XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri , Servizio Studi - Dipartimento affari sociali , Servizio Studi - Dipartimento agricoltura , Servizio Studi - Dipartimento ambiente , Servizio Studi - Dipartimento attività produttive , Servizio Studi - Dipartimento cultura , Servizio Studi - Dipartimento difesa , Servizio Studi - Dipartimento finanze , Servizio Studi - Dipartimento giustizia , Servizio Studi - Dipartimento istituzioni , Servizio Studi - Dipartimento lavoro , Servizio Studi - Dipartimento trasporti , Servizio Studi - Documentazione in materia regionale | ||
Titolo: | Finanziaria 2005 - A.C. 5310-bis - Schede di lettura | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 653 | ||
Data: | 12/10/04 | ||
Abstract: | Schede di sintesi; schede di lettura sul testo del disegno di legge finanziaria per il 2005. | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Finanziaria 2005 A.C. 5310-bis Schede di lettura |
n. 653 |
12 ottobre 2004 |
Camera dei deputati
Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ID0034
I N D I C E
Sintesi del contenuto del d.d.l. finanziaria
Articolo 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato)
Articolo 2 (Limite all’incremento delle spese delle pubbliche amministrazioni)
Articolo 3 (Bilancio dello Stato)
Articolo 4 (Limitazione ai pagamenti)
Articolo 5 (Disposizioni sulla tesoreria)
Articolo 6 (Patto di stabilità interno per gli enti territoriali)
Articolo 8, commi 1-5 (Disposizioni in materia di finanza regionale)
Articolo 8, commi 6 e 7 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per l’anno 2005)
Articolo 9, comma 1 (Aperture di credito)
Articolo 9, commi 2 e 3 (Fondo di ammortamento del debito)
Articolo 10, commi 1-3 (Rinegoziazione mutui)
Articolo 10, comma 4 (Nuove emissioni di titoli obbligazionari)
Articolo 11, commi 1-3 (Contabilizzazione debito)
Articolo 11, comma 4 (Gestione di attivi finanziari)
Articolo 12, commi 1 e 2 (Superamento della tesoreria unica e altre disposizioni finanziarie)
Articolo 12, comma 3 (Semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all’estero)
Articolo 14 (Oneri contrattuali)
Articolo 15 (Personale a tempo determinato)
Articolo 16 (Disposizioni in materia di organizzazione scolastica)
Articolo 17 (Divieto di estensione dei giudicati ed altre norme processuali)
Articolo 19 (Gestioni previdenziali)
Articolo 20 (Trasferimenti all’INPS)
Articolo 21 (Asili nido aziendali)
Articolo 22 (Interventi nel settore sanitario)
Articolo 24 (Razionalizzazione dei processi operativi nella pubblica amministrazione centrale)
Articolo 25 (Attività in materia ambientale e culturale)
Articolo 26 (Assicurazione obbligatoria degli immobili per danni derivanti da calamità naturali)
Articolo 27, comma 1 (PC ai giovani)
Articolo 27, comma 2 (PC ai docenti)
Articolo 27, comma 3 (PC ai dipendenti pubblici - Consip)
Articolo 27, comma 4 (Sezione speciale Fondo di garanzia PMI)
Articolo 27, commi 5-7 (Agevolazioni digitale terrestre e banda larga)
Articolo 28, comma 1 (Dismissione di immobili degli enti disciolti)
Articolo 28, commi 2 e 3 (Disciplina liquidazione enti disciolti)
Articolo 28, comma 4 (Ufficio stralcio enti pubblici estinti nelle regioni a statuto speciale)
Articolo 29, commi 4 e 5 (Destinazione risorse Fondo Made in Italy)
Articolo 29, comma 6 (Fondo missioni internazionali di pace)
Articolo 29, comma 7 (Attività dell’IPI)
Articolo 29, comma 9 (Tariffe in materia di motorizzazione)
Articolo 30 (Disposizioni in materia di conservazione dei beni culturali)
Articolo 31 (Interventi in materia di giustizia)
Articolo 32, commi 1-3 (Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Dati relativi alle utenze)
Articolo 32, commi 4-8 (Revisione del classamento degli immobili)
Articolo 32, comma 9 (Base imponibile della TARSU)
Articolo 32, commi 10-14 (Misure per l’emersione dei redditi derivanti da contratti di locazione)
