XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Legge comunitaria 2005 - A.C. 5767 - Schede di lettura
Serie: Progetti di legge    Numero: 744
Data: 12/04/05
Abstract:    Scheda di sintesi; scheda di lettura sugli articoli; schede sulle direttive contenute negli allegati A e B; schede sulle direttive da attuare in via amministrativa; tabelle riepilogative; testo del ddl comunitaria 2005 A.C. 5767
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: Commissione per le politiche dell'Unione europea
Riferimenti:
AC n.5767/14     

Servizio studi                      segreteria generale

                                               ufficio rapporti con l’ue

 

progetti di legge

Legge comunitaria 2005

A.C. 5767

Schede di lettura

 

n. 744

 


xiv legislatura

12 aprile 2005

 

Camera dei deputati


 

In occasione dell’esame del disegno di legge comunitaria per il 2005, il Servizio Studi ha predisposto i seguenti dossier:

 

-    schede di lettura sugli articoli e sulle direttive (n. 744), in collaborazione con l’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (RUE) – A.C. 5767;

-    normativa comunitaria e nazionale (n. 744/1 parte I e parte II).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari comunitari

 

SIWEB

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

 

File: ID0042.doc


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

I dati contenuti nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria  11

Lo stato di attuazione delle direttive comunitarie in Italia  15

Schede di lettura sugli articoli

§      Art. 1 (Delega al Governo per l’attuazione di direttive comunitarie)25

§      Art. 2 (Principi e criteri direttivi generali della delega legislativa)31

§      Art. 3 (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie)37

§      Art. 4 (Oneri relativi a prestazioni e controlli)39

§      Art. 5 (Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie)41

§      Art. 6 (Modificazioni all’articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, a parziale recepimento della direttiva 2004/57/CE)43

§      Art. 7 (Adempimenti in materia di rifiuti pericolosi)47

§      Art. 8 (Valutazione di titoli e certificazioni comunitarie)53

§      Art. 9 (Modificazioni al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297)59

Schede sulle direttive contenute negli allegati

Allegato A

§      2003/123/CE (Modifica alla direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi)67

§      2004/23/CE (Definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani)71

§      2004/54/CE (Requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete transeuropea)75

§      2004/81/CE (Titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti)77

§      2004/82/CE (Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate)83

§      2004/108/CE (Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica, che abroga la direttiva 89/336/CEE)85

§      2004/114/CE (Condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato)89

Allegato B

§      2004/40/CE (Prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici))99

§      2004/80/CE (Indennizzo delle vittime di reato)109

§      2004/83/CE (Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta)113

§      2004/113/CE (Principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura)121

Schede sulle direttive da attuare in via amministrativa

§      2003/40/CE (Disposizioni in materia di elenco, limiti di concentrazione ed etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono)131

§      2003/102/CE, 2004/11/CE, 2004/78/CE (Conformità con la procedura di omologazione CE per i veicoli a motore)135

§      2003/114/CE (Modifica della direttiva 95/2/CE relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti)137

§      2003/115/CE (Modifica della direttiva 94/35/CE sugli edulcoranti destinati ad essere utilizzati nei prodotti alimentari)139

§      2004/3/CE (Modifica delle direttive del Consiglio 70/156/CEE e 80/1268/CEE per quanto riguarda la misurazione delle emissioni di biossido di carbonio e il consumo di carburante dei veicoli N1)141

§      2004/33/CE (Direttiva della Commissione che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti)143

§      2004/69/CE (Modifica alla direttiva 2000/12/CE per quanto concerne la definizione di banche multilaterali di sviluppo)145

§      2004/70/CE, 2004/102/CE, 2004/103/CE, 2004/105/CE (Modifiche alla direttiva 2000/29/CE in materia di protezione fitosanitaria)147

§      2004/71/CE, 2004/99/CE, 2004/64/CE, 2004/65/CE, 2004/97/CE (Modifica di direttive in materia di prodotti fitosanitari)151

§      2004/79/CE (Adattamento della direttiva 2000/94/CE in materia di fiscalità, a seguito dell’allargamento dell’Unione)153

§      2004/87/CE, 2004/93/CE, 2004/94/CE (Modifiche alla direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare al progresso tecnico i suoi allegati)155

Tabelle riepilogative (aggiornamento al 7/4/2005)

Tabella 1 DIRETTIVE CONTENUTE NEL DDL COMUNITARIA 2005 DA ATTUARE PER DELEGA E IN VIA AMMINISTRATIVA  159

Tabella 2 STATO DI ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE IN CIASCUNO STATO MEMBRO (dati al 3 marzo 2005)166

Tabella 3 DIRETTIVE CONTENUTE IN PRECEDENTI LEGGI COMUNITARIE  E NON ANCORA RECEPITE   167

Tabella 4 DIRETTIVE GIA’ SCADUTE (al 7/4/2005) NON RECEPITE E NON INSERITE IN LEGGI COMUNITARIE   187

Tabella 5 DIRETTIVE IN SCADENZA ENTRO L’ANNO 2005 (dall’ 8/4/2005 al 31/12/2005) E NON INSERITE NEL DDL COMUNITARIA 2005  191

Tabella 6 PROCEDURE DI INFRAZIONE (aggiornamento al 16 marzo 2005)195

Testo del DDL Comunitaria 2005

§      A.C. 5767, (Governo), Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2005  265

 


Scheda di sintesi

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

C. 5767

Titolo

Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee- Legge comunitaria 2005

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Unione europea

Iter al Senato

No

Numero di articoli

9

Date

 

§       presentazione alla Camera

7 Aprile 2005

§       annuncio

11 Aprile 2005

§       assegnazione

12 Aprile 2005

Commissione competente

XIV Politiche dell’Unione europea

Sede

referente

Pareri previsti

Tutte le Commissioni permanenti; Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Struttura e oggetto

 

Il disegno di legge comunitaria per il 2005 (A.C. 5767), recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2005”, è il primo ddl presentato dopo l’approvazione e l’entrata in vigore della legge di riforma della legge “La Pergola”, ossia la legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”.

Tale provvedimento ha sensibilmente ampliato i contenuti della legge comunitaria in modo da adeguarli alle nuove esigenze emerse, soprattutto a quelle derivanti dalla riforma del Titolo V della Costituzione. In particolare, in base all’articolo 9 della legge n. 11 del 2005, la legge comunitaria reca:

1.      disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi di attuazione degli atti comunitari (cfr. lett. a), comma 1, art. 3 l. n. 86);

2.      disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di procedure di infrazione (cfr. lett. a-bis), comma 1, art. 3 l. n. 86);

3.      disposizioni occorrenti per dare attuazione, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa, a: ogni atto comunitario e dell’Unione europea che vincoli la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione (cfr. lett. b), comma 1, art. 3 l. n. 86); decisioni-quadro e decisioni adottate nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale previste dall’articolo 34 del Trattato UE (si tratta di una novità rispetto alla previgente disciplina);

4.      disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive, sulla base di quanto previsto dall’articolo 11 (cfr. lett. c), comma 1, art. 3 l. n. 86);

5.      disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea (si tratta di una novità introdotta dalla nuova legge);

6.      disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l’applicazione di atti comunitari nelle materie di competenza concorrente (si tratta di una novità rispetto alla previgente disciplina);

7.      disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle province autonome (si tratta di una innovazione introdotta dalla nuova legge);

8.      disposizioni emanate nell’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 16, comma 3 (si tratta di una novità rispetto alla previgente disciplina).

 

Il ddl comunitaria per il 2005 si compone di 9 articoli e di due allegati (A e B) con i quali si prevede il recepimento, con altrettanti decreti legislativi, di 11 direttive (7 con l’allegato A e 4 con l’allegato B).

Nella relazione governativa sono indicate le direttive da recepire in via amministrativa: si tratta di 54 direttive, contro le 53 dello scorso anno[1], confermandosi così una costante tendenza all’aumento di tale modalità di recepimento.

A tale proposito si segnala che risultano già attuate in via amministrativa 27 delle direttive indicate nella relazione (gli estremi di recepimento sono indicati nella tabella 1 allegata):

Per quanto riguarda la struttura e il contenuto della legge comunitaria 2005, i primi cinque articoli contengono, come consueto, disposizioni generali sui procedimenti per l’adempimento degli obblighi comunitari: tra questi, gli articoli 1 e 2 individuano i principi di delega legislativa per l’attuazione delle direttive contenute negli allegati A e B. Non è previsto invece il recepimento di direttive attraverso regolamenti governativi.

In particolare, con riferimento all’articolo 1, si segnala che il ddl in esame  introduce una novità. Il comma 4 reca, infatti, una disposizione che disciplina l’esercizio sia delle deleghe legislative già conferite e non ancora attuate, sia delle deleghe che in materia comunitaria saranno conferite da future leggi, diverse dalle leggi comunitarie.

Esso dispone che, fatti salvi i princìpi e criteri direttivi stabiliti di volta in volta dalle leggi delega (in conformità al diritto comunitario), ed in aggiunta ai princìpi contenuti nelle direttive da attuare, tali decreti legislativi siano adottati:

§         nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali previsti dalla legge comunitaria per l’anno di riferimento;

§         su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche comunitarie e del ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati in relazione all’oggetto della direttiva.

L’efficacia della norma in esame appare trascendere l’ambito di intervento del disegno di legge comunitaria in esame, dal momento che si riferisce ai decreti legislativi che diano attuazione a normative comunitarie, o che modifichino disposizioni attuative delle medesime, la cui delega sia contenuta in leggi diverse dalla legge comunitaria annuale.

Per quanto detto, potrebbe dunque risultare opportuno formulare la disposizione di cui all’articolo 1, comma 4, quale novella alla L. 11/2005[2].

Si ricorda, infatti, che la legge n. 11 del 2005 prevede la possibilità di provvedere all’adeguamento agli obblighi comunitari anche attraverso atti diversi dalla legge comunitaria. In particolare, l’articolo 10 della legge n. 11 attribuisce al Governo la potestà di adottare provvedimenti, anche urgenti, necessari per dare attuazione ad obblighi comunitari la cui scadenza risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria relativa all’anno in corso.

Sempre in relazione all’articolo 1, si ricorda che il ddl comunitaria 2005 riprende alcune delle innovazioni introdotte, rispetto allo standard consueto e consolidato della norma, dalla legge comunitaria per il 2004:

·       Si tratta della previsione del doppio parere parlamentare (comma 8) in alcune ipotesi specifiche, ovvero quando il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli allegati A e B. In tali casi, il Governo è tenuto a ritrasmettere con le sue osservazioni ed eventuali modifiche i testi alle Camere per il parere definitivo, che deve essere espresso entro venti giorni (in mancanza di nuovo parere, il Governo adotta ugualmente il provvedimento).

In proposito, si segnala che il Comitato per la legislazione si è recentemente espresso favorevolmente all’introduzione del doppio parere ritenendolo “un meccanismo particolarmente idoneo a consentire un rafforzamento delle prerogative parlamentari ed il massimo coinvolgimento del Parlamento al procedimento di emanazione dei decreti legislativi di attuazione della delega”[3].

·       Il comma 7, inoltre, stabilisce che il Ministro per le politiche comunitarie è tenuto a trasmettere una relazione al Parlamento qualora una o più deleghe conferite dalla legge comunitaria non risulti esercitata trascorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione.

·       Il medesimo comma prevede altresì un’informativa periodica (quadrimestrale) da parte del Ministro per le politiche comunitarie alle Camere sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e province autonome.

Si ricorda che tali previsioni erano state introdotte dal Senato durante l’esame del ddl comunitaria 2004. In particolare, il doppio parere parlamentare era stato inserito dall’Assemblea del Senato, con l’approvazione dell’emendamento del relatore 1.1000. La relazione relativa al mancato esercizio di una o più deleghe conferite dalla legge comunitaria è frutto dell’approvazione dell’emendamento 1.27 (testo 2) Bedin e altri, nella seduta della 14° Commissione del 6 aprile 2004, n. 42, mentre la previsione dell’informativa sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni  deriva dall’emendamento 1.27 (testo 2) Bedin e altri, approvato nella medesima seduta.

Si ricorda, infine, che il comma 6 del medesimo articolo reca una disposizione, inserita già nelle tre precedenti leggi comunitarie, che prevede un intervento suppletivo anticipato e cedevole da parte dello Stato, in caso di inadempienza delle Regioni nell’attuazione delle direttive, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato.

Il vincolo del rispetto dei princìpi fondamentali rileva con riguardo alle sole materie incluse nella competenza legislativa concorrente di Stato e regioni. La norma contiene inoltre la previsione della necessaria indicazione espressa della natura sostitutiva e cedevole da parte dei provvedimenti statali suppletivi[4].

Si segnala peraltro l’opportunità di verificare l’effettiva necessità della norma in esame, dal momento che essa è già contenuta a livello generale nella legge n. 11 del 2005 e, in particolare, negli articoli 11, comma 8, e 16, comma 3. Pertanto, in questa sede potrebbe risultare sufficiente un semplice rinvio alle citate disposizioni.

L’articolo 3 reca la consueta delega al Governo per la disciplina sanzionatoria della violazione di disposizioni comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa, mentre l’articolo 4 stabilisce il principio in base al quale gli oneri per le prestazioni ed i controlli da eseguire da parte delle pubbliche amministrazioni in applicazione di normative comunitarie sono in generale a carico dei soggetti interessati sulla base di tariffe predeterminate.

In riferimento a quest’ultima previsione, si segnala che l’articolo 9, comma 2, della legge n. 11 del 2005 (che determina il contenuto della legge comunitaria) contiene una norma pressoché identica. Andrebbe pertanto valutata l’effettiva necessità di ripetere tale disposizione all’interno di ciascuna legge comunitaria, dal momento che essa è già contenuta con portata generale nel citato articolo 9.

Infine, l’articolo 5 è finalizzato a prevedere interventi di riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie.

In realtà, struttura e contenuti del ddl in esame non sembrano recare le ulteriori disposizioni richieste, invece, dall’articolo 9 della legge n. 11 del 2005, limitandosi a riprendere il modello delle ultime leggi comunitarie approvate. All’interno del provvedimento non risultano, infatti, contenute le disposizioni:

o      occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea;

o      che individuano i princìpi fondamentali per le regioni e le province autonome ai fini dell’attuazione di atti comunitari nelle materie di competenza concorrente;

o      che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, delegano il Governo ad adottare decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni;

o      emanate nell’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione.

 

I successivi articoli (da 6 a 9) contengono disposizioni particolari di adempimento mentre non risultano – diversamente dalle precedenti leggi comunitarie – norme recanti criteri specifici di delega per alcune direttive il cui recepimento è previsto negli allegati.

L’articolo 6 contiene una norma di recepimento diretto, ma parziale, della direttiva 2004/57/CE, sull’identificazione di articoli pirotecnici e certe munizioni, ai fini della direttiva del Consiglio 93/15/CEE, relativa all’armonizzazione delle disposizioni relative all’immissione sul mercato ed al controllo degli esplosivi per uso civile. Viene a tal fine modificato l’articolo 55 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773.

Anche nella legge comunitaria 2004, come nelle precedenti, sono contenute disposizioni dirette a dare esecuzione a sentenze o risolvere procedure di infrazione avviate a livello comunitario (articoli 7 e 8).

L’articolo 7 interviene in materia di obblighi contabili per i produttori di rifiuti pericolosi, al fine di dare attuazione ad un’ordinanza della  Corte di Giustizia del 28.9.2004 (Causa C-115/03 ); la norma introduce nell’ordinamento nazionale una disposizione normativa che stabilisce l’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico per i produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati inun’organizzazione di ente o d’impresa.

L’articolo 8 è finalizzato invece a coprire casi di non applicabilità delle direttive 89/48/CEE, 92/51/CEE e 99/42/CE sulla base dei principi contenuti nelle sentenze della Corte di Giustizia dell’8 luglio 1999, causa C-234/97 e del 13 novembre 2003, causa C-313/01. La norma riguarda la valutazione di titoli e certificazioni acquisiti in altri Stati membri o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo e nella confederazione Elvetica.

L’articolo 9 reca modificazioni al decreto legislativo 16 aprile 1994, n, 297, per garantire l’applicazione della procedura di equipollenza di titoli di studio conseguiti da cittadini comunitari nelle scuole o istituti di altri Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo o nella confederazione Elvetica corrispondenti alla scuola italiana di livello primario e secondario. La modifica intende assicurare il rispetto del principio di libera circolazione dei cittadini quale libertà fondamentale prevista dal Trattato.

Per quanto riguarda invece gli allegati A e B, vengono conferite deleghe per il recepimento delle sottoindicate direttive.

In Allegato A (senza parere parlamentare sugli schemi di decreto legislativo):

-       2003/123/CE che modifica la direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi;

-       2004/23/CE, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani;

-       2004/54/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete transeuropea;

-       2004/81/CE, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti;

-       2004/82/CE, concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate;

-       2004/108/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE;

-       2004/114/CE relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.

 

In allegato B (con parere delle competenti Commissioni parlamentari):

-       2004/40/CE. sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici;

-       2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato;

-       2004/83/CE, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta;

-       2004/113/CE, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura.

 

Per le suddette direttive non sono previsti specifici criteri di delega.

 

I settori principalmente interessati dalla legge comunitaria 2005 sono i seguenti:

§         immigrazione e sicurezza (titolo di soggiorno per le vittime della tratta di esseri umani, ammissione di cittadini di paesi terzi per motivi di studio, identificazione di articoli pirotecnici e munizioni, protezione internazionale degli apolidi o rifugiati);

§         sanità (additivi alimentari, etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari, controlli sugli alimenti per animali, prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare, prodotti cosmetici);

§         tutela dell’ambiente (rifiuti pericolosi, compatibilità elettromagnetica, emissioni di biossido di carbonio e consumo di carburante dei veicoli);

§         agricoltura (prodotti fitosanitari, antipassitari, indagini statistiche nel settore del latte, commercializzazione delle sementi, protezione da organismi nocivi);

§         istruzione (valutazione di titoli e certificazioni acquisiti in altri Stati membri, equipollenza di titoli di studio);

§         trasporti e comunicazioni (sicurezza delle reti transeuropee, protezione dei pedoni, dati delle persone trasportate, dispositivi di limitazione della velocità, riscaldamento dei veicoli a motore, requisiti tecnici dei sistemi di evacuazione degli aerei);

§         attività produttive (etichettatura acque minerali, etichettatura di prodotti alimentari)

§         finanze (regime fiscale per le società madri e figlie).

 

 

I dati contenuti nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria

Si ricorda che l’articolo 8, comma 5, della legge n. 11 del 2005 ha altresì ampliato il contenuto della relazione governativa di accompagnamento del ddl comunitaria, prevedendo che essa fornisca anche l’elenco delle direttive attuate con regolamento (lett. d). Inoltre, viene formulata in termini maggiormente precisi la necessità di indicare altresì i provvedimenti regionali attuativi di direttive UE (lett. e), stabilendo che la relazione “fornisce l’elenco degli atti normativi con i quali nelle singole regioni e province autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province autonome”. Invece, i profili di cui alle lettere a), b)  e c) sono pressoché identici, nella forma e nella sostanza, a quelli di cui alle lettere a), b) e c) dell’articolo 2, comma 3, della legge La Pergola.

Pertanto, in base al nuovo dettato normativo, la relazione deve contenere:

a)    i dati sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto comunitario e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana[5].

La Relazione al ddl comunitaria 2005 riferisce che, al 31 dicembre 2004, risultano aperte contro l’Italia 251 procedure, di cui 175 per violazione del diritto comunitario e 76 per mancata trasposizione di direttive[6].

Viene poi fornita la classificazione per livello delle procedure. Da questa si evince che, per quanto riguarda le procedure per violazione del diritto comunitario, 82 di queste sono lettere di costituzione in mora (primo stadio del contenzioso comunitario), mentre altre 85 sono relative a stadi più avanzati del contenzioso: (74 pareri motivati, 7 messe in mora complementare e 4 pareri motivati complementari). A queste si aggiungono 8 procedure di cui all’art. 228 del Trattato CE in base al quale la Commissione europea, in caso di inesecuzione del giudicato, può adire la Corte di Giustizia per chiedere l’irrogazione di sanzioni pecuniarie per lo Stato membro inadempiente.

In allegato al presente dossier si fornisce lo Stato delle procedure di infrazione distinte per settori di competenza, aggiornato al 16 marzo 2005[7] (tabella 6).

Si ricorda che, per quanto riguarda lo stato delle procedure di infrazione, la Commissione europea, nel recentissimo “Secondo rapporto sull’attuazione della Strategia per il mercato interno 2003-2006[8], ricorda che la Strategia [9] chiede agli Stati membri una riduzione del numero delle procedure di infrazione di almeno il 50% entro il 2006. Dal documento risulta che, al 31 ottobre 2004, l’Italia rimane il paese con il maggior numero di procedure di infrazione[10] e che la sua posizione è peggiorata dopo che è stato fissato l’obiettivo della riduzione del 50% delle procedure. Anche la Grecia, il Regno Unito, il Lussemburgo, la Svezia e la Danimarca hanno visto una crescita delle procedure di infrazione aperte contro di loro, mentre progressi sono stati fatti dalla Francia (che rimane al secondo posto dopo l’Italia nella classifica dei paesi che hanno il maggior numero di procedure di infrazione), dalla Spagna, dal Belgio, dall’Austria, dall’Irlanda, dai Paesi Bassi, dal Portogallo e dalla Finlandia[11].

A tale proposito si ricorda anche che la Commissione europea, già a partire dalla “Comunicazione sul miglioramento del controllo dell’applicazione del diritto comunitario” [COM(2002) 725 def.] ha optato per un approccio differenziato al trattamento delle procedure d’infrazione, a causa della loro costante crescita e alla prospettiva di un ulteriore forte aumento delle stesse dopo l’allargamento dell’UE. In pratica la Commissione, secondo la gravità della presunta infrazione, decide caso per caso se avviare la procedura d’infrazione ovvero ricorrere a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie, principalmente le c.d. “riunioni pacchetto o cumulative”, che mirano a risolvere politicamente le questioni evitando azioni legali ed il meccanismo c.d. SOLVIT[12].

 

b)    l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa[13].

Si tratta di 54 direttive (riportate nella tabella 1 allegata al presente dossier), alla cui attuazione provvedono lo Stato ovvero le regioni o le province autonome nell’ambito del riparto costituzionale di competenze e fermi restando i poteri sostitutivi dello Stato.

A tale proposito si segnala che 27 delle direttive indicate nella relazione governativa risultano già attuate con decreti ministeriali o provvedimenti amministrativi (nella tabella 1 allegata sono riportati gli estremi dei provvedimenti di attuazione)

Si ricorda altresì che, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 10, comma 3-quater, del Testo unico sulla promulgazione delle leggi (DPR n. 1092/1985), introdotto dall’art. 4 della legge comunitaria 1999, non è stato rispettato, in sede di pubblicazione delle leggi comunitarie del 2000, del 20001 e del 2002 e del 2003, l’obbligo di riportare a titolo informativo nella Gazzetta Ufficiale, unitamente alla legge comunitaria annuale, l’elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa. Tale obbligo era invece stato rispettato in sede di pubblicazione della legge comunitaria per il 1999.

 

c)    l’indicazione dell’eventuale omissione dell’inserimento di direttive il cui termine di recepimento sia scaduto o scada nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l’esercizio della delega legislativa, quindi per lo meno entro l’anno 2005.

La relazione governativa non segnala alcuna direttiva non inserita.

A tale proposito si segnala invece che, come evidenziato nella tabella 5 allegata, risultano essere 25 le direttive in scadenza tra l’8 aprile ed il 31 dicembre 2005, non inserite nel ddl comunitaria 2005.

A queste si aggiungono altre 3 direttive già scadute nell’anno 2005 (tra l’1/1 ed il 7/4/2005) che non sono state recepite e non sono state inserite nel disegno di legge comunitaria 2005, per un totale di 28 direttive scadute o in scadenza nell’anno 2005 che non sono state inserite nel disegno di legge comunitaria 2005.

Oltre a queste si segnalano, elencate nella tabella 4 allegata, altre 15 direttive di anni precedenti e già scadute (entro il 7/4/2005) non ancora recepite ed il cui recepimento non è previsto da alcuna legge comunitaria.

d)    l’elenco delle direttive attuate con regolamento ai sensi dell’art. 11 della legge n. 11/2005, nonché gli estremi degli eventuali regolamenti d’attuazione già adottati.

La relazione al ddl comunitaria 2005 non fornisce alcun dato in proposito.

 

e)    l’elenco degli atti normativi regionali e delle province autonome attuativi delle direttive comunitarie, anche con riferimento alle leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni o dalle province autonome.

Il disegno di legge comunitaria per il 2005 sottolinea che tali dati non risultano disponibili.

Non è invece previsto dalla nuova legge n. 11/2005 l’obbligo di indicare nella relazione governativa l’elenco delle direttive che non necessitano di provvedimento di attuazione, in quanto evidentemente di diretta applicazione, in virtù del loro contenuto sufficientemente specifico, ovvero in quanto l’ordinamento interno risulta già conforme ad esse.


 

Lo stato di attuazione delle direttive comunitarie in Italia

Nella tabella 2 è indicato, per ciascuno Stato membro, lo stato di attuazione di tutte le direttive comunitarie già scadute. I dati, forniti dal Segretariato generale della Commissione europea, sono aggiornati al 3 marzo 2005.

A tale data risultano scadute e applicabili in Italia 2550 direttive: l’Italia si colloca all’ultimo posto nella graduatoria del recepimento a 25 paesi, avendo comunicato i provvedimenti di attuazione relativi a 2456 di queste, pari al 96,31%[14] delle direttive da recepire (la media CE a 25 Stati è pari al 98,12%).

L’Italia deve quindi ancora recepire 94 direttive già scadute al 3 marzo 2005.

Nella tabella 3 allegata sono riportate le direttive contenute nelle precedenti leggi comunitarie e non ancora attuate. Si segnala che non risultano ancora adottati i provvedimenti attuativi di 56 Direttive[15]. A queste si aggiungono altre 65 direttive da attuare in base alla legge comunitaria 2004, in corso di approvazione definitiva al Senato.

Complessivamente, le direttive contenute in precedenti leggi comunitarie, non ancora attuate ed il cui termine di recepimento è già scaduto (al 7/4/2005) risultano essere 80.

 

Per quanto riguarda invece lo stato di recepimento delle direttive comunitarie relative al solo mercato interno[16], il “Secondo rapporto sull’attuazione della Strategia per il mercato interno 2003-2006[17]evidenzia che gli Stati membri non hanno recepito nella legislazione nazionale, entro i termini che essi stessi hanno fissato, numerose direttive essenziali per la realizzazione del mercato interno e che persiste una forte disparità tra Stati membri nei tempi del recepimento. Il tasso di mancato recepimento dell’UE, che indica la percentuale media delle direttive sul mercato interno in vigore non trasposte alla scadenza, raggiunge il 3,6%[18]: obiettivo abbastanza lontano dall’obiettivo parziale dell’1,5%, fissato dal Consiglio di Lisbona nel 2000 e confermato successivamente nei Consigli europei. Il dato tiene conto comunque dell’ingresso dei 10 nuovi paesi dell’UE, anche se il deficit della sola UE a 15 stati si situa comunque ad un valore molto alto, pari al 2,9%.

Per quanto riguarda la graduatoria dei singoli Stati dell’UE, considerando l’UE a 25 Stati, la Commissione individua una “Prima divisione” nella quale sono compresi i 12  paesi con le migliori performance nel recepimento ed una seconda divisione in cui sono inseriti i paesi (13, tra cui il nostro) con un deficit di trasposizione almeno doppio rispetto all’obiettivo intermedio dell’1,5%.

L’Italia si colloca in questa seconda divisione al 19° posto su 25 stati, con un tasso di mancato recepimento del 4,5%, pari a 71 direttive relative al mercato interno ancora da recepire.

Nella prima divisione ai primi due posti si collocano la Lituania (1% di deficit) e la Spagna (1,3%), seguono poi nell’ordine l’Olanda, l’Ungheria, la Svezia, l’Austria, la Danimarca, la Finlandia, l’Irlanda, la Germania, il Regno Unito e la Polonia. Tutti questi stati hanno deficit compresi tra il 2% ed il 2,9%.

Si ricorda infine che, tra le dieci direttive identificate dalla Commissione europea come “direttive-chiave” per il mercato interno, due risultano ancora non trasposte in Italia a termine scaduto: si tratta delle direttive 1998/44/CE, relativa alla tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche[19], e 2003/48/CE, sulla tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi[20].


 

LA LEGGE COMUNITARIA ANNUALE

La legge comunitaria annuale è uno strumento normativo volto ad assicurare il periodico adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello comunitario. Tale specifica procedura di recepimento della normativa comunitaria - che prevede la presentazione al Parlamento entro il 31 gennaio di ogni anno, da parte del Ministro per le politiche comunitarie, di un disegno di legge annuale - è stata introdotta dalla  9 marzo 1989, n. 86 (legge “La Pergola"). Peraltro, è entrata in vigore il 2 marzo scorso la legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, che ha integralmente sostituito ed abrogato le legge “La Pergola”. Il nuovo disposto normativo ha inciso anche sui contenuti della legge comunitaria, che risultano ora ampliati rispetto alle previsioni della legge n. 86/1989.

Il contenuto proprio della legge comunitaria, in base all’articolo 9 della legge n. 11 del 2005, risulta quindi il seguente:

·       disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi di attuazione degli atti comunitari (cfr. lett. a), comma 1, art. 3 l. n. 86);

·       disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di procedure di infrazione (cfr. lett. a-bis), comma 1, art. 3 l. n. 86);

·       disposizioni occorrenti per dare attuazione, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa, a: ogni atto comunitario e dell’Unione europea che vincoli la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione; decisioni-quadro e decisioni adottate nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale previste dall’articolo 34 del Trattato UE (cfr. per i primi lett. b), comma 1, art. 3 l. n. 86);

·       disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive, sulla base di quanto previsto dall’articolo 11 (cfr. lett. c), comma 1, art. 3 l. n. 86);

·       disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea;

·       disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l’applicazione di atti comunitari nelle materie di competenza concorrente;

·       disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l’adozione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle province autonome;

·       disposizioni emanate nell’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 16, comma 3.

Si ricorda, invece, che secondo l’articolo 3 della legge n. 86/1989 la legge comunitaria conteneva:

·       Disposizioni modificative o abrogative di norme vigenti, in contrasto con gli obblighi comunitari, finalizzate a dare attuazione diretta alle direttive comunitarie;

·       Disposizioni di delega legislativa al Governo occorrenti per dare attuazione o assicurare l’applicazione di atti normativi del Consiglio o della Commissione dell’UE; le direttive da attuare con delega generalmente sono riportate in due distinti allegati – allegato A e allegato B il secondo dei quali contiene le direttive per le quali si richiede che lo schema di decreto legislativo di attuazione venga sottoposto al parere del Parlamento;

·       Autorizzazione al Governo all’attuazione delle direttive o delle raccomandazioni (CECA) in via regolamentare. Viene così rimessa all'esercizio del potere regolamentare del Governo l'attuazione delle direttive (contenute in passato nell'allegato C), riguardanti materie già disciplinate con legge, ma non riservate alla legge;

·       Disposizioni modificative o abrogative anche di vigenti norme di attuazione di direttive comunitarie, qualora esse formino oggetto di procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia.

 


 


LA LEGGE N. 11 DEL 2005

La legge 4 febbraio 2005, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” è volto a modificare le procedure per la partecipazione dell’Italia al processo di formazione e di attuazione della normativa comunitaria previste dalla legge “La Pergola” (legge 9 marzo 1989, n. 86), che viene integralmente sostituita ed abrogata.

Le innovazioni attengono principalmente ai seguenti profili:

v      la partecipazione parlamentare e degli altri soggetti interessati alla cosiddetta fase “ascendente” della formazione del diritto comunitario;

v      l’introduzione della riserva di esame parlamentare sui progetti di atti comunitari, che il Governo può apporre in sede di Consiglio dei Ministri dell’UE;

v      la previsione di nuove modalità per il recepimento del diritto comunitario nella cosiddetta fase “discendente”;

v      la procedimentalizzazione della partecipazione delle regioni, degli enti locali e delle parti sociali a tutto il processo di integrazione del nostro ordinamento con quello dell’Unione europea, anche in relazione alle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione dalla L. cost. n. 3/2001.

Il provvedimento intende rafforzare la partecipazione del nostro Paese al processoso normativo comunitario, sia nella fase di formazione che in quella di attuazione.

In merito alla fase ascendente, si ricorda – oltre alle novità già indicate – l’istituzione del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), nell’ambito del quale si concordano le linee politiche del Governo ai fini della formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell’Unione europea (articolo 2).

L’articolo 15 della legge modifica parzialmente anche il contenuto della relazione annuale al Parlamento. La novità più significativa è contenuta nella lettera d): la relazione governativa deve soffermarsi sulle osservazioni e sugli atti d’indirizzo del Parlamento e (limitatamente alle osservazioni) dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, dalla Conferenza  Stato-Regioni e dalla Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative regionali. Del pari innovativa, è la previsione di cui alla lettera e), in base alla quale il Governo deve fornire al Parlamento l’elenco delle  decisioni comunitarie che il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare, indicandone i motivi. Le restanti previsioni ricalcano il disposto dell’art. 7 della legge n. 86.

In relazione alla fase discendente, oltre ad ampliare il contenuto proprio della legge comunitaria (su cui si veda il precedente box), la nuova legge prevede:

·       che il tempestivo adeguamento del nostro ordinamento al diritto comunitario possa essere assicurato anche attraverso l’attribuzione al Presidente del Consiglio o al Ministro per le politiche comunitarie della facoltà di proporre al Consiglio dei ministri l’adozione dei provvedimenti, anche urgenti, necessari al fine di dare attuazione ad atti normativi e sentenze degli organi comunitari, qualora la scadenza di essi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria relativa all’anno in corso (art. 10).

·       la ridefinizione delle modalità di attuazione delle direttive in via regolamentare e amministrativa, circoscrivendo tale possibilità alle sole materie di potestà statale esclusiva (art. 11). I regolamenti sono adottati ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e devono conformarsi a specifici principi individuati al comma 3, tenendo comunque conto delle eventuali modificazioni della disciplina comunitaria intervenute sino al momento della loro adozione.

·       le regioni (articolo 16), nelle materie di propria competenza, possono dare immediata attuazione alle direttive comunitarie.

·       la disciplina dei poteri sostitutivi statali (artt. 11, comma 8, 13, comma 2, e 16, comma 4), in modo analogo a quanto già contenuto all’art. 1, comma 5 (o 6), delle ultime leggi comunitarie. Infatti, si prevede che possono essere adottati atti normativi statali nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all’eventuale inerzia di tali enti. In tale caso, gli atti normativi statali: si applicano esclusivamente nelle regioni e province autonome nelle quali non sia ancora in vigore una propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l’attuazione della rispettiva normativa comunitaria; perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma; recano l’esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.


 

LA LEGGE N. 131 DEL 2003 (C.D. “LEGGE LA LOGGIA”)

Sui profili della partecipazione delle regioni all’ordinamento comunitario, è intervenuta anche la legge n. 131 del 2003, recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”.

In particolare, l’articolo 1, comma 2, della legge pone una clausola di cedevolezza – analogamente a quanto previsto dall’articolo 1, comma 6, del disegno di legge comunitaria in esame e dalla legge n. 11 del 2005 – in base alla quale la normativa statale vigente in materie rientranti nella competenza legislativa regionale si applica sino alla data di entrata in vigore delle specifiche disposizioni regionali in materia.

Inoltre, l’articolo 5 di tale provvedimento reca disposizioni per la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano alla formazione degli atti comunitari e dell’Unione europea (la c.d. “fase ascendente”). La norma prevede che la partecipazione si svolga nell’ambito delle delegazioni del Governo e, nelle materie di competenza residuale delle regioni ex art. 117, IV comma, Cost., il Capo delegazione può anche essere un Presidente di Giunta regionale o di Provincia autonoma.

Infine, l’articolo 8 disciplina l’esercizio dei poteri statali sostitutivi, in attuazione dell’art. 120, II comma, Cost., stabilendo che qualora essi siano necessari al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti sostitutivi sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia.

 

 


Schede di lettura sugli articoli

 


Art. 1

 

(Delega al Governo per l’attuazione di direttive comunitarie)

 


1.     Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati AeB.

2.     I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale pre­valente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

3.     Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A, sono tra-smessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine di quaranta giorni prima indicato scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.

4.     I decreti legislativi di attuazione di normative comunitarie o di modifica di disposizioni attuative delle medesime, la cui  delega è contenuta in leggi diverse dalla legge comunitaria annuale, fatti salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni della legge di conferimento della delega, ove non in contrasto con il diritto comunitario, e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, sono adottati nel rispetto degli altri principi e criteri direttivi generali previsti dalla stessa legge comunitaria per l'anno di riferimento, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

5.     Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1.

6.     In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, i decreti legislativi di cui al comma 1 eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano entrano in vigore, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e, nelle materie di competenza concorrente, dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato. A tale fine i decreti legislativi recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole delle disposizioni in essi contenute.

7.     Il Ministro per le politiche comunitarie, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risulti ancora esercitata trascorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dia conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo. Il Ministro per le politiche comunitarie ogni quattro mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.

8.     Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

 


 

 

L’articolo 1 conferisce una delega al Governo per l’attuazione delle direttive comunitarie riportate in allegato ai disegno di legge in esame e stabilisce i termini e le modalità di emanazione dei decreti legislativi attuativi.

In particolare, il comma 1 fa richiamo ai due elenchi di direttive comprese negli allegati A e B al disegno di legge comunitaria, alle quali dare attuazione entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

La distinzione tra i due allegati è nel fatto che (comma 3) il procedimento per l’attuazione delle direttive incluse nell’allegato B prevede l’espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari; entro quaranta giorni dalla data di trasmissione i decreti possono comunque essere emanati. Tale procedura – che riproduce quella già prevista nelle ultime leggi comunitarie – è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all’allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali.

È a tal proposito previsto che, qualora il termine fissato per l’espressione del parere parlamentare venga a spirare in un momento successivo al trentesimo giorno antecedente la scadenza del termine per l’esercizio della delega, quest’ultimo termine sia prorogato di novanta giorni (tale previsione normativa si applica anche ai decreti legislativi integrativi o correttivi previsti dal successivo comma 4). Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l’eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

 

A tal riguardo, si fa presente che il parere parlamentare deve essere richiesto dopo aver già acquisito tutti gli altri pareri previsti dalla legge, secondo la prassi affermatasi nella scorsa legislatura, soprattutto a partire dal 1998, a seguito dei reiterati interventi dei Presidenti delle Camere nei confronti del Governo, volti ad ottenere che il testo trasmesso per il parere parlamentare avesse completato la fase procedimentale interna all’esecutivo.

 

Il comma 2 richiama la procedura prevista dall’art. 14 della L. 400/1988[21] per l’adozione dei decreti legislativi, i quali sono emanati dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche comunitarie e del ministro con competenza istituzionale prevalente per materia, di concerto con i ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati in relazione all’oggetto della direttiva.

Il comma 4 introduce una disposizione la cui efficacia appare trascendere l’ambito di intervento del disegno di legge comunitaria in esame: essa si riferisce infatti ai decreti legislativi che diano attuazione a normative comunitarie, o che modifichino disposizioni attuative delle medesime, la cui delega sia contenuta in leggi diverse dalla legge comunitaria annuale.

Per quanto detto potrebbe dunque risultare opportuno formulare la disposizione quale novella alla L. 11/2005[22].

 

Si ricorda, infatti, che la legge n. 11 del 2005 già prevede la possibilità di provvedere all’adeguamento agli obblighi comunitari anche attraverso atti diversi dalla legge comunitaria. In particolare, l’articolo 10 della legge n. 11 attribuisce al Governo la potestà di adottare provvedimenti, anche urgenti, necessari per dare attuazione ad obblighi comunitari la cui scadenza risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria relativa all’anno in corso.

 

Il comma disciplina, pertanto, l’esercizio sia delle deleghe legislative già conferite e non ancora attuate, sia delle deleghe che in materia comunitaria saranno conferite da future leggi, diverse dalle leggi comunitarie.

Esso dispone che, fatti salvi i princìpi e criteri direttivi stabiliti di volta in volta dalle leggi delega (in conformità al diritto comunitario), ed in aggiunta ai princìpi contenuti nelle direttive da attuare, tali decreti legislativi siano adottati:

§         nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali previsti dalla legge comunitaria per l’anno di riferimento;

§         su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche comunitarie e del ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati in relazione all’oggetto della direttiva.

Il comma in esame introduce dunque disposizioni – riferite sia ai princìpi e criteri direttivi sia alle modalità di esercizio della delega – destinate ad aggiungersi e, nelle intenzioni del legislatore, a prevalere su quelle recate da (anche future) leggi di delega in materia comunitaria.

Pur costituendo un’indicazione per il futuro legislatore, la piena efficacia normativa di tali disposizioni non appare certa, ben potendo una successiva legge delega derogare, anche tacitamente, ad esse.

Si segnala inoltre che la dizione “anno di riferimento”, di agevole lettura con riguardo alle leggi comunitarie, potrebbe prestarsi a incertezze interpretative se riferita ad altre leggi recanti deleghe legislative: potrebbe per esse risultare preferibile un richiamo più univoco, ad es. all’anno di entrata in vigore della legge di delega.

Il comma 5 prevede l’autorizzazione al Governo ad emanare con la medesima procedura, entro diciotto mesi dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla legge.

 

L’istituto della delega legislativa è previsto dall’art. 76 della Costituzione che lo delinea nei seguenti termini: “L’esercizio della delega legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione dei princìpi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”.

Le modalità di esercizio della delega legislativa sono state disciplinate, sul piano della legislazione ordinaria, dal citato art. 14 della L. 400/1988. Tale articolo:

§         prescrive, al fine di ovviare ad alcuni inconvenienti in precedenza manifestatisi in ordine alla configurazione dei decreti emanati in attuazione di deleghe, regole precise sulla qualificazione dell’atto, che deve essere denominato “decreto legislativo” e recare nel preambolo la completa indicazione degli adempimenti procedurali necessari (legge di delegazione, deliberazione del Consiglio dei ministri, etc.);

§         ribadisce la vincolatività del termine fissato dalla legge di delegazione, prevedendo a tale scopo che il decreto vada trasmesso al Presidente della Repubblica, per l’emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza, consentendo altresì – nel caso che la delega riguardi oggetti distinti suscettibili di separata disciplina – l’esercizio della delega stessa mediante più decreti successivi;

§         introduce una particolare disciplina per quelle deleghe il cui termine di scadenza ecceda i due anni, prevedendo una procedura di consultazione (della quale sono fissate rigide scansioni temporali) tra Governo e Parlamento: il Governo è, infatti, tenuto a richiedere il parere delle Commissioni permanenti competenti per materia delle due Camere sugli schemi dei decreti legislativi, recependone le eventuali osservazioni e trasmettendo nuovamente al Parlamento gli schemi stessi per il parere definitivo delle Commissioni interessate. Al di fuori di queste ipotesi obbligatorie, nulla esclude ovviamente che le singole leggi di delega possano prevedere, di volta in volta, la necessità del previo parere parlamentare sugli schemi dei decreti delegati.

L’attuazione delle direttive comunitarie mediante delega legislativa, già contemplata dalla L. 86/1989[23] (c.d. “legge La Pergola”, art. 3) è oggi espressamente prevista, in via generale, dalla citata L. 11/2005 il cui art. 9, nel fissare i contenuti della legge comunitaria annuale, prevede che l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello comunitario venga assicurato, oltre che con disposizioni modificative o abrogative di norme statali vigenti e con autorizzazione al Governo ad intervenire in via regolamentare, anche mediante conferimento al Governo di delega legislativa.

Il comma 6 reca una disposizione inserita già nelle precedenti leggi comunitarie e da ultimo recepita, in via generale, nella recente L. 11/2005 (cfr. art. 9, co. 1, lett. h), art. 16, co. 3 ed art. 11, co. 8). Essa tiene conto dell’entrata in vigore delle modifiche apportate al Titolo V della Parte II della Costituzione dalla L.Cost. 3/2001[24].

Vi si prevede infatti un intervento suppletivo anticipato e cedevole da parte dello Stato, in caso di inadempienza delle Regioni nell’attuazione delle direttive. Tale clausola di salvaguardia prevede una duplice garanzia per le regioni e province autonome:

§         i decreti legislativi statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome, entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria, per le regioni e le province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§         i decreti legislativi perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e – nelle materie di competenza concorrente – dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato. A questo scopo i decreti legislativi devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole delle disposizioni in essi contenute.

La norma in oggetto persegue la duplice finalità di rispettare, da un lato, il riparto di competenze legislative delineato dal nuovo art. 117 Cost. nonché le competenze in materia di attuazione degli atti comunitari attribuite alle regioni dal quinto comma dell’art. 117 medesimo; dall’altro, di garantire allo Stato – attraverso l’esercizio del potere sostitutivo previsto espressamente dal medesimo quinto comma – uno strumento per evitare l’insorgere di una responsabilità nei confronti dell’Unione europea a seguito dell’eventuale mancata attuazione delle direttive da parte delle regioni e conseguentemente del verificarsi di ritardi tali da esporre l’Italia a procedure di infrazione.

L’eventuale adozione di decreti legislativi nelle materie di competenza regionale viene configurata come uno strumento dall’operatività eventuale, in quanto le norme dei decreti sono destinate ad entrare in vigore solo nel caso in cui alcune regioni non adottino proprie discipline attuative delle direttive e a produrre effetti solo in tali regioni. In caso, cioè, di inadempienza legislativa delle regioni lo Stato, con l’adozione dei decreti legislativi in parola, evita di incorrere in una responsabilità che solo allo Stato può essere imputata dall’Unione europea.

La natura cedevole delle norme dei decreti medesimi – secondo uno schema normativo già noto prima della modifica della Costituzione – consente in ogni caso alle regioni di esercitare la propria potestà legislativa.

La relazione al disegno di legge chiarisce che “il potere sostitutivo dello Stato trova chiaro fondamento nella circostanza che l’Unione europea costituisce un’Unione di Stati e che lo Stato nel suo complesso, nella qualità di interlocutore primario della comunità e dei partners europei, rappresenta il soggetto responsabile dell’adempimento degli obblighi comunitari. Di qui il corollario, a più riprese ribadito dalla Corte delle leggi, alla stregua del quale, ferma restando la competenza in prima istanza delle regioni e delle provincie autonome, allo Stato competono tutti gli strumenti necessari per non trovarsi impotente di fronte a violazioni di norme comunitarie determinate da attività positive od omissive dei soggetti dotati di autonomia costituzionale. ‘Gli strumenti consistono non in avocazioni di competenze a favore dello Stato ma in interventi repressivi o sostitutivi e suppletivi – questi ultimi anche in via preventiva, ma cedevoli di fronte all’attivazione dei poteri regionali e provinciali normalmente competenti – rispetto a violazioni o carenze nell’attuazione e nell’esecuzione di norme comunitarie da parte delle regioni e delle province autonome’ (Corte cost., sentenze 425/1999; 126/1996, relative all’esercizio di competenza esclusiva da parte delle province autonome di Trento e di Bolzano)”.

Si segnala peraltro l’opportunità di verificare l’effettiva necessità della norma in esame, dal momento che essa è già contenuta a livello generale nella legge n. 11 del 2005 e, in particolare, negli articoli 11, comma 8, e 16, comma 3. Pertanto, in questa sede potrebbe risultare sufficiente un semplice rinvio alle citate disposizioni.

Il comma 7 pone in capo al ministro per le politiche comunitarie il duplice compito di comunicare alle Camere i motivi dell’eventuale mancata attuazione delle direttive comunitarie e lo stato di attuazione delle direttive a livello regionale. In particolare il ministro, trascorsi quattro mesi dal termine di recepimento previsto dalla direttiva senza che vi sia data attuazione, trasmette alla Camera e al Senato una relazione ad hoc, che dia conto delle motivazioni addotte dai ministri competenti a giustificazione del ritardo. Inoltre, ogni quattro mesi il ministro informa le Camere dello stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome.

I canali di informazione Governo-Parlamento si arricchiscono di queste ulteriori forme di comunicazione, che si vanno ad aggiungere alla relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea – trasmessa alle Camere ed esaminata congiuntamente alla legge comunitaria – prevista dall’art. 7 della L. 86 del 1989 ed oggi ridisciplinata dall’art. 15 della L. 11/2005.

Per quanto riguarda le comunicazioni periodiche del ministro alle Camere sullo stato di attuazione regionale, si ricorda che la citata L. 11/2005 dispone che i provvedimenti adottati dalle regioni e dalle province autonome per dare attuazione alle direttive comunitarie nelle materia di propria competenza siano immediatamente trasmessi in copia al Dipartimento delle politiche comunitarie (art. 16, co. 2). Tale obbligo costituisce la condizione necessaria per consentire il monitoraggio di cui sopra.

Il comma 8 concerne i pareri parlamentari aventi ad oggetto le disposizioni penali introdotte negli schemi di decreti legislativi e prevede che, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri, debba ritrasmettere alle Camere gli schemi con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Le Commissioni competenti esprimono il parere definitivo entro venti giorni, decorsi i quali i decreti sono comunque emanati. Viene così introdotto il cosiddetto “doppio parere”, limitato ad una tipologia precisa di schemi di decreto.

Si ricorda che le norme contenute negli ultimi due commi sono state per la prima volta inserite nell’ambito della legge comunitaria per il 2004.


Art. 2

 

(Principi e criteri direttivi generali della delega legislativa)

 

 


1. Salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo II e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti principi e criteri direttivi generali:

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative;

b)   ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatte salve le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa;

c)   salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a centocinquantamila euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le in-frazioni che rechino un danno di particolare gravità. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a centocinquanta euro e non superiore a centocinquantamila euro è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni sopra indicate sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole o alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. In ogni caso sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi;

d)   eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per un ammontare complessivo non superiore a cinquanta milioni di euro;

e)   all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

f) i decreti legislativi assicurano in ogni caso che, nelle materie oggetto delle direttive da attuare, la disciplina sia pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime, tenuto anche conto delle eventuali modificazioni comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili.


 


L’articolo 2 detta i princìpi e criteri direttivi di carattere generale per l’esercizio delle deleghe ai fini dell’attuazione delle direttive comunitarie; si tratta di princìpi e criteri in gran parte già contenuti nelle precedenti leggi comunitarie.

La disposizione, prima di elencare tali princìpi generali, richiama due ulteriori categorie di princìpi e criteri direttivi per l’esercizio delle deleghe:

§         si tratta, innanzitutto, dei criteri contenuti nelle singole direttive comunitarie da attuare, ai quali si aggiungono i princìpi generali oggetto dell’articolo in esame;

§         in secondo luogo, sono fatti salvi gli specifici criteri di delega previsti dal capo II del disegno di legge in esame, contenenti, appunto, le disposizioni particolari di adempimento e i criteri specifici di delega di alcune delle direttive da attuare.

 

Tra i criteri generali di delega si segnala quello di cui alla lettera b), che prevede l’introduzione delle modifiche necessarie per un migliore coordinamento con le discipline vigenti nei singoli settori interessati dall’attuazione delle direttive comunitarie.

Analogamente alla legge comunitaria per il 2003 (L. 306/2003) e al disegno di legge comunitaria per il 2004 (A.S. 2742-B), la norma in esame fa salve “le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa”.

Si ricorda che le leggi comunitarie precedenti specificavano espressamente che le modifiche, qualora incidessero su materie già oggetto di delegificazione o sui procedimenti amministrativi, dovessero essere introdotte con regolamento di delegificazione, al fine di evitare la rilegificazione di settori disciplinati da norme di rango sublegislativo.

Tale disposizione, già espunta dalla legge comunitaria 2001[25], è stata eliminata perché, in seguito alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione (L.Cost. 3/2001), la potestà regolamentare è riservata alle Regioni nelle materie che non siano di competenza legislativa esclusiva dello Stato[26].

Il principio di delega di cui alla lettera d) fa riferimento alla copertura finanziaria delle norme delegate. Al riguardo si stabilisce che gli oneri derivanti dall’attuazione delle direttive debbano essere coperti con gli ordinari stanziamenti di bilancio. Nel caso in cui detti stanziamenti non risultassero sufficienti, si farà ricorso alle disponibilità sussistenti sul fondo di rotazione di cui all’art. 5 della L. 183/1987 (vedi infra) e, comunque, per un ammontare non superiore a 50 milioni di euro. Tale disposizione è contenuta già nella legge comunitaria 2002 (L. 14/2003) e nella legge comunitaria 2004.

La citata L. 183/1987[27] istituisce, tra gli organi del coordinamento delle politiche comunitarie, il Fondo di rotazione. Ai sensi dell’art. 5 della legge, confluiscono nel fondo le somme erogate dalle istituzioni comunitarie, le somme individuate annualmente in sede di legge finanziaria e altre somme determinate con la legge di bilancio (nonché altre somme specifiche). Le risorse presenti sul fondo vengono erogate, su richiesta e secondo limiti di quote determinate dal CIPE, alle amministrazioni pubbliche e ad altri operatori pubblici e privati per l’attuazione dei programmi di politica comunitaria.

Le procedure finanziarie riguardanti le erogazioni concesse dal Fondo di rotazione delle politiche comunitarie sono state modificate dall’art. 65, co. 2, della legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388). Richiamando le nuove procedure finanziarie previste dai regolamenti comunitari per il ciclo di interventi dei Fondi strutturali 2000-2006, la norma ha autorizzato il Fondo di rotazione ad anticipare alle amministrazioni centrali l’acconto dei contributi comunitari previsto dall’art. 32, par. 2, del Regolamento (CE) n. 1260/1999, direttamente in base ai programmi operativi previsti dai regolamenti comunitari, anziché, come in precedenza, in base ai progetti in cui si articolano i programmi di intervento. La norma intende facilitare l’avvio da parte delle amministrazioni centrali degli interventi, ovviando alla mancanza di disponibilità di cassa in attesa del ricevimento dell’acconto da parte comunitaria, fermo restando il successivo reintegro al Fondo stesso degli accrediti provenienti dall’Unione europea. I ritardi nell’avvio dell’attuazione degli interventi comportano infatti, secondo quanto espressamente previsto dal regolamento, il disimpegno automatico delle risorse comunitarie.

Criteri legati all’armonizzazione delle deleghe legislative sono contenuti nelle lettere e) ed f). In particolare, si prevede che l’attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate avvenga per mezzo di modifiche apportate ai testi legislativi di attuazione di tali direttive; è in ogni caso prescritto che i decreti di attuazione assicurino la piena conformità della disciplina alle prescrizioni delle direttive medesime, tenuto anche conto delle eventuali modifiche che potranno intervenire fino al momento del concreto esercizio della delega.

Criteri connessi all’univocità dei processi decisionali quando i decreti legislativi investano trasversalmente diverse competenze ed amministrazioni sono contenuti nella lettera g), che si pone inoltre l’obiettivo di garantire, attraverso opportune forme di coordinamento, anche la trasparenza nell’azione amministrativa e la chiarezza nell’attribuzione di responsabilità. Sono espressamente richiamati il rispetto delle competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, nonché il rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione.

Si ricorda che la terna di princìpi qui riprodotta (sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza), già posta dalla L. 59/1997[28] a fondamento della ripartizione delle funzioni e dei compiti amministrativi tra i vari livelli di governo, ha assunto rilievo costituzionale in virtù della L.Cost. 3/2001, di riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione. Quest’ultima, nel riscrivere l’art. 118 Cost., ha infatti posto i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza alla base della ripartizione delle funzioni amministrative tra comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato. La leale collaborazione, pur non espressamente menzionata dall’art. 118 Cost., è tuttavia riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale quale principio essenziale nei rapporti tra Stato ed autonomie territoriali (v. per tutte la sent. C.Cost. 303/2003).

Norme specifiche per l’introduzione nei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie di sanzioni penali e amministrative, per il caso di violazioni delle disposizioni contenute nei decreti legislativi stessi, sono previste nella lettera c).

La scelta che il Governo è autorizzato ad operare, in sede di attuazione della delega, tra la configurazione delle violazioni come reati o come illeciti amministrativi, è ancorata ai seguenti princìpi e criteri direttivi[29]:

§         mantenimento delle norme penali vigenti;

§         introduzione di nuove fattispecie di reati contravvenzionali, sanzionate – in via alternativa o congiunta – con la pena pecuniaria dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto sino a 3 anni, nei casi in cui siano lesi o esposti a pericolo “interessi costituzionalmente protetti”. Quest’ultima formula è stata per la prima volta introdotta nella legge comunitaria 2002 (L. 14/2003). Le leggi comunitarie precedenti facevano, invece, riferimento a “interessi generali dell’ordinamento interno, compreso l’ecosistema”. In particolare, la pena dovrà essere prevista come alternativa per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto. Viceversa, si applicherà la pena congiunta dell’ammenda e dell’arresto per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità[30];

§         introduzione di nuove fattispecie di illeciti amministrativi puniti con la sanzione pecuniaria di importo non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro, per le violazioni che ledano o espongano a pericolo beni giuridici diversi da quelli ora indicati;

§         determinazione del minimo e del massimo della pena edittale nelle nuove fattispecie di reati e di illeciti amministrativi previsti dai decreti legislativi, da effettuare tenendo conto delle diverse potenzialità lesive dell’interesse protetto che le infrazioni presentano in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole – con particolare riferimento a quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza – e del vantaggio patrimoniale che l’infrazione può recare al colpevole (o all’ente o alla persona nel cui interesse agisce);

§         in deroga ai limiti sopra indicati, è previsto che l’importo alle infrazioni previste dai decreti legislativi sia identico a quello eventualmente già comminato da leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività.

 

Si ricorda che nella legge comunitaria per il 2004 era stato introdotto un nuovo criterio che non è stato riproposto nel ddl in esame. In particolare, tale criterio, inserito alla lettera h), era volto ad assicurare in sede di recepimento delle direttive un’effettiva parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri Stati membri (emendamento 2.1 Zanettin ed altri). Tale scopo viene perseguito assicurando la massima armonizzazione tra le legislazioni degli Stati membri al fine di evitare l’insorgere di “discriminazioni a rovescio” a danno dei cittadini italiani, tenuti a rispettare, con particolare riferimento ai requisiti per l’esercizio di attività commerciali e professionali, una disciplina più restrittiva di quella applicata ai cittadini degli altri Stati membri. È la questione delle c.d. “discriminazioni a rovescio”, che insorgono appunto nel caso in cui la legislazione interna preveda una disciplina più restrittiva per l’esercizio di professioni o per determinate tipologie di prodotti rispetto a quella vigente negli altri Stati membri. La situazione discriminatoria che si determina è un effetto indiretto dell’applicazione del diritto comunitario, in quanto in base al principio di libera circolazione delle merci e delle persone all'interno dell’Unione, sia i prodotti sia i prestatori di servizi, operanti all'interno di uno Stato membro in base alle regole ivi vigenti, devono poter circolare liberamente in tutti gli altri Paesi, a prescindere dalla disciplina esistente nello Stato di destinazione. In materia era stato approvato, durante la seduta del 23 ottobre 2003 dell’Assemblea della Camera – nel corso dell’esame del disegno di legge comunitaria per il 2003 (ora legge n. 306 del 2003) – l’ordine del giorno 9/3618-B/7, Zanettin, Palma, il quale impegnava il Governo a: fare in modo che in sede di attuazione delle direttive comunitarie contenute negli allegati A e B del disegno di legge comunitaria 2003 fosse garantita una parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri Stati membri, facendo in modo di assicurare il massimo livello di armonizzazione possibile tra le legislazioni interne dei vari Stati membri; garantire anche per il futuro, in sede di attuazione della normativa comunitaria nell'ordinamento interno, la massima uniformità rispetto alla normativa di attuazione adottata dagli altri Stati membri; intervenire, anche con iniziative normative, per sanare le situazioni discriminatorie «a rovescio» presenti nella legislazione vigente di attuazione nella normativa comunitaria, con particolare riferimento ai requisiti richiesti per l'esercizio di attività commerciali e professionali.


Art. 3

 

(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie)

 


1.   Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, e di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

2.   La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informeranno ai principi e criteri di-rettivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c).

3.   Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 8 dell'articolo 1.


 

 

L’articolo 3 prevede, in analogia con quanto disposto dalle ultime leggi comunitarie, l’introduzione di un trattamento sanzionatorio per le violazioni delle direttive attuate non in via legislativa ai sensi delle leggi comunitarie vigenti e per le violazioni di regolamenti comunitari già vigenti nel nostro ordinamento giuridico.

A tal fine, la norma contiene una delega al Governo per l’adozione, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa nonché di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della legge comunitaria e per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative (comma 1).

La necessità della norma si spiega con la circostanza che, sia nel caso dell’attuazione di direttive in via regolamentare o in via amministrativa, sia nel caso di vigenza nell’ordinamento italiano di regolamenti comunitari (che, come è noto, non necessitano di leggi di recepimento, essendo direttamente applicabili all’interno dell’ordinamento), non vi è una fonte normativa di rango primario che possa introdurre norme sanzionatorie di natura penale.

La finalità di tali disposizioni è, pertanto, quella di consentire al Governo di individuare una serie di sanzioni dirette a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative comunitarie, garantendo il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi con cui tali disposizioni comunitarie vengono trasposte nell’ordinamento interno.

I decreti legislativi, da adottare su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche comunitarie e del ministro della giustizia, di concerto con i ministri competenti per materia, potranno – fatte salve le norme penali vigenti – introdurre nuove sanzioni penali o sanzioni amministrative.

La tipologia e la scelta delle sanzioni dovrà essere effettuata (comma 2) secondo i medesimi princìpi e criteri che sovraintendono all’art. 2, comma 1, lettera c), della presente legge (vedi supra).

 

Il comma 3 prevede l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari sugli schemi di decreto legislativo. I pareri sono espressi con le modalità previste dai commi 3 e 8 dell’articolo 1 (cui si rinvia). In particolare, il comma 8 dell’articolo 1 prevede, esclusivamente per gli schemi di decreto recanti sanzioni per violazione di direttive, un eventuale doppio parere delle Camere: il secondo parere interviene nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi alle osservazioni espresse dalle Commissioni competenti in occasione del primo parere. In ogni caso, decorsi 20 giorni dalla ritrasmissione, i decreti possono essere emanati anche in mancanza del nuovo parere.


Art. 4

 

(Oneri relativi a prestazioni e controlli)

 


1. Gli oneri per prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici pubblici nell'attuazione delle normative comunitarie sono posti a carico dei soggetti interessati, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio. Le suddette tariffe sono predeterminate e pubbliche.

2. Le entrate derivanti dalle tariffe di cui al comma 1, qualora riferite all'attuazione delle direttive di cui agli allegati A e B, nonché di quelle da recepire con lo strumento regolamentare, sono attribuite alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.


 


 

 

L’articolo 4, comma 1, prevede che gli oneri derivanti dall’esecuzione di prestazioni e controlli da parte di uffici pubblici in attuazione della normativa comunitaria siano posti a carico dei soggetti interessati.

Tali prestazioni e controlli sono considerati come un servizio reso dai pubblici uffici; ai soggetti destinatari è richiesto un corrispettivo che, secondo quanto prevede il comma 1 in esame, deve essere quantificato in relazione al costo effettivo del servizio reso ed è calcolato sulla base di tariffe pubbliche e predeterminate.

La disposizione considerata sembra avere lo scopo di evitare che l’applicazione della normativa comunitaria, nel caso in cui essa imponga alle pubbliche amministrazioni adempimenti rivolti a soggetti che è possibile individuare specificamente, comporti oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

E’ fatto comunque salvo il caso in cui la previsione di attribuire gli oneri delle prestazioni e dei controlli ai soggetti che ne sono gli specifici destinatari risulti in contrasto con la normativa comunitaria medesima.

Il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce che le entrate derivanti dalle tariffe di cui al comma 1, qualora riferite all’attuazione delle direttive di cui agli allegati A e B della presente legge, nonché di quelle da recepire con lo strumento regolamentare, siano attribuite alle amministrazioni che effettuano le prestazioni ed i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.

Con il citato D.P.R. è stato emanato il Regolamento recante le norme di semplificazione del procedimento per il versamento di somme all'entrata e la riassegnazione alle unità previsionali di base per la spesa del bilancio dello Stato, con particolare riferimento ai finanziamenti dell'Unione europea.

Il particolare, l’articolo 2 del citato D.P.R. n. 469/1999 prevede che le riassegnazioni alle pertinenti unità previsionali di base di particolari entrate previste da specifiche disposizioni legislative, anche riguardanti finanziamenti dell'Unione europea, sono disposte con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, da registrarsi alla Corte dei conti.

Le amministrazioni interessate trasmettono al Ministero dell’economia e delle finanze le domande intese ad ottenere le riassegnazioni, corredate da una dichiarazione del responsabile del procedimento amministrativo che attesti, anche sulla base delle relative evidenze informatiche, l'avvenuto versamento all'entrata del bilancio e la riassegnabilità delle somme.

 

L’articolo in esame riproduce le disposizioni già contenute nell’articolo 4 del disegno di legge comunitaria per il 2004 (attualmente all’esame del Senato in terza lettura, A.S. 2742-B)[31].

La disposizione recata dal comma 1, in particolare, era contenuta, nell’identico testo, anche nelle leggi comunitarie precedenti.

Si ricorda, inoltre, che la legge 4 febbraio 2005, n. 11, che reca “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, all’articolo 9 individua i contenuti della legge comunitaria e, in particolare, al comma 2, stabilisce una norma di portata generale concernente gli oneri relativi a prestazioni e controlli, che ha una formulazione pressoché identica a quella dell’articolo 4, comma 1, in esame.

Al riguardo, peraltro, si può osservare che la formulazione di tali disposizioni, e, da ultimo, di quelle contenute nel comma 1 dell’articolo 4 in esame (nel quale non emerge uno specifico riferimento alla normativa comunitaria la cui attuazione è oggetto del presente disegno di legge) si presta ad essere interpretata nel senso di affermare un principio di valenza generale, che, in quanto tale, non rende necessaria la riproposizione delle disposizioni medesime, soprattutto in considerazione del contenuto dell’articolo 9, comma 2, della legge n. 11 del 2005.


Art. 5

 

(Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie)

 


1.   Il Governo è delegato ad adottare, con le modalità di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 1, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, testi unici delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite per il recepimento di direttive comunitarie, al fine di coordinare le medesime con le norme legislative vigenti nelle stesse materie, apportando le sole modificazioni necessarie a garantire la semplificazione e la coerenza logica, sistematica e lessicale della normativa.

2.   I testi unici di cui al comma 1 riguardano materie o settori omogenei. Fermo restando quanto disposto al comma 3, le disposizioni contenute nei testi unici non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate, se non in modo esplicito mediante l'indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.

3.   Per le disposizioni adottate ai sensi del presente articolo si applica quanto previsto al comma 6 dell'articolo 1.


 

 

L’articolo 5 conferisce, al comma 1, una delega al Governo da esercitare entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per l’adozione di testi unici delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite per il recepimento di direttive comunitarie nell’ordinamento interno, al fine di coordinare le norme vigenti nelle stesse materie, apportandovi le integrazioni e modifiche necessarie a garantire la semplificazione e la coerenza logica, sistematica e lessicale della normativa.

Il comma 2 stabilisce che i testi unici devono riguardare materie o settori omogenei e che le disposizioni contenute nei testi unici, adottati in base al medesimo articolo 5, non possono essere abrogate, derogate o sospese o comunque modificate se non in modo esplicito, mediante l’indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.

 

Si ricorda che disposizioni relative al riordinamento normativo nei settori interessati da direttive comunitarie erano già contenute nelle leggi comunitarie a partire dal 1994[32]. Peraltro, tali deleghe sono state esercitate una volta soltanto, attraverso l’emanazione del testo unico in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, adottato ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge comunitaria per il 1994[33]).

In materia di testi unici era intervenuta la disciplina generale di cui all’art. 7 della L. 50/1999[34], che prevedeva il riordino della normativa attraverso lo strumento dei testi unici cosiddetti “misti”, ossia recanti sia disposizioni di rango legislativo, che regolamentari[35].

È in seguito intervenuta la legge di semplificazione per il 2001 (L. 229/2003[36]), che ha innovato profondamente le metodologie di razionalizzazione normativa sinora perseguite, modificando il contenuto della legge annuale di semplificazione (così come disciplinato dall’art. 20 della L. 59/1997), privilegiando il ricorso alla delegazione legislativa ed alla delegificazione e sancendo l’abbandono dei testi unici misti, con l’abrogazione del citato art. 7 della L. 50/1999, che li aveva introdotti. Come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge governativo, “il nuovo scopo che si vuole raggiungere con il riassetto, e con il suo prodotto finale, il codice, è quello di dar luogo in singole materie ad un complesso di norme stabili ed armonizzate, espressione di un assestamento della materia […]. Del resto, per pervenire a tali risultati non può essere considerato sufficiente lo strumento del testo unico, come mera raccolta e coordinamento di norme esistenti, ma è necessario uno strumento cui l’ordinamento attribuisca potere innovativo”.

Il comma 3 prevede l’applicazione della clausola di salvaguardia delle competenze regionali, prevista dal comma 6 dell’articolo 1 del testo in esame, anche ai testi unici adottati nelle materie interessate da direttive comunitarie ai sensi del medesimo articolo 5.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 6, stabilisce, in relazione a quanto previsto dall’articolo 117, quinto comma, Cost.[37] e dall’art. 16, co. 3, L. 11/2005, che i decreti legislativi statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa delle regioni o delle provincie autonome:

§         entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria, per le regioni e le provincie autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§         perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie.


 

Art. 6

 

(Modificazioni all’articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, a parziale recepimento della direttiva 2004/57/CE)

 


1. All'articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma:

1)   le parole: « di qualsiasi genere» sono sostituite dalle seguenti: «di Ia, IIa, IIIa, IVa e Va categoria, gruppo A e gruppo B, »;

2)   dopo le parole: «dal Questore» sono inserite le seguenti: «,nonché materie esplodenti di va categoria, gruppo C, a privati che non siano maggiorenni e che non esibiscano un documento di identità in corso di validità»;

b) dopo il quinto comma è inserito il seguente:

« Gli obblighi di registrazione delle operazioni giornaliere e di comunicazione mensile all'ufficio di polizia competente per territorio non si applicano alle materie esplodenti di va categoria, gruppo D e gruppo E. ».


 

 

L’articolo in esame modifica l’art. 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 773/1931[38]), concernente le restrizioni alla vendita di materie esplodenti e i correlati obblighi di registrazione e di comunicazione all’autorità di polizia. Finalità della disposizione è quella di rendere possibile il successivo recepimento della direttiva 2004/57/CE, sull’identificazione di articoli pirotecnici e munizioni, a sua volta finalizzata alla piena applicazione della direttiva 93/15/CEE[39], relativa all’armonizzazione delle disposizioni in materia di esplosivi per uso civile.

 

L’art. 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.) impone tra l’altro agli “esercenti fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi specie” la tenuta di un registro delle operazioni giornaliere, in cui sono indicate le generalità delle persone con le quali le operazioni sono compiute.

I rivenditori devono altresì comunicare mensilmente all’ufficio di polizia competente per territorio le generalità delle persone e delle ditte che hanno acquistato munizioni ed esplosivi, la specie, i contrassegni e la quantità delle munizioni e degli esplosivi venduti, nonché gli estremi dei titoli abilitativi all’acquisto esibiti dagli interessati.

L’articolo fa inoltre divieto di vendere o comunque cedere “materie esplodenti di qualsiasi genere” a privati che non siano muniti di permesso di porto d’armi, ovvero di nulla osta rilasciato dal Questore.

Va tuttavia ricordato che sin dal 1973 (ad opera del D.M. 4 aprile 1973, che modificò l’allegato A del regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S.[40]), gli artifici pirotecnici sono stati esclusi dal novero dei prodotti esplodenti.

 

La direttiva 93/15/CEE ha introdotto disposizioni volte ad armonizzare la legislazione degli Stati membri concernenti l’immissione nel mercato e il controllo degli esplosivi.

La direttiva è stata recepita in Italia dal D.Lgs. 2 gennaio 1997, n. 7, e dal suo regolamento di esecuzione, approvato con D.M. 19 settembre 2002, n. 272. Gli artt. 12 e 19 di tale regolamento, in particolare, hanno modificato l’art. 82 e sostituito l’allegato A al regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S., ridefinendo in tal modo la classificazione delle materie e dei prodotti esplodenti ivi operata.

In sintesi, l’attuale classificazione contempla cinque categorie:

§         1ª: polveri e prodotti affini;

§         2ª: dinamiti e prodotti affini;

§         3ª: detonanti e prodotti affini;

§         4ª: artifici e prodotti affini;

§         5ª: munizioni di sicurezza e giocattoli pirici.

La quinta categoria si articola a sua volta in cinque gruppi:

§         i gruppi A e B comprendono le munizioni di sicurezza;

§         il gruppo C i giocattoli pirici;

§         il gruppo D i manufatti pirotecnici da segnalazione, quelli destinati ad attivare apparecchiature per l’estinzione di incendi e quelli da divertimento ad effetto di scoppio o luminoso;

§         il gruppo E le munizioni giocattolo, gli air bag e i pretensionatori per cinture di sicurezza, le cartucce a salve ad effetto sonoro ed altri manufatti a bassa o nulla offensività.

Ai sensi dell’art. 20 del D.M. 272/2002, un decreto del ministro dell’interno avrebbe dovuto predisporre la classificazione nella categoria 5ª, gruppo D o gruppo E, dei manufatti pirotecnici non classificati tra i prodotti esplodenti a seguito del D.M. 4 aprile 1973.

 

Formano oggetto della direttiva 93/15/CEE le materie e gli oggetti esplosivi considerati tali nelle Raccomandazioni delle Nazioni Unite relative al trasporto di merci pericolose e figuranti nella Classe 1 di tali raccomandazioni. Gli articoli pirotecnici sono invece espressamente esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva.

Taluni tra i prodotti che rientrano nella Classe 1 delle raccomandazioni delle Nazioni Unite hanno tuttavia una duplice funzione, in quanto è possibile usarli sia come esplosivi che come articoli pirotecnici. Al fine di assicurare un’applicazione coerente e uniforme della direttiva 93/15/CEE, è dunque intervenuta la direttiva 2004/57/CE, finalizzata all’identificazione di tali prodotti come esplosivi o come articoli pirotecnici, secondo la loro caratteristica predominante.

Come rileva la relazione che accompagna il disegno di legge comunitaria, il recepimento di quest’ultima direttiva, per il quale è stato fissato il termine del 31 dicembre 2004, e la piena attuazione (in conseguenza) della direttiva 93/15/CEE può avvenire in via amministrativa, mediante un decreto ministeriale che, in attuazione dell’art. 20 del D.Lgs. 272/2002, riclassifichi i manufatti pirotecnici precisando nell’occasione le caratteristiche tecniche in relazione alle quali i prodotti “a duplice funzione” sopra menzionati debbano includersi tra gli esplosivi o tra gli articoli pirotecnici.

La riclassificazione di manufatti pirotecnici (già esclusi dal novero delle sostanze esplodenti ad opera del citato D.M. 4 aprile 1973) comporterebbe tuttavia – prosegue la relazione illustrativa – l’applicazione ad essi della rigida disciplina di vendita recata dal sopra illustrato art. 55 T.U.L.P.S.: il requisito del porto d’armi o del nulla osta per l’acquirente, così come gli obblighi di registrazione e comunicazione per il venditore, si estenderebbero dunque a manufatti – come ad es. i giocattoli pirici – di scarsa o nulla offensività.

Al fine di evitare tale esito, l’articolo 6 in esame modifica, “propedeuticamente” (precisa la relazione) “al recepimento della direttiva 2004/57/CEE”, l’art. 55 del T.U.L.P:S., disponendo che:

§         il divieto di vendere materie esplodenti a privati che non siano titolari di porto d’armi o di nulla osta del questore non si applica ai manufatti compresi nei gruppi C (giocattoli pirici), D (manufatti pirotecnici da segnalazione o da divertimento, etc.) ed E (air bag, cartucce a salve etc.) della 5ª categoria;

§         le materie di cui alla 5ª categoria, gruppo C, non possono tuttavia essere vendute o cedute a privati che non dimostrino di essere maggiorenni esibendo un valido documento di identità;

§         gli obblighi di registrazione e di comunicazione all’ufficio di polizia, recati dal primo comma dell’art. 55, non si applicano alle materie di cui alla 5ª categoria, gruppi D ed E.

 

Ai fini di una più chiara formulazione dell’articolo 6 si rileva che esso, novellando l’art. 55 del T.U.L.P.S., vi introduce riferimenti a talune materie esplodenti operati mediante esplicito richiamo alla loro classificazione in determinate categorie e gruppi. Tale classificazione non è peraltro contenuta nel testo unico, ma nel suo regolamento di attuazione (R.D. 635/1940, art. 82 ed Allegato A). A tale riguardo si segnala:

§         che tale formulazione potrebbe determinare una (parziale e implicita) “legificazione” di una classificazione che il vigente T.U.L.P.S. volutamente (cfr. art. 53) rinvia ad atti di normazione secondaria;

§         che l’articolo in esame non menziona espressamente l’art. 82 del regolamento, pur facendo riferimento al suo contenuto.


Art. 7

 

(AdempimentI in materia di rifiuti pericolosi)

 


1. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa adempiono all'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie del formulario proprie del detentore, di cui all'articolo 15 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997.

2.   I soggetti di cui al comma 1 non sono tenuti alla comunicazione annuale al Catasto, di cui all'articolo 11, comma 3, del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni.

3.   Le disposizione di cui al presente articolo non si applicano ai rifiuti urbani.


 

 

I commi 1 e 2 dispongono una forma semplificata di registrazione delle attività di gestione dei rifiuti per i produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa.

La relazione illustrativa chiarisce che finalità della disposizione è quella di definire normativamente il regime applicabile ai professionisti non inquadrati in un’organizzazione di impresa e, in particolare, agli studi medici – dentistici, che producono e smaltiscono rifiuti sanitari. Più in generale lo scopo della norma consiste nel dare attuazione ad un’ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee, riguardante gli obblighi di registrazione delle attività di gestione di rifiuti gravanti sui produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa

Preliminarmente si ricorda, infatti, che – ai sensi dell’art. 11, comma 3, e 12 del “decreto Ronchi” – tutti i soggetti che effettuano a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, ovvero svolgono le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi, di cui all’articolo 7, comma 3, lettere c), d), e g) del “decreto Ronchi”, hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e vidimati dall'Ufficio del registro, su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto[41].

In particolare, secondo la normativa vigente (art. 11 del medesimo decreto), i soggetti obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico sono:

§  coloro che effettuano a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti;

§  enti e imprese che effettuano attività di smaltimento e di recupero di rifiuti;

§  enti e imprese che producono rifiuti pericolosi;

§  enti e imprese che producono rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali (comma 3, lettera c) dell’articolo 7) e artigianali (comma 3, lettera d) dello stesso articolo 7);

§  enti e imprese che producono rifiuti non pericolosi derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi (comma 3, lettera g) dell’articolo 7);

§  soggetti che effettuano il deposito temporaneo di rifiuti, cioè il raggruppamento, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti i rifiuti stessi, secondo modalità definite dall’art. 6, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 22 (art. 28, comma 5);

§  soggetti che comunque utilizzano i rifiuti non pericolosi in operazioni diverse da quelle di recupero (elencate nell’allegato C), da individuarsi con “apposite norme tecniche” (art. 33, comma 10).

Sempre secondo la normativa vigente, sono invece esonerati dall’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico:

§       gli imprenditori agricoli con un volume di affari annuo non superiore a 15 milioni di lire (art. 11, comma 3);

§       i piccoli imprenditori artigiani, che producono rifiuti non pericolosi e che non hanno più di tre dipendenti (art. 11, comma 3);

§       i soggetti che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti, abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio (art. 58, comma 7 quater);

§       i rivenditori, i produttori, gli importatori ed i distributori, e le loro associazioni di categoria, che abbiano stipulato accordi e contratti di programma per le attività di ritiro, trasporto e stoccaggio dei beni durevoli (art. 44, comma 3).

Si ricorda, inoltre, che le informazioni contenute nel registro sono rese in qualunque momento all'autorità di controllo che ne fa richiesta. La disciplina recata dall’art. 12 specifica, inoltre, i tempi in cui devono essere effettuate le annotazioni, le modalità di tenuta dei registri e il loro contenuto necessario, mentre, con il DM 1.4.1998, n. 148, è stato adottato il Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.

Si segnala, infine, che il comma 1 dell’articolo 12 del decreto Ronchi prevede che sul registro di carico e scarico siano annotate le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. Il comma 2 dispone invece che il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti debba, inoltre, contenere: a) l'origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti; b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato; c) il metodo di trattamento impiegato.

L’art. 15 dello stesso decreto disciplina invece il formulario di identificazione dei rifiuti, che deve documentare (e accompagnare) ogni operazione di trasporto. Alla compilazione di tale formulario, in quattro copie, sono obbligati tutti gli enti o le imprese che trasportano rifiuti e i detentori di rifiuti, mentre il trasportatore deve apporre una controfirma. I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dall'ufficio del registro o dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, e devono essere annotati sul registro IVA-acquisti. Le copie del formulario devono essere conservate per un periodo di 5 anni.

L’articolo 15 del decreto Ronchi prevede al comma 1 che dal formulario di identificazione dei rifiuti devono risultare, in particolare, i seguenti dati: a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore; b) origine, tipologia e quantità del rifiuto; c) impianto di destinazione; d) data e percorso dell'istradamento; e) nome ed indirizzo del destinatario.

Si ricorda che con il DM 1 aprile 1998, n. 145 è stato adottato il Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli 15, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.

Le disposizioni relative alla tenuta del registro di carico e scarico costituiscono attuazione dell’articolo 14 della direttiva 75/442. Dalla loro analisi sembra evincersi che l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico non riguardi i produttori di rifiuti pericolosi che non sono ricompresi in imprese o enti, i quali sono però tenuti, in quanto detentori di rifiuti, a conservare le copie del formulario di identificazione dei rifiuti, che accompagna le operazioni di trasporto degli stessi.

L’articolo 14 della direttiva 75/442 prevede che ogni stabilimento o impresa di cui agli articoli 9 e 10 deve:  tenere un registro in cui siano indicati la quantità, la natura, l'origine nonchè, se opportuno, la destinazione, la frequenza della raccolta, il mezzo di trasporto e il modo di trattamento dei rifiuti, per i rifiuti di cui all'allegato I e per le operazioni previste nell'allegato II A o II B e  fornire, dietro richiesta, tali informazioni alle autorità competenti di cui all'articolo 6. Gli Stati membri possono esigere che anche i produttori adempiano le disposizioni di questo articolo.

Le disposizioni relative al formulario di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 15 del decreto Ronchi, pur non ponendosi in contrasto con la direttiva 75/442, non sono richieste dalla direttiva stessa, che sembra riferirsi esclusivamente all’obbligo di tenuta del registro.

Si segnala, inoltre, che l’articolo 4 della direttiva 91/689/CEE dispone l’applicabilità dell’articolo 14 della direttiva 75/442 – e quindi l’obbligo di tenuta del registro – a tutti i produttori di rifiuti pericolosi, mentre la circolare del Ministero dell’ambiente del 14 dicembre 1999 aveva chiarito che i medici non inquadrati in un ente o in un impresa non sono soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico.

Sulla questione è intervenuta l’ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 28 settembre 2004(C115/03), che ha fornito un’interpretazione dell’articolo 4 della direttiva 91/689/CEE, in base alla quale l’articolo 14 della direttiva  75/442 si applica a tutti i produttori di rifiuti pericolosi, indipendentemente dal fatto che essi siano o meno inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa.

Le disposizioni in commento (commi 1 e 2) mirano quindi, in base a quanto si evince dalla relazione illustrativa, a rendere l’ordinamento italiano conforme a tale obbligo, ritenendo a tal fine sufficiente che i produttori di rifiuti pericolosi, non organizzati in imprese o enti, conservino le copie del formulario proprie del detentore, di cui all’articolo 15 del decreto Ronchi. Conseguentemente non sussiste l’obbligo per tali produttori della comunicazione annuale al Catasto di cui all’articolo 11, comma 3.

Il comma 3 esclude, peraltro, che i commi 1 e 2 si applichino ai rifiuti urbani.

Nella relazione illustrativa viene esplicitato che l’adempimento dell’obbligo previsto dalla normativa comunitaria può avvenire attraverso il formulario, dato che nello stesso sono contenute anche le informazioni richieste dalla normativa comunitaria (art. 14 direttiva 75/442).

Si osserva  per quanto riguarda la possibilità di adempiere all’obbligo previsto dalla normativa comunitaria attraverso il formulario che lo stesso contiene solo alcuni dei dati richiesti dall’articolo 14 della direttiva 75/442.

In particolare, nel formulario sono indicati quantità, natura e origine dei rifiuti,  il mezzo di trasporto e la loro destinazione, ma non sono indicati la frequenza della raccolta e il modo di trattamento di particolari tipologie di rifiuti, così come prevede la direttiva 75/442.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Tra le priorità del programma legislativo e di lavoro per il 2005 della Commissione europea figura la presentazione di una strategia tematica sulla prevenzione e il riciclo dei rifiuti, peraltro già preannunciata per il 2004.

In vista dell’elaborazione della strategia, la Commissione ha svolto, tra il 27  maggio e il 30 novembre 2003, una consultazione pubblica sulla base della comunicazione “Verso una strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti” (COM(2003)301).

La Commissione ha raccolto, sulla base della comunicazione, i punti di vista delle parti interessate su alcune misure potenziali, tra le quali:

·  piani di prevenzione della formazione dei rifiuti;

·  tecniche di produzione a bassa formazione di rifiuti;

·  diffusione delle best practice.

La Commissione riconosce che è necessario fissare obiettivi in materia di prevenzione dei rifiuti e prevedere al tempo stesso misure che permettano effettivamente di raggiungerli; si interroga sull’opportunità di riconsiderare la definizione di rifiuto; ritiene possibile migliorare la politica del riciclo in modo da contribuire a risolvere il problema dei rifiuti nell’UE.

Procedure di contenzioso

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha condannato l’Italia, con sentenza del 7 ottobre 2004 (Causa C-103/02), per non conformità della normativa italiana agli articoli 9, 10, 11 della direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. Accogliendo il ricorso della Commissione[42], la Corte di giustizia rileva che il decreto ministeriale 5 febbraio 1998, sull’individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, in conformità degli articoli 31 e 33 del decreto legge n. 22 del 5 febbraio 1997[43], viola la direttiva 75/442/CEE, come modificata, in quanto:

·    permette agli stabilimenti ed alle imprese che recuperano rifiuti non pericolosi di essere dispensati dall’obbligo di autorizzazione senza che ciò sia subordinato al rispetto dei requisiti richiesti;

·    non definisce con esattezza i tipi di rifiuti coperti dalla dispensa dall’autorizzazione, consentendo in alcuni casi a stabilimenti o imprese che recuperano alcuni tipi di rifiuti pericolosi di essere dispensati dall’autorizzazione in base ai meno severi requisiti previsti per i rifiuti non pericolosi;

·    definisce alcune attività di smaltimento come attività di “recupero ambientale”, consentendo in tal modo a stabilimenti e imprese che effettuano operazioni di smaltimento, diverse dallo smaltimento dei propri rifiuti sul luogo di produzione, di poter essere esentate dall’obbligo di autorizzazione come se effettuassero operazioni di recupero.

Nel marzo 2005 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora, ai sensi dell’articolo 228 del Trattato, per mancato adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia. L’articolo 228 stabilisce che, qualora lo Stato membro non abbia preso, entro il termine fissato dalla Commissione, i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia, al fine dell’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

 


Art. 8

 

(Valutazione di titoli e certificazioni comunitarie)

 


1.   Fatta salva la normativa vigente in materia, in caso di procedimento nel quale è richiesto quale requisito il possesso di un titolo di studio, corso di perfezionamento, certificazione di esperienze professionali e ogni altro attestato che certifichi competenze acquisite dall'interessato, l'ente responsabile valuta la corrispondenza agli indicati requisiti dei titoli e delle certificazioni acquisiti in altri Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo o nella Confederazione elvetica.

2.   La valutazione dei titoli di studio è subordinata alla preventiva acquisizione sugli stessi del parere favorevole espresso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenuto conto dell'oggetto del procedimento.


 

 

L’articolo in commento, secondo la relazione governativa, intende disciplinare alcuni casi di non applicabilità delle direttive comunitarie di carattere generale sul riconoscimento dei titoli e delle qualifiche professionali (89/48/CEE, 92/51/CEE e 99/42/CE - vedi infra), ricorrendo ai principi desumibili da due sentenze della Corte di giustizia europea (sentenza dell’8 luglio 1999, causa C-234/97; sentenza del 13 novembre 2003, causa C-313/01); si tratta, in particolare, dei casi in cui non sia in questione il riconoscimento di una formazione abilitante ai fini dell’esercizio di un’attività professionale (o professione regolamentata).

