 – cap. 2400)

2006

2007

2008

Anno terminale

80.000

80.000

80.000

P

 

Secondo la relazione tecnica, la legge 25 febbraio 1992, n. 210, ha stabilito che chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità plico fisica, ha diritto a un indennizzo da parte dello Stato.

Nel corso degli anni, lo stanziamento previsto, pari a euro 27.191.084, si é dimostrato insufficiente a coprire il totale degli indennizzi e risarcimenti richiesti.

In particolare, nell'ultimo triennio 2003-2005, si é verificata la necessità di integrare lo stanziamento con conseguente ricorso al prelevamento delle predette somme dal fondo speciale per le spese obbligatorie e d'ordine.

Al fine di evitare ritardi nelle erogazioni delle somme dovute ai soggetti danneggiati, a causa delle lungaggini derivanti dall'applicazione delle procedure amministrativo-contabili, si è ritenuto necessario l'inserimento della predetta norma tra le eccedenze di spesa del disegno di legge finanziaria per il 2006.


Articolo 1, comma 395
(Fondi unici investimenti)

 

395. In applicazione dell'articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell'allegato 2 alla presente legge.

 

 

Con il comma 395 viene approvato l’allegato 2 al disegno di legge finanziaria, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, in applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001).

 

L’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001) ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di un fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa. Nel fondo confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati[224].

Le nuove autorizzazioni di spesa per investimenti, che confluiscono nei Fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione di ciascun Ministero, devono mantenere una autonoma evidenziazione contabile in allegato delle corrispondenti autorizzazioni legislative.

A decorrere dal 2003, i fondi per gli investimenti possono essere rifinanziati nella Tabella D della legge finanziaria per i tre anni del bilancio pluriennale.

Il comma 4 dell’articolo 46 ha, inoltre, stabilito che in apposito allegato al disegno di legge finanziaria siano analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e gli stanziamenti che confluiscono in ciascuno dei fondi per gli investimenti da istituire nei singoli stati di previsione.

I fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione sono stati esposti, per la prima volta, nell’allegato 2 della legge finanziaria 2003, con l’indicazione delle singole autorizzazioni legislative (ed i relativi importi) che sono in essi confluite, per ciascun comparto omogeneo di spesa.

 

Nel disegno di legge finanziaria per l’anno 2006, in applicazione del comma 4 dell’articolo 46 della legge finanziaria 2002, è pertanto inserito l’allegato n. 2, di cui il comma in esame dispone l’approvazione.

 

L’allegato 2 reca l’indicazione dei fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi.

Come già nella legge finanziaria dello scorso anno, nell’allegato 2 del disegno di legge finanziaria per il 2006 viene esposta la proiezione triennale delle dotazioni dei Fondi e delle singole autorizzazioni di spesa che li compongono, anziché la dotazione relativa soltanto al primo anno del triennio.

 

Si segnala che gli importi indicati nell’Allegato 2 del disegno di legge iniziale (A.S. 3613) non coincidono con quelli del bilancio a legislazione vigente.

 

Nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613), i Fondi unici per gli investimenti risultano determinati nei seguenti importi (importi in euro):

 

Ministero

UPB

Settore

2006

2007

2008

Leggi

Economia[225]

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

18.523.000

18.523.000

15.523.000

2

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

82.566.931

70.108.931

70.108.931

2

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

94.175.915

94.175.915

94.175.915

3

4.2.3.9

Edilizia universitaria

90.000.000

-

-

1

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

271.438.772

77.331.772

77.331.772

15

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

69.000.000

69.000.000

69.000.000

1

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

136.310.995

28.702.995

13.102.995

6

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

188.742.376

188.742.376

188.742.376

5

 

 

TOTALE

950.757.989

546.584.989

527.984.989

35

 

Tali importi tuttavia risultano divergenti rispetto alle dotazioni delle U.P.B. del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente


Nel disegno di legge di bilancio a legislazione per il 2006 (A.S. 3614), infatti, gli stanziamenti iscritti nelle U.P.B. relative ai singoli Fondi unici per gli investimenti risultano i seguenti:

 

Ministero

UPB

Settore

BLV 2006

Economia

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

28.822.845

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

137.366.931

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

94.175.915

4.2.3.9

Edilizia universitaria

150.000.000

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

377.138.772

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

115.000.000

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

218.410.994

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

314.042.376

 

 

TOTALE STANZIAMENTI

1.434.957.833

 

 

Rispetto alle disponibilità a legislazione vigente, il disegno di legge finanziaria come modificato dal Senato determina alcune variazioni nella dotazione finanziaria dei singoli Fondi unici investimenti, per effetto di quanto disposto dalle tabelle D (rifinanziamenti), E (definanziamenti), nonché dalle disposizioni dell’articolato.

 

In particolare, con particolare riferimento all’anno 2006, si segnala quanto segue:

 

Ministero dell’economia e delle finanze:

§         Il Fondo investimenti incentivi alle imprese è stato ridotto di 10,3 milioni per ciascuna annualità del triennio, per effetto del definanziamento, in Tabella E, della legge n. 266/1997, art. 12, co. 2 (Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito);

 

Ministero della giustizia:

§         Il Fondo investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria è stato ridotto di complessivi 34,8 milioni. La variazione è determinata dai definanziamenti disposti in Tabella E, della legge n. 787/1931 (Istituti di previdenza e di pena) di 46,6 milioni, per ciascuna annualità del triennio, e del D.L. n. 201/2002 (Strutture amministrazione penitenziaria) di 8,2 milioni per il 2006, in parte compensati dal rifinanziamento disposto in Tabella D del Fondo per 20 milioni nel 2006, 20 milioni nel 2007 e 30 milioni nel 2008;

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca:

§         Il Fondo investimenti università e ricerca è stato incrementato di 85 milioni di euro per il 2006, per effetto del rifinanziamento, in Tabella D, di della legge n. 388/2000, art. 104, co. 4 (ricerca di base);

§         Il Fondo investimenti edilizia universitaria è stato ridotto di 60 milioni di euro per il 2006, quale definanziamento, in Tabella E, dell’unica autorizzazione legislativa di spesa indicata nel Fondo (legge n. 910/1986, art. 7, co. 8).

 

Ministero dell’ambiente:

§         Il Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale è stato incrementato di complessivi 134,3 milioni per il 2006.La variazione è determinata dai definanziamenti, in Tabella E,di 80 milioni della legge n. 183/1989 (Difesa del suolo), di 20 milioni del D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 (Rischio idrogeologico nella Regione Campania e misure di prevenzione per le aree a rischio), e di 5,7 milioni della legge n. 426/1998, art. 1, co. 1 (Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati). Sul Fondo sono altresì confluite le seguenti risorse: 140 milioni di euro, ai sensi del comma 305 del disegno di legge finanziaria, quale trasferimento delle risorse provenienti dal Fondo per le esigenze di tutela ambientale, che è stato inglobato nel Fondo unico, e ulteriori 100 milioni ai sensi del comma 306 del disegno di legge finanziaria, quale finanziamento per il 2006 delle misure previste per l’attuazione del Protocollo di Kyoto;

 

Ministero della difesa:

§         Il Fondo per la ricerca scientifica: la dotazione del Fondo a legislazione vigente, pari nel ddl di bilancio (A.S. 3614) a 115 milioni di euro, è stata ridotta a 69,469 milioni, ai sensi dell’elenco 2 allegato al comma 9 del disegno di legge finanziaria, che reca la rideterminazione della dotazione delle UPB del bilancio dello Stato relative agli investimenti fissi lordi. A tale diminuzione dello stanziamento ai sensi dell’elenco 2 (-45,5 milioni) si è aggiunto il definanziamento in Tabella E di 46 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio del D.Lgs. n. 264/1997 (Riorganizzazione dell’area centrale del Ministero della difesa);

 

Ministero delle politiche agricole:

§         Il Fondo investimenti agricoltura, foreste e pesca è stato ridotto di 82,1 milioni di euro per il 2006 e di 10,4 milioni per il 2007 a seguito del definanziamento del Fondo disposto in Tabella E;

 

Ministero per i beni culturali:

§         Il Fondo investimenti relativo al patrimonio culturale è stato ridotto di 126 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio a seguito dei definanziamenti disposti in Tabella E di 30,9 milioni di euro della legge n. 662/1996, art. 1, co. 83 (Devoluzione degli utili del lotto ai beni culturali), di 2 milioni di euro della legge n. 29/2001, art. 3, co. 1 (Piano per l’arte contemporanea); 0,2 milioni di euro del D.Lgs. n.. 127/2003 (Riordino del CNR) e di 92,2 milioni del Fondo stesso.

 

Come emerge dalle indicazioni sopra riportate, nella maggior parte dei casi i rifinanziamenti disposti dalla Tabella D (nonché i definanziamenti di Tabella E non si riferiscono ai Fondi unici, come sembrerebbe richiedere la disciplina dettata dall’articolo 46 della legge n. 448/2002, ma continuano ad essere operate con riferimento alle distinte autorizzazioni di spesa comprese in ciascun Fondo.

 

Conseguentemente, la dotazione dei Fondi unici per gli investimenti nel 2006 per effetto delle modifiche apportate dal disegno di legge finanziaria sopra richiamate, come approvato dal Senato, risulterebbe così rideterminata (sono indicati in grassetto i fondi per i quali lo stanziamento risulta modificato rispetto a quello previsto nel bilancio a legislazione vigente):

 

Ministero

UPB

Settore

Dotazione 2006

Economia

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

18.522.845

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

102.566.931

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

179.175.915

4.2.3.9

Edilizia universitaria

90.000.000

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

511.438.772

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

23.469.200

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

136.310.995

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

188.742.376

 

 

TOTALE STANZIAMENTI

1.250.227.034

 

 

Per quanto concerne la procedura di ripartizione dei Fondi per gli investimenti, l'articolo 46, comma 5, della legge n. 448/2001 ha disposto che i Ministri competenti presentino annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, una relazione nella quale siano individuate le destinazioni delle disponibilità di ciascun fondo.

In assenza di una specifica disposizione di legge si applica il termine di 20 giorni dalla data dell’assegnazione, fissato in generale per l’espressione del parere sugli atti del Governo, dall’articolo 143, comma 4, del Regolamento della Camera dei Deputati.