Articolo 32, comma 15 (Nullità dei contratti di locazione non registrati)
Articolo 33, commi 3-5 (Recupero dell’IVA su autoveicoli di provenienza comunitaria)
Articolo 33, comma 11 (Obbligo solidale al pagamento dell'IVA)
Articolo 34, commi 1-12 (Pianificazione fiscale concordata)
Articolo 34, commi 13-20 (Studi di settore)
Articolo 34, comma 21 (Redditi soggetti a tassazione separata)
Articolo 34, comma 22 (Decorrenza degli interessi su somme che costituiscono oggetto di riscossione)
Articolo 34, comma 23 (Reato di omesso versamento di ritenute certificate)
Articolo 34, comma 24 (Legittimazione ad agire dei concessionari della riscossione)
Articolo 34, comma 25 (Discarico per inesigibilità)
Articolo 34, comma 26 (Disposizioni in tema di ruoli e di poteri di riscossione)
Articolo 34, commi 27 e 28 (Rilascio di garanzie e recupero coattivo)
Articolo 34, comma 29 (Termine di decorrenza dell’applicazione dei ruoli differenziati)
Articolo 34, commi 30-32 (Recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati)
Articolo 34, comma 34 (Versamento dell’ICI mediante il modello F24)
Articolo 34, comma 37 (Proroga della durata delle concessioni del servizio di riscossione)
Articolo 35, commi 1-10 (Dismissioni di beni del demanio e del patrimonio)
Articolo 35, comma 11 (Trasferimento ai comuni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica)
Articolo 35, comma 12 (Dismissioni di immobili della Difesa)
Articolo 35, comma 13 (Immobili per la Guardia di finanza)
Articolo 35, commi 14-17 (Altre disposizioni in materia di demanio)
Articolo 35, comma 18 (Investimenti immobiliari dell’INAIL)
Articolo 35, comma 19 (Cartolarizzazioni - Vendita di strade nazionali assoggettabili a pedaggio)
Articolo 35, comma 20 (Applicabilità del codice dei beni culturali nelle dismissioni)
Articolo 36, commi 1-8 (Trattamento fiscale delle società cooperative)
Articolo 36, commi 11-16 (Riserve e fondi in sospensione d’imposta)
Articolo 36, commi 17 e 18 (Tabacchi lavorati)
Articolo 36, commi 19-21 (Lotto)
Articolo 36, commi 22-27 (Disposizioni in materia di videogiochi)
Articolo 36, comma 28 (Detraibilità dell’IVA sugli acquisti di motoveicoli e autoveicoli)
Articolo 36, comma 29 (Redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)
Articolo 36, comma 31 (Regime speciale dell’IVA per il settore agricolo)
Articolo 36, comma 32 (Proroga delle esenzioni per le aree terremotate)
Articolo 36, comma 33 (Agevolazioni per la manutenzione e la salvaguardia dei boschi)
Articolo 36, comma 34 (Aliquota IRAP nel settore agricolo e della pesca)
Articolo 36, comma 35 (Formazione e arrotondamento della proprietà contadina)
Articolo 36, comma 37 (Rinnovo delle agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)
Articolo 36, commi 38 e 39 (Determinazione delle accise sui prodotti petroliferi)
Articolo 36, commi 40-42 (Agevolazioni sul gasolio per gli autotrasportatori)
Articolo 36, commi 43 e 44 (Esenzione dall’accisa per il biodiesel)
Articolo 37, comma 1 (Fondi speciali)
Articolo 37, comma 2 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)
Articolo 37, comma 3 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)
Articolo 37, comma 4 (Riduzioni di autorizzazioni legislative di spesa)
Articolo 37, comma 5 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)
Articolo 37, comma 6 (Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa pluriennali)
Articolo 37, comma 7 (Eccedenze di spesa)
Articolo 37, comma 8 (Fondi unici per gli investimenti)
Articolo 38 (Copertura finanziaria ed entrata in vigore)
L’articolo 1 fissa il livello massimo del saldo netto da finanziare e il livello massimo del ricorso al mercato per l’anno 2005 e per i due anni successivi e individua le finalità cui destinare le maggiori entrate che eventualmente dovessero determinarsi rispetto alle previsioni a legislazione vigente.
L’articolo 2 dispone per ciascun anno del triennio 2005-2007 il limite del 2% all’incremento della spesa delle amministrazioni pubbliche.
L’articolo 3 definisce le modalità con cui la regola generale prevista dall’articolo 2 si applica alle amministrazioni dello Stato, fissando un limite di incremento del 2% agli stanziamenti di competenza e di cassa del bilancio di previsione dello Stato per il triennio 2005-2007, da calcolare rispetto alle previsioni iniziali per il 2004, come ridotte per effetto del decreto-legge n. 168/2004.
L’articolo 4 stabilisce per il 2005 un tetto complessivo di 7.900 milioni di euro ai pagamenti relativi al fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e del Ministero delle attività produttive, al fondo per gli incentivi alle imprese e agli stanziamenti per la legge obiettivo.
L’articolo 5 precisa la disciplina per il triennio 2005-2007 dei limiti ai prelievi dai conti aperti presso la Tesoreria dello Stato, prevedendo che gli enti titolari di tali conti non possono effettuare prelievi per importi superiori a quelli prelevati alla fine di ciascun bimestre dell’anno precedente, aumentati del 2%.
L’articolo 6 detta la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e per gli enti locali con riferimento al triennio 2005-2007. In particolare, per il 2005 viene fissato un limite all’incremento delle spese del 4,8% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nel 2003.
L’articolo 7 determina le modalità con le quali il limite del 2% all’incremento della spesa previsto in generale dall’articolo 2 si applica alle amministrazioni pubbliche per le quali non è dettata una specifica disciplina. Per tali amministrazioni viene fissato un limite all’incremento della spesa del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.
L’articolo 8 con il comma 1 dispone la compensazione con trasferimenti erariali della perdita di gettito determinata per le regioni dalla riduzione della compartecipazione all’accisa sulle benzine e dispone che tale compensazione sia compresa nella determinazione della compartecipazione all’IVA di spettanza delle regioni.
Il comma 2, prevede che anche il Fondo per gli asili nido sia compreso nel calcolo definitivo della compartecipazione all’IVA.
Il comma 3 estende la possibilità di utilizzare il fondo per il federalismo amministrativo anche per le funzioni conferite agli enti locali ai sensi della legge n. 131/2003 (c.d. legge La Loggia).
Il comma 4 consente che abbiano efficacia dal 2005 le maggiorazioni delle aliquote IRAP disposte da leggi regionali in difformità dalla normativa statale, confermando e specificando l’analoga norma di sanatoria relativa alla stessa imposta e alla tassa automobilistica, contenuta nella legge finanziaria per il 2004.
Il comma 5 autorizza il Ministero dell’economia ad operare le compensazioni per maggiori o minori somme attribuite a ciascuna regione nella ripartizione delle somme compensative delle minori entrate derivate dalla riduzione della aliquota di compartecipazione al gettito delle accise sulle benzine.
I commi 6 e 7, definiscono i criteri per la determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2005.
L’articolo 9 contiene varie disposizioni in materia di disciplina delle modalità di indebitamento da parte degli enti locali, concernenti, in particolare, la facoltà di fare ricorso ad aperture di credito (comma 1).Altre disposizioni contenute nell’articolo 9 riguardano le condizioni di durata e decorrenza dell’ammortamento dei mutui accesi dagli enti locali, la facoltà per più enti locali di effettuare congiuntamente emissioni di prestiti obbligazionari, l’esclusione dell’applicazione del principio di accentramento dei depositi presso il tesoriere per quanto concerne la gestione del fondo di ammortamento del debito (comma 2) e l’esclusione della possibilità di contrarre mutui con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza (comma 3).
L’articolo 10 con i commi 1-3 reca alcune disposizioni volte a ridurre la spesa per interessi a carico della finanza pubblica prevedendo che lo Stato e gli altri enti territoriali sono tenuti a convertire in titoli obbligazionari o a rinegoziare i mutui in presenza di condizioni di mercato che rendano tali operazioni vantaggiose.
Il comma 4, disciplina le forme in cui lo Stato, le regioni e gli enti locali debbono costituire il fondo di ammortamento del debito o stipulare un’operazione di swap qualora procedano a nuove emissioni obbