XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri , Servizio Studi - Dipartimento affari sociali , Servizio Studi - Dipartimento agricoltura , Servizio Studi - Dipartimento ambiente , Servizio Studi - Dipartimento attività produttive , Servizio Studi - Dipartimento bilancio , Servizio Studi - Dipartimento cultura , Servizio Studi - Dipartimento difesa , Servizio Studi - Dipartimento finanze , Servizio Studi - Dipartimento giustizia , Servizio Studi - Dipartimento istituzioni , Servizio Studi - Dipartimento lavoro , Servizio Studi - Dipartimento trasporti , Servizio Studi - Documentazione in materia regionale | ||||
Titolo: | Finanziaria 2005 - Legge 30 dicembre 2004, n. 311 - Schede di lettura (articolo 1, commi 332-572) - Tomo II | ||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 653 Progressivo: 9 | ||||
Data: | 18/02/05 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione | ||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Finanziaria 2005 Legge 30 dicembre 2004, n. 311 Schede di lettura |
n. 653/9 Tomo II
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18 febbraio 2005 |
Camera dei deputati
Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ID0041s2.doc
I N D I C E
TOMO I
§ Articolo 1, commi 1-4 (Saldi del bilancio dello Stato)
§ Articolo 1, commi 5-7 (Limite all’incremento delle spese delle pubbliche amministrazioni)
§ Articolo 1, comma 11 (Limiti alle spese per incarichi di consulenza)
§ Articolo 1, commi 12-14 (Contenimento della spesa delle amministrazioni pubbliche per autovetture)
§ Articolo 1, commi 15-17 (Limitazione ai pagamenti)
§ Articolo 1, commi 18-20 (Disposizioni sulla tesoreria unica)
§ Articolo 1, commi 21-27, 30-41 (Patto di stabilità interno per gli enti territoriali per il 2005)
§ Articolo 1, comma 42 (Contenimento spese per studi ed incarichi di consulenza degli enti locali)
§ Articolo 1, comma 43 (Utilizzo proventi derivanti da concessioni edilizie e relative sanzioni)
§ Articolo 1, commi 44 e 45 (Limiti all’indebitamento degli enti locali)
§ Articolo 1, commi 46, 48 e 49 (Mobilità segretari comunali)
§ Articolo 1, comma 47 (Mobilità del personale tra amministrazioni)
§ Articolo 1, comma 50 (Aumento dei diritti di segreteria per autorizzazioni edilizie)
§ Articolo 1, comma 51 (Blocco addizionali comunali e regionali e maggiorazioni IRAP)
§ Articolo 1, comma 57 (Limite all’incremento delle spese degli enti pubblici non territoriali)
§ Articolo 1, commi 58-62 (Disposizioni in materia di finanza regionale)
§ Articolo 1, commi 63 e 64 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2005)
§ Articolo 1, comma 65 (Compartecipazione provinciale e comunale al gettito IRPEF)
§ Articolo 1, comma 67 (Proroga dei termini per l’accertamento dell’ICI)
§ Articolo 1, comma 68 (Aperture di credito da parte degli enti locali)
§ Articolo 1, commi 69 e 70 (Fondo di ammortamento del debito)
§ Articolo 1, commi 71-73 (Rinegoziazione di mutui enti locali)
§ Articolo 1, commi 75-77 (Contabilizzazione del debito)
§ Articolo 1, comma 78 (Gestione di attivi finanziari)
§ Articolo 1, comma 79 (Superamento della tesoreria unica)
§ Articolo 1, comma 80 (Gestione informatizzata del servizio di tesoreria degli enti locali)
§ Articolo 1, comma 81 (Semplificazione gestione finanziaria degli uffici all’estero)
§ Articolo 1, comma 82 (Contrasto e prevenzione dell’uso illecito di finanziamenti pubblici)
§ Articolo 1, comma 92 (Piante organiche ISFOL)
§ Articolo 1, commi 93 e 94 (Riduzione delle dotazioni organiche della PA)
§ Articolo 1, comma 104 (Procedura concorsuali delle amministrazioni pubbliche)
§ Articolo 1, comma 105 (Programmazione del fabbisogno di personale delle università)
§ Articolo 1, comma 106 (Dipartimento nazionale politiche antidroga)
§ Articolo 1, comma 108 (Autostrade del mare)
§ Articolo 1, comma 109 (Disciplina IVA raccoglitori occasionali di tartufi)
§ Articolo 1, comma 110 (Edilizia residenziale pubblica)
§ Articolo 1, comma 111 (Fondo per l’acquisto della prima casa per le giovani coppie)
§ Articolo 1, comma 112 (Contributo federazione nazionale istituzioni pro ciechi)
§ Articolo 1, comma 113 (Contributo associazione nazionale vittime civili di guerra)
§ Articolo 1, comma 114 (Esenzioni di carattere tributario per associazioni bandistiche e cori)
§ Articolo 1, comma 115 (Finanziamento della formazione professionale)
§ Articolo 1, commi 116-123 (Proroghe contratti di lavoro a tempo determinato nella P.A.)
§ Articolo 1, comma 124 (Indennità per il personale degli enti privatizzati)
§ Articolo 1, comma 125 (Area contrattuale dei ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca)
§ Articolo 1, comma 126 (Personale LSU scuola)
§ Articolo 1, comma 127 (Limite numerico al personale docente nelle scuole)
§ Articolo 1, comma 128 (Insegnamento della lingua straniera)
§ Articolo 1, comma 129 (Spese per supplenze brevi)
§ Articolo 1, comma 136 (Annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi)
§ Articolo 1, commi 139-141 (Gestioni previdenziali)
§ Articolo 1, commi 143-145 (Trasferimenti all’INPS)
§ Articolo 1, comma 146 (Integrazione salariale per le imprese dell’indotto automobilistico)
§ Articolo 1, comma 150 (Pensionamento del personale enti lirici e istituzioni concertistiche)
§ Articolo 1, comma 151 (Formazione professionale di attività svolte in fondi comunitari)
§ Articolo 1, comma 152 (Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali)
§ Articolo 1, commi 153 e 154 (Fondo nazionale per le politiche giovanili sul piano culturale)
§ Articolo 1, comma 155 (Ammortizzatori sociali)
§ Articolo 1, comma 156 (Risorse per apprendistato)
§ Articolo 1, comma 159 (Ordinamento degli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria)
§ Articolo 1, comma 160 (Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese)
§ Articolo 1, comma 161 (Personale ENPALS. Proroghe contratti di lavoro a tempo determinato)
§ Articolo 1, comma 163 (Contributo alla regione Calabria. Interventi per forestazione)
§ Articolo 1, comma 199 (Attività in materia ambientale)
§ Articolo 1, comma 201 (Disincentivi al cambio di destinazione urbanistica)
§ Articolo 1, comma 202 (Assicurazioni di immobili contro calamità naturali)
§ Articolo 1, comma 205 (PC ai giovani)
§ Articolo 1, comma 206 (PC ai docenti)
§ Articolo 1, comma 207 (PC al personale dirigente e non docente scuola e università)
§ Articolo 1, comma 208 (PC ai dipendenti pubblici - Consip)
§ Articolo 1, comma 209 (Sezione speciale Fondo di garanzia PMI)
§ Articolo 1, commi 213 e 214 (Contributo radiofonia ed emittenti locali)
§ Articolo 1, commi 224-226 e 229 (Disciplina della liquidazione degli enti disciolti)
§ Articolo 1, comma 227 (Durata in carica del commissario liquidatore dei consorzi agrari)
§ Articolo 1, comma 228 (Ufficio stralcio enti pubblici estinti nelle regioni a statuto speciale)
§ Articolo 1, commi 230 e 232 (Risorse del Fondo Made in Italy)
§ Articolo 1, comma 231 (Somme erogate all’AGEA)
§ Articolo 1, comma 233 (Fondo missioni internazionali di pace)
§ Articolo 1, comma 234 (Attività dell’IPI)
§ Articolo 1, comma 235 (Continuità territoriale autotrasporto)
§ Articolo 1, comma 236 (Nautica da diporto)
§ Articolo 1, comma 237 (Osservatorio sul mercato creditizio nelle aree sottoutilizzate)
§ Articolo 1, comma 238 (Tariffe in materia di motorizzazione)
§ Articolo 1, comma 241 (Fondi infrastrutture olimpiche per Giochi olimpici invernali “Torino 2006”)
§ Articolo 1, comma 243 (Quote latte Sardegna)
§ Articolo 1, comma 244 (Scioglimento cooperative edilizie)
§ Articolo 1, comma 245 (Potenziamento del comparto della pesca)
§ Articolo 1, comma 246 (Infrastrutture aeroportuali)
§ Articolo 1, comma 247 (Contributo al Centro di geomorfologia integrata per l’area del Mediterraneo)
§ Articolo 1, comma 248 (Contributo per energia prodotta da fonti rinnovabili)
§ Articolo 1, comma 249 (Contributo all’INAF)
§ Articolo 1, comma 250 (Fondo promozione e realizzazione di aree digitale terrestre)
§ Articolo 1, comma 251 (Finanziamento progetti pilota settore aeronautico)
§ Articolo 1, comma 252 (Fondo interventi nel capitale di rischio delle imprese)
§ Articolo 1, comma 253 (Natura fiscale dei compensi erogati da cori e bande)
§ Articolo 1, comma 254 (Finanziamento capitanerie di porto)
§ Articolo 1, comma 256 (Campionati di sci alpino Valtellina 2005)
§ Articolo 1, comma 257 (Riconversione per pesca con reti derivanti)
§ Articolo 1, commi 258 e 259 (Interventi nel settore della pesca)
§ Articolo 1, comma 260 (Celebrazioni Cristoforo Colombo)
§ Articolo 1, comma 261 (Monitoraggio delle politiche pubbliche del Governo)
§ Articolo 1, commi 262-264 (Proroga attività socialmente utili)
§ Articolo 1, commi 265-268 (Interventi di reindustrializzazione di aree da parte di Sviluppo Italia)
§ Articolo 1, comma 269 (Continuità territoriale Sicilia)
§ Articolo 1, commi 270 e 271 (Processi di innovazione delle imprese del commercio)
§ Articolo 1, comma 273 (Spese per locazione uffici pubblici)
§ Articolo 1, comma 277 (Dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di RFI)
§ Articolo 1, comma 278 (Contributo scuola Jean Monnet)
§ Articolo 1, comma 279 (Finanziamento Convenzioni biodiversità e rischi biotecnologici)
§ Articolo 1, comma 289 (Scommesse sulle corse dei cavalli. Fissazione della posta unitaria)
§ Articolo 1, comma 295 (Riduzione degli stanziamenti del bilancio per consumi intermedi)
§ Articolo 1, comma 296 (Riduzione dotazioni di parte corrente di Tabella C)
§ Articolo 1, comma 297 (Riduzione Fondo per interventi strutturali politica economica)
§ Articolo 1, comma 301 (Misura dell’acconto IRPEF e IRES)
§ Articolo 1, commi 306-309 (Contributo unificato per spese di giustizia)
§ Articolo 1, commi 310 e 311 (Limite massimo indennità giudice di pace e giudici tributari)
§ Articolo 1, commi 312-321 (Custodie giudiziarie di autoveicoli)
§ Articolo 1, commi 323 e 324 (Anticipazioni forfetarie dai privati all’erario nei processi civili)
§ Articolo 1, comma 325 (Trattamento di maternità dei magistrati)
§ Articolo 1, commi 326-331 (Disposizioni in materia di prestazioni a fine di giustizia)
TOMO II
§
Articolo 1, commi 332-334 (Disposizioni in materia di codice fiscale e
comunicazioni all’Anagrafe tributaria in relazione alle utenze) §
Articolo 1, comma 340 (Superficie di riferimento minima ai fini
della TARSU) §
Articolo 1, commi 341-345
(Imposta di registro sui contratti di
locazione e adempimenti) §
Articolo 1, comma 346 (Nullità dei contratti di locazione non
registrati) §
Articolo 1, commi 347 e
348 (Determinazione del valore della
produzione netta ai fini dell’IRAP) §
Articolo 1, commi 354-361
(Istituzione e disciplina del Fondo
rotativo per il sostegno alle imprese) §
Articolo 1, comma 376 (Proroga dei termini per la rivalutazione di
terreni e partecipazioni) §
Articolo 1, commi 378-380
(Recupero dell’IVA su autoveicoli di
provenienza comunitaria) §
Articolo 1, comma 405 (Modifiche al potere di accertamento in
materia di imposte sui redditi) §
Articolo 1, comma 406 (Modifiche al potere di accertamento in
materia di IVA) §
Articolo 1, commi 407-411
(Accertamento sulla base degli studi di
settore) §
Articolo 1, comma 413 (Decorrenza degli interessi su somme che
costituiscono oggetto di riscossione) §
Articolo 1, comma 414 (Reato di omesso versamento di ritenute
certificate) §
Articolo 1, comma 415 (Legittimazione ad agire dei concessionari
della riscossione) §
Articolo 1, comma 416 (Discarico per inesigibilità) §
Articolo 1, comma 417 (Disposizioni in tema di ruoli e di poteri
di riscossione) §
Articolo 1, comma 420 (Termine di decorrenza dell’applicazione dei
ruoli differenziati) §
Articolo 1, commi 421-423
(Recupero dei crediti d’imposta
indebitamente utilizzati)
§ Articolo 1, comma 427 (Proroga della durata delle concessioni del servizio di riscossione)
§ Articolo 1, commi 436-438 (Cessione di immobili di limitato valore)
§ Articolo 1, comma 440 (Abrogazione di disposizioni in materia di permuta di immobili demaniali)
§ Articolo 1, comma 441 (Trasferimento ai comuni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica)
§ Articolo 1, comma 443 (Dismissioni immobili della difesa)
§ Articolo 1, comma 449 (Piani di investimenti immobiliari dell’INAIL)
§ Articolo 1, comma 451 (Applicabilità del codice dei beni culturali nelle dismissioni)
§ Articolo 1, comma 453 (Finanziamento lavori Strada Statale n. 3 per l’accesso alla Valtellina)
§ Articolo 1, comma 454 (Procedure di esecuzione lavori di CESIS, SISMI e SISDE)
§ Articolo 1, comma 455 (Istituzione del Fondo per la viabilità)
§ Articolo 1, comma 456 (Contributo per infrastrutture ad elevata automazione)
§ Articolo 1, comma 457 (Finanziamento per progettazione e realizzazione del passante di Mestre)
§ Articolo 1, comma 459 (Finanziamento infrastrutture fieristiche)
§ Articolo 1, commi 460-466 (Trattamento fiscale delle società cooperative)
§ Articolo 1, comma 467 (Aliquota IVA ridotta per prestazioni socio-assistenziali)
§ Articolo 1, comma 469 (Esenzione dall’IVA per i consorzi tra banche)
§ Articolo 1, comma 471 (Modalità particolari di liquidazione e di versamento dell’IVA)
§ Articolo 1, comma 472 (Sospensione della procedura di riscossione dell’IVA gravante sulle accise)
§ Articolo 1, commi 473-478 (Smobilizzo di riserve e fondi in sospensione d’imposta)
§ Articolo 1, comma 479 (Finanziamento del Fondo bieticolo nazionale)
§ Articolo 1, commi 480-483 (Disciplina delle affissioni dei manifesti politici)
§ Articolo 1, commi 488-494 (Disposizioni in materia di gioco del Lotto)
§ Articolo 1, comma 506 (Proroga del regime speciale dell’IVA per il settore agricolo)
§ Articolo 1, comma 509 (Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)
§ Articolo 1, comma 511 (Proroga delle agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)
§ Articolo 1, commi 515-517 (Agevolazioni sul gasolio per gli autotrasportatori)
§ Articolo 1, comma 520 (Differimento e rifinanziamento del progetto sperimentale “bioetanolo”)
§ Articolo 1, commi 521 e 522 (Esenzione dall’accisa per il biodiesel)
§ Articolo 1, comma 523 (Proroga adozione regolamento per tariffa rifiuti solidi urbani)
§ Articolo 1, comma 524 (Abrogazione credito d’imposta investimenti nelle aree cuscinetto)
§ Articolo 1, comma 528 (Finanziamenti nel settore dei trasporti in favore della regione Sicilia)
§ Articolo 1, commi 530-534 (Risorse per il calcio femminile)
§ Articolo 1, comma 535 (Assegno sostitutivo a grandi invalidi di guerra o per servizio)
§ Articolo 1, comma 536 (Permanenza in servizio per i perseguitati politici antifascisti o razziali)
§ Articolo 1, comma 537 (Finanziamento al Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise)
§ Articolo 1, comma 538 (Finanziamento ordinario delle università statali)
§ Articolo 1, comma 539 (Differimento termini per la redazione del conto economico degli enti locali)
§ Articolo 1, comma 546 (Aumento dotazione organica Vigili del fuoco)
§ Articolo 1, comma 550 (Prezzo dei materiali da costruzione)
§ Articolo 1, comma 551 (Impugnabilità provvedimenti amministrativi relativi a misure comunitarie)
§ Articolo 1, comma 552 (Controversie in materia di impianti di generazione di energia elettrica)
§ Articolo 1, commi 553-556 (Reti di collegamento delle Forze di polizia)
§ Articolo 1, comma 557 (Personale degli enti locali. Utilizzo da parte di altre amministrazioni)
§ Articolo 1, comma 558 (Variazioni catastali)
§ Articolo 1, comma 559 (Assegni familiari al coniuge dell’avente diritto)
§ Articolo 1, comma 560 (Fondi speciali)
§ Articolo 1, comma 561 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)
§ Articolo 1, comma 562 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)
§ Articolo 1, comma 563 (Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)
§ Articolo 1, comma 564 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)
§ Articolo 1, comma 565 (Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)
§ Articolo 1, comma 566 (Eccedenze di spesa)
§ Articolo 1, comma 567 (Fondi unici per gli investimenti)
§ Articolo 1, comma 568 (Copertura finanziaria)
§ Articolo 1, commi 570 e 572 (Coordinamento della finanza pubblica ed entrata in vigore)
§ Articolo 1, comma 571 (Formazione e arrotondamento della proprietà contadina)
(Articolo 1, commi 332-572)
Articolo
1, commi 332-334
(Disposizioni in materia di codice
fiscale e comunicazioni all’Anagrafe tributaria in relazione alle utenze)
332. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 6, primo comma:
1) dopo la lettera e) è inserita la seguente:
«e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, permessi di costruire e ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera»;
2) alla lettera g-ter), dopo le parole: «contratti di somministrazione di energia elettrica,» sono inserite le seguenti: «di servizi idrici e del gas,»;
b) all’articolo 7:
1) al primo comma, le parole: «riguardanti gli atti di cui alla lettera g) dell’articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «contenuti negli atti di cui alle lettere e-bis) e g) del primo comma dell’articolo 6»;
2) al quinto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine dell’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivata l’utenza»;
3) il sesto comma è sostituito dal seguente:
«Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria»;
4) l’undicesimo comma è sostituito dal seguente:
«Le comunicazioni di cui ai commi dal primo all’ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate»;
5) al dodicesimo comma, le parole: «il Ministro delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «il Direttore dell’Agenzia delle entrate».
333. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificato dal numero 2) della lettera b) del comma 332 a decorrere dal 1º aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società richiedono i dati identificativi catastali all’atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.
334. Con provvedimento dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, sono stabilite le informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 333.
Il comma 332 apporta modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.
In particolare, la lettera a) modifica l’articolo 6, primo comma, di tale decreto integrando l’elenco degli atti in cui deve essere indicato il codice fiscale.
Secondo la disciplina vigente, il numero di codice fiscale deve essere indicato nei seguenti atti:
a) fatture e documenti equipollenti emessi ai sensi delle norme concernenti l'imposta sul valore aggiunto, relativamente all'emittente;
b) richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso, relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto, esclusi gli atti degli organi giurisdizionali e quelli elencati nella tabella allegata al decreto;
c) comunicazioni allo schedario generale dei titoli azionari, relativamente alla società emittente, ai soggetti da cui provengono se diversi dalla società emittente, agli intestatari o cointestatari del titolo, nonché agli altri soggetti per cui tale indicazione è richiesta nel modello di comunicazione approvato con decreto del Ministro per le finanze;
d) dichiarazioni dei redditi previste dalle norme concernenti l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora Imposta sui redditi delle società), comprese le dichiarazioni dei sostituti d'imposta e i certificati attestanti le ritenute alla fonte operate dagli stessi, relativamente ai soggetti da cui provengono ed agli altri soggetti in esse indicati o indicati in elenchi nominativi la cui allegazione è prescritta da leggi tributarie; richieste di attestazione della posizione tributaria dei contribuenti e relative certificazioni degli uffici finanziari, limitatamente alle persone che hanno redditi propri; distinte e bollettini di conto corrente postale per i versamenti diretti alle esattorie delle ritenute alla fonte e delle imposte sui redditi, relativamente ai soggetti da cui provengono i versamenti; bollettini di conto corrente postale per il pagamento delle imposte dirette iscritte a ruolo, relativamente ai soggetti tenuti al pagamento; atti di delega alle aziende di credito previsti per il pagamento dell’IRPEF dall'art. 17 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, e conseguenti attestazioni di pagamento rilasciate dalle aziende delegate, relativamente ai soggetti deleganti; domande e note di voltura catastale, relativamente ai soggetti interessati; distinte e dichiarazioni di incasso da presentare ad enti delegati dal Ministero delle finanze all'accertamento e alla riscossione dei tributi, relativamente ai soggetti tenuti alla compilazione dei documenti; denunce di successione, relativamente al dante causa e agli aventi causa; note di trascrizione, iscrizione e annotazione, da presentare alle conservatorie dei registri immobiliari, con esclusione di quelle relative agli atti degli organi giurisdizionali;
e) domande per autorizzazioni amministrative (specialità medicinali e simili, alimenti per la prima infanzia; esercizio di stabilimenti di acque minerali e di fabbriche di acque gassate o di bibite analcoliche; esercizio di stabilimenti termali o balneari; esercizio del commercio; importazione delle armi non da guerra; licenze di pubblico esercizio; esercizio delle arti tipografiche, litografiche o fotografiche; esercizio delle investigazioni per conto di privati; esercizio di rimessa di autoveicoli o vetture; produzione, commercio o mediazione di oggetti e metalli preziosi; concessioni di aree pubbliche; concessione del permesso di ricerca mineraria; autorizzazioni per la ricerca, estrazione e utilizzazione di acque sotterranee; licenze, autorizzazioni e concessioni per i servizi di autotrasporto di merci, per servizi pubblici automobilistici per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli; apertura e funzionamento di scuole non statali); domande di concessioni in materia edilizia e urbanistica rilasciate ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, relativamente ai beneficiari delle concessioni e ai progettisti dell'opera; domande ad amministrazioni statali per la concessione di contributi e di agevolazioni;
f) domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e negli albi, registri ed elenchi istituiti per l'esercizio di attività professionali e di altre attività di lavoro autonomo, relativamente ai soggetti che esercitano l'attività; domande di iscrizione e note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi, od estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento nonché dichiarazioni di armatore, concernenti navi, galleggianti e unità da diporto soggette a registrazione; domande di iscrizione di aeromobili nel Registro aeronautico nazionale, note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli aeromobili soggetti ad iscrizione nel Registro aeronautico nazionale, nonché dichiarazioni di esercente di aeromobili soggette a registrazione;
g) atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze indicate alla lettera e), relativamente ai soggetti beneficiari;
h) mandati, ordini ed altri titoli di spesa emessi dalle amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici, in esecuzione di obbligazioni diverse da quelle concernenti le borse di studio o derivanti da rapporti di impiego o di lavoro subordinato, anche in quiescenza, relativamente al beneficiario della spesa, tranne quelle derivanti da vincite e premi del lotto, delle lotterie nazionali e dei giochi e concorsi;
i) contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile e all’assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; contratti di somministrazione di energia elettrica, relativamente agli utenti;
j) ricorsi alle commissioni tributarie di ogni grado relativamente ai ricorrenti e ai rappresentanti in giudizio.
È conferita al Ministro dell’economia e delle finanze la facoltà di escludere dall’obbligo atti, non indicativi di capacità contributiva, di cui alle lettere b) e d) e di aggiungere a quelli indicati alle lettere b) ed e) altri atti indicativi di tale capacità, nonché di individuare, mediante decreto da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale almeno novanta giorni prima della sua entrata in vigore, altre tipologie di atti nei quali dev’essere indicato il numero di codice fiscale.
Il numero 1) della lettera a) del comma 332 aggiunge al primo comma dell’articolo 6 del citato D.P.R. n. 605 del 1973 la lettera e-bis), che prescrive di indicare il codice fiscale nelle denunzie di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, nei permessi di costruire e in ogni altro atto di assenso, comunque denominato, in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera.
L’organizzazione dello sportello unico per l’edilizia è regolata dall’articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. A quest’ufficio, costituito dalle amministrazioni comunali, spetta curare tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunziarsi sull'intervento edilizio oggetto di richiesta di permesso o di denunzia di inizio attività.
In particolare, esso:
1. riceve le denunzie di inizio attività e le domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia;
2. fornisce informazioni sulle suddette materie;
3. adotta, nelle medesime materie, i provvedimenti in tema di accesso ai documenti amministrativi;
4. rilascia i permessi di costruire, i certificati di agibilità, le certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti per gli interventi di trasformazione edilizia del territorio;
5. cura, nelle predette materie, i rapporti tra l'amministrazione comunale, il privato e le altre amministrazioni.
A norma dell’articolo 10 del medesimo testo unico, costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:
a) gli interventi di nuova costruzione;
b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superficie, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.
Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività. Esse possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire.
Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo (articolo 11), in conformità con le previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, comunque subordinatamente all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione dell'attuazione delle stesse da parte del comune nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso (articolo 12). La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 11, è presentata allo sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio e dagli altri documenti eventualmente previsti, nonché da un'autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali (articolo 20).
A norma dell’articolo 22 del medesimo testo unico, sono realizzabili mediante denunzia di inizio attività gli interventi non effettuabili liberamente (manutenzione ordinaria; interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche senza realizzazione di rampe, ascensori esterni o manufatti che alterino la sagoma dell'edificio; opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo aventi carattere geognostico o eseguite fuori del centro edificato) né soggetti a permesso di costruire, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente. Alla stessa condizione sono realizzabili varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non vìolano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. In alternativa al permesso di costruire, possono essere altresì realizzati mediante denunzia di inizio attività:
a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);
b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, esplicitamente dichiarate dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;
c) gli interventi di nuova costruzione direttamente esecutivi di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.
Le regioni a statuto ordinario, con legge, possono ampliare o ridurre l'àmbito applicativo delle predette disposizioni.
La denunzia di inizio attività è presentata allo sportello unico dal proprietario dell'immobile o da chi vi abbia titolo, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, unitamente a una dettagliata relazione, a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. La denunzia è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività (articolo 23).
Il numero 2) della medesima lettera a) modifica la lettera g-ter) dello stesso primo comma dell’articolo 6 del citato D.P.R. n. 605 del 1973, estendendo ai contratti di servizi idrici e del gas l’obbligo di indicare il codice fiscale degli utenti, già previsto per i contratti di somministrazione di energia elettrica.
La lettera b) del comma 332 reca modificazioni all’articolo 7 del medesimo D.P.R. n. 605 del 1973.
L’articolo 7 disciplina le comunicazioni da inviarsi all'anagrafe tributaria.
Gli uffici pubblici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti gli atti di concessione, autorizzazione e licenza da loro emanati, per i quali l’articolo 6, lettera g), prescriva l’indicazione del codice fiscale.
Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura devono comunicare mensilmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione, ad eccezione di quelli relativi agli albi degli artigiani per i quali i medesimi enti provvedono all’iscrizione d'ufficio nei registri delle ditte.
Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, indicati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, devono comunicare annualmente all’anagrafe tributaria le iscrizioni, variazioni e cancellazioni.
Le aziende, gli istituti, gli enti e le società devono comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 (contratti di assicurazione e contratti di somministrazione di energia elettrica [439]);
Le aziende e gli istituti di credito e l'amministrazione postale (ora Poste SpA) nonché le società fiduciarie e gli intermediari finanziari sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro rapporti di conto o deposito o che comunque possa disporre del medesimo.
Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, ai quali l'anagrafe tributaria trasmette la lista degli esercenti attività professionale, devono comunicare all'anagrafe tributaria medesima i dati necessari per il completamento o l'aggiornamento della lista, entro sei mesi dalla data di ricevimento della stessa.
I rappresentanti legali dei soggetti diversi dalle persone fisiche, che non siano tenuti a presentare la dichiarazione od a fornire le notizie previste dall'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (dichiarazione di inizio, variazione e cessazione di attività ai fini dell’IVA), devono comunicare all'anagrafe tributaria, entro trenta giorni, l'avvenuta estinzione e le avvenute operazioni di trasformazione, concentrazione o fusione.
Gli amministratori di condominio negli edifici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori.
Le suddette comunicazioni devono indicare il numero di codice fiscale dei soggetti cui le comunicazioni stesse si riferiscono e devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell'ente o dalla persona che ne è autorizzata secondo l'ordinamento dell'ente stesso o, per le amministrazioni dello Stato, dalla persona preposta all'ufficio che ha emesso il provvedimento.
Le modalità delle comunicazioni sono stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Per l’esecuzione dei controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, il Ministro delle finanze può richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi ed imprese, anche limitatamente a particolari categorie, di effettuare comunicazioni di dati e notizie in loro possesso all'anagrafe tributaria.
Il numero 1) della lettera b) modifica il primo comma del citato articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973, estendendo l’obbligo di comunicazione all’anagrafe tributaria da parte degli uffici pubblici agli atti indicati nella lettera e-bis) dell’articolo 6, primo comma (introdotta dalla precedente lettera a), ossia alle denunzie di inizio attività, ai permessi di costruire e ad ogni altro atto di assenso comunque denominato, rilasciato in materia edilizia.
Il numero 2) della medesima lettera b) aggiunge un periodo alla fine del quinto comma dello stesso articolo 7, prescrivendo che, per l’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, le aziende, gli istituti, gli enti e le società tenuti a comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 (specificamente i contratti di somministrazione di energia elettrica e, ora, quelli relativi a servizi telefonici, idrici e del gas) debbono comunicare anche i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attiva l’utenza.
Si ricorda a questo riguardo che l’articolo 8, commi da 1 a 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, aveva previsto l’invio di questionari, da parte dell’anagrafe tributaria tramite l’ente erogatore, agli utenti di forniture di energia elettrica nei fabbricati, al fine di acquisire il numero di codice fiscale dell'utente stesso e quello del proprietario, se diverso, nonché gli estremi catastali identificativi di ciascuna unità immobiliare e la sua superficie commerciale. Nel caso di contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge veniva prescritto al conduttore di indicare all'ente cui richiede la fornitura di energia elettrica, oltre al proprio, anche il numero di codice fiscale del proprietario, al quale era fatto obbligo di fornirlo.
Il Ministero delle finanze, mediante procedure automatizzate di elaborazione, doveva incrociare i dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, dal catasto e dalle comunicazioni degli enti erogatori di forniture di energia elettrica, provvedendo ad accertare i redditi o i maggiori redditi non dichiarati, con le modalità di cui all'articolo 41-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il numero 3) della medesima lettera b) sostituisce il sesto comma dello stesso articolo 7, adeguando ed estendendo l’elenco dei soggetti obbligati a rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di coloro che intrattengono rapporti o effettuano operazioni finanziarie con essi. A quest’obbligo, oltre alle banche, alla società Poste italiane SpA e agli intermediari finanziari (secondo quanto già previsto), sono pertanto assoggettati le imprese d’investimento, gli organismi d’investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio nonché ogni altro operatore finanziario, salvo il disposto dell’articolo 6, secondo comma, lettera g-quater), del medesimo D.P.R. n. 605 del 1973, per i soggetti non residenti.
Secondo l’articolo 1, comma 1, lettera b), del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la nozione di banca (nella quale sono riunite le precedenti di azienda e istituto di credito) individua l'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria.
Secondo il successivo comma 2, lettera g), sono definiti intermediari finanziari i soggetti iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 106 del medesimo testo unico, il quale prevede che l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'Ufficio italiano dei cambi. Per l'iscrizione nell'elenco generale, tali soggetti debbono essere costituiti in società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata o società cooperativa, avente oggetto sociale esclusivo lo svolgimento delle attività finanziarie (fatte salve le riserve di attività previste dalla legge) e capitale versato non inferiore a cinque volte il capitale minimo previsto per la costituzione delle società per azioni; i titolari di partecipazioni e gli esponenti aziendali debbono possedere determinati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
Le ulteriori definizioni rilevanti a questo proposito si ricavano dall’articolo 1, comma 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Sono imprese d’investimento le società d’intermediazione mobiliare (imprese, diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario, autorizzate a svolgere servizi d’investimento, aventi sede legale e direzione generale in Italia) nonché le altre imprese comunitarie ed extracomunitarie, diverse dalle banche, autorizzate a svolgere servizi d’investimento;
Sono organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR) i fondi comuni d’investimento e le SICAV (società di investimento a capitale variabile). Il fondo comune d’investimento è caratterizzato da un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote. La società d’investimento a capitale variabile (SICAV) è la società per azioni a capitale variabile, con sede legale e direzione generale in Italia, avente per oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l'offerta di proprie azioni al pubblico.
Sono società di gestione del risparmio (SGR) le società per azioni, con sede legale e direzione generale in Italia, autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio, il quale si realizza attraverso la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d'investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti, nonché la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante l'investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili.
La vigente formulazione della disposizione sostituita dal presente numero sottopone all’obbligo anche le società fiduciarie. Sono società fiduciarie e di revisione, a norma dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, le società, comunque denominate, che si propongono, sotto forma d’impresa, di assumere l'amministrazione dei beni per conto di terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni. Dalla competenza di tali società sono escluse le funzioni di sindaco di società commerciale, di curatore di fallimento e di perito giudiziario in materia civile e penale e in genere le attribuzioni di carattere strettamente personale riservate dalle leggi vigenti esclusivamente agli iscritti negli albi professionali e speciali. La costituzione e l’attività di tali società sono sottoposte ad autorizzazione amministrativa e a vigilanza governativa secondo la disciplina recata dal regio decreto 22 aprile 1940, n. 531, e, relativamente agli elementi informativi, dal decreto del ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 16 gennaio 1995 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 febbraio 1995, n. 29).
Le società fiduciarie sono fra l’altro soggette, così come le banche, la società Poste italiane SpA, le società d’intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, le società d’investimento a capitale variabile, gli intermediari finanziari e altri soggetti, agli obblighi d’identificazione e di conservazione delle informazioni previsti dal decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, recante attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite.
Per quanto concerne l’attività d’intermediazione finanziaria svolta dalle società fiduciarie si ricorda che l’articolo 60, comma 4, del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415 (Recepimento della direttiva CEE relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari e della direttiva CEE relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi) ha prescritto alle società fiduciarie, iscritte nella sezione speciale dell'elenco degli intermediari finanziari alla data della sua entrata in vigore, di introdurre nella loro denominazione sociale le parole «società di intermediazione mobiliare», consentendo ad esse di continuare a prestare il servizio di gestione di portafogli d'investimento, anche mediante intestazione fiduciaria; le stesse non possono essere autorizzate a svolgere servizi d’investimento diversi da quello di gestione di portafogli di investimento a meno che non cessino di operare mediante intestazione fiduciaria. Queste società divengono così soggette alle norme dello stesso decreto legislativo, non applicandosi le disposizioni in materia di società fiduciarie. L’articolo 199 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al citato decreto legislativo n. 58 del 1998, ha disposto il mantenimento in vigore, fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione, delle disposizioni previste dalla legge n. 1966 del 1939 e dall'articolo 60, comma 4, del decreto legislativo n. 415 del 1996. Per conseguenza, il regolamento in materia di intermediari del mercato mobiliare emanato con provvedimento della Banca d’Italia 4 agosto 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 18 settembre 2000, n. 218), ha compreso nella definizione di «società di intermediazione mobiliare» o «SIM» anche le società fiduciarie che, ai sensi dell'art. 60, comma 4 del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, prestano il servizio di gestione di portafogli di investimento, anche mediante intestazione fiduciaria.
Sembra pertanto potersi concludere che, a seguito della mancata riproduzione dell’indicazione delle società fiduciarie nella disposizione dell’articolo 7, sesto comma, del D.P.R. n. 605 del 1973 novellata dalla disposizione in commento, esse rimarranno sottoposte agli obblighi di rilevazione e conservazione ivi previsti in relazione al tipo di attività svolto.
Il numero 4) della medesima lettera b) sostituisce l’undicesimo comma dello stesso articolo 7, stabilendo che le comunicazioni di cui ai commi dal primo all'ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica, e demandando ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate di definire le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati.
Il vigente articolo 7, undicesimo comma, attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di determinare, con decreto, le modalità delle comunicazioni. Per quanto riguarda le comunicazioni relative ai contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 il decreto stabilisce anche i termini entro cui devono essere date le comunicazioni[440].
La novella recata dalla disposizione in commento non modifica il regime delle comunicazioni previste dal nono comma dello stesso articolo 7 (comunicazioni dovute dagli amministratori di condominio degli edifici), il cui contenuto, modalità e termini continuano ad essere stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Il numero 5) della medesima lettera b) modifica il dodicesimo comma dello stesso articolo 7, trasferendo dal Ministro delle finanze al direttore dell’Agenzia delle entrate il potere di chiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi e imprese, anche limitatamente a particolari categorie, per i controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, di effettuare comunicazioni di dati e notizie in loro possesso all'Anagrafe tributaria; stabilendo contenuto, termini e modalità delle comunicazioni medesime.
Il comma 333 stabilisce che dal 1° aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società che erogano energia elettrica, gas, servizi idrici e telefonici, tenuti alla comunicazione dei dati catastali identificativi degli immobili presso cui è attivata l’utenza (a norma dell'articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 605 del 1973, come modificato dal numero 2) della lettera b) del precedente comma 332, richiedono i dati identificativi catastali all'atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere, le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.
Il comma 334 rimette ad un provvedimento da emanarsi dai direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio la determinazione delle informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 333.
335. La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima.
336. I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.
337. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1º gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune.
338. Gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’inadempimento degli obblighi di cui all’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, dall’articolo 31 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939, come rideterminati dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, con riferimento al mancato adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 20 e 28 del citato decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, sono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro 2.066.
339. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 336 e 337.
I commi da 335 a 339 dispongono una parziale revisione del classamento delle unità immobiliari, attraverso due procedimenti diversi, l’uno relativo a porzioni di territorio (microzone), l’altro riferito a singole unità immobiliari. Secondo la relazione del Governo al disegno di legge (A.C. 5310), il primo procedimento si adatta ai comuni più grandi, laddove il secondo “è utilizzabile anche, e forse soprattutto, dai comuni di minore dimensione”.
L’articolo 61 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, definisce il classamento come l’operazione consistente “nel riscontrare sopraluogo per ogni singola unità immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria (...) che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe”, disponendo che le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria e alle caratteristiche che hanno all'atto del classamento.
Il nuovo catasto edilizio urbano è stato istituito con il regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249.
L’articolo 1 disponeva l'accertamento generale dei fabbricati e delle altre costruzioni stabili non censite al catasto rustico, allo scopo di accertare le proprietà immobiliari urbane e determinarne la rendita e di costituire un catasto generale dei fabbricati e degli altri immobili urbani che si denomina nuovo catasto edilizio urbano.
A norma dell’articolo 3, l'accertamento generale degli immobili urbani è eseguito per unità immobiliare in base a dichiarazione scritta presentata:
a) dal proprietario o, se questi è minore o incapace, da chi ne ha la legale rappresentanza;
b) per gli enti morali, dal legale rappresentante;
c) per le società commerciali, legalmente costituite, da chi, a termini dello statuto o dell'atto costitutivo, ha la firma sociale;
d) per le società estere, da chi le rappresenta nello Stato.
Per le associazioni, per i condomìni e per le società e le ditte diverse da quelle sopra indicate, anche se esistenti soltanto di fatto, sono obbligati alla dichiarazione l'associato, il condomino o il socio o il componente la ditta, che sia amministratore anche di fatto ovvero, se l'amministratore manca, tutti coloro che fanno parte dell'associazione, del condominio, della società o della ditta, ciascuno per la propria quota.
A norma degli articoli 4 e 5 si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, compresi gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, e come unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio.
L’articolo 6 disciplina la dichiarazione e individua i fabbricati da essa esenti. A norma dell’articolo 7, alla dichiarazione deve essere allegata una planimetria in scala non inferiore a 1: 200, dalla quale si rilevi anche l’ubicazione di ciascuna unità immobiliare rispetto alle proprietà confinanti e alle strade pubbliche e private.
L’articolo 8 prevede che, per la determinazione della rendita, le unità immobiliari di gruppi di comuni, comune o porzione di comune, sono distinte, a seconda delle loro condizioni estrinseche e intrinseche, in categorie e ciascuna categoria in classi. Per ciascuna categoria e classe è determinata la relativa tariffa, la quale esprime in moneta legale la rendita catastale con riferimento agli elementi di valutazione definiti dal regolamento.
L’articolo 9 definisce come rendita catastale la rendita lorda media ordinaria ritraibile previa detrazione delle spese di riparazione, manutenzione e di ogni altra spesa o perdita eventuale, stabilita con una percentuale per ogni classe di ciascuna categoria. Non sono detraibili decime, canoni, livelli, debiti e pesi ipotecari e censuari, nonché per imposte, sovraimposte e contributi di ogni specie.
L’articolo 10 dispone che la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici e altri fabbricati, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, nonché delle unità immobiliari che non sono raggruppate in categorie e classi per la singolarità delle loro caratteristiche (fabbricati a destinazione speciale o particolare), è determinata con stima diretta per ogni singola unità.
L’articolo 11 stabilisce che le singole categorie e classi e la relativa tariffa siano determinate, per ciascun gruppo di comuni, comune o porzione di comune. Contro le decisioni adottate a questo riguardo dalle commissioni censuarie provinciali l'amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali può ricorrere alla Commissione censuaria centrale. Secondo l’articolo 12, l'assegnazione di ciascuna unità immobiliare alla categoria e alla classe relativa, nonché l'accertamento della consistenza delle singole unità immobiliari e il calcolo delle relative rendite catastali, sono eseguite dall'Ufficio tecnico erariale, che compila una tabella nella quale, per ciascun comune o porzione di comune, in corrispondenza a ciascuna ditta e distintamente per unità immobiliare, sono indicate le rispettive categorie e classi nonché la consistenza e, per gli immobili a destinazione speciale o particolare, la rendita catastale. La tabella è pubblicata mediante deposito negli uffici comunali per il periodo di trenta giorni. Contro i dati pubblicati è dato ricorso agli interessati, a norma dell’articolo 13, in prima istanza alla commissione censuaria comunale (ora: distrettuale) e in seconda istanza alla commissione censuaria provinciale. Il diritto di ricorso in seconda istanza spetta anche all'ufficio tecnico erariale. Contro le decisioni pronunciate dalla commissione censuaria provinciale è ammesso il ricorso alla commissione censuaria centrale soltanto per questioni di massima e per violazioni di legge. Il termine per ricorrere è stabilito in trenta giorni (articolo 15)[439].
L’articolo 16 dispone che il nuovo catasto edilizio urbano è formato in base alle risultanze dell'accertamento generale dei fabbricati e alla valutazione della rispettiva rendita catastale. Esso è costituito dallo schedario delle partite, dallo schedario dei possessori e dalla mappa urbana.
L’articolo 19 dispone, fra l’altro, che i comuni possono ottenere gratuitamente con l'opera di propri incaricati, o a loro spese con l'opera dell'amministrazione, la copia della mappa del loro territorio e degli atti che costituiscono il nuovo catasto edilizio urbano.
L’articolo 17 ne prescrive l’aggiornamento continuo, in particolare rispetto alle persone dei proprietari o dei possessori dei beni nonché rispetto alle persone che godono di diritti reali sui beni stessi e allo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe. Le tariffe possono essere rivedute in sede di verificazione periodica o anche in dipendenza di circostanze di carattere generale o locale.
A questo fine, l’articolo 20 obbliga le persone e gli enti indicati nell'articolo 3 a denunziare, nei modi e nei termini stabiliti con regolamento, le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili. Nei casi di mutazioni che implichino variazioni nella consistenza delle singole unità immobiliari, la relativa dichiarazione deve essere corredata da una planimetria delle unità variate.
L’articolo 28 dispone che i fabbricati nuovi e ogni altra stabile costruzione nuova che debbono considerarsi immobili urbani, devono essere dichiarati all'Ufficio tecnico erariale entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati. La dichiarazione deve essere compilata per ciascuna unità immobiliare e corredata da una planimetria.
Lo stesso articolo prescrive ai comuni di informare gli uffici tecnici erariali competenti per territorio circa le licenze di costruzione (ora: permessi di costruire) rilasciate a norma dell'articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150[440].
L’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, ha disposto la trasformazione del nuovo catasto edilizio urbano nel catasto dei fabbricati. In particolare, per realizzare un inventario completo e uniforme del patrimonio edilizio, il Ministero delle finanze è stato incaricato di censire tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali e iscriverli, mantenendo tale qualificazione, nel catasto edilizio urbano, quindi denominato «catasto dei fabbricati», individuando altresì le unità immobiliari di qualsiasi natura non dichiarate al catasto, anche mediante ricognizione generale del territorio basata su informazioni derivanti da rilievi aerofotografici.
A seguito di ciò, con decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, è stato emanato il regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione e adeguamento della nuova cartografia catastale.
Il catasto dei fabbricati rappresenta l'inventario del patrimonio edilizio nazionale. Il minimo modulo inventariale è l'unità immobiliare, costituita da una porzione di fabbricato, un fabbricato o un insieme di fabbricati ovvero da un'area, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.
Costituiscono oggetto dell'inventario tutte le unità immobiliari, come sopra definite, salve le eccezioni espressamente indicate nell’articolo 3, comma 3, del regolamento.
A ciascuna unità immobiliare e comunque ad ogni bene immobile, quando ne occorra l'univoca individuazione, è attribuito un identificativo catastale.
L’articolo 8 del medesimo decreto ha prescritto che, fino all'entrata in vigore delle nuove discipline di cui all'articolo 3, commi 154 e 156, della legge n. 662 del 1996, per le operazioni di accertamento e di classamento delle unità immobiliari da iscrivere al catasto dei fabbricati si applica, per quanto non in contrasto con le disposizioni del regolamento, la normativa vigente per il nuovo catasto edilizio urbano.
L’articolo 43, comma 154, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha previsto l'aggiornamento del catasto e la sua gestione unitaria con province e comuni, disponendo la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo, della qualificazione, della classificazione e del classamento delle unità immobiliari e dei terreni e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, da operarsi con regolamento sulla base dei princìpi fissati dalla legge, tra cui:
a) articolazione del territorio comunale in microzone omogenee, operata dai comuni, secondo criteri generali uniformi;
b) individuazione delle tariffe d'estimo di reddito facendo riferimento, al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalla unità immobiliare, ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare con esclusione di regimi legali di determinazione dei canoni;
c) intervento dei comuni nel procedimento di determinazione delle tariffe d'estimo;
d) revisione della disciplina in materia di commissioni censuarie;
e) attribuzione della rendita catastale alle unità appartenenti alle varie categorie ordinarie con criteri che tengono conto dei caratteri specifici dell'unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l'unità è sita;
f) fissazione di nuovi criteri per la definizione delle zone censuarie.
A ciò si è provveduto con il regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138.
L’articolo 1 definisce la zona censuaria come porzione omogenea di territorio provinciale, che può comprendere un solo comune o una porzione del medesimo, ovvero gruppi di comuni, caratterizzati da similari caratteristiche ambientali e socio-economiche. L'ambito territoriale del comune ovvero della zona censuaria, qualora costituisca porzione dello stesso, è ulteriormente articolato in microzone. Gli uffici provinciali del dipartimento del territorio, sentite le amministrazioni provinciali, provvedono alla revisione delle zone censuarie esistenti, in coerenza con le indicazioni fornite dai comuni in merito alle microzone.
A norma dell’articolo 2, la microzona rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonché nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori.
I comuni, nell'ambito del proprio territorio, provvedono a delimitare le microzone. In sede di prima applicazione, le deliberazioni del consiglio comunale dovevano essere adottate entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento. In mancanza, vi avrebbe provveduto il competente ufficio del dipartimento del territorio, entro i successivi centoventi giorni.
Qualora siano intervenute significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico ovvero nella dotazione di servizi e infrastrutture, i comuni, sentiti i competenti uffici del dipartimento del territorio ovvero su richiesta di essi, possono procedere ad una nuova delimitazione delle microzone, con deliberazione del consiglio comunale avente effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo.
L’articolo 3 stabilisce che le tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria sono determinate con riferimento alla superficie, la cui unità è il metro quadrato
Per la revisione dei quadri di qualificazione e classificazione, l’articolo 4 prevede che per ciascuna zona censuaria siano indicate tutte le categorie riscontrate nella zona censuaria stessa e il numero delle classi in cui ciascuna categoria è suddivisa. I quadri sono sottoposti all'approvazione della commissione censuaria provinciale competente per territorio.
L’articolo 5 disciplina la revisione delle tariffe d'estimo, da operarsi facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge e di valori e redditi occasionali ovvero singolari. Su questa base viene determinata la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali[441].
La revisione delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria consiste nella determinazione, per ogni zona censuaria, categoria e classe, della rendita catastale per unità di superficie, sulla base:
- dei canoni annui ordinariamente ritraibili, con riferimento ai dati di mercato delle locazioni;
- dei valori di mercato degli immobili, determinandone la redditività attraverso l'applicazione di saggi di rendimento ordinariamente rilevabili nel mercato edilizio locale per unità immobiliari analoghe.
Le suddette tariffe sono determinate come media dei valori reddituali unitari individuati con i criteri stabiliti nel presente articolo e con riferimento all'epoca censuaria 1996-1997.
L’articolo 6 prevede che i comuni, mediante conferenze di servizi indette per ciascuna zona censuaria, partecipino alla determinazione delle tariffe d'estimo, che, nel caso di dissenso espresso del comune, è rimessa alla competente commissione censuaria provinciale, cui spetta comunque l’approvazione delle tariffe medesime.
L’articolo 7 determina i criteri per la revisione delle rendite urbane delle unità immobiliari a destinazione speciale.
A norma dell’articolo 8, il classamento consiste nell'attribuire alle unità immobiliari a destinazione ordinaria la categoria e la classe di competenza e a quelle a destinazione speciale la sola categoria, con riferimento ai quadri di qualificazione e classificazione di cui all'articolo 4.
La categoria è assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l'unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali. La classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall'unità immobiliare nell'ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana e ambientale della microzona in cui l'unità stessa è ubicata, nonché dalle caratteristiche edilizie dell'unità medesima e del fabbricato che la comprende.
A norma dell’articolo 9, per ciascuna zona censuaria, i competenti uffici del dipartimento del territorio procedono alla revisione del classamento, sulla base:
a) dell'articolazione del territorio comunale in microzone, definita ai sensi dell'articolo 2;
b) dei quadri di qualificazione e classificazione, definiti ai sensi dell'articolo 4;
c) dei criteri e dei fattori indicati nell'articolo 8, utilizzando le informazioni descrittive e censuarie presenti nella banca dati del catasto edilizio urbano e quelle rappresentate nelle schede descrittive delle microzone predisposte dai comuni, nonché le risultanze delle indagini immobiliari svolte in sede locale.
Nel corso delle operazioni di revisione l'amministrazione comunale viene sentita per la perequazione del classamento tra le diverse microzone in cui risulta articolato il territorio.
I successivi articoli da 10 a 12 riguardano la disciplina delle commissioni censuarie.
L’articolo 13 stabilisce nel 1° gennaio 2000 la data di decorrenza dell'applicazione dei nuovi estimi catastali.
L'articolo 9, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha demandato a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle nuove tariffe d'estimo conseguenti all'attuazione delle decisioni delle commissioni censuarie provinciali e della commissione censuaria centrale, ovvero per tenere conto delle variazioni delle tariffe in altro modo determinatesi, prescrivendo l’inserimento delle nuove rendite negli atti catastali.
L’adempimento è stato eseguito con il regolamento recante determinazione delle tariffe d'estimo e delimitazione delle zone censuarie, emanato con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 6 giugno 2002, n. 159, che ha stabilito le nuove tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane situate nei comuni in esso indicati.
In particolare, il comma 335 prevede che i comuni chiedano agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato, individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998, e il corrispondente valore medio catastale, ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, si discosta significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali.
Per tale calcolo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate che, ai sensi del successivo comma 339, determina le modalità tecniche e applicative per la revisione. Esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, l'Agenzia del territorio, con provvedimento del suo direttore, apre il procedimento di revisione.
A questo riguardo, il provvedimento in materia di classamenti catastali di unità immobiliari di proprietà privata, emanato con determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio in data 16 febbraio 2005 (Gazzetta ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2005), all’articolo 1, prevede che per la selezione delle microzone interessate dalla revisione parziale del classamento, il valore medio di mercato per microzona, individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, è aggiornato utilizzando i valori dell'osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio riferiti al secondo semestre 2004.
In particolare, l'aggiornamento si effettua calcolando:
a) il valore centrale dell'intervallo dei valori indicati nell'osservatorio, con riferimento alla tipologia immobiliare omogenea a quella del valore medio di mercato individuato ai sensi del citato regolamento e alla zona territoriale dell'osservatorio corrispondente alla microzona comunale;
b) la media dei relativi valori centrali, qualora ad una microzona corrispondano due o più zone territoriali dell'osservatorio.
I valori medi di mercato delle microzone così determinati, oppure i valori contenuti nella banca dati dell'osservatorio del mercato immobiliare relativi al secondo semestre 2004, sono messi a disposizione dagli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio, su richiesta del comune.
Il comma 336 reca disposizioni per l’integrazione o l’aggiornamento dei dati catastali.
I comuni, ove constatino l’esistenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, debbono chiedere ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti d’aggiornamento redatti ai sensi del regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.
Secondo la relazione governativa al disegno di legge (A.C. 5310), l’intendimento della norma è di imporre l’adeguamento delle unità immobiliari che, a seguito di “modifica dell’assetto tipologico intrinseco, nonché del tessuto urbano in cui sono inserite, ha rese di fatto di categoria più elevata” rispetto a quella originariamente attribuita. L’esempio addotto è quello di abitazioni classificate in categorie economica, popolare e ultrapopolare (A3, A4 e A5) e commerciali (ad esempio magazzini e rimesse trasformati in negozi) ovvero di edifici che hanno perso le caratteristiche di fabbricato rurale.
Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.
L’articolo 1 individua i documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione (art. 56 del D.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142) e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni (art. 20 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 8 aprile 1948, n. 514), unitamente ai relativi elaborati grafici, e approva i modelli per la loro redazione.
Le suddette dichiarazioni, ad eccezione di quelle finalizzate a procedimenti amministrativi iniziati d'ufficio, debbono essere sottoscritte da uno dei titolari di diritti reali sui beni denunziati e dal tecnico redattore degli atti grafici e contengono dati e notizie tali da consentire l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita catastale, senza visita di sopralluogo. Il dichiarante propone anche l'attribuzione della categoria, classe e relativa rendita catastale, per le unità a destinazione ordinaria, o l'attribuzione della categoria e della rendita, per le unità a destinazione speciale o particolare. Nelle stesse dichiarazioni sono riportati, per ciascuna unità immobiliare, i dati di superficie, espressi in metri quadrati. Tale rendita rimane negli atti catastali come «rendita proposta» fino a quando l'ufficio non provvede all’accertamento, anche a campione, e comunque, entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni, alla determinazione della rendita catastale definitiva. È facoltà dell'amministrazione finanziaria di verificare le caratteristiche degli immobili ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.
Per l'iscrizione in catasto, le unità immobiliari sono individuate attraverso parametri di identificazione definitivi, rappresentati da sezione, foglio, numero di mappale e di eventuale subalterno, che, ove non ancora attribuiti, vengono assegnati dall'ufficio tecnico erariale, su istanza dell'interessato, entro quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza medesima.
Le dichiarazioni, gli atti e le denunzie sono presentati su supporto magnetico secondo le istruzioni fornite dal dipartimento del territorio
L’articolo 2 disciplina la documentazione e il procedimento per la trascrizione delle volture.
Con provvedimento del direttore generale del dipartimento del territorio viene fissata la data a partire dalla quale sono eseguite automaticamente le volture catastali relative ad atti civili, giudiziari e amministrativi, la cui trascrizione viene eseguita presso conservatorie dei registri immobiliari meccanizzate, e vengono disciplinate le condizioni per l'esenzione dall'obbligo di presentazione delle domande di voltura, relative ai suddetti atti.
Per le volture catastali relative ad atti, la cui trascrizione viene eseguita presso conservatorie dei registri immobiliari non ancora meccanizzate, in sostituzione delle previste domande può essere presentata agli uffici tecnici erariali la nota di trascrizione redatta su supporto informatico.
Ai fini della registrazione di variazioni di diritti censiti in catasto, le unità immobiliari e le particelle sono individuate attraverso i parametri di identificazione definitivi, come sopra indicati.
Qualora vi sia discordanza tra la situazione dei soggetti titolari del diritto di proprietà o di altri diritti reali e le corrispondenti scritture catastali, è fatto obbligo al notaio e agli altri pubblici ufficiali di fare menzione, nell'atto e nella relativa nota di trascrizione, dei titoli che hanno dato luogo ai trasferimenti intermedi o delle discordanze.
Nel caso in cui l'atto traslativo non sia stato preceduto da una dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, è fatto obbligo al notaio e agli altri pubblici ufficiali roganti di riportare nello stesso atto nonché nella relativa nota di trascrizione la superficie convenzionale catastale, espressa in metri quadrati, certificata da un tecnico e accompagnata da planimetria catastale conforme a quella già presentata in catasto. La planimetria è presentata con le modalità prescritte dall'amministrazione finanziaria. Le stesse disposizioni si applicano ai soggetti obbligati alla presentazione delle dichiarazioni di successione.
L’articolo 3 disciplina la trasmissione telematica dei documenti indicati agli articoli 1 e 2.
L’articolo 4 consente la presentazione di una dichiarazione sostitutiva nel caso in cui le unità immobiliari, oggetto di dichiarazioni di nuova costruzione o di variazione, risultino prive di rendita catastale. Disciplina altresì l’aggiornamento della posizione catastale, consentendo ai proprietari o ai titolari di altro diritto reale di presentare a questo fine domanda di voltura corredata da relazione notarile (contenente gli estremi dei titoli pregressi, delle relative trascrizioni che hanno dato luogo a trasferimenti, costituzioni o estinzioni di diritti reali, e delle correlative domande di voltura, nonché altri elementi comunque giustificativi della legittimità delle variazioni catastali richieste), alla quale, ove la discordanza interessi i beni, è annessa apposita relazione tecnica, redatta da un professionista abilitato. Le suddette dichiarazioni e domande di voltura sono presentate su supporto informatico.
Gli uffici tecnici erariali possono utilizzare le informazioni in possesso dell'amministrazione finanziaria per integrare i dati iscritti in catasto e relativi alle unità immobiliari e ai soggetti.
Il già citato provvedimento in materia di classamenti catastali di unità immobiliari di proprietà privata, emanato con determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio in data 16 febbraio 2005, all’articolo 2, prevede che le unità immobiliari suscettibili di revisione a norma del presente comma 336 siano individuate dai comuni sulla base della constatazione di idonei elementi, quali, a titolo esemplificativo, quelli rinvenibili nell'archivio edilizio comunale, nell'archivio delle licenze commerciali, ovvero nei verbali di accertamento di violazioni edilizie, nella cartografia tecnica, nelle immagini territoriali o tratti da ogni altra documentazione idonea allo scopo. In tale àmbito possono essere oggetto di trattazione le richieste dei comuni riguardanti le unità immobiliari interessate:
a) da interventi edilizi che abbiano comportato la modifica permanente nella destinazione d'uso, ovvero un incremento stimabile in misura non inferiore al 15% del valore di mercato e della relativa redditività ordinaria derivante, di norma, da interventi edilizi di ristrutturazione edilizia o di manutenzione straordinaria – in particolare quando gli stessi abbiano comportato una variazione della consistenza ovvero delle caratteristiche tipologiche distributive ed impiantistiche originarie delle unità immobiliari –, e da quelli di restauro e risanamento conservativo, qualora in particolare abbiano interessato l'intero edificio;
b) dagli interventi edilizi di nuova costruzione, quando le unità immobiliari non siano dichiarate in catasto;
c) dal rilascio di licenze ad uso commerciale che abbiano comportato modifiche permanenti nella destinazione d'uso, come definita nelle categorie catastali, quando le unità immobiliari siano iscritte in catasto con categoria non coerente con la destinazione autorizzata;
d) dal passaggio dalla categoria delle unità esenti dalle imposte sugli immobili a quelle delle unità soggette a imposizione, quali quelle adibite ad abitazioni o ad altre destinazioni già funzionali all'esercizio dell'attività produttiva agricola e censite in catasto come fabbricati rurali, che di fatto hanno perso i previsti requisiti oggettivi o soggettivi.
Secondo il medesimo provvedimento, non sono oggetto di trattazione, in quanto prive dei requisiti necessari, le richieste dei comuni riguardanti le unità immobiliari già censite e oggetto di interventi edilizi che non abbiano comportato una variazione di destinazione d'uso né un incremento del valore e della relativa redditività ordinaria in misura significativa ai fini della variazione del classamento, quali, di norma:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria;
b) gli interventi di manutenzione straordinaria, in particolare qualora non abbiano comportato una variazione della consistenza e delle caratteristiche tipologiche distributive e impiantistiche originarie delle unità immobiliari, e gli interventi di restauro e risanamento conservativo, qualora in particolare non abbiano interessato l'intero edificio;
c) gli interventi di adeguamento degli impianti tecnologici alle normative tecniche e di sicurezza, di riparazione e rinnovo di impianti esistenti, di consolidamento e conservazione degli elementi edilizi strutturali.
La richiesta di aggiornamento dei dati catastali inviata dai comuni deve contenere l’indicazione degli elementi constatati, compresa, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale. Essa è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, all’iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita.
Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.
L’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 8 aprile 1948, n. 514, disciplina l’obbligo di dichiarazione dei fabbricati nuovi e di ogni altra stabile costruzione nuova. Per l’inosservanza di tale obbligo, il successivo articolo 31 prevede la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (da euro 10,33 a euro 103,29), a meno che il fatto costituisca reato[442]. Il comma 7 dell’articolo in commento prevede l’elevazione della misura minima e massima della suddetta sanzione amministrativa, rispettivamente, a 258 e 2066 euro.
Il già citato provvedimento in materia di classamenti catastali di unità immobiliari di proprietà privata, emanato con determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio in data 16 febbraio 2005, all’articolo 3, ìndica il contenuto del provvedimento per la richiesta di presentazione dell'atto di aggiornamento catastale:
a) i dati catastali dell'unità immobiliare, quando disponibili, ovvero del terreno sul quale insiste la costruzione non dichiarata in catasto;
b) gli elementi oggetto della constatazione di situazioni di fatto non più coerenti con il classamento;
c) le modalità e i termini secondo i quali è possibile adempiere agli obblighi, e le conseguenze in caso di inadempienza;
d) la data, qualora accertabile, cui riferire il mancato adempimento degli obblighi in materia di dichiarazione delle nuove costruzioni o di variazione di quelle censite al catasto edilizio urbano.
L’articolo 4 riguarda gli adempimenti spettanti ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari.
I soggetti obbligati alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale sono tenuti in solido agli adempimenti richiesti. Essi debbono adempiere alla richiesta, presentando all'Agenzia del territorio gli atti di aggiornamento necessari entro novanta giorni dalla notifica della richiesta da parte del comune, indicando protocollo e data della stessa.
A norma dell’articolo 5, in caso di inadempimento da parte dei soggetti interessati, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio, decorso il termine di novanta giorni dalla notifica della richiesta, ove ne ricorrano i presupposti, provvedono all'aggiornamento d'ufficio. A tal fine, su richiesta dei suddetti uffici provinciali, i comuni provvedono a trasmettere i documenti a supporto della notifica effettuata.
Qualora dalla verifica della suddetta documentazione, nonché della documentazione eventualmente fatta pervenire dai soggetti interessati, non sussista l'obbligo della dichiarazione in catasto, l'ufficio competente ne dà comunicazione al comune.
I soggetti inadempienti, oltre ai tributi dovuti, alle sanzioni previste e alle spese di notifica, sono debitori degli oneri per l'attività svolta dall'ufficio, determinati con successivo provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio.
L’articolo 6 disciplina le modalità operative per lo scambio di informazioni fra l’Agenzia del territorio e i comuni. L'Agenzia rende disponibile una procedura per la creazione di un archivio informatico contenente l'elenco delle richieste inviate ai vari soggetti articolato per unità immobiliare e, per ciascuna scheda, i seguenti dati:
a) identificativo dell'unità immobiliare, quando disponibile, ovvero del terreno sul quale insiste la costruzione non dichiarata in catasto;
b) dati relativi alla toponomastica;
c) generalità e domicilio dei destinatari della richiesta;
d) data e protocollo della richiesta inoltrata ai suddetti destinatari;
e) data di avvenuta notifica;
f) sintesi dei dati accertati dai quali discende l'incoerenza della rendita iscritta negli atti catastali;
g) data, se conosciuta, cui riferire la violazione degli adempimenti catastali in materia di dichiarazione di nuove costruzioni o di variazione di quelle censite.
I comuni inviano mensilmente i suddetti dati agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio restituiscono ai comuni l’archivio informatico integrato con i seguenti dati di propria competenza:
a) nuovi dati di censimento attribuiti alle unità immobiliari;
b) data di inserimento in atti del nuovo accertamento;
c) data di avvenuta notifica delle nuove rendite.
L’articolo 7 disciplina la verifica dell’attuazione del processo, operato attraverso l’archivio informatico sopra descritto, la cui consultazione telematica è resa disponibile a mezzo web ai comuni che ne avanzino richiesta, limitatamente ai dati di loro competenza.
L’articolo 8 prevede che gli atti attributivi delle nuove rendite, unitamente alla quantificazione degli oneri dovuti per l’attività svolta dall’ufficio, siano notificati secondo la normativa vigente e contengano le indicazioni relative all’impugnabilità. All’attività di notifica debbono collaborare i comuni.
Ulteriori modalità applicative sono indicate nelle «Linee guida» allegate al provvedimento.
Il comma 337 prevede che le nuove rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336, producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denunzia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, nel caso in cui nella richiesta notificata non sia indicata, la data cui dev’essere riferito il mancato adempimento, dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune.
La disposizione prevede quindi la retroattività degli effetti fiscali dell’aggiornamento delle rendite catastali conseguente al procedimento disciplinato dal comma 336. Tale effetto retroagisce al 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denunzia catastale, a condizione che il comune abbia determinato tale data e l’abbia indicata nella richiesta notificata al contribuente ai sensi del secondo periodo del medesimo comma 336. Ove non concorrano queste condizioni, retroagisce al 1° gennaio dell’anno in cui la richiesta è stata notificata.
La retroattività degli effetti fiscali prevista dalla disposizione in commento potrebbe apparire come deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.
Il citato articolo 3, che disciplina l’efficacia temporale delle norme tributarie, al comma 1, prescrive infatti che, con eccezione delle disposizioni d’interpretazione autentica, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, e che, relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.
L’interpretazione giurisprudenziale della citata disposizione ammette tuttavia che il legislatore possa derogarvi con espressa e successiva norma di legge: afferma infatti la Corte di cassazione che, “in tema di efficacia nel tempo di norme tributarie, deve escludersi l'applicazione retroattiva, a meno che questa non sia espressamente prevista: e cioè il legislatore abbia testualmente disposto la retroattività come eccezione al principio generale della irretroattività” (Cass., sez. V, sent. 2 aprile 2003, n. 5015, Ministero delle finanze c. Soc. Raggiolo). Dato il rango ordinario dell’atto legislativo con cui è stato introdotto lo “statuto del contribuente”, tale interpretazione è conforme con i princìpi generali sulla successione delle leggi nel tempo ed è confermata dalla pratica legislativa, che ha reiteratamente derogato alle regole enunziate a questo proposito nella legge citata[443].
In realtà, la disposizione non reca una modificazione retroattiva alla disciplina sostanziale del tributo, bensì tende a far retroagire gli effetti di una situazione accertata fino alla data cui deve farsi risalire l’omissione dell’adempimento che avrebbe dovuto adeguare la situazione di diritto a quella di fatto. Sotto tale riguardo rileverebbe, in ipotesi, soltanto il termine di prescrizione o di decadenza stabilito per l’accertamento.
Il comma 3 dell’articolo 3 della citata legge n. 212 del 2000 stabilisce che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati. Anche questa disposizione, stante il suo rango di legge ordinaria, può tuttavia essere derogata mediante espressa disposizione legislativa.
Con il comma 338 vengono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro 2.066 gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’omissione delle dichiarazioni relative all’iscrizione dei fabbricati nuovi nel catasto, applicabile, secondo quanto disposto dal comma 336, ultimo periodo, anche in caso d’inottemperanza alle richieste di aggiornamento dei dati catastali formulate dai comuni a norma del medesimo comma 336.
La disposizione precisa che l’aumento disposto si riferisce agli importi della sanzione prevista dall’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come rideterminati dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, e che lo stesso aumento è limitato al mancato adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 20 e 28 del medesimo decreto-legge n. 652 del 1939.
L’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, sanziona gli atti volti ad impedire l’accesso dei funzionari degli uffici tecnici erariali e dei componenti le commissioni censuarie alle proprietà private (salvo che costituiscano più grave reato), nonché la violazione degli articoli 3, 7, 20 e 28 del medesimo regio decreto-legge.
L’incremento della sanzione, secondo il testo della disposizione qui commentata risultante dalle modificazioni approvate dal Senato, si riferisce alle sole fattispecie di inadempimento degli obblighi di dichiarazione incombenti nei casi di variazione relativa alle persone dei proprietari o titolari di diritti reali o allo stato dei beni (articolo 20), nonché degli obblighi di dichiarazione prescritti quando gli immobili siano divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati o abbiano perduto i requisiti per l’esenzione dall’imposta (articolo 28).
Rimarrebbero invece soggetti alla sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (pari, rispettivamente, a euro 10,33 ed euro 103,29) gli atti volti ad impedire l’accesso dei funzionari degli uffici tecnici erariali e dei componenti le commissioni censuarie alle proprietà private[444].
Il comma 339 rimette infine la determinazione delle modalità tecniche e operative per l'applicazione delle disposizioni dei commi 5 e 6 a un provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, che deve essere adottato, previa intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
Il suddetto provvedimento, già richiamato nel commento ai commi precedenti, è stato emanato con determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio in data 16 febbraio 2005 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2005.
340. Al comma 3 dell’articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono aggiunti i seguenti periodi: «A decorrere dal 1º gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell’Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento».
Il comma 340 interviene sulla disciplina delle denunzie relative alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, novellando le disposizioni vigenti, contenute nel capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.
Il presupposto dell’intervento è indicato dalla relazione governativa (A.C. 5310), secondo la quale le attività di accertamento svolte da alcune amministrazioni locali hanno consentito di ricuperare un rilevante scostamento (fino al 25-30 per cento) fra gli effettivi dati di superficie delle unità immobiliari e quelli denunziati dagli occupanti per la determinazione della tassa.
La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni è disciplinata dal capo III del citato decreto legislativo n. 507 del 1993.
L’articolo 58 prescrive ai comuni l’istituzione di una tassa annuale per il servizio relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa nell'ambito del centro abitato, delle frazioni, dei nuclei abitati ed eventualmente esteso alle zone del territorio comunale con insediamenti sparsi. La tassa è disciplinata con apposito regolamento comunale (il cui contenuto è indicato nell’articolo 68) e applicata in base a tariffa (deliberata dai comuni nei termini e modi stabiliti dall’articolo 69).
A norma dell’articolo 59, il regolamento del servizio di nettezza urbana stabilisce i limiti della zona di raccolta obbligatoria e l'eventuale estensione del servizio a zone con insediamenti sparsi, la forma organizzativa e le modalità di effettuazione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni. I comuni possono estendere il regime di privativa di smaltimento dei rifiuti a insediamenti sparsi siti oltre le zone perimetrate. Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta in regime di privativa, la tassa è dovuta in misura non superiore al 40 per cento della tariffa da determinare in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita. Nelle zone esterne al centro abitato in cui lo svolgimento del normale servizio sia limitato a determinati periodi stagionali, il tributo è dovuto in proporzione al periodo di esercizio.
L’articolo 61 prescrive le misure minima e massima del gettito complessivo della tassa in relazione al costo di esercizio del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni.
L’articolo 62 regola presupposto della tassa ed esclusioni. La tassa è dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui è svolto il servizio. Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di inutilizzabilità nel corso dell'anno. Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto della parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione, in cui sia svolta un'attività economica e professionale, può essere stabilito dal regolamento che la tassa è dovuta in base alla tariffa prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a tal fine utilizzata.
A norma dell’articolo 63, sono soggetti passivi della tassa coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte. I componenti del nucleo familiare e coloro che usano in comune i locali o le aree sono responsabili in solido del pagamento. Sono escluse dalla tassazione le aree comuni del condominio, salvo che non siano detenute od occupate in via esclusiva. Disposizioni speciali riguardano i locali in multiproprietà e i centri commerciali integrati.
L’articolo 64 dispone circa la decorrenza della tassa. Essa è corrisposta in base a tariffa e commisurata ad anno solare ed è dovuta dal primo giorno del bimestre successivo a quello in cui ha avuto inizio l'utenza. Gli effetti della cessazione dell'occupazione o detenzione dei locali e aree decorrono dal primo giorno del bimestre solare successivo a quello in cui è stata presentata la relativa denunzia.
L’articolo 65 disciplina la misura della tassa e le tariffe. La tassa può essere commisurata o alla quantità e qualità medie ordinarie, per unità di superficie imponibile, dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo d’uso cui essi sono destinati (secondo le categoria indicate dall’articolo 68, comma 2), e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento.
Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.
L’articolo 66 prevede la facoltà di riduzione della tariffa in ragione di particolari condizioni d’uso (abitazioni con unico occupante; abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale, limitato o discontinuo; locali, diversi dalle abitazioni, e aree scoperte adibiti ad uso stagionale o non continuativo, ma ricorrente; soggetti residenti o dimoranti all’estero; agricoltori occupanti la parte abitativa della costruzione rurale). L’articolo 67 riguarda invece le altre agevolazioni che i comuni possono prevedere sotto forma di riduzioni e, in via eccezionale, di esenzioni.
A norma dell’articolo 70 gli occupanti o detentori di locali e aree scoperte soggette alla tassa sono tenuti a presentare denunzia al comune, entro il 20 gennaio successivo all'inizio dell'occupazione o detenzione. Lo stesso obbligo è previsto per ogni successiva variazione rilevante ai fini del tributo. In occasione di iscrizioni anagrafiche o altre pratiche concernenti i locali ed aree interessati, gli uffici comunali sono tenuti ad invitare l'utente a provvedere alla denuncia nel termine previsto.
L’articolo 71 disciplina l’accertamento da parte del comune, da effettuarsi, in caso di denunzia incompleta o infedele, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della denunzia, e, in caso di omessa denunzia, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la denuncia doveva essere presentata. Il comune, ove non sia in grado di provvedere autonomamente, può stipulare convenzioni con soggetti privati o pubblici per l'individuazione delle superficie in tutto o in parte sottratte a tassazione.
La riscossione della tassa, secondo l’articolo 72, ha luogo mediante ruoli principali ovvero, con scadenze successive, nei ruoli suppletivi. In questi ultimi sono, di regola, iscritti gli importi o i maggiori importi derivanti dagli accertamenti nonché quelli delle partite comunque non iscritte nei ruoli principali. Gli importi sono riscossi in quattro rate bimestrali, riducibili a due su autorizzazione dell’amministrazione finanziaria. Il sindaco, per gravi motivi, può concedere la ripartizione fino a otto rate qualora vi siano compresi tributi arretrati.
L’articolo 73 consente ai comuni di rivolgere al contribuente motivato invito ad esibire o trasmettere atti e documenti, comprese le planimetrie dei locali e delle aree scoperte, e a rispondere a questionari, relativi a dati e notizie specifici; di chiedere agli amministratori dei condomìni e ai soggetti gestori dei servizi comuni in centri commerciali integrati l'elenco degli occupanti o detentori dei locali e aree; di utilizzare dati legittimamente acquisiti per altro tributo ovvero di richiedere ad uffici pubblici o di enti pubblici anche economici, in esenzione da spese e diritti, dati e notizie rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti.
Qualora il contribuente non adempia alle richieste, il personale incaricato, munito di autorizzazione del sindaco e previo avviso da comunicare almeno cinque giorni prima della verifica, può accedere agli immobili soggetti alla tassa ai soli fini della rilevazione della destinazione e della misura delle superficie.
L’articolo 75 disciplina i casi di rimborso del tributo.
L’articolo 76 stabilisce le sanzioni. Per l'omessa presentazione della denunzia, anche di variazione, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della tassa o della maggiore tassa dovuta, con un minimo di lire centomila (euro 51,65); per denunzia infedele la sanzione dal cinquanta al cento per cento della maggiore tassa dovuta o, se l'omissione o l'errore attengono ad elementi non incidenti sull'ammontare della tassa, da lire centomila a lire cinquecentomila (da 51,65 a 258,23 euro). La stessa sanzione si applica per le violazioni concernenti la mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti o la mancata restituzione di questionari o per la loro mancata, incompleta o infedele compilazione.
L’articolo 77 prevede la tassa giornaliera di smaltimento in caso di occupazione o detenzione temporanea (inferiore a 183 giorni di un anno solare, anche se ricorrente) di locali o aree pubbliche, di uso pubblico, o gravate da servitù di pubblico passaggio.
Con l’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, è stata istituita la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.
Essa è destinata a sostituire la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio indicato dal regolamento che definisce il metodo normalizzato. Entro tali termini, i comuni devono provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa medesima. In via sperimentale, i comuni possono introdurre il sistema tariffario anche prima di tale termine.
È prescritto che i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade e aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, siano coperti dai comuni mediante l'istituzione di una tariffa, da applicarsi nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale.
La tariffa, determinata dagli enti locali, è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi d’investimento e di esercizio.
Il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento è con regolamento predisposto dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali.
Sono previste agevolazioni per le utenze domestiche e per la raccolta differenziata delle frazioni umide e delle altre frazioni, ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti d’imballaggio che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori. Sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi. Dev’essere altresì assicurata la gradualità degli adeguamenti derivanti dalla sua applicazione.
La tariffa è applicata e riscossa dal soggetto che gestisce il servizio. La riscossione volontaria e coattiva può essere effettuata tramite ruolo, con l'obbligo del non riscosso per riscosso.
Il regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.
Secondo quanto precisato dal Ministero delle finanze con la circolare 17 febbraio 2000 n. 25/, la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti e la contemporanea entrata in funzione della tariffa decorrono dalle seguenti date:
a) 1° gennaio 2003 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi superiore all'85 per cento;
b) 1° gennaio 2005 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85 per cento;
c) 1° gennaio 2008 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi inferiore al 55 per cento, nonché per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, a prescindere, in quest'ultimo caso, dalla copertura raggiunta nel 1999.
Il comma 340, integrando il comma 3 dell'articolo 70 del citato decreto legislativo n. 507 del 1993, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento indicata nella denunzia presentata dai soggetti che occupano o detengono locali e aree soggette alla tassa non può essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138.
Per gli immobili già denunziati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale. La modifica è operata mediante confronto fra i dati comunali, comprensivi della toponomastica, e quelli catastali risultanti all’Agenzia del territorio, secondo modalità d'interscambio stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia, sentita la conferenza Stato-Città e autonomie locali.
Il regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, emanato con D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, determina, nell’allegato C, i criteri per il calcolo della superficie catastale.
In generale, nella determinazione della superficie catastale delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, i muri interni e quelli perimetrali esterni vengono computati per intero fino ad uno spessore massimo di 50 cm, mentre i muri in comunione nella misura del 50 per cento fino ad uno spessore massimo di 25 cm. La superficie dei locali principali e degli accessori, ovvero loro porzioni, aventi altezza utile inferiore a 1,50 m, non entra nel computo della superficie catastale. La superficie degli elementi di collegamento verticale, quali scale, rampe, ascensori e simili, interni alle unità immobiliari, è computata in misura pari alla loro proiezione orizzontale, indipendentemente dal numero di piani collegati. La superficie catastale viene arrotondata al metro quadrato.
Criteri specifici sono determinati per i diversi gruppi di unità immobiliari a destinazione ordinaria (R: Unità immobiliari a destinazione abitativa di tipo privato e locali destinati a funzioni complementari; P: Unità immobiliari a destinazione pubblica o di interesse collettivo; T: Unità immobiliari a destinazione terziaria).
Qualora negli atti catastali manchino gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, su richiesta del comune, debbono presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica presso il comune della consistenza di riferimento.
Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.
341. Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, dopo l’articolo 52 è inserito il seguente:
«Art. 52-bis. – (Liquidazione dell’imposta derivante dai contratti di locazione) – 1. La liquidazione dell’imposta complementare di cui all’articolo 42, comma 1, è esclusa qualora l’ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto in misura non inferiore al 10 per cento del valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, e successive modificazioni. Restano comunque fermi i poteri di liquidazione dell’imposta per le annualità successive alla prima».
342. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, dopo l’articolo 41-bis è inserito il seguente:
«Art. 41-ter. – (Accertamento dei redditi di fabbricati) – 1. Le disposizioni di cui agli articoli 32, primo comma, numero 7), 38, 40 e 41-bis non si applicano con riferimento ai redditi di fabbricati derivanti da locazione dichiarati in misura non inferiore ad un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del 15 per cento e il 10 per cento del valore dell’immobile.
2. In caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell’immobile.
3. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, il valore dell’immobile è determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni».
343. Le disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e 41-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotti, rispettivamente, dai commi 341 e 342 del presente articolo, non trovano applicazione nei confronti dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
344. Il modello per la comunicazione di cui all’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell’interno e della Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia; la comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, nonché degli uffici dell’Agenzia delle entrate, con la compilazione in formato elettronico del relativo modello e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L’Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell’interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero. La presentazione per la registrazione degli atti di cessione di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.
345. L’obbligo di comunicazione di cui al comma 344 trova applicazione anche nei riguardi dei soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare; la comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese. In caso di violazione dell’obbligo di cui al precedente periodo, si applica la sanzione amministrativa di cui al quarto comma dell’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191; in caso di seconda violazione, il sindaco del comune in cui operano i soggetti di cui al primo periodo, su segnalazione dell’Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi soggetti la sospensione per un mese della loro attività.
I commi da 341 a 345 contengono misure volte a contrastare e reprimere l’evasione e l’elusione delle imposte relative alle locazioni immobiliari.
Il comma 341 in particolare inserisce nel testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, un nuovo articolo 52-bis, riguardante la liquidazione dell'imposta derivante dai contratti di locazione.
L’imposta di registro sugli atti aventi ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari si applica sul valore dichiarato dalle parti nell’atto.
La nuova disposizione esclude la liquidazione della maggiore imposta derivante da accertamento (imposta complementare) qualora l'ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto in misura non inferiore al dieci per cento del valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, e successive modificazioni.
L’articolo 42 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, recante approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, definisce imposta principale l'imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; imposta suppletiva l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio; imposta complementare l'imposta applicata in ogni altro caso.
Secondo la relazione del Governo al disegno di legge, il riferimento all’imposta complementare deve intendersi “nella sua accezione di maggiore imposta dovuta in conseguenza degli accertamenti operati dall’amministrazione tributaria dai quali emerga un imponibile diverso da quello apparente”.
L’articolo 52 del medesimo testo unico disciplina la rettifica del valore degli immobili e delle aziende. Qualora l’amministrazione finanziaria ritenga che i beni suddetti abbiano un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni, indicando – con i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche – gli elementi in base ai quali è stato determinato il valore, le aliquote applicate e il calcolo della maggiore imposta, nonché dell'imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso.
Il comma 4 prevede che non siano sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a ottanta volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, né i valori o corrispettivi della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli articoli 47 (enfiteusi) e 48 (nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione). Questa disposizione non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.
A norma del comma 5, i suddetti moltiplicatori di sessanta e ottanta volte possono essere modificati, in caso di sensibili divergenze dai valori di mercato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
I moltiplicatori sono attualmente fissati nelle seguenti misure dal decreto del Ministro delle finanze 14 dicembre 1991 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 17 dicembre 1991, n. 295), a seguito della revisione generale degli estimi del catasto edilizio urbano e del catasto terreni operata nel 1990:
- terreni: 75,
- categorie A (escluso A/10), B e C (escluso C/1): 100,
- fabbricati categorie A/10 e D: 50;
- fabbricati categorie C/1 ed E: 34.
L’articolo 3, commi 48 e 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato per il 1997), in attesa dell’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, ha rivalutato del 5 per cento le rendite catastali dei fabbricati, mentre quelle dei terreni, ai fini, tra le altre, dell’imposta di registro, sono state rivalutate del 25 per cento. Pertanto i moltiplicatori sopra indicati si applicano sull’importo risultante da tale rivalutazione.
L’articolo 2, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha rivalutato i suddetti moltiplicatori, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, e con decorrenza dal 1° gennaio 2004, nella misura del 10 per cento.
In luogo di questa rivalutazione del 10 per cento, l’articolo 1-bis, comma 7, del D.-L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2004, n. 191, ha rivalutato tali moltiplicatori, per i beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione[445] e ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, nella misura del 20 per cento. Questa rivalutazione si applica agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni apertesi e alle donazioni fatte a decorrere dalla data di entrata in vigore della citata legge di conversione.
La disposizione in commento mantiene comunque fermi i poteri di liquidazione dell'imposta per le annualità successive alla prima.
L’articolo 17, comma 3, del citato testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno.
La relazione del Governo al disegno di legge (A.C. 5310) rileva che la novella, stante il suo carattere limitatore dell’attività di accertamento degli uffici, non innova rispetto all’obbligo di pagamento dell’imposta relativo ai contratti di durata pluriennale.
Il comma 342 introduce nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, l'articolo 41-ter, il quale disciplina l’accertamento dei redditi di fabbricati, derivanti da locazione.
Il capoverso 1 del nuovo articolo 41-ter esclude l’applicazione di alcuni poteri di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria relativamente a redditi di fabbricati, derivanti da locazione, dichiarati in misura non inferiore al maggiore tra i seguenti due importi:
a) canone di locazione risultante dal contratto, ridotto del 15 per cento;
b) un decimo del valore dell’immobile.
In particolare, non si applicano in questi casi le seguenti disposizioni del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973:
§ articolo 32, primo comma, numero 7), secondo cui gli uffici delle imposte possono richiedere, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle imposte dirette ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di zona, alle banche per quanto riguarda i rapporti con i clienti e all’Amministrazione postale (ora Poste italiane SpA) per quanto attiene ai dati relativi ai servizi dei conti correnti postali, ai libretti di deposito e ai buoni postali fruttiferi, copia dei conti intrattenuti con il contribuente con la specificazione di tutti i rapporti inerenti o connessi a tali conti, comprese le garanzie prestate da terzi, nonché ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi agli stessi conti mediante questionari redatti su modello approvato. Al ricevimento della richiesta, il responsabile della sede o dell'ufficio destinatario deve darne notizia al soggetto interessato;
§ articolo 38, riguardante la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d'imposta indicate nella dichiarazione.
L'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione – salvo quanto stabilito nell'articolo 39 sull’uso delle scritture contabili – possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie raccolte, anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
L'ufficio può inoltre, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta.
Dal reddito complessivo determinato sinteticamente non sono deducibili gli oneri di cui all'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi.
La determinazione sintetica si applica anche quando il contribuente non ha ottemperato agli inviti a comparire, trasmettere atti o rispondere a questionari.
§ articolo 40, concernente la rettifica delle dichiarazioni dei soggetti diversi dalle persone fisiche;
§ articolo 41-bis: riguardante l’accertamento parziale che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, gli uffici delle imposte possono effettuare qualora, dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato o l'esistenza di deduzioni, esenzioni e agevolazioni in tutto o in parte non spettanti.
Il capoverso 2 del nuovo articolo 41-ter stabilisce, in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, una presunzione relativa (salva, cioè, per l’interessato la facoltà di provare il contrario) dell'esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; per la determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell'immobile.
Infine, il capoverso 3 rinvia all’articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 per la determinazione del valore dell'immobile, al quale fanno riferimento le disposizioni dei capoversi precedenti.
Come già si è esposto sopra, l’articolo 52, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro stabilisce i moltiplicatori da applicarsi alla rendita catastale per la determinazione del valore degli immobili.
Il comma 343 eccettua dall’applicazione delle disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, e 41-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotti rispettivamente dai precedenti commi 341 e 342, i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ossia sulla base degli accordi stipulati fra le associazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori (cosiddetto contratto concordato).
La legge 9 dicembre 1998, n. 431, reca la disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
L’articolo 2 regola le forme di stipulazione e di rinnovo dei contratti di locazione, prevedendo contratti di durata non inferiore a quattro anni, automaticamente rinnovabili per ulteriori quattro anni salve particolari esigenze del locatore (comma 1).
In alternativa, il comma 3 prevede che le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, comunque non inferiore a tre anni (salvo quanto previsto dall’articolo 5 circa i contratti di natura transitoria), e altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo, il medesimo è prorogato di diritto per due anni, salve particolari esigenze del locatore (comma 5). Per favorire la realizzazione di tali accordi, il comma 4 consente ai comuni di deliberare agevolazioni relativamente all'imposta comunale sugli immobili (ICI).
L’articolo 4, al comma 2, rimette la determinazione dei criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell'immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti, ad apposito decreto adottato dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, sulla base di una convenzione fra le associazioni nazionali maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero in mancanza di accordo fra le stesse.
Il comma 3 demanda ad un ulteriore decreto degli stessi ministri la fissazione delle condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2, nonché i contratti transitori di cui all'articolo 5, in mancanza dei previsti accordi locali.
L’articolo 8 dispone agevolazioni fiscali conseguenti alla stipulazione dei contratti di locazione indicati all’articolo 2, comma 3 (esclusi i contratti di natura transitoria) nei comuni qualificati “ad alta tensione abitativa”[446].
Il comma 344 riguarda la comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, cui è tenuto chiunque venda, dia in locazione o in comodato un fabbricato o parte di esso, ovvero ne consenta a qualunque altro titolo l’uso esclusivo.
L’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59 (Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, prescrive che chiunque cede la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato.
La comunicazione può essere effettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Nel caso di violazione della suddetta disposizione si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire tre milioni (da 103,29 a 1549,37 euro). La violazione è accertata dagli organi di polizia giudiziaria, nonché dai vigili urbani del comune ove si trova l'immobile, ed è applicata dal sindaco. I proventi sono devoluti al comune.
Secondo il comma qui illustrato, il modello per la suddetta comunicazione, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e dell’Agenzia delle entrate, deve essere reso disponibile gratuitamente, con modalità telematiche, dalla predetta Agenzia.
La comunicazione va effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché degli uffici dell'Agenzia delle entrate, con la compilazione del modello in formato elettronico e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L'Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell'interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero.
L’articolo 3 del regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, consente la presentazione delle dichiarazioni per il tramite di banche convenzionate o uffici della società Poste italiane SpA mediante collegamento gratuito con l’Agenzia delle entrate attraverso il servizio telematico Entratel.
Il comma 3 individua i soggetti incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni o la cui rilevanza nazionale sia riconosciuta con decreto del Ministero delle finanze, e le organizzazioni aderenti alle associazioni suddette (art. 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
A norma del comma 3-ter spetta loro un compenso, a carico del bilancio dello Stato, di 50 centesimi di euro per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa mediante il servizio telematico Entratel.
I commi 7, 7-bis e 7-ter disciplinano i termini per la trasmissione delle dichiarazioni di cui al medesimo regolamento. Per le banche e la società Poste italiane SpA il termine è stabilito in cinque mesi dalla data di scadenza del termine di presentazione ovvero, per le dichiarazioni presentate oltre tale termine, entro cinque mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni stesse. Gli altri soggetti presentano le dichiarazioni per le quali non è previsto un apposito termine entro un mese dalla scadenza del termine previsto per la presentazione alle banche e agli uffici postali. Le dichiarazioni consegnate successivamente al termine previsto per la presentazione delle stesse in via telematica sono trasmesse entro un mese.
A norma del comma 8, la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è consegnata dal contribuente alla banca o all'ufficio postale ovvero è trasmessa all'Agenzia delle entrate mediante procedure telematiche direttamente o tramite uno dei soggetti incaricati.
Il comma 11 rimette la determinazione delle modalità tecniche di trasmissione delle dichiarazioni ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
Il comma 13 dispone infine che ai soggetti incaricati della trasmissione telematica si applica l'articolo 12-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che consente il trattamento dei dati connessi alle dichiarazioni per le sole finalità di prestazione del servizio e per il tempo a ciò necessario, adottando specifiche misure per assicurare la riservatezza e la sicurezza delle informazioni.
È disposto, infine, che la presentazione degli atti di cessione, di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978, per la loro registrazione tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.
A norma del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono soggetti a registrazione gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato, alcuni contratti verbali (locazione o affitto di beni immobili e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite; trasferimento e affitto di aziende esistenti nel territorio dello Stato e costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento sulle stesse e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite) e operazioni di società ed enti esteri (istituzione di sede, messa a disposizione di capitali di investimento o di esercizio e istituzione o trasferimento dell’oggetto principale dell’impresa nel territorio dello Stato) e gli atti formati all'estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l'affitto di tali beni.
La registrazione può essere prescritta in termine fisso o in caso d'uso.
Sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa.
Debbono registrarsi in caso d'uso gli atti indicati nella parte seconda della tariffa e le scritture private non autenticate se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto. Si ha caso d'uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento.
Per gli atti non soggetti a registrazione (indicati in apposita tabella allegata al testo unico) non vi è obbligo di chiedere la registrazione neanche in caso d'uso; se presentati per la registrazione, l'imposta è dovuta in misura fissa.
È comunque ammessa la registrazione volontaria di un atto, su richiesta di chiunque vi abbia interesse, con il pagamento della relativa imposta.
Fra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, a norma dell’art. 1 della parte I della tariffa, sono annoverati gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere, gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, e, a norma dell’art. 5, le locazioni, gli affitti e i contratti di comodato di beni immobili[447].
L’articolo 13 del testo unico prescrive che la registrazione degli atti che vi sono soggetti in termine fisso deve essere richiesta entro venti giorni dalla data dell'atto se formato in Italia, entro sessanta giorni se formato all'estero. Termini speciali sono prescritti per taluni tipi di atti.
A norma dell’articolo 17, l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione. Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno.
Il comma 345 estende infine ai soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare l'obbligo di comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza. La comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese.
In caso di violazione, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 200 mila a lire tre milioni (da 103,29 a 1549,37 euro) prevista dal quarto comma dell'articolo 12 del citato decreto-legge n. 59 del 1978. In caso di recidiva, il sindaco del comune in cui operano i soggetti obbligati, su segnalazione dell'Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi la sospensione della loro attività per un mese.
Articolo
1, comma 346
(Nullità dei contratti di locazione non
registrati)
346. I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.
Il comma 346 prevede che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari o di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli, se ricorrendone i presupposti non sono registrati.
Si tratta di una disposizione sanzionatoria che dalla mancata registrazione dei contratti sopra richiamati fa discendere la nullità degli stessi.
La disposizione ha quindi lo scopo di scoraggiare la mancata registrazione dei contratti richiamati, attraverso una sanzione che mette nelle condizioni una delle due parti del contratto di sottrarsi agli obblighi previsti dal vincolo contrattuale in qualunque momento, qualora il contratto non sia stato registrato
La disposizione ha ad oggetto tutti i contratti di locazione, sia quelli ad uso abitativo, sia quelli ad uso commerciale, disciplinati sia dalle norme generali contenute nel codice civile (art. 1571-1614), sia da apposite leggi speciali.
La norma fa inoltre riferimento alle ipotesi di mancata registrazione di contratti che “comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni”.
La definizione di “diritti relativi di godimento”, non è peraltro rinvenibile nell’ambito della normativa vigente, né tantomeno in quello della elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria. Si ricorda, infatti, come sia dottrina che giurisprudenza distinguono tra diritti reali di godimento (es: usufrutto, superficie), la cui caratteristica essenziale consiste nel rapporto immediato che si instaura tra il soggetto titolare e la res oggetto di godimento e diritti personali di godimento (es: diritto del locatario e del comodatario) che, pur partecipando di alcune caratteristiche dei diritti assoluti (l’esistenza di un corrispondente e generale dovere di astensione), presuppongono anche una situazione di carattere relativo, esistendo un diritto di credito dal lato attivo ed un obbligo dal lato passivo.
Si ricorda altresì come sia gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali di godimento (articolo1, comma 1, della parte I della Tariffa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986), sia i contratti di comodato di beni immobili - da cui derivano diritti personali di godimento - (articolo 5, comma 4, della parte I della Tariffa di cui al D.P.R. n. 131) siano sottoposti all’obbligo di registrazione.
La legge 9 dicembre 1998, n. 431, disciplina la sola locazione di immobili ad uso abitativo, non applicandosi quindi ad altri tipi di locazione, come ad esempio quella riguardante usi commerciali[450].
Il nucleo fondamentale del provvedimento è contenuto nell'articolo 2, ove si individuano due distinte tipologie contrattuali per le locazioni abitative. La prima tipologia (contratto libero) si basa fondamentalmente sulla libera contrattazione delle parti – pur essendo presenti elementi di vincolo nella durata minima del contratto e nella rinunzia alla possibilità di disdetta alla prima scadenza – mentre la seconda tipologia (contratto concordato) si basa sul sostanziale recepimento, da parte del locatore e del conduttore, di contratti-tipo stipulati in sede locale tra le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, anche sulla base dei criteri generali fissati dal decreto di cui all’articolo 4, comma 2. In questo caso, oltre alla durata minima del contratto – fissata per legge – il contratto-tipo disciplina anche altri elementi contrattuali quali ad esempio l’entità del canone. L'adozione di questa seconda tipologia contrattuale consente di godere di alcuni benefìci di natura fiscale (artt. 2, comma 4, artt. 8, 10 e 11).
L'articolo 6 ridefinisce le procedure per il rilascio degli immobili, restituendo agli organi giudiziari la competenza in merito e sopprimendo quindi la competenza delle commissioni prefettizie. È previsto un periodo di sospensione di sei mesi, durante il quale sono sospese le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio e che può essere utilizzato dalle parti per rinnovare la locazione con le nuove tipologie contrattuali indicate all’articolo 2.
L’articolo 8 prevede l’introduzione di detrazioni IRPEF per i locatori del “secondo canale”, mentre l’articolo 10 contiene detrazioni IRPEF per i conduttori del medesimo canale a partire dal 2001. L'articolo 11 istituisce un Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione, la cui dotazione è quantificata ogni anno dalla legge finanziaria; ulteriori risorse possono essere messe a disposizione dalle singole Regioni e dai comuni.
Si ricorda che la disciplina sopra richiamata non si applica (art. 1 della legge n. 431 del 1998):
§ ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile qualora non siano stipulati in forma concordata secondo contratti-tipo ( art. 2, co. 3);
§ agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;
§ agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche[451].
Dall’applicazione di tale disciplina sono altresì esclusi i contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile.
La c.d. legge sull’equo canone (legge 27 luglio 1978, n. 392, recante disciplina delle locazioni di immobili urbani) regola. all’articolo 27, la locazione e sublocazione di immobili urbani destinati ad uso diverso da quello abitativo, stabilendo che la durata dei contratti non può essere inferiore a sei anni se gli immobili siano adibiti ad una delle seguenti attività:
industriali, commerciali e artigianali;
di interesse turistico comprese tra quelle di cui all'articolo 2 della legge 12 marzo 1968, n. 326[452].
Tale disposizione si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.
La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere.
Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista per i diversi tipi di destinazione dell’immobile.
Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.
Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.
È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
Si ricorda che tale disciplina deve ritenersi applicabile a tutti gli immobili urbani di qualunque specie – adibiti ad uso diverso da quello abitativo – in cui si eserciti una delle attività sopra richiamate. Pertanto essa si applica non soltanto agli edifici, ma anche ai fabbricati di qualunque tipo, alle superfici inedificate o aree nude e quindi ai terreni, in cui le predette attività sono esercitate[453].
La registrazione del contratto di locazione
Si ricorda che la legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, collegato alla manovra finanziaria 1998), ha introdotto all’articolo 21, comma 18, attraverso un’apposita modificazione al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, l'obbligo della registrazione per tutti i contratti di locazione e affitto di beni immobili di qualsiasi ammontare, purché di durata superiore ai 30 giorni complessivi nell'anno.
In particolare l’articolo 17 del D.P.R. n. 131 del 1986, come modificato sia dalla norma sopra richiamata, sia dalla legge n. 342 del 2000, in materia di cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili, stabilisce che :
§ l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237;
§ l'attestato di versamento relativo alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe deve essere presentato all'ufficio del registro presso cui è stato registrato il contratto entro venti giorni dal pagamento;
§ per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno. In caso di risoluzione anticipata del contratto il contribuente che ha corrisposto l'imposta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso. L'imposta relativa alle annualità successive alla prima, anche conseguenti a proroghe del contratto comunque disposte, deve essere versata con le modalità di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997;
L’unica eccezione a tale obbligo generalizzato di registrazione riguarda una serie di atti soggetti a registrazione solo in caso d'uso. Tra questi rientrano:
§ locazioni e affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno (parte seconda, articolo 2-bis, della tariffa annessa al D.P.R. n. 131 del 1986). Il calcolo dei 30 giorni complessivi nell'anno deve essere fatto con riguardo all'unità immobiliare locata ed alle stesse parti contraenti. Fanno eccezione i contratti soggetti a IVA in base al principio di alternatività di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 131 del 1986[454].
Si ricorda che gli atti si registrano "in caso d'uso" solo quando vengono depositati presso le cancellerie giudiziarie per l'applicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti territoriali e i rispettivi organi di controllo. In particolare devono essere registrati in caso d'uso i contratti soggetti ad IVA.