 

Successivamente all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, gli stanziamenti iscritti nei fondi unici sono trasferiti ai capitoli di spesa relativi ai singoli interventi.

Nell’ambito della legge di bilancio, infatti, gli stanziamenti relativi ai fondi unici per gli investimenti sono allocati in un’unica unità previsionale di base e, all’interno di essa, in un unico capitolo.

Nella legge di bilancio sono comunque mantenuti i capitoli corrispondenti alle singole autorizzazioni di spesa confluite nei fondi. Relativamente a tali capitoli, nella voce di competenza è riportata l’indicazione “per memoria”; per la cassa, invece, si trova iscritta una autorizzazioni di spesa, che è correlata alla presenza di residui.

Con la ripartizione delle disponibilità di ciascun fondo per gli investimenti, i capitoli relativi ai singoli interventi saranno dotati, in conto competenza, delle risorse indicate nella relazione concernente la ripartizione del fondo, come eventualmente modificata a seguito delle indicazioni delle competenti Commissioni parlamentari; conseguentemente saranno adeguate anche le autorizzazioni di cassa.


Articolo 1, comma 396
(Copertura finanziaria)

 

396. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.

 

 

Il comma 396 dispone, ai fini del rispetto delle regole di copertura della legge finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.

 

L’articolo 11, comma 5 della legge n. 468/1978, e successive modificazioni, prevede che la legge finanziaria possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi del successivo articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

 

La disposizione comporta che le nuove o maggiori spese correnti previste nel disegno di legge finanziaria (compresi gli accantonamenti di tabella A), nonché le riduzioni di entrata debbano trovare copertura in nuove o maggiori entrate di parte corrente, vale a dire entrate da iscriversi nei titoli I e II (rispettivamente entrate tributarie ed entrate extratributarie), e in riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

Ne consegue il divieto di ricorrere, per la copertura finanziaria di oneri correnti, a risorse (maggiori entrate o riduzioni di spesa) di conto capitale.

 

Nell’ambito di una lettura sistematica delle disposizioni dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, formulata nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 di Camera e Senato, è stata ammessa l’interpretazione secondo la quale gli oneri correnti introdotti dalla legge finanziaria possono essere coperti anche ricorrendo all’eventuale miglioramento del risparmio pubblico[226] risultante dal progetto di bilancio a legislazione vigente rispetto all’analogo saldo come determinato nell’assestamento di bilancio relativo all’esercizio in corso.

In conformità all’interpretazione richiamata, pertanto, il vincolo di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria va inteso nel senso che la legge finanziaria non può determinare un peggioramento del risparmio pubblico rispetto alla più recente previsione assestata (o al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo evidenzi un saldo peggiore di quello dell’assestamento relativo all’anno precedente).

 

Il prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria in esame evidenzia oneri di natura corrente pari a 11.669 milioni di euro per il 2006, 7.317 milioni di euro per il 2007 e 6.942 milioni di euro per il 2006.

Gli oneri indicati nel prospetto sono riconducibili a:

-          nuove o maggiori spese correnti determinate dall’articolato (10.465 milioni di euro per il 2006, 6.491 milioni di euro per il 2007 e 6.374 milioni di euro per il 2008);

-          accantonamenti nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, per i quali viene indicato il valore corrispondente alla differenza rispetto allo stanziamento a legislazione vigente, al netto delle regolazioni debitorie (389 milioni di euro per il 2006, 279 milioni di euro per il 2007 e 269 milioni di euro per il 2008);

-          stanziamenti di parte corrente di Tabella C; anche in questo caso il prospetto di copertura reca, relativamente alle voci della tabella di parte corrente, la differenza rispetto allo stanziamento a legislazione vigente (136 milioni di euro per il 2006);

-          minori entrate correnti determinate dall’articolato (679 milioni di euro per il 2006, 548 milioni di euro per il 2007 e 299 milioni di euro per il 2008).

 

A fronte degli oneri correnti sopra indicati, il prospetto evidenzia mezzi di copertura per 15.479 milioni di euro per il 2006, 14.144 milioni di euro per il 2007 e 14.212 milioni di euro per il 2008.

Rispetto all’ammontare complessivo degli oneri da coprire risulta disponibile un ulteriore margine di copertura per 3.810 milioni di euro per il 2006, 6.826 milioni di euro per il 2007 e 7.270 milioni di euro per il 2008.

 

Non risulta, pertanto, utilizzato nel prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria per il 2006, il miglioramento del risparmio pubblico risultante dal bilancio a legislazione vigente del 2006 rispetto all’assestamento per il 2005 (pari a 3.730 milioni di euro per il 2006, a 9.290 milioni di euro per il 2007 e a 18.625 milioni di euro per il 2008).

 

Come emerge dal prospetto, gli oneri di parte corrente derivanti dalle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria sono in massima parte coperti a valere sulle maggiori entrate nette derivanti dal decreto-legge n. 203/2005, “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.

Le maggiori entrate nette derivanti dal decreto-legge n. 203/2005 vengono, infatti, utilizzate a copertura degli oneri del disegno di legge finanziaria per 7.293 milioni di euro per il 2006 (su un totale dei mezzi di copertura pari a 15.479 milioni di euro), per 7.620 milioni di euro per il 2007 e per 7.808 milioni di euro per il 2008 (su un totale dei mezzi di copertura pari, rispettivamente, a 14.144 e 14.212 milioni di euro).

 


PROSPETTO DI COPERTURA

(Articolo 1, comma 396)

copertura legge finanziaria

2006

2007

2008

 

 

(importi in milioni di euro)

 

1)   ONERI DI NATURA CORRENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori spese correnti

 

 

 

 

Articolato:

10.465

6.491

6.374

 

Pubblico impiego

1.213

1.210

1.211

 

Eccedenze di spesa

2.289

696

756

 

Missioni di pace

1.000

0

0

 

Spesa sociale

1.483

1.027

1.030

 

Riduzione costo lavoro

1.996

2.429

2.518

 

Bonus figli

788

0

0

 

Autotrasporto

475

0

0

 

LSU Scuola

370

370

370

 

Altri interventi

850

756

487

 

Effetti indotti

2

2

2

 

Tabella “A”

389

279

269

 

Tabella “C”

136

0

0

 

Minori entrate correnti

 

 

 

 

Articolato:

679

548

299

 

Sgravi fiscali

679

548

299

 

Totale oneri da coprire

11.669

7.317

6.942

 

 

 

 

 

 

2)   MEZZI DI COPERTURA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori entrate

 

 

 

 

Articolato:

5.083

3.038

2.910

 

Interventi vari

2.614

208

208

 

Giochi

690

970

1.023

 

Rivalutazioni

912

34

37

 

Ammortamenti energia

970

877

877

 

Effetti indotti

76

949

765

 

Riduzione spese correnti

 

 

 

 

Articolato:

3.104

3.291

3.294

 

Pubblico impiego

7

7

7

 

Spese PA

1.570

1.575

1.578

 

Disposizioni per enti locali

50

35

35

 

Trasferimenti imprese

964

1.150

1.150

 

Altri interventi

365

376

377

 

Effetti indotti (effetto netto)

148

148

148

 

Tabella “C”

0

195

200

 

Decreto-legge 203/2005

7.293

7.620

7.808

 

Quota D.L. utilizzata a copertura spesa c/capitale

47

277

402

 

Totale mezzi di copertura

15.479

14.144

14.212

 

 

Differenza

3.810

6.826

7.270

 

Miglioramento risparmio pubblico a L V

3.730

9.290

18.625

Margine

7.540

16.116

25.895

 


Articolo 1, commi 397 e 398
(Applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome e coordinamento della finanza pubblica)

 

397. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

398. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

 

Il comma 397 introduce nel disegno di legge – con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Le disposizioni del disegno di legge finanziaria non modificano, in effetti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio – che discende peraltro dall’ordinario rapporto tra le due fonti – è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.

 

Il comma 398 stabilisce che le disposizioni del disegno di legge finanziaria per il 2006 costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

Tale previsione sembra rivolta a giustificare la competenza legislativa dello Stato, con specifico riferimento alle disposizioni che interessano le regioni e gli enti locali.

Ai sensi dell’articolo 117, comma terzo della Costituzione, il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente. Anche l’articolo 119, comma secondo della Costituzione prevede che le regioni e gli enti locali stabiliscano e applichino tributi ed entrate propri “secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.

Dal momento che si tratta di materia di legislazione concorrente, è riservata alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.


Articolo 1, comma 399
(Entrata in vigore)

 

399. La presente legge entra in vigore il 1º gennaio 2006.

 

 

Il comma 399 fissa al 1° gennaio 2006 l’entrata in vigore della legge finanziaria, in coincidenza con l’inizio dell’esercizio di bilancio.

 

 

 

 


 



[1]     Cfr. la seduta del 1° novembre 2005.

[2]     Convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 236.

[3]     Convertito con modificazioni dalla legge 153 del 1988.

[4]     L’assegno non costituisce il corrispettivo di un’opera prestata e l’onere grava non sul datore di lavoro ma su appositi fondi costituiti dai contributi da tutti i datori di lavoro.

[5]     Ai fini del diritto all’assegno devono essere considerati inclusi nel nucleo familiare (come risultante dal certificato di stato di famiglia, oltre al richiedente, i seguenti soggetti (Legge 153/1988, art. 2, comma 6):

-        il coniuge non separato, sia legalmente sia effettivamente;

-        i figli minorenni, compresi i c.d. “equiparati”;

-        i figli maggiorenni, ed i c.d. “equiparati”, qualora si trovino nell’impossibilità di lavorare a causa di infermità fisica o mentale e siano comunque orfani di entrambi i genitori, senza diritto alla pensione ai superstiti;

-        fratelli, sorelle e nipoti (in linea collaterale) minorenni;

-        fratelli, sorelle e nipoti (in linea collaterale) maggiorenni, qualora si trovino nell’impossibilità di lavorare a causa di infermità fisica o mentale e siano comunque orfani di entrambi i genitori, senza diritto alla pensione ai superstiti.

Sono invece considerati esclusi dal nucleo familiare, sempre ai fini della corresponsione dell’assegno familiare, i seguenti soggetti:

-        il coniuge legalmente ed effettivamente separato;

-        il coniuge che abbandona la famiglia (lo stato di abbandono deve essere dimostrato con certificazione anagrafica o con provvedimento di accertamento giudiziale);

-        i figli, le sorelle, i fratelli ed i nipoti coniugati del richiedente;

-        il coniuge ed i figli del cittadino straniero non residente in Italia, tranne nel caso di apposita convenzione internazionale.

[6]     L’assegno per il nucleo familiare costituisce un’erogazione incompatibile con qualsiasi altro trattamento di famiglia. In base a tale principio l’INPS ha in particolare escluso una doppia corresponsione dell’assegno nei seguenti casi:

-        lavoratore dipendente che sia contemporaneamente pensionato;

-        coniugi che abbiano entrambi titolo all’erogazione dell’assegno;

-        spettanza di trattamenti di famiglia diversi (di lavoro dipendente e di lavoro autonomo) in capo allo stesso soggetto (lavoratore dipendente che svolga come pensionato attività di lavoro autonomo), o in capo ai due coniugi.

Nei primi due casi l’assegno viene erogato relativamente alla posizione di pensionato; nella terza ipotesi viene erogato l’assegno e l’altro trattamento di famiglia può essere corrisposto a familiari considerati a carico anche se esclusi dal nucleo familiare individuato ai fini dell’assegno.

[7]     La stima è di 530.000 soggetti interessati.

[8]     La stima è di 1.615.000 soggetti interessati.

[9]     L’art. 11, comma 1, concerne le misure di sostegno all’accesso alle locazioni abitative. Il precedente stanziamento era di 217 milioni di euro.

[10]    Il quadro di riferimento normativo del Fondo per le politiche sociali e le sentenze della Corte costituzionale a tale riguardo sono analizzate nel dossier documentazione e ricerche n. 216.

[11]    Si ricorda che le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) sono sottoposte in base alla legislazione vigente, ai seguenti vincoli:

a)       lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori: assistenza sociale e socio sanitaria; assistenza sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla legge n. 1089/1939, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al DPR n. 1409/1963; tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’articolo 7 del D.Lgs. N. 22/1997; promozione della cultura e dell’arte; tutela dei diritti civili; ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata a università, enti di ricerca e altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo;

b)       l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale;

c)       il divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate alla lettera a) ad eccezione di quelle direttamente connesse;

d)       il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima e unitaria struttura;

e)       l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle a esse direttamente connesse;

f)         l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre ONLUS o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge n. 662/1996, salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

g)       l’obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;

h)       disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;

i)         l’uso, nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS”.

      Per espressa previsione normativa sono inoltre considerati in ogni caso ONLUS:

-        le organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 3 della legge n. 266/1991 (Legge-quadro sul volontariato), iscritte negli appositi registri regionali e delle province autonome di cui all’articolo 6, comma 1, della medesima legge;

-        le organizzazioni non governative, che operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, riconosciute idonee ai sensi dell’articolo 28 della legge n. 49/1987;

-        le cooperative sociali che hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini di cui all’articolo 1 della legge n. 381/1991.

      Sono inoltre riconosciute quali organizzazioni non lucrative anche le associazioni di promozione sociale riconosciute dal Ministero dell’Interno nonché gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato accordi, patti o intese, limitatamente allo svolgimento delle attività nei settori precedentemente elencati fatta eccezione per il divieto, previsto per la generalità delle associazioni non lucrative, di svolgere attività diverse da quelle previste dal decreto legislativo.

      Conformemente ai dettami dell’articolo 3, comma 189, lettera a),della legge delega n. 662 del 1996, sono esclusi dal regime tributario delle ONLUS: gli enti pubblici; le società commerciali diverse da quelle cooperative; le fondazioni bancarie; i partiti ed i movimenti politici; le organizzazioni sindacali; le associazioni di datori di lavoro; le associazioni di categoria.

      Gli enti che presentano i requisiti tipologici per essere inquadrati fra tali organizzazioni devono redigere lo statuto o l’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata.

      Presso il Ministero delle finanze è stata istituita l’anagrafe delle ONLUS, mentre non risulta ancora istituito l’organismo di controllo per gli enti non commerciali e le ONLUS, di cui all’articolo 3, comma 190, della citata legge n. 662 del 1996

      Ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 dicembre 2003 recante Disciplina delle associazioni di promozione sociale, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituito un registro nazionale al quale possono iscriversi le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale in possesso dei requisiti previsti dalla legge[11] costituite ed operanti da almeno un anno. Alla tenuta del registro provvede il Dipartimento per gli affari sociali.

      Le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale sono quelle che svolgono attività in almeno cinque regioni ed in almeno venti province del territorio nazionale. L'iscrizione delle associazioni a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati. Le regioni e le province autonome istituiscono, rispettivamente, registri su scala regionale e provinciale, cui possono iscriversi tutte le associazioni in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, che svolgono attività, rispettivamente, in àmbito regionale o provinciale.

[12]    Per quanto riguarda la quota di pertinenza statale è stato emanato il D.P.R. 10 marzo 1998, n. 76 “Regolamento recante criteri e procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale”, da ultimo, modificato ed integrato dal D.P.R. 23 settembre 2002, n. 250.

[13]    Con le leggi 22 novembre 1988, nn. 516 e 517 e successive modificazioni, recanti norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e, rispettivamente, l'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno e le Assemblee di Dio in Italia, è stata introdotta la possibilità che la scelta sulla destinazione dell'otto per mille dell'IRPEF possa essere effettuata anche a favore dell'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno (cfr. anche la legge n. 637/1996) e delle Assemblee di Dio in Italia, vincolando la destinazione dei fondi disponibili ad interventi sociali e umanitari anche a favore di paesi del terzo mondo. Successivamente, la legge 5 ottobre 1993, n. 409 ha esteso la possibilità di scelta anche in favore della Chiesa evangelica valdese, che può utilizzare le somme così ricevute esclusivamente per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all'estero, sia direttamente, attraverso gli enti aventi parte nell'ordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a livello nazionale ed internazionale. Con la legge 29 dicembre 1995, n. 520 tale possibilità di scelta è stata estesa anche in favore della Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI)”.

Infine, la disciplina relativa alla destinazione dell’8 per mille dell’IRPEF è stata estesa anche all'Unione delle Comunità ebraiche italiane (legge 20 dicembre 1996, n. 638): le somme assegnate possono essere utilizzate per attività culturali, per la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale, nonché per interventi sociali ed umanitari, volti in special modo alla tutela delle minoranze contro il razzismo e l’antisemitismo.

[14]    Testi in http://scaleplus.law.gov.au.

[15]    Testo in: www.irishstatutebook.ie/ZZA32Y2001.html.

[16]    Il quarto comma concerne "le pensioni o le indennità che tengono luogo di pensione corrisposte dallo Stato o dai singoli enti, gli assegni equivalenti a carico di speciali casse di previdenza, le pensioni e gli assegni di invalidità e vecchiaia corrisposti dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, gli assegni vitalizi e i capitali a carico di istituti e fondi in dipendenza del rapporto di lavoro".

[17]    La Commissione ha presentato, contestualmente alla comunicazione che istituisce per il periodo 2007-2013 il programma quadro “Diritti fondamentali e giustizia”, la proposta di decisione che istituisce il programma specifico “Lotta contro la violenza (Daphne) e prevenzione e informazione in materia di droga”; la proposta di decisione che istituisce il programma specifico “Diritti fondamentali e cittadinanza” e la proposta di decisione che stabilisce il programma specifico “Giustizia penale” (COM(2005)122).

[18]    Il citato decreto ministeriale ha sostituito la tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, recante la disciplina delle tasse sulle concessioni governative.

[19]    Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001).

[20]    Regolamento recante criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma dell'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

[21]    I soggetti all’imposta sul reddito delle società - IRES sono individuati dall’articolo 73 del TUIR.

[22]    Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

[23]    Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

[24]    Si ricorda che il testo originario del disegno di legge di bilancio prevedeva 6 miliardi di euro quali proventi da dismissioni immobiliari, ridotti a 1 miliardo a seguito dell’approvazione di un emendamento del Governo.

[25]    Cfr. audizione del ministro sul piano italiano per la crescita e lo sviluppo (PICO), svolta il 13 ottobre 2005 davanti alla XIV Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati.

[26]    Comunicazione del 5 febbraio 2005 “Lavoriamo insieme per la crescita e l’occupazione – Un nuovo slancio per la strategia di Lisbona” (COM (2005)24)

[27]    L’articolo 99 del Trattato CE prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.

      In base all’articolo 128 del trattato CE il Consiglio elabora annualmente gli orientamenti di cui devono tener conto gli Stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione; tali orientamenti devono essere coerenti con gli indirizzi di massima adottati a norma dell’articolo 99. Ciascuno Stato membro trasmette al Consiglio e alla Commissione una relazione annuale sulle principali misure adottate per l’attuazione della propria politica in materia di occupazione, alla luce degli orientamenti.

[28]    Le 4 gestioni sono:

a)   industria, per le attività: manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e distribuzione dell'energia, gas ed acqua; dell'edilizia; dei trasporti e comunicazioni; della pesca; dello spettacolo; per le relative attività ausiliarie;

b)   artigianato, per le attività di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

c)   terziario, per le attività: commerciali, ivi comprese quelle turistiche; di produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari; per le attività professionali ed artistiche: per le relative attività ausiliarie;

d)   altre attività, per le attività non rientranti fra quelle di cui alle lettere a), b) e c), fra le quali quelle svolte dagli enti pubblici, compresi lo Stato e gli enti locali, e quelle di cui all'articolo 49, comma 1, lettera e), della legge 9 marzo 1989, n. 88.

[29]    Il settore dell’agricoltura presenta una disciplina peculiare ai sensi degli articoli 205 e seguenti del DPR 1124/65.

[30]    Il principio di sussidiarietà orizzontale attiene alla regolazione dell'esercizio delle competenze fra singoli e formazioni sociali intermedie, da un lato, e poteri pubblici dall'altro. La sussidiarietà verticale viene invece in considerazione quale criterio di riparto delle competenze: "verso il basso", fra lo Stato e le sue articolazioni territoriali; "verso l'alto", fra lo Stato e l'Unione europea. Il principio di sussidiarietà trova oggi come è noto espressa menzione nella Costituzione, che all'articolo 118, quarto comma, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. La nozione era già richiamata dall’articolo 4, comma 3, lettera a) della legge n. 15 marzo 1997, n. 59 (prima “legge Bassanini”), secondo il quale il conferimento di funzioni agli enti territoriali deve osservare, tra gli altri, “il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”.

      Si ricorda infine che, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), “I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.

[31]    La disciplina applicativa dell’istituto è stata emanata con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 9 giugno 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 138 del 15 giugno 2004), recante disposizioni applicative del regime di tassazione del consolidato nazionale.

[32]    L’Agenzia delle entrate, con Circ. n. 53/E del 20 dicembre 2004, par. 4.2.5, rilevato che la disposizione citata non fissa alcun limite quantitativo entro il quale debba applicarsi la prevista esclusione, ha ritenuto “che l'irrilevanza reddituale debba riferirsi alle somme corrisposte o ricevute in contropartita nel limite massimo dell'imposta teorica cui le stesse somme siano commisurate (calcolata, ad esempio, sugli imponibili negativi o positivi trasferiti risultanti dalla dichiarazione di ciascuna società partecipante)”; in altri termini, poiché le posizioni di vantaggio e di mancato beneficio che danno origine al trasferimento delle somme in esame tra le società partecipanti al consolidato sono misurabili economicamente in termini commisurati all'imposta teorica riferibile al predetto vantaggio o mancato beneficio, “ne consegue che la norma in commento trova applicazione nel limite massimo delle somme pattuite con riguardo all'imposta teorica calcolata sul vantaggio/mancato beneficio trasferito”.

[33]    Il testo del nuovo accordo di Basilea può rinvenirsi, anche in traduzione italiana, nel sito internet della Banca dei regolamenti internazionali, all’indirizzo: http://www.bis.org/publ/bcbs107ita.htm.

[34]    Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un comitato di autorità di vigilanza bancaria istituito nel 1975 dai Governatori delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei dieci. Esso è formato da alti funzionari delle autorità di vigilanza bancaria e delle banche centrali di Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera. Il Comitato si riunisce solitamente presso la Banca dei regolamenti internazionali in Basilea, dove ha sede il suo Segretariato permanente.

[35]    Il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57) all'articolo 13 reca la definizione dei "distretti rurali e agroalimentari di qualità", affidandone peraltro la concreta individuazione alle regioni. I primi sono i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 caratterizzati dalla sussistenza di un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali. I distretti agroalimentari di qualità sono invece i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.

[36]    Sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale trovano la loro definizione e la relativa disciplina nell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317. Ai sensi delle disposizioni in esso contenute, si definiscono: sistemi produttivi locali i contesti produttivi omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna; distretti industriali quelli fra i sistemi produttivi locali testé menzionati caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese; consorzi di sviluppo industriale, quelle strutture consortili, alle quali è riconosciuto il carattere di enti pubblici economici, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale, aventi finalità promozionali orientate alla creazione e sviluppo nell'ambito degli agglomerati industriali attrezzati dai consorzi medesimi di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi (finalità perseguite attraverso la realizzazione e gestione, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale.

[37]    Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane.

[38]    Cfr. il prospetto informativo depositato presso la CONSOB il 27 giugno 2005, consultabile sul sito Internet www.comitatopromotorebancadelsud.it.

[39]    Per una descrizione dettagliata delle proposte si veda il dossier n. 29 “I fondi strutturali 2007-2013. Schede di lettura” del 14 aprile 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[40]    Si vedano il dossier n. 27 “Prospettive finanziarie 2007-2013” del 1° aprile 2005 e n. 42 “Lo stato dei negoziati sulle prospettive finanziarie 2007-2013” del 26 ottobre 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[41]    Le proposte della Commissione non contemplano quindi per il periodo di programmazione 2007-2013 il Fondo europeo agricolo di orientamento e Garanzia, sezione orientamento, pur essendo esso espressamente incluso tra i fondi a finalità strutturale dall’articolo 158 del Trattato CE nonché dall’art. III-221 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

[42]    L’obiettivo riguarderà, in primo luogo, gli Stati membri e le regioni meno sviluppate, il cui PIL per abitante, calcolato in base ai dati degli ultimi tre anni, è inferiore al 75% della media comunitaria. In secondo luogo, e in via transitoria, l’obiettivo riguarderà le regioni il cui PIL sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria calcolata sui 15 Stati membri ma ha superato tale soglia per effetto dell’allargamento (il cosiddetto “effetto statistico”). Per quanto concerne l’Italia, rientrerebbero nell’obiettivo convergenza tutte le regioni del Mezzogiorno, ad esclusione della Basilicata (che uscirebbe dall’obiettivo per l’effetto statistico) e della Sardegna (il cui PIL pro-capite avrebbe comunque superato la soglia del 75% della media comunitaria nell’UE a 15).

[43]    Seconda direttiva del Consiglio intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa.

[44]    È così chiamata la tecnica di difesa di una società oggetto di scalata ostile – mediante offerta pubblica di acquisto (OPA) – per mezzo della quale la società rende il proprio capitale meno attraente per l'attaccante, magari mediante l'emissione di titoli che offrano rendimenti elevati nel caso di insuccesso dell'offerta di acquisto.

[45]    In tema v. E. BOSCOLO, Le golden shares di fronte al giudice comunitario, in Foro it., 2002, IV, 480 ss.; L. SALERNO, Golden shares, interessi pubblici e modelli societari tra diritto interno e disciplina comunitaria, in Dir. comm. int., 2002, 671 ss.; E. SCHIANO, Golden shares: Francia e Portogallo violano il Trattato CE, valida la normativa belga, in Dir. pubbl. comp. eur., 2002, 1782 ss.; E. FRENI, Golden share e principio di proporzionalità: quando il fine non giustifica i mezzi, in Giorn. dir. amm., 2002, 1049 ss.; G. COLANGELO, Golden shares e privatizzazioni incompiute. La lunga vecchiaia dello Stato imprenditore, in Enti pubblici, 2003, 6, 328 ss.

[46]    L’articolo 56 del Trattato dispone che "sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri". Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, ogni provvedimento che renda più gravoso o meno attraente il trasferimento transfrontaliero di capitali e sia pertanto tale da distogliere da questo l’investitore costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali (cfr. sentenza del 16/03/1999, causa C-222/97).

[47]    Causa C-170/04, Commissione contro Repubblica italiana.

[48]    Nelle osservazioni inviate alla Commissione europea a seguito della lettera di costituzione in mora complementare, il Governo italiano ha ulteriormente precisato che i nuovi criteri per l’esercizio dei poteri speciali eliminano l’immagine di discrezionalità dello Stato, poiché qualsiasi decisione deve essere debitamente motivata e sottoposta ad un efficace controllo giurisdizionale.

[49]    L’art 228 del TCE stabilisce che, qualora la Corte di giustizia riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del Trattato medesimo, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta. Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso detti provvedimenti, la Commissione, dopo aver dato al medesimo Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, formula un parere motivato che precisa i punti sui quali non è stata data attuazione alla sentenza della Corte di giustizia; qualora lo Stato in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia. Nel ricorso essa precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze. La Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità

[50]    Convertito nella legge 20 luglio 2001, n. 301.

[51]    Convertito nella legge 13 luglio 2005, n. 131.

[52]    Direttiva 2003/54/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE, e direttiva 2003/55/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE.

[53]    Il comma è stato modificato dall’art. 156 del D.Lgs 385/1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), successivamente integrato dall’art. 36 del D.Lgs. 342/1999 (Modifiche al D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia).

[54]    Cfr. art. 56, co. 1-3 dell’AS 3613.

[55]    D.L. 14 marzo 2005 n. 35, recante Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80.

[56]    D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 recante Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, emanato in attuazione della legge di semplificazione 8 marzo 1999, n. 50, allegato 1, punto 29.

[57]    Il logo è stato definito con decreto del Ministero dei Trasporti e della Navigazione del 21 febbraio 2001.

[58]    Decreto del presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358 Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi (n. 29, allegato 1, della L. 8 marzo 1999, n. 50).

[59]    Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lett. c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[60]    L'articolo 1, commi da 40 a 44, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1996, ha ridisciplinato il sistema di assegnazione e riparto, da parte dei singoli ministeri, dei contributi a favore di enti ed organismi vari, indicati nell'allegato A alla legge medesima.

      Il comma 40 dell'art. 1 della legge n. 549 del 1995, in particolare, dispone che i contributi siano iscritti in un unico capitolo nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Entro trenta giorni dall'approvazione della legge di bilancio, i ministri competenti, di concerto con il Ministro del tesoro, provvedono con propri decreti a ripartire l'importo complessivo loro assegnato tra le varie finalità. Le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi sostanziali si intendono pertanto rideterminate in corrispondente ammontare.

[61]    Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane.

[62]    In base all’art. 1, comma 1, lettera a), del D.L. n. 429/1996, convertito nella legge n. 532 del 1996, il Ministero della salute, qualora non sia possibile provvedere con dipendenti di ruolo, utilizza veterinari, farmacisti e chimici con incarichi individuali a tempo determinato e revocabili, secondo la normativa vigente.

[63]    Come previsto dall’articolo 1, comma 4, del D.L n. 202/2005 sulle misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria, per garantire lo svolgimento dei compiti connessi alla prevenzione e alla lotta contro l'influenza aviaria, le malattie degli animali e le relative emergenze, il Ministero della salute è autorizzato a indire, concorsi pubblici mediante quiz preselettivi e successivi colloqui per il reclutamento, con contratti a tempo determinato di durata triennale, di sessanta dirigenti veterinari di I livello e di cinquanta operatori del settore della prevenzione, dell'assistenza e del controllo sanitario (sulle misure previste dal D.L. 202/2005, vedi più diffusamente il dossier decreti legge n. 201 del Servizio Studi).

[64]    I Posti di Ispezione Frontaliera (P.I.F.) sono Uffici veterinari periferici del Ministero della Salute riconosciuti ed abilitati, secondo procedure comunitarie, ad effettuare i controlli veterinari su animali vivi e prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi e destinati al mercato comunitario o in transito verso altri Paesi terzi con le modalità di cui alle direttive n. 97/78/CE e n. 91/496/CEE, recepite rispettivamente con decreto legislativo 25 febbraio 2000, n°80 e decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93. Complessivamente l'attività dei P.I.F. viene svolta, in relazione alle esigenze geografiche e commerciali, presso i principali confini stradali, ferroviari, aeroportuali e portuali. Alcuni Uffici veterinari periferici risultano essere contemporaneamente posti di ispezione frontalieri portuale e aeroportuale oppure stradale e ferroviario.

[65]    Gli Uffici Veterinari per gli Adempimenti degli obblighi Comunitari (U.V.A.C.) sono uffici periferici del Ministero della Salute istituiti con il decreto legislativo 30 dicembre 1993, n. 27, recante attuazione della direttiva 89/608/CEE relativa alla mutua assistenza tra autorità amministrative per assicurare la corretta applicazione della legislazione veterinaria e zootecnica. Nati a seguito dell'abolizione dei controlli alle frontiere fra i Paesi membri della Comunità Europea, conseguente all'attuazione del Mercato Unico, essi mantengono al livello statale la responsabilità dei controlli a destino sulle merci di provenienza comunitaria.

Le funzioni ed i compiti degli U.V.A.C. sono stati determinati con decreto del Ministro della Salute 18 febbraio 1993. Ciascuno dei 17 U.V.A.C. operanti ha una competenza territoriale che copre generalmente il territorio di una Regione e, in taluni casi, di due Regioni.

[66]    Cfr. il citato D.L. n. 429/1996.

[67]    Cfr. gli ordini del giorno 1.103 e 1.106, accolti dal Governo nella seduta 886 (pomeridiana) del Senato del 19 ottobre 2005.

[68]    Cfr. commi da 132 a 140.

[69]    Cfr. commi da 189 a 195.

[70]    Direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità e che modifica le direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE e 90/675/CEE.

[71]    Direttiva 97/78/CE del Consiglio del 18 dicembre 1997 che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per i prodotti che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità.

[72]    Si ricorda che Il 19 agosto l’Unione europea ha vietato (decisione 2005/619/CE) l’importazione di uccelli vivi provenienti da Russia e Kazakhstan, Resta tuttora i vigore il divieto di importazione di tali animale da nove paesi asiatici: Cambogia, Cina, Indonesia, Laos, Malesia, Corea del nord, Pakistan, Tailandia e Vietnam.

[73]    Decisione del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa a talune spese nel settore veterinario.

[74]    Direttiva 90/425/CE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno.

[75]    L’intesa con le regioni, e la possibilità per le stesse di contribuire alle spese dell’ente è stata disposta con l’art. 6, co. 2 del D.Lgs. n. 419/1999 di Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[76]    D.L. 21 dicembre 1990, n. 391, recante “Trasferimento all'AIMA della gestione delle risorse proprie della CEE e degli aiuti nazionali nel settore dello zucchero, nonché modifica delle norme per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero”.

[77]    Legge 7 marzo 2003, n. 38 “Disposizioni in materia di agricoltura” (c.d. “collegato agricolo”).

[78]    Sulla proposta di regolamento relativo al nuovo fondo europeo per la pesca si veda il dossier “La riforma degli strumenti finanziari per l’agricoltura e la pesca (2007-2013) – Le proposte della Commissione europea” del 23 settembre 2004 (Documentazione sulle politiche comunitarie, n. 22), a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[79]    Procedura di infrazione n. 1992/5006.

[80]    Procedura di infrazione n. 2001/2118.

[81]    Cfr. articolo 48, comma 5, del Decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[82]    Convertito in legge, con modificazioni dall’articolo 1 della legge 2 agosto 2004, n. 202.

[83]    La percentuale spettante al produttore sul prezzo dei farmaci è stata ridotta dal 66,6% al 58,8% (-6,8%), pari al 4,12 del prezzo al pubblico. Tale riduzione è stata applicata a tutti i farmaci comunque rimborsabili dal SSN con eccezione dei prodotti dispensati in ospedale, degli emoderivati e dei c.d. medicinali di riferimento nelle liste di trasparenza. Le altre quote di spettanza dei grossisti (6,65%) e farmacisti (di norma il 26,7%) sono rimaste invariate.

[84]    La riforma degli ammortizzatori è prevista – con il ricorso allo strumento della delega – dall’articolo 2 del disegno di legge A. S. 848-bis, recante delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione, di ammortizzatori sociali, di misure sperimentali a sostegno dell'occupazione regolare e delle assunzioni a tempo indeterminato, nonché di arbitrato nelle controversie individuali di lavoro, attualmente all’esame della Commissione Lavoro del Senato.

[85]    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148 del 1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.

[86]    Anche negli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo (2000/C28/02) si rimanda al documento approvato in generale dalla Commissione sul salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà (cfr. sez. 20).

[87]    Sono esclusi i settori del carbone e dell’acciaio, nonché quello dell’aviazione in quanto oggetto di norme specifiche.

[88]   Modificato, da ultimo, dal comma 521 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[89]    Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

[90]    COM(2005)263. Per una illustrazione delle proposte della Commissione, si rinvia al Bollettino “Le proposte legislative sulla riforma del settore bieticolo-saccarifero” del 27/6/2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[91]    Il successivo comma 3 dello stesso art. 32 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è stabilito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata.

[92]    I beni prodotti e le attività agricole di cui alla lettera c) sono individuati ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

[93]    La Agecontrol s.p.a., creata nel 1985 sotto forma di società per azioni avente personalità giuridica pubblica, attualmente esercita pubbliche funzioni di controllo con strumenti gestionali di tipo privatistico. La sua organizzazione e la sua gestione sono sottoposti alla vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e della Commissione Europea, e conseguentemente la copertura delle spese è garantita per metà dallo Stato italiano e per metà dall’Unione Europea. Soggetti similari sono stati costituiti in ciascuno degli Stati membri dell’Unione.

[94]    Occorre ricordare, in merito alla responsabilità sociale delle imprese, che alcuni provvedimenti comunitari hanno trattato il problema “indirettamente”: pur trattando argomenti diversi, infatti, tali provvedimenti hanno toccato tematiche “adiacenti” alla CSR. In particolare, si possono citare la direttiva n. 94/45 sui Comitati Aziendali Europei, il regolamento n. 2157/2001 e la direttiva n. 2001/86, sullo statuto di società europea, e la direttiva n. 2002/14, sull’informazione e consultazione dei lavoratori nella Comunità europea.

[95]    Si ricorda altresì che in dichiarazioni rilasciate alla stampa alla vigilia dell’emanazione del decreto legge n. 16 del 2005, il Ministro per l’ambiente e la tutela del territorio aveva chiarito che le misure che avrebbero beneficiato dei fondi messi a disposizione dal Governo per fronteggiare l’emergenza smog saranno state le seguenti: il rinnovo degli incentivi per l’acquisto dei motorini verdi, la conferma dell’accordo con Fiat e Unione petrolifera per riconvertire i mezzi di trasporto merci leggeri, la promozione della riconversione delle auto dal gpl al metano, l’estensione del car-sharing.

[96]    Si fa presente che nella tabella n. 9 al ddl di bilancio per il 2006 relativa allo Stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (AS 3525/III), il Fondo per la difesa del suolo insiste sull’U.P.B. 1.2.3.6 – Fondo unico da ripartire - Investimenti difesa del suolo e tutela ambientale, con uno stanziamento di circa 377,1 milioni di euro in termini di competenza e di cassa (capitolo 7090). Si ricorda, inoltre, che, per quanto disposto dalla tabella E del d.d.l. finanziaria 2006 in esame, per tale capitolo è previsto un definanziamento di 105,7 milioni di euro. Il capitolo è altresì esposto in tabella F della legge finanziaria.

[97]    Si tratta dei gas seguenti: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).

[98]    G.U. n. 68 del 22 marzo 2003.

[99]    Insieme all’emission trading, rappresentano gli strumenti previsti dal Protocollo per garantire un’attuazione flessibile del protocollo stesso riducendo i costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo. La joint implementation è volta ad una ridistribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, mentre i clean development mechanisms, sono finalizzati all’ottenimento di crediti di emissione in cambio dell’assistenza fornita alle Parti non obbligate dal Protocollo (i Paesi in via di sviluppo) negli sforzi per la riduzione delle emissioni.

[100]  Previsto dall’art. 14 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) che ha delegato il Governo al recepimento della direttiva 2003/87 nella legislazione nazionale entro il termine di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge (vale a dire entro il 12 novembre 2006).

[101]  Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.

[102]  Vedi il sito Web: www.comdel.it

[103]  Delineata dalla legge n. 426 del 1998 e dal DM Ambiente e tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468 Regolamento recante “programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”.

[104]  Vedi: Unione europea - Politica regionale “Inforegio - Nota sintetica 2004: La nuova politica di coesione a partire dal 2007”.

[105]  Vedi il sito Web: www.comdel.it

[106]  Nella versione – anch’essa non ufficiale – dell’unico schema di decreto in cui sarebbero stati rifusi i cinque schemi in via di predisposizione, tale articolo recherebbe il numero 311.

[107]  E’ bene chiarire ancora una volta che non è – allo stato – possibile verificare se la versione pubblicata sul sito del Ministero dell’ambiente corrisponda a quella effettivamente approvata dal Consiglio dei Ministri. Tuttavia, si ritiene egualmente utile riportare alcuni dati informativi risultanti da un primo raffronto.

[108]  Natura 2000 è la rete ecologica europea di siti naturali istituita dalla direttiva “Habitat” 92/43/CEE e costituisce un pilastro essenziale dell’azione comunitaria in favore della conservazione della biodiversità.

[109]  Si segnala, infine, che dalle disposizioni in esame è stato espunto il comma 1 dell’articolo 63 del d.d.l. 3613, che subordinava l’erogazione dei contributi all’editoria previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250, dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, e dalla legge 3 maggio 2004, n. 112 (vedi oltre) alla disponibilità dello stanziamento. La norma prevedeva inoltre che qualora le risorse finanziarie iscritte in bilancio non fossero sufficienti all’erogazione integrale, i contributi spettanti sarebbero stati proporzionalmente ridotti fra tutti gli aventi diritto.

[110]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67

[111]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[112]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416

[113]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250 , e successive modificazioni” (modificato dal DPR n. 460 del 1997).

[114]  Gli altri requisiti prevedono che le imprese editrici:

b)  editino la testata stessa da almeno tre anni;

c)   abbiano acquisito, nell'anno precedente a quello di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;

d)   abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;

e)   la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali[114];

f)    le testate nazionali che usufruiscono di contributi di cui al presente articolo non siano poste in vendita congiuntamente con altre testate;

g)   abbiano sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB;

h)   la testata edita sia posta in vendita a un prezzo non inferiore alla media dal prezzo base degli altri quotidiani, senza inserti e supplementi, di cui viene accertata la tiratura, prendendo a riferimento il primo giorno di pubblicazione dall'anno di riferimento dei contributi;

[115]  Per i giornali diffusi all’estero, non è richiesto il requisito di cui alla lettera f) del comma 2, vale a dire che essi non siano posti in vendita con altre testate.

[116]  Tra le cooperative giornalistiche sono comprese anche quelle di cui all'art. 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. L'art. 52 definisce cooperative giornalistiche anche quelle che entro il 31 dicembre 1980 risultano già costituite tra giornalisti e poligrafici nonché le cooperative femminili aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo anche se costituite da non giornalisti professionisti, editrici di giornali regolarmente registrati presso la cancelleria del tribunale entro la stessa data.

[117]  In particolare si tratta di lire 500 milioni all'anno da 10.000 a 30.000 copie di tiratura media giornaliera e lire 300 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, dalle 30.000 alle 150.000 copie; lire 200 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, oltre le 150.000 copie e fino alle 250.000 copie; lire 100 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, oltre le 250.000 copie.

[118]  Si segnala che nel corso della seduta del 26 luglio 2005 il Sottosegretario all’Editoria, on. Bonaiuti, aveva preannunciato il trasferimento di alcune norme del d.d.l. 4163 nella legge finanziaria.

[119]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[120]  Ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

      Si segnala che la Deliberazione dell'Autorità Garante 16 marzo 1999, n. 9, recante "Approvazione del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee", definisce "canale tematico", il canale che dedica almeno il 70% della programmazione ad un tema specifico. Si ricorda, inoltre che il D. Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, recante "Attuazione della direttiva 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato" definisce accesso condizionato, "ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva ed individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio". L'art. 2 della legge n. 122 riprende testualmente tale definizione.

[121]  Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni

[122]  D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, recante " Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale", convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649

[123]  Si ricorda, a proposito dell'editoria speciale per i non vedenti, che l'art. 1, comma 1, della legge 16 ottobre 2003, n. 291, ha istituito, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, il fondo di euro 1.500.000,00 annui, per il triennio 2003-2005, finalizzato alla concessione di contributi in favore dell'editoria per ipovedenti e non vedenti. Detti contributi sono volti all'adeguamento delle strutture delle case editrici che svolgono in particolare attività di stampa di testi in caratteri idonei alla lettura degli ipovedenti e per lo sviluppo di pubblicazioni a stampa integrate con altre tecnologie idonee per non vedenti e ipovedenti.

[124]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416

[125]  Legge 5 agosto 1981, n. 416, “Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria”. La legge ha dato per la prima volta carattere organico agli interventi a sostegno dell’editoria, e costituisce tuttora il principale provvedimento legislativo in materia. Essa è stata peraltro modificata ed integrata da numerosi interventi successivi, che hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario ed assai poco organico. I principali tra questi sono la legge 25 febbraio 1987, n. 67, “Rinnovo della legge 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria”, e la legge 7 agosto 1990, n. 250, “Provvidenze per l’editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67, per l’accesso ai benefici di cui all’articolo 11 della legge stessa”, anch’esse più volte modificate e integrate.

[126]  Le riserve in sospensione d’imposta costituiscono fiscalmente delle poste per le quali la tassazione è rinviata al momento del loro utilizzo.

[127]  L’articolo 2365 del codice civile prevede che l'assemblea straordinaria delibera, tra l’altro, sulle modificazioni dello statuto. In base all’articolo 2445, primo comma, la riduzione del capitale, quando questo risulta esuberante per il conseguimento dell'oggetto sociale, può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci. Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che l'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, la quale deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.

[128]  Recante "Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765".

[129]  Causa 475/03. Vedi dossier “Compatibilità dell’IRAP con la normativa comunitaria - Conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia nella causa C- 475/03” del 18 marzo 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[130]  Il presente comma, per l’individuazione delle attività istituzionali dell’Agenzia del demanio, cita l’articolo 65 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Ai sensi di tale articolo, all'Agenzia del demanio è attribuita l'amministrazione dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso, nella valutazione dei beni a fini conoscitivi ed operativi, criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili. All'Agenzia è altresì attribuita la gestione dei beni confiscati.

[131]  Il comma 6 dell’articolo 110 del TULPS è stato modificato, da ultimo, dall’articolo 39, comma 6, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[132]  Anche il citato articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 è stato modificato dall’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

[133]  La relazione illustrativa citata nel testo individua questi apparecchi come appartenenti alla categoria AWP (Amusement With Price).

[134]  Gli strumenti di pagamento elettronico con i quali si possono attivare gli apparecchi in oggetto dovranno essere definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. La predisposizione di questi strumenti, secondo quanto riportato nella citata relazione illustrativa, è in corso da parte dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in quanto essi sono già previsti, seppure per diverse finalità (partecipazione al gioco a distanza), dall’articolo 1, commi 290 e 291, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[135]  Non è più prevista l’erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita. In tal modo il giocatore può scegliere se ricevere immediatamente la vincita dall’apparecchio o rigiuocarla.

[136]  Il regolamento dovrà essere adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, ovvero con decreto interministeriale. Il regolamento non potrà dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo e dovrà essere comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri prima della sua emanazione.

[137]  Anche questo regolamento, come quello di cui al precedente comma dell’articolo in esame, dovrà essere adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

[138]  In attuazione di tale disposizione sono stati emanati i decreti Direttoriali 8 aprile 2004 e 14 luglio 2004.

[139]  Si ricorda che i citati commi 3 e 4 dell’articolo 38 sono stati modificati, da ultimo, dall’articolo 1, comma 500, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[140]  Gli apparecchi di cui al comma 7 dell’articolo 110 del TULPS possono essere di due tipi:

-        apparecchi elettromeccanici, privi di monitor, attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica, mentale o strategica e che distribuiscono premi consistenti in piccola oggettistica, di valore non superiore a venti volte il costo della partita;

-        apparecchi basati sulla abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi.

[141]  Il riferimento al quinto comma dell’articolo 110 deve intendersi superato in quanto attualmente (l’articolo 110 essendo stato integralmente sostituito dall’articolo 22 della legge n. 289 del 2002) tale comma si riferisce agli apparecchi per il giuoco d’azzardo, che sono vietati.

[142]  Esercizi pubblici e commerciali e punti di raccolta di altri giuochi autorizzati.

[143]  La misura attualmente vigente del canone di concessione è prevista dall’articolo 8 dello schema di convenzione di concessione per l'affidamento dell'attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del giuoco lecito mediante apparecchi da intrattenimento predisposto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

[144]  Il citato numero 6) dell’articolo 10, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, prevede che sono esenti da IVA le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati nel D.Lgs. n. 496 del 1948, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse di cui al regolamento approvato con D.M. 16 novembre 1955 e alla legge 24 marzo 1942, n. 315, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate.

[145]  Il terzo comma dell’articolo 86 del TULPS è stato introdotto dall’articolo 37, comma 2, della legge n. 388 del 2000.

[146]  Il primo comma dell’articolo 86 del TULPS stabilisce la necessità della licenza per l’esercizio di alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcoliche, di sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti e di stabilimenti di bagni, ovvero di locali di stallaggio e simili.

      Il secondo comma dello stesso articolo 86 riguarda la licenza per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci.

[147]  L’articolo 88 del TULPS disciplina la licenza per l’esercizio delle scommesse.

[148]  Vedi dossier RUE-Servizio Studi “La proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno” dell’8 novembre 2005.

[149]  In base al quale il prestatore sarebbe sottoposto unicamente alla legislazione dello Stato membro in cui è stabilito e gli altri Stati membri non potrebbero imporre restrizioni ai servizi forniti da lui forniti.

[150]  Procedura d’infrazione n. 1999/5352.

[151]  Procedimento pregiudiziale n. C 243/01

[152]  Approvazione del regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale.

[153]  D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, che ha provveduto a dare attuazione a un complesso di direttive comunitarie in materia di comunicazione elettronica (con riguardo al settore delle telecomunicazioni).

[154]  D.P.R. 7 settembre 2001, n. 398, Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno.

[155]  Legge 1 aprile 1981, n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.

[156]  La periodicità semestrale nella rilevazione della classe di prezzo più richiesta delle sigarette è stata introdotta dall’articolo 2, comma 6, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191. In precedenza tale rilevazione veniva effettuata annualmente, il 1° gennaio di ogni anno.

[157]  Tali tabelle indicano, per ciascuna fascia di prezzo di vendita al pubblico delle sigarette, l’importo richiesto dal fornitore, l’aggio spettante al rivenditore, l’importo dell’IVA e dell’imposta di consumo.

[158]  La misura del 58,50% per l’aliquota di base sulle sigarette è stata determinata dal decreto direttoriale 15 ottobre 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 262 dell’8 novembre 2004).

[159]  L’articolo 4, comma 1, del D.L. 30 gennaio 2004, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2004, n. 87, ricollega il proprio intervento alla finalità di dare urgente attuazione della direttiva 2002/10/CE del 12 febbraio 2002, recante disposizioni concernenti la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati.

In particolare, per quanto riguarda le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, il punto 2 dell’articolo 3 della citata direttiva (che sostituisce il paragrafo 5 dell’articolo 16 della direttiva 95/59/CE) prevede che gli Stati membri possano applicare un’accisa minima alle sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, a condizione che tale accisa non superi l’importo dell’accisa gravante sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta.

[160]  Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.

[161]  Di questo ente non c’è riscontro nell’elenco inviato dal Ministero delle politiche agricole e forestali alla Camera dei deputati in data 20 febbraio 2002.