Le sentenze della Corte di Giustizia dell’8 luglio 1999 (causa C-234/97) e del 13 novembre 2003, (causa C-313/01), richiamate dalla relazione del Governo al ddl in esame, hanno sanzionato rispettivamente:

·         l’esclusione di una cittadina spagnola, in possesso di titolo di Master of Art, conseguito nel Regno unito, da un concorso per restauratore (professione non regolamentata) bandito dal museo del Prado di Madrid (ente autonomo con personalità giuridica);

·         la mancata iscrizione di una cittadina francese titolare di “maîtrise en droit”, residente in Italia, nel registro nazionale dei praticanti avvocati per decisione del  Consiglio dell'Ordine di Genova[44].

I principi ispiratori delle sentenze di cui sopra, per quanto qui rileva,  sono così riassumibili:

·         compete alle autorità dello Stato membro ospitante prendere in considerazione i diplomi, i certificati e gli altri titoli che l'interessato ha acquisito ai fini dell'esercizio della medesima professione in un altro Stato membro, procedendo ad un raffronto tra le competenze attestate da questi diplomi e le conoscenze e qualifiche richieste dalle norme nazionali; qualora non  vi sia una procedura generale di  omologazione, spetta all'ente pubblico, che intende coprire un posto, verificare esso stesso se il diploma conseguito dal candidato in un altro Stato membro, corredato eventualmente di un'esperienza pratica, debba essere considerato equivalente al titolo richiesto (vedi punti 31, 34 e conclusioni della sentenza 234/97) .

·         l'esercizio del diritto di stabilimento viene ostacolato se le norme nazionali fanno astrazione dalle conoscenze e dalle qualifiche già acquisite dall'interessato in un altro Stato membro; pertanto, le autorità nazionali competenti devono valutare se tali conoscenze siano valide ai fini dell'accertamento del possesso delle conoscenze mancanti.Contrastacon il diritto comunitario il rifiuto delle autorità di uno Stato membro di iscrivere, nel registro di coloro che effettuano il periodo di pratica necessario per essere ammessi alla professione di avvocato, il titolare di una laurea in giurisprudenza conseguita in un altro Stato membro per il solo motivo che non si tratta di una laurea in giurisprudenza conferita, confermata o riconosciuta come equivalente da un'università del primo Stato (vedi punto 62 e conclusioni della  sentenza 313/2001).

A tal fine l’articolo, fatta salva la normativa vigente (vedi infra), attribuisce all’ente promotore di qualunque tipo di procedimento, cherichieda per l’accesso titoli di studio o lavorativi  (si fa riferimento ad un  titolo di studio, un corso di perfezionamento, una certificazione di esperienze professionali o attestato relativo a competenze acquisite), l’onere di valutare la corrispondenza tra i titoli necessari e quelli eventualmente acquisiti dagli interessati e in altri Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo o  nella confederazione Elvetica[45].

Con riguardo ai titoli di studio (la formulazione generica intende presumibilmente comprendere sia i titoli scolastici che quelli universitari) si prescrive il preliminare parere favorevole del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca da esprimere tenuto conto dell’oggetto del procedimento.

In relazione alla normativa fatta salva dall’articolo in esame si ricorda che la disciplina comunitaria per il riconoscimento della formazione dei cittadini comunitari ai fini dell’accesso alle professioni è contenuta in numerose direttive, recepite nel nostro Paese. Alcune di queste direttive sono relative a settori specifici (per esempio al settore medico, paramedico e veterinario o alla professione di architetto), altre hanno invece carattere generale e sono applicabili alle  professioni regolamentate (cioè attività le cui modalità di esercizio siano direttamente o indirettamente indicate da norme di natura giuridica.

Si riepilogano di seguito le norme aventi valenza generale:

·       il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 115 (di recepimento della Direttiva 89/48/CE) ha  disposto il riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali della durata minima di tre anni ai fini dell’esercizio di una professione regolamentata (come lavoratore autonomo o subordinato) da parte di un cittadino di uno Stato membro;    

·       il D.Lgs. 2 maggio 1994, n. 319 (di recepimento della  Direttiva 92/51/CE), ha integrato la precedente, prescrivendo il riconoscimento dei titoli professionali che implicano un iter di studio post-secondario inferiore a tre anni ma superiore ad uno;

·       il D.Lgs. 20 settembre 2002, n. 229 (di recepimento della Direttiva 1999/42/CE) ha previsto il riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali acquisite presso uno Stato membro e non ancora coperte dal sistema generale.

La procedura di riconoscimento,nei casi sopra citati, si attiva sulla base di un’istanza dell’interessato, corredata dalla documentazione necessaria, e si conclude con decisione motivatadell’autorità competente del Paese membro ospitante; tale autorità è scelta in base al settore di attività, quindi di formazione, oggetto di direttiva; la conclusione del procedimento deve avvenite entro quattro mesi dalla presentazione della domanda ed è soggetta a ricorso giurisdizionale interno.

Le direttive citate (ed i relativi provvedimenti di recepimento) dispongono inoltre, sempre con riguardo al procedimento, che qualora tra due Stati esistano diversità di vario tipo in ordine alla formazione professionale relativa a specifici settori, lo Stato ospitante possa richiedere all’interessato la certificazione di un’esperienza professionale già maturata nel paese di provenienza oppure l’integrazione del percorso formativo effettuato nel proprio Paese tramite un tirocinio formativo o una prova attitudinale (le cosiddette “misure compensative”)offrendogli, in linea di massima, la  possibilità di scelta tra le due alternative.

Giova ricordare che le direttive richiamate si ispirano al regime generale di liberalizzazione posto dal Trattato che istituisce la Comunità europea in materia di diritto di stabilimento e prestazione dei servizi; in particolare gli artt. 47 e 49 del Trattato CE stabiliscono, rispettivamente, il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli professionali e la libera circolazione nel settore della prestazione di servizi. L’art. 47 del Trattato prevede tra l’altro proprio l’adozione di specifiche direttive, allo scopo di evitare agli interessati la ripetizione del percorso degli studi e della successiva formazione per esercitare professioni subordinate al possesso di titoli universitari o comunque post-secondari. Tale regime di liberalizzazione è ora confermato dal Trattato che adotta una costituzione per l’Europa (articolo III-141), il cui ddl di ratifica è stato approvato definitivamente dalle Camere il 6 aprile 2005 (A.S. 3269).

Nell’ambito della normativa vigente, fatta salva dall’articolo in commento, si ricorda l’art 38 del D. Lgs. 165/2001[46], che prescrive e regolamenta l’accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche (purchè non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengano alla tutela dell'interesse nazionale).

Con riguardo alla formulazione del testo si segnala che la genericità dei termini utilizzati ( “procedimento nel quale è richiesto quale requisito il possesso di un titolo di studio, corso di perfezionamento, certificazione di esperienze professionali ed ogni altro attestato che certifichi competenze  acquisite dall’interessato”, “Ente responsabile”) sembrerebbe voler assicurare l’applicazione della  norma in esame alla più ampia casistica possibile.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Sistema generale di riconoscimento delle qualifiche

Il 7 marzo 2002 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva(COM(2002)119), che mira a consolidare in un unico testo e a semplificare le direttive settoriali[47], concernenti le professioni di infermiere responsabile dell'assistenza generale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico; le direttive relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali[48]; la direttiva 1999/42/CE che istituisce un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per talune attività professionali e che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche.

Si segnala che sia il programma di lavoro della Commissione che il programma operativo del Consiglio ritengono prioritaria l’approvazione di tale proposta di direttiva.

Il principio su cui si fonda la disciplina della direttiva 1999/42/CE è quello che gli Stati membri non possono sottoporre a restrizioni, per motivi inerenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione di servizi sotto il titolo professionale d’origine quando il beneficiario sia legalmente stabilito in un altro Stato membro.

La proposta di direttiva dispone che, se in uno Stato membro l'accesso o l'esercizio di una delle attività elencate nell’allegato alla proposta, è subordinato al possesso di conoscenze e competenze generali, commerciali o professionali, ogni Stato membro riconosca come prova sufficiente di tali conoscenze e competenze l’esercizio dell’attività considerata in un qualunque altro Stato membro.

L’11 febbraio 2004 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in prima lettura, approvando una serie di emendamenti che mirano in particolare a snellire il trattamento delle domande di riconoscimento delle qualifiche, al fine di consentire una maggiore rapidità e flessibilità del sistema. Il 20 aprile 2004 la Commissione ha adottato una proposta modificata (COM(2004)317), che precisa dettagliatamente la tipologia e la durata dell’esperienza necessaria all’esercizio delle attività considerate; il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico sulla posizione comune il 18 maggio 2004. Il Consiglio del 21 dicembre 2004 ha definito una posizione comune, che il 7 gennaio 2005 è stata trasmessa al Parlamento europeo; quest’ultimo lo esaminerà in seconda lettura nell’ambito della sessione del 10-12 maggio 2005, secondo la procedura di codecisione. Il Consiglio dovrebbe poi esaminare l’atto, in vista di una sua adozione, nella riunione del 6 giugno 2005.

Il Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005, ai fini del rilancio della strategia di Lisbona, ha indicato la priorità di prevenire all'adozione della direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali entro il 2005 e di predisporre un quadro europeo delle qualifiche nel  corso del 2006.

 


Art. 9

 

(Modificazioni al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297)

 


1. Al testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono apportare le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 379 concernente la disciplina del riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero dai lavoratori italiani e loro congiunti emigrati:

1)   le parole: « lavoratori italiani e loro congiunti emigrati », « lavoratori italiani e i loro congiunti emigrati » e « lavoratori italiani o loro congiunti emigrati » ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: « cittadini di Stati membri dell'Unione europea, degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo e della Confederazione elvetica »;

2)   le parole: « all'estero », ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: « in uno Stato diverso dall'Italia »;

3)   il comma 9 è abrogato;

b) l'articolo 380 è abrogato.


 

 

L’articolo disciplina il riconoscimento dei titoli di studio di istruzione di primo e di secondo grado conseguiti da cittadini comunitari o di Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo[49] o della Confederazione Elvetica.

Si ricorda in proposito che l’art III-141 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (il cui ddl di ratifica – A.S.  3269 – è stato approvato definitivamente dalle Camere il 6 aprile 2005) conferma il principio di libertà di stabilimento, attualmente contenuto nel Trattato che istituisce la Comunità europea, edaffida alle leggi quadro europee (corrispondenti alle precedenti direttive) la facilitazione dell'accesso alle attività autonome ed all'esercizio di queste attraverso il reciproco riconoscimento dei diplomi‚ certificati ed altri titoli nonché il coordinamento delle disposizioni, anche amministrative, degli Stati[50].

Come si evince dalla relazione governativa, la disposizione in commento intende uniformare la normativa italiana al principio della libertà di circolazione e di stabilimento dei cittadini dell’U. E. o appartenenti al SEE o alla confederazione elvetica.

A tal fine:

·       il comma 1 applica, con le necessarie modifiche, ai cittadini sopramenzionati la procedura dettata all’art. 379 del Testo unico in materia di istruzione (D.Lgs. 297/1994)[51] per la dichiarazione dell’equipollenza dei titoli di studio dei cittadini italiani  emigrati e i loro congiunti;

·       il comma 2 abroga l’art. 380 del medesimo T.U., recante norme per il riconoscimento di titoli di studio conseguiti all’estero da cittadini italiani residenti all’estero per motivi lavorativi o professionali.

 

L’art. 379 del T.U. attualmente prescrive quanto segue, con riferimentoai titoli di studio conseguiti all'estero dai lavoratori italiani e dai loro congiunti:

·       La dichiarazione di equipollenza di un titolo di studio conseguito nelle scuole straniere corrispondenti alle scuole italiane elementare e media è subordinata al superamento di una prova integrativa di lingua e cultura generale italiana (disciplinata di concerto dai  Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e degli affari esteri), salvo i casi in cui gli interessati siano in possesso di attestato di frequenza con profitto di apposite classi o corsi istituiti all'estero dal Ministero degli affari esteri (ai sensi dell'articolo 636, comma 1, lettere a) e b) dello stesso T.U.), ovvero siano in possesso di un titolo straniero che comprenda la lingua italiana tra le materie classificate. lI certificato di equipollenza viene rilasciato dai provveditorati agli studi (ora centri servizi amministrativi), sulla base di tabelle stabilite con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro degli affari esteri .

·        La dichiarazione di equipollenza di un titolo finale conseguito nelle scuole straniere corrispondenti agli istituti italiani di istruzione secondaria superiore o di istruzione professionale con i titoli di studio finali italiani è subordinata al superamento di prove integrative, eventualmente ritenute necessarie da una apposita commissione nominata dal Ministro della pubblica istruzione, composta di 7 membri, uno dei quali designato dal Ministero degli affari esteri. Queste ultime si svolgono nella sede presso la quale è stata presentata la domanda secondo programmi e modalità stabiliti con provvedimento del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, d'intesa con il Ministro degli affari esteri. Il documento comprovante l'equipollenza è rilasciato dal provveditore agli studi (ora dirigente dei centri servizi amministrativi) [52].

·       La validità in Italia di attestati di qualifica professionale acquisiti all'estero da lavoratori italiani o loro congiunti emigrati, diversi da quelli considerati nel terzo comma dell'articolo 4 della legge 3 marzo 1971, n. 153[53] (cioè corsi di preparazione tecnico-professionale) è riconosciuta sulla base di tabelle di equipollenza, approvate con provvedimento del Ministro del lavoro, emanato d'intesa con il Ministro degli affari esteri ed eventualmente anche con il  Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La competenza al rilascio del documento comprovante l'estensione della validità è rilasciato dall'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione[54].

Nell’articolo sopra sintetizzato viene  sostituito, come già detto,  il riferimento ai cittadini emigrati con la formulazione “cittadini comunitari o di paesi aderenti all’accordo SEE o della confederazione elvetica”.

L’art. 380 del TU dell’istruzione, abrogato dalla disposizione in commento, estende i benefici previsti dall’art. 379  per i cittadini emigrati e i loro congiunti ai cittadini italiani residenti all’estero per motivi lavorativi o professionali. La previsione risulta inattuale in relazione alla già menzionata libertà di circolazione e stabilimento che rientra nelle prerogative di tutti i cittadini dei paesi comunitari.

Con riguardo alla formulazione dell’articolo in commento si segnala che  sarebbe  opportuno apportare all’art. 379 del D.Lgs 297/1994 le modifiche formali relative all’attuale denominazione dei ministeri citati (attualmente: Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca; ministero del lavoro e delle politiche sociali; ministero degli affari esteri[55]) nonché dalle strutture periferiche del MIUR attualmente Uffici scolastici regionali[56] e, a livello provinciale e/o subprovinciale,  centri servizi amministrativi.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si rinvia alla scheda relativa all’articolo 8.


Schede sulle direttive contenute negli allegati

 


Allegato A

 


Direttiva 2003/123/CE

 

(Modifica alla direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi)

 

 

La direttiva n. 2003/123/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003, modifica la direttiva 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi.

 

L’articolo 1 modifica gli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della direttiva 90/435/CEE, la quale ha introdotto, in relazione ai pagamenti dei dividendi e ad altre distribuzioni di utili, norme comuni che intendono essere neutre sotto il profilo della concorrenza, esentando dalle ritenute alla fonte i dividendi e le altre distribuzioni di utili pagati dalle società figlie alle proprie società madri ed eliminando la doppia imposizione su tali redditi a livello di società madre.

Le modifiche apportate dalla direttiva 2003/123/CE sono di seguito evidenziate.

 

All’articolo 1 della direttiva 90/453/CEE, circa l’ambito di applicazione, ove è  contemplata la distribuzione degli utili percepita da società di uno Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri, nonché la distribuzione degli utili effettuata da società di uno stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali, la direttiva 2003/123 aggiunge le ipotesi relative alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in uno Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione, nonché alla distribuzione degli utili effettuata da società di uno Stato a stabili organizzazioni, situate in un altro Stato membro, di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie.

La finalità della disposizione è individuata nell’intento di sottoporre al medesimo trattamento dei rapporti fra società madre e figlia il pagamento di utili a una stabile organizzazione della società madre e il ricevimento di utili da essa. Viene per altro riconosciuta nel preambolo la necessità che siano determinate le condizioni e gli strumenti giuridici atti a tutelare il gettito tributario nazionale e ad evitare l’elusione delle norme di diritto interno.

 

L’articolo 2 della direttiva 90/435/CEE definisce la nozione di società, rilevante al riguardo, sulla base

- della forma giuridica (per la quale si rinvia all’allegato);

- del domicilio fiscale in uno Stato membro, nel caso in cui non sia considerata domiciliata fuori dell’Unione, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo;

- dell’assoggettamento, senza possibilità di opzione o di esenzione, all’imposta sul reddito delle persone giuridiche (per l’Italia).

La direttiva 2003/123 aggiunge la definizione di "stabile organizzazione", qualificando come tale una sede fissa di affari situata in uno Stato membro, attraverso la quale una società di un altro Stato membro esercita in tutto o in parte la sua attività, per quanto gli utili di quella sede di affari siano soggetti ad imposta nello Stato membro nel quale essa è situata.

 

L’articolo 3 della direttiva 90/435/CEE definisce le nozioni di “società madre” e di “società figlia”, consentendo alcune facoltà di deroga agli ordinamenti degli Stati membri.

Allo scopo di estendere i vantaggi dell’applicazione delle disposizioni, la direttiva  2003/123 qualifica come “società madre” la società di uno Stato membro che detenga una partecipazione minima del 20 per cento nel capitale di una società di un altro Stato membro ovvero nel capitale di una società dello stesso Stato membro, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro. La percentuale di partecipazione minima sarà del 15 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2007, e del 10 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2009.

S’intende per "società figlia" la società nel cui capitale è detenuta la suddetta partecipazione.

 

L’articolo 4 della direttiva 90/435/CEE disciplina l’imposizione tributaria sugli utili che una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione, riceve dalla società figlia in occasione diversa dalla liquidazione.

L’eliminazione della doppia imposizione nel caso di gruppi societari organizzati in catene di società attraverso le quali passa la distribuzione degli utili viene perseguita mediante l’esenzione o il credito d'imposta (consentendo alla società madre di dedurre le imposte pagate da qualsiasi società affiliata della catena, a condizione che siano rispettati i requisiti).

La direttiva 2003/123 prevede quindi che lo Stato della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione si astengano dal sottoporre tali utili ad imposizione, oppure, se li sottopongono ad imposizione, autorizzino la società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla propria imposta – entro i limiti dell'ammontare dell'imposta corrispondente dovuta – la frazione dell'imposta societaria, relativa ai suddetti utili, pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che queste ultime, a ciascun livello, soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3.

 

Allo scopo di far sì che gli Stati membri che trattano le società non residenti come trasparenti ai fini dell'imposizione concedano gli sgravi tributari appropriati per quanto attiene agli utili che costituiscono parte della base imponibile della società madre, viene inoltre precisato che lo Stato della società madre può comunque considerare una società figlia trasparente ai fini fiscali, in base alla valutazione delle sue caratteristiche giuridiche derivanti dalla legislazione in base alla quale la stessa è costituita, e sottoporre pertanto ad imposizione la quota degli utili della società figlia spettante alla società madre, se e quando tali utili sussistono. In questo caso lo Stato della società madre non può sottoporre ad imposizione gli utili distribuiti della società figlia. Quando verifica la quota degli utili della società figlia detenuta dalla società madre, lo Stato della società madre esenta detti utili oppure autorizza la società madre a dedurre dalla propria imposta – entro i limiti dell'ammontare dell'imposta corrispondente dovuta – la frazione dell'imposta societaria relativa alla quota degli utili detenuta dalla società madre e pagata dalla propria società figlia o da una sua sub-affiliata, a condizione che queste, a ciascun livello, soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3.

 

Resta ferma per gli Stati membri la facoltà di prevedere che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall'utile imponibile della società madre. In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfetariamente, l'importo forfetario non può essere superiore al 5 per cento degli utili distribuiti dalla società figlia.

Si prevede infine che le suddette disposizioni cessino di applicarsi dalla data dell'effettiva entrata in vigore di un sistema comune d'imposta sulle società.

 

L’articolo 5 della direttiva 90/435/CEE viene poi modificato dalla direttiva 2003/123 prevedendosi che gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre siano esenti dalla ritenuta alla fonte[57].

Vengono abrogate le disposizioni transitorie di deroga, essendone oramai esaurito l’effetto.

 

L’allegato alla direttiva 90/435/CEE elenca le forme societarie rilevanti per l’applicazione della direttiva medesima.

La direttiva 2003/123, allo scopo di estenderne l’applicazione ad entità che possono svolgere attività transfrontaliere nella Comunità e che soddisfano tutti i requisiti stabiliti dalla direttiva, vi aggiunge le società costituite nelle forme statutarie della società europea e della società cooperativa europea.

Inoltre, tra le società di diritto italiano, risultano comprese le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative, le società di mutua assicurazione, nonché gli enti pubblici e privati la cui attività è totalmente o principalmente commerciale.

 

L’articolo 2 stabilisce nel 1° gennaio 2005 il termine per l’adozione delle disposizioni di recepimento da parte degli Stati membri, prescrivendone, come consueto, la comunicazione alla Commissione.

 

Si ricorda che la direttiva 90/435/CEE è stata recepita con il decreto legislativo 6 marzo 1993, n. 136, che ha modificato il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi. Gli stessi atti normativi potrebbero essere quindi suscettibili di modificazione in conseguenza del recepimento della presente direttiva.

 


Direttiva 2004/23/CE

 

(Definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani)

 

 

La direttiva in esame mira alla definizione di un sistema elevato di qualità e sicurezza per i tessuti e le cellule di origine umana destinati all’uso terapeutico. La società contemporanea risulta infatti caratterizzata da un elevatissimo livello di scambi, ciò che rende necessaria una normativa in grado di tutelare la salute di tutti i pazienti che si sottopongono a tali trattamenti.

L’ambito di applicazione della direttiva comprende la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull’uomo, nonché a prodotti fabbricati derivati da tessuti e cellule umani, destinati ad applicazioni sull’uomo.

Come precisato nei Consideranda iniziali (punto 7), la direttiva si applica ai tessuti e alle cellule, tra cui le cellule staminali ematopoietiche del sangue periferico, del sangue del cordone ombelicale e del midollo osseo, alle cellule riproduttive (ovuli e sperma), ai tessuti e alle cellule fetali nonchè alle cellule staminali adulte ed embrionali.

 

Rimangono invece esclusi dall’applicazione della presente direttiva (art. 2):

·       il sangue ed i suoi componenti, gli organi umani e gli organi, tessuti e cellule di origine animale [58];

·       i tessuti oggetto di un auto trapianto durante uno stesso intervento chirurgico, organi o parte di organi, qualora la loro funzione sia quella di essere utilizzati per lo stesso scopo dell’organo intero nel corpo umano.

Come precisato nei Consideranda iniziali (punti 11 e 12), la direttiva non concerne la ricerca che utilizza tessuti e cellule umani, ad esempio, per fini diversi dall’applicazione sull’uomo; la direttiva inoltre, pur non interferendo con le scelte dei singoli Stati in ordine al possibile utilizzo di particolari cellule (come le cellule staminali dell’embrione), troverebbe comunque applicazione ai fini della tutela della salute pubblica.

 

Le definizioni dei termini tecnici recati dalla direttiva sono elencate dall’art. 3.

La direttiva non impedisce che gli Stati membri adottino misure di protezione più rigorose, purché conformi alle disposizioni del Trattato e, in particolare, non pregiudica le decisioni degli Stati membri che limitino l’importazione di tessuti e cellule per garantire maggiormente la salute pubblica ovvero in ordine all’uso o non uso di particolari tipi di cellule umane (art. 4).

Gli Stati membri devono poter garantire che l’approvvigionamento e l’analisi dei tessuti siano effettuati da personale con adeguata formazione ed esperienza (art. 5).

Lo svolgimento delle attività, da parte gli Istituti dei tessuti [59], é subordinato alla approvazione, autorizzazione e designazione degli Istituti medesimi, da parte dell’autorità competente indicata dallo Stato membro (art. 6).

Le autorità competenti organizzano ispezioni e controlli  presso gli Istituti di tessuti con frequenza minima biennale (art. 7).

Gli Stati membri devono garantire che tutti i tessuti e le cellule ottenuti, trattati, stoccati o distribuiti siano rintracciabili nel percorso dal donatore al ricevente e viceversa; a tal fine sono previste disposizioni specifiche per la realizzazione di un sistema di identificazione dei donatori (art. 8)

Ulteriori disposizioni riguardano: l’importazione e l’esportazione di tessuti e di cellule umane, provenienti da o dirette ai Paesi terzi; la tenuta di un registro degli Istituti dei tessuti, in cui siano descritte le attività per le quali ciascun istituto è stato accreditato; la realizzazione di un sistema in grado di consentire la notifica, la registrazione e la diffusione di informazioni sugli eventuali incidenti verificatisi (artt. 9, 10, e 11).

Gli Stati membri incoraggiano le donazioni volontarie e gratuite di tessuti e cellule; i donatori possono comunque ricevere un indennizzo finalizzato alla copertura delle spese di donazione. Le attività di promozione e pubblicità della donazione non possono essere effettuate allo scopo di offrire o ricercare un vantaggio pecuniario (art. 12).

Sono dettate norme sull’obbligo del consenso dei donatori, dei congiunti o delle persone che forniscono le autorizzazioni per conto dei donatori, nonché le misure riguardanti la protezione dei dati e la riservatezza. L’identità del donatore non è di norma divulgata al donatore e viceversa (artt. 13 e 14).

Presso ogni istituto di tessuti deve essere istituito un sistema di controllo di qualità basato sulla buona pratica, che deve comprendere una specifica documentazione di cui si elencano gli elementi di base (art. 16).

Presso ciascun istituto è designato un responsabile con specifici requisiti, con il compito di verificare il rispetto delle procedure descritte dalla direttiva e dallo Stato membro (art. 17).

Gli Istituti devono garantire che tutte le donazioni siano sottoposte a specifici controlli, in grado di verificare la conformità delle stesse alle disposizioni recate dalla direttiva, con particolare riferimento alle disposizioni recate dall’articolo 28. Sono descritte le metodologie per garantire la sicurezza, da parte degli Istituti, nelle fasi della lavorazione, stoccaggio, etichettatura e trasporto dei tessuti e delle cellule (artt. 19, 20, 21, 22 e 23).

Sono disciplinati i rapporti tra Istituti dei tessuti e terzi per i casi in cui un intervento esterno influisca sui sistemi di qualità e sicurezza (art. 24).

Gli Stati membri istituiscono un sistema di identificazione dei tessuti e delle cellule umane allo scopo di garantirne la completa tracciabilità. La Commissione elabora, con la cooperazione degli Istituti, un unico sistema europeo di codificazione (art. 25).

Anteriormente al 7 aprile 2009, e successivamente ogni tre anni, gli Stati membri inviano alla Commissione una relazione sulle attività svolte, facendo riferimento alle disposizioni della presente direttiva (art. 26).

Gli Stati membri determinano il regime sanzionatorio applicabile alle violazioni delle disposizioni nazionali; le sanzioni sono comunicate alla Commissione entro il giorno di entrata in vigore della presente direttiva (art. 27).

Sono descritti i requisiti tecnici e la procedura per il loro adeguamento al progresso scientifico e tecnico (artt. 28, 29 e 30).

 

Il termine ultimo per il recepimento della direttiva è fissato al 7 aprile 2006 (art. 31).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

L’articolo 16 della direttiva 2004/23/CE del 31 marzo 2004 prevede che sia la Commissione, assistita da un comitato di regolamentazione, a fissare le norme e le specifiche tecniche in relazione alla qualità ed alla sicurezza di tessuti e cellule umani.

A tale scopo il 3 agosto 2004 la Commissione ha predisposto una bozza di documento su “Requisiti tecnici per la donazione, l’approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani”, nel quale sono confluiti gli allegati tecnici inclusi dalla Commissione nella proposta originale della direttiva 2004/23/CE, poi espunti dal testo a seguito della decisione del Consiglio e del Parlamento europeo di regolamentare la materia attraverso la comitatologia[60]. Il documento incorpora, inoltre, i commenti ed i contributi forniti da esperti del settore e da organizzazioni, incluso il Consiglio d’Europa. Tale documento è stato oggetto fino al 1° ottobre 2004 di una consultazione aperta, allo scopo di acquisire ulteriori suggerimenti sull’argomento.

 


Direttiva 2004/54/CE

 

(Requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete transeuropea)

 

 

Le disposizioni recate dalla direttiva 2004/54/CE del 29 aprile 2004 hanno lo scopo di garantire un livello minimo di sicurezza agli utenti delle gallerie della rete stradale transeuropea, mediante la prevenzione di situazioni di rischio nonché mediante la protezione in caso di incidente.

Esse si applicano a tutte le gallerie di lunghezza superiore a 500 metri, che facciano parte della «rete stradale transeuropea», come definita alla sezione 2 dell'allegato I della decisione n. 1692/96/CE[61], concernente orientamenti delle azioni previste per realizzare la rete transeuropea dei trasporti.

La direttiva deve essere recepita entro il 30 aprile 2006.

 

Il contenuto della direttiva può essere così sintetizzato:

Ø    misure di sicurezza: l’allegato I alla direttiva contiene i requisiti minimi di sicurezza cui devono rispondere tutte le gallerie site nel territorio dello Stato membro; è prevista la possibilità di realizzare misure di riduzione dei rischi, come soluzioni alternative agli interventi necessari all’adeguamento della galleria ai requisiti minimi, qualora tali interventi risultino troppo onerosi (articolo 3);

Ø    autorità amministrativa: individuata dallo Stato membro per ciascuna galleria, unico responsabile della sicurezza e dell’osservanza della presente direttiva; nome e indirizzo delle Autorità sono trasmesse alla Commissione entro il 1° maggio 2006 (articoli 4 e 8);

Ø    gestore della galleria: organismo pubblico o privato responsabile della gestione della galleria nella fase di progettazione, di costruzione o funzionamento; redige un “rapporto di inconvenienti” per tutti gli incidenti o eventi significativi che si verifichino (articolo 5);

Ø    responsabile della sicurezza: designato dal gestore della galleria (e accettato dall’autorità amministrativa), coordina tutte le misure di prevenzione e di salvaguardia dirette a garantire la sicurezza degli utenti e del personale di esercizio; ha piena autonomia per tutte le questioni attinenti alla sicurezza nelle gallerie stradali e, relativamente a tali questioni, non riceve alcuna istruzione da un datore di lavoro (articolo 6);

Ø    ente per le ispezioni: le ispezioni, le valutazioni e i collaudi sono effettuati da enti per le ispezioni, che devono essere funzionalmente indipendenti dal gestore; l’autorità amministrativa può svolgere queste funzioni. Ispezioni periodiche devono essere effettuate ad una distanza temporale non superiore a 6 anni (articoli 7 e 12)

Ø    modalità di applicazione delle disposizioni dettate dalla direttiva:

§       le gallerie il cui progetto non sia stato ancora approvato dall'autorità responsabile entro il 1° maggio 2006 sono soggette alla presente direttiva  (articolo 9);

§       per le gallerie il cui progetto è già stato approvato ma che non sono state aperte al traffico entro il 1° maggio 2006, l'autorità amministrativa ne valuta la conformità con i requisiti prescritti dalla presente direttiva, in particolare all'allegato II - approvazione del progetto, documentazione di sicurezza, messa in esercizio di una galleria, modifiche ed esercitazioni periodiche (articolo 10);

§       per le gallerie già aperte al traffico alla data del 30 aprile 2006, l'autorità amministrativa ha tempo fino al 30 ottobre 2006 per valutare la conformità della galleria ai requisiti della presente direttiva, con riferimento in particolare all'allegato II. Entro il 30 aprile 2007 gli Stati membri presentano una relazione alla Commissione che descrive come essi prevedono di conformarsi ai requisiti della direttiva, le misure in progetto, e, se del caso, le conseguenze dell'apertura o della chiusura delle principali strade di accesso alle gallerie (articolo 11);

Ø    analisi dei rischi: deve essere effettuata da un organismo funzionalmente indipendente dal gestore della galleria, utilizzando  una metodologia analitica e definita, di cui gli Stati membri informano la Commissione. Il contenuto e i risultati delle analisi dei rischi sono inseriti nella documentazione di sicurezza trasmessa all'autorità amministrativa. Entro il 30 aprile 2009 la Commissione pubblica una relazione sulle pratiche seguite negli Stati membri (articolo 12);

Ø    deroghe per le innovazioni tecniche: deroghe ai requisiti prescritti possono essere concesse dall’autorità amministrativa, su richiesta del gestore, allo scopo di consentire l'installazione e l'uso di equipaggiamenti o l'utilizzo di procedure di sicurezza innovativi per garantire una protezione o equivalente o maggiore rispetto alle tecnologie prescritte dalla direttiva (articolo 13);

Ø    relazioni periodiche: ogni 2 anni deve essere compilata, da parte dello Stato membro, una relazione sugli incendi scoppiati nelle gallerie nonché sugli incedenti che ne mettono a rischio la sicurezza (articolo 15);

Ø    adeguamento al progresso tecnico e procedura di comitato: la Commissione adegua il contenuto degli Allegati tecnici alle innovazioni tecnologiche; a tal fine si avvale dell’assistenza di un Comitato (articoli 16 e 17).

La direttiva contiene infine i seguenti allegati tecnici:

§         Allegato I: Misure di sicurezza di cui all'articolo 3.

§         Allegato II: Approvazione del progetto, documentazione di sicurezza, messa in esercizio di una galleria, modifiche ed esercitazioni periodiche.

§         Allegato III: Segnaletica per le gallerie.


Direttiva 2004/81/CE

 

(Titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi, vittime della tratta di esseri umani o coinvolti nel favoreggiamento dell’immigrazione illegale, che cooperino con le autorità competenti)

 

 

La direttiva 2004/81/CE del Consiglio europeo definisce le condizioni per il rilascio di titoli di soggiorno alle vittime della tratta di esseri umani[62], provenienti da Paesi terzi, che collaborino nella lotta contro i trafficanti o contro il favoreggiamento dell’immigrazione illegale. La direttiva, affrontando i problemi relativi al recupero delle vittime e al loro reinserimento sociale, stabilisce inoltre il trattamento da assicurare a tali soggetti prima del rilascio del titolo di soggiorno e successivamente ad esso.

La direttiva risponde all'esigenza di rafforzare la lotta contro le attività illecite connesse allo sfruttamento degli esseri umani, introducendo disposizioni per la tutela delle vittime che presentano denuncia o che forniscono informazioni alla polizia o alla magistratura utili per contrastare le reti di trafficanti.

Essa si inserisce nel quadro delle misure per la lotta contro l’immigrazione clandestina adottate a livello comunitario; tali iniziative, unitamente a quelle tendenti alla definizione delle condizioni d'ingresso e di soggiorno degli stranieri, costituiscono gli elementi fondamentali della politica europea comune dell'immigrazione.

 

Si ricorda che con il Trattato di Amsterdam si è verificato un cambiamento radicale: l’asilo e l’immigrazione e la cooperazione giudiziaria in materia civile, (cioè le materie attinenti la libera circolazione delle persone), sono state comunitarizzate attraverso l’introduzione, nel TCE, del Titolo IV (artt. 61 - 69), nel quale esse sono state inserite

Per attuare le disposizioni del Trattato di Amsterdam relative alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea è stato convocato un vertice straordinario a Tampere dell’ottobre 1999, nel quale il Consiglio europeo ha dichiarato la propria volontà di combattere in modo radicale l'immigrazione illegale, in particolare contrastando i criminali dediti al traffico di esseri umani e allo sfruttamento economico dei migranti; il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di impegnarsi nell’eliminazione delle organizzazioni criminali e di provvedere al tempo stesso a garantire i diritti delle vittime.

Dopo la riunione del Consiglio europeo di Tampere, nel corso della quale fu concordato un programma che ha gettato le basi per conseguire importanti risultati nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il Consiglio europeo di Bruxelles del novembre 2004 ha adottato un nuovo programma pluriennale con cui sono stati fissati gli obiettivi per i prossimi cinque anni, noto come il Programma dell’Aja, allegato alle conclusioni del Consiglio. In esso viene ribadita la necessità di un approccio comune più efficace i problemi quali l’immigrazione clandestina, la tratta di esseri umani, il terrorismo e la criminalità organizzata nonché la prevenzione di questi fenomeni. Tenendo conto di questo Programma, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a presentare al Consiglio, nel 2005, un piano d’azione che concretizzi gli obiettivi e le priorità del Programma.

Come ricordato nei considerando iniziali (punto 3), il fenomeno della tratta di esseri umani ha assunto dimensioni sempre più allarmanti a livello internazionale; la Comunità e gli Stati membri hanno firmato nel 2000 una Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale[63], corredata da un protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, e da un protocollo per controllare il traffico di migranti. Tali documenti sono stati adottati in precedenza dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

A livello europeo (considerando, punto 8), con l’intento di rafforzare la prevenzione e la lotta contro tali reati, sono state adottate:

§         la direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, che ha inteso definire precisamente le tipologie di comportamento illecito volte al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nell’ottica, sia di reprimere l’attraversamento illegale delle frontiere in senso stretto, sia di combattere la cd. tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento; la direttiva prevede l’adozione, da parte degli Stati membri, di sanzioni effettive, appropriate e dissuasive nei confronti di chiunque aiuti uno straniero extracomunitario ad entrare, transitare o soggiornare nel territorio di uno Stato dell’Unione in violazione della relativa legislazione di tale Stato. La direttiva prevede poi una possibile esimente alla sanzionabilità del favoreggiamento dell’ingresso e del transito clandestini in presenza di interventi finalizzati all’assistenza umanitaria. La direttiva, il cui termine di recepimento è scaduto il 5 dicembre 2004, stata inserita nella legge comunitaria 2003 (L. 306/2003, allegato B);

§         la decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla tratta degli esseri umani.

 

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il cui disegno di legge di ratifica è stato recentemente approvato in via definitiva da entrambe le Camere, disciplina le politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione negli articoli da 265 a 268 della parte III. In via generale, il Trattato costituzionale affida comunque al Consiglio europeo il compito di definire gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nelle materie attinenti lo spazio comune di libertà sicurezza e giustizia (art. III-258). Per quanto riguarda, in particolare, i controlli alle frontiere (art. III-265), la gestione delle frontiere esterne viene considerato un problema comune in quanto si prevede l’instaurazione progressiva di un sistema integrato di gestione. I Paesi, come il nostro, le cui frontiere nazionali coincidono in larga parte con quelle dell’Unione potranno, dunque, contare su un approccio comunitario della loro gestione. Tale criterio è sotteso a tutte le questioni legate all’immigrazione ed è esplicitato dall’art. III-268, che introduce il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità, anche finanziarie, tra gli Stati nella regolamentazione delle politiche dell’Unione in materia di immigrazione.

Per quanto riguarda il  diritto di asilo, esso è annoverato tra i diritti fondamentali indicati nella parte II del Trattato e l’Unione si impegna a garantirne il rispetto (art. II-78). Di particolare rilievo il passaggio dalla semplice individuazione di norme minime in materia di asilo indicate nel TCE (art. 63) ad una vera e propria politica europea comune in materia di asilo i cui princìpi si ispirano alla Convezione di Ginevra del 28 luglio 1951 e agli altri trattati internazionali sui rifugiati (art. III-266).

Alle politiche dell’immigrazione il Trattato costituzionale dedica una disposizione ad hoc (art. III-267). In particolare, tra le misure da adottare con legge o legge quadro europee viene inserita la lotta contro la tratta degli esseri umani, in particolare delle donne e dei minori.

Ambito di applicazione

La direttiva 2004/81/CE riguarda (art. 3) i cittadini maggiorenni non aventi la cittadinanza dell’Unione che sono o sono stati vittime di reati collegati alla tratta di esseri umani, anche se sono entrati illegalmente nel territorio degli Stati membri. Agli Stati membri è riconosciuta la facoltà di ampliare il campo di applicazione della direttiva a coloro che:

§         sono stati coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale;

§         non hanno raggiunto la maggiore età fissata nell'ordinamento giuridico dello Stato membro interessato.

Non è comunque preclusa agli Stati membri (art. 4) la possibilità di adottare o di mantenere disposizioni più favorevoli per i soggetti cui si applica la direttiva.

Il diritto al soggiorno è subordinato al rispetto di determinate condizioni (vedi infra); l’autorizzazione a risiedere nel territorio dello Stato membro ha carattere provvisorio, con validità di almeno sei mesi, ed è rinnovabile.

I soggetti vittime della tratta di esseri umani devono essere informati circa la possibilità di ottenere il titolo di soggiorno (art. 5).

Ad essi deve inoltre essere concesso un periodo di riflessione, per sottrarsi all’influenza dei criminali e per poter decidere con consapevolezza, valutando i rischi, in merito alla loro cooperazione con le autorità di polizia e giudiziarie (art. 6). Durante il periodo di riflessione, e nell'attesa della decisione delle autorità competenti, non può essere eseguita alcuna misura di allontanamento nei loro confronti. Il periodo di riflessione non conferisce un diritto di soggiorno. Lo Stato membro può interrompere in qualsiasi momento al periodo di riflessione nel caso in cui le autorità competenti accertino che l'interessato ha attivamente, volontariamente e di propria iniziativa, ristabilito un legame con gli autori dei reati di tratta degli esseri umani e di favoreggiamento dell’immigrazione illegale, oppure per motivi attinenti alla pubblica sicurezza e alla salvaguardia della sicurezza nazionale.

Prima del rilascio del titolo di soggiorno (art. 7), gli Stati membri assicurano ai soggetti in questione, privi di risorse sufficienti, un livello di vita tale da permettere loro la sussistenza e l'accesso a cure mediche urgenti, tenendo conto delle esigenze specifiche delle persone più vulnerabili, assicurando, se necessaria, l'assistenza linguistica e prestando l'assistenza legale gratuita, ove sia prevista e alle condizioni stabilite dall'ordinamento giuridico nazionale.

Il rilascio del titolo di soggiorno è subordinato all’accertamento da parte dello Stato membro delle seguenti condizioni(art. 8):

§         opportunità del prolungamento del soggiorno dell’interessato nel territorio nazionale ai fini delle indagini o del procedimento giudiziario;

§         sussistenza di una chiara volontà di cooperazione da parte dello stesso;

§         rottura di ogni legame con i presunti autori dei fatti criminosi.

Misure specifiche sono previste per i minori(art. 10): il procedimento che li riguarda deve essere adeguato tenendo conto dell’età e del grado di maturità degli stessi; viene garantito loro l'accesso al sistema scolastico; ai minori non accompagnati è assicurata una particolare tutela.

Ai beneficiari del titolo di soggiorno è consentito l’accesso al mercato del lavoro, alla formazione professionale e all'istruzione, limitatamente alla durata del titolo di soggiorno e conformemente alla legislazione nazionale (art. 11). Parimenti, i soggetti in questione possono partecipare a programmi di reinserimento sociale, compresi corsi intesi a migliorare la loro capacità professionale, oppure la preparazione al ritorno assistito nel Paese di origine, predisposti dallo Stato membro o da organizzazioni non governative.

Il rilascio o il rinnovo del titolo di soggiorno possono essere vincolati alla partecipazione a tali programmi.

Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 6 agosto 2006 (articolo 17, paragrafo 1).

La legislazione nazionale

Già a partire dal 1998 sono state introdotte nell’ordinamento italiano norme per la protezione e l’integrazione degli stranieri vittime di violenze e dello sfruttamento da parte della criminalità.

L'art. 18 del Testo unico sull’immigrazione[64] stabilisce che possa essere concesso uno speciale permesso di soggiorno per motivi umanitari nel caso in cui siano accertate, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per i reati di induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione o di quelli previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale[65], ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità.

La norma dispone dunque che si possa ottenere il permesso di soggiorno sia a seguito della collaborazione con la magistratura, sia in assenza di denuncia, su proposta dei servizi sociali degli enti locali o dei soggetti privati convenzionati con gli enti locali che attuano programmi di assistenza e di integrazione sociale, purché venga intrapreso, da parte delle vittime, un percorso di protezione per sfuggire ai trafficanti.

Tale misura risponde all’esigenza di consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza e di reinserimento nella società.

Il permesso di soggiorno per motivi umanitari ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio. Il permesso consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, l'iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato e può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro.