L'obbligo della registrazione compete a notai e altri pubblici ufficiali, nel caso di contratti di locazione redatti in forma pubblica o per scrittura autenticata; alle parti contraenti (proprietario e inquilino, ossia locatore e conduttore), in caso di scrittura privata non autenticata. In quest'ultimo caso, indipendentemente dalla residenza del proprietario e dell'inquilino, o dalla ubicazione dell'immobile dato in locazione, qualsiasi ufficio del Registro o ufficio delle Entrate può ricevere l'atto per la registrazione.
La parte I della tariffa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986 prevede la registrazione per un’altra serie di contratti relativi ad immobili.
Fra questi rientrano, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della citata tariffa, gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali di godimento, compresi la rinunzia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi; ai sensi dell’articolo 3, gli atti di natura dichiarativa relativi a beni anche immobiliari; ai sensi dell’articolo 5, comma 4, i contratti di comodato di beni immobili; ai sensi dell’articolo 10, i contratti preliminari che riguardino beni immobili.
L’art. 8 della legge n. 392 del 1978 (equo canone) dispone che le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del locatore e del conduttore in parti uguali.
Il pagamento spetta al locatore e al conduttore in parti uguali, ma entrambi rispondono in solido per il pagamento dell'intera imposta.
Per quanto attiene all’importo, l’imposta di registro dovuta – per gli immobili urbani e per i terreni non agricoli – è pari al 2% del canone annuo, con un minimo di 51,65 euro (articolo 5 e nota II della tariffa, parte prima, annessa al D.P.R. n. 131 del 1986)[455].
Se il contratto viene sciolto anticipatamente o non viene rinnovato alla scadenza il recesso o il mancato rinnovo deve essere comunicato all’Ufficio del registro mediante versamento dell’imposta fissa di 51,65 euro.
Accanto alle sanzioni di natura amministrativa - previste dalla normativa vigente - per la mancata registrazione dei contratti per i quali sussiste il relativo obbligo (sanzioni che possono variare da una a tre volte l’imposta dovuta), la disposizione in esame introduce la ulteriore sanzione, di natura civilistica, della nullità del contratto (l’articolo 1418 del codice civile, nell’individuare le cause di nullità, dispone che “il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge”).
Lo scioglimento del vincolo non sembra escludere, peraltro, che il beneficiario della locazione o di altro diritto relativo di godimento debba corrispondere un corrispettivo per l’esercizio del relativo diritto limitatamente al periodo durante il quale ne ha potuto beneficiare.
Ciò sembra derivare dal principio desumibile dall’articolo 2041 del codice civile, il quale prevede che non ci si possa arricchire senza una giusta causa a danno di un altro soggetto.
La nullità è la più grave forma di invalidità negoziale, essa comporta la definitiva inidoneità dell’atto a produrre gli effetti suoi propri: il contratto nullo, pertanto, è inefficace o senza effetto sin dal momento della sua stipulazione. L’iniziativa per la dichiarazione di nullità del contratto può originare da qualunque interessato, compreso il giudice al quale i privati si siano rivolti per far valere quanto pattuito; l’articolo 1422 del codice civile dispone poi che la azione per far valere la nullità sia imprescrittibile, fatti salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione. La terza fondamentale regola che governa la nullità è la assoluta impossibilità per le parti di procedere ad una convalida del contratto (art. 1423).
347. All’articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel comma 1, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, ivi compresi quelli per il predetto personale sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l’attestazione di effettività degli stessi sia rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto negli albi dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale»;
b) nel medesimo comma 1, lettera b), il numero 1) è sostituito dal seguente:
«1) fatte salve le disposizioni di cui alla lettera a), i costi relativi al personale classificabili nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile»;
c) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:
«4-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), sono ammessi in deduzione, fino a concorrenza, i seguenti importi:
a) euro 8.000 se la base imponibile non supera euro 180.759,91;
b) euro 6.000 se la base imponibile supera euro 180.759,91 ma non euro 180.839,91;
c) euro 4.000 se la base imponibile supera euro 180.839,91 ma non euro 180.919,91;
d) euro 2.000 se la base imponibile supera euro 180.919,91 ma non euro 180.999,91»;
d) dopo il comma 4-ter, sono aggiunti i seguenti:
«4-quater. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004, è deducibile il costo del predetto personale per un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto, e nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile. Rilevano gli incrementi del predetto personale nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004; la media dell’incremento occupazionale raggiunto nei predetti periodi di imposta costituisce l’incremento massimo agevolabile nei periodi d’imposta successivi. L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), la base occupazionale di cui al terzo periodo è individuata con riferimento al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato impiegato nell’attività commerciale e la deduzione spetta solo con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività. In caso di lavoratori impiegati anche nell’esercizio dell’attività istituzionale si considera, sia ai fini della individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della deducibilità del costo, il solo personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale individuato in base al rapporto di cui all’articolo 10, comma 2. Non rilevano ai fini degli incrementi occupazionali i trasferimenti di dipendenti dall’attività istituzionale all’attività commerciale. Nell’ipotesi di imprese di nuova costituzione non rilevano gli incrementi occupazionali derivanti dallo svolgimento di attività che assorbono anche solo in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, la deducibilità del costo del personale spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita.
4-quinquies. Nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006, l’importo deducibile determinato ai sensi del comma 4-quater è raddoppiato».
348. Le disposizioni del comma 347 si applicano a partire dal periodo d’imposta che inizia successivamente al 31 dicembre 2004, ad eccezione di quelle della lettera d), che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in cui interviene l’approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Il comma 347 reca alcune modifiche alla normativa sull’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), con riferimento alla determinazione della sua base imponibile, disciplinata dall’articolo 11 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo della suddetta imposta. Viene prevista una riduzione dell'IRAP tramite interventi sui costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e allo sviluppo, sulla misura delle deduzioni e sui costi connessi ad incrementi occupazionali.
In tal senso già nel documento di programmazione economica e finanziaria per gli anni 2005-2008 sono stati preannunziati interventi di riforma dell'IRAP di tipo selettivo, tendenti ad escludere i costi sostenuti per il personale impegnato in attività di ricerca e sviluppo dalla base imponibile dell'imposta, con premi di fiscalità di vantaggio da negoziare a livello europeo per aree e dimensioni.
Con l'articolo 8 della legge 7 aprile 2003, n. 80, recante "Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale", è stata conferita una specifica delega - la cui attuazione è rimessa a decreti legislativi da emanarsi entro il 3 maggio 2005 - volta a determinare la graduale eliminazione dell'IRAP, a tal fine indicando come prioritaria la progressiva esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro e di eventuali altri costi, e valutando la possibilità di dare precedenza ai soggetti in cui l'incidenza del costo del lavoro è maggiore.
Un primo intervento di riduzione dell'IRAP è già stato attuato dall'articolo 5 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), con particolare riferimento alla base imponibile; alcune delle modifiche apportate in tale circostanza sono state specificamente dirette alla riduzione dell'incidenza del costo del lavoro sulla base imponibile.
Il comma 347, alla lettera a), integra il comma 1, lettera a), dell'articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997, al fine di consentire la deducibilità dei costi sostenuti dalle imprese per il personale addetto alla ricerca e allo sviluppo. Ai sensi del successivo comma 348, tale disposizione si applica a partire dal periodo d'imposta che inizia successivamente al 31 dicembre 2004.
Il citato comma 1, lettera a), dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997 ammette in deduzione, nella determinazione della base imponibile dell’IRAP, i seguenti costi:
§ i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro;
§ le spese relative agli apprendisti;
§ le spese relative ai disabili;
§ le spese per il personale assunto con contratti di formazione lavoro.
La disposizione qui commentata si applica ai soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), del D.Lgs. n. 446 del 1997. Si tratta di:
a) società ed enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR);
b) società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del TUIR, nonché le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all’articolo 55 dello stesso TUIR;
c) le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, 3, del TUIR esercenti arti e professioni di cui all'articolo 53, comma 1, del medesimo TUIR;
d) i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui all'articolo 32 del TUIR, in relazione al volume d’affari annuo;
e) gli enti privati di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del citato TUIR, nonché le società e gli enti di cui alla lettera d) dello stesso comma.
Rimangono quindi escluse dall’applicazione della disposizione in commento, nell’ambito dei soggetti passivi dell’IRAP, le amministrazioni pubbliche di cui di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonché le amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale (che rientrano nella lettera e-bis) del citato articolo 3, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997).
In base alla modifica introdotta dalla lettera in esame, sono ammessi in deduzione i costi per il personale addetto alla ricerca e allo sviluppo, compresi quelli sostenuti da parte di consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo.
Il riferimento al personale addetto alla ricerca e sviluppo senz’altra specificazione lascia intendere che la deducibilità riguardi i costi riferiti a tutto il personale addetto alla ricerca, sia di base, sia applicata (come peraltro specificato nella relazione tecnica alla riforma fiscale introdotta dall’emendamento 1.2000 presentato dal Governo al Senato). Nella stessa relazione si palesa inoltre essere stata stimata un’applicazione estesa della disposizione, ipotizzandosi - per le imprese private - la deducibilità del costo del lavoro anche dei tecnici e dell’altro personale comunque addetto alla ricerca e sviluppo.
Per certificare la natura e l'effettività dei costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, si rende necessaria un’apposita attestazione da parte del presidente del collegio sindacale. In assenza del collegio sindacale, tale attestazione potrà essere rilasciata da un revisore dei conti o da un professionista iscritto nell’albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o in quello dei consulenti del lavoro (nelle forme previste dall’articolo 13, comma 2, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140,) ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale.
Il citato articolo 13, comma 2, del D.L. n. 79 del 1997, individua le procedure per il riconoscimento di un credito di imposta alle imprese che svolgono attività industriale in misura percentuale sull'importo delle spese per l'attività di ricerca industriale e di sviluppo. In particolare si prevede la presentazione al Ministero delle attività produttive, da parte degli interessati, di una dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante dell'impresa e dal responsabile del progetto di innovazione, alla quale sono allegati la relativa certificazione sottoscritta dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto nell'albo dei revisori dei conti o da un professionista iscritto nell'albo dei dottori commercialisti, in quello dei ragionieri e periti commerciali o in quello dei consulenti del lavoro, nonché la perizia giurata di un professionista competente in materia, iscritto al relativo albo professionale, attestante la congruità e la inerenza delle spese alle tipologie ammissibili.
La modifica recata dalla lettera b) del comma 347 è una norma di coordinamento che fa salve le disposizioni in materia di deducibilità previste dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 11, come modificate dal comma qui commentato, rispetto alla norma, di carattere generale, che esclude la deducibilità per i costi relativi al personale classificabili nel conto economico tra i costi della produzione per il personale e gli oneri diversi di gestione (articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile).
La lettera c) del comma 347, che novella il comma 4-bis dell'articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997, ridetermina gli importi ammessi in deduzione dalla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), aumentandoli rispetto alla misura precedentemente vigente, da ultimo definita dall'articolo 5 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003).
La tavola seguente confronta l'entità degli importi previsti dalla normativa previgente con il nuovo regime definito dal comma in esame:
regime previgente
|
legge finanziaria 2005
|
(in euro) |
(in euro) |
euro 7.500 se la base imponibile non supera euro 180.759,91 |
euro 8.000 se la base imponibile non supera euro 180.759,91 |
euro 5.625 se la base imponibile supera euro 180.759,91 ma non euro 180.834,91 |
euro 6.000 se la base imponibile supera euro 180.759,91 ma non euro 180.839,91 |
euro 3.750 se la base imponibile supera euro 180.834,91 ma non euro 180.909,91 |
euro 4.000 se la base imponibile supera euro 180.839,91 ma non euro 180.919,91 |
euro 1.875 se la base imponibile supera euro 180.909,91 ma non euro 180.984,91 |
euro 2.000 se la base imponibile supera euro 180.919,91 ma non euro 180.999,91 |
La lettera d) del comma 347 introduce i nuovi commi 4-quater e 4-quinquies nell'articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997, al fine di consentire una deducibilità dei costi sostenuti dalle imprese per il personale aggiuntivo rispetto a quello mediamente occupato nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004.
In particolare il nuovo comma 4-quater prevede che, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), del D.Lgs. n. 446 del 1997 (per l’individuazione dei quali si veda il commento alla precedente lettera a) del comma in esame) che incrementano il numero dei dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato rispetto a quelli - parimenti assunti a tempo indeterminato - mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004, sia deducibile un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ogni nuovo dipendente assunto, e nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile (che, come sopra ricordato, concerne i costi della produzione per il personale e gli oneri diversi di gestione classificati nel conto economico).
Ai fini del computo dell'incremento occupazionale rispetto al quale è possibile applicare la deduzione, occorre considerare la media degli incrementi di personale realizzatisi nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, in quanto tale valore è individuato come l’incremento massimo agevolabile nei periodi d’imposta successivi.
La norma detta quindi una serie di disposizioni dirette a specificare i criteri da utilizzare per il calcolo dell'incremento dei lavoratori dipendenti occupati ai fini dell'applicazione dell'agevolazione.
In particolare, il terzo periodo del nuovo comma 4-quater prevede che l'incremento occupazionale deve essere considerato al netto delle diminuzioni verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile[454] o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.
I periodi dal quarto al sesto dettano disposizioni specifiche per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 446 del 1997 (cioè enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali ex articolo 73, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 917 del 1986). Per tali soggetti il computo della base occupazionale va effettuato con riferimento soltanto al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato impiegato nell’attività commerciale e la deduzione spetta soltanto con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività.
In presenza di lavoratori impiegati anche nell’esercizio dell’attività istituzionale occorre considerare - sia ai fini della individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della deducibilità del costo - il solo personale con contratto a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale, individuato in base al rapporto di cui all’articolo 10, comma 2, del D.Lgs. n. 446 del 1997.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 10, comma 2 sopra citato, in presenza di soggetti che esercitano anche attività commerciali, la base imponibile relativa a queste è determinata secondo la disposizione dell'articolo 5 dello stesso decreto computando i costi deducibili non specificamente riferibili alle attività commerciali per un importo corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi considerati dalle predette disposizioni e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Non viene considerato utile per il calcolo degli incrementi occupazionali l'eventuale trasferimento di personale dall’attività istituzionale all’attività commerciale.
Vengono infine prese in considerazione le ipotesi di incremento occupazionale relative ad imprese di nuova costituzione e ad imprese subentranti ad altre nella gestione di un servizio pubblico (settimo e ottavo periodo):
§ nel primo caso vengono esclusi dal computo gli incrementi occupazionali che derivano dallo svolgimento di attività che assorbono (anche parzialmente) attività già svolte da imprese giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie;
§ nel secondo caso è deducibile solo il costo dei lavoratori aggiuntivi rispetto a quelli dell'impresa sostituita.
Il nuovo comma 4-quinquies è diretto a consentire di raddoppiare l'importo deducibile relativo ai costi sostenuti dalle imprese per il personale incrementale nel Mezzogiorno e nelle aree svantaggiate del Centro-nord.
Per l'individuazione delle aree ove applicare il raddoppio della deduzione, la norma fa riferimento alle aree che possono venire ammesse a fruire delle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato UE.
Si ricorda che le citate disposizioni di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera a) e lettera c) riguardano i cosiddetti “aiuti a finalità regionale" e stabiliscono la possibilità di aiuti di Stato volti a far fronte a difficoltà di carattere regionale.
In particolare, l’art. 87, paragrafo 3, lettera a), riguarda “gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione”. L’art. 87, paragrafo 3, lettera c), riguarda invece “gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse”.
Per quanto riguarda l'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), la deroga si applica a regioni del livello II della NUTS con un Prodotto Interno Lordo (PIL) pro capite calcolato in standard di potere d'acquisto inferiore al 75% della media UE. Si tratta quindi di regioni svantaggiate rispetto alla media europea.
L’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), copre invece gli aiuti destinati ad altri tipi di aree in difficoltà che risultano svantaggiate rispetto alla media nazionale. L'elenco delle zone del livello III della NUTS che possono beneficiare di tale deroga è stabilito dalla Commissione su proposta degli Stati membri i quali possono giustificare tale proposta in base a criteri nazionali.
Il comma 348 dispone, infine, che l’applicazione delle modifiche introdotte dal precedente comma 347 decorra dal periodo d'imposta successivo al 31 dicembre 2004. Fa eccezione la disposizione relativa alla deduzione dei costi sostenuti dalle imprese per l’incremento del personale (lett. d) del comma 347), che potrà essere applicata dal periodo d’imposta in cui interverrà l’approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
In proposito, si ricorda che l’efficacia dei i progetti diretti a istituire o modificare aiuti di Stato è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, in base al quale tali progetti devono essere comunicati in tempo utile alla Commissione europea. Lo Stato membro non può dare attuazione a tali progetti prima che sia stata adottata una decisione finale di approvazione.
Articolo
1, commi 349-353
(Attuazione della riforma dell’IRE:
riduzione delle aliquote e trasformazione delle detrazioni per oneri di
famiglia in deduzioni)
349. A decorrere dal 1º gennaio 2005, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nell’articolo 3, comma 1, le parole: «nonché della deduzione spettante ai sensi dell’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12»;
b) l’articolo 13 è rinumerato in articolo 12 e la relativa rubrica è sostituita dalla seguente: «Deduzioni per oneri di famiglia»; nel medesimo articolo sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:
1) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Dal reddito complessivo si deducono per oneri di famiglia i seguenti importi:
a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria da ripartire tra coloro che hanno diritto alla deduzione.
2. La deduzione di cui al comma 1, lettera b), è aumentata a:
a) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni;
b) 3.200 euro, per il primo figlio se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato;
c) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104»;
2) nei commi 3 e 4, le parole: «Le detrazioni per carichi di famiglia» sono sostituite dalle seguenti: «Le deduzioni di cui ai commi 1 e 2»;
3) dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:
«4-bis. Dal reddito complessivo si deducono, fino ad un massimo di 1.820 euro, le spese documentate sostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Le medesime spese sono deducibili anche se sono state sostenute nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 433 del codice civile.
4-ter. Le deduzioni di cui ai commi 1, 2 e 4-bis spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, aumentato delle medesime deduzioni e degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, e diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il predetto rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se lo stesso è zero o minore di zero, la deduzione non compete; negli altri casi, ai fini del predetto rapporto, si computano le prime quattro cifre decimali»;
c) l’articolo 12 è rinumerato in articolo 13 e sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:
1) nell’alinea del comma 1, le parole: «della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione di cui all’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12»;
2) le lettere da a) ad e) dello stesso comma 1 sono sostituite dalle seguenti:
«a) fino a 26.000 euro, 23 per cento;
b) oltre 26.000 euro e fino a 33.500 euro, 33 per cento;
c) oltre 33.500 euro, 39 per cento»;
3) nel comma 2, le parole: «negli articoli 13, 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «negli articoli 15 e 16 nonché in altre disposizioni di legge»;
d) l’articolo 14 è abrogato.
350. È introdotto un contributo di solidarietà del 4 per cento sulla parte di reddito imponibile di cui all’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 349, eccedente l’importo di 100.000 euro. Per la dichiarazione, il versamento, l’accertamento, la riscossione ed il contenzioso riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.
351. Quando leggi, regolamenti, decreti, o altre norme o provvedimenti fanno riferimento a disposizioni contenute in articoli del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, vigenti prima del 1º gennaio 2005, il riferimento, salvo che tali disposizioni non risultino abrogate per effetto di quanto disposto dal comma 349, si intende alle corrispondenti disposizioni contenute negli articoli che recano la numerazione disposta dal medesimo comma 349.
352. I contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, possono applicare le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi in vigore al 31 dicembre 2002 ovvero quelle in vigore al 31 dicembre 2004, se più favorevoli.
353. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nell’articolo 23:
1) nel comma 2, lettera a), le parole: «al netto della deduzione di cui all’articolo 10-bis del medesimo testo unico, ed effettuando le detrazioni previste negli articoli 12 e 13 del citato testo unico, rapportate al periodo stesso. Le detrazioni di cui agli articoli 12 e 13 del citato testo unico sono effettuate» sono sostituite dalle seguenti: «al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2, del medesimo testo unico, rapportate al periodo stesso. Le deduzioni di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, del citato testo unico sono riconosciute»; nel medesimo comma, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2, del medesimo testo unico»;
2) nel comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I soggetti indicati nel comma 1 devono effettuare, entro il 28 febbraio dell’anno successivo e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, il conguaglio tra le ritenute operate sulle somme e i valori di cui alle lettere a) e b) del comma 2, e l’imposta dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti stessi, tenendo conto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e delle detrazioni eventualmente spettanti a norma dell’articolo 15 dello stesso testo unico, e successive modificazioni, per oneri a fronte dei quali il datore di lavoro ha effettuato trattenute, nonché, limitatamente agli oneri di cui al comma 1, lettere c) e f), dello stesso articolo, per erogazioni in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali»;
3) nel comma 4, il terzo periodo è soppresso;
b) nell’articolo 29:
1) nel comma 1, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2, del medesimo testo unico»;
2) nel comma 2, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «A tal fine, all’inizio del rapporto, il sostituito deve specificare quale delle opzioni previste al comma 3 dell’articolo 23 intende adottare».
I commi 349-353 riformano la disciplina dell'imposta sul reddito (IRE) a decorrere dal 1° gennaio 2005.
Si ricorda che un intervento di riforma sull'IRE è stato preannunziato nel documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2005-2008: in tale ambito è stata in particolare prevista l'attuazione del secondo modulo di riforma nel 2005, e la sua completa attuazione prima della fine della legislatura, con i seguenti obiettivi:
§ incrementare il reddito disponibile e, tramite questo, i consumi;
§ rilanciare l'attività economica, anche scoraggiando l'evasione fiscale attraverso:
- aliquote più ragionevoli;
- efficacia dell'azione amministrativa di controllo.
Si ricorda altresì che l'articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80 ("Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale") ha previsto una riforma strutturale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. In particolare, la nuova imposta, denominata imposta sul reddito (IRE), dovrebbe essere caratterizzata, rispetto alla disciplina vigente dell’IRPEF, da alcuni elementi fondamentali quali:
§ la riduzione delle aliquote, le quali, dalle cinque attuali, passerebbero a due;
§ un nuovo sistema di determinazione dell’imponibile e di calcolo dell’imposta, caratterizzato da una ridefinizione degli oneri deducibili e dalla progressiva sostituzione delle detrazioni d’imposta con le deduzioni;
§ un nuovo regime fiscale per i redditi di natura finanziaria;
§ l’inclusione, fra i soggetti passivi, degli enti non commerciali.
Per quanto riguarda in particolare l’obiettivo di ridurre a due le aliquote dell’imposta sui redditi (una, pari al 23%, per i redditi fino a 100.000 euro; l’altra, pari al 33%, per i redditi superiori al predetto limite), nella relazione al provvedimento era specificato trattarsi di un obiettivo programmatico e non immediato della riforma, cui pertanto si sarebbe presumibilmente pervenuti per via di approssimazioni successive.
Si ricorda inoltre che con l’articolo 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) è stata data attuazione al primo modulo della riforma dell’IRPEF.
Al fine di garantire la progressività dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, la predetta norma ha disposto, da un lato, la riduzione della base imponibile fiscale attraverso l’introduzione di deduzioni dal reddito in luogo delle detrazioni d’imposta e, dall’altro, la rimodulazione degli scaglioni di reddito e delle relative aliquote IRPEF.
Si segnala che in data 3 gennaio 2005 l’Agenzia delle entrate ha emanato la circolare n. 2/E avente ad oggetto le disposizioni qui commentate.
Il comma 349 provvede a rimodulare l'imposta sui redditi attraverso una serie di novelle al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).
La lettera a) del comma 349 modifica innanzitutto l’articolo 3, comma 1, del TUIR, il quale individua la base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
In seguito alla modifica introdotta, la suddetta base imponibile è costituita da dal reddito complessivo del soggetto, al netto di:
§ oneri deducibili, di cui all’articolo 10 del TUIR,
§ deduzione per assicurare la progressività dell’imposta, nella misura effettivamente spettante, di cui all’articolo 11 del TUIR;
§ nuove deduzioni per oneri di famiglia, nella misura effettivamente spettante, di cui all’articolo 12 del TUIR, come modificato dalla successiva lettera b) del comma 349.
Il comma 349, lettera b), numero 1), novella i commi 1 e 2 dell'articolo 13 del TUIR, il quale è rinumerato come articolo 12, realizzando la trasformazione delle detrazioni per carichi di famiglia in deduzioni.
Si ricorda sono deduzioni i valori che si possono sottrarre dal reddito complessivo, con un beneficio rapportato all'aliquota marginale raggiunta dal contribuente. Queste operano pertanto in modo diverso rispetto alle detrazioni, che invece riducono l'imposta da pagare.
Le deduzioni appresso indicate sono deduzioni teoriche, il cui importo effettivo dovrà essere determinato con riferimento al reddito di ciascun contribuente, ai sensi del successivo numero 3) della lettera b) del comma 349 in esame.
In particolare, le nuove deduzioni per carichi di famiglia sono le seguenti:
a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
Precedentemente (articolo 13, comma 1, lettera a), del TUIR) era prevista una detrazione per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato pari a: euro 564,18, se il reddito complessivo non superava 15.493,71 euro; 496,60 euro, se il reddito complessivo era superiore a 15.493,71 euro ma non a 30.987,41 euro; 459,42 euro, se il reddito complessivo era superiore a 30.987,41 euro ma non a 51.645,69 euro; 422,23 euro, se il reddito complessivo era superiore a 51.645,69 euro.
b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile[455] (persone obbligate agli alimenti) convivente con il contribuente o che percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Tale somma deve essere ripartita tra coloro che hanno diritto dalla deduzione;
Precedentemente (articolo 13, comma 1, lettera b), del TUIR) per tali soggetti era prevista una detrazione pari a 285,08 euro - a decorrere dal 1° gennaio 2002 - da ripartire tra coloro che avevano diritto alla detrazione in proporzione all'effettivo onere sostenuto da ciascuno. Maggiori detrazioni erano previste per i figli successivi al primo, per i redditi inferiori a 51.645,69 euro.
c) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni, in alternativa alla deduzione di cui alla precedente lettera b);
Precedentemente (articolo 13, comma 1, lettera b), del TUIR) per ciascun figlio di età inferiore a tre anni era previsto un aumento della detrazione pari a 123,95 euro.
d) 3.200 euro, per il primo figlio, se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato. Anche questa deduzione si applica in alternativa a quella di cui alla precedente lettera b);
Precedentemente (articolo 13, comma 2 del TUIR) a tale fattispecie si applicava, per il primo figlio, la detrazione di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13, se più conveniente, e per gli altri figli la detrazione prevista dalla lettera b) del comma 1 dello stesso articolo.
e) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in alternativa alla deduzione di cui alla precedente lettera b);
Precedentemente (articolo 13, comma 1, lettera b), del TUIR) per i figli portatori di handicap era prevista, in alternativa alle precedenti, una detrazione di 774,69 euro.
L’Agenzia delle entrate, al punto 3.2 della circolare n. 2 del 2005 specifica che le deduzioni di cui alle indicate lettere c)-e), oltre ad essere alternative a quelle di cui alla lettera b), sono tra loro alternative.
Il comma 349, lettera b), numero 2), contiene una disposizione di carattere formale.
Il comma 349, lettera b), numero 3) - inserendo un nuovo comma 4-bis nell'articolo 12 del TUIR, come rinumerato - introduce una nuova forma di deduzione in relazione alle spese documentate sostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale, nell'ipotesi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana.
La deduzione spetta sino ad un massimo di 1.820 euro, e si applica anche in relazione a spese che siano state sostenute per le persone di cui all'articolo 433[456] del codice civile.
Anche l’importo effettivo di questa deduzione, come di quelle per oneri familiari, dovrà essere determinato con riferimento al reddito di ciascun contribuente.
La citata circolare n. 2/2005 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che non è richiesto che il soggetto nell’interesse del quale sono affrontate le spese debba essere a carico del contribuente, né con questo convivente. Specifica inoltre che lo stato di non autosufficienza deve risultare da certificazione medica e deve essere ricollegato all’esistenza di patologie. Per quanto riguarda infine la documentazione attestante la spesa sostenuta, è sufficiente anche una ricevuta, debitamente firmata, rilasciata dal soggetto che ha prestato l’assistenza.
Le deduzioni sopra illustrate, come sopra accennato, non vengono tuttavia applicate automaticamente. Il nuovo comma 4-ter dell'articolo 12 del TUIR, come rinumerato, introduce infatti un meccanismo diretto ad individuare quanta parte delle deduzioni (tanto per gli oneri di famiglia quanto per le spese per le c.d. "badanti") i contribuenti potranno effettivamente far valere.
In particolare, le deduzioni spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro - cui occorre aggiungere l'importo delle deduzioni stesse e degli oneri deducibili ex articolo 10 del TUIR e quindi sottrarre il reddito complessivo - e l’importo di 78.000 euro. Potranno darsi tre casi:
1. il rapporto è maggiore o uguale a uno: in tal caso la deduzione compete per intero;
2. il rapporto è pari a zero o minore: in tal caso la deduzione non compete;
3. il rapporto è compreso tra zero e uno: in tal caso la deduzione spetta parzialmente e per il calcolo vengono computate le prime quattro cifre decimali del rapporto stesso.
Si ricorda che un meccanismo analogo è disciplinato dall’articolo 11, comma 5, del TUIR per la determinazione della misura, effettivamente spettante, della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (c.d. no-tax area).
La citata circolare n. 2/2005 dell’Agenzia delle entrate prevede che, ai fini della determinazione della base imponibile, il contribuente deve procedere separatamente al calcolo della deduzione per assicurare la progressività dell'imposta e al calcolo della deduzione spettante per gli oneri di famiglia; i relativi importi, unitamente agli oneri deducibili dell'articolo 10 del TUIR, devono essere infatti congiuntamente dedotti dal reddito complessivo.
I numeri 1) e 3) del comma 349, lettera c),contengono disposizioni di carattere formale.
Il comma 349, lettera c), numero 2), che novella l'articolo 12 del TUIR – il quale viene rinumerato come articolo 13 – modifica gli scaglioni e le aliquote dell'imposta sui redditi delle persone fisiche (che passano, almeno formalmente, da cinque a tre) secondo lo schema di seguito riportato:
CLASSI DI REDDITO (in euro) |
Aliquote |
fino a 26.000 |
23% |
da 26.000 a 33.500 |
33% |
oltre 33.500 |
39% |
A tale schema occorrerebbe aggiungere, per i redditi superiori a 100.000 euro, il contributo di solidarietà del 4% (su cui vedi infra) per la parte di reddito che eccede tale importo.
Si segnala che l’aliquota del primo scaglione - fissata nella misura del 23% - e quella del secondo scaglione - fissata al 33% - coincidono con le due uniche aliquote “obiettivo” fissate dalla legge di delega n. 80 del 2003, anche se esse sono riferite a scaglioni di reddito più bassi. Non era invece prevista nella legge di delega l’ulteriore aliquota del 39%.
Le aliquote dell'imposta sui redditi delle persone fisiche vigenti nel periodo 1° gennaio 2003 – 31 dicembre 2004 erano invece le seguenti:
CLASSI DI REDDITO (in euro) |
Aliquote
|
|
fino a |
15.000 |
23% |
Da 15.000 |
a 29.000 |
29% |
Da 29.000 |
a 32.600 |
31% |
Da 32.600 |
a 70.000 |
39% |
Oltre |
70.000 |
45% |
La lettera d) del comma 349 abroga l’articolo 14 del TUIR, concernente le detrazioni spettanti in base alla tipologia di reddito posseduta e secondo prestabilite fasce di reddito complessivo, per redditi di lavoro dipendente, di pensione, di lavoro autonomo e d'impresa dei soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata.
A tal proposito la circolare n. 2/2005 dell’Agenzia delle entrate osserva che il riconoscimento di queste detrazioni “aderiva a una determinata logica impositiva basata sulla scala delle aliquote e sugli scaglioni stabiliti con il primo modulo di riforma dell'Irpef; esso, pertanto, non risulta più coerente con il nuovo sistema di tassazione dei redditi introdotto dalla Legge finanziaria per il 2005. Nell'attuale sistema, in cui assume carattere preminente la riduzione del numero delle aliquote e l'ampliamento degli scaglioni di reddito, non sono pertanto più previste detrazioni dall'imposta lorda, a eccezione di quelle consentite in relazione a oneri sostenuti dal contribuente”.
Il comma 350 introduce, rispetto al sistema a tre aliquote fissato per l'imposta sui redditi delle persone fisiche dalle disposizioni appena esaminate, un contributo di solidarietà.
Si tratta di un contributo, pari al 4% e applicato sulla parte di reddito imponibile di cui all’articolo 13 del TUIR, come rinominato e modificato dal precedente comma 349, eccedente l’importo di 100.000 euro, rispetto al quale si prevede l'applicazione delle disposizioni in materia di imposte sui redditi ai fini della sua dichiarazione, versamento, accertamento, riscossione e contenzioso.
Tale contributo di solidarietà sembrerebbe configurarsi in misura analoga ad una quarta aliquota IRE del 43% applicabile sui redditi superiori a 100.000 euro. Va tuttavia segnalato che la relativa disposizione non è stata inserita sotto forma di novella al TUIR, bensì con una norma autonoma.
Come riportato nella citata circolare n. 2/2005 dell’Agenzia delle Entrate, circa la natura del contributo di solidarietà, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 5310-bis-B/VI/1, approvato dalla Commissione Finanze della Camera il 20 dicembre 2004, con il quale esso è impegnato “ad adoperarsi affinché sia chiarito in via interpretativa, coerentemente con gli obiettivi di finanza pubblica, che, ai fini della tassazione del reddito delle persone fisiche, il contributo di solidarietà ha natura d'imposta, e che, conseguentemente, il contributo stesso rileva ai fini del calcolo dell'imposta lorda sul reddito imponibile del contribuente, della determinazione della misura degli acconti dovuti per l'anno d'imposta successivo, della tassazione degli emolumenti arretrati di lavoro dipendente e dei redditi assimilati, della tassazione delle indennità di fine rapporto e delle prestazioni pensionistiche integrative corrisposte dai fondi pensione, nonché degli adempimenti posti a carico dei sostituti d'imposta”.
In virtù di tale indicazione, in sostanza, il contributo di solidarietà va interpretato e gestito a tutti gli effetti come un'ulteriore aliquota d'imposta. Conseguentemente:
· il contributo concorre insieme con l'Irpef all'importo sul quale possono essere fatte valere eventuali detrazioni d'imposta;
· l'importo del contributo deve essere considerato nell'imposta italiana che costituisce il limite entro cui può essere attribuito il credito d'imposta per le imposte pagate all'estero;
· il contributo rileva ai fini della determinazione dell'aliquota media da applicare al trattamento di fine rapporto e alle prestazioni di previdenza complementare erogate sotto forma di capitale;
· il contributo concorre alla definizione dell'aliquota media nel calcolo della tassazione separata;
· l'importo del contributo deve essere tenuto in considerazione nella determinazione della misura degli acconti d'imposta;
· il sostituto d'imposta deve operare le ritenute tenendo conto del contributo.
Il comma 351 prevede che, in presenza di leggi, regolamenti, decreti, od altre norme o provvedimenti facenti riferimento a disposizioni contenute in articoli del D.P.R. n. 917 del 1986 vigenti prima del 1º gennaio 2005, il riferimento - salvo che tali disposizioni non risultino abrogate per effetto di quanto stabilito dal comma 349 - si intende fatto alle corrispondenti disposizioni contenute negli articoli che recano la numerazione introdotta con il presente provvedimento.
Il comma 352 riconosce una clausola di salvaguardia in favore dei contribuenti che dovessero subire, per effetto della riforma, un peggioramento del loro trattamento fiscale. Viene pertanto stabilito che, in sede di dichiarazione dei redditi, per il solo anno 2005, i contribuenti potranno applicare le disposizioni del TUIR in vigore al 31 dicembre 2002, ovvero quelle in vigore al 31 dicembre 2004, se più favorevoli.
Si ricorda che la conferma della clausola di salvaguardia è stata espressamente prevista nel documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2005-2008 tra i criteri da rispettare per l'attuazione della riforma dell'IRE.
La clausola di salvaguardia è stata peraltro espressamente prevista dall'articolo 3 della citata legge delega n. 80 del 2003. Come specificato in tale sede, la clausola è volta a garantire che, a parità di condizioni, il nuovo regime fiscale risulti sempre più favorevole o uguale, e comunque non mai peggiore, rispetto al precedente, anche facendo riferimento agli interventi di natura assistenziale e sociale.
In precedenza, l'applicazione della clausola di salvaguardia è stata prevista - al fine di evitare un aggravio della tassazione a carico dei contribuenti per gli anni 2003 - dall'articolo 2, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) che ha dato attuazione al primo modulo della riforma dell'IRPEF. Da essa discende che, se le imposte dovute per il 2003 in base alle disposizioni introdotte fossero superiori a quelle determinate applicando le disposizioni vigenti alla data del 31 dicembre 2002, il contribuente aveva la facoltà di pagare l’IRPEF determinata sulla base di queste ultime.
Successivamente, la lettera a) dell’articolo 2, comma 12, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha prorogato l’applicazione della clausola di salvaguardia, di cui al citato articolo 2 della legge n. 289 del 2002, alla determinazione dell’IRPEF dovuta sul reddito complessivo per l’anno 2004.
Dal punto di vista operativo, la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 2/2005 osserva che il sostituto di imposta non è tenuto ad applicare la clausola di salvaguardia in sede di effettuazione delle ritenute relative ai singoli periodi di paga né in sede di conguaglio, poiché tale clausola può essere applicata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi. Resta fermo che se il sostituto d'imposta presta assistenza fiscale è tenuto, in tale sede, ad applicare la suddetta clausola.
Il comma 353 apporta una serie di modifiche al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, principalmente al fine di adeguarne il testo alle novità introdotte al regime dell'IRE.
La lettera a) del comma 353 modifica l'articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973, il quale disciplina le ritenute sui redditi di lavoro dipendente.
Le modifiche apportate al comma 2, lettera a), del citato articolo 23 hanno natura di coordinamento formale[457].
In base alle modifiche apportate al comma 2, lettera c), del citato articolo 23, il reddito complessivo da considerare ai fini dell’applicazione delle ritenute sugli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti deve essere calcolato al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 (deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione) e 12, commi 1 e 2 (deduzioni per oneri di famiglia) del TUIR (lettera a), numero 1)).
Analoga disposizione è dettata dalla lettera b), numero 1), del comma 353 con riferimento alle ritenute operate su compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato (articolo 29, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 600 del 1973).
La lettera a), numero 2) del comma 353 sostituisce il comma 3, primo periodo, dell’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973. In base alla nuova formulazione di tale disposizione, in sede di conguaglio, entro il 28 febbraio dell'anno successivo ovvero al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il sostituto d’imposta deve procedere al ricalcolo definitivo delle deduzioni per assicurare la progressività dell'imposizione e per oneri di famiglia spettanti. Tenuto conto dell'importo delle deduzioni risultanti da tale calcolo, il sostituto effettua il conguaglio tra l'ammontare delle ritenute operate sulle somme e sui valori corrisposti in ciascun periodo di paga, comprese anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 del mese di gennaio dell'anno successivo, se riferiti all'anno precedente, e l'imposta dovuta sull'ammontare complessivo degli emolumenti stessi.
La lettera a), numero 3), del comma 353 sopprime il comma 4, terzo periodo, dell’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973. La disposizione prevedeva che nell'ipotesi di più rapporti di lavoro intrattenuti nel medesimo periodo d'imposta il contribuente, alla consegna della certificazione unica concernente redditi erogati da altri soggetti, dovesse anche comunicare all'ultimo sostituto quale delle opzioni previste al comma 3 dello stesso articolo 23 (versamento dell’importo dovuto o autorizzazione al prelievo sulle retribuzioni successive) intendesse adottare qualora l’importo delle retribuzioni non risultasse sufficiente per subire il prelievo delle imposte.
La soppressione della disposizione comporta il venir meno dell'obbligo della comunicazione al momento della consegna della certificazione unica suddetta, ferma restando la facoltà per il contribuente di esercitare l’opzione di cui al citato comma 3.
La lettera b), numero 2) del comma 353 sostituisce infine il secondo periodo del comma 3, dell’articolo 29 del D.P.R. n. 600 del 1973, avente ad oggetto il conguaglio sulle ritenute operate su compensi ed altri redditi corrisposti dallo Stato. Ai sensi di tale disposizione i soggetti che ricevono compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, hanno l'obbligo di specificare il tipo di opzione prescelta per l’ipotesi di incapienza (versamento dell’importo dovuto o autorizzazione al prelievo sulle retribuzioni successive) all'inizio del rapporto di lavoro.
Articolo
1, commi 354-361
(Istituzione e disciplina del Fondo
rotativo
per il sostegno alle imprese)
354. È istituito, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, un apposito fondo rotativo, denominato «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese». Il Fondo è finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell’anticipazione, rimborsabile con un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale, è stabilita in 6.000 milioni di euro. Le successive variazioni della dotazione sono disposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati ai sensi del comma 361.
355. Con apposite delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri in maniera non delegabile, da sottoporre al controllo preventivo della Corte dei conti, il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio.
356. Il CIPE, con una o più delibere adottate con le modalità previste dal comma 355:
a) stabilisce i criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati;
b) approva una convenzione tipo che regola i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, stabilendo le modalità per assicurare che l’importo complessivo dei finanziamenti erogati non superi l’importo assegnato dal CIPE e che vengano comunque rispettati i limiti annuali di spesa a carico del bilancio dello Stato stabiliti ai sensi del comma 361;
c) prevede la misura minima del tasso di interesse da applicare;
d) stabilisce la durata massima del piano di rientro;
e) prevede che le nuove modalità di attuazione ed erogazione delle misure agevolative previste dai commi da 354 a 361 si applichino a programmi di investimento per i quali, alla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 357, non è stata ancora presentata richiesta di erogazione relativa all’ultimo stato di avanzamento e non sono stati adottati provvedimenti di revoca totale o parziale, a condizione che l’impresa agevolata manifesti formale opzione e comunque previo parere conforme del soggetto responsabile dell’istruttoria.
357. Con decreto di natura non regolamentare il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilisce, in relazione ai singoli interventi previsti dal comma 355, nel rispetto dei princìpi contenuti nei commi da 354 a 361 e di quanto disposto dal comma 356, i requisiti e le condizioni per l’accesso ai finanziamenti agevolati previsti dai commi da 354 a 361. In particolare, sono stabilite le condizioni economiche e le modalità di concessione dei finanziamenti agevolati, anche per quanto concerne i criteri di valutazione, i documenti istruttori, la procedura, le ulteriori condizioni per l’accesso, per l’erogazione e per la revoca delle agevolazioni, le modalità di controllo e rendicontazione, la quota minima di mezzi propri e di finanziamento bancario a copertura delle spese d’investimento, la decorrenza e le modalità di rimborso del finanziamento agevolato.
358. Il tasso di interesse sulle somme erogate in anticipazione è determinato con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dell’economia e delle finanze. La differenza tra il tasso così stabilito e il tasso del finanziamento agevolato, nonché gli oneri derivanti dal comma 360, sono posti, in favore della Cassa depositi e prestiti Spa, a carico del bilancio dello Stato, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 361.
359. Sull’obbligo di rimborso al Fondo delle somme ricevute in virtù del finanziamento agevolato e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 13 della legge 5 agosto 1978, n. 468. Ai relativi eventuali oneri si provvede ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, con imputazione nell’ambito dell’unità previsionale di base 3.2.4.2 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005 e corrispondenti per gli esercizi successivi.
360. Alla Cassa depositi e prestiti Spa, sulle somme erogate in anticipazione, è riconosciuto, a valere sui finanziamenti stabiliti ai sensi del comma 356, lettera a), il rimborso delle spese di gestione del Fondo in misura pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate annualmente.
361. Per le finalità previste dai commi da 354 a 360 è autorizzata la spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006. Una quota dei predetti oneri, pari a 55 milioni di euro per l’anno 2005 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, è posta a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate per gli interventi finanziati dallo stesso. La restante quota relativa agli anni 2005 e 2006, pari rispettivamente a 25 milioni di euro e a 50 milioni di euro, è posta a carico della parte del Fondo unico per gli incentivi alle imprese non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate; alla quota relativa all’anno 2007 e all’onere decorrente dal 2008, pari rispettivamente a 50 milioni di euro e a 150 milioni di euro, si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 300.
I commi da 354 a 361 disciplinano l’istituzione e il funzionamento di un nuovo Fondo rotativo per il sostegno alle imprese.
In particolare, il comma 354 dispone l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di un apposito Fondo rotativo, denominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese“, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale.
La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. In seguito, la Cassa depositi e prestiti S.p.a può disporre variazioni a tale cifra, in ragione delle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, purché nel rispetto dei limiti di spesa annuale sul bilancio dello Stato stabiliti dal comma 361.
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica al disegno di legge finanziaria, con il Fondo si provvederà ad un'erogazione media annuale pari a 800 milioni di euro; peraltro, nei primi tre anni, per gli effetti del comma 356, lett. e) (cfr. oltre), si prevedono erogazioni superiori alla media, per importi pari a circa 2.700 milioni il primo anno, 3.000 milioni il secondo e 400 milioni di euro per il terzo. La medesima relazione stima in 9 anni la durata media dei prestiti agevolati.
Si segnala, altresì, che il Documento di programmazione economica e finanziaria per il 2005-2008 prospetta l'istituzione del Fondo che a decorrere dall'anno 2005 dovrebbe comportare investimenti aggiuntivi per le imprese pari a 5 miliardi di euro ed a complessivi 20 miliardi nel triennio di riferimento.
Si ricorda che il decreto-legge n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326/2003, ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni, denominata “Cassa depositi e prestiti società per azioni” (CDP S.p.A.).
Le attività di competenza della Cassa depositi e prestiti S.p.A. sono strutturate su due aree distinte che comportano anche una separazione organizzativa e contabile: la prima, che comprende l’attività tradizionale di finanziamento agli enti pubblici, è affidata ad una gestione separata; la seconda riguarda la concessione di finanziamenti nel settore dei servizi pubblici e rappresenta l’ambito di competenza della gestione ordinaria.
La società per azioni assume la configurazione di intermediario finanziario non bancario, ed è soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del Testo unico bancario. La proprietà del capitale azionario della nuova società è attribuita allo Stato. E’ stata prevista tuttavia la possibilità che altri soggetti pubblici o privati, tra cui, in particolare, sono indicate espressamente le fondazioni bancarie, possano detenere quote di capitale, purché nel complesso tali quote rimangano di minoranza.
Un gruppo di 65 fondazioni bancarie ha rilevato il 30% del capitale della società, versando un corrispettivo pari a 1 miliardo e 50 milioni di euro.
Il D.L. n. 269/2003 ha altresì previsto (art. 5, comma 3), la possibilità di trasferire a titolo oneroso alla Cassa depositi e prestiti partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette. Tali partecipazioni sono assegnate alla gestione separata.
Con riferimento alla prima area di attività, organizzata come gestione separata, si ricorda che, in particolare, questa cura la concessione di finanziamenti agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico, utilizzando, come provvista, il risparmio postale, raccolto attraverso libretti di risparmio postale e buoni fruttiferi postali. La distribuzione di questi prodotti è affidata a Poste italiane S.p.A. o a società da essa controllate e su di essi. E’ inoltre previsto che la CDP S.p.A. possa raccogliere fondi con l’emissione di titoli o, più in generale, l’assunzione di finanziamenti e altre operazioni finanziarie che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.
I soggetti beneficiari dell’attività di finanziamento svolta dalla gestione separata sono pertanto, innanzitutto, gli enti locali e, più in generale, tutti gli enti pubblici.
Rispetto alla normativa precedente non sono più previsti, tra i destinatari dei finanziamenti, i gestori di pubblici servizi, alla luce del fatto che al settore dei pubblici servizi si rivolgerà l’attività di finanziamento svolta dalla gestione ordinaria. E’ invece inserito, nell’ambito dei soggetti beneficiari dei finanziamenti della gestione separata, il riferimento agli organismi di diritto pubblico.
La gestione separata è soggetta, inoltre, ad una disciplina speciale, che è caratterizzata dai seguenti profili:
- specifici poteri attribuiti al Ministro dell’economia e delle finanze;
- integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti e degli enti locali;
- vigilanza della Commissione parlamentare;
- possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.
Il Ministro dell’economia e delle finanze, cuiè attribuito il potere di indirizzo della gestione separata, con propri decreti di natura non regolamentare, stabilisce in particolare:
a) i criteri per la definizione delle condizioni economiche e generali degli strumenti di raccolta (libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali, nonché titoli emessi e altre operazioni di finanziamento) che sono assistiti dalla garanzia dello Stato;
b) i criteri per la definizione delle condizioni economiche e generali degli impieghi; al riguardo vengono espressamente indicati i principi di accessibilità, uniformità di trattamento, predeterminazione e non discriminazione[458];
c) le norme in materia di trasparenza, pubblicità, contratti e comunicazioni periodiche, come già previsto dall’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 284/1999);
d) i criteri per la gestione delle partecipazioni assegnate.
Il comma 355 dispone che la ripartizione del Fondo sia rimessa a delibere del CIPE - presieduto dal Presidente del Consiglio in maniera non delegabile - sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti.
L'individuazione, da parte delle stesse delibere, degli interventi agevolativi destinati alle imprese avverrà con riferimento a misure di sostegno già disposte a legislazione vigente, per le quali esista in bilancio un apposito stanziamento (cfr. oltre).
Il comma 356 stabilisce le competenze del CIPE nell'ambito di quanto afferente al Fondo rotativo, prevedendo che questi, con una o più delibere:
a) definisca i criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati;
b) approvi una convenzione tipo, che regoli i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, e che stabilisca le modalità per assicurare che l’importo complessivo dei finanziamenti erogati non superi l’importo assegnato dal CIPE e i limiti annuali di spesa a carico del bilancio dello Stato, stabiliti ai sensi del successivo comma 361;
c) preveda la misura minima del tasso di interesse da applicare;
d) stabilisca la durata massima del piano di rientro;
e) preveda che le nuove modalità di attuazione e di erogazione delle misure agevolative si applichino a programmi di investimento per i quali non siano ancora state presentate richieste di erogazione (relativa all’ultimo stato di avanzamento) e che non risultino gravati da provvedimenti di revoca totale o parziale alla data di pubblicazione del decreto ministeriale che stabilisce i requisiti e le procedure per l’accesso ai finanziamenti, di cui al successivo comma 357. L'impresa che richiede l'agevolazione dovrà peraltro manifestare formalmente l'opzione di scelta per l'erogazione dei finanziamenti secondo le nuove modalità agevolative del Fondo, previa acquisizione di parere conforme da parte del soggetto responsabile dell'istruttoria (istituti di credito autorizzati).
Il comma 357 attribuisce al Ministro competente la funzione di stabilire, con decreto di natura non regolamentare - da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - quali siano, in relazione ai singoli interventi previsti dal comma 355, i requisiti e le condizioni per l'accesso ai finanziamenti agevolati. Il decreto, in particolare, dovrà indicare una pluralità di parametri, quali:
§ le condizioni economiche e le modalità di concessione, erogazione e revoca dei finanziamenti (i criteri di valutazione, i documenti istruttori, la procedura, le condizioni di accesso ulteriori);
§ le modalità di controllo e rendicontazione;
§ la quota minima di mezzi propri e di finanziamento bancario per la copertura delle spese di investimento;
§ la decorrenza e le modalità di rimborso del finanziamento agevolato.
Il comma 358 attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze la competenza a determinare il tasso di interesse - da disporre con decreto di natura non regolamentare - da applicare alle somme erogate in anticipazione. La differenza risultante tra il tasso così fissato e quello di finanziamento agevolato è posta a carico del bilancio statale, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 361, come pure a carico dello Stato risultano gli oneri riferiti alle spese gestionali del Fondo sostenuti dalla stessa Cassa depositi e prestiti.
Secondo quanto stimato nella relazione tecnica al disegno di legge finanziaria il differenziale del tasso di interesse applicato dallo Stato e quello agevolato concesso dalla Cassa depositi e prestiti sarebbe pari al 2%.
Il comma 359 stabilisce la possibilità di prevedere la garanzia dello Stato sull'obbligo di rimborso al Fondo per le somme ricevute dalle imprese in forma di finanziamento agevolato, ivi compresi i relativi interessi. I criteri, le condizioni e le modalità di stesura di tale clausola di garanzia sono da stabilire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. La copertura di eventuali oneri è disposta in riferimento all'unità previsionale di base 3.2.4.2, “Garanzie dello Stato”, dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005 e corrispondenti capitoli per gli anni seguenti.
Si evidenzia che per gli oneri derivanti dalle garanzie assunte dallo Stato nella sopra citata UPB (cap. 7407) del bilancio 2005 risulta, a legislazione vigente, uno stanziamento di cassa pari a circa 79 milioni di euro.
Il comma 360 dispone - quale compensazione degli oneri sostenuti per la gestione del Fondo - il riconoscimento alla Cassa depositi e prestiti S.p.a. del diritto ad un rimborso pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate in anticipazione ogni anno, ai sensi del comma 356, lettera a), cioè delle somme erogate per finanziamenti agevolati.
Il comma 361 riguarda la copertura finanziaria delle disposizioni in commento. Agli oneri relativi si fa fronte con un'autorizzazione di spesa pari a 80 milioni di euro per l'anno 2005 e 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, alla cui copertura si provvede secondo le modalità riassunte nella tabella seguente e di seguito illustrate in dettaglio.
(milioni di euro)
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
Autorizzazione di spesa |
80 |
150 |
150 |
150 |
|
|
|
|
|
Copertura |
80 |
150 |
150 |
150 |
Fondo aree sottoutilizzate |
55 |
100 |
100 |
- |
Fondo unico incentivi alle imprese |
25 |
50 |
- |
- |
Entrate da revisione imposte bollo, registro, concessione governativa ecc. |
|
|
50 |
150 |
Gli oneri vengono posti a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate - per gli interventi finanziati dallo stesso - e della parte del Fondo unico per gli incentivi alle imprese non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate; alla quota relativa all’anno 2007 e all’onere decorrente dal 2008, si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 300, secondo le seguenti modalità:
§ Fondo per le aree sottoutilizzate: 55 milioni di euro per l’anno 2005 e 100 per ciascuno degli anni 2006 e 2007.
Si ricorda che la legge n. 289/2002 (finanziaria per il 2003) ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3).
Nel Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze (c.d. Fondo MEF), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia, UPB 4.2.3.27, sono confluite le risorse relative alle seguenti leggi:
§ legge n. 64 /1986 relativa all'intervento straordinario nel Mezzogiorno;
§ legge n. 208/1998, art. 1, comma 1, Fondo aree depresse (cd risorse aggiuntive);
§ legge n. 488/1999, art. 27, comma 11, Fondo per l'imprenditoria giovanile;
§ legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;
§ legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.
Il Fondo è annualmente rifinanziato in Tabella D della legge finanziaria e ripartito, tra gli interventi previsti dalle suddette disposizioni legislative, con apposite delibere del CIPE. In molti casi - prima di giungere ai beneficiari finali - le risorse vengono trasferite ad altre amministrazioni centrali o alle autonomie territoriali, soggetti gestori delle iniziative che vengono finanziate su tale fondo.
Il bilancio a legislazione vigente per il 2005, prevede 5.581 milioni di euro di dotazioni a legislazione vigente per il Fondo MEF (UPB 4.2.3.27. Ministero dell’economia). Per quanto concerne gli interventi di rimodulazione del fondo introdotti dal disegno di legge finanziaria si rinvia al commento dell’articolo 1, commi 15-17 del presente provvedimento.
La legge finanziaria, in Tabella D, ha rifinanziato il Fondo di 68 milioni nel 2005, e, in Tabella F, ha rimodulato le risorse del Fondo stesso, posticipando 2.150 milioni di euro dal 2005 agli anni successivi[459]. Le risorse del Fondo sono state altresì ridotte di 55 milioni di euro per il 2005 (e di 100 milioni di euro per il 2006 e il 2007), quale copertura parziale dell’istituzione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, di cui ai commi 354-361 della legge finanziaria per il 2005.
Conseguentemente, lo stanziamento per il 2005, nella legge di bilancio (L. n. 312/2004) si riduce a 3.443,8 milioni.
Al Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP) sono destinate:
a) le risorse del fondo unico per gli incentivi alle imprese, di cui all'articolo 52 della legge 448/98, per la parte relativa alle autorizzazioni di spesa, di cui alla legge n. 488 del 1992;
b) le disponibilità assegnate alla programmazione negoziata per patti territoriali, contratti d'area e contratti di programma;
c) le economie derivanti da provvedimenti di revoca totale o parziale degli interventi precitati;
d) le economie di cui al comma 6 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1997, n. 266 (economie derivanti da provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64).
Sul predetto fondo vanno a gravare anche gli oneri relativi al funzionamento dell’IPI (Istituto per la promozione industriale) concernenti iniziative ed attività di assistenza connesse agli interventi della legge 488/92 e della programmazione negoziata (Cfr. commento al comma 234).
Peraltro, nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive non risulta ancora iscritto una specifico capitolo di bilancio relativo Fondo per gli interventi nelle aree sottoutilizzate. Di conseguenza, le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata sono ancora iscritte nel Fondo per gli incentivi alle imprese, UPB 3.2.3.8. (cap. 7420) e sono gestite fuori bilancio attraverso la contabilità speciale n. 1726, intestata al Fondo per l’Innovazione Tecnologica (FIT), su cui confluiscono le disponibilità di bilancio e le somme rivenienti dalle revoche agli incentivi.
Nell’ambito del Fondo unico (che è organizzato in piani di gestione riferiti a ciascun intervento), le risorse per le aree sottoutilizzate sono iscritte nei piani di gestione n. 26-28, dotati, per il 2005 di complessivi 3.125,7 milioni di euro, di cui 413 milioni per la legge n. 488/1992 e 2.712,7 milioni per la programmazione negoziata come risulta dal DM 19 luglio 2004 recante “Ripartizione del Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese, di cui all'art. 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448” (GU 29/7/04). La legge finanziaria, in Tabella F, ha rimodulato, al Settore 4, le risorse del Fondo, posticipando 1.450 milioni di euro al 2006[460]. Le risorse del Fondo sono state altresì ridotte di 8,5 milioni di euro annui, quale trasferimento all’Istituto per la promozione industriale (IPI), di cui al comma 234 della legge finanziaria per il 2005. Le risorse per il 2005 sono pertanto ridotte a 1.667,2 milioni;
§ Fondo unico per gli incentivi alle imprese: 25 milioni di euro per l’anno 2005 e 50 per il 2006. La quota è a carico della parte del Fondo non riguardante gli interventi per le aree sottoutilizzate.
Il Fondo unico per gli incentivi alle imprese è stato istituito dall'articolo 52 della legge n. 448/1998, al fine di razionalizzare l’intervento del Ministero delle attività produttive in favore delle imprese, accorpando - in un’unica autorizzazione di spesa - tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese, nell’ambito dei seguenti settori di intervento: settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse e altri settori specifici. La ripartizione delle risorse tra i diversi interventi è rimessa alla discrezionalità del Ministero delle attività produttive che vi provvede, annualmente con proprio decreto.
Le risorse del Fondo unico sono ripartite tra le diverse finalità previste dalle leggi di agevolazione vigenti, secondo un’articolazione funzionale che distingue 38 piani di gestione raggruppati in sette settori di intervento: settore commerciale, aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse, imprenditoria femminile e altri interventi. All’interno dei settori sono inseriti i singoli interventi, anche in riferimento alle sottostanti leggi sostanziali.
Una evidenza contabile della dotazione delle singole leggi di incentivazione è riscontrabile nell’annuale decreto del Ministro delle attività produttive di riparto delle risorse aggiuntive. Nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311) la dotazione del Fondo incentivi alle imprese (UPB 3.2.3.8, cap. 7420) ammontava a 3.876,5 milioni di euro, di cui, come già detto, 3.125,7 milioni relativi agli interventi nelle aree sottoutilizzate e 750,8 milioni destinati agli incentivi alle imprese in generale.
La legge finanziaria, in Tabella F, ha rimodulato, al Settore 2, le risorse del Fondo, posticipando 50 milioni di euro dal 2005 al 2006. Le risorse del Fondo sono state altresì ridotte di 16,5 milioni di euro annui, quale trasferimento all’Istituto per la promozione industriale (IPI), di cui al comma 234 della legge finanziaria per il 2005, e di 25 milioni di euro per il 2005 (e di 50 milioni di euro per il 2006), quale copertura parziale dell’istituzione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, di cui ai commi 354-361 della legge finanziaria per il 2005. Conseguentemente, le risorse per il 2005 sono ridotte a 659,3 milioni
§ Maggiori entrate derivanti dal comma 300: 50 milioni di euro per l’anno 2007 e 150 milioni di euro per il 2008. Si tratta, in particolare, delle maggiori entrate derivanti dalla revisione degli importi fissi dell'imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell'imposta di bollo, dell'imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e di alcuni diritti speciali.
Articolo
1, commi 362-366
(Istituzione e disciplina del Fondo per i
pagamenti dei debiti di fornitura delle amministrazioni statali)
362. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un «Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura», al quale vengono riassegnate le dotazioni in conto residui, previamente versate in entrata, relative a debiti scaduti ed esigibili alla data del 31 dicembre 2004, derivanti dalla fornitura di beni e servizi alle amministrazioni dello Stato, ceduti alla Cassa depositi e prestiti Spa dai fornitori sulla base di idonei titoli giuridici.
363. La Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle cessioni di credito di cui al comma 362, dispone i pagamenti a valere su un apposito fondo istituito, con una dotazione di 2.000 milioni di euro, presso la gestione separata della medesima Cassa, le cui risorse costituiscono patrimonio destinato, ai sensi dell’articolo 5, comma 18, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. La Cassa depositi e prestiti Spa è autorizzata ad effettuare operazioni di cessione dei crediti acquisiti senza l’autorizzazione del soggetto ceduto.
364. Il Ministero dell’economia e delle finanze può provvedere al pagamento alla Cassa depositi e prestiti Spa delle somme erogate, in un periodo massimo di quindici anni, a carico del Fondo di cui al comma 362, nonché, a decorrere dal 2006, alla corresponsione degli oneri di gestione.
365. La Cassa depositi e prestiti Spa predispone apposita rendicontazione annuale sull’amministrazione del fondo, di cui al comma 363, da trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla chiusura dell’esercizio. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità applicative dei commi da 362 a 366, in ordine alle condizioni generali per l’accesso al Fondo, alla natura dei crediti ed ai relativi importi ammissibili alla cessione, al compenso da riconoscere sulle somme erogate, alle modalità, ai tempi ed ai termini di erogazione alla Cassa depositi e prestiti Spa di quanto alla stessa dovuto.
366. Agli oneri di cui al comma 364, valutati in complessivi 70 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate recate dal comma 300.
Al fine di intervenire sulla questione dei ritardi di pagamento delle Amministrazioni dello Stato nei confronti dei propri fornitori, i commi 362-366 prevedono l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un fondo a carico del quale potranno essere effettuati i pagamenti a favore di fornitori con debiti scaduti ed esigibili al 31 dicembre 2004.
Più precisamente, il comma 362 prevede, da un lato, la possibilità per i fornitori con debiti scaduti ed esigibili alla data del 31 dicembre 2004, derivanti dalla fornitura di beni e servizi alle Amministrazioni dello Stato, sostenuti da idonei titoli giuridici, di cedere i propri crediti alla Cassa depositi e prestiti.
Dall’altro, il medesimo comma dispone l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un apposito fondo, denominato "Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura", al quale, dopo essere state versate all’entrata, sono riassegnate le somme iscritte nel conto dei residui passivi del bilancio dello Stato relative ai debiti ceduti alla Cassa depositi e prestiti.
In base a quanto disposto dal comma 363, la Cassa depositi e prestiti provvede ai pagamenti relativi ai crediti ceduti dai fornitori ai sensi del comma 365, a valere su un Fondo istituito presso la Cassa medesima con una dotazione di 2.000 milioni di euro.
Tale fondo è istituito presso la gestione separata della Cassa e le risorse costituiscono patrimonio destinato ai sensi dell'articolo 5, comma 18, del DL 269/2003.
La Cassa è altresì autorizzata ad effettuare operazioni di cessione dei crediti acquisiti senza autorizzazione del soggetto ceduto, vale a dire dell’amministrazione debitrice.
L'articolo 5 del decreto-legge n. 269/2003, nel trasformare la Cassa depositi e prestiti in società per azioni, prevede (al comma 8) che la Cassa istituisca un sistema separato ai soli fini contabili e organizzativi per lo svolgimento delle attività di assistenza e consulenza a favore delle amministrazioni pubbliche.
Tale gestione può essere finanziata con fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti dalle Poste italiane, e da fondi provenienti dalla emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti da garanzia dello Stato (comma 7, lett. a)).
Il comma 18 del medesimo articolo 5 prevede che la Cassa possa destinare propri beni e rapporti giuridici al soddisfacimento dei diritti di portatori di titoli da essa emessi o da altri soggetti finanziatori. Tale destinazione viene effettuata con apposita delibera e fino al completo soddisfacimento dei diritti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione viene effettuata; sono ammesse azioni solo a tutela dei diritti dei predetti soggetti.
Il comma 364 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze provvede al pagamento delle somme erogate dalla Cassa in un periodo massimo di 15 anni, a carico del Fondo istituito presso il Ministero medesimo ai sensi del comma 362, nonché a corrispondere, a decorrere dal 2006, gli oneri di gestione.
La Cassa depositi e prestiti è tenuta, ai sensi del comma 365, a predisporre apposita rendicontazione annuale sull’amministrazione del fondo destinato al pagamento dei crediti ad essa ceduti da parte dei fornitori. La rendicontazione deve essere trasmessa al Ministero dell’economia e delle finanze entro 90 giorni dalla chiusura dell’esercizio.
Il medesimo comma 365 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, la definizione delle modalità applicative delle disposizioni in esame, con riferimento alle condizioni generali per l'accesso al fondo, alla natura dei crediti e degli importi ammissibili alla cessione, al compenso da riconoscere alla Cassa sulle somme erogate, nonché alle modalità, ai tempi ed ai termini di erogazione alla Cassa di quanto alla stessa dovuto.
Il comma 366 valuta in 70 milioni a decorrere dal 2006 gli oneri connessi con le disposizioni in esame, prevedendone la copertura a valere sulle maggiori entrate derivanti dalla variazione delle imposte di registro, bollo e catastali prevista dal comma 300.
In sostanza, l'intervento della Cassa sembrerebbe configurarsi come una operazione di sconto di crediti operata da un intermediario finanziario esterno alle amministrazioni pubbliche, cui il debitore (Stato) paga una remunerazione corrispondente agli oneri di gestione dell'operazione.
Anche con riferimento alle previsioni relative al pagamento dei debiti di fornitura di cui ai commi 362-366 interviene la Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 5 dell’11 febbraio 2005.
La Circolare precisa che la procedura di pagamento prevista dai commi in esame si applica ai crediti nei confronti delle amministrazioni dello Stato che risultino iscritti nel conto dei residui passivi dell’esercizio 2005 o siano transitati nel conto del patrimonio per effetto di perenzione amministrativa.
Riguardo alle modalità di applicazione, peraltro, la Circolare rinvia al decreto che dovrà essere adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze, disponendo che, in attesa dell’emanazione, le amministrazioni continueranno ad effettuare i pagamenti dei debiti di fornitura seguendo l’ordinaria gestione dei residui passivi.
Il tema del ritardo dei pagamenti dei fornitori da parte della pubblica amministrazione non è una novità sia in ambito nazionale, che europeo.
Secondo uno studio della Commissione europea, i ritardi nei pagamenti - esaminati in termini generali e non solo relativi alla pubblica amministrazione - danneggiano pesantemente le imprese, soprattutto piccole e medie, al punto che un'insolvenza su quattro è imputabile a questo motivo.
Secondo lo studio della Commissione, ogni anno non vengono saldati debiti per un valore di 23,6 miliardi di euro a causa delle insolvenze determinate da ritardi nei pagamenti. Tali ritardi nelle transazioni commerciali vengono quantificati in 90 miliardi l'anno e rappresentano in termini di interessi perduti un valore di 10,80 miliardi di euro.
I termini di pagamento variano da una media di circa 32 giorni nei paesi scandinavi a una media di 78 giorni nel sud dell'Europa (Eurosurvey 1997). Per l'Italia il Centro Studi di Confindustria indica (ottobre 2004) una media di circa 300 giorni con un minimo di circa 79 giorni in Trentino Alto Adige e un massimo di circa 541 giorni in Abruzzo.
Le differenze fra paesi europei sembrano essere riconducibili a tre principali fattori: l'esistenza di penali per i ritardi molto onerose e dissuasive in taluni paesi (paesi scandinavi e anglosassoni) e contenute in altri (Europa meridionale e Belgio); l'utilizzo di mezzi di pagamento più o meno rapidi e fattori culturali, quali contratti stipulati oralmente o tra parti provenienti da regioni con pratiche commerciali completamente diverse.
Al fine di fronteggiare la situazione - dopo l'emanazione di una Raccomandazione della Commissione del 1995 - il 29 giugno 2000 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 2000/35/CE. La direttiva, che non riguarda i contratti con consumatori, si applica a tutte le transazioni commerciali, ovvero a tutte le transazioni tra imprese o tra imprese e amministrazioni pubbliche o enti che costituiscono parte del settore pubblico che comportino la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo.
La direttiva non armonizza i termini di pagamento, che sono sempre stabiliti dal legislatore nazionale o dalle parti contraenti, ma definisce un periodo di 30 giorni[461], trascorso il quale gli interessi di mora decorrono automaticamente nel caso di ritardo.
Si è deciso di fissare un tasso di interesse unico nella zona euro sulla base di un tasso del 7% cui è aggiunto il tasso della Banca centrale europea. Per gli Stati membri che non rientrino nella zona euro (Svezia, Regno Unito e Danimarca), un tasso equivalente a quello della BCE è fissato dalle rispettive banche centrali. In entrambi i casi il tasso di riferimento in vigore il primo giorno lavorativo del semestre in questione è applicato per i successivi 6 mesi. In altri termini, il tasso è applicabile per un periodo di sei mesi compreso tra il 1° gennaio e il 30 giugno, nonché tra il 1° luglio e la fine dell'anno.
La direttiva consente al venditore di conservare il diritto di proprietà sui beni fintanto che non sia completato il loro pagamento. Tale clausola è molto importante in quanto ha effetti sulla normativa nazionale di quegli Stati membri in cui non è contemplato il principio della "riserva di proprietà".
Vengono previsti inoltre una procedura di recupero di crediti e un risarcimento per tutti i costi di recupero sostenuti.
In Italia la direttiva 2000/35/CE è stato recepita con il D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, il cui art. 8 introduce la legittimazione ad agire alle associazioni di categoria presenti nel CNEL a tutela di interessi collettivi.
A tale decreto hanno fatto seguito la circolare n. 1 del 2003 con cui è stata richiamata l'attenzione di tutte le amministrazioni dello Stato sull'esigenza di adottare comportamenti virtuosi e iniziative volte allo snellimento delle procedure e la circolare n. 6 del 2003 recante analoghe indicazioni rivolte ai revisori dei conti e ai sindaci di enti pubblici.
Tali iniziative, così come l'introduzione del mandato informatico, tuttavia non sembrano aver determinato gli effetti significativi di riduzione dei ritardi nei pagamenti.
Il 25 marzo 2004 è stata approvata dalla Commissione Bilancio della Camera una risoluzione a firma di tutti i Gruppi parlamentari (8-00076) nella quale è stato evidenziato il persistere del problema ed è stato chiesto al Governo di compiere una ricognizione periodica della consistenza dei debiti delle amministrazioni pubbliche, della durata media dei ritardi e dei maggiori oneri sostenuti a titolo di interessi moratori corrisposti alle imprese creditrici. La risoluzione impegna inoltre il Governo a valutare la possibilità di adottare un apposito atto di indirizzo del Presidente del Consiglio, a verificare la possibilità di ricorrere alla normativa in materia di cartolarizzazione e a coinvolgere nelle operazioni la Cassa depositi e prestiti, in considerazione del suo ruolo di soggetto finanziatore delle amministrazioni pubbliche.
Articolo
1, commi 367-373
(Divieto di riutilizzazione commerciale
dei documenti catastali e ipotecari acquisiti dagli archivi dell’Agenzia del territorio)
367. A fini di contrasto di fenomeni di elusione fiscale e di tutela della fede pubblica, salvo quanto previsto nel comma 371, è vietata la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, che risultino acquisiti, anche per via telematica in via diretta o mediata, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio.
368. Ai sensi dei commi da 367 a 375 si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono ceduti o comunque forniti a terzi, anche in copia o parzialmente o previa elaborazione nella forma o nel contenuto, dai soggetti che li hanno acquisiti, in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli uffici dell’Agenzia del territorio.
369. Non si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono forniti al solo soggetto per conto del quale, su preventivo e specifico incarico, risultante da atto scritto, l’acquisizione stessa, previo pagamento dei tributi dovuti, è stata effettuata. Anche in tale ipotesi, tuttavia, salva prova contraria, si ha riutilizzazione commerciale quando il corrispettivo previsto, o comunque versato, per la fornitura, risulta inferiore all’ammontare dei tributi dovuti agli uffici dell’Agenzia del territorio per l’acquisizione, anche telematica, dei predetti documenti, dati o informazioni.
370. Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale sono comunque dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie, nella misura prevista per l’acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell’Agenzia del territorio.
371. Le attività di riutilizzazione commerciale sono consentite esclusivamente se regolamentate da specifiche convenzioni stipulate con l’Agenzia del territorio, che disciplinino, a fronte del preventivo pagamento dei tributi dovuti anche ai sensi del comma 370, modalità e termini della raccolta, della conservazione, della elaborazione dei dati, nonché il controllo del limite di riutilizzo consentito.
372. Chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale, non consentiti, è soggetto altresì ad una sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo ed il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 370. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
373. L’accertamento delle violazioni alle disposizioni dei commi da 367 a 375 è demandato al Corpo della guardia di finanza, che esercita, a tal fine, i poteri previsti dall’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, avvalendosi della collaborazione dell’Agenzia del territorio. A tal fine, per assicurare effettività all’indicata azione di contrasto all’utilizzazione illecita dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, a valere sulle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dei commi da 367 a 375 e nei limiti di spesa di 5 milioni di euro annui, entro il 30 aprile 2005 è avviato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze un programma straordinario di qualificazione continua e ricorrente e formazione mirata e specialistica del personale dell’amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto alla predetta attività di accertamento. A tale programma di qualificazione e formazione può partecipare, su base convenzionale, anche il personale designato da enti locali o altri enti pubblici per le analoghe esigenze di consolidamento dell’azione di contrasto all’elusione fiscale, in presenza di coincidenti ragioni di pubblico interesse.
I commi da 367 a 373 recano norme relative al divieto di riutilizzazione commerciale di documenti detenuti dall'Agenzia del territorio.
In particolare, il comma 367 prevede il divieto di riutilizzazione commerciale di documenti, dati e informazioni catastali e ipotecari acquisiti in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli archivi catastali e dai pubblici registri catastali tenuti dall'Agenzia del territorio.
Il divieto è finalizzato alla tutela della fede pubblica e al contrasto dei fenomeni di elusione fiscale. Infatti negli ultimi anni sono sorti alcuni c.d. “catasti (o conservatorie) paralleli“, gestiti da soggetti privati, la cui attività, oltre a minare la fede pubblica, è causa di elusione fiscale.
Il comma 368 definisce la nozione di riutilizzazione commerciale.In particolare, si ha riutilizzazione commerciale quando i documenti sopra specificati sono comunque forniti a terzi, anche in copia e anche quando i documenti stessi siano rielaborati nella forma o nei contenuti, dai soggetti che li hanno acquisiti. Non si avrà invece riutilizzazione commerciale, ai sensi del comma 369, quando i dati o i documenti saranno forniti al solo soggetto per conto del quale gli stessi siano stati acquisiti, a meno che il corrispettivo previsto per la fornitura risulti inferiore all'ammontare dei tributi dovuti agli uffici dell'Agenzia del territorio per l'acquisizione dei documenti.
Ai sensi del comma 370, per ogni atto di riutilizzazione commerciale sono comunque dovuti i tributi speciali ipotecari e le tasse catastali.
Il comma 371 prevede la possibilità di stipulare specifiche convenzioni con l'Agenzia del territorio, che disciplinino modalità e termini della raccolta, della conservazione, della elaborazione dei dati, nonché il limite di riutilizzo consentito. Tali convenzioni possono regolare l'attività di riutilizzo commerciale dei documenti a fronte del pagamento dei tributi previsti anche ai sensi del comma 370.
I commi 372 e 373 recano norme in materia di sanzioni e accertamento.
Il comma 372 stabilisce che la sanzione amministrativa tributaria prevista per chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale ammonta ad una cifra compresa tra il triplo e il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovute ai sensi del comma 370. Si applicano le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie recate dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Non è definita la nozione di “sanzione amministrativa tributaria”, che non risulta altrove impiegata dell’ordinamento. Se non si tratta – come appare probabile – di mero errore materiale (in luogo di “sanzione amministrativa pecuniaria”), potrebbe ritenersi che la sanzione amministrativa comprenda anche il pagamento dell’importo dovuto a titolo di tributo.
Il comma 373 demanda l'accertamento delle violazioni alla Guardia di finanza, che si avvale della collaborazione dell'Agenzia del territorio.
A tal fine la Guardia di finanza opera con i poteri previsti dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante "Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi".
L'articolo 32 del citato decreto n. 600/1973 conferisce diversi poteri agli uffici delle imposte, tra cui il potere di procedere all'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche; il potere di invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti e di invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti.
Al fine di assicurare l'effettività dell'azione di contrasto alla riutilizzazione commerciale viene avviato dalla Scuola superiore di economia e finanze un programma straordinario di qualificazione e formazione, di carattere continuo e specialistico, del personale dell’amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto a tali attività di accertamento.
Le risorse destinate alla realizzazione del programma sono reperite a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi in commento e comunque nei limiti di spesa di 5 milioni di euro.
Il programma dovrà essere avviato entro il 30 aprile 2005.
A tale programma di formazione e qualificazione può partecipare, su base convenzionale, anche personale proveniente da enti locali o altri enti pubblici.
Articolo
1, comma 374-375
(Procedure telematiche per atti di
aggiornamento del catasto e modificativi delle rendite catastali di terreni e
fabbricati)
374. Alla presentazione degli atti di aggiornamento del catasto si può provvedere, a decorrere dal 1º marzo 2005, con procedure telematiche, mediante un modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali sottoscritto con firma elettronica avanzata dal tecnico che li ha redatti ovvero dal soggetto obbligato alla presentazione. In caso di irregolare funzionamento del collegamento telematico, la trasmissione per via telematica è sostituita dalla presentazione su supporto informatico. Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia del territorio:
a) è stabilita la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche ed a particolari tipologie di adempimenti;
b) è approvato il modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali e sono stabilite le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati relativi alla procedura telematica di cui al presente articolo;
c) sono fissati i termini, le condizioni e le modalità relative: alla presentazione del modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali; alla presentazione dei documenti e degli atti da allegare al predetto modello, anche al fine di accertare l’avvenuto deposito presso i comuni, per gli atti per i quali è previsto; alla conservazione, a cura dei soggetti interessati, dei documenti cartacei originali sottoscritti dal tecnico che li ha redatti e dai soggetti che hanno la titolarità sui beni;
d) sono stabilite, d’intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le modalità di versamento dei tributi dovuti.
375. Gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati possono essere prodotti e notificati ai soggetti intestatari, a cura dell’Agenzia del territorio, avvalendosi di procedure automatizzate. In tal caso, la firma autografa del responsabile è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo dello stesso.
Il comma 374 stabilisce che la presentazione di atti di aggiornamento del catasto potrà avvenire, a partire dal 1° marzo 2005, con procedura telematica mediante un modello unico informatico sottoscritto mediante firma elettronica avanzata dal tecnico che ha redatto gli atti o dal soggetto obbligato alla presentazione.
Per le disposizioni riguardanti le procedure e le dichiarazioni per l’aggiornamento del catasto si rinvia al commento dei precedenti commi 335-339.
Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio dovranno essere stabiliti i criteri di progressiva attivazione del servizio e le caratteristiche del modello unico informatico, nonché i termini, le condizioni e le modalità della sua presentazione. Lo stesso provvedimento dovrà inoltre stabilire, d'intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le modalità di versamento dei tributi dovuti.
Il comma 375 stabilisce che gli atti attributivi o modificativi di rendite catastali possono essere prodotti e notificati agli intestatari mediante procedure automatizzate a cura dell'Agenzia del Territorio. In tal caso la firma autografa del responsabile è sostituita dall'indicazione a stampa dello stesso.
Articolo
1, comma 376
(Proroga dei termini per la rivalutazione
di terreni e partecipazioni)
376. Nell’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, le parole: «30 settembre 2004», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2005».
Il comma 376 dispone la riapertura del termine, scaduto il 30 settembre 2004, per la rivalutazione di terreni e partecipazioni. Il nuovo termine è fissato al 30 giugno 2005. Entro tale data:
§ devono essere pagate (integralmente o limitatamente alla prima rata) le imposte sostitutive ai fini della rideterminazione dei valori d’acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili o con destinazione agricola, posseduti alla data del 1° luglio 2003;
§ devono essere effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima.
A tal fine, il comma in esame novella l’articolo 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, il quale ha disposto la riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) riferiti, rispettivamente, al possesso delle partecipazioni e dei terreni, i cui valori d’acquisto possono essere rideterminati.
Il termine per effettuare il pagamento delle imposte e per la redazione e il giuramento della perizia di stima era stato da ultimo fissato nel 30 settembre 2004 dall'articolo 6-bis del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.
Si ricorda che l’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 ha previsto la possibilità di aggiornare il valore di acquisto delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, possedute alla data del 1° gennaio 2002. I destinatari della disposizione sono:
a) le persone fisiche, per le operazioni non rientranti nell’esercizio di attività commerciali;
b) le società semplici e società e associazioni ad esse equiparate ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);
c) i soggetti non residenti, per le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti in Italia che non siano riferibili a stabili organizzazioni.
Il valore aggiornato delle partecipazioni si determina assumendo il valore della frazione del patrimonio netto della partecipata quale risultante da una perizia giurata di stima redatta da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, ovvero nell’elenco dei revisori contabili. L’eventuale maggior valore (plusvalenza) è assoggettato ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, fissata nella misura del 4% per le partecipazioni qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, e del 2% per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi della lettera c-bis) dello stesso comma 1 dell’articolo 67.
Il versamento di tale imposta, che può essere suddiviso in non più di tre rate annuali di pari importo, doveva essere effettuato entro il 16 dicembre 2002. Le rate successive alla prima sono aumentate degli interessi nella misura del 3%.
Il valore così rivalutato viene assunto per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze nei casi di cessione delle citate partecipazioni.
L’articolo 7 della legge n. 448 del 2001 consente l’adeguamento dei valori d’acquisto, ai quali deve essere riferita la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze per i terreni edificabili e per i terreni con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2002. In particolare, è previsto che agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze per i terreni in parola può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili. La rideterminazione è subordinata all’assoggettamento del predetto valore di stima ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 4% del valore così rideterminato. Ai fini del versamento si applicano le stesse modalità previste dall’articolo 5, sopra descritto.
Il comma 2 dell’articolo 2 del D.L. n. 282 del 2002 ha disposto l’applicazione delle disposizioni sopra richiamate anche per la determinazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2003. La medesima disposizione aveva fissato al 16 maggio 2003 la data entro la quale devono essere effettuati la redazione e il giuramento della perizia e stabilito che le imposte sostitutive potevano essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data.
L’articolo 39, comma 14-undecies, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha prorogato dal 16 maggio 2003 al 16 marzo 2004 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ai fini della rideterminazione dei valori delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili o con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2003, ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima.
Infine il sopra citato articolo 6-bis del D.L. n. 355 del 2003 ha prorogato dal 16 marzo 2004 al 30 settembre 2004 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima. La medesima disposizione aveva spostato dal 1° gennaio 2003 al 1° luglio 2003 la data di riferimento per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.
Si segnala infine che anche il successivo comma 428 dell’articolo 1 della legge in esame dispone una proroga nella stessa materia, limitatamente al termine per effettuare la redazione e il giuramento delle perizie di stima, relativamente ai casi in cui l’imposta sostitutiva sia già stata versata entro il precedente termine del 30 settembre 2004 (per intero o limitatamente alla prima rata).
Articolo
1, comma 377
(Limite del volume d’affari oltre il
quale è obbligatoria
la dichiarazione telematica a fini IVA)
377. All’articolo 3, comma 2, primo periodo, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le parole: «a lire 50 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ad euro 10.000».
Il comma 377 modifica il regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
Il presente comma, in particolare, modificando l’articolo 3, comma 2, primo periodo, del D.P.R. n. 322 del 1998, riduce da 25.822,84 euro (50 milioni di lire) a 10.000 euro il limite del volume d’affari oltre il quale è obbligatoria la dichiarazione telematica.
Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998 prevede che le dichiarazioni siano presentate in via telematica all'Agenzia delle entrate, direttamente o tramite gli incaricati indicati ai successivi commi 2-bis e 3, dai soggetti tenuti per il periodo d'imposta cui si riferiscono le predette dichiarazioni alla presentazione della dichiarazione relativa all'IVA, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari inferiore o uguale a lire 50 milioni, dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta di cui all'articolo 4, e dai soggetti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), dai soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi alla applicazione degli studi di settore.
Le predette dichiarazioni sono trasmesse avvalendosi del servizio telematico Entratel; il collegamento telematico con l'Agenzia delle entrate è gratuito per gli utenti.
Secondo la relazione governativa al disegno di legge (A.C. 5310), la disposizione, assoggettando un maggior numero di persone fisiche all’obbligo di trasmettere la dichiarazione per via telematica, “accelera i tempi di controllo, comportando un vantaggio anche per i contribuenti, in quanto vi sarà una notevole riduzione dei tempi relativi ai rimborsi d’imposta”.
378. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, i soggetti di imposta trasmettono al Dipartimento dei trasporti terrestri, entro il termine di quindici giorni dall’acquisto e, in ogni caso, prima dell’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. Per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione il numero identificativo intracomunitario è sostituito dal codice fiscale del fornitore. In mancanza delle informazioni da parte dei soggetti di imposta gli uffici preposti non procedono all’immatricolazione. La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.
379. Con decreto del capo del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i contenuti e le modalità delle comunicazioni di cui alla disposizione recata dal comma 378.
380. Con la convenzione prevista dall’articolo 1, comma 1-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è definita la procedura di trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate delle informazioni inviate dai soggetti di imposta ai sensi del comma 378.
I commi da 378 a 380 hanno lo scopo di contrastare le frodi relative all’IVA sui veicoli provenienti dagli Stati dell’Unione europea.
In particolare, il comma 378 dispone che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 53, comma 3, del decreto-legge n. 331 del 1993, i soggetti di imposta (cioè coloro che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli) trasmettono al Dipartimento dei trasporti terrestri, entro il termine di 15 giorni dall’acquisto e, in ogni caso, prima dell’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. Per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario è sostituito dal codice fiscale del fornitore. In mancanza delle informazioni da parte dei soggetti di imposta, gli uffici preposti non procedono all’immatricolazione. La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di 15 giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.
L’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 26 ottobre 1993, n. 427, stabilisce che i pubblici uffici non possono procedere all'immatricolazione, all'iscrizione in pubblici registri o all'emanazione di provvedimenti equipollenti relativi a mezzi di trasporto nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario, se non risultano adempiuti gli obblighi relativi all'applicazione dell'imposta. I pubblici uffici cooperano con i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria per il reperimento degli elementi utili ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta, della spettanza del rimborso, della repressione delle violazioni nonché ai fini dell'accertamento della sussistenza dei requisiti che qualificano come nuovi i mezzi di trasporto.
Il successivo comma 379 rimette la determinazione del contenuto e delle modalità delle comunicazioni di cui al precedente comma 2 a un decreto del capo del Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 380 stabilisce che la procedura di trasmissione telematica delle informazioni, inviate dai soggetti di imposta che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli ai sensi del precedente comma 2, all'Agenzia delle entrate sarà definita con la convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane, prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, introdotto dal D.P.R. n. 224 del 2004, che ha modificato il D.P.R. n. 358 del 2000.
Con il D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 è stato emanato, in attuazione dalla legge di semplificazione n. 50 del 1999, il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi. Il regolamento è stato recentemente oggetto di modifiche con il D.P.R. 2 luglio 2004, n. 224 (entrato in vigore l’8 settembre 2004).
Il regolamento ha istituito e disciplinato lo sportello telematico dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi. Sono escluse dall'applicazione del regolamento le immatricolazioni di veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo attraverso canali d'importazione non ufficiali, nonché i veicoli usati già in possesso di documentazione di circolazione rilasciata da uno di tali Stati. Sono altresì escluse le registrazioni della proprietà relative a veicoli nuovi importati da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo.
Il comma 1-bis, introdotto dal D.P.R. n. 224 del 2004, prevede un’apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane per definire le procedure per la trasmissione dei dati attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli nuovi e usati provenienti, attraverso circuiti non ufficiali di distribuzione, dagli Stati membri dell'Unione europea e, attraverso canali di importazione non ufficiali, da Stati aderenti allo spazio economico europeo.
Articolo
1, commi 381-385
(Comunicazione telematica di cessioni
all’esportazione per il contrasto dell’evasione dell’IVA)
381. All’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è aggiunto il seguente periodo: «Nella prima ipotesi, il cedente o prestatore deve comunicare all’Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta».
382. Ai fini del necessario coordinamento delle attività di controllo, da attuare secondo quanto disposto dall’articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’Agenzia delle entrate condivide con gli altri organi preposti ai controlli in materia di imposta sul valore aggiunto le informazioni risultanti dalle comunicazioni di cui ai commi 378 e 381.
383. All’articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. È punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o il prestatore che omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, o la invia con dati incompleti o inesatti».
384. Chiunque omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 381, o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell’imposta evasa correlata all’infedeltà della dichiarazione ricevuta.
385. Il direttore dell’Agenzia delle entrate determina, con suo provvedimento, i contenuti e le modalità della comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 381.
Il comma 381 novella il decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, recante disposizioni urgenti in materia di imposta sul valore aggiunto, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, aggiungendo un periodo all’articolo 1, comma 1, lettera c), relativo alla dichiarazione di cessioni all’esportazione.
Il comma 1, lettera c), dell’articolo 1 del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, subordina l’applicazione delle disposizioni di cui al primo comma, lettera c), e al secondo comma dell'articolo 8 del D.P.R. n. 633 del 1972 (relative alle cessioni all’esportazione, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e alle prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all'esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell'IVA), alla condizione che l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’imposta risulti da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, contenente l'indicazione del numero di partita IVA del dichiarante nonché l'indicazione dell'ufficio competente nei suoi confronti, consegnata o spedita al fornitore o prestatore, ovvero presentata in dogana, prima dell'effettuazione dell’operazione; la dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti.
L’ulteriore periodo aggiunto dal presente comma 381 stabilisce che nella prima ipotesi (dichiarazione consegnata o spedita), il cedente o prestatore deve comunicare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica ed entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta.
Il comma 382 stabilisce che l'Agenzia delle entrate condivida con gli altri organi preposti ai controlli in materia di IVA le informazioni risultanti dalle comunicazioni previste dai commi 378 (in tema di immatricolazione di autoveicoli di provenienza comunitaria) e dal comma 381 (relativo alla dichiarazione di cessioni all’esportazione).
Tale attività di controllo dovrà essere attuata ai sensi dell'articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972.
La disposizione richiamata prevede che, per il necessario coordinamento dell'azione della Guardia di finanza con quella degli uffici finanziari, saranno presi accordi, periodicamente e nei casi in cui si debba procedere ad indagini sistematiche, tra la Direzione generale delle tasse e delle imposte indirette sugli affari e il Comando generale della Guardia di finanza e, nell'ambito delle singole circoscrizioni, fra i capi degli ispettorati e degli uffici e i comandi territoriali (secondo comma). Gli uffici finanziari e i comandi della Guardia di finanza, per evitare la reiterazione di accessi presso gli stessi contribuenti, devono darsi reciprocamente tempestiva comunicazione delle ispezioni e verifiche intraprese (terzo comma, primo periodo).
I commi 383 e 384 recano disposizioni sanzionatorie.
In particolare il comma 383, introduce nell’articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[462], il comma 4-bis, in base al quale è punito con la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell'imposta, fermo l'obbligo del pagamento del tributo, il cedente o il prestatore che omette d’inviare, nei termini previsti, la comunicazione telematica di cessione all’esportazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge n. 746 del 1983, o la invia con dati incompleti o inesatti.
Inoltre, il comma 384 stabilisce che chiunque omette d’inviare nei termini previsti o invia con dati incompleti o inesatti la comunicazione telematica di cessione all’esportazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del citato decreto-legge n. 746 del 1983, la responsabilità in solido con il soggetto acquirente per il pagamento dell'imposta evasa correlata all'infedeltà della dichiarazione ricevuta.
Il successivo comma 385 rimette ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione del contenuto e delle modalità della comunicazione prevista al precedente comma 384, facendo riferimento all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal citato comma 384.
Articolo
1, comma 386
(Obbligo solidale al pagamento dell'IVA
in caso di mancato versamento per cessioni a prezzo inferiore al normale)
386. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l’articolo 60, è inserito il seguente:
«Art. 60-bis – (Solidarietà nel pagamento dell’imposta). – 1. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta degli organi competenti al controllo, sulla base di analisi effettuate su fenomeni di frode, sono individuati i beni per i quali operano le disposizioni dei commi 2 e 3.
2. In caso di mancato versamento dell’imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento della predetta imposta.
3. L’obbligato solidale di cui al comma 2 può tuttavia documentalmente dimostrare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta».
Il comma 386 introduce l’articolo 60-bis nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.
Il nuovo articolo 60-bis dispone, al comma 2, che il cessionario, qualora sia soggetto agli adempimenti IVA, è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta, in caso di mancato versamento dell'IVA da parte del cedente, relativamente alle cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale.
A norma del comma 3 è concessa al cessionario la possibilità di dimostrare, tramite esibizione di documenti, che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell'imposta.
Il comma 1 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi su proposta degli organi competenti al controllo (Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza), in base ad analisi effettuate sui fenomeni di frode all’IVA, l’individuazione dei beni soggetti alla disciplina sopra descritta.
La relazione governativa al disegno di legge (A.C. 5310) segnala che la disposizione introdotta con l’articolo 60-bis è conforme all’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (sesta direttiva IVA), in base alla quale gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell'imposta sia responsabile in solido per il versamento dell'imposta.
La relazione sottolinea altresì che la norma proposta “è consigliata, per il suo forte connotato di deterrenza, dalla Commissione europea con la comunicazione 2004/260 del 16 aprile 2004” al Consiglio e al Parlamento europeo sull’utilizzo degli accordi di cooperazione amministrativa nella lotta antifrode in materia di IVA. Il Governo richiama l’applicazione di analoghe norme da parte di alcuni Stati europei nei settori del commercio di telefoni portatili e apparecchiature informatiche.
Il citato documento della Commissione, in punto di iniziative ulteriori da adottare per rispondere al particolare problema della società fittizia, enunzia alcune raccomandazioni circa l’adeguamento del sistema di controllo delle frodi delle società fittizie.
La frode della “società fittizia” rappresenta una particolare minaccia per il sistema IVA. Una tipologia di frode che sembra essersi sviluppata in questi ultimi anni e che è attualmente fonte di grande preoccupazione per gli Stati membri è la frode della società fittizia negli scambi intracomunitari (la cosiddetta “frode carosello”). Si tratta di una tipologia di frode che potrebbe trarre vantaggio dal prossimo allargamento ed estendersi ai nuovi Stati membri.
Questo meccanismo di frode è un chiaro esempio di abuso dell’esenzione IVA nelle transazioni intracomunitarie.
La frode si configura nel seguente modo: una cosiddetta “società intermedia” (A) effettua una fornitura di merci intracomunitaria esente ad una “società fittizia” (B) in un altro Stato membro. La società (B) acquista le merci senza pagare l’IVA e poi effettua una fornitura nazionale ad una terza società (C), denominata “broker”. La “società fittizia” incassa l’IVA sulle vendite fatte al “broker”, ma non versa l’IVA all’Erario e scompare. Il “broker” (C) chiede il rimborso dell’IVA sugli acquisti effettuati presso B. Di conseguenza, la perdita finanziaria per l’Erario è pari all’IVA pagata da C a B. In seguito, la società C può dichiarare una fornitura intracomunitaria esente alla società (A) e quest’ultima può, a sua volta, effettuare una fornitura intracomunitaria esente a (B) e il ciclo della frode si ripete, e questo spiega l’appellativo di “frode carosello”.
Per sviare le indagini sull’IVA, le merci vengono spesso fornite da (B) a (C) tramite società intermediarie, denominate “società cuscinetto”. Può capitare che la società cuscinetto sia all’oscuro della frode in atto, ma nella maggior parte dei casi è conscia del fatto di essere coinvolta in un tipo di transazione irregolare (data la natura insolita della transazione commerciale).
La Commissione dell’Unione europea ricorda che essa, insieme agli Stati membri, ha esaminato approfonditamente le frodi IVA nel commercio intracomunitario e ha identificato le diverse misure adottate, a livello nazionale, che hanno dato i risultati migliori nella lotta contro la “frode della società fittizia”. Queste “buone prassi” si basano su un migliore e più veloce uso dell’assistenza reciproca e sull’adeguamento dei sistemi di controllo nazionali al fine di far cessare queste frodi. Mentre il primo aspetto è già stato affrontato nelle raccomandazioni del Consiglio e nel nuovo regolamento sulla cooperazione amministrativa[463]; il secondo aspetto richiede uno sforzo ulteriore da parte dei singoli Stati membri.
Fra le tecniche di controllo per individuare le “società fittizie”, ad esempio, figura l’istituzione di appositi sistemi d’investigazione e di valutazione dei rischi al fine di individuare subito le società potenzialmente fittizie. La valutazione principale dei rischi, quale l’analisi delle dichiarazioni IVA, dovrebbe essere completata da operazioni d’investigazione che forniscano informazioni immediate, ottenute, ad esempio, grazie alla cooperazione amministrativa.
Affinché le strategie di lotta contro la frode della “società fittizia” abbiano successo è necessario che l’individuazione precoce della potenziale frode sia accompagnata dalla sospensione dei rimborsi IVA all’acquirente, in attesa dei risultati di ulteriori indagini. Per tale motivo, alcuni Stati membri hanno adeguato la loro legislazione e le procedure amministrative in materia di rimborsi IVA.
Inoltre, per impedire che le società fittizie le quali simulano attività economiche continuino ad acquistare beni senza pagare l’IVA, si dovrebbero cancellare immediatamente i numeri delle loro partita IVA, interrompendo così il meccanismo della frode.
Dopo ciò, si deve fare il possibile per recuperare l’IVA non pagata. Poiché non vi sono possibilità reali di recuperare l’IVA dalla società fittizia, un metodo efficace è quello di rifiutare la detrazione o l’esenzione IVA alle altre parti coinvolte nella frode.
In particolare, la Commissione osserva che, per alleggerire l’onere della prova nei meccanismi di frode complessi, alcuni Stati membri hanno rafforzato di recente la loro legislazione antifrode introducendo la “responsabilità in solido” in campo fiscale.
L’applicazione di questo tipo di responsabilità comporta che, se un soggetto d’imposta sapeva o avrebbe dovuto sapere delle attività fraudolente dell’altro contraente, esso sia responsabile del pagamento dell’IVA dovuta dal contraente. In alcuni Stati membri, l’introduzione della responsabilità in solido ha avuto un chiaro effetto deterrente e sembra essere efficace.
Questa misura, ad avviso della Commissione, trova il suo fondamento giuridico nell’articolo 21 della direttiva 77/388/CEE, a condizione che venga rispettato il principio della proporzionalità.
Il richiamato articolo 21 reca disposizioni relative ai debitori dell’imposta verso l’erario[464].
In particolare, ai sensi del paragrafo 1, l'imposta sul valore aggiunto è dovuta in regime interno:
a) dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, diversa da quelle di cui alle lettere b), c) e f). Se la cessione di beni o la prestazione di servizi imponibile è effettuata da un soggetto passivo non stabilito nel paese, gli Stati membri possono, alle condizioni da essi prescritte, prevedere che il debitore dell'imposta è il destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi imponibile;
b) dai destinatari soggetti passivi di un servizio di cui all'articolo 9, paragrafo 2, lettera e), o dai destinatari, iscritti al registro dell'imposta sul valore aggiunto all'interno del paese, di un servizio di cui all'articolo 28-ter, C, D, E e F, se i servizi sono effettuati da un soggetto passivo non residente all'interno del paese;
c) dal destinatario della cessione di beni, quando si verificano le seguenti condizioni:
- l'operazione imponibile è una cessione di beni effettuata alle condizioni di cui all'articolo 28-quater, E, punto 3;
- il destinatario della cessione di beni è un altro soggetto passivo oppure una persona giuridica che non è soggetto passivo iscritto al registro dell'imposta sul valore aggiunto all'interno del paese;
- la fattura rilasciata dal soggetto passivo non residente all'interno del paese è conforme all'articolo 22, paragrafo 3. Tuttavia gli Stati membri possono prevedere una deroga a quest'obbligo nel caso in cui il soggetto passivo non residente all'interno del paese abbia nominato un rappresentante fiscale in detto paese;
d) da chiunque indichi l'imposta sul valore aggiunto in una fattura;
e) dalla persona che effettua un acquisto intracomunitario di beni imponibile;
f) dalle persone identificate ai fini dell'IVA nel territorio del paese e che sono destinatarie delle cessioni di beni disciplinate dall'articolo 8, paragrafo 1, lettere d) o e), se queste sono effettuate da un soggetto passivo non stabilito nel paese.
Il paragrafo 2, in deroga alle disposizioni del paragrafo 1, dispone che:
a) se il debitore dell'imposta, a norma delle disposizioni del paragrafo 1, è un soggetto passivo non residente nel territorio del paese, gli Stati membri possono consentirgli di designare un rappresentante fiscale come debitore dell'imposta in sua vece. Questa possibilità è soggetta alle condizioni stabilite da ciascuno Stato membro;
b) qualora l'operazione imponibile sia effettuata da un soggetto passivo non residente all'interno del paese e qualora non esista, con il paese in cui tale soggetto passivo risiede, alcuno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza, analogamente a quanto previsto dalle direttive 76/308/CEE e 77/799/CEE e dal regolamento (CEE) n. 218/92 del Consiglio, del 27 gennaio 1992, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA), gli Stati membri possono adottare disposizioni che stabiliscano che il debitore dell'imposta è un rappresentante fiscale designato dal soggetto passivo non residente.
Il paragrafo 3 dell’articolo 21, in particolare, prevede che nelle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell'imposta sia responsabile in solido per il versamento dell'imposta.
Nel vigore del testo originario dell'articolo 21, precedente al regime transitorio attualmente vigente (in base a quanto disposto dall'articolo 28-octies della direttiva stessa), laddove non era prevista per gli Stati membri la possibilità di cui al paragrafo 3 sopra esaminato, alcuni Stati membri erano stati autorizzati in deroga.
In particolare, con la decisione 19 luglio 1988, n. 88/498, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, il Regno dei Paesi Bassi è stato autorizzato ad applicare, nel quadro del regime di opzione per l'imposizione di cui all'articolo 13, punto C, lettera b), di detta direttiva e per quanto riguarda le operazioni di cui al punto B, lettere g) e h) di detto articolo, una disposizione secondo cui l'acquirente è il debitore dell'imposta.
Con la decisione 19 dicembre 1997, n. 98/20, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 77/388/CEE, il Regno dei Paesi Bassi è stato autorizzato, fino al 31 dicembre 2006, a trasferire l'obbligo di versamento dell'IVA al Tesoro, nel settore della confezione, dal subappaltatore all'impresa di confezione.
Con la decisione 24 dicembre 1997, n. 97/510, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 77/388/CEE, l'Irlanda è stata autorizzata, dal 26 marzo 1997 fino al 31 dicembre 2007, a designare la persona beneficiaria della cessione come soggetto debitore dell'imposta quando sussistono le due seguenti condizioni:
- la rinunzia ad un diritto (contratto di locazione) su un bene immobile o il trasferimento dello stesso sono trattati come cessione di beni effettuata dall'utilizzatore;
- la persona che acquisisce il diritto è soggetto passivo o persona giuridica non soggetta all'imposta.
Con la decisione 22 marzo 2004 n. 2004/295, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 77/388/CEE, nella versione di cui all'articolo 28, lettera g), dello stesso, la Repubblica italiana è stata autorizzata a designare quale debitore dell'IVA i beneficiari delle cessioni di beni e prestazioni di servizi, in talune fattispecie.
In particolare, il beneficiario della cessione di beni o della prestazione di servizi può essere designato quale debitore dell'IVA nei seguenti casi:
- cessioni, comprese le operazioni correlate, di materiali di scarto e di rottami ferrosi nonché di vetro, carta e cartone, stracci, scarti di ossa e pelle, gomma e plastica, incluse le cessioni di materiali sottoposti a talune trasformazioni come ad esempio la ripulitura, la lucidatura, la selezione, il taglio o la fusione in lingotti;
- cessioni, comprese le operazioni correlate, di prodotti semilavorati ferrosi e non ferrosi, come ad esempio la ghisa d'altoforno, il rame raffinato e le leghe di rame, il nichel greggio e l'alluminio greggio.
La decisione ha efficacia fino alla data di entrata in vigore di un regime speciale per l'applicazione dell'IVA al settore dei materiali di scarto riciclati, che modifica la direttiva 77/388/CEE, e comunque non oltre il 31 dicembre 2005.
Articolo
1, commi 387-398
(Istituzione e disciplina dell’istituto
della pianificazione fiscale concordata)
387. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2005, è introdotto l’istituto della pianificazione fiscale concordata alla quale possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni cui si applicano gli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2003. L’adesione alla pianificazione fiscale determina preventivamente, per un triennio, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta e comporta una riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti la base imponibile pianificata.
388. Non possono accedere alla pianificazione fiscale i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni:
a) per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2003;
b) che svolgono dal 1º gennaio 2004 una attività diversa da quella esercitata nel biennio 2002 e 2003;
c) che non erano in attività in almeno uno dei periodi di imposta in corso al 1º gennaio 2002, al 1º gennaio 2003 ovvero al 1º gennaio 2004;
d) che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta per almeno uno dei periodi d’imposta in corso al 1º gennaio 2002 e al 1º gennaio 2003;
e) che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per i medesimi periodi d’imposta di cui alla lettera d);
f) che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2003.
389. La proposta individuale di pianificazione fiscale è formulata sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria, tenendo conto delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore, dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività, della coerenza dei componenti negativi di reddito e di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.
390. L’adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona, ferma restando la congruità dei ricavi o dei compensi alle risultanze degli studi di settore per ciascun periodo d’imposta, con l’accettazione di importi, proposti al contribuente dall’Agenzia delle entrate, che individuano per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività svolta, esclusi gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.
391. L’adesione alla proposta di pianificazione fiscale è comunicata dal contribuente entro sessanta giorni dal suo ricevimento; nel medesimo termine, la proposta può essere altresì definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, anche con l’assistenza degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare una evidente infondatezza della stessa, sulla base dell’esistenza di:
a) significative variazioni degli elementi strutturali nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;
b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta divergenti sensibilmente, all’atto dell’adesione.
392. La sussistenza delle circostanze di cui alle lettere a) e b) del comma 391 può essere asseverata dai soggetti abilitati sulla base delle disposizioni vigenti.
393. Per i periodi d’imposta oggetto di pianificazione, relativamente al reddito caratteristico d’impresa o di arti o professioni:
a) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;
b) esclusa l’aliquota del 23 per cento, quelle marginali applicabili al reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell’imposta sul reddito delle società, sono ridotte di 4 punti percentuali, per la parte di reddito dichiarato eccedente quello pianificato;
c) è esclusa l’applicazione dei contributi previdenziali per la parte di reddito dichiarato che eccede quello pianificato fatto salvo il minimale reddituale previsto ai fini contributivi; restano salve le prerogative delle Casse autonome nonché la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria.
394. Per gli stessi periodi d’imposta di cui al comma 393, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:
a) il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto;
b) all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato;
c) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
395. In caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul reddito, l’Agenzia delle entrate procede ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto della pianificazione nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base della stessa, salve le ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. La disposizione di cui al presente comma si applica anche nel caso di mancato adeguamento alle risultanze degli studi di settore.
396. L’inibizione dei poteri di cui ai commi 393, lettera a), e 394, lettera c), ed i benefici di cui al comma 393, lettere b) e c), non operano qualora:
a) il reddito dichiarato differisca da quanto effettivamente conseguito, ovvero non siano adempiuti gli obblighi di cui al comma 394, lettera a), ferma restando, comunque, in tale caso l’inibizione dei poteri di cui all’articolo 39, secondo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’articolo 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni;
b) siano constatate condotte del contribuente che integrano le fattispecie di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
397. Salva l’applicazione del comma 391, nei casi in cui a seguito di controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna all’amministrazione finanziaria, emergano dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente, qualora presi a base per la formulazione della proposta, nei suoi confronti non opera l’inibizione dei poteri di cui ai commi 393, lettera a), e 394, lettera c), nonché i benefici di cui al comma 393, lettere b) e c).
398. Nel caso in cui l’attività effettivamente esercitata vari nel corso del triennio, l’istituto della pianificazione fiscale concordata cessa di avere effetto dal periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la variazione. Con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sono individuate le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, decorre l’applicazione della pianificazione fiscale concordata nonché approvate una o più note metodologiche per la formulazione della proposta di cui al comma 389. Con i medesimi decreti sono conseguentemente rideterminati i periodi d’imposta di cui al comma 388, per i contribuenti nei cui confronti la pianificazione fiscale opera a decorrere da periodi d’imposta diversi da quello indicato al comma 387. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione.
I commi da 387 a 398 introducono, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2005, la pianificazione fiscale concordata[465].
Il nuovo istituto ha ad oggetto la definizione anticipata dei redditi relativi ad un periodo triennale, permettendo in tal modo ai soggetti che se ne avvalgono una pianificazione della variabile fiscale e garantendo all’erario, nel contempo, un introito certo per quel determinato periodo.
L’accertamento con adesione del contribuente (o concordato) era stato reintrodotto nell’ordinamento tributario dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante appunto disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
Si ricorda che l’articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80, recante la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, prevede, fra i princìpi e criteri direttivi per la riforma dell'imposta sul reddito, la prosecuzione del processo di semplificazione degli adempimenti formali, il potenziamento degli studi di settore e l’introduzione del concordato triennale preventivo per l'imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo anche in funzione del potenziamento degli studi di settore.
Con riguardo all’esistente istituto del concordato preventivo, la sua introduzione è prevista sia nell’articolo 6 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), sia nell’articolo 3 della legge n. 80 del 2003, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.
In particolare, con l’articolo 6 della legge n. 289 del 2002 è stato introdotto il concordato preventivo triennale, diretto a consentire la definizione preventiva, per la durata di tre anni, della base imponibile ai fini IRPEF e IRAP relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo realizzati nel triennio successivo. L’adesione al concordato, consentendo al contribuente di conoscere in via anticipata la misura delle imposte dovute nel triennio di riferimento, comporterebbe un vantaggio sotto il profilo della certezza dei costi da sostenere, in quanto l’onere tributario assumerebbe le caratteristiche di un costo fisso. Inoltre, in presenza di un eventuale ampliamento dell’attività e di un conseguente maggiore imponibile fiscale, quest’ultimo non avrebbe rilevanza ai fini delle imposte da pagare.
Si possono rilevare alcune differenze tra il concordato preventivo di cui all'articolo 6 della legge n. 289 del 2002 e quello prefigurato nella legge di delega per la riforma del sistema fiscale.
In primo luogo, l’articolo 6 della legge n. 289 del 2002, a differenza di quanto previsto nella legge delega, non fa esplicito riferimento agli studi di settore. Più in generale, il testo del citato articolo 6 non contiene specifiche indicazioni in merito all’individuazione dei criteri da adottare per la determinazione dell’imponibile oggetto del concordato.
Con l’articolo 33 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, si è introdotta una “disciplina sperimentale”, in attesa “dell’avvio a regime del concordato preventivo triennale”, e si è precisato che le disposizioni del medesimo articolo 33 non incidono, in ogni caso, sull’esercizio della delega legislativa di cui al richiamato articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80.
Nel dettaglio l’istituto del concordato preventivo consente di determinare l’ammontare minimo, ai fini fiscali, dei ricavi o compensi nonché del reddito di esercizio per ciascuno dei periodi di imposta oggetto del concordato, attraverso una procedura appositamente individuata.
In linea generale, la procedura consiste :
1. nella rideterminazione dei ricavi o compensi riferiti al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001;
2. nella rivalutazione degli importi di cui al punto precedente, al fine di determinare i redditi relativi alle annualità interessate dal concordato.
L’accesso al concordato preventivo è consentito a tutti i soggetti che esercitano attività d’impresa ovvero attività di lavoro autonomo. In sostanza, l’adesione all’istituto in esame può essere effettuata sia dai soggetti IRPEF che da soggetti IRPEG o IRES.
Non possono accedere al concordato i soggetti che:
a) non erano in attività il 31 dicembre 2000;
b) hanno dichiarato, nel periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2001, ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569 euro;
c) nel predetto ammontare di ricavi o compensi, che coincide con il limite al di sopra del quale non si applicano gli studi di settore, non si considerano inclusi quelli relativi alla cessione di azioni o quote di partecipazioni in società non iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, di cui all’articolo 53, comma 1, lettera c), del TUIR;
d) si sono avvalsi dei regimi forfetari di determinazione dell’imponibile o dell’imposta, in uno degli anni 2001 o 2003;
e) non si impegnano a rispettare la condizione indicata nel comma 4 (v. infra) del medesimo articolo 33 per ciascun periodo di imposta oggetto di concordato.
I periodi d’imposta per i quali è fruibile il concordato sono quello in corso al 1° gennaio 2003 e il successivo. In altre parole, relativamente ai contribuenti per i quali l’esercizio sociale coincide con l’anno solare, il concordato preventivo è applicabile al biennio 2003-2004.
Il comma 3, lettera a), dell’articolo 33 precisa che il concordato preventivo ha effetto ai fini delle imposte sul reddito e, in talune ipotesi, dei contributi.
La lettera c) del comma 10 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha inserito nell’articolo 33 del richiamato decreto-legge n. 269 del 2003 il comma 7-bis, recante disposizioni in merito alla determinazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sui maggiori ricavi o compensi risultanti a seguito dell’adesione al concordato preventivo.
L’importo dei ricavi o compensi, relativi all’esercizio in corso al 1° gennaio 2001, non può essere inferiore a quello determinato a seguito dell’applicazione degli studi di settore o dei parametri.
Pertanto, nel caso in cui i ricavi o compensi dichiarati nel 2001 siano inferiori a quelli determinati in base agli studi di settore o parametri, il contribuente è tenuto, al fine di accedere al concordato, ad effettuare un adeguamento degli stessi e ad assolvere le relative imposte, con esclusione di sanzioni e interessi, sul maggiore imponibile calcolato.
Con riguardo alla determinazione degli imponibili nei periodi d’imposta interessati dal concordato, in particolare, il contribuente, dopo aver rideterminato i redditi del 2001, deve:
- per il primo periodo di imposta oggetto del concordato, incrementare i ricavi o compensi nonché i redditi del 2001, rispettivamente, dell’8% e del 7%.
- per il secondo periodo di imposta oggetto del concordato, incrementare i ricavi o compensi minimi concordati per il 2003, nonché il corrispondente reddito, come rideterminati ai sensi del punto precedente, rispettivamente del 5% e del 3,5%.
L’incremento degli importi sopra indicato può essere effettuato, nel primo periodo d’imposta, tramite adeguamento dei valori in sede di dichiarazione dei redditi.
Nel secondo periodo d’imposta, invece, l’adeguamento in dichiarazione è consentito solo se la misura dell’incremento necessaria per il raggiungimento della soglia minima non sia superiore al 10% dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili.
L’adesione al concordato preventivo comporta la determinazione agevolata delle imposte sul reddito e, in talune ipotesi, dei contributi.
In particolare, è previsto che :
- sulla eccedenza del reddito d’impresa o lavoro autonomo dichiarato nei periodi d’imposta oggetto di concordato, rispetto a quello relativo al 2001, l’imposta è determinata separatamente.
Le aliquote d’imposta sono quelle previste dalla legge delega per la riforma tributaria: per i soggetti IRPEF (IRE dopo l’attuazione della riforma) il 23% oppure il 33%, a seconda che il reddito di impresa o di lavoro autonomo del 2001 ricada a meno nel primo scaglione previsto dalla riforma (100.000 euro); per i soggetti IRPEG (o IRES) l’aliquota è fissata al 33%;
- per entrambi i periodi di imposta è facoltativo il versamento dei contributi previdenziali sulla parte di reddito eccedente la soglia minima determinata ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 33.
L’adesione al concordato preventivo avviene dietro presentazione, da parte dei soggetti interessati, di un’apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate.
L’adesione al concordato comporta, oltre alla determinazione agevolata delle imposte e dei contributi, anche la sospensione degli obblighi tributari di emissione dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale, a meno che il cliente non ne faccia espressa richiesta, nonché la limitazione dei poteri di accertamento.
In particolare, per i soggetti che si avvalgono del concordato preventivo, sui redditi d’impresa e di lavoro autonomo non possono essere eseguiti gli accertamenti di cui alle seguenti disposizioni:
1) D.P.R. n. 600 del 1973, concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, e secondo comma, lettere a), d) e d-bis).
L’articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che, con riferimento ai redditi d'impresa delle persone fisiche, l'ufficio procede alla rettifica nei seguenti casi:
a) quando gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto economico e dell'eventuale prospetto di cui al secondo comma dell'articolo 3 (lettera a) del primo comma dell’articolo 39);
b) quando non sono state esattamente applicate le disposizioni del TUIR in materia di determinazione del reddito d’impresa (lettera b) del primo comma dell’articolo 39);
c) quando l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) dell'articolo 32 del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del n. 3) dello stesso articolo, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell'ufficio (lettera c) del primo comma dell’articolo 39);
d) quando l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dal citato articolo 32 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973 (primo periodo della lettera d) del primo comma dell’articolo 39). Il secondo periodo della lettera d) del primo comma dell’articolo 39 in parola prevede che l'esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti;
e) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. n. 600 del 1973 o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA (lettera d-bis) del primo comma dell’articolo 39).
Il secondo comma dell’articolo 39 in parola stabilisce, inoltre, che, in deroga alle disposizioni del primo comma, l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:
- quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
- quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più scritture contabili prescritte dall'articolo 14 del medesimo D.P.R., ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;
- quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica.
2) D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA, articolo 54, secondo comma, secondo periodo e articolo 55, secondo comma, numero 3.
L’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 reca disposizioni in materia di rettifica delle dichiarazioni ai fini IVA. In particolare, l’articolo 54, secondo comma, secondo periodo, dispone che le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da risultanze, dati e notizie a norma dell'articolo 53 (presunzione di cessione e di acquisto) o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Ai sensi dell’articolo 55, secondo comma, numero 3), gli uffici finanziari possono procedere all’accertamento induttivo nel caso in cui le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell’articolo 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, siano così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente .
Per quanto riguarda, infine la decadenza, si prevede che il mancato raggiungimento delle condizioni richieste dev’essere comunicato dal contribuente nella propria dichiarazione dei redditi. Le conseguenze che ne derivano sono:
a) la decadenza dai benefìci previsti;
b) l’avvio della procedura di accertamento parziale, sulla base dell’ammontare minimo dei ricavi o compensi previsto;
c) la ripresa degli obblighi di documentazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello nel quale non sono state soddisfatte le condizioni richieste.
Secondo il comma 387, all’istituto della pianificazione fiscale concordata possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni cui si applicano gli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003.
Non possono tuttavia aderire alla pianificazione fiscale, ai sensi del comma 388, i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni:
a) per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003;
b) che svolgono dal 1° gennaio 2004 una attività diversa da quella esercitata nel biennio 2002 e 2003;
c) che non erano in attività in almeno uno dei periodi di imposta in corso al 1° gennaio 2002, al 1° gennaio 2003 ovvero al 1° gennaio 2004;
d) che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta per almeno uno dei periodi d’imposta in corso al 1° gennaio 2002 e al 1° gennaio 2003;
e) che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per i medesimi periodi d’imposta di cui alla lettera d);
f) che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003.
Ai sensi del comma 398, le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, trova applicazione la pianificazione fiscale concordata dovranno essere individuate con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare[466]; con gli stessi decreti saranno approvate una o più note metodologiche per la formulazione della proposta individuale di pianificazione fiscale. Con i medesimi decreti sono conseguentemente rideterminati i periodi d’imposta rilevanti di cui al comma 388, per i contribuenti nei cui confronti la pianificazione fiscale opera a decorrere da periodi d’imposta diversi da quello indicato al comma 387.
L’oggetto della pianificazione fiscale consiste, ai sensi del comma 387, nella determinazione preventiva, per un periodo di tre anni, della base imponibile caratteristica dell’attività lavorativa svolta.
In particolare, secondo il comma 390, l’adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona, ferma restando la congruità dei ricavi o dei compensi alle risultanze degli studi di settore per ciascun periodo d’imposta, con l’accettazione di importi, proposti ad ogni contribuente dall’Agenzia delle entrate, che individuano per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività esercitata, con esclusione degli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.
La pianificazione fiscale concordata è un istituto che si perfeziona con il consenso del contribuente, ove questi accetti la proposta di definizione della base imponibile avanzata dall’Amministrazione finanziaria.
Tale proposta, secondo il comma 389, è formulata al singolo contribuente sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria che devono tenere conto:
a) delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore;
b) dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività;
c) della coerenza dei componenti negativi di reddito;
d) di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.
Le modalità e le norme di attuazione di tali criteri sono definite, ai sensi del comma 398, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze. Lo stesso decreto definisce le categorie di contribuenti cui è progressivamente applicata la pianificazione fiscale concordata.
Ai sensi del comma 391, il contribuente che voglia accettare la proposta deve comunicare l’adesione entro sessanta giorni dal suo ricevimento.
Con riguardo alla natura giuridica dell’istituto, desumibile anche dalle concrete modalità di perfezionamento, si può ricordare come, con riferimento all’accertamento con adesione del contribuente previsto dal D.Lgs. n. 218 del 1997, l’alternativa che si era presentata alla dottrina consistesse nel considerare tale istituto come un atto unilaterale di accertamento posto in essere dall’amministrazione finanziaria, cui successivamente dà la propria adesione il contribuente destinatario dell’atto stesso, ovvero come un atto bilaterale a carattere transattivo.
Nel medesimo termine, tuttavia, la proposta può essere anche definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate; a tal fine, il comma 391 prevede anche la possibilità di assistenza da parte degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al D.P.R. n. 322 del 1998.
Secondo l’articolo 3, comma 2-bis, del citato D.P.R. n. 322 del 1998, recante il regolamento sulle modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, nell'àmbito dei gruppi in cui almeno una società o ente rientra tra i soggetti di cui al comma precedente (ossia soggetti tenuti, per il periodo d'imposta cui si riferiscono le predette dichiarazioni, alla presentazione della dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari inferiore o uguale a lire 50 milioni; soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta; soggetti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi; soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi alla applicazione degli studi di settore), la presentazione in via telematica delle dichiarazioni di soggetti appartenenti al gruppo può essere effettuata da uno o più soggetti dello stesso gruppo avvalendosi del servizio telematico Entratel. Si considerano appartenenti al gruppo l'ente o la società controllante e le società da questi controllate, come definite dall'articolo 43-ter, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
Ai sensi del comma 3, ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
La definizione in contraddittorio può aversi esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare l’evidente infondatezza della proposta, sulla base dell’esistenza di:
a) variazioni significative degli elementi strutturali nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;
b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta, che divergano sensibilmente all’atto dell’adesione.
Il comma 392 specifica che la sussistenza di tali circostanze può essere asseverata dai soggetti abilitati sulla base delle disposizioni vigenti.
Secondo il comma 398, le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
L’adesione alla pianificazione fiscale, secondo quanto disposto dal comma 387, determina innanzitutto in via preventiva, per un triennio, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta comportando, nel contempo, la riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti la base imponibile pianificata. Secondo il comma 398, nel caso in cui l’attività effettivamente esercitata varii nel corso del triennio, l’istituto della pianificazione cessa di avere effetto dal periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la variazione.
Nel dettaglio, il comma 393 stabilisce che per i periodi d’imposta oggetto di pianificazione, relativamente al reddito caratteristico d’impresa o di arti o professioni:
a) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;
Ai sensi del richiamato articolo 39, per i redditi d'impresa delle persone fisiche l'ufficio procede alla rettifica:
a) se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite e dell'eventuale prospetto di cui al comma 2 dell'articolo 3 dello stesso D.P.R.;
b) se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo V del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597;
c) se l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) dell'articolo 32, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del n. 3) dello stesso articolo, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell'ufficio;
d) se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'articolo 32. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
In deroga alle disposizioni precedenti l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla precedente lettera d):
a) quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
b) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'articolo 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più scritture contabili prescritte dall'articolo 14, ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;
c) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente coma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell'articolo 14;
d) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Le disposizioni dei commi precedenti valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni, con riferimento alle scritture contabili rispettivamente indicate negli articoli 18 e 19. Il reddito d'impresa dei soggetti indicati nel quarto comma dell'articolo 18, che non hanno provveduto agli adempimenti contabili di cui ai precedenti commi dello stesso articolo, è determinato in ogni caso ai sensi del secondo comma del presente articolo.
b) è esclusa l’aliquota del 23 per cento, quelle marginali applicabili al reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell’imposta sul reddito delle società, sono ridotte di 4 punti percentuali, per la parte di reddito dichiarato eccedente quello pianificato;
c) è esclusa l’applicazione dei contributi previdenziali per la parte di reddito dichiarato che eccede quello pianificato, essendo fatti salvi il minimo reddituale previsto ai fini contributivi, le prerogative delle casse autonome nonché la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria.
Ai sensi del comma 394, per gli stessi periodi d’imposta di cui al precedente comma 393, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:
a) il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto;
b) all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato;
c) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
L’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante l’istituzione e la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, stabilisce, in tema di rettifica delle dichiarazioni, che l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti una imposta inferiore a quella dovuta ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. L'infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli articoli 27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni annuali, deve essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli articoli 51 e 51-bis.
In particolare, il secondo periodo del secondo comma dispone che le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell'art. 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
L’articolo 55, recante norme in tema di accertamento induttivo, stabilisce che, se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all'accertamento dell'imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l'ammontare imponibile complessivo e l'aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell'art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33.
Ai sensi del secondo comma, numero 3), dello stesso articolo 55, tali disposizioni si applicano, in deroga alle disposizioni dell'articolo 54, anche quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi del medesimo articolo 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale d’ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.
Viene specificato, al comma 396, che l’inibizione dei poteri di cui ai commi 393, lettera a), e 394, lettera c), nonché i benefìci di cui al comma 393, lettere b) e c), non operano qualora:
a) il reddito dichiarato differisca da quanto effettivamente conseguito, ovvero non siano adempiuti gli obblighi di cui al comma 394, lettera a), ferma restando, comunque, in tale caso l’inibizione dei poteri di cui all’articolo 39, secondo comma, lettera d), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’articolo 55, secondo comma, numero 3), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633;
b) siano constatate condotte del contribuente che integrano le fattispecie di reato di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
Nel dettaglio, il richiamato articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria. Se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a lire trecento milioni, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dall'articolo 2, l’articolo 3 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l'accertamento, ìndica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a lire centocinquanta milioni;
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a lire tre miliardi.
Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, l’articolo 4 punisce con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ìndica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a lire duecento milioni;
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a lire quattro miliardi.
L’articolo 5 punisce con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, essendovi obbligato, non presenta una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a lire centocinquanta milioni. Ai fini della disposizione non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto
L’articolo 8 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Ai fini dell'applicazione della disposizione, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato. Se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a lire trecento milioni per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.
Ai sensi dell’articolo 10, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
L’articolo 11 punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a lire cento milioni, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.
Il comma 397 prevede, fatta salva l’applicazione del comma 391, che nei casi in cui a seguito di controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna all’amministrazione finanziaria, emergano dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente, ove posti a base per la formulazione della proposta, nei suoi confronti non operano l’inibizione dei poteri di cui ai commi 393, lettera a), e 394, lettera c), nonché i benefìci di cui al comma 393, lettere b) e c).
Per il caso di mancato rispetto della pianificazione ovvero di mancato adeguamento agli studi di settore, da comunicare nella dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul reddito, il comma 395 prevede che l’Agenzia delle entrate proceda ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto della pianificazione nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base della stessa.
Sono comunque fatti salvi i casi di accadimenti straordinari e imprevedibili debitamente documentati, trovando applicazione, in queste ipotesi, il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
Il decreto legislativo n. 218 del 1997 reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, con riguardo alle imposte dirette, all’imposte sul valore aggiunto e alle altre imposte indirette.
Articolo
1, commi 399-401
(Modifiche alla disciplina degli studi di
settore e obbligo della loro revisione quadriennale)
399. Gli studi di settore previsti all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono soggetti a revisione, di norma, ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima revisione, al fine di mantenere la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione può essere disposta anche prima del decorso del temine previsto dal primo periodo, tenuto anche conto di dati ed informazioni ufficiali quali i dati di contabilità nazionale, sentito il parere della commissione di esperti di cui all’articolo 10, comma 7, della legge 8 maggio 1998, n. 146. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.
400. In deroga a quanto previsto al comma 399, entro il mese di febbraio 2005, l’Agenzia delle entrate completa l’attività di revisione relativa agli studi di settore già precedentemente individuati, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.
401. Gli organi preposti al controllo, in conseguenza della revisione e del potenziamento degli studi di settore, sulla base delle disposizioni dei commi da 387 a 432, programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per l’attività di contrasto all’evasione nei confronti dei soggetti ai quali non si applicano gli studi medesimi.
I commi da 399 a 401 introducono modifiche alla disciplina degli studi di settore, prevedendone la revisione con cadenza, di norma, quadriennale.
Si ricorda che gli studi di settore, così come introdotti dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo.
Ciascuno studio di settore risulta, in particolare, costituito da tante funzioni di ricavo e di compenso quanti sono i gruppi omogenei di contribuenti nei quali sono stati suddivisi tutti coloro che operano nello stesso settore di attività. La derivazione della funzione di ricavo prende le mosse dall’elaborazione di un’ampia struttura informativa attinente ai dati contabili ed extracontabili dei contribuenti, pervenendo alla determinazione di indici statistici specifici per ogni categoria economica, ai quali è possibile ragguagliare la situazione del singolo contribuente.
Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.
Da ultimo, l’articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80, recante la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, ha previsto, fra i princìpi e criteri direttivi per la riforma dell'imposta sul reddito, per quanto riguarda le semplificazioni, il potenziamento degli studi di settore e, anche in funzione di questo, l’introduzione del concordato triennale preventivo per l'imposizione sul reddito d’impresa e di lavoro autonomo.
Il comma 399 prevede, innanzitutto, la revisione periodica degli studi di settore.
In particolare, si dispone che detti studi di settore siano sottoposti, di norma, a revisione ogni quattro anni dalla loro entrata in vigore ovvero dalla loro ultima revisione. La revisione degli studi di settore è oggetto di programmazione da parte del direttore dell'Agenzia delle entrate, che deve emanare annualmente apposito provvedimento entro il mese di febbraio.
È altresì enunziata la possibilità di anticipare l'intervento di revisione rispetto ai quattro anni ordinariamente previsti, principalmente in presenza di scostamenti tra il valore degli studi di settore e le risultanze di dati e informazioni ufficiali quali i dati della contabilità nazionale.
Poiché la finalità della revisione programmata è quella di mantenere la rappresentatività degli studi di settore rispetto alla realtà economica sottostante, già la relazione tecnica presentata dal Governo al disegno di legge rilevava la necessità di avvalersi per la revisione di ìndici economici rilevati da istituzioni ufficiali.
Per l'anticipazione della revisione degli studi di settore è necessario acquisire il parere della commissione di esperti prevista dall'articolo 10, comma 7, della legge n. 146 del 1998.
Si ricorda che l'articolo 10, comma 7, della legge 8 maggio 1998, n. 146, ha disposto l'istituzione, con decreto del Ministro dell'economia, di una commissione di esperti, designati dallo stesso Ministro tenendo conto anche delle segnalazioni delle organizzazioni di categoria e degli ordini professionali. Tale commissione è tenuta a formulare un parere circa l'idoneità degli studi di settore a rappresentare la realtà cui si riferiscono, prima della loro definitiva approvazione.
Come si legge nella relazione governativa, il parere di tale commissione (in cui sono rappresentate le associazioni di categoria) ha natura principalmente concertativa e serve a conferire maggiore certezza alle aspettative di gettito derivanti dalle norme in esame.
Rispetto al testo originario del disegno di legge finanziaria, nella formulazione attuale del comma in esame è stato quindi eliminato il sistema di aggiornamento automatico delle risultanze degli studi di settore da effettuarsi annualmente in base alle elaborazioni dell'ISTAT.
Il comma 400 stabilisce, in deroga a quanto previsto dal comma precedente, il completamento della revisione relativamente ad alcuni studi di settore già individuati dall'Agenzia delle entrate. Tale revisione, relativa al periodo d'imposta 2004, dev’essere completata entro febbraio 2005. La relazione del Governo precisa che gli studi di settore per i quali con la norma in esame viene accelerata la revisione sono quelli più vantaggiosi per l'erario in termini di gettito.
Il comma 401 concerne il rafforzamento dell'attività di contrasto all'evasione fiscale che potrà essere svolta dai competenti organi di controllo. In particolare si prevede che tali organi programmino le loro maggiori capacità operative nelle attività di accertamento verso i soggetti cui non si applicano gli studi di settore.
Articolo
1, commi 402-404
(Disposizioni in materia di accertamento
e acquisizione di dati
ai fini IRPEF e IVA)
402. All’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel primo comma:
1) al numero 2):
1.1) nel primo e secondo periodo, le parole da: «alle operazioni» a: «risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7), ovvero rilevati a norma dell’articolo 33, secondo e terzo comma. I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma,»;
1.2) nel secondo periodo, le parole da: «a base delle stesse» alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni»;
2) al numero 5):
2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;
2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;
3) al numero 6-bis), il primo periodo è sostituito dal seguente: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta»;
4) al numero 7):
4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati»;
4.2) nel secondo periodo, dopo le parole: «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;
b) nel secondo comma:
1) al secondo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;
2) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia delle entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale»;
c) dopo il secondo comma è inserito il seguente:
«Le richieste di cui al primo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, devono essere effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».
403. All’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, concernente l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel secondo comma:
1) al numero 2):
1.1) nel primo periodo, le parole da: «alle operazioni» a: «acquisita» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti»; la parola: «rilevate» è sostituita dalla seguente: «rilevati»;
1.2) nel secondo periodo, le parole: «I singoli dati ed elementi risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 52, ultimo comma, o dell’articolo 63, primo comma,»;
2) al numero 5):
2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;
2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;
3) al numero 6-bis) il primo periodo è sostituito dal seguente: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta»;
4) al numero 7):
4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati»;
4.2) nel secondo periodo, dopo le parole: «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;
b) nel terzo comma:
1) al primo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;
2) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia delle entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale»;
c) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Le richieste di cui al secondo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, sono effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».
404. Le disposizioni di cui al terzo comma dell’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché quelle di cui al quarto comma dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotte rispettivamente dai commi 402 e 403, hanno effetto dal 1º luglio 2005. Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate può essere prevista una diversa decorrenza successiva, in considerazione delle esigenze di natura esclusivamente tecnica.
I commi da 402 a 404 apportano una serie di modificazioni all’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante norme in materia di poteri degli uffici delle imposte sui redditi, e all’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante norme in tema di poteri degli uffici in materia di imposta sul valore aggiunto, nei termini di seguito riportati.
Con riguardo alle modifiche recate dal comma 402 al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante norme in materia di poteri degli uffici delle imposte sui redditi, ai sensi del primo comma, numero 2), dell'articolo 32 di tale decreto gli uffici delle imposte, nell'adempimento dei loro compiti, potranno invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del successivo numero 7 dello stesso comma 1, ovvero rilevati a norma dei commi 2 e 3 dell'articolo 33.
I dati e gli elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7 e dei commi 2 e 3 dell'articolo 33 sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti o operazioni.
Inoltre, le richieste fatte e le risposte ricevute devono risultare da verbale sottoscritto anche dal contribuente o dal suo rappresentante; in mancanza deve essere indicato il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto ad avere copia del verbale.
Ai sensi del primo comma, numero 5), dell'articolo 32 gli uffici delle imposte, nell'adempimento dei loro compiti, potranno richiedere agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione ed alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie.
Inoltre, tra i soggetti cui non si applica questa disposizione, salvo il disposto del numero 7), sono aggiunti le banche, la società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie.
Ai sensi del primo comma, numero 5), dell'articolo 32 gli uffici delle imposte, nell'adempimento dei loro compiti, potranno richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale delle entrate ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l'indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane S.p.A., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli OICR, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di 5 anni dalla data della richiesta.
Lo stesso numero prevede altresì che il richiedente e coloro che vengono in possesso dei dati raccolti devono assumere direttamente le cautele necessarie alla riservatezza dei dati acquisiti.
Ai sensi del primo comma, numero 7), dell'articolo 32 gli uffici delle imposte, nell'adempimento dei loro compiti, potranno richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale delle entrate ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante regionale alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto o operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge n. 1966 del 1939 e a quelle iscritte nella sezione speciale di cui all'articolo 20 del D.Lgs n. 58 del 1998 può tra l'altro essere richiesto - specificando i periodi temporali di interesse - di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali hanno detenuto, amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocabilmente individuati.
La richiesta deve essere indirizzata al responsabile della struttura accentrata ovvero al responsabile della sede o dell'ufficio destinatario, che ne dà notizia immediata al soggetto interessato; la relativa risposta deve essere inviata al titolare dell'ufficio procedente.
Ai sensi del secondo comma dell'articolo 32, gli inviti e le richieste previsti in detto articolo dovranno essere notificati ai sensi dell'articolo 60. Dalla data di notifica decorre il termine fissato dall'ufficio per l'adempimento, che non può essere inferiore a quindici giorni, ovvero per il caso di cui al numero 7) a trenta giorni (anziché a sessanta giorni).
Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni (anziché di trenta giorni) su istanza dell'operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l'Agenzia delle entrate ovvero, per la Guardia di finanza, dal comandante regionale.
Viene quindi inserito all'articolo 32 un ulteriore comma dopo il secondo, in base al quale le richieste di cui al citato numero 7, nonché le relative risposte, anche se negative, vanno effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell'agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti di cui al numero 7.
Il comma 403 apporta una serie di modifiche all’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante norme in tema di poteri degli uffici in materia di imposta sul valore aggiunto, nei termini di seguito specificati.
Ai sensi del comma secondo, numero 2), dell'articolo 51 gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, per l'adempimento dei loro compiti potranno invitare i soggetti che esercitano imprese, arti o professioni, indicandone il motivo, a comparire di persona o a mezzo di rappresentanti per esibire documenti e scritture, ad esclusione dei libri e dei registri in corso di scritturazione, o per fornire dati, notizie e chiarimenti rilevanti ai fini degli accertamenti nei loro confronti anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7) del medesimo comma, ovvero rilevati a norma dell'articolo 52, ultimo comma, o dell'articolo 63, primo comma.
I dati ed elementi attinenti ai rapporti e alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del successivo numero 7) e dell'articolo 52, ultimo comma, o dell'articolo 63, primo comma, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 54 e 55 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili; sia le operazioni imponibili sia gli acquisti si considerano effettuati all'aliquota in prevalenza rispettivamente applicata o che avrebbe dovuto essere applicata.
Ai sensi del comma secondo, numero 5), dell'articolo 51 gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, per l'adempimento dei loro compiti potranno richiedere agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione ed alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie.
Alle società ed enti di assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono essere richiesti dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e alla individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte.
Tale disposizione non si applica all'Istituto centrale di statistica e agli ispettorati del lavoro per quanto riguarda le rilevazioni loro commesse dalla legge, e, salvo il disposto del numero 7), alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, all'Amministrazione postale, alle aziende e istituti di credito, per quanto riguarda i rapporti con i clienti inerenti o connessi all'attività di raccolta del risparmio e all'esercizio del credito effettuati ai sensi della legge 7 marzo 1938, n. 141.
Ai sensi del comma secondo, numero 6-bis), dell'articolo 51 gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, per l'adempimento dei loro compiti potranno richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l'indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane S.p.A., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli OICR, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di 5 anni dalla data della richiesta.
È altresì previsto che il richiedente e coloro che vengono in possesso dei dati raccolti devono assumere direttamente le cautele necessarie alla riservatezza dei dati acquisiti.
Ai sensi del comma secondo, numero 7), dell'articolo 51 gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, per l'adempimento dei loro compiti potranno richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale delle entrate ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto o operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge n. 1966 del 1939 e a quelle iscritte nella sezione speciale di cui all'articolo 20 del D.Lgs n. 58 del 1998 può tra l'altro essere richiesto - specificando i periodi temporali di interesse - di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali hanno detenuto, amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocabilmente individuati.
La richiesta deve essere indirizzata al responsabile della struttura accentrata, ovvero al responsabile della sede o dell'ufficio destinatario che ne dà notizia immediata al soggetto interessato; la relativa risposta deve essere inviata al titolare dell'ufficio procedente.
Ai sensi del comma 3 dell'articolo 51, gli inviti e le richieste di cui al precedente comma devono essere fatti a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento fissando per l'adempimento un termine non inferiore a quindici giorni ovvero, per il caso di cui al numero 7), non inferiore a trenta giorni (anziché a sessanta giorni).
Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni (anziché di trenta giorni) su istanza dell'operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l'Agenzia delle entrate ovvero, per la Guardia di finanza, dal comandante regionale.
Viene quindi inserito all'articolo 51 un ulteriore comma dopo il terzo, in base al quale le richieste di cui al citato numero 7, nonché le relative risposte, anche se negative, vanno effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell'agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti di cui al numero 7.
Il comma 404 prevede che le disposizioni rivenienti dalle modifiche apportate all'articolo 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 con l'inserimento del comma 3, e all'articolo 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 con l'inserimento del comma 4, riguardanti le richieste in via telematica, hanno effetto dal 1° luglio 2005 e che potrà essere prevista una diversa successiva decorrenza, in considerazione di sole esigenze di natura tecnica, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
405. Al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell’istituto della pianificazione fiscale concordata, al primo periodo del comma 1 dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole da: «gli uffici delle imposte» fino a: «delle imposte dirette» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;
b) dopo le parole: «non spettanti,» sono inserite le seguenti: «nonché l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter,»;
c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».
Il comma 405, al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell'istituto della pianificazione fiscale concordata, provvede a modificare il primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, in materia di imposte sui redditi.
Il citato articolo 41-bis, recante norme in tema di accertamento parziale, dispone che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, gli uffici delle imposte, qualora, dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società, associazioni ed imprese di cui all'art. 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, o l'esistenza di deduzioni, esenzioni e agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili.
Il comma 405 introduce una serie di modificazioni nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis.
Innanzitutto, con riguardo ai soggetti che effettuano l’accertamento, “gli uffici delle imposte” vengono sostituiti con “i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate”.
Con riguardo alle informazioni in base alle quali iniziare e condurre l’accertamento, le “segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette” vengono sostituite dal riferimento agli accessi, ispezioni, e verifiche nonché alle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali.
Relativamente agli elementi che consentono di stabilire l’esistenza di violazioni fiscali, viene aggiunta l'esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter.
Il richiamato articolo 36-bis reca norme in tema di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni; l’articolo 36-ter reca norme in tema di controllo formale delle dichiarazioni.
Con riguardo all’oggetto dell’accertamento, infine, oltre al reddito o al maggior reddito imponibili viene aggiunto il riferimento alla maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
Il decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
406. Al quinto comma dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole da: «l’ufficio dell’imposta» fino a: «indirette sugli affari» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;
b) dopo le parole: «l’esistenza di corrispettivi» sono inserite le seguenti: «o di imposta»;
c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all’articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».
Il comma 406 provvede a modificare il quinto comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di imposta sul valore aggiunto.
Il citato articolo 54, recante norme in tema di rettifica delle dichiarazioni, dispone, al quinto comma, che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto, qualora dalle segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l'imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante.
Innanzitutto, con riguardo ai soggetti che effettuano l’accertamento, “l’ufficio dell’imposta” viene sostituito con “i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate”.
Con riguardo alle informazioni in base alle quali iniziare e condurre la rettifica, le “segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari” vengono sostituite dal riferimento agli accessi, ispezioni, e verifiche nonché alle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali.
Relativamente agli elementi che consentono di stabilire l’esistenza di violazioni fiscali, viene aggiunta l'esistenza di imposta in tutto o in parte non dichiarata.
Con riguardo all’oggetto dell’accertamento, infine, oltre all’imposta o alla maggiore imposta dovuta viene aggiunto il riferimento all'imposta o alla maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all'articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
Ai sensi del citato articolo 54-bis, recante norme in tema di liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni, avvalendosi di procedure automatizzate l'amministrazione finanziaria procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti. Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'amministrazione finanziaria provvede: a) a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione del volume d'affari e delle imposte; b) a correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni; c) a controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell'imposta risultante dalla dichiarazione annuale a titolo di acconto e di conguaglio nonché dalle liquidazioni periodiche di cui agli articoli 27, 33, comma 1, lettera a), e 74, quarto comma. Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l'esito della liquidazione è comunicato ai sensi e per gli effetti di cui al comma 6 dell'articolo 60 al contribuente, nonché per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione. I dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente.
Il decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
407. Al comma 181 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, primo periodo dell’alinea, le parole: «alle altre categorie reddituali» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto,».
408. All’articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto»;
b) al comma 2, le parole da: «qualora» fino a: «indipendentemente» sono sostituite dalle seguenti: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e».
409. All’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando in almeno due periodi d’imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi di imposta. La disposizione del comma 1 trova applicazione in ogni caso nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7»;
b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. Nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218»;
c) il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. I maggiori ricavi, compensi e corrispettivi, conseguenti all’applicazione degli accertamenti di cui al comma 1, ovvero dichiarati per effetto dell’adeguamento di cui all’articolo 2 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, non rilevano ai fini dell’obbligo della trasmissione della notizia di reato ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale».
410. Le disposizioni dei commi 2 e 3-bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificato dal comma 409 del presente articolo, hanno effetto a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004.
411. All’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) le parole: «il primo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «i periodi»;
2) le parole: «nella dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «nelle dichiarazioni di cui all’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni,»;
3) le parole: «per adeguare i ricavi o i compensi» sono sostituite dalle seguenti: «per adeguare gli stessi, anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive,»;
b) al comma 2:
1) le parole da: «Per il primo periodo d’imposta» fino a: «revisione del medesimo,» sono sostituite dalle seguenti: «Per i medesimi periodi d’imposta di cui al comma 1,»;
2) le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è»;
3) le parole: «di presentazione della dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «del versamento a saldo dell’imposta sul reddito; i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un’apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e riportati nella dichiarazione annuale»;
c) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
«2-bis. L’adeguamento di cui ai commi 1 e 2 è effettuato, per i periodi d’imposta diversi da quello in cui trova applicazione per la prima volta lo studio, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, a condizione che sia versata, entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul reddito, una maggiorazione del 3 per cento, calcolata sulla differenza tra ricavi o compensi derivanti dall’applicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili. La maggiorazione non è dovuta se la predetta differenza non è superiore al 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili».
I commi da 407 a 411 recano modifiche alla disciplina in tema di accertamento mediante gli studi di settore.
I commi 407 e 408 provvedono ad estendere gli accertamenti previsti e basati su studi di settore, oltre alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto di accertamenti tributari, anche alle stesse categorie reddituali già oggetto di accertamento, nonché con riguardo ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
Il comma 407, in particolare, modifica il comma 181 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
Il citato comma 181 stabilisce, al primo periodo, che, fino all’approvazione degli studi di settore, gli accertamenti di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, possono essere effettuati, senza pregiudizio della ulteriore azione accertatrice con riferimento alle altre categorie reddituali utilizzando i parametri di cui al comma 184 dello stesso articolo 3 ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari.
Per quanto riguarda gli accertamenti tributari richiamati, secondo il citato articolo 39, primo comma, lettera d), l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati può risultare dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'articolo 32. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
Il comma 407 sostituisce il riferimento alle “altre categorie reddituali” con il riferimento “alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”, estendendo così gli accertamenti potenzialmente eseguibili.
Il comma 408 modifica l'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante disposizioni riguardanti l'accertamento basato sugli studi di settore e l'accertamento basato sui parametri.
Il citato articolo 70 dispone, al primo comma, che gli accertamenti basati sugli studi di settore di cui all'articolo 10, concernente modalità di utilizzazione degli studi di settore, della legge 8 maggio 1998, n. 146 (Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario), sono effettuati senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi.
Il comma 2 precisa che l'intervenuta definizione degli accertamenti basati sugli studi di settore ai sensi degli articoli 2 e 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, non esclude l'esercizio dell'ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali oggetto di adesione, qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi, indipendentemente dai limiti previsti dall'articolo 2, comma 4, lettera a), del citato decreto legislativo n. 218 del 1997 (il quale restringe tale facoltà di accertamento ulteriore all’ipotesi di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali sia possibile accertare un maggior reddito superiore al cinquanta per cento del reddito definito e comunque non inferiore a centocinquanta milioni di lire).
Il comma 408 sostituisce, al primo comma dell’articolo 70, il riferimento alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi con il riferimento alle “medesime o alle altre categorie reddituali”, nonché con il riferimento ad “ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”.
Al comma 2, inoltre, viene rimossa la sopravvenienza della conoscenza di nuovi elementi quale condizione per l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali oggetto di adesione.
Il comma 409 concerne la possibilità di effettuare gli accertamenti sulla base degli studi di settore nei confronti dei contribuenti con contabilità ordinaria e degli esercenti arti e professioni.
Rispetto alla formulazione originaria della norma in esame - che tramite l’abrogazione dei commi 2 e 3 dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 consentiva di effettuare gli accertamenti senza subordinarli ad alcuna condizione - a seguito della modifica apportata nel corso dell’esame parlamentare, la possibilità di effettuare accertamenti basati su studi di settore sugli imprenditori con contabilità ordinaria e gli esercenti arti e professioni viene di fatto condizionata al ricorrere di dati presupposti.
In concreto, con una novella al citato comma 2 si stabilisce la possibilità di effettuare accertamenti quando, in almeno due periodi di imposta su tre consecutivi, l'ammontare dei compensi o dei ricavi teorici derivanti dagli studi di settore superi l'ammontare dei compensi o dei ricavi dichiarati. Viene altresì prevista la possibilità di effettuare accertamenti in seguito all'emersione di situazioni di incoerenza "significative" tra la il dato contabile del contribuente e la concreta realtà economica. A tale proposito si rimanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la commissione di esperti per l'individuazione di indici di incoerenza economica, finanziaria o patrimoniale.
Introducendo all'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 il comma 3-bis, si stabilisce poi che la notifica dell'avviso di accertamento nei confronti dei contribuenti in contabilità ordinaria e degli esercenti arti e professioni debba essere preceduta dall'invito rivolto al contribuente a produrre gli eventuali elementi giustificativi dello scostamento dagli studi di settore ai sensi dell'articolo 5 del D.Lgs. n. 218 del 1997 .
Viene infine novellato il comma 6 dell'articolo 10 citato, prevedendo l’irrilevanza - ai fini dell'obbligo della trasmissione della notizia di reato ai sensi dell'articolo 331 c.p.p. - della determinazione dei maggiori ricavi conseguenti sia dall'applicazione degli accertamenti sia dalla loro dichiarazione per effetto dell'adeguamento agli studi di settore.
Si ricorda che il richiamato articolo 10 della legge n. 146 del 1998, recante modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento, dispone, al comma 1, che gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui all'art. 62-sexies del D.-L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con periodo d'imposta pari a dodici mesi e con le modalità in esso indicate.
Il comma 2 stabilisce che nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria per effetto di opzione e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione solo se in almeno due periodi d'imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l'ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all'ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi d'imposta.
Ai sensi del comma 3, indipendentemente da quanto previsto al comma 2, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, l'ufficio procede ai sensi del comma 1 quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, risulta motivata l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o l'irregolarità delle scritture obbligatorie ovvero tra esse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti con il D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570.
Il comma 410 dispone in merito all'entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3-bis dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 come novellati dal precedente comma 409 (esperimento degli accertamenti basati sugli studi di settore e notifica degli avvisi di accertamento per gli imprenditori in contabilità ordinaria e gli esercenti arti e professioni). Tali disposizioni hanno effetto con decorrenza dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004.
Il comma 411, che riproduce le modifiche introdotte nel corso dell'esame in Commissione del Senato, interviene sulle norme che consentono l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore, in sede di dichiarazione annuale, senza il pagamento di sanzioni e di interessi, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto.
In particolare, il comma 411 modifica l'articolo 2 del regolamento che disciplina i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.
Il citato articolo 2, recante norme in tema di adeguamento alle risultanze degli studi di settore, dispone, al comma 1, che, per il primo periodo d'imposta in cui trovano applicazione lo studio di settore ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, non si applicano sanzioni e interessi nei confronti dei contribuenti che indicano nella dichiarazione dei redditi ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili per adeguare i ricavi o i compensi a quelli derivanti dall'applicazione dei predetti studi di settore.
Al comma 2 si stabilisce che, per il primo periodo d'imposta in cui trova applicazione lo studio di settore, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, l'adeguamento al volume di affari risultante dalla applicazione degli studi di settore può essere operato, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, senza applicazione di sanzioni e interessi, effettuando il versamento della relativa imposta entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Per quanto concerne il richiamato comma 1, la lettera a) del comma qui illustrato opera una serie di modifiche.
Innanzitutto, il riferimento al “primo periodo d’imposta” in cui dovrebbe trovare applicazione lo studio di settore viene sostituito dal riferimento ai periodi d’imposta nei quali lo stesso può trovare applicazione.
Il riferimento alla dichiarazione dei redditi, nella quale i contribuenti possono indicare ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili, viene sostituito dal riferimento alle dichiarazioni di cui all'articolo 1 del regolamento che disciplina le modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
Il richiamato articolo 1 del D.P.R. n. 322 del 1998, recante norme in tema di redazione e sottoscrizione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P, dispone, fra l’altro, che ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive le dichiarazioni sono redatte, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati entro il 15 febbraio con provvedimento amministrativo, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale e da utilizzare per le dichiarazioni dei redditi e del valore della produzione relative all'anno precedente ovvero, in caso di periodo d’imposta non coincidente con l'anno solare, per le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di approvazione.
I modelli di dichiarazione sono resi disponibili in formato elettronico dall'Agenzia delle entrate in via telematica. I modelli cartacei necessari per la redazione delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche non obbligate alla tenuta delle scritture contabili possono essere gratuitamente ritirati presso gli uffici comunali.
La dichiarazione è sottoscritta, a pena di nullità, dal contribuente o da chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. La nullità è sanata se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.
La dichiarazione dei soggetti diversi dalle persone fisiche è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale, e in mancanza da chi ne ha l'amministrazione anche di fatto, o da un rappresentante negoziale. La nullità è sanata se il soggetto tenuto a sottoscrivere la dichiarazione vi provvede entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.
La dichiarazione delle società e degli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, presso i quali esiste un organo di controllo, è sottoscritta anche dalle persone fisiche che lo costituiscono o dal presidente se si tratta di organo collegiale. La dichiarazione priva di tale sottoscrizione è valida, salva l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni.
In caso di presentazione della dichiarazione in via telematica, le disposizioni in tema di sottoscrizione si applicano con riferimento alla dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare.
Infine, il presente comma dispone che l’adeguamento dei ricavi e dei compensi è operato anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.
La lettera b) del comma 411 qui illustrato modifica altresì il comma 2 dell’articolo 2 del D.P.R. n. 195 del 1999.
Innanzitutto, anche qui il riferimento al “primo periodo d’imposta” in cui trova applicazione lo studio di settore viene sostituito dal riferimento ai periodi d’imposta nei quali lo stesso può trovare applicazione.
In secondo luogo, si dispone che l’adeguamento, che attualmente “può essere operato”, debba invece essere necessariamente operato, senza applicazione di sanzioni e interessi, effettuando i relativi versamenti.
Infine, il riferimento al momento della presentazione dei redditi quale termine utile per il versamento delle imposte relative all’adeguamento viene sostituito dal riferimento al termine del versamento a saldo dell’imposta sul reddito.
Conseguentemente, viene disposto che i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un'apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, nonché riportati nella dichiarazione annuale.
Ai sensi del richiamato articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante norme in tema di registrazione delle fatture, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro.
Ai sensi del successivo articolo 24, recante norme in tema di registrazione dei corrispettivi, i commercianti al minuto e gli altri contribuenti possono fra l’altro annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte, distinto secondo l'aliquota applicabile, nonché l'ammontare globale dei corrispettivi di operazioni non imponibili. L'annotazione deve essere eseguita, con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo.
Infine la lettera c) del comma 411 aggiunge il comma 2-bis all’articolo 2 del D.P.R. n. 195 del 1999.
Tale disposizione prevede che i contribuenti che si adeguano alle risultanze degli studi di settore debbano versare una maggiorazione del 3 per cento, calcolata sulla differenza tra i ricavi teorici derivanti dagli studi e quelli annotati nelle scritture contabili, solo qualora tale differenza sia superiore al 10 per cento dei ricavi annotati. La predetta maggiorazione non sarà in ogni caso computata né per il primo anno di applicazione degli studi di settore né per il primo anno dopo la loro revisione.
Articolo
1, comma 412
(Comunicazione dell’Agenzia delle entrate
relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata)
412. In esecuzione dell’articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l’esito dell’attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. La relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d’imposta 2001, è versata mediante modello di pagamento, di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall’Agenzia. In caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’apposita comunicazione si procede all’iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, con l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all’articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.
Il comma 412 provvede ad attuare lo statuto del contribuente nella parte in cui si prevede che, prima dell’iscrizione a ruolo, ove esistano incertezze, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari, in relazione alla liquidazione delle imposte relative ai redditi soggetti a tassazione separata.
In particolare, il comma in esame dispone che, in esecuzione appunto dell'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo statuto del contribuente, l'Agenzia delle entrate deve comunicare ai contribuenti, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata.
Il richiamatoarticolo 6 della legge n. 212 del 2000, recante norme in tema di conoscenza degli atti e semplificazione, dispone, al comma 5, che prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell'ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione di tali disposizioni.
L’attività di liquidazione è svolta secondo le disposizioni contenute nell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, recante appunto norme in tema di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, secondo il quale, avvalendosi di procedure automatizzate, l'amministrazione finanziaria procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta
Al fine di semplificare gli adempimenti a carico del contribuente, il comma in esame dispone che la relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d'imposta 2001, debba essere versata mediante modello di pagamento, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall'Agenzia.
Secondo il richiamato articolo 19, recante norme in tema di modalità di versamento mediante delega, i versamenti delle imposte, dei contributi, dei premi previdenziali ed assistenziali e delle altre somme, al netto della compensazione, sono eseguiti mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata.
La banca rilascia al contribuente un'attestazione conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, recante l'indicazione dei dati identificativi del soggetto che effettua il versamento, la data, la causale e gli importi dell'ordine di pagamento, nonché l'impegno ad effettuare il pagamento agli enti destinatari per conto del delegante. L'attestazione deve recare altresì l'indicazione dei crediti per i quali il contribuente si è avvalso della facoltà di compensazione.
Ove il contribuente non provveda ad effettuare il pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'apposita comunicazione, viene disposta l'iscrizione a ruolo, secondo le norme del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.
In tali casi, è altresì disposta l’applicazione della sanzione prevista dall'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all'articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.
Secondo il richiamato articolo 13 del D.Lgs n. 471 del 1997, recante norme in tema di ritardati od omessi versamenti diretti, chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall'amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Il comma 2 di tale articolo specifica che, fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.
Le sanzioni previste non si applicano comunque quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente
Con riguardo alla corresponsione degli interessi, il richiamato articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973 dispone che sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione e al controllo formale della dichiarazione o all'accertamento d'ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del 2,75 per cento annuo.
Articolo
1, comma 413
(Decorrenza degli interessi su somme che
costituiscono oggetto di riscossione)
413. Ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1º gennaio 1999, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione».
Il comma 413 specifica che, nel caso di riscossione di somme dovute a seguito di controlli automatici ovvero a seguito di controlli formali, gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione concernente la determinazione della somma dovuta. Questa disposizione si applica con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999.
In particolare, il comma qui illustrato stabilisce che ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, recante norme in tema di unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999, sia aggiunta, in fine, la disposizione secondo la quale gli interessi sulle somme che costituiscono oggetto di riscossione sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.
Il richiamato articolo 2 del D.Lgs. n. 462 del 1997, recante norme in tema di riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici, stabilisce che le somme che, in conseguenza dei controlli automatici compiuti ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Il comma 2 precisa che l'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta. In tal caso, l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo.
L’articolo 3 del medesimo D.Lgs. n. 462 del 1997, in tema di riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli formali, stabilisce, al comma 1, che le somme che, a seguito dei controlli formali compiuti ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni, possono essere pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 4 del predetto articolo 36-ter, con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega. In tal caso l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto a due terzi.
L’applicazione della disposizione in commento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999 trova fondamento nel fatto che le disposizioni del D.Lgs. n. 462 del 1997, per espresso disposto dell’articolo 5 dello stesso, hanno efficacia relativamente ai periodi d'imposta per i quali le dichiarazioni devono essere presentate a decorrere dalla suddetta data.
414. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dopo l’articolo 10 è inserito il seguente:
«Art. 10-bis. – (Omesso versamento di ritenute certificate). – 1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta».
Il comma 414 introduce nell’ordinamento la fattispecie criminosa di omesso versamento di ritenute certificate, comminando la reclusione da sei mesi a due anni per il sostituto d’imposta che non versa nei termini previsti ritenute operate e certificate per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 2 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, recante norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria, prevedeva una simile fattispecie di reato.
In particolare, il comma 1 stabiliva che chiunque, essendovi obbligato, avesse omesso di presentare la dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, se l'ammontare delle somme pagate e non dichiarate era superiore a lire cinquanta milioni per il periodo d'imposta, era punito con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda fino a lire cinque milioni. Non si considerava omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine prescritto o presentata ad un ufficio incompetente o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
Ai sensi del comma 2, veniva punito con l'arresto fino a tre anni o con l'ammenda fino a lire sei milioni chiunque, in qualità di sostituto d'imposta, al di fuori del caso di cui al comma 3, non avesse provveduto a versare, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale, ritenute alle quali era obbligato per legge relativamente a somme pagate, per un ammontare complessivo superiore a lire cinquanta milioni per ciascun periodo d'imposta. Non si teneva conto delle ritenute non versate che, in relazione al singolo percipiente, risultassero inferiori al 5 per cento delle ritenute ad esso relative.
Il comma 3 stabiliva che chiunque non avesse versato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare complessivo superiore a lire venticinque milioni per ciascun periodo d'imposta, era punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire tre milioni a lire cinque milioni; se il predetto ammontare complessivo era superiore a dieci milioni di lire ma non a venticinque milioni di lire per ciascun periodo d'imposta, si applicava la pena dell'arresto fino a tre anni o dell'ammenda fino a lire sei milioni.
Ai sensi del comma 4, se coesistevano i reati di mancata presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta e di mancato versamento delle ritenute di cui, rispettivamente, ai commi 1 e 2, si applicavano le sole pene previste al comma 2.
Il descritto articolo 2 del D.L. n. 429 del 1982 è stato abrogato dall'art. 25 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
Il comma 414 inserisce, dopo l’articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, il nuovo articolo 10-bis, che prevede il reato di omesso versamento di ritenute certificate.
Il soggetto attivo del reato è chiunque sia tenuto al versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai soggetti sostituiti nel versamento dell’imposta.
La condotta incriminata consiste nell’omissione del versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.
Tale condotta rileva, sotto il profilo penale, soltanto qualora l’ammontare delle ritenute non versate sia superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.
La pena consiste nella reclusione da sei mesi a due anni.
Articolo
1, comma 415
(Legittimazione ad agire dei
concessionari della riscossione)
415. All’articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, dopo le parole: «costituisce titolo esecutivo» sono aggiunte le seguenti: «; il concessionario può altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».
Il comma 415 riconosce espressamente al concessionario della riscossione la legittimazione ad agire a tutela del credito iscritto a ruolo, esercitando le azioni cautelari e conservative nonché le altre azioni previste dalle norme ordinarie a tutela del creditore.
La norma – secondo quanto è esposto nella relazione illustrativa del Governo – ha il fine di eliminare ogni dubbio sulla legittimazione dei concessionari ad agire, consentendo loro, nell’ambito dell’autonomia di gestione ormai riconosciuta, di avvalersi di tutti gli strumenti di tutela del credito vantato previsti dalle norme ordinarie.
In particolare, il comma in esame stabilisce che all'articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, sia aggiunta, in fine, la disposizione secondo la quale il concessionario può promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.
Il richiamato articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante norme in tema di espropriazione forzata, nella formulazione attuale prevede, al comma 1, che per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo.
La disposizione che si aggiunge al dettato del comma 1 dell’articolo 49, secondo quanto illustrato nella relazione governativa al disegno di legge, sembra fare riferimento alle azioni conservative, previste dagli articoli 2900 e 2901 del codice civile, all’azione cautelare prevista dall’articolo 2905 c.c., all’impugnazione della rinunzia all’eredità prevista dall’articolo 524 c.c. e ad ogni altra azione ordinaria.
Il richiamato articolo 2900 del codice civile disciplina l’azione surrogatoria, quale mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del debitore.
In particolare, l’articolo prevede che il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, possa esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.
L’articolo 2901 disciplina l’azione revocatoria, stabilendo che il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. Le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso quando sono contestuali al credito garantito. Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto. L'inefficacia dell'atto non pregiudica comunque i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione.
L’articolo 2905 disciplina il sequestro conservativo nei confronti del debitore o del terzo, stabilendo che il creditore possa chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione.
416. All’articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, lettera a), le parole: «entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo ovvero» sono sostituite dalle seguenti: «entro il dodicesimo mese successivo alla consegna del ruolo ovvero, per i ruoli straordinari, entro il sesto mese successivo nonché»;
b) al comma 4, dopo le parole: «di segnalare azioni cautelari ed esecutive» sono inserite le seguenti: «nonché conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».
Il comma 416 provvede, nell’ambito della disciplina del discarico per inesigibilità, da parte del concessionario, delle quote iscritte a ruolo:
a) a differenziare i termini entro i quali la mancata notificazione della cartella di pagamento imputabile al concessionario costituisce causa di perdita al discarico, in relazione ai ruoli ordinari e ai ruoli straordinari (lettera a)
b) a riconoscere il potere dell’ufficio di segnalare al concessionario, fino al discarico, oltre alle azioni cautelari ed esecutive, anche le azioni conservative da intraprendere al fine di riscuotere le somme previste a ruolo, che vengono ora previste espressamente dall’articolo 49, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, a seguito della modificazione recata dal comma 431 (lettera b).
Con riferimento alla disciplina generale del discarico per inesigibilità, l'articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, dispone, al primo comma, che ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo, il concessionario trasmette, anche in via telematica, all'ente creditore, una comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione viene redatta e trasmessa con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze.
Costituiscono causa di perdita del diritto al discarico:
a) la mancata notificazione, imputabile al concessionario, della cartella di pagamento, entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo ovvero, nel caso previsto dall'articolo 32, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (indicazione delle rate da parte dell’ente creditore), entro il terzo mese successivo all'ultima rata indicata nel ruolo;
b) la mancata comunicazione all'ente creditore, anche in via telematica, con cadenza annuale, dello stato delle procedure relative alle singole quote comprese nei ruoli. La prima comunicazione è effettuata entro il diciottesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo. Tale comunicazione è effettuata con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze;
c) la mancata presentazione, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, della suddetta comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione è soggetta a successiva integrazione se, alla data della sua presentazione, le procedure esecutive sono ancora in corso per causa non imputabile al concessionario;
d) il mancato svolgimento dell'azione esecutiva su tutti i beni del contribuente la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema informativo del Ministero delle finanze, a meno che i beni pignorati non fossero di valore pari al doppio del credito iscritto a ruolo, nonché sui nuovi beni la cui esistenza è stata comunicata dall'ufficio ai sensi del comma 4;
e) d-bis) il mancato svolgimento delle attività conseguenti alle segnalazioni effettuate dall'ufficio ai sensi del comma 4;
f) la mancata riscossione delle somme iscritte a ruolo, se imputabile al concessionario; sono imputabili al concessionario e costituiscono causa di perdita del diritto al discarico i vizi e le irregolarità compiute nell'attività di notifica della cartella di pagamento e nell'àmbito della procedura esecutiva, salvo che gli stessi concessionari non dimostrino che tali vizi ed irregolarità non hanno influito sull'esito della procedura.
Ai sensi del comma 3, decorsi tre anni dalla comunicazione di inesigibilità, totale o parziale, della quota, il concessionario è automaticamente discaricato, e contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali i crediti erariali corrispondenti alle quote discaricate.
Secondo il comma 4, fino al discarico di cui al comma 3, resta salvo, in ogni momento, il potere dell'ufficio di comunicare al concessionario l'esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione e di segnalare azioni cautelari ed esecutive da intraprendere al fine di riscuotere le somme iscritte a ruolo.
Il comma 416, alla lettera a), modifica l'articolo 19, comma 2, lettera a), del D.Lgs. n. 112 del 1999 specificando che, per i ruoli ordinari, è causa di perdita del diritto al discarico, se imputabile al concessionario, la mancata notificazione della cartella di pagamento entro il dodicesimo mese successivo alla consegna del ruolo; per i ruoli straordinari, è causa di perdita del diritto al discarico, se imputabile al concessionario, la mancata notificazione della cartella di pagamento entro il sesto mese successivo alla consegna del ruolo.
Vengono così modificati i termini previsti dall’originario disposto del disegno di legge finanziaria, che li determinava in cinque mesi per i ruoli ordinari, e in due mesi per i ruoli straordinari.
Il successivo comma 420 prevede poi che le disposizioni aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari), fra cui quella appena esaminata, siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° gennaio 2005.
417. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 12, comma 3, dopo la parola: «contribuente,» sono inserite le seguenti: «la specie del ruolo,»;
b) all’articolo 19, comma 4-bis, le parole: «ad espropriazione forzata» sono sostituite dalle seguenti: «alla riscossione coattiva»; nel medesimo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto»;
c) all’articolo 25, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l’ultimo giorno del sesto mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario».
Il comma 417, in relazione alla differenziazione fra ruoli ordinari e ruoli straordinari, dispone che nel ruolo stesso sia ora indicata la sua natura, e provvede a indicare i termini di notifica della cartella di pagamento, differenziandoli sempre in relazione alla natura ordinaria o straordinaria dei ruoli.
L’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, definisce oggetto e specie dei ruoli, che si distinguono in ordinari e straordinari. Questi ultimi sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione.
Con riguardo, inoltre, al potere del concessionario di procedere ad espropriazione forzata nei confronti del fidejussore del debitore, sostituisce il riferimento all’istituto dell’espropriazione forzata con il riferimento, più generico, alla riscossione coattiva, onde ricomprendervi altre forme di tutela del credito.
In particolare, il comma in esame, alla lettera a), modifica l’articolo 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.
Il richiamato articolo 12 del D.P.R. n. 602 del 1973, recante norme in tema di formazione e contenuto dei ruoli, prevede che l'ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell'ambito territoriale cui il ruolo si riferisce. Il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell'ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo.
Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono stabiliti i dati che il ruolo deve contenere, i tempi e le procedure della sua formazione, nonché le modalità dell'intervento in tali procedure da parte del consorzio nazionale obbligatorio fra i concessionari.
Il comma 3 precisa che nel ruolo devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all'iscrizione.
Il comma 417, alla lettera a), aggiunge, fra le indicazioni necessarie previste dal citato comma 3, anche la specie del ruolo, se cioè questo sia ordinario o straordinario.
La lettera b) del presente comma modifica l'articolo 19, comma 4-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973.
Tale articolo, recante disposizioni in tema di dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, prevede, al comma 4-bis, che se, in caso di decadenza del contribuente dal beneficio della dilazione, il fidejussore non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle generalità del fidejussore stesso, delle somme da esso dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il concessionario può procedere ad espropriazione forzata nei suoi confronti sulla base dello stesso ruolo emesso a carico del debitore.
Ai sensi dell’articolo 2910 del codice civile, in tema di oggetto dell'espropriazione, il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.
La lettera b) del comma 417 sostituisce ora il riferimento all’istituto dell’espropriazione forzata con il più ampio riferimento alla “riscossione coattiva”, al fine di eliminare possibili vincoli all’attività di autotutela del credito del concessionario nei confronti del garante inadempiente, considerato – si legge nella relazione illustrativa del Governo – che, stante la formulazione attuale, potrebbe risultare contestata l’iscrizione di ipoteca a carico del garante ovvero l’iscrizione del fermo di beni mobili registrati.
Viene inoltre specificato che la riscossione coattiva è eseguita secondo le disposizioni di cui al titolo II dello stesso decreto n. 602 del 1973 (il quale disciplina appunto le forme della riscossione coattiva).
La lettera c) del comma in esame, infine, reintroduce un termine per la notifica della cartella di pagamento, differenziato a seconda del tipo di ruolo, ordinario o straordinario, modificando così l’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973.
L’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, nella vigente formulazione, prevede che il concessionario debba notificare la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, senza tuttavia prevedere alcun termine.
L’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 aprile 2001 n. 193, recante disposizioni integrative e correttive dei D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione, aveva eliminato ogni termine posto al riguardo.
Si provvede, pertanto, ad aggiungere la disposizione secondo la quale la notifica deve essere effettuata entro l'ultimo giorno del dodicesimo mese (invece che del quinto mese, previsto dal d.d.l. originario) successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l'ultimo giorno del sesto mese (invece che del secondo mese, previsto dal d.d.l. originario) successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario.
I termini così individuati sono previsti a pena di decadenza.
Articolo
1, commi 418 e 419
(Rilascio garanzie e recupero coattivo in
caso di rateizzazione delle somme dovute)
418. Al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 8, comma 2, terzo periodo, le parole: «garanzia con le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «idonea garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 8, dopo il comma 3, è inserito il seguente:
«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante»;
b) all’articolo 15, comma 2, le parole: «commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3 e 3-bis».
419. All’articolo 48, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le parole: «garanzia secondo le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 48, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante».
I commi 418 e 419, nel caso di rateizzazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione ovvero di conciliazione giudiziale, modificano la tipologia di garanzia che il contribuente è tenuto a prestare, disponendo che la stessa debba essere prestata mediante polizza fidejussoria o fideiussione bancaria.
Inoltre, nel caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate, facoltizzano il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate a provvedere all’iscrizione a ruolo delle somme dovute a carico del contribuente e del suo garante.
Nel dettaglio, la lettera a) del comma 418 modifica l’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
Tale articolo dispone che il versamento delle somme dovute per effetto dell'accertamento con adesione debba essere eseguito mediante delega ad una banca autorizzata o tramite il concessionario del servizio di riscossione competente in base all'ultimo domicilio fiscale del contribuente.
Il comma 2 prevede, fra l’altro, che le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, o in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire (euro 51.645,69). Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell'atto di adesione.
Per il versamento di tali somme il contribuente è tenuto a prestare garanzia con le modalità di cui all'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per il periodo di rateazione del detto importo, aumentato di un anno.
Il richiamato articolo 38-bis, recante norme in tema di esecuzione dei rimborsi relativi all’imposta sul valore aggiunto, prevede che gli stessi rimborsi siano eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione prestando, contestualmente all'esecuzione del rimborso e per una durata pari a tre anni dallo stesso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento, cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero fidejussione rilasciata da un'azienda o istituto di credito, comprese le casse rurali e artigiane indicate nel primo comma dell'articolo 38, o da un’impresa commerciale che a giudizio dell'Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità, o mediante polizza fidejussoria rilasciata da un istituto o impresa di assicurazione. Per le piccole e medie imprese, definite secondo i criteri stabiliti dal D.M. 18 settembre 1997 e dal D.M. 27 ottobre 1997 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per l’adeguamento alla nuova disciplina comunitaria, dette garanzie possono essere anche prestate dai consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 29 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, iscritti nell'apposita sezione dell'elenco previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, con le modalità e criteri di solvibilità stabiliti con decreto del Ministro delle finanze. Per i gruppi di società, con patrimonio superiore a 500 miliardi di lire risultante dal bilancio consolidato, la garanzia può essere prestata mediante la diretta assunzione da parte della società capogruppo o controllante, di cui all'articolo 2359 del codice civile, dell’obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, all'Amministrazione finanziaria, anche per il caso di cessione della partecipazione nella società controllata o collegata. In ogni caso la società capogruppo o controllante deve comunicare in anticipo all'Amministrazione finanziaria l'intendimento di cedere la partecipazione nella società controllata o collegata. La garanzia concerne anche crediti relativi ad annualità precedenti maturati nel periodo di validità della garanzia stessa. Dall'obbligo di prestazione delle garanzie sono esclusi i soggetti cui spetta un rimborso di imposta di importo non superiore a lire 10 milioni.
Tale tipologia di garanzia viene ora sostituita con un’idonea garanzia prestata mediante polizza fidejussoria o fidejussione bancaria: ciò al fine – si legge nella relazione illustrativa – di prevedere che le garanzie vengano rilasciate solo da alcuni soggetti particolarmente qualificati e di uniformare la disciplina delle garanzie in esame a quella prevista per la rateizzazione delle imposte iscritte a ruolo, secondo quanto disposto dall’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973.
La stessa lettera a) del comma 418 inserisce nell’articolo 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997 il nuovo comma 3-bis, secondo il quale, in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante.
A fine di coordinamento delle norme esistenti con quelle inserite ex novo, la lettera b)dello stesso comma 418 provvede poi a integrare la disciplina delle modalità di versamento delle somme dovute a titolo di sanzione, di cui all’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997, con il riferimento al nuovo comma 3-bis, sopra esaminato.
Il comma 419 modifica le tipologie di garanzia e prevede il potere di iscrizione a ruolo, da parte del competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, in caso di mancato pagamento, in relazione alla riscossione rateale delle somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale.
Nel dettaglio, il comma 419 modifica, analogamente a quanto operato dal comma 418, l’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
Tale articolo, recante disposizioni in materia di conciliazione giudiziale, prevede, fra l’altro, che ciascuna delle parti possa proporre all'altra parte la conciliazione totale o parziale della controversia. La conciliazione può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d'ufficio anche dalla commissione.
Il comma 3 prevede che, se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d'imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un'unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire, previa prestazione di idonea garanzia secondo le modalità di cui all'art. 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell'intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull'importo delle rate successive, comprensivo degli interessi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa data, e per il periodo di rateazione di detto importo aumentato di un anno.
Articolo
1, comma 420
(Termine di decorrenza dell’applicazione
dei ruoli differenziati)
420. Le disposizioni del comma 416, lettera a), e del comma 417, lettere a) e c), si applicano con riferimento ai ruoli resi esecutivi successivamente al 1º luglio 2005.
Il comma 420 prevede che le disposizioni dei precedenti commi 416, lettera a), e 417, lettere a) e c), aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari) siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° luglio 2005.
Si ricorda che, a norma dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, i ruoli, nei quali sono iscritte le imposte, si distinguono in ordinari e straordinari; questi ultimi sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione e, secondo il disposto dell’articolo 15-bis, hanno ad oggetto l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo.
Le disposizioni cui si applica il termine di decorrenza qui indicato sono, in particolare:
§ la lettera a) del comma 416, che prevede l’introduzione di un differente termine entro il quale la mancata notificazione della cartella di pagamento sia causa di perdita del diritto al discarico per inesigibilità del credito da parte del concessionario, in relazione ai ruoli straordinari;
§ la lettera a) del comma 417, che introduce, fra le indicazioni necessarie che deve contenere il ruolo, anche quella relativa alla sua specie, se ordinario o straordinario;
§ la lettera c) del comma 417, che introduce la previsione dei termini entro cui deve essere notificata la cartella di pagamento, differenziati a seconda che si tratti di ruolo ordinario o straordinario.
421. Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall’articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. La disposizione del primo periodo non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.
422. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall’ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.
423. La competenza all’emanazione degli atti di cui al comma 421, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all’ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo di imposta.
Il comma 421 prevede che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati, anche parzialmente, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente, secondo le modalità previste dall’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.
L’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, prevede che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente debba essere eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche:
§ la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall'ufficio delle imposte;
§ il messo deve far sottoscrivere dal consegnatario l'atto o l'avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto;
§ salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario;
§ è in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. In tal caso l'elezione di domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
§ quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l'avviso del deposito prescritto dall'art. 140 del c.p.c. si affigge nell'albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere si ha per eseguita nell'ottavo giorno successivo a quello di affissione;
§ non si applicano le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile.
L'elezione di domicilio non risultante dalla dichiarazione annuale ha effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento della comunicazione prevista alla citata lettera d).
Le variazioni e le modificazioni dell'indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica, o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell'ufficio della comunicazione prescritta. Se la comunicazione è stata omessa la notificazione è eseguita validamente nel comune di domicilio fiscale risultante dall'ultima dichiarazione annuale.
Per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati restano comunque ferme le attribuzioni e i poteri in materia di accertamento e di controlli previsti dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972.
Gli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 recano norme in materia di accertamento e controlli da parte degli uffici delle imposte, prevedendo, fra l’altro, che questi controllano le dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, ne rilevano l'eventuale omissione e provvedono alla liquidazione delle imposte o maggiori imposte dovute; vigilano sull'osservanza degli obblighi relativi alla tenuta delle scritture contabili e degli altri obblighi stabiliti nello stesso decreto e nelle altre disposizioni relative alle imposte sui redditi; provvedono all’irrogazione delle pene pecuniarie e alla presentazione del rapporto all'autorità giudiziaria per le violazioni sanzionate penalmente. La competenza spetta all'ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata.
Gli articoli 51 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 recano norme in tema di attribuzioni e poteri degli uffici ai fini dell’accertamento e della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, prevedendo, fra l’altro, che gli stessi uffici controllano le dichiarazioni presentate e i versamenti eseguiti dai contribuenti, ne rilevano l'eventuale omissione e provvedono all'accertamento e alla riscossione delle imposte o maggiori imposte dovute; vigilano sull'osservanza degli obblighi relativi alla fatturazione e registrazione delle operazioni e alla tenuta della contabilità e degli altri obblighi stabiliti dallo stesso decreto; provvedono all’irrogazione delle pene pecuniarie e delle soprattasse e alla presentazione del rapporto all'autorità giudiziaria per le violazioni sanzionate penalmente. Il controllo delle dichiarazioni presentate e l'individuazione dei soggetti che ne hanno omesso la presentazione sono effettuati sulla base di criteri selettivi fissati annualmente dal Ministro delle finanze che tengano anche conto della capacità operativa degli uffici stessi.
La disposizione si applica anche per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati anche per la compensazione prevista dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.
Secondo il citato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione dev’essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.
Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi:
§ alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato articolo 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, e in tal caso non è ammessa la compensazione;
§ all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'articolo 74;
§ alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;
§ all'imposta prevista dall'art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
§ ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;
§ ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;
§ ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124;
§ agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'articolo 20;
§ al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall'art. 4 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85;
§ alle altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri competenti per settore;
§ al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.
La disposizione recata dal comma 421 in esame non si applica, tuttavia, alle attività di recupero delle somme di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.
L'articolo 1 del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, definisce le modalità per il recupero delle somme destinate agli autotrasportatori nella forma del riconoscimento di un credito d’imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994, per effetto dell'applicazione delle seguenti disposizioni:
§ articolo 9 del decreto-legge 15 settembre 1990, n. 261, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 1990, n. 331;
§ articolo 15 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1993, n. 162;
§ articolo 1 del decreto-legge 23 maggio 1994, n. 309, convertito dalla legge 22 luglio 1994, n. 459;
§ articolo 1 del decreto-legge 21 gennaio 1995, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 84;
§ articolo 1 del decreto-legge 25 novembre 1995, n. 501, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 gennaio 1996, n. 11.
In particolare, le modalità di recupero stabilite costituiscono esecuzione di quanto disposto con le decisioni della Commissione delle Comunità europee n. 93/496/CEE, del 9 giugno 1993, e n. 97/270/CE, del 22 ottobre 1996, confermate dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 gennaio 1998 e del 19 maggio 1999.
Ai sensi del comma 3, in particolare, in ragione della natura del credito che consegue alle decisioni e alle sentenze sopra indicate, corrispondente alle somme rese disponibili a favore degli autotrasportatori a parziale copertura dell'incremento dei costi da essi subìti nei periodi d’imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994, l'attività di recupero delle predette somme è affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
L'articolo 1 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante norme per il completamento degli adempimenti comunitari a seguito di condanna per aiuti di Stato, stabilisce che in ulteriore attuazione della decisione della Commissione delle Comunità europee dell'11 dicembre 2001, relativa al regime di aiuti di Stato che l'Italia ha reso disponibile in favore delle banche, e fermo quanto disposto dall'articolo 5 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, le banche effettuano, entro la data del 31 dicembre 2002, il versamento di un importo pari alle imposte non corrisposte in conseguenza del predetto regime e relative ai periodi d’imposta nei quali tale regime è stato fruito, nonché degli interessi sull'importo dovuto, calcolati nella misura del 5,5 per cento annuo per il periodo intercorrente fra la data in cui il regime di aiuti è divenuto disponibile per ciascuna banca e la data di effettivo versamento. In caso di mancato versamento entro il 31 dicembre 2002, dal 1° gennaio 2003 è dovuta, oltre agli interessi, una sanzione pari allo 0,5 per cento per semestre o sua frazione, calcolata sulle somme di cui al periodo precedente.
In particolare, il comma 2 dispone che alla riscossione coattiva delle somme, effettuata ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvede il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, avvalendosi dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 422 stabilisce che, in caso di mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal D.P.R. n. 602 del 1972.
Il comma 423 infine specifica che la competenza all'emanazione degli atti di recupero, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d'imposta.
Ai sensi dell’articolo 31, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, la competenza spetta ordinariamente all'ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata.
Articolo
1, comma 424
(Proroga dei termini di decadenza per
l’iscrizione a ruolo per le dichiarazioni presentate nel 2003)
424. In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo previsti dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, sono prorogati al 31 dicembre 2006 per le dichiarazioni presentate nell’anno 2003.
Il comma 424 proroga al 31 dicembre 2006 i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le dichiarazioni presentate nell'anno 2003.
Ai sensi del citato articolo 17, comma 1, lettera a), le somme dovute dai contribuenti sono iscritte in ruoli resi esecutivi a pena di decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dall'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Il comma 424 precisa che la proroga viene effettuata in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212, recante lo Statuto del contribuente.
Il richiamato articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, reca disposizioni in tema di efficacia temporale delle norme tributarie. Al comma 3 esso prevede, in particolare, che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 1 della stessa legge n. 212 del 2000, al comma 1, prevede che le disposizioni della medesima legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.
Per quanto concerne le ragioni della proroga, la relazione illustrativa del Governo afferma che il differimento di un anno del termine di decadenza per le iscrizioni a ruolo riferite alle dichiarazioni presentate nel 2003 si rende opportuno “per garantire la necessaria qualità dei ruoli”, considerato, per un verso, che l’articolo 2, comma 45, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha esteso la sanatoria agli omessi o ritardati versamenti relativi al periodo d’imposta 2002, rendendo necessario anche per tale annualità il trattamento delle dichiarazioni integrative, e, per altro verso, che si deve procedere alle iscrizioni a ruolo ai sensi dell’articolo 7, comma 5, dell’articolo 8, comma 3 e dell’articolo 9, comma 12, della medesima legge finanziaria per il 2003.
Gli articoli richiamati riguardano gli istituti della definizione automatica di redditi d’impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione (articolo 7), dell’integrazione degli imponibili per gli anni pregressi (articolo 8) e della definizione automatica per gli anni pregressi (articolo 9).
Articolo
1, comma 425
(Dichiarazione stragiudiziale del terzo
debitore
del soggetto iscritto a ruolo)
425. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l’articolo 75 è inserito il seguente:
«Art. 75-bis. – (Dichiarazione stragiudiziale del terzo). – 1. Il concessionario, prima di procedere ai sensi degli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo o dei coobbligati, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore».
Il comma 425 inserisce nel D.P.R. n. 602 del 1973, recante le disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, una norma in base alla quale il concessionario, prima di procedere all’espropriazione forzata nei confronti dei terzi debitori del soggetto iscritto a ruolo o dei coobbligati, può chiedere agli stessi terzi di indicare per iscritto le cose e le somme dovute al creditore.
In particolare, viene inserito, dopo l’articolo 75 del D.P.R. n. 602 del 1973, il nuovo articolo 75-bis, rubricato “Dichiarazione stragiudiziale del terzo”, secondo il quale il concessionario, prima di procedere ai sensi dell'articolo 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo o dei coobbligati, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore.
Gli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile disciplinano l’istituto dell'espropriazione presso terzi di crediti del debitore vantati verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi.
In particolare, ai sensi dell’articolo 547 del codice di procedura civile, con dichiarazione all'udienza il terzo, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Secondo l’articolo 548, se il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di rendere la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa.
Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, ai sensi dell’articolo 549, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo.
La disposizione in commento conferisce al concessionario della riscossione una facoltà esercitabile prima di promuovere il procedimento giudiziario di espropriazione.
Articolo
1, comma 426
(Riscossione mediante ruolo per il
recupero delle somme dovute dai concessionari per inadempimento)
426. È effettuato mediante ruolo il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all’incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni. In attesa della riforma organica del settore della riscossione, fermi restando i casi di responsabilità penale, i concessionari del servizio nazionale della riscossione ed i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, hanno facoltà di sanare le irregolarità connesse all’esercizio degli obblighi del rapporto concessorio compiute fino alla data del 20 novembre 2004 dietro versamento della somma di 3 euro per ciascun abitante residente negli ambiti territoriali ad essi affidati in concessione alla data del 1º gennaio 2004. L’importo dovuto è versato in tre rate, la prima pari al 40 per cento del totale, da versare entro il 30 giugno 2005, e le altre due, ciascuna pari al 30 per cento del totale, da versare rispettivamente entro il 30 giugno 2006 e tra il 21 ed il 31 dicembre 2006. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni del presente comma.
Il comma 426 dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (entrate riscosse mediante ruoli), debba essere egualmente effettuato mediante ruolo.
Il richiamato articolo 17 dispone che si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali.
Il Ministro dell'economia e delle finanze può autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni interamente partecipate dallo Stato, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti. In caso di rilascio di tale autorizzazione, la società interessata stipula apposita convenzione con l'Agenzia delle entrate e l'iscrizione a ruolo avviene a seguito di un'ingiunzione, vidimata e resa esecutiva dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione della dislocazione territoriale dell'ufficio della società che l'ha richiesta.
La figura del soggetto incaricato del servizio di intermediazione all’incasso, non risultando definita in atti normativi, sembrerebbe riferirsi in forma sintetica ai soggetti abilitati a ricevere il pagamento degli importi dovuti.
A questo riguardo, l’articolo 28 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 13 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, stabilisce che il pagamento delle somme iscritte a ruolo può essere effettuato presso gli sportelli del concessionario, le agenzie postali e le banche, e, fuori del territorio nazionale, mediante bonifico bancario sul conto corrente bancario indicato dal concessionario nella cartella di pagamento.
Con decreto del Ministero delle finanze sono stabilite le modalità di pagamento, anche con mezzi diversi dal contante; a ciò si è provveduto con il decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate 28 giugno 1999 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 luglio 1999, n. 168).
Si prevede la facoltà per i concessionari del servizio nazionale della riscossione e per i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999 di sanare le irregolarità compiute nell'esercizio degli obblighi inerenti al rapporto concessorio.
Per usufruire di tale sanatoria - possibile solo relativamente alle irregolarità compiute sino al 20 novembre 2004 (invece che fino al 30 novembre 2004, come originariamente previsto) - è necessario versare un importo pari a tre euro per ogni abitante residente nell'àmbito territoriale dato in concessione a tali soggetti alla data del 1° gennaio 2004.
L'adesione alla sanatoria, le cui concrete modalità applicative dovranno essere stabilite con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, non incide comunque su eventuali responsabilità penali.
Il pagamento dell'importo della sanatoria come sopra determinato viene effettuato in tre rate:
§ la prima, di importo pari al 40 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2005;
§ la seconda, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2006;
§ la terza, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi tra il 21 ed il 31 dicembre 2006.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. 13 aprile 1999 n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, il servizio nazionale della riscossione viene organizzato dal Ministero dell'economia e delle finanze mediante ruolo articolato in ambiti territoriali affidati a concessionari di pubbliche funzioni.
La concessione del servizio di riscossione può essere affidata a società per azioni con capitale interamente versato di almeno 5 miliardi di lire ed aventi ad oggetto lo svolgimento di tale servizio, di compiti ad esso connessi o complementari e che non siano state dichiarate decadute da precedenti concessioni del servizio stesso. Tali società devono altresì disporre di sistemi informativi automatizzati adeguati al volume delle operazioni da trattare e collegati telematicamente tra di loro e, con modalità centralizzate, con la rete unitaria della pubblica amministrazione.
Le concessioni del servizio nazionale della riscossione vengono affidate, per ciascuna circoscrizione territoriale, mediante procedure di evidenza pubblica, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 12, in ogni caso di vacanza della concessione, in attesa del nuovo affidamento della gestione del servizio, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze viene nominato il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione scegliendolo, previo interpello, tra i soggetti aventi i requisiti richiesti dalla legge che ne facciano domanda.
Se nessuno di tali soggetti presenta domanda, è nominato commissario governativo il concessionario che abbia l'organizzazione più idonea a garantire temporaneamente lo svolgimento del servizio.
Articolo
1, comma 427
(Proroga della durata delle concessioni
del servizio di riscossione)
427. La durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione, è prorogata al 31 dicembre 2006.
Il comma 427 dispone la proroga, fino al 31 dicembre 2006, della durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione.
Nella formulazione originaria del disegno di legge finanziaria tale proroga era invece disposta sino al 31 dicembre 2005.
Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, l'estensione dei singoli àmbiti delle concessioni, comunque non inferiore al territorio di una provincia, è determinata, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, tenendo conto della necessità di garantire l'economicità e l'efficienza del servizio, in relazione alle caratteristiche geografiche e alle condizioni sociali ed economiche del territorio, del numero dei residenti e dell'ammontare delle entrate iscritte a ruolo nel biennio precedente l'avvio della procedura di affidamento.
La durata della concessione è fissata nell'atto di indizione della gara fino al termine massimo di dieci anni.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 12, in ogni caso di vacanza della concessione, in attesa del nuovo affidamento della gestione del servizio, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze viene nominato il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione scegliendolo, previo interpello, tra i soggetti aventi i requisiti richiesti dalla legge che ne facciano domanda.
Se nessuno di tali soggetti presenta domanda, è nominato commissario governativo il concessionario che abbia l'organizzazione più idonea a garantire temporaneamente lo svolgimento del servizio.
L'incarico di commissario governativo ha una durata di un anno ed è rinnovabile una sola volta per un altro anno. Esso può essere revocato in ogni momento.
Con riguardo alla titolarità dei rapporti concessorî, l’articolo 57 dispone che fino all'anno 2004 e anche in deroga all'articolo 12, comma 3, primo periodo, il servizio di riscossione resta affidato, nei singoli àmbiti, ai soggetti che, alla data del 1° luglio 1999, lo gestivano a titolo di concessionari o di commissari governativi e, nei casi di recesso, decadenza e revoca successivi a tale data, il servizio resta affidato al commissario governativo nominato ai sensi del medesimo articolo 12.
Con riguardo al rinnovo, da parte dei comuni e delle province, dei contratti di affidamento dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei propri tributi e di tutte le altre entrate, conclusi con i soggetti ivi indicati (società miste, concessionari, soggetti privati iscritti all’albo dei soggetti abilitati), l’articolo 23-novies del decreto-legge n. 355 del 2003 ha soppresso, nell’articolo 52, comma 5, lettera b), numero 2), del D.Lgs. n. 446 del 1997, il riferimento al 30 giugno 2004, quale termine ultimo per il rinnovo stesso.
Il termine del 30 giugno 2004 è stato introdotto dall’articolo 2, comma 32, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003).
L’articolo 52 del D.Lgs. n. 446/1997 consente ai comuni e alle province di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie. In particolare il comma 5 dell’articolo 52, per quanto attiene all’accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, stabilisce che i regolamenti possono prevedere:
- che tali attività siano svolte direttamente dall’ente locale, anche nelle forme associate previste dalla legge n. 142/1990 (successivamente sostituita dal T.U. n. 267/2000) (comma 5, lett. a);
- che tali attività siano affidate a terzi (comma 5, lett. b), e precisamente, in alternativa, ai seguenti soggetti:
- mediante convenzione, a aziende speciali o a società a prevalente capitale pubblico locale, i cui soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare le attività in questione, di cui all’articolo 53 dello stesso D.Lgs. n. 446/1997 (comma 5, lett. b), n. 1);
- nel rispetto delle procedure vigenti, a società miste, oppure ai concessionari di cui al D.P.R. n. 43/1988 (successivamente sostituito dal D.Lgs. n. 112/1999), oppure ai soggetti iscritti nel suddetto albo di cui all’articolo 53 (comma 5, lett. b), n. 2).
L’articolo 2, comma 32, della legge finanziaria per il 2004 ha consentito, in quest’ultima ipotesi, il rinnovo dei contratti fino alla data di entrata in vigore di eventuali disposizioni normative di revisione del sistema della riscossione di cui al D.Lgs. n. 112/1999, e comunque non oltre il 30 giugno 2004, previa verifica della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse.
Articolo
1, comma 428
(Riapertura dei termini per il giuramento
delle perizie di stima
relative alle rivalutazioni di terreni e partecipazioni)
428. A condizione che la relativa imposta sostitutiva sia stata versata entro il termine del 30 settembre 2004, i soli termini previsti per la redazione ed il giuramento delle perizie di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, sono stabiliti alla data del 31 marzo 2005. Tra i soggetti abilitati per tale attività di redazione e giuramento delle perizie si comprendono i periti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi del testo unico di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011.
Il comma 428 dispone, al primo periodo, la riapertura al 31 marzo 2005 del termine, scaduto il 30 settembre 2004 per effettuare la redazione e il giuramento delle perizie di stima ai fini della rideterminazione dei valori d’acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.
La riapertura non interessa il termine per il pagamento e la rateizzazione delle imposte sostitutive (che devono essere già stati effettuati entro il termine precedentemente fissato del 30 settembre 2004), bensì riguarda esclusivamente la redazione ed il giuramento delle perizie di stima. La riapertura di tale termine al 31 marzo 2005 viene infatti concessa a condizione che la relativa imposta sostitutiva sia stata versata entro il 30 settembre 2004.
Il termine per effettuare la redazione e il giuramento delle perizie di stima era stato da ultimo stabilito nel 30 settembre 2004 dall'articolo 6-bis del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.
Per l’illustrazione delle disposizioni che hanno regolato la possibilità di rideterminare i valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate nei mercati non regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola, a partire dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), si rinvia al precedente comma 379 del presente articolo 1.
Il secondo periodo del comma 428 amplia il novero dei soggetti abilitati alla redazione e al giuramento delle perizie di stima, aggiungendovi i periti in regola con l'iscrizione alle Camere di commercio, ai sensi del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011.
La normativa vigente prevede, al comma 1 dell'articolo 5 della legge n. 448 del 2001, che la perizia giurata di stima per la rideterminazione dei valori d’acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati debba essere redatta da soggetti iscritti all'albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonché nell'elenco dei revisori contabili.
Per quanto riguarda invece la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, il comma 1 dell'articolo 7 della legge n. 448 del 2001 stabilisce che la perizia giurata di stima debba essere redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili.
Per quanto concerne i periti iscritti alle Camere di commercio, ai sensi del D.M. 4 gennaio 1954 (con il quale è stato approvato il regolamento-tipo per la formazione del ruolo dei periti e degli esperti presso le Camere di commercio), possono chiedere l'iscrizione nel ruolo dei periti e degli esperti coloro che, in presenza dei requisiti previsti, abbiano raggiunto una rilevante esperienza in uno o più settori particolari. L'iscrizione non ha valore abilitante, ma un carattere di pubblicità conoscitiva: si limita cioè a far conoscere, dopo la verifica dei titoli, i nominativi delle persone idonee ad effettuare perizie per determinate categorie merceologiche e per determinati servizi.
I periti e gli esperti iscritti al ruolo esplicano funzioni di carattere prevalentemente pratico. Sono escluse quelle attività professionali disciplinate attraverso ordini o albi. Sono previsti una serie di requisiti generali (21 anni compiuti, cittadinanza italiana o di un paese dell'Unione Europea, godimento dei diritti civili, obblighi scolastici assolti, residenza nella provincia della Camera di commercio alla quale viene presentata la domanda, assenza di fallimenti o condanne per particolari reati), mentre per quanto concerne i requisiti professionali ricade sul candidato dimostrare la propria competenza alla apposita commissione dei periti e degli esperti, istituita presso la Camera di commercio. Nel caso la documentazione presentata non sia ritenuta sufficiente, la commissione può valutare il candidato con un colloquio. Contro le decisioni della commissione provinciale è possibile presentare ricorso al Ministero delle attività produttive entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento. L'iscrizione al ruolo si perfeziona con il pagamento da parte dell'interessato della tassa di concessione governativa; successivamente, in caso di trasferimento di residenza, gli iscritti devono presentare una comunicazione alla commissione, che procede alla cancellazione dal ruolo.
Il D.M. 4 gennaio 1954 ha altresì individuato nel ruolo 22 categorie, ciascuna delle quali comprende diverse sub-categorie (Cereali e derivati - Orto-floro-frutticoltura - Vitivinicola, olearia - Zootecnia e pesca - Legno - Tessili - Abbigliamento - Siderurgia e metallurgia - Meccanica, elettrotecnica, ottica e preziosi - Chimica - Combustibili e carburanti - Carta e stampa - Costruzioni edili - Acqua, gas, elettricità - Industrie estrattive - Vetro e ceramica - Comunicazioni interne - Spettacolo - Ospitalità - Previdenza e credito - Attività marittime, aeree e di navigazione interna - Attività varie).
Articolo
1, commi 429-432
(Trasmissione telematica dei dati dei
corrispettivi giornalieri
da parte delle imprese della grande distribuzione)
429. Le imprese che operano nel settore della grande distribuzione possono trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
430. Ai fini del comma 429 sono imprese di grande distribuzione commerciale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere e) ed f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, le aziende distributive che operano con esercizi commerciali definiti media e grande struttura di vendita aventi, quindi, superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti.
431. Le modalità tecniche ed i termini per la trasmissione telematica di cui al comma 429 sono definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La trasmissione telematica di cui al comma 429 sostituisce l’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi di cui all’articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696. Resta comunque fermo l’obbligo di emissione delle fatture su richiesta del cliente.
432. Le violazioni alle prescrizioni di cui ai commi 429 e 431 sono soggette alle sanzioni previste ai sensi dell’articolo 6, comma 3, dell’articolo 11, comma 5, e dell’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
I commi da 429 a 432 introducono una serie di disposizioni finalizzate alla trasmissione di alcuni dati, in via telematica, da parte delle imprese del settore della grande distribuzione all'Agenzia delle entrate.
Il comma 429 prevede per le imprese operanti nel settore della grande distribuzione - come definite dal successivo comma 430 - la possibilità di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate l’ammontare dei corrispettivi giornalieri relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, di cui agli articoli 2 e 3 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633. Tali dati possono essere trasmessi distintamente per ciascun punto vendita.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2 del DPR n. 633/1972, costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere.
Ai sensi dell'articolo 3 costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte.
Il comma 430 reca la definizione di imprese di grande distribuzione commerciale ai fini dell'applicazione del comma precedente. Si tratta, in particolare, di quelle aziende della distribuzione operanti in medie e grandi strutture di vendita come definite dall'articolo 4, comma 1, del D.Lgs. n. 114 del 1998 di riforma della disciplina del commercio. In sintesi:
§ aziende distributive che, nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, dispongono di una superficie superiore a 150 metri quadri;
§ aziende distributive che, nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti, dispongono di una superficie superiore a 250 metri quadri.
L'articolo 4 citato reca una serie di definizioni utilizzate nell'ambito del decreto. In particolare, il comma 1 alla lettera e) definisce come medie strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui alla lettera d) (cioè 150 mq. nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti) e fino a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; alla lettera f) definisce invece come grandi strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui alla lettera e).
Il comma 431 rimanda ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l'individuazione dei termini e delle modalità tecniche per effettuare la trasmissione telematica dei dati di cui al comma 429.
Lo stesso comma 431 prevede inoltre che la trasmissione telematica di cui al comma 20-bis vale a sostituire l’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi di cui all’articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 e al D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, restando comunque fermo l’obbligo di emettere la fattura su richiesta del cliente.
Il richiamato articolo 12 prevede che i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per le quali non è obbligatoria l'emissione della fattura se non a richiesta del cliente, devono essere certificati mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all'art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249 ovvero dello scontrino fiscale, anche manuale o prestampato a tagli fissi, di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18. Per le prestazioni di trasporto pubblico collettivo di persone e di veicoli e bagagli al seguito, con qualunque mezzo esercitato, i biglietti di trasporto assolvono la funzione dello scontrino fiscale.
Tale disposizione non si applica per le cessioni di tabacchi e di altri beni commercializzati esclusivamente dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, di beni iscritti nei pubblici registri, di carburanti e lubrificanti per autotrazione, di prodotti agricoli effettuate dai produttori agricoli cui si applica il regime speciale previsto dall'articolo 34, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per le prestazioni previste nel D.M. 25 settembre 1981, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 29 settembre 1981, nonché per le cessioni di beni risultanti, ancorché non ne sussista l'obbligo, da fattura accompagnatoria e, se integrati nell'ammontare dei corrispettivi, da bolla di accompagnamento, o da altri documenti sostitutivi delle stesse di cui al D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627.
Con decreti del Ministro delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti che devono esprimere il proprio parere entro trenta giorni dalla richiesta, può essere stabilito, nei confronti di determinate categorie di contribuenti o per determinate categorie di prestazioni con carattere di ripetitività e a scarsa rilevanza fiscale, l'esonero dagli obblighi citati, ferma restando, fino alla emanazione degli stessi, l'esclusione dall'obbligo di certificazione dei soggetti esonerati dall'obbligo di emissione della fattura a norma dell'articolo 22, secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Con gli stessi decreti saranno determinate le disposizioni per l'esercizio della opzione utile al rilascio dello scontrino fiscale in luogo della ricevuta fiscale o viceversa. Tale esercizio può essere limitato rispetto a talune attività.
Il comma 432, infine, determina le sanzioni per la violazione delle prescrizioni dettate dai precedenti commi 429 e 431.
In particolare, è previsto l'assoggettamento alle sanzioni previste ai sensi dell’articolo 6, comma 3, dell’articolo 11, comma 5, e dell’articolo 12, comma 3, del D.Lgs. n. 471 del 1997 nel caso di violazione di tali prescrizioni.
Si ricorda che l'articolo 6, comma 3 del D.Lgs. n. 471 del 1997 prevede che nel caso di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nel caso di emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell'IVA corrispondente all'importo non documentato. La stessa sanzione si applica in caso di omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali. Se non constano omesse annotazioni, la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione è punita con sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni
L'articolo 11, comma 5, dello stesso decreto prevede per l'omessa installazione degli apparecchi per l'emissione dello scontrino fiscale previsti dall'articolo 1 della legge n. 18 del 1983 è punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire otto milioni.
Il comma 3 dell'articolo 12 dispone invece che in caso di accertata omessa installazione degli apparecchi misuratori previsti dall'articolo 1 della legge n. 18 del 1983 è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività nei locali ad essa destinati per un periodo da quindici giorni a due mesi. In caso di recidiva, la sospensione è disposta da due a sei mesi.
Articolo
1, comma 433
(Vendita a trattativa privata di quote
indivise di beni immobili
di fondi interclusi e di diritti reali su beni immobili)
433. Nell’ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l’Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, le quote indivise di beni immobili, i fondi interclusi nonché i diritti reali su immobili, dei quali lo Stato è proprietario ovvero comunque è titolare. Il prezzo di vendita è stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenuto conto della particolare condizione giuridica dei beni e dei diritti. Il perfezionamento della vendita determina il venire meno dell’uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione.
Il comma 433, nell'ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, stabilisce che un decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze può autorizzare l’Agenzia del demanioa vendere a trattativa privata, anche in blocco, i seguenti beni e diritti, dei quali lo Stato è proprietario o titolare:
§ quote indivise di beni immobili;
§ fondi interclusi;
§ diritti reali su immobili.
La relazione del Governo al disegno di legge afferma che i beni di cui al comma in esame sono prevalentemente pervenuti allo Stato per il pagamento di debiti d’imposta o per eredità giacenti. Dagli stessi deriverebbero allo Stato solo oneri, in quanto l’assenza della totale titolarità comprometterebbe la gestione e l’utilizzo del bene. Si riscontrerebbero inoltre difficoltà di collocazione sul mercato.
Il prezzo di vendita dev’essere stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenendo conto della particolare condizione giuridica e difficile commerciabilità dei beni e dei diritti in questione. Il perfezionamento della vendita determina il venir meno dell'uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione, come ad esempio il diritto di prelazione.
Articolo
1, commi 434 e 435
(Trasferimento a titolo oneroso di beni
immobili dello Stato ai comuni che vi abbiano realizzato opere di
urbanizzazione)
434. Le aree che appartengono al patrimonio e al demanio dello Stato, sulle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni hanno realizzato le opere di urbanizzazione di cui all’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, e successive modificazioni, sono trasferite in proprietà, a titolo oneroso, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, al patrimonio indisponibile del comune che le richiede, con vincolo decennale di inalienabilità. La richiesta di trasferimento è presentata alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree oggetto di trasferimento. Il corrispettivo del trasferimento è determinato secondo i parametri fissati nell’elenco 3 allegato alla presente legge. I parametri sono aggiornati annualmente, a decorrere dal 1º gennaio 2006, nella misura dell’8 per cento.
435. Le somme dovute dai comuni per l’occupazione delle aree di cui al comma 434, non versate fino alla data di stipulazione dell’atto del loro trasferimento, sono corrisposte, contestualmente al trasferimento, in misura pari a un terzo degli importi di cui all’elenco 3 allegato alla presente legge, per ogni anno di occupazione, nei limiti della prescrizione quinquennale. Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall’amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree di cui al comma 434, e restano compensate fra le parti le spese di lite.
I commi 434 e 435 disciplinano la cessione in proprietà ai comuni di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato sulle quali i comuni stessi abbiano realizzato, alla data di entrata in vigore della presente legge, le opere di urbanizzazione[467], di cui all'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847.
Le aree cedute sono trasferite nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano ed entrano a far parte del patrimonio indisponibile del comune, il quale non le può alienare per i successivi dieci anni (comma 434, primo periodo).
Il trasferimento avviene a titolo oneroso e il relativo prezzo è determinato sulla base dei parametri contenuti nell’elenco 3, allegato alla presente legge. Il prezzo come sopra determinato si applica alle cessioni effettuate nell’anno 2005; per gli anni successivi è previsto un aumento nella misura dell’8 per cento annuo (comma 434, terzo e quarto periodo).
L’elenco (che per altro non è pubblicato unitamente alla legge) dovrebbe essere diviso in tre punti: il punto 1 stabilisce, in misura differenziata a seconda della classe dimensionale del comune, i valori unitari al metro quadrato delle aree con opere di urbanizzazione primaria. Il punto 2 stabilisce, ancora in misura differenziata, i valori unitari al metro quadro delle aree con opere di urbanizzazione secondaria (si evidenzia tuttavia che nella parte destra della relativa tabella si parla di “valori unitari delle opere”). Il punto 3 contiene coefficienti correttivi per zone territoriali omogenee, che si ritiene siano quelli di cui all’articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444[468].
I comuni interessati al trasferimento devono presentare alla filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente un’apposita richiesta, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree (comma 434, secondo periodo). Non sono fissati termini per la presentazione della suddetta richiesta.
In occasione del trasferimento delle aree il comune è tenuto a versare allo Stato, oltre al prezzo d’acquisto come sopra determinato, anche l’eventuale corrispettivo per l’occupazione delle aree stesse che non risulti precedentemente corrisposto. Tale corrispettivo è pari ad un terzo del prezzo d’acquisto per ciascun anno di occupazione, nel limite massimo di cinque annualità, oltre le quali subentrano i termini di prescrizione. Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall'amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree, e restano compensate fra le parti le spese di lite (comma 435).
La relazione al disegno di legge originario osserva che la norma in commento si limita a disciplinare situazioni di fatto esistenti e irreversibili, anche in considerazione della circostanza che la giurisprudenza ha sempre adottato in materia soluzioni di favore nei confronti degli enti locali.
436. I beni immobili che non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, di valore non superiore a 100.000 euro, individuati con i decreti di cui all’articolo 1, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 351 del 2001, possono essere alienati direttamente dall’Agenzia del demanio a trattativa privata, se non aggiudicati in vendita, al prezzo più alto, a seguito di procedura di invito pubblico ad offrire, della quale sia data adeguata pubblicità almeno su due quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due periodici a diffusione locale, di durata non inferiore al mese, esperito telematicamente attraverso il sito INTERNET della medesima Agenzia.
437. Le alienazioni di cui al comma 436 non sono soggette alla disposizione di cui al comma 113 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente il diritto di prelazione degli enti locali territoriali. Non sono altresì soggette alla disposizione di cui al primo periodo le alienazioni effettuate direttamente dalla Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica deserta, aventi ad oggetto immobili di valore inferiore a 250.000 euro; in caso di valore pari o superiore al predetto importo, il diritto di prelazione è esercitato dall’ente locale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell’Agenzia del demanio.
438. Relativamente agli immobili di cui al comma 436 è fatto salvo il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell’immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall’amministrazione competente.
Il comma 436 individua particolari modalità per l’alienazione, da parte dell’Agenzia del demanio, dei beni immobili per i quali si verificano contemporaneamente tutte le seguenti condizioni:
§ i beni sono stati individuati con i decreti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410;
Il citato articolo 1, comma 1, del D.L. n. 351 del 2001 ha demandato all’Agenzia del demanio di individuare, con propri decreti dirigenziali, i singoli beni facenti parte del patrimonio immobiliare dello Stato, distinguendo tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile.
§ i beni non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal citato D.L. n. 351 del 2001;
I beni immobili individuati ai sensi del sopra citato articolo 1, comma 1, del D.L. n. 351 del 2001 possono essere trasferiti a titolo oneroso a società appositamente costituite, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, dello stesso D.L. n. 351 del 2001, con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. L'inclusione nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile. I suddetti decreti contengono anche le modalità delle operazioni di dismissione, da effettuare mediante cartolarizzazione.
§ i beni hanno valore non superiore a 100.000 euro.
La procedura per la vendita degli immobili come sopra individuati si articola in due fasi, la seconda delle quali è meramente eventuale.
Innanzitutto viene esperita telematicamente, attraverso il sito internet dell’Agenzia del demanio, una procedura di invito pubblico ad offrire, di durata non inferiore al mese, con aggiudicazione in vendita al prezzo più alto. Della procedura di invito pubblico ad offrire deve essere data adeguata pubblicità almeno su due quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due periodici a diffusione locale.
Si segnala che non è espressamente prescritto che il prezzo di aggiudicazione debba essere eguale o superiore al valore attribuito al bene dall’Agenzia del demanio. Non è pertanto chiaro se il bene possa essere aggiudicato ad un prezzo inferiore al suo valore.
Qualora la procedura sopra descritta non dia luogo ad aggiudicazione in vendita, l’immobile può essere alienato a trattativa privata.
La disposizione consente di evitare il ricorso al pubblico incanto, che sarebbe la procedura altrimenti necessaria, ai sensi dell’articolo 10 della legge 24 dicembre 1908, n. 783, per la vendita dei beni immobili il cui valore sia superiore a 30 milioni di lire (pari a 15.493,71 euro). Ai sensi dello stesso articolo 10, quando ricorrano speciali circostanze di convenienza o di utilità generale, l’Amministrazione è autorizzata a vendere beni immobili a trattativa privata o per licitazione privata fino al limite massimo di 75 milioni di lire (pari a 38.734,27 euro).
Il comma 437 limita l’applicazione del diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali, di cui al comma 113 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Il citato comma 113 prevede che, in caso di alienazione di beni immobili appartenenti allo Stato, gli enti locali territoriali possono esercitare il diritto di prelazione. Si ricorda che anche gli immobili facenti parte delle operazioni di cartolarizzazione sono esclusi dal diritto di prelazione in favore degli enti locali; inoltre, relativamente a tali immobili è previsto per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri soggetti pubblici l’espresso divieto di rendersene acquirenti. Tale divieto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare beni immobili ad uso non residenziale per destinarli a finalità istituzionali degli enti stessi (articolo 3, comma 17, del citato D.L. n. 351 del 2001) o che intendono acquistare unità immobiliari residenziali per la loro assegnazione a conduttori in condizioni di disagio economico (articolo 3, comma 17-bis, del citato D.L. n. 351 del 2001).
Il primo periodo del comma 437 prevede che le alienazioni di immobili di cui al precedente comma 436 non sono soggette al diritto di prelazione .
Il secondo periodo esclude dal diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali anche le alienazioni di immobili di valore inferiore a 250.000 euro effettuate direttamente dall’Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica andata deserta. È inoltre previsto che il suddetto diritto di prelazione spettante nei confronti degli immobili di valore pari o superiore a 250.000 euro[469] debba essere esercitato dall’ente locale territoriale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell'Agenzia del demanio.
Si segnala che l’espressione “determinazione a vendere” potrebbe indurre a ritenere che il diritto di prelazione debba essere esercitato nel momento in cui l’ente proprietario decide di porre in vendita il proprio immobile. Tale ipotesi contrasta però con il successivo riferimento alle condizioni della vendita che, per quanto riguarda il prezzo, possono essere note solo in seguito all’esito dell’asta pubblica o della trattativa privata. Quest’ultima interpretazione è inoltre coerente con la comune nozione di diritto di prelazione che, sebbene non unitariamente disciplinato, riconosce generalmente il diritto di soggetti determinati ad acquistare alle condizioni risultanti dall’accordo intercorso fra il proprietario e un terzo.
Si ritiene, quantunque non sia espressamente indicato, che gli immobili ai quali si applica il comma 437 siano quelli che non sono compresi nelle operazioni di cartolarizzazione di cui all’articolo 3 del citato D.-L. n. 351 del 2001, in quanto per tali beni sono già previsti, come sopra riportato, non solo l’inapplicabilità del diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali, ma anche il divieto di acquisto da parte degli stessi enti.
Il comma 438 fa salvo, per gli immobili di cui al precedente comma 436, il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'Amministrazione competente.
L’articolo 3, comma 99, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato da ultimo dall'articolo 43, comma 15, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevede, limitatamente ai beni immobili non destinati ad uso abitativo, analogo diritto di prelazione in favore dei concessionari e dei conduttori, nonché in favore di tutti i soggetti che, già concessionari, siano comunque ancora nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione e che abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'amministrazione competente, relativamente ai beni immobili e ai diritti immobiliari appartenenti al patrimonio dello Stato non conferiti a fondi immobiliari ma oggetto dei programmi di alienazione.
In detti programmi vengono altresì stabiliti le modalità di esercizio del diritto di prelazione previsto dal comma 113, i diritti attribuiti ai conduttori e gli obblighi a carico degli stessi secondo i criteri previsti dal secondo periodo della lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 (impegno del soggetto acquirente, in caso di rivendita frazionata degli immobili acquistati, a garantire il rispetto del diritto di prelazione degli eventuali conduttori, e obbligo di indicare un istituto bancario che si impegni a concedere mutui ipotecari a condizioni agevolate in favore dei conduttori stessi per l'acquisto dei beni in locazione).
Articolo
1, comma 439
(Regime di reciprocità tra Stato ed enti
locali in materia di utilizzazione degli immobili)
439. Le disposizioni agevolative previste dalla normativa vigente in favore di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati, in materia di utilizzo di beni immobili di proprietà statale sono applicate in regime di reciprocità in favore delle amministrazioni dello Stato che a loro volta utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà degli stessi enti.
Il comma 439, a condizioni di reciprocità, estende alle amministrazioni dello Stato che utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati le disposizioni agevolative riconosciute dalla normativa vigente in favore dei suddetti enti che utilizzano beni immobili di proprietà statale.
La relazione illustrativa chiarisce che la normativa alla quale fa riferimento la disposizione in esame è quella contenuta nella legge 11 luglio 1986, n. 390, recante disciplina delle concessioni e delle locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e degli enti ecclesiastici.
L’articolo 1 della legge 11 luglio 1996, n. 390, disciplina le locazioni e concessioni stipulate tra l’Amministrazione finanziaria e i seguenti soggetti, aventi ad oggetto immobili non suscettibili, anche temporaneamente, di utilizzazione per usi governativi:
§ istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato;
§ enti pubblici, da individuare con apposito decreto del Ministro delle finanze, che fruiscono di contributi ordinari previsti e che perseguono esclusivamente fini di rilevante interesse culturale;
§ associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali;
§ altri enti, istituti, fondazioni o associazioni riconosciute che perseguono esclusivamente fini di rilevante interesse culturale e svolgono, in relazione a tali fini, attività sulla base di un programma almeno triennale;
§ cooperative sociali, associazioni di volontariato ed associazioni di promozione sociale che perseguono rilevanti finalità culturali o umanitarie.
Le stesse disposizioni si applicano inoltre alle concessioni, in favore di ordini religiosi, di immobili statali costituenti abbazie, certose e monasteri, per l’esercizio esclusivo di attività religiosa, di assistenza, di beneficenza e comunque connessa con le prescrizioni di regole monastiche.
Il canone dovuto per le concessioni e locazioni disciplinate dalla citata legge ha carattere ricognitorio e non può essere inferiore a 100.000 lire annue (pari a 51,65 euro), né superiore al 10 per cento del canone di mercato. Gli oneri per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile sono a carico del concessionario o del conduttore, così come gli oneri, le contribuzioni e gli obblighi di qualsiasi natura gravanti sull’immobile.
L’articolo 2 rimette a un decreto del Ministro delle finanze lo stabilimento dei criteri e delle modalità per la concessione o la locazione di beni immobili demaniali o patrimoniali dello Stato in favore di enti pubblici territoriali, ivi compresi gli enti parco nazionali, delle unità sanitarie locali, nonché di enti ecclesiastici, civilmente riconosciuti, della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati per legge sulla base delle intese di cui all'articolo 8 della Costituzione. A queste concessioni e locazioni si applicano le disposizioni dell'articolo precedente in materia di durata, canone e oneri.
Il relativo procedimento è ora disciplinato dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 2001, n. 41.
Articolo
1, comma 440
(Abrogazione di disposizioni in materia
di permuta
di immobili demaniali)
440. Il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, è abrogato.
Il comma 440 abroga il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, recante norme per la permuta di immobili demaniali adibiti ad uso di pubblici uffici.
Il suddetto decreto-legge autorizza la pubblica amministrazione a permutare, senza limiti di valore, immobili adibiti a uffici pubblici, con altri immobili di minor valore, eventualmente anche da costruire, che abbiano la stessa o analoga destinazione. La differenza di valore deve essere corrisposta, mediante conguaglio in danaro, a favore dell'amministrazione demaniale
La relazione illustrativa all’A.C. 5310 osserva che tale normativa “può ritenersi superata di fatto da nuovi strumenti, quali Accordi di programma e Conferenze di servizi, che maggiormente si prestano a soddisfare interessi ed esigenze comuni che interessano più soggetti. Purtuttavia la mancata espressa abrogazione della norma in esame, del tutto incoerente con il nuovo quadro normativo[470], limita l’azione e rende difficile il coordinamento a livello normativo.”
441. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all’articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell’articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, nonché agli alloggi di cui al comma 442.
Il comma 441 interviene con riferimento alla disciplina recata dall'articolo 2 della legge n. 449 del 1997, in materia di trasferimento in proprietà a titolo gratuito, ai Comuni degli alloggi e delle pertinenze di proprietà dello Stato, costruiti in base a disposizioni speciali di finanziamento per sopperire ad esigenze abitative pubbliche, anche quando gli alloggi stessi siano stati affidati ad appositi enti gestori.
In base al citato art. 2, comma 1, della legge n. 449 del 1997, il trasferimento ai Comuni avviene su richiesta di questi ultimi, a titolo gratuito, e le operazioni di trascrizione e di voltura catastale sono esenti da imposte.
Il successivo comma 2 prevede che sia fatto salvo il diritto degli attuali assegnatari all'acquisto dei suddetti alloggi, alle condizioni previste dalle norme vigenti. Il comma 3, infine, esclude dall'ambito dell'alienazione gli alloggi di servizio oggetto di concessione amministrativa e destinati a pubblici dipendenti cui siano attribuite particolari funzioni.
Si ricorda, altresì, che su tale disciplina è intervenuto anche l’art. 46 della legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000 n. 388)[471] che aveva previsto che i comuni nei cui territori erano ubicati gli alloggi di cui all’art. 2 della legge n. 449 del 1997, potessero procedere alla richiesta di trasferimento in proprietà di tali alloggi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della citata legge finanziaria”.
Tali alloggi sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il trasferimento in proprietà degli immobili ai Comuni dovrà quindi avvenire ope legis, e non su richiesta come invece dispone l’art. 2, comma 1, della legge n. 449 del 1997.
Il comma precisa, inoltre, che gli alloggi saranno trasferiti ai comuni nello stato di fatto e di diritto in cui gli stessi si trovano al momento del passaggio, analogamente a quanto previsto anche dalle disposizioni contenute nell’art. 46, comma 2, della legge n. 388 del 2001.
Nulla viene disposto, invece, in relazione all’esenzione dalle imposte delle relative operazioni di trascrizione e voltura che, invece, è prevista dallo stesso comma 1, dell’art. 2, della legge n. 449 del 1997 e, conseguentemente, anche nell’art. 46, comma 2, della legge n. 388 del 2001.
Il comma in esame dispone, inoltre, che i comuni hanno 120 giorni di tempo dalla data dell’avvenuta volturazione per provvedere all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie, analogamente a quanto prevedeva già il comma 2, dell’art. 46 della legge n. 388 del 2001.
La finalità della disposizione in commento è da rinvenirsi, come evidenziato nella relazione illustrativa del disegno di legge finanziaria, nel fatto che non tutti i comuni si sono avvalsi di tale facoltà e che, pertanto, anche “laddove è stata avanzata la richiesta questa ha riguardato parte e non la totalità degli alloggi esistenti sul territorio”.
Conseguentemente, prosegue la relazione, è stata, non solo vanificata la finalità delle disposizioni contenute nell’art. 2 della legge n. 449 del 1997, che era quella di “riunificare a livello locale la titolarità e l’intera gestione dell’edilizia residenziale pubblica”, ma si è “accentuata la frammentarietà nella gestioni di tali immobili con gravi ripercussioni sulla proficuità del loro utilizzo”.
Il comma in esame esonera, infine, dall’applicabilità delle suddette disposizioni:
§ gli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 137 del 1952, in quanto soggetti ad una particolare disciplina.
Si ricorda, infatti, che l’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, del quale l’articolo 4, comma 223, della legge n. 350 del 2003 ha recato l’interpretazione autentica, prevede che gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi dell'art. 18 della legge n. 137 del 1952 siano ceduti in proprietà ai profughi assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge. Ulteriori disposizioni relative all’alienazione di tali alloggi ai profughi sono contenute nei successivi commi 224 e 225 dello stesso art. 4.
§ gli alloggi di cui al comma 442, cioè quelli realizzati per accogliere famiglie allocate in abitazioni malsane (quali grotte, baracche, ecc.) ai sensi della legge n. 640 del 1954, i quali sono ceduti in proprietà agli assegnatari o loro congiunti, in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge
Articolo
1, comma 442
(Cessione di alloggi di edilizia
residenziale pubblica
ad assegnatari o loro congiunti)
442. Al fine di consentire la regolare e sollecita conclusione delle procedure e in coerenza con l’articolo 4, comma 223, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il comma 27 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, si interpreta nel senso che gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640, sono ceduti in proprietà agli assegnatari o loro congiunti, in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge. Per la determinazione delle condizioni di vendita, ivi comprese la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, si fa riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell’alloggio.
Il comma 442 reca l’interpretazione autentica del comma 27 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560.
Tale comma 27 deve essere interpretato nel senso che gli alloggi di proprietà statale realizzati ai sensi della legge n. 640 del 1954 (ossia per accogliere famiglie allocate in abitazioni malsane quali grotte, baracche, ecc.) sono ceduti in proprietà agli assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge.
Per la determinazione delle condizioni di vendita, incluse la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, deve farsi riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell'alloggio.
L'interpretazione viene effettuata al fine di agevolare la conclusione delle procedure relative ed in coerenza con quanto previsto dall'articolo 4, comma 223, della legge n. 350/2003.
Si ricorda che il comma 223 citato ha avuto ad oggetto l’interpretazione autentica del comma 24 dell'articolo 1 della legge n. 560/1993. In particolare, il comma 223 ha previsto che la predetta disposizione si interpreta nel senso che gli alloggi di proprietà statale realizzati ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 137/1952, assegnati ai cittadini italiani in possesso della qualifica di profugo ai sensi dell'articolo 1 della legge 4 marzo 1952, n. 137 (recante "Assistenza a favore dei profughi") vanno ceduti in proprietà ai profughi assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge.
Si ricorda inoltre che con la legge 9 agosto 1954, n. 640, recante "Provvedimenti per l'eliminazione delle abitazioni malsane", il Ministero delle infrastrutture è stato autorizzato a disporre la costruzione, a spese dello Stato, di alloggi per accogliere le famiglie allocate in grotte, baracche, scantinati, edifici pubblici, locali malsani e simili.
Gli alloggi predetti sono di tipo popolare e debbono comprendere di regola alloggi da due a tre vani utili e con un massimo di quattro oltre i servizi accessori.
Gli alloggi sono assegnati in locazione ovvero con patto di futura vendita. I locatari degli alloggi pagano un corrispettivo annuo - da determinarsi da parte dei Ministri delle infrastrutture e dell'economia - comprensivo di tutto o parte sia del frutto del capitale investito nella costruzione sia delle spese enumerate all'ultimo comma dell'art. 21 del testo unico 28 aprile 1938, n. 1165. In caso di assegnazione con patto di futura vendita, il corrispettivo è determinato in base al costo di costruzione, da corrispondere in 35 rate annuali senza interessi ed alle spese di cui al precedente capoverso. Decorsi dieci anni dall'assegnazione, gli assegnatari possono chiedere il trasferimento anticipato della proprietà, verso pagamento in unica soluzione della quota di capitale ancora dovuta, ridotta di un terzo. Il pagamento dei canoni di locazione e di ammortamento e le eventuali morosità sono disciplinati dalle norme del testo unico 28 aprile 1938, n. 1165.
Gli alloggi sono assegnati alle famiglie per le quali sia stata pronunziata la dichiarazione della inabitabilità degli ambienti riconosciuti insalubri ovvero, se questa non esista, in relazione all'urgenza di sistemazione dei nuclei familiari e sempre che il capo famiglia e il coniuge possiedano i requisiti prescritti per l'assegnazione degli alloggi degli Istituti per le case popolari.
Fuori del caso in cui sia stata pronunciata la predetta dichiarazione, non hanno titolo a concorrere all'assegnazione degli alloggi i nuclei familiari che hanno preso alloggio in grotte, baracche, scantinati, edifici pubblici, locali malsani e simili successivamente alla data di pubblicazione della legge.
Si ricorda che la legge 24 dicembre 1993, n. 560 recante norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica prevede che le Regioni formino piani di vendita di determinati alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Il comma 27 dell’articolo unico di tale legge prevede che è fatto salvo il diritto, maturato dall'assegnatario alla data di entrata in vigore della presente legge, all'acquisto di alloggi pubblici alle condizioni di cui alle leggi vigenti in materia alla medesima data.
443. Dopo il comma 13-bis dell’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono aggiunti i seguenti:
«13-ter. In sede di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis, il Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l’Agenzia del demanio, individua entro il 28 febbraio 2005 beni immobili comunque in uso all’Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e, a tal fine, consegnare al Ministero dell’economia e delle finanze e, per esso, all’Agenzia del demanio.
13-quater. Gli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e di cui ai commi da 6 a 8. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell’Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.
13-quinquies. La Cassa depositi e prestiti concede, entro trenta giorni dalla data di individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1.357 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili. Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Dicastero della Difesa su appositi fondi relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi, da ripartire, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.
13-sexies. Fermo restando quanto previsto al comma 13-quinquies, a valere sulle risorse derivanti dall’applicazione delle procedure di valorizzazione e dismissione dei beni immobili dell’Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, ai sensi dei commi 13 e 13-bis, e individuati dal Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l’Agenzia del demanio, per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009 una somma di 30 milioni di euro è destinata all’ammodernamento e alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, La Spezia e Taranto. Inoltre, una somma di 30 milioni di euro per l’anno 2005 è destinata al finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente».
Il comma 443 modifica l’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introducendo quattro nuovi commi, da 13-ter a 13-sexies, volti ad integrare la disciplina della dismissione degli immobili della difesa per contemperare le esigenze di valorizzazione e gestione produttiva degli immobili di proprietà dello Stato con le esigenze finanziarie manifestate dal Ministero della difesa.
L’articolo 27, commi 1-12, del citato D.L. n. 269 del 2003,haintrodotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del T.U dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490 del 1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione, nell’ottica della loro eventuale utilizzazione sul mercato.
Il comma 13, in particolare,haesteso l’applicazione di alcune norme, relative alle valorizzazioni e dismissioni di immobili pubblici, contenute nel D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), alle operazioni aventi ad oggetto gli immobili del Ministero della difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 e all’articolo 44, comma 1, della legge n. 448 del 1998, riguardo ai quali sia accertato il venir meno dell'interesse all'utilizzo per finalità militari, ovvero non risulti più economicamente conveniente la gestione diretta. Le norme appena citate saranno commentate più avanti.
Le disposizioni delle quali il comma 13 estende l’applicazione ai fini della valorizzazione dei beni sopra indicati sono le seguenti:
- articolo 3, comma 15, del D.L. n. 351 del 2001, che prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze possa convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre alla loro approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto delle procedure di cartolarizzazione[472];
- articolo 3, comma 17, del D.L. n. 351 del 2001, che esclude, relativamente ai trasferimenti di beni immobili effettuati secondo le procedure di cartolarizzazione, il diritto di prelazione spettante a terzi, l’acquisizione delle autorizzazioni previste dal testo unico sui beni culturali e ambientali, la proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali. Inoltre, il medesimo comma stabilisce il divieto di acquisto dei beni citati da parte delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri soggetti pubblici. Il divieto di acquisto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare immobili ad uso non residenziale per destinarli alle proprie finalità istituzionali;
- articolo 80, commi 3-5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003). Il comma 3 dell’articolo prevede, con riferimento ai beni trasferiti alla società Patrimonio dello Stato Spa (società costituita, ai sensi dell’articolo 7 del D.L. n. 63 del 2002, ai fini della valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato), l’utilizzo delle conferenze di servizi o degli accordi di programma allo scopo di definire iniziative per la valorizzazione dei beni medesimi. Lo stesso comma rimette poi ad un decreto del Ministro dell’economia la determinazione dei criteri per l’assegnazione agli enti locali, coinvolti nel procedimento di alienazione, di una quota del ricavato della vendita degli immobili, o, in alternativa, l’assegnazione di altri beni immobili.
I commi 4 e 5 dell’articolo 80 disciplinano un procedimento di acquisizione, da parte degli enti locali interessati, di beni immobili del patrimonio dello Stato, ubicati nel loro territorio, al fine della valorizzazione, recupero, riqualificazione ed eventuale ridestinazione d'uso dei beni stessi[473].
Il comma 13-bis del medesimo articolo 27 ha demandato all’Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, l’individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da inserire in programmi di dismissione per le finalità di cui al già citato articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate).
Appare opportuno fornire ora un quadro di sintesi della complessa vicenda della dismissione degli immobili della difesa. L’articolo 3, comma 112[474], della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha previsto l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettandone le relative disposizioni procedurali e disponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[475].
Per quanto attiene alle procedure di dismissione il comma 112 dell’articolo 3 della legge n. 662 prevede quanto segue:
- le alienazioni, permute, valutazioni e gestioni degli immobili possono essere effettuate previo conferimento di specifico incarico a società a prevalente capitale pubblico, avente particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare (lettera a);
- per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990[476] (lettera b);
- alla determinazione del valore dei beni da alienare e da ricevere in permuta[477] provvede la società affidataria tenendo conto della incidenza delle valorizzazioni conseguenti alle eventuali modificazioni degli strumenti urbanistici rese necessarie dalla nuova utilizzazione. La valutazione è approvata dal Ministro della difesa a seguito di parere espresso da una commissione di congruità nominata con decreto del Ministro della difesa, composta da esponenti dei Ministeri della difesa, del tesoro, delle finanze, dei lavori pubblici e da un esperto in possesso di comprovata professionalità nel settore, su indicazione del Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato (lettera c);
- i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa e l'approvazione può essere negata qualora il contenuto convenzionale risulti inadeguato rispetto alle esigenze della Difesa anche se sopraggiunte successivamente all'adozione del programma (lettera d);
- ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, il Ministero della difesa comunica l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia sulla eventuale sussistenza dell’interesse storico-artistico, individuando, in caso positivo, le singole parti degli immobili soggette a tutela. (lettera e). In merito a tale ultima previsione, va tuttavia segnalato che con l’articolo 16, comma 6, della legge 28 luglio 1999, n. 266, èstata estesa alle predette dismissioni l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base alle quali i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il previsto regolamento è stato approvato con D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283.
In seguito l’articolo 44 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, ha disposto la continuazione del programma di dismissioni appena illustrato, dettando ulteriori norme di attuazione. In particolare, in tema di assegnazione delle risorse derivanti dalle alienazioni e gestioni degli immobili, il comma 4 ha disposto che queste siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel complessivo limite di 1.400 miliardi, allo stato di previsione del Ministero della difesa. Altre disposizioni dell’articolo, alcune delle quali introdotte da interventi normativi successivi, sono state successivamente abrogate.
È quindi intervenuto l’articolo 43 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001) che ha confermato, per le attività di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni immobili della difesa, l’applicazione delle norme dettate dai citati articoli 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e 44 della legge n. 448 del 1998, apportando alcune modifiche alla normativa vigente. Secondo quanto esplicitato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, la finalità di tale previsione è quella di salvaguardare la specificità delle iniziative di dismissione degli immobili in uso al Ministero della difesa, prevedendo per le successive alienazioni l’applicazione del procedimento seguìto per quelle già effettuate e utilizzando per tale processo la Società già risultata affidataria dell’incarico in seguito a svolgimento di gara esperita a livello europeo[478]. Tale soluzione consentirebbe, secondo quanto esposto nella relazione, di evitare lo svolgimento di ulteriori gare e di usufruire di un soggetto che ha ormai maturato esperienza nel settore.
In particolare il comma 9 prevede che il Ministero della difesa possa alienare i beni secondo le procedure della trattativa privata, purché il valore dei beni da alienare sia inferiore a 200.000 euro. Tale previsione introduce una semplificazione delle procedure attinenti all'alienazione degli immobili della difesa, caratterizzandosi la trattativa privata (rispetto agli altri procedimenti di gara, quali l'asta pubblica e la licitazione privata) per il carattere d’informalità e quindi per la maggiore snellezza dell'iter procedimentale. L'alienazione deve riguardare i beni valutati non più necessari per le esigenze della difesa, anche se gli stessi non siano ricompresi nei programmi di dismissioni di cui all'articolo 3, comma 112, legge n. 662 del 1996. Il secondo capoverso del comma in esame, analogamente a quanto disposto dall’articolo 44, comma 4, della legge n. 448 del 1998, sopra esposto, stabilisce inoltre che i proventi derivanti dalle alienazioni in questione siano assegnati al Ministero della difesa per il conseguimento degli obiettivi di ammodernamento e potenziamento operativo, strutturale e infrastrutturale delle Forze armate.
Il comma 10 stabilisce che, a valere sulle risorse derivanti dalle alienazioni effettuate e riassegnate al Ministero della difesa, la somma complessiva di 50 miliardi sia destinata alla ristrutturazione e all'ammodernamento degli arsenali della Marina militare di Taranto e della Spezia.
Il comma 14 consente al Ministero della difesa di avvalersi, per il compimento delle attività tecnico–operative di supporto alle dismissioni, di una società a totale partecipazione dello Stato, sia diretta che indiretta, derogando alle norme sulla contabilità generale dello Stato.
Infine l’articolo 27, comma 13, del D.L. n. 269/2003, ha introdotto le disposizioni che si sono già commentate sopra.
Vediamo ora nel dettaglio il contenuto delle norme che il comma 443 introduce nel citato articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003, dopo il comma 13-bis, integrando il procedimento già disciplinato dai commi 13 e 13-bis dell’articolo, che si sono già commentati.
Il comma 13-ter prevede che nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis dell’articolo 27, più volte citati, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individui beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima. Tale adempimento deve essere compiuto entro il 28 febbraio 2005.
Il comma 13-quater stabilisce che gli immobili individuati e consegnati ai sensi del precedente comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al D.L. n. 351 del 2001, già citato, e di cui ai commi da 6 a 8. L'Agenzia del demanio provvede alla stima degli immobili individuati, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.
Il decreto-legge 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, nel capo I (articoli 1-4), contiene una serie di disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.
Il decreto, allo scopo di semplificare le modalità di dismissione di beni immobili, ha introdotto una procedura articolata essenzialmente in due passaggi.
In primo luogo (articolo 1), è stata affidata all’Agenzia del demanio la ricognizione:
1. dei beni immobili di proprietà dello Stato, distinti tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio disponibile e indisponibile;
2. dei beni immobili di proprietà degli enti pubblici non territoriali;
3. dei beni immobili non strumentali in precedenza attribuiti a società a totale partecipazione pubblica, riconosciuti di proprietà dello Stato;
4. dei beni immobili di proprietà dello Stato ubicati all’estero.
I decreti adottati dall’Agenzia del demanio hanno valore dichiarativo della proprietà.
La ricognizione è estesa anche ai beni delle regioni, province, comuni e altri enti locali che ne facciano richiesta, nonché ai beni utilizzati per uso pubblico, ininterrottamente da oltre venti anni, con il consenso del proprietario.
In secondo luogo si è previsto il ricorso alla tecnica della cartolarizzazione (articoli 2 e 3) attraverso il trasferimento degli immobili da cedere alle società veicolo[479].
Per ogni operazione di cartolarizzazione sono individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, i beni immobili destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti. Tali beni e ogni altro diritto acquisito nell’ambito dell’operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società veicolo e da quello delle altre operazioni. Delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli, dei soggetti concedenti i finanziamenti e di ogni altro creditore, risponde esclusivamente il patrimonio separato (c.d. principio della segregazione).
La società veicolo gestisce gli immobili e li rivende sul mercato. I flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso del debito e degli interessi e oneri accessori, delle commissioni ai soggetti terzi e degli altri costi.
L'eventuale residuo costituisce il cosiddetto prezzo differito, da retrocedere all'originario titolare del diritto di proprietà.
Il comma 13-quinquies prevede che la Cassa depositi e prestiti, entro trenta giorni dalla data d’individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, concede anticipazioni finanziarie pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro[480].
Il comma prosegue disponendo che le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del medesimo D.L. n. 269 del 2003. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.
Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Ministero della difesa su appositi fondi, relativi ai consumi intermedi ed agli investimenti fissi lordi. Tali fondi saranno ripartiti, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa. Del decreto dovrà essere data comunicazione, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, alle Commissioni parlamentari competenti ed alla Corte dei conti.
L'articolo 5 del D.L. n. 269 del 2003 ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. Il comma 8, in riferimento alle attività svolte dalla Cassa, e ripetendo la disposizione già contenuta nell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 284 del 1999, stabilisce che la Cassa depositi e prestiti SpA. possa assumere partecipazioni e svolgere le attività strumentali, connesse e accessorie ai propri compiti. Per le attività di finanziamento a favore degli enti pubblici, tra cui lo Stato, le regioni e gli enti locali, e degli organismi di diritto pubblico, il comma dispone che sia istituita una gestione separata che riguarda i profili contabili e organizzativi. Alla gestione separata possono essere assegnate partecipazioni azionarie di cui la Cassa depositi e prestiti SpA è titolare. Le partecipazioni da attribuire alla gestione separata sono individuate con il decreto ministeriale previsto dal comma 3 del medesimo articolo 5, che può anche disporre forme di razionalizzazione e concentrazione delle partecipazioni detenute dalla Cassa al momento della trasformazione. Sono assegnate alla gestione separata anche le attività strumentali, connesse e accessorie. La gestione separata, infine, può effettuare attività di assistenza e consulenza in favore dei soggetti beneficiari dei finanziamenti da essa concessi.
Il comma 13-sexies stabilisce che, fermo restando quanto previsto dal comma precedente, una parte delle somme derivanti dalle procedure di valorizzazione e dismissione degli immobili della difesa, di cui ai commi 13 e 13-bis, sopra commentati, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009, sia destinata all'ammodernamento ed alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, della Spezia e di Taranto. Inoltre, viene stanziata l’ulteriore somma di 30 milioni di euro per l’anno 2005, per il finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente.
Il comma ha contenuto analogo a quanto già previsto dall’articolo 43, comma 10, della legge n. 388/2000, sopra richiamato.
Articolo
1, comma 444
(Locazione degli immobili destinati a
caserme e alloggi di servizio della Guardia di finanza)
444. Le finalità di cui all’articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, e successive modificazioni, possono essere conseguite anche attraverso il ricorso alla locazione, anche finanziaria, con l’utilizzo delle risorse non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.
Il comma 444 prevede che le finalità di contrasto all’evasione fiscale, di cui all’articolo 29 della legge n. 28 del 1999, da realizzarsi attraverso una migliore articolazione delle strutture del Corpo della Guardia di finanza sul territorio e una maggiore mobilità del suo personale, possano essere conseguite anche attraverso la locazione, anche finanziaria (leasing), degli immobili destinati a caserme e alloggi di servizio.
L’intervento previsto dal comma è realizzato con utilizzo delle risorse, stanziate dal citato articolo 29 della legge n. 28 del 1999, non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.
L’articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, ha autorizzato la realizzazione di un programma per la costruzione, l’ammodernamento e l’acquisto di immobili destinati a caserme e alloggi di servizio per il Corpo della Guardia di finanza, al fine di assicurare una maggiore efficienza nell'attività di contrasto all'evasione fiscale. Il comma 4 del citato articolo 29 provvede alla copertura degli oneri per la realizzazione del programma.
Si segnala che l’articolo 29, comma 1, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), ha successivamente previsto che una quota, da stabilire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, delle risorse di cui al citato articolo 29 della legge n. 28 del 1999, non impegnate al termine dell’esercizio finanziario 2003, sia assegnata al fondo, nel quale affluiscono anche parte delle risorse derivanti dalla dismissione di beni immobili dello Stato, destinato alla spesa per i canoni di locazione degli stessi immobili dismessi (si veda la scheda di commento del comma 273 dell’articolo 1 della legge in esame).
Articolo
1, comma 445
(Abrogazione della possibilità di
acquisizione gratuita dei beni del demanio statale da parte dei comuni)
445. Il comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, è abrogato.
Il comma 445 abroga il comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. legge Bassanini-bis).
La relazione illustrativa del Governo afferma che la disposizione abrogata era ormai superata alla luce della più recente legislazione in materia di valorizzazione dei beni demaniali, facendo in particolare riferimento alla legge 2 aprile 2001, n. 136, che ha introdotto nuove procedure per la valorizzazione e l’utilizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, intese a favorire il coinvolgimento dei comuni e degli altri enti locali che utilizzino l’immobile o nel cui territorio sia localizzato tale bene,e al D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410), relativo a cartolarizzazioni e conferimento di immobili pubblici a fondi comuni d’investimento immobiliare.
Il citato comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, rimetteva a un successivo regolamento[481] la disciplina dei casi e delle modalità con le quali i beni immobili dello Stato, iscritti in catasto nel demanio civile e militare, risultanti inutilizzati da almeno dieci anni, sarebbero stati ceduti a titolo gratuito ai comuni, alle province e alle regioni che ne avessero fatto richiesta. La cessione doveva essere effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle finanze, del tesoro e della difesa.
La cessione non poteva riguardare gli immobili:
§ rientranti nel programma di dismissione di immobili della Difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Il citato comma 112 prevede che, per le esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, sia realizzato un apposito programma di dismissioni. Gli immobili da inserire in tale programma sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze;
§ conferiti nei fondi immobiliari istituiti ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.
Il citato art. 14-bis disciplina i fondi immobiliari con apporto pubblico. Le quote di questi fondi possono essere sottoscritte, entro un anno dalla loro costituzione, con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili, qualora l’apporto sia costituito per oltre il 51% da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.
Il suddetto regolamento di cui al comma 65 dell’articolo 17 della legge n. 127 del 1997 non era stato emanato.
Articolo
1, commi 446-448
(Monitoraggio degli interventi edilizi
sul patrimonio immobiliare dello Stato)
446. Per conseguire obiettivi di contenimento, razionalizzazione, ottimizzazione e programmazione della spesa pubblica destinata ad interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, fermo restando il quadro normativo vigente, ed in particolare le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, provvedono, ai fini del coordinamento, del monitoraggio e della ottimale gestione del patrimonio dello Stato a comunicare all’Agenzia del demanio:
a) entro il 30 ottobre di ogni anno, gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell’articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2004, relativi all’esecuzione di interventi edilizi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato;
b) i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. Identica comunicazione è dovuta in tutti i casi di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori;
c) ogni tre mesi, il consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, eventualmente eseguiti nell’anno considerato;
d) entro il 31 ottobre di ogni anno, le previsioni in ordine ai fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, nonché le previsioni in ordine alle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all’esecuzione delle predette finalità.
447. L’Agenzia del demanio elabora linee guida tecnico-operative per la formazione o l’aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo, e fornisce alle amministrazioni di cui al comma 446 il supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali.
448. L’Agenzia del demanio, entro il 30 aprile di ogni anno, presenta al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 447.
I commi 446-448 introducono una procedura per la programmazione omogenea e il monitoraggio degli interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, allo scopo di contenere, razionalizzare, ottimizzare e programmare la spesa pubblica destinata a tali interventi.
Viene espressamente fatta salva la normativa vigente, con particolare riferimento alle competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 446 in particolare pone a carico delle amministrazioni dello Stato e delle Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, l’obbligo di effettuare comunicazioni all’Agenzia del demanio aventi i seguenti oggetti e termini:
a) comunicazione contenente gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, n. 898/IV, relativi all'esecuzione degli interventi edilizi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato. Tale comunicazione deve essere effettuata entro il 30 ottobre di ogni anno;
b) comunicazione contenente i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. In caso di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori, ne deve essere data comunicazione all’Agenzia del demanio;
c) comunicazione del consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali, nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge n. 109 del 1994, eventualmente eseguiti nell'anno considerato. Tale comunicazione deve essere effettuata ogni tre mesi;
d) comunicazione delle previsioni dei fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, e comunicazione delle previsioni delle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all'esecuzione delle stesse finalità. Queste comunicazioni devono essere effettuate entro il 31 ottobre di ciascun anno.
Il merito agli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali previsti dalle lettere a), b), c) e d) del comma in esame, e redatti ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 104, si ricorda che essi rappresentano gli strumenti attraverso i quali viene attuata la programmazione dei lavori pubblici, introdotta, appunto, dal citato articolo 14. La programmazione (per lavori superiori a 100.000 euro) riguarda i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 104, cioè le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici, compresi quelli economici, gli enti ed alle amministrazioni locali, le loro associazioni e consorzi nonché agli altri organismi di diritto pubblico. La realizzazione dei lavori pubblici da parte dei predetti soggetti si svolge, quindi, sulla base di un programma triennale, aggiornato annualmente, che viene approvato nei modi di legge, unitamente all’elenco dei lavori da realizzare nell’anno stesso.
La piena utilizzazione delle regole in tema di programmazione, come regolamentata nei suoi profili procedimentali, tecnico-operativi e finanziari dall’articolo 14, ha trovato quindi attuazione solo recentemente con l’emanazione del Decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti n. 898/IV del 22 giugno 2004[482] (che ha sostituito, razionalizzando e semplificando, il precedente decreto ministeriale del 21 giugno 2000, n. 5374/21/65) con il quale sono stati definiti la procedura e gli schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, dei suoi aggiornamenti annuali e dell'elenco annuale dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 14, comma 11, della legge 11 febbraio 1994, n. 109. Il decreto, stabilisce, tra l’altro, che lo schema di programma e gli aggiornamenti sono redatti entro il 30 settembre di ogni anno, e, prima della loro pubblicazione, sono adottati entro il 15 ottobre di ogni anno dall'organo competente secondo i rispettivi ordinamenti. Con la recente circolare 16 dicembre 2004, n. 1618[483] sono stati, da ultimo, forniti chiarimenti in merito al DM n. 898/IV del 2004.
Gli interventi edilizi interessati dalla programmazione triennale sono quelli previsti dall'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, “T.U in materia edilizia”, entrato in vigore il 30 giugno 2003, su immobili di proprietà dello Stato.
Si ricorda che l’articolo 3 del T.U. n. 380 reca la definizioni degli interventi edilizi. Le definizioni interessate dal comma in esame sono le seguenti:
b) «interventi di manutenzione straordinaria», le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
c) «interventi di restauro e di risanamento conservativo», gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;
d) «interventi di ristrutturazione edilizia», gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'àmbito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;
e) «interventi di nuova costruzione», quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6).
A norma del successivo comma 447, per l’adempimento degli obblighi introdotti dalle disposizioni in esame, l’Agenzia del demanio fornisce alle amministrazioni interessate il necessario supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali. La stessa Agenzia elabora inoltre le linee guida tecnico-operative per la formazione o l'aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo.
Il comma 448 prescrive infine che, entro il 30 aprile di ogni anno, l'Agenzia del demanio presenti al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 447.
La relazione tecnica segnala che in materia è stata già emanata una circolare (7 marzo 2003) della Presidenza del Consiglio dei Ministri rivolta a tutti i Ministeri. Tale circolare aveva incaricato l’Agenzia del demanio di definire le linee guida di programmazione e un sistema di monitoraggio degli interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, nell’ambito di un processo di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica. Poiché non tutte le Amministrazioni destinatarie della circolare hanno provveduto, ad oltre un anno di distanza, agli adempimenti prescritti a loro carico, probabilmente a causa della natura secondaria della fonte, il Governo ha ritenuto di recepire il contenuto della circolare in una norma di rango primario.
449. I piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL sono approvati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e gli investimenti sono orientati alle finalità annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro della salute e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Il comma 449 prevede l’approvazione, da parte del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, dei piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL e l’emanazione di un apposito decreto annuale del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, previo parere dei Ministri della salute e dell’istruzione, volto ad individuare le finalità dei medesimi investimenti.
L’articolo 11 del D.Lgs. 104 del 1996 prevede che gli investimenti nel settore immobiliare degli enti previdenziali pubblici, fatti salvi i piani di investimento già stabiliti e gli acquisti di immobili adibiti a uso strumentale, siano realizzati esclusivamente in via indiretta, in particolare tramite la sottoscrizione di quote di fondi immobiliari e partecipazioni minoritarie in società immobiliari, nel rispetto delle disposizioni previste da specifiche norme in materia di impiego di parte dei fondi disponibili per finalità di pubblico interesse. Gli investimenti devono essere diversificati, in modo da minimizzare il rischio. In nessun caso la partecipazione può riguardare il capitale delle società indipendenti di gestione dei beni immobili e delle società di intermediazione immobiliare. L'individuazione dei fondi di investimento immobiliare e delle società immobiliari è motivata con le specifiche caratteristiche di solidità finanziaria, specializzazione e professionalità dei contraenti prescelti.
Il comma 4 del medesimo articolo 11, come modificato dall’articolo 38, comma 4, della Legge 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), prevede poi che gli enti previdenziali possano destinare una parte dei fondi disponibili, fino ad un tetto massimo del 15%, secondo le modalità definite dallo stesso Decreto, all’acquisto di immobili da destinare a finalità di interesse pubblico, con particolare riguardo per i settori della sanità, dell’istruzione e della ricerca. Nell'ambito della percentuale sopra indicata, l'INAIL deve destinare specificamente il 5% dei fondi ad asili per l'infanzia e ad altre strutture a tutela della famiglia.
Resta in ogni caso fermo il disposto dell'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per effetto del quale l’INAIL può impiegare, in via prioritaria, una quota fino al 15% dei fondi disponibili, su delibera del consiglio di amministrazione, per la realizzazione o per l’acquisto di immobili, anche tramite accensione di mutui, da destinare a strutture da locare al Servizio sanitario nazionale ovvero a centri per la riabilitazione riguardanti, in via prioritaria, gli infortunati sul lavoro e da gestire, previa intesa con le regioni, nei limiti degli standard vigenti di posti letto per abitanti.
Articolo
1, comma 450
(Dismissioni immobiliari e
cartolarizzazioni. Vendita di strade nazionali assoggettabili a pedaggio)
450. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con uno o più decreti, avvia programmi di dismissioni immobiliari da realizzare tramite cartolarizzazioni di fondi immobiliari o cessioni dirette. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le competenti Commissioni parlamentari, possono essere trasferiti, a prezzo di mercato, a Infrastrutture Spa, tratti di rete stradale nazionale di cui all’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, assoggettabili a pedaggio figurativo comunque non a carico degli utenti. Il prezzo è fissato con modalità concordate tra il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Infrastrutture Spa. Le modalità di pianificazione, gestione e manutenzione dei tratti di cui al secondo periodo rimangono le stesse della restante rete stradale di interesse nazionale e saranno disciplinate da apposita convenzione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, vengono ridefiniti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i rapporti finanziari tra ANAS Spa, Infrastrutture Spa e i Ministeri interessati.
Il primo periodo del comma 450 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad avviare, con propri decreti, programmi di dismissione immobiliare. Tali programmi possono essere realizzati mediante:
§ cartolarizzazioni
La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di prezzo iniziale, agli enti che hanno ceduto gli immobili.
Le cartolarizzazioni di immobili sono disciplinate dagli articoli da 1 a 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001 n. 410). In particolare, ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 del citato D.L. n. 351 del 2001, con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere trasferiti a titolo oneroso, a società appositamente costituite, beni immobili, riconosciuti di proprietà dello Stato ai sensi dell’articolo 1 dello stesso D.L. n. 351 del 2001. I suddetti decreti ministeriali determinano inoltre le caratteristiche dell’operazione di cartolarizzazione.
§ costituzioni di fondi immobiliari
Con riferimento alla costituzione di fondi immobiliari si ricorda che l’articolo 4 del già citato D.L. n. 351 del 2001 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo beni immobili, a uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali. I beni da conferire sono individuati con uno o più decreti dello stesso Ministro. Tali decreti disciplinano inoltre le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo, nonché i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote.
§ cessioni dirette
Le cessioni dirette sono disciplinate dalla legge 24 dicembre 1908, n. 783, recante unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato, e successive modifiche e integrazioni. Dovrà anche tenersi conto delle disposizioni introdotte dai precedenti commi 433-440 dell’articolo 1 in esame.
Il secondo periodo del comma in esame prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le competenti Commissioni parlamentari, possono essere trasferiti, a prezzo di mercato, a Infrastrutture Spa, tratti di rete stradale nazionale di cui all’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, assoggettabili a pedaggio figurativo comunque non a carico degli utenti.
Per quel che riguarda la definizione del prezzo, le disposizioni del comma in commento prevedono che esso sia fissato con modalità concordate tra il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Infrastrutture S.p.a. Le modalità di pianificazione, gestione e manutenzione dei tratti stradali in questione rimangono le stesse della restante rete stradale di interesse nazionale e saranno disciplinate da apposita convenzione.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti verranno invece ridefiniti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i rapporti finanziari tra ANAS Spa, Infrastrutture Spa e i Ministeri interessati.
Si ricorda che l'articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178 disponeva il trasferimento all'ANAS società per azioni, attraverso apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, della rete autostradale e stradale nazionale, individuata con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461.
L’articolo 8 del decreto-legge n. 63 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, ha istituito la società “Infrastrutture S.p.A.”, autorizzando la Cassa depositi e prestiti a costituire, per il finanziamento, sotto qualsiasi forma, delle infrastrutture e delle grandi opere pubbliche, una società finanziaria per azioni quale soggetto pubblico che - in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da banche e da altri intermediari finanziari - finanzia le infrastrutture e le grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica e concede finanziamenti a medio e lungo termine finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico.
In particolare, Infrastrutture S.p.A. è un intermediario finanziario non bancario, sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia, creato dalla Cassa depositi e prestiti[484] che interviene, sussidiariamente rispetto al sistema bancario, secondo due modalità: sia con prestiti a lungo termine, di durata media di 10-20 anni, erogati direttamente a soggetti privati impegnati nella realizzazione di grandi progetti nel quadro delle procedure speciali della legge-obiettivo, sia con finanziamenti a medio termine a favore di banche, a loro volta finanziatrici di interventi infrastrutturali.
Caratteristica di Infrastrutture S.p.A. è il pieno controllo della decisione di finanziamento, poiché la società deve operare in regime di economicità e redditività degli interventi[485]. Infrastrutture S.p.A. opera, infatti, secondo criteri di mercato (fra l’altro, alla società non si applica l’articolo 2362 del codice civile, sulla responsabilità illimitata dell’unico socio azionista, in quanto ad essa è richiesto di operare nella salvaguardia dell’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario).
Con il decreto del ministro dell’economia e delle finanze economia e finanze 3 dicembre 2002 è stato approvato lo Statuto della società Infrastrutture S.p.A.
Infine, a completamento del quadro normativo di riferimento, relativo a Infrastrutture S.p.A. si ricorda l’articolo 75 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per l’anno 2003), il quale stabilisce che “Infrastrutture S.p.A. finanzia prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema alta velocità/alta capacità, anche al fine di ridurre la quota a carico dello Stato”.
Si ricorda per quel che riguarda il concetto di “pedaggio figurativo” che esso sembra rimandare ai cosiddetti “pedaggi ombra”, cioè a somme pagate dall’erario ad ISPA in funzione del traffico effettivo rilevato.
In ogni caso, le disposizione esclude che siano gli utenti delle tratte a dover pagare una tariffa
Si osserva, per quanto concerne la determinazione delle modalità di pianificazione, gestione e manutenzione (che dovranno essere quelle previste per la restante rete stradale d’interesse nazionale), che - in base all’articolo 2 della Convenzione di concessione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l’ANAS S.p.A., stipulata ai sensi del comma 3 dell’articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2002, n. 178 - sono attribuite all’ANAS S.p.A. in concessione - tra gli altri poteri - anche “la gestione della rete stradale ed autostradale di interesse nazionale e relativa manutenzione ordinaria e straordinaria”
Articolo
1, comma 451
(Applicabilità del codice dei beni
culturali nelle dismissioni)
451. È fatta salva l’applicazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Il comma 451 introduce una norma di salvaguardia per i beni culturali e del paesaggio interessati dalle disposizioni relative alle dismissioni immobiliari recate dalla presente legge, rimandando alle norme stabilite dal Codice dei beni culturali.
Si ricorda che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato il 22 gennaio 2004 (D.Lgs. 42/2004) ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2003, n. 137, ha regolato, agli articoli da 53 a 64 (Capo IV) la circolazione dei beni culturali in ambito nazionale.
In particolare, gli articoli 53-57 definiscono la nuova disciplina dell’alienabilità dei beni culturali di proprietà pubblica o di persone giuridiche private senza scopo di lucro. In primo luogo, si introduce il concetto di demanio culturale, al quale vengono ricondotti le tipologie di beni indicate all’articolo 822 del codice civile[486].
Il provvedimento distingue, in linea generale, tra due categorie di beni: beni in ogni caso inalienabili e beni alienabili a determinate condizioni.
Per quanto riguarda i beni in ogni caso non alienabili, il provvedimento amplia le tipologie attualmente previste (aree di interesse archeologico e monumenti nazionali), comprendendovi anche le raccolte di musei, pinacoteche e biblioteche, gli archivi e le opere d’arte contemporanea se facenti parte di raccolte (art. 54).
I rimanenti beni, se di appartenenza pubblica o di enti senza fine di lucro, sono alienabili previa verifica della mancanza di un loro interesse culturale ai sensi dell’articolo 12 e, negli altri casi, subordinatamente ad autorizzazione ministeriale nella quale sono indicate le prescrizioni affinché ne sia assicurata la tutela, la valorizzazione e il godimento da parte del pubblico (art. 55).
Mentre il sistema previgente operava una presunzione generale di interesse culturale, l’articolo 12 prevede che i beni in questione vengano assoggettati ad uno specifico procedimento di verifica, ferma restando, medio tempore, la loro sottoposizione alla disciplina di tutela (anche cautelare e preventiva: art. 28). L’articolo 12 riproduce, in larga misura, i contenuti dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003[487].
L’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 aveva introdotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma, in particolare, è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del testo unico dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490/1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione[488].
Il 4 marzo 2004, presso la VII Commissione della Camera, il sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali, on. Bono, in risposta ad una interrogazione dell’On. Chiaromonte (n. 5-02938), ha dichiarato che “l’articolo 27 regola una procedura straordinaria imposta dalla necessità e dall’urgenza di provvedere ad una verifica rapida di alcuni beni demaniali al fine di poter poi avviare, se del caso, le relative opere di dismissione”. Il sottosegretario ha inoltre precisato che tale procedura ha “valenza temporale limitata”. Al contrario, l’articolo 12 del Codice regola “in via generale e stabile la materia della verifica a prescindere da ogni motivo contingente e per i fini di conoscenza e catalogazione (in sostituzione degli elenchi del patrimonio pubblico previsti dalla normativa di settore fina dal 1909 e, tuttavia, com’è noto, mai predisposti)”.
Si segnala, a tale proposito, che il D.M. 6 febbraio 2004 (Verifica dell’interesse culturale dei beni immobili di utilità pubblica) ha stabilito i criteri e le modalità per la predisposizione e la trasmissione degli elenchi e delle schede descrittive dei beni oggetto di verifica relativi alla sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico, per i quali è stata predisposta una scheda descrittiva contenente tutti i dati atti a compiere la verifica di cui all’articolo 27 citato.
L’articolo 60 del Codice, infine, riserva allo stato la facoltà di acquisire in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione. In proposito, si ricorda che è prevista la possibilità di acquistare, oltre che da parte dello Stato, anche da parte delle regioni e degli altri enti pubblici, nonché il ricorso (in circostanze nella quali il prezzo non sia stato fissato dall’alienante o non sia possibile stabilirlo) alla determinazione del prezzo da parte di un terzo (e, in ultima istanza, da parte del presidente del tribunale) in caso di mancata accettazione da parte dell’alienante della determinazione del prezzo medesimo da parte del Ministero.
Articolo
1, comma 452
(Finanziamento di opere di viabilità
stradale per l’attuazione della Convenzione Italia-Francia)
452. Per il completamento degli interventi infrastrutturali necessari a garantire l’integrale attuazione della Convenzione tra l’Italia e la Francia, conclusa a Roma il 24 giugno 1970, di cui alla legge 18 giugno 1973, n. 475, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per dodici anni, a decorrere dal 2005, a valere sulle risorse previste dall’articolo 19-bis, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successive modificazioni, per la realizzazione delle opere di viabilità stradale e autostradale speciale e di grande comunicazione connesse al percorso di cui alla stessa Convenzione. A tal fine, per garantire effettività alla realizzazione delle iniziative in grado di potenziare e rendere più efficiente la grande viabilità lungo il percorso tra Italia e Francia, viene assicurata priorità al completamento degli interventi infrastrutturali stradali e di grande attraversamento viario nelle località in cui sono ubicati gli immobili di cui all’articolo 17 della citata Convenzione per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già perfezionata la fase della progettazione preliminare.
Il comma 452 dispone che per il
completamento degli interventi infrastrutturali necessari a garantire
l’integrale attuazione della Convenzione tra l'Italia e la Francia, conclusa a
Roma il 24 giugno 1970, è autorizzata la
spesa di 5 milioni di euro per dodici anni, a decorrere dal
A tal fine, per garantire effettività alla realizzazione delle iniziative in grado di potenziare e rendere più efficiente la grande viabilità lungo il percorso tra Italia e Francia, il comma in esame dispone che venga assicurata priorità al completamento degli interventi infrastrutturali stradali e di grande attraversamento viario nelle località in cui sono ubicati gli immobili di cui all’articolo 17 della citata Convenzione per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già perfezionata la fase della progettazione preliminare.
La Convenzione tra l’Italia e la Francia riguardante il tratto situato in territorio francese della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia, conclusa a Roma il 24 giugno 1970, è stata ratificata dalla legge 18 giugno 1973, n. 475 e contiene una serie di norme con le quali il Governo francese e quello italiano assumono reciproci obblighi al fine di addivenire alla ricostruzione del tratto situato in territorio francese della linea ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia.
L’articolo 17 della Convenzione prevede che i due Governi stabiliscono alla data della firma della Convenzione l'elenco degli immobili adibiti all'esercizio della linea , elenco che è contenuto nell’Allegato II alla legge di ratifica.
L’art 19-bis del decreto-legge n. 67 prevede cheper le finalità e con le modalità previste dall'articolo 2, comma 87, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 per la realizzazione del tratto Agliò-Canova e il potenziamento del tratto Firenze Nord-Firenze Sud dell'autostrada Bologna-Firenze, è concesso un ulteriore contributo di lire 100 miliardi annui per il periodo 1998-2017, quali rate di ammortamento di mutui ventennali che la società concessionaria è autorizzata a contrarre ai sensi del citato articolo 2, comma 87, della legge n. 662 del 1996 ed è altresì autorizzata la spesa di lire 100 miliardi per l'anno 1997.
Articolo
1, comma 453
(Finanziamento lavori Strada Statale n. 3
per l’accesso alla Valtellina)
453. Per consentire l’inizio dei lavori relativi alla strada statale n. 38 previsti dalla delibera del CIPE del 21 dicembre 2001 per l’accesso alla Valtellina, è autorizzato un contributo quindicennale di 2 milioni di euro, a favore dell’ANAS Spa, a decorrere dall’anno 2005. La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a intervenire a favore dell’ANAS Spa ai sensi dell’articolo 47 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Il comma 453 autorizza un contributo quindicennale di 2 milioni di euro, a favore dell'ANAS S.p.A., a decorrere dall'anno 2005, al fine di consentire l'inizio dei lavori relativi alla strada statale n. 38 per l'accesso alla Valtellina previsti dalla delibera del CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121 (Legge obiettivo: 1° Programma delle infrastrutture strategiche).
Relativamente allo stato di attuazione delle opere, si ricorda che il Consiglio di amministrazione dell’Anas ha approvato (nel novembre 2003) il progetto definitivo e lo studio di impatto ambientale relativi ai lavori di costruzione del 1° lotto (cd. Variante di Morbegno), dallo svincolo di Fuentes allo svincolo di Tartaro, per un importo complessivo di 671,8 milioni di euro. La durata complessiva dei lavori è stimata in 1.250 giorni.
Sono stati inoltre approvati dall’ANAS (dicembre 2003) anche i progetti definitivi relativi al 4° lotto (Variante di Tirano, dallo svincolo di Stazzona allo svincolo di Lovero), il cui tempo per l’esecuzione complessiva dei lavori è stimato in 1.124 giorni, per un importo di 337,7 milioni di euro, nonché al 7° lotto (completamento della Tangenziale di Sondrio dallo svincolo di Montagna allo svincolo di Tresivio), la cui durata dei lavori è stimata in 840 giorni per un importo di 44,52 milioni di euro.
Come si è già detto, l’intervento “accessibilità stradale Valtellina” rientra tra le previsioni programmatiche della delibera CIPE n. 121/2001 e può altresì usufruire del finanziamento dei fondi previsti dalla legge 2 maggio 1990, n. 102 (cd. legge Valtellina) per l’importo di 56,847 milioni di euro.
L’iter realizzativo previsto dalla legge obiettivo richiede che ora tali progetti siano sottoposti al CIPE per l’approvazione che, tuttavia, a tutt’oggi non è ancora intervenuta.
Nel rapporto «Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo”» diffuso da questo Servizio nel maggio 2004 viene fornita una valutazione dei costi, per l’insieme degli interventi rientranti nell’opera “accessibilità stradale Valtellina”, pari a 2.258,72 milioni di euro[489], mentre le risorse già disponibili vengono quantificate in 163,72 milioni di euro.
Il comma 453 autorizza, inoltre, la Cassa Depositi e Prestiti ad intervenire a favore dell'ANAS ai sensi dell'articolo 47 della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria 2002).
Si ricorda che l’art. 47 della legge finanziaria per il 2002 prevede che per il finanziamento del piano straordinario delle infrastrutture e delle opere di grandi dimensioni a livello regionale e locale, individuate dal CIPE, la Cassa depositi e prestiti possa intervenire, per fini di interesse generale, anche in collaborazione con altre istituzioni finanziarie, a favore di soggetti pubblici e privati ai quali fanno carico gli studi, la progettazione, la realizzazione e la gestione delle opere, con le seguenti modalità:
a) concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, anche di finanza di progetto;
b) prestazione di garanzie;
c) assunzione di nuove partecipazioni che non dovranno essere di maggioranza né comunque di controllo, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
Articolo
1, comma 454
(Procedure di esecuzione lavori di CESIS,
SISMI e SISDE)
454. All’articolo 24, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo le parole: «alla procedura» sono inserite le seguenti: «di esecuzione di lavori e».
Il comma 454 opera il coordinamento della normativa vigente con il comma 240 dell’articolo 1 della legge finanziaria in commento e prevede inoltre che sia adottata una specifica disciplina per il ricorso alla trattativa privata per l’esecuzione di lavori da parte di alcuni organismi.
Il comma 240 ha infatti previsto che tra i lavori che possono eseguirsi in economia senza obbligo di rispettare il limite dei 200 mila ECU previsto dall’articolo 24 comma 6 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 sono ricompresi anche quei lavori eseguiti in economia dagli organismi indicati dagli articoli 3, 4 e 6 della legge n. 801 del 1977 - recante Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato-, ovvero rispettivamente il Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (CESIS), il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) e il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE).
Il comma 240 dispone inoltre che i lavori di detti organismi vengano disciplinati con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emanato, previa intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza.
Il comma 7 dell’articolo 24 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 dispone invece che per gli organismi di cui agli articoli 3, 4 e 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, i casi e le modalità differenziati di ricorso alla procedura di acquisizione di beni e servizi in economia, ovvero a trattativa privata, sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato su proposta del Comitato di cui all'articolo 2 della citata legge n. 801 del 1977, previe intese con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 454 provvede quindi a coordinare la normativa dell’articolo 24 della legge n. 289 del 2002 con il comma 240 disponendo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato debba disciplinare i casi e le modalità differenziate per il ricorso da parte degli organismi in questione alla procedura di acquisizione in economia non solo di beni e servizi ma anche di lavori. Esso inoltre estende la possibilità già attribuita al decreto in questione di disciplinare casi speciali di ricorso a trattativa privata per l’acquisizione di beni e di servizi anche ai lavori.
455. Per la realizzazione ed il completamento di interventi infrastrutturali necessari ad assicurare la tutela dell’ambiente in relazione ad opere di interesse nazionale per il collegamento tra le grandi reti viarie urbane ed extraurbane delle città metropolitane a più intensa circolazione viaria, nonché tra nodi di scambio portuali ed aeroportuali ed aree urbane attraverso aree naturali protette, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo per la viabilità con una dotazione di 12 milioni di euro per l’anno 2005 e di 5 milioni di euro per l’anno 2006. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati gli interventi ammessi alla fruizione dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.
Il comma 455 prevede l’istituzione di un Fondo per la viabilità destinato alla realizzazione ed al completamento di interventi infrastrutturali necessari ad assicurare la tutela dell’ambiente in relazione ad opere di interesse nazionale per il collegamento:
§ tra le grandi reti viarie urbane ed extraurbane delle città metropolitane a più intensa circolazione viaria;
§ tra nodi di scambio portuali ed aeroportuali ed aree urbane attraverso aree naturali protette.
Il Fondo è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione, per l’anno 2005, di 12 milioni di euro e di 5 milioni di euro per l’anno 2006.
Con successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati gli interventi ammessi alla fruizione dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.
In relazione alla formulazione del comma in esame si osserva che “gli interventi infrastrutturali necessari ad assicurare la tutela dell’ambiente in relazione ad opere“ sembrerebbero configurare interventi di compensazione ambientale necessari nella realizzazione delle opere stesse.
Si ricorda che l’espressione “compensazione ambientale” è un termine di carattere generico che viene usato con diversi significati a seconda dell’oggetto cui si riferisce.
Ad esempio, ai fini della compensazione ambientale e quindi - del miglioramento della qualità ambientale- della rete stradale possono intendersi interventi quali la realizzazione di fasce o corridoi verdi, sistemi di recinzione-filtro di cui siano regolamentati i tipi e i materiali, essenze e tipi di alberatura, muri di sostegno ecologici, barriere antirumore, riqualificazione urbanistica delle aree adiacenti alle strade, interventi sperimentali sul colore, abbattimento del rumore, caratteristiche del paesaggio e risorse naturali, ecc.
Si ricorda, inoltre, che la prescrizione della individuazione di "misure di compensazione ambientale" nel quadro normativo dei lavori pubblici è stata introdotta dall’art. 21 del DPR 21 dicembre 1999, n. 554, recante “Regolamento di attuazione della legge 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori pubblici, e successive modificazioni”. In riferimento allo "studio di prefattibilità ambientale" obbligatorio facente parte del progetto preliminare, il comma 1, lett. d), richiede infatti: "la determinazione delle misure di compensazione ambientale e degli eventuali interventi di ripristino, riqualificazione e miglioramento ambientale e paesaggistico". L'obbligo di individuare "misure di compensazione ambientale" è prescritto ancora in fase di progettazione definitiva (art. 29, comma 2) .
Al riguardo si ricorda, infine, che l’art. 16 della legge n. 166 del 2002 (cd. collegato infrastrutture) ha istituito un apposito Fondo di rotazione per la progettazione di interventi di compensazione ambientale sul sistema stradale, al fine di ridurre l’impatto del sistema stradale ed autostradale sul territorio e di migliorarne la qualità, autorizzando un limite di impegno quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003. Tale fondo è destinato al finanziamento di interventi diretti a migliorare la qualità ambientale delle reti stradali nazionali e regionali esistenti nonché alla promozione di iniziative pilota che, nel caso di territori di particolare fragilità dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, possono fare ricorso ai concorsi di idee.
L’istituzione del Fondo sembrerebbe rispondere all’obiettivo di ricondurre ad un’unica sede la previsione di disposizioni volte a stanziare risorse a carico del bilancio dello Stato, a favore di interventi infrastrutturali necessari ad assicurare “la tutela dell’ambiente in relazione ad opere di interesse nazionale per il collegamento tra le grandi reti viarie urbane ed extraurbane delle città metropolitane a più intensa circolazione viaria, nonché tra nodi di scambio portuali ed aeroportuali ed aree urbane attraverso aree naturali protette”, evitando l’inserimento nella legge finanziaria di norme suscettibili di assumere carattere localistico.
Al tempo stesso, si prevede una distinta procedura per la ripartizione degli stanziamenti, tale, comunque, attraverso l’espressione del parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale, da garantire al Parlamento la possibilità di pronunciarsi al riguardo.
Si osserva, da ultimo, che il decreto di individuazione degli interventi ammessi alla fruizione dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, dovrà essere emanato nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.
A tale riguardo, la fonte normativa in materia di aiuti di Stato è rappresentata dall’art. 87 (ex art. 92) della versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea[490].
Si ricorda che per quanto riguarda gli aiuti di Stato, dal 1995 ad oggi la Commissione si è orientata nel senso di ridurre sempre più la possibilità di concederli. Tali aiuti, infatti, se, da un lato, sono da considerare conformi ai più recenti orientamenti della Commissione in tema di rafforzamento della competitività delle economie regionali, dall’altro lato, possono essere ritenuti distorsivi della concorrenza, in quanto discriminanti tra le imprese che ricevono gli aiuti e quelle che invece non ne sono beneficiarie. Gli estensori del Trattato di Maastricht, prima, e quelli del Trattato di Amsterdam hanno cercato di trovare un punto di equilibrio tra tali esigenze. Il sistema attualmente vigente è incentrato sul principio dell’incompatibilità di tali aiuti con il mercato comune, ma è riconosciuta la possibilità di concederli qualora essi siano giustificati da circostanze eccezionali espressamente previste. La ratio della politica comunitaria, che non si oppone aprioristicamente all’aiuto di Stato, è quella di considerare tale aiuto non conforme alle normative dell’Unione solo qualora falsi effettivamente il funzionamento del mercato senza produrre ricadute positive nel contesto economico di riferimento. Proprio in tal senso, le norme comunitarie prevedono possibilità di deroga qualora si tratti di aiuti pubblici concessi a favore di regioni con bassi livelli di sviluppo e di occupazione, o di settori strategici su cui gravano situazioni di estrema difficoltà. Gli effetti negativi che potrebbero derivare da tale adesione al criterio dell’economia “mista” sono comunque appositamente controllati tramite la previsione dell’obbligo di sottoporre al vaglio della Commissione ogni concessione di finanziamento pubblico.
456. Per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le tipologie di intervento che possono fruire dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.
Il comma 456 autorizza la spesa 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali.
Il comma stabilisce, altresì, che con successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, siano individuate le tipologie di intervento che possono fruire dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.
Si fa notare che l’espressione “nodi di scambio intermodali” sembra richiamare la nozione di “interporto” recata, nella normativa nazionale, dall’art. 1 della legge 4 agosto 1990, n. 240 (Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell'intermodalità), quale “complesso organico di strutture e servizi integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione”[491].
Le infrastrutture dedicate all’intermodalità sono costituite dagli interporti e dai centri intermodali. Gli interporti sono definiti dalla normativa vigente come un complesso organico di strutture e servizi fra loro integrati e uniformati secondo uno schema di rete logistica e mediante tecnologie telematiche. Essi sono finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comprendono uno scalo ferroviario idoneo per la formazione o la ricezione di treni completi intermodali, e risultano essere in collegamento con porti, aeroporti e vie di grande comunicazione.
L’introduzione degli interporti è stata favorita da numerosi provvedimenti legislativi, primo tra i quali la legge 4 agosto 1990, n. 240. Tale provvedimento prevedeva la predisposizione, il periodico aggiornamento e l'integrazione di un piano quinquennale degli interporti ove indicare, sulla base del Piano Generale dei Trasporti (PGT), gli interporti di primo e secondo livello di rilevanza nazionale (distinzione successivamente abolita dal DL 98/1995 – vedi infra).
Per la realizzazione e l'esercizio delle infrastrutture interportuali veniva contemplato, quale regime generale, l'affidamento in concessione ad enti pubblici e società per azioni, anche riuniti in consorzi (poi superato dal DL 98/1995 – vedi infra). Il regime concessorio veniva previsto segnatamente per gli interporti di secondo livello.
Con D.M. 3 ottobre 1991 sono state fissate le modalità per la concessione e l'erogazione dei contributi in favore degli interporti di primo livello (ex art. 9 della legge n. 240/1990) e con il successivo D.M. 2 aprile 1992 sono stati così assegnati 482 miliardi dei 700 miliardi di finanziamento complessivo. L'ammissione ai contributi è avvenuta a seguito del perfezionamento degli atti di convenzione, stipulati tra il Ministero dei trasporti e i soggetti gestori il 16 aprile 1992.
Successivamente, il CIPET, con deliberazione del 7 aprile 1993, ha varato il piano quinquennale degli interporti e, in attesa della sua adozione, l’articolo 6 del D.L. 1° aprile 1995, n. 98 , con cui è stata modificata ed integrata la legge n. 240/1990, ha demandato al Ministro dei trasporti e della navigazione la definizione dei tempi e delle modalità per la presentazione delle domande (corredate di un piano finanziario) volte al conseguimento dei contributi previsti dalla legge n. 240 . L’articolo 6, oltre ad aver abolito la distinzione tra "interporti di primo e di secondo livello", ha soppresso l'istituto della concessione previsto dall'articolo 3 della legge n. 240/1990.
Con l'abolizione del regime concessorio, l'ammissione ai contributi è disposta con decreto interministeriale, previa stipula di apposita convenzione e dietro possesso di determinati requisiti.
Sulla base di quanto stabilito dall'articolo 6 del D.L. n. 98/1995, con DM 78-T del 15 settembre 1995 il Ministro dei trasporti e della navigazione ha approvato la graduatoria predisposta da un'apposita Commissione per l'utilizzo delle risorse ancora disponibili (218 miliardi).
Ulteriori provvidenze per la realizzazione di interporti sono contenute in alcuni provvedimenti in favore delle aree depresse cui sono seguite una serie di delibere CIPE che hanno provveduto ad individuare le relative opere da finanziare.
L’articolo 3, comma 6 della legge 7 dicembre 1999, n. 472, al fine di dare attuazione agli investimenti nel settore interportuale finanziati attraverso i suddetti decreti-legge, ha confermato la validità della graduatoria approvata in applicazione degli articoli 4 e 6 della legge 240/1990 e relative procedure applicative.
Al fine di consentire il completamento delle procedure previste dall'articolo 6 del D.L. n. 98/1995, l'articolo 9 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, ha quindi previsto che ilMinistro dei trasporti e della navigazione possa avanzare proposte al CIPE per far ricorso al fondo per le aree depresse per la realizzazione degli interporti previsti in tali aree e ha disposto che, in attesa della adozione del piano quinquennale previsto dalla legge n. 240/1990, il Ministro possa ammettere a contributo la realizzazione di ulteriori infrastrutture interportuali dirette a potenziare la rete nazionale, dando priorità agli interventi in favore del trasporto combinato e dei nodi più congestionati. A tal fine è stato autorizzato un contributo quindicennale di 10 miliardi annui a decorrere dal 1997. Per la ripartizione delle provvidenze si rinvia a piani regionali da adottare sulla base di un piano di interventi proposto dal Ministro, e sul quale hanno già espresso parere favorevole con osservazioni le competenti commissioni parlamentari . Tale piano, definendo gli interventi per il potenziamento della rete interportuale nazionale, ha altresì individuato nelle aree milanese, romana e palermitana quelle cui dare priorità nella dotazione infrastrutturale intermodale.
Successivamente è intervenuto sulla materia l’articolo 24 della legge 57/2001 che ha previsto il completamento e il riequilibrio della rete interportuale nazionale in un contesto di rete logistica, da realizzarsi tramite lo svolgimento delle procedure e la realizzazione degli interventi previsti dalle leggi n. 454 del 1997 e n. 413 del 1998. A tal fine l’articolo conferisce la delega al Governo per il riordino della normativa vigente in materia di procedure, soggetti e strutture da ammettere ai contributi, da esercitarsi con un decreto legislativo da emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, previa acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, nonché, nel rispettodei decreti legislativi emanati ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) definire le modalità e i requisiti per l’ammissione ai contributi di infrastrutture intermodali, anche diverse dagli interporti (come definiti dall’articolo 1 della legge n. 240 del 1990, v. supra);
b) prevedere il maggiore apporto possibile di altre risorse rese disponibili da soggetti pubblici o privati interessati alla realizzazione dell’infrastruttura, al fine dell’ammissione a contributo;
c) definire la rete interportuale nazionale e le infrastrutture intermodali ad essa complementari, finalizzate alla realizzazione del riequilibrio modale e territoriale attraverso la creazione di un sistema integrato tra le varie tipologie di trasporto, nell'ambito della elaborazione del Piano generale dei trasporti.
d) rafforzare le misure per l'integrazione tra le reti di trasporto e tra le infrastrutture intermodali esistenti, per la fruibilità dei servizi e per la riduzione dell'inquinamento;
e) completare funzionalmente gli interporti già individuati e ammessi al finanziamento (su tale lettera è successivamente intervenuto, modificandola, il comma 2 dell’articolo 37 del collegato infrastrutture – vedi infra);
f) privilegiare le infrastrutture intermodali collegate o collegabili alle grandi direttrici internazionali mediante il sistema autostradale, le reti ferroviarie ad alta capacità, il sistema portuale ed aeroportuale a rilievo internazionale ed intercontinentale.
Conseguentemente l’articolo reca le abrogazioni conseguenti al riordino della normativa vigente previsto dal comma 1, con efficacia dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Il termine per l’esercizio della delega è stato poi prorogato dall’art. 37, comma 2, della legge n. 166/2002, che ha altresì previsto una modifica dei criteri di delega al fine di stabilire che siano inclusi, nell’ambito degli interventi da ammettere a finanziamento, i centri merci, i magazzini generali e le piattaforme logistiche, compresi quelli multimodali, i terminali intermodali nonché quelli dedicati al transito ed allo stoccaggio delle merci pericolose.
In materia è poi intervenuto recentemente anche il Programma delle infrastrutture strategiche delineato dalla delibera CIPE n. 121/2001 ex legge n. 443/2001 (legge obiettivo) che prevede numerosi interventi relativi al sostegno dell’intermodalità.
Articolo
1, comma 457
(Finanziamento per progettazione e
realizzazione
del passante di Mestre)
457. Per la prosecuzione degli interventi previsti all’articolo 4, comma 158, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2005.
Il comma 457 autorizza la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2005 per la prosecuzione degli interventi previsti all’articolo 4, comma 158, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e relativi alla realizzazione di tutte le opere complementari al “Passante autostradale di Mestre”.
Si ricorda, in proposito, che il citato comma 158 dell’art. 4 della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004) ha autorizzato, in favore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la spesa di 5 milioni di euro per il 2004, di 7 milioni di euro per il 2005 e di 10 milioni di euro per il 2006.
Si ricorda che il Passante di Mestre rientra nella lista delle opere strategiche di cui alla “legge obiettivo” e nell’elenco dei 91 interventi di cui all’allegato del DPEF 2004-2007, che – secondo quanto riportato nel Documento – sono idonei ad attivare flussi finanziari nell’arco del triennio di riferimento.
Per quanto concerne lo stato di attuazione dell’opera, si segnala che il CIPE, con la delibera 7 novembre 2003, n. 80, ha esaminato ed approvato il progetto preliminare per la realizzazione del passante di Mestre per il quale si è proceduto anche all’approvazione del progetto di finanziamento dal valore complessivo di 750 milioni di euro, di cui 113,4 milioni di euro a carico dello Stato attraverso gli stanziamenti già previsti per la “legge obiettivo” dalla legge n. 166/2002.
Con la delibera CIPE 3 febbraio 2004, n. 66, tale Comitato, a parziale modifica della precedente delibera n. 80/2003, ha preso atto delle nuove modalità di rimborso del mutuo di 636,6 milioni di euro che l’ANAS contrarrà con Infrastrutture S.p.A. per far fronte al costo dell’opera non coperto a valere sui fondi della legge n. 166/2002.
La ripartizione dei costi per tipologia evidenzia che dei 750 milioni costituenti l’'ammontare globale del progetto, 530 milioni riguardano lavori mentre il resto dovrà essere utilizzato per espropri, sottoservizi e spese tecniche. A quella cifra vanno aggiunti poi oltre 100 milioni in opere complementari concordate con i Comuni attraversati dalla nuova arteria[492], che è entrata nella fase di realizzazione (l’avvio dei lavori è avvenuto alcuni mesi fa[493]), la cui conclusione è prevista per il 2008.
Articolo
1, comma 458
(Prosecuzione interventi infrastrutturali
Parco della Salute e Molinette di Torino)
458. È autorizzata la spesa di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 allo scopo della prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti ai sensi dell’articolo 3, comma 127, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Il comma 458 autorizza la spesa di 3 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2005, allo scopo di proseguire gli interventi infrastrutturali previsti per il Parco della Salute Molinette di Torino.
Si ricorda che la legge finanziaria per il 2004[494] ha autorizzato un limite di impegno quindicennale di 5,5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2005, per la realizzazione del “Parco della Salute e delle nuove Molinette” di Torino, al fine di favorire l’integrazione dei poli di eccellenza ospedaliera con l’attività di ricerca scientifica e tecnologica avanzata.
Articolo
1, comma 459
(Finanziamento infrastrutture fieristiche)
459. Per le finalità di cui all’articolo 45, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminate dal comma 180 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 1, della legge 1º agosto 2002, n. 166.
Il comma 459 autorizza la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 per la mobilità al servizio della Fiera del Levante di Bari, della Fiera di Verona, della Fiera di Foggia e della Fiera di Padova.
Al relativo onere si provvede mediante una riduzione di spesa sui fondi destinati alle opere della legge obiettivo (autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 1 della legge n. 166/2002 – cd. “collegato infrastrutture”).
Si ricorda che l’articolo 45, comma 3 della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001), ha previsto, per la realizzazione delle infrastrutture per la mobilità al servizio della Fiera del Levante di Bari, della Fiera di Verona, l’autorizzazione, rispettivamente, di limiti di impegno quindicennali di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2002 e di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2003.
Successivamente l’articolo 4, comma 180 della legge finanziaria per il 2004 (legge 350/2003) ha modificato tale disposizione, estendendo i suddetti limiti di impegno alla realizzazione di interventi finalizzati alla mobilità per la Fiera di Foggia e la Fiera di Padova.
La medesima legge ha introdotto inoltre un nuovo limite d’impegno quindicennale, con decorrenza dal 2005 (scadenza 2019) di 2 milioni di euro, finalizzato alla realizzazione di infrastrutture per la mobilità al servizio di Fiere. Tale limite di impegno si aggiunge a quelli già previsti dall’articolo 45, comma 3 della legge n. 448 del 2001, poc’anzi ricordati.
460. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 6, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, l’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all’Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile:
a) per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;
b) per la quota del 30 per cento degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi.
461. L’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, non si applica limitatamente alla lettera a) del comma 1.
462. L’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, si applica limitatamente al reddito imponibile derivante dall’indeducibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive.
463. Le previsioni di cui ai commi da 460 a 462 non si applicano alle cooperative sociali e loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Resta, in ogni caso, l’esenzione da imposte e la deducibilità delle somme previste dall’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, e successive modificazioni.
464. A decorrere dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2004, in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per le società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente l’applicabilità dell’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, è limitata alla quota del 30 per cento degli utili netti annuali, a condizione che tale quota sia destinata ad una riserva indivisibile prevista dallo statuto.
465. Gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dall’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, sono indeducibili per la parte che supera l’ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento.
466. Le disposizioni dei commi da 460 a 465 si applicano a decorrere dai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003.
Il comma 460 riduce la quota degli utili destinati a riserve indivisibili delle società cooperative a mutualità prevalente la quale, ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1977, è esente da imposte sui redditi.
L’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, stabilisce che le riserve indivisibili delle cooperative e dei loro consorzi non concorrono a formare il reddito imponibile di tali soggetti passivi, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci, sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento.
Un primo intervento, a carattere transitorio, di riduzione della quota degli utili ai quali si applica il citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977 è stato adottato con il comma 4 dell’articolo 6 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.
Il citato comma 4 dell’articolo 6, in attesa del riordino della disciplina tributaria delle società cooperative e loro consorzi, ha dettato disposizioni valide per i due periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2001. In particolare, la lettera a) del comma 4 ha limitato l'applicazione dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1977, nella parte che prevede l'esclusione dal reddito imponibile delle somme destinate a riserve indivisibili, al 39 per cento di quanto residua dopo l'accantonamento della quota di utili destinata alla riserva minima obbligatoria, la quale resta, comunque, esclusa dalla tassazione. La successiva lettera b), relativamente alle cooperative agricole e della piccola pesca e loro consorzi, ha elevato al 60 per cento la quota di utile netto annuale non soggetta a tassazione.
Poiché l’efficacia del sopra illustrato articolo 6, comma 4, del D.L. n. 63 del 2002 è cessata a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2003, la totalità degli utili netti delle società cooperative destinati a riserve obbligatorie sarebbe esente da imposta, ai sensi del citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977.
Il comma 460 assoggetta a tassazione una quota degli utili destinati a riserve indivisibili, eccedenti le quote di cui ai commi 1-3 dell’articolo 6 del D.L. n. 63 del 2002, per il commento dei quali si veda oltre. Tale quota è determinata:
a) nella misura del 20% per le cooperative agricole e loro consorzi, di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi;
b) nella misura del 30% per le altre cooperative e loro consorzi.
Il comma 460 conferma inoltre quanto disposto dai commi 1-3 dell’articolo 6 del citato D.L. n. 63 del 2002. Pertanto resta ferma l’esclusione dal reddito imponibile delle società cooperative delle quote di utili indicate nei citati commi.
Il comma 1 dell’articolo 6 del D.L. n. 63 del 2002 prevede che le disposizioni di cui al citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977 si applicano in ogni caso alla quota degli utili netti destinati alla riserva minima obbligatoria. Pertanto si conferma, ai fini delle imposte sui redditi, l’esenzione della suddetta quota degli utili che, ai sensi dell’art. 2545-quater del codice civile, non deve essere inferiore al 30% degli utili netti annuali per la generalità delle società cooperative, e al 70%, ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 385 del 1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), per le banche di credito cooperativo.
Il comma 2 del citato articolo 6 disciplina i c.d. ristorni[495] operati dalla società cooperative e loro consorzi. Tali somme non concorrono, per i soci, a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, né costituiscono valore della produzione netta, rilevante ai fini IRAP, a condizione che siano destinate ad aumento del capitale sociale[496]. Il secondo periodo del comma 2 disciplina l'ipotesi della successiva restituzione del capitale sociale costituito mediante la destinazione delle somme sopra indicate a titolo di ristorno. In tale ipotesi la restituzione dei ristorni precedentemente imputati ad incremento del capitale sociale è soggetta ad imposta ogniqualvolta le medesime somme, ove corrisposte immediatamente, senza la preventiva destinazione ad incremento del capitale sociale, sarebbero state assoggettate a tassazione, come è previsto per i ristorni relativi ad una maggiore remunerazione dei capitali impiegati o dell’opera prestata, che costituiscono, per il socio, redditi di capitale o di lavoro dipendente (si veda a tal proposito l’articolo 7, comma 3, della legge n. 59 del 1992).
Le disposizioni del comma 2 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2001.
Il comma 3 del citato articolo 6 stabilisce che sugli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci finanziatori, purché persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, la ritenuta del 12,50% prevista dall'articolo 26, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, relativamente ai prestiti erogati alle condizioni[497] stabilite dall'articolo 13 del D.P.R. n. 601 del 1973, si applica in ogni caso a titolo di imposta e non di acconto.
Il comma 460 si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all'Albo delle cooperative - Sezione cooperative a mutualità prevalente, di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Ai sensi delle citate disposizioni le società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, sono quelle che:
1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;
2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;
3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.
I criteri per la definizione della prevalenza sono dettati dall’articolo 2512 del codice civile.
Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci
Il comma 461 dispone che sulla quota del 20% degli utili delle cooperative agricole e loro consorzi e delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi, destinati a riserve indivisibili, sottoposta a tassazione ai sensi della lettera a) del precedente comma 460[498], non si applicano neppure le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 10 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, consistenti nell’esenzione dalle imposte sui redditi.
Il citato articolo 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 prevede che i redditi conseguiti da società cooperative agricole e loro consorzi mediante l'allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci nonché mediante la manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci, sono esenti dalle imposte sui redditi.
Lo stesso articolo prevede inoltre che i redditi conseguiti dalle cooperative della piccola pesca e dai loro consorzi sono esenti dall'imposta sui redditi. Tale articolo contiene anche una definizione delle suddette cooperative, in relazione all’attività effettuata.
Si segnala che una disposizione, di natura transitoria, analoga al comma in esame, era contenuta nell’articolo 6, comma 4, lettera c), del citato D.L. n. 63 del 2002.
Il comma 462, limitando la portata delle agevolazioni di cui all’articolo 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, stabilisce che è esente dalle imposte sui redditi una quota del reddito imponibile delle società cooperative di produzione e di lavoro e loro consorzi corrispondente all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) pagata sul reddito imponibile. In tal modo, in presenza delle condizioni previste dal citato articolo 11, viene sostanzialmente superata l’indeducibilità dell’IRAP prevista dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Il citato articolo 11 del D.P.R. n. 601 del 1973 stabilisce che i redditi delle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi sono esenti dalle imposte sui redditi se l'ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità, comprese le somme erogate ai soci a titolo di integrazione delle retribuzioni, non è inferiore al 50% dell'ammontare complessivo di tutti gli altri costi, tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie. Se l'ammontare delle retribuzioni è inferiore al 50%, ma non al 25%, dell'ammontare complessivo degli altri costi, le imposte sui redditi sono ridotte alla metà.
Nella determinazione del reddito delle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi sono ammesse in deduzione le somme erogate ai soci lavoratori a titolo di integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti aumentati del 20%.
Per l’applicazione del citato articolo 11 alle società cooperative di produzione, i soci devono possedere determinati requisiti, espressamente indicati.
Anche il comma 462 riprende un’analoga disposizione, di natura transitoria, contenuta nell’articolo 6, comma 4, lettera c), del citato D.L. n. 63 del 2002.
Il primo periodo del comma 463 esclude dall’applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 460-462 le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Pertanto alle cooperative sociali e ai loro consorzi si applicano integralmente, senza le limitazioni previste per le altre tipologie di cooperative, le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 12 della legge n. 904 del 1977 e dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, sopra illustrati.
Ai sensi dell’articolo 1 della sopra citata legge n. 381 del 1991, le cooperative sociali sono cooperative che hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:
a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
oppure
b) lo svolgimento di attività diverse, agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Si segnala che anche le limitazioni alle agevolazioni fiscali disposte, in forma transitoria, dalle lettere da a) a c) del sopra illustrato articolo 6, comma 4, del D.L. n. 63 del 2002 non erano applicabili alle cooperative sociali e ai loro consorzi (come disposto dal comma 6 dello stesso articolo 6).
Il secondo periodo del comma 463 fa salve l'esenzione da imposte e la deducibilità dei contributi versati dalle cooperative ai sensi dell’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.
L’articolo 11 della legge n. 59 del 1992 prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo possano costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Le società cooperative e i loro consorzi, aderenti alle suddette associazioni riconosciute, devono destinare alla costituzione e all'incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota pari al 3% degli utili annuali. Le società cooperative e i loro consorzi non aderenti alle suddette associazioni versano il corrispondente importo all’entrata del bilancio dello Stato; tali importi sono riassegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la copertura delle spese relative all’attività ispettiva di detto Ministero nei confronti delle cooperative.
Come si ricava anche dalla relazione tecnica all’AC 5310, il secondo periodo del comma 463 si applica anche alle cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente.
Il comma 464, limita l’applicabilità dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1997, nei confronti delle società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente[499], alla quota del 30 per cento degli utili netti annuali, a condizione che tale quota sia destinata ad una riserva indivisibile statutariamente prevista. Tale disposizione si applica dall'esercizio in corso al 31 dicembre 2004.
Con riferimento alla decorrenza dell’applicabilità della norma in commento si osserva che il successivo comma 466 prevede che le disposizioni dei commi da 460 a 465 (quindi anche il comma 464 in commento) si applicano a decorrere dai periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003, mentre il presente comma 464, come sopra indicato, dispone la propria applicazione a decorrere dall'esercizio in corso al 31 dicembre 2004.
Il comma 465 pone un limite alla deducibilità degli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi sulle somme versate dai soci persone fisiche. Tale limite corrisponde alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90.
La disposizione qui commentata fa riferimento, ai fini della deducibilità dei suddetti interessi, all’articolo 13 del D.P.R. n. 601 del 1973, il quale prevede che i versamenti dei soci e le trattenute effettuate dalla società debbono essere finalizzate al conseguimento dell'oggetto sociale e non devono superare, per ciascun socio, la somma di quaranta milioni di lire (pari a 20.658,28 euro). Tale limite è elevato a ottanta milioni di lire (pari a 41.316,55 euro) per le cooperative di conservazione, lavorazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e per le cooperative di produzione e lavoro.
Il comma 466 stabilisce infine che le disposizioni di cui ai precedenti commi da 460 a 465 si applicano a decorrere dai periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003. Tale previsione si ricollega alla scadenza del periodo di applicazione delle disposizioni transitorie dettate dal più volte citato articolo 6, comma 4, del D.L. n. 63 del 2002.
467. Al numero 41-bis) della tabella A, parte seconda, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono ricomprese, a decorrere dal 1º gennaio 2005, anche le prestazioni di cui ai numeri 18), 19), 20) e 21) dell’articolo 10 del predetto decreto n. 633 del 1972, e successive modificazioni, rese, in favore dei soggetti indicati nel medesimo numero 41-bis) da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni in genere. Resta salva la facoltà per le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, di optare per la previsione di maggior favore ai sensi dell’articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Le agevolazioni di cui al presente comma sono concesse nel limite di spesa di 10 milioni di euro annui. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, con propri decreti, a dare attuazione al presente comma.
Il comma 467 assoggetta all'aliquota IVA ridotta del 4 per cento una serie di prestazioni socio-assistenziali qualora effettuate da parte di cooperative e loro consorzi.
In particolare, la norma interviene disponendo che, tra i beni e servizi soggetti all'aliquota IVA del 4 per cento (ed in particolare tra le prestazioni di cui al numero 41-bis)[500] della tabella A, parte seconda, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell'imposta sul valore aggiunto), devono essere ricomprese anche le prestazioni riportate ai numeri da 18 a 21 dell'articolo 10 del citato D.P.R. n. 633 del 1972 quando sono svolte da cooperative e loro consorzi in favore di:
§ anziani;
§ inabili adulti,
§ tossicodipendenti,
§ malati di AIDS;
§ handicappati psicofisici;
§ minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza.
Possono essere sottoposte all'aliquota del 4 per cento nei casi sopra specificati le prestazioni svolte sia direttamente da cooperative e loro consorzi sia in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni.
Le prestazioni socio-assistenziali ai quali si applica la disposizione in commento sono quelle individuate ai numeri 18, 19, 20 e 21 dell'articolo 10 dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972, nell’ambito delle operazioni esenti da imposta.
Si tratta in particolare di:
a) numero 18: prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell'articolo 99 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, ovvero individuate con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
b) numero 19: prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da ONLUS, compresa la somministrazione di medicinali, presìdi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali;
c) numero 20: prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale;
d) numero 21: prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, delle colonie marine, montane e campestri e degli alberghi e ostelli per la gioventù di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 326, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie.
L’assoggettamento delle prestazioni sopra indicate all’IVA nella misura del 4 per cento, anziché la loro ricomprensione tra le operazioni esenti di cui al citato articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972 costituisce un vantaggio per le cooperative ed i loro consorzi, poiché consente a questi soggetti di detrarre l’IVA pagata sugli acquisti.[501]
La norma in esame fa salva, comunque, per le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, la facoltà di optare, ai sensi del comma 8 dell'articolo 10 del D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 460, per la previsione di maggior favore, ovvero di continuare a considerare esenti le prestazioni in esame.
Quest’ultima disposizione considera in ogni caso come ONLUS[502] - nel rispetto della loro struttura e delle loro finalità - gli organismi di volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge n. 49 del 1987, e le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, nonché i consorzi di cui all'articolo 8 della predetta legge n. 381 del 1991 che abbiano la base sociale formata per il cento per cento da cooperative sociali. Sono fatte salve le previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato, alle organizzazioni non governative e alle cooperative sociali.
Le cooperative sociali sono organismi istituiti dalla legge n. 381 del 1991. Loro scopo è quello di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:
la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
ovvero
§ lo svolgimento di attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi) finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Alle cooperative sociali, in quanto compatibili vengono applicate le norme relative al settore in cui operano le cooperative stesse.
Le agevolazioni di cui al comma 467 sono concesse nel limite di spesa di 10 milioni di euro annui. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvederà, con propri decreti, a dare attuazione alla norma in commento.
Articolo
1, comma 468
(Contribuzione ai fondi mutualistici per
la promozione
e lo sviluppo della cooperazione)
468. All’articolo 11, comma 4, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il secondo periodo è soppresso.
Il comma 468 sopprime il secondo periodo del comma 4 dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.
L'articolo 11 citato disciplina i fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Il comma 4, in particolare, prevede che le società cooperative e i loro consorzi, aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo devono destinare, alla costituzione e all'incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono, una quota degli utili annuali pari al 3 per cento.
In proposito, la norma in esame abroga la disposizione che consente agli enti cooperativi disciplinati dal R.D. 26 agosto 1937, n. 1706, (ossia le casse rurali e artigiane) di calcolare la predetta quota del 3 per cento sulla base degli utili, al netto delle riserve obbligatorie.
469. All’articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera b), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Qualora a detti consorzi, esistenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, fossero associati anche soggetti diversi dalle banche, l’esenzione si applica limitatamente alle prestazioni rese nei confronti delle banche, a condizione che il relativo ammontare sia superiore al 50 per cento del volume d’affari»;
b) il comma 4 è abrogato.
Il comma 469 modifica la disciplina relativa all’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto stabilita dall'articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, per le prestazioni di servizi, rese nell’ambito di attività di carattere ausiliario, fra società appartenenti al medesimo gruppo bancario nonché da parte di consorzi fra banche nei confronti dei consorziati.
L'articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, al comma 1, dispone che sono esenti dall'IVA le prestazioni di servizi, rese nell'ambito delle attività di carattere ausiliario di cui all'articolo 59, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385[503]:
a) effettuate da società facenti parte del gruppo bancario, definito dall'articolo 60 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, ivi incluse le società strumentali di cui all'articolo 59, comma 1, lettera c), del predetto decreto legislativo, alle società del gruppo medesimo;
b) effettuate dai consorzi, ivi comprese le società cooperative con funzioni consortili, costituiti tra banche, nei confronti dei consorziati o dei soci, a condizione che i corrispettivi in qualsiasi forma da questi dovuti ai consorzi per statuto non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse.
Il comma 2 estende tale esenzione alle stesse prestazioni di servizi rese esclusivamente alle società del gruppo bancario da parte della capogruppo estera ovvero da parte di società del gruppo estero, comprese le società strumentali il cui capitale sia interamente posseduto dalla controllante estera della banca italiana capogruppo ovvero da tale controllante e da altre società da questa controllate. L'esenzione si applica a condizione che tutti i soggetti indicati nel periodo precedente abbiano la sede legale nell'Unione europea.
Il comma 3 dichiara applicabile la stessa esenzione alle prestazioni di servizi ivi indicate rese:
a) a società del gruppo assicurativo da altra società del gruppo medesimo controllata, controllante, o controllata dalla stessa controllante, ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile;
b) da consorzi costituiti tra le società di cui alla lettera a) nei confronti delle società stesse a condizione che i corrispettivi da queste dovuti ai consorzi per statuto non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse;
c) a società del gruppo il cui volume di affari dell'anno precedente sia costituito per oltre il 90 per cento da operazioni esenti ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da altra società facente parte del gruppo medesimo, a condizione che l'ammontare globale dei volumi di affari delle società del gruppo dell'anno precedente sia costituito per oltre il 90 per cento da operazioni esenti.
Il comma 4 prevede infine che per i consorzi fra banche, indicati alla lettera b) del comma 1, esistenti alla data di entrata in vigore della stessa legge, cui partecipano anche soggetti diversi dalle banche, l'esenzione si applica fino al 31 dicembre 2004[504], e limitatamente alle prestazioni rese nei confronti delle banche, a condizione che il relativo ammontare sia superiore al 50 per cento del volume di affari.
La lettera a) modifica la lettera b) del comma 1 del citato articolo 6, aggiungendo che, qualora ai consorzi fra banche ammessi a beneficiare dell’esenzione, ed esistenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, fossero associati anche soggetti diversi dalle banche, l'esenzione si applichi limitatamente alle prestazioni rese nei confronti delle banche, a condizione che il loro ammontare superi il 50 per cento del volume d'affari.
Il comma 469 rende permanente l’esenzione temporaneamente prevista dal comma 4 dello stesso articolo 6 per i consorzi cui partecipino anche soggetti diversi dalle banche, nei limiti già stabiliti dalla disposizione citata. Poiché tuttavia il riferimento è fatto ai consorzi esistenti “alla data di entrata in vigore della presente disposizione”, la possibilità di usufruire dell’agevolazione viene ampliata anche ai consorzi costituiti dopo la data di entrata in vigore della legge n. 133 del 1999 e ai soggetti, diversi da banche, partecipanti a tali consorzi entro la data di entrata in vigore della presente legge finanziaria per il 2005.
Viene per conseguenza disposta l'abrogazione del comma 4 dell'articolo 6 della legge n. 133 del 1999.
Articolo
1, comma 470
(Esenzione imposta sugli spettacoli per
manifestazioni sportive dilettantistiche)
470. All’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo il comma 11, è inserito il seguente:
«11-bis. Per i soggetti di cui al comma 1 la pubblicità, in qualunque modo realizzata negli impianti utilizzati per manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza inferiore ai tremila posti, è da considerarsi, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, in rapporto di occasionalità rispetto all’evento sportivo direttamente organizzato».
Il comma 470 dispone in merito all'imposta sugli spettacoli di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 dovuta dalle società sportive dilettantistiche.
In particolare la norma in esame - attraverso l'introduzione del comma 11-bis all'articolo 90 della legge n. 289/2002 - prevede che per le società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro di cui al comma 1 dell'articolo 90 citato, la pubblicità realizzata negli impianti aventi capienza inferiore ai 3.000 posti deve considerarsi in rapporto di occasionalità rispetto all'evento sportivo ai fini dell'applicazione dell'imposta sugli spettacoli prevista dal D.P.R. n. 640/1972.
Si ricorda che l'articolo 90 della legge n. 289 del 2002 ha dettato una serie di disposizioni di carattere tributario e civilistico relative alle società ed alle associazioni sportive dilettantistiche. Il comma 1, in particolare, ha esteso l'applicazione delle disposizioni di cui alla legge n. 398/1991 e le altre disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro.
Il fatto che per tali società la pubblicità all'interno degli impianti sportivi possa essere considerata in rapporto di occasionalità rispetto all'evento sportivo ai fini dell'applicazione dell'imposta sugli spettacoli rileva ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta stessa.
Ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera c), del D.P.R. n. 640/1972, concorre nella determinazione della base imponibile dell'imposta "ogni altro provento comunque connesso all'utilizzazione ed alla organizzazione degli intrattenimenti e delle altre attività". L'occasionalità rileva pertanto rispetto alla connessione con l'evento sportivo come richiesto dalla lettera c) citata.
Le società sportive dilettantistiche possono applicare tale normativa relativamente alla pubblicità in qualunque modo realizzata negli impianti, purché si tratti di impianti utilizzati per manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza minore di 3.000 posti.
471. A decorrere dal 1º gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell’imposta sul valore aggiunto contenute nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 370, e nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 366, non si applicano ai soggetti che nell’anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro. I soggetti di cui al presente comma hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Il comma 471 stabilisce che, con decorrenza dal 1° gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità particolari di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto contenute nei regolamenti di cui ai decreti ministeriali del 24 ottobre 2000, n. 370 e n. 366, e riferite alle operazioni effettuate nei settori dei servizi di telecomunicazione, dei servizi di somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili e dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani, di fognatura e di depurazione, non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.
Con il D.M. 24 ottobre 2000, n. 370, è stato emanato il regolamento recante particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto nei confronti di contribuenti che gestiscono il servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati e il servizio di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta, da emanarsi ai sensi degli articoli 22, comma 2, e 73, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Il D.M. 24 ottobre 2000, n. 366, reca disposizioni in materia di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni effettuate nel settore delle telecomunicazioni, con particolare riguardo ai relativi obblighi di fatturazione e di liquidazione.
Al riguardo, l'articolo 22, primo comma, numero 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con il quale viene istituita l'imposta sul valore aggiunto, stabilisce che non è obbligatoria l'emissione della fattura, se non a richiesta del cliente, per le attività di commercio al minuto e assimilate.
L'articolo 22, secondo comma, del medesimo decreto stabilisce che l’esclusione dell’obbligo di emissione della fattura, prevista nel comma precedente dello stesso articolo, possa essere estesa, con decreto del Ministro delle finanze, ad altre categorie di contribuenti che prestino servizio al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e importo limitato tali da rendere particolarmente onerosa l'osservanza dell'obbligo di fatturazione e degli adempimenti connessi.
L’articolo 73, primo comma, lettera e), dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, rimette, tra l'altro, al Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione, con propri decreti, di particolari modalità e termini per l'emissione, numerazione e registrazione delle fatture, le liquidazioni periodiche e i versamenti relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica e simili.
L'articolo 74, primo comma, lettera d), dello stesso decreto stabilisce, in deroga a quanto disposto nei titoli primo e secondo, che l'imposta sul valore aggiunto è dovuta per le prestazioni dei gestori dei telefoni posti a disposizione del pubblico, nonché per la vendita di qualsiasi mezzo tecnico per fruire dei servizi di telecomunicazione, fissa o mobile, e di telematica, dal titolare della concessione o autorizzazione ad esercitare i servizi sulla base del corrispettivo dovuto dall'utente; il terzo comma del citato articolo 74 dispone che le modalità e i termini per l'applicazione delle disposizioni dei commi primo e secondo del medesimo articolo 74 sono stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Infine l'articolo 74, quarto comma, dello stesso decreto prevede per determinati enti e imprese la possibilità di essere autorizzati, con decreto del Ministro, ad eseguire le liquidazioni e versamenti trimestralmente anziché mensilmente senza che si applichino le disposizioni di cui all’articolo 33, relativo alle semplificazioni per i contribuenti minori in ordine alle liquidazioni e ai versamenti.
Considerato che, per l'elevato numero delle operazioni poste in essere nei confronti degli utenti, i servizi di telecomunicazione rientrano tra i servizi di cui all'articolo 73, primo comma, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e ritenuta l'opportunità di avvalersi delle facoltà conferitegli dai detti articoli per quanto concerne la determinazione di particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate, nel territorio dello Stato, nel settore delle telecomunicazioni, il Ministro dell’economia e delle finanze ha adottato il regolamento di cui al D.M. n. 366 del 2000.
Ai fini del regolamento in discorso, costituiscono servizi di telecomunicazione l'emissione, trasmissione e ricezione di segni, segnali, scritti, immagini e suoni o informazioni di qualsiasi natura, resi tramite filo, radio, cavo, o altri mezzi o sistemi elettromagnetici, elettronici, ottici e similari all'uopo predisposti dalla tecnica. Si considerano altresì servizi di telecomunicazione la cessione e la concessione di diritti di utilizzazione dei mezzi o sistemi per le predette emissioni, trasmissioni o ricezioni, la distribuzione di segnali radiotelevisivi, via cavo o satellite, la messa a disposizione di reti in cavo o satellitari, l'autorizzazione all'accesso alle reti informatiche, nonché le altre operazioni accessorie o comunque connesse ai servizi in precedenza indicati, quando le stesse sono considerate parte integrante del servizio in forza delle previsioni contrattuali.
Tale regolamento prevede che per i servizi di telecomunicazione e per le altre operazioni accessorie o comunque connesse effettuate dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, le fatture possono essere emesse in unico esemplare e ordinate secondo serie articolate di numerazioni progressive; i corrispettivi soggetti all'imposta sono indicati complessivamente in fattura, distinti per aliquota, indipendentemente dalla loro spettanza al titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale.
Il secondo esemplare delle fatture può essere sostituito da distinte meccanografiche di fatturazione ovvero da supporti magnetici o di immagini riportanti tutti gli elementi indicati in ciascuna fattura.
Sulle fatture può essere indicato, in sostituzione del numero d’ordine progressivo, il numero telefonico completo di ciascun utente, ovvero altro idoneo codice identificativo. Nei confronti dello stesso utente può essere emessa un'unica fattura per prestazioni rese in relazione a contratti distinti.
L'emissione delle fatture relative ai contributi per nuovi collegamenti, traslochi, variazioni di abbonato e altre prestazioni accessorie al contratto di abbonamento, incassati presso locali aperti al pubblico, non è obbligatoria se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell'operazione. Le eventuali fatture potranno essere emesse entro novanta giorni dalla data di effettuazione dell'operazione.
Le liquidazioni, le dichiarazioni e i versamenti periodici di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, devono essere eseguiti dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare; entro tale mese devono essere presentate le relative dichiarazioni periodiche. Ai fini delle predette liquidazioni e dichiarazioni periodiche deve tenersi conto di tutte le operazioni per le quali le registrazioni devono eseguirsi in relazione al periodo cui le stesse si riferiscono.
È intervenuto parimenti ad adottare simili modalità applicative dell’IVA il D.M. 24 ottobre 2000, n. 370, con cui è stato emanato il regolamento recante appunto particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto nei confronti di contribuenti che gestiscono il servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati e il servizio di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta, da emanarsi ai sensi degli articoli 22, comma 2, e 73, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Il Ministro dell’economia e delle finanze, infatti, ha ritenuto opportuno avvalersi della facoltà conferitagli dalle disposizioni sopra ricordate per determinare particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni relative alla somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili, all'esercizio di lampade votive nei cimiteri, alla gestione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani e del servizio di fognatura e depurazione.
In particolare, per quanto riguarda la fatturazione delle operazioni, si dispone che per l'addebito dei corrispettivi relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento urbano, nonché per le operazioni relative al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati, di fognatura e depurazione, possono essere emesse bollette che tengono luogo delle fatture, anche agli effetti di cui all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sempreché contengano tutti gli elementi di cui all'articolo 21 del medesimo decreto, salvo il numero progressivo e il domicilio dell'utente, che possono essere sostituiti rispettivamente dalla numerazione toponomastica e dall'ubicazione dell'utenza. Nei confronti dello stesso cliente può essere emessa un'unica bolletta per le somministrazioni effettuate in relazione a uno o più contratti distinti. In tal caso la numerazione progressiva prevista dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, potrà essere sostituita da un numero di conto attribuito alle specifiche aggregazioni delle posizioni contrattuali.
Con riguardo alla registrazione dei corrispettivi, si possono effettuare le prescritte annotazioni indicando i totali delle distinte meccanografiche di fatturazione relative alle bollette-fatture emesse nel corso di ciascun trimestre solare, entro il mese successivo al trimestre stesso con riferimento alla data della loro emissione.
Per quanto concerne, infine, le dichiarazioni e liquidazioni periodiche, le annotazioni di liquidazione periodica previste dall'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, possono essere effettuate entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare ed entro lo stesso termine dev’essere eseguito il versamento della relativa imposta senza corresponsione degli interessi.
Pertanto, il comma 471 dispone ora che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto sopra esaminate non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.
Il secondo periodo del comma 471 specifica che i soggetti che ricadono nelle previsioni dei decreti ministeriali n. 366 e n. 370 del 2000 e che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.
Secondo il disposto dell’articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro.
Ai sensi dell’articolo 24 del D.P.R. n. 633 del 1972, i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all'art. 22 possono annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte. L'annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo al giorno in cui le operazioni sono effettuate.
Articolo
1, comma 472
(Sospensione della procedura di
riscossione dell’IVA
gravante sulle accise)
472. All’articolo 4, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, dopo il terzo periodo, è inserito il seguente: «In tal caso resta altresì sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse».
Il comma 472 novella il testo unico approvato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in materia di imposte sulla produzione e sui consumi, aggiungendo un periodo all’articolo 4, comma 1.
La citata disposizione del testo unico prevede che in caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, l'imposta può essere abbonata qualora il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione è avvenuta per caso fortuito o forza maggiore. È altresì stabilito che fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore.
Su tale normativa si inserisce quindi la previsione di cui al comma 472, che prevede in questo caso anche la sospensione della procedura di riscossione dell'IVA gravante sulle accise.
La disposizione del testo unico prosegue stabilendo che qualora, a seguito del verificarsi di reati ad opera di terzi, si instauri un procedimento penale, l’esigibilità dell’accisa gravante sui prodotti alcolici viene sospesa fino all’emissione del decreto di archiviazione o sentenza irrevocabile, ai sensi dell’articolo 648 del codice di procedura penale. Inoltre, nel caso in cui emerga l’estraneità ai fatti del soggetto passivo e siano individuati gli effettivi responsabili, è concesso l’abbuono dell’imposta a favore del soggetto passivo e si procede al recupero nei confronti dell’effettivo responsabile del reato.
Si ricorda che il citato articolo 648 c.p.p. stabilisce che sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione.
Nei casi in cui l'impugnazione è ammessa, inoltre, la sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporla o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile. Se vi è stato ricorso per cassazione, la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è pronunciata l'ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso.
473. Le riserve e i fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 10 per cento. La disposizione del primo periodo non si applica alle riserve per ammortamenti anticipati.
474. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle leggi 29 dicembre 1990, n. 408, 30 dicembre 1991, n. 413, e 21 novembre 2000, n. 342, compresi quelli costituiti ai sensi dell’articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, l’imposta sostitutiva di cui al comma 473 è ridotta al 4 per cento.
475. Le riserve e i fondi di cui al comma 473 e i saldi attivi di cui al comma 474, assoggettati all’imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell’impresa ovvero della società e dell’ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d’imposta previsto dall’articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dall’articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e dall’articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.
476. L’imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio di cui al comma 473 ed è versata, in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.
477. L’imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l’imposta sostitutiva è imputata al capitale sociale o fondo di dotazione, la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga all’articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all’articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice.
478. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
I commi 473-478 prevedono la possibilità di “affrancare” riserve e fondi in sospensione d'imposta, rendendoli liberamente distribuibili ai soci, con il versamento di un’imposta sostitutiva.
Una previsione analoga a quella dei commi in esame era contenuta nell’articolo 4 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), prorogata di un anno dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.
Il citato articolo 4 della legge n. 448 del 2001 consentiva di affrancare, rendendole liberamente distribuibili ai soci, le riserve e gli altri fondi in sospensione d’imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o rendiconto dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2001. L’affrancamento era effettuato con il versamento di una imposta sostitutiva del 19 per cento.
L’imposta sostitutiva doveva essere liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2001 ed essere versata in tre rate annuali, nella misura del 45%, del 35% e del 20%, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dell’esercizio in corso, rispettivamente, alla data del 31 dicembre 2001, del 31 dicembre 2002, e del 31 dicembre 2003. Sull’importo delle rate successive alla prima erano dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente alle rate.
Le riserve e i fondi assoggettati all'imposta sostitutiva non concorrevano a formare il reddito imponibile dell'impresa. Si prevedeva, inoltre, l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva, che poteva essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve o ad altri fondi del bilancio o del rendiconto.
Il comma 473, in analogia con le richiamate disposizioni della legge n. 448 del 2001, stabilisce che le riserve e i fondi in sospensione d'imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte[505], ad imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 10 per cento.[506]
Il citato articolo 4 della legge n. 448 del 2001 non prevedeva che l’imposta fosse sostitutiva, oltre che dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef) e delle società (Ires), anche dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap).
Sono espressamente escluse dalla possibilità di affrancamento le riserve per ammortamenti anticipati.[507]
Il comma 474 prevede un’aliquota ridotta dell’imposta sostitutiva, nella misura del quattro per cento, per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle seguenti disposizioni normative:
§ legge 29 dicembre 1990, n. 408;
La legge n. 408 del 1990 reca, tra le altre, disposizioni tributarie in materia di rivalutazione di beni delle imprese e di smobilizzo di riserve e fondi in sospensione d’imposta.
§ legge 30 dicembre 1991, n. 413;
La legge n. 413 del 1991 (c.d. legge Formica) reca, tra le altre, disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese.
§ legge 21 novembre 2000, n. 342, compresi i saldi costituiti ai sensi dell'articolo 14 della suddetta legge.
L’articolo 10 della citata legge n. 342 del 2000 consente alle società e agli enti commerciali di rivalutare i beni materiali e immateriali, con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d’impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e in società collegate costituenti immobilizzazioni. Il sopra citato articolo 14 stabilisce che l’importo corrispondente ai maggiori valori iscritti in bilancio in corrispondenza della rivalutazione è accantonato in apposita riserva.
La relazione illustrativa all’ A.C. 5310 osserva che, nelle ipotesi sopra indicate, la misura dell’imposta sostitutiva è ridotta in considerazione della circostanza che i saldi di rivalutazione hanno già “scontato” un’imposizione sostitutiva.
Ai sensi del comma 475, le riserve e i fondi di cui al comma 473 e i saldi attivi di cui al comma 474 assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa, della società o dell’ente. Lo stesso comma dispone che, in caso di distribuzione dei saldi attivi di cui al comma 474, non spetta il credito d’imposta previsto dalle seguenti disposizioni, le quali si riferiscono ai precedenti interventi di rivalutazione ricordati dallo stesso comma 474:
§ articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408,
§ articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413,
§ articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.
Il comma 476 stabilisce che l’imposta sostitutiva dev’essere liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 e dev’essere versata in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.
Si ricorda che il più volte citato articolo 4 della legge n. 448 del 2001 prevedeva esclusivamente il pagamento rateale, mediante tre rate annuali di importo decrescente, maggiorate, la seconda e la terza, di interessi, nella misura del 3 per cento annuo.
Il comma 477 prevede, analogamente al precedente provvedimento sopra richiamato, l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva.
L'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere fatta, in tutto o in parte, a carico delle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l’imputazione è fatta al capitale sociale o fondo di dotazione, la norma precisa che la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga alle disposizioni contenute nell'articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma.
L’articolo 2365 del codice civile prevede che l'assemblea straordinaria delibera, tra l’altro, sulle modificazioni dello statuto.
In base all’articolo 2445, primo comma, la riduzione del capitale, quando questo risulta esuberante per il conseguimento dell'oggetto sociale, può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci. Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che l'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, la quale deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.
In sostanza, per effetto del richiamo alle suindicate disposizioni del codice civile, la riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione in conseguenza dell'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere deliberata dall'assemblea ordinaria e l'avviso di convocazione deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, da mantenersi entro i suddetti limiti.
Infine, il comma 478 precisa che per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni, i rimborsi nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
Articolo
1, comma 479
(Finanziamento del Fondo bieticolo
nazionale)
479. Il Fondo bieticolo nazionale di cui all’articolo 3 del decreto-legge 21 dicembre 1990, n. 391, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1991, n. 48, è incrementato della somma di 10 milioni di euro per l’anno 2005.
Il comma 479 trasferisce all’Associazione bieticolo-saccarifera italiana (ABSI) 10 milioni di euro per l’anno 2005, che vanno a riversarsi sul fondo dalla medesima gestito sulla base del disposto di cui all’art. 3 del D.L. n. 391/1990
L’articolo 3 del D.L. n. 391/90[508] ha autorizzato l’AIMA (ora AGEA) a versare al fondo bieticolo nazionale, istituito presso l’ABSI, una quota parte degli aiuti destinati al comparto. Dal tenore della disposizione può desumersi che le risorse così assegnate possano essere destinate agli interventi di perequazione delle bietole e dei relativi oneri comunitari, nonché ad ogni altra azione di interesse del settore bieticolo.
In proposito vale segnalare che lo zucchero è oggetto di una disciplina comunitaria ed è attualmente regolato dal Reg. (CE) n. 1260/2001, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero, entrato in vigore il 1° luglio 2001. Detto provvedimento consente all’Italia, fino alla chiusura della campagna 2005/2006, di concedere un aiuto di adattamento il cui importo non può superare 5,43 EUR per 100 chilogrammi di zucchero bianco ai produttori di barbabietole da zucchero e, eventualmente, ai produttori di zucchero per la produzione della quantità di zucchero corrispondente effettuata entro i limiti delle quote A e B di ciascuna impresa produttrice di zucchero, per le regioni seguenti: Abruzzo, Molise, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.
Va rammentato che in linea generale è proprio la legge finanziaria che annualmente quantifica gli stanziamenti destinati alla realizzazione degli interventi autorizzati dall’Unione europea per il settore bieticolo saccarifero, attribuendo tuttavia dette risorse direttamente all’AGEA.
Da ultimo, con la legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) in tabella D sono stati assegnati all’AGEA 10 milioni di euro per gli aiuti di adattamento del comparto, risorse che sono state iscritte sul cap. 7375, UPB 3.2.3.46 della tabella del Ministero del tesoro.
Sempre annualmente interviene una delibera del CIPE che, utilizzando le risorse assegnate con la legge finanziaria, determina l’entità dell’aiuto da concedersi ai produttori. In proposito l’ultimo provvedimento oggetto di pubblicazione in Gazzetta è stata la Del. CIPE n. 91/01 del 15/11/2001, relativamente alla campagna 2000/2001. Per la campagna successiva il 16/12/03 è stata approvata la delibera n. 82/03 tuttora in fase di registrazione.
La quantità di prodotto che beneficia dell’aiuto ammonta approssimativamente a 2 milioni di quintali.
L’absi-Fondo Bieticolo è l’Ente Interprofessionale del settore bieticolo saccarifero costituita da tutte le Associazioni dei bieticoltori e tutte le Società saccarifere.
Costituita sotto forma di Associazione nel 1982 con il compito principale di gestire il Fondo Bieticolo Nazionale, è stata trasformata in Società consortile il 30 ottobre 2001.
e disposizioni statutarie prevedono che le decisioni vengano assunte di comune accordo tra le parti, con maggioranze qualificate, mentre la rappresentanza è commisurata alla effettiva rappresentatività.
Compito principale dell’ABSI-Fondo Bieticolo è quello di attuare gli Accordi Interprofessionali nonché gestire il Fondo Bieticolo Nazionale in merito al quale vige l’obbligo di rendicontazione al MIPAF.
480. Al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 6, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
«2-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 20 non trova applicazione l’imposta sulla pubblicità»;
b) all’articolo 20, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
«1-bis. Il presente articolo si applica alle persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi previsti dall’articolo 20-bis»;
c) dopo l’articolo 20, è inserito il seguente:
«Art. 20-bis. – (Spazi riservati ed esenzione dal diritto). – 1. I comuni devono riservare il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione dei manifesti ai soggetti di cui all’articolo 20. La richiesta è effettuata dalla persona fisica che intende affiggere manifesti per i soggetti di cui all’articolo 20 e deve avvenire secondo le modalità previste dal presente decreto e dai relativi regolamenti comunali. Il comune non fornisce personale per l’affissione. L’affissione negli spazi riservati è esente dal diritto sulle pubbliche affissioni.
2. Le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino all’entrata in vigore della presente disposizione, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia. Tale versamento deve essere effettuato a favore della tesoreria del comune competente o della provincia qualora le violazioni siano state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso la provincia provvede al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali compete l’obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005. In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia destinerà le entrate al settore ecologia. La definizione di cui al presente comma non dà luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni. Il termine per il versamento è fissato, a pena di decadenza dal beneficio di cui al presente comma, al 31 maggio 2005. Non si applicano le disposizioni dell’articolo 15, commi 2 e 3, della legge 10 dicembre 1993, n. 515»;
d) all’articolo 23, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
«4-bis. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione. Non sussiste responsabilità solidale»;
e) all’articolo 24, dopo il comma 5-bis è aggiunto il seguente:
«5-ter. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale».
481. All’articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo il comma 13-quater, è aggiunto il seguente:
«13-quinquies. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale».
482. Alla legge 4 aprile 1956, n. 212, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 6 è aggiunto il seguente comma:
«È responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale»;
b) all’articolo 8 è aggiunto il seguente comma:
«È responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale».
483. Alla legge 10 dicembre 1993, n. 515, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 15, comma 3, le parole: «sono a carico, in solido, dell’esecutore materiale e del committente responsabile» sono sostituite dalle seguenti: «sono a carico esclusivamente dell’esecutore materiale. Non sussiste responsabilità solidale neppure del committente»;
b) all’articolo 15, comma 19, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La responsabilità in materia di manifesti è personale e non sussiste responsabilità neppure del committente».
Il comma 480 dispone modifiche al decreto legislativo n. 507/1993, recante revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province, nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
In particolare, viene modificato l’articolo 6 - che individua il soggetto passivo dell'imposta sulla pubblicità, tenuto al pagamento in via principale, nella persona che dispone a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso, mentre è solidalmente obbligato al pagamento dell'imposta colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicità – attraverso l’aggiunta del comma 2-bis, che esenta dall’applicazione dell’imposta sulla pubblicità i soggetti indicati all’articolo 20.
Il citato articolo 20 prevede la riduzione della metà della tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni per:
a) i manifesti riguardanti in via esclusiva lo Stato e gli enti pubblici territoriali;
b) i manifesti di comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;
c) i manifesti relativi ad attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;
d) i manifesti relativi a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza;
e) gli annunci mortuari.
Si ricorda, peraltro, che il successivo articolo 21 indica i casi di esenzione dal diritto sulle pubbliche affissioni. Si tratta dei:
a) manifesti riguardanti le attività istituzionali del comune da esso svolte in via esclusiva, esposti nell'ambito del proprio territorio;
b) manifesti delle autorità militari relativi alle iscrizioni nelle liste di leva, alla chiamata ed ai richiami alle armi;
c) manifesti dello Stato, delle regioni e delle province in materia di tributi;
d) manifesti delle autorità di polizia in materia di pubblica sicurezza;
e) manifesti relativi ad adempimenti di legge in materia di referendum, elezioni politiche, per il parlamento europeo, regionali, amministrative;
f) ogni altro manifesto la cui affissione sia obbligatoria per legge;
g) manifesti concernenti corsi scolastici e professionali gratuiti regolarmente autorizzati.
Il comma 480 modifica il citato articolo 20 del D.Lgs. n. 507/1993, con l’aggiunta del comma 1-bis, stabilendo che la riduzione del 50% della tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni ivi disciplinata si applica alle persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi previsti dal successivo articolo 20-bis, anch’esso introdotto dal comma 480.
Ai sensi del comma 1 del nuovo articolo 20-bis, i comuni devono riservare il 10% degli spazi totali per l’affissione dei manifesti, ai soggetti indicati all’articolo 20. La richiesta è effettuata dalla persona fisica che intende affiggere manifesti per i soggetti in questione e deve avvenire secondo le modalità previste dalla presente legge e dai relativi regolamenti comunali. Il comune non fornisce personale per l’affissione. L’affissione negli spazi riservati è esente dal diritto sulle pubbliche affissioni.
Il comma 2 del nuovo articolo 20-bis dispone la sanatoria delle violazioni norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della presente disposizione (1° gennaio 2005) relativamente alle violazioni commesse mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari.
Tali violazioni possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia.
Il versamento deve essere effettuato entro il 31 maggio 2005, a pena di decadenza dal beneficio, a favore della tesoreria del comune competente o della provincia qualora le violazioni siano state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso la provincia provvede al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali compete l’obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005.
In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia destinerà le entrate al settore ecologia.
La definizione delle pendenze in oggetto non dà luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni.
Si stabilisce, infine, che non siano applicabili le disposizioni dell’articolo 15, commi 2 e 3, della legge n. 515 del 1993 (Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica).
Il comma 2 dell’articolo 15 della legge n. 515 del 1993 prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1 milione di lire a 50 milioni di lire in caso di inosservanza delle norme di cui all'articolo 3 (propaganda elettorale per il voto a liste, a gruppi di candidati o a singoli candidati a mezzo di manifesti e giornali murali), mentre il comma 3 pone a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile le spese sostenute dal comune per la rimozione della propaganda abusiva nelle forme di scritte o affissioni murali e di volantinaggio (cfr. comma 486).
Infine il comma 480 novella gli articoli 23 e 24 del D.Lgs. n. 507/1993, con l’introduzione, rispettivamente, del comma 4-bis e del comma 5-ter, di identico contenuto, stabilendo la responsabilità esclusiva di colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione di manifesti riguardanti l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20 (cfr) per quanto riguarda le sanzioni amministrative contenute ai due articoli. Si esclude, inoltre, la responsabilità in solido.
I successivi commi da 481 a 483 recano disposizioni di coordinamento con le altre disposizioni vigenti in materia di affissioni, al fine di coordinamento con le modifiche introdotte dal comma precedente.
In particolare il comma 481 aggiunge il comma 13-quinquies all’articolo 23 (Pubblicità sulle strade e sui veicoli) del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Nuovo codice della strada), specificando che se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’art. 20 del decreto legislativo n. 507 del 1993, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.
Modifiche di analogo contenuto circa la responsabilità per l’affissione sono prevista al comma 482 che novella gli articoli 6 e 8 della legge n. 212 del 1956 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale)
Infine, tale principio sulla responsabilità personale nell’affissione di manifesti viene ribadito dal comma 483 quali modifiche all’articolo 15, commi 3 e 19, della legge n. 515 del 1993 (Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica).
Articolo
1, comma 484
(Proroga credito d’imposta a favore di
imprese editrici
di quotidiani e periodici)
484. Le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 181, 182, 183, 184, 185 e 186, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono estese alle spese sostenute nell’anno 2005. Il relativo limite di spesa per l’anno 2006 resta fissato in 95 milioni di euro.
Il comma 484 estende alle spese effettuate nel corso dell’anno 2005, il credito d’imposta pari al 10% della spesa sostenuta per l'acquisto della carta a favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici e alle imprese editrici di libri iscritte al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC)[509] previsto, per il solo anno 2004, dall’articolo 4, commi 181-186 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004). Il relativo limite di spesa, riferito all’anno successivo in quanto credito di imposta, è stabilito in 95 milioni di euro, analogamente a quanto previsto per le spese effettuate nell’anno 2004.
Il comma 181 dell’articolo 4 della legge 350/2003 ha introdotto tale agevolazione demandando le modalità di riconoscimento del credito di imposta, entro un limite di spesa di 95 milioni di euro, ad un successivo DPCM; previsione che ha trovato realizzazione con l’adozione del DPCM 318/2004 di natura regolamentare[510]. Il comma in esame non chiarisce se per le modalità di riconoscimento del credito di imposta si debba fare riferimento al citato DPCM 318/2004. Nel caso va evidenziato che il regolamento, poiché si riferisce alle spese di un solo anno, prevede una scadenza per la presentazione delle domande di riconoscimento del credito di imposta (un mese dall’entrata in vigore del regolamento stesso) non applicabile ad annualità successive.
I successivi commi da 182 a 186 dell’articolo 4 della legge 350/2003 definiscono i criteri per la concessione del beneficio e il suo trattamento fiscale. In particolare, è previsto che l'acquisto della carta risulti dal bilancio certificato delle imprese editrici o, in caso di acquisto da parte di soggetti diversi dall'editore stesso, da una fatturazione distinta da altre vendite o prestazioni di servizio (comma 182); sono esclusi dal beneficio l’acquisto di carta per la stampa di determinati prodotti editoriali (comma 183)[511]
Con riferimento alla disciplina fiscale, il comma 184 specifica che il credito d'imposta - che non è rimborsabile, ma che non limita il diritto al rimborso che spetti ad altro titolo - non concorre a determinare il reddito imponibile e può essere fatto valere in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997[512]. Il comma 185 dispone che l'ammontare della spesa complessiva per l'acquisto della carta nonché l'ammontare del credito d'imposta siano entrambi indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui ha avuto luogo l'acquisto. Il comma 186 stabilisce che, qualora si verifichi un utilizzo del credito d'imposta totalmente o parzialmente non spettante, si applichino la normativa relativa all'accertamento, alla riscossione ed al contenzioso in materia tributaria, nonché le sanzioni previste ai fini delle imposte sui redditi.
Si ricorda infine che il comma 189 dell’articolo 4 della legge 350/2003 ha subordinato l'efficacia delle disposizioni recate dai precedenti commi 181-186 all'autorizzazione delle autorità europee competenti in materia[513]. Tale disposizione è ripresa dall’articolo 5 del DPCM 318/2004, che ha inoltre previsto la comunicazione nella gazzetta ufficiale della decisione delle Autorità europee.
Articolo
1, commi 485-487
(Aumento delle accise sui tabacchi lavorati
e prezzo minimo di vendita al pubblico)
485. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell’articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e successive modificazioni, può essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare un maggiore gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006.
486. Per il perseguimento di obiettivi di pubblico interesse, ivi compresi quelli di difesa della salute pubblica, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero della salute, possono essere individuati criteri e modalità di determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati.
487. La vendita al pubblico delle sigarette è ammessa esclusivamente in pacchetti confezionati con dieci o venti pezzi.
Il comma 485 stabilisce la possibilità di aumentare, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l'anno 2005 e a 1.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.
Nel determinare l' aumento dell'aliquota sarà necessario tenere conto anche dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, recante norme in tema di regime di imposizione fiscale sui prodotti oggetto di monopolio di Stato.
Il citato articolo 2 della legge n. 825 del 1965 prevede che l’inserimento di ciascun prodotto soggetto a monopolio fiscale nelle tariffe, contenute nelle diverse tabelle allegate alla stessa legge n. 825 del 1965, è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono stabiliti in conformità a quelli richiesti dai fabbricanti e dagli importatori. Le richieste per l’inserimento in tariffa presentate dagli interessati devono essere corredate, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto, da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti alla variazione proposta.
Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, lettera a), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:
a) sigarette....................................... 58,50%;
b) sigari e sigaretti............................ 23%;
c) tabacco da fumo........................... 54%;
d) tabacco da masticare.................... 24,78%;
e) tabacco da fiuto............................ 24,78%.
Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dal citato articolo 28, comma 1, lett. a), dell’articolo 28 del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.
Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.
In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[514]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.
Si ricorda infine che l’articolo 2, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,(legge finanziaria per il 2004) ha stabilito che i decreti con i quali, ai sensi dell’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modifiche e integrazioni, può essere disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette devono assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il D.M. 15 ottobre 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 262 dell’8 novembre 2004) con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58% al 58,50%.
Il comma 486 prevede che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, possano essere individuati criteri e modalità di determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, al fine di perseguire obiettivi di pubblico interesse, compresi quelli di difesa della salute pubblica.
Il suddetto provvedimento direttoriale dovrà essere emanato sentito il Ministero della salute.
Infine il comma 487 consente la vendita al pubblico di pacchetti di sigarette confezionate esclusivamente in pacchetti da dieci o venti pezzi.
488. Al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di gioco, le percentuali delle ritenute previste dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e 17, quarto comma, della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono sostituite con una ritenuta unica del 6 per cento.
489. Il primo comma dell’articolo 2 della legge 2 agosto 1982, n. 528, è sostituito dal seguente:
«Il gioco del lotto si basa sull’utilizzo dei numeri da 1 a 90 inclusi, sopra le ruote di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, e sopra la ruota denominata ruota nazionale. I cinque numeri estratti determinano le vincite relativamente a ciascuna ruota. Le estrazioni della ruota nazionale sono svolte in Roma».
490. Le scommesse sulla ruota nazionale si effettuano puntando sulla ruota stessa con esclusione di tutte le altre ruote. La raccolta delle scommesse sulla ruota nazionale viene effettuata dal concessionario del gioco del lotto attraverso la rete automatizzata del lotto.
491. Il primo ed il secondo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528, sono sostituiti dai seguenti:
«I premi sono fissati come appresso:
a) sorti del gioco: premi per ogni combinazione;
b) estratto semplice: undici volte e duecentotrentadue millesimi della posta;
c) estratto determinato: cinquantacinque volte la posta;
d) ambo: duecentocinquanta volte la posta;
e) terno: quattromilacinquecento volte la posta;
f) quaterna: centoventimila volte la posta;
g) cinquina: seimilioni di volte la posta.
Il premio massimo cui può dar luogo ogni scontrino di giocata, comunque sia ripartito tra le poste l’importo delle scommesse, non può eccedere la somma di 6 milioni di euro».
492. Resta fermo quanto stabilito dal terzo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528.
493. È istituita la scommessa dell’estratto determinato. La giocata dell’estratto determinato si effettua aggiungendo all’indicazione del numero pronosticato la specificazione relativa alla successione ordinale di primo, secondo, terzo, quarto e quinto estratto.
494. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può essere istituita una ulteriore estrazione settimanale del gioco del lotto abbinata al concorso Enalotto.
Il comma 488 sostituisce l’ammontare delle ritenute sulle vincite al lotto previste, con diverse percentuali, dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e 17, comma 4, della legge 29 gennaio 1986, n. 25 , con una unica ritenuta del 6%.
Il D.P.R. n. 600 del 1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, stabilisce, all’articolo 30, che la ritenuta sulle vincite e sui premi del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici esercitati dallo Stato, è compresa nel prelievo operato dallo Stato in applicazione delle regole stabilite dalla legge per ognuna di tali attività di gioco.
Il comma 488 fa riferimento alle percentuali delle ritenute previste da due disposizioni legislative:
- la legge n. 699 del 1967, recante Disciplina dell'Ente “Fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto” che, all’articolo 2, nono comma, assoggetta le vincite al lotto ad una ritenuta dell'1% in favore del Fondo. La medesima legge modifica la denominazione del Fondo in “Fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto”. Con la riforma del sistema del lotto operato dalla legge n. 528 del 1982, ai sensi dell’articolo 23 la citata ritenuta dell'1% sulle vincite al gioco del lotto è devoluta al “Fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze” di cui al D.P.R. n. 211 del 1981;
- la legge n. 25 del 1986, recante modificazioni alla legge n. 1293 del 1957, sulla organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, nonché disposizioni in materia di procedure contabili, all’articolo 17, quarto comma, stabilisce che dalla data di effettiva introduzione del servizio automatizzato del gioco del lotto ai sensi della legge n. 528 del 1982, in aggiunta al fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze, di cui al D.P.R. n. 211 del 1981, è istituito il fondo di previdenza per il personale dell'Amministrazione dei monopoli di Stato. Al predetto fondo è iscritto di diritto il personale dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, purché non iscritto ad altri fondi di previdenza. Il fondo è alimentato da una trattenuta del 2% sulle vincite al gioco del lotto, nonché dai proventi netti della pubblicità sugli involucri dei fiammiferi.
Sulla destinazione delle ritenute è intervenuto l’articolo 3 della legge n. 662 del 1996, che, al comma 84, ha stabilito che le ritenute sulle vincite al gioco del lotto, di cui al nono comma dell'articolo 2 della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e al quarto comma dell'articolo 17 della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.
Le ritenute dell’1% e del 2% affluiscono al capitolo 2328 (UPB 1.2.3) dell’entrata del bilancio dello Stato, che, nella legge di bilancio per il 2005 (legge n. 314/2004) reca una dotazione di 286 milioni di euro (il dato a legislazione vigente era pari a 108 milioni).
Il comma 488 motiva l’incremento delle ritenute dal 3% al 6% al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul lotto a quella vigente per altri tipi di gioco.
Il comma 489 novella il comma 1 dell'articolo 2 della legge n. 528/1982 in materia di ordinamento del gioco del lotto.
In particolare, alle delle ruote su cui vengono estratti i numeri da 1 a 90 sui quali si basa il gioco del lotto - e che sono attualmente quelle di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia - viene aggiunta un’ulteriore ruota, denominata "ruota nazionale", le cui estrazioni sono effettuate a Roma.
Si ricorda che, ai sensi del vigente articolo 2 della legge n. 528/1982, il gioco del lotto si basa sull'utilizzo dei numeri da 1 a 90 inclusi, sopra le ruote di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia. I cinque numeri estratti determinano le vincite relativamente a ciascuna ruota.
Il gioco si articola nelle fasi della raccolta delle scommesse, della emissione dello scontrino, delle operazioni di controllo, della elaborazione dei tabulati in diversi livelli di automazione di un unico sistema, nonché del riscontro delle scommesse e della convalida delle vincite.
Il successivo comma 490 disciplina il meccanismo in base al quale è possibile effettuare le scommesse sulla nuova ruota nazionale.
In particolare, è possibile scommettere sulla ruota nazionale puntando su tale ruota con esclusione di tutte le altre quote; riguardo invece alla raccolta delle scommesse sulla ruota nazionale, questa è effettuata dal concessionario del gioco del lotto attraverso la rete automatizzata.
Il comma 491 novella il primo e secondo comma dell'articolo 8 della legge n. 528/1982 che fissa i premi per il gioco del lotto.
Al primo comma vengono incrementati i valori dei premi corrispondenti alle varie combinazioni; inoltre, viene fissato il premio per una nuova combinazione, denominata "estratto determinato", le cui caratteristiche vengono determinate dal successivo comma 493 (vedi infra).
Per quanto concerne il confronto tra i premi vigenti e quanto contenuto nella norma in esame, si veda lo schema seguente:
Sorti del gioco |
Premi per ogni combinazione in base alla disciplina previgente |
Premi per ogni combinazione in base alla legge finanziaria 2005 |
Estratto semplice |
Undici volte e duecentotrentadue millesimi della posta |
Undici volte e duecentotrentadue millesimi della posta |
Estratto determinato |
- |
Cinquantacinque volte la posta |
Ambo |
Duecentocinquanta volte la posta |
Duecentocinquanta volte la posta |
Terno |
Quattromiladuecentocinquanta volte la posta |
Quattromilacinquecento volte la posta |
Quaterna |
Ottantamila volte la posta |
Centoventimila volte la posta |
Cinquina |
Un milione di volte la posta |
Sei milioni di volte la posta |
Per quanto riguarda, invece, il secondo comma dell'articolo 8 della legge n. 528/1982, con il comma 491 viene aumentato l'importo massimo del premio a cui può dar luogo ogni scontrino di giocata - comunque l'importo della scommessa sia ripartito tra le poste – stabilito in 6 milioni di euro.
Il secondo comma del testo vigente prevede che, in qualsiasi modo l'importo della scommessa sia ripartito tra le poste, il premio non può eccedere complessivamente la somma di lire 200 milioni (circa 103.291 euro). Qualora la scommessa dia luogo ad un premio complessivo eccedente, il premio è ridotto a questo importo senza altro diritto per il giocatore.
Sullo stesso tema interviene il successivo comma 492 per il quale resta fermo quanto stabilito dall'articolo 8, comma 3, della legge n. 528/1982, ossia che il limite di importo massimo del premio può essere modificato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 493 istituisce la scommessa denominata "estratto determinato", la cui giocata si effettua aggiungendo all'indicazione del numero pronosticato la specificazione relativa all'ordine di successione (ossia: primo, secondo, terzo, quarto, quinto estratto)
Il premio per l'estratto determinato è fissato dal precedente comma 507 in cinquantacinque volte la posta.
Infine il comma 494 prevede la possibilità di istituire una ulteriore estrazione settimanale del gioco del Lotto abbinata al concorso Enalotto, attraverso l’emanazione di un provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Articolo
1, commi 495-502
(Disposizioni in materia di videogiochi e
scommessa ippica al totalizzatore proposta dall’UNIRE)
495. All’articolo 110, comma 7, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, la lettera b) è abrogata.
496. La disposizione di cui al secondo periodo del comma 7 dell’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si intende nel senso che dalle date del 1º gennaio e 1º maggio 2004, previste in funzione del rilascio o meno del nulla osta, gli apparecchi e congegni di cui alla medesima disposizione, se non convertiti in apparecchi e congegni per il gioco lecito, sono illeciti ancorché non consentano il prolungamento o la ripetizione della partita.
497. L’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, numero 6), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si applica alla raccolta delle giocate con gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica ed i terzi incaricati della raccolta stessa.
498. È istituita, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero delle politiche agricole e forestali – Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi, una nuova scommessa ippica a totalizzatore, proposta dall’UNIRE. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le disposizioni attuative relative alla nuova scommessa ippica, da effettuarsi nelle reti dei punti di vendita dei concorsi pronostici, delle agenzie ippiche e sportive nonché negli ippodromi, tenendo conto che la raccolta deve essere ripartita assegnando il 72 per cento come montepremi e compenso per l’attività di gestione della scommessa, l’8 per cento come compenso dell’attività dei punti di vendita, il 6 per cento come entrate erariali sotto forma di imposta unica e il 14 per cento come prelievo a favore dell’UNIRE.
499. All’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 7-bis è inserito il seguente:
«7-ter. La sanzione di cui alla lettera c) del comma 7 è applicata al gestore di apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 7, lettere a) e c), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino non conformi alle prescrizioni normative e alle regole tecniche definite ai sensi dell’articolo 22, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».
500. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 3 e al comma 4, le parole: «comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 7».
501. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, i commi 1 e 2 sono abrogati.
502. Il Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all’articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.
Ad eccezione del comma 498, dedicato all'istituzione di una nuova scommessa ippica a totalizzatore, i commi da 495 a 502 intervengono sulla normativa in materia relativa a giochi e scommesse, con particolare riferimento alla disciplina degli apparecchi e congegni da intrattenimento.
Si ricorda che la materia è stata, da ultimo, oggetto di numerose novelle legislative ad opera dell’articolo 39, commi da 5 a 13-quinquies, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.
Il comma 495 abroga la lettera b) del comma 7 dell’articolo 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – di seguito: TULPS).
Rispetto a quelli già indicati ai commi 5 e 6, il citato comma 7 individua ulteriori tipologie di apparecchi e congegni per il gioco lecito. Si tratta di:
§ apparecchi elettromeccanici privi di schermo (monitor) (gru, ruspe e redemption), attraverso cui si esprime l’abilità del giocatore (lettera a), i quali:
- sono attivabili soltanto con l’introduzione di una moneta;
- hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;
- consentono, immediatamente e direttamente dopo la partita, vincite di piccoli oggetti, non convertibili in denaro, di valore complessivo non superiore a 20 volte la giocata;
§ apparecchi automatici, semiautomatici e elettronici (lettera b):
- in cui l’abilità e l’intrattenimento sono preponderanti rispetto all’alea;
- che funzionano soltanto a moneta, non superiore a 50 centesimi di euro per partita;
- che consentono il prolungamento o la ripetizione di ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, per un massimo di 10 volte.
§ apparecchi basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi, per i quali il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi (lettera c).
La lettera b) stabilisce, inoltre, che gli apparecchi indicati possono essere impiegati dal 1° gennaio 2004 soltanto se denunziati ai sensi dell’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 e se per essi siano state assolte le relative imposte, come richiesto dalla medesima disposizione. Dal 1° gennaio 2004, i medesimi apparecchi non devono più consentire il prolungamento o la ripetizione della partita; ove non ne sia possibile la conversione in apparecchi per il gioco lecito, essi sono rimossi. Il medesimo comma 7 precisa che per la conversione degli apparecchi restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Il comma 496 reca una norma interpretativa del secondo periodo dell'articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2004.
Si ricorda che l’articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 269 del 2003 ha modificato la disciplina di cui al terzo periodo dell’articolo 110, comma 7, lettera b), del TULPS. In particolare, esso prevede che il termine per la vigenza del regime transitorio di liceità degli apparecchi, stabilito nel 1º gennaio 2004 dall’articolo 110, comma 7, lettera b), terzo periodo, del TULPS, è prorogato al 30 aprile 2004 relativamente ai soli apparecchi e congegni di cui al predetto comma 7, lettera b), per i quali, entro il 31 dicembre 2003, è stato rilasciato il nulla-osta di cui all’articolo 14-bis, comma 1, del D.P.R. n. 640 del 1972, e sono state assolte le relative imposte.
A decorrere dal 1º gennaio 2004, nei casi in cui non è stato rilasciato entro il 31 dicembre 2003 il citato nulla osta, e dal 1º maggio 2004, nei casi in cui è stato rilasciato il predetto nulla osta, gli apparecchi e congegni non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita.
Qualora gli apparecchi di cui alla citata lettera b) non siano stati convertiti in uno degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, ovvero comma 7, lettere a) e c), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931:
a) gli stessi sono rimossi e demoliti entro, rispettivamente, il 31 gennaio 2004 e il 31 maggio 2004, secondo le modalità stabilite con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
b) ferme restando le sanzioni previste dal comma 9 del predetto articolo 110, i relativi nulla osta perdono efficacia;
c) all’autorità amministrativa è preclusa la possibilità di rilasciare al gestore, ai sensi dell’articolo 38, commi 2 e 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ulteriori nulla osta per un periodo di cinque anni.
Il comma 496 reca una disposizione interpretativa, specificando che se alle date del 1° gennaio 2004 e del 1° maggio 2004 - previste a seconda se sia stato rilasciato o meno il nulla-osta - gli apparecchi ed i congegni di cui alla lettera b) del comma 7, terzo periodo dell’articolo 110 del TULPS, se non sono stati convertiti in apparecchi per il gioco lecito, sono considerati illeciti, ancorché non consentano di prolungare o ripetere la partita.
Il comma 497 applica l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto alla raccolta delle giocate con gli apparecchi di intrattenimento di cui al comma 6 dell'articolo 10 del TULPS.
In particolare, si prevede che alla raccolta effettuata con tali apparecchi si applichi l'esenzione IVA prevista dal numero 6) del comma 1 dell'articolo 10 del DPR n. 633/1972 relativamente all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità, dei concorsi pronostici, dei totalizzatori e delle scommesse; tale esenzione va applicata anche ai rapporti tra concessionari della rete per la gestione telematica e i terzi incaricati della raccolta.
Il comma 6 dell'articolo 10 del TULPS considera apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità, e come tali idonei per il gioco lecito, quelli che:
§ si attivano solo con l'introduzione di moneta metallica,
§ nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio,
§ il cui costo della partita non supera 50 centesimi di euro,
§ la cui durata della partita è compresa tra sette e tredici secondi,
§ distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 50 euro, erogate dalla macchina subito dopo la sua conclusione ed esclusivamente in monete metalliche. In tal caso le vincite, computate dall'apparecchio e dal congegno, in modo non predeterminabile, su un ciclo complessivo di 14.000 partite, devono risultare non inferiori al 75% delle somme giocate.
§ In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque anche in parte le sue regole fondamentali
Il numero 6) del comma 1 dell'articolo 10 del DPR n. 633/1972 esenta dall'IVA le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati nel D.Lgs. n. 496/1948, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse di cui al regolamento approvato con decreto del Ministro per l'agricoltura e per le foreste 16 novembre 1955 e alla legge n. 315/1942, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate.
Con il comma 498 viene prevista l'istituzione di una nuova scommessa ippica a totalizzatore da realizzarsi su proposta dell'UNIRE.
L'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (U.N.I.R.E.), istituita dal regio decreto 24 maggio 1932, n. 642, è un ente di diritto pubblico, con sede in Roma, dotato di autonomia finanziaria, amministrativa e contabile, posto sotto la vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Per l'istituzione di tale nuova scommessa si procederà con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze, Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero delle politiche agricole e forestali, su proposta dell'UNIRE, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge finanziaria in esame. Con lo stesso provvedimento dovranno essere altresì essere individuate le norme necessarie per l'attuazione della disposizione in esame, che si limita ad individuare:
§ dove potrà essere effettuata la nuova scommessa ippica;
§ la ripartizione della raccolta della scommessa.
La scommessa dovrà pertanto essere effettuata utilizzando la rete dei punti vendita dei concorsi pronostici, delle agenzie ippiche e sportive, nonché negli ippodromi. Per quanto riguarda invece la ripartizione della raccolta, questa viene stabilita nei termini seguenti:
§ 72% come montepremi e compenso per l'attività di gestione;
§ 8% come compenso dell'attività dei punti vendita;
§ 6% come entrate erariali, sotto forma di imposta unica;
§ 14% come prelievo in favore dell'UNIRE.
Il successivo comma 499 introduce all’articolo 39 del citato decreto-legge n. 269 del 2003 il comma 7-ter, prevedendo l’applicazione della sanzione di cui alla lettera c) del comma 7 al gestore di apparecchi da intrattenimento indicati alle lettere a) e c) dell'articolo 110, comma 7, del R.D. n. 773 del 1931, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino difformi dalle prescrizioni normative e dalle regole tecniche definite ai sensi dell'articolo 22, comma 1, della legge n. 289 del 2002.
Il comma 1 dell'articolo 22 della legge n. 289 del 2002 prevede l’assoggettamento della produzione, l’importazione e la gestione degli apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento a “regime di autorizzazione” da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato[515], sulla base delle regole tecniche definite d'intesa con il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza. Tali regole sono state emanate con il D.M. 11 marzo 2003 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 13 marzo 2003, n. 60).
Lo stesso comma 1 ha stabilito che sulla base delle autorizzazioni rilasciate, l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, in attesa del collegamento in rete obbligatorio entro il 31 dicembre 2003 (termine differito al 31 ottobre 2004 dal comma 5 dell’articolo 39 del decreto-legge n. 269 del 2003) per la gestione telematica degli apparecchi e dei congegni per il gioco lecito, organizza e gestisce un apposito archivio elettronico, costituente la banca dati della distribuzione e cessione dei predetti apparecchi e congegni per il gioco lecito.
Il comma 500 novella i commi 3 e 4 dell'articolo 38 della legge n. 388 del 2000, come sostituito dall’articolo 22, comma 2, della legge n. 289 del 2003, relativo al nulla osta rilasciato dall'Amministrazione finanziaria per gli apparecchi da divertimento e intrattenimento, disponendone l’introduzione anche per gli apparecchi indicati al comma 7 (apparecchi senza vincite in denaro) dell’articolo 110 del TULPS, di una verifica tecnica analoga a quella già prevista dal citato articolo 38 per gli apparecchi che consentono vincite in denaro (comma 6 dell’articolo 7 del TULPS).
A tal fine il comma 502 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, della legge n. 388 del 2000, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.
Il comma 501 abroga i commi 1 e 2 del citato articolo 38 della legge n. 388 del 2000, come sostituito dall’articolo 22, comma 2, della legge n. 289 del 2003.
Il citato comma 1 autorizzava il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato a rilasciare i nulla osta ai produttori e agli importatori degli apparecchi e congegni di cui all'articolo 110, comma 7, del TULPS, nonché ai loro gestori. A tal fine, con la richiesta di nulla osta per la distribuzione di un numero predeterminato di apparecchi e congegni, ciascuno identificato con un apposito e proprio numero progressivo, i produttori e gli importatori autocertificano che gli apparecchi e i congegni sono conformi alle prescrizioni stabilite dall'articolo 110, comma 7, del predetto testo unico, e che gli stessi sono muniti di dispositivi che ne garantiscono l’immodificabilità delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi, con l'impiego di misure, anche in forma di programmi o schede, che ne bloccano il funzionamento in caso di manomissione o, in alternativa, con l'impiego di dispositivi che impediscono l'accesso alla memoria. I produttori e gli importatori autocertificano inoltre che la manomissione dei dispositivi ovvero dei programmi o delle schede, anche solo tentata, risulta automaticamente indicata sullo schermo video dell'apparecchio o del congegno ovvero che essa è dagli stessi comunque altrimenti segnalata. I produttori e gli importatori approntano, per ogni apparecchio e congegno oggetto della richiesta di nulla osta, un'apposita scheda esplicativa delle caratteristiche tecniche, anche relative alla memoria, delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi, dei dispositivi di sicurezza, propri di ciascun apparecchio e congegno. I produttori e gli importatori consegnano ai cessionari degli apparecchi e dei congegni una copia del nulla osta e, sempre per ogni apparecchio e congegno ceduto, la relativa scheda esplicativa. La copia del nulla osta e la scheda sono altresì consegnate, insieme agli apparecchi e congegni, in occasione di ogni loro ulteriore cessione.
Il comma 2 prevede che i gestori degli apparecchi e dei congegni prodotti o importati dopo il 1º gennaio 2003 richiedono il nulla osta previsto per gli apparecchi e congegni dagli stessi gestiti, precisando per ciascuno, in particolare, l'appartenenza ad una delle tipologie di cui all'articolo 110, comma 7, del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Articolo
1, comma 503
(Proroga del regime di indetraibilità
dell’IVA sugli acquisti di motoveicoli e autoveicoli)
503. All’articolo 30, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: « 31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».
Il comma 503 proroga al 31 dicembre 2005 il regime di parziale indetraibilità dell’IVA relativa agli acquisti di ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 19-bis 1 del D.P.R. n. 633 del 1972.
L'articolo 19-bis 1 del D.P.R. n. 633 del 1972 dispone, al comma 1, lettera c), l'esclusione della detrazione IVA per l'acquisto o l'importazione, la manutenzione e riparazione, la locazione finanziaria o il noleggio di ciclomotori, motocicli ed autovetture, come indicati alle lettere a) e c) dell’articolo 54 del codice della strada, non adibiti ad uso pubblico e che non formino oggetto dell'attività propria dell'impresa, salvo che per gli agenti e i rappresentanti di commercio.
L'articolo 30 della legge n. 388 del 2000 ha attenuato parzialmente la portata della disposizione di proroga, introducendo una parziale detraibilità, nella misura del 10% del relativo ammontare, per l’acquisto, l’importazione e l’acquisizione, mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio o simili, dei veicoli richiamati in precedenza. L'indetraibilità è ridotta al 50% nel caso di veicoli con propulsori non a combustione interna, ad esempio motori elettrici. L’IVA continua, invece, ad essere integralmente detratta per le spese di impiego, custodia, manutenzione e riparazione degli stessi veicoli.
L’indetraibilità dell’IVA in questione è stata prevista, dal comma 4 dell’articolo 30 della legge n. 388 del 2000, sino al 31 dicembre 2001 e successivamente estesa:
- al 31 dicembre 2002 dall’articolo 9, comma 4, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002);
- al 31 dicembre 2003 dall’articolo 2, comma 13, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);
- al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 17, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);
Si ricorda che l’indetraibilità in questione si configura quale deroga alla disciplina di cui all'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE in materia di sistema comune IVA (c.d. sesta direttiva IVA), che afferma il principio del diritto a deduzione integrale dell'IVA versata a monte da un soggetto passivo nel quadro della sua attività soggetta a imposta[516].
In proposito, la circolare 3 gennaio 2001, n. 1, dell’Agenzia delle entrate (paragrafo 2.3.4) ha rilevato che la proroga di tale regime operata dalla legge n. 388 del 2000, nonché la previsione della parziale detraibilità, nella misura del 10%, per l’acquisto, l’importazione e l’acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio o simili dei veicoli richiamati in precedenza, erano fondate sulla "presa d'atto" formale adottata dal Comitato IVA, in data 14 novembre 2000, in relazione alla consultazione proposta dall'Italia, ai sensi dell'articolo 29 della sesta direttiva. L'Italia in tale sede s’impegnava a consentire una parziale detrazione dell'IVA sulle spese di acquisto e importazione dei predetti mezzi di trasporto, mantenendo l’indetraibilità dell'imposta per le spese di manutenzione e riparazione e per quelle di approvvigionamento di carburanti e lubrificanti.
Articolo
1, comma 504
(Proroga dell’esenzione IRPEF per i
redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)
504. All’articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per l’anno 2003 e per l’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004 e 2005».
Il comma 504 modifica il comma 11 dell’articolo 2 della legge n. 289 del 2002, al fine di estendere anche al 2005 i benefìci fiscali relativi ai redditi di lavoro dipendente realizzati dai lavoratori frontalieri.
Il comma 11 del richiamato articolo 2 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha disposto l'esenzione dall’IRPEF per una quota di redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera. Concorre infatti a formare la base imponibile la quota dei richiamati redditi eccedente gli 8.000 euro.
Il predetto beneficio spetta ai redditi di lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato[517].
L’esenzione, prevista dalla legge n. 289 del 2002 limitatamente al 2003, è stata estesa anche al 2004 dall’articolo 2, comma 12, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004).
La circolare 15 gennaio 2003, n. 2, dell’Agenzia delle entrate, ribadendo, tra l’altro, quanto già contenuto nella circolare 3 gennaio 2001, n. 1 della medesima Agenzia, esplicativa della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) ha precisato che la disposizione in esame si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria, San Marino, Stato Città del Vaticano) o in paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco) per svolgere la prestazione di lavoro.
Non rientrano, invece, nella previsione di cui all’articolo 2, comma 11, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di un periodo di 12 mesi.
A tali lavoratori si applica, invece, il regime di tassazione previsto dall'articolo 51 (già articolo 48), comma 8-bis, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, introdotto dall’articolo 36 della legge n. 342 del 2000 (c.d. collegato fiscale)[518].
Articolo
1, comma 505
(Limite di deducibilità dei contributi di
assistenza sanitaria
dal reddito di lavoro dipendente)
505. Per l’anno 2005 il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.
Il comma 505 fissa in 3.615,20 euro (equivalenti a lire 7.000.000 circa), il limite entro il quale possono essere dedotti dal reddito di lavoro dipendente i contributi di assistenza sanitariaversati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
L’articolo 51 (ex articolo 48) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, come modificato dal decreto legislativo n. 344 del 2003, al comma 2, lettera a), fissa tale limite a 7 milioni di lire (3.615,20 euro) fino all'anno 2002; esso sarebbe diminuito a 6 milioni di lire (3.098,74 euro) per l'anno 2003, decrescendo ulteriormente negli anni successivi, in ragione di 500.000 lire (258,23 euro) annue, fino all’importo di 3,5 milioni di lire (1.807,60 euro).
Per il 2005 l’importo sarebbe stato pertanto determinato in 5 milioni di lire (2.582,28 euro).
Peraltro, la suddetta lettera a) prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2003, l'importo deducibile, fermi restando i limiti summenzionati, sia pari alla differenza tra un valore base di lire 6.500.000 e la misura dei contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale [contributi, questi ultimi, deducibili ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera e-ter), del medesimo testo unico, entro un limite pari a lire 3.000.000 per gli anni 2003 e 2004; 3.500.000 per gli anni 2005 e 2006; 4.000.000 a decorrere dal 2007][519].
Il comma 118 dell’articolo 3 della legge finanziaria per il 2003 aveva già fissato tale limite in euro 3.615,20 per il 2003 e per il 2004, evitando l’applicazione del limite più basso previsto a regime dall’articolo 51 del TUIR.
506. All’articolo 11 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, concernente il regime speciale per gli imprenditori agricoli, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5, primo e secondo periodo, le parole: «anni dal 1998 al 2004» sono sostituite dalle seguenti: «anni dal 1998 al 2005»;
b) il comma 5-bis è abrogato.
Il comma 506 interviene sul regime speciale IVA per il settore agricolo novellando l’articolo 11 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313.
In particolare, la lettera a) del comma 506 proroga ulteriormente all’anno 2005 l’applicazione del suddetto regime speciale IVA ai produttori che realizzino un volume di affari superiore a 40 milioni di lire (20.658,28 euro), differendo, di conseguenza, al 1° gennaio 2006 l’applicazione del regime ordinario per tali soggetti.
Il settore agricolo si è tradizionalmente avvalso di un regime IVA speciale, la cui disciplina è dettata dall'articolo 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, applicabile limitatamente ai produttori agricoli che nell’anno solare realizzino un volume di affari compreso tra 15 e 40 milioni di lire (pari rispettivamente a 7.746,85 euro e a 20.658,28 euro). La disposizione ha subìto significative modifiche, in particolare per effetto della riformulazione disposta dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 313 del 1997, che ha, inoltre, esteso con alcuni adattamenti, per gli anni 1998 e 1999, l’applicazione del regime agevolato in questione anche ai soggetti che realizzino un volume di affari superiore 40 milioni di lire (pari a 20.658,28 euro). Tale ultima previsione è stata successivamente prorogata, in considerazione delle difficoltà riscontrate dagli operatori del settore con riferimento agli adempimenti necessari al passaggio al regime ordinario, all’anno 2000 dall’art. 1, comma 2, lettera a), del D.L. n. 21/2000 (convertito dalla legge n. 92/2000); al 2001 dall’articolo 31, comma 2, lettera a), della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001); al 2002 dall’articolo 9, comma 8, lettera a), della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002); al 2003 dall’articolo 19, comma 2, lettera a), della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e, da ultimo, al 2004 dall’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004).
Il regime speciale di cui al citato articolo 34 si distingue, rispetto a quello ordinario, essenzialmente per i diversi criteri di detrazione e di applicazione dell'imposta. La detrazione dell’imposta, infatti, è forfetizzata in misura pari all'importo che risulta applicando all'ammontare delle cessioni stesse le percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.
In sostanza, gli agricoltori non detraggono dall'IVA sulle vendite dei prodotti agricoli l’imposta effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi, ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.
La stessa lettera a)del comma 506 qui illustrato proroga, inoltre, anche per il 2005, l’applicazione dell’IVA alle cessioni di prodotti agricoli e ittici con le aliquote proprie dei singoli prodotti, ferma restando la detrazione sulla base delle percentuali di compensazione. Per i passaggi dei suddetti prodotti agli enti, alle cooperative e agli altri organismi associativi che si avvalgono del regime speciale, effettuati da parte di produttori agricoli, soci o associati che applicano lo stesso regime, l'imposta si applica con le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione.
Si ricorda che la legge 7 aprile 2003, n. 80, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, prevede, all’articolo 5, comma 1, lettera c), la razionalizzazione dei sistemi speciali IVA, in funzione della particolarità dei settori interessati.
Deve infine segnalarsi che la possibilità di applicare al settore agricolo un regime agevolato, mediante la forfetizzazione della detrazione, è espressamente prevista dall’articolo 25 della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva IVA), subordinatamente alle condizioni e ai presupposti indicati nel medesimo articolo.
La lettera b) abroga il comma 5-bis dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 313 del 1997, il quale fa decorrere dal 1° gennaio 2005 l’applicazione ai produttori agricoli dell’articolo 34, comma 10, del D.P.R. n. 633 del 1972.
L’articolo 34, comma 10, del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che le attività svolte da una medesima impresa agricola, da cui derivano i prodotti assoggettati al regime speciale di cui al comma 1 dell’articolo 34, “sono in ogni caso unitariamente considerate”, ai fini dell’applicazione dell’articolo 36 dello stesso decreto, in base al quale, nei confronti dei soggetti che esercitano più attività, l'imposta si applica unitariamente e cumulativamente per tutte le attività, con riferimento al volume di affari complessivo. L’illustrata disciplina, che è stata introdotta dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 313 del 1997, il quale ha integralmente sostituto il citato articolo 34, sarebbe dovuta entrare in vigore a decorrere dal 1° gennaio 1998[520]. Con la stessa decorrenza del 1° gennaio 1998 è stata però disposta la sospensione dell’applicazione del citato comma 10 dell’articolo 34 (ed è stata quindi ammessa la possibilità di applicare differenti regimi IVA in relazione alle diverse attività svolte dall’impresa agricola). Tale sospensione, contenuta nel citato articolo 11, comma 5-bis[521], del D.Lgs. n. 313 del 1997, era inizialmente operante fino al 31 dicembre 1999; ma è stata successivamente prorogata di anno in anno, senza soluzione di continuità, sino al 31 dicembre 2004[522]. In sostanza il comma 10 dell’articolo 34, come modificato dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 313 del 1997, non ha mai avuto applicazione fino al 31 dicembre 2004.
Al riguardo si osserva che non sarebbe stato necessario abrogare il comma 5-bis del citato articolo 11, in quanto lo stesso già prevedeva che l’articolo 34, comma 10, del D.P.R. n. 633 del 1972 si applicasse ai produttori agricoli dal 1° gennaio 2005.
Si segnala infine che l’articolo 6-sexies introdotto dalla Camera nel decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, approvato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato (A.S. 3294), proroga al 1° gennaio 2006 l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel già citato articolo 34, comma 10, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Articolo
1, comma 507
(Proroga dell’esenzioni da imposte e
tasse per gli atti relativi alla ricostruzione delle aree terremotate del
Belice)
507. Il termine previsto dall’articolo 43, comma 3, della legge 1º agosto 2002, n. 166, prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 19, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2005.
Il comma 507 proroga al 31 dicembre 2005 il termine per l’esenzione dalle imposte di bollo, registro, ipotecarie e catastali nonché dalle tasse di concessione governativa stabilita per atti, contratti, documenti e formalità occorrenti per la ricostruzione o la riparazione degli immobili distrutti o danneggiati nei comuni della valle del Belice, colpiti dagli eventi sismici del gennaio 1968.
Il comma 3 dell’articolo 43 della legge n. 166 del 2002 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti) aveva disposto l'esenzione in argomento con efficacia retroattiva, a decorrere dal 1° gennaio 1968 e fino al 31 dicembre 2002. La norma, infatti, era volta a rimuovere il contenzioso in atto circa l’individuazione nel regime applicabile alle fattispecie richiamate. In materia è successivamente intervenuto l’articolo 2, comma 19, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), che ha prorogato per l’anno 2004 il beneficio stabilito dal citato articolo 43, comma 3, della legge n. 166 del 2002, fissando al tempo stesso un limite massimo di spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2004.
Ai sensi della disposizione prorogata, non si fa luogo a restituzione di imposte eventualmente già pagate. Benché la norma sia stata introdotta con efficacia retroattiva, non è quindi ammessa, nei confronti dello Stato, la ripetizione di tributi che siano stati versati, ancorché non dovuti in base alla stessa.
La norma in esame, diversamente dalla precedente disposizione di proroga relativa all’anno 2004 (articolo 2, comma 16, della legge n. 350 del 2003), non fissa alcun limite massimo di spesa.
Articolo
1, comma 508
(Proroga di agevolazioni fiscali per la
manutenzione e la salvaguardia dei boschi)
508. All’articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».
Il comma 508 proroga al 31 dicembre 2005 il termine relativo alla fruizione della detrazione IRPEF per gli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi.
Il richiamato beneficio è stato introdotto, per l’anno 2002, dall’articolo 9, comma 6, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), ai sensi del quale le disposizioni in materia di detrazione IRPEF sulle spese di ristrutturazioni previste dall’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 possono essere applicate, ai fini di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto geologico, anche alle spese sostenute per la manutenzione e salvaguardia dei boschi. Il richiamato comma 6, in particolare, ha previsto per il contribuente la facoltà di fruire della detrazione in cinque o in dieci quote annuali di pari importo.
L’articolo 19, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha disposto la proroga del beneficio al 2003 e ha introdotto un limite massimo di spesa complessiva, cui è applicabile la detrazione, fissato in 100.000 euro.
L’articolo 2, comma 12, lettera c), della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha prorogato al 31 dicembre 2004 le disposizioni del citato articolo 19, comma 3, della legge n. 289 del 2002.
La misura della detrazione disposta dal comma in esame, non essendo espressamente prevista, sembrerebbe dover essere quella fissata nell’articolo 1 della legge n. 449 del 1997.
Si può osservare, inoltre, che, mentre nella legge n. 448 del 2001 le detrazioni sono destinate “ai fini dell'adozione urgente di misure di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto geologico”, la proroga disposta dalla legge n. 289/2002 è finalizzata ad “esigenze di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi da dissesto idrogeologico”.
Pertanto, la proroga per il 2003, così come quella disposta dal comma in esame per il 2005, sembrerebbe riguardare in modo esclusivo gli interventi realizzati per le esigenze di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di una particolare tipologia di dissesto geologico, quale appunto è il dissesto idrogeologico.
509. All’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i cinque periodi d’imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per i sei periodi d’imposta successivi l’aliquota è stabilita nella misura dell’1,9 per cento; per il periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2005 l’aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».
Il comma 509, modificando l’articolo 45, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, fissa anche per il 2004 all’1,9%, anziché al 3,75%, l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP),relativamente ai soggetti operanti nel settore agricolo e della pesca.
La medesima disposizione stabilisce inoltre che, per il periodo d’imposta 2005, l’aliquota è pari al 3,75%.
Occorre ricordare, in proposito, che l’articolo 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, include tra i soggetti passivi i produttori agricoli titolari di reddito agrario, ai sensi dell’articolo 32 del TUIR. Sono tuttavia esclusi dall’imposta i produttori agricoli con un volume d’affari annuo non superiore a 2.582,28 euro (5 milioni di lire) – ovvero a 7.746,85 euro (15 milioni di lire) se operano in comuni montani – che sono anche esonerati dagli adempimenti IVA.
Il comma 1 dell’articolo 45 del D.Lgs. n. 446 del 1997 aveva previsto, per il settore in esame, un’aliquota IRAP del 2,5% per il 1998 (primo anno di entrata in vigore dell’imposta) e aliquote crescenti per il successivo triennio. Tuttavia, disposizioni successive[523] sono intervenute di anno in anno sulla misura dell’aliquota, in modo tale che la stessa è stata sempre applicata, sin dal 1998, nella misura dell’1,9%, rinviandosi agli anni successivi l’entrata in vigore di aliquote superiori.
Articolo
1, comma 510
(Proroga di agevolazioni fiscali e
previdenziali per imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque
interne e lagunari)
510. Per l’anno 2005 sono prorogate le disposizioni di cui all’articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Il comma 510 proroga, per l'anno 2005, le disposizioni recate dall'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), già prorogate per l'anno 2004 dall'articolo 2, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).
Il citato articolo 11 della legge n. 388 del 2000, ha esteso, per gli anni 2001-2003, nel limite del 70%, i benefìci fiscali e previdenziali di cui agli articoli 4 e 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.
L’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, come successivamente modificato e integrato, prevede:
- la concessione di un credito d'imposta a favore dei soggetti che svolgono attività produttiva di reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale[524]. Il credito d'imposta è attribuito in misura corrispondente all'IRPEF dovuta sulle retribuzioni e sui compensi – rispettivamente per lavoro dipendente e autonomo – corrisposti ai marittimi che operano a bordo delle navi iscritte nel registro stesso. Il beneficio in esame vale ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative ai redditi suddetti e non concorre alla formazione del reddito imponibile dell'impresa. Il credito d'imposta è riconosciuto anche ai soggetti che, in base a rapporti contrattuali con l'armatore, esercitano a bordo di navi da crociera attività commerciali complementari, accessorie o comunque relative alla prestazione principale;
- un abbattimento nella misura dell’80% – ai fini delle imposte sui redditi e a partire dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 1998 – del reddito derivante dall'utilizzo delle navi iscritte nel Registro internazionale. Anche tale agevolazione è stata estesa al reddito derivante dall'esercizio a bordo di navi da crociera delle attività ricordate al precedente punto, anche se esercitate da terzi in base a rapporti contrattuali con l'armatore.
In sostanza, con riferimento alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari (oggetto del comma in esame), l’estensione del beneficio di cui al sopra illustrato articolo 4 determina, secondo quanto specificato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate 3 gennaio 2001, n. 1, al paragrafo 1.8:
- la concessione alle imprese stesse di un credito d’imposta in misura corrispondente al 70% dell’IRPEF dovuta sulle retribuzioni di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposte al personale di bordo imbarcato;
- l’imponibilità del reddito derivante dall’esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi, nella misura del 44%.
L'articolo 6 del medesimo D.L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 1998, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi al personale imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale; il beneficio concerne anche le quote a carico dei lavoratori.
Anche questo beneficio è stato esteso dall’articolo 11 della legge n. 388 del 2000 alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari nel limite del 70%: per questi soggetti l’esonero contributivo non è quindi totale, ma opera soltanto in tale misura.
511. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2005, si applicano:
a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l’aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;
b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale di cui all’articolo 4 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane e in altri specifici territori nazionali, di cui all’articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all’articolo 6 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all’articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al comma 2 dell’articolo 13 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;
g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui al comma 6 dell’articolo 21 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Il comma 511 dispone l'applicazione di alcune agevolazioni in materia di accise di alcuni prodotti energetici dal 1° gennaio 2005 (data di entrata in vigore della legge finanziaria ai sensi del successivo articolo 38, comma 3) fino al 31 dicembre 2005.
La lettera a) del comma 511 prevede, sino al 31 dicembre 2005, il rinnovo della riduzione delle aliquote di accisa:
- sulle emulsioni stabilizzate di olî da gas ovvero di olio combustibile denso con acqua, contenuta in misura variabile dal 12 al 15% in peso, idonee all’impiego nella carburazione e nella combustione, prevista dall’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) e più volte prorogata[525];
- sulle medesime emulsioni stabilizzate autoprodotte e utilizzate, dai medesimi soggetti, per usi di trazione e di combustione, e limitatamente ai quantitativi necessari al fabbisogno dei soggetti stessi, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002[526].
La lettera d) del comma 1, del citato articolo 24 della legge n. 388 del 2000 indica i seguenti prodotti e le relative aliquote:
1) emulsione con olî da gas usata come carburante: 474.693 lire (245,16 euro) per mille litri;
2) emulsione con olî da gas usata come combustibile per riscaldamento: 474.693 lire (245,16 euro) per mille litri;
3) emulsione con olio combustibile denso usata come combustibile per riscaldamento:
3.1) con olio combustibile ATZ: 192.308 lire (99.32 euro) per mille chilogrammi;
3.2) con olio combustibile BTZ: 57.154 lire (29,52 euro) per mille chilogrammi;
4) emulsione con olio combustibile denso per uso industriale:
4.1) con olio combustibile ATZ: 80.717 lire (41,69 euro) per mille chilogrammi;
4.2) con olio combustibile BTZ: 40.359 lire (20,84 euro) per mille chilogrammi.
Il comma 511, qui illustrato, oltre a disporre la proroga al 31 dicembre 2005 del regime agevolativi per tali prodotti, fissa per l’anno 2005 l’accisa per le emulsioni stabilizzate di olî da gas usata come carburante sarà applicata nella misura di 256,70 euro per mille litri, a fronte dei 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri in vigore sino al 31 dicembre 2004, determinando, quindi un incremento di 11,54 euro per mille litri.
L’accisa per le citate emulsioni stabilizzate autoprodotte resta, invece, fissata nella misura originaria di 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri.
L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.
Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, s’intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.
In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).
L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A.
L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato.
Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.
Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione, prevede l’applicazione di un’aliquota ridotta di accisa alle emulsioni acqua/gasolio e acqua/olio combustibile pesante a decorrere dal 1° ottobre 2000 e fino al 31 dicembre 2005, a condizione che tali aliquote differenziate siano conformi agli obblighi stabiliti dalla direttiva medesima, in particolare alle aliquote minime di accisa.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311) indica, per il rinnovo di tali agevolazioni, un costo stimabile in 9,95 milioni di euro per il 2005.
La lettera b)del comma 511 ripropone per l’anno 2005 le disposizioni in materia di riduzione dell'accisa sul gas metano, nella misura del 40%, per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi annui.
Anche tale misura agevolativa, introdotta originariamente dall’articolo 24, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), è stata oggetto di successive proroghe ad opera dell’articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330/2001, per il periodo 1° luglio 2001-30 settembre 2001, e dell’articolo 4 del D.L. n. 356/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418/2001, per il periodo 1° ottobre 2001-31 dicembre 2001. Successivamente, questa disposizione è stata ulteriormente prorogata, da ultimo, fino al 30 giugno 2003, dall’articolo 21, comma 2, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e per il periodo 2 ottobre 2003-31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
La misura dell’aliquota di accisa per il gas metano usato per combustione per usi industriali era stata fissata in 0,012 euro (lire 24,2) per metro cubo dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999, n. 287, adottato in attuazione dell'articolo 8 della legge n. 448/1998, concernente la cosiddetta carbon tax.
Pertanto, in base alla disposizione in esame, la misura dell’aliquota è pari a 0,007 euro (14,52 lire) al metro cubo anziché a 0,012 euro (lire 24,2).
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 88,76 milioni di euro per il 2005.
La lettera c)del comma 511 dispone l’ulteriore proroga, sino al 31 dicembre 2005, dell’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone geografiche individuate dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998.
La richiamata agevolazione si sostanzia in un’ulteriore riduzione del costo del gasolio da riscaldamento ovvero del costo del GPL[527].
Infatti, alla riduzione di costo introdotta dall’articolo 1 del D.P.R. n. 361 del 1999 (0,103 euro per litro di gasolio e 0,133 euro per chilogrammo di GPL, corrispondenti a 200 lire), è stata aggiunta un’altra agevolazione dall’articolo 4 del D.L. n. 268 del 2000, convertito dalla legge n. 354 del 2000. Tale beneficio consiste in una ulteriore riduzione del costo pari a 0,026 euro per ciascun litro di gasolio (50 lire) e per ciascun chilogrammo di GPL, limitatamente al periodo 3 ottobre-31 dicembre 2000. L’agevolazione è stata successivamente prorogata, per il periodo dal 1° ottobre 2001 al 31 dicembre 2001 dall’articolo 5 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001, e, da ultimo, sino al 31 dicembre 2004 dall'articolo 21, comma 3, della legge finanziaria n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), come modificato dall’articolo 2, comma 12, lettera d), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004).
Per effetto della disposizione in esame, sino al 31 dicembre 2005 troverà applicazione l’ulteriore riduzione pari a 0,026 euro (50 lire) per ogni litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento e per ogni chilogrammo di GPL.
L’agevolazione totale consiste, pertanto, in una riduzione complessiva pari a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile (rispetto all’accisa ordinaria di 0,403 euro) e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL (rispetto all’accisa ordinaria di 0,190 euro).
Il suddetto beneficio, che non è cumulabile con altre agevolazioni in materia di accise, è applicabile ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nei comuni, o nelle frazioni dei comuni:
- ricadenti nella zona climatica F di cui al D.P.R. n. 412/1993; vale a dire che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del medesimo D.P.R. n. 412/1993[528];
- facenti parte di province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricade nella zona climatica F;
- della regione Sardegna e delle isole minori, per i quali viene esteso anche ai gas di petrolio liquefatti confezionati in bombole;
- non metanizzati ricadenti nella zona climatica E[529], di cui al citato D.P.R. n. 412/1993, e individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Il suddetto beneficio è applicabile altresì ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nelle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al predetto D.P.R. n. 412/1993, esclusi dall'elenco redatto con il medesimo decreto del Ministro delle finanze, e individuate annualmente con delibera di consiglio dagli enti locali interessati[530].
Per conseguenza, i soggetti residenti in tali zone pagheranno un’accisa di 0,274 euro per litro per il gasolio da riscaldamento e 0,031 euro per chilogrammo di GPL.
Si ricorda che con la decisione 2001/224/CE del Consiglio, l’Italia è stata autorizzata, in deroga alle disposizioni della direttiva 92/82/CEE, ad applicare, sino al 31 dicembre 2006, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, aliquote ridotte di accisa sul gasolio domestico per riscaldamento e sul GPL usato come combustibile per il riscaldamento e distribuito dalle reti locali, a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 92/82/CEE. In base a tali disposizioni, l'aliquota minima dell'accisa sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata, rispettivamente, in 18 euro per 1.000 litri e in 0 euro per 1.000 litri.
La direttiva 2003/96/CE del Consiglio, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha disposto l’abrogazione, con effetto dal 31 dicembre 2003, della citata direttiva 92/82/CEE.
Peraltro, in base all’articolo 18 e all’allegato II alla direttiva 2003/96/CE, resta ferma la possibilità per l’Italia di applicare, sino al 31 dicembre 2006, l’aliquota ridotta sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento, sempre a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa previste dalla stessa direttiva.
Ai sensi all’articolo 9 della direttiva 2003/96/CE e dell'allegato I alla medesima direttiva, a decorrere dal 1° gennaio 2004 l'aliquota minima dell'accisa, rispettivamente, sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata a 21 euro per 1000 litri e a 0 euro per 1000 litri.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 54,9 milioni di euro per il 2005.
La lettera d) del comma 511 rinnova sino al 31 dicembre 2005, le disposizioni in materia di agevolazione per il calore fornito dalle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero con energia geotermica.
In particolare, si dispone l'applicazione, dell’aumento di 0,015 euro (30 lire), per ogni chilowattora di calore fornito, della misura del credito d’imposta previsto a favore dei soggetti che utilizzano, quale fonte di energia alternativa, le reti di riscaldamento alimentate con biomasse o con energia geotermica, di cui all’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448/1998.
L’aumento era già stato stabilito, per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2001, dall’articolo 27, comma 5, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) ed è stato prorogato, da ultimo, sino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17, comma 1, lettera c), del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
Si ricorda che il comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998 ha disposto circa la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni sulla cosiddetta carbon tax, individuando, in particolare, alcune agevolazioni fiscali compensative. Tra le finalità ammesse a tali agevolazioni, la lettera f) prevede l’adozione di incentivi (nei confronti dei produttori) per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche E ed F, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilowattora di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente. Successivamente, l’articolo 60 della legge n. 342/2000 (cd. collegato fiscale) ha stabilito che la richiamata agevolazione sia usufruibile anche dagli impianti e dalle reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.
Con l’articolo 27, comma 5, della legge n. 388/2000 è stato previsto, per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2001, un ulteriore sconto, sempre sotto forma di credito d’imposta, di lire 30 per ogni chilowattora di calore fornito con le fonti energetiche individuate nella lettera f), del citato comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 488/1998.
Da ultimo, si ricorda che l’articolo 29 della legge n. 388/2000 ha previsto la concessione, a partire dal 1° gennaio 2001, di un contributo, corrisposto nella forma del credito d’imposta, pari a lire 40.000 per ogni kw di potenza impegnata, a favore degli utenti che si collegano ad una rete di teleriscaldamento alimentata dall'energia geotermica o da biomassa. Ciò comporta una riduzione dei costi di allacciamento alla rete, di cui beneficiano i nuovi utenti che si collegano a tali reti, nonché gli utenti che aumentano la potenza impegnata.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311), trattandosi di un credito di imposta, indica, per il rinnovo di tale agevolazione, una perdita di gettito in termini di cassa pari a 11,1 milioni di euro per il 2005 e a 12 milioni di euro per il 2006.
La lettera e) del comma 511 prevede il rinnovo di agevolazioni in materia di accisa sul gas metano per usi civili.
In particolare, il comma in esame dispone che sia applicata fino al 31 dicembre 2005 la riduzione dell’aliquota d’accisa per i consumi di gas metano disposta, per gli anni 2001 e 2002, dall’articolo 27, comma 4, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001).
L'agevolazione è stata da ultimo prorogata sino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 25del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
L’agevolazione consiste nella applicazione dell’aliquota nella misura di 0,0407 euro (78,79 lire) per metro cubo, per il gasolio utilizzato per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 cubi annui (rispetto ad un’aliquota ordinaria di 0,079 euro, pari a 152,68 lire) e ad euro 0,1351 (lire 261,68) per metro cubo per il gasolio utilizzato per gli altri usi civili (rispetto ad un’aliquota ordinaria di 0,173 euro, pari a 335,57 lire).
Si ricorda che tale riduzione opera per i consumi di gas metano, per combustione per usi civili, nelle province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricada nella zona climatica F, di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999).
Ricadono nella zona climatica F, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del D.P.R. n. 412/1993[531].
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311) indica un costo stimabile per il rinnovo di tale agevolazione in 17,71milioni di euro per il 2005.
La lettera f) del comma 511 proroga sino al 31 dicembre 2005 l’estensione della riduzione di costo del gasolio e del GPL, usati come combustibile per riscaldamento, alle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni facenti parte della fascia climatica E[532].
L’agevolazione si applica con riferimento alle parti di territorio comunale individuate con apposita delibera del consiglio comunale, ancorché la frazione non metanizzata sia ubicata nella sede municipale.
La riduzione di costo, pari complessivamente a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL è prevista dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448/1998, anch’essa prorogata al 31 dicembre 2005 dalla precedente lettera c) del comma in esame (alla cui scheda si rinvia).
L’estensione della riduzione di costo alle suddette frazioni non metanizzate è stata disposta, limitatamente agli anni 2002 e 2003, dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) “in attesa della revisione organica del regime tributario dei prodotti energetici”.
Il comma 2 era stato adottato in riferimento alle norme di carattere interpretativo, introdotte dall’articolo 4, commi 2 e 3, del D.L. n. 268/2000, al fine di precisare il significato da attribuire alla locuzione “frazione di comune”, di cui alla citata lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998.
Si ricorda, infatti, che il comma 2 dell’articolo 4 precisa che per "frazioni di comuni" si intendono le porzioni edificate di cui all'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412/1993[533], ubicate a qualsiasi quota, “al di fuori del centro abitato ove ha sede la casa comunale”, comprese le aree su cui insistono case sparse.
Il successivo comma 3 del richiamato articolo 4 specifica, inoltre, che il riferimento alle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E si intende limitato alle sole frazioni non metanizzate della zona climatica E, appartenenti ai comuni metanizzati che ricadono anch'essi nella zona climatica E.
Con il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 448 del 1998, superando il dettato delle richiamate norme interpretative del citato D.L. n. 268 del 2000, si è inteso appunto consentire l’estensione della riduzione di costo anche alle frazioni solo parzialmente non metanizzate, compreso il caso in cui nelle medesime sia ubicata la casa comunale.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311) indica per il rinnovo di tale agevolazione un costo stimabile in 19,13 milioni di euro per il 2005.
La lettera g) del comma 511 proroga al 31 dicembre 2005 il regime agevolato di cui all’articolo 7, comma 1-ter, del D.L. n. 417/1991, convertito dalla legge n. 66/1992, concernente il gasolio destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine individuati dal D.M. 30 luglio 1993[534].
Ai sensi del comma 1-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 417/1991, il regime agevolato previsto per la benzina dall'articolo 7, comma 4, del D.L. n. 534/1987, a favore della zona franca di Gorizia e della provincia di Trieste, è stato esteso al gasolio, limitatamente al suo uso per autotrazione (n. 14 della tabella A allegata alla legge n. 700/1975, modificativa della legge n. 1438/1948, istitutiva del regime agevolativo per la zona di Gorizia), destinato al fabbisogno locale della provincia di Trieste e di comuni della provincia di Udine, così come individuati dal citato decreto ministeriale.
Per questi ultimi, il quantitativo di detto prodotto è pari al 40% di quello indicato al n. 14 della citata tabella A; per la provincia di Trieste il quantitativo dello stesso prodotto è pari all'80% del contingente indicato al n. 14 della medesima tabella A. Come precisato nella circolare n. 243/D, nel 2001 le medesime province hanno beneficiato del contingente relativo all’anno 1997, indicato nel decreto del Ministro dell’industria del 28 gennaio 1998.
L’articolo 21, comma 6, della legge n. 289 del 2002, prorogato dalla disposizione in esame, ha modificato il limite massimo di quantità di gasolio che può essere oggetto dell’agevolazione in parola, fissandolo in 23 milioni di litri per la provincia di Trieste e 5 milioni per la provincia di Udine.
Si segnala che la riduzione delle aliquote di accisa sugli olî minerali consumati nelle province di Udine e Trieste è espressamente consentita, sino al 31 dicembre 2006, dal richiamato allegato II, punto 8, alla direttiva 2003/96/CE.
Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 13,55 milioni di euro per il 2005.
La lettera h) del comma 511 proroga, per l’anno 2005, l’esenzione da accisa in favore del gasolio usato per le coltivazioni sotto serra.
L’agevolazione è stata introdotta nella sostanza dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268, convertito dalla legge 23 novembre 2000, n. 354, relativamente al periodo 3 ottobre 2000–31 dicembre 2000. Tale articolo 5 prevedeva l’applicazione, per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra, di un’aliquota pari allo 0%[535] di quella applicata sul gasolio usato come carburante[536]. Con successivi provvedimenti è stata invece disposta l’esenzione da accisa. In particolare, l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) ha disposto l’applicazione di tale agevolazione per il primo semestre 2001; successivamente, l’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001, e l’articolo 3 del D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001, hanno stabilito la proroga dell’agevolazione, rispettivamente al 30 settembre 2001 e al 31 dicembre 2001. L’articolo 13, comma 3, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002) ha disposto la proroga per tutto il 2002, mentre il comma 4 dell’articolo 19 della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) ha disposto la proroga del beneficio per tutto il 2003. Da ultimo la proroga al 31 dicembre 2004 è stata prevista dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004).
Il comma 4dell’articolo 2 della legge finanziaria 2004rinvia, per le modalità applicative, alle disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454, adottato, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 21/2000, convertito dalla legge n. 92/2000.
Il decreto ministeriale reca il regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli olî minerali impiegati nei lavori agricoli e orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.
In particolare, l’articolo 2, comma 3, stabilisce che per usufruire delle agevolazioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, i soggetti interessati devono presentare una apposita richiesta, anche per il tramite delle organizzazioni di categoria, all'ufficio, incaricato dalla regione o dalle province autonome, del servizio relativo all'impiego di carburanti agevolati per l'agricoltura, competente in base all'ubicazione dei terreni. L'ufficio controlla la regolarità delle richieste effettuando, anche con l'ausilio di collegamenti telematici, gli eventuali accertamenti sui dati esposti, e determina, per ciascun soggetto beneficiario, i quantitativi complessivi dei prodotti da ammettere all'impiego agevolato per i lavori da svolgere nell'anno solare.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.C. 5311) indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 26,8 milioni di euro per il 2005, determinato per 22,3 milioni quale minore introito accise e 4,5 milioni quale minore introito IVA.
Si segnala, infine, che, in data 19 gennaio 2005, la Commissione europea ha deciso di aprire una nuova procedura di esame circa le riduzioni delle accise sui carburanti utilizzati per il riscaldamento delle serre in Italia.
I produttori di colture sotto serra risultano beneficiare di un’esenzione totale dalle accise su questi carburanti. In questa fase, l’aiuto concesso con tale misura, secondo il comunicato della Commissione, appare difficilmente giustificabile alla stregua delle norme applicabili in materia di aiuti di Stato.
Il 18 febbraio 2004 la Commissione aveva avviato una prima indagine (tuttora in corso), perché la legislazione italiana concedeva ai produttori di colture sotto serra una esenzione parziale dalle accise sui carburanti agricoli superiore a quella accordata agli altri operatori del settore agricolo.
Poco dopo l’avvio di questa prima indagine, la Commissione ha appreso che i produttori di colture sotto serra beneficiavano in realtà da diversi anni di un’esenzione totale dalle accise sui carburanti utilizzati per il riscaldamento delle serre.
Una volta ricevuta la notizia ufficiale della decisione, le autorità italiane avranno un mese di tempo per comunicare le proprie osservazioni e fornire tutti i chiarimenti necessari. La decisione sarà inoltre pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. I terzi interessati potranno comunicare le proprie osservazioni entro un mese a decorrere dalla data della pubblicazione. Le osservazioni saranno trasmesse all’Italia, che avrà così la possibilità di replicare.
Non appena sarà in possesso dei chiarimenti richiesti alle autorità italiane, degli eventuali contributi dei terzi interessati e delle eventuali repliche da parte italiana, la Commissione delibererà quanto prima in merito alla compatibilità degli aiuti con il mercato comune.
Articolo
1, comma 512
(Attribuzione all’ISMEA degli interventi
relativi al Fondo di garanzia per le imprese agricole)
512. Al fine di favorire l’accesso al credito alle imprese agricole ed agroalimentari, a decorrere dal 1º gennaio 2005 la gestione degli interventi di sostegno finanziario di cui all’articolo 36 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e successive modificazioni, e la relativa dotazione finanziaria è attribuita all’ISMEA. L’ISMEA senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato succede nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali l’attuale ente gestore dei fondi previsti dalle leggi di cui al presente comma è titolare in forza di leggi, di provvedimenti amministrativi e di contratti relativi alla gestione degli interventi trasferiti.
Il comma 512 affida all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), a decorrere dal 1° gennaio 2005, la gestione degli interventi di agevolazione dell'accesso al credito delle imprese agricole e agroalimentari del Fondo interbancario di garanzia, di cui all'articolo 36 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e la relativa dotazione finanziaria.
L’ISMEA, ente pubblico economico, è stato istituito con D.P.R. 28 maggio 1987, n. 278, con la denominazione di “Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo”.
A norma dell’art. 6 del D.Lgs. n. 419/1999, concernente il riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, l’ente ha assorbito l’ex Cassa per la formazione della proprietà contadina, ed è subentrato pertanto nei compiti a questa attribuiti.
Successivamente è intervenuto il D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200, che ha recato le disposizioni statutarie e regolamentari di riordino dell’ISMEA, ora denominato Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (con il mantenimento del precedente acronimo).
Il nuovo Istituto, ai sensi di detto regolamento, deve perseguire le seguenti finalità:
- rilevazione, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari;
- erogazione di servizi di analisi e informazione per la commercializzazione, valorizzazione e promozione di prodotti agricoli, ittici e alimentari;
- svolgimento, nel rispetto della programmazione regionale, delle funzioni precedentemente attribuite alla Cassa per la formazione della proprietà contadina dal D.Lgs. n. 121/1948, dalla Legge n. 154/1975 e dalla Legge n. 441/1998;
- prestazione di specifiche forme di garanzia creditizia e finanziaria alle imprese agricole singole o associate[537].