[162]  Norme sul diritto agli studi universitari.

[163]  Modifiche ed integrazioni alla legge 2 dicembre 1991, n. 390, recante norme sul diritto agli studi universitari.

[164]  Si segnala in proposito che, da ultimo, il DPCM 15 febbraio 2005 ha provveduto a ripartire il Fondo per l’anno 2004.

[165]  Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari.

[166]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003); l'articolo 61 riguarda il Fondo per le aree sottoutilizzate e gli interventi nelle medesime aree.

[167]  Il fondo è gestito da Sviluppo Italia S.p.a., sulla base di criteri e indirizzi stabiliti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni (comma 101); che la dotazione del fondo è pari a 10 milioni di euro per l'anno 2004 (comma 102); che sono abrogati i commi 1, 2 e 3 dell'art. 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, riguardanti il prestito d'onore (comma 103). La Corte costituzionale, con sentenza 13 ottobre 2004, n. 308, ha dichiarato l'illegittimità del comma 101, in considerazione del fatto che la procedura di ripartizione delle risorse ivi prevista non coinvolge le regioni, nonché del comma 103, nella parte in cui non prevede che l'abrogazione delle norme ivi indicate decorra dalla data di entrata in vigore della disciplina attuativa del prestito fiduciario. Conseguentemente, il comma 7 dell’articolo 6 del DL 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha ridisciplinato la procedura di ripartizione del fondo prevedendo che esso sia ripartito tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base di criteri e di indirizzi definiti d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[168]  Nella medesima direzione muove anche la recente sentenza n. 160 del 2005.

[169]Legge 24 dicembre, n. 350

[170]  Di cui alla legge n. 381 del 1991 (Disciplina delle cooperative sociali).

[171]  Presso il nuovo Dipartimento nazionale per le politiche antidroga opererà anche l’Osservatorio permanente sul fenomeno della tossicodipendenza (comma 84).

[172]  Cfr. in materia, l'art. 10, comma 4, del D.Lgs. n. 303 del 1999, ai sensi del quale erano stati trasferiti al Ministero del lavoro i compiti precedentemente esercitati dal Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio.

[173]  Il Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga ha il compito di promuovere la politica generale di intervento contro la illecita diffusione e produzione di sostanze stupefacenti. Il Comitato è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai ministri degli affari esteri, dell’interno, della giustizia, dell’economia, della difesa dell’istruzione, dell’università e della ricerca, della salute, del lavoro e delle politiche sociali (DPCM 5 aprile 2002).

[174]Legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[175]  Comunicato stampa tratto dal sito del Ministero dell’ambientehttp://www.minambiente.it/Sito/ai/02/news.htm .

[176]  Tale Fondo, istituito ai sensi dell’art. 46 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), raccoglie tutte le risorse attribuite annualmente al Ministero per spese di investimento, che vengono poi ripartite in base alle reali esigenze che si manifestano nel corso dell’esercizio e in base alla programmazione degli investimenti dei singoli centri di responsabilità. In tale fondo, quindi, confluiscono annualmente risorse per investimenti della più disparata finalizzazione, derivanti da oltre venti diverse leggi di spesa.

[177]La Convenzione di Århus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale stabilisce le regole fondamentali per incoraggiare la partecipazione dei cittadini alle questioni riguardanti l’ambiente e per promuovere l’effettiva osservanza del diritto ambientale. La Convenzione si compone di tre pilastri, ciascuno dei quali garantisce diritti differenti: il primo pilastro prevede l’accesso alle informazioni ambientali, il secondo la partecipazione ai processi decisionali ed il terzo l’accesso alla giustizia.

[178]Vedi emendamento 1.200 del Governo nella seduta dell’Assemblea del Senato del 10 novembre 20005

[179]Vedi ora DM 5 novembre 2004, n. 292

[180]Vedi A.S. 3613, elenco n. 3 , Ministero delle comunicazioni, UPB 4125 Radiodiffusione televisiva locale, la cui dotazione risulta pari a 69,568 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e di 70,141 milioni di euro per il 2008

[181]Pertanto, lo stanziamento della UPB 4125 del Ministero delle comunicazioni nell’elenco n. 3 dell’AC 6177 risulta pari a 98,678 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

[182]D.Lgs. 1° agosto 2003 n. 259, recante Codice delle comunicazioni elettroniche.Il comma 3-bis è stato introdotto dall’articolo 4 del DL 14 novembre 2003 n. 315, recante Disposizioni urgenti in tema di composizione delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica, come integrato dalla legge di conversione (L. 16 gennaio 2004, n. 5).

[183]Si ricorda che per motivare l’inserimento di tale disposizione, nel corso del dibattito parlamentare presso il Senato , è stato precisato che “l’installazione della rete di telecomunicazione in tecnica di GSM-R è già oggetto di concessione, ma la rete ferroviaria italiana deve chiedere agli enti locali le necessarie autorizzazioni per la localizzazione di siffatta rete sul territorio. Tuttavia, a fronte di oltre 400 richieste, soltanto pochi comuni hanno fornito una risposta; pertanto, occorre semplificare il quadro procedimentale necessario per avviare in tempi rapidi l’installazione della predetta rete” (cfr. seduta delle Commissioni 8a e 13a riunite del Senato del 9 dicembre 2003)

Riguardo alla rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie, si ricorda che dal 25 ottobre 2004 RFI, la società dell’infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato (vedi infra),ha attivato la rete di telefonia cellulare GSM-R, un sistema radiomobile proprietario dedicato alle attività ferroviarie.

Con la rete GSM-R, RFI dota l’infrastruttura ferroviaria, ed il suo personale, di un sistema di radiocomunicazione mobile in grado di soddisfare su scala nazionale, tutte le esigenze di comunicazione voce e di trasmissione dati connesse con l'esercizio ferroviario, compreso il controllo, in sicurezza, della marcia dei treni.

Il GSM-R trasmette su una banda di frequenze in gamma 900 MHz riservata in Europa per le attività ferroviarie. Il sistema risulta interconnesso con le reti GSM degli operatori pubblici per disporre di risorse alternative di comunicazione sulle aree non coperte dal sistema GSM-R.

[184]Si ricorda che a seguito di un processo, dapprima, di divisionalizzazione e, quindi, di separazione societaria, dal 2001 è stata costituita la società RFI, gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, controllata del gruppo FS Spa, totalmente partecipato dal Tesoro. Nell’ambito del medesimo processo, dal 2000 opera la società Trenitalia, che svolge i servizi di trasporto ferroviario precedentemente svolti da FS. Si ricorda inoltre che la società RFI opera sulla base dell’ ultimo atto di concessione (D.M 138/T del 31 ottobre 2000, ancora formalmente intestato ad FS Spa, della durata di sessanta anni) e del contratto di programma 2001-2005 (integrato da quattro addendum), stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria.

[185]  Si richiamano alcune delle definizioni recate dall’art. 3 della legge n. 36 del 2001:

a)   esposizione: è la condizione di una persona soggetta a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici, o a correnti di contatto, di origine artificiale;

b)   limite di esposizione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori ;

c)   valore di attenzione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere, superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate. Esso costituisce misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine e deve essere raggiunto nei tempi e nei modi previsti dalla legge;

d)   obiettivi di qualità sono:

1)   i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali;

2)   i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato, ai fini della progressiva miticizzazione dell'esposizione ai campi medesimi.

[186]Comunque, all’organismo preposto alla definizione dei canoni di accesso e all’assegnazione della capacità.

[187]  Si tratta in particolare della proposta di direttiva COM(2004)139) che modifica la direttiva 91/4440/CE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie; la proposta di direttiva COM (2204)142 relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida delle locomotive e dei treni sulla rete ferroviaria della Comunità; una proposta di regolamento COM (2004)143 relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario internazionale; una proposta di regolamento COM(2004)144 relativo alle compensazioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di qualità contrattuale applicabili servizi di trasporto merci per ferrovia.

[188]  L’ERTMS è un elemento essenziale dei progetti ferroviari prioritari di cui all’allegato II alla decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per la rete transeuropea di trasporto, come modificata dalla decisione n. 884/2004/CE[188].. L’articolo 5 di tale decisione, in particolare, prevede la creazione di una rete ferroviaria interoperabile ed individua a tal fine nell’ERTMS(European Rail Traffic Mangement System), il sistema europeo armonizzato di segnalizzazione ferroviaria, un mezzo per contribuire ad un alto livello di sicurezza e all’interoperabilità, secondo un piano di dispiegamento da concordare con gli Stati membri. A tal fine la Commissione ha firmato, il 17 marzo 2005, un protocollo di accordo volto a precisare gli impegni dei diversi attori del settore ferroviario.

[189]Per un maggiore approfondimento vedi il dossier Politiche comunitarie n. 40 “Reti TEN” del 29 settembre 2005 a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[190]  Introdotti nel corso dell’esame da parte dell’Assemblea del Senato in seguito l’approvazione del maxiemendamento del Governo 1.2000 (seduta dell’11 novembre 2005).

[191]  L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[192]  L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[193]  Alle forze dell’ordine e alle altre categorie equiparate (magistrati, vigili del fuoco ecc.) feriti (e in caso di decesso ai familiari) a causa di azioni criminose spetta il vitalizio di 500.000 lire aggiuntivo alla elargizione una tantum. Si tratta di un beneficio introdotto dalla L. 407/98 in favore delle vittime del terrorismo e poi esteso anche alle vittime del dovere ad opera dell’art. 32 della legge 388/2000.

[194]  Il R.D.L. 13 marzo 1921, n. 261, Contenente provvedimenti a favore del corpo degli agenti di investigazione (istituito col R.D. 14 agosto 1919, n. 1422), prevedeva (art. 14) l’istituzione di “un fondo di lire 500.000 nel bilancio del Ministero dell’interno per elargizioni non inferiori alle lire ottomila alle famiglie dei funzionari di pubblica sicurezza, ufficiali della Regia guardia e Reali carabinieri vittime del dovere”.