Gli artt. 25-27 del regolamento di attuazione[66] del Testo unico sull’immigrazione integrano la disposizione illustrata prevedendo in particolare la costituzione presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio di una Commissione interministeriale per l’attuazione dell’art. 18 del Testo unico sull’immigrazione, composta da rappresentanti dei Ministri per le pari opportunità, dell'interno e della giustizia, con compiti di indirizzo, di controllo e di programmazione delle risorse relative ai programmi di assistenza ed integrazione sociale previsti dal citato art. 18.

Più recentemente, la legge 228/2003[67] ha introdotto nuove disposizioni penali allo scopo di contrastare il fenomeno della riduzione in schiavitù derivante dal traffico di esseri umani.

I tratti salienti della legge riguardano:

§         la riformulazione, con aumenti di pena, degli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, relativi rispettivamente alla riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, alla tratta di persone, all’alienazione e all’acquisto di persone in condizione di schiavitù o servitù;

§         la previsione di una nuova ipotesi di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) diretta a commettere uno dei delitti di cui ai citati articoli 600, 601 e 602;

§         l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio, del Fondo per le misure anti-tratta, destinato al finanziamento di programmi di assistenza e integrazione sociale in favore delle vittime dei reati nonché delle altre finalità di protezione sociale di cui all’art. 18 del Testo unico sull’immigrazione;

§         l'istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.) e di tratta di persone (art. 601), allo scopo di assicurare, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria, salva comunque l’applicabilità delle disposizioni di carattere umanitario di cui all’art. 18 del Testo unico sull’immigrazione, qualora la vittima del reato sia una persona straniera.


Direttiva 2004/82/CE

 

(Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate)

 

 

La direttiva 2004/82/CE del 29 aprile 2004 concerne l’obbligo dei vettori aerei di comunicare i dati relativi alle persone trasportate.

L’obbiettivo dichiarato della direttiva (articolo 1) è quello di migliorare i controlli alle frontiere per il contrasto all’immigrazione illegale. A tal fine gli Stati membri adottano disposizioni per istituire l’obbligo per i vettori aerei di comunicare in anticipo una serie di informazioni sulle persone trasportate. In particolare, all’articolo 3 sono elencate le informazioni necessarie: cittadinanza e generalità di ciascun passeggero, valico di frontiera di ingresso nel territorio degli Stati membri, primo punto di imbarco, numero complessivo delle persone trasportate nonché informazioni relative al trasporto.

Le informazioni sono trasmesse su richiesta delle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere, alle autorità stesse.

I nuovi obblighi imposti ai vettori aerei sono complementari a quelli già stabiliti dall’articolo 26 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, integrato dalla direttiva 2001/51/CE, concernente le misure di accompagnamento dello straniero.

Si ricorda che l’articolo 26 della Convenzione (allegata alla legge 30 settembre 1998, n. 338, di ratifica ed esecuzione dell’accordo di Schengen) dispone l’obbligo per il vettore di prendere in carico il passeggero straniero il cui ingresso è stato rifiutato dallo Stato che aderisce all’Accordo e, su richiesta delle autorità addette alla sorveglianza delle frontiere, riaccompagnarlo nel paese terzo di provenienza. I vettori hanno altresì l’obbligo di accertare che lo straniero trasportato sia in possesso  dei documenti di viaggio necessari per l’ingresso nei Paesi contraenti [l’accordo].

La direttiva 2001/51/CE, che integra le disposizioni dell’articolo 26, detta norme  concernenti le sanzioni e l’eventuale contenzioso nei confronti dei vettori che non rispettino tali obblighi. Il D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 recepisce la direttiva e apporta una modifica al D.Lgs. 286/1998 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre sanzioni ai vettori che non trasmettano i dati, o trasmettano dati incompleti o falsi. L’articolo 4 fissa i limiti massimi e minimi delle sanzioni; l’articolo 5, invece, dispone sull’obbligo di prevedere che i vettori, nei confronti dei quali siano state avviate procedure per l’applicazione di sanzioni, abbiano diritti di difesa e di impugnazione effettivi.

L’articolo 6 della direttiva in esame concerne il trattamento dei dati trasmessi. I dati sono trasmessi dai vettori per via elettronica alle autorità di frontiera e salvati in un file provvisorio dalle autorità competenti. I dati devono essere eliminati entro 24 ore dalla loro trasmissione [a meno che non siano necessari  successivamente alle autorità di frontiera “per l’esercizio delle loro funzioni regolamentari”]. Sono comunque fatte salve le disposizioni recate dalla direttiva 95/46/CE in materia di protezione dei dati personali[68].

I vettori sono invece obbligati ad eliminare i dati entro 24 dall’arrivo del mezzo di trasporto. Essi sono inoltre obbligati ad informare i passeggeri conformemente alle disposizioni della direttiva 95/46/CE (in particolare articoli 10 e 11) riguardo l’identità del responsabile del trattamento, le finalità del trattamento, i destinatari dei dati, se rispondere alle domande è obbligatorio o volontario, se esistono diritti di accesso.

L’articolo 7 stabilisce, infine, al 5 settembre 2006 il termine per gli Stati membri per conformarsi alla direttiva.


Direttiva 2004/108/CE

 

(Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica, che abroga la direttiva 89/336/CEE)

 

 

Dopo un lungo iter durato circa sette anni, è stato recentemente completato il processo di revisione della direttiva europea 89/336/CE sulla compatibilità elettromagnetica (cd. direttiva CEM), con l’approvazione della nuova direttiva 2004/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004.

Anche se la precedente direttiva 89/336/CE ha avuto un impatto positivo sulla progettazione e realizzazione degli apparecchi e sistemi elettrici ed elettronici circolanti nell’ambito dell’Unione Europea, purttuttavia la vastità del suo campo di applicazione[69], non sufficientemente definito e dettagliato, l’obbligatorietà, per tutti i prodotti, delle prove secondo le norme armonizzate o del ricorso all’organismo competente, ha portato, da un lato, a difficoltà di interpretazione, specialmente per i componenti e gli impianti, e dall’altro, ad oneri economici ingiustificati per la verifica della conformità di prodotti per i quali potevano ragionevolmente essere applicate procedure molto più semplificate. Per tali ragioni, sin dal 1997, la Commissione decise di intraprendere un lavoro di revisione della direttiva, solo recentemente completato, con l’emanazione della nuova direttiva 2004/108/CE.

Si ricorda brevemente che la direttiva 89/336/CEE (cd. direttiva CEM) ha l'obiettivo di garantire la libera circolazione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e di creare un ambiente elettromagnetico accettabile nell'UE. Essa mira quindi a far sì che le perturbazioni elettromagnetiche provocate da apparecchiature elettriche non impediscano il corretto funzionamento di altre apparecchiature e delle reti di telecomunicazione e di erogazione dell'energia elettrica e che tali apparecchiature abbiano un adeguato livello di immunità contro le perturbazioni elettromagnetiche, che permetta loro di funzionare in modo conforme alla loro destinazione. Dal 1° gennaio 1996 tutti gli apparecchi elettrici ed elettronici interessati devono essere conformi alle prescrizioni della direttiva CEM prima di essere immessi sul mercato della Comunità europea.

La direttiva è stata recepita, nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 12 novembre 1996 n. 615. Con successivo decreto del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato del 18 maggio 1999, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana[70] l'elenco delle norme nazionali che traspongono le corrispondenti norme armonizzate europee in materia di compatibilità elettromagnetica, ai sensi dell'art. 6, comma a), del decreto legislativo n. 615/1996. Infine, con decreto del Ministero delle comunicazioni del 27 settembre 1999 sono stati individuati gli organismi competenti in materia di compatibilità elettromagnetica, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lettera e), del citato decreto legislativo n. 615.

Quattro gli aspetti principali della nuova direttiva:

·       Semplificazione delle procedure di attestazione della conformità (art. 7). La direttiva CEM contemplava tre differenti procedure per la valutazione di conformità, in funzione del tipo di apparecchiature in questione e della presenza o meno di norme armonizzate. Delle tre procedure previste, due richiedevano l'intervento obbligatorio di un organismo indipendente di ispezione e verifica. La direttiva 2004/108/CE prevede invece che l’intervento dell’organismo indipendente di ispezione e verifica sia solo eventuale e venga attivato sulla base della valutazione discrezionale del fabbricante o del suo mandatario (art. 7). La nuova direttiva prevede quindi uno snellimento della procedura e ciò dovrebbe comportare una diminuzione dei costi;

·       Requisiti più severi in materia di informazioni e documentazione di prodotto (art. 9). La nuova direttiva prevede che siano i fabbricanti a fornire agli organismi ispettivi ulteriori strumenti di controllo, che permettano di identificare in maniera più precisa il prodotto (tipo, numero seriale, etc.) indicando altresì il nominativo e l’indirizzo del fabbricante stesso o del suo agente o, se necessario, dell'importatore stabilito sul territorio dell'Unione. Si tratta di semplici ma efficaci accorgimenti per migliorare la tracciabilità del prodotto e per  agevolare il compito di sorveglianza sul mercato da parte delle autorità competenti;

·       Regime speciale per le installazioni fisse (art. 13). Il campo d'applicazione della direttiva è definito in riferimento al concetto centrale di "apparecchiatura", in cui si distinguono due sottoinsiemi: gli "apparecchi" e gli "impianti fissi". Una delle principali ragioni di una revisione della direttiva CEM è la necessità di regimi normativi distinti per gli apparecchi e per gli impianti fissi. Gli impianti fissi sono assemblaggi di vari apparecchi ed altri dispositivi installati e destinati ad essere utilizzati in modo permanente in un luogo predeterminato (ad esempio le reti di distribuzione dell'energia elettrica, i grandi macchinari e complessi di macchinari in siti industriali). La necessità di un regime diverso è giustificata dal fatto che gli impianti fissi possono essere oggetto di continue modifiche, nonché dalle difficoltà riscontrate nell'applicazione a tali impianti di una procedura formale di valutazione della conformità a causa della loro dimensione, della loro complessità, di condizioni di CEM esterne non definite e variabili, di esigenze di funzionamento, ecc. La nuova direttiva prevede, quindi, la non obbligatorietà della procedura di certificazione per gli impianti fissi, ferma restando la possibilità per lo Stato membro di adottare le misure di salvaguardia di cui all’articolo 10, nel caso in cui un impianto fisso non è conforme alle disposizioni della direttiva.

·       Conformità con i principi generali delle norme armonizzate (art. 6). Otto anni di applicazione della direttiva CEM hanno evidenziato l'efficacia dei principi delle norme armonizzate nel settore della compatibilità elettromagnetica. Viene confermato dunque lo schema di base secondo cui i requisiti essenziali di sicurezza sanciti dalla direttiva trovano nelle norme europee armonizzate[71] la via maestra - ancorché non obbligatoria - per produrre nel rispetto della disciplina. Viene peraltro specificato all’articolo 6 che per norma armonizzata si intende una specificazione tecnica adottata  da un organismo  di normazione europeo riconosciuto su mandato della Commissione, secondo le procedura  fissate nella direttiva 98/34/CE per stabilire un requisito europeo.

La nuova Direttiva, entrata in vigore il 20 gennaio 2005, prevede un periodo transitorio fino al 20 luglio 2009,durante il quale è consentita l'immissione sul mercato o la messa in servizio di apparati e sistemi conformi alla precedente Direttiva 89/336/CE (art. 15).

Gli Stati sono tenuti a conformarsi alle disposizioni della direttiva entro il 20 gennaio 2007. Essi sono tenuti altresì ad applicare le disposizioni della direttiva a decorrere dal 20 luglio 2007 (art. 16).

 


 

Direttiva 2004/114/CE

 

(Condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato)

Contenuto della direttiva 2004/114/CE

La direttiva 2004/114/CE del 13 dicembre 2004[72] riguarda le condizioni e le procedure per l’ingresso e il soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi, che si recano nel territorio degli Stati membri, per un periodo superiore ai tre mesi, per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (art. 1).

Più precisamente la direttiva si applica a coloro che intendono fare ingresso in un Paese dell’Unione per motivi di studio, mentre è facoltà dei singoli Stati l’applicazione anche alle altre categorie contemplate nella direttiva, quali alunni, tirocinanti e volontari (art. 3).

Le categorie disciplinate dalla direttiva (art. 2) sono le seguenti:

§         studenti universitari, che entrano negli Stati membri per compiere studi superiori o professionali, compresi i corsi post-laurea;

§         alunni: studenti delle scuole superiori che sono stati ammessi a partecipare a programmi di scambi tra scuole;

§         tirocinanti non retribuiti: si tratta dei cittadini ammessi ad effettuare un periodo di formazione non retribuita;

§         volontari, che partecipano ad iniziative di tipo solidaristico, non retribuite, nell’ambito di un programma promosso da organizzazioni di volontariato senza fini di lucro.

Sono esplicitamente esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva i richiedenti asilo, coloro che sono tutelati da forme di protezione sussidiaria e i residenti di lungo periodo.

 

La direttiva (art. 6) individua una serie di requisiti comuni a tutte le categorie sopra elencate, il cui possesso è necessario per l’ammissione in uno Stato membro, quali:

§         il possesso di un titolo di viaggio valido (è facoltà degli Stati membri di prescrivere un periodo di validità del viaggio almeno pari alla durata del soggiorno previsto);

§         l’autorizzazione dei genitori per i minorenni;

§         un’assicurazione per malattia;

§         una prova del pagamento delle tasse dovute per l’esame della domanda (facoltativo).

Un’ulteriore condizione consiste nel non essere considerato una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica, o per la sanità pubblica.

Il punto 14 dei considerando chiarisce che il rifiuto della domanda di ammissione deve essere debitamente giustificato. Per quanto riguarda, in particolare, il rifiuto opposto per motivi di sicurezza, esso deve basarsi “su una valutazione fattuale”. I motivi del rifiuto possono riguardare, per esempio, una condanna per aver commesso un grave reato, oppure la partecipazione ad una organizzazione che sostiene il terrorismo, ovvero l’aver “nutrito aspirazioni estremistiche”.

 

Oltre alle condizioni generali sopra indicate, la direttiva individua una serie di requisiti specifici per ciascuna categoria.

Per gli studenti universitari è richiesta l’accettazione da parte di un istituto di studi superiori per seguire un programma di studi (art. 7), quale, ad esempio, una lettera o un certificato di iscrizione (punto 12 dei considerando).

Il possesso di risorse sufficienti per il proprio sostentamento è una condizione richiesta sia per gli studenti, sia per i tirocinanti e i volontari. Per le medesime categorie, ciascun Paese membro potrà richiedere una conoscenza sufficiente della lingua (artt. 7, 10 e 11).

I tirocinanti devono aver stipulato una convenzione di formazione con una impresa pubblica o privata, o presso un istituto di formazione professionale riconosciuto (art. 10).

Anche i volontari sono ammessi sulla base di convenzioni stipulate con una organizzazione promotrice del programma di volontariato (art. 11).

 

Anche se lo scopo della direttiva è di agevolare l’ingresso di cittadini non comunitari esclusivamente per motivi di studio e riguarda migrazioni temporanee e indipendenti dalle condizioni del mercato del lavoro (punto 7 dei considerando), tuttavia è prevista la possibilità che gli studenti contribuiscano al proprio mantenimento, consentendo loro di accedere al mercato di lavoro (punto 18). Vengono, però, fissati limiti rigorosi al lavoro degli studenti, al fine di prevenire eventuali forme di abuso.

Viene, pertanto, sancito (art. 17) il diritto degli studenti di esercitare una attività economica, sia come lavoratore subordinato, sia autonomo. Tali attività devono essere esercitate al di fuori delle ore dedicate al programma di studi e con un limite temporale minimo di 10 ore la settima e un limite massimo (espresso in ore, giorni o mesi per anno), fissato da ciascun Paese.

Ogni Stato, inoltre, ha la facoltà di introdurre un’autorizzazione preventiva agli studenti e ai datori di lavoro se previsto dalla legislazione nazionale e di limitare l’accesso al lavoro nel primo anno di soggiorno.

La violazione dei limiti all’accesso al lavoro può comportare la revoca del permesso di soggiorno (art. 12).

 

Il possesso dei requisiti necessari per l’ammissione comporta il rilascio da parte delle autorità competenti di un permesso di soggiorno.

Per gli studenti il permesso di soggiorno deve essere della durata almeno pari ad un anno ed è rinnovabile (art. 12).

Per le altre categorie il permesso di soggiorno è rilasciato per una durata massima di un anno.

Le autorità nazionali possono revocare il permesso di soggiorno se esso è stato ottenuto illegalmente; se il titolare non risulta in possesso dei requisiti necessari; se emergono motivi di sicurezza o di ordine pubblico (art. 16).

Il limite temporale generalmente fissato ad un anno e la sottoposizione al rinnovo sono volte a favorire l’esercizio di un controllo rigoroso da parte degli Stati membri , anche al fine di prevenire una minaccia all’ordine pubblico.

Sono previste, d’altra parte, norme volte a tutelare l’interessato nella procedura di definizione della richiesta di ammissione. Prima fra tutte la possibilità di impugnare legalmente la decisione di rifiuto della domanda o di revoca del permesso di soggiorno (art. 18).

 

Il termine di recepimento della direttiva è il 12 gennaio 2007 (art. 22).

La disciplina comunitaria

L’accoglienza degli studenti stranieri presenta profili di interesse per le politiche comunitarie almeno sotto tre aspetti: immigrazione, politica estera e istruzione[73].

In primo luogo, la definizione di criteri comuni per l’ingresso e il soggiorno degli stranieri in generale è uno degli obiettivi della politica dell’immigrazione dell’Unione europea che prende le mosse dal Consiglio straordinario di Tampere dell’ottobre 1999.

L’articolo III-267 (già art. 63 del Trattato della Comunità europea) del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il cui disegno di legge di ratifica è stato recentemente approvato in via definitiva da entrambe le Camere, affida all’Unione il compito di stabilire misure comuni in materia di ingresso e soggiorno nonchè norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e di titoli di soggiorno di lunga durata.

L’attuazione pratica di tale compito è stata conferita alla Commissione dal Consiglio europeo di Tampere  (punto 20 delle conclusioni) che “riconosce la necessità di un riavvicinamento delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi”.

La Commissione ha sostanzialmente adempiuto a questo compito con la presentazione di un pacchetto di tre iniziative, che comprende la direttiva in esame. Le altre iniziative riguardano l’ingresso e soggiorno per motivi di lavoro subordinato e autonomo (ancora a livello di proposta[74]) e il ricongiungimento familiare (definitivamente approvata nel 2003[75]).

In secondo luogo, la politica estera dell’Unione europea è caratterizzata a un numero crescente di programmi di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Tra questi, il programma Erasmus World che promuove la qualità dell’istruzione universitaria e la cooperazione con i Paesi terzi, con l’obiettivo di porre le basi per le relazioni future con i Paesi di provenienza degli studenti. L’Unione e gli Stati membri, pertanto, debbono favorire la mobilità ed accogliere gli studenti extraeuropei.

Inoltre, il riavvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli studenti stranieri tende a favorire la mobilità di questi verso la comunità. Ciò è un elemento chiave della strategia volta a promuovere l’immagine dell’Europa quale centro mondiale di eccellenza per gli studi e la formazione professionale.

Tale strategia è stata delineata nell’ambito del Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 che ha indicato l’obiettivo di rilanciare la competitività dell’economia europea.

Su queste basi, nel campo dell'istruzione e della formazione, il 12 febbraio 2001 il Consiglio ha adottato la " relazione sui futuri obiettivi dei sistemi di istruzione e formazione". È il primo documento che delinea un approccio globale e coerente delle politiche nazionali nel settore dell'istruzione a livello dell'Unione europea, incentrato su tre obiettivi:

§       migliorare la qualità dei sistemi d'istruzione e di formazione;

§       facilitare l'accesso di tutti all'istruzione ed alla formazione;

§       aprire sul mondo i sistemi d'istruzione e di formazione[76].

La legislazione nazionale

I princìpi generali per l’accesso degli studenti stranieri ai corsi delle università italiane sono disciplinati dall’articolo 39 del testo unico approvato con D.Lgs. 286/1998[77].

Viene sancita in via generale la parità di trattamento degli stranieri con i cittadini italiani per quanto riguarda l'accesso all'istruzione universitaria ed il diritto allo studio.

L'accesso alle università italiane degli studenti stranieri residenti all’estero viene, come del resto già accadeva prima dell’entrata in vigore del testo unico, contingentato nei limiti del numero massimo di visti d'ingresso e permessi di soggiorno determinato annualmente, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, con decreto del ministro degli affari esteri, di concerto con il ministro dell'università (oggi dell’istruzione, dell’università e della ricerca) e con il ministro dell’interno; sul relativo schema le competenti Commissioni parlamentari esprimono il proprio parere.

L’ultimo decreto di determinazione del contingente di studenti stranieri risulta adottato il 19 dicembre 2001[78] e fissa in 22.019 il numero massimo dei visti di ingresso per l’anno accademico 2001-2002.

 

È in ogni caso consentito l'accesso ai corsi universitari a parità di condizioni con gli studenti italiani (e nei limiti delle disponibilità dei singoli atenei), agli stranieri regolarmente residenti[79]. Sono, inoltre, ammessi gli stranieri titolari di diplomi conseguiti nelle scuole italiane all’estero o nelle scuole oggetto di intese bilaterali.

Le università – nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie – promuovono l'accesso degli stranieri ai corsi universitari, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca ed organizzando attività di orientamento e di accoglienza e tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, con particolare riguardo all’inserimento di una quota di studenti universitari stranieri.

 

L’art. 46 del regolamento di attuazione del testo unico (approvato con il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e recentemente modificato con il D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334) stabilisce più dettagliatamente le modalità per la determinazione annuale del numero dei posti da destinare alla immatricolazione degli studenti stranieri ai corsi di studio universitari per l’anno successivo e per l’emanazione del decreto sui relativi visti di ingresso e permessi di soggiorno:

§         in applicazione della disciplina generale sull’accesso all’istruzione universitaria[80] e tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, i singoli atenei fissano, entro il 31 dicembre di ogni anno, il numero di posti che possono essere assegnati agli studenti stranieri nell’anno seguente;

§         sulla base dei dati forniti dalle università, il ministro degli esteri, di concerto con i ministri dell’università e dell’interno, emana il decreto con cui viene stabilito il numero massimo di visti d'ingresso e permessi di soggiorno per motivi di studio;

§         con un provvedimento successivo sono definiti gli adempimenti richiesti agli stranieri per il rilascio del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio, anche con riferimento alla dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero (per la determinazione di questi ultimi, sono considerati, oltre alle prestazioni di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato – per le quali si fa rinvio all’articolo 34 del regolamento – anche i mezzi dei quali lo studente straniero può fruire in quanto tale: borse di studio, prestiti d’onore, servizi abitativi, etc.).

I visti e i permessi di soggiorno per motivi di studio possono essere rinnovati subordinatamente al superamento di almeno un esame nel primo anno di corso e di almeno due nei successivi. Essi non possono essere comunque rilasciati per più di tre anni oltre la durata del corso di studio. In occasione del rinnovo gli interessati dovranno dimostrare di essere in possesso dei mezzi di sostentamento sufficienti. Ulteriori rinnovi del permesso di soggiorno sono concessi per la frequenza a corsi di specializzazione e dottorati di ricerca.

 

Oltre che per motivi di studio universitario, è consentito l’ingresso in Italia per coloro che intendano seguire corsi superiori tecnico-professionali e di studio di istruzione secondaria, per gli assegnatari di borse di studio, per gli scienziati, per chi intende seguire corsi di formazione professionale o svolgere tirocini formativi. (art. 44-bis del regolamento di attuazione aggiunto dal D.P.R. 334/2004).

Il Ministro del lavoro con proprio decreto fissa il contingente annuale di stranieri ammessi a frequentare corsi di formazione o periodi di tirocinio formativo.

 

Il permesso di soggiorno è rilasciato per i motivi e la durata indicati nel visto di ingresso (art. 11 del regolamento).

Il permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione consente l’esercizio di un’attività lavorativa di tipo subordinato per un tempo non superiore a 20 ore a settimana, anche cumulabili, entro il limite di 1.040 ore annuali (art. 14, comma 4 del regolamento).

È consentita la conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione, prima della scadenza, in permesso per motivi di lavoro, nei limiti delle quote annuali sui flussi, disciplinate dall’art. 3 del D.Lgs. 286/1998 (art. 14, comma 5 del regolamento).

Con DM 12 luglio 2000 il Ministero degli affari esteri ha definito le tipologie dei visti d'ingresso e i requisiti per il loro rilascio. Il punto n. 16 dell’allegato del decreto disciplina i “visti per motivi di studio”. Tale visto è concesso, ai fini di un soggiorno di breve o lunga durata (rispettivamente inferiore o superiore a novanta giorni), ma a tempo determinato, agli stranieri che giungano in Italia per seguire corsi universitari o corsi di studio o di formazione professionale presso istituti riconosciuti o comunque qualificati, ovvero agli stranieri che siano stati chiamati a svolgere attività culturali e di ricerca. Il visto per studio è inoltre rilasciato, per il periodo necessario, agli stranieri, in possesso di diploma di laurea conseguito in una università italiana, per sostenere gli esami di abilitazione all’esercizio professionale.

I requisiti e le condizioni per l'ottenimento del visto sono:

§         documentate garanzie circa il corso di studio, formazione professionale o attività culturale da svolgere;

§         adeguate garanzie circa i mezzi di sostentamento, non inferiori all'importo richiesti in via generale per gli stranieri che intendono fare ingresso nel territorio nazionale[81];

§         polizza assicurativa per cure mediche e ricoveri ospedalieri, qualora lo straniero non abbia diritto all'assistenza sanitaria in Italia in virtù di accordi o convenzioni in vigore con il suo Paese;

§         età maggiore di anni 14.

Le procedure per l’immatricolazione degli studenti stranieri ai corsi universitari sono definite periodicamente dal Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica[82].

Si ricorda che il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, (art. 6, comma 12) stabilisce la costituzione del CIPE in Comitato per l'attrazione delle risorse in Italia, finalizzato al coordinamento e sviluppo delle iniziative per accrescere l'attrazione di investimenti e persone di alta qualifica in Italia. Con i commi seguenti si prevede che all'attuazione delle strategie e obiettivi generali provveda la società Sviluppo Italia.

Come si legge nella relazione illustrativa del relativo disegno di legge di conversione – attualmente all’esame del Senato (A.S. 3344) – tale norma ha l'obiettivo di “attrarre non solo capitali per investimenti in produzione, servizi e ricerca, ma anche capitale umano di alto profilo professionale e culturale come, ad esempio, studenti, ricercatori e studiosi, professionalità in grado di apportare particolare valore al Paese”:

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 10 luglio 2001 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa: alle condizioni alle quali i cittadini di paesi terzi possono circolare liberamente all'interno del territorio degli Stati membri per un periodo non superiore a tre mesi; all'introduzione di un'autorizzazione specifica di viaggio ed alla fissazione delle condizioni di ingresso in previsione di uno spostamento di durata non superiore a sei mesi (COM(2001)388, procedura di consultazione).

La direttiva proposta ha il fine di permettere ai cittadini di paesi terzi di circolare senza controlli alle frontiere interne per un periodo fino a tre mesi, a condizione che dispongano di un documento di viaggio valido e, se necessario, di un visto o di un permesso di soggiorno.

Il 5 febbraio 2002 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, approvandola con emendamenti. La proposta è in attesa di esame da parte del Consiglio.

 

Il 16 luglio 2004 la Commissione ha presentato la prima relazione annuale su migrazione e integrazione (COM(2004)508).

La relazione annuale, richiesta dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, rappresenta un nuovo strumento di verifica degli sviluppi della politica comune in materia di immigrazione. Il documento effettua una panoramica delle tendenze migratorie in Europa, esamina i mutamenti in atto nel fenomeno migratorio e le tendenze delle politiche, nazionali ed europee, relative all’ammissione e all’integrazione degli immigrati.

La relazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Il 4 giugno 2004 la Commissione ha presentato uno studio sulle connessioni tra migrazione legale e illegale (COM(2004)412).

La comunicazione illustra i risultati di uno studio richiesto dal Consiglio europeo sulle connessioni tra migrazione legale e illegale. In particolare, lo studio valuta se le vie legali per l’ammissione dei migranti riducano gli incentivi alla migrazione illegale e, più specificatamente, in quale misura la politica in materia di migrazione legale produca un impatto, in primo luogo, sui flussi di migranti legali e, secondariamente, sulla cooperazione con i paesi terzi nella lotta contro la migrazione illegale.

Il Consiglio ha esaminato il documento l’8 giugno 2004. Lo studio è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo.

 

 

 


Allegato B

 


Direttiva 2004/40/CE

 

(Prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici))

 

 

La Direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici - campi elettromagnetici - (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), specifica i criteri di protezione dei lavoratori dall’esposizione ai campi elettromagnetici, con frequenze fino a 300 GHz, a cui gli stessi sono soggetti durante il lavoro.

Quadro normativo

Come sottolineato dal Consiglio europeo di Lisbona del marzo del 2000, l'Europa si trova in una fase di transizione verso l'economia della conoscenza, caratterizzata da profondi mutamenti relativi alla composizione della popolazione attiva, alle forme di occupazione e ai rischi sul luogo di lavoro. Tali mutamenti comportano la necessità di affrontare tre diverse problematiche in tema di salute e sicurezza sul lavoro:

§       la dimensione di genere nell'ambito della sicurezza e nella salute sul lavoro. Questo principio è stato introdotto dalla strategia comunitaria 2002-2006, in cui figura come uno degli obiettivi da raggiungere nel periodo considerato: migliore progettazione dei luoghi e dei posti di lavoro, organizzazione del lavoro e adattamento delle attrezzature di lavoro;

§       l'anticipazione dei rischi nuovi ed emergenti, che si tratti di quelli legati alle innovazioni tecniche o di quelli dovuti alle evoluzioni sociali. Al riguardo, la richiamata strategia comunitaria per il periodo 2002-2006 prevede nuove disposizioni legislative, compreso l'ampliamento del campo di applicazione della direttiva sulla tutela dagli agenti cancerogeni[83]. Vanno inoltre considerate altre importanti tematiche, quali l'analisi delle esigenze legate all'ergonomia dei posti di lavoro, la necessità di tenere conto dei disturbi del sistema muscolo-scheletrico e il trattamento specifico dei rischi emergenti (quali mobbing e violenza sul posto di lavoro);

§       le esigenze specifiche delle PMI, delle micro-imprese e dei lavoratori autonomi[84].

 

In questo contesto, la strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro 2002-2006[85] mira ad agevolare l'applicazione della legislazione esistente in materia di salute e sicurezza sul lavoro e a dare nuovi impulsi nel periodo considerato. In estrema sintesi,la Commissione europea ha richiamato 3 specifiche esigenze da soddisfare, al fine di garantire un ambiente di lavoro sicuro e sano, e precisamente:

·       il consolidamento della cultura della prevenzione dei rischi;

·       la migliore applicazione del diritto esistente;

·       l'impostazione globale “del benessere sul lavoro”.

Al fine di soddisfare tali condizioni, sono state proposte 3 direttrici principali: adeguamento del quadro giuridico, incoraggiamento della “spinta al progresso” (elaborazione di pratiche migliori, dialogo sociale, responsabilità sociale delle imprese), integrazione della problematica della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro in altre politiche comunitarie.

 

Attualmente la normativa comunitaria relativa a salute e sicurezza sul lavoro si suddivide in due gruppi:

§       la direttiva quadro 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, che contiene disposizioni di base relative all'organizzazione sanitaria e alla sicurezza sul luogo di lavoro, alle responsabilità dei datori di lavoro e dei lavoratori, completata da 18 direttive particolari concernenti:

o      alcuni luoghi di lavoro specifici (quali cantieri[86], industrie estrattive, navi da pesca[87]);

o      alcuni pericolosi agenti fisici (rumore[88], vibrazioni[89], campi elettromagnetici, chimici, biologici[90] e cancerogeni[91]);

o      l'utilizzo di attrezzature di lavoro;

o      alcune categorie di lavoratori (lavoratrici gestanti o in periodo di allattamento[92]).

§       provvedimenti previsti da direttive contenenti disposizioni precise e complete, non collegate a direttive quadro, in merito ad attività professionali (assistenza medica a bordo delle navi[93]) o a determinate categorie di persone vulnerabili (lavoratori temporanei[94] o giovani lavoratori[95]).

La direttiva 89/391/CEE

La direttiva 89/391/CEE, sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 138 del Trattato, che prevede prescrizioni minime (“considerando” n. 1) per promuovere il miglioramento dell'ambiente di lavoro e per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, provvede ad individuare forme minime di tutela per i lavoratori, rilevando come (“considerando” n. 9) negli Stati membri i sistemi legislativi in materia di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro siano molto differenti e meritino di essere migliorati. Allo stesso tempo, si rileva come le disposizioni nazionali, spesso integrate da disposizioni tecniche e/o da norme volontarie, possono consentire vari livelli di protezione della sicurezza e della salute e dar luogo ad una concorrenza a scapito della sicurezza e della salute.

A tal fine, la richiamata direttiva attua alcune misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. In particolare, si stabiliscono (articolo 1) alcuni principi generali relativi alla prevenzione dei rischi professionali e alla protezione della sicurezza e della salute, nonché all'eliminazione dei fattori di rischio e di incidente, all'informazione, alla consultazione, alla partecipazione equilibrata conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, alla formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, nonché direttive generali per l'attuazione dei principi generali precitati.

Si ricorda, ai sensi del successivo articolo 2, che la direttiva si applica a tutti i settori d'attività privati o pubblici tranne che ad alcune attività specifiche della pubblica amministrazione, quali le forze armate o la polizia, e ai servizi della protezione civile.

In sintesi, i datori di lavoro sono obbligati a (articoli 5-12):

·       garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sotto tutti gli aspetti connessi al lavoro, segnatamente sulla base di principi generali di prevenzione enumerati, senza oneri finanziari per i lavoratori;

·       valutare i rischi professionali, anche nella scelta degli impianti e nell'allestimento dei luoghi di lavoro, nonché organizzare i servizi di protezione e di prevenzione;

·       redigere un elenco e delle relazioni sugli infortuni sul lavoro;

·       organizzare il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori e adottare i provvedimenti necessari in caso di pericolo grave e immediato;

·       informare i lavoratori, consultarli e permettere la loro partecipazione nel quadro di tutte le questioni attinenti alla sicurezza e alla sanità sul luogo di lavoro;

·       assicurare che ogni lavoratore riceva una sufficiente e adeguata informazione in ordine alla sicurezza e alla salute durante l'orario di lavoro.

 

Sono invece considerati obblighi dei lavoratori (articolo 13):

·       utilizzare correttamente le macchine e gli altri strumenti, l'attrezzatura di protezione individuale, nonché i dispositivi di sicurezza;

·       segnalare ogni situazione di lavoro che comporti un pericolo grave ed immediato, nonché ogni difetto dei sistemi di protezione;

·       partecipare all'adempimento delle esigenze imposte in materia di protezione sanitaria per permettere al datore di lavoro di garantire che l'ambiente e le condizioni di lavoro risultino sicuri e senza rischi.

 

Si ricorda, infine, che l’articolo 3, comma 1, della L. 29 luglio 2003, n. 229 (legge di semplificazione per il 2001), ha delegato il Governo ad adottare, entro il 30 giugno 2005[96], uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori,

La direttiva 2004/40/CE

Come accennato in precedenza, il Consiglio ha adottato direttive particolari alle quali si applicano pienamente le disposizioni della descritta direttiva, senza pregiudizio per le disposizioni più vincolanti e/o specifiche che esse contengono.

Al riguardo, le 18 direttive particolari adottate a seguito della direttiva quadro costituiscono un corpus legislativo completo.

La direttiva 2004/40/CE, diciottesima direttiva particolare, integra le direttive europee sulla sicurezza e salute dei lavoratori, e dovrà essere recepita nel nostro Paese entro il 30 aprile 2008, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva stessa.

Secondo quanto evidenziato nel “considerando” n. 3, l’emanazione della direttiva in esame è essenziale, in quanto si ritiene necessario introdurre misure di protezione dei lavoratori “contro i rischi associati ai campi elettromagnetici, a causa dei loro effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori”, tenuto conto che (“considerando” n. 1) in base al Trattato il Consiglio può adottare, mediante direttive, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, al fine di garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, e che (“considerando” n. 2) sono state già adottate prescrizioni minime di sicurezza per i lavoratori concernenti i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti fisici (vibrazioni[97] e rumore[98]).

Lo stesso “considerando n. 3”, tuttavia, precisa che la direttiva in esame “non riguarda gli effetti a lungo termine, inclusi eventuali effetti cancerogeni dell'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo, per cui mancano dati scientifici conclusivi che comprovino un nesso di causalità”, ma ha lo scopo, oltre ad assicurare la salute e la sicurezza del lavoratore, di creare per i lavoratori comunitari una piattaforma minima di protezione che eviti possibili distorsioni di concorrenza, prescrivendo requisiti minimi (“considerando” n. 4) e lasciando agli Stati membri la possibilità di adottare disposizioni più favorevoli.

Come accennato in precedenza, la direttiva 2004/40/CE prevede, ai sensi dell’articolo 1, la tutela dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz) durante il lavoro.

La presente direttiva riguarda, come accennato in precedenza, i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine (articolo 1, paragrafo 2) conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall'assorbimento di energia, nonché da correnti di contatto, e non riguarda ipotizzati effetti a lungo termine (articolo 1, paragrafo 3) e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione (articolo 1, paragrafo 4).

Il successivo articolo 2 riporta alcune definizioni.

In particolare, l’articolo in esame precisa che:

§       per campi elettromagnetici si intendono campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza inferiore o pari a 300 GHz;

§       per valori limite di esposizione si intendono i limiti all'esposizione a campi elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti contro tutti gli effetti nocivi per la salute conosciuti;

§       per valori di azione si intende l'entità dei parametri direttamente misurabili, espressi in termini di intensità di campo elettrico (E), intensità di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densità di potenza (S), che determina l'obbligo di adottare una o più delle misure specificate nella presente direttiva. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.

 

In altri termini, ai fini della tutela della sicurezza e salute dei lavoratori, il datore di lavoro deve condurre un’attenta valutazione dei rischi legati all’esposizione ai campi elettromagnetici. Ciò comporta la determinazione, attraverso misure e/o calcoli, dei livelli di campo elettromagnetico ai quali sono esposti i lavoratori e l’eventuale attuazione di misure tecniche e/o organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione.

Al riguardo, i valori limite di esposizione e i valori di azione sono riportati nell’allegato, rispettivamente alla tabella 1 e alla tabella 2, ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2.

Tali calcoli e misurazioni dell'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3 - finché norme europee standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC) non avranno contemplato tutte le situazioni di pertinenza per quanto concerne la valutazione, la misurazione e il calcolo - possono essere condotti dagli Stati membri sulla base di altre norme o linee guida scientificamente fondate.

Si ricorda, al riguardo, che il D.P.C.M. 8 luglio 2003 ha fissato i limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz), generati dagli elettrodotti.

Per quanto attiene alle linee guida scientificamente fondate, si ricorda l’attività dell’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection, Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti).

Finalità primaria della Commissione è fornire ai governi nazionali consulenza e indirizzo scientifico per lo sviluppo di normative e di altre misure protezionistiche nei confronti di campi elettromagnetici, radiazione ottica, radiazione laser ed ultrasuoni. A questo fine, la Commissione elabora ed aggiorna, in base alle nuove conoscenze, delle linee guida che costituiscono il riferimento fondamentale per la maggior parte dei Paesi.

Al riguardo, le linee guida per la limitazione dell’esposizione a campi elettrici e magnetici variabili nel tempo ed a campi elettromagnetici (fino a 300 ghz) dell’ICNIRP sono state pubblicate nel 1998[99].

Obblighi dei datori di lavoro

La sezione II della direttiva in esame (articoli 4-7) disciplinano gli obblighi dei datori di lavoro.

Tra tali obblighi rientrano:

§       il calcolo e la misurazione dei livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori, sulla base delle richiamate linee guida individuate, al fine della verifica del superamento di tali limiti (articolo 4). Particolare attenzione viene posta (articolo 4, paragrafo 5) a specifici elementi quali, tra gli altri, livello, spettro di frequenza, durata e tipo dell’esposizione, gli effetti (sia diretti sia indiretti) sulla salute e sicurezza dei lavoratori particolarmente a rischio, nonché l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;

§       l’eliminazione alla fonte dei rischi o la loro riduzione al minimo (articolo 5, paragrafo 1). Sulla base delle valutazioni effettuate, nel caso in cui i limiti siano superati, il datore di lavoro deve definire ed attuare (articolo 5, paragrafo 2) un programma d’azione tecnico-organizzativo volto a prevenire esposizioni superiori ai valori limite.

Tale programma d’azione deve tener conto, in particolare:

o      di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi elettromagnetici;

o      della scelta di attrezzature che emettano meno campi elettromagnetici, tenuto conto del lavoro da svolgere;

o      delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o di analoghi meccanismi di protezione della salute;

o      degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei sistemi dei luoghi e delle postazioni di lavoro;

o      della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;

o      della limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione;

o      della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale.

§       la garanzia di un’adeguata informazione ai lavoratori e ai loro rappresentanti dei risultati della valutazione di rischio, nonché un’appropriata formazione degli stessi (articolo 6). La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti avviene attraverso la procedura di cui all’articolo 11 della direttiva 89/391/CEE (articolo 7)[100].

Ulteriori disposizioni

La direttiva in esame prevede inoltre:

§       un sistema di sorveglianza sanitaria ai fini della prevenzione e della diagnosi precoce degli effetti negativi per la salute, imputabili all’esposizione a campi elettromagnetici, con sottoposizione a controllo medico qualora si rilevai un’esposizione superiore al valore limite. Al riguardo, il datore di lavoro deve adottare le misure appropriate per garantire che il medico e/o l'autorità medica responsabile della sorveglianza sanitaria possa avere accesso ai risultati della valutazione dei rischi (articolo 8);

§       un sistema sanzionatorio, il quale demanda agli Stati membri l’individuazione delle sanzioni stesse, che devono essere “effettive, proporzionate e dissuasive” (articolo 9);

§       l’adozione di modifiche tecniche ai limiti di esposizione individuate dall’allegato alla direttiva in esame, adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio (articolo 10). Tali modifiche, di carattere strettamente tecnico, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui al successivo articolo 11, paragrafo 2 e devono essere conformi:

o      all'adozione di direttive in materia di armonizzazione tecnica e standardizzazione riguardanti la progettazione, la costruzione, la fabbricazione o la realizzazione di attrezzature e/o luoghi di lavoro;

o      al progresso tecnico, all'evoluzione delle norme o specifiche europee armonizzate più pertinenti e alle nuove conoscenze relative ai campi elettromagnetici.

Al riguardo, l’articolo 11 della direttiva in esame precisa che la Commissione europea è assistita da un comitato ai fini degli adeguamenti di natura strettamente tecnica delle direttive particolari in precedenza richiamate in funzione:

-    dell'adozione di direttive in materia di armonizzazione tecnica e di normalizzazione, e/o

-    del progresso tecnico, dell'evoluzione dei regolamenti o delle specifiche internazionali e delle conoscenze.

A tali fini, trova applicazione la disciplina di cui agli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa direttiva.

La Decisione 28 giugno 1999, n. 1999/468/CE, del Consiglio, reca modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione europea. In particolare, l’articolo 5 in materia di procedure di regolamentazione, stabilisce che la Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. La Commissione adotta, fatto salvo l'articolo 8[101], le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. Nel caso in cui le misure previste non siano conformi al parere del comitato, o in assenza di parere, la Commissione sottopone al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere e ne informa il Parlamento europeo. Se il Parlamento europeo ritiene che una proposta presentata dalla Commissione in virtù di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato eccede le competenze di esecuzione previste da tale atto di base, esso informa il Consiglio circa la sua posizione. In tal caso, il Consiglio può deliberare sulla proposta a maggioranza qualificata entro un termine che non può in nessun caso superare tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata presentata la proposta. Il successivo articolo 7 dispone che ogni comitato adotta il proprio regolamento interno su proposta del presidente, basandosi su un regolamento di procedura tipo che sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

§       l’elaborazione, ogni 5 anni, da parte degli Stati membri, di una relazione alla Commissione europea sull’applicazione pratica della direttiva in esame (articolo 12). A sua volta la Commissione europea informa il Parlamento il Consiglio, il Comitato economico e sociale europeo nonché il comitato per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro del contenuto delle richiamate relazioni.