Il Fondo interbancario di garanzia è stato istituito dall’articolo 36 della legge n. 454/1961 tra gli Istituti esercenti il credito agrario di miglioramento per la copertura dei rischi derivanti dalla concessione, ai termini delle disposizioni in materia di credito agrario, di mutui di miglioramento fondiario e di formazione di proprietà contadina, compresi quelli non assistiti dal concorso statale ovvero erogati con fondi d'anticipazione dello Stato o della Cassa per il Mezzogiorno o delle Regioni a statuto autonomo, a favore di coltivatori diretti e di piccole aziende, singoli od associati e loro cooperative.
La predetta garanzia sussidiaria si esplica sino all'ammontare dell'80 per cento della perdita che gli Istituti mutuanti dimostrino di aver sofferto dopo l'esperimento delle procedure di riscossione coattiva sui beni delle ditte mutuatarie, inadempienti per almeno due rate semestrali consecutive. In dipendenza dell'indicata garanzia gli Istituti, in deroga alle norme in vigore, sono autorizzati a concedere i mutui di cui al primo comma, sino all'importo del valore cauzionale dei fondi e degli impianti.
Il «Fondo interbancario di garanzia» ha personalità giuridica e gestione autonoma ed è amministrato da un Comitato composto di sette membri, di cui uno in rappresentanza del Consorzio nazionale per il credito agrario di miglioramento, quattro in rappresentanza degli Istituti e Sezioni speciali di credito agrario e due in rappresentanza degli altri Istituti operanti nel settore ed aventi circoscrizione nazionale o regionale.
Il «Fondo» è sottoposto alla vigilanza del Ministero del tesoro.
Le dotazioni finanziarie del «Fondo interbancario di garanzia» sono costituite:
a) dalle somme che gli Istituti dovranno versare entro
il 30 giugno di ciascun anno a partire dal 30 giugno
b) da 2 miliardi di lire annue (corrispondenti a 1.032.913 euro), che gli istituti operanti nel settore del credito agrario di esercizio e di miglioramento devono versare secondo quote da stabilire dal Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, in relazione al complessivo importo delle operazioni effettuate in ciascun esercizio;
c) dalle somme introitate dalla Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina in applicazione della legge 14 gennaio 1959, n. 5, da versare dalla «Cassa» stessa entro due mesi dalla richiesta del Comitato;
d) dal 30 per cento dell'importo degli interessi sulle somme giacenti sul conto corrente fruttifero istituito con legge 25 luglio 1952, n. 949.
Articolo
1, commi 513 e 514
(Abrogazione delle norme sulla
rideterminazione
delle accise sugli olî minerali)
513. Per l’anno 2004 non si fa luogo all’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. La presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
514. È abrogato il comma 4 dell’articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
Il comma 513 stabilisce che per il 2004 non si procede all’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
L'articolo 8 della legge n. 448/1998 (collegato alla finanziaria 1999), in applicazione del Protocollo di Kyoto,ha introdotto un aumento del carico fiscale sulle emissioni di anidride carbonica, attraverso la rimodulazione graduale delle accise sui prodotti petroliferi e l’introduzione dal 1999 di un’imposta di lire 1.000 per tonnellata sui consumi di carbone, coke di petrolio e bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua impiegati negli impianti di combustione (cosiddetta carbon tax).
In base alle disposizioni di tale articolo, viene fissata per le accise sui prodotti petroliferi una serie di “aliquote obiettivo”, riportate nell’allegato 1 previsto dal comma 4annesso alla stessa legge n. 448/1998, da raggiungere entro il 31 dicembre 2004 con aumenti annuali che saranno decisi da una commissione istituita presso il CIPE.
Il comma 5 dell'articolo 8 della legge n. 448/1998 prevede che fino al 31 dicembre 2004, le misure delle aliquote delle accise sugli olî minerali, i quali valgono come aumenti intermedi per il raggiungimento progressivo della misura “a regime” indicata per il 2005 dal comma 4 del medesimo articolo 8, devono essere stabilite con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione appositamente nominata presso il CIPE, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
La prima variazione alla misura delle accise è stata introdotta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 1999.
L'intervento sulle accise e il meccanismo applicativo della c.d. carbon tax hanno dovuto, tuttavia, tenere conto degli andamenti dei prezzi internazionali del petrolio.
Nella seconda metà del 1999, infatti, l’andamento del mercato internazionale del petrolio ha comportato un forte aumento del prezzo del greggio, con conseguente innalzamento del carico fiscale sui prodotti petroliferi.
Per contenere l’onere tributario gravante sui prodotti in questione, e in particolare per compensare l’aggravio dell’IVA derivante dall’aumento dei prezzi del petrolio, sono stati adottati una serie di provvedimenti che hanno ridotto le aliquote delle accise sugli olî minerali e disposto la sospensione dell’applicazione degli aumenti di aliquota di cui al richiamato articolo 8 della legge n. 448 (a partire dal D.L. n. 383/99, convertito dalla legge n. 496/99), con il quale è stata introdotta la cosiddetta carbon tax.
Conseguentemente, è stata sospesa l’emanazione dei D.P.C.M. previsti dall’articolo 8, comma 5, della legge n. 448/1998, con i quali avrebbero dovuto essere fissati gli aumenti intermedi delle aliquote delle accise sugli olî minerali, ai fini del raggiungimento delle misure da applicare dal 1° gennaio 2005, indicate in un apposito allegato alla medesima legge n. 448 (c.d. carbon tax).In particolare:
§ per il 2000 dall’articolo 2 del D.L. n. 268/2000, convertito dalla legge n. 354/2000;
§ per il 2001 dall'articolo 2 del D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001);
§ per il 2002 dal comma 7 dell'articolo 21 della legge n. 289 del 2002;
§ per il 2003 dall’articolo 17, comma 2, del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
Il secondo periodo del comma 513 stabilisce per la presente disposizione una data di entrata in vigore anticipata rispetto alle restanti norme contenute nella legge finanziaria per il 2005, la cui entrata in vigore è fissata dal successivo comma 572 al 1° gennaio 2005.
La deroga introdotta dal comma 513 prevede che la disposizione, in base alla quale per il 2004 non dev’essere emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri volto a definire gli aumenti intermedi delle aliquote di accisa sugli olî minerali, entri in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge finanziaria per il 2005 nella Gazzetta Ufficiale.
Tale deroga è correlata alla disposizione contenuta nel successivo comma 514, che abroga il comma 4 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 (collegato alla legge finanziaria per il 1999).
Il citato comma 4 provvedeva a rideterminare, con decorrenza dal 1° gennaio 2005, la misura delle aliquote delle accise vigenti di cui alla voce "Oli minerali" dell'allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e al numero 11 dell’allegata Tabella A, nonché la misura dell'aliquota stabilita nel comma 7 per carbone, coke di petrolio e bitume emulsionato impiegati negli impianti di combustione, come indicate nella Tabella 1 allegata alla stessa legge n. 448 del 1998.
La seguente tavola riproduce l’evoluzione della misura delle aliquote di accisa (espresse in euro) per i prodotti petroliferi, determinata dal D.P.C.M. 19 gennaio 1999, dai successivi provvedimenti aventi, eventualmente, carattere temporaneo, confrontandola con quella stabilita dall’Allegato 1 della legge n. 448 del 1998, riportata nell’ultima colonna, che avrebbe dovuto applicarsi dal 1° gennaio 2005.
L’abrogazione del comma 4 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 e dell’annesso allegato 1, disposta dal comma 514 qui illustrato, impedisce che dal 1° gennaio 2005 si applichi la misura delle aliquote di accisa degli indicati prodotti petroliferi, che, come appare dalla tavola, risulta assai più elevata di quella attualmente vigente (distinta in grassetto).
Come si evince dalla tavola, salvo che per la benzina, la cui aliquota di accisa è stata modificata dal decreto-legge n. 355 del 2003, le aliquote vigenti per gli altri prodotti sono quelle determinate dal DPCM 15 gennaio 1999, primo e unico decreto di aumento “intermedio”, emanato ai sensi del comma 5 dell'articolo 8 della legge n. 448/1998.
PRODOTTO |
IMPORTI |
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DPCM 15/01/99 |
DL 383/99 |
DM 29/12/99 |
DM 23/02/00 |
DM 17/03/00 (*) |
Art. 24 |
DM 12/02/04 (***) |
|
Legge 448/98 |
Benzina (per mille litri) |
578,24 |
565,33 |
563,18 |
561,02 |
556,72 |
556,72 |
|
558,64 |
594,05 |
Benzina senza piombo (per mille litri) |
541,84 |
528,93 |
526,78 |
524,63 |
520,32 |
520,32 |
|
558,64 |
594,05 |
Petrolio lampante o cherosene (per mille litri) |
337,49 |
|
|
|
|
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391,60 |
Olio da gas o gasolio – riscaldamento e carburante (per mille litri): |
403,21 |
390,30 |
388,15 |
386,00 |
381,69 |
381,69 |
|
|
467,84 |
Olio combustibile usato per riscaldamento |
|
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- ad alto tenore di zolfo (ATZ) |
128,27 |
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435,94 |
- a basso tenore di zolfo (BTZ) |
64,24 |
|
|
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218,49 |
Olio combustibile per uso industriale |
|
|
|
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|
- ad alto tenore di zolfo (ATZ) |
63,75 |
|
|
|
|
|
|
|
128,73 |
- a basso tenore di zolfo (BTZ) |
31,39 |
|
|
|
|
|
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62,04 |
Gas di petrolio liquefatti (GPL) (per mille Kg) |
|
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|
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|
- usato come carburante |
284,77 |
271,86 |
269,71 |
267,56 |
263,25 |
263,25 |
|
|
206,58 |
- usato come combustibile per riscaldamento |
189,94 |
177,03 |
174,69 |
172,34 |
167,64 |
145,19 |
|
|
206,58 |
Gas metano (per metro cubo): |
|
|
|
|
|
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|
|
- per autotrazione |
0,011 |
0,007 |
0,006 |
0,005 |
0,004 |
0,004 |
|
|
0,05 |
- per combustione per usi industriali |
0,012 |
|
|
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0,02 |
- per combustione per usi civili : |
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a) per usi domestici di cottura cibi e produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1 (CIP n. 37 del 26 giugno 1986) |
0,045 |
0,041 |
0,04 |
0,039 |
0,037 |
0,029 |
0,04 |
|
0,05 |
Mezzogiorno |
0,039 |
0,034 |
0,034 |
0,033 |
0,031 |
0,024 |
|
|
0,04 |
b) per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 metri cubi annui |
0,079 |
0,076 |
0,074 |
0,073 |
0,072 |
0,064 |
0,04 |
|
0,08 |
Mezzogiorno |
0,039 |
0,034 |
0,034 |
0,033 |
0,031 |
0,024 |
|
|
0,04 |
c) per altri usi civili |
0,173 |
0,168 |
0,168 |
0,168 |
0,166 |
0,159 |
0,17 |
|
0,18 |
Mezzogiorno |
0,124 |
0,120 |
0,119 |
0,118 |
0,117 |
0,110 |
|
|
0,13 |
Carbone impiegato negli impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg): |
2,63 |
|
|
|
|
|
|
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21,61 |
Coke di petrolio impiegato negli impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg) |
3,52 |
|
|
|
|
|
|
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30,59 |
Bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua, denominato Orimulsion (NC 2714), impiegato in impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg) |
2,06 |
|
|
|
|
|
|
|
15,92 |
(*) Aliquote di accisa prorogate al 31 dicembre 2000 dal D.M. 27 settembre 2000.
(**) Aliquote di accisa prorogate al 30 settembre 2001 dall’articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001; al 31 dicembre 2001 dal D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001.
(***) Aliquote in vigore dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 289/2002 (D.M. 25 marzo 2002, D.M. 13 marzo 2003 e D.M. 12 febbraio 2004).
515. A decorrere dal 1º gennaio 2004 e fino al 31 dicembre 2004, l’aliquota prevista nell’allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate è ridotta di euro 33,21391 per mille litri. Per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all’articolo 8, comma 10, lettera e), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, la riduzione di aliquota di cui al primo periodo è limitata ad euro 16,03656 per mille litri.
516. La riduzione prevista al comma 515, primo periodo, si applica altresì ai seguenti soggetti:
a) agli enti pubblici e alle imprese pubbliche locali esercenti l’attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;
b) alle imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;
c) agli enti pubblici e alle imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.
517. Per ottenere il rimborso di quanto spettante, anche mediante la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, i destinatari del beneficio di cui ai commi 515 e 516 del presente articolo presentano, entro il 30 giugno 2005, apposita dichiarazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell’agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277. Tali effetti, anche per l’agevolazione fiscale di cui al predetto regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, rilevano altresì ai fini delle disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Il comma 515 dispone, per il periodo dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2004, la riduzione di 33,21391 euro per mille litri dell'aliquota prevista nell'allegato I al decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi) per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate.
L’Allegato I al decreto legislativo n. 504 del 1995 indica, nel testo originario, per il gasolio usato come carburante un’aliquota di 747.470 lire (386,036 euro) per mille litri. Il D.P.C.M. 15 gennaio 1999[538] ha fissato una aliquota ordinaria pari a 780.731 lire (403,214 euro). L’aliquota dell’accisa è stata successivamente oggetto di modifiche da parte di numerosi provvedimenti aventi, tuttavia, carattere temporaneo.
Numerosi provvedimenti legislativi hanno inoltre disposto la riduzione dell'aliquota di accisa per il gasolio impiegato da determinate categorie di esercenti l'attività di trasporto di merci e persone.
La misura della riduzione è stata di:
- 171.000 lire (pari a 88,31 euro) per mille litri di prodotto per il periodo 1° settembre 2000-31 dicembre 2000 (D.L. n. 265/2000, convertito dalla legge n. 343/2000; D.M. 19 marzo 2001);
- 112.000 lire (pari a 57,84 euro) per mille litri di prodotto per il periodo 1° gennaio 2001-30 giugno 2001 (articolo 25 della legge n. 388/2000, modificato dal D.L. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001; D.M. 9 ottobre 2001);
- 83.800 lire (pari a 43,28 euro) per mille litri di prodotto per il periodo 1° luglio 2001-31 dicembre 2001 (articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001, modificato dall'articolo 8 del D.L. 356/2001; D.M. 1 febbraio 2002);
- 83.800 lire (pari a 43,28 euro) per mille litri di prodotto, confermata anche per il periodo 1° gennaio 2002-31 luglio 2002 e 1° agosto 2002-31 dicembre 2002 (articolo 5 del D.L. 452/2001, convertito nella legge n. 16/2002; articolo, comma 4-bis del D.L. 138/2002, modificato dalla legge n. 178/2002);
- l’applicazione della riduzione di 43,28 euro per mille litri di prodotto è stata confermata per il periodo 1° gennaio 2003 - 31 dicembre 2003 dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 16 del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.
Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, si intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.
In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).
L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A, di seguito riportato.
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1° gennaio 2004 |
1° gennaio 2010 |
Benzina con piombo (in euro per 1.000 litri) Codici NC 2710 11 31, 2710 11 51 e 2710 11 59 |
421 |
421 |
Benzina (in euro per 1.000 litri) Codici NC 2710 11 31, 2710 11 41, 2710 11 45 e 2710 11 49 |
359 |
359 |
Gasolio (in euro per 1.000 litri) Codici NC da 2710 19 41 a 2710 19 49 |
302 |
330 |
Cherosene (in euro per 1.000 litri) Codici NC 2710 19 21 e 2710 19 25 |
302 |
330 |
GPL (in euro per 1.000 kg) Codici NC da 2711 12 11 a 2711 19 00 |
125 |
125 |
Gas naturale (in euro per gigajoule, potere calorifico superiore) Codici NC 2711 11 00 e 2711 21 00 |
2,6 |
2,6 |
L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ciascuno Stato.
Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.
Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione ricomprende la riduzione dell'aliquota dell'accisa sul gasolio utilizzato dagli operatori del trasporto su strada fino al 1° gennaio 2005, che non può essere inferiore a 370 euro per 1000 litri a decorrere dal 1° gennaio 2004.
Ai sensi del paragrafo 11 dell’articolo 18 l’Italia può applicare, fino al 1° gennaio 2008, per la definizione di usi commerciali di cui all'articolo 7, paragrafo 3, lettera a)[539], un peso a pieno carico massimo ammissibile non inferiore a 3,5 tonnellate.
Il secondo periodo del comma 515 limita la riduzione di aliquota a 16,03656 euro per mille litri (anziché 33,21391 euro) per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all'articolo 7, comma 15, della legge n. 488 del 1999.
In realtà, il comma 15 dell’articolo 7 della legge n. 488 del 1999 ha sostituito la lettera e) del comma 10 dell'articolo 8 della legge n. 448 del 1998, che individuava i soggetti destinatari delle maggiori entrate derivanti dalla carbon tax introdotta dell’articolo stesso.
In particolare, le maggiori risorse venivano destinate a compensare la riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti le attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva non inferiore a 11,5 tonnellate da operare, ove occorra, anche mediante credito d'imposta pari all'incremento, per il medesimo anno, dell'accisa applicata al gasolio per autotrazione.
Con il D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, è stato emanato il regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci. L’articolo 1 prevede che, a decorrere dal 16 gennaio 1999, la riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti l’attività di autotrasporto di merci è determinata in un ammontare pari agli incrementi dell'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione rapportata ai consumi di tale prodotto nei periodi di riferimento. Il credito derivante da tale riduzione, sempreché d’importo non inferiore a 25 euro, può essere utilizzato dal beneficiario in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero riconosciuto al medesimo mediante rimborso della relativa somma, secondo le modalità stabilite dal regolamento stesso.
Il comma 516 identifica i soggetti che, oltre agli esercenti le attività di trasporto di merci con veicoli di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate indicati al comma 515, beneficiano della riduzione indicata al primo periodo del medesimo comma (33.21391 euro per mille litri). Si tratta di:
a) enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione; si tratta di attività di trasporto pubblico locale, come definite e disciplinate dal citato D.Lgs. n. 422 del 1997, nell’ambito del processo di decentramento di funzioni alle regioni e agli enti locali previsto dalla legge n. 59/1997.
b) imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e al decreto legislativo n. 422 del 1997;
c) enti pubblici e imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.
La disposizione qui illustrata conferma i soggetti destinatari dell'agevolazione già ricompresi dalla normativa precedente e individuati dall’articolo 5 del decreto-legge n. 452/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002.
Il comma 517 disciplina le modalità di rimborso di quanto spetta a seguito della riduzione, specificando che il rimborso è fruibile anche mediante compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, su apposita dichiarazione da presentare entro il 30 giugno 2005 agli uffici dell'Agenzia delle dogane secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, emanato con D.P.R. n. 277 del 2000.
Anche in questo caso, la norma ribadisce il contenuto del comma 4 dell’articolo 5 del citato decreto-legge n. 452/2001.
L’ultimo periodo del comma 517 prevede che il credito d’imposta non concorre alla formazione del valore aggiunto ai fini dell’applicazione dell’IRAP, oltre che della determinazione del reddito ai fini IRPEF e IRPEG.
Va al riguardo ricordato che, in linea generale, l'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 446 del 1997 stabilisce che i contributi erogati a norma di legge concorrono, in ogni caso, alla formazione della base imponibile IRAP. Tale disposizione ha lo scopo di assoggettare a tassazione IRAP tutti i contributi erogati a norma di legge, anche se non imponibili ai fini delle imposte sui redditi. Il trattamento previsto dalla disposizione in esame introduce, quindi, una deroga al principio generale affermato nel D.Lgs. n. 446 del 1997.
Anche in questo caso, la norma ribadisce il contenuto del comma 4 dell’articolo 5 del citato decreto-legge n. 452 del 2001, come integrato dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 209 del 2002, convertito dalla legge n. 265 del 2002.
Articolo
1, commi 518 e 519
(Riduzione premi INAIL per autotrasporto
e finanziamento albo autotrasportatori)
518. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 15 milioni di euro, di cui 6,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2004 e 8,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2005.
519. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 20 milioni di euro.
I commi 518 e 519 rifinanziano alcuni interventi in favore del settore dell’autotrasporto previsti dall’articolo 2 del DL 451/1998[540], già rifinanziati dalla legge finanziaria per il 2000[541].
In particolare il comma 518 autorizza, per l’anno 2005, un’ulteriore spesa di 15 milioni di euro per gli interventi previsti dal comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 451 citato. Dei 15 milioni di euro autorizzati, 6,5 milioni sono destinati alla copertura dell’onere relativo all’anno 2004 e 8,5 milioni di euro alla copertura dell’onere relativo all’anno 2005.
Il comma 2 dell’articolo 2 del DL n. 451/98 ha disposto la riduzione da parte dell’INAIL - per l'anno 1999 - dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni dovuti dalle imprese di autotrasporto in conto terzi per i propri dipendenti, nel limite complessivo di 40 miliardi di lire, con rimborso all’Istituto dei minori introiti, dietro presentazione di apposita rendicontazione.
Successivamente l’articolo 45, comma 1 lettera b)della legge 488/99 (legge finanziaria 2000) ha autorizzato, a decorrere dall’anno 2000, una spesa annua di 23 miliardi di lire per la proroga di tali interventi; nel prorogare tale intervento il tetto di spesa viene fissato in una cifra pari a poco più della metà di quella per il 1999.
Il comma 519 autorizza, per l’anno 2005, un’ulteriore spesa di 20 milioni di euro per interventi diversi – sempre nel settore dell’autotrasporto - previsti dal comma 2 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 451/98, già citato.
Il comma 3 dell’articolo 2 del DL n. 451 ha previsto ulteriori stanziamenti, pari a 140 miliardi di lire, per l’anno 1999, al comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori, per assicurare un maggior livello di sicurezza nella circolazione stradale dei mezzi di autotrasporto ed un loro minore impatto ambientale. Gli interventi dovrebbero riguardare anche l’utilizzo delle infrastrutture, mediante il ricorso a convenzioni con gli enti gestori delle stesse, con la finalità di favorire, come risultava dalla relazione illustrativa al decreto legge, uno spostamento del traffico pesante sulle infrastrutture autostradali.
Successivamente l’articolo 45, comma 1 lettera c)della legge 488/99 (legge finanziaria 2000) ha autorizzato, a decorrere dall’anno 2000, una spesa annua di 90 miliardi di lire per la proroga di tali interventi.
Si ricorda poi che l’articolo 8 del DL 355/2003[542] ha prorogato la durata in carica dei componenti del Comitato centrale e dei Comitati regionali e provinciali per l’albo degli autotrasportatori merci per conto di terzi; la proroga è disposta fino all’entrata in vigore del decreto legislativo in materia di organizzazione e funzioni delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell’autotrasporto di merci, e comunque non oltre il 31 dicembre 2005.
Si ricorda che il comitato centrale egli autotrasportatori espleta i compiti relativi alla tenuta dell’Albo nazionale degli autotrasportatori, nonché gli ulteriori compiti di consulenza e proposta al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nelle materie riguardanti il trasporto su strada di merci.
Peraltro, in base ad intese raggiunte tra Governo e associazioni di categoria dell’autotrasporto, è stata istituita la Consulta generale per l’autotrasporto con compiti di studio, proposta e supporto degli organi decisionali in ordine alle problematiche interne ed internazionali attinenti al settore dell’autotrasporto di merci.
Articolo
1, comma 520
(Differimento e rifinanziamento del
progetto sperimentale “bioetanolo”)
520. All’articolo 22, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «dal 1º gennaio 2003» sono sostituite dalle seguenti: «dal 1º gennaio 2005». Al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, all’articolo 21, comma 6-ter, le parole: «lire 30 miliardi annui» sono sostituite dalle seguenti: «73 milioni di euro annui».
Il comma 520 modifica il comma 2, dell’articolo 22, della legge n. 388 del 2000, differendo dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto sperimentale triennale “bioetanolo”, inteso ad incrementare, mediante l’applicazione di aliquote di accisa ridotte, l'utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale.
Il menzionato progetto è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto, mediante l’introduzione di due nuovi commi 6-bis e 6-ter nell’articolo 21 del D.Lgs. n. 504 del 1995 (testo unico in materia di accise) una riduzione dell'imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi per le finalità ambientali sopra richiamate.
In particolare, il comma 6-bis prevede una riduzione d’accisa per determinate categorie di prodotti, della durata di un triennio a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 388 del 2000, secondo le aliquote indicate di seguito, applicabili sui seguenti prodotti impiegati come carburanti da soli od in miscela con olî minerali:
a) bioetanolo derivato da prodotti di origine agricolaeuro 289,22 (lire 560.000) per 1.000 litri;
b) etere etilterbutilico (ETBE), derivato da alcole di origine agricolaeuro 289,22 (lire 560.000) per 1.000 litri;
c) additivi e riformulati prodotti da biomasse:
- per benzina senza piombo.............. euro 289,22 (lire 560.000) per 1.000 litri;
- per gasolio, escluso il biodiesel... euro 245,32 (lire 475.000) per 1.000 litri.[543]
Il comma 6-terrimetteva ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, il Ministro dell’ambiente e il Ministro delle politiche agricole e forestali, la fissazione, entro il limite complessivo di spesa di lire 30 miliardi annui, comprensivo dell’IVA, dei criteri di ripartizione tra le varie tipologie e tra gli operatori, delle caratteristiche tecniche dei prodotti singoli e delle relative miscele ai fini dell’impiego nella carburazione, nonché delle modalità di verifica della loro idoneità ad abbattere i principali agenti dinamici, valutata sull’intero ciclo di vita del prodotto.
Non essendo stato emanato tale decreto, il progetto triennale in oggetto non è stato reso operativo, e quindi spostando la decorrenza al 1° gennaio 2003 dall’articolo 19, comma 6, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003).
Contestualmente il comma 520 modifica il citato comma 6-ter dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 504 del 1995, elevando il limite complessivo di spesa da 30 miliardi di lire annui (58.088 milioni di euro) a 73 milioni di euro annui.
521. Il comma 6 dell’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:
«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell’ambito di un programma della durata di sei anni, a decorrere dal 1º gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, puro o miscelato con oli minerali, è esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, sono determinati i requisiti che gli operatori, e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione con gli oli minerali consentite, le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. Nelle more dell’entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 61.
6.1. Entro il 1º settembre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze i costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell’anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è eventualmente rideterminata la misura dell’agevolazione di cui al medesimo comma 6.
6.2. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l’anno in questione, purché vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari».
522. L’efficacia delle disposizioni di cui al comma 521 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.
Il comma 521, modificando l’articolo 21 (prodotti sottoposti ad accisa) del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi) attraverso la sostituzione del comma 6 in tema di accisa sul biodiesel[544], prevede, nell’ambito di uno specifico programma di pari durata, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010 nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate.
Il citato articolo 21, comma 6, del D.Lgs. n. 504 del 1995 come modificato, da ultimo, dall’articolo 21 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), stabilisce che le disposizioni del precedente comma 2 del medesimo articolo 21 - il quale prevede che determinati prodotti, espressamente indicati nello stesso comma, sono soggetti a vigilanza fiscale e, se destinati ad essere usati, se messi in vendita o se usati come combustibile o carburante, sono sottoposti ad accisa secondo l'aliquota prevista per il combustibile o il carburante per motori equivalente - si applichino anche al prodotto denominato biodiesel, ottenuto dall’esterificazione di olî vegetali e loro derivati, usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili.
Inoltre, si dispone che la fabbricazione o la miscelazione con gasolio, o altri olî minerali, del prodotto denominato biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale; da ciò conseguirebbe la tassazione al momento dell’immissione in consumo.
La disposizione prevede che il biodiesel, puro o in miscela con gasolio o con olî combustibili in qualsiasi percentuale, sia esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate nell’ambito di un programma triennale, tendente a favorirne lo sviluppo tecnologico.
Si rimette, poi, ad un decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, la determinazione dei requisiti degli operatori, delle caratteristiche tecniche degli impianti di produzione, nazionali ed esteri, nonché delle caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, delle modalità di distribuzione e dei criteri di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. La disposizione è stata attuata con l’emanazione del decreto 25 luglio 2003, n. 256, recante il regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul prodotto denominato biodiesel.
L’ultimo periodo del comma 6 prevede che per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 61 del D.Lgs. n. 504/95, che riconduce la tassazione del biodiesel, usato per riscaldamento, nell’ambito del regime di accisa non armonizzata, di cui al citato articolo 61.
Ilsuccessivo comma 2 dell’articolo 21 della legge n. 388 del 2000, stabilisce che, al fine di promuovere l’impiego del biodiesel come carburante per autotrazione, il Ministro dell’industria è autorizzato alla realizzazione di un progetto pilota che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 4, del decreto del Ministro delle finanze del 22 maggio 1998, n. 219, preveda l’avvio al consumo del biodiesel puro presso utenti in rete, a partire dalle aree urbane a maggiore concentrazione di traffico.
Il citato comma 4 stabilisce che il biodiesel puro e le miscele gasolio-biodiesel con contenuto in biodiesel superiore al 5% sono avviati al consumo solo presso utenti extrarete. Le miscele gasolio-biodiesel con contenuto in biodiesel in misura pari o inferiore al 5% che rispettano le caratteristiche del gasolio previste dalla normativa vigente possono essere avviate al consumo sia presso utenti extrarete che in rete. Queste miscele possono essere immagazzinate promiscuamente con gasolio.
Inoltre il comma 521 fornisce una definizione tramite codice del biodiesel (codice NC 3824 90 99), mentre il testo vigente fa riferimento al biodiesel come al prodotto ottenuto dalla “esterificazione di oli vegetali e loro derivati”.
Analogamente, mentre il testo vigente ha sottoposto ad esenzione il biodiesel, puro o in miscela con gasolio o con olî combustibili in qualsiasi percentuale, la nuova versione del comma 6 fa genericamente riferimento al “biodiesel puro o miscelato con oli minerali”.
L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
Infatti l’articolo 16 della direttiva stabilisce che, gli Stati membri possono applicare, sotto controllo fiscale, esenzioni o riduzioni dell'aliquota di imposta ai prodotti soggetti ad accisa di cui all'articolo 2 quando questi sono costituiti da uno o più dei prodotti seguenti o li contengono:
§ i prodotti di cui ai codici NC da 1507 a 1518,
§ i prodotti di cui ai codici NC 3824 90 55 e da 3824 90 80 a 3824 90 99 per i loro componenti derivati dalla biomassa,
§ i prodotti di cui ai codici NC 2207 20 00 e 2905 11 00 che non siano di origine sintetica,
§ i prodotti derivati dalla biomassa, inclusi i prodotti di cui ai codici NC 4401 e 4402.
Le esenzioni o le riduzioni per i prodotti di cui al paragrafo 1 possono essere concesse, nell'ambito di un programma pluriennale, tramite autorizzazione rilasciata da un'autorità amministrativa ad un operatore economico per più di un anno civile. La durata dell'esenzione o della riduzione così autorizzata non può superare sei anni consecutivi. Questo periodo è eventualmente rinnovabile.
Nell'ambito di un programma pluriennale oggetto di autorizzazione rilasciata da un'autorità amministrativa prima del 31 dicembre 2012 gli Stati membri possono applicare l'esenzione o la riduzione di cui al paragrafo 1 dopo il 31 dicembre 2012 e fino al termine del programma pluriennale, senza facoltà di rinnovo.
La disposizione qui commentata prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, per la determinazione:
§ dei requisiti che gli operatori, e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale;
§ delle caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova;
§ delle percentuali di miscelazione con gli olî minerali consentite;
§ delle modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori.
In attesa dell'entrata in vigore del suddetto decreto ministeriale trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel regolamento adottato con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, 25 luglio 2003, n. 256, previsto dalla normativa vigente per il programma triennale contemplato dalla legge n. 388 del 2000.
Poiché nel testo dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 504 del 1995 è già presente un comma 6-bis, il comma 521 introduce i commi 6.1 e 6.2.
In particolare, il nuovo comma 6.1 prevede che, entro il 1° settembre di ciascuno dei sei anni di validità del programma, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunichino al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi ai costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente.
Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovra-compensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del citato programma, è eventualmente rideterminata la misura dell’agevolazione.
Per un più razionale impiego delle risorse economiche disponibili, il comma 6.2 dispone che per ogni anno di validità del citato programma i quantitativi del contingente che, al termine del medesimo anno, risultassero non essere stati immessi nel consumo vengano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno.
In caso di rinunzia, totale o parziale, alle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.
Infine, il successivo comma 522 dispone che l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 524 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.
Articolo
1, comma 523
(Proroga adozione regolamento per tariffa
rifiuti solidi urbani)
523. All’articolo 11, comma 1, lettere a) e b), del regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, e successive modificazioni, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni».
Il comma 523 aumenta da 5 a 6 anni la durata massima della fase di transizione entro la quale sia i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85% (art. 11, comma 1, lett. a) del DPR n. 158 del 1999), sia quelli che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e 1'85% (art. 11, comma 1, lett. b) del DPR n. 158 del 1999), sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani.
La disposizione mira quindi ad estendere la durata del periodo di transizione, in scadenza nel 2004 per i comuni sopra citati.
Restano invece inalterate le disposizioni contenute nelle lettere c) e d) dell’articolo 11 citato, che prevedono che la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa deve essere raggiunta entro un periodo massimo di otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55% e per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.
Si ricorda che la durata massima del periodo transitorio era già stata aumentata, per quel che riguarda i comuni di cui all’articolo 11 comma 1 lettera a) da tre a quattro anni dal comma 21 dell'art. 31 della legge finanziaria per il 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289) e da quattro a cinque anni dal comma 116 dell’art. 4 della legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350).
Si rammenta, inoltre, che la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani è stata istituita dall’art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997 che ha contestualmente disposto la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, sopra ricordato, entro i quali i comuni devono provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la nuova tariffa. La tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale.
Successivamente l’art. 11 del D.P.R. n. 158 del 1999, emanato in attuazione del comma 5 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 22, ha quindi disciplinato il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo da coprirsi con le entrate tariffarie e per la determinazione della tariffa di riferimento. In particolare, il comma 1 stabilisce che gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima cosi articolata:
a) cinque anni per i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%;
b) cinque anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85%;
c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%;
d) otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.
In materia, a fini di chiarimento interpretativo, è successivamente intervenuta la circolare 17 febbraio 2000, n. 25/E del Ministero delle finanze.
Si osserva che la disposizione in commento - come peraltro già quelle intervenute negli anni precedenti - modifica testualmente una norma di rango secondario, alla luce della ormai avvenuta “legificazione” di tale disposizione, per quanto attiene alla durata.
Si ricorda, infine, che il precedente comma 340 reca ulteriori disposizioni relative alla TARSU che prevedono che dal 1 gennaio 2005, per gli immobili censiti nel catasto edilizio urbano, la superficie per l’applicazione della TARSU non potrà essere inferiore all’80% di quella catastale.
Articolo
1, comma 524
(Abrogazione credito d’imposta
investimenti nelle aree cuscinetto)
524. In ottemperanza alla decisione della Commissione europea n. C(2004)2638 FIN dell’8 settembre 2004, l’articolo 94, comma 14, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è abrogato.
Il comma 524 prevede, in ottemperanza alla decisione della Commissione europea n. C(2004)2638 FIN dell’8 settembre 2004, l’abrogazione dell’art. 94, comma 14, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003).
La norma disponeva l’estensione dell’applicazione del credito d’imposta per gli investimenti, previsto dall’articolo 62, comma 1, lettera c), primo periodo, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), nelle aree individuate dall’articolo 4 della legge n. 448/1998 (finanziaria per il 1999), nella misura di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.
Beneficiari dell’agevolazione avrebbero dovuto essere le imprese operanti in vari settori[545], per la realizzazione di investimenti in specifiche zone del territorio italiano, individuate dall’articolo 4 della legge n. 448/1998.
L’articolo 4 della legge n. 448/1998 disciplina un credito di imposta per nuove assunzioni in favore delle piccole e medie imprese operanti nei seguenti territori:
a) aree di crisi di cui all'art. 1, co. 1, del D.L. n. 148/1993, situate in province nelle quali il tasso di disoccupazione, secondo la definizione allargata ISTAT, sia risultato nel 1998 superiore del 20% alla media nazionale.
b) c.d. zone cuscinetto, vale a dire i territori corrispondenti alle sezioni circoscrizionali del collocamento confinanti con le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, destinatarie degli interventi di cui all’obiettivo 1 dei Fondi strutturali comunitari, e con la regione Abruzzo, che presentano un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale, calcolato a livello delle circoscrizioni di collocamento riparametrando il dato provinciale secondo la definizione allargata ISTAT, rilevata per il 1998.
Le aree interessate dall’agevolazione sono state individuate con Circolare del Ministero delle finanze 25 agosto 2000, n. 161/E. Le aree di crisi riguardano le seguenti province: Agrigento, Avellino, Bari, Benevento, Brindisi, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Caserta, Catania, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Enna, Foggia, Frosinone, Isernia, Lecce, Massa, Matera, Messina, Napoli, Nuoro, Oristano, Palermo, Potenza, Reggio Calabria, Salerno, Sassari, Siracusa, Taranto, Trapani, Vibo Valentia, Viterbo.
Nella definizione di aree cuscinetto sono rientrate le sezioni circoscrizionali di Tivoli (Rm), Formia (Lt), Sora (Fr), Cassino (Fr).
In sostanza, il credito d’imposta introdotto dall’articolo 94, comma 14, della legge n. 289/2002, si configurava come una estensione territoriale del regime d’aiuto di Stato a finalità regionale autorizzato dalla Commissione europea[546] in relazione al credito d’imposta per nuovi investimenti, disciplinato dall’articolo 62, comma 1, lettera c), della legge n. 289/2002.
Il credito d’imposta per nuovi investimenti di cui al citato articolo 62 si applica, infatti, alle seguenti aree:
- regioni meridionali ammesse alla deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera a) del Trattato istitutivo della Comunità europea (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia);
- aree delle regioni Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe in materia di aiuti di Stato a finalità regionale previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), dello stesso Trattato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006.
- altre aree 87.3.c) del Centro Nord per le quali è riconosciuto un credito d’imposta per gli investimenti più limitato, nei limiti di 30 milioni di euro annui fino al 2006, secondo le medesime modalità (art. 62, comma 1, lettera c), terzo periodo).
La disposizione introdotta dall’articolo 94, comma 14, della legge n. 289/2002 estendeva, dunque, il credito d’imposta per nuovi investimenti a quei territori, facenti parte delle aree di crisi e delle zone cuscinetto, non compresi nell’ambito territoriale, più ampio, individuato dall’articolo 62, comma 1, lettera c), nelle aree 87.3.a) e 87.3.c).
Come evidenziato nella decisione C(2004)2638 FIN dell’8 settembre 2004, la Commissione ha ritenuto che la misura agevolativa in questione costituisca aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato istitutivo della Comunità, e pertanto incompatibile con il mercato comune, in quanto istitutiva di aiuti regionali agli investimenti in zone che non sono ammesse alle deroghe regionali di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c).
In particolare, in base alla Carta degli aiuti regionali relativa al periodo 2000-2006, approvata, per l’Italia, con decisione della Commissione del 20 settembre 2000, le province di Campobasso, Frosinone, Isernia, Massa Carrara, Viterbo e i comuni di Tivoli e Formia non possono beneficiare delle deroghe di cui all’articolo 87.3. a) e 87.3.c).
Pertanto, in tali zone non può essere applicato alcun regime di aiuti a finalità regionale.
Ai sensi dell’articolo 1 della decisione della Commissione dell’8 settembre 2004, n. C(2004)2638 FIN, dunque, l’Italia è tenuta a sopprimere il regime d’aiuti di Stato in forma di crediti d’imposta agli investimenti nelle aree di crisi e nelle aree cuscinetto; qualora siano già stati concessi aiuti in base al suddetto regime, l’Italia è tenuta ad adottare tutti i provvedimenti necessari per il recupero degli importi dai beneficiari.
Il Trattato che istituisce la Comunità europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza.
In particolare, ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato sono ritenuti "incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".
Rispetto a tale divieto generale posto dall’articolo 87, sono tuttavia ammesse alcune deroghe, di pieno diritto (paragrafo 2) ovvero deroghe eventuali (paragrafo 3). Queste ultime possono riguardare: regioni in ritardo di sviluppo (lett. a), progetti di interesse comune o situazioni di grave turbamento nell’economia di uno Stato membro (lett. b), sviluppo di talune attività o regioni (lett. c), promozione della cultura e conservazione del patrimonio (lett. d).
Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate alla Commissione, che ne valuta la compatibilità con il Trattato (articolo 88).
L’attuazione di tale disciplina ha portato a definire precise condizioni di ammissibilità, oltre che per particolari settori (siderurgia, costruzioni navali, industria automobilistica, ecc.), per gli aiuti a carattere regionale e per quelli c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela).
Per quanto riguarda gli aiuti di Stato a finalità regionale, possono essere considerati ammissibili (paragrafo 3) quelli destinati a:
lett. a) favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;
lett. c) agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.
In particolare, va evidenziato che negli Orientamenti comunitari (Comunicazione della Commissione 98/C 74/06 del 10 marzo 1998) gli aiuti a finalità regionale si distinguono dalle altre categorie degli aiuti pubblici perché sono riservati ad alcune aree territoriali particolari e hanno come obiettivo specifico il loro sviluppo. Pur assumendo un carattere derogatorio della concorrenza, tali aiuti vengono ammessi in quanto si ritiene meritevole di tutela l’obiettivo di promuovere la creazione di nuove imprese o la realizzazione di investimenti presso le regioni svantaggiate.
Come previsto dagli Orientamenti, per il periodo di programmazione 2000-2006 gli Stati membri hanno rinegoziato con la Comunità la Carta degli aiuti a finalità regionale, che comprende, da un lato, le regioni o aree ammesse a beneficiare delle deroghe in questione e, dall’altro, i massimali di intensità di aiuti.
Per quanto riguarda l’Italia, con decisione della Commissione del 13 marzo 2000 è stata approvata la Carta degli aiuti relativa alle regioni meridionali (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia) ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.a) (coincidenti con le aree obiettivo 1 dei fondi strutturali) e con decisione del 20 settembre 2000 è stata approvata la Carta relativa alle aree ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.c).
Mentre l’intero territorio delle regioni meridionali è ammissibile agli aiuti di Stato a finalità regionale, le aree 87.3.c) comprendono parti del territorio delle regioni del Centro-Nord, oltre che Abruzzo e il Molise.
Quanto agli aiuti orizzontali, con il regolamento 98/994/CE del 7 maggio 1998, il Consiglio ha stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (piccole e medie imprese, ricerca e allo sviluppo, tutela dell’ambiente, occupazione e formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis).
Il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità. Su queste basi, la Commissione ha recentemente adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (CE) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI.
Quanto alle misure di aiuto rientranti nel c.d. de minimis, va segnalato che essi sono attivabili su tutto il territorio nazionale, e con riferimento non solo alle PMI ma anche alle grandi imprese. Si tratta di aiuti che, in quanto particolarmente esigui (nella categoria de minimis rientrano gli aiuti che non superano complessivamente la soglia di 100.000 euro nell'arco di 3 anni), non hanno un impatto sensibile sulla concorrenza tra gli Stati membri, e possono quindi essere adottati in deroga al divieto e alle procedure di informazione previsti dal Trattato.
Articolo
1, commi 525 e 526
(Riduzione autorizzazioni di spesa Fondi
per progettazione opere pubbliche e per infrastrutture di interesse locale)
525. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 54 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 15 milioni di euro.
526. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 55 della citata legge n. 448 del 2001, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 50 milioni di euro.
I commi 525 e 526 recano disposizioni volte a ridurre le autorizzazioni di spesa relative all’anno 2005, rispettivamente, del Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali e del Fondo nazionale per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale, istituiti, rispettivamente, dagli articoli 54 e 55 della legge finanziaria per l’anno 2002 (legge n. 448/2001).
Le riduzioni disposte, pari a 15 milioni di euro per il Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali e a 50 milioni di euro per il Fondo nazionale per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale, sono pari all’intero ammontare degli stanziamenti previsti nel bilancio a legislazione vigente per il 2005.
Il Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche degli enti locali è stato istituito dall'articolo 54 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 presso il Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di promuovere, in coerenza con gli obiettivi indicati dal DPEF, la realizzazione delle opere pubbliche di regioni province, comuni, comunità montane e relativi consorzi. I contributi erogati dal Fondo sono volti al finanziamento delle spese di progettazione delle opere pubbliche di regioni e enti locali, nell’importo pari almeno al 50% del costo effettivo di progettazione.
Il Fondo nazionale per le infrastrutture di interesse locale è stato istituito dall’articolo 55 della legge finanziaria per il 2002, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di contribuire alla realizzazione delle infrastrutture di interesse locale e di promuovere la funzione delle autonomie locali nella valorizzazione delle risorse del territorio, coerentemente con i principi di sussidiarietà e diffuso decentramento, nonché di garantire il raccordo tra la realizzazione del piano straordinario delle infrastrutture e delle opere di grandi dimensioni con le esigenze infrastrutturali locali.
Rispetto alla disciplina originariamente dettata dagli articoli 54 e 55 della legge n. 448/01, le modalità di ripartizione delle risorse dei due fondi sono state ridefinite dall’articolo 70, commi 3 e 4, della legge n. 289/2002, che ha previsto che le disponibilità siano ripartite annualmente con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze. E’ altresì prevista la trasmissione dello schema di decreto al Parlamento per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni entro il termine del 31 gennaio di ciascun anno.
Il riparto del Fondo per il sostegno alla progettazione per gli anni 2002 e 2003 è stato effettuato con i D.M. economia e finanze 3 aprile 2003 e 18 luglio 2003.
Le disponibilità del Fondo per le infrastrutture di interesse locale sono state ripartite, per l'anno 2002, con D.M. 4 febbraio 2003 e per l'anno 2003 con D.M. 18 luglio 2003.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 49 del 20-29 gennaio 2004, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 54 e 55 della legge n. 448/2001, accogliendo il ricorso presentato dalla regione Emilia-Romagna del 27 febbraio 2002.
In proposito, la Corte costituzionale, sulla base degli articoli 117 e 119 della Costituzione, richiamando la propria precedente sentenza n. 16 del 2004, ha rilevato che, a seguito della riforma del Titolo V, di cui alla legge costituzionale n. 3/2001, l’intervento finanziario dello Stato in favore degli enti locali (nel caso in questione, in favore dei comuni) possa avere luogo soltanto:
a) relativamente a finanziamenti con destinazione vincolata concernenti attività ordinarie degli enti locali, soltanto nel caso in cui i suddetti finanziamenti si collochino nell’ambito dell’attuazione di discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria competenza esclusiva. Devono pertanto considerarsi inammissibili finanziamenti dello Stato a destinazione vincolata nell’ambito di materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, sia pure nel rispetto (nel caso di competenza concorrente) dei principi fondamentali della legge dello Stato;
b) quando si tratti degli speciali interventi finanziari, rivolti a determinati enti territoriali, previsti dall’articolo 119, quinto comma, Costituzione[547]. Tali interventi, per un verso, devono essere aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti agli enti territoriali e devono riferirsi alle specifiche finalità di perequazione e di garanzia enunciate dal medesimo comma dell’articolo 119 (comunque, diverse dal normale esercizio delle funzioni); per altro verso, devono essere indirizzati a determinati enti o categorie di enti. Di conseguenza, nel caso in cui tali finanziamenti riguardino ambiti di competenza delle regioni, spetta alle regioni medesime esercitare i compiti di programmazione e di riparto dei fondi all’interno del proprio territorio.
La Corte ha rilevato che i fondi istituiti ai sensi degli articoli 54 e 55 della legge n. 448/2001 non rispondono ai requisiti di costituzionalità così individuati.
Da un lato, infatti, la progettazione delle opere pubbliche di regioni ed enti locali e la realizzazione di opere pubbliche di interesse locale “indispensabili per la valorizzazione delle risorse produttive e delle realtà sociali interessate” rappresentano finalità estranee a materie o compiti di competenza esclusiva dello Stato, mentre sono riconducibili a materie e ambiti di competenza concorrente o residuale delle regioni. Le norme impugnate, peraltro, non prevedono alcun ruolo per queste ultime.
Dall’altro i fondi in questione non si configurano come appartenenti alla sfera degli interventi speciali di cui al quinto comma dell’articolo 119 Cost., perché non perseguono alcuna specifica finalità diversa dal normale esercizio delle funzioni degli enti interessati, e perché sono disposti in favore della generalità degli enti.
La previsione di fondi ausiliari per il sostegno e la realizzazione delle opere in questione non può, inoltre, essere ricondotta a fini di perequazione delle risorse finanziarie che l’articolo 117 Cost. riserva alla competenza esclusiva dello Stato, “dal momento che i Fondi istituiti sono completamente estranei rispetto all'ottica della perequazione”.
Più in generale la Corte costituzionale osserva che nel trasferimento di risorse dal bilancio statale ai comuni deve essere rispettato il nuovo riparto di competenze, attraverso la previsione di trasferimenti senza vincoli di destinazione specifica e attraverso il coinvolgimento delle regioni interessate nei processi decisionali concernenti il riparto e la destinazione dei fondi, nel rispetto dell’autonomia di spesa degli enti locali.
Con le disposizioni in esame, attraverso la riduzione delle relative autorizzazioni di spesa, vengono utilizzate a fini di copertura nell’ambito della legge finanziaria, le somme iscritte nel bilancio a legislazione vigente 2005 sui capitoli relativi ai due Fondi dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale, pari a 15 milioni di euro per il Fondo per il sostegno alla progettazione, di cui all’art. 54 della legge n. 448/2201 (ex cap. 7719, U.P.B. 5.2.3.17, dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e finanze) e a 50 milioni di euro per il Fondo infrastrutture di interesse locale, di cui all’art. 55 della legge n. 448/2201 (ex cap. 7720, U.P.B. 5.2.3.18/Economia).
Per quanto concerne, invece, le risorse per l’anno 2004, pari a 45 milioni di euro per il Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione di opere pubbliche, previsto dall’articolo 54 della legge n. 448/2001, e a 120 milioni di euro per il Fondo nazionale per le infrastrutture di interesse locale previsto dall’articolo 55 della legge n. 448/2001, si segnala che, a seguito della sentenza n. 49/2004 della Corte Costituzionale, le risorse non sono state utilizzate nel corso dell’esercizio finanziario 2004.
Di tali risorse è stato previsto l’utilizzo a copertura degli oneri derivanti, per l’anno 2004, dalle disposizioni contenute nella proposta di legge “Interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale” di cui all’A.S. 3018. Tale proposta di legge, approvata dal Senato in prima lettura, è attualmente all’esame della Commissione bilancio della Camera dei deputati (A.C. 5181).
In quanto si tratta di risorse di conto capitale destinate a copertura di disposizioni contenute in un progetto di legge approvato da un ramo del Parlamento, le risorse in questione costituiscono, sotto il profilo contabile, slittamenti.
Le risorse relative agli anni 2002 e 2003 sono state, invece, ripartite tra gli enti locali interessati con i decreti del Ministro dell’economia e finanze emanati in data 4 febbraio 2003, 3 aprile 2003 e 18 luglio 2003.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2004, è intervenuto l’articolo 7-sexies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80 (legge n. 140/2004) che, al fine di assicurare l'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali interessati, ha disposto la non ripetizione di quanto già corrisposto agli enti in base ai decreti del Ministro dell’economia e finanze 4/2/2003, 3/4/2003 e 18/7/2003 di ripartizione delle risorse dei due Fondi per gli anni 2002 e 2003, a condizione che gli enti assegnatari avessero iscritto i relativi importi nei bilanci relativi agli esercizi fino al 2004.
528. In virtù del combinato disposto dell’articolo 45, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dell’articolo 36 della legge della Regione siciliana 31 maggio 2004, n. 9, e successive modificazioni, i benefici di cui all’articolo 133 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si intendono trasferiti, alle medesime condizioni di cofinanziamento regionale ivi previste, all’articolo 134 della medesima legge n. 388 del 2000, nei limiti delle norme di contabilità di Stato.
Il comma 528 trasferisce al settore del trasporto merci della Regione Sicilia le disponibilità relative a taluni benefici di carattere finanziario a suo tempo disposti a favore della piccola e media imprenditoria siciliana in relazione alle spese di trasporto.
Tale trasferimento avviene alle medesime condizioni di cofinanziamento regionale previste dalla legge finanziaria 2001, e nei limiti delle norme di contabilità di Stato (v. infra).
La legge 23 dicembre 2000 n. 388 (legge finanziaria 2001) disciplina, all'art. 133, il contributo alle piccole e medie imprese siciliane per le spese di trasporto. Il comma 1 concede a talune piccole e medie imprese un contributo, mediante credito d'imposta, per determinate spese di trasporto in relazione ai prodotti provenienti dalle imprese site nel territorio della regione Sicilia e destinati al restante territorio comunitario. Dal 2002 il 5 per cento dello stanziamento complessivo è riservato al contributo per le spese di trasporto su gomma. Ai sensi del comma 2, l'attuazione delle disposizioni è affidata alla regione Sicilia tramite apposita convenzione con la quale si stabiliscono le modalità per il trasferimento dei fondi dal bilancio statale alla regione Sicilia e l'entità del cofinanziamento regionale dell'agevolazione, che non dovrà comunque essere inferiore al 50 per cento del contributo statale. L'onere massimo complessivo per il bilancio dello Stato è stato determinato in 50 miliardi a decorrere dall'anno 2002.
Il successivo art. 134 della legge finanziaria 2001 (intitolato alla riqualificazione del settore trasporto merci nella regione Sicilia) assegna alla regione stessa 100 miliardi di lire per l'anno 2001 per il cofinanziamento di interventi regionali per la ristrutturazione e la riqualificazione del settore del trasporto merci siciliano. Il contributo statale è erogato subordinatamente alla verifica della coerenza degli interventi con gli obiettivi contestualmente stabiliti. Il cofinanziamento regionale non deve essere inferiore al 30 per cento del contributo statale.
Appare poi utile ricordare che il comma 34 dell'art. 52 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), ha assegnato alla regione Sicilia ulteriori risorse per complessivi 51.645.689,91 euro, per il completamento degli interventi per la continuità territoriale della Sicilia, di cui agli articoli 133 e 134 citati (nonché da 135 a 137 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per l'anno 2002).
Dalla disposizione in esame dovrebbero dunque risultare utilizzabili, in costanza del relativo cofinanziamento regionale, parte delle economie realizzate a valere sulle assegnazioni di cui all'articolo 133 della legge n. 388/2000, per le finalità di cui all'art. 134 della medesima legge, purché la relativa disponibilità non oltrepassi i limiti temporali previsti dalle vigenti norme di contabilità di Stato in materia di residui.
Per quanto riguarda gli stanziamenti relativi al credito d’imposta di cui all’articolo 133 della legge n. 388/2000, nella legge di bilancio per il 2005 (U.P.B. 6.1.2.15, cap. 3869, del Ministero dell’economia e delle finanze) risulta una dotazione di competenza e di cassa pari a 25,8 milioni di euro.
I residui presunti, come indicati nel disegno di legge di bilancio per il 2005 (A.C. 5311), risultano pari a 51,6 milioni di euro.
Le risorse relative al contributo di cui all’articolo 134 della legge n. 388/2000 risultano essere state interamente pagate nell’esercizio 2003, secondo quanto emerge dal rendiconto per il 2003 (U.P.B. 4.2.3.12, cap. 7508, del Ministero dell’economia e delle finanze), in relazione al quale, nel 2003, sono stati effettuati pagamenti per 82,6 milioni di euro in conto residui. Non risultavano dotazioni aggiuntive di competenza. Di conseguenza, il capitolo è stato soppresso nell’esercizio 2004.
L'articolo 45, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, cui fa espressamente riferimento la disposizione della legge finanziaria ora in esame, dispone che le assegnazioni finanziarie alla Regione Sicilia attuative di leggi di settore nazionali che, alla data del 31 dicembre 2003[548], risultino non impegnate o per le quali non sia ancora stato identificato il soggetto beneficiario, possono, con legge regionale, essere riutilizzate per interventi nel settore cui erano originariamente destinate.
L’articolo 36 della legge della Regione siciliana 31 maggio 2004, n. 9[549], anch’essoespressamente richiamato dalla disposizione della legge finanziaria ora in esame, dispone che, per il completamento degli interventi di cui all'articolo 134 citato, l'Assessorato regionale competente è autorizzato ad utilizzare, ai sensi del comma 14 dell'articolo 45 citato, quota parte delle economie, comprensive del relativo cofinanziamento regionale, realizzate a valere sulle assegnazioni di cui all'articolo 133 già citato, limitatamente all'importo di 75 milioni di euro.
Articolo
1, comma 529
(Aggiornamento sanzioni amministrative
pecuniarie
per violazioni del codice della strada)
529. All’articolo 195 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. A decorrere dal 1º gennaio 2005, la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie, aggiornata ai sensi del comma 3, è oggetto di arrotondamento all’unità di euro, per eccesso se la frazione decimale è pari o superiore a 50 centesimi di euro, ovvero per difetto se è inferiore a detto limite».
La disposizione concerne l’arrotondamento della misura delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal codice della strada.
Essa, inserendo il comma 3-bisnell’articolo 195 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2005, l’arrotondamento all’unità di euro (per eccesso se la frazione decimale è pari o superiore a 50 centesimi di euro, per difetto se è inferiore a detto limite) della misura delle sanzioni amministrative pecuniarie “aggiornate”.
Si ricorda che, nel sistema del codice della strada, la sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma di danaro tra un limite minimo ed un limite massimo fissato dalla singola norma, sempre entro il limite minimo generale di euro 19,95 ed il limite massimo generale di euro 9.296. Tale limite massimo generale può essere superato solo quando si tratti di sanzioni proporzionali, ovvero di più violazioni ai sensi dell'art. 198, ovvero nelle ipotesi di aggiornamento della misura.
La misura delle sanzioni amministrative pecuniarie è aggiornata ogni due anni in misura pari all'intera variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei due anni precedenti.
A tal fine, entro il 1° dicembre di ogni biennio, il Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, nonché delle infrastrutture e dei trasporti, fissa, seguendo i criteri di cui sopra, i nuovi limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, che si applicano dal 1° gennaio dell'anno successivo.
Il D.M. 22 dicembre 2004 ha da ultimo recato l’aggiornamento degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie, conseguenti a violazioni al codice della strada, ai sensi dell'articolo 195 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
530. È autorizzata la spesa di 1.770.000 euro per l’anno 2005, a sostegno delle realtà calcistiche femminili FIGC – Divisione Calcio Femminile – di serie A, A2 e B per ciascuna stagione calcistica da ripartire nel seguente modo:
a) 50.000 euro per ciascuna delle squadre iscritte al campionato di serie A (per la stagione 2004-2005 n. 12 squadre regolarmente iscritte);
b) 25.000 euro per ciascuna delle 24 squadre iscritte al campionato di serie A2 (per la stagione 2004-2005 due gironi da 12 squadre ciascuno);
c) 10.000 euro per ciascuna delle 57 squadre iscritte al campionato di serie B (per la stagione 2004-2005 cinque gironi da 12, 11, 11 squadre regolarmente iscritte).
531. Il contributo di cui al comma 530 è corrisposto alle società di serie A e A2 presso le quali risultano iscritte, oltre al proprio campionato di competenza, almeno tre squadre giovanili, di cui una appartenente al settore Primavera, e due sotto l’egida del settore scolastico, ed a quelle di serie B presso le quali risulta iscritta una squadra del settore giovanile.
532. I contributi a sostegno dell’attività professionistica delle suddette squadre non sono cumulabili con altro genere di finanziamenti di enti pubblici, nazionali o locali. Nel caso le suddette squadre fossero beneficiarie di contributo da parte di ente pubblico, la quota ad esse spettante in base al comma 530 verrà calcolata, a defalcazione, sulla base di quanto già percepito da altri enti pubblici.
533. In caso di rimanenza delle risorse individuate al comma 530, le stesse vengono accantonate per l’anno successivo ad integrazione di quanto già impegnato.
534. Le risorse di cui al comma 530 vengono erogate mediante bandi dalle amministrazioni regionali in quota pari al numero di squadre iscritte e partecipanti, di anno in anno, ai campionati FIGC – Divisione Calcio Femminile – delle Serie A, A2 e B.
I commi da 530 a 534 prevedono contributi in favore delle squadre calcistiche femminili.
In particolare, il comma 530 autorizza la spesa complessiva di 1.770.000 euro per l'anno 2005 per il sostegno delle realtà calcistiche femminili ripartendola tra le squadre di serie A, A2 e B.
Il comma 531 detta disposizioni specifiche in merito ai requisiti che le società calcistiche devono possedere per poter accedere alle risorse di cui al precedente comma.
Ai sensi del comma 532 tali contributi non sono cumulabili con nessun altro genere di finanziamenti di enti pubblici, nazionali e/o locali.
E’ inoltre previsto che eventuali somme non utilizzate dell'ammontare determinato al comma 1 siano accantonate per l'anno successivo (comma 533).
Il comma 534 dispone, infine, in merito alle modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 1, stabilendo che essi vengano erogati tramite bandi delle amministrazioni regionali.
I commi sembrano presentare alcune incongruenze derivanti probabilmente da una formulazione affrettata.
Innanzitutto, posto che la previsione di spesa è relativa al solo anno 2005 non è chiaro cosa si intenda con l’espressione “per ciascuna stagione calcistica” (comma 530) e “di anno in anno” (comma 534).
La formulazione del comma 531 appare imprecisa (le squadre giovanili, infatti, non sono iscritte ”presso” le squadre maggiori; ci sono società con squadre iscritte sia nei campionati maggiori che in campionati giovanili).
Non è specificato il meccanismo di riutilizzo delle risorse non impiegate (comma 533).
E’ presumibile che le somme da erogare siano ripartite tra le regioni in maniera proporzionale alle squadre interessate all’intervento di sostegno, ma non sembrerebbe questo il significato letterale del comma 534.
Articolo 1, comma 535
(Assegno sostitutivo a grandi invalidi di
guerra o per servizio)
535. Per il finanziamento del fondo istituito con la legge 27 dicembre 2002, n. 288, per la concessione dell’assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005 e di 15 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007.
Il comma 535 incrementa il finanziamento del fondo per la concessione di un assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio, istituito dall’articolo 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 288, autorizzando la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2005 e di 15 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007.
L’articolo 2 della citata legge n. 288/2002 ha infatti istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2003, un fondo per la concessione di un assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio che non possano più fruire dell'accompagnatore militare o dell'accompagnatore del servizio civile. L’art. 3 ha disposto il finanziamento di tale fondo, con uno stanziamento di 7.746.853 euro a decorrere dal 2003.
Più in generale, si ricorda che la legge n. 288/2002 reca disposizioni in merito all’erogazione di provvidenza a favore dei grandi invalidi di guerra o per servizio con specifiche misura, tra le quali si ricordano:
a) l’estensione ai grandi invalidi per servizio della possibilità di beneficiare di un accompagnatore o, in sostituzione, di un assegno mensile esente da imposte di 878 euro per dodici mensilità[550];
b) l’accertamento, entro il 30 aprile 2003 e, successivamente, entro il 30 aprile di ciascun anno, del numero degli assegni corrisposti in sostituzione dell’accompagnatore al fine di verificare le spese effettivamente sostenute e la determinazione, nell’ambito delle risorse disponibili e previa definizione delle procedure da seguire per la corresponsione dei benefìci economici, del numero degli assegni che potranno, a tale titolo, essere liquidati agli altri aventi diritto, dando la precedenza a coloro che abbiano fatto richiesta del servizio di accompagnamento almeno una volta nel triennio precedente la data di entrata in vigore della presente legge e ai quali gli enti preposti non siano stati né siano in grado di assicurarlo.
536. Nei casi in cui l’articolo 1 della legge 24 aprile 2003, n. 92, abbia avuto applicazione, perché il limite di età pensionabile era inferiore a quello di 70 anni previsto, sia pure in via facoltativa, dal decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, il periodo di tre anni di permanenza in servizio, su richiesta, previsto per i perseguitati politici antifascisti o razziali dal citato articolo 1 della legge 21 aprile 2003, n. 92, si deve intendere fruibile a partire dal nuovo limite di età pensionabile, sia pure facoltativo, di 70 anni, ai sensi dell’articolo 1-quater del decreto-legge n. 136 del 2004, ed alle medesime condizioni di sospensione dei versamenti contributivi ivi previste.
Il comma 536 fornisce un’interpretazione autentica in merito alla facoltà di richiedere la permanenza in servizio per i dipendenti pubblici che siano stati riconosciuti perseguitati politici, di cui alla L. 24 aprile 2003, n. 92.
Al riguardo, si ricorda che la citata L. 92 del 2003 ha stabilito, novellando l’articolo 4 della L. 96 del 1955[551], il diritto per i dipendenti pubblici riconosciuti perseguitati politici o razziali, qualora siano fisicamente idonei a disimpegnare le proprie funzioni nella pubblica amministrazione, a loro richiesta e indipendentemente dalla data della loro assunzione, a rimanere in servizio fino al compimento del terzo anno successivo al limite di età per il collocamento a riposo per essi altrimenti previsto.
Successivamente, l’articolo 1-quater del D.L. 28 maggio 2004, n. 136, convertito dalla L. 27 luglio 2004, n. 186[552], modificando l'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, ha concesso ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni - con esclusione degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare e ad ordinamento civile, e del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - la facoltà di richiedere il trattenimento in servizio fino al compimento del settantesimo anno d'età. La facoltà è subordinata al consenso dell’amministrazione di appartenenza da parte dell’amministrazione[553].
La disposizione, in sostanza, appare volta a precisare il rapporto fra le richiamate norme, succedutesi nel tempo, che consentono il trattenimento in servizio di dipendenti pubblici oltre i limiti ordinariamente fissati per il collocamento a riposo.
In particolare, la disposizione chiarisce che, laddove sia stata in precedenza esercitata la specifica facoltà di trattenimento in servizio data ai dipendenti riconosciuti perseguitati politici o razziali (quando ancora non era presente nell’ordinamento la facoltà generale di trattenimento in servizio fino a 70 anni poi riconosciuta ai dipendenti pubblici dal richiamato D.L. 136), questa debba intendersi fruibile di nuovo a partire dal nuovo limite di età pensionabile, sia pure facoltativo, di 70 anni, ai sensi del citato articolo 1-quater del D.L. 136 del 2004, ed alle medesime condizioni di sospensione dei versamenti contributivi ivi previste.
Al riguardo, appare opportuno segnalare che mentre la fattispecie di cui alla L. 92 del 2003 individua un diritto per le categorie di lavoratori richiamati, la fattispecie individuata dall’articolo 1-quater del D.L. 136 del 2004 rappresenta una facoltà sottoposta a giudizio da parte dell’amministrazione di appartenenza.
In tema di trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici, si ricorda infine che, oltre alle facoltà cui si è finora fatto riferimento, sussiste una facoltà di prosecuzione del rapporto di lavoro per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici (per i magistrati tale facoltà è estesa sino al compimento del settantacinquesimo anno di età: cfr. articolo 16, commi 1, primo periodo, e 1-bis,del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 503).
Articolo
1, comma 537
(Finanziamento al Parco nazionale
d’Abruzzo, Lazio e Molise)
537. Onde poter assicurare la continuità nel processo di risanamento e riorganizzazione e il conseguente rilancio del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è autorizzato un contributo straordinario di 4,5 milioni di euro per l’anno 2005 a favore dell’Ente Parco.
Il comma 537 prevede, al fine di assicurare la continuità nel processo di risanamento e riorganizzazione e il conseguente rilancio del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise[554], l’erogazione di un contributo straordinario di 4,5 milioni di euro per l’anno 2005 a favore dell’Ente Parco stesso.
Al riguardo, si ricorda che nella seduta della VIII Commissione (Ambiente) del 14 ottobre 2004 è stata discussa l’interrogazione 5-03217 (Riccio) relativa alla situazione finanziaria dell’Ente parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. In relazione a tale interrogazione il Governo ha rilevato la gravità della situazione finanziaria dell’Ente Parco e ha sottolineato che, “con un decreto del 10 ottobre 2003, il Ministero dell’Economia ha assegnato a favore dell’Ente Parco risorse pari ad euro 4.000.000. Inoltre, per quanto attiene la peculiare questione del personale precario, nella consapevolezza della crisi finanziaria che ne rende complessa la gestione, questo stesso Parco ha potuto contare su un finanziamento straordinario pari a 2.000.000 di euro per il triennio 2003-2004-2005, previsto dalla legge finanziaria 2003, a sostegno della crisi occupazionale del territorio compreso nel perimetro del Parco”. Il Governo ha sottolineato, inoltre, come nell’aprile scorso il Commissario ad acta avesse posto in evidenza la necessità di un ulteriore intervento finanziario a sostegno dell’Ente, il cui fabbisogno economico, visto il quadro rappresentativo della situazione debitoria, sarebbe risultato pari a 4 milioni di euro. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio aveva, quindi, provveduto a richiedere al Ministero dell’Economia una nuova assegnazione di risorse finanziarie pari a circa quattro milioni di euro per l’esercizio finanziario in corso. Infine, in considerazione delle necessità reiteratamente rappresentate dall’Ente, al fine di poter valutare la possibilità dell’assegnazione di tale ulteriore contributo straordinario per l’anno 2004, è stato chiesto al Parco di prevedere un piano triennale finanziario ove siano specificatamente previste, a legislazione vigente, le risorse finanziarie disponibili e le necessità di gestione dell’Ente medesimo.
A tale proposito si rammenta che un altro contributo straordinario era stato previsto dall’art. 94, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003). Il contributo era stato disposto con la finalità specifica di far fronte alla crisi occupazionale dell’Ente parco ed ammontava a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.
Successivamente, al fine di garantire il funzionamento del Parco nazionale, l’articolo 19 del decreto legge 24 dicembre 2003, n. 355[555] ha prorogato di ventiquattro mesi i contratti individuali in essere alla data del 31 dicembre 2003. L’articolo precisava, inoltre, che la suddetta proroga operava nel limite del contributo speciale previsto appunto dall’art. 94, comma 12, della legge finanziaria 2003.
Il contributo straordinario disposto dal comma 537 va inoltre ad aggiungersi a quello ordinario disposto, ogni anno, dalla legge finanziaria e ripartito con successivo decreto ministeriale. Lo schema di riparto dei contributi agli enti parco nazionale per il 2004, approvato con decreto ministeriale 3 giugno 2004[556], reca un contributo ordinario per il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise pari a 2.569.212,28 euro per il 2004, con una decurtazione di 296.084 euro rispetto allo stanziamento dell’anno precedente.
Nella relazione illustrativa allo schema di decreto veniva sottolineata la grave crisi finanziaria del Parco,la cui situazionedebitoria avrebbe potuto incidere negativamente sul complesso delle risorse finanziarie disponibili per gli Enti Parco Nazionali “…per il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, nel corso del precedente esercizio finanziario, il Ministero dell’economia e delle finanze, su espressa richiesta del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, ha garantito una quota extra di finanziamento legata alla situazione debitoria di 4 milioni di euro – dec. 546 del 19.11.03 - a fronte dell’accertamento delle spese fuori bilancio ad opera del Commissario ad acta, appositamente nominato e che ancor oggi è impegnato nella individuazione di ulteriori oneri da sostenere a carico delle casse dello Stato”.
Articolo
1, comma 538
(Finanziamento ordinario delle università
statali)
538. Il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali è implementato per l’anno 2005 di 11 milioni di euro.
Il comma 538 incrementa il fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università, di cui all'articolo 5, comma 1, della legge n. 537 del 1993, di 11 milioni di euro per l'anno 2005.
Si ricorda che l'art. 5 della legge n. 537 del 1993 ha istituito il fondo per il finanziamento ordinario delle università (che rappresenta la quota più consistente della parte attiva del bilancio degli atenei, seguita solo dalle somme pagate dagli studenti sotto forma di tasse e contributi); quest’ultimo è finanziato annualmente in tabella C della legge finanziaria ed è articolato in:
§ una quota base, da ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993;
§ una quota di riequilibrio da ripartirsi con riferimento a standard di costi di produzione per studente e a obiettivi di qualificazione della ricerca, tenuto conto delle dimensioni e delle condizioni ambientali e strutturali. Il riequilibrio è finalizzato anche alla riduzione dei differenziali dei costi standard di produzione nelle diverse aree disciplinari, tenendo conto delle diverse specificità e degli standard europei.
La tabella C allegata al disegno di legge finanziaria 2005 prevedeva per il fondo per il finanziamento ordinario la somma di 6.683,9 milioni di euro per il 2005 (con un incremento di circa 130,9 milioni di euro rispetto allo stanziamento dello scorso anno nonché a quanto previsto dalla legge finanziaria 2004 per il 2005).
Nel corso dell’esame parlamentare tale dotazione è stata aumentata di 300 milioni di euro, per un totale di 6.983,9 milioni di euro. Il comma in esame introduce un ulteriore incremento per l'anno 2005; incremento che però non risulta registrato nella tabella C allegata alla presente legge. Il finanziamento di 11 milioni di euro, disposto con il presente comma, è invece regolarmente presente sul capitolo di bilancio relativo al fondo ordinario (cap. 1694 dell’u.p.b. 4.1.2.11 del MURST) dove è stanziata la somma di 6.994,9 milioni di euro.
Giova inoltre ricordare che la riduzione delle dotazioni di parte corrente indicate nella Tabella C, prevista dal comma 296 della presente legge, non si applica alle dotazioni concernenti il settore universitario.
Articolo
1, comma 539
(Differimento termini per la redazione
del conto economico
degli enti locali)
539. I termini previsti per l’applicazione della disciplina del conto economico, di cui al comma 2 dell’articolo 115 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono differiti all’anno 2004 e all’anno 2006, rispettivamente per i comuni di cui ai numeri 4) e 4-bis) del comma 1, lettera d), dell’articolo 8 del decreto-legge 27 ottobre 1995, n. 444, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1995, n. 539.
Il comma 539 reca la proroga dei termini per la redazione del conto economico da parte dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, fissati dall’articolo 8, comma 1, lettera d), del D.L. 27 ottobre 1995, n. 444 (legge n. 539/1995).
Il conto economico rappresenta uno dei documenti che, insieme con il conto del bilancio e con il conto del patrimonio, costituiscono il rendiconto dell’ente (art. 227 T.U. enti locali).
In particolare, il conto economico evidenzia i componenti positivi (tributi, trasferimenti correnti, proventi dei servizi pubblici, della gestione del patrimonio, proventi finanziari, ecc.) e negativi (acquisto materie prime e beni di consumo, prestazione di servizi, spese di personale, trasferimenti a terzi, interessi passivi ecc.) dell'attività dell'ente secondo criteri di competenza economica. Esso comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del bilancio, rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei valori economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi economici non rilevati nel conto del bilancio. Nel conto economico sono altresì compresi gli ammortamenti (art. 229 T.U. enti locali).
I tempi di applicazione delle disposizioni relative alla redazione del conto economico da parte degli enti locali sono stati stabiliti dall’art. 115 del D.Lgs. 20 febbraio 1995, n. 77 (non confluito nel T.U.), secondo scadenze temporali diverse in relazione alla dimensione demografica dell’ente.
Le scadenze ivi previste sono state dapprima prorogate di un anno per tutti gli enti dall’articolo 8, co. 1, lettera d), del D.L. 27 ottobre 1995, n. 444, e successivamente, per quanto riguarda i piccoli comuni, ulteriormente prorogate dall’articolo 53, comma 6, della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), ed infine, dall’articolo 31, comma 7, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003), nel seguente modo:
1) anno 1997 per i comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti, con esclusione dei comuni capoluogo di provincia compresi nelle aree metropolitane;
2) anno 1998 per i comuni con popolazione da 40.000 a 99.999 abitanti e comuni capoluogo di provincia esclusi a norma del n. 1);
3) anno 1999 per i comuni con popolazione da 5.000 a 39.999 abitanti;
4) anno 2003 per i comuni con popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti;
4-bis) anno 2004 per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti.
Con riferimento all’esercizio 2004, pertanto, il conto economico avrebbe dovuto essere adottato da tutti gli enti.
Con la disposizione in esame si provvede, invece, ad una ulteriore proroga per i piccoli comuni, stabilendo che l’obbligo della redazione del conto economico, ai sensi dell’articolo 229 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, trovi applicazione con riferimento all’anno 2004 per i comuni con popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti, e con riferimento all’anno 2006 per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti.
Articolo
1, comma 540
(Rideterminazione della rendita catastale
di opifici e immobili costituiti per attività industriale)
540. Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell’articolo 10 del citato regio decreto-legge, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni in riferimento.
Il comma 540 stabilisce, con norma qualificata, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente)[557], come norma d’interpretazione autentica dell’ articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso.
L’articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 (Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, stabilisce che si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali, e che sono considerati come costruzioni stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo.
Pertanto, viene precisato che concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell’articolo 10 del citato regio decreto-legge n. 652 del 1939, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale, anche se fisicamente non incorporati al suolo.
L’articolo 10, primo comma, del citato regio decreto-legge n. 652 del 1939 dispone che la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui all'art. 28 della legge 8 giugno 1936, n. 1231[558], costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità.
La disposizione prescrive infine che i trasferimenti erariali agli enti locali interessati siano conseguentemente rideterminati per tutti gli anni in riferimento.
La disposizione sembra riferirsi all’articolo 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, il quale prescrive che, a decorrere dall'anno 2001, i minori introiti relativi all'ICI conseguiti dai comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita dai contribuenti secondo quanto previsto dal decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, siano compensati con corrispondente aumento dei trasferimenti statali, se di importo superiore a lire 3 milioni e allo 0,5 per cento della spesa corrente prevista per ciascun anno. Tuttavia, qualora per effetto della determinazione della rendita catastale definitiva da parte degli uffici tecnici erariali, gli stessi comuni vengano a ricavare introiti superiori almeno del 30 per cento rispetto a quelli conseguiti prima della suddetta autodeterminazione provvisoria, i trasferimenti erariali di parte corrente spettanti agli stessi enti saranno ridotti in misura pari a tale eccedenza dall'anno successivo rispetto a quello in cui la determinazione della rendita catastale sia divenuta inoppugnabile.
Le modalità di applicazione della disposizione sono state definite con decreto dei Ministri dell'interno e dell’economia e delle finanze 1° luglio 2002, n. 197 (Regolamento recante determinazione delle rendite catastali e conseguenti trasferimenti erariali ai comuni).
Trattandosi di disposizione d’interpretazione autentica, la norma sembra poter trovare applicazione per tutti i rapporti non esauriti alla data della sua entrata in vigore.
Essa potrebbe quindi comportare, previa rideterminazione delle rendite catastali sulla base dei criteri in essa indicati, la riliquidazione dei tributi per i quali non siano decorsi i termini di legge. Su questa base dovrebbe procedersi alla rideterminazione dei trasferimenti dovuti agli enti locali.
La relazione tecnica all’emendamento 1. 2000 del Governo, approvato dal Senato, non reca indicazioni sugli effetti finanziari della presente disposizione.
Secondo notizie apparse sulla stampa[559], la norma deriva dal contenzioso fra l’amministrazione finanziaria e l’ENEL sulla rendita catastale degli impianti di produzione dell’elettricità.
L’articolo 10, terzo comma, della legge 11 luglio 1942, n. 843, prescrive la descrizione degli immobili nel catasto mediante l'elencazione degli elementi costitutivi, quali, gli edifici, le aree, i generatori della forza motrice, le dighe, i canali adduttori o di scarico, la rete di trasmissione e di distribuzione di merci, prodotti o servizi, i binari anche se posti su aree pubbliche ovvero nel relativo soprassuolo o sottosuolo, le gallerie, i ponti e simili. Su questa base, l’amministrazione finanziaria ha considerato le turbine degli impianti elettrici come parte del fabbricato adiacente (spesso di scarso valore), accrescendo considerevolmente il valore del fabbricato industriale, che comprende anche gli impianti. Quest’interpretazione è stata impugnata dall’ENEL e da altri soggetti
A seguito dell’entrata in funzione delle procedure di aggiornamento del catasto, disposte dal regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari, emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, le società ebbero occasione di presentare denunzie di variazione ricalcolando le rendite in misura inferiore a quelle precedenti.
Tale autodeterminazione provvisoria, nelle more della definizione della rendita definitiva e del contenzioso ad essa riferito, determinò, in particolare, cospicua riduzione del gettito dell’ICI per i piccoli comuni nel cui territorio sono solitamente collocate le centrali elettriche.
Per ovviare a ciò, l’articolo 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dispose l’aumento dei trasferimenti statali ai comuni in misura corrispondente alla diminuzione d’introito da essi subìta, secondo quanto sopra descritto.
In presenza di difformi decisioni giurisprudenziali sul contenzioso sopra descritto – la sezione tributaria della Corte di cassazione essendosi espressa in senso divergente, ad esempio, nelle sentenze n. 17933 del 6 settembre 2004 e n. 21730 del 20 ottobre 2004 –, la questione è stata rimessa dalla sezione tributaria della suprema Corte al giudizio delle sezioni unite della medesima con l’ordinanza n. 23798 del 22 dicembre 2004[560].
Secondo talune interpretazioni riferite dalla stampa[561], la disposizione potrebbe per altro applicarsi in generale ai macchinari e impianti esterni agli opifici industriali (si è supposto che possano quindi rientrarvi, ad esempio, i carri-ponte per movimentare macchine e materiale, le pese a ponte, i serbatoi o i silos non infissi al suolo ma dotati solo di piano d'appoggio). È stato tuttavia richiamata a tale proposito la circolare della Direzione generale del catasto del Ministero delle finanze n. 123 del 14 novembre 1944, la quale escluderebbe dalla nozione definita dall’articolo 10, primo comma, del regio decreto-legge n. 652 del 1939 le generiche pertinenze e le macchine operatrici[562].
Articolo
1, commi 541-543
(Poliziotto e carabiniere di quartiere.
Ulteriori stanziamenti per assunzioni agenti di Polizia e Carabinieri)
541. Per far fronte ad esigenze straordinarie di controllo del territorio, al fine di potenziare l’impiego del poliziotto e del carabiniere di quartiere, oltre alle autorizzazioni alle assunzioni eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 3, commi 54 e 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono stanziati 32 milioni di euro per l’anno 2005, 56 milioni di euro per l’anno 2006, 86 milioni di euro per l’anno 2007 e 88 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, per l’assunzione, in deroga a quanto previsto dal comma 53 del medesimo articolo 3 della legge n. 350 del 2003 e dalla presente legge, di 1.324 agenti della Polizia di Stato e di 1.400 carabinieri, come incremento d’organico dei rispettivi ruoli.
542. Alla copertura dei posti per agente della Polizia di Stato di cui al comma 541, si provvede:
a) nel limite di 730 posti per l’anno 2005, mediante reclutamento riservato prioritariamente agli agenti ausiliari trattenuti della Polizia di Stato, in servizio al momento della presentazione delle domande e, per il restante, ai giovani che, al momento della presentazione delle domande, hanno concluso il periodo di servizio di leva nella Polizia di Stato o nell’Arma dei carabinieri quali ausiliari da almeno un anno e da non più di quattro anni, secondo le modalità ed i criteri stabiliti con decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, d’intesa con il capo di stato maggiore della difesa. Anche al predetto personale si applica la disciplina prevista per gli agenti ausiliari trattenuti che abbiano chiesto di essere ammessi nel ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato;
b) per i restanti 594 posti, per l’anno 2006, per 267 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 30 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 36 dell’8 maggio 2001. Quanto ai restanti 327 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei volontari in ferma prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo.
543. Per la copertura dei posti per carabiniere di cui al comma 541, l’Arma dei carabinieri è autorizzata a procedere ad un reclutamento di carabinieri in ferma quadriennale:
a) nel limite di 770 posti per l’anno 2005, mediante reclutamento riservato ai carabinieri ausiliari che abbiano completato il servizio di leva, ovvero in ferma biennale o richiamati nelle forze di completamento, oppure ai carabinieri ausiliari, congedati da non oltre un anno, da riammettere in servizio ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, e successive modificazioni;
b) per i restanti 630 posti, per l’anno 2006, per 441 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 4 giugno 2002 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 47 del 14 giugno 2002. Quanto ai restanti 189 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei volontari in ferma prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo.
Il comma 541 dispone l’assunzione di 1.324 agenti della Polizia di Stato e di 1.400 carabinieri, che andranno ad incrementare l’organico dei rispettivi ruoli.
La disposizione è motivata dalla necessità di fronteggiare situazioni straordinarie di controllo del territorio con il fine di potenziare l’impiego dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere, che attualmente ammontano a 2.200 unità.
Per la copertura degli oneri delle nuove assunzioni vengono stanziati 174 milioni di euro per il triennio 2005-2007 (così distribuiti: 32 milioni per l’anno 2005, 56 per il 2006 e 86 per il 2007) e 88 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.
Il poliziotto o carabiniere di quartiere è uno degli strumenti fondamentali del più ampio progetto di “polizia di prossimità”. I punti caratterizzanti di tale progetto – mutuato da una analoga esperienza francese (la police de proximité) e di altri paesi francofoni – sono l’avvicinamento tra polizia e cittadini, l’adattamento dell’organizzazione alle realtà locali, l’attenzione alle aspettative dei cittadini in tema di sicurezza e la collaborazione tra amministrazioni.
Il poliziotto o carabiniere di quartiere è una nuova figura professionale di operatore di polizia, in grado di stabilire col cittadino un rapporto di fiducia e capace di sviluppare un’azione di controllo del territorio prevalentemente orientata verso la prevenzione. Esso è riconoscibile per la caratteristica uniforme e per le dotazioni personali che, pur simili a quelle del corpo di appartenenza, lo distinguono dagli altri agenti ed è caratterizzato dalla continuità di azione e dall’esclusività di assegnazione, ossia gli stessi agenti operano sempre nella medesima area territoriale.
Il progetto del poliziotto e carabiniere di quartiere ha preso avvio nel dicembre 2002 con l’impiego sperimentale di 500 agenti in 28 città capoluogo di provincia. Progressivamente la sperimentazione è stata allargata a tutti i capoluoghi di provincia. Nel dicembre 2004 il numero di poliziotti e di carabinieri è stato portato a 2.200 unità che garantiscono la copertura di 486 aree urbane, alcune delle quali anche in comuni non capoluogo, ciascuna di circa 10.000 abitanti.
Sul versante legislativo, al fine di sviluppare le attività di controllo del territorio e di incrementare la sicurezza dei cittadini secondo modelli di polizia di prossimità, il comma 7 dell’articolo 31 della legge finanziaria 2003[563]:
§ destina 5 milioni di euro alle unioni di comuni per investimenti volti all’esercizio in forma congiunta dei servizi di polizia locale;
§ consente agli enti locali, nell’ambito dei propri poteri di pianificazione del territorio, di inserire tra le opere di urbanizzazione secondaria le sedi di servizio e le caserme occorrenti per la realizzazione di nuovi presìdi di polizia;
§ prescrive che l’Amministrazione della pubblica sicurezza adegui e ricollochi i presìdi di polizia esistenti – secondo il piano di razionalizzazione già elaborato dal Ministero dell’interno[564] – quantificando le risorse occorrenti in 25 milioni di euro per gli anni 2003-2005.
Le assunzioni autorizzate dalla disposizione in commento costituiscono una deroga al divieto, posto dal comma 95 dell’articolo in commento in capo a tutte le amministrazioni dello Stato, di procedere ad assunzioni del personale a tempo indeterminato per gli anni 2005-2007. Lo stesso comma, tuttavia, fa salve una serie di assunzioni autorizzate da provvedimenti precedenti, e alle quali non si è dato ancora luogo. Tra queste sono indicate le assunzioni autorizzate dal D.P.R. 25 agosto 2004, che prevede l’assunzione, tra l’altro, di personale del comparto sicurezza, compresi 1.450 agenti di P.S. e 1.200 carabinieri, per una spesa di circa 16 milioni per il 2004 e di circa 83 per il 2005.
Il D.P.R. di autorizzazione citato è stato emanato in attuazione dell’art. 3, comma 54, della legge finanziaria per il 2004[565], recante anch’esso una disposizione di deroga al principio generale di non procedere a nuove assunzioni, divieto fissato dal comma 53 del medesimo articolo.
Il comma in esame chiarisce che le assunzioni dei 1.324 agenti e 1.400 carabinieri devono considerarsi aggiuntive a quelle disposte ai sensi dell’articolo 3, commi 54 e 55 della legge finanziaria 2004, ossia dei 1.450 agenti e 1.200 carabinieri da assumere ai sensi del D.P.R. sopra richiamato.
I successivi commi 542 e 543 disciplinano in dettaglio le modalità di copertura dei nuovi posti nella Polizia e nell’Arma dei carabinieri.
Il comma 542 dispone che l’assunzione dei 1.324 agenti della Polizia di Stato, prevista dal precedente comma 541, sia ripartita in 730 posti per l’anno 2005 (il 55%) e 594 posti per l’anno 2006 (il 45%).
Il reclutamento dei 730 agenti assunti nel 2005 è prioritariamente riservato agli agenti ausiliari della Polizia di Stato in servizio alla data della presentazione delle domande e, per il restante, a coloro che, al momento della presentazione delle domande, hanno concluso da almeno un anno e da non più di quattro anni, il servizio di leva nella Polizia di Stato o nell’Arma dei Carabinieri.
Il reclutamento si svolge secondo le modalità ed i criteri stabiliti con decreto del Capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, d’intesa con il capo di Stato maggiore della difesa.
Anche a detto personale si applica la disciplina prevista per gli agenti ausiliari trattenuti che abbiano richiesto di essere ammessi al ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato.
Per l’arruolamento degli ulteriori 594 agenti per il 2006, si fa ricorso:
§ per 267 posti ai volontari di truppa delle Forze armate in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso, ai sensi del decreto del presidente della repubblica 2 settembre 1997, n. 332[566], a partire da quello indetto in data 30 aprile 2001;
§ per i restanti 327 posti all’immissione diretta dei volontari in ferma prefissata di un anno nelle Forze armate idonei e collocati utilmente nelle graduatorie di cui all'articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo.
La legge n. 226/2004, che ha disposto la Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e che reca la disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché la delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore, all’articolo 16 regolamenta i concorsi per il reclutamento nelle carriere iniziali delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del corpo militare della croce rossa, riservando i posti messi a concorso ai volontari in ferma prefissata di un anno ovvero in rafferma annuale, di cui al capo II della legge, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti. Il comma 3 dell’articolo citato dispone che le procedure di selezione sono determinate da ciascuna delle amministrazioni interessate con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro della difesa, e si concludono con la formazione delle graduatorie di merito. Il comma 4 individua i tempi e le modalità di immissione nelle carriere dei concorrenti giudicati idonei e utilmente collocati nelle graduatorie di cui al comma precedente.
Il comma 543 prevede che l’incremento di organico di 1.400 carabinieri, disposto dal comma 541, si realizzi attraverso il reclutamento di carabinieri in ferma quadriennale, rispettivamente nel numero di 770 per il 2005 (il 55%) e di 630 per il 2006 (il 45%).
Il reclutamento dei 770 carabinieri per l’anno 2005 è riservato ai carabinieri ausiliari che abbiano completato il servizio di leva, ovvero in ferma biennale o richiamati nelle forze di completamento, oppure ai carabinieri ausiliari, congedati da non oltre un anno, da riammettere in servizio ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, e successive modificazioni.
Il D.Lgs n. 198/1995, recante il di riordino dei ruoli e la modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri, all’articolo 8 prevede che possono essere riammessi in servizio nell'Arma dei carabinieri, nei limiti degli organici fissati dalla legge: a) i marescialli dei carabinieri ed i carabinieri effettivi in congedo che non abbiano superato il trentacinquesimo anno di età, che ne siano ritenuti meritevoli e siano in possesso degli altri requisiti di legge; b) i carabinieri ausiliari in congedo da non oltre un anno che non abbiamo superato il trentesimo anno di età e siano in possesso degli altri requisiti di legge. I soggetti riammessi devono vincolarsi alla ferma quadriennale e sono incorporati col proprio grado. Tali disposizioni non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente.
Il reclutamento dei restanti 630 carabinieri da assumere nel 2006, viene effettuato:
§ per 441 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo, secondo le modalità previste dai bandi di concorso ai sensi del D.P.R. n. 332/1997, già citato, a partire da quello indetto in data 4 giugno 2002;
§ per i restanti 189 posti, attraverso l’immissione diretta dei volontari in ferma prefissata di un anno delle Forze armate, idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge n. 226/2004, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo. Per tali norme si veda sopra nel testo.
Si segnala, infine, che disposizioni in materia di potenziamento della sicurezza pubblica sono contenute anche nei successivi commi 548 e 549.
Articolo
1, commi 544 e 545
(Finanziamento programma di cooperazione
EANEAS in materia di flussi migratori)
544. Per l’attuazione del programma di cooperazione AENEAS, di cui al Regolamento (CE) n. 491/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 marzo 2004, finalizzato a dare ai Paesi terzi interessati assistenza finanziaria e tecnica in materia di flussi migratori e di asilo, nonché per proseguire gli interventi intesi a realizzare nei Paesi di accertata provenienza di flussi di immigrazione clandestina apposite strutture è autorizzata la spesa di 23 milioni di euro iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero dell’interno per l’anno 2005 e di 20 milioni di euro per l’anno 2006.
545. La spesa di cui al comma 544 è ripartita nel corso delle gestioni tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell’interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
I commi 544 e 545 prevedono un’autorizzazione di spesa:
§ per attuare il programma di cooperazione AENEAS previsto dal Regolamento (CE) n. 491/2004 del 10 marzo 2004, teso a dare ai Paesi terzi interessati assistenza finanziaria e tecnica in materia di flussi migratori e di asilo;
§ per proseguire gli interventi finalizzati a realizzare nei Paesi di accertata provenienza di flussi di immigrazione clandestina apposite strutture.
La spesa è iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero dell’interno per un ammontare di 23 milioni di euro per l’anno 2005 e di 20 milioni di euro per l’anno 2006.
Essa è ripartita nel corso delle gestioni tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell’interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
Il programma AENEAS è un programma di cooperazione che scaturisce da accordi comunitari (Regolamento (CE) N. 491/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 marzo 2004) ed è volto a promuovere la migrazione legale, prevedendo la prestazione di assistenza finanziaria e tecnica a Paesi terzi in materia di immigrazione ed asilo.
Il programma ha durata fino al 2008 e si rivolge alle organizzazioni nazionali governative, Agenzie Organizzazioni regionali e internazionali, amministrazioni federali, nazionali, provinciali e locali e loro dipartimenti, e agenzie, istituti, associazioni e operatori pubblici e privati sia nell'UE sia nei Paesi terzi interessati.
Tra gli obiettivi perseguiti dal programma figurano:
§ l’elaborazione della normativa in materia di immigrazione legale, in particolare per quanto riguarda le regole di ammissione e i diritti e lo status delle persone ammesse, il trattamento equo dei residenti legali, l'integrazione e la non discriminazione nonché le misure per lottare contro il razzismo e la xenofobia;
§ lo sviluppo della migrazione legale in base ad un'analisi della situazione demografica, economica e sociale dei paesi d'origine e dei paesi ospiti e della capacità ricettiva di questi ultimi, insieme alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui vantaggi della migrazione legale e sulle conseguenze della migrazione clandestina;
§ il potenziamento delle capacità in materia di sicurezza dei documenti di viaggio e dei visti, di condizioni di rilascio, di identificazione e di documentazione di migranti clandestini, inclusi i propri cittadini, e dell'individuazione di documenti e visti falsi;
§ l’introduzione di sistemi per la raccolta di dati; osservazione e analisi dei fenomeni migratori; identificazione delle cause profonde dei movimenti migratori e definizione di misure volte ad affrontarle; agevolazione dello scambio di informazioni sui movimenti migratori, in particolare sui flussi migratori verso l'Unione europea;
§ lo sviluppo di un dialogo regionale e subregionale nel settore dell'asilo e della migrazione, compresa la migrazione illegale;
§ l’assistenza ai paesi terzi interessati nella negoziazione dei loro accordi di riammissione con i rilevanti paesi;
§ il sostegno al potenziamento delle capacità nei paesi terzi interessati per quanto riguarda le condizioni di accoglienza e la capacità di protezione nei riguardi dei richiedenti asilo, la riammissione e la reintegrazione durevole degli emigrati rimpatriati e i programmi di reinsediamento;
§ il sostegno al reinserimento socioeconomico mirato delle persone rimpatriate nei loro paesi d'origine, compresi la formazione e lo sviluppo di capacità intesi a facilitare il loro inserimento nel mercato del lavoro.
Il programma dispone finanziamenti destinati ai Paesi terzi ed in particolare a quelli attivamente impegnati nella preparazione o nell’attuazione di un accordo di riammissione siglato, firmato o concluso con la Comunità europea. L’attuazione avverrà attraverso la predisposizione di programmi di lavoro annuali che definiscono priorità, azioni da sostenere, settori, di intervento e geografici, etc..
Il programma AENEAS prevede le seguenti azioni:
§ organizzazione di campagne informative e prestazione di consulenza giuridica sulle conseguenze dell'immigrazione illegale, la tratta degli esseri umani, il traffico di migranti, e il lavoro clandestino nell'UE
§ diffusione di informazioni e di consulenza giuridica sulle possibilità di lavorare legalmente nell'UE, e sulle procedure da seguire a tal fine.
§ messa a punto di attività volte a mantenere i legami tra le comunità locali del paese d'origine e gli emigranti legali e ad agevolare il contributo dei migranti allo sviluppo sociale ed economico delle comunità d'origine, anche facilitando l'utilizzazione delle rimesse per investimenti produttivi e iniziative di sviluppo, e fornendo il sostegno ai programmi di microcredito.
§ agevolazione del dialogo e scambio di informazioni tra le istituzioni del Paese terzo e i suoi cittadini che hanno intenzione di emigrare.
§ sostegno al potenziamento delle capacità in materia di elaborazione, attuazione e garanzia dell'efficacia della normativa nazionale e dei sistemi di gestione per quanto riguarda l'asilo, la migrazione e la lotta contro le attività criminali (compresi il crimine organizzato e la corruzione collegati all'immigrazione illegale) e sviluppo della formazione del personale che opera nei settori della migrazione e dell'asilo
§ valutazione e miglioramento del quadro istituzionale e amministrativo e delle capacità di controllare le frontiera; miglioramento della gestione dei controlli alle frontiere anche tramite la cooperazione operativa.
§ potenziamento delle capacità in materia di sicurezza di documenti di viaggio e visti, delle condizioni di rilascio, identificazione e documentazione dei migranti clandestini e dell'individuazione di documenti e visti falsi.
§ introduzione di sistemi per la raccolta di dati; osservazione e analisi dei fenomeni migratori; identificazione delle cause profonde dei movimenti migratori e definizione di misure volte ad affrontarle; agevolazione dello scambio di informazioni sui movimenti migratori, in particolare sui flussi migratori verso l'UE;
§ sviluppo di un dialogo regionale e subregionale nel settore dell'asilo e della migrazione, legale e illegale.
§ assistenza ai Paesi terzi interessati nella negoziazione dei loro accordi di riammissione con i rilevanti Paesi.
§ sostegno al potenziamento delle capacità nei Paesi terzi interessati per quanto riguarda le condizioni di accoglienza e la capacità di protezione nei riguardi dei richiedenti asilo, la riammissione e la reintegrazione durevole degli emigrati rimpatriati e i programmi di reinsediamento.
§ sostegno al reinserimento socioeconomico mirato delle persone rimpatriate nei loro paesi d'origine, compresi la formazione e lo sviluppo di capacità intesi a facilitare il loro inserimento nel mercato del lavoro.
Al fine di realizzare queste azioni il programma finanzia:
§ le misure necessarie per identificare e preparare azioni, fra cui:
§ studi di fattibilità;
§ scambio di know-how tecnico ed esperienze tra Stati membri, paesi terzi, organizzazioni ed enti europei e organizzazioni internazionali;
§ studi generali riguardanti l'azione della Comunità nel campo di applicazione del regolamento;
§ la messa in atto di progetti:
§ per l’assistenza tecnica, anche da parte del personale espatriato e locale, per contribuire ad attuare le azioni;
§ per la formazione e altri servizi;
§ per l’acquisto e/o la prestazione di qualsiasi prodotto o attrezzatura, forniture e spese d'investimento strettamente necessari per attuare le azioni, compresi, in circostanze eccezionali e qualora debitamente giustificati, l'acquisto o l'affitto di locali.
§ le misure per monitorare e valutare le azioni nonché effettuarne la revisione dei conti;
§ l’attività per spiegare al grande pubblico gli obiettivi e i risultati di tali azioni.
Relativamente ai beneficiari del finanziamento, per valutare l'idoneità di un ente a ricevere lo stesso finanziamento vengono presi in considerazione in particolare i seguenti fattori:
§ esperienza nei settori-obiettivo;
§ impegno dimostrato nel difendere, rispettare e promuovere i diritti umani e i principi democratici in modo non discriminatorio;
§ capacità di gestione amministrativa e finanziaria;
§ capacità tecniche e logistiche riguardo all'azione pianificata;
§ risultati, se pertinenti, di eventuali azioni effettuate in precedenza, in particolare quelle finanziate dalla Comunità, dagli Stati membri e da organizzazioni internazionali.
La dotazione finanziaria del programma ammonta a euro 250.000.0000, così ripartiti:
§ euro 120.000.000 fino al 2006;
§ euro 130.000.000 per il biennio 2007-2008, se confermati nella programmazione.
I contributi erogati non superano l’80% dei costi di progetto.
Il programma dispone finanziamenti destinati ai Paesi terzi ed in particolare a quelli attivamente impegnati nella preparazione o nell’attuazione di un accordo di riammissione siglato, firmato o concluso con la Comunità europea.
L’attuazione avverrà attraverso la predisposizione di programmi di lavoro annuali che definiscono priorità, azioni da sostenere, settori, di intervento e geografici, etc..