[195]  Tra le misure meno recenti si ricordano:

-        la L. 22 gennaio 1942, n. 181, il D.Lgs. 22 luglio 1947, n. 836 e la L. 22 febbraio 1968, n. 101, in esito alle quali l’elargizione fu incrementata ed estesa alle famiglie degli altri agenti di pubblica sicurezza (un ulteriore incremento fu disposto con la L. 28 novembre 1975, n. 624);

-        la L. 27 ottobre 1973, n. 629, che precisò la definizione di “vittime del dovere”, facendo esplicito riferimento alle circostanze (“azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico”) che legittimano la corresponsione dei benefici, e stabilì che le pensioni privilegiate ordinarie spettanti alla vedova ed agli orfani fossero corrisposte in misura pari al trattamento complessivo di attività, percepito dal congiunto al momento del decesso;

-        l’art. 12 della L. 27 maggio 1977, n. 284, che estese le provvidenze di cui alla L. 629/1973 alle famiglie degli appartenenti al personale civile dell’Amministrazione degli istituti di prevenzione e pena;

-        la L. 1 agosto 1978, n. 437, che attribuì analoghe provvidenze ai familiari dei magistrati ordinari (nonché dei vice pretori onorari e dei giudici popolari) deceduti nel corso di azioni terroristiche o criminose comunque connesse con le funzioni esercitate (sulla materia è intervenuta altresì la L. 12 agosto 1982, n. 570);

-        la L. 21 dicembre 1978, n. 862, che attribuì una indennità una tantum ai dipendenti dell’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni e dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici in caso di decesso o grave invalidità conseguente ad azioni criminose perpetrate contro uffici, mezzi di trasporto ed impianti delle suddette aziende.

[196]  Decreto-legge 4 febbraio 2003, n. 13, Disposizioni urgenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, convertito, con modificazioni, in legge 2 aprile 2003, n. 56.

[197]  D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510, Regolamento recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[198]  Legge 26 gennaio 1980 n. 9, Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L. 29 novembre 1977, numero 875, e dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.

[199]  Legge 18 marzo 1968, n. 313, Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra.

[200]  Legge 23 dicembre 1970, n. 1094, Estensione dell'equo indennizzo al personale militare.

[201]La legge 302/1990 pone come condizioni che il soggetto leso sia totalmente estraneo rispetto all’azione criminosa lesiva e che i fatti si siano svolti nel territorio italiano.

[202]  Sul modello della normativa introdotta con la legge 302/1990, sono stati approvati in seguito provvedimenti in favore delle vittime di specifici atti criminosi, quali:

-        la L. 9 novembre 1994, n. 628, recante disposizioni urgenti in favore delle famiglie dei marittimi italiani vittime dell’eccidio in Algeria del 7 luglio 1994;

-        la L. 8 agosto 1995, n. 340, che ha disposto l’estensione dei benefici previsti dalla citata L. 302/1990 ai componenti delle famiglie di coloro che hanno perso la vita nel disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980;

-        la L. 31 marzo 1998, n. 70, che prevede l’estensione delle disposizioni di cui alla L. 302/90 alle vittime della cosiddetta banda della “Uno bianca”.

[203]  L’art. 12-sexies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), al co. 4-ter (introdotto dalla L. 13 febbraio 2001, n. 45), destina alle elargizioni di cui alla L. 302/1990 una quota dei beni confiscati nell’ambito di procedimenti contro la criminalità organizzata.

[204]  Il comma 1 dell’art. 5 della legge 407/1998 prevedeva in precedenza come data di riferimento quella del 1 gennaio 1969.

[205]  Legge 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.

[206]  D.L. 28 novembre 2003, n. 337, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 369, Disposizioni urgenti in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all’estero

[207]  L’art. 10 della legge 30 luglio 2004, n. 208, Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, ha in seguito disposto che, fino all’entrata in vigore di una nuova disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, le disposizioni illustrate (previste dal D.L. 337/2003 per le sole vittime di Nassiriya e Istanbul) si applicano in via generale alle famiglie delle vittime civili italiane, decedute a causa di attentati terroristici verificatisi all’estero.

[208]  Occorre precisare che la platea dei beneficiari è più ampia. L’art. 3 del decreto-legge fa riferimento al personale (e ai superstiti dello stesso personale) di cui all’art. 3 della legge 466/1980, cioè: gli appartenenti alle Forze di polizia, i vigili del fuoco, i militari delle Forze armate, i vigili urbani, i magistrati ordinari, qualsiasi persona legalmente richiesta di prestare assistenza alle Forze di polizia, nonché tutti i cittadini italiani quando la morte o la grave invalidità consegua ad azioni terroristiche. Con una novella introdotta dal D.L. 20 gennaio 2004, n. 9 (conv. legge 12 marzo 2004, n. 68), è stato incluso tra i destinatari di tale disposizione anche il personale appartenente agli organismi di informazione e sicurezza.

[209]  Legge 12 marzo 2004, n. 68, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9, recante proroga della partecipazione italiana a operazioni internazionali. Disposizioni in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all’estero.

[210]  Decreto Legislativo 4 giugno 2003, n. 127 "Riordino del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.)"

[211]  Il decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204 (recante disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale della ricerca scientifica e tecnologica) ha unificato (art. 7) in un unico fondo (denominato Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziati dal MURST, ora MIUR) gli stanziamenti a favore di singoli enti – quali il Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.), l’Agenzia spaziale italiana (A.S.I.), l’Osservatorio geofisico sperimentale di Trieste ; l’Istituto nazionale per la fisica della materia (I.N.F.M.) – disposti in tempi diversi da numerose leggi, oltre a quelli (relativi ad enti di ricerca di minori dimensioni) che erano stati già accorpati in unico capitolo in virtù delle disposizioni di cui all’art. 1, co. 40-44, della L. 549/1995 . Analogamente a quanto già previsto da quest’ultima norma, l’ammontare del Fondo è determinato in tabella C della legge finanziaria e ripartito tra gli enti interessati con decreto ministeriale, emanato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

[212]  Attualmente, Ministro delle politiche agricole e forestali.

[213]  Articolo 3 del D.M. 27 ottobre 2004.

[214]  Il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, è stato pubblicato nella G.U. del 2 ottobre 2003.

[215]  In questo caso la data di presentazione della domanda di pensione e la relativa decorrenza può risultare anche successiva al 2 ottobre 2003.

[216]  Il decreto precisa anche che per “periodo di esposizione all’amianto” si intende il periodo di attività effettivamente svolta ed indica anche tutte le attività lavorative che comportano esposizione all’amianto.

[217]  Circolare INAIL n. 90/2004.

[218]  Il citato DM ha stabilito, al comma 1, le procedure per l'assegnazione dei contributi per i ricevitori per la televisione digitale terrestre e la conseguente interattività, disponendo che il contributo fosse dato alle condizioni disposte dalla legge, per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2004, a condizione che la consegna dell'apparecchio avvenga contestualmente alla vendita ovvero al noleggio. Per ciascun cliente non può essere corrisposto più di un contributo. Ai fini dell'ammissibilità al contributo, l'apparecchio deve consentire una prestazione di piena interattività in chiaro anche da remoto. Le tipologie di apparecchi immessi sul mercato dai produttori ai fini della corresponsione del contributo devono essere comunicati al Ministero delle comunicazioni, che provvede a fornire un codice informatico identificativo per ciascuna tipologia di apparecchio, nonché a rendere nota e aggiornata la lista dei codici degli apparecchi tramite il proprio sito Internet. Il contributo è costituito da una riduzione di importo pari a 150 euro (così come stabilito dalla legge finanziaria per il 2004) del prezzo complessivo di acquisto o di noleggio, IVA inclusa, al netto di ogni eventuale sconto commerciale. Il contributo non può in alcun caso superare il prezzo di vendita o di noleggio. Lo sconto sui canoni di noleggio è riconosciuto imputandolo a partire dalla prima bolletta.

L’articolo 2 del DM stabilisce gli adempimenti a carico del distributore al fine del rimborso dello sconto effettuato sull’apparecchio. L’articolo 3 prevede che il Ministero si avvalga, previa stipula di apposita convenzione, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, della collaborazione a titolo oneroso di Poste italiane S.p.a., di un «centro di contatto » per alcune operazioni connesse al rilascio del contributo. In capo al Ministero è posto inoltre l’obbligo di assicurare la massima conoscenza dell'iniziativa e di effettuare il controllo sistematico ed il monitoraggio dell'andamento dell'erogazione dei contributi.

L’articolo 7 stabilisce i casi di revoca del contributo, in relazione a dichiarazioni mendaci o a false attestazioni.

[219]  Dir. 7-3-2002 n. 2002/21/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro).

[220]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67

[221]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250 , e successive modificazioni” (modificato dal DPR n. 460 del 1997). Per un commento più dettagliato alle norme della legge n. 250 vedi le schede relative ai commi 320-321.

[222]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[223]  Ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

      Si segnala che la Deliberazione dell'Autorità Garante 16 marzo 1999, n. 9, recante "Approvazione del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee", definisce "canale tematico", il canale che dedica almeno il 70% della programmazione ad un tema specifico. Si ricorda, inoltre che il D.Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, recante "Attuazione della direttiva 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato" definisce accesso condizionato, "ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva ed individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio". L'art. 2 della legge n. 122 riprende testualmente tale definizione.

[224]  Ai sensi dell’articolo 1-quater, comma 4, del D.L. n. 50/2003 (legge n. 116/2003), è stato soppresso il Fondo unico investimenti, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno, che risultava costituito interamente dagli stanziamenti relativi a trasferimenti erariali di conto capitale in favore degli enti locali. La disposizione citata ha previsto, infatti, che la disciplina relativa ai fondi unici per gli investimenti non si applicasse ai trasferimenti suddetti.

[225]  Nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze non è più presente il Fondo per gli interventi nel settore della difesa del suolo e tutela ambientale (U.P.B. 1.2.3.6/Economia), che per l’anno 2005 era dotato di 131 milioni di euro, per cessazione dell’onere recato dalla legge n. 183/1999, art. 12 (difesa del suolo) e dalla legge n. 97/1994 (fondo per la montagna).

[226]  Il risparmio pubblico indica il saldo corrispondente alla differenza tra il totale delle entrate iscritte nei primi due titoli (entrate tributarie e entrate extratributarie, che costituiscono il complesso delle entrate correnti) e il totale delle spese correnti.