 


Direttiva 2004/80/CE

 

(Indennizzo delle vittime di reato)

 

 

La direttiva del Consiglio 2004/80/CE, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato, mira, nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale, a tutelare i diritti delle vittime della criminalità nell'Unione e a facilitare il loro accesso alla giustizia.

L’elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità era stata sollecitata già nel Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999[102], cui era seguita la decisione quadro del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima del procedimento penale. In particolare, la decisione quadro mira a garantire alle vittime una migliore tutela giuridica e una migliore difesa dei loro interessi, indipendentemente dallo Stato membro in cui si trovino. Inoltre, la decisione quadro prevede disposizioni volte a fornire assistenza alle vittime prima e dopo il procedimento penale al fine di attenuare le conseguenze del reato.

La direttiva in commento – la cui adozione è stata sollecitata dal Consiglio europeo nel 25 e 26 marzo 2004, anche in seguito all’attentato terroristico di Madrid dell'11 marzo 2004 – si propone di garantire alle vittime dei reati un risarcimento equo ed adeguato per i danni subiti a prescindere dal luogo, all'interno dell'Unione europea, in cui simili eventi si siano verificati. La direttiva contiene disposizioni relative all'accesso al risarcimento in casi transfrontalieri, nonché una disposizione volta a garantire che gli Stati membri introducano le pertinenti disposizioni nazionali per assicurare un risarcimento appropriato alle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori.

In particolare, gli articoli da 1 a 3 della direttiva dispongono che la vittima del reato possa presentare domanda di indennizzo nello Stato di residenza, anche se il reato è stato commesso in un diverso Stato membro; spetterà comunque allo Stato ove il reato si è consumato corrispondere l’indennizzo. A tal fine, gli Stati, limitando allo stretto necessario le formalità amministrative, dovranno designare le autorità competenti per ricevere le domande - c.d. autorità di assistenza - e deciderne l’esito - c.d. autorità di decisione.

L’autorità di assistenza ha il compito di informare gli interessati della possibilità di richiedere un indennizzo, di ricevere le domande e trasmetterle all’autorità di decisione (artt. 4-6), che può disporre l’audizione del richiedente (art. 9) al fine di pervenire alla decisione (art. 10).

L’indennizzo verrà quindi corrisposto in base alle normative nazionali. A tal fine, l’articolo 12 della direttiva impegna gli Stati membri a porre in essere – laddove non l’abbiano già fatto – sistemi di indennizzo delle vittime di reati internazionali violenti commessi nei rispettivi territori, mentre l’articolo 17 fa salve le normative nazionali già vigenti, che assicurino disposizioni più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato.

La legislazione italiana in materia di provvidenze a favore delle vittime del terrorismo risulta oggi strettamente intrecciata con quella concernente gli appartenenti alle forze dell’ordine colpiti nell’adempimento del dovere e, più in generale, le vittime di azioni criminose.

Basata inizialmente su una disposizione del R.D.L. 261/1921, che riguardava solo il “corpo degli agenti di investigazione” (e cioè il corpo di polizia), la vigente disciplina di ordine generale fa principalmente capo alle leggi n. 466/1980, n. 302/1990, n. 407/1998 ed all’art. 82 della legge finanziaria 2001 (L 2000/388). Tale disciplina ha subìto nel tempo numerose integrazioni e modifiche dirette soprattutto a:

-        adeguare la misura dell’elargizione una tantum che, almeno inizialmente, costituiva la principale provvidenza;

-        estendere le categorie ammesse a fruire dei benefici previsti dalla legge;

-        diversificare i tipi di provvidenze, affiancando alla elargizione una tantum la concessione di pensioni privilegiate, l’attribuzione del diritto all’assunzione obbligatoria e l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari;

-        ampliare le condizioni per la concessione dei benefici, sia per ciò che riguarda gli eventi considerati (morte, invalidità permanente) sia per ciò che riguarda le circostanze in cui l’evento si verifica.

Più recentemente, per consentire l’accesso ai benefici previsti dalla normativa a tutela delle vittime del terrorismo, anche ai militari ed ai civili colpiti da attentati terroristici all’estero[103], sono intervenuti il decreto legge 28 novembre 2003, n. 337 (convertito dalla legge n. 369 del 2003) e il decreto legge 20 gennaio 2004, n. 9 (convertito dalla legge n. 68 del 2004).

Gli articoli da 13 a 16 della direttiva in commento contengono disposizioni di attuazione, relative ai dati da comunicare alla Commissione, ai formulari per l’elaborazione delle domande di indennizzo ed alle strutture di coordinamento centrali.

Ai sensi dell’articolo 18, gli Stati membri dovranno recepire la direttiva entro il 1º gennaio 2006. Tutti gli Stati membri dovranno inoltre provvedere a che le rispettive normative nazionali prevedano, entro il 1º luglio 2005, l'esistenza di un sistema di risarcimento delle vittime di reati internazionali violenti commessi nei loro territori.

Si ricorda, infine, che la direttiva in commento è inserita nell’allegato B del disegno di legge comunitaria, conseguentemente, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del medesimo disegno di legge, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva dovrà essere trasmesso, dopo l’acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati ed al Senato per l’espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, il decreto legislativo potrà essere adottato anche in assenza di parere.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 13 giugno 2002 il Belgio ha presentato una proposta di decisione (JAI(2002)26, procedura di consultazione), che mira a prendere in considerazione gli interessi delle vittime nel quadro di una procedura penale, istituendo una rete di punti di contatto nazionali incaricati di mettere in comune le informazioni e le buone pratiche relative alla mediazione in materia penale e alla “giustizia riparatoria”.

Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta l’8 aprile 2003, approvandola con emendamenti. La proposta è attualmente in attesa di esame da parte del Consiglio.

 

Il 3 febbraio 2004 la Commissione ha presentato una relazione  (COM(2004)54) sulle misure prese dagli Stati membri per conformarsi alla decisione quadro del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale. La decisione quadro prevede il ravvicinamento delle legislazioni al fine di garantire un livello elevato e comparabile di protezione alle vittime, indipendentemente dallo Stato membro nel quale si trovano.

Nella relazione la Commissione sottolinea che, data la mancanza di contributi da parte di alcuni Stati membri o la loro lacunosità, ha potuto acquisire una visione solo superficiale dello stato di recepimento della decisione quadro. Tale visione superficiale le consente tuttavia di concludere che lo stato attuale di trasposizione delle disposizioni della decisione quadro è insoddisfacente.

Il Consiglio, nella riunione del 24 febbraio 2005, ha preso nota della relazione.

 

 


Direttiva 2004/83/CE

 

(Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta)

 

 

La direttiva 2004/83/CE reca norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

Tale direttiva, che ha come scopo principale quello di ”assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri”, si articola in nove capi relativi a:

•    Disposizioni generali (Capo I);

•    Valutazione delle domande di protezione internazionale (Capo II);

•    Requisiti per essere considerato rifugiato (Capo III);

•    Status di rifugiato (Capo IV);

•    Requisiti per poter beneficiare della protezione sussidiaria (Capo V);

•    Status di protezione sussidiaria(Capo VI);

•    Contenuto della protezione internazionale (Capo VII);

•    Cooperazione amministrativa (Capo VIII);

•    Disposizioni finali (Capo IX).

 

Il Capo I reca le disposizioni generali della direttiva. In particolare, dopo aver definito l’oggetto e il campo di applicazione della direttiva (art. 1), nonché dopo aver specificato il contenuto di diverse definizioni (protezione internazionale, rifugiato, status di protezione sussidiaria ecc.) contenute nella stessa (art. 2), si riconosce agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli sulla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone ammissibili alla protezione sussidiaria nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale (art. 3).

 

Il Capo II disciplina la valutazione delle domande di protezione internazionale. In particolare:

·       l’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale (art. 4);

·       il timore fondato di esser perseguitato o il rischio effettivo di subire un danno grave può esser basato su avvenimenti verificatisi dopo la partenza del richiedente dal suo paese di origine (art. 5);

·       i responsabili della persecuzione o del danno grave possono essere: lo Stato, i partiti o le organizzazioni, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio; i soggetti non statuali, se può essere dimostrato che i soggetti precedenti non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (art. 6);

·       la protezione può essere fornita dallo Stato, dai partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio (art. 7);

·       gli Stati membri possono stabilire che il richiedente non necessiti di protezione internazionale, se in una parte del territorio del paese di origine egli non abbia fondati motivi di temere di esser perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi e se è ragionevole attendere dal richiedente che si stabilisca in quella parte del Paese (art. 8).

 

Il Capo III disciplina i requisiti per essere considerato rifugiato. In particolare:

·       gli atti di persecuzione devono essere sufficientemente gravi da comportare una violazione grave dei diritti umani fondamentali e devono costituire la somma di diverse misure, tra cui violazioni di diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave (art. 9);

·       nel valutare i motivi di persecuzione, gli Stati membri tengono conto degli elementi della razza, della religione, della nazionalità, del gruppo sociale, dell’opinione politica (art. 10);

·       la cessazione della qualifica di rifugiato si verifica alternativamente quando: il cittadino di un paese terzo o un apolide si sia volontariamente avvalso di nuovo della protezione del paese di cui ha la cittadinanza; avendo persa la cittadinanza, l’abbia volontariamente riacquistata; abbia acquistata una nuova cittadinanza e goda della protezione del Paese di cui ha acquistato la cittadinanza; si sia volontariamente ristabilito nel paese che ha lasciato o in cui non ha fatto ritorno per timore di essere perseguitato; non possa più rinunciare alla protezione del paese di cui ha la cittadinanza, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato; se trattasi di apolide, sia in grado di tornare nel paese nel quale aveva la dimora abituale, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato (art. 11);

·       l’esclusione dallo status di rifugiato subentra alternativamente se: il cittadino di un paese terzo o un apolide siano soggetti alla protezione ed all’assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni unite, diversi dall’Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati; se le autorità competenti del paese nel quale ha stabilito la sua residenza gli riconoscono i diritti e gli obblighi connessi al possesso della cittadinanza del paese stesso o diritti e obblighi equivalenti, nonché se sussistono fondati motivi per ritenere che abbia commesso reati di particolare gravità, quali un crimine contro la pace o un crimine contro l’umanità, quali definiti dagli strumenti internazionali (art. 12).

 

Il Capo IV disciplina lo status di rifugiato (art. 13), in particolare la revoca, la cessazione o il rifiuto di tale status, che subentrano se la persona avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato o se il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi ha costituito un fattore determinante per l’ottenimento dello status, nonchè se vi sono fondati motivi per ritenere che la persona costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato membro o se la persona costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro (art. 14).

 

Il Capo V individua i requisiti per poter beneficiare della protezione sussidiaria: si tratta di danni gravi, quali la condanna a morte o all’esecuzione, la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine ovvero la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (art. 15).

La cessazione dal beneficio della protezione sussidiaria subentra quando sono venute meno le circostanze, che hanno portato alla concessione dello status di protezione sussidiaria (art. 16).

Diversamente, l’esclusione dal beneficio della protezione sussidiaria  consegue alla commissione di un crimine contro la pace, di un crimine di guerra o di un crimine contro l’umanità, quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini, alla commissione di un reato grave, alla colpevolezza per atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, al fatto che il soggetto in questione rappresenti un pericolo per la comunità o la sicurezza dello stato in cui si trova (art. 17).

 

Il Capo VI  disciplina lo status di protezione sussidiaria che viene riconosciuto ai cittadini di paesi terzi o a apolidi, ammessi a beneficiare della stessa protezione sussidiaria secondo quanto previsto dal precedente capo (art. 18).

La revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status di protezione sussidiaria subentra se il cittadino di un paese terzo o un apolide avrebbe dovuto essere escluso o è escluso dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria o nel caso in cui la presentazione di fatti in modo erroneo o l’omissione degli stessi, compreso il ricorso a documenti falsi, abbia costituito un fattore determinante per l’ottenimento dello status di protezione sussidiaria (art. 19).

 

Il Capo VII precisa il contenuto della protezione internazionale che si sostanzia in :

§       protezione dal respingimento (art. 21);

§       accesso ai diritti e obblighi previsti dallo status di protezione in lingua comprensibile al soggetto interessato (art. 22);

§       mantenimento dell’unità familiare (art. 23);

§       permesso di soggiorno, salvo che non vi ostino motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico (art. 24);

§       rilascio di documenti di viaggio al di fuori del territorio degli Stati che riconoscono lo status (art. 25);

§       accesso all’occupazione (art. 26);

§       accesso all’istruzione (art. 27);

§       accesso ad adeguata assistenza sociale (art. 28);

§       accesso all’assistenza sanitaria (art. 29);

§       tutela dei minori non accompagnati (art. 30);

§       accesso ad un alloggio (art. 31);

§       libertà di circolazione nel territorio dello Stato membro (art. 32);

§       accesso agli strumenti di integrazione (art. 33);

§       assistenza per il rimpatrio (art. 34).

 

Il Capo VIII, relativo alla cooperazione amministrativa, prevede che ciascuno Stato membro designi un punto nazionale di contatto, trasmettendone l’indirizzo alla Commissione, che a sua volta lo comunica a tutti gli Stati membri (art. 35).

 

Il Capo IX reca le disposizioni finali. In particolare, si prevede:

§         la relazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio  - entro il 10 aprile 2008 – sull’applicazione della direttiva negli Stati membri, proponendone le necessarie modifiche che devono riguardare in via prioritaria la definizione di danno grave, la normativa sull’accesso all’occupazione e quella sull’accesso agli strumenti di integrazione (art. 37);

§         il termine per il recepimento della direttiva, fissato per il 10 ottobre 2006 (art. 38);

§         l’entrata in vigore della direttiva il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (art.39);

§         i destinatari della direttiva che sono gli Stati membri (art. 40).

 

Si ricorda che il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il cui disegno di legge di ratifica è stato recentemente approvato in via definitiva da entrambe le Camere, disciplina le politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione negli articoli da 265 a 268 della parte III. Per quanto riguarda il  diritto di asilo, esso è annoverato tra i diritti fondamentali indicati nella parte II del Trattato e l’Unione si impegna a garantirne il rispetto (art. II-78). Di particolare rilievo il passaggio dalla semplice individuazione di norme minime in materia di asilo indicate nel TCE (art. 63) ad una vera e propria politica europea comune in materia di asilo i cui princìpi si ispirano alla Convezione di Ginevra del 28 luglio 1951 e agli altri trattati internazionali sui rifugiati (art. III-266).

Alle politiche dell’immigrazione il Trattato costituzionale dedica una disposizione ad hoc (art. III-267). In particolare, tra le misure da adottare con legge o legge quadro europee viene inserita la lotta contro la tratta degli esseri umani, in particolare delle donne e dei minori.

Legislazione nazionale

Il diritto di asilo è tra i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dalla nostra Costituzione. L’articolo 10, terzo comma, della Costituzione prevede, infatti, che lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

In base a tale principio l’Italia ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951[104], che definisce lo status di rifugiato, e alla Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea[105].

La modalità per il riconoscimento dello status di rifugiato sono contenute nel decreto-legge n. 416 del 1989[106] (la cosiddetta “legge Martelli”), che ha pienamente recepito i princìpi propri della Convenzione di Ginevra, in particolare facendo venire meno la "riserva geografica" inizialmente posta dall’Italia al momento di aderire alla Convenzione, in base alla quale l’Italia si impegnava all’osservanza dell’atto solo nei confronti degli stranieri provenienti da determinati Paesi. Attualmente pertanto il riconoscimento dello status di rifugiato interessa gli stranieri provenienti da qualsiasi Paese estero.

Circa il diritto di asilo, la Corte di Cassazione (sentenza 26 maggio 1997, n. 4674) ha stabilito che la Costituzione attribuisce direttamente allo straniero, che si trovi nella situazione descritta dalla norma, un vero e proprio diritto soggettivo all'ottenimento dell'asilo, anche in mancanza di una legge che, del diritto stesso, specifichi le condizioni di esercizio e le modalità di godimento.

La Corte ha inoltre escluso l'applicazione al diritto di asilo politico della disciplina contenuta nella legge Martelli in materia di riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto non vi è coincidenza tra la categoria degli aventi diritto all'asilo e quella dei rifugiati politici, essendo quest'ultima meno ampia rispetto alla prima. In secondo luogo, la Cassazione ha chiarito che la Convenzione di Ginevra, i cui princìpi sono recepiti dalla legge Martelli, non prevede un vero e proprio diritto di asilo dei rifugiati politici.

 

Attualmente è all’esame dell’Assemblea della Camera dei Deputati la proposta di legge A.C. 1238-A volta a definire una disciplina organica del diritto di asilo. La proposta definisce la composizione e i compiti delle Commissioni territoriali e della Commissione centrale per il riconoscimento del diritto di asilo; individua in dettaglio le modalità per la presentazione e l’esame delle domande di asilo; stabilisce misure di assistenza e di integrazione.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

In materia di asilo, il nuovo programma pluriennale per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea, il cosiddetto programma dell’Aia, adottato dal Consiglio europeo nella riunione del 5 novembre 2004, prevede l'instaurazione, entro il 2010, di una procedura comune per la concessione del diritto d'asilo e di uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l'asilo o la protezione sussidiaria. Il regime sarà basato sulla piena applicazione della convenzione di Ginevra e degli altri trattati pertinenti. In tale contesto, la Commissione presenterà uno studio sul trattamento comune delle domande di asilo all'interno dell'Unione. Uno studio distinto esaminerà l'opportunità e la fattibilità del trattamento comune delle domande di asilo all'esterno del territorio dell'UE.

 

Il 15 luglio 2004 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2004)503),intitolata "Un regime comune d'asilo europeo più efficace: la procedura unica come prossima tappa".

Il documento avvia il dibattito sulla procedura comune per la concessione del diritto d'asilo e sulla definizione di uno status uniforme per le persone alle quali viene concesso l'asilo. La comunicazione prevede anche la presentazione di un piano d'azione relativo all’adozione di misure operative finalizzate alla formazione degli addetti e al rafforzamento delle capacità amministrative delle autorità competenti in materia nei singoli Stati membri.

La comunicazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Il 4 giugno 2004 la Commissione ha presentato una comunicazione sull’ingresso nell’UE delle persone bisognose di protezione (COM(2004)410).

Nella comunicazione la Commissione formula raccomandazioni relative alla gestione dell'ingresso delle persone bisognose di protezione internazionale nell'Unione europea e al sostegno ai paesi delle regioni di origine. La Commissione auspica anche lo sviluppo di programmi pluriennali di reinsediamento negli Stati membri dell'Unione europea e di programmi di protezione regionali dell'Unione europea, elaborati in collaborazione con i paesi terzi della regione considerata.

Il 2 novembre 2004 il Consiglio ha approvato conclusioni nelle quali accoglie con favore la comunicazione della Commissione e ribadisce la necessità di stabilire un regime europeo comune in materia di asilo, integrato da un'attenzione maggiore nei confronti del regime di protezione internazionale nell'ambito della politica esterna dell'Unione europea. Il Consiglio sottolinea che l'Unione europea deve fornire assistenza nel rafforzamento della capacità di protezione delle regioni di origine e accoglie con soddisfazione la raccomandazione della Commissione intesa a sviluppare programmi di protezione regionale; invita pertanto la Commissione a presentare al Consiglio, entro il luglio 2005, un piano d'azione relativo ad uno o più programmi pilota di protezione regionale, in stretta collaborazione con l'Alto commissariato per i rifugiati. Il Consiglio invita inoltre la Commissione a presentare entro il luglio 2005 una proposta per un programma di reinsediamento.

 

Il 18 giugno 2002 la Commissione europea ha presentato una proposta modificata di direttiva, che fissa norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (COM(2002)326, procedura di consultazione).

La proposta contempla:

·       principi fondamentali e garanzie connessi alla procedura di asilo (ad es., modalità di accesso alla procedura di asilo, diritto al colloquio, accesso a servizi di interpretazione, accesso alla rappresentanza legale e trattenimento);

·       procedure di primo grado (ad es., procedura di esame, criteri per la classificazione e l'accelerazione delle domande, concetti di paese terzo sicuro e paese terzo di origine sicuro, procedure di frontiera);

·       procedure di ricorso.

Il 29 aprile 2004 il Consiglio ha convenuto un orientamento generale sulla proposta, fatte salve le riserve d'esame parlamentare avanzate da talune delegazioni. Il Consiglio si è impegnato ad effettuare un'approfondita valutazione dei paesi che potrebbero essere inclusi in un elenco comune minimo UE di paesi terzi di origine sicuri, al fine di garantire che soddisfino i criteri stabiliti dalla direttiva. Nell'effettuare tale valutazione saranno prese in considerazione una serie di fonti d'informazione, comprese le informazioni provenienti dagli Stati membri, dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali.

Il Consiglio ha inoltre deciso di consultare nuovamente il Parlamento europeo, in quanto il testo sul quale il Parlamento è stato inizialmente consultato ha subito importanti modifiche.


Direttiva 2004/113/CE

 

(Principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura)

 

 

La direttiva 2004/113/CE stabilisce il divieto di discriminazione basata sul sesso nell’accesso ai beni e ai servizi e nella loro fornitura con l’obiettivo di rendere effettivo, anche con riferimento a tale ambito, il principio della parità di trattamento tra donne e uomini negli Stati membri dell’Unione europea.

La parità tra uomini e donne, infatti, costituisce un principio fondamentale all’interno dell’Unione e ciò ai sensi delle seguenti disposizioni:

§       art. 2 del Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE), che inserisce tale principio tra i compiti della Comunità;

§       art. 3, co. 2, TCE, che finalizza l’azione della Comunità anche alla promozione della parità tra i sessi in ogni campo d’azione;

§       artt. 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea[107], che vietano ogni discriminazione fondata sul sesso e prescrivono che il principio di parità sia garantito in tutti i settori.

Si ricorda, a tal riguardo, che le disposizioni appena menzionate sono recentemente confluite nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e attualmente in corso di ratifica da parte degli Stati membri[108].

L’intervento si inscrive nel contesto della più generale strategia-quadro comunitaria in materia di parità tra donne e uomini, adottata dalla Commissione europea nel giugno del 2000, per lottare contro le disuguaglianze tra i sessi nella vita economica, politica, civile e sociale. Un programma d’azione comunitario per le pari opportunità[109] accompagna tale strategia globale con il sostegno di campagne di sensibilizzazione, raccolta di dati e con la realizzazione di progetti transnazionali.

Ogni anno la Commissione presenta una relazione[110] per il Consiglio europeo di primavera sui progressi compiuti nella promozione della parità fra uomini e donne in vari settori strategici, proponendo orientamenti per inserire la dimensione della parità dei sessi nelle diverse politiche comunitarie.

In tale ambito di portata generale, la Comunità ha già adottato alcuni strumenti giuridici, quali, da ultimo, la direttiva 2002/73/CE[111], principalmente volti a combattere specificamente la discriminazione basata sul sesso nel mercato del lavoro.

Contenuto della direttiva

La direttiva 2004/113/CE in commento costituisce, quindi, un ulteriore completamento di tale quadro normativo, poiché promuove il principio della parità tra uomini e donne in un settore diverso da quello dell’occupazione e dell’attività professionale, ovvero quello dell’accesso ai beni e servizi, nel quale si sono palesate azioni discriminatorie tra donne e uomini.

Dai «considerando» della direttiva si evince che per «beni» si dovrebbero intendere quelli disciplinati dalle disposizioni del TCE riguardanti la libera circolazione delle merci, mentre il termine «servizi» si riferisce a quelle prestazioni, disciplinate dall’art. 50 TCE, fornite normalmente dietro remunerazione e comprendenti attività di carattere industriale, commerciale, artigianale e libere professioni.

La direttiva non si applica al contenuto dei mezzi di comunicazione e della pubblicità né all’istruzione pubblica o privata, né infine a questioni riguardanti l’impiego, l’occupazione e il lavoro autonomo (art. 3, parr. 3 e 4).

Sotto il profilo soggettivo, la direttiva si applica a coloro che forniscono al pubblico beni e servizi nel settore pubblico e privato, al di fuori comunque dall’area della vita privata e familiare e delle transazioni effettuate in questo ambito. Resta impregiudicato il principio della libertà contrattuale, inteso come libertà di scegliere il contraente per una transazione, nella misura in cui tale scelta non si basa sul sesso della persona (art. 3, parr. 1 e 2).

L’affermazione del principio di parità nel settore dell’accesso ai beni e servizi comporta il divieto di ogni discriminazione diretta tra donne e uomini e particolarmente di ogni trattamento svantaggioso collegabile alla gravidanza e alla maternità, così come di ogni discriminazione indiretta. Le molestie, le molestie sessuali e l’incitamento alla discriminazione sono considerati alla stregua delle discriminazioni basate sul sesso e sono quindi del pari vietati (artt. 2 e 4).

 

 

 

 

 

La direttiva include specifiche definizioni di tali concetti:

 

 


Definizioni ex art. 2 della direttiva

Discriminazione diretta:

situazione nella quale una persona viene trattata, in ragione del suo sesso, in maniera meno favorevole rispetto ad un’altra che così non viene trattata, non è stata trattata o non sarebbe trattata in una situazione analoga

Discriminazione indiretta:

situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono comportare uno svantaggio particolare per persone di un sesso rispetto a quelle dell’altro sesso, a meno che non siano oggettivamente giustificati da un obiettivo legittimo e i mezzi per realizzare tale obiettivo non siano appropriati e necessari

Molestie:

situazione nella quale si manifesta un comportamento indesiderato collegato al sesso di una persona, comportamento avente per oggetto o per effetto la lesione della dignità di una persona e la creazione di un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo

Molestie sessuali:

situazione nella quale si manifesta un comportamento indesiderato con connotazioni sessuali, che si esprime fisicamente, verbalmente o non verbalmente, e ha per oggetto o per effetto la lesione della dignità di una persona e di creare un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo

 

La direttiva non si applica qualora uomini e donne non si trovino in una situazione comparabile, ad esempio in caso di differenze relative a beni o servizi destinati esclusivamente o essenzialmente agli appartenenti ad un solo sesso. Non sono quindi a priori precluse differenze di trattamento, ma esse devono essere giustificate da finalità legittime perseguite con mezzi appropriati e necessari (art. 4, par. 5).

 

Specifiche disposizioni definiscono l’applicazione della direttiva al settore delle assicurazioni e dei servizi finanziari.

In particolare, si vieta di tener conto del sesso come criterio nel calcolo dei premi e delle prestazioni per fini assicurativi e per altri servizi finanziari, in quanto ciò è contrario alla parità di trattamento tra donne e uomini (art. 5). È ritenuto infatti discriminatorio che nella fornitura dei suddetti servizi si utilizzino comunemente fattori attuariali diversi a seconda del sesso e che da ciò discendano differenze nelle tariffe e nelle prestazioni individuali.

Tuttavia, al fine di evitare una reazione brusca del mercato, si dispone l’applicazione di tale disposizione solo ai nuovi contratti stipulati dopo il 21 dicembre 2007, data di entrata in vigore della direttiva (art. 5, par. 1).

Gli Stati membri disporranno di una possibilità di deroga al nuovo regime delle tariffe “unisex”: si prevede, infatti, che anteriormente al 21 dicembre 2007 gli Stati possano decidere di consentire differenze proporzionate nei premi e nelle prestazioni individuali qualora il sesso risulti come fattore determinante nella valutazione dei rischi in base alle risultanze di accurati dati attuariali e statistici (art. 5, par. 2).

Gli Stati che sceglieranno di beneficiare di questa possibilità, ne dovranno informare la Commissione e dovranno elaborare, pubblicare ed aggiornare tabelle dettagliate sulla speranza di vita degli uomini e delle donne, affinché il mercato risulti sufficientemente trasparente per il consumatore.

In ogni caso, gli Stati sono tenuti a riesaminare la motivazione delle loro decisioni derogatorie cinque anni dopo il 21 dicembre 2007, tenendo conto della relazione predisposta dalla Commissione entro il 21 dicembre 2010, sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati entro l’anno precedente (e, successivamente, ogni 5 anni; art. 16).

Un trattamento meno favorevole delle donne in ragione della gravidanza e della maternità è ritenuto discriminatorio ed è pertanto vietato nel settore assicurativo e dei servizi finanziari, anche se agli Stati è consentito rinviare l’attuazione di tale disposizione al più tardi fino a due anni dopo la data di attuazione della direttiva (21 dicembre 2007), informandone la Commissione (art. 5, par. 3).

 

In base alla direttiva, il principio di parità di trattamento non esclude l’adozione di azioni specifiche volte a prevenire o a compensare ineguaglianze collegate al sesso nel settore dei beni e servizi (c.d. azioni positive, art. 6); inoltre si esplicita che la direttiva fornisce un livello minimo di tutela e che gli Stati membri possono mantenere o adottare disposizioni più favorevoli a quelle previste dalla direttiva senza però poter ridurre il livello di protezione da essa garantito (art. 7).

Ogni Stato membro dovrà affidare ad uno o più organismi la promozione a livello nazionale della parità di trattamento tra donne e uomini nel settore regolamentato dalla direttiva. Tali organismi, eventualmente anche già esistenti ed operanti nell’attuazione del principio della parità di trattamento, saranno competenti per condurre inchieste indipendenti in materia di discriminazione, per predisporre relazioni, formulare raccomandazioni e fornire un’assistenza concreta alle vittime delle discriminazioni (art. 12).

La direttiva fa poi obbligo agli Stati membri di provvedere perché le vittime delle discriminazioni abbiano la possibilità di ricorrere in difesa dei loro diritti a una procedura giudiziaria e/o amministrativa e di ottenere un indennizzo adeguato (art. 8). Le sanzioni che saranno previste dovranno presentare un carattere efficace, proporzionale e dissuasivo (art. 14). Si stabilisce che dal momento in cui il ricorrente denuncia fatti che consentono di presumere l’esistenza di una discriminazione nei loro confronti, l’onere della prova grava sulla parte convenuta (tale disposizione non si applica alle procedure penali, art. 9). Viene del pari sancita la protezione contro i rischi di rappresaglie per le vittime ed i testimoni di una discriminazione basata sul sesso (art. 10).

Le procedure giudiziarie e/o amministrative possono essere avviate, per conto o a sostegno della parte lesa, anche da persone giuridiche (es. associazioni) aventi un interesse legittimo a garantire che le disposizioni della direttiva siano rispettate (art. 8, par. 3).

 

La direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 21 dicembre 2007.

La normativa nazionale

L’ordinamento italiano non prevede disposizioni volte a contrastare il fenomeno delle discriminazioni basate sul sesso nell’ambito specifico dell’accesso a beni e servizi; vi è tuttavia da considerare che il principio della parità fra i sessi è solennemente proclamato nell’art. 3, primo comma, della Costituzione, che sancisce la pari dignità sociale e l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzioni di sesso, oltre che di razza, lingua, religione, di opinioni politiche e di condizioni sociali ed economiche.

Una specificazione di tale principio generale si ritrova nell’art. 51, primo comma, Cost., che stabilisce la parità dei sessi nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. La legge costituzionale n. 1 del 2003 ha integrato tale disposizione prevedendo l’adozione di appositi provvedimenti per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini.

È inoltre da segnalare che nell’ambito dell’attività del Governo, operano una pluralità di figure e organismi specificamente istituiti per la promozione ed il soddisfacimento del principio della parità fra uomo e donna.

Tra di essi si segnalano i seguenti:

§       il Ministro senza portafoglio per le pari opportunità: istituito per la prima volta nel 1996, ad esso sono conferiti compiti di proposta, coordinamento e attuazione delle politiche in materia.

Il Presidente del Consiglio, con proprio decreto del 14 febbraio 2002, ha delegato specifiche funzioni al Ministro per le pari opportunità, il quale promuove e coordina le azioni di Governo volte ad assicurare l’attuazione delle politiche in materia di pari opportunità tra uomo e donna con riferimento ai temi della salute, della scuola, dell’ambiente, della famiglia, del lavoro e delle cariche elettive e di quelle dirette a prevenire e rimuovere le discriminazioni per cause fondate, in particolare, sulla razza o l’origine etnica o sociale, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età e le tendenze sessuali.

 

§       Il Dipartimento per le pari opportunità, istituito nel 1997 nell’ambito della Presidenza del Consiglio come struttura di supporto per l’attività del Ministro.

Il Dipartimento si articola in tre Uffici competenti rispettivamente: per gli interventi in campo economico e sociale; per gli interventi in materia di parità e di pari opportunità; in materia di antidiscriminazione. Nell’articolazione organizzativa del Dipartimento è inserito anche un nucleo di valutazione che ha il compito di vagliare, al fine di assicurare il rispetto del principio di pari opportunità, gli investimenti pubblici, promossi e attuati a livello nazionale e regionale, finanziati con risorse nazionali e comunitarie. Per migliorare l’attuazione e la realizzazione del principio di pari opportunità nella programmazione dei fondi strutturali dell’Unione europea 2000-2006, il Dipartimento ha avviato un progetto pilota “Rete delle pari opportunità” realizzando un portale web quale strumento di formazione/informazione e piattaforma di scambio e confronto di proposte metodologiche e strumenti operativi in materia di pari opportunità.

 

§       la Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna: organo consultivo e di proposta del Presidente del Consiglio dei ministri con compiti di elaborazione e promozione di iniziative, anche di tipo legislativo, per assicurare l’uguaglianza tra i sessi.

Operante fin dal 1984, in forza di un decreto del Presidente del Consiglio, è stata disciplinata con legge nel 1990. Recentemente è stata oggetto di una riforma complessiva ad opera del decreto legislativo n. 226 del 2003, che ne ha mutato, tra l’altro, la denominazione (in origine era Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità fra uomo e donna).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 21 aprile 2004 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva volta a rifondere le precedenti direttive sulla parità di trattamento nel lavoro (cosiddetta direttiva “rifusione”) (COM(2004) 279).

La proposta intende fondere le seguenti direttive vigenti: 75/117/CEE sulla parità retributiva; 76/207/CEE, modificata dalla direttiva 2002/73/CE, sulla parità di trattamento per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro; 86/378/CEE, modificata dalla direttiva 96/97/CEE, sulla parità di trattamento nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale; direttiva 97/80/CE, modificata dalla direttiva 98/52/CE, riguardante l’onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso.

La proposta di direttiva verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.

 

Il 19 agosto 2004 la Commissione ha presentato la proposta di decisione che modifica la decisione 2001/51/CE, relativa al programma concernente la strategia quadro comunitaria in materia di parità tra donne e uomini, e la decisione n. 848/2004/CE, che istituisce un programma d’azione comunitario per la promozione delle organizzazioni attive a livello europeo nel settore della parità tra donne e uomini (COM(2004)551).

La proposta è volta a prolungare al 31 dicembre 2006 sia il programma concernente la strategia comunitaria in tema di parità tra donne e uomini (2001-2005), sia il programma d’azione comunitario per la promozione delle organizzazioni attive a livello europeo nel settore della parità tra donne e uomini; intende, inoltre, portare l’importo finanziario di riferimento della strategia quadro a 61,5 milioni di euro e quello assegnato al programma d’azione a 3,3 milioni di euro.

La proposta verrà esaminata secondo la procedura di codecisione. In attesa del parere del Parlamento europeo, il Consiglio ha approvato, il 7 dicembre 2004, un’impostazione comune sulla proposta che allinea la durata dei due programmi con la scadenza delle attuali prospettive finanziarie (31 dicembre 2006).

L’8 marzo 2005 la Commissione ha presentato la proposta di regolamento mirata a creare un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (COM(2005) 81).

L’Istituto dovrebbe operare come sostegno tecnico sia delle istituzioni europee, sia degli Stati membri, nella lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso e promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne in tutti gli ambiti di competenza della Comunità. L’Istituto dovrebbe inoltre perseguire anche una maggiore sensibilizzazione dei cittadini europei in merito all’uguaglianza di genere.

La proposta di regolamento verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.

Procedure di contenzioso

Il 19 settembre 2001 la Commissione ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora[112] nella quale, a seguito del reclamo di una cittadina italiana, rileva che la legislazione nazionale, non consentendo alle donne di accedere a tutti i posti di lavoro nelle forze armate, non rispetti gli obblighi derivanti dalla direttiva 76/207/CEE relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini  le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro.

La Commissione precisa che in base alle condizioni di deroga previste all'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 76/207/CEE, gli Stati membri hanno la facoltà di escludere dal campo di applicazione della direttiva unicamente le attività professionali (ed eventualmente la relativa formazione), per le quali, in considerazione della loro natura o delle condizioni per il loro esercizio, il sesso rappresenta una condizione determinante; inoltre, la Commissione sottolinea che, secondo la giurisprudenza della Corte[113], il margine di apprezzamento di cui fruiscono gli Stati membri per escludere talune attività professionali dal campo di applicazione della direttiva è soggetto a criteri molto rigorosi e che gli Stati membri sono tenuti a riesaminare periodicamente la legittimità dell'esclusione. Non può, pertanto, essere consentito il mantenimento di un'esclusione in maniera tale per cui la composizione di tutte le unità delle forze armate permanga in generale esclusivamente maschile.

Con lettera del 12 marzo 2003 il Governo italiano ha chiesto alla Commissione europea una proroga di due mesi del termine concesso per rispondere alle contestazioni sollevate con la  lettera di messa in mora.

La Commissione ha inviato all’Italia il parere motivato il 16 marzo 2005.

 

Il 22 maggio 2003 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[114] nella quale ritiene che le diverse regolamentazioni nazionali, che fissano una riserva di posti nell’amministrazione pubblica a favore dei militari[115], violano la direttiva 76/207/CEE. La Commissione constata che tale riserva di posti, prima dell’entrata in vigore della legge italiana n. 380 del 20 ottobre 2000, recante l’istituzione del servizio militare femminile, poteva giovare solo agli uomini. La lettera di messa in mora ricorda, inoltre, che la legislazione italiana stabilisce che, per il personale militare volontario interessato dalla riserva di posti nell’amministrazione pubblica, la percentuale di personale femminile fissato in data 4 luglio 2002 è del 30%: la Commissione, pertanto, contesta che la disposizione che limita l’accesso delle donne militari volontarie alle riserve di posti a concorrenza del 30% al massimo, in seguito all’entrata in vigore della citata legge italiana n. 380 del 20 ottobre 2000, opera una discriminazione diretta nei confronti delle donne, in violazione della direttiva 76/207/CEE.

La Commissione ha inviato all’Italia il parere motivato il 16 marzo 2005.

 


Schede sulle direttive da attuare in via amministrativa

 


Direttiva 2003/40/CE

 

(Disposizioni in materia di elenco, limiti di concentrazione ed etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono)

La direttiva della Commissione europea del 14 maggio 2003 stabilisce l’elenco dei componenti (naturalmente presenti) nelle acque minerali che possono presentare un rischio per la salute pubblica, i limiti relativi ai tenori ammissibili per questi componenti, i termini d’applicazione per tali limiti e le indicazioni di etichettatura per alcuni componenti (art. 1)[116].

A partire dal 1° gennaio 2006, le acque minerali naturali devono, al momento del confezionamento, essere conformi ai limiti di concentrazione massimi stabiliti dalla direttiva in commento, all’allegato I, dove sono elencati 16 componenti naturalmente presenti nelle acque minerali naturali ed i rispettivi limiti massimi di concentrazione, il cui superamento può presentare un rischio per la salute. Tra essi sono indicati, ad esempio, il bario, l’arsenico, il cianuro, il boro, rame, piombo, etc. (art. 2 e all. to I).

Solo per due di queste sostanze, il nickel ed i fluoruri, il termine di adeguamento ai limiti prefissati dalla direttiva si sposta al 1° gennaio 2008 (art. 2, par. 2).

La direttiva impone inoltre agli Stati membri, per l’analisi delle componenti di cui all’allegato I, il rispetto delle “caratteristiche di prestazione” indicate nell’allegato II (art. 3).

E’ inoltre previsto che, in caso di concentrazione di fluoro superiore a 1,5 mg/l, l’etichetta debba riportare, in prossimità immediata della denominazione di vendita in caratteri nettamente visibili, la seguente indicazione : “contiene più di 1,5 mg/l di fluoro: non ne è opportuno il consumo regolare da parte dei lattanti e dei bambini di età inferiore a 7 anni” (art. 4).

La direttiva prevede, inoltre, il ricorso a trattamenti a base di aria arricchita da ozono per eliminare i residui di alcuni metalli pesanti e dell’arsenico; tale operazione dovrà essere menzionata in etichetta in prossimità dell’indicazione della composizione analitica con la dicitura “acqua sottoposta a una tecnica di ossidazione autorizzata all’aria arricchita di ozono” (artt. 1, 5, 6 e 7).

Si ricorda, inoltre, che la direttiva impone agli Stati membri di adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla stessa entro il 31 dicembre 2003 (art. 9); di adottare le misure necessarie per consentire la commercializzazione dei prodotti conformi alla direttiva entro e non oltre il 1° gennaio 2004 (art. 8, par. 1); di vietare, fatti salvi i termini più lunghi previsti per i fluoruri ed il nichel, la commercializzazione dei prodotti non conformi alla direttiva in commento, a partire dal 1 luglio 2004. Tuttavia, i prodotti confezionati ed etichettati entro il 1 luglio 2004 sono autorizzati fino ad esaurimento scorte (art. 8, par. 2).

La Direttiva in commento è stata recepita nella legislazione nazionale:

a)      con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro delle attività produttive dell’11 settembre 2003, recante “Attuazione della direttiva 2003/40/CE della Commissione nella parte relativa all’etichettatura delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente”.

b)      con decreto del Ministro della salute 29 dicembre 2003, recante “Attuazione della direttiva n. 2003/40/CE della Commissione nella parte relativa ai criteri dei valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali di cui al decreto ministeriale 12 novembre 1992, n. 542, e successive modificazioni, nonché alle condizioni di utilizzazione dei trattamenti delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente”.

 

 

 


SCADENZE ADEMPIMENTI

A SEGUITO DELLA NORMATIVA NAZIONALE DI
ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA
2003/40

SCADENZA

DEI TERMINI

ADEMPIMENTI

RIFERIMENTI

NORMATIVI

1' luglio 2004

Indicazione in etichetta del contenuto di fluoro

D.M. 11/09/2003, artt. 1 e 3

1` luglio 2004 (')

Indicazione in etichetta del trattamento con aria arricchita di ozono.

 

D.M. 11/09/2003, artt. 2 e 3

31 ottobre 2004

 

 

 

1° gennaio 2005

Invio al Ministero della salute dei certificati di analisi chimica dei parametri antimonio, arsenico e manganese.

 

Decorrenza sospensione della validità del decreto di riconoscimento dell’acqua minerale naturale, in caso di mancata ricezione, entro i termini previsti, della citata certificazione (fatta sempre salva la valutazione di merito)

 

 

 

 

 

D.M. 12/11/1992, n. 542, art. 17 (aggiunto dal D.M. 29/12/2003, art. 4)

15 gennaio 2004

(entrata in vigore del D.M. 29/11/2003)

 

 

31 dicembre 2004 (al più tardi)

Le acque minerali naturali devono essere conformi ai nuovi limiti di comunicazione massima ammissibile per arsenico e manganese.

 

 

Termine massimo di applicazione dei nuovilimiti di concentrazione di arsenico e manganese, in caso i messain atto di trattamenti con aria arricchita di ozono.

 

 

 

 

D.M. 12/11/1992, n. 542, art. 18 (aggiunto dal D.M. 29/12/2003, art. 4)

31 dicembre 2004 (al più tardi)

Le acque minerali naturali devono essere conformi ai nuovi limiti di comunicazione massima ammissibile per l'antimonio

D.M. 12/11/1992, n. 542, art. 18(aggiunto dal D.M. 29/12/2003, art. 4)

31 dicembre 2006

(al più tardi)

Le acque minerali naturali devono essere conformi ai limiti di concentrazione massima stabiliti dalla nuova normativa anche per í parametri fluoro e nichel.

D.M. 12/11/1992, n. 542, art. 18 (aggiunto dal D.M. 29/12/2003, art. 4)

31 ottobre 2006

 

 

 

 

1° gennaio 2007

Invio al Ministero della Salute dei certificati di analisi chimica dei parametri fluoro e nichel.

 

 

Decorrenza sospensione della validità del decreto di riconoscimento dell’acqua minerale naturale, in caso di mancata ricezione, entri i termini previsti, della citata certificazione (fatta sempre salva la valutazione di merito)

 

 

 

D.M. 12/11/1992, n. 542, art. 17 (aggiunto dal D.M. 29/12/2003, art. 4)

(*) E' consentito commercializzare, fino ad esaurimento scorte, le acque minerali naturali (e dl sorgente) prodotte, confezionate ed etichettate entro il 1° luglio 2004

(Tabella tratta dal dossier del Governo “Studio sull’etichettatura delle acque minerali naturali”).