546. Per conseguire più elevati livelli di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti e delle funzioni istituzionali, nonché per avviare la graduale sostituzione del contingente dei vigili del fuoco ausiliari di leva, la dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è incrementata fino ad un massimo di cinquecento unità complessive. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede alla distribuzione per qualifiche dirigenziali e per profili professionali delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione nel limite di spesa di euro 5 milioni per l’anno 2005, euro 12 milioni per l’anno 2006 ed euro 13 milioni a decorrere dal 2007. Con successivo decreto del Ministro dell’interno, da comunicare al Ministro per la funzione pubblica, si provvede alla ripartizione per sedi di servizio delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione. Alla copertura dei posti derivanti dal presente incremento di organico disponibili nel profilo di vigile del fuoco si provvede: nella misura del 50 per cento, mediante l’assunzione degli idonei della graduatoria del concorso pubblico a centottantaquattro posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 24 del 27 marzo 1998; per il rimanente 50 per cento e per i posti eventualmente non coperti con la predetta graduatoria, si provvede mediante l’assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per titolo a centosettantatre posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 92 del 20 novembre 2001. Le predette graduatorie rimangono valide fino al 31 dicembre 2006. Le assunzioni del personale portato in aumento ai sensi della presente disposizione sono effettuate in deroga alle vigenti procedure di programmazione ed approvazione.
Il comma 546 dispone un aumento fino ad un massimo di 500 unità della dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
La disposizione motiva tale incremento con la necessità di raggiungere una maggiore efficienza nello svolgimento dei compiti di istituto del Corpo e di avviare la graduale sostituzione del contingente dei vigili del fuoco ausiliari di leva.
Si ricorda che, a partire dal 1° gennaio 2005, a seguito della sospensione della leva obbligatoria (disposta dalla L. 226/2004[567]), è venuto meno il contingente annuo di 4.000 vigili del fuoco volontari ausiliari di leva che in precedenza assolvevano gli obblighi di leva prestando servizio nel Corpo dei vigili del fuoco.
Oltre ad assolvere i compiti tradizionali, il Corpo è sempre più impegnato in una serie di attività tra le quali si segnalano:
§ il potenziamento della componente delle difesa civile, quale elemento essenziale della difesa nazionale, e in particolare il rafforzamento della capacità di intervento in caso di emergenze causate dai rischi nucleare, batteriologico, chimico e radiologico (NBCR), per il quale si rinvia al successivo comma 547;
§ il programma per la sicurezza negli aeroporti, anche con l’adeguamento del servizio antincendi alla normativa ICAO (International Civil Aviation Organization) per evitare il declassamento degli aeroporti italiani;
§ la realizzazione di progetti relativi alla prevenzione a al soccorso da attuare in alcune regioni nell’ambito del Programma operativo nazionale “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia.
L’attuale dotazione organica del Corpo è pari a 34.411 unità, come risulta dai più recenti provvedimenti in materia di organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che qui di seguito si ricordano.
Il D.P.R. 314/2002[568] ha ridefinito l’organizzazione periferica del Corpo dei vigili del fuoco, con riguardo all’individuazione degli uffici dirigenziali generali, determinandone le funzioni. Il regolamento ha provveduto direttamente, nella tabella A ad esso allegata, a rideterminare, in 33.178 unità, l’organico del Corpo, rinviando ad un decreto del Presidente del Consiglio la distribuzione nel territorio delle unità di personale.
L’art. 34, co. 7 della legge finanziaria 2003[569] ha aumentato la dotazione organica di 230 unità.
L’art. 3, co. 153 della legge finanziaria 2004[570] ha disposto un incremento di 500 unitàdell’organico, entro il limite di spesa di 5 milioni per l’anno 2004, 12 milioni per l’anno 2005 e 16 milioni a decorrere dal 2006.
Un ulteriore aumento di 500 unitàcomplessive è stato stabilito dall’art. 2 del D.L. 24/2004[571]. Alla copertura dei posti derivanti dall’incremento di organico disponibili nel profilo di vigile del fuoco si provvede, nella misura del 50 per cento, mediante l’assunzione degli idonei della graduatoria del concorso pubblico a 184 posti di vigile del fuoco, indetto in data 6 marzo 1998; per il rimanente 50 per cento e per i posti eventualmente non coperti con la predetta graduatoria, mediante l’assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per titoli a 173 posti di vigile del fuoco, indetto in data 5 novembre 2001.
La L. 252/2004[572], con cui il Governo è stato delegato a ridisciplinare il rapporto di lavoro del personale dei vigili del fuoco, sottraendolo al regime privatistico, per il completamento dell’articolazione territoriale delle Direzioni regionali dei vigili del fuoco (articolo 3) e in vista della scissione di tre Direzioni interregionali, ha aumentato l’organico di 3 unità di livello dirigenziale generale.
In proposito si segnala che il 18 gennaio 2005 il Governo ha presentato alle Camere uno schema di regolamento di delegificazione, da emanarsi secondo la procedura prevista dall’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988[573], con cui si provvede direttamente, mediante la tabella A allegata all’articolo 1[574], a rideterminare la pianta organica del Corpo, per adeguarla ai nuovi compiti nel campo del soccorso e della difesa civile e per riorganizzare i contingenti delle dotazioni organiche, con lo scopo di incrementare il personale con maggiore qualificazione professionale e di ridurre contestualmente quello con profilo professionale inferiore.
In conseguenza della rideterminazione operata dallo schema di regolamento, la pianta organica viene ad essere composta di 34.253 unità, rispetto alle 34.411 previste in precedenza. Lo schema, essendo stato deliberato dal Consiglio dei ministri l’11 novembre 2004 – non tiene ovviamente conto dell’intervento in materia di organici dei vigili del fuoco disposto dal comma 546. La rimodulazione prevista consentirebbe, secondo la relazione governativa, di ottimizzare le risorse professionali disponibili, riducendo i profili meno funzionali alle nuove esigenze del Corpo e aumentandone altri più qualificati, in particolare nel settore informatico, ritenuti di maggiore utilità. Lo schema di regolamento, alla data del 27 gennaio 2005, è all’esame delle Commissioni affari costituzionali della Camera e del Senato (Atto n. 443) per il parere prescritto.
La ripartizione per qualifiche dirigenziali e per profili professionali delle unità portate in aumento deve osservare il limite di spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2005, 12 milioni per l'anno 2006 e 13 milioni a decorrere dal 2007 ed è demandata ad un successivo decreto del Ministro dell'interno, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
La ripartizione nelle qualifiche e nei profili professionali delle unità portate in aumento viene effettuata non con un regolamento di delegificazione ex art. 17, co. 2 e 4-bis, della L. 400/1988, come è avvenuto in precedenza (D.P.R. 314/2002) e secondo quanto dispone lo schema di regolamento per la rideterminazione della pianta organica all’esame delle Camere, ma con un decreto del ministro dell’interno.
Le unità portate in aumento ai sensi della disposizione in esame saranno ripartite per sedi di servizio con un successivo decreto del Ministro dell'interno, del quale sarà data comunicazione al Ministro per la funzione pubblica.
In questo caso lo strumento normativo utilizzato e la procedura sono analoghi a quelli indicati dallo schema di regolamento citato. Il D.P.R. 314/2002 ha invece previsto che la distribuzione nelle strutture territoriali delle unità di personale venisse effettuata con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Ministro dell’economia.
I posti disponibili nel profilo di vigile del fuoco derivanti dall’incremento di organico disposto dal comma in esame sono coperti, nella misura del 50 per cento, mediante l'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso pubblico a 184 posti di vigile del fuoco, indetto il 6 marzo 1998; per il rimanente 50 per cento e per i posti eventualmente non coperti con la graduatoria citata, si provvede mediante l'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per titolo a 173 posti di vigile del fuoco, indetto il 5 novembre 2001. Le graduatorie in questione rimangono valide fino al 31 dicembre 2006.
Le assunzioni del personale portato in aumento ai sensi della disposizione in esame sono effettuate in deroga alle vigenti procedure di programmazione ed approvazione (vedi infra).
Si ricorda che l’articolo 19 della legge finanziaria per il 2002 (L. 448 del 2001), l’articolo 34, comma 4, della legge finanziaria per il 2003 (L. 289 del 2002) e l’articolo 3, comma 53, della legge finanziaria per il 2004 (L. 350 del 2003) hanno previsto il cd. blocco del turn over per le pubbliche amministrazioni.
Con il D.P.R. 1 giugno 2004 il Ministero dell'interno – Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso e della difesa civile è stato autorizzato ad avviare procedure concorsuali per il reclutamento di personale.
Il D.P.R. 25 agosto 2004, recante l’autorizzazione alle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'art. 3, commi 53, 54 e 55, della L. 350/2003, ha assegnato al settore sicurezza (forze armate, forze di polizia e vigili del fuoco) un contingente di personale complessivo per il 2004 di 6.191 unità, di cui 350 vigili del fuoco. L’art. 3, co. 53, della L. 350 pone il divieto per le amministrazioni pubbliche di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per l'anno 2004, prevedendo deroghe per le Forze armate, i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco per quanto riguarda le assunzioni autorizzate nel 2003, ma non ancora effettuate. Il co. 55 dello stesso articolo elenca i settori per i quali viene posta la priorità delle assunzioni in deroga (tra questi rientrano, tra gli altri, gli addetti a compiti connessi al soccorso tecnico urgente, alla prevenzione e vigilanza antincendi e alla protezione civile).
Anche nella legge finanziaria per il 2005 sono presenti norme che riguardano in varia misura i vigili del fuoco. I commi 95-97 recano disposizioni in materia di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato. Rispetto alle precedenti discipline, il blocco riguarda non un solo anno, ma un triennio (2005-2007). E' inoltre fin d'ora previsto che, trascorso il triennio, le amministrazioni potranno assumere personale entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente (comma 103). La previsione si estende anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali e al personale della pubblica amministrazione ancora in regime di diritto pubblico (dunque non "contrattualizzato"), ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 165 del 2001[575], nel quale sono ricompresi, a seguito delle modifiche introdotte dalla citata L. 252/2004, i vigili del fuoco.
Il comma 95 fa comunque salve le assunzioni disposte da una serie di provvedimenti, tra i quali, l’articolo 3, comma 153, della L. 350 del 2003, con cui, come già ricordato, è stato disposto un incremento di 500 unità dell’organico del Corpo dei Vigili del fuoco.
Il successivo comma 96 reca una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni destinatarie di cui al precedente comma 95 – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime.
Il comma 93 stabilisce la rideterminazione dell’organico della P.A., in modo tale che ne consegua una riduzione non inferiore al 5% della spesa complessiva riferita all’organico di ciascuna amministrazione, tenuto conto del processi di innovazione tecnologica.
La disposizione ha per destinatarie le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001. Sono comunque escluse (comma 94) alcune categorie, tra le quali i vigili del fuoco.
Articolo
1, comma 547
(Finanziamento programma di interventi
per prevenzione dei rischi nucleare, batteriologico, chimico e radiologico e
programma di interventi per i Vigili del fuoco)
547. Per il potenziamento dell’attività di soccorso tecnico urgente in materia di rischi nucleare, batteriologico, chimico e radiologico e per il proseguimento del programma di interventi previsto dall’articolo 52, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’ anno 2005, di 6 milioni di euro per l’anno 2006 e di 1 milione di euro per l’anno 2007.
Il comma 547 stanzia 12 milioni di euro nel triennio 2005–2007 (5 milioni per il 2005, 6 milioni per il 2006 e 1 milione per il 2007) da destinare al:
§ potenziamento dell’attività di soccorso tecnico urgente svolta dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco nel campo dei rischi nucleare, batteriologico, chimico e radiologico (NBCR);
§ proseguimento del programma previsto nel medesimo settore dall’art. 52, co. 7, della legge finanziaria per il 2002.
L’art. 52, co. 7, della legge finanziaria per il 2002[576] ha autorizzato la spesa di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2002-2004, da destinare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per affrontare, mediante adeguate misure e opportuni presidi sul territorio, i rischi non convenzionali (connessi anche alla situazione internazionale) derivanti da eventuali atti criminosi compiuti contro persone o beni mediante l’uso di armi nucleari, batteriologiche o chimiche.
Il finanziamento in questione è stato deciso immediatamente dopo la tragedia dell'11 settembre 2001 per fare fronte alle “emergenze non convenzionali” (prima fra tutte l'allarme “antrace” seguito a quell’evento) tramite l’acquisizione di mezzi speciali, attrezzature e dispositivi di protezione individuale da utilizzarsi nelle situazioni di rischio che possono determinarsi nel campo NBCR.
Il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, attraverso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, adempie sull’intero territorio nazionale a funzioni sempre più complesse nel campo del soccorso e della difesa civile e della prevenzione.
Accanto ai compiti tradizionalmente assolti, si affiancano quelli connessi con i nuovi scenari internazionali e i correlati possibili rischi derivanti dall’uso di sostanze non convenzionali (NBCR).
I rischi NBCR costituiscono un nuovo livello di attenzione del Corpo dei vigili del fuoco. La materia della sicurezza dai rischi di tipo non convenzionale si pone come un obiettivo fondamentale, al quale il Corpo deve corrispondere con adeguata disponibilità di risorse umane, strumentali e, quindi, finanziarie per garantire un modello strutturale efficiente ed efficace, tenuto anche conto che l’attuale situazione di crisi internazionale non sembra avviarsi ad una rapida positiva conclusione[577].
A causa dell’elevato numero di obiettivi sensibili esistenti nel nostro Paese, è richiesta una rinnovata attenzione e il mantenimento di idonei finanziamenti per il completamento dello specifico programma di interventi iniziato sulla base del citato finanziamento disposto nella finanziaria per il 2002.
Si ricorda che, nell’ambito della Direzione Centrale per l'Emergenza e il Soccorso Tecnico del Corpo dei vigili del fuoco, è prevista un’Area VI, Controllo del rischio nucleare, biologico e chimico e dell'uso pacifico dell'energia nucleare, che provvede, tra l’altro, all’organizzazione, al coordinamento e alla direzione dell'attività N ed NBC del Corpo e tiene i rapporti con altri Ministeri per il contrasto di incidenti coinvolgenti il rischio nucleare, chimico e biologico.
Nel settore è anche attivo il Dipartimento della Protezione civile, che persegue l’obiettivo di integrare e omologare il sistema di tutela della popolazione civile nella rete delle istituzioni che possono intervenire in caso di incidente NBCR.
A livello regionale, si segnala che la Regione Veneto ha avviato, in collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, un Progetto NBCR che si è concretizzato nella costituzione di un Nucleo Regionale NBCR, nell’addestramento di alcune squadre di intervento che fanno capo al coordinamento del 118 regionale e nell’organizzazione di corsi di formazione sulle emergenze non convenzionali.
Articolo
1, commi 548 e 549
(Finanziamento interventi infrastrutturali
di pubblica sicurezza, prevenzione e contrasto terrorismo e criminalità
organizzata)
548. Per le specifiche esigenze dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, compresa l’Arma dei carabinieri e le altre forze messe a disposizione delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del terrorismo, anche internazionale, e della criminalità organizzata, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 3, commi 151 e 152, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono autorizzate:
a) la spesa di 34 milioni di euro per l’anno 2005, per le esigenze di carattere infrastrutturale e di investimento, di cui la spesa di 31 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’interno – centro di responsabilità pubblica sicurezza – e la spesa di 3 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’interno – Gabinetto e Uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro – per il rinnovo e il potenziamento della rete nazionale cifrante;
b) la spesa di 53 milioni di euro per l’anno 2005, per le esigenze correnti, iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’interno – centro di responsabilità sicurezza pubblica.
549. Ferma restando la specifica finalizzazione, le somme di cui al comma 548 possono essere altresì ripartite nel corso della gestione tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell’interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
I commi 548 e 549 autorizzano la spesa di 87 milioni di euro per l’anno 2005 in favore dell’Amministrazione della pubblica sicurezza da utilizzare per la prevenzione e il contrasto del terrorismo, compreso quello di matrice internazionale, e della criminalità organizzata.
La somma stanziata è così ripartita:
§ 34 milioni di euro per spese in conto capitale (infrastrutture e investimenti) da iscriversi in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’interno, 31 milioni da imputare al centro di responsabilità “pubblica sicurezza” e 3 milioni al Gabinetto del Ministro per il rinnovo e il potenziamento della rete nazionale cifrante;
§ 53 milioni di euro per spese correnti, iscritte anch’esse nello stato di previsione del Ministero dell’interno – centro di responsabilità “sicurezza pubblica”.
Nel corso della gestione le somme stanziate possono essere ripartite tra le unità provvisionali di base interessate, fermo restando le finalità sopra indicate. La ripartizione avviene con decreto de Ministro dell’interno che deve essere comunicato al Ministro dell’economia (tramite l’Ufficio centrale del bilancio), alle competenti commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
Lo stanziamento integra quanto previsto dalla legge finanziaria del 2004[578] (art. 3, commi 151 e 152) che prevede un analogo finanziamento pari a 100 milioni per spese correnti e 125 per infrastrutture.
La disposizione specifica che le somme sono stanziate per specifiche esigenze, attinenti alla lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, compresa l’Arma dei carabinieri e le “altre forze messe a disposizione delle autorità provinciale di pubblica sicurezza”.
Si ricorda che ai sensi degli articoli 13 e 14 della legge n. 121 del 1981 le autorità provinciali di pubblica sicurezza sono il prefetto e il questore. Il primo ha la responsabilità generale dell'ordine e della sicurezza pubblica nella provincia, mentre al secondo spetta la direzione, la responsabilità e il coordinamento, a livello tecnico operativo, dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica, sempre a livello provinciale. Entrambi dispongono dell’impiego della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione in base alle leggi vigenti. Si veda, in proposito a titolo esemplificativo, il D.L. 14 luglio 1997, n. 215 (conv. con mod. in L. 28 agosto 1997, n. 282) che ha destinato un contingente di personale militare delle Forze armate per 500 unità a disposizione del prefetto di Napoli per le esigenze di sicurezza pubblica di quella provincia.
550. All’articolo 26 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
«4-bis. In deroga a quanto previsto dal comma 3, qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con il decreto di cui al comma 4-quater, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 4-sexies.
4-ter. La compensazione è determinata applicando la percentuale di variazione che eccede il 10 per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente al decreto di cui al comma 4-quater nelle quantità accertate dal direttore dei lavori.
4-quater. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 30 giugno di ogni anno, a partire dal 30 giugno 2005, rileva con proprio decreto le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.
4-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano ai lavori eseguiti e contabilizzati a partire dal 1º gennaio 2004. A tal fine il primo decreto di cui al comma 4-quater rileva anche i prezzi dei materiali da costruzione più significativi rilevati dal Ministero per l’anno 2003. Per i lavori aggiudicati sulla base di offerte anteriori al 1º gennaio 2003 si fa riferimento ai prezzi rilevati dal Ministero per l’anno 2003.
4-sexies. Per le finalità di cui al comma 4-bis si possono utilizzare le somme appositamente accantonate per imprevisti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all’1 per cento del totale dell’importo dei lavori, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione di spesa. Possono altresì essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori nei limiti della residua spesa autorizzata; l’utilizzo di tali somme deve essere autorizzato dal CIPE, qualora gli interventi siano stati finanziati dal CIPE stesso.
4-septies. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezzari, con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significative variazioni di prezzo legate a particolari condizioni di mercato. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell’anno successivo per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. In caso di inadempienza da parte dei predetti soggetti, i prezzari possono essere aggiornati dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con le regioni interessate».
Il comma 550 prevede una disciplina derogatoria del sistema del prezzo chiuso, attualmente previsto dall’art. 26 della legge n. 109 del 1994. Con le norme introdotte si intende consentire una forma di revisione dei prezzi qualora il prezzo di singoli materiali di costruzione subisca variazioni superiori al 10%.
Si ricorda che l’art. 26, comma 3, della legge n. 109 del 1994 (legge quadro lavori pubblici) esclude, con riferimento ai lavori pubblici, sia la possibilità di procedere ad una revisione dei prezzi[579], sia l’applicabilità della normativa contenuta nel primo comma dell’art. 1664 del codice civile (riservata, dunque, solamente agli appalti privati) che consente all’appaltatore o al committente, in presenza di circostanze imprevedibili che hanno determinato “aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto”, di ottenere una revisione per quella differenza che eccede il 10%.
Il successivo comma 4 assoggetta quindi tali lavori al sistema del prezzo chiuso[580].
Tale sistema consente una revisione dei prezzi “a scalare”, cioè limitata ai lavori ancora da eseguire e riconosciuta solo qualora la differenza, registrata nell’anno precedente, tra i tassi di inflazione reale e programmata ecceda il 2%.
Il prezzo chiuso è computato incrementando l’importo di aggiudicazione (prezzo dei lavori al netto del ribasso d’asta) di una percentuale che, ai sensi del medesimo comma 4, deve essere fissata con decreto del Ministro dei lavori pubblici entro il 30 giugno di ogni anno, nella misura eccedente tale 2%. Tale decreto, tuttavia, non risulta essere stato emanato.
Si ricorda, altresì, che il regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, all’art. 42, comma 1, prevede che “Il progetto esecutivo è corredato dal cronoprogramma delle lavorazioni, redatto al fine di stabilire in via convenzionale, nel caso di lavori compensati a prezzo chiuso, l’importo degli stessi da eseguire per ogni anno intero decorrente dalla data della consegna”[581].
Con il comma in esame viene introdotta nell’ordinamento una disciplina per la revisione dei prezzi simile a quella prevista dell’art. 33 della legge n. 41 del 1986 (successivamente abrogata dal comma 2 dell’art. 26 della legge quadro), nonché dall’art. 1664 del codice civile, di cui si è detto sopra.
Si ricorda, infatti, che l’art. 33 della legge n. 41 del 1986 prevedeva la possibilità, per i lavori aventi durata superiore all'anno, “la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi a decorrere dal secondo anno successivo alla aggiudicazione e con esclusione dei lavori già eseguiti nel primo anno e dell'intera anticipazione ricevuta, quando l'Amministrazione riconosca che l'importo complessivo della prestazione è aumentato o diminuito in misura superiore al 10 per cento per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute successivamente alla aggiudicazione stessa”.
Anche tale meccanismo di revisione, come già quello del prezzo chiuso, è quindi funzionale ad adeguare e rapportare il corrispettivo dovuto dall’appaltante all’aumento di valore della prestazione dell’opera o del servizio conseguente al decorso del tempo, consentendo però di tenere in considerazione le variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione, anziché dell’inflazione calcolata come variazione generale dei prezzi al consumo.
Il comma 550 introduce sei nuovi commi dopo il comma 4 dell’art. 26 della legge quadro che disciplinano il seguente meccanismo di revisione dei prezzi e le relative modalità di calcolo:
Il comma 4-bis, in deroga a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 26, prevede la possibilità di una revisione compensativa (comunque, nei limiti delle risorse previste dal comma 4-sexies) qualora il prezzo di singoli materiali di costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10% rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta. Tale compensazione sarà calcolata sulla base della percentuale eccedente detto 10%.
I commi 4-bis e 4-quater prevedono che il prezzo di riferimento dei materiali di costruzione e la relativa variazione percentuale, da utilizzare come base per valutare la necessità di una revisione, siano indicati annualmente (entro il 30 giugno e a partire dal 30 giugno 2005) con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 4-septies prevede poi che le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori provvedano all’aggiornamento annuale dei propri prezzari, “con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significativi incrementi di prezzo legati a particolari condizioni di mercato”. Parallelamente viene previsto che a decorrere dall’entrata in vigore della legge finanziaria, i prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell’anno successivo per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. Viene infine previsto che in caso di inadempienza da parte dei predetti soggetti, i prezzari possono essere aggiornati dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con le Regioni interessate.
Il comma 4-quater specifica che il citato decreto annuale faccia riferimento ai “materiali di costruzione più significativi”, lasciando alla discrezionalità del Ministero la valutazione su quali siano i materiali la cui variazione di prezzo può attivare la nuova procedura di revisione.
Il comma 4-ter precisa che la compensazione venga determinata applicando la percentuale di variazione che eccede il 10% al prezzo dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente di cui al decreto di cui al comma 4-quater, nelle quantità accertate dal direttore dei lavori.
Il comma 4-quinquies dispone l’applicabilità delle disposizioni dei commi precedenti ai lavori eseguiti e contabilizzati a partire dal 1° gennaio 2004.
Il medesimo comma reca altresì una disposizione transitoria relativa al contenuto del decreto ministeriale che dovrà essere emanato entro il 30 giugno 2005. Viene infatti precisato che tale primo decreto dovrà rilevare anche i prezzi dei materiali da costruzione più significativi per l’anno 2003 e che per i lavori aggiudicati sulla base di offerte anteriori al 1° gennaio 2003 si fa riferimento ai prezzi rilevati dal Ministero per lo stesso anno 2003.
La necessità di tale disposizione transitoria deriva dal fatto che nel comma 4-bis si specifica che la variazione eccezionale dei prezzi superiore al 10% deve essere valutata con riferimento all’anno di presentazione dell’offerta. Pertanto vi possono essere lavori eseguiti e contabilizzati nel 2004 la cui offerta potrebbe risalire ad un periodo precedente.
Il comma 4-sexies elenca le seguenti somme che è possibile utilizzare per l’effettuazione delle compensazioni previste dal comma 4-bis:
§ somme appositamente accantonate per imprevisti in misura non inferiore all’1% del totale dell’importo dei lavori nel quadro economico di ogni intervento. Il testo reca, in proposito, una clausola di invarianza degli effetti finanziari e fa comunque salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti;
§ eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione di spesa;
Si ricorda, in proposito, che l’art. 17 del regolamento di attuazione della legge quadro recato dal D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 dispone che i quadri economici degli interventi prevedano la seguente articolazione del costo complessivo:
a) lavori a misura, a corpo, in economia;
b) somme a disposizione della stazione appaltante per:
1. lavori in economia, previsti in progetto ed esclusi dall'appalto;
2. rilievi, accertamenti e indagini;
3. allacciamenti ai pubblici servizi;
4. imprevisti;
5. acquisizione aree o immobili;
6. accantonamento di cui all'articolo 26, comma 4, della Legge;
7. spese tecniche relative alla progettazione, alle necessarie attività preliminari, nonché al coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, alle conferenze di servizi, alla direzione lavori e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, assistenza giornaliera e contabilità, assicurazione dei dipendenti;
8. spese per attività di consulenza o di supporto;
9. eventuali spese per commissioni giudicatrici;
10. spese per pubblicità e, ove previsto, per opere artistiche;
11. spese per accertamenti di laboratorio e verifiche tecniche previste dal capitolato speciale d'appalto, collaudo tecnico amministrativo, collaudo statico ed altri eventuali collaudi specialistici;
12. IVA ed eventuali altre imposte.
13.
§ somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti;
Si rammenta in proposito che, ai sensi della normativa ordinaria sui lavori pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici che conseguono risparmi derivanti da ribassi d’asta non sono soggette ad alcun vincolo di destinazione.
§ somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori nei limiti della residua spesa autorizzata. In tal caso viene previsto che l’utilizzo di tali somme deve essere autorizzato dal CIPE, qualora gli interventi siano stati finanziati dal CIPE stesso.
Articolo
1, comma 551
(Impugnabilità provvedimenti
amministrativi
relativi a misure comunitarie)
551. I provvedimenti amministrativi relativi alle misure comunitarie sono impugnabili con i rimedi previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.
Il comma 551 stabilisce che i provvedimenti amministrativi “relativi alle misure comunitarie” vengono impugnati secondo le procedure previste dalla L. 689/1981.
Al riguardo, si osserva che la formula “misure comunitarie” appare alquanto generica, suscettibile di ricomprendere una serie indeterminata di atti o comportamenti.
Si potrebbe ipotizzare che tale formula faccia riferimento a:
§ i provvedimenti che recepiscono in via amministrativa direttive comunitarie;
§ i provvedimenti contenenti misure di stretta esecuzione di quanto previsto da regolamenti comunitari o da altri atti comunitari direttamente applicabili, quali ad esempio le decisioni;
§ i provvedimenti volti a recuperare somme illegittimamente erogate dallo Stato, a seguito di una pronuncia degli organi comunitari.
Si osserva inoltre che i mezzi di impugnazione richiamati dalla disposizione in esame mediante il rinvio alla L. 689/1981 sono mezzi di impugnazione aventi ad oggetto solo provvedimenti recanti sanzioni amministrative pecuniarie.
La L. 689/1981 regola infatti il procedimento per l’applicazione – da parte di qualsiasi autorità competente – delle sanzioni amministrative pecuniarie.
Tale legge definisce la sanzione amministrativa pecuniaria dichiarando che consiste “nel pagamento di una somma di denaro non inferiore a 6 euro e non superiore a 10.329 euro”, tranne che per le sanzioni proporzionali, che non hanno limite massimo; nel determinarne l'ammontare, l'autorità amministrativa deve valutare la gravità della violazione, l'attività svolta dall'autore per eliminare o attenuarne le conseguenze, le sue condizioni economiche e la sua personalità (artt. 10 e 11) .
L'applicazione della sanzione avviene secondo il seguente schema:
§ accertamento, contestazione notifica al trasgressore;
§ pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all’autorità amministrativa:
§ archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento;
§ opposizione all’ordinanza ingiunzione davanti all’autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale);
§ accoglimento dell’opposizione, anche parziale o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione);
§ esecuzione forzata per la riscossione delle somme.
Circa i rimedi previsti avverso l’ordinanza- ingiunzione, la legge n. 689 prevede – come sopra accennato – il giudizio di opposizione.
Entro 30 giorni dalla sua notificazione l'interessato può presentare opposizione all’ordinanza-ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso al giudice di pace (art. 22, 22-bis); fatte salve le diverse competenze stabilite da disposizioni di legge, l’opposizione si propone, invece, davanti al tribunale ratione materiae (materia di lavoro, edilizia, urbanistica ecc.) o per motivi di valore o di natura della sanzione (sanzione superiore nel massimo a 15.493 euro o applicazione di sanzione non pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima, fatta eccezione per violazioni previste da specifiche leggi speciali): l'esecuzione dell'ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere:
§ con un'ordinanza di convalida del provvedimento,
§ con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento.
Contro tale sentenza è ammesso solo ricorso per cassazione (art. 23). Il giudice ha piena facoltà sull'atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito.
In caso di condizioni economiche disagiate del trasgressore, l’autorità che ha applicato la sanzione può concedere la rateazione del pagamento (art. 26).
Decorso il termine fissato dall’ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l’autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).
552. Le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2003, n. 55, e le relative questioni risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Alle controversie di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
Il comma 552 dispone, al primo periodo, la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie e delle relative questioni risarcitorie aventi ad oggetto le procedure e i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica, di cui al decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, recante “Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale”, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55.
Si ricorda come l’articolo 1 del citato decreto legge (c.d. sblocca centrali), al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, abbia previsto che - sino alla determinazione dei princìpi fondamentali della materia in attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2003 – previa intesa in sede di Conferenza Stato- Regioni, la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, siano dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, fatto salvo quanto previsto al comma 4, costituendo titolo a costruire e ad esercire l'impianto in conformità al progetto approvato. La citata autorizzazione unica è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, d'intesa con la regione interessata. Per il rilascio dell'autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere citate per le quali il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica qualora le stesse comportino variazioni degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale. Le disposizioni introdotte dal decreto si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di VIA, ovvero risulti in via di conclusione il relativo procedimento, su dichiarazione del proponente.
Si ricorda, altresì, come in materia di procedure concernenti gli impianti di generazione di energia elettrica sia successivamente intervenuto decreto legge 29 agosto 2003, n. 239, recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 27 ottobre 2003, n. 290.
Il decreto in oggetto, oltre a misure dirette a consentire il funzionamento delle centrali elettriche in situazioni di emergenza, ha semplificatoi procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti, facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia(art. 1 sexies), introducendo un procedimento amministrativo unico per la costruzione e l’esercizio delle reti di trasporto energetico, e prevedendo al contempo (art. 1 sexies, comma 8) cheper la costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici continuino ad applicarsi le disposizioni in materia di procedimento unico del citato decreto-legge n. 7/ 2002, le quali perdono pertanto l’originario carattere transitorio e di “cedevolezza”.
Va infine posto in evidenza come, anche in relazione al rilevante contenzioso costituzionale sorto tra lo Stato e le regioni, il procedimento di autorizzazione introdotto dal citato articolo 1 sexies del decreto legge n. 239/03, sia stato, da ultimo, significativamente modificato dalla legge 23 agosto 2004, n. 239, recante il “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia".
Segnatamente, l’articolo 1, comma 26, della legge di riforma del settore energetico, ha provveduto a novellare le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 del citato articolo 1-sexies, disponendo che la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica siano attività di preminente interesse statale soggette a un'autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e previa intesa con la regione o le regioni interessate, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture in conformità al progetto approvato. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio provvede alla valutazione di impatto ambientale e alla verifica della conformità delle opere al progetto autorizzato, fermo restando, nell'ambito del procedimento unico, le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito all'accertamento della conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi. In particolare, ai sensi della nuova disciplina, l'autorizzazione unica: a) indica le prescrizioni e gli obblighi di informativa posti a carico del soggetto proponente per garantire il coordinamento e la salvaguardia del sistema energetico nazionale e la tutela ambientale, nonché il termine entro il quale l'iniziativa è realizzata; b) comprende la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, l'eventuale dichiarazione di inamovibilità e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi; qualora le predette opere comportino variazione degli strumenti urbanistici, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica.
Per quanto concerne il procedimento, l'autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto entro il termine di centottanta giorni, nel rispetto dei princípi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Il procedimento può essere avviato sulla base di un progetto preliminare o analogo purché evidenzi, con elaborato cartografico, le aree potenzialmente impegnate sulle quali apporre il vincolo preordinato all'esproprio, le eventuali fasce di rispetto e le necessarie misure di salvaguardia. Al procedimento partecipano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e le altre amministrazioni interessate nonché i soggetti preposti ad esprimersi in relazione ad eventuali interferenze con altre infrastrutture esistenti. Per il rilascio dell'autorizzazione, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, è fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadano le opere. Nel caso in cui, secondo la legislazione vigente, le opere in oggetto siano sottoposte a valutazione di impatto ambientale (VIA), l'esito positivo di tale valutazione costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio. L'istruttoria si conclude una volta acquisita la VIA o, nei casi previsti, acquisito l'esito della verifica di assoggettabilità a VIA e, in ogni caso, entro il termine citato di centottanta giorni. Per i procedimenti relativamente ai quali non sono prescritte le procedure di valutazione di impatto ambientale, il procedimento unico deve essere concluso entro il termine di centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda.
La legge di riforma del settore energetico ha inoltre disposto l’introduzione, nell’ambito del citato articolo 1 sexies, di tre nuovi commi in base ai quali: nel caso di mancata definizione dell'intesa con la regione o le regioni interessate nel termine prescritto per il rilascio dell'autorizzazione, lo Stato esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, nel rispetto dei princípi di sussidiarietà e leale collaborazione e autorizza le opere, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attività produttive previo concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (comma 4-bis). Il successivo comma 4-ter ha inoltre previsto che la nuova disciplina introdotta si applichi, su istanza del proponente, anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di riforma, eccetto i procedimenti per i quali sia completata la procedura di VIA, ovvero il relativo procedimento risulti in fase di conclusione. Da ultimo, ai sensi del nuovo comma 4-quater, le disposizioni introdotte dall’articolo 1- sexies si applicano alle reti elettriche di interconnessione con l'estero con livello di tensione pari o superiore a 150 kV qualora per esse vi sia un diritto di accesso a titolo prioritario, nonché alle opere connesse e alle infrastrutture per il collegamento alle reti nazionali di trasporto dell'energia delle centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW termici, già autorizzate in conformità alla normativa vigente.
Si rileva, infine, come il citato comma 8 dell’articolo 1 sexies - il quale dispone che per la costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici continuino ad applicarsi le disposizioni del decreto-legge n. 7/2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 55/02 - richiamata dalla disposizione in esame - non sia stato oggetto di novella da parte della legge di riforma del settore energetico.
La più rilevante innovazione contenuta nella disposizione in esame sembra potersi rinvenire nell’attribuzione ad un unico giudice - quello amministrativo - del giudizio, in materia diimpianti di generazione di energia elettrica, sull’atto, sul rapporto e sul danno. Analogamente a quanto già avviene, ad esempio, nelle materie dell’urbanistica, dell’edilizia e dei servizi pubblici (ai sensi della legge n. 205/2000), il giudice amministrativo conoscerà, quindi, di diritti soggettivi e di interessi legittimi, di legittimità dell’atto e di illiceità della condotta, con la conseguenza che il privato titolare dell’azione risarcitoria non dovrà più sobbarcarsi l’onere di completare due giudizi, uno pregiudiziale dinanzi al giudice amministrativo e uno consequenziale di fronte al giudice ordinario[582], ma potrà porre tutte le sue domande ad una stessa autorità giudiziaria.
Il secondo periodo del comma in esame, dispone che alle suddette controversie in tema di impianti di generazione di energia elettrica, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante l’istituzione dei tribunali amministrativi regionali.
Si ricorda che il citato articolo 23-bis della legge n. 1034/71, introdotto dall'art. 4, della legge n. 205/00, dispone l’applicazione di particolari disposizioni nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto:
a) i provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse;
b) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti, nonché quelli relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere;
c) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti;
d) i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti;
e) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni ai sensi dell'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
f) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400;
g) i provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi (comma 1).
In particolare, il comma 2 dell’articolo in oggetto, dispone che nei giudizi sopra richiamati i termini processuali previsti siano ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione del ricorso; il successivo comma 6 dispone, inoltre, che nei medesimi giudizi, il dispositivo della sentenza sia pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza, mediante deposito in segreteria.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 23-bis, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l'integrazione, se ritiene ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione nel merito alla prima udienza successiva al termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza. In caso di rigetto dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronunzia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale che ne dà avviso alle parti. Ai sensi del comma 4, nel giudizio di cui al comma 3 le parti possono depositare documenti entro il termine di quindici giorni dal deposito o dal ricevimento delle ordinanze di cui al medesimo comma e possono depositare memorie entro i successivi dieci giorni. Con le ordinanze di cui al comma 3, in caso di estrema gravità ed urgenza, il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato possono disporre le opportune misure cautelari, enunciando i profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole probabilità sul buon esito del ricorso.
Da ultimo, ai sensi del comma 7 il termine per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata nei giudizi di cui sopra è di trenta giorni dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza. Si prevede inoltre che la parte possa, al fine di ottenere la sospensione dell'esecuzione della sentenza, proporre appello nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione del dispositivo, con riserva dei motivi, da proporre entro trenta giorni dalla notificazione ed entro centoventi giorni dalla comunicazione della pubblicazione della sentenza.
Le disposizioni introdotte dall’articolo 23-bis si applicano anche davanti al Consiglio di Stato, in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata (comma 8).
553. In attuazione degli impegni derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, ovvero in esecuzione degli accordi di collaborazione con i Paesi interessati, il Ministero dell’interno è autorizzato a provvedere, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2007, all’integrazione e allo sviluppo della rete degli ufficiali di collegamento delle Forze di polizia, incaricati di stabilire e mantenere contatti con le autorità dei Paesi di destinazione o con le organizzazioni internazionali che vi hanno sede, finalizzati ad incrementare la cooperazione internazionale per la prevenzione e repressione della criminalità, dei traffici illeciti transnazionali e del terrorismo.
554. Il servizio degli ufficiali di collegamento, scelti tra funzionari o ufficiali delle Forze di polizia in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza o ivi trasferiti per la specifica esigenza, e le relative dipendenze, nonché le modalità di selezione, formazione e assegnazione dei funzionari o ufficiali interessati ed il numero degli ufficiali di collegamento di nuova istituzione sono stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della difesa e dell’economia e delle finanze. Il predetto regolamento stabilisce le linee guida per l’eventuale utilizzazione degli ufficiali di collegamento nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari in qualità di esperti a norma dell’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.
555. Gli ufficiali di collegamento possono essere incaricati, sulla base di specifici accordi di livello bilaterale o multilaterale, di curare gli interessi di uno o più Stati membri dell’Unione europea, nel rispetto dei vincoli conseguenti dalle disposizioni in vigore e salvo che possa derivarne un pericolo per gli interessi nazionali.
556. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i trattamenti economici degli ufficiali di collegamento in misura non inferiore a quelli previsti per gli esperti di cui all’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.
I commi da 553 a 556 recano disposizioni finalizzate ad incrementare la cooperazione internazionale per la prevenzione e la repressione della criminalità, dei traffici illeciti transnazionali e del terrorismo.
Il comma 553 reca uno stanziamento pari a 4 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006 ed a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2007, destinato all’integrazione e allo sviluppo della rete degli ufficiali di collegamento delle Forze di polizia che, in attuazione degli impegni derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, o degli accordi di collaborazione stipulati con singoli Paesi, sono incaricati di stabilire e mantenere contatti con le autorità dei Paesi di destinazione o con le organizzazioni internazionali che vi hanno sede.
Ai sensi del comma 554, gli ufficiali di collegamento sono scelti tra funzionari o ufficiali delle Forze di polizia già in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza, o ivi trasferiti per far fronte a tale specifica esigenza.
Un regolamento, adottato dal ministro dell’interno di concerto con i ministri degli affari esteri, della difesa e dell’economia e delle finanze, ne disciplinerà il servizio e definirà inoltre:
§ le modalità di selezione, formazione e assegnazione dei funzionari o ufficiali interessati;
§ il numero degli ufficiali di collegamento di nuova istituzione;
§ le linee guida per l’eventuale utilizzazione degli ufficiali di collegamento nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari in qualità di esperti, a norma dell’art. 168 del D.P.R. 18/1967[583].
L’art. 168 del D.P.R. 18/1967, recante l’ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri, consente a tale Amministrazione di avvalersi di esperti da utilizzare negli uffici centrali o nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari per l'espletamento di specifici incarichi che richiedano particolare competenza tecnica, ai quali non si possa sopperire con funzionari diplomatici.
Gli esperti sono di norma tratti da personale dello Stato o di enti pubblici appartenenti a carriere direttive; solo in casi particolari si può ricorrere a persone estranee alla pubblica Amministrazione. Gli esperti tratti dal personale dello Stato sono collocati fuori ruolo. Gli incarichi sono conferiti con decreto del ministro degli affari esteri, sentito il Consiglio di amministrazione del Ministero, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze e, per il personale di amministrazioni o enti pubblici, con il Ministro competente o vigilante. Gli incarichi sono biennali, rinnovabili per un massimo di otto anni, e revocabili in qualsiasi momento.
Il comma 555 consente che agli ufficiali di collegamento, sulla base di specifici accordi di livello bilaterale o multilaterale, sia affidato l’incarico di curare gli interessi di uno o più Stati membri dell’Unione europea, nel rispetto dei vincoli conseguenti dalle disposizioni in vigore e salvo che possa derivarne un pericolo per gli interessi nazionali.
Il comma 556 rimette a un decreto del ministro dell’interno, da adottare di concerto con i ministri della difesa, degli affari esteri e dell’economia e delle finanze, la determinazione del trattamento economico degli ufficiali di collegamento. Esso non deve risultare inferiore a quello previsto per gli esperti di cui al già illustrato art. 168 del D.P.R. 18/1967.
Articolo
1, comma 557
(Personale degli enti locali. Utilizzo da
parte di altre amministrazioni)
557. I comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall’amministrazione di provenienza.
Il comma 557 consente a:
§ comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti;
§ consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale;
§ comunità montane;
§ unioni di comuni
di utilizzare personale dipendente a tempo pieno da altre amministrazioni locali, previa autorizzazione dell’amministrazione di provenienza.
Si osserva che la norma è formulata in maniera estremamente generica e non chiarisce quali rapporti si instaurano tra dipendente e amministrazione di provenienza, da un lato, e tra dipendente ed amministrazione di destinazione, dall’altro.
558. All’articolo 23, comma 7, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Contestualmente presenta ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento. In assenza di tale documentazione si applica la sanzione di cui all’articolo 37, comma 5».
Il comma 558 integra la disciplina della denunzia di inizio attività, prescritta per la realizzazione di interventi edilizi che non siano liberamente effettuabili né subordinati al permesso di costruire.
Gli articoli 6 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) determinano rispettivamente le attività edilizie libere e quelle per cui è richiesto il permesso di costruire.
L’articolo 22 ìndica gli interventi edilizi per i quali è sufficiente la denunzia di inizio attività.
L’articolo 23 contiene la disciplina relativa alla denunzia di inizio attività. Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denunzia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
La denunzia è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denunzia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori.
A norma del comma 7, ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denunzia di inizio attività.
La disposizione qui commentata, integrando il citato comma 7 dell’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, prescrive che contestualmente alla presentazione del certificato di collaudo finale sia presentata ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate, ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento dell’unità immobiliare.
La mancanza di tale documentazione comporta l’applicazione della sanzione indicata dall’articolo 37, comma 5, del medesimo decreto.
L’articolo 37, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prevede che la denunzia di inizio di attività spontaneamente effettuata quando l'intervento è in corso di esecuzione comporti il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di 516 euro.
559. Fermi restando i requisiti di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1998, n. 153, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1º gennaio 2005, l’assegno per il nucleo familiare viene erogato al coniuge dell’avente diritto. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottate le disposizioni di attuazione del presente comma.
Il comma 559 prevede che, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 2005, l’assegno per il nucleo familiare è erogato al coniuge dell’avente diritto.
L’assegno per il nucleo familiare è stato introdotto dal D.L. 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 153 del 1988, in sostituzione degli assegni familiari: trattasi di una prestazione di carattere previdenziale, erogata con cadenza mensile su richiesta del lavoratore o del pensionato, unitamente agli altri elementi della retribuzione o della pensione[584]. Esso ha la funzione di sostegno alle famiglie che si trovano al di sotto di determinati limiti di reddito.
Beneficiari dell’assegno sono:
§ i lavoratori dipendenti che prestino la propria attività nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla nazionalità;
§ i titolari di pensione derivante da un precedente rapporto di lavoro;
§ i lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi[585].
L’assegno può essere richiesto da uno solo dei coniugi, nel caso in cui entrambi coniugi siano nelle condizioni di richiederlo.
Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare[586], il rispetto di determinati limiti di reddito, la non fruizione di altri trattamenti di famiglia.
L’ammontare dell’assegno, unico per l’intero nucleo familiare, è determinato in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare e al relativo reddito complessivo: la prestazione erogata è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito e cessa in corrispondenza di soglie di esclusione a seconda della tipologia familiare.
Il pagamento dell’assegno viene generalmente effettuato dal datore di lavoro che anticipa la somma spettante al lavoratore e chiede poi il rimborso all’ente previdenziale tramite conguaglio con la denuncia contributiva mensile[587].
Gli importi dell’assegno per il nucleo familiare, validi per il periodo 1° luglio 2004 – 30 giugno 2005, sono stati determinati con la circolare INPS n. 94 del 15 giugno 2004.
La disposizione in esame è finalizzata a valorizzare la posizione del coniuge che svolge prevalentemente attività di cura del nucleo familiare.
Si osserva peraltro che la disposizione appare estremamente generica laddove prevede senza alcuna limitazione la corresponsione dell’assegno al coniuge del lavoratore o pensionato avente diritto. Essa sembrerebbe dunque comprendere anche i casi in cui il coniuge è escluso dal nucleo familiare preso in considerazione ai fini dell’erogazione dell’assegno (come il coniuge legalmente ed effettivamente separato o che ha abbandonato la famiglia), così come i casi in cui entrambi i coniugi svolgono attività lavorativa.
Il comma 559, infine, rimanda l’attuazione delle disposizioni in esame ad un decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Si segnala che il testo non prevede un termine per l’emanazione del richiamato decreto.
Si ricorda che nella relazione approvata dalla Commissione Lavoro della Camera nella seduta del 17 dicembre 2004 - nel corso dell’esame in seconda lettura alla Camera dei documenti di bilancio, si rilevano «le complicazioni operative ed il carico di lavoro per l'INPS derivanti dalla modifica della disciplina sull'assegno al coniuge, auspicando una semplificazione in fase di emanazione del decreto di attuazione».
560. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all’articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall’articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2005-2007, restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.
Il comma 560 stabilisce l’entità dei fondi speciali. I fondi speciali sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.
La disciplina di questo istituto è contenuta nell'articolo 11-bis della legge n. 468/1978. Il comma 1 dell'articolo 11-bis stabilisce che la legge finanziaria deve indicare distintamente per la parte corrente (Tabella A) e per quella in conto capitale (Tabella B) le somme destinate alla copertura dei progetti di legge, ripartiti per ministeri.
In sede di relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria sono indicare le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante.
Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.
L’articolo 11 bis, comma 2, della legge n. 468/1978 prevede anche la possibilità di inserire nelle tabelle A e B accantonamenti di segno negativo, relativi a provvedimenti di minore spesa o di maggiore entrate da approvare in corso d’anno. Gli accantonamenti negativi sono collegati (mediante lettere alfabetiche) agli accantonamenti positivi alla cui copertura sono preordinati.
La disciplina dei fondi speciali prevede, infine, che le quote relative a spese correnti non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio. Gli accantonamenti relativi a spese in conto capitale possono essere utilizzati anche nell’anno successivo (“slittamento”) se il provvedimento in questione è stato approvato da almeno una delle due Camere.
Per particolari tipologie di spese (spese corrispondenti ad obblighi internazionali, obbligazioni contrattuali o provvedimenti relativi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed al trattamento economico e normativo dei dipendenti di pubbliche amministrazioni non compresi nel regime contrattuale) lo slittamento è consentito purché il provvedimento risulti presentato alle Camere entro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno successivo.
Nel disegno di legge finanziaria per il 2005 gli importi della Tabella A ammontavano, nel testo presentato dal Governo (A.C. 5310) complessivamente a 1.396,5 milioni per il 2005, a 1.324,1 milioni per il 2006 e a 1.335,5 milioni per il 2007.
A seguito delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, gli importi della Tabella A sono stati rideterminati in 816,737 milioni di euro per il 2005, in 1.006,311 milioni di euro per il 2006 e in 953,483 milioni di euro per il 2007.
Nel prospetto successivo sono riportati gli importi complessivi della Tabella A come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311), nel disegno di legge finanziaria per il 2005 presentato dal Governo (A.C. 5310), nel testo approvato dalla Camera dei deputati (A.S. 3223), nel testo approvato dal Senato (A.C. 5310-bis-B) e nel testo definitivo a seguito delle ulteriori modifiche apportate dalla Camera (legge n. 311/2004). Gli importi sono espressi in migliaia di euro.
Tabella A (migliaia di euro) |
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
1.078.749 |
1.082.970 |
1.075.500 |
Disegno di legge Governo (A.C. 5310) |
1.396.522 |
1.324.129 |
1.335.501 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 3223) |
1.376.722 |
1.319.329 |
1.162.701 |
Testo approvato dal Senato (A.C. 5310-bis-B) |
836.737 |
1.026.311 |
973.483 |
Testo approvato dalla Camera (A.C. 5310-bis-C) |
816.737 |
1.006.311 |
953.483 |
Legge n. 311/2004 |
816.737 |
1.006.311 |
953.483 |
Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge finanziaria prevedeva nel testo iniziale (A.C. 5310) accantonamenti pari a 1.132,9 milioni per il 2005, a 919,6 milioni per il 2006 e a 504,4 milioni per il 2007.
A seguito delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, gli importi della Tabella B sono stati rideterminati in 663,634 milioni di euro per il 2005, in 628,330 milioni di euro per il 2006 e in 692,948 milioni di euro per il 2007.
Anche per la Tabella B vengono di seguito riportati gli importi complessivi come indicati nelle fasi dell’esame parlamentare. Gli importi sono espressi in migliaia di euro.
Tabella B (migliaia di euro) |
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
482.925 |
446.621 |
201.448 |
Disegno di legge Governo (A.C. 5310) |
1.132.925 |
919.621 |
504.448 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 3223) |
149.948 |
59.448 |
5.000 |
Testo approvato dal Senato (A.C. 5310-bis-B) |
663.634 |
628.330 |
692.948 |
Legge n. 311/2004 |
663.634 |
628.330 |
692.948 |
Nei seguenti progetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.C. 5310) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.
TABELLA A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE
(migliaia di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
23.747 |
12.337 |
11.747 |
Disegno di legge Governo (A.C. 5310) |
24.247 |
13.337 |
13.747 |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
24.947 |
13.537 |
12.947 |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
20.577 |
13.437 |
16.847 |
Testo approvato dalla Camera (A.C. 5310-bis-C) |
577 |
3.437 |
6.847 |
Legge n. 311 del 2004 |
577 |
3.437 |
6.847 |
Finalizzazioni
L'accantonamento riguarda le misure di sostegno ai comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti (A.C. 1174 – A.S. 1942), le modifiche all’articolo 288 del codice di procedura civile (A.S. 82 – A.C. 2665), la disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante e di morte inaspettata del feto (A.S. 396 – A.C. 4248), disposizioni in materia di cambiali finanziarie (A.C. 1959), le pensioni FF.SS (A.C. 228 – A.S. 2905).
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
770.300 |
770.500 |
767.500 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
777.300 |
785.500 |
785.500 |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
777.300 |
785.500 |
617.500 |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
715.200 |
745.400 |
576.900 |
Testo Assemblea Senato (A.C. 5310-bis-B) |
525.098 |
650.400 |
576.900 |
Legge n. 311 del 2004 |
525.098 |
650.400 |
576.900 |
Finalizzazioni
L'accantonamento è finalizzato alla riforma dell'ordinamento giudiziario (A.S. 1296 – A.C. 4636), alle pensioni FF.SS. (A.C. 228 – A.S. 2905), agli incentivi all'occupazione, agli ammortizzatori sociali, a misure di sostegno dell'occupazione, e di assunzioni a tempo indeterminato (A.S. 848-bis), nonché a contributi in favore dei minorati della vista A.C. 3673).
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
30.600 |
32.840 |
32.840 |
Legge n. 311 del 2004 |
30.600 |
32.841 |
32.841 |
Finalizzazioni
L'accantonamento concerne la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al R.D. n. 12/1941 e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione (A.S. 1296 – A.C. 4636), e l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell'Unione europea dei 28/2/2002 che istituisce l'EUROJUST per la lotta alle forme gravi di criminalità (A.C. 4293 – A.S. 2894).
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
126.257 |
149.292 |
154.992 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
201.257 |
224.292 |
229.992 |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
196.757 |
220.292 |
226.992 |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
147.757 |
172.474 |
180.574 |
Legge n. 311 del 2004 |
147.757 |
172.474 |
180.574 |
Finalizzazioni
L'accantonamento è preordinato per far fronte agli oneri derivanti dalla programmata ratifica ed applicazione di accordi internazionali, per le disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (A.C. 4347 – A.S. 2756) e per la delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione, di ammortizzatori sociali (A.S. 848-bis), per le misure concernenti l'internazionalizzazione delle imprese (A.C. 4360 – A.S. 3034) e per interventi a favore degli italiani all'estero.
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
11.500 |
11.500 |
11.500 |
Legge n. 311 del 2004 |
11.500 |
11.500 |
11.500 |
Finalizzazioni
L'accantonamento concerne le disposizioni in materia di società e Associazioni sportive dilettantistiche (A.C. 3183) e l'istituzione del museo della moda (A.C. 2291 –A.S. 2735).
MINISTERO DELL'INTERNO
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
14.508 |
9.008 |
6.008 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
214.508 |
119.008 |
126.008 |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
199.508 |
114.008 |
121.008 |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
193.508 |
113.008 |
120.008 |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
158.508 |
92.008 |
100.008 |
Testo Assemblea Senato (A.C. 5310-bis-B) |
14.508 |
21.008 |
32.908 |
Testo approvato dalla Camera (A.C. 5310-bis-C) |
14.508 |
11.008 |
22.908 |
Legge n. 311 del 2004 |
14.508 |
11.008 |
22.908 |
Finalizzazioni
L'accantonamento riguarda il finanziamento di provvedimenti in corso di esame parlamentare, nonché l'istituzione del poliziotto di quartiere, la lotta all'immigrazione clandestina, gli ufficiali collegamento, il progetto AENEAS, i vigili del fuoco, e le misure urgenti per il personale appartenente ai ruoli degli ispettori delle forze di polizia.
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
2.493 |
7.693 |
7.693 |
Legge n. 311 del 2004 |
2.493 |
7.693 |
7.693 |
Finalizzazioni
L'accantonamento è preordinato al riordino, al coordinamento e all’integrazione della legislazione in materia ambientale (A.S. 1753 – A.C. 1798), all'istituzione del Parco Nazionale del subappennino Dauno (A.C. 3222) e alla ratifica della convenzione sugli inquinamenti organici e pesticidi.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
750 |
1.000 |
- |
Legge n. 311 del 2004 |
750 |
1.000 |
- |
Finalizzazioni
L'accantonamento riguarda interventi in materia di beni e attività culturali e di sport (A.S. 2980).
MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
5.000 |
5.000 |
5.000 |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
- |
5.000 |
5.000 |
Legge n. 311 del 2004 |
- |
5.000 |
5.000 |
Finalizzazioni
Con emendamento tecnico approvato dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati è stato previsto un accantonamento finalizzato al finanziamento della Fondazione Ugo Bordoni.
MINISTERO DELLA DIFESA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
10.135 |
10.135 |
10.135 |
Legge n. 311 del 2004 |
10.135 |
10.135 |
10.135 |
Finalizzazioni
L'accantonamento concerne l'istituzione del profilo di docente della scuola di lingue estere dell'esercito nell'ambito delle dotazioni organiche del personale civile del Ministero della difesa e misure urgenti per i dirigenti delle forze armate (D.L. n. 238/2004).
MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
19.527 |
9.842 |
5.000 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
29.800 |
25.000 |
25.000 |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
5.387 |
19.000 |
17.000 |
Legge n. 311 del 2004 |
5.387 |
19.000 |
17.000 |
Finalizzazioni
L'accantonamento si rende necessario per la valorizzazione dei territori montani (A.S. 3036), per la disciplina dell'apicoltura (A.C. 429 – A.S. 2919), per l'istituzione del parco nazionale subappennino Dauno (A.C. 3222) e per la promozione, la tutela e la valorizzazione dell'agriturismo e delle risorse culturali e naturali nei territori rurali collinosi e montani (A.C. 817) e per il reintegro del Fondo per la montagna.
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
1.600 |
1.100 |
362 |
Legge n. 311 del 2004 |
1.600 |
1.100 |
362 |
Finalizzazioni
L'accantonamento è finalizzato alla legge quadro sulla qualità architettonica (A.S. 2867), all’equiparazione ai cimiteri di guerra dei monumenti sacrari di Leonessa (Rieti) e Medea (Gorizia) (A.S. 342 – A.C. 2043), all'istituzione del museo di storia contemporanea Giacomo Matteotti (A.C. 4538 – A.S. 2990) e ad interventi in materia di beni e attività culturali e di sport (A.S. 2980).
MINISTERO DELLA SALUTE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
67.332 |
67.723 |
67.723 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
92.332 |
92.723 |
92.723 |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
66.332 |
80.723 |
81.723 |
Legge n. 311 del 2004 |
66.332 |
80.723 |
81.723 |
Finalizzazioni
L'accantonamento è finalizzato alla nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale di emoderivati (A.S. 255 – A.C. 4265), alle borse di studio per i medici specializzandi (A.C. 4859), alle disposizioni concernenti il divieto delle pratiche di mutilazione sessuale (A.C. 150 – A.S. 414-B), nonché alle modifiche all'art. 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, concernenti la soppressione dei termini per l'ottenimento dell'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati (A.C. 1145 – A.S. 2970) e per interventi vari.
Analogamente a quanto esposto per gli accantonamenti di Tabella A, nei seguenti prospetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.C. 5310) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.
TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE
(migliaia di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
380.866 |
387.466 |
193.448 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
935.866 |
805.466 |
441.448 |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
935.866 |
805.466 |
441.448 |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
47.448 |
44.448 |
- |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
585.180 |
552.675 |
499.948 |
Testo Assemblea Senato (A.C. 5310-bis-B) |
555.180 |
582.675 |
679.948 |
Legge n. 311 del 2004 |
555.180 |
582.675 |
679.948 |
Finalizzazioni
L'accantonamento concerne la partecipazione finanziaria dell'Italia alla ricostruzione delle risorse di Fondi internazionali (A.S. 2667), gli interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale (A.S. 3018 – A.C. 5181), le misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell'UNESCO (A.S. 2221), l'istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi sulle carte di pagamenti (A.C. 5263), il contributo straordinario all'Unione Italiana Ciechi per la realizzazione di un centro polifunzionale di alta specializzazione (A.S. 2848 – A.C. 5198), la stabilizzazione dell'area balcanica e lo scrutinio elettronico.
MINISTERO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
15.500 |
- |
- |
Legge n. 311 del 2004 |
15.500 |
- |
- |
Finalizzazioni
L'accantonamento concerne l'internazionalizzazione delle imprese e il riordino degli enti operanti nel medesimo settore (A.C. 4360 – A.S. 3034).
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
10.000 |
20.000 |
20.000 |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
- |
- |
- |
Legge n. 311 del 2004 |
- |
- |
- |
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
25.000 |
25.000 |
25.000 |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
- |
- |
- |
Legge n. 311 del 2004 |
- |
- |
- |
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
2.500 |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
2.500 |
- |
- |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
- |
- |
- |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
2.500 |
- |
- |
Legge n. 311 del 2004 |
2.500 |
- |
- |
Finalizzazioni
L'accantonamento è rivolto a realizzare interventi a favore dell'Università di Messina, di Cassino e dell'Università Pontina (A.S. 1175 – A.C. 3253).
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
64.454 |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
64.454 |
- |
- |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
73.954 |
9.500 |
5.000 |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
72.000 |
9.500 |
5.000 |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
73.954 |
9.500 |
5.000 |
Legge n. 311 del 2004 |
73.954 |
9.500 |
5.000 |
Finalizzazioni
L'accantonamento è preordinato all'attuazione della delega al Governo per il riordino e il coordinamento della legislazione in materia ambientale (A.S. 1753 – A.C. 1798), alla ratifica ed esecuzione della convenzione di Stoccolma sugli inquinamenti organici e pesticidi fatto a Stoccolma il 22 maggio 2002. Con due emendamenti tecnici approvati dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati sono state previste due nuove finalizzazioni destinate alla bonifica delle acciaierie e al finanziamento del Progetto Scegli-Italia.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
25.000 |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
25.000 |
- |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
- |
5.500 |
- |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
1.500 |
7.000 |
- |
Legge n. 311 del 2004 |
1.500 |
7.000 |
- |
Finalizzazioni
L'accantonamento è preordinato agli interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale (A.S. 3018 – A.C. 5181).
MINISTERO DEI BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
19.605 |
34.155 |
8.000 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
29.650 |
44.155 |
18.000 |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
44.605 |
44.155 |
18.000 |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
15.000 |
- |
- |
Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3223-A) |
15.000 |
29.155 |
8.000 |
Legge n. 311 del 2004 |
15.000 |
29.155 |
8.000 |
Finalizzazioni
L'accantonamento è rivolto ad assicurare interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale (A.S. 3018 - A.C. 5181), la legge quadro sulla qualità architettonica (A.S. 2867), interventi in materia di beni e attività culturali e di sport (A.S. 2980), nonché altri interventi. Con emendamento tecnico approvato dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati è stata prevista una nuova finalizzazione destinata alla realizzazione della sede del Museo della Shoah.
MINISTERO DELLA SALUTE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
50.000 |
- |
- |
Testo V Commissione Bilancio (A.C. 5310-A) |
50.000 |
- |
- |
Testo Assemblea Camera (A.S. 3223) |
- |
- |
- |
Legge n. 311 del 2004 |
- |
- |
- |
Articolo
1, comma 561
(Dotazioni di bilancio relative a leggi
di spesa permanente)
561. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2005 e triennio 2005-2007, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.
L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 - nel testo sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 15, della legge n. 208 del 1999 - prevede tra i contenuti propri della legge finanziaria la "determinazione", in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C).
L’articolo 2, comma 18, della legge n. 208/1999 - che ha riformulato l’art. 11, comma 3, lett. d), della legge n. 468 nel senso sopra indicato - ha stabilito inoltre che, in sede di prima applicazione, fosse la stessa legge finanziaria per il 2000 ad indicare quali erano le leggi vigenti la cui quantificazione poteva essere effettuata dalla Tabella C, “intendendosi come soppresse quelle norme recanti autorizzazioni di spesa permanenti già contenenti il riferimento alla predetta lettera d) e non indicate nella legge finanziaria medesima”.
Tale disposizione era confermata dall’articolo 70, comma 7, della legge finanziaria 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), il quale precisava che “le leggi vigenti la cui quantificazione è effettuata dalla tabella di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, (…) sono indicate (…) dalla Tabella C (…)” della legge finanziaria medesima.
In aggiunta alle voci contenute nella Tabella C della legge finanziaria per il 2004, la Tabella C della legge finanziaria per il 2005, reca la determinazione del finanziamento dell’Agenzia italiana del farmaco, di cui al D.L. n. 269/2003, art. 48, comma 9.
Come indicato nella relazione illustrativa, occorre peraltro considerare che le voci inserite in Tabella C possono anche essere finanziate attraverso procedure diverse (la relazione illustrativa fa specifico riferimento agli aiuti ai paesi in via di sviluppo che possono beneficiare anche di una quota dell’8 per mille IRPEF di competenza dello Stato).
La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2005 prevedeva, nel testo presentato dal Governo (A.C. 5310), un ammontare pari a 20.922 milioni di euro per il 2005, 20.066,8 milioni di euro per il 2006 e di 20.066,8 milioni di euro per il 2007[588].
Le dotazioni delle singole voci inserite nella Tabella C del disegno di legge finanziaria presentato dal Governo erano, peraltro, state rideterminate in coerenza con il limite di incremento del 2%, come previsto per gli stanziamenti del bilancio dello Stato aventi impatto diretto sul conto economico delle amministrazioni pubbliche.
La Tabella C del disegno di legge iniziale, in sostanza, già scontava l’effetto di quanto disposto dal comma 10 (cfr. la relativa scheda di lettura).
A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame parlamentare, l’ammontare complessivo degli stanziamenti previsti dalla Tabella C della legge finanziaria 2005 è stato rideterminato in 20.871,366 milioni di euro per il 2005, 19.451,965 milioni per il 2006 e 19.450,278 milioni per il 2007.
Sulla determinazione, a seguito dell’esame parlamentare, degli stanziamenti di Tabella C hanno influito, oltre a variazioni relative a singole voci, anche riduzioni generalizzate disposte in misura percentuale costante (i cosiddetti “tagli orizzontali”). In taluni casi, peraltro, i tagli orizzontali alle dotazioni di Tabella C sono stati disposti a copertura di emendamenti, senza introdurre una apposita previsione nell’articolato.
In particolare, nel corso dell’esame parlamentare sono stati approvati seguenti tagli orizzontali alle dotazioni di Tabella C:
§ gli identici emendamenti 0.6.600.46 e 0.6.600.23, approvati dalla Camera, hanno determinato, a copertura dell’esclusione dai vincoli del Patto di stabilità interno, una riduzione dell’1% di tutte le voci di conto capitale di Tabella C per gli anni 2005, 2006 e 2007, per un importo complessivo di 31,340 milioni di euro per ciascun anno;
§ il comma 296, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dispone una riduzione dei finanziamenti di parte corrente previsti dalla Tabella C tale da assicurare un risparmio di spesa di 650 milioni di euro per l’anno 2005 e di 850 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.
Ai sensi del comma 296, la riduzione percentuale si è applicata in maniera lineare su tutte le dotazioni di parte corrente della Tabella C, ad esclusione di quelle concernenti il settore universitario.
§ l’emendamento 40.0.100, approvato dal Senato, nel disporre un incremento delle deduzioni relative all’IRAP, ha previsto, a fini di copertura finanziaria, una ulteriore riduzione lineare delle dotazioni di parte corrente della Tabella C in modo tale da assicurare minori spese per 124 milioni di euro nel 2006 e 67 milioni a decorrere dal 2007.
Nella tabella seguente sono esposti gli stanziamenti delle singole voci di Tabella C, come risultanti nella legge finanziaria per il 2005.
Sono altresì indicati, per ciascuna voce, gli importi del disegno di legge iniziale e del testo approvato dalla Camera.
Le prime tre colonne della tabella evidenziano la rideterminazione dello stanziamento di ciascuna voce di Tabella C per l’anno 2004 per effetto della riduzione disposta dal D.L. n. 168/2004, a partire dalla quale, ai sensi del comma 10, è stato applicato l’incremento del 2% che costituisce la dotazione di ciascuna voce per l’anno 2005.
Come si evince dalla tabella, la percentuale di incremento del 2% non è stata applicata alle voci che non hanno subito riduzioni per effetto del D.L. n. 168/2004.
Anche per le voci la cui dotazione è stata ridotta dal D.L. n. 168/2004 la percentuale di incremento, talora, non corrisponde al 2%. In questi casi bisogna, peraltro, considerare, che nel quantificare la dotazione di Tabella C possono essere intervenute specifiche disposizioni di legge o ulteriori oneri per il personale che si sono tradotti in un incremento della dotazione per il 2005.
Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.
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Tab. C Fin. 2004 |
Effetti D.L. n. 168/04 |
Prev. Iniz. 2004 rideterminate |
Ddl iniziale (AC 5310) |
Testo Camera (AS 3223) |
Legge n. 311/2004 |
Ministero dell’economia e delle finanze |
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|
L. 195/1958: Consiglio superiore magistratura (U.P.B. 3.1.5.19 - cap. 2195) |
27.358 |
-1.090 |
26.268 |
26.793 |
26.793 |
25.728 |
L. 17/1973: Aumento assegnazione annua al CNEL (U.P.B. 3.1.5.18 – cap. 2192) |
14.742 |
-150 |
14.592 |
15.444 |
15.444 |
14.448 |
D.L. 95/1974: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (CONSOB) (U.P.B. 3.1.2.11 – cap. 1560) |
27.768 |
-1.110 |
26.658 |
27.191 |
27.191 |
25.437 |
D.P.R. 701/1977: Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (U.P.B. 12.1.2.15 – cap. 5217) |
11.026 |
-400 |
10.626 |
10.839 |
10.839 |
10.140 |
L. 385/1978: Compensi per lavoro straordinario ai dipendenti dello Stato (U.P.B. 4.1.5.4 - cap. 3026) |
50.000 |
- |
- |
50.000 |
50.000 |
46.775 |
L. 468/1978, art. 9-ter: Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente (U.P.B. 4.1.5.2 - cap. 3003) |
508.914 |
-180.000 |
328.914 |
320.000 |
118.500 |
652.082 |
L. 16/1980: Indennizzi incentivi e agevolazioni per cittadini ed imprese danneggiate dall’esecuzione del trattato di pace (U.P.B. 3.2.3.29 – cap. 7256) |
25.823 |
- |
- |
26.339 |
26.076 |
26.076 |
L. 146/1980, art. 36: Assegnazione all’Istituto nazionale di statistica (U.P.B. 3.1.2.27 – cap. 1680) |
149.235 |
-5.970 |
143.265 |
150.198 |
150.198 |
140.510 |
L. 67/1987: Editoria (U.P.B. 3.1.5.14 – cap. 2183; U.P.B. 3.2.10.2 – cap.7442) |
475.119 |
- |
- |
480.119 |
479.813 |
450.821 |
L. 440/1989: Utilizzazione del porto franco di Trieste (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 1539) |
286 |
- |
- |
286 |
286 |
286 |
D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile (U.P.B 3.2.10.3 – cap. 7446/p) |
154.937 |
- |
- |
204.937 |
202.888 |
202.888 |
D.L. 142/1991, art. 6, co. 1 punto 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa (U.P.B. 3.2.10.3 – cap. 7446/p) |
103.294 |
- |
- |
81.217[589] |
80.405 |
80.405 |
L. 225/1992, art. 1: Istituzione del servizio della protezione civile (U.P.B. 3.1.5.15 – cap. 2184) |
46.198 |
- |
- |
46.198[590] |
46.198 |
43.114 |
L. 225/1992, art. 3: Attività e compiti della protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7447) |
555.884 |
- |
- |
555.884 |
550.325 |
550.325 |
D.Lgs. 39/1993, art. 4: Istituzione delle Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (U.P.B. 3.1.2.33 – cap. 1707) |
11.820 |
-470 |
11.350 |
18.643
|
18.643 |
17.441 |
L. 20/1994, art. 4: Autonomia finanziaria Corte dei conti (U.P.B. 3.1.5.10 - cap. 2160) |
223.633 |
-8.950 |
214.683 |
232.301 |
232.301 |
215.829 |
L. 109/1994, art. 4: Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (U.P.B. 3.1.2.32 – cap. 1702) |
18.710 |
-750 |
17.960 |
20.504 |
20.504 |
19.182 |
L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.17 – cap. 1613) |
2.214 |
-90 |
2.124 |
2.166 |
2.166 |
2.026 |
L. 675/1996: Tutela delle persone e altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali (U.P.B. 3.1.2.42 – cap. 1733) |
10.018 |
-400 |
9.618 |
9.810 |
9.810 |
9.177 |
L. 94/1997, art. 7, co. 6: Contributo in favore dell’ISAE (U.P.B. 2.1.2.4 – cap. 1321) |
10.173 |
-410 |
9.763 |
9.958 |
9.958 |
9.316 |
L. 249/1997: Istituzione dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme dei sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (U.P.B. 3.1.2.14 – cap. 1575) |
22.768[591] |
-910 |
21.858 |
23.786 |
23.786 |
22.252 |
D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale, minori entrate IRAP, ecc. (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 2701) |
- |
- |
- |
473.100 |
473.100 |
473.100 |
L. 128/1998, art. 23: Istituzione Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (U.P.B. 3.1.2.37 – cap. 1723) |
4.554 |
-180 |
4.374 |
4.461 |
4.461 |
4.173 |
L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (U.P.B. 3.1.5.16 – cap. 2185) |
119.239 |
- |
- |
240.239 |
240.239 |
224.744 |
L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della SVIMEZ (U.P.B. 3.2.3.38 – cap. 7330) |
1.753 |
- |
- |
1.753 |
1.735 |
1.735 |
D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs. 188/2000: Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (U.P.B. 3.1.2.7 – cap. 1525) |
250.425 |
-10.020 |
240.405 |
245.213 |
245.213 |
229.397 |
D.Lgs. 285/1999: Riordino del FORMEZ (U.P.B. 12.1.2.12 – cap. 5200) |
13.706 |
- |
- |
13.706 |
13.706 |
12.822 |
D.Lgs. 287/1999: Riordino della SSPA- Scuola superiore dell’economia e delle finanze (U.P.B. 6.1.2.13 – cap. 3935) |
17.736 |
-710 |
17.026 |
17.366 |
17.366 |
21.246 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2, lett. a): Finanziamento Agenzia del demanio (U.P.B. 6.1.2.9 - cap. 3901) |
211.970 |
-4.680 |
207.290 |
137.012[592] |
137.012 |
128.175 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2, lett. b): Finanziamento Agenzia del territorio (U.P.B. 6.1.2.10 - cap. 3911) |
428.014 |
-13.940 |
414.074 |
480.575 |
480.575 |
445.318 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2, lett. c): Finanziamento Agenzia delle dogane (U.P.B. 6.1.2.11 - cap. 3920) |
528.820 |
-11.300 |
517.520 |
563.697 |
563.697 |
523.723 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia delle entrate (U.P.B. 6.1.2.8 - capp. 3890) |
2.316.307 |
-80.620 |
2.235.687 |
2.549.520 |
2.548.520 |
2.368.870 |
D.Lgs. 303/1999: Ordinamento Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 11, della L. n. 59/1997 (U.P.B. 3.1.5.2 – cap. 2115) |
315.408 |
-12.620 |
302.788 |
327.546 |
327.546 |
331.099 |
L. 205/2000, art. 20: Autonomia amministrativa del Consiglio di Stato e dei TAR (U.P.B. 3.1.5.11 – cap. 2170) |
156.738 |
-6.270 |
150.468 |
162.964 |
162.964 |
151.694 |
L. 353/2000: Legge quadro in materia di incendi boschivi (U.P.B. 4.1.2.14 – cap. 2820) |
10.329 |
-410 |
9.919 |
10.117 |
10.117 |
9.464 |
L. 388/2000, art. 74 comma 1: Previdenza complementare (U.P.B. 3.1.5.9 – cap. 2156) |
154.937 |
- |
- |
154.937 |
154.937 |
144.944 |
L. 38/2001, art. 16 comma 2: Tutela della minoranza linguistica slovena - contributo alla regione Friuli Venezia Giulia (U.P.B. 4.2.3.12 – cap. 7513/p) |
5.000 |
- |
- |
5.000 |
4.500 |
4.950 |
D.Lgs 165/2001, art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (U.P.B. 12.1.2.16 – cap. 5233) |
4.098 |
-160 |
3.938 |
4.017 |
4.017 |
3.758 |
Ministero delle attività produttive |
|
|
|
|
|
|
L. 287/1990, art. 10, co. 7: Autorità garante della concorrenza e del mercato (U.P.B. 3.1.2.3 – cap. 2275) |
24.230[593] |
- |
- |
24.230 |
24.230 |
22.667 |
L. 292/1990: Ente nazionale italiano per il turismo (U.P.B. 3.1.2.2 – cap. 2270) |
25.171 |
-1.010 |
24.161 |
24.755 |
24.755 |
23.158 |
L. 282/1991, D.L. 496/1993 e D.L. 26/1995: Riforma dell'ENEA (U.P.B. 4.2.3.4 – cap. 7630) |
201.419 |
- |
- |
201.419 |
199.405 |
199.405 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 cap. 2280) |
34.968 |
-1.400 |
33.568 |
32.239 |
32.239 |
30.159 |
L. 68/1997, art. 8: ICE - Contributo di funzionamento (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5101) |
111.784 |
- |
- |
111.784 |
111.784 |
104.574 |
L. 68/1997, art. 8, co. 1: ICE - Contributo finanziamento attività promozionale (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5102) |
73.034 |
- |
- |
73.034 |
73.034 |
68.323 |
Ministero del lavoro e delle politiche sociali |
|
|
|
|
|
|
L. 335/1995, art. 13: Riforma del sistema pensionistico - Vigilanza sui fondi pensione (U.P.B. 3.1.2.19 – cap. 1990) |
2.277 |
-90 |
2.187 |
2.231 |
2.231 |
2.087 |
L. 448/1998, art. 80, co. 4: Formazione professionale – contributi a organismi vari (U.P.B. 2.1.2.5 – cap. 1395) |
2.277 |
-90 |
2.187 |
2.231 |
2.231 |
2.087 |
L. 328/2000: art. 20, co. 8: Fondo da ripartire per le politiche sociali (U.P.B. 3.1.5.1 - cap. 1711) |
1.215.533 |
- |
- |
1.276.640 |
1.277.140 |
1.193.767 |
Ministero della giustzia |
|
|
|
|
|
|
D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento dei detenuti tossicodipendenti (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 1768) |
5.678 |
- |
- |
5.678 |
5.678 |
5.312 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.1.2.1 – cap. 1160) |
137 |
- |
- |
137 |
137 |
128 |
Ministero degli esteri |
|
|
|
|
|
|
L. 1612/1962: Istituto agronomico per l'Oltremare (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2201) |
3.132 |
- |
- |
3.132 |
3.132 |
2.930 |
L. 794/1966: Costituzione dell’istituto italo-latino-americano (U.P.B. 16.1.2.2 – cap. 4131) |
2.559 |
-100 |
2.459 |
2.508 |
2.508 |
2.508 |
DPR 200/1967: Associazioni assistenza collettività italiane all'estero (U.P.B. 11.1.2.3 - cap. 3105) |
2.744 |
-110 |
2.634 |
2.687 |
2.687 |
2.514 |
L. 883/1977: Accordo relativo a un programma internazionale per l'energia (U.P.B. 13.1.2.2 - cap. 3749) |
944 |
- |
- |
944 |
944 |
944 |
L. 140/1980: Partecipazione italiana al Fondo europeo per la gioventù (U.P.B. 15.1.2.5 - cap. 4052) |
273 |
- |
- |
273 |
273 |
273 |
L. 7/1981 e L. 49/1987: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (U.P.B. 9.1.1.0 e 9.1.2.2 - capitoli vari) |
616.516 |
- |
- |
628.846 |
628.846 |
588.285 |
L. 960/1982: Rifinanziamento legge di ratifica degli accordi di Osimo tra Italia e Jugoslavia (U.P.B. 15.1.2.2 – capp. 4061 e 4063) |
2.733 |
- |
- |
2.733 |
2.733 |
2.733 |
L. 549/1995, art. 1, co 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.2 – cap. 1163) |
7.216 |
-290 |
6.926 |
7.075 |
7.075 |
6.619 |
L. 299/1998: Finanziamento italiano della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE) (U.P.B. 20.1.2.1 – cap. 4534) |
4.968 |
- |
- |
4.968 |
4.968 |
4.968 |
L. 58/2001: Istituzione del fondo per lo sminamento umanitario (Paesi in via di sviluppo) (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2210) |
2.582 |
- |
- |
2.582 |
2.582 |
2.415 |
Ministero dell’istruzione |
|
|
|
|
|
|
L. 407/1974: Programma europeo di cooperazione scientifica e tecnologica (U.P.B. 25.2.3.4 - cap. 8973) |
4.761 |
- |
- |
4.741 |
4.694 |
4.694 |
L. 394/1977: Potenziamento dell'attività sportiva universitaria (U.P.B. 25.1.2.9 - cap. 5547) |
7.830 |
- |
- |
7.986 |
7.986 |
7.986 |
L. 181/1990: Funzionamento della scuola europea di Ispra (U.P.B. 7.1.2.3 - cap. 2193) |
373 |
- |
- |
373 |
373 |
373 |
L. 245/1990: Piano triennale di sviluppo dell'Università e attuazione Piano quadriennale 1986-1990 (U.P.B. 25.1.2.3 - cap. 5496) |
121.724 |
- |
- |
122.558 |
122.558 |
122.558 |
L. 243/1991: Università non statali legalmente riconosciute (U.P.B. 25.1.2.4 - cap. 5502) |
124.149 |
- |
- |
124.423 |
124.423 |
124.423 |
L. 147/1992: Norme sul diritto agli studi universitari (U.P.B. 25.1.2.7 - cap. 5517) |
144.208 |
- |
- |
147.092 |
147.092 |
147.092 |
L. 537/1993, art. 5, comma 1: Costituzione Fondo finanziamento ordinario delle università (U.P.B. 25.1.2.5 - cap. 5507)
|
6.545.000 |
- |
- |
6.683.900 |
6.683.900 |
6.983.900 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 25.1.2.1 - cap. 5483) |
18.500 |
- |
- |
20.370 |
20.370 |
19.056 |
L. 440/1997 e L. 144/1999: Fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa (U.P.B. 4.1.5.1 - cap. 1722) |
198.732 |
- |
- |
198.732 |
198.732 |
185.914 |
D.Lgs. 204/1998: Programmazione e valutazione della politica nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (U.P.B. 25.2.3.1 - cap. 8922) |
1.639.705 |
- |
- |
1.652.600 |
1.636.074 |
1.636.074 |
Legge 338/2000, art. 1 co. 1: Alloggi e residenze per studenti universitari (U.P.B. 25.2.3.3 - cap. 8967) |
30.987 |
- |
- |
31.607 |
31.291 |
31.291 |
Ministero dell’interno |
|
|
|
|
|
|
L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 5.1.1.1 - cap. 2674) |
24.842 |
- |
- |
24.842 |
24.842 |
23.240 |
L. 968/1969 e D.L. 361/1995, art. 4: Fondo scorta Corpo nazionale Vigili del Fuoco (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1916) |
19.873 |
- |
- |
19.873 |
19.873 |
18.591 |
D.P.R. 309/1990, art. 101: Prevenzione e repressione traffico sostanze stupefacenti (U.P.B. 5.1.1.1 – cap. 2668; U.P.B. 5.1.1.4 - cap 2815) |
3.378 |
- |
- |
3.378 |
3.378 |
3.160 |
Legge 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.1 – cap. 1286) |
122 |
- |
- |
122 |
122 |
114 |
Ministero dell’ambiente |
|
|
|
|
|
|
L. 979/1982, art. 7: Difesa del mare (U.P.B. 2.1.2.5 - capp. 1644,1646) |
47.696 |
-1.910 |
45.786 |
47.117 |
47.117 |
44.078 |
D.L. n. 2/1993: Commercio e detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (U.P.B. 2.1.1.0 – capp. 1388, 1389) |
248 |
- |
- |
248 |
248 |
232 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.3 - cap. 1551) |
58.672 |
-2.350 |
56.322 |
57.851 |
57.851 |
54.120 |
D.Lgs. 300/99, art. 38: ANPA (U.P.B. 7.1.2.1 – cap. 3621 – U.P.B. 7.2.3.2 – cap. 8831) |
93.216 |
-3.730 |
89.486 |
92.505 |
92.208 |
88.157 |
Ministero delle infrastrutture e trasporti |
|
|
|
|
|
|
L. 721/1954: Fondo scorta per le capitanerie di porto (U.P.B. 6.1.1.1 - cap. 2661)
|
4.968 |
- |
- |
4.968 |
4.968 |
4.648 |
L. 267/1991, art. 1, co. 1 : Piano nazionale della pesca – Mezzi operativi e strumentali (U.P.B. 6.1.1.5 – cap. 2719) |
1.495 |
-600 |
895 |
913 |
913 |
854 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 4.1.2.18 – cap. 2032) |
409 |
-20 |
389 |
397 |
397 |
371 |
D.L. 535/1996: Contributo al centro internazionale radio medico CIRM (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 2098) |
727 |
- |
- |
727 |
727 |
680 |
D.Lgs. 250/1997, art. 7: Istituzione dell'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) (U.P.B. 4.1.2.13 – cap. 2161) |
63.441 |
-2.540 |
60.901 |
62.119 |
62.119 |
68.112 |
L. 431/1998: Disciplina delle locazioni e rilascio degli immobili ad uso abitativo (art. 11, comma 1) (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 1690) |
246.010 |
- |
- |
246.010 |
246.010 |
230.143 |
Ministero della difesa |
|
|
|
|
|
|
R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità dei Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1253) |
45.460 |
- |
- |
45.460 |
45.460 |
42.528 |
R.D. 263/1928, art. 17, co. 2: Amministrazione e contabilità del Corpo dell’Arma dei Carabinieri (U.P.B. 7.1.1.1 – cap. 4840) |
16.147 |
- |
- |
16.147 |
16.147 |
15.106 |
L. 549/1995, art. 1, comma 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 – cap. 1352) |
910 |
-40 |
870 |
887 |
887 |
830 |
D.Lgs. 300/1999, art. 22, co. 1: Finanziamento Agenzia industrie difesa (U.P.B. 3.1.2.8 - cap. 1360, 1367; 3.2.3.6 - cap. 7145) |
14.800 |
- |
- |
14.800 |
14.775 |
13.982 |
L. 267/2002, art. 1, co. 2: Contributi dello Stato all'INSEAN (U.P.B. 3.1.2.4 - cap. 1354) |
4.394 |
- |
- |
4.482 |
4.482 |
4.193 |
L. 267/2002, art. 1, co. 3: Contributi dello Stato in favore dell'IHO (U.P.B. 3.1.2.2 - cap. 1345) |
68 |
- |
- |
68 |
68 |
68 |
Ministero delle politiche agricole e forestali |
|
|
|
|
|
|
L. 267/1991 Art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la pesca marittima (U.P.B. 2.1.1.0 e 2.1.2.7 – capitoli vari)
|
30.358 |
-1.210 |
29.148 |
19.231 |
19.231 |
17.992 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 2200) |
5.641 |
-230 |
5.411 |
5.923 |
5.923 |
5.541 |
D.Lgs. 454/1999: Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2083) |
19.377 |
-500 |
18.877 |
94.760[594] |
94.760 |
78.648 |
Ministero per i beni e le attività culturali |
|
|
|
|
|
|
L. 190/1975: Biblioteca nazionale centrale "Vittorio Emanuele II" di Roma (U.P.B. 3.1.1.0 – cap. 1941) |
2.732 |
- |
- |
2.732 |
2.732 |
2.556 |
D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P.B. 2.1.1.0 - capp. 1261, 1262 ; U.P.B. 3.1.1.0 – capp. 1942, 1943) |
6.056 |
- |
- |
6.056 |
6.056 |
5.664 |
L. 163/1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (U.P.B. 5.1.2.2 e 5.2.3.9 – cap. vari) |
500.000 |
18.590 |
518.590 |
491.038 |
490.080 |
464.590 |
L. 118/1987: Norme relative alla Scuola archeologica italiana in Atene (U.P.B. 4.1.2.1 – cap. 2363) |
967 |
- |
- |
967 |
967 |
905 |
L. 466/1988: Contributo Accademia nazionale dei Lincei (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2052) |
3.188 |
-130 |
3.058 |
3.119 |
3.119 |
2.918 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.3 - cap. 2100) |
35.626 |
-1.430 |
34.196 |
34.880 |
34.880 |
32.630 |
Ministero della salute |
|
|
|
|
|
|
D.L.C.P.S. 1068/1947: Contributo all’organizzazione mondiale della sanità (U.P.B. 4.1.2.10 – cap. 4320) |
19.631 |
- |
- |
20.024 |
20.024 |
20.024 |
DPR 613/1980: Contributo alla Croce Rossa Italiana (U.P.B. 3.1.2.20 - cap. 3453) |
34.467 |
- |
- |
35.156 |
35.156 |
32.888 |
D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo sanitario nazionale - Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione (U.P.B. 3.1.2.10 - cap. 3392)
|
206.809 |
- |
- |
210.945 |
210.945 |
197.339 |
D.Lgs. 267/1993: Riordinamento Istituto superiore di sanità (U.P.B. 3.1.2.16 - cap. 3443/p) |
95.532 |
- |
- |
95.532 |
95.532 |
89.370 |
D.Lgs. 268/1993: Riordinamento dell’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (U.P.B. 3.1.2.17 - cap. 3447) |
68.302 |
- |
- |
75.000 |
75.000 |
70.163 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.11 - cap. 3412) |
6.400 |
-260 |
6.140 |
6.263 |
6.263 |
5.859 |
L. 434/1998: Finanziamento interventi prevenzione del randagismo (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 4340) |
4.635 |
- |
- |
4.635 |
4.635 |
4.336 |
L. 129/2001, art. 2, co. 4: Agenzia servizi sanitari regionali (U.P.B. 3.1.2.21 - cap. 3457) |
5.829 |
-230 |
5.599 |
5.711 |
5.711 |
5.343 |
D.L. 269/2003, art. 48, co. 9: Agenzia Italiana del Farmaco (U.P.B. 3.1.2.22 - cap. 3458, 3459; U.P.B. 3.2.3.5 - cap. 7230) |
- |
- |
- |
50.988 |
50.987 |
48.706 |
Articolo
1, comma 562
(Rifinanziamento di spese di conto
capitale)
562. Ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall’articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell’economia classificati fra le spese in conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.
Il comma 562 approva l’entità degli stanziamenti di cui alla Tabella D, nella quale vengono rifinanziate alcune leggi di spesa di conto capitale recanti interventi di sostegno dell’economia.
L’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978 (come modificato dall’articolo 2, comma 16, della legge n. 208 del 1999) prevede che la Tabella D della legge finanziaria disponga:
- il rifinanziamento per un solo anno di interventi di conto capitale per i quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza;
- il rifinanziamento per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti (indipendentemente dal fatto che abbiano una dotazione finanziaria) che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.
Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale.
In sede di prima applicazione, il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 208/1999 ha previsto che fosse la legge finanziaria per il 2000 a indicare l’elenco delle leggi vigenti recanti interventi di parte capitale, che potevano essere incluse nella Tabella D e rifinanziate per un periodo pluriennale. L’elenco è riportato nell’Allegato 1 alla legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).
Ai sensi dell’articolo 70, comma 7, di detta legge, infatti, è stato precisato che “(…) le leggi vigenti rifinanziabili per un periodo pluriennale ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della medesima legge, sono indicate (…) dall’allegato 1” della legge finanziaria medesima.
In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere rifinanziate pluriennalmente in Tabella D soltanto se sono state incluse nell’allegato 1 della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne prevede l’inserimento in Tabella D.
Il totale dei rifinanziamenti previsti in Tabella D dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.C. 5310) ammontava a 1.406 milioni euro per il 2005, a 5.163 milioni per il 2006 e a 19.713 milioni per il 2007.
A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame parlamentare, gli stanziamenti di Tabella D risultano pari a 1.757,291 milioni di euro per il 2005, a 5.236,791 milioni per il 2006, a 19.455 milioni per il 2007.
La Tabella D della legge finanziaria per il 2005 dispone i seguenti rifinanziamenti:
Ministero dell’economia e delle finanze
§ 3 milioni per ogni annualità del Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito (legge n. 730 del 1983, art. 18) (Tab. F - Settore 9);
§ 932,5 milioni per il 2006 e 4.304 milioni per il 2007 del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (legge n. 183 del 1987) (Tab. F - Settore27);
§ 40 milioni nel 2005, 20 milioni per il 2006 e 10 milioni per il 2007 in favore dell’Artigiancassa (legge n. 67 del 1988, art. 15. co. 43) (Tab. F - Settore 10);
§ 50 milioni per il 2007 per la partecipazione al processo normativo comunitario - (legge n. 86 del 1989, art. 3) (Tab. F - Settore 27);
§ 11 milioni per il 2005 per il Fondo per la montagna (legge n. 97 del 1994) (Tab. F - Settore 19);
§ 400 milioni per il 2005, 4 miliardi per il 2006 e 6,3 miliardi per il 2007 quale apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 14) (Tab. F - Settore 11);
§ 750 milioni nel 2005 per la ricapitalizzazione società di trasporto aereo (legge n. 194 del 1998, art. 1, co. 4) (Tab. F - Settore 11);
§ 1 miliardo nel 2007 per gli interventi di edilizia sanitaria (legge n. 448 del 1998, art. 50, co. 1, lettera c) (Tab. F - Settore 17);
§ 68 milioni nel 2005, 48 milioni nel 2006 e 7.728 milioni nel 2007 quali risorse aggiuntive destinate al Fondo per le aree sottoutilizzate (legge n. 289 del 2002, art. 61) (Tab. F - Settore 4);
§ 3 milioni per il 2005 per interventi nel settore bieticolo saccarifero (legge n. 289 del 2002, art. 69, co. 9) (Tab. F - Settore 21);
§ 65 milioni per il 2005 per i progetti strategici settore informatico (legge n. 350 del 2003, art. 4, co. 8) (Tab. F - Settore 27);
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
§ 217 milioni per il 2005, 60 milioni sia per il 2006 che per il 2007 a favore del Fondo per l’occupazione (D.L. n. 148 del 1993, art. 1, co. 7) (Tab. F - Settore 27);
Ministero degli affari esteri
§ 10 milioni per il 2005 per le sedi per rappresentanze diplomatiche e alloggi per il personale (legge n. 477 del 1998) (Tab. F - Settore 17);
Ministero dell’istruzione, università e ricerca
§ 4,430 milioni per l’edilizia universitaria (legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 8) (Tab. F - Settore 23);
§ 570.000 euro per il programma nazionale di ricerca in Antartide (legge n. 266 del 1997, art. 5, co. 3) (Tab. F - Settore 13);
§ 2 milioni per la ricerca di base (legge n. 388 del 2000, art. 104, co. 4) (Tab. F - Settore 13);
Ministero dell’interno
§ 103,291 milioni sia per il 2005 che per il 2006 per la fornitura gratuita di libri di testo (legge n. 448 del 1998, art. 27) (Tab. F - Settore 27);
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
§ 80 milioni nel 2005 e 70 milioni nel 2006 per gli interventi per Roma capitale (legge n. 396 del 1990) (Tab. F - Settore 25).
Tutte le autorizzazioni legislative che vengono rifinanziate, annualmente o pluriennalmente, in Tabella D sono esposte nella Tabella F, nei settori sopra segnalati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2005, 2006, 2007 e per l’anno 2008 e successivi.
Per una analisi delle disponibilità finanziarie di ciascuna autorizzazione di spesa di cui al precedente elenco (come previste a legislazione vigente e come modificate dalla legge finanziaria per effetto di eventuali rifinanziamenti o definanziamenti disposti dalle Tabella D o E e di eventuali rimodulazioni disposte dalla Tabella F), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 564).
Articolo
1, comma 563
(Riduzione di autorizzazioni legislative
di spesa)
563. Ai termini dell’articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.
Il comma 563 dispone, in attuazione dell’articolo 11, commi 3, lettera e), della legge n. 468/1978 (come sostituito dall'articolo 5 della legge n. 362/1988), in ordine alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa (definanziamenti) per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale (Tabella E).
La riduzione delle spese mediante definanziamento permette tra l’altro di reperire risorse ai fini della copertura dei maggiori oneri recati dalla finanziaria stessa.
Gli effetti riduttivi della Tabella E sono computati negli importi esposti nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.
Il codice 1 indicato nell’ultima colonna della tabella (la colonna “definanziamento”) significa che la riduzione viene disposta in via permanente, sino all’anno di scadenza dell’autorizzazione di spesa.
La Tabella E della legge finanziaria per il 2005 dispone definanziamenti pari a 98,217 milioni sia per il 2005 che per il 2006.
Le autorizzazioni di spesa interessate dai definanziamenti sono:
§ l’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 recante interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati con una riduzione di 4,5 milioni per il 2005 e per il 2006 (Tab. F – Settore 19);
§ il fondo unico per gli investimenti del Ministero delle politiche agricole e forestali con una riduzione di 93,717 milioni sia nel 2005 che nel 2006 (Tab. F – Settore 27).
Le autorizzazioni legislative definanziate dalla Tabella E sono esposte nella Tabella F, ai settori indicati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2005, 2006, 2007 e per l’anno 2008 e successivi.
Anche per una analisi delle disponibilità finanziarie delle autorizzazione di spesa definanziate dalla Tabella E (come previste a legislazione vigente e come modificate dalla legge finanziaria), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 564).
Articolo
1, comma 564
(Modulazione delle leggi pluriennali di
spesa)
564. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.
Il comma 564 dispone in ordine agli stanziamenti iscritti nella Tabella F. La Tabella Frimodula le quote per il triennio finanziario di riferimento delle leggi di spesa in conto capitale pluriennali, senza tuttavia poter variare lo stanziamento complessivo di ciascuna legge (art. 11, comma 3, lettera e) e art. 11-quater, comma 1,della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni).
Il disegno di legge finanziaria deve inoltre indicare in apposito allegato per ciascuna legge di spesa pluriennale i residui di stanziamento e le giacenze di tesoreria eventualmente in essere al 30 giugno dell'anno in corso.
Quest'ultima prescrizione ha fini meramente conoscitivi; essa consente peraltro di avere indicazioni sulla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni: i residui di stanziamento si formano infatti allorché, rispetto agli stanziamenti di competenza, non siano stati assunti impegni di spesa; le giacenze di tesoreria si formano invece alla fine della procedura di spesa del bilancio (qualora le somme relative debbano transitare in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria) in relazione al loro mancato utilizzo da parte dei soggetti destinatari.
In attuazione di quanto disposto dall'articolo 11-quater, lettera d) della legge n. 468 del 1978, l'allegato 6 al disegno di legge finanziaria (A.C. 5310) indica i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e le giacenze in essere alla medesima data.
La Tabella F ha la funzione di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge. Tale stanziamento, peraltro, può essere modificato mediante rifinanziamenti disposti nella Tabella D o definanziamenti disposti nella Tabella E. Qualora le leggi interessate siano esposte in Tabella F, l’importo indicato tiene conto anche di dette variazioni.
La Tabella F sconta, quindi, anche i rifinanziamenti esposti nella Tabella D e i definanziamenti previsti dalla Tabella E.
Nel testo del disegno di legge finanziaria 2005 (A.C. 5310) gli importi iscritti in Tabella F ammontavano complessivamente a 20.225 milioni per il 2005, 22.566,5 milioni per il 2006, 17.593,6 milioni per il 2007 e a 33.674 milioni per il 2008 e gli anni successivi.
Tali importi scontavano già i nuovi rifinanziamenti disposti dalla Tabella D (pari a 1.406 milioni per il 2005, 5.136 milioni per il 2006 e 19.713 milioni per il 2007) e i definanziamenti di Tabella E (98 milioni per il 2005 e il 2006).
Rispetto al bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311), le rimodulazioni proposte dalla Tabella F della legge finanziaria 2005 determinano una riduzione delle autorizzazioni di spesa di 5.661,8 milioni per il 2005, di 11.219 milioni di euro per il 2006, di 13.449 milioni per il 2007, con incrementi compensativi delle autorizzazioni di spesa per 30.325 milioni nel 2008 e negli anni successivi.
A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame parlamentare, l’ammontare complessivo delle autorizzazioni pluriennali di spesa riportato in Tabella F è pari a 20.576 milioni per il 2005, a 22.640 milioni per il 2006, a 17.335 milioni per il 2007 e a 33.664 milioni per il 2008 e anni successivi.
Le variazioni degli importi complessivi della Tabella F rispetto al disegno di legge finanziaria iniziale sono dovute esclusivamente ai maggiori rifinanziamenti disposti in Tabella D nel corso dell’iter parlamentare.
Si analizzano, di seguito, le autorizzazioni pluriennali di spesa esposte nella Tabella F che hanno subito variazioni, rispetto al bilancio a legislazione vigente (BLV), per effetto:
§ di rifinanziamenti di Tabella D;
§ di definanziamenti di Tabella E;
§ di rimodulazioni di Tabella F.
Nelle tabelle che seguono, ripartite per settore, sono indicate, per ciascuna legge pluriennale di spesa, le disponibilità finanziarie previste a legislazione vigente e le variazioni determinate dalla legge finanziaria (eventuali rifinanziamenti di Tabella D, definanziamenti di Tabella E, rimodulazioni di Tabella F, eventuali variazioni determinate da disposizioni contenute nell’articolato).
L’ultima riga di ciascuna tabella indica l’importo esposto nella Tabella F che rappresenta l’effettiva entità delle risorse disponibili per il triennio 2005-2007 e negli anni 2008 e successivi di ciascuna autorizzazione di spesa.
Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.
Settore 2 - Interventi a favore delle imprese
Ministero attività produttive
L. n. 448/1998, art. 52, co. 1 – Fondo unico per gli incentivi alle imprese (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
150.000 |
50.000 |
- |
- |
Tabella F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
100.000 |
100.000 |
- |
- |
* La dotazione del Fondo unico per gli incentivi alle impresenella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 2.326 milioni, in quanto in esso sono ricomprese le risorse destinate al settore commerciale, all’industria aeronautica, all’innovazione tecnologica, all’imprenditorialità femminile, agli interventi nelle aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive.
Settore 3 - Interventi per calamità naturali
Ministero economia e finanze
D.L. n. 142/1991, art. 6, co. 1 – Fondo protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7446/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
227.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-100.000 |
+100.000 |
- |
- |
Disponibilità |
127.000 |
100.000 |
- |
- |
* La dotazione del capitolo 7446 nella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 410 milioni.
D.L. n. 433/1991, art. 1, co. 1 – Contributo straordinario alla regione siciliana per la ricostruzione dei comuni colpiti da eventi sismici (U.P.B. 4.2.3.1 - cap. 7451) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
100.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
50.000 |
50.000 |
- |
- |
L. n. 350/2003, art. 4, co. 91 – Prosecuzione degli interventi e dell'opera di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza di cui al DPCM 29 novembre 2002 (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7443/p) Limiti di impegno |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
10.000 |
10.000 |
|
Tabella F |
- |
-10.000 |
-10.000 |
+10.000 |
Disponibilità |
- |
- |
- |
10.000 |
* La dotazione del capitolo 7443 nella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 663 milioni.
D.L. n. 355/2003, art. 20, co. 1 – Proroga e completamento degli interventi a favore dei comuni colpiti da eventi sismici e altre calamità (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7443/p) Limite di impegno |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
5.000 |
5.000 |
|
Tabella F |
- |
-5.000 |
-5.000 |
+5.000 |
Disponibilità |
- |
- |
- |
5.000 |
* La dotazione del capitolo 7443 nella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 663 milioni.
Ministero ambiente e territorio
D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 - Rischio idrogeologico nella Regione Campania, misure di prevenzione per le aree a rischio (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
100.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
50.000 |
50.000 |
- |
- |
* Nella legge di bilancio per il 2005 la dotazione del capitolo 7090 (Fondo unico investimenti, sul quale confluiscono le risorse relative a sedici autorizzazioni legislative di spesa) ammonta a 497 milioni (cfr. scheda di lettura relativa al comma 567).
Settore 4 - Interventi nelle aree sottoutilizzate
Ministero economia e finanze
L. n. 64/1986 – Intervento straordinario nel Mezzogiorno (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
674.685 |
300.000 |
- |
- |
Tabella F |
-200.000 |
+100.000 |
+100.000 |
- |
Disponibilità |
474.685 |
400.000 |
100.000 |
|
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
4.904.116 |
8.559.900 |
2.700.000 |
- |
Articolato (co. 361) |
-55.000 |
-100.000 |
-100.000 |
- |
Articolato (co. 524) |
+2.000 |
- |
- |
- |
Tabella D |
+68.000 |
+48.000 |
+7.728.000 |
- |
Tabella F |
-1.950.000 |
-1.300.000 |
-3.550.000 |
+6.800.000 |
Disponibilità* |
2.969.116 |
7.207.900 |
6.778.000 |
6.800.000 |
* La Tabella F non sconta gli effetti dei commi 361 e 524 della legge finanziaria e indica per il 2005 un importo di 3.030.116 migliaia di euro, in quanto in essa vengono ricompresi gli stanziamenti per l’ammodernamento delle P.A. nel Mezzogiorno (8 milioni), che nel BLV 2005 sono iscritti sul cap. 7672/Economia (UPB 5.2.3.19).
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Credito di imposta investimenti (U.P.B. 6.2.3.12 - cap. 7790) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
260.000 |
|
- |
- |
Tabella F |
-160.000 |
+160.000 |
- |
- |
Disponibilità |
100.000 |
160.000 |
- |
- |
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Credito di imposta investimenti (U.P.B. 6.2.3.12 - cap. 7791) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
1.030.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-565.000 |
+565.000 |
- |
- |
Disponibilità |
465.000 |
565.000 |
- |
- |
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Credito di imposta occupazione (U.P.B. 6.2.3.12 - cap. 7793) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
975.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-540.000 |
+540.000 |
- |
- |
Disponibilità |
435.000 |
540.000 |
- |
- |
Ministero attività produttive
DL 415/1992, art. 1, co. 2 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
750.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
700.000 |
50.000 |
- |
- |
L 208/1998, art. 1, co. 1 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
2.375.702 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-1.400.000 |
+1.400.000 |
- |
- |
Disponibilità |
975.702 |
1.400.000 |
- |
- |
* La dotazione del Fondo unico per gli incentivi alle impresenella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 2.326 milioni, in quanto in esso sono ricomprese le risorse destinate al settore commerciale, all’industria aeronautica, all’innovazione tecnologica, all’imprenditorialità femminile, agli interventi nelle aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive.
Ministero istruzione, università e ricerca
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime (U.P.B. 4.2.3.5 – cap. 7254/p e U.P.B. 4.2.3.11 - cap. 7308/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
547.390 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-100.000 |
+100.000 |
- |
- |
Disponibilità |
447.390 |
100.000 |
- |
- |
Ministero comunicazioni
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime: Reti di comunicazione (U.P.B. 2.2.3.4 - cap. 7230) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
144.780 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-134.780 |
+34.780 |
+50.000 |
+50.000 |
Disponibilità |
10.000 |
34.780 |
50.000 |
50.000 |
Settore 9 - Mediocredito Centrale
Ministero economia e finanze
D.L. 251/1981, art. 2 - Fondo rotativo finanziamento imprese esportatrici (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7301) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
102.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
52.000 |
50.000 |
- |
- |
L. 730/1983 art. 18, co. 8-9: Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito (U.P.B. 1.2.3.4 – cap. 7005) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+3.000 |
+3.000 |
+3.000 |
- |
Disponibilità |
3.000 |
3.000 |
3.000 |
- |
Settore 10 - Artigiancassa
Ministero economia e finanze
L. 67/1988, art. 15, co. 43: Artigiancassa (U.P.B. 3.2.3.19 - cap. 7165) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+40.000 |
+20.000 |
+10.000 |
- |
Disponibilità |
40.000 |
20.000 |
10.000 |
- |
Settore 11 - Interventi nel settore dei trasporti
Ministero economia e finanze
L. 662/1996, art. 2, co. 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (U.P.B. 3.2.3.15. – cap. 7122) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
2.582.000 |
4.257.596 |
7.000.000 |
|
Tabella D |
+400.000 |
+4.000.000 |
+6.300.000 |
|
Tabella F |
- |
-5.000.000 |
-9.700.000 |
+14.700.000 |
Disponibilità |
2.982.000 |
3.257.596 |
3.600.000 |
14.700.000 |
L. 194/1998, art. 1, co. 4: Ricapitalizzazione società di trasporto aereo (U.P.B. 3.2.3.32 - cap. 7290) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+750.000 |
|
|
- |
Disponibilità |
750.000 |
|
|
- |
Settore 13 - Interventi nel settore della ricerca
Ministero economia e finanze
D.L. 269/2003, art. 4, co. 10: Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia (U.P.B. 3.2.3.50 – cap. 7380) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
100.000 |
100.000 |
100.000 |
700.000 |
Tabella F |
-49.000 |
+24.000 |
+25.000 |
- |
Disponibilità |
51.000 |
124.000 |
125.000 |
700.000 |
Ministero istruzione, università e ricerca
L. 266/1997, art. 5, co. 3: Programma nazionale di ricerca in Antartide (U.P.B. 4.2.3.8, cap. 7302/p ) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
28.405 |
- |
- |
- |
Tabella D |
570 |
|
|
- |
Disponibilità |
28.975 |
|
|
- |
L. 388/2000, art. 104, co. 4: Ricerca di base (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7302/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
100.000 |
- |
- |
- |
Tabella D |
2.000 |
|
|
- |
Disponibilità |
102.000 |
|
|
- |
* Nella legge di bilancio per il 2005 la dotazione del capitolo 7302 (Fondo unico investimenti università e ricerca, sul quale confluiscono le risorse relative a sei autorizzazioni legislative di spesa) ammonta a 240 milioni (cfr. scheda di lettura relativa al comma 567).
Settore 17 - Edilizia penitenziaria, giudiziaria, sanitaria, di servizio
Ministero economia e finanze
L. 448/1998, art. 50, co. 1, lett. c) – Edilizia sanitaria pubblica (U.P.B. 4.2.3.3 – cap. 7464) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
761.119 |
3.340.000 |
- |
- |
Tabella D |
- |
- |
+1.000.000 |
- |
Tabella F |
-100.000 |
-2.700.000 |
-300.000 |
+3.100.000 |
Disponibilità |
661.119 |
640.000 |
700.000 |
3.100.000 |
L. 350/2003, art. 3 , co. 144 – Risanamento Policlinico Umberto I di Roma (U.P.B. 4.2.3.21 – cap. 7560) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
60.000 |
75.000 |
- |
- |
Tabella F |
- |
-15.000 |
+15.000- |
- |
Disponibilità |
60.000 |
60.000 |
15.000 |
- |
ministero affari esteri
L. 477/1998 - Sedi per rappresentanze diplomatiche e alloggi per il personale (U.P.B. 6.2.3.3 - cap. 7245) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
10.000 |
- |
- |
- |
Disponibilità |
10.000 |
- |
- |
- |
Ministero infrastrutture e trasporti
L. 910/1986, art. 7, co. 6 - Completamento delle opere per immobili da destinare agli istituti di prevenzione e pena (U.P.B. 3.2.3.7 – cap. 7473) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
200.000 |
- |
- |
- |
Tabella F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
150.000 |
50.000 |
- |
- |
Settore 19 - Difesa del suolo e tutela ambientale
Ministero economia e finanze
L. 97/1994: Fondo per la montagna (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
20.000 |
- |
- |
- |
Tabella D |
+11.000 |
- |
- |
- |
Disponibilità |
31.000 |
- |
- |
- |
Ministero Ambiente e territorio
L. 426/1998, art. 1, co. 1: Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
52.167 |
18.807 |
- |
- |
Tabella E |
-4.500 |
-4.500 |
- |
- |
Disponibilità |
47.667 |
14.307 |
- |
- |
* Nella legge di bilancio per il 2005 la dotazione del capitolo 7090 (Fondo unico investimenti, sul quale confluiscono le risorse relative a sedici autorizzazioni legislative di spesa) ammonta a 497 milioni (cfr. scheda di lettura relativa al comma 567).
Ministero politiche agricole
L. 350/2003, art. 4, co. 31: Recupero risorse idriche (U.P.B. 3.2.3.3 - cap. 7453) Limite di impegno |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
|
50.000 |
50.000 |
|
Tabella f |
|
-50.000 |
-50.000 |
+50.000 |
Disponibilità |
|
- |
- |
50.000 |
* La dotazione del capitolo 7453 nella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 81 milioni
Settore 21 – Interventi in agricoltura
Ministero economia e finanze
L. 289/2002, art. 69 co. 9: Interventi nel settore bieticolo saccarifero (U.P.B. 3.2.3.46 - cap. 7375) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+3.000 |
- |
- |
- |
Disponibilità |
3.000 |
- |
- |
- |
Settore 23 – Università
Ministero Istruzione, università e ricerca
L. 910/1986, art. 7, co. 8: Edilizia universitaria (U.P.B. 4.2.3.9 - cap. 7304) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
150.000 |
150.000 |
- |
- |
Tabella D |
+4.430 |
- |
- |
- |
Disponibilità |
154.430 |
150.000 |
- |
- |
Settore 25 – Sistemazione aree urbane
Ministero infrastrutture e trasporti
L. 396/1990, art. 10, co. 1: Fondo per Roma capitale (U.P.B. 3.2.3.20 - cap. 7657) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
80.000 |
70.000 |
- |
- |
Disponibilità |
80.000 |
70.000 |
- |
- |
Settore 27 - Interventi diversi
Ministero economia e finanze
L. n. 183/1987 art. 5: Coordinamento politiche comunitarie - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
4.189.000 |
8.800.000 |
- |
- |
Tabella D |
- |
932.500 |
4.304.000 |
- |
Tabella F |
- |
-5.500.000 |
-100.000 |
+5.600.000 |
Disponibilità |
4.189.300 |
4.232.500 |
4.204.000 |
5.600.000 |
L. 86/1989, art. 3: Partecipazione al processo normativo comunitario - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7493/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
50.000 |
50.000 |
- |
- |
Tabella D |
- |
- |
+50.000 |
- |
Disponibilità |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
- |
* La dotazione del capitolo 7453 nella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 4.239 milioni, ricomprendendo le autorizzazioni relative alla legge n. 183/1987 e alla legge n. 86/1989.
L. 350/2003, art. 4, co. 8: Progetti strategici settore informatico (U.P.B. 4.2.3.28 - cap. 7579) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
65.000 |
65.000 |
- |
- |
Tabella D |
+65.000 |
- |
- |
- |
Disponibilità |
130.000 |
65.000 |
- |
- |
Ministero lavoro e politiche sociali
D.L. 148/1993, art. 1, comma 7: Interventi a sostegno dell'occupazione - Fondo per l’occupazione (U.P.B. 3.2.3.1 - cap. 7202) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
520.000 |
- |
- |
- |
Tabella D |
+217.000 |
+60.000 |
+60.000 |
- |
Tabella F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
687.999* |
110.000 |
60.000 |
- |
* La dotazione del Fondo per l’occupazione nella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 1.191,847 milioni, in quanto in esso, oltre alle risorse riferite al D.L. n. 148/1993, confluiscono anche le risorse derivanti da altri provvedimenti legislativi.
Ministero dell’interno
L. 448/1998, art. 27: Fornitura gratuita libri di testo (U.P.B. 2.2.3.6 - cap. 7243) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
103.291 |
103.291 |
- |
- |
Disponibilità |
103.291 |
103.291 |
- |
- |
Ministero politiche agricole
L. n. 448/2001, art. 46, co. 4: Fondo investimenti (U.P.B. 1.2.1.10 – cap. 7003/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
334.025 |
334.025 |
- |
- |
Tabella E |
-93.717 |
-93.717 |
- |
- |
Tabella F |
-13.000 |
-13.000 |
+26.000 |
- |
Disponibilità |
227.308 |
227.308 |
26.000 |
- |
* Nella legge di bilancio per il 2005 la dotazione del capitolo 7003 (Fondo unico investimenti, sul quale confluiscono le risorse relative a sei autorizzazioni legislative di spesa) ammonta a 238,4 milioni (cfr. scheda di lettura relativa al comma 567).
565. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella F allegata alla presente legge, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell’anno 2005, a carico di esercizi futuri, nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.
Ai sensi dell'articolo 11-quater, comma 2, della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.
La disposizione demanda tuttavia alla legge finanziaria la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.
In ogni caso, i pagamenti devono essere contenuti entro i limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.
Come già le leggi finanziarie precedenti, la legge finanziaria per il 2005 si avvale della predetta facoltà di limitare la impegnabilità dei fondi stanziati con le leggi pluriennali, esposte in Tabella F, contrassegnando, nella medesima tabella:
- con il n. 1, le quote degli anni 2006 ed esercizi successivi non impegnabili;
- con il n. 2 le quote degli anni 2006 e successivi impegnabili al 50%;
- con il n. 3 le quote degli anni 2006 e successivi interamente impegnabili.
Sono comunque fatti salvi gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2004 e quelli derivanti da spese in annualità.
Analogamente alle precedenti leggi finanziarie, si prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare nel 2005 le risorse relative agli anni successivi, con due eccezioni, per le quali le quote relative agli anni 2006 e successivi non sono impegnabili:
- legge n. 354/1998, articolo 3, per quanto concerne il potenziamento degli itinerari ferroviari (settore 11);
- legge n. 398/1998, disposizioni finanziarie a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese (settore 27).
Articolo
1, comma 566
(Eccedenze di spesa)
566. In applicazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell’allegato 1 alla presente legge. A tali misure non si applicano le disposizioni di cui ai commi da 8 a 11.
Analogamente a quanto già previsto nella legge finanziaria per il 2004, il comma 566, dispone l’approvazione dell’allegato 1, con il quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche autorizzazioni di spesa.
Il finanziamento di tali oneri viene disposto in attuazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978, introdotto dal decreto-legge n. 194/2002 (c.d. decreto-legge “tagliaspese”), ai sensi del quale nella legge finanziaria possono essere inserite misure correttive degli effetti finanziari di leggi in relazione alle quali, in fase di attuazione, si sono verificati scostamenti rispetto alle previsioni.
La formulazione della legge n. 468/1978 fa peraltro riferimento a “misure correttive”, che potrebbero anche configurarsi come interventi di revisione delle disposizioni che hanno dato luogo a maggiori oneri, in modo da evitare l’emersione di ulteriori scostamenti, piuttosto che come la semplice attribuzione di finanziamenti aggiuntivi.
Il decreto legge 6 settembre 2002 n. 194, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", (cosiddetto decreto "tagliaspese"), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246, ha previsto che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime (articolo 1, comma 1, lett. a), che novella l’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468/1978).
Nel caso in cui, in fase di attuazione, si determinino oneri superiori ai limiti della spesa espressamente autorizzata, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose (lett. b) dell’articolo 1, comma 1).
In ogni caso, qualora dall’attuazione di disposizioni di legge si determinino, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2 del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).
Il D.L. n. 194/2002 ha, tuttavia, stabilito che misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge).
Ha inoltre disposto che in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).
L’ultimo periodo del comma 566 precisa che ai finanziamenti disposti dall’allegato 1 in relazione ad eccedenze di spesa non si applicano le disposizioni dei commi da 8 a 11, che fissano al 2% il limite di incremento degli stanziamenti del bilancio dello Stato rispetto alle previsioni dell’esercizio precedente.
Le eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 dispone il finanziamento ammontano a 3.236,5 milioni di euro per il 2005, a 242,4 milioni di euro per il 2006 e a 237,4 milioni di euro per il 2007.
Peraltro, negli stanziamenti riferiti al 2005 è compreso anche il finanziamento di oneri che si sono determinati nel 2004 e, in taluni casi, negli anni precedenti, per un importo complessivo di 1.105,9 milioni di euro.
Gli importi riferiti agli anni precedenti vengono trattati come regolazioni debitorie.
Sotto il profilo degli effetti finanziari, si segnala che l’incidenza sull’indebitamento netto delle eccedenze di spesa risulta notevolmente inferiore rispetto all’ammontare dei finanziamenti aggiuntivi iscritti nel bilancio dello Stato.
In particolare, per il 2005, a fronte di nuovi finanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per 2.130,6 milioni di euro, viene computato un incremento delle spese rilevanti ai fini della determinazione dell’indebitamento netto per 508,1 milioni di euro.
Un ultimo profilo rilevante è rappresentato dalla tipologia delle spese per le quali l’allegato 1 dispone finanziamenti aggiuntivi, volti a dare copertura agli oneri eccedenti le previsioni.
Sulla base di quanto disposto dal decreto-legge n. 194/2002, la copertura finanziaria di disposizioni di legge onerose si configura:
1) come tetto di spesa non superabile (pena la cessazione di efficacia della disposizione);
2) come previsione di spesa, a fianco della quale viene introdotta una clausola di salvaguardia.
Questa dicotomia sembra implicare che le misure correttive contenute nella legge finanziaria si riferiscano a disposizioni onerose riconducibili alla seconda tipologia, vale a dire si riferiscano a disposizioni onerose per le quali non può essere stabilito un tetto di spesa (ad esempio, prestazioni connesse a diritti soggettivi costituzionalmente tutelati). Nella legge finanziaria per il 2005, come detto, sono state invece inserite tra le eccedenze di spesa disposizioni di carattere assai eterogeneo.
Le voci di spesa per le quali l’allegato 1 della legge finanziaria prevede il finanziamento dei maggiori oneri hanno carattere e contenuto assai eterogeneo.
In particolare, si tratta di:
- oneri determinati da prestazioni connesse a diritti soggettivi (trattamento di quiescenza dei dipendenti di Poste italiane; rimborso INAIL degli oneri relativi alle prestazioni a favore dei lavoratori colpiti da silicosi; trasferimenti INPS per prestazioni di invalidità civile; oneri relativi all’armonizzazione del trattamento del personale delle Forze Armate con quello delle Forze di Polizia);
- oneri connessi ad obblighi internazionali (contributo annuale all’Ufficio internazionale dei pesi e misure con sede a Parigi; contributo annuale all’Organizzazione internazionale di metrologia legale con sede a Londra; contributo al Centro internazionale di alti studi agronomici del Mediterraneo; contributo all’ONU per lo sviluppo industriale; contributo relativo alla convenzione delle Nazioni Unite a favore dei paesi colpiti da siccità o desertificazione; contributo per il funzionamento del Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia; contributi connessi allo Statuto del Consiglio d’Europa; contributi relativi alla convenzione tra l’Italia e la Svizzera concernente la protezione delle acque italo-svizzere dall’inquinamento);
- oneri connessi a servizi svolti da soggetti esterni alle amministrazioni pubbliche (compensi ai concessionari della riscossione; rimborso ai concessionari della riscossione delle spese per procedure esecutive infruttuose; compensi ai concessionari della riscossione a titolo di remunerazione variabile; contributo a Poste italiane per le agevolazioni tariffarie elettorali; contributo a Poste italiane per le agevolazioni tariffarie relative all’editoria; spese di giustizia);
- oneri connessi alla definizione di rapporti finanziari tra diverse amministrazioni o nell’ambito delle amministrazioni dello Stato (finanziamento alle regioni per l’esercizio delle funzioni conferite ai sensi del D.Lgs. n. 112/1998 - federalismo amministrativo; trasferimento alle regioni a titolo di quota di compartecipazione all’IVA; trasferimento alle regioni delle risorse destinate a coprire l’incremento della spesa sanitaria derivante dalla legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari; attribuzione al Ministero dell’istruzione del 7,5% dei proventi delle sanzioni per violazioni al codice della strada; ripartizione dei servizi dell’amministrazione centrale del Ministero dell’interno);
- finanziamenti concessi ad enti pubblici e a società di proprietà pubblica (finanziamenti destinati al CONI; finanziamento destinato alle società del gruppo Tirrenia).
Di seguito sono elencate le singoli voci per le quali si sono registrate eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 della legge finanziaria per il 2005 dispone il finanziamento.
Vengono specificamente indicate le quote dei finanziamenti per il 2005 che sono contabilizzate come regolazioni debitorie e le voci per le quali già la legge finanziaria dello scorso anno evidenziava eccedenze di spesa, di cui disponeva il ripiano.
Ministero dell’Economia e delle finanze
Legge 388/2000, art. 68, comma 8 – Buonuscita postali (UPB 3.1.2.29 - cap. 1688)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
127.772 |
71.000 |
66.000 |
2007 |
Il finanziamento per il 2005 include 51,8 milioni di euro relativi ad eccedenze di spesa registrate nel 2004 (regolazioni debitorie).
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 214 milioni di euro per il 2004 e di 40 milioni di euro per il 2005 e per il 2006.
Legge 59/1997 – Federalismo amministrativo (UPB 4.1.2.17 - cap. 2856)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
77.405 |
- |
- |
2005 |
D.Lgs. 56/2000 – Federalismo fiscale/Compartecipazione IVA (UPB 4.1.2.18 -
cap. 2862)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
740.010 |
- |
- |
2005 |
Legge 576/1975 – Compensi ai concessionari (UPB 6.1.1.1 - cap. 3555)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
238.477 |
- |
- |
2005 |
D.P.R. 43/1988 – Rimborso ai concessionari per procedure esecutive
(UPB 6.1.1.1 - cap. 3557)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
103.158 |
51.558 |
51.558 |
P |
D.L. 138/2002, art. 3, comma 4, lett. b) – Compensi ai concessionari (UPB 6.1.1.1 - cap. 3565)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
39.500 |
- |
- |
2005 |
Legge 515/1993 – Agevolazioni tariffarie elettorali (UPB 3.1.2.4 - cap. 1496)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
39.504 |
- |
- |
2005 |
Legge 67/1988 – Agevolazioni tariffarie editoria (UPB 3.1.2.43 - cap. 1850)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
80.500 |
46.000 |
46.000 |
P |
CONI Servizi S.p.A. (UPB 3.1.2.48 - cap. 1895)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
68.300 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005 include 68,3 milioni di euro relativi ad eccedenze di spesa riconducibili al disavanzo finanziario del CONI risultante per l’anno 2003 (regolazioni debitorie).
Legge 189/2002 e Legge 350/2003, art. 3, comma 142 – Legalizzazione lavoro irregolare extracomunitari – S.S.N. (UPB 4.1.2.1 – cap. 2703)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
579.000 |
- |
- |
2005 |
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali
Legge 1115/1962, art. 5 – Rimborso INAIL degli oneri sostenuti per la
silicosi
(UPB 11.1.2.4 - cap. 4334)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
34.805 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005, pari a 34,8 milioni di euro si riferisce a prestazioni già erogate dall’INAIL in eccedenza a quanto stanziato nell’anno 2000 (regolazioni debitorie).
D.Lgs. 112/1998, art. 130 – Spesa per invalidità civile (UPB 7.1.2.5 - cap. 3528)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
546.000 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005, pari a 546 milioni di euro, si riferisce ai maggiori importi che, secondo quanto stimato, la corresponsione dei trattamenti per invalidità civile da parte dell’INPS registrerà rispetto ai relativi finanziamenti, nel corso del 2004 (regolazioni debitorie).
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 1.843 milioni di euro per il 2004 e di 1.019 milioni di euro per il 2005 e per il 2006.
Ministero della Giustizia
D.P.R. 115/2002, art. 64 – Spese di giustizia (UPB 2.1.2.1 - cap. 1363)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
373.500 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005 si riferisce quasi interamente (per 365 milioni di euro) ad eccedenze di spesa che si sono registrate rispetto allo stanziamento iscritto nel bilancio per il 2003 (regolazioni debitorie).
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 310 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio
Legge 124/1994, art. 3 – Convenzione biodiversità (accordi
internazionali)
(UPB 2.1.2.4 - cap. 1618)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
6.230 |
- |
- |
2005 |
Legge 113/1995, art. 2 – Finanziamento del Piano d’azione per il
Mediterraneo (accordi internazionali)
(UPB 4.1.2.2 - cap. 2215)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
240 |
240 |
240 |
P |
Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti
Legge 169/1975, art. 2 – Sovvenzioni società di navigazione
(UPB 4.1.2.2 - cap. 2041)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
80.700 |
26.900 |
26.900 |
P |
Ministero dell’Istruzione, università e ricerca
D.Lgs. 9/2002, art. 15 – Quota del 7,5% degli introiti contravvenzioni (patentino studenti) (UPB 3.1.1.1 - cap. 1450)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
30.000 |
15.000 |
15.000 |
2007 |
Ministero delle Attività produttive
R.D.L. 2495/1923 – Partecipazione al mantenimento dell’Ufficio internazionale dei pesi e misure in Parigi (UPB 2.1.2.2 - cap. 1600)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
414 |
414 |
414 |
2007 |
Legge 387/1958 – Partecipazione al mantenimento dell’Organizzazione Internazionale di metrologia legale (UPB 2.1.2.2 - cap. 1601)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
27 |
27 |
27 |
2007 |
Ministero della Difesa
Legge 295/2002 – Armonizzazione del trattamento giuridico ed economico del personale delle Forze armate con quello delle Forze di polizia (UPB 3.1.1.1 - cap. 1207, 1213 e 1214)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
60.818 |
21.027 |
21.027 |
P |
Il finanziamento per il 2005 si riferisce, per 40 milioni di euro, a regolazioni debitorie.
Ministero degli Affari esteri
Legge 932/1965 – Concessione di un contributo al Centro internazione di alti studi agronomici del Mediterraneo (UPB 9.1.2.2- cap. 2202)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
1.350 |
1.350 |
1.350 |
P |
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 532.000 euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Legge 972/1984 – Ratifica ed esecuzione dell’atto costitutivo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO) (UPB 9.1.2.2 - cap. 2203)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
413 |
413 |
413 |
P |
Legge 170/1997 – Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione, in particolare in Africa (UPB 9.1.2.3 - cap. 2302)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
5.222 |
5.222 |
5.222 |
P |
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 72.000 euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Legge 288/2000 – Concessione di un contributo per le spese di funzionamento e le attività operative del Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) (UPB 10.1.2.2 - cap. 2740)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
2.000 |
2.000 |
2.000 |
P |
Legge 433/1949 – Ratifica ed esecuzione dello Statuto del Consiglio d’Europa e dell’Accordo relativo alla creazione della commissione preparatoria del Consiglio d’Europa (UPB 15.1.2.5 - cap. 4051)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
499 |
499 |
499 |
P |
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 749.000 euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Ministero dell’Interno
Legge 527/1978 – Ratifica ed esecuzione della convenzione tra l’Italia e la Svizzera concernente la protezione delle acque italo-svizzere dall’inquinamento (UPB 4.1.2.9 - cap. 2370)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
74 |
74 |
74 |
P |
R.D. 452/1940 – Spese per l’associazione all’Organizzazione internazionale di polizia criminale (INTERPOL) (UPB 5.1.2.3 - cap. 2851)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
627 |
627 |
627 |
P |
Articolo
1, comma 567
(Fondi unici per gli investimenti)
567. In applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell’allegato 2 alla presente legge.
Con il comma 567 viene approvato l’allegato 2 alla legge finanziaria, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, in applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001).
L’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001) ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di un fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa. Nel fondo confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati.
Le nuove autorizzazioni di spesa per investimenti, che confluiscono nei Fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione di ciascun Ministero, devono mantenere una autonoma evidenziazione contabile in allegato delle corrispondenti autorizzazioni legislative.
A decorrere dal 2003, i fondi per gli investimenti possono essere rifinanziati nella Tabella D della legge finanziaria per i tre anni del bilancio pluriennale.
Il comma 4 dell’articolo 46 ha, inoltre, stabilito che in apposito allegato al disegno di legge finanziaria siano analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e gli stanziamenti che confluiscono in ciascuno dei fondi per gli investimenti da istituire nei singoli stati di previsione.
I fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione sono stati esposti, per la prima volta, nell’allegato 2 della legge finanziaria 2003, con l’indicazione delle singole autorizzazioni legislative (e di relativi importi) che sono in essi confluite, per ciascun comparto omogeneo di spesa.
Ai sensi dell’articolo 1-quater, comma 4, del D.L. n. 50/2003 (legge n. 116/2003), è stato soppresso il Fondo unico investimenti, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno, che risultava costituito interamente dagli stanziamenti relativi a trasferimenti erariali di conto capitale in favore degli enti locali. La disposizione citata ha previsto, infatti, che la disciplina relativa ai fondi unici per gli investimenti non si applicasse ai trasferimenti suddetti.
Nella legge finanziaria per l’anno 2005, in applicazione del comma 4 dell’articolo 46 della legge finanziaria 2002, è pertanto inserito l’allegato n. 2, di cui il comma 567 dispone l’approvazione.
L’allegato 2 reca l’indicazione dei fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi.
A differenza degli anni precedenti, nell’allegato 2 della legge finanziaria per il 2005 viene esposta la proiezione triennale delle dotazioni dei Fondi e delle singole autorizzazioni di spesa che li compongono, anziché la dotazione relativa soltanto al primo anno del triennio.
Si segnala, peraltro, che gli importi indicati nell’Allegato 2 della legge fanno riferimento al bilancio triennale a legislazione vigente.
Essi non scontano, cioè, gli effetti determinati dalla stessa legge finanziaria.
Nel disegno di legge iniziale presentato dal Governo, i Fondi unici per gli investimenti erano così determinati (importi in euro):
Ministero |
UPB |
Settore |
2005 |
2006 |
2007 |
Leggi |
Economia |
1.2.3.4 |
Incentivi alle imprese |
125.823.000 |
25.823.000 |
25.823.000 |
2 |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
120.000.000 |
- |
- |
2 |
|
Giustizia |
1.2.3.3 |
Edilizia penitenziaria e giudiziaria |
137.367.207 |
137.366.931 |
116.708.931 |
2 |
Istruzione |
4.2.3.8 |
Università e ricerca |
238.074.622 |
109.669.622 |
94.175.915 |
6 |
4.2.3.9 |
Edilizia universitaria |
150.000.000 |
150.000.000 |
- |
1 |
|
Ambiente |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
551.998.772 |
327.138.772 |
77.331.772 |
16 |
Difesa |
1.2.3.1 |
Ricerca scientifica |
115.000.000 |
115.000.000 |
115.000.000 |
1 |
Pol. Agricole |
1.2.10.2 |
Agricoltura, foreste e pesca |
347.127.995 |
347.127.995 |
13.102.995 |
6 |
Beni culturali |
2.2.10.3 |
Patrimonio culturale |
316.624.661 |
314.042.376 |
314.042.376 |
6 |
|
|
TOTALE |
1.987.016.257 |
1.411.168.696 |
641.184.989 |
41 |
Nel corso dell’esame parlamentare, la dotazione finanziaria di alcuni dei Fondi unici per gli investimenti è stata modificata. In particolare:
Ministero dell’economia e delle finanze:
§ Il Fondo investimenti incentivi alle imprese è stato incrementato di 3 milioni per ciascuna annualità del triennio, per effetto del rifinanziamento, in Tabella D, della legge n. 730/1983, art. 18, co. 8-9 (Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito), che pur rientrando nella composizione del Fondo unico, non era esposta nell’allegato 2 in quanto aveva esaurito le sue risorse nel 2004;
§ Il Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale è stato incrementato di 11 milioni di euro per il 2005, per effetto del rifinanziamento, in Tabella D, della legge n. 97/1994 (Fondo per la montagna).
Ministero dell’istruzione, università e ricerca:
§ Il Fondo investimenti università e ricerca è stato incrementato di 2,570 milioni di euro per il 2005, per effetto del rifinanziamento, in Tabella D, di 570.000 euro della legge n. 266/1997, art. 5, co. 3 (Programma nazionale di ricerca in Antartide) e di 2 milioni di euro della legge n. 388/2000, art. 104, co. 4 (ricerca di base);
§ Il Fondo investimenti edilizia universitaria è stato incrementato di 4,430 milioni di euro per il 2005, quale rifinanziamento, in Tabella D, dell’unica autorizzazione legislativa di spesa indicata nel Fondo (legge n. 910/1986, art. 7, co. 8).
Ministero dell’ambiente:
§ Il Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale è stato ridotto di 5,450 milioni per il 2005.La variazione è stata determinata in conseguenza del definanziamento, in Tabella E,di 4,5 milioni, sia per il 2005 che per il 2006, della legge n. 426/1998, art. 1, co. 1 (Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati) e della rimodulazione, in Tabella F, delle risorse relative al D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 (Rischio idrogeologico nella Regione Campania e misure di prevenzione per le aree a rischio), che ha posticipato 50 milioni dal 2005 al 2006.
Conseguentemente, il Fondo si presenta incrementato di 45,5 milioni per il 2006.
Ministero delle politiche agricole:
§ Il Fondo investimenti agricoltura, foreste e pesca è stato ridotto di 108,7 milioni di euro per il 2005. La variazione è stata determinata da un definanziamentodi 93,717 milioni disposto in Tabella E, dallarimodulazione,disposta dalla Tabella F, che ha posticipato 13 milioni di eurodel 2005 e 13 milioni del 2006 all’anno 2007, nonché dalla riduzione di 2 milioni di euro per il 2005, prevista dal comma 87 della legge finanziaria, per il finanziamento del Piano d’azione nazionale per l’agricoltura biologica e i prodotti biologici.
Conseguentemente, per effetto delle suddette disposizioni, in Fondo si presenta ridotto, per il 2006, di 106,717 milioni di euro e incrementato, per il 2007, di 26 milioni.
La dotazione dei Fondi unici per gli investimenti, pertanto, per effetto delle disposizioni della legge finanziaria sopra richiamate, risulterebbe così rideterminata (sono indicati in grassetto i fondi per i quali lo stanziamento risulta modificato rispetto a quello previsto nel bilancio a legislazione vigente ed esposto nell’Allegato 2):
Ministero |
UPB |
Settore |
2005 |
2006 |
2007 |
Leggi |
Economia |
1.2.3.4 |
Incentivi alle imprese |
128.823.000 |
28.823.000 |
28.823.000 |
3 |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
131.000.000 |
- |
- |
2 |
|
Giustizia |
1.2.3.3 |
Edilizia penitenziaria e giudiziaria |
137.367.207 |
137.366.931 |
116.708.931 |
2 |
Istruzione |
4.2.3.8 |
Università e ricerca |
240.644.622 |
109.669.622 |
94.175.915 |
6 |
4.2.3.9 |
Edilizia universitaria |
154.430.000 |
150.000.000 |
- |
1 |
|
Ambiente |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
497.498.772 |
372.638.772 |
77.331.772 |
16 |
Difesa |
1.2.3.1 |
Ricerca scientifica |
115.000.000 |
115.000.000 |
115.000.000 |
1 |
Pol. Agricole |
1.2.10.2 |
Agricoltura, foreste e pesca |
238.410.995 |
240.410.995 |
39.102.995 |
6 |
Beni culturali |
2.2.10.3 |
Patrimonio culturale |
316.624.661 |
314.042.376 |
314.042.376 |
6 |
|
|
TOTALE |
1.846.779.257 |
1.352.951.696 |
670.184.989 |
42 |
Per quanto concerne la procedura di ripartizione dei Fondi per gli investimenti, l'articolo 46, comma 5, della legge n. 448/2001 ha disposto che i Ministri competenti presentino annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, una relazione nella quale siano individuate le destinazioni delle disponibilità di ciascun fondo.
In assenza di una specifica disposizione di legge si applica il termine di 20 giorni dalla data dell’assegnazione, fissato in generale per l’espressione del parere sugli atti del Governo, dall’articolo 143, comma 4, del Regolamento della Camera dei Deputati.
Successivamente all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, gli stanziamenti iscritti nei fondi unici sono trasferiti ai capitoli di spesa relativi ai singoli interventi.
Nell’ambito della legge di bilancio, infatti, gli stanziamenti relativi ai fondi unici per gli investimenti sono allocati in un’unica unità previsionale di base e, all’interno di essa, in un unico capitolo.
Nella legge di bilancio sono comunque mantenuti i capitoli corrispondenti alle singole autorizzazioni di spesa confluite nei fondi. Relativamente a tali capitoli, nella voce di competenza è riportata l’indicazione “per memoria”; per la cassa, invece, si trova iscritta una autorizzazioni di spesa, che è correlata alla presenza di residui.
Con la ripartizione delle disponibilità di ciascun fondo per gli investimenti, i capitoli relativi ai singoli interventi saranno dotati, in conto competenza, delle risorse indicate nella relazione concernente la ripartizione del fondo, come eventualmente modificata a seguito delle indicazioni delle competenti Commissioni parlamentari; conseguentemente saranno adeguate anche le autorizzazioni di cassa.
568. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.
Il comma 568 dispone, ai fini del rispetto delle regole di copertura della legge finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.
L’articolo 11, comma 5 della legge n. 468/1978, e successive modificazioni, prevede che la legge finanziaria possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi del successivo articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.
La disposizione comporta che le nuove o maggiori spese correnti previste nella finanziaria (compresi gli accantonamenti di tabella A), nonché le riduzioni di entrata debbano trovare copertura in nuove o maggiori entrate di parte corrente, vale a dire entrate da iscriversi nei titoli I e II (rispettivamente entrate tributarie ed entrate extratributarie), e in riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.
Ne consegue il divieto di ricorrere, per la copertura finanziaria di oneri correnti, a risorse (maggiori entrate o riduzioni di spesa) di conto capitale.
Nell’ambito di una lettura sistematica delle disposizioni dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, formulata nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 di Camera e Senato, è stata ammessa l’interpretazione secondo la quale gli oneri correnti introdotti dalla legge finanziaria possono essere coperti anche ricorrendo all’eventuale miglioramento del risparmio pubblico[595] risultante dal progetto di bilancio a legislazione vigente rispetto all’analogo saldo come determinato nell’assestamento di bilancio relativo all’esercizio in corso.
In conformità all’interpretazione richiamata, pertanto, il vincolo di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria va inteso nel senso che la legge finanziaria non può determinare un peggioramento del risparmio pubblico rispetto alla più recente previsione assestata (o al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo evidenzi un saldo peggiore di quello dell’assestamento relativo all’anno precedente).
Il prospetto di copertura della legge finanziaria per il 2005 evidenzia oneri di natura corrente pari a 14.533 milioni di euro per il 2005, a 13.119 milioni di euro per il 2006 e a 12.733 milioni di euro per il 2007.
I mezzi di copertura derivanti da disposizioni contenute nella legge finanziaria ammontano complessivamente a 15.471 milioni di euro per il 2005, a 15.384 milioni di euro per il 2006 e a 15.772 milioni di euro per il 2007.
Non risulta, pertanto, utilizzato nel prospetto di copertura della legge finanziaria per il 2005, il miglioramento del risparmio pubblico risultante dal bilancio a legislazione vigente del 2005 rispetto all’assestamento per il 2004 (pari a 2.399 milioni di euro per il 2005, a 17.075 milioni di euro per il 2006 e a 29.485 milioni di euro per il 2007).
PROSPETTO DI COPERTURA
(Articolo 1, comma 568
copertura legge finanziaria |
2005 |
2006 |
2007 |
|
||||
|
(importi in milioni di euro) |
|
||||||
1) ONERI DI NATURA CORRENTE |
|
|
|
|
||||
|
|
|
|
|
||||
Nuove o maggiori spese correnti |
|
|
|
|
||||
Articolato: |
8.875 |
5.960 |
6.294 |
|
||||
Disposizioni per enti locali |
141 |
130 |
135 |
|
||||
Pubblico impiego |
675 |
787 |
939 |
|
||||
Eccedenze di spesa |
2.130 |
242 |
238 |
|
||||
Missioni di pace |
1.200 |
0 |
0 |
|
||||
Sanità |
3.341 |
3.545 |
3.652 |
|
||||
Altri interventi |
1.245 |
835 |
699 |
|
||||
Effetti indotti |
143 |
421 |
631 |
|
||||
|
|
|
|
|
||||
Tabella “C” |
418 |
0 |
0 |
|
||||
|
|
|
|
|
||||
Minori entrate correnti |
|
|
|
|
||||
Articolato: |
5.260 |
7.159 |
6.439 |
|
||||
Riforma fiscale |
4.261 |
6.663 |
5.955 |
|
||||
Sgravi fiscali |
933 |
303 |
188 |
|
||||
Effetti indotti |
66 |
193 |
296 |
|
||||
Totale oneri da coprire |
14.553 |
13.119 |
12.733 |
|
||||
|
|
|
|
|
||||
2) MEZZI DI COPERTURA |
|
|
|
|
||||
|
|
|
|
|
||||
Nuove o maggiori entrate |
|
|
|
|
||||
Articolato: |
8.296 |
7.784 |
7.460 |
|
||||
“Manutenzione” base imponibile |
6.160 |
4.217 |
4.506 |
|
||||
Altri proventi |
2.070 |
3.466 |
2.834 |
|
||||
Effetti indotti |
66 |
101 |
120 |
|
||||
|
|
|
|
|
||||
Riduzione spese correnti |
|
|
|
|
||||
Articolato: |
6.913 |
7.101 |
7.856 |
|
||||
Pubblico impiego |
577 |
1.664 |
2.513 |
|
||||
Spese Amministrazioni pubbliche |
1.829 |
2.828 |
2.939 |
|
||||
Ristrutturazione debito |
1.500 |
1.500 |
1.500 |
|
||||
Altri interventi |
857 |
888 |
645 |
|
||||
Fondo interventi strutturali di politica economica |
2.000 |
0 |
0 |
|
||||
Effetti indotti (effetto netto) |
150 |
221 |
259 |
|
||||
|
|
|
|
|
||||
Tabella “A” |
262 |
77 |
122 |
|
||||
Tabella “C” |
0 |
423 |
335 |
|
||||
|
|
|
|
|
||||
Totale mezzi di copertura |
15.471 |
15.384 |
15.772 |
|
||||
|
|
|
|
|
||||
|
Differenza |
918 |
2.266 |
3.040 |
||||
|
Miglioramento risparmio pubblico a L V |
2.399 |
17.075 |
29.485 |
||||
Margine |
3.317 |
19.340 |
32.524 |
|
||||
Articolo
1, comma 569
(Applicazione della legge finanziaria
nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome)
569. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
Il comma 576 introduce nella legge – con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
Le disposizioni della legge finanziaria non modificano, in effetti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio – che discende peraltro dall’ordinario rapporto tra le due fonti – è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.
Articolo
1, commi 570 e 572
(Coordinamento della finanza pubblica ed
entrata in vigore)
570. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
omissis
572. La presente legge entra in vigore il 1º gennaio 2005.
Il comma 570 stabilisce che le disposizioni della legge finanziaria per il 2005 costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
Tale previsione sembra rivolta a giustificare la competenza legislativa dello Stato, con specifico riferimento alle disposizioni che interessano le regioni e gli enti locali.
Ai sensi dell’articolo 117, comma terzo della Costituzione, il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente. Anche l’articolo 119, comma secondo della Costituzione prevede che le regioni e gli enti locali stabiliscano e applichino tributi ed entrate propri “secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.
Dal momento che si tratta di materia di legislazione concorrente, è riservata alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.
La legge finanziaria per il 2005 non reca invece la disposizione, usualmente inserita nelle precedenti leggi finanziarie, ai sensi della quale le misure in essa contenute sarebbero state applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
Il comma 572 fissa al 1° gennaio 2005 l’entrata in vigore della legge finanziaria, in coincidenza con l’inizio dell’esercizio di bilancio.
571. Il termine del 31 dicembre 2004, di cui al comma 3 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2005. Le somme iscritte nel conto residui di stanziamento per l’anno 2004 di pertinenza dell’unità previsionale di base 3.2.3.4 «informazione e ricerca» dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali destinate alle azioni di promozione agricola sono destinate per l’importo di 30 milioni di euro all’entrata del bilancio dello Stato per il 2005.
Il primo periodo del comma 571 proroga al 31 dicembre 2005 il termine per le agevolazioni fiscali previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, già prorogate, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall’art. 2, comma 3, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004)[596].
Le citate agevolazioni fiscali sono dettate dalla legge 6 agosto 1954, n. 604 (e successive modifiche e integrazioni) e consistono nell’esenzione dall’imposta di bollo e nella riduzione delle imposte ipotecarie e di registro applicabili agli atti (di compravendita, permuta, affitto, concessione in enfiteusi, ecc.) posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina. Le suddette agevolazioni sono applicabili quando:
1. l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;
2. il fondo oggetto dell’atto sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà od enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso;
3. l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro.
Il trattamento tributario agevolato, tenendo anche conto delle modifiche recentemente introdotte dall’articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7[597], si può così riassumere:
- l'imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 168 euro (mentre l'aliquota ordinaria è pari al 15% del valore dichiarato nell'atto, oppure è ridotta all'8% in caso di acquisto da parte di un imprenditore agricolo a titolo principale);
- l'imposta catastale è dovuta nella misura ordinaria dell'1% del prezzo dichiarato nell’atto;
- l'imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di 168 euro (l'aliquota ordinaria è pari al 2% del valore);
- il contratto è esente da imposta di bollo.
Il secondo periodo del comma 571 prevede l’assegnazione all’entrata del bilancio dello Stato per l’anno 2005 di una quota, pari a 30 milioni di euro, delle somme iscritte nel conto residui di stanziamento per l’anno 2004 di pertinenza dell’unità previsionale di base 3.2.3.4, “Informazione e ricerca”, dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali, destinate alle azioni di promozione agricola.
In base alle interrogazioni effettuate attraverso il sistema informativo della R.G.S., al 31 dicembre 2004 la U.P.B. 3.2.3.4 presentava un importo di 34,195 milioni di euro nel conto residui di stanziamento.
La gran parte di tali residui è concentrata al capitolo 7635, relativo alle azioni di promozione agricola, che presenta residui di stanziamento per 33,570 milioni di euro.
Nel bilancio per il 2005, ripartito in capitoli dal D.M. Economia e finanze 31 dicembre 2004, il capitolo 7635/Politiche agricole non risulta avere alcuna dotazione di competenza ma soltanto una autorizzazione di cassa pari a 100 milioni di euro.
Il versamento all’entrata di tali somme è stato disposto al fine di permetterne l’utilizzo a copertura finanziaria di oneri derivanti da norme contenute nella legge finanziaria.
[439] A seguito della modificazione recata dalla lettera a) del presente comma, la stessa comunicazione diverrà obbligatoria anche per i contratti relativi a servizi telefonici, idrici e del gas.
[440] A ciò si è provveduto con i decreti ministeriali 29 dicembre 1977, 27 gennaio 1978, 15 novembre 1989, n. 400, 18 giugno 1993 (modificato con D.M. 25 settembre 1993), 29 dicembre 1993, n. 598. Con i decreti ministeriali 6 maggio 1978 e 22 giugno 1978 sono state approvate, rispettivamente, modalità di comunicazione all'anagrafe tributaria delle iscrizioni, variazioni e cancellazioni nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio e degli atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze elencate nella lettera e) dell'art. 6 del D.P.R. n. 605 del 1973. Il citato D.M. 22 giugno 1978 è stato successivamente modificato dal D.M. 30 giugno 1979, come sostituito dall'art. 1 del D.M. 27 maggio 1988, n. 273. Ulteriori norme in materia sono state dettate con D.M. 17 settembre 1999, modificato dal D.M. 23 marzo 2000 (che ha inoltre abrogato il citato D.M. 22 giugno 1978), con D.M. 21 ottobre 1999, con D.M. 21 ottobre 1999, con D.M. 27 giugno 2000, con D.M. 27 giugno 2000 e con Provv. 5 marzo 2002.
[439] Per la disciplina delle commissioni censuarie si vedano gli articoli da 16 a 40 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, recante perfezionamento e revisione del sistema catastale.
[440] L'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, è stato abrogato dall'art. 136 del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto (1° gennaio 2002). Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute negli artt. 8,12 e 15 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001, riguardanti il permesso di costruire.
[441] Il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, all’articolo 37, comma 2, stabilisce che le tariffe d'estimo e i redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare sono sottoposti a revisione quando se ne manifesti l'esigenza per sopravvenute variazioni di carattere permanente nella capacità di reddito delle unità immobiliari e comunque ogni dieci anni. La revisione è disposta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previo parere della Commissione censuaria centrale e può essere effettuata per singole zone censuarie. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i comuni interessati. Il comma 3 prevede che le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall'anno di pubblicazione del nuovo prospetto delle tariffe nella Gazzetta Ufficiale, ovvero, nel caso di stima diretta (per i fabbricati a destinazione speciale), dall'anno in cui è stato notificato il nuovo reddito al possessore iscritto in catasto. Se la pubblicazione o notificazione avviene oltre il mese precedente quello stabilito per il versamento dell'acconto di imposta, le modificazioni hanno effetto dall'anno successivo.
[442] La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 39 della L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione era stato elevato dall'art. 1 del D.Lgs.C.P.S. 5 ottobre 1947, n. 1208, dall'art. 114, primo e terzo comma, della citata L. n. 689 del 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, secondo e quinto comma, (quest'ultimo con riguardo alla misura minima), della stessa legge, nonché dall'art. 8, comma 1, del D.L. 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 1989, n. 384.
[443] Deroghe al principio di irretroattività sono state disposte con il comma 3 dell'art. 5 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e con il comma 1 dell'articolo 10 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che ha sostituito il comma 5 dell'articolo 3 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507. Contengono invece proroghe di termini per gli accertamenti l'art. 18, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; l'art. 27, comma 9, della L. 28 dicembre 2001, n. 448, l'art. 10, comma 1, l'art. 11, comma 1, e l'art. 31, comma 16, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificata dall'art. 5-bis del D.-L. 24 dicembre 2002, n. 282, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione; l'art. 1, comma 2-octies, del D.-L. 24 giugno 2003, n. 143, aggiunto dalla relativa legge di conversione; l'art. 37 del D.-L. 30 settembre 2003, n. 269; l'art. 2, comma 33, della L. 24 dicembre 2003, n. 350.
[444]Le violazioni relative agli articoli 3 e 7 del regio decreto-legge, riferendosi alla fase di formazione del nuovo catasto edilizio urbano, costituiscono fattispecie oramai impossibili a verificarsi.
[445] Ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 8, del medesimo decreto-legge n. 168 del 2994, per beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione si intendono a questo fine gli immobili per i quali non ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della tariffa, parte prima, annessa al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
[446] Ulteriori benefìci – limitati all’anno 2004 – sono previsti dal D.-L. 13 settembre 2004, n. 240, recante misure per favorire l'accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio, nonché integrazioni alla legge 9 dicembre 1998, n. 431.
[447] L’obbligo di registrazione, indipendentemente dall’ammontare del corrispettivo, è stato introdotto dalla novella recata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro dall’articolo 21, comma 18, della legge n. 449 del 1997. Unica eccezione è quella prevista dall'art. 2-bis della tariffa, parte seconda, allegata al testo unico, che annovera tra gli atti soggetti a registrazione soltanto in caso d'uso le locazioni e gli affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno con riferimento ai rapporti con lo stesso locatario e affittuario.
[450] Si ricorda che prima della riforma della disciplina della locazione di immobili ad uso abitativo, la materia era disciplinata dalla legge n. 392 del 1978 “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”, la cd. legge sull’equo canone. Tale legge è stata in parte abrogata dalla legge n. 431 del 1998.
[451] Comma così modificato dall'art. 2 della legge 8 gennaio 2002, n. 2.
[452] Vedi, anche, l'art. 4, comma 9-bis, del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
[453] Cfr. Cass. 4 aprile 1986, n. 2332; Cass. 16 giugno 1986 n. 3993; Cass. 4 luglio 1986 n. 4409; Cass. 9 maggio 1991 n. 5157.
[454] Cfr. la nota all’art. 1 della tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
[455] Per i contratti aventi una durata superiore a trenta giorni ma inferiore ad un anno l’imposta è pari al 2% di quello che sarebbe il canone annuo, con un minimo di 51,65 euro.
[454] Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, sono considerate società controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
[455] L'articolo 433 del codice civile prevede che all'obbligo di prestare gli alimenti siano tenuti nell'ordine:
1) il coniuge;
2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali
[456] Si veda la precedente nota.
[457] Si evidenzia che i riferimenti al TUIR contenuti nel citato articolo 23 non tenevano conto nemmeno della rinumerazione dello stesso TUIR operata dal D.Lgs. n. 344 del 2003, recante riforma dell’imposizione sul reddito delle società.
[458] In base alla normativa previgente (art. 2, commi 2 e 4 del D.Lgs. n. 284/1999) le condizioni relative agli strumenti di raccolta e agli impieghi erano fissate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato su proposta del direttore generale della Cassa depositi e prestiti. Con la trasformazione in società per azioni sembra doversi ritenere che il Ministro detti linee di indirizzo (i criteri). La definizione delle condizioni in questione, in conformità ai criteri impartiti, per quanto non esplicitamente previsto, dovrebbe essere rimessa all’organo amministrativo e, eventualmente all’amministratore delegato;
[459] La tabella F riduce di 200 milioni l’autorizzazione relativa alla legge n. 64 sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno (che slittano per 100 milioni al 2006 e 100 milioni al 2007) e di 1.950 milioni l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo stesso che slittano al 2008, unitamente a 1.300 milioni del 2006 e a 3.050 milioni del 2007.
[460] La tabella F riduce di 1.400 milioni l’autorizzazione relativa alla programmazione negoziata e di 50 milioni di euro l’autorizzazione relativa alla legge n. 488/92.
[461]La direttiva prevede varie fattispecie per la definizione del giorno di inizio di decorrenza dei 30 giorni (ricevimento della fattura, ricevimento della merce, etc).
[462]Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, concerne la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
[463] Reg. (CE) n. 1798/2003 del 7 ottobre 2003, in vigore dal 1° gennaio 2004.
[464]Il testo originario dell’articolo 21 è stato sostituito ai sensi dell’articolo 28-octies della medesima direttiva n. 77/388, aggiunto dall’articolo 1 della direttiva 91/680/CEE, che ne regola il regime transitorio. Il testo è stato poi modificato dalle direttive 92/111/CEE e 95/7/CE, sostituito dall’articolo 1 della direttiva 2000/65/CE e ulteriormente modificato dalla direttiva 2003/92/CE.
[465] Per un primo commento v. U. DI NUZZO – M. QUERQUI, La pianificazione fiscale concordata introdotta dalla L. n. 311 del 30 dicembre 2004 (Finanziaria 2005) quale strumento di contrasto all’evasione e di emersione dell’imponibile, ne il fisco, n. 3/2005, fasc. 1, 332 ss.
[466] Il precedente comma 11 dell’articolo 40, ora sostituito, prevedeva invece l’adozione di un regolamento del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 17, coma 3, della legge n. 400 del 1988.
[467] Ai sensi della disposizione citata, le opere di urbanizzazione primaria sono:
a) strade residenziali;
b) spazi di sosta o di parcheggio;
c) fognature;
d) rete idrica;
e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas;
f) pubblica illuminazione;
g) spazi di verde attrezzato.
Le opere di urbanizzazione secondaria sono:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
[468] Secondo l’articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti), sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:
A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.
[469] Si ritiene opportuno segnalare che la disposizione fa riferimento al valore dell’immobile e non al suo prezzo di vendita.
[470] La relazione tecnica allo stesso A.C. 5310 cita in particolare il D.L. n. 351 del 2001, relativo a cartolarizzazioni e conferimento di immobili pubblici a fondi comuni di investimento immobiliare, e il D.L. n. 269 del 2003, il quale, agli articoli 26 e seguenti, contiene ulteriori disposizioni in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico.
[471] L’art. 46, comma 3, prevedeva inoltre che, qualora dopo la scadenza del termine previsto dal comma 1 i comuni non avessero esercitato il diritto, l’Istituto autonomo case popolari comunque denominato, competente per territorio, potesse presentare, nei successivi sei mesi, richiesta di trasferimento della proprietà alle medesime condizioni previste dal comma 1 del citato art. 2 della n. 449/1997.
[472] E’ inoltre stabilito che con i decreti di cui al comma 1 dello stesso articolo 3 (i quali definiscono le modalità dell’operazione di cartolarizzazione) sono stabiliti i criteri per l'assegnazione, agli enti territoriali interessati dal procedimento, di una quota (compresa tra il 5% e il 15%) del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.
[473] A tal fine, entro il 30 aprile di ciascun anno gli enti territoriali devono fare richiesta di detti beni all’Agenzia del demanio, la quale, su conforme parere del Ministero dell’economia, anche in ordine alle modalità e alle condizioni della cessione, comunica la propria eventuale disponibilità entro il 31 agosto dello stesso anno.
[474] La legge 23 dicembre 1997, n. 449, collegata alla manovra finanziaria per il 1998, all'articolo 17, comma 36, ha introdotto una norma interpretativa del citato comma 112 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo la quale sono fatti salvi gli effetti delle procedure negoziali che erano in corso tra il Ministero della difesa ed altre pubbliche amministrazioni, alla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dallo stesso comma 112 (emanato in data 11 agosto 1997) e finalizzate al trasferimento di beni immobili già destinati ad uso pubblico dai piani regolatori generali.
[475] In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M 11 agosto 1997, recante "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Il decreto contiene un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili, divisi a seconda della regione in cui essi sono collocati. In nota a ciascun immobile, è riportata l’indicazione dell’attuale uso del bene stesso. In data 12 settembre 2000, è stato poi emanato un nuovo D.P.C.M., contenente un ulteriore elenco di nuovi beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da dismettere. Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 che ha provveduto ad espungere dall’elenco degli immobili già individuati 10 di essi, in relazione ad “una aggiornata valutazione delle esigenze strutturali ed infrastrutturali delle Forze armate”. Quindi, con D.P.C.M. 20 ottobre 2003, è stato espunto l'immobile militare denominato Caserma «Palmanova» (aliquota) di Viterbo. Infine, con D.P.C.M. 27 febbraio 2004, è stato espunto un ulteriore immobile, denominato caserma “Papa”.
[476] La legge n. 142/1990 è stata abrogata dall’articolo 274 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Si veda ora, per gli accordi di programma, l'articolo 34 di tale decreto. Riguardo agli accordi di programma relativi alla dismissione dei beni immobili dell'amministrazione della difesa, l’articolo 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. “collegato ordinamentale”, ha disposto che, nell’ambito dei predetti accordi, possa essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota non superiore al 20 per cento del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a “scomputo” del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.
[477] L’estensione dell'ambito di applicazione della procedura per la determinazione del valore dei beni sia alle vendite che alle permute è stata fatta dall’articolo 43, comma 11, della legge n. 388/2000, che viene diffusamente commentata più avanti.
[478] Il relativo bando di gara è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 15 settembre 1997. In seguito allo svolgimento delle procedure di gara è risultata affidataria la società CONSAP.
[479] La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di prezzo iniziale, agli enti che hanno ceduto gli immobili.
[480] Si segnala che la somma di 1357 milioni di euro corrisponde all’importo delle riduzioni relative alla Difesa per l’anno 2005, derivanti dall’applicazione della norma, contenuta nel comma 8 del disegno di legge in esame, che fissa nella misura del 2% l’incremento degli stanziamenti di competenza e di cassa iscritti nel bilancio dello Stato per il triennio 2005-2007.
[481] Tale regolamento avrebbe dovuto essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Conferenza Stato-Città e autonomie locali.
[482] GU 30 giugno 2004, n. 151.
[483] GU del 22 dicembre 2004, n. 299.
[484] Il capitale di Infrastrutture S.p.A. ammonterà inizialmente a 3,5 miliardi di euro, forniti dalla Cassa Depositi e Prestiti (Audizione del Presidente della società, Prof. Andrea Monorchio, nella seduta del 17 dicembre 2002 della 8a Commissione del Senato).
[485] Nell’audizione tenuta presso le Commissioni riunite VIII e IX della Camera dei deputati in data 26 febbraio 2003, il Presidente dei Infrastrutture S.p.A., Prof. Andrea Monorchio, ha precisato – in proposito – che: “costituirà condizione imprescindibile per l’intervento di Infrastrutture S.p.A. la capacità dei soggetti finanziati di rispettare puntualmente le scadenze stabilite per il pagamento degli interessi e per il rimborso integrale dei finanziamenti”.
[486] Si ricorda ai sensi dell’articolo 822 del codice civile fanno parte del demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico, le raccolte dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle pinacoteche. Caratteristiche tipiche dei beni demaniali sono l’inalienabilità (art. 823 c.c.) e l’imprescrittibilità o inusucapibilità. La demanialità è stabilita in base a disposizioni di legge. Peraltro, è rimesso ad atti amministrativi l’accertamento della corrispondenza dei singoli beni alle caratteristiche fisiche del genere investito della demanialità. Tali atti hanno carattere meramente dichiarativo e non costitutivo e consistono generalmente nell’iscrizione dei beni negli appositi elenchi formati dall’amministrazione e approvati con decreti presidenziali o ministeriali pubblicati nella Gazzetta ufficiale. La cessazione della demanialità di un bene può essere determinata, oltre che da fatto naturale, da un atto volontario dell’amministrazione la quale deliberi di sottrarre il bene al servizio cui l’aveva destinato in precedenza (art. 829, primo comma c.c.). Il passaggio dei beni dal demanio al patrimonio dello Stato (c.d. sdemanializzazione) deve essere dichiarato dall’autorità amministrativa con atto di cui deve essere dato annuncio nella Gazzetta ufficiale.
[487] Decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici".
[488] In questa sede può essere utile ricordare, inoltre, che nella materia di vendita dei beni culturali si è registrato nel recente passato una complessa stratificazione normativa, che ha dato luogo, non di rado, a difficoltà interpretative. L’art. 3, co. 99-105, della legge collegata alla manovra finanziaria 1997 (legge n. 662/1996, modificata e integrata più volte) ha introdotto norme volte ad accelerare, con misure procedurali di vario tipo, il processo di dismissione dei beni culturali. Il co. 100 dell’art. 3, in particolare, fa rinvio, per le valutazioni di interesse storico e artistico sui beni da alienare a un apposito regolamento (prevedendo, in attesa della sua emanazione, una specifica procedura alternativa). Successivamente, nel quadro delle nuove misure per la dismissione del patrimonio immobiliare statale, l’art. 32 della legge n. 448/1998 (legge finanziaria per il 1999) ha previsto che nel caso di immobili di interesse storico e artistico l’alienazione (o il conferimento a società per azioni incaricate della valorizzazione del patrimonio medesimo) debba avvenire secondo i criteri fissati da un apposito regolamento. Il regolamento in questione è stato successivamente adottato con il D.P.R. n. 283/2000(c.d. “regolamento Melandri”), che ha dettato una organica disciplina della materia, prevedendo, in particolare, un divieto generale di vendita salva, in specifici casi, l’autorizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali. Il regolamento in questione, tuttavia, non ha trovato applicazione concreta, anche in considerazione del fatto che l’adozione di una nuova disciplina sulla cartolarizzazione e la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico (che ha preso le mossa dal D.L. n. 351/2001) ne avrebbe comportato (secondo alcuni) la tacita abrogazione (il DPR n. 283/2000 è stato infine abrogato dal Codice).
[489] Il sistema “accessibilità stradale Valtellina” comprende, oltre alla s.s. n. 38, anche le strade statali n. 36 e 39, tuttavia la maggior parte dell’impegno finanziario previsto riguarda proprio la S.S. n. 38.
[490] L’art. 87 del Trattato al paragrafo uno stabilisce che “sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. L’articolo citato, pur non fornendo una definizione rigorosa di aiuto di Stato, consente l’identificazione delle misure d’aiuto incompatibili con il mercato comune, in quanto precisa le caratteristiche che le contraddistinguono:
- comportano il trasferimento di risorse statali di varia natura: sovvenzioni, riduzioni di tassi di interesse, garanzie di crediti, regimi di ammortamento accelerato, ecc.;
- conferiscono un vantaggio economico che l’impresa non avrebbe potuto ottenere nel corso normale della sua attività;
- si fondano sul criterio della “selettività”, cioè l’aiuto non è erogato a favore di tutte le imprese, ma riguarda solo una parte di esse;
- devono avere un effetto potenziale sulla concorrenza e gli scambi fra Stati membri.
Sembra inoltre importante precisare che sono considerati aiuti di Stato non soltanto quelli direttamente riconducibili al bilancio statale, ma anche quelli concessi da enti pubblici, territoriali e non territoriali, operanti nel settore economico.
Gli aiuti che corrispondono ai criteri sopra citati sono, in linea di principio, incompatibili con il mercato comune, anche se tale incompatibilità non è assoluta. Lo stesso art. 87 prevede, infatti, ai paragrafi due e tre, un certo numero di casi in cui gli aiuti di Stato possono essere considerati ammissibili.
Nel secondo paragrafo vengono vagliate le deroghe assolute, quindi tutte le forme d’aiuto considerate compatibili di diritto con il mercato comune:
“a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti;
b) gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;
c) gli aiuti concessi all’economia di determinate Regioni della Repubblica Federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione”.
Nel terzo paragrafo invece vengono considerate le deroghe relative, cioè le forme di aiuto che possono essere considerate compatibili con il mercato comune solo dopo notifica alla Commissione e approvazione da parte della stessa. L’art. 88 del Trattato stabilisce infatti che gli Stati membri debbano notificare alla Commissione qualsiasi progetto diretto ad istituire aiuti prima di procedere alla loro esecuzione e conferisce alla Commissione il potere discrezionale di decidere se l’aiuto possa beneficiare della deroga o se lo Stato debba sopprimerlo o modificarlo. Gli aiuti potenzialmente ammissibili in virtù del terzo paragrafo dell’art. 87 sono i seguenti:
“a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle Regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune Regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all’interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione”.
In relazione a quanto disposto dall’art. 87 i vari regimi di aiuto si possono distinguere in:
- aiuti regionali quando sono diretti a favorire le imprese di determinate aree geografiche (per esempio, le Regioni del Mezzogiorno d’Italia);
- aiuti settoriali, quando ne beneficiano le imprese operanti in determinati settori (per esempio, l’industria automobilistica);
- aiuti orizzontali, quando sono tesi a far fronte a difficoltà che prescindono dai settori d’attività economica e dalla localizzazione geografica, ma hanno obiettivi di carattere più generale (ad esempio, gli aiuti per la tutela dell’ambiente).
[491] Nel glossario pubblicato sul sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si fa riferimento a “Trasporto intermodale” come quel “trasporto di merci contenute in apposite unità di carico effettuato utilizzando almeno due differenti modi di trasporto senza rottura del carico stesso. L’unità di carico può essere un veicolo stradale o un’unità di trasporto intermodale (containers, casse mobili o semirimorchi). Vi si trova poi la nozione di “Piattaforma logistica” quale struttura “dotata di impianti automatici e semiautomatici di movimentazione e stoccaggio delle merci, governati da sistemi informatici complessi. Non esiste una tipologia unica di piattaforma logistica, ma ognuna è costruita in funzione delle necessità delle imprese che le utilizzano; mentre gli interporti ed i centri intermodali usufruiscono di investimenti pubblici, la piattaforma logistica rappresenta una tipologia d’investimento che spetta ai privati.
[492] Fonte: Il Sole 24 ore – 12 dicembre 2004.
[493] Si ricorda, in proposito che, in precedenza, in data 30 aprile 2004 è stato stipulato il contratto di appalto di contraente generale con l’ATI Impregilo ed altri per la progettazione e l’esecuzione dei lavori e che il successivo 12 settembre il Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale della viabilità di Mestre ha approvato con prescrizioni il progetto definitivo.
[494]Cfr. articolo 3, comma 127, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004).
[495] L’istituto del ristorno costituisce uno degli strumenti tecnici mediante i quali i soci si avvalgono delle prestazioni attraverso cui si esplica l’attività della società. Esso è rappresentato dalla restituzione ai soci di parte del prezzo di beni o servizi acquistati o dalla maggiore remunerazione del lavoro e in genere dei conferimenti di beni e servizi effettuati, ed è possibile solo se risulta in utile l'attività che la cooperativa svolge con i soci.
[496] La disposizione del citato art. 6, co. 2, si applica alle cooperative che prevedono la facoltà di destinare somme a titolo di ristorno in favore dei soci. Si tratta, in particolare:
- delle somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi (art. 3, co. 2, lett. b), della legge n. 142 del 2001);
- delle somme attribuite dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (art. 12 del D.P.R. n. 601 del 1973).
[497] Le condizioni stabilite dal citato art. 13 del D.P.R. n. 601 del 1973, e successive modifiche e integrazioni, sono:
- i versamenti e le trattenute devono essere effettuati esclusivamente per il conseguimento dell'oggetto sociale e non devono superare, per ciascun socio, gli importi espressamente indicati dalla norma;
- gli interessi corrisposti sulle predette somme non devono superare la misura massima degli interessi spettanti ai detentori di buoni postali fruttiferi aumentata di 2,5 punti percentuali.
[498] Il testo della legge rinvia erroneamente alla lettera a) del comma 1, facendo ancora riferimento alla versione originaria della norma in commento nella quale gli attuali commi da 460 a 466 dell’articolo 1 erano i commi da 1 a 8 dell’articolo 36.
[499] Per i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente si veda il commento al precedente comma 460.
[500] Il citato numero 41-bis) include, tra i beni e servizi soggetti all'aliquota del 4%, le prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale.
[501] In passato la possibilità, per le cooperative sociali che gestiscono in appalto asili nido, di assoggettare le proprie prestazioni ad IVA con applicazione dell’aliquota agevolata del 4% era stata espressamente negata con la risoluzione n. 60/E del 9 aprile 2004.
[502] Il citato D.Lgs. n. 460 del 1997 ha definito e disciplinato le ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), introducendo per esse un regime tributario di maggior favore. In particolare, per quanto riguarda l’IVA (articoli 14 e 15 del citato decreto legislativo), sono individuate una serie di operazioni esenti riguardanti anche le ONLUS: cessioni gratuite di beni, esclusi quelli la cui produzione o il cui commercio non rientra nell'attività propria delle ONLUS; prestazioni di trasporto di malati o feriti con veicoli all’uopo equipaggiati; prestazioni di ricovero o cura; prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù; prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in favore di anziani, tossicodipendenti, invalidi e minori.
[503]L’articolo 59, comma 1, lettera c), del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia reca la definizione delle «società strumentali», intese come le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, attività che hanno carattere ausiliario dell'attività delle società del gruppo, comprese quelle di gestione di immobili e di servizi anche informatici.
[504]Il precedente comma 116 proroga questo termine al 31 dicembre 2005.
[505] La possibilità di affrancamento parziale non era prevista dalla citata legge n. 448 del 2001.
[506] C. Pessina e C. Bollo, “Affrancamento delle riserve”, in Il Fisco, n. 4/2005, osservano che l’applicazione di un’aliquota minore (10 per cento) rispetto a quella prevista dall’articolo 4 della legge n. 448 del 2001 (19 per cento) trova sua giustificazione nel diverso trattamento che sarà riservato ai soci di società di capitali, in caso di distribuzione delle riserve affrancate; esse infatti rappresenteranno un dividendo, nuovamente assoggettato ad imposta in capo ai soci, secondo l'attuale regime ordinario previsto dall'art. 47 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) per i soggetti Irpef e dall'art. 89 dello stesso TUIR per i soggetti Ires, senza possibilità di scomputare dall'imposta dovuta dal socio quella sostitutiva pagata dalla società in sede di affrancamento.
Infatti la norma in esame, a differenza di quella precedente (comma 3 dell’articolo 4 cit.), non prevede l'attribuzione ai soci di crediti di imposta conseguenti alla distribuzione delle dette riserve.
[507] A tal proposito, C. Pessina e C. Bollo, cit., osservano che l’esclusione della possibilità di affrancamento delle riserve per ammortamenti anticipati, non prevista dalle analoghe disposizioni emanate in passato, è giustificata dal fatto che, in conseguenza delle nuove norme sul cosiddetto "disinquinamento fiscale" del bilancio, le riserve di ammortamenti anticipati createsi nei bilanci anteriori al 2004 sono oggetto di affrancamento gratuito, mediante l’utilizzo dell’apposito Quadro EC del Modello UNICO 2005 (prospetto per la deduzione extracontabile dei componenti negativi).
Con riferimento al disinquinamento fiscale, si veda, tra gli altri, P. Pisoni, F. Bava e D. Russo, “Le scritture contabili del disinquinamento fiscale dell’esercizio”, in Il Fisco, n. 48/2004.
[508] “Trasferimento all'AIMA della gestione delle risorse proprie della CEE e degli aiuti nazionali nel settore dello zucchero, nonché modifica delle norme per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero”.
[509] Il Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) costituisce un registro unico adottato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in ossequio al disposto dell'articolo 1, comma 6, lettera a), numeri 5 e 6, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (“Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”), istituito con la finalità di garantire la trasparenza e la pubblicità degli assetti proprietari. Il regolamento per l'organizzazione e la tenuta del Registro è stato approvato con Delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni 30 maggio 2001, n. 236/01/CONS. L’articolo 1, comma 2, del regolamento dispone l'obbligatorietà dell'iscrizione al registro, oltre che per le imprese editrici di giornali quotidiani, periodici o riviste, anche per i soggetti esercenti l’attività di radiodiffusione, per le imprese concessionarie di pubblicità, per le imprese di produzione e/o distribuzione di programmi radiotelevisivi, per le agenzie di stampa di carattere nazionale, per i soggetti esercenti l’editoria elettronica e digitale, e per le imprese fornitrici di servizi di telecomunicazioni e telematici.
[510]DPCM 21 dicembre 2004, n .318 Regolamento concernente le modalità di riconoscimento del credito di imposta, di cui all'articolo 4, commi da 181 a 186 e 189, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004). E’ stata inoltre recentemente emanata la circolare 21 gennaio 2005, n. 1 della Presidenza del consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria Imprese editrici di quotidiani e periodici - Imprese editrici di libri - Credito d'imposta per acquisto di carta - Legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 4, commi da 181 a 186 e 189 - Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 dicembre 2004, n. 318. (GU n. 20 del 26-1-2005).
[511] Si tratta di:
- pubblicazioni che presentino inserzioni pubblicitarie per più del 50 per cento dello stampato, prodotti totalmente o parzialmente gratuiti (ad eccezione di quelli informativi delle fondazioni e delle associazioni senza fini di lucro);
- pubblicazioni volte a pubblicizzare prodotti o servizi;
- quotidiani e periodici di vendita per corrispondenza o di promozione delle vendite di beni o servizi;
- cataloghi contenenti l'elencazione di prodotti o servizi;
- pubblicazioni “postulatorie” destinate al reperimento di somme di denaro (ad eccezione di quelle utilizzate dalle fondazioni e delle associazioni senza fini di lucro);
- pubblicazioni delle pubbliche amministrazioni o di organismi ed enti riconducibili allo Stato, ad altri enti territoriali o ad enti che svolgano una pubblica funzione;
- prodotti editoriali pornografici.
- La lettera l), in particolare, esclude dal beneficio anche i quotidiani ed i periodici che contengano supporti integrativi o altri beni diversi da quelli definiti dall'articolo 74, comma 1, lettera c), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ai fini dell'ammissione al regime speciale IVA previsto dallo stesso articolo. Tale ultima disposizione prevede che per supporti integrativi s’intendono i nastri, i dischi, le videocassette e gli altri supporti sonori o videomagnetici ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione, unitamente a giornali quotidiani, periodici e libri, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che il costo dei supporti integrativi non sia superiore al 50% del prezzo della confezione stessa. Qualora non ricorrano tali condizioni, l'imposta si applica con l'aliquota del supporto integrativo. In sostanza, la disposizione appare intesa ad escludere dall’agevolazione di cui al presente articolo i quotidiani e i periodici ceduti in unica confezione con i supporti, ove i beni unitamente ceduti non abbiano prezzo indistinto ovvero ove il costo dei supporti integrativi sia superiore al 50% del prezzo della confezione stessa.
[512]L'articolo 17 comma 2, lettere a) e b), stabilisce che il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi, fra l'altro, anche alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto, nonché all'imposta sul valore aggiunto dovuta dai soggetti di cui all'articolo 74 del D.P.R. 633/1972 citato.
[513]La disposizione intende fare riferimento alla preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea in relazione alla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato di cui agli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea. L’articolo 88, paragrafo 3, in particolare, prevede l’obbligo di notifica e di preventiva autorizzazione dei progetti di aiuto da parte della Commissione. La disciplina di attuazione in materia, per quanto concerne i profili procedurali, è recata dal Regolamento CE n. 659/1999 del Consiglio.
[514] Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.
[515] In base alla disciplina previgente l'installazione di apparecchi da intrattenimento e da gioco di abilità richiedeva il rilascio della licenza di Pubblica Sicurezza, da parte del Comune nel cui territorio è ubicato l'esercizio, "previo nulla osta dell'Amministrazione finanziaria" (art. 86, terzo comma, del T.U.L.P.S.), nonché la dichiarazione di inizio attività al competente Ufficio della S.I.A.E (art. 19 del D.P.R. n. 640 del 1972), cui doveva essere allegato l'elenco degli apparecchi installati (D.M. 12 aprile 1990).
[516] La Corte di giustizia delle Comunità europee ha affermato, con giurisprudenza costante, che il diritto alla detrazione previsto dagli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva, costituendo una parte integrante e fondamentale del meccanismo dell'imposta, non può, in linea di principio, essere soggetto a limitazioni.
[517] L’articolo 3, comma 2, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) aveva disposto la totale esclusione dei redditi in argomento dalla base imponibile fiscale, per gli anni 2001 e 2002.
[518] Il comma 8-bis dell’articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi definisce specifiche modalità per la determinazione del reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa qualora, nell’arco di dodici mesi, la permanenza all’estero sia protratta per un periodo superiore a 183 giorni. In tal caso, il reddito imponibile viene determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto interministeriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 317/1987, convertito dalla legge n. 398/1987, che disciplina le modalità di calcolo dei contributi per i regimi assicurativi per i lavoratori italiani operanti all'estero.
[519] Tale deducibilità è subordinata alla condizione che i fondi in esame siano stati istituiti o adeguati ai sensi dell'art. 9 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
[520] Ai sensi dell’articolo 11, comma 8, del D.Lgs. n. 313 del 1997.
[521] Il comma 5-bis dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 313 del 1997 è stato introdotto dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 23 marzo 1998, n. 56, con effetto dal 1° gennaio 1998, come stabilito dall’articolo 7 dello stesso D.Lgs. n. 56 del 1998.
[522] Le proroghe sono state disposte da:
- art. 1, comma 2, lett. b), del D.L. n. 21/2000 (convertito dalla legge n. 92/2000), sino al 31/12/2000;
- art. 31, co. 2, lett. b), della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), sino al 31/12/2001;
- art. 9, co. 8, lett. b), della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002), sino al 31/12/2002;
- art. 19, co. 2, lett. b), della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), sino al 31/12/2003;
- art. 2, co. 2, lett. b), della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004), sino al 31/12/2004.
[523] Le disposizioni che hanno modificato l’art. 45, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997 sono:
-
art.
4, co. 1,
- art. 6, co. 17, della legge n. 488/1999 (finanziaria 2000);
- art. 6, co. 12, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001);
- art. 7, co. 9, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002);
- art. 19, co. 1, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003);
- art. 2, co. 1, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004).
[524] Il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale (Registro internazionale) è stato istituito dall’articolo 1 del medesimo D.L. n. 457 del 1997. Vi sono iscritte, a seguito di specifica autorizzazione del Ministero dei trasporti e della navigazione (ora delle infrastrutture e dei trasporti), le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. È diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente:
a) le navi che appartengono a soggetti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea;
b) le navi che appartengono a soggetti non comunitari;
c) le navi che appartengono a soggetti non comunitari, in regime di sospensione da un registro straniero non comunitario, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea.
Non possono comunque esservi iscritte le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto.
[525] Al 30 settembre 2001 dall’articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001; al 31 dicembre 2001 dal D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001; al 30 giugno 2002, dal D.L. n. 452/2001, convertito dalla legge n. 16/2002; al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138/2002, convertito dalla legge n. 178/2002, al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289/2002 e al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003.
[526] In particolare, ai sensi del citato comma 1-bis e del successivo comma 1-ter, i soggetti interessati possono usufruire delle richiamate agevolazioni a condizione che:
- tali emulsioni abbiano le caratteristiche tecniche indicate nel decreto del Ministero delle finanze 20 marzo 2000, emanato in attuazione dell’articolo 12, comma 3, della L 488/99, contenente le caratteristiche tecniche delle emulsioni di olio da gas ed olio combustibile denso con acqua destinate alla trazione ed alla combustione;
- il fabbisogno annuo dei soggetti utilizzatori di cui al precedente comma 1-bis ecceda il quantitativo di litri 100.000 per le emulsioni di oli da gas con acqua, e di chilogrammi 100.000 per le emulsioni di olio combustibile denso con acqua.
Quanto alle modalità per l’autoproduzione, nonché all’impiego e al controllo delle emulsioni in oggetto, il successivo comma 1-quater rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che non risulta allo stato emanato.
L’accisa agevolata, introdotta dall’articolo1, comma 1-bis, del D.L. n. 452/2001, convertito dalla legge n. 16/2002 è stata prorogata; al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138/2002, convertito dalla legge n. 178/2002, al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289/2002 e al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003.
[527] Si ricorda che il richiamato articolo 8 della legge n. 448/1998 dispone l’utilizzo di parte dei maggiori proventi che dovrebbero derivare dalla c.d. carbon tax per la concessione di misure compensative degli aumenti delle accise, dirette tra l’altro a consentire, a decorrere dal 1999, una riduzione del costo del gasolio da riscaldamento non inferiore a lire 200 per ogni litro ed una riduzione del costo del GPL da riscaldamento corrispondente al contenuto di energia del gasolio medesimo.
[528] Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).
[529] Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412/1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.
[530] Con la determinazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane del 23 gennaio 2001 sono state approvate le istruzioni per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448/1998, come sostituito dall’articolo 12, comma 4, della legge n. 488/1999. Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 17-bis del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 ha stabilito che la disposizione contenuta nel numero 4) della lettera c) del comma 10 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, "si interpreta nel senso che l'ente locale adotta una nuova delibera di consiglio solo se è mutata la situazione di non metanizzazione della frazione".
[531] Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).
[532] Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412/1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.
[533] Si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412/1993, stabilisce che i comuni aventi porzioni edificate del proprio territorio a quota superiore rispetto alla quota della casa comunale (quota indicata nell'allegato A del medesimo DPR n. 412), qualora detta circostanza, per effetto della rettifica dei gradi-giorno, comporti variazioni della zona climatica, possono, mediante provvedimento del Sindaco, attribuire esclusivamente a dette porzioni del territorio una zona climatica differente da quella indicata in allegato A. Il provvedimento deve essere notificato al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e all'ENEA e diventa operativo qualora entro 90 giorni dalla notifica di cui sopra non pervenga un provvedimento di diniego ovvero un provvedimento interruttivo del decorso del termine da parte del Ministero dell'Industria. Una volta operativo il provvedimento viene reso noto dal Sindaco agli abitanti mediante pubblici avvisi e comunicato per conoscenza alla regione ed alla provincia di appartenenza.
[534] L’agevolazione in argomento era stata da ultimo prorogata al 31 dicembre 2004 dall’articolo 21, comma 6, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), come integrata dall’articolo 2, comma 12, lettera e) della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004).
[535] La versione originaria del sopra citato articolo 5, comma 5, del D.L. n. 268 del 2000 prevedeva l’applicazione dell’accisa nella misura del 5% dell’aliquota del gasolio utilizzato come carburante. La misura dello 0% è stata introdotta dalla legge di conversione n. 354 del 2000.
[536] Si segnala che la Commissione UE, con lettera in data 18 febbraio 2004 (pubblicata sulla GUCE C n. 69 del 19 marzo 2004), ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del Trattato CE nei confronti dell’aiuto di Stato previsto dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268 (Aiuto C 6/04 – ex NN70/01).
[537] In particolare, per la realizzazione delle finalità di cui all’art. 6, co. 5, del D.Lgs. n. 419/1999, l’art. 4, co. 45, della Legge n. 350/2003 (finanziaria per il 2004) ha attribuito all’ISMEA la facoltà di prestare garanzie finanziarie per l’emissione di obbligazioni e di provvedere all’acquisto di crediti bancari in favore delle piccole e medie imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare e di effettuare anticipazioni di crediti vantati dagli agricoltori.
[538] Il D.P.C.M 15 gennaio 1999 è stato emanato ai sensi dell’articolo 8, comma 5, della legge n. 448/1998 ai fini della determinazione annuale (sino al 2004) degli aumenti intermedi della misura delle aliquote delle accise sugli olî minerali. Negli anni successivi non sono stati emanati i relativi decreti.
[539] Trasporto di merci per conto terzi o per conto proprio, effettuato con un autoveicolo a motore o un autoveicolo con rimorchio, adibito esclusivamente al trasporto di merci su strada, avente un peso a pieno carico massimo ammissibile pari o superiore a 7,5 tonnellate.
[540] Decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40 recante “Disposizioni urgenti per gli addetti ai settori del trasporto pubblico e dell’autotrasporto”.
[541] Legge 23 dicembre 1999, n. 488.
[542] Convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.
[543] Si ricorda che sia il bioetanolo sia l’ETBE sono additivi di origine vegetale. In particolare, il bioetanolo, che concorre al 50% alla produzione di ETBE, può essere estratto da barbabietole, mais, sorgo, patate e dai sottoprodotti della lavorazione industriale dell’ortofrutta. Quanto alle biomasse, si tratta di energia prodotta con la combustione di legna o utilizzo di rifiuti organici provenienti dalla zootecnia, ovvero di materiale ligneocellulosico per impieghi energetici. Le benzine riformulate sono benzine, già esistenti in commercio, preparate secondo nuove “formulazioni”, che prevedono, tra l’altro, l’impiego di componenti del tutto nuovi contenenti ossigeno, e di livello ottanico assai elevato, come, tra le altre, l’ETBE e il MTBE, che permetto l’abbandono totale di additivi contenenti piombo.
[544] Il “biodiesel” è un estere di oli vegetali di colza, girasole, palma etc., ottenuto previo trattamento con metanolo. Tale prodotto viene assimilato al gasolio desolforato, ha minor potere calorifico, e costa all’incirca tre volte di più.
[545] Settore delle attività estrattive e manifatturiere, dei servizi, del turismo, del commercio, delle costruzioni, della produzione e distribuzione di energia elettrica, vapore ed acqua calda, della trasformazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura.
[546] Regimi di aiuto N. 324/02 per le aree 87.3.a) e N. 198/03 per le aree 87.3.c).
[547] In base al nuovo articolo 119 della Costituzione è prevista la possibilità che lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi finanziari speciali "in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni" per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni".
[548] Così l'art. 3, comma 38, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha modificato il precedente riferimento al 31 dicembre 1998
[549] Recante Interventi per la riqualificazione del trasporto merci
[550]Per talune categorie di invalidi l’assegno è corrisposto in misura ridotta al 50% (cfr. al riguardo il DM 28 agosto 2003 e il DM 3 settembre 2004).
[551] “Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti”.
[552] “Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione”.
[553]La richiesta del dipendente, infatti, non provoca l’effetto automatico del trattenimento in servizio: spetta all’amministrazione, in base alle proprie esigenze, l’accoglimento della richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, in funzione dell'efficiente andamento dei servizi e tenuto conto delle disposizioni in materia di riduzione programmata del personale di cui all'articolo 39, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonché all'articolo 34, comma 22, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed all'articolo 3, commi 53 e 69, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Le amministrazioni, inoltre, possono destinare il dipendente trattenuto in servizio a compiti diversi da quelli svolti. I periodi di lavoro derivanti dall'esercizio della facoltà di trattenimento in servizio non danno luogo alla corresponsione di alcuna ulteriore tipologia di incentivi al posticipo del pensionamento né al pagamento dei contributi pensionistici e non rilevano ai fini della misura del trattamento pensionistico.
[554] Si ricorda che il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è stato istituito dal R.D. n. 257 del 1923. Secondo solo al Parco Nazionale del Gran Paradiso come anzianità, fa parte del gruppo dei cosiddetti "parchi storici" ed è stato recentemente ampliato con D.P.R. 24/1/2000. Si ricorda che nella relazione della Corte dei Conti del 16/1/2002 erano state rilevate “anomalie nel settore contabile e gestionale”, ed in particolare una “accertata illegittimità” nella gestione del personale, sul piano delle qualifiche, delle indennità e delle mansioni attribuite.
[555] Convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47 recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”.
[556] Sul quale la VIII Commissione (Ambiente) ha reso un parere favorevole con osservazioni il 1° aprile 2004.
[557] L’articolo 1, comma 2, della legge 27luglio 2000, n. 212, prescrive che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.
[558] Articolo abrogato dall'articolo 288 lettera c), del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645.
[559] S. Fossati, Sulle imprese arriva la stangata dell’ICI, in “Il Sole-24 ore”, 16 dicembre 2004, p. 21. Circa gli effetti sulle imprese industriali, l’articolo fa riferimento a dichiarazioni rilasciate da Confindustria.
[560]Testo in “Il Sole-24 ore” - Guida normativa, 20 gennaio 2005, con nota di F. Guazzone.
[561]Oltre all’articolo citato nella nota precedente, si veda L’ombra dell’ICI su turbine e carri-ponte, in “Il Sole-24 ore”, 30 dicembre 2004.
[562]F. Guazzone - S. Fossati, La manovra 2005. Sull’imposta comunale previsto il valore catastale anche ai complessi mobili, in “Il Sole-24 ore”, 18 dicembre 2004.
[563] Legge 27 dicembre 2002, n. 289, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003).
[564] Tale piano è illustrato dal Governo nella risposta scritta del 1° luglio 2002 all’interrogazione n. 4-2672 (on. Lusetti).
[565] L. 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004).
[566] Il D.P.R. 332/1997 reca il Regolamento per l'immissione dei volontari delle Forze armate nelle carriere iniziali della Difesa, delle Forze di polizia, dei Vigili del fuoco e del Corpo militare della Croce rossa italiana. In particolare, l’art. 4 prevede che le Direzioni generali del Ministero della difesa, competenti per ciascuna Forza armata all'arruolamento del personale volontario, emanano, su direttiva dello Stato maggiore della Difesa, bandi di arruolamento di personale volontario per ferme di tre anni nelle Forze armate. Nel bando devono essere indicati specificamente i requisiti previsti per l'accesso a ciascuna delle carriere iniziali in cui possono essere immessi i volontari al termine della ferma triennale.
[567]L. 23 Agosto 2004, n. 226, Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore.
[568]D.P.R. 23 dicembre 2002, n. 314, Regolamento recante individuazione degli uffici dirigenziali periferici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
[569] L. 27 dicembre 2002, n. 289, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003).
[570] L. 24 Dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004).
[571] Decreto-legge 30 gennaio 2004, n. 24, Disposizioni urgenti concernenti il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché in materia di accise sui tabacchi lavorati, convertito, con modificazioni, in legge 31 marzo 2004, n. 87.
[572] L. 30 settembre 2004, n. 252, Delega al Governo per la disciplina in materia di rapporto di impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
[573] L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[574]Quest’ultima sostanzialmente sostituisce la Tabella A del D.P.R. 314/2002, che lo stesso schema di regolamento (art. 3, comma 2) provvede ad abrogare.
[575]D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[576]Legge 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).
[577]In questo senso, si veda la relazione tecnica dell'emendamento 1.2000 (testo corretto) del Governo, interamente sostitutivo degli articoli da 1 a 44 del disegno di legge S. n. 3223 (legge finanziaria 2005) sul quale è stata posta la fiducia al Senato il 14 dicembre 2004.
[578] L. 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004).
[579] Si ricorda che in tema di revisione prezzi, il precedente comma 2 ha abrogato l'art. 33 della legge 26 febbraio 1986, n. 41, relativo alla revisione prezzi per la parte ancora in vigore dopo le modiche ad esso apportate dall'art. 3 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333 convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359. Sicché, come precisato dal successivo comma 4, per i lavori pubblici affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori non è più consentito fare ricorso all'istituto della revisione prezzi e non è più applicabile il primo comma dell'art. 1664 del codice civile. L'istituto della revisione prezzi, definitivamente soppresso dalla norma in commento, aveva una funzione di garanzia circa il mantenimento dell'equilibrio del sinallagma contrattuale (Cons., St., sez. IV, 10 gennaio 1990, n. 7). Secondo la pregressa giurisprudenza “la situazione soggettiva (in particolare) dell'appaltatore in ordine alla facoltà dell'Amministrazione di procedere alla revisione del prezzo dell'appalto di opere pubbliche, riconosciuta dalla legge (D.L.vo 6 dicembre 194,7 n. 1501) sino alla entrata in vigore del D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992 n. 359 - che ha soppresso tale facoltà, sostituita poi dal meccanismo previsto dall'art. 26 comma 4 L. 11 febbraio 1994 n. 109 -, aveva natura di interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo, acquistando consistenza di diritto soggettivo solo dopo che l'Amministrazione avesse esercitato il potere di accordare la revisione. Si ricorda che la normativa finora vigente era stata riconosciuta come “manifestamente rispettosa dell'art. 41 comma 1 Cost., dovendosi escludere che essa comprima irragionevolmente la libertà di iniziativa economica privata, e, quindi, la libertà negoziale, avuto riguardo alle esigenze di interesse generale, correlate ad una corretta gestione delle risorse pubbliche, sulle quali la normativa medesima si è fondata” (Cass., sez. I civ., 27 giugno 2000, n. 8711).
[580] Il comma 4 dell'art. 26, in sostituzione della revisione prezzi, ha previsto, come meccanismo di mantenimento dell'equilibrio delle contrapposte prestazioni, il “prezzo chiuso”. L'istituto era stato introdotto, per la prima volta, dall'art. 33, comma 4, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come metodo di indicizzazione del corrispettivo dell'appalto cui la pubblica amministrazione poteva fare ricorso in alternativa alla revisione prezzi. Per come è configurato l'istituto del prezzo chiuso non sembra rappresentare un vero e proprio meccanismo di indicizzazione del corrispettivo dell'appalto. Il che dovrebbe portare a ritenere consentito all'appaltatore, nel caso in cui se ne verifichino i previsti presupposti, di chiedere la risoluzione del contratto stesso, salva la possibilità di offerta di reductio ad equitatem del corrispettivo di cui all'art. 1467 del codice civile.
[581] A titolo di esempio, se il contratto ha una durata di quattro anni e l’importo complessivo è di 100 milioni, il prezzo chiuso sarà computato tenendo conto dell’inflazione reale (per es. il 4%) alla quale dovrà essere sottratta quella programmata (per es. l’1%). Quella parte della differenza che eccede il 2% (cioè 4-1-2 = 1%) verrà applicata sull’importo dei lavori ancora da eseguire. Nel caso di specie, questo significa aggiungere 1 milione. Nel secondo anno, la procedura sarà la medesima, solo che questa volta si dovrà defalcare l’importo eseguito nel primo anno e ricalcolare la differenza.
[582] Cfr. Corte di cassazione, S.U., 22 luglio 1999, n. 500.
[583] D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.
[584]La legge non fornisce una definizione formale dell’assegno in oggetto. Esso è, infatti, un istituto giuridico del tutto particolare, distinto dalla retribuzione quanto dalle prestazioni di natura assicurativa. Esso non costituisce il corrispettivo di un’opera prestata e l’onere grava non sul datore di lavoro ma su appositi fondi costituiti dai contributi da tutti i datori di lavoro.
[585]Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 59, comma 16, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) la fruizione dell’assegno per il nucleo familiare è stata estesa, a decorrere dal 1° gennaio 1998, anche ai lavoratori iscritti alla Gestione separata I.N.P.S. (cd. lavoratori parasubordinati) di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995.
[586] Ai fini del diritto all’assegno devono essere considerati inclusi nel nucleo familiare (come risultante dal certificato di stato di famiglia, oltre al richiedente, i seguenti soggetti (Legge 153/1988, art. 2, comma 6):
- il coniuge non separato;
- i figli minorenni, compresi i c.d. “equiparati”;
- i figli maggiorenni, ed i c.d. “equiparati”, qualora si trovino nell’impossibilità di lavorare a causa di infermità fisica o mentale e siano comunque orfani di entrambi i genitori, senza diritto alla pensione ai superstiti;
- fratelli, sorelle e nipoti (in linea collaterale) minorenni;
- fratelli, sorelle e nipoti (in linea collaterale) maggiorenni, qualora si trovino nell’impossibilità di lavorare a causa di infermità fisica o mentale e siano comunque orfani di entrambi i genitori, senza diritto alla pensione ai superstiti.
Tutte queste persone fanno parte del nucleo familiare anche se:
- non sono conviventi con il richiedente (ad eccezione dei figli naturali, legalmente riconosciuti da entrambi i genitori e dei nipoti in linea diretta);
- non sono a carico del richiedente;
- non sono residenti in Italia (il familiare cittadino straniero ha diritto all'assegno se è cittadino della Comunità europea; se invece è cittadino extracomunitario di un Paese non convenzionato, ha diritto all'assegno solo se risiede in Italia).
L'assegno per il nucleo familiare può essere pagato anche quando il nucleo sia composto da una sola persona che sia titolare di pensione ai superstiti (orfano o coniuge), a condizione che sia minorenne o maggiorenne inabile.
Sono invece considerati esclusi dal nucleo familiare, sempre ai fini della corresponsione dell’assegno familiare, i seguenti soggetti:
- il coniuge legalmente ed effettivamente separato;
- il coniuge che abbandona la famiglia (lo stato di abbandono deve essere dimostrato con certificazione anagrafica o con provvedimento di accertamento giudiziale);
- i figli, le sorelle, i fratelli ed i nipoti coniugati del richiedente;
- il coniuge ed i figli del cittadino straniero non residente in Italia, tranne nel caso di apposita convenzione internazionale.
[587] In alcuni casi il pagamento viene effettuato direttamente dall’INPS (a titolo esemplificativo si citano le seguenti categorie di lavoratori: soci di cooperative, lavoratori domestici, lavoratori in CIGS, lavoratori agricoli dipendenti); per i giornalisti provvede l’INPGI e per i titolari di rendita d’infortunio l’INAIL.
[588] Così indicati nell’Errata Corrige all’A.C. 5310.
[589] L’importo fissato dalla Tabella C corrisponde a quello iscritto nel bilancio a legislazione vigente per il 2005. La determinazione di tale importo tiene conto del fatto che la titolarità dei mutui per gli interventi effettuati in attuazione della legge indicata è stata trasferita a seguito della trasformazione in società per azioni della Cassa depositi e prestiti.
[590]Rispetto al BLV 2005 risulta tuttavia un incremento di 4,55 milioni in quanto la dotazione indicata dalla legge finanziaria 2004 per il 2005 era di 41.648.
[591]A tali risorse, indicate dalla tabella C della legge finanziaria 2004, vanno aggiunti 1,462 milioni annui previsti dall’articolo 9 della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante “Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interesse”.
[592]La riduzione è dovuta al trasferimento di 74,3 milioni al cap. 7754 (UPB 6.2.3.1) “Somme da attribuire all’Ente del demanio per l’acquisto di immobili da adibire a sedi delle amministrazioni statali”.
[593]La tabella C della legge finanziaria 2004 indica, per il medesimo anno, uno stanziamento pari a 22,768 milioni. A tali risorse vanno aggiunti 1,462 milioni annui previsti dall’articolo 9 della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante “Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interesse”.
[594]La variazione in aumento è determinato dal trasferimento al Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura delle risorse destinate al trattamento economico del personale, a seguito dell’approvazione dei regolamenti di amministrazione e contabilità e di organizzazione e funzionamento del Consiglio stesso.
[595] Il risparmio pubblico indica il saldo corrispondente alla differenza tra il totale delle entrate iscritte nei primi due titoli (entrate tributarie e entrate extratributarie, che costituiscono il complesso delle entrate correnti) e il totale delle spese correnti.
[596] Le precedenti proroghe sono previste dalle seguenti disposizioni normative:
- art. 26, co. 3, della legge n. 590/1965: proroga al 30 giugno 1983;
- art. 25 del D.L. n. 463/1983 (convertito dalla legge n. 638/1983): proroga al 30 giugno 1988;
- art. 1 della legge n. 349/1988: proroga al 31 dicembre 1991;
- art. 70, co. 3, della legge n. 413/1991: proroga al 31 dicembre 1993;
- art. 2, co. 2, del D.L. n. 542/1996, conv., con modif., dalla legge n. 649/1996: proroga al 31 dicembre 1997;
- art. 4, co. 14, della legge n. 449/1997 (collegato 1998): proroga al 31 dicembre 1999;
- art. 10, co. 3, della legge n. 488/1999 (finanziaria 2000): proroga al 31 dicembre 2001;
- art. 52, co. 22, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002): proroga al 31 dicembre 2003.
[597] Il citato articolo 7 del D.L. n. 7 del 2005, che modifica il comma 300 dell’articolo 1 della presente legge, alla cui scheda di lettura si rinvia, ha, tra le altre misure, aumentato gli importi stabiliti in misura fissa delle imposte di registro e ipotecaria portandoli da 129,11 euro a 168 euro.