Direttive 2003/102/CE, 2004/11/CE, 2004/78/CE

 

(Conformità con la procedura di omologazione CE per i veicoli a motore)

 

 

Le direttive 2003/102/CE, 2004/11/CE, 2004/78/CE, che, in base alla relazione governativa di accompagnamento del ddl comunitaria 2005, dovrebbero essere recepite in via amministrativa risultano, in realtà, già attuate con decreti ministeriali. Tali direttive sono volte ad assicurare la conformità con la procedura di omologazione CE per i veicoli a motore, istituita dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970. In particolare:

§         La direttiva 2003/102/CE, relativa alla protezione dei pedoni e degli altri utenti della strada vulnerabili prima e in caso di urto con un veicolo a motore e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio, riguarda in particolare le caratteristiche che devono possedere le superfici frontali dei veicoli. La direttiva risulta recepita con D.M. 25 marzo 2004 Recepimento della direttiva 2003/102/CE del 17 novembre 2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla protezione dei pedoni e degli altri utenti della strada, vulnerabili prima ed in caso di urto con un veicolo a motore, e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio. Essa raccoglie le raccomandazioni emesse dal Comitato europeo per il miglioramento della sicurezza dei veicoli (EEVC) nel giugno 1999, in particolare quelle che propongono requisiti di prestazione per le strutture frontali di talune categorie di veicoli a motore al fine di ridurne la pericolosità. La presente direttiva prevede prove e valori limite, basati sulle raccomandazioni dell'EEVC, ed in tal senso modifica gli allegati tecnici della già citata direttiva 70/156/CEE, riguardante la procedura di omologazione CE.

§         La direttiva 2004/11/CE modifica la direttiva 92/24/CEE del Consiglio, relativa ai dispositivi o sistemi di limitazione della velocità massima montati a bordo di talune categorie di veicoli a motore. Essa è stata recepita con D.M. 14 maggio 2004: Recepimento della direttiva 2004/11/CE dell'11 febbraio 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 92/24/CEE del Consiglio relativa ai dispositivi di limitazione della velocità o sistemi analoghi di limitazione della velocità montati a bordo di talune categorie di veicoli a motore. La direttiva estende l’applicazione dei dispositivi di limitazione della velocità – prevista dalla Direttiva 92/24/CEE per i veicoli utilizzati per il trasporto di passeggeri e di merci di massa massima superiore rispettivamente a 5 e 12 tonnellate – anche ai veicoli più leggeri (categorie M2 fino a 5 tonnellate per il trasporto passeggeri ed N2, fino a 12 tonnellate per il trasporto merci).

§         La direttiva 2004/78/CE modifica la direttiva 2001/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riscaldamento dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e la direttiva 70/156/CEE del Consiglio a fini di adeguamento al progresso tecnico. Tale direttiva risulta recepita con D.M. 21 settembre 2004 Recepimento della direttiva 2004/78/CE del 29 aprile 2004 della Commissione, che modifica la direttiva 2001/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al riscaldamento dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, e la direttiva 70/156/CEE del Consiglio, ai fini dell'adeguamento al progresso tecnico. La direttiva apporta modifiche tecniche all’Allegato VIII della direttiva 2001/56/CE, relativo alle prescrizioni relative ai dispositivi di riscaldamento a combustione ed alla loro installazione.

 

 


Direttive 2003/114/CE

 

(Modifica della direttiva 95/2/CE relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti)

 

 

La direttiva 2003/114/CE è volta a modificare la direttiva base 95/2/CE che ha istituito un elenco di additivi alimentari, diversi dai coloranti e dagli edulcoranti, il cui utilizzo è consentito nell’area comunitaria, stabilendo anche le condizioni di utilizzo di detti additivi.

Le modifiche che vengono apportate dalla direttiva 2003/114/CE sono volte per un verso ad adeguare le disposizioni agli sviluppi tecnici che si sono verificati nel settore degli additivi alimentari; per un altro sono dirette ad introdurre norme che disciplinino anche l’uso degli additivi delle sostanze aromatizzanti.

Anche nella produzione degli aromatizzanti, che ai sensi del reg. 178/2002 rientrano ora nella definizione di alimento, viene infatti fatto ricorso all’utilizzo di additivi destinati alla loro conservazione e impiego. Malgrado che la presenza di un additivo di aromatizzante risulti in definitiva generalmente bassa nel prodotto alimentare, tuttavia, in determinate circostanze, qualora l’additivo assuma una funzione tecnologica per il prodotto alimentare nella sua composizione finale, l’additivo deve essere considerato tale nei confronti dell’alimento e non solo della sostanza aromatizzante.

Le disposizioni nazionali che regolano il settore sono recate dal D.M. 27/2/1996, n. 209che oltre a disciplinare l’uso di coloranti ed edulcoranti riserva il capo III agli additivi diversi dai coloranti e dagli edulcoranti[117]

 

Il termine per il recepimento della direttivada parte degli Stati membri è fissato al 27 luglio 2005.


Direttive 2003/115/CE

 

(Modifica della direttiva 94/35/CE sugli edulcoranti destinati ad essere utilizzati nei prodotti alimentari)

 

 

La direttiva 2003/115/CE è volta a modificare la direttiva base 94/35/CE che ha istituito un elenco di edulcoranti, il cui utilizzo è consentito nell’area comunitaria, stabilendone anche le condizioni di utilizzo.

Le modifiche apportate alla direttiva base dalla direttiva 2003/115/CE sono dirette ad introdurre le seguenti novità:

-          aggiungere all’elenco degli edulcoranti consentiti il sucralosio ed il sale da aspartane e acesulfame;

-          ridurre le dosi massime d’impiego dell’acido ciclamico e dei suoi sali di sodio e calcio;

-          rendere adeguate le designazioni di alcune categorie di prodotti alimentari a talune nuove norme approvate dalla Comunità.

Le disposizioni nazionali che regolano il settore sono recate dal D.M. 27/2/1996, n. 209che oltre a disciplinare l’uso di coloranti ed edulcoranti riserva il capo III agli additivi diversi dai coloranti e dagli edulcoranti 8

 

Il termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri è già scaduto in quanto era fissato al 29 gennaio 2005.


 

Direttiva 2004/3/CE

 

(Modifica delle direttive del Consiglio 70/156/CEE e 80/1268/CEE per quanto riguarda la misurazione delle emissioni di biossido di carbonio e il consumo di carburante dei veicoli N1)

 

La direttiva 2004/3/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, attraverso alcune modifiche agli allegati delle due precedenti direttive - 70/156/CEE e 80/1268/CEE - estende le misure volte a ridurre il consumo di carburante e le emissioni di CO2 nel settore dei veicoli commerciali leggeri (categoria M1) anche ai veicoli della categoria N1.

Si ricorda, innanzitutto, che per veicoli N1 si intendono, ai sensi dell’art. 47, comma 2, lett. c), del Codice della strada, tutti i veicoli destinati al trasporto di merci aventi massa massima non superiore a 3,5 t. Il comma 2, infatti, classifica i veicoli a motore e i loro rimorchi in base alle categorie internazionali e, tra esse, c’è la categoria N, vale a dire i veicoli a motore destinati al trasporto di merci aventi almeno quattro ruote, alla quale appartengono, appunto, i veicoli N1. Tale classificazione è sostanzialmente ripresa dall’Allegato II della direttiva n. 70/156/CEE, recante la definizione delle categorie e dei tipo di veicoli, e, tra essi, anche la categoria N1, alla quale, appartengono, appunto i veicoli progettati e costruiti per il trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t.

Si rammenta, altresì, che la direttiva n. 70/156/CEE riguarda il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. In particolare, l’allegato IV è dedicato alle prescrizioni per l'omologazione CE dei veicoli a motore, tra cui figurano anche (al punto n. 39) il rispetto delle emissioni di CO2/Consumo di carburante come previsto dalla direttiva 80/1268/CEE. La direttiva n. 70/156/CEE è stata recepita con una serie di provvedimenti, tra i quali si ricordano, in particolare, la legge 27 dicembre 1973, n. 942, il D.M. 29 marzo 1974 e il D.M. 12 giugno 1981.

Si ricorda, infine, che la direttiva n. 80/1268/CEE relativa alle emissioni di biossido di carbonio e al consumo di carburante dei veicoli a motore, dispone che gli Stati membri non possono negare l'omologazione CE o l'omologazione di portata nazionale né negare o vietare la vendita, l'immatricolazione, la messa in circolazione o l'uso di un veicolo per motivi concernenti le emissioni di carbonio e il consumo di carburante, se i valori relativi alle emissioni e al consumo sono stati determinati conformemente alle disposizioni di cui agli allegati I e II e sono riprodotti in un documento consegnato all'automobilista al momento dell'acquisto secondo modalità definite da ogni Stato membro.

L’articolo 6 della direttiva prevede che gli Stati sono tenuti a conformarsi alle disposizioni della direttiva anteriormente al 19 febbraio 2005.

Occorre infine sottolineare che la direttiva è stata recentemente e puntualmente recepita con il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 27 dicembre 2004, pubblicato nella G. U. n. 60 del 14 marzo 2005.

 


Direttiva 2004/33/CE

 

(Direttiva della Commissione che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti)

 

 

La direttiva 2002/98/CE del 27 gennaio 2003 ha stabilito le norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti, rinviando a successivi provvedimenti la definizione di alcuni requisiti tecnici, specificamente indicati nell’art. 29.

 

In attuazione di tale direttiva, la direttiva 2004/33/CE, entrata in vigore il 19 marzo 2004,  precisa, in particolare:

-       le informazioni da fornire ai donatori (art. 2 e allegato II, parte A);

-       le informazioni da richiedere ai donatori (art. 3 e  allegato II, parte B);

-       i requisiti sull’idoneità dei donatori di sangue e di plasma (art. 4 e  allegato III);

-       i requisiti stabiliti per le condizioni di conservazione, trasporto e distribuzione di sangue ed emocomponenti (art. 5 e allegato IV); 

-       i requisiti di qualità e sicurezza di sangue ed emocomponenti (art. 6 e  allegato V);

-       la necessità che le donazioni autologhe siano tenute separate dalle altre donazioni  (art. 7). 

 

Nell’allegato I (richiamato dall’art. 1) sono inoltre riportate le definizioni tecniche utili alla applicazione della direttiva in esame e della direttiva 2002/98/CE.

 

Si ricorda che il termine di recepimento è previsto per l’8 febbraio 2005 (art. 9).

 

 


Direttiva 2004/69/CE

 

(Modifica alla direttiva 2000/12/CE per quanto concerne la definizione di “banche multilaterali di sviluppo”)

 

 

La direttiva n. 2004/69/CE della Commissione, del 27 aprile 2004, modifica la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio, per quanto concerne la definizione di “banche multilaterali di sviluppo”.

 

In particolare, l’articolo 1 della direttiva 2004/69 interviene sull'articolo 1, paragrafo 19, della direttiva 2000/12/CE, la quale definisce le “banche multilaterali di sviluppo” enumerando gli enti creditizi che rientrano in tale definizione.

La presente direttiva include in quest’elenco l'Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti (MIGA). Quest’ultima è membro del Gruppo della Banca mondiale. Allo scopo di promuovere la crescita economica dei paesi in via di sviluppo, essa fornisce a investitori privati garanzie contro i rischi non commerciali derivanti da inconvertibilità e intrasferibilità della valuta locale, espropriazione, eventi bellici e disordini civili nonché inadempimento contrattuale da parte di un'entità governativa. Secondo il preambolo della direttiva, essa presenta un profilo di rischio equivalente a quello delle banche multilaterali di sviluppo enumerate nell'articolo 1, paragrafo 19, della direttiva 2000/12/CE e può pertanto essere inclusa nel loro elenco. L’inserimento consente ad essa di beneficiare della ponderazione preferenziale dei rischi secondo le norme dell'articolo 43 e della facoltà di esenzione dal limite relativo ai grandi fidi, a norma dell’articolo 49, paragrafo 7, lettera o), della medesima direttiva.

 

L’articolo 2 stabilisce nel 30 giugno 2004 il termine per l’adozione delle misure di recepimento da parte degli Stati membri, prescrivendone la comunicazione alla Commissione.

 

Si segnala a tale proposito che la predetta integrazione dell’elenco, per quanto concerne le Istruzioni di vigilanza per le banche, è stata disposta dalla Banca d’Italia con il comunicato 14 marzo 2005, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 60 del 14 marzo 2005.


Direttive 2004/70/CE, 2004/102/CE, 2004/103/CE, 2004/105/CE

 

(Modifiche alla direttiva 2000/29/CE in materia di protezione fitosanitaria)

 

 

Le direttive 2004/70/CE e 2004/102/CE intervengono in materia di protezione fitosanitaria, modificando la direttiva base 2000/29/CE, che ha previsto misure volte a preservare il territorio della Comunità dalla introduzione o diffusione di organismi nocivi al patrimonio vegetale, regolando sia l’importazione che la circolazione interna di vegetali e prodotti vegetali.

Le modifiche introdotte dalla direttiva 2004/70/CE hanno la finalità di adattare le disposizioni di cui alla direttiva base 2000/29 in conseguenza dell’adesione alla Comunità dei nuovi dieci Stati membri.

Peraltro, nello stesso Atto di adesione sono stati elencati gli adattamenti che l’acquis comunitario avrebbe dovuto subire in conseguenza all’adesione stessa; l’elenco degli atti da modificare si è tuttavia limitato ad individuare gli atti adottati anteriormente al 1° novembre 2002.

Le modifiche recate ora dalla direttiva 2004/70/CE sono dirette ad introdurre, nelle norme base della direttiva 2000/29/CE, disposizioni conformi ai seguenti contenuti dell’Atto di adesione:

-          riconoscimento alla Lituania dello status di zona protetta nei confronti del Beet necrotic yellow vein virus fino al 31 marzo 2006;

-          riconoscimento alla Lettonia, alla Slovenia e alla Slovacchia dello status di zona protetta nei confronti della Globodera pallida (Stone) Behrens fino al 31 marzo 2006;

-          riconoscimento a Malta dello status di zona protetta nei confronti del Citrus tristeza virus (varietà europee) fino al 31 marzo 2006

 

La direttiva 2004/102/CE introduce numerose modifiche nella direttiva 2000/29/CE allo scopo di adeguare la normativa comunitaria di protezione fitosanitaria alle seguenti nuove esigenze:

-          renderla conforme alla norma internazionale FAO n. 15 sugli orientamenti per la regolamentazione del materiale da imballaggio in legno negli scambi internazionali;

-          migliorare le disposizioni concernenti il legname originario di taluni paesi, tenendo conto dei nuovi trattamenti tecnici che sono stati introdotti;

-          migliorare la protezione di talune zone comunitarie indenni da un determinato agente patogeno;

-          modificare le disposizioni relative alle ispezioni sanitarie che debbono svolgersi nel paese d’origine o speditore in conseguenza delle modifiche che si sono verificate sui requisiti tecnici dei prodotti,.

 

Il termine per il recepimento delledue direttive 2004/70/CE e 2004/102/CEera scaduto rispettivamente al 1° giugno 2004 ed al 28 febbraio 2005.

 

Esse sono peraltro state recentemente attuate con il decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali dell’11 gennaio 2005, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 aprile 2005, il quale ha provveduto a  modificare degli allegati al precedente decreto ministeriale 31 gennaio 1996, concernente misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione nel territorio della Repubblica italiana di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali.

 

La direttiva 2004/103/CE detta disposizioni in tema di controlli, sia sull’identità che di carattere fitosanitario, da espletarsi sui vegetali e sui prodotti vegetali provenienti da paesi terzi.

La direttiva base 2000/29/CE stabilisce che di norma i controlli d’identità e i controlli fitosanitari debbano essere effettuati nel punto di entrata nella Comunità o in un luogo vicino. La direttiva 2004/103/CE detta le disposizioni di attuazione dell’articolo 13-quater della direttiva base, il quale prevede che possano essere individuati i casi o le circostanze in cui i controlli possano essere compiuti sul luogo di destinazione, purché siano prescritte condizioni minime da rispettare e siano dettagliatamente precisati i moduli e documenti da utilizzare nell’ambito di tale cooperazione.

 

Il termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri è già scaduto in quanto era fissato al 31 dicembre 2004.

 

La direttiva 2004/105/CE definisce i modelli dei certificati che debbono obbligatoriamente accompagnare i vegetali e prodotti vegetali nei loro spostamenti a livello di traffico internazionale.

A norma della direttiva base 2000/29/CE i prodotti elencati dalla stessa debbono essere scortati dall’originale di uno dei seguenti documenti: “certificato fitosanitario” oppure “certificato fitosanitario di riesportazione”.

Con la convenzione internazionale per la protezione dei vegetali CIPV, conclusa in ambito FAO nel 1951, sono stati definiti dei modelli successivamente modificati nel 1979 e nel 1997.

La direttiva 2004/105/CE dispone che a decorrere dal 2005 gli Stati membri accettino i certificati conformi alla modulistica definita nel 1997, ma che nel contempo siano accettati i precedenti modelli, fino al 31 dicembre 2009.

Il termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri è già scaduto in quanto era fissato al 31 dicembre 2004.

 

Si ricorda che in ambito nazionale è tuttora in vigore la legge n. 987/1931(Disposizioni per la difesa delle piante coltivate e dei prodotti agrari dalle cause nemiche e sui relativi servizi”), che ha definito l’impianto e l’organizzazione per la difesa del territorio nazionale dalla diffusione di fitopatologie; del pari non è stato abrogato il regolamento per l’applicazione della legge stessa, approvato con il R.D. n. 1700 del 12 ottobre 1933.

Ai provvedimenti risalenti agli anni trenta si sono aggiunti numerosi atti di adeguamento alla legislazione comunitaria nel frattempo approvata. In tale contesto va menzionato, in particolare, il D.M. 31 gennaio 1996 (“Misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione nel territorio della Repubblica italiana di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali”) che viene costantemente aggiornato alle nuove disposizioni approvate dalla comunità[118].


Direttive 2004/71/CE, 2004/99/CE, 2004/64/CE, 2004/65/CE, 2004/97/CE

 

(Modifica di direttive in materia di prodotti fitosanitari)

 

 

Le direttive 2004/71/CE e 2004/99/CE intervengono in materia di prodotti fitosanitari e sono volte ad inserire nell’elenco delle sostanze attive autorizzate in ambito comunitario tre nuove sostanze attive, affinché i singoli Stati membri possano concedere le autorizzazioni alla commercializzazione ed uso dei prodotti fitosanitari contenenti dette sostanze.

Il termine per il recepimento della direttiva 2004/71/CE da parte degli Stati membri è già scaduto in quanto era fissato al 31 marzo 2005, mentre quello per il recepimento della direttiva 2004/99/CE è fissato al 30 giugno 2005.

Il ricorso ai prodotti fitosanitari è uno dei principali mezzi di protezione dei vegetali dagli organismi nocivi e da erbe infestanti, ed è inoltre strumento idoneo a migliorare le produzioni agricole. Poiché in quasi tutti gli Stati membri europei erano in vigore disposizioni sul loro utilizzo, con la direttiva 91/414/CEE[119]il Consiglio ha armonizzato i metodi di sperimentazione e controllo richiesti agli Stati per il rilascio dell’autorizzazione dei prodotti ed ha dettato norme uniformi per quanto riguarda le condizioni e le procedure di autorizzazione. Inoltre, per assicurare che i fitofarmaci siano sufficientemente efficaci e sia garantito un elevato livello di protezione dai rischi per la salute, per le acque sotterranee e l’ambiente, è stato ritenuto necessario compilare un elenco comunitario delle sostanze attive autorizzate. Gli articoli 5 e 6 della direttiva 91/4141/CEE hanno definito le condizioni che una sostanza attiva deve soddisfare per essere iscritta in detto elenco e la procedura comunitaria per valutare se una sostanza attiva possa essere inserita nell’elenco.

Le sostanze inserite nell’allegato I alla direttiva 91/414/CEEsono le seguenti:

-          Pseudomonas chlororaphis, fungicida batterico è il terzo prodotto microbiologico ad esser inserito nell’allegato, che contiene di norma prodotti chimici, ed è utilizzato principalmente nella concia dei cereali;

-          Acetamiprid, prodotto chimico usato per la difesa di talune piante dagli afidi;

-          Thiacloprid, anch’esso appartenente alla classe degli insetticidi.

 

In conseguenza dell’iscrizione di una sostanza attiva nuova nell’elenco, gli Stati membri devono poter disporre di un congruo periodo di tempo, in particolare per riesaminare le autorizzazioni provvisorie in corso di validità nonché per trasformare le stesse in autorizzazioni a pieno titolo, per modificarle o per revocarle. Proprio al fine di rendere adeguati tali termini, la direttiva 2004/64/CE, la direttiva 2004/65/CE e la direttiva 2004/97/CE prorogano i termini entro i quali gli Stati membri debbono applicare le disposizioni della direttiva 91/414/CEE alle nuove sostanze autorizzate con la direttiva 2003/84/CE, la direttiva 2003/68/CE e la direttiva 2004/60/CE.

 

I termine per l’eventuale revoca delle autorizzazioni sono i seguenti:

·         per la direttiva 2004/64/CE è stabilito il  30/6/2005;

·         per la direttiva 2004/65/CE il termine è già scaduto ed era fissato al  31/3/2005;

·         per la direttiva 2004/97/CE l’eventuale revoca autorizzazioni dovrà avvenire entro il  28/2/2006.

 

Si ricorda che in tema di commercializzazione dei fitofarmaci le disposizioni nazionali vanno rintracciate nel D.lgs. n. 194/95 che disciplina la immissione in commercio dei prodotti fitosanitari dando attuazione alla normativa comunitaria.


Direttiva2004/79/CE

 

(Adattamento della direttiva 2000/94/CE in materia di fiscalità, a seguito dell’allargamento dell’Unione)

 

 

La direttiva n. 2004/79/CE della Commissione, del 4 marzo 2004, adatta la direttiva 2002/94/CE, in materia di fiscalità, in conseguenza dell'adesione della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia.

In particolare, essa integra l’elenco degli Stati membri, contenuto nell’allegato IV alla predetta direttiva, recante il modello per la comunicazione degli Stati membri alla Commissione sul numero di domande di informazioni, notificazioni e recupero di crediti tributari inviate e ricevute nel corso dell'anno, dell'importo dei crediti e degli importi ricuperati, prevista dall'articolo 25 della direttiva 76/308/CEE.

Il termine di recepimento previsto è la data di adesione dei suddetti Stati.

 


Direttive 2004/87/CE, 2004/93/CE, 2004/94/CE

 

(Modifica della direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare al progresso tecnico i suoi allegati)

 

Le tre direttive in esame prevedono modifiche ed integrazioni agli allegati della direttiva 76/768/CEE [120], relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare tali allegati al progresso tecnico, secondo la procedura prevista dalla direttiva stessa.

Il termine di recepimento delle tre direttive è stabilito al 1° ottobre 2004.

Si ricorda che la direttiva 76/768/CEE fornisce una definizione dei prodotti cosmetici. In particolare, definisce:

¨     l'elenco delle sostanze vietate nella composizione dei prodotti cosmetici (art. 4 e all. II);

¨     l'elenco delle sostanze e dei coloranti che i prodotti cosmetici possono contenere solo nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti (art. 4 ed all. III);

¨     l'immissione temporanea in commercio (fino al 30 settembre 2004) dei prodotti cosmetici che contengono determinate sostanze elencate (art. 5 e all. III), nei limiti stabiliti ed alle condizioni prescritte.

Più in dettaglio, le modifiche introdotte dalle tre direttive concernono i seguenti aspetti:

-       la direttiva 2004/87/CE proroga l'impiego di determinate tinture per capelli nei prodotti cosmetici dal 30 settembre 2004 al 31 dicembre 2005 [121] ;

-       la direttiva 2004/93/CE inserisce talune sostanze, classificate come CMR [122], nell'elenco di sostanze vietate nella composizione dei prodotti cosmetici [123][124];

-       la direttiva 2004/94/CE inserisce [125] un elenco dei metodi convalidati alternativi alla sperimentazione animale [126].

Procedure di contenzioso

In data 13 dicembre 2004 la Commissione ha inviato al Governo italiano una lettera di messa in mora per la mancata attuazione delle direttive 2004/87/CE, 2004/93/CE e 2004/94/CE.

 


Tabelle riepilogative
(aggiornamento al 7/4/2005)


 

Avvertenza: nella colonna “TERMINE DI RECEPIMENTO” di ciascuna delle tabelle che seguono sono evidenziati in carattere grassetto i termini scaduti al 7/4/2005.

 

 

Tabella 1
DIRETTIVE CONTENUTE NEL DDL COMUNITARIA 2005
DA ATTUARE PER DELEGA E IN VIA AMMINISTRATIVA

 

 

Direttive da attuare con decreti legislativi

(contenute negli articoli e negli allegati A e B della legge comunitaria 2005)

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

E’ richiesto il

parere delle Commissioni parlamentari

2003/123/CE

del 22 dicembre 2003, che modifica la direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi

1/1/2005

No

2004/23/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani

7/04/2006

No

2004/40/CE

sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (Diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE);

30/04/2008

Si

2004/54/CE

del 29 aprile 2004, relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della Rete stradale transeuropea

30/4/2006

No

2004/80/CE

del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all'indennizzo delle vittime di reato

1/01/2006 e 1/01/2005 art. 12

Si

2004/81/CE

del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti

6/08/2006

No

2004/82/CE

del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate

5/09/2006

No

2004/83/CE

del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta

10/10/2006

Si

2004/108/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE

20/01/2007

No

2004/113/CE

Direttiva del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura

21/12/2007

Si

2004/114/CE

relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato

2/01/2007

No

 

 


 

Direttive da attuare in via amministrativa

(indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2005

A.C. 5767 )

N.B. A sfondo grigio sono evidenziate le direttive che risultano già attuate

DIRETTIVA

Titolo

Termine di recepimento ed eventuale attuazione

2003/40/CE

della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive

31/12/2003

Attuata con DM salute 11/9/2003 e con DM salute 29/12/2003

2003/102/CE

relativa alla protezione dei pedoni e degli altri utenti della strada vulnerabili prima e in caso di urto con un veicolo a motore e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio

 

31/12/2003

Attuata con DM infrastrutture e trasporti 25/3/2004

2003/107/CE

che modifica la direttiva 96/16/CE del Consiglio relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

31/03/2004

2003/111/CE

che modifica l'allegato II della direttiva 92/34/CEE relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti

31/10/2004 attuata con DM politiche agricole 27/2/2004

2003/112/CE

che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva paraquat

30/04/2005

Attuata con DM salute 9/04/2004

2003/113/CE

che modifica gli allegati delle direttive 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio, per quanto riguarda le quantità massime di residui di alcuni antiparassitari rispettivamente sui e nei cereali, sui e nei prodotti alimentari di origine animale e su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli

11/06/2004

Attuata con DM salute 9/04/2004

2003/114/CE

modifica la direttiva 95/2/CE relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti

27/07/2005

 

2003/115/CE

modifica la direttiva 94/35/CE sugli edulcoranti destinati ad essere utilizzati nei prodotti alimentari

29/01/2005

2003/116/CE

modifica degli allegati II, III, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio con riguardo all'organismo nocivo Erwinia amylovora

31/03/2004

Attuata con DM politiche agrico-le e forestali 31/03/2004

2003/118/CE

modifica gli allegati delle direttive 76/895/CEE, 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio, per quanto riguarda le quantità massime di residui di acefato, 2,4-D e paration metile

30/11/2004

Attuata con DM salute 9/04/2004

2003/119/CE

modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione delle sostanze attive mesosulfuron, propoxycarbazone e zoxamide

30/09/2004

Attuata con DM salute 9/04/2004

2003/120/CE

modifica la direttiva 90/496/CEE relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari

31/07/2004

 

2003/121/CE

modifica la direttiva 98/53/CE che fissa metodi per il prelievo di campioni e metodi d'analisi per il controllo ufficiale dei tenori massimi di taluni contaminanti nei prodotti alimentari

31/10/2004

Attuata con DM salute 17/11/2004

2003/126/CE

stabilisce il metodo analitico per la determinazione dei costituenti di origine animale nell'ambito del controllo ufficiale degli alimenti per animali

01/07/2004

Attuata con DM politiche agrico-le 9/9/2004

2004/1/CE

modifica la direttiva 2002/72/CE relativamente alla sospensione dell'uso di azodicarbonammide come agente rigonfiante

02/08/2005

2004/2/CE

modifica le direttive 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di fenamifos

31/07/2004

Attuata con DM salute 9/04/2004

2004/3/CE

modifica delle direttive del Consiglio 70/156/CEE e 80/1268/CEE per quanto riguarda la misurazione delle emissioni di biossido di carbonio e il consumo di carburante dei veicoli N1

19/02/2005

Attuata con DM infrastrutture e trasporti 27/12/2004

2004/4/CE

modifica la direttiva 96/3/CE recante deroga a talune norme della direttiva 93/43/CEE del Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari, con riguardo al trasporto marittimo di oli e di grassi liquidi sfusi

01/07/2004

 

2004/5/CE

modifica la direttiva 2001/15/CE al fine di includere determinate sostanze nell'allegato

31/03/2004

2004/11/CE

modifica la direttiva 92/24/CEE del Consiglio relativa ai dispositivi di limitazione della velocità o sistemi analoghi di limitazione della velocità montati a bordo di talune categorie di veicoli a motore

17/11/2004

Attuata con DM infrastrutture e trasporti 14/5/2004

2004/29/CE

relativa alla fissazione dei caratteri e delle condizioni minime per l'esame delle varietà di viti

Non previsto (direttiva di codificazione)

2004/30/CE

modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione delle sostanze attive acido benzoico, flazasulfuron e pyraclostrobin

30/11/2004

Attuata con DM salute 7/5/2004

2004/31/CE

modifica gli allegati I, II, III, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

20/04/2004

Attuata con DM politiche agrico-le 20/7/2004

2004/33/CE

applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti

08/02/2005

2004/43/CE

modifica la direttiva 98/53/CE e la direttiva 2002/26/CE per quanto riguarda i metodi di prelievo di campioni ed i metodi d'analisi per il controllo ufficiale dei tenori di aflatossina e di ocratossina A nei prodotti alimentari per lattanti e prima infanzia

10/05/2005

2004/44/CE

modifica la direttiva 2002/69/CE che stabilisce i metodi di campionamento e d'analisi per il controllo ufficiale di diossine e la determinazione di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari

10/05/2005

2004/45/CE

modifica della direttiva 96/77/CE che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti

01/04/2005

2004/46/CE

modifica la direttiva 95/31/CE per quanto concerne il sucralosio (E 955) e il sale di aspartame-acesulfame

01/04/2005

2004/47/CE

modifica della direttiva 95/45/CE per quanto riguarda i caroteni misti [E 160 a (i)] e il betacarotene

01/04/2005

2004/55/CE

modifica la direttiva 66/401/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione delle sementi di piante foraggere

30/09/2004

Attuata con DM politiche agrico-le 4/6/2004 e DM 6/12/2004

2004/58/CE

modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione delle sostanze attive alpha-cypermethrin, benalaxyl, bromoxynil, desmedipham, ioxynil e phenmedipham

31/08/2005

Attuata con DM salute 18/6/2004

2004/59/CE

modifica la direttiva 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di bromopropilato

24/10/2004

La direttiva è citata in pre-messa del DM salute 27/8/2004

2004/60/CE

modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva quinoxifen

28/02/2005

Attuata con DM salute 3/6/2004

2004/61/CE

modifica degli allegati delle direttive 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di taluni antiparassitari il cui uso è vietato nella Comunità europea

26/12/2004

La direttiva è citata in premessa al DM salute 27/8/2004

2004/63/CE

 

del 26 aprile 2004, che modifica la direttiva 2003/79/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il  30/6/2005

2004/64/CE

modifica la direttiva 2003/84/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il 30/6/2005

2004/65/CE

modifica la direttiva 2003/68/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il 31/3/2005

2004/69/CE

modifica la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne la definizione di "banche multilaterali di sviluppo"

30/6/2004

Attuata in parte con comunicato della Banca d’Italia in GU 14/3/2005

2004/70/CE

modifica la direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

1/06/2004

Attuata con DM politiche agricole 11/1/2005

2004/71/CE

modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva pseudomonas chlororaphis

31/03/2005

2004/77/CE

del 29 aprile 2004, che modifica la direttiva 94/54/CE per quanto riguarda l'etichettatura di taluni prodotti alimentari contenenti acido glicirrizico e il suo sale di ammonio 

20/5/2005

2004/78/CE

modifica la direttiva 2001/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riscaldamento dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e la direttiva 70/156/CEE del Consiglio a fini di adeguamento al progresso tecnico

30/09/2004

Attuata con DM infrastrutture e trasporti 21/09/2004

2004/79/CE

del 4 marzo 2004, che adatta la direttiva 2002/94/CE, in materia di fiscalità, in conseguenza dell'adesione della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia

entro la data di adesione

2004/87/CE

modifica della direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare al progresso tecnico il suo allegato III

01/10/2004

 

2004/93/CE

modifica la direttiva 76/768/CEE per adeguare al progresso tecnico i suoi allegati II e III

01/10/2004

2004/94/CE

modifica la direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativamente all'allegato IX

21/09/2004

2004/95/CE

modifica la direttiva 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di bifentrin e di famoxadone in essa fissate

25/03/2005

Attuata con DM salute 17/11/2004

2004/97/CE

modifica la direttiva 2004/60/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il 28/2/2006

2004/98/CE

modifica della direttiva 76/769/CEE del Consiglio relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso dell’etere di pentabromodifenile nei sistemi di evacuazione d’emergenza dei mezzi aerei allo scopo di adattarne l’allegato I al progresso tecnico

01/01/2005

2004/99/CE

modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio in vista dell'iscrizione delle sostanze attive acetamiprid e thiacloprid

30/06/2005

2004/102/CE

modifica gli allegati II, III, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

28/02/2005

Attuata con Dm politiche agricole 11/1/2005

2004/103/CE

controlli di identità e fitosanitari su vegetali, prodotti vegetali e altre voci elencati nell'allegato V, parte B, della direttiva 2000/29/CE del Consiglio, che possono essere svolti in un luogo diverso dal punto di entrata nella Comunità o in un luogo vicino e che specifica le condizioni relative a tali controlli

31/12/2004

2004/105/CE

modelli di certificati fitosanitari ufficiali o di certificati fitosanitari di riesportazione che accompagnano vegetali, prodotti vegetali o altre voci provenienti dai paesi terzi ed elencati nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio

31/12/2004 Attuata con DM politiche agricole 11/1/2005

2004/115/CE

modifica la direttiva 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di alcuni antiparassitari

22/06/2005


Tabella 2
STATO DI ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE
IN CIASCUNO STATO MEMBRO
(dati al 3 marzo 2005)

 

Graduatoria

Stato membro

Direttive scadute al 10/1/2005

Direttive per le quali sono state comunicate misure di attuazione

 

% di direttive attuate

 

1

Lituania

2589

2576

99,50%

2

Danimarca

2538

2521

99,33%

3

Spagna

2559

2533

98,98%

4

Austria

2546

2520

98,98%

5

Germania

2543

2516

98,94%

6

Finlandia

2537

2509

98,90%

7

Regno Unito

2536

2504

98,74%

8

Slovenia

2572

2539

98,72%

9

Polonia

2565

2529

98,60%

10

Ungheria

2567

2528

98,48%

11

Irlanda

2554

2515

98,47%

12

Belgio

2596

2556

98,46%

13

Svezia

2524

2481

98,30%

14

Olanda

2540

2494

98,19%

15

Malta

2570

2521

98,09%

16

Francia

2541

2490

97,99%

17

Portogallo

2581

2519

97,60%

18

Estonia

2549

2486

97,53%

19

Repubblica Ceca

2573

2509

97,51%

20

Slovacchia

2582

2517

97,48%

21

Cipro

2570

2504

97,43%

22

Lussemburgo

2546

2476

97,25%

23

Lettonia

2590

2508

96,83%

24

Grecia

2545

2454

96,42%

25

ITALIA

2550

2456

96,31%

 

Media CE

2559

2510

98,12%

              Fonte: Commissione europea- Segretariato Generale


Tabella 3
DIRETTIVE CONTENUTE IN PRECEDENTI LEGGI COMUNITARIE
E NON ANCORA RECEPITE
[127]

 

 

Legge comunitaria 1999

(Legge 21 dicembre 1999, n. 526)

 

Direttiva

Titolo

Termine di recepimento

Modalità di recepimento

parere delle commissioni parlamentari

98/49/CE

Direttiva 98/49/CEE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione integrativa dei lavoratori subordinati e autonomi che si spostano all'interno della Comunità.

25/07/2001

Delega

(scaduta)

Non previsto

 

 

Legge comunitaria 2000

(Legge 29 dicembre 2000, n. 422)

 

a)    Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B

 

DIRETTIVA

Titolo

Termine di recepimento

Modalità di recepimento

Parere delle Commissioni parlamentari

96/97/CE

direttiva 96/97/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996 che modifica la direttiva 86/378/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nei regimi professionali di sicurezza sociale

1/7/97

 

Delega (scaduta)

b) Direttive da attuare in via amministrativa

 

DIRETTIVA

Titolo

Termine di recepimento

1999/17/CE

direttiva 1999/17/CE della Commissione, del 18 marzo 1999, che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/761/CEE del Consiglio relativa ai proiettori dei veicoli a motore con funzione di fari abbaglianti e/o anabbaglianti nonché alle lampade ad incandescenza per tali proiettori

1/10/99

al più tardi 6 mesi dopo la pubbl. dei regolamenti ECE/ONU (di cui all’art. 3) della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite

(pubblicati nel maggio/giugno 2001)

1999/18/CE

direttiva 1999/18/CE della Commissione, del 18 marzo 1999, che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/762/CEE del Consiglio relativa ai proiettori fendinebbia anteriori dei veicoli a motore, nonché alle lampade ad incandescenza per tali proiettori

1/10/99

al più tardi 6 mesi dopo la pubbl. del regolamento (ECE/ONU) n. 19 della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite

1999/77/CE

direttiva 1999/77/CE della Commissione, del 26 luglio 1999, che adegua per la sesta volta al progresso tecnico l'allegato I della direttiva 76/769/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (amianto)

1/01/2005

1999/81/CE

direttiva 1999/81/CE del Consiglio, del 29 luglio 1999, che modifica la direttiva 92/79/CEE relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette, la direttiva 92/80/CEE relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette e la direttiva 95/59/CE relativa alle imposte diverse dall'imposta sul volume d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati

1/01/99

 


 

Legge comunitaria 2001

(legge 1° marzo 2002, n. 39)

 

Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

MODALITÀ DI ATTUAZIONE

Parere delle Commissioni parlamentari

2000/20/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 maggio 2000, che modifica la direttiva 64/432/CEE del Consiglio relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina

Immediato

Delega (scaduta)

Non previsto

2001/23/CE

del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti

Non previsto (direttiva di codificazione)

Delega (scaduta)

Previsto

2001/42/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente

21/07/2004

Delega (scaduta e riproposta nella Legge n. 308/2004 e nella legge comunitaria 2004)

Previsto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legge comunitaria 2002

(Legge 3 febbraio 2003, n. 14)

 

a) Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

MODALITÀ DI ATTUAZIONE

Parere delle Commissioni parlamentari

98/59/CE

Del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi

1/09/1998

Delega (scaduta)

 

Previsto

2001/83/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano

Non previsto (direttiva di codificazione)

 

Delega (scaduta e riproposta nella legge comunitaria 2004)

Non previsto

2002/10/CE

del Consiglio, del 12 febbraio 2002, che modifica la direttiva 92/79/CEE, la direttiva 92/80/CEE e la direttiva 95/59/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati

1/07/2002

Delega (scaduta)

Non previsto

 

 

b) Direttive da attuare in via amministrativa

 

Direttiva

Titolo

Termine di recepimento

1999/95/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità

30/6/2002

 

2000/39/CE

Della Commissione, dell’8 giugno 2000, relativa alla messa a punto di un primo elenco di valori limite indicativi in applicazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esportazione ad agenti chimici sul luogo di lavoro

31/12/2001

 

2001/61/CE

della Commissione, dell’8 agosto 2001, sull’uso di certi derivati epossidici in materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari

30/11/2002

2001/80/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione

27/11/2002

(nella L. 308/2004 è contenuta la delega per il recepimento della direttiva)

 

 

 

Legge comunitaria 2003

(Legge 31 ottobre 2003, n. 306)

 

a) Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B

N.B.La delega per l’attuazione di tali direttive è di 18 mesi e scade pertanto il 30 maggio 2005

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

MODALITÀ DI ATTUAZIONE

Parere

parlamentare

1999/22/CE

del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici

9/4/2002

 

delega[128]

1999/63/CE

del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST)

30/06/2002

delega[129]

2000/60/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque

22/12/2003

delega[130]

2000/76/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull’incenerimento dei rifiuti

28/12/2002

delega[131]

2000/79/CE[132]

del Consiglio, del 27 novembre 2000, relativa all’attuazione dell’accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo nell’aviazione civile concluso da Association of European Airlines, European Transport Workers’Federation, European Cockpit Association, European Regions Airline Association e International Air Carrier Association

1/12/2003

delega[133]

2001/86/CE

del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo Statuto della Società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori

8/10/2004

delega[134]

2002/44/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni)

06/07/2005

delega

2002/49/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale

18/07/2004

delega

2002/59/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e che abroga la direttiva 93/75/CEE del Consiglio

5/2/2004

delega

No

2002/65/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE

09/10/2004

delega

2002/73/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro

05/10/2005

delega[135]

2002/74/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 80/987/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro

07/10/2005

delega

2002/83/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all’assicurazione sulla vita

17/11/2002 20/09/2003 19/06/2004

delega

No

2002/84/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che modifica le direttive in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi

23/11/2003

delega[136]

2002/86/CE

della Commissione del 6 novembre 2002 recante modifica della direttiva 2001/101/CE per quanto concerne il termine a partire da cui sono vietati gli scambi di prodotti non conformi alla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

non definito (modifica termine di precedente direttiva)

delega

No

2002/87/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE, 93/22/CEE 98/78/CE, 2000/12/CE

10/08/2004

delega[137]

2002/89/CE

 

del Consiglio, del 28 novembre 2002 che modifica la direttiva 2000/29/CE concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

01/01/2005

delega

2002/90/CE

del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali

05/12/2004

delega

2002/91/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul rendimento energetico nell’edilizia

4/1/2006

delega

No

2002/92/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 dicembre 2002, sulla intermediazione assicurativa

14/01/2005

delega

2002/93/CE

del Consiglio, del 3 dicembre 2002, che modifica la direttiva 77/388/CEE, con riguardo alla proroga della facoltà di autorizzare gli Stati membri ad applicare un'aliquota IVA ridotta su taluni servizi ad alta intensità di lavoro

non definito (proroga termine di precedente direttiva)

delega

No

2002/95/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche

12/08/2004

delega

2002/96/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche

13/08/2004

delega

2002/98/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE

8/02/2005

delega

No

2002/99/CE

del Consiglio, del 16 dicembre 2002, che stabilisce norme di polizia sanitaria per la produzione, la trasformazione, la distribuzione e l’introduzione di prodotti di origine animale destinati al consumo umano

31/12/2004

delega

No

2003/4/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE

14/02/2005

delega

2003/6/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato

12/10/2004

delega[138]

2003/8/CE

del Consiglio, del 27 gennaio 2003, intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie

30/05/2006

delega

No

2003/9/CE

del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri

6/02/2005

delega

No

2003/15/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, che modifica la direttiva 76/768/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici

10/09/2004

delega[139]

No

2003/17/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 2003, che modifica la direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel

3/6/2003

delega[140]

2003/24/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, che modifica la direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri

16/11/2004

delega[141]

2003/25/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, concernente requisiti specifici di stabilità per le navi ro/ro da passeggeri

16/11/2004

delega[142]

2003/30/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 maggio 2003, sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti

31/12/2004

delega

No

2003/32/CE

della Commissione, del 23 aprile 2003, recante modalità specifiche relative ai requisiti previsti dalla direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, per i dispositivi medici fabbricati con tessuti di origine animale

31/12/2003

delega

No

2003/43/CE

del Consiglio, del 26 maggio 2003, recante modifica della direttiva 88/407/CEE che stabilisce le esigenze di polizia sanitaria applicabili agli scambi intracomunitari e alle importazioni di sperma di animali della specie bovina

1/7/2004

delega[143]

2003/44/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, che modifica la direttiva 94/25/CE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto

30/6/2004

delega

2003/48/CE

del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi

31/12/2003

delega

No

2003/49/CE

del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi

1/1/2004

delega

No

2003/50/CE

del Consiglio, dell’11 giugno 2003, che modifica la direttiva 91/68/CEE per quanto riguarda il rafforzamento dei controlli sui movimenti di ovini e caprini

1/7/2004

delega

 

 

 


Legge comunitaria 2004

(in corso di approvazione definitiva al Senato.)

 

 

a) Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

E’ richiesto il

parere delle Commissioni parlamentari

2001/42/CE[144]

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente

21/7/2004

Si

2001/83/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano

Non previsto

No

2001/84/CE[145]

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale

1/1/2006

Si

2002/14/CE[146]

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori

23/3/2005

Si

2002/15/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto

23/3/2005

Si

2003/6/CE[147]

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato

12/10/2004

Si

2003/10/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 febbraio 2003, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore) (diciassettesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, deIla direttiva 89/391/CEE

14/2/2006

Si

2003/18/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 marzo 2003, che modifica la direttiva 83/477/CEE del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro

14/4/2006

Si

2003/20/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 aprile 2003, che modifica la direttiva 91/671/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza sugli autoveicoli di peso inferiore a 3,5 tonnellate

8/5/2006

Si

2003/35/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia

25/6/2005

Si

2003/38/CE

del Consiglio, del 13 maggio 2003, che modifica la direttiva 78/660/CEE relativa ai conti annuali di taluni tipi di società per quanto concerne gli importi espressi in euro

Non definito (modifica una precedente direttiva)

No

2003/41/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali

23/9/2005

Si

2003/42/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2003, relativa alla segnalazione di taluni eventi nel settore dell’aviazione civile

4/7/2005

Si

2003/51/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2003, che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE, 86/635/CEE e 91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione

1/1/2005

Si

2003/54/CE[148]

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE

1/7/2004

Si

2003/55/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE

1/7/2004

Si

2003/58/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, che modifica la direttiva 68/151/CEE del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di pubblicità di taluni tipi di società

31/12/2006

Si

2003/59/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri, che modifica il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio e la direttiva 91/439/CEE del Consiglio e che abroga la direttiva 76/914/CEE del Consiglio

10/9/2006

Si

2003/71/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE

1/7/2005

Si

2003/72/CE

del Consiglio, del 22 luglio 2003, che completa lo statuto della società cooperativa europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori

18/8/2006

Si

2003/73/CE

della Commissione, del 24 luglio 2003, recante modifica dell’allegato III della direttiva 1999/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

24/7/2004

No

2003/74/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, che modifica la direttiva 96/22/CE del Consiglio concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze b-agoniste nelle produzioni animali

14/10/2004

Si

2003/85/CE

del Consiglio, del 29 settembre 2003, relativa a misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica, che abroga la direttiva 85/511/CEE e le decisioni 891531/CEE e 91/665/CEE e recante modifica della direttiva 92/46/CEE

30/6/2004

Si

2003/86/CE

del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare

3/10/2005

Si

2003/88/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro

Non previsto (direttiva di codificazione)

Si

2003/89/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 novembre 2003, che modifica la direttiva 2000/13/CE per quanto riguarda l’indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari

25/11/2004

Si

2003/92/CE

del Consiglio, del 7 ottobre 2003, che modifica la direttiva 77/388/CEE relativamente alle norme sul luogo di cessione di gas e di energia elettrica

1/1/2005

Si

2003/93/CE

del Consiglio, del 7 ottobre 2003, che modifica la direttiva 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette

31/12/2003

No

2003/96/CE

del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità

31/12/2003

Si

2003/98/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico

1/7/2005

No

2003/99/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, sulle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici, recante modifica della decisione 90/424/CEE del Consiglio e che abroga la direttiva 92/117/CEE del Consiglio

12/4/2004

Si

2003/105/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2003, che modifica la direttiva 96/82/CE del Consiglio sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose

1/7/2005

Si

2003/109/CE

del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini dei paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo

23/1/2006

Si

2003/110/CE

del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea

6/12/2005

Si

2003/122/Euratom

Del Consiglio del 22 dicembre 2003, sul controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane

31/12/2005

No

2003/124/CE

del 22 dicembre 2003, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e la definizione di manipolazione del mercato

12/10/2004

Si

2003/125/CE

del 22 dicembre 2003, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e la comunicazione al pubblico di conflitti di interesse

12/10/2004

Si

2004/6/CE

Della Commissione del 20 gennaio 2004, che deroga alla direttiva 2001/15/CE al fine di differire l'applicazione del divieto di commercio di taluni prodotti 

31/3/2004

No

2004/8/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell’energia e che modifica la direttiva 92/42/CEE.

21/2/2006

Si

2004/12/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

18/8/2005

Si

2004/17/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali

31/1/2006

Si

2004/18/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi

31/1/2006

Si

2004/22/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa agli strumenti di misura

30/4/2006

Si

2004/24/CE[149]

del 31 marzo 2004 che modifica, per quanto riguarda i medicinali vegetali tradizionali, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano

30/10/2005

No

2004/25/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto

20/5/2006

Si

2004/28/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che modifica la direttiva 2001/82/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari 

30/10/2005

No

2004/35/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale

30/7/2004

Si

2004/38/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio  del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE

30/4/2006

Si

2004/39/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio

30/4/2006

Si

2004/42/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria e recante modifica della direttiva 1999/13/CE

30/10/2005

No

2004/48/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale

29/4/2006

Si

2004/67/CE

del 26 aprile 2004, concernente misure volte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas naturale

5/2006

Si

2004/101/CE

del Parlamento europeo e Del consiglio del 27 ottobre 2004 recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, riguardo ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto

13/11/2005

Si

 

 

 

b) Direttive da attuare in via amministrativa

(indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2004 – A.S. 2742)

 

DIRETTIVA

Titolo

Termine di recepimento

2002/88/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 dicembre 2002, che modifica la direttiva 97/68/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l’emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all’installazione su macchine mobili non stradali

11/8/2004

2002/94/CE

della Commissione, del 9 dicembre 2002, recante talune modalità di applicazione della direttiva 76/308/CEE del Consiglio sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure

30/4/2003

2003/13/CE

della Commissione, del 10 febbraio 2003, che modifica la direttiva 96/5/CE sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini

6/3/2004

2003/14/CE

della Commissione, del 10 febbraio 2003, che modifica la direttiva 91/321/CEE sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento

6/3/2004

2003/34/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, recante ventitreesima modifica della direttiva 76/769/CEE del Consiglio relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione)

15/7/2004

2003/37/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativa all’omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli e abroga la direttiva 74/150/CEE

31/12/2004

2003/65/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2003, che modifica la direttiva 86/609/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici

16/9/2004

2003/66/CE

della Commissione, del 3 luglio 2003, che modifica la direttiva 94/2/CE che stabilisce modalità d’applicazione della direttiva 92/75/CEE del Consiglio per quanto riguarda l’etichettatura indicante il consumo d’energia dei frigoriferi elettrodomestici, dei congelatori elettrodomestici e delle relative combinazioni

30/6/2004

2003/80/CE

della Commissione, del 5 settembre 2003, che stabilisce all’allegato VIII-bis della direttiva 76/768/CEE del Consiglio il simbolo indicante la durata d’idoneità all’impiego dei prodotti cosmetici

11/9/2004

2003/83/CE

della Commissione, del 24 settembre 2003, che adegua al progresso tecnico gli allegati II, III e VI della direttiva 76/768/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici

24/9/2004

2003/95/CE

della Commissione, del 27 ottobre 2003, recante modifica della direttiva 96/77/CE che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti

1/11/2004

2003/104/CE

della Commissione, del 12 novembre 2003, che autorizza l’estere isopropilico dell’analogo idrossilato della metionina

20/5/2004

 


 

Tabella 4
DIRETTIVE GIA’ SCADUTE (al 7/4/2005) NON RECEPITE
E NON INSERITE IN LEGGI COMUNITARIE

N.B. a sfondo grigio sono evidenziate le direttive il cui termine di recepimento scade nell’anno 2005

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

1999/72/CE

del 29 luglio 1999, che modifica la dir 92/117 su misure di protezione dalle zoonosi specifiche e la lotta contro agenti zoonotici specifici negli animali e nei prodotti di origine animale allo scopo di evitare focolai di infezioni e intossicazioni alimentari

31/05/2001

1999/78/CE

del 27 luglio 1999 che modifica la direttiva 95/10/CE

30/11/1999

 

2000/23/CE

del 27 aprile 2000, che modifica la direttiva 92/76/CEE relativa al riconoscimento di zone protette esposte a particolari rischi in campo fitosanitario nella Comunità

31/03/2001

2000/64/CE

del 7 novembre 2000, che modifica le direttive 85/611/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE e 93/22/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio d'informazioni con i paesi terzi

17/11/2002

2001/004/CE

del 19 gennaio 2001, che modifica, in relazione alla durata di applicazione dell'aliquota minima in materia di aliquota normale, la sesta direttiva (77/388/CEE) relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto

01/01/2001

2001/008/CE

dell'8 febbraio 2001, che sostituisce l'allegato I alla direttiva 92/109/CEE del Consiglio relativa alla fabbricazione e alla commercializzazione di talune sostanze usate nella fabbricazione illecita di stupefacenti e di sostanze psicotrope

01/03/2001

2001/38/CE

del 5 giugno 2001, che modifica la direttiva 93/7/CEE del Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (Testo rilevante ai fini del SEE)

31/12/2001

2002/67/CE

del 18 luglio 2002, relativa all'etichettatura dei generi alimentari contenenti chinino e dei prodotti alimentari contenenti caffeina

30/06/2003

2003/108/CE

dell'8 dicembre 2003, che modifica la direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)

13/8/2004

2004/13/CE

del 29 gennaio 2004, che modifica la direttiva 2002/16/CE sull'uso di taluni derivati epossidici in materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari

29/1/2005

2004/16/CE

del 12 febbraio 2004, che fissa le modalità di prelievo dei campioni e i metodi di analisi per il controllo ufficiale del tenore di stagno nei prodotti alimentari in scatola

31/12/2004

2004/21/CE

del 24 febbraio 2004, relativa alle restrizioni in tema di commercializzazione e d'impiego di coloranti azoici (tredicesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 76/769/CEE del Consiglio)

31/12/2004

2004/56/CE

del 21 aprile 2004, che modifica la direttiva 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza tra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette, di talune accise e imposte sui premi assicurativi

31/12/2004

2004/72/CE

del 29 aprile 2004, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prassi di mercato ammesse, la definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti derivati su merci, l'istituzione di un registro delle persone aventi accesso ad informazioni privilegiate, la notifica delle operazioni effettuate da persone che esercitano responsabilità di direzione e la segnalazione di operazioni sospette

12/10/2004

2004/88/CE

del 7 settembre 2004, recante modifica della direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare al progresso tecnico il suo Allegato III

1/10/2004

2004/89/CE

del 13 settembre 2004, che adatta per la quinta volta al progresso tecnico la direttiva 96/49/CE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia

1/10/2004

2004/96/CE

del 27 settembre 2004, recante modifica della dir 76/769/CEE: restrizioni in tema di commercializzazione e uso di nickel in oggetti metallici utilizzati nelle parti perforate ai fini dell’adeguamento dell’allegato I al progresso tecnico

1/1/2005

2005/15/CE

del 28 febbraio 2005, che modifica l’allegato IV della direttiva 2000/29/CE concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

28/2/2005

 


 

Tabella 5
DIRETTIVE IN SCADENZA ENTRO L’ANNO 2005
(dall’ 8/4/2005 al 31/12/2005)
E NON INSERITE NEL DDL COMUNITARIA 200
5

2003/103/CE

del 17 novembre 2003, che modifica la direttiva 2001/25/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare  

14/5/2005

2004/14/CE

del 29 gennaio 2004, che modifica la direttiva 93/10/CEE relativa ai materiali e agli oggetti di pellicola di cellulosa rigenerata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari

29/7/2005

2004/19/CE

del 1o marzo 2004, che modifica la direttiva 2002/72/CE relativa ai materiali e agli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari

1/12/2005

2004/26/CE

del 21 aprile 2004, che modifica la direttiva 97/68/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali

30/4/2005

2004/27/CE

del 31 marzo 2004 che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano 

30/10/2005

2004/51/CE

del 9 aprile 2004 che modifica la direttiva 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie

31/12/2005

2004/52/CE

del 29 aprile 2004, concernente l'interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale nella Comunità

20/11/2005

2004/68/CE

del 26.4.2004 che stabilisce norme di polizia sanitaria per le importazioni e il transito nella Comunità di determinati ungulati vivi, che modifica le direttive 90/426/CEE e 92/65/CEE e che abroga la direttiva 72/462/CEE

20/11/2005

2004/73/CE

del 29 aprile 2004, recante ventinovesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose

31/10/2005

2004/104/CE

che adegua al progresso tecnico la direttiva 72/245/CEE del Consiglio relativa alle perturbazioni radioelettriche (compatibilità elettromagnetica) dei veicoli a motore e che modifica la direttiva 70/156/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi

31/12/2005

2004/106/CE

del 16 novembre 2004, che modifica le direttive 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette, di talune accise e imposte sui premi assicurativi, e 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa

30/6/2005

2004/110/CE

della Commissione, del 9 dicembre 2004, che adatta per la sesta volta al progresso tecnico la direttiva 96/49/CE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia

1/7/2005

2004/111/CE

della Commissione, del 9 dicembre 2004, che adatta per la quinta volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada

1/7/2005

2004/112/CE

del 13 dicembre 2004, che adegua al progresso tecnico la direttiva 95/50/CE del Consiglio sull'adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose

14/12/2005

2004/116/CE

del 23 dicembre 2004, recante modifica dell’allegato della direttiva 82/471/CEE del Consiglio per quanto concerne l’inclusione della Candida guilliermondii

30/6/2005

2005/1/CE

del 9 marzo 2005, che modifica le direttive 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari

13/5/2005

2005/9/CE

della Commissione, del 28 gennaio 2005, recante modifica della direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare al progresso tecnico il suo allegato VII

28/7/2005

2005/11/CE

della Commissione, del 16 febbraio 2005, che modifica, per adeguarla al progresso tecnico, la direttiva 92/23/CEE del Consiglio, relativa ai pneumatici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché al loro montaggio

31/12/2005

2005/13/CE

modificazione della direttiva 2000/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori destinati alla propulsione dei trattori agricoli o forestali e recante modificazione dell’allegato I della direttiva 2003/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’omologazione dei trattori agricoli o forestali

31/12/2005

2005/16/CE

del 2 marzo 2005, che modifica gli allegati da I a V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

14/5/2005

2005/17/CE

del 2 marzo 2005, che modifica alcune disposizioni della direttiva 92/105/CEE per quanto riguarda i passaporti delle piante

14/5/2005

2005/18/CE

del 2 marzo 2005, che modifica la direttiva 2001/32/CE per quanto riguarda alcune zone protette esposte a particolari rischi in campo fitosanitario nella Comunità

14/5/2005

2005/23/CE

dell’8 marzo 2005, che modifica la direttiva 2001/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare

29/9/2005

2005/26/CE

del 21 marzo 2005, che fissa un elenco di ingredienti o sostanze alimentari temporaneamente esclusi dall’allegato III bis della direttiva 2000/13/CE

21/9/2005

2005/27/CE

del 29 marzo 2005, che modifica, a fini di adeguamento al progresso tecnico, la direttiva 2003/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’omologazione dei dispositivi per la visione indiretta e dei veicoli muniti di tali dispositivi

19/10/2005


Tabella 6
PROCEDURE DI INFRAZIONE

(aggiornamento al 16 marzo 2005)


 

Testo del DDL Comunitaria 2005

 


N. 5767

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro per le politiche comunitarie

(BUTTIGLIONE)

di concerto con il ministro degli affari esteri

(FINI)

con il ministro della giustizia

(CASTELLI)

e con il ministro dell'economia e delle finanze

(SINISCALCO)

¾

 

Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2005

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 7 aprile 2005

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


      Onorevoli Deputati! - Con il presente disegno di legge il Governo adempie all'obbligo di proporre al Parlamento l'approvazione del testo legislativo che la legge 4 febbraio 2005, n. 11 (cosiddetta «legge Buttiglione»), recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari», ha individuato come lo strumento cardine, ancorché non esclusivo, per l'adeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario.

      Il disegno di legge in esame è costituito e organizzato secondo le linee portanti già ampiamente sperimentate nelle precedenti leggi comunitarie e, conformemente all'articolo 9 della citata legge n. 11 del 2005, prevede:

          a) normazione diretta, utilizzata per limitate correzioni e integrazioni di disposizioni legislative vigenti, per lo più volte a eliminare situazioni di contrasto con il Trattato e con il diritto comunitario derivato;

          b) conferimento della delega legislativa, utilizzata per l'attuazione di direttive (elencate negli allegati A e B) che richiedono l'introduzione di normative organiche e complesse;

          c) individuazione dei princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per l'attuazione di direttive nelle materie di loro competenza;

          d) disposizioni che conferiscono delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi recanti sanzioni penali ed amministrative di competenza statale per l'adempimento di obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario.

 

      Circa la struttura del disegno di legge, si rappresenta che, conformemente a quanto già previsto dalle leggi comunitarie degli anni precedenti, il capo I contiene le disposizioni di carattere generale relative ai procedimenti da seguire nell'emanazione dei provvedimenti; il capo II, invece, detta disposizioni particolari di adempimento diretto ed i criteri specifici di delega.

      Il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi è regolato dall'articolo 1; la responsabilità dello stesso è attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri, o al Ministro per le politiche comunitarie, cui, nel rispetto delle competenze dei Ministeri di settore, spetta di operare per assicurare la conformità del provvedimento all'obbligo comunitario da assolvere.

      Oggetto della delega legislativa, da attuare entro diciotto mesi, sono le direttive comprese nell'allegato A e nell'allegato B; quest'ultimo si differenzia dal primo in quanto individua le direttive per il cui recepimento occorre osservare una procedura «aggravata» dalla sottoposizione del relativo schema di provvedimento attuativo al parere dei competenti organi parlamentari, derogandosi, per tale aspetto, alla disciplina generale della delega legislativa contenuta nella legge 23 agosto 1988, n. 400 (articolo 14, comma 4), che contempla l'intervento consultivo delle Commissioni parlamentari solo per deleghe ultrabiennali.

      Si sottolinea, altresì, che l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari è stata estesa, in conformità alle indicazioni contenute nella legge comunitaria per l'anno 2002 (legge n. 14 del 2003), anche ai decreti legislativi di attuazione delle direttive di cui all'allegato A, che prevedono l'eventuale ricorso allo strumento delle sanzioni penali ai fini della repressione della violazione degli obblighi comunitari.

      Il comma 6 prevede la cosiddetta «clausola di cedevolezza» già inserita nei vari decreti legislativi di recepimento in materie di competenza regionale in conformità alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

      Tale disposizione prevede che i decreti legislativi a tale fine eventualmente adottati nelle materie riservate alla competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, qualora queste ultime non abbiano provveduto con proprie norme attuative secondo quanto previsto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, entrano in vigore alla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa attuativa regionale o provinciale.

      Il potere sostitutivo dello Stato trova chiaro fondamento nella circostanza che l'Unione europea costituisce un'Unione di Stati e che lo Stato nel suo complesso, nella qualità di interlocutore primario della Comunità e dei partners europei, rappresenta il soggetto responsabile dell'adempimento degli obblighi comunitari. Di qui il corollario, a più riprese ribadito dalla Corte delle leggi, alla stregua del quale, ferma restando la competenza in prima istanza delle regioni e delle province autonome, allo Stato competono tutti gli strumenti necessari per non trovarsi impotente di fronte a violazioni di norme comunitarie determinate da attività positive od omissive dei soggetti dotati di autonomia costituzionale. Gli strumenti consistono non in avocazioni di competenze a favore dello Stato ma in interventi repressivi o sostitutivi e suppletivi - questi ultimi anche in via preventiva, ma cedevoli di fronte all'attivazione dei poteri regionali e provinciali normalmente competenti - rispetto a violazioni o carenze nell'attuazione e nell'esecuzione di norme comunitarie da parte delle regioni e delle province autonome (Corte costituzionale, sentenze n. 425 del 1999; n. 126 del 1996, relative all'esercizio di competenza esclusiva da parte delle province autonome di Trento e di Bolzano).

      L'ammissibilità di un intervento suppletivo anticipato e cedevole è corroborata, oltre che dal dettato della citata legge n. 11 del 2005, anche da analoghe norme contenute nelle precedenti leggi comunitarie.

      Segnatamente, tale meccanismo sostitutivo fa sì che la supplenza, pur se concepita anticipatamente, sortisca il suo risultato nel momento stesso dell'inadempimento, così evitando ritardi tali da esporre l'Italia a sistematiche procedure di infrazione: i decreti legislativi sostitutivi entrano comunque in vigore solo alla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e si caratterizzano per il fatto di essere cedevoli, nel senso che perdono efficacia per le regioni che, anche dopo la scadenza del termine, provvedano al recepimento delle direttive nel rispetto dei vincoli comunitari e dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale.

      L'utilizzo di tale forma di sostituzione preventiva è stato favorevolmente considerato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Stato-regioni», in occasione dell'esame di molteplici schemi di decreti legislativi attuativi delle deleghe contenute nelle leggi comunitarie dalla legge 1o marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001) ad oggi, nonché in sede di esame delle citate leggi comunitarie stesse.

      Quanto al problema della copertura legislativa di detto fenomeno, si osserva, per completezza, che, ferma l'opportuna esplicitazione del meccanismo finora descritto nelle leggi comunitarie dal 2001 ad oggi, la disciplina di riferimento può essere tratta in generale dal dettato della citata legge n. 11 del 2005, in conformità ai rammentati decisa della Consulta, idonei a fondare l'esercizio di un potere sostitutivo in ordine a materie di competenza esclusiva di regioni a statuto speciale e province autonome.

      L'articolo 2 detta princìpi e criteri direttivi di carattere generale per l'esercizio delle deleghe al fine dell'attuazione delle direttive comunitarie, in gran parte già contenuti nelle precedenti leggi comunitarie.

      L'articolo 3 conferisce una delega biennale al fine di consentire la gestione di una politica sanzionatoria dei comportamenti che costituiscono violazione di precetti comunitari non trasfusi in leggi statali, perché contenuti o in direttive attuate con fonti non primarie, inidonee quindi a istituire sanzioni penali, o in regolamenti comunitari, direttamente applicabili.

      Come è noto, infatti, non esiste una normazione comunitaria per le sanzioni, e tanto in ragione della netta diversità dei sistemi nazionali. I regolamenti e le direttive lasciano quindi agli Stati membri di regolare le conseguenze della loro inosservanza.

      L'articolo 4 riproduce una disposizione già contenuta in precedenti leggi comunitarie in materia di oneri relativi a prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici pubblici in applicazione delle normative comunitarie. Al comma 2 si prevede la riassegnazione delle entrate derivanti dalle tariffe previste al comma 1 alle amministrazioni che effettuano le prestazioni ed i controlli.

      L'articolo 5 prevede la delega al Governo per l'adozione di testi unici delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite con le leggi comunitarie annuali. La previsione di tale delega rappresenta uno strumento utile per operare un'azione periodica di coordinamento e di riordino del sistema normativo, muovendo dalle conseguenze provocate dal rinnovamento operato dall'intervento delle norme comunitarie. Il comma 2 stabilisce che le disposizioni contenute nei testi unici non possono essere abrogate, sospese, derogate o comunque modificate se non in modo esplicito, mediante l'indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, sospendere o modificare.

      Gli articoli 6 e seguenti recano disposizioni particolari di adempimento e criteri di delega specifici per le singole direttive in essi indicate.

      In particolare con l'articolo 6 viene modificato l'articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, di seguito denominato «TULPS», così recependo parzialmente la direttiva 2004/57/CE della Commissione, del 23 aprile 2004, sull'identificazione di articoli pirotecnici e certe munizioni ai fini della direttiva del Consiglio 93/15/CEE relativa all'armonizzazione delle disposizioni relative all'immissione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile.

      La citata direttiva 2004/57/CE elenca nell'allegato I gli articoli che nelle raccomandazioni pertinenti delle Nazioni Unite sono considerati pirotecnici o munizioni e, nell'allegato II, quelli per i quali è richiesta una classificazione come articoli pirotecnici o esplosivi, ai fini della compiuta attuazione della direttiva 93/15/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993.

      Nelle premesse della citata direttiva 2004/57/CE si precisa che alcuni di tali articoli, pur rientrando nella classe I delle raccomandazioni delle Nazioni Unite, hanno duplice funzione, potendo essere usati sia come esplosivi che come articoli pirotecnici, secondo la caratteristica predominante. Nell'allegato A al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 19 settembre 2002, n. 272, sul controllo degli esplosivi per uso civile, che ha sostituito l'allegato A al regolamento per l'esecuzione del TULPS, di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (articolo 19), i prodotti che possono essere usati come esplosivi e come pirotecnici vengono già indicati come appartenenti alla Ia categoria (se munizioni), oppure alla IVa o Va categoria, gruppo C, D o E (se semplici giocattoli pirici).

      Sarebbe di conseguenza necessario, per la completa attuazione della citata direttiva 2004/57/CE, stabilire con un decreto ministeriale attuativo dell'articolo 20 del citato regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno n. 272 del 2002, le caratteristiche tecniche, in relazione alle quali i prodotti in argomento possono essere considerati dell'una o dell'altra categoria, per il concetto di preponderanza.

      Per quanto riguarda i semplici manufatti pirotecnici, già declassificati dal novero dei prodotti esplodenti con decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 1973, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 10 maggio 1973, si evidenzia che la riclassificazione di questi prodotti, in adesione alla direttiva 2004/57/CE, comporterebbe automaticamente la loro ricaduta, per il profilo dell'acquisto, nella disciplina alquanto «severa», prevista dall'articolo 55 del TULPS, con la conseguenza che gli esercenti la minuta vendita, per l'acquisto presso i loro esercizi commerciali di manufatti da ricondurre, in base all'emanando decreto riclassificatorio, nella Va categoria, gruppo D e gruppo E (dunque anche per giocattoli pirici tipo miccette et similia), dovrebbero preventivamente richiedere all'acquirente il porto d'arma o il nulla osta all'acquisto, oltre ad adempiere agli obblighi di registrazione e di comunicazione ai competenti uffici di polizia, come dimostra la lettura delle norme dell'articolo 55 del TULPS.

      Con l'articolo in argomento si stabilisce quindi, propedeuticamente al recepimento della direttiva 2004/57/CE, che:

          i manufatti di Va categoria, gruppi D ed E, permangano nel regime di libera vendita, in quanto materiali inoffensivi nell'impiego, tenuto conto che gli stessi erano già stati declassificati con il citato decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 1973;

          i manufatti di Va categoria, gruppo C, siano assoggettati a un regime di vendita controllata, consentendone l'acquisto ai soli maggiorenni muniti di valido documento di identità, fermi gli obblighi del rivenditore degli adempimenti di registrazione delle operazioni e di comunicazione delle stesse;

          i manufatti di IVa categoria, destinati a un uso abilitato, permangano nell'attuale regime, consentendone l'acquisto a soggetti muniti di porto d'arma o di nulla osta all'acquisto, rilasciato dal questore, fermi ovviamente gli obblighi del rivenditore alle registrazioni e comunicazioni prescritte.

      Per quanto concerne l'articolo 7, si ricorda che la direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi, all'articolo 4 ribadisce la facoltà per gli Stati membri di prevedere anche per i produttori di rifiuti pericolosi l'obbligo della tenuta di un registro degli stessi rifiuti, come stabilito all'articolo 14 della direttiva 75/442/CEE, modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, relativa ai rifiuti.

      Pertanto, il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, agli articoli 11, comma 3, e 12 ha stabilito l'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e della comunicazione annuale al Catasto dei rifiuti solo per gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi e non per i liberi professionisti non inquadrati in un'organizzazione d'impresa.

      Successivamente la circolare del Ministero dell'ambiente del 14 dicembre 1999 sull'obbligo di smaltimento dei rifiuti speciali per gli studi dei medici di famiglia ha chiarito la portata delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, ribadendo l'esclusione dai predetti obblighi di tenuta del registro e di comunicazione, nel caso specifico, per «i rifiuti sanitari pericolosi prodotti nell'esercizio di professione intellettuale non inquadrata in un'organizzazione d'impresa (singoli professionisti, medici generici, medici di famiglia, anche se si avvalgono della collaborazione di ausiliari)». Pertanto, detti soggetti, ad oggi, adempiono solo all'obbligo della compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti, nonché della conservazione per cinque anni di copia dello stesso, previsto all'articolo 15 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, a riprova sia del corretto affidamento dei rifiuti in questione a ditta autorizzata al trasporto, sia dell'avvio degli stessi alla destinazione finale di smaltimento.

      La Corte di giustizia delle Comunità europee, con ordinanza del 28 settembre 2004 (C-115/03), ha statuito che «l'obbligo di tenere un registro di rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi, riguarda tutti i produttori di rifiuti, tra cui gli studi medici-dentistici, e non solo i produttori di rifiuti pericolosi che esercitano la loro attività sotto forma di un'impresa o di un ente».

      Al fine di dare attuazione alla predetta ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee si è reso, pertanto, necessario prevedere, nel caso di produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa, che l'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, sia adempiuto attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie del formulario proprie del detentore, di cui all'articolo 15 del medesimo decreto legislativo. La disposizione consente, infatti, di adempiere all'obbligo previsto dall'articolo 4 della citata direttiva 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi, tenuto conto che dai formulari di identificazione sono desumibili tutti i dati previsti dall'articolo 14 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975.

      L'articolo 8, relativo alla valutazione di titoli e certificazioni acquisiti in altri Stati membri o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo e nella Confederazione elvetica, è finalizzato a coprire casi di non applicabilità delle direttive 89/48/CEE, 92/51/CEE e 1999/42/CE sulla base dei princìpi contenuti nelle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee dell'8 luglio 1999, causa C-234/97 e del 13 novembre 2003, causa C-313/01.

 

      Secondo dette sentenze l'ente competente a trattare domande relative all'accesso ad una qualche forma di attività che prevedano come requisito il possesso di titoli di studio o di certificazioni di esperienze professionali, è tenuto a valutare se i titoli e le conoscenze acquisiti dall'interessato negli Stati sopra indicati corrispondano a quelli richiesti dalle disposizioni nazionali.

 

      La norma fa salve tutte le norme già esistenti in materia di riconoscimenti a fini accademici e a fini professionali e mantiene ferma la competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valutare la corrispondenza dei titoli di studio provenienti da altri Stati membri con titoli previsti dall'ordinamento italiano.

      La previsione contenuta nell'articolo 9 è diretta a garantire l'applicazione della procedura di equipollenza di titoli di studio conseguiti da cittadini comunitari nelle scuole o istituti di altri Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo o nella Confederazione elvetica corrispondenti alla scuola italiana di livello primario e secondario.

 

      Il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, agli articoli 379 e 380, prevede una procedura di equipollenza con i titoli di studio italiani di livello elementare e medio dei corrispondenti titoli conseguiti all'estero da cittadini lavoratori italiani e dai loro congiunti emigrati o da cittadini italiani residenti all'estero o che hanno risieduto all'estero per motivi di lavoro o professionali e dai loro congiunti.

      Allo stato attuale non hanno più valore i motivi storici e sociali alla base della norma, ma diventa imperativo prevedere l'utilizzo della stessa procedura nel caso di titoli acquisiti da cittadini comunitari, ad oggi non espressamente previsti come destinatari della procedura stessa, per assicurare in tal modo il rispetto del principio di libera circolazione dei cittadini quale libertà fondamentale prevista dal Trattato.

      Completano il presente disegno di legge gli allegati A e B.

      Essi contengono entrambi l'elencazione delle direttive da recepire con decreto legislativo, con l'unica differenza che riflette il diverso iter procedurale - prevedente la sottoposizione al parere delle Commissioni parlamentari - che deve essere osservato in sede di trasposizione delle direttive elencate nell'allegato B.

      In ordine agli obblighi discendenti dall'articolo 8, comma 5, della citata legge n. 11 del 2005, secondo cui nella relazione al disegno di legge comunitaria «il Governo riferisce: a) sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto comunitario e sullo stato di eventuali procedure di infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana; b) fornisce l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa; c) dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è già scaduto e di quelle il cui termine di recepimento scade nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa», si segnala quanto segue.

 

      In relazione a quanto richiesto alla lettera a), risultano in corso alla data del 31 dicembre 2004:


 

 

Procedure ufficialmente aperte 251

di cui:

        per violazione del diritto comunitario 175

        per mancata trasposizione delle direttive 76

Classificazione per livello

1) violazione del diritto comunitario 175

    Ex articolo 226

        Messa in mora 82

        parere motivato 74

        messa in mora complementare 7

        parere motivato complementare 4

    Ex articolo 228

        Messa in mora 3

        Parere motivato 5

2) mancata trasposizione direttive 76

    Ex articolo 226

        Messa in mora 59

        Parere motivato 17

    Ex articolo 228

        Messa in mora 0

        Parere motivato 0

Classificazione per amministrazione competente:

        Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 70

        Ministero delle attività produttive 15

        Ministero delle comunicazioni 2

        Ministero per i beni e le attività culturali 1

        Ministero dell'economia e delle finanze 21

        Ministero della giustizia 3

        Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 18

        Ministero dell'interno 6

        Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 2

        Ministero delle politiche agricole e forestali 5

        Ministero della salute 23

        Presidenza del Consiglio dei ministri 23

        Ministero del lavoro e delle politiche sociali 14

 

 


      Per quanto riguarda la lettera b), si fornisce, di seguito, l'elenco delle direttive da attuare in via amministrativa da parte dello Stato, delle regioni e delle province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze:

          2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive;

          2003/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa alla protezione dei pedoni e degli altri utenti della strada vulnerabili prima e in caso di urto con un veicolo a motore e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio;

          2003/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 dicembre 2003, che modifica la direttiva 96/16/CE del Consiglio relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;

          2003/111/CE della Commissione, del 26 novembre 2003, che modifica l'allegato II della direttiva 92/34/CEE relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti;

          2003/112/CE della Commissione, del 1o dicembre 2003, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva paraquat;

          2003/113/CE della Commissione, del 3 dicembre 2003, che modifica gli allegati delle direttive 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio, per quanto riguarda le quantità massime di residui di alcuni antiparassitari rispettivamente sui e nei cereali, sui e nei prodotti alimentari di origine animale e su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli;

          2003/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 dicembre 2003, che modifica la direttiva 95/2/CE relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti;

          2003/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 dicembre 2003, che modifica la direttiva 94/35/CE sugli edulcoranti destinati ad essere utilizzati nei prodotti alimentari;

          2003/116/CE della Commissione, del 4 dicembre 2003, recante modifica degli allegati II, III, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio con riguardo all'organismo nocivo Erwinia amylovora (Burr.) Winsl. et al.;

          2003/118/CE della Commissione, del 5 dicembre 2003, che modifica gli allegati delle direttive 76/895/CEE, 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio, per quanto riguarda le quantità massime di residui di acefato, 2,4-D e paration metile;

          2003/119/CE della Commissione, del 5 dicembre 2003, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione delle sostanze attive mesosulfuron, propoxycarbazone e zoxamide;

          2003/120/CE della Commissione, del 5 dicembre 2003, che modifica la direttiva 90/496/CEE relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari;

          2003/121/CE della Commissione, del 15 dicembre 2003, che modifica la direttiva 98/53/CE che fissa metodi per il prelievo di campioni e metodi d'analisi per il controllo ufficiale dei tenori massimi di taluni contaminanti nei prodotti alimentari;

          2003/126/CE della Commissione, del 23 dicembre 2003, che stabilisce il metodo analitico per la determinazione dei costituenti di origine animale nell'ambito del controllo ufficiale degli alimenti per animali;

          2004/1/CE della Commissione, del 6 gennaio 2004, che modifica la direttiva 2002/72/CE relativamente alla sospensione dell'uso di azodicarbonammide come agente rigonfiante;

          2004/2/CE della Commissione, del 9 gennaio 2004, che modifica le direttive 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di fenamifos;

          2004/3/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, recante modifica delle direttive del Consiglio 70/156/CEE e 80/1268/CEE per quanto riguarda la misurazione delle emissioni di biossido di carbonio e il consumo di carburante dei veicoli N1;

          2004/4/CE della Commissione, del 15 gennaio 2004, che modifica la direttiva 96/3/CE recante deroga a talune norme della direttiva 93/43/CEE del Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari, con riguardo al trasporto marittimo di oli e di grassi liquidi sfusi;

          2004/5/CE della Commissione, del 20 gennaio 2004, che modifica la direttiva 2001/15/CE al fine di includere determinate sostanze nell'allegato;

          2004/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, che modifica la direttiva 92/24/CEE del Consiglio relativa ai dispositivi di limitazione della velocità o sistemi analoghi di limitazione della velocità montati a bordo di talune categorie di veicoli a motore;

          2004/29/CE della Commissione, del 4 marzo 2004, relativa alla fissazione dei caratteri e delle condizioni minime per l'esame delle varietà di viti;

          2004/30/CE della Commissione, del 10 marzo 2004, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione delle sostanze attive acido benzoico, flazasulfuron e pyraclostrobin;

          2004/31/CE della Commissione, del 17 marzo 2004, che modifica gli allegati I, II, III, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità;

          2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti;

          2004/43/CE della Commissione, del 13 aprile 2004, che modifica la direttiva 98/53/CE e la direttiva 2002/26/CE per quanto riguarda i metodi di prelievo di campioni ed i metodi d'analisi per il controllo ufficiale dei tenori di aflatossina e di ocratossina A nei prodotti alimentari per lattanti e prima infanzia;

          2004/44/CE della Commissione, del 13 aprile 2004, che modifica la direttiva 2002/69/CE che stabilisce i metodi di campionamento e d'analisi per il controllo ufficiale di diossine e la determinazione di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari;

          2004/45/CE della Commissione, del 16 aprile 2004, recante modifica della direttiva 96/77/CE che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti;

          2004/46/CE della Commissione, del 16 aprile 2004, che modifica la direttiva 95/31/CE per quanto concerne il sucralosio (E 955) e il sale di aspartame-acesulfame (E 962);

          2004/47/CE della Commissione, del 16 aprile 2004, recante modifica della direttiva 95/45/CE per quanto riguarda i caroteni misti [E 160 a (i)] e il betacarotene [E 160 a (ii)];

          2004/55/CE della Commissione, del 20 aprile 2004, che modifica la direttiva 66/401/CEE del Consiglio relativa alla commercializzazione delle sementi di piante foraggere;

          2004/58/CE della Commissione, del 23 aprile 2004, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione delle sostanze attive alpha-cypermethrin, benalaxyl, bromoxynil, desmedipham, ioxynil e phenmedipham;

          2004/59/CE della Commissione, del 23 aprile 2004, che modifica la direttiva 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di bromopropilato;

          2004/60/CE della Commissione, del 23 aprile 2004, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva quinoxifen;

          2004/61/CE della Commissione, del 26 aprile 2004, recante modifica degli allegati delle direttive 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di taluni antiparassitari il cui uso è vietato nella Comunità europea;

          2004/63/CE della Commissione, del 26 aprile 2004, che modifica la direttiva 2003/79/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione;

          2004/64/CE della Commissione, del 26 aprile 2004, che modifica la direttiva 2003/84/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione;

          2004/65/CE della Commissione, del 26 aprile 2004, che modifica la direttiva 2003/68/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione;

          2004/69/CE della Commissione, del 27 aprile 2004, che modifica la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne la definizione di «banche multilaterali di sviluppo»;

          2004/70/CE della Commissione, del 28 aprile 2004, che modifica la direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità;

          2004/71/CE della Commissione, del 28 aprile 2004, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva pseudomonas chlororaphis;

          2004/77/CE della Commissione, del 29 aprile 2004, che modifica la direttiva 94/54/CE per quanto riguarda l'etichettatura di taluni prodotti alimentari contenenti acido glicirrizico e il suo sale di ammonio;

          2004/78/CE della Commissione, del 29 aprile 2004, che modifica la direttiva 2001/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riscaldamento dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e la direttiva 70/156/CEE del Consiglio a fini di adeguamento al progresso tecnico;

          2004/79/CE della Commissione, del 4 marzo 2004, che adatta la direttiva 2002/ 94/CE, in materia di fiscalità, in conseguenza dell'adesione della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia;

          2004/87/CE della Commissione, del 7 settembre 2004, recante modifica della direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare al progresso tecnico il suo allegato III;

          2004/93/CE della Commissione, del 21 settembre 2004, che modifica la direttiva 76/768/CEE per adeguare al progresso tecnico i suoi allegati II e III;

          2004/94/CE della Commissione, del 15 settembre 2004, che modifica la direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativamente all'allegato IX;

          2004/95/CE della Commissione, del 24 settembre 2004, che modifica la direttiva 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di bifentrin e di famoxadone in essa fissate;

          2004/97/CE della Commissione, del 27 settembre 2004, che modifica la direttiva 2004/60/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione;

          2004/98/CE della Commissione, del 30 settembre 2004, recante modifica della direttiva 76/769/CEE del Consiglio relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso dell'etere di pentabromodifenile nei sistemi di evacuazione d'emergenza dei mezzi aerei allo scopo di adattarne l'allegato I al progresso tecnico;

          2004/99/CE della Commissione, del 1o ottobre 2004, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio in vista dell'iscrizione delle sostanze attive acetamiprid e thiacloprid;

          2004/102/CE della Commissione, del 5 ottobre 2004, che modifica gli allegati II, III, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità;

          2004/103/CE della Commissione, del 7 ottobre 2004, concernente i controlli di identità e fitosanitari su vegetali, prodotti vegetali e altre voci elencati nell'allegato V, parte B, della direttiva 2000/29/CE del Consiglio, che possono essere svolti in un luogo diverso dal punto di entrata nella Comunità o in un luogo vicino e che specifica le condizioni relative a tali controlli;

          2004/105/CE della Commissione, del 15 ottobre 2004, che determina i modelli di certificati fitosanitari ufficiali o di certificati fitosanitari di riesportazione che accompagnano vegetali, prodotti vegetali o altre voci provenienti dai paesi terzi ed elencati nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio;

          2004/115/CE della Commissione, del 15 dicembre 2004, che modifica la direttiva 90/642/CEE del Consiglio per quanto riguarda le quantità massime di residui di alcuni antiparassitari.

      Non risultano, infine, disponibili i dati relativi all'attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome ai sensi dell'articolo 8, comma 5, lettera e), della citata legge n. 11 del 2005.

      Sul disegno di legge si è pronunciata in data 3 febbraio 2005 la Conferenza Stato- regioni, in sessione comunitaria, esprimendo parere favorevole senza osservazioni.

*    *    *    *

      Il provvedimento non comporta nuovi o maggiori oneri, né minori entrate a carico del bilancio dello Stato, e pertanto si omette la relazione tecnica di cui all'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

      Per assicurare la corretta copertura delle eventuali spese, non contemplate da leggi vigenti e che non riguardino l'attività ordinaria delle pubbliche amministrazioni, che risultassero necessarie per dare corretta e completa attuazione a singole direttive per le quali il Governo riceve la delega dal Parlamento con il disegno di legge in esame, si è provveduto a introdurre una clausola generale di copertura all'articolo 2, comma 1, lettera d). Nell'esperienza, creatasi coordinando le attività di trasposizione di tutte le direttive nel nostro ordinamento, è emerso con una certa frequenza il problema dell'impossibilità o estrema difficoltà di riuscire a determinare, prima della effettiva stesura degli schemi di decreto legislativo di recepimento, se da alcune delle norme necessarie all'adempimento degli obblighi contenuti nelle singole direttive possano o meno derivare maggiori spese o minori entrate a carico del bilancio dello Stato. Ciò ha comportato che, nella quasi generalità dei casi, le leggi comunitarie non contengano disposizioni volte a prevedere e quantificare queste eventuali spese con puntuale indicazione della necessaria copertura finanziaria.

      Se da tale mancata previsione si dovesse necessariamente fare derivare, come conseguenza, l'impossibilità di introdurre nei decreti legislativi di recepimento norme che, sia pur necessarie a garantire un completo e corretto adempimento degli obblighi comunitari, comportino spese per le quali mancano le disposizioni prima indicate, sussisterebbe un reale rischio di esporre l'Erario al maggior danno ad esso derivante dall'apertura nei confronti dell'Italia di un contenzioso con la Corte di giustizia delle Comunità europee, dal quale deriverebbe la condanna del nostro Paese al pagamento di rilevantissime sanzioni pecuniarie per ogni giorno in cui venisse mantenuto l'inadempimento a tali obblighi comunitari. Al fine di evitare questo rischio, è stata quindi elaborata la norma contenuta nel citato articolo 2, comma 1, lettera d), che appare sufficientemente garantista sia nei confronti delle esigenze di una corretta gestione del bilancio dello Stato, che della possibilità di un puntuale adempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea anche in questi casi; è quella che si potrebbe definire una clausola di salvaguardia del sistema. Il testo prevede, infatti, che, nei casi in cui si tratti di spese strettamente necessarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva oggetto di recepimento e le stesse non possano essere coperte con i normali fondi già stanziati a favore delle amministrazioni competenti, il legislatore delegato potrà provvedere alla loro copertura a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, nel limite massimo complessivo, per tutte le direttive oggetto di delega nella legge comunitaria, di 50 milioni di euro. Chiaramente, la legge finanziaria annuale predispone puntualmente idonei stanziamenti a favore del fondo in questione.


ANALISI TECNICO-NORMATIVA

 

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto

A) Necessità dell'intervento normativo

        La legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, che ha abrogato e sostituito la legge 9 marzo 1989, n. 86, stabilisce una specifica procedura di recepimento della normativa comunitaria, che prevede la presentazione al Parlamento entro il 31 gennaio di ogni anno, da parte del Ministro per le politiche comunitarie, di un disegno di legge annuale, con il quale viene assicurato l'adeguamento periodico dell'ordinamento nazionale a quello comunitario.

        In attuazione di quanto previsto dall'articolo 8 della citata legge n. 11 del 2005, è stato predisposto il disegno di legge comunitaria per l'anno 2005 in esame.

B) Analisi del quadro normativo

        Il disegno di legge comunitaria per l'anno 2005 contiene disposizioni generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari; tra questi, gli articoli 1 e 2 individuano i princìpi e i criteri generali della delega legislativa per l'attuazione delle direttive contenute negli allegati A e B.

        Il comma 4 dell'articolo 1 stabilisce che i decreti legislativi di attuazione di normative comunitarie o di modifica di disposizioni attuative delle medesime, la cui delega è contenuta in leggi diverse dalla legge comunitaria annuale, siano adottati nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali previsti dalla stessa legge comunitaria per l'anno di riferimento, fatti salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni della legge di conferimento della delega ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare. La proposta è del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza prevalente sulla materia, di concerto, come nelle ipotesi di attuazione di direttive contenute nelle leggi comunitarie, con i Ministri degli affari esteri, della giustizia e con gli altri Ministri interessati.

        Il comma 6 dell'articolo 1 reca una disposizione che prevede un intervento suppletivo, anticipato e cedevole da parte dello Stato in caso di inadempienza delle regioni nell'attuazione delle direttive, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato. La norma stabilisce inoltre la necessaria indicazione espressa della natura sostitutiva e cedevole dei provvedimenti statali suppletivi. Il rapporto tra fonti statali e fonti regionali derivante dalla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, previsto nel comma 6, rispecchia la più generale strategia normativa introdotta con la citata legge n. 11 del 2005.

C) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti

        Le norme contenute negli articoli 6 e seguenti recano disposizioni particolari di adempimento e criteri di delega specifici per le singole direttive in esse indicate, che così incidono sulla normativa vigente.

        L'articolo 6 modifica l'articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, così recependo parzialmente la direttiva 2004/57/CE della Commissione, del 23 aprile 2004, sull'identificazione di articoli pirotecnici e certe munizioni, ai fini della direttiva del Consiglio 93/15/CEE, relativa all'armonizzazione delle disposizioni relative all'immissione sul mercato ed al controllo degli esplosivi per uso civile.

        L'articolo 7 non incide direttamente su norme vigenti, limitandosi ad estendere gli adempimenti, in ordine alla tenuta di registri di carico e scarico, già obbligatori per le imprese ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, anche ai liberi professionisti non inquadrati in un'organizzazione d'impresa, produttori di rifiuti pericolosi.

        L'articolo 8 non incide direttamente su normative preesistenti o già vigenti nell'ordinamento in materia di riconoscimenti di titoli a fini accademici o professionali, ma le fa salve stabilendo che, in caso di procedimento nel quale è richiesto quale requisito il possesso di un titolo di studio, corso di perfezionamento, certificazione di esperienze professionali ed ogni altro attestato che certifichi competenze acquisite dall'interessato, l'ente responsabile valuta la corrispondenza agli indicati requisiti dei titoli e delle certificazioni acquisiti in altri Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo o nella Confederazione elvetica. Tale valutazione è subordinata alla preventiva acquisizione, sugli stessi, del parere favorevole espresso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenuto conto dell'oggetto del procedimento.

        L'articolo 9 modifica il testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, garantendo l'applicazione della procedura di equipollenza di titoli di studio conseguiti da cittadini comunitari nelle scuole o istituti di altri Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo o nella Confederazione elvetica corrispondenti alla scuola italiana di livello primario e secondario.

D) Analisi di compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale

        Il disegno di legge stabilisce che i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie riservate alla competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, qualora queste ultime non abbiano provveduto con proprie norme attuative secondo quanto previsto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, entrano in vigore alla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa attuativa regionale o provinciale. Il potere sostitutivo dello Stato trova chiaro fondamento nella circostanza che l'Unione europea costituisce un'Unione di Stati e che lo Stato nel suo complesso, nella qualità di interlocutore primario della Comunità e dei partners europei, rappresenta il soggetto responsabile dell'adempimento degli obblighi comunitari. Di qui il corollario, a più riprese ribadito dalla Corte costituzionale, alla stregua del quale, ferma restando la competenza in prima istanza delle regioni e delle province autonome, allo Stato competono tutti gli strumenti necessari per non trovarsi impotente di fronte a violazioni di norme comunitarie determinate da attività positive od omissive dei soggetti dotati di autonomia costituzionale.

E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali

        Non sussistono problemi di interferenza con le fonti legislative che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

F) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione

        Il provvedimento non incide su materie disciplinate da fonti regolamentari.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo

A) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso

        Le disposizioni del disegno di legge non introducono nuove definizioni normative.

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi

        È stata verificata positivamente la correttezza dei riferimenti normativi contenuti negli articoli del provvedimento.

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti

        Si è fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa negli articoli 6 e 9.

D) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo

        Non si ravvisano effetti abrogativi impliciti dalle disposizioni del presente disegno di legge.

3. Ulteriori elementi

A) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto

        Non risultano attualmente pendenti giudizi di costituzionalità riguardanti le materie oggetto del provvedimento.

B) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell'iter

        Nella materia oggetto del provvedimento non risultano presentati progetti o disegni di legge analoghi.


ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

 

A) Destinatari dell'intervento

        Destinatari diretti ed indiretti dell'intervento normativo in esame sono, con riferimento all'attuazione delle direttive comprese negli allegati A e B, tutti coloro che risulteranno coinvolti dalla disciplina della specifica materia trattata, nonché i soggetti indicati negli articoli di normazione diretta inseriti nel capo II del provvedimento.

B) Obiettivi e risultati attesi

        Con disegno di legge si intende realizzare il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello comunitario, attraverso il recepimento delle direttive contenute negli allegati A e B, nonché con il parziale recepimento della direttiva 2004/57/CE della Commissione, del 23 aprile 2004, previsto nell'articolo 6, con l'esecuzione di un'ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee attraverso le disposizioni contenute nell'articolo 7, e con l'adeguamento ai princìpi comunitari agli articoli 8 e 9, per prevenire il contenzioso.

C) Impatto sull'organizzazione e sull'attività delle pubbliche amministrazioni; condizioni di operatività

        Non appare possibile verificare in questa fase eventuali profili problematici di copertura amministrativa, in quanto solo all'atto della predisposizione degli schemi di decreto legislativo di recepimento delle direttive contenute negli allegati A e B potrà essere verificata l'eventuale richiesta di incrementi delle attuali strutture amministrative coinvolte nell'attuazione degli stessi provvedimenti.

        In ordine agli articoli di cui al capo II, all'articolo 8 viene prevista la competenza, già in capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in ordine alla valutazione della corrispondenza dei titoli di studio provenienti da altri Stati membri con titoli previsti dall'ordinamento italiano.

 


 


 disegno di legge

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Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI SUI PROCEDIMENTI

PER L'ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI COMUNITARI

 

Art. 1.

(Delega al Governo per l'attuazione

di direttive comunitarie).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B.

      2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

      3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine di quaranta giorni prima indicato scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.

      4. I decreti legislativi di attuazione di normative comunitarie o di modifica di disposizioni attuative delle medesime, la cui delega è contenuta in leggi diverse dalla legge comunitaria annuale, fatti salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni della legge di conferimento della delega, ove non in contrasto con il diritto comunitario, e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, sono adottati nel rispetto degli altri princìpi e criteri direttivi generali previsti dalla stessa legge comunitaria per l'anno di riferimento, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

      5. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1.

      6. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, i decreti legislativi di cui al comma 1 eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano entrano in vigore, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e, nelle materie di competenza concorrente, dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato. A tale fine i decreti legislativi recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole delle disposizioni in essi contenute.

      7. Il Ministro per le politiche comunitarie, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risulti ancora esercitata trascorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dia conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo. Il Ministro per le politiche comunitarie ogni quattro mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.

      8. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi generali

della delega legislativa).

      1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo II e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

          a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative;

          b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatte salve le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa;

          c) salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a centocinquantamila euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a centocinquanta euro e non superiore a centocinquantamila euro è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni sopra indicate sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole o alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. In ogni caso sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi;

          d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per un ammontare complessivo non superiore a cinquanta milioni di euro;

          e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

          f) i decreti legislativi assicurano in ogni caso che, nelle materie oggetto delle direttive da attuare, la disciplina sia pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime, tenuto anche conto delle eventuali modificazioni comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

          g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili.

Art. 3.

(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie).

      1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, e di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

      2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informeranno ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c).

      3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 8 dell'articolo 1.

 

Art. 4.

(Oneri relativi a prestazioni e controlli).

      1. Gli oneri per prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici pubblici nell'attuazione delle normative comunitarie sono posti a carico dei soggetti inte- ressati, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio. Le suddette tariffe sono predeterminate e pubbliche.

      2. Le entrate derivanti dalle tariffe di cui al comma 1, qualora riferite all'attuazione delle direttive di cui agli allegati A e B, nonché di quelle da recepire con lo strumento regolamentare, sono attribuite alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.

 

Art. 5.

(Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, con le modalità di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 1, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, testi unici delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite per il recepimento di direttive comunitarie, al fine di coordinare le medesime con le norme legislative vigenti nelle stesse materie, apportando le sole modificazioni necessarie a garantire la semplificazione e la coerenza logica, sistematica e lessicale della normativa.

      2. I testi unici di cui al comma 1 riguardano materie o settori omogenei. Fermo restando quanto disposto al comma 3, le disposizioni contenute nei testi unici non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate, se non in modo esplicito mediante l'indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.

      3. Per le disposizioni adottate ai sensi del presente articolo si applica quanto previsto al comma 6 dell'articolo 1.

 

Capo II

DISPOSIZIONI PARTICOLARI DI ADEMPIMENTO, CRITERI SPECIFICI DI DELEGA LEGISLATIVA

 

Art. 6.

(Modifiche all'articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, a parziale recepimento della direttiva 2004/57/CE della Commissione, del 23 aprile 2004).

      1. All'articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al terzo comma:

              1) le parole: «di qualsiasi genere» sono sostituite dalle seguenti: «di Ia, IIa, IIIa, IVa e Va categoria, gruppo A e gruppo B,»;

              2) dopo le parole: «dal Questore» sono inserite le seguenti: «, nonché materie esplodenti di Va categoria, gruppo C, a privati che non siano maggiorenni e che non esibiscano un documento di identità in corso di validità»;

          b) dopo il quinto comma è inserito il seguente:

              «Gli obblighi di registrazione delle operazioni giornaliere e di comunicazione mensile all'ufficio di polizia competente per territorio non si applicano alle materie esplodenti di Va categoria, gruppo D e gruppo E».

 

Art. 7.

(Adempimenti in materia di rifiuti

pericolosi).

      1. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa adempiono all'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie del formulario proprie del detentore, di cui all'articolo 15 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997.

      2. I soggetti di cui al comma 1 non sono tenuti alla comunicazione annuale al Catasto, di cui all'articolo 11, comma 3, del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni.

      3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai rifiuti urbani.

 

Art. 8.

(Valutazione di titoli e certificazioni

comunitarie).

      1. Fatta salva la normativa vigente in materia, in caso di procedimento nel quale è richiesto quale requisito il possesso di un titolo di studio, corso di perfezionamento, certificazione di esperienze professionali e ogni altro attestato che certifichi competenze acquisite dall'interessato, l'ente responsabile valuta la corrispondenza agli indicati requisiti dei titoli e delle certificazioni acquisiti in altri Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo o nella Confederazione elvetica.

      2. La valutazione dei titoli di studio è subordinata alla preventiva acquisizione sugli stessi del parere favorevole espresso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenuto conto dell'oggetto del procedimento.

 

Art. 9.

(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297).

      1. Al testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 379, concernente la disciplina del riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero dai lavoratori italiani e loro congiunti emigrati:

              1) le parole: «lavoratori italiani e loro congiunti emigrati», «lavoratori italiani e i loro congiunti emigrati» e «lavoratori italiani o loro congiunti emigrati», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «cittadini di Stati membri dell'Unione europea, degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo e della Confederazione elvetica»;

              2) le parole: «all'estero», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «in uno Stato diverso dall'Italia»;

              3) il comma 9 è abrogato;

          b) l'articolo 380 è abrogato.

 

 



ALLEGATO A

(Articolo 1, commi 1 e 3

 

        2003/123/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003, che modifica la direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi.

        2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani.

        2004/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea.

        2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti.

        2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate.

        2004/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE.

      2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.

 

 

 


ALLEGATO B

(Articolo 1, commi 1 e 3)

 

        2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE).

      

      2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all'indennizzo delle vittime di reato.

      

      2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

      

      2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura.

 



[1]    indicate nella relazione al ddl comunitaria 2004 (A.S. 2742).

[2]     Legge 4 febbraio 2005, n. 11, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[3]     Parere, ai sensi dell’articolo 16-bis, del Regolamento, sul disegno di legge recante Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia (A.C. 3297-B), 14 luglio 2004.

[4]    Al riguardo, si ricorda che il Comitato per la legislazione, nel parere espresso il 6 febbraio 2002 sul disegno di legge comunitaria per il 2001 (A.C. 1533-B) – che pur recando una norma analoga a quella in esame, non conteneva la precisazione espressa della cedevolezza – aveva formulato un’osservazione, volta ad evidenziare la necessità di rendere chiaramente individuabili le disposizioni dei decreti legislativi aventi carattere sostitutivo. Ciò al fine di tutelare il principio di certezza del diritto e di conoscibilità dell’ordinamento giuridico, oltre che le autonomie regionali, in quanto si tratterebbe di norme relative a materie che non rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. Successivamente, la legge n. 14 del 2003, legge comunitaria per il 2002, aveva aggiunto, alla fine del comma 5 dell’articolo 1, un periodo contenente la precisazione del carattere sostitutivo e cedevole dei decreti legislativi in questione, mentre la legge comunitaria per il 2003 (l. n. 306 del 2003), a seguito dell’approvazione di un emendamento soppressivo da parte del Senato, non contiene analogo inciso.

[5]    Analoga previsione era già contenuta nella precedente legge La Pergola (l. n. 86/1989) .

[6]    Si ricorda che in base ai dati forniti dal Ministro per le politiche comunitarie nel corso dell’audizione del 26/6/2003 presso la XIV Commissione della Camera dei deputati (aggiornati al 23/6/2003), risultavano a tale data ufficialmente aperte contro l’Italia complessivamente 226 procedure di infrazione, delle quali 87 per mancata trasposizione di direttive e 179 per non corretta applicazione del diritto comunitario

[7]    Elaborazione  dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea su dati del Dipartimento delle Politiche comunitarie e del Segretariato generale della Commissione europea

[8]    pubblicato il 27 gennaio 2005 e che sarà presentato al prossimo Consiglio europeo di primavera

[9]    COM(2003)238 final, del 7 maggio 2003.

[10]    I dati si riferiscono a casi di non conformità o di applicazione erronea della legislazione del mercato interno e non comprendono i casi di recepimento tardivo. Al 1° maggio 2004 risultavano aperte per l’Italia 149 procedure, tale numero è aumentato al 31 ottobre 2004

[11]   Il Rapporto considera solo EU a 15 Stati poiché non sono state ancora aperte procedure di infrazione nei confronti dei nuovi 10 stati membri dell’Unione.

[12]    Il Solvit  è una rete on-line in funzione dal luglio 2002 che permette di trovare una risoluzione extragiudiziale (informale) alle denunce dei consumatori e delle imprese relative ad una scorretta applicazione delle norme sul mercato interno da parte delle amministrative pubbliche. In ciascuno Stato membro le vittime di un’applicazione erronea del diritto dell’UE, da parte di autorità locali o nazionali di un altro Stato membro, possono rivolgersi al centro Solvit per ottenere che la questione sia rapidamente risolta: i tempi medi sono di 10 settimane per risolvere i reclami. Le soluzioni proposte non sono vincolanti. In ogni caso, se il cliente considera la proposta inaccettabile, può raccomandare di risolvere la controversia per via giudiziaria. Il tempo medio di soluzione di un problema nel 2004 è stato di 10 settimane. In Italia l’utilizzo di tale strumento è stato, fino al 15 aprile2003, - quasi nullo con un tempo medio impiegato di 101 giorni.

[13]   Analoga previsione era già contenuta nella precedente legge La Pergola (l. n. 86/1989) .

[14]   Al 30 aprile 2004 la percentuale era del 97,70%.

[15]    Tale dato comprende anche le direttive il cui termine di recepimento non è ancora scaduto.

[16]    Al 31 ottobre 2003, sono 1535 le direttive e 429 i regolamenti che si riferiscono al Mercato interno come definito dal Trattato CE.

[17]   pubblicato il 27 gennaio 2005 e presentato al Consiglio europeo di primavera 2005.

[18]   Tale valore registra un peggioramento rispetto a quello del 2,2% dello Scoreboard del giugno 2004, che però non teneva conto dell’allargamento, considerando invece l’UE a 25 il deficit medio dell’UE al momento dell’allargamento era del 7,1%.

[19]    Il Governo ha presentato alle Camere un disegno di legge delega (A.C. 2031-ter) per il recepimento di tale direttiva, approvato in terza lettura alla Camera (2031-ter- B) e ritrasmesso al Senato (A.S. 1745-B). Le Commissioni riunite 10a e 12a del Senato hanno concluso l’esame in sede referente il 3 marzo 2004.

[20]   Per il recepimento di tale direttiva la legge comunitaria per il 2003 (L. n. 306/2003) ha previsto apposita norma di delega al Governo. Ad oggi, la delega non risulta esercitata.

[21]    Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

[22]    Legge 4 febbraio 2005, n. 11, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[23]    Legge 9 marzo 1989, n. 86, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[24]    Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.

[25]    Legge 1 marzo 2002, n. 39, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2001.

[26]    Si veda in particolare il nuovo art. 117, sesto comma, Cost..

[27]    Legge 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[28]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[29]    Al riguardo si ricorda che la Corte costituzionale, con la sent. 53/1997, confermata dalla successiva sent. 456/1998, ha avuto modo di pronunciarsi criticamente sulla scarsa precisione dei princìpi e criteri direttivi relativi alle sanzioni penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi delegati. La Corte ha infatti affermato, in relazione alla disposizione dell’art. 2, lett. d), della L. 146/1994 – legge comunitaria per il 1993 – analoga a quella contenuta nella lett. c) in esame, che la disposizione, che stabilisce i criteri e princìpi direttivi della delega conferita al Governo, in ordine alle sanzioni per le infrazioni alle norme delegate “non appare certo perspicua. […] La Corte esprime dunque l’auspicio che il legislatore, ove conferisca deleghe ampie di questo tipo, adotti, per quanto riguarda il ricorso alla sanzione penale, al cui proposito è opportuno il massimo di chiarezza e certezza, criteri configurati in modo più preciso”.

[30]    Le infrazioni lesive di determinati interessi generali dell’ordinamento interno, in quanto ritenuti meritevoli di tutela penale, erano state escluse dalla depenalizzazione effettuata dalla L. 689/1981 e, da ultimo, dalla ulteriore depenalizzazione prevista dalla legge 25 giugno 1999, n. 205, e dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, emanato in base alla delega ivi prevista.

[31]    In particolare, l’articolo 4, comma 2, del disegno di legge comunitaria per il 2004 ha introdotto, per la prima volta, una disposizione identica a quella del comma 2 dell’articolo in esame, concernente l’attribuzione delle entrate alle amministrazioni competenti.

[32]    Legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 8.

[33]    Legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 8.

[34]    Legge 8 marzo 1999, n. 50, Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998.

[35]    A tale proposito si ricorda che il Comitato per la legislazione della Camera dei deputati, nel parere reso il 15 marzo 2000 sul disegno di legge comunitaria 2000, sottolineava l’opportunità di sopprimere la disposizione volta ad attuare un processo speciale di riordino normativo per le norme attuative delle direttive comunitarie, considerato che l’art. 7 della L. 50/1999 prevedeva già un ampio programma di riordino normativo. Nel frattempo, l’art. 7 della L. 50/1999 veniva modificato ad opera della legge di semplificazione 1999 (L. 340/2000), la quale tra l’altro stabiliva che il programma di riordino normativo ivi previsto potesse comprendere, oltre alle materie indicate in allegato alla stessa legge, anche “ogni altra disposizione che preveda la redazione dei testi unici”.

[36]    Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[37]    Il quinto comma dell’art. 117 Cost. riguarda la partecipazione delle regioni e province autonome alla fase ascendente di formazione degli atti comunitari, nonché all’attuazione della normativa stessa, nel rispetto della procedura determinata da legge statale, che disciplina l’esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato in caso di inadempienza.

[38]    Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

[39]    Direttiva 93/15/CEE, del Consiglio, del 5 aprile 1993, relativa all’armonizzazione delle disposizioni relative all’immissione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile.

[40]    Approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

[41] Si ricorda che il Catasto nazionale dei rifiuti è stato istituito dall’articolo 3 del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, con lo scopo di raccogliere in un sistema unitario, articolato su scala regionale, i dati relativi ai soggetti produttori e smaltitori di rifiuti. Successivamente, il “decreto Ronchi” ha abrogato quasi integralmente la legge n. 475 del 1988 (fra gli articoli abrogati, sono stati inseriti anche quelli relativi al Catasto nazionale) ridisegnando – all’articolo 11 – le linee fondamentali del nuovo Catasto. In attuazione dell’articolo 11 del decreto n. 22 del 1997, la riorganizzazione del Catasto è stata disciplinata dal DM 4 agosto 1978, n. 372, Regolamento recante norme sulla riorganizzazione del catasto dei rifiuti.

[42]    Procedura 1998/2024. La Commissione aveva inviato all’Italia parere motivato il 13 aprile 2001.

[43]   Il decreto legge 5 febbraio 1997, n. 22, recepisce nell’ordinamento nazionale le direttive 75/442/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE.

[44]    Come è argomentato dalla sentenza, nel caso di specie risulta inapplicabile la direttiva 89/48 CE i particolare perché l'attività di praticante-patrocinante non può essere qualificata come «professione regolamentata» ai sensi della direttiva 89/48, separabile da quella  di avvocato. 

[45]    L’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) fu firmato il 3 maggio 1992 dagli allora 12 Stati membri della Comunità europea e  da 6 degli Stati allora membri dell’EFTA-European Free Trade Association – Associazione europea di libero scambio- e cioè  Austria, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Svizzera. La svizzera successivamente, a seguito di un referendum, ritirò la sua adesione.

L’Accordo, ratificato dall’Italia con legge 28 luglio 1993 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1994,  istituisce una zona europea in cui è assicurata la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali; a tal fine, per quanto qui interessa, l’art. 30 prevede che le parti contraenti adottino misure per il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati ed altri titoli di formazione nonché per  il coordinamento delle disposizioni legislative amministrative e regolamentari riguardanti l’accesso e l’esercizio di attività professionali da parte di lavoratori subordinati o autonomi.

Attualmente l’accordo si applica  ai 15  Stati membri dell’UE (prima dell’allargamento del 1° maggio 2004) e a Islanda, Liechtenstein e Norvegia; è stato tuttavia sottoscritto un nuovo Accordo che prevede la partecipazione al SEE dei dieci Stati divenuti  membri dell’UE; quest’ultimo è  in corso di ratifica alla Camera (ddl AC 5587, già approvato dal Senato).

[46]    D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[47]    77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE. 80/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE

[48]    89/48/CEE e 92/51/CEE.

[49]   L’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) fu firmato il 3 maggio 1992 dagli allora 12 Stati membri della Comunità europea e  da 6 degli Stati allora membri dell’EFTA-European Free Trade Association – Associazione europea di libero scambio e cioè  Austria, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Svizzera. La Svizzera successivamente, a seguito di un referendum, ritirò la sua adesione.

L’Accordo, ratificato dall’Italia con legge 28 luglio 1993 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1994,  istituisce una zona europea in cui è assicurata la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali; a tal fine, per quanto qui interessa, l’art. 30 prevede che le parti contraenti adottino misure per il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati ed altri titoli di formazione nonché per  il coordinamento delle disposizioni legislative amministrative e regolamentari riguardanti l’accesso e l’esercizio di attività professionali da parte di lavoratori subordinati o autonomi.

Attualmente l’accordo si applica  ai 15  Stati membri dell’UE (prima dell’allargamento del 1° maggio 2004) e a Islanda, Liechtenstein e Norvegia, è stato tuttavia sottoscritto un nuovo Accordo che prevede la partecipazione al SEE dei dieci Stati divenuti  membri dell’UE; quest’ultimo è  in corso di ratifica alla Camera (ddl  AC 5587, già approvato dal Senato) .

[50]   In precedenza gli articoli 47 e 49 del Trattato che istituisce la Comunità europea (nella versione consolidata 97/C 340/03) stabilivano, rispettivamente, il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli professionali e la libera circolazione nel settore della prestazione di servizi, ciò nel quadro del regime generale di liberalizzazione posto dal Trattato CE in materia di diritto di stabilimento e prestazione dei servizi,

[51]   D.Lgs.  16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.).

[52]   Si ricorda che il riconoscimento degli studi compiuti all’estero ai fini della loro prosecuzione nelle scuole italiane compete ora alle singole istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 1,comma 2, del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59 ).

[53]   Legge 3 marzo 1997, n.153, Iniziative scolastiche , di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali da attuare all’esteroa favore dei lavoratori italiani e dei loro congiunti.

[54]   Da  informazioni raccolte presso il MIUR risulta tuttavia che i provvedimenti applicativi citati dall’art. 379 non sono stati emanati ; alla validazione del titolo di studio si provvede pertanto  di volta in volta valutando i casi singoli.

[55]   Art. 2 e seguenti del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[56]   Ai sensi, da ultimo, dell’ art. 8 del D.P.R. 11 agosto 2003, n. 319 Regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

[57]   Rimane fermo il disposto dell’articolo 6, secondo cui lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia. L’articolo 7 precisa che non è compreso nella nozione di “ritenuta alla fonte” il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell'imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre.

[58]   Si applicano al riguardo le direttive 2001/83, 2000/70, 2002/98 e la raccomandazione 98/463.

[59]   Si tratta di una banca dei tessuti o un’unità di un ospedale o di un organismo in cui si effettuano attività di lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di tessuti e cellule umani.

[60]    Con il termine comitatologiao comitologia si designano le procedure mediante le quali la Commissione, in base all’articolo 202 del Trattato CE, esercita i poteri ad essa delegati per l’attuazione degli atti comunitari “legislativi”, vale a dire adottati dal Parlamento e dal Consiglio o dal solo Consiglio secondo una delle procedure decisionali previste dal Trattato CE (consultazione, codecisione, cooperazione, parere conforme). Le quattro procedure di comitatologia (consultazione, gestione, regolamentazione e di salvaguardia), attualmente disciplinate dalla decisione del Consiglio n.1999/468/CE, prevedono l’obbligo della Commissione di sottoporre i progetti di misure di attuazione a comitati composti da funzionari delle amministrazioni nazionali. L’efficacia del parere del comitato dipende dal tipo di procedura di cui l’atto legislativo dispone di volta in volta l’applicazione.

[61]    Decisione n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996

[62]   La riduzione in schiavitù derivante dal traffico di esseri umani coinvolge soprattutto donne e bambini provenienti dalle aree più povere del mondo i quali, spinti da reti di trafficanti o dalla piccola criminalità ad immigrare illegalmente nei Paesi occidentali con la speranza di una diversa prospettiva di vita, sono poi costretti alla prostituzione, al lavoro forzato e all’accattonaggio.

[63]    Nel corso della Conferenza di Palermo del 12 dicembre 2000.

[64]   D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[65]   In particolare, si vedano i casi previsti dall’art. 380, comma 2, lettera d): delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale.

[66]   D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

[67]   Legge 11 agosto 2003, n. 228, Misure contro la tratta di persone.

[68]    La direttiva 95/46/CE costituisce il testo di riferimento, a livello europeo, in materia di protezione dei dati personali. Essa fissa limiti precisi per la raccolta e l'utilizzazione dei dati personali e chiede a ciascuno Stato membro di istituire un organismo nazionale indipendente incaricato della protezione di tali dati. Si ricorda a tale proposito che la normativa nazionale è ora riordinata nel D.Lgs. 30-6-2003, n. 196 - Codice in materia di protezione dei dati personali.

[69]    Le apparecchiature elettriche ed elettroniche soggette all’applicazione della direttiva comprendono dall’apparecchio di illuminazione, all’elettrodomestico, alla scheda elettronica al personal computer o al PLC (Programmable Logic Controller) per applicazioni industriali. Tutte queste apparecchiature devono rispettare le prescrizioni della direttiva e recare la marcatura CE quale dichiarazione palese di conformità. Si ricorda, inoltre, che i componenti elementari (resistori, fusibili, transitori, circuiti integrati, ecc.) non sono soggetti alla marcatura ai fini della direttiva sulla compatibilità elettromagnetica, a meno che essi non vengano immessi sul mercato come unità a sé stante. Anche gli apparecchi che per loro natura non sono causa di disturbi (es. apparecchi di illuminazione con lampade ad incandescenza alimentate a frequenza di rete) devono presentare la marcatura CE; in questo caso però la conformità ai requisiti non richiede l'esecuzione di alcuna prova.

[70]  G. U. 4 giugno 1999. n. 129

[71]    Il Comitato europeo di Normalizzazione Elettrotecnica (CENELEC) è l’organismo competente ad adottare le norme armonizzate conformemente agli orientamenti generali per la cooperazione tra la Commissione e il Comitato europeo di Normalizzazione (CEN) e il CENELEC, sottoscritti il 13 novembre 1984. In particolare, le norme per la compatibilità elettromagnetica si classificano in norme di prodotto, norme di base e norme generiche ambientali. Le norme di base definiscono metodi, configurazioni e strumenti di prova. Le norme generiche stabiliscono i requisiti essenziali destinati ad un determinato ambiente, ad esempio domestico o industriale e ne definiscono le relative prove secondo le norme di base. Le norme di prodotto, infine, individuano i requisiti specifici per un determinato tipo, famiglia o categoria di prodotti.

[72]    Direttiva 2004/114/CE del Consiglio del 13 dicembre 2004 relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 23 dicembre 2004, n. L375).

[73]    Si veda in proposito la relazione illustrativa alla Proposta di direttiva relativa alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, formazione professionale o volontariato del 7 ottobre 2002 COM(2002) 548 definitivo. Utile anche il Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, formazione professionale o volontariato" (COM(2002) 548 def.

[74]    Proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni d’ingresso e di soggiorno dei cittadini di Paesi terzi che intendono svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo (COM(2001) 386).

[75]    Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (pubblicata nella Gazzetta  ufficiale dell’Unione europea,3 ottobre 2003, L 251).

[76]    La relazione è stata approvata nel marzo 2001 dal Consiglio europeo di Stoccolma, che ha richiesto la preparazione di un programma di lavoro dettagliato adottato il 14 febbraio 2002.

[77]    D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[78]    DM 19 dicembre 2001, fissazione del numero massimo di visti di ingresso per l’accesso all’istruzione universitaria degl.i studenti stranieri. Anno accademico 2001-2002 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 16 aprile 2002, n. 89)

[79]    In particolare, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario o per motivi religiosi, nonché per gli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia.

[80]    Disciplinata dalla legge 2 agosto 1999, n. 264, e dal regolamento emanato con D.M. 21 luglio 1997, n. 245.

[81]   Il ministro dell'interno, con direttiva 1° marzo 2000, ha provveduto alla definizione dei criteri per quantificare i mezzi di sussistenza che gli stranieri extracomunitari devono dimostrare di possedere, nell'ambito delle condizioni per l'ingresso nel territorio nazionale e per il rilascio del visto.

[82]    Si vedano da ultimo le Disposizioni valide per il triennio 2005-2007 emanate il 21 marzo 2005 (prot. 658)..

[83]    Direttiva 90/394/CEE del Consiglio del 28 giugno 1990.

[84]    Raccomandazione 2003/134/CE del Consiglio del 18 febbraio 2003.

[85]    Tale strategia fa seguito al programma comunitario 1996-2000, adottato dalla Commissione il 12 luglio 1995 dopo l'attuazione della parte più significativa del corpus legislativo in tema di salute e sicurezza sul lavoro. Tale programma ribadiva essenzialmente la necessità di garantire l'attuazione e l'applicazione della normativa vigente.

[86]    Direttiva 92/57/CEE del Consiglio del 24 giugno 1992.

[87]    Direttiva 93/103/CEE del Consiglio del 23 novembre 1993.

[88]    Direttiva 2003/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 febbraio 2003.

[89]    Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 giugno 2002.

[90]    Direttiva 90/679/CEE del Consiglio del 26 novembre 1990.

[91]    Direttiva 90/394/CEE del Consiglio del 28 giugno 1990.

[92]    Direttiva 92/85/CEE del Consiglio del 19 ottobre 1992.

[93]    Direttiva 92/29/CEE del Consiglio del 31 marzo 1992.

[94]    Direttiva 91/383/CEE del Consiglio del 25 giugno 1991.

[95]    Direttiva 94/33/CEE del Consiglio del 22 giugno 1994.

[96]    Termine da ultimo così prorogato dall’articolo 6 del D.L. 266 del 2004, convertito dalla L. 306 del 2004.

[97]    Direttiva 2002/44/CE, sedicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE.

[98]    Direttiva 2003/10/CE, diciassettesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE.

[99]    Guidelines for Limiting Exposure to Time-varying Electric, Magnetic, and Electromagnetic Fields (up to 300 GHz). Health Physics 74: 494-522 (1998)

[100]  Ai sensi del richiamato articolo 11, i datori di lavoro hanno l’obbligo di consultare i lavoratori e/o i loro rappresentanti e permettono la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti in tutte le questioni che riguardano la sicurezza e la protezione della salute durante il lavoro.

Inoltre, i lavoratori o i rappresentanti dei lavoratori i quali hanno una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori partecipano in modo equilibrato, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, o sono consultati preventivamente e tempestivamente dal datore di lavoro in merito a determinate situazioni, quali, tra le altre, su qualunque azione che possa avere effetti rilevanti sulla sicurezza e sulla salute; sull'eventuale ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento; sulla concezione e organizzazione della formazione

Infine, i rappresentanti dei lavoratori i quali hanno una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori hanno il diritto di chiedere al datore di lavoro di prendere misure adeguate e di presentargli proposte in tal senso, per ridurre qualsiasi rischio per i lavoratori e/o eliminare le cause di pericolo.

[101]  Tale articolo stabilisce che Qualora il Parlamento europeo indichi, con risoluzione motivata, che un progetto di misure d'esecuzione, di cui è prevista l'adozione e che è stato sottoposto ad un comitato in virtù di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, eccederebbe le competenze di esecuzione previste in detto atto di base, la Commissione riesamina il progetto. La Commissione, tenuto conto della citata risoluzione, può presentare al comitato, rispettando i termini del procedimento in corso, un nuovo progetto di misure, continuare il procedimento ovvero presentare al Parlamento europeo ed al Consiglio una proposta in base al trattato. La Commissione informa il Parlamento europeo e il comitato, motivando la sua decisione, del seguito che intende dare alla risoluzione del Parlamento europeo.

[102]  Nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, in particolare il punto 32, è indicato che dovrebbero essere elaborate norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull'accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali. Dovrebbero inoltre essere creati programmi nazionali di finanziamento delle iniziative, sia statali sia non governative, per l'assistenza alle vittime e la loro tutela.

[103]  Segnatamente, gli attentati avvenuti a Nassiriya il 12 novembre 2003 e ad Instanbul il 15 novembre 2003.

[104]  La Convenzione di Ginevra è stata ratificata dall’Italia con la legge 24 luglio 1954, n. 722, Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951. Anche le modifiche apportate alla Convenzione dal Protocollo di New York sono state recepite nel nostro ordinamento con la legge 14 febbraio 1970, n. 95.

[105]  La Convenzione è stata ratificata con la L. 23 dicembre 1992, n. 523, Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990.

[106]  D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito in legge, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39), Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Si tratta della prima legge organica in materia di immigrazione e di asilo, successivamente abrogata dalla legge n. 40 del 1998 (ora confluita nel testo unico in materia di immigrazione), ad eccezione dell’articolo 1, tuttora vigente, recante la disciplina dell’esercizio del diritto di asilo.

[107]  Si ricorda che la Carta dei diritti ora costituisce la Parte II del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

[108]  Nel nostro ordinamento il disegno di legge di ratifica del Trattato è stato approvato dalla Camera  dei deputati il 25 gennaio 2005 e dal Senato il 6 aprile 2005 (A.S. 3269).

[109]  Da ultimo, con la decisione 2001/51/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2000, è stato adottato il quinto programma d’azione comunitario in materia di parità fra le donne e gli uomini (2001-2005), strumento necessario per l’attuazione della strategia-quadro globale.

[110]  Si segnala, da ultimo, la Relazione sull’uguaglianza tra le donne e gli uomini 2004, COM(2004) 115, presentata dalla Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni il 19 febbraio 2004.

[111]  La legge comunitaria per il 2003 (L. 31 ottobre 2003, n. 306) conferisce una delega al Governo per il recepimento della direttiva, il cui termine di adeguamento per gli ordinamenti nazionali è fissato al 7 ottobre 2005.

[112]  Procedura 1999/4239

[113]  Nella lettera di messa in mora in oggetto, la Commissione richiama, in particolare, la sentenza dell'11.1.2000 della Corte nella causa C-285/98, Kreil, nonché la sentenza del 15.5.1985 nella causa 222/84 Johnston e la sentenza del 26.10.1999 nella causa Sirdar.

[114]Procedura 2000/5088

[115]La lettera di messa in mora ricorda che la legge n. 958/86 (art. 19) prevedeva a favore dei militari una riserva del 5% degli impegni annui per personale impiegatizio e del 10% di impegni per personale operaio a disposizione delle amministrazioni pubbliche. Questa riserva è stata portata a 20% con il decreto legge n. 196 del 12 maggio 1995 e, successivamente, al 30% con decreto legge n. 215 dell’8 maggio 2001.

[116]  Si rinvia al documento, predisposto a livello governativo, di “Studio sull’etichettatura delle acque minerali naturali”, disponibile sul sito del Governo, al seguente indirizzo http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/acqua_minerale/acqua_minerale.pdf.

[117]A mero titolo di esempio, per segnalare l’ampiezza della categoria dei menzionati additivi, va rammentato che essi includono: i conservanti, gli antiossidanti, gli acidificanti e i correttori di acidità, gli emulsionanti, gli esaltatori di sapidità, gli agenti schiumogeni, i gelificanti, i gas d’imballaggio, i propellenti, gli agenti lievitanti, gli stabilizzanti, gli addensanti.

[118]Tale decreto del ’96 è stato da ultimo modificato con il D.M. 31/3/04 (per l’adeguamento delle norme interne alla direttiva 2003/116/CE) e con il D.M. 20/7/04 (di adeguamento alle direttive n. 31 e 32 del 2004).

[119]  Dir. 91/414/CEE del 15 luglio 1991 relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (G.U.C.E. 19 agosto 1991, n. L 230).

[120]  La direttiva citata è stata recepita con D.M. 27 gennaio 1979, D.M. 10 dicembre 1979, D.M. 15 febbraio 1980, D.M. 6 giugno 1980, L. 11 ottobre 1986, n. 713 e Circolare 18 ottobre 1990 n. 27 (in G.U. 7 novembre 1990, n. 260).

[121]  È’ modificata la colonna g, per i numeri d'ordine da 1 a 60, dell’allegato III, parte 2, della direttiva 76/768/CEE.

[122]Sono sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche.

[123]È’ modificato l'allegato II della direttiva 76/768/CEE.

[124]È’ modificata la parte prima dell'allegato III della direttiva 76/768/CEE.

[125]Si tratta dell'allegato IX della direttiva 76/768/CEE.

[126]La sperimentazione animale non può essere completamente sostituita da un metodo alternativo; nell'allegato IX si indica se il metodo alternativo sostituisce la sperimentazione animale parzialmente o per intero.

[127]Dati elaborati sulla base del contenuto della banca dati "Repertorio delle direttive " curata dal Dipartimento politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio, della banca dati CELEX dell’Unione europea e della banca dati GURITEL del Poligrafico dello Stato.

[128]  Il 26/10/2004 è stato presentato lo schema di decreto legislativo di recepimento (Atto n. 418). La legge comunitaria per il 1999 (L. n. 526/1999) aveva già disposto l’attuazione di tale direttiva mediante regolamento

[129]La delega per l’attuazione di tale direttiva era già contenuta nella legge comunitaria per il 2001 (L. n. 39/2002) ma non è stata esercitata.

[130]Il ddl delega in materia ambientale (AS 1753-C) prevede l’emanazione di un TU sulle acque e la Direttiva del Ministero dell’ambiente del 27/5/2004 cita la direttiva 2000/60/CE.

[131]  Si segnala che la legge n. 308/2004 recante Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione, prevede tra i criteri e princìpi direttivi della delega (art. 1, co. 9, lett. a) anche la garanzia del “pieno recepimento della direttiva 2000/76/CE” in oggetto. E’ stato presentato lo schema di Dlgs di recepimento della direttiva (Atto n. 444)

[132]   E’ stato presentato il 25 gennaio 2005 dalla Commissione delle Comunità europee : ricorso del contro la Repubblica italiana (Causa C-21/05).

[133]La delega per l’attuazione di tale direttiva era già contenuta nella legge comunitaria per il 2001 (L. n. 39/2002) ma non è stata esercitata.

[134]La delega per l’attuazione di tale direttiva era già contenuta nella legge comunitaria per il 2001 (L. n. 39/2002) ma non è stata esercitata.

[135]E’ stato presentato ad aprile 2005 lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva (Atto n. 478).

[136]E’ stato presentato a marzo 2005 lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva (atto n. 454).

[137]E’ stato presentato a marzo 2005 lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva (Atto n. 471).

[138]La direttiva è attuata direttamete dal disegno di legge comunitaria 2004 (A.S. 2742-B).

[139]E’ stato presentato il 22/10/2004 lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva (Atto n. 415).

[140]E’ stato presentato lo schema dlgs n. 428 il 9/11/2004. L’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia (Causa C-485/04) per inadempimento.

[141]E’ stato presentato a dicembre 2004 lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttive (Atto n. 437).

[142]E’ stato presentato a dicembre 2004 lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttive (Atto n. 438).

[143]E’ stato presentato a marzo 2005 lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva (Atto n. 459).

[144]La delega è anche contenuta nella L. n. 308/2004 ed era già contenuta nella legge comunitaria 2001 (L. n. 39/2002).

[145]La delega era già contenuta nella legge comunitaria 2001 (L. n. 39/2002).

[146]La delega era già contenuta nella legge comunitaria 2002 (L. n. 14/2003).

[147]La delega, già contenuta nella legge comunitaria 2003 (L. n. 306/2003).

[148]Con delibera dell’Autorità sull’energia è stata data attuazione all'art. 21, co. 1, lett.b) della direttiva.

[149]Il recepimento di tale direttiva è previsto come conseguenza del recepimento della direttiva 2001/83/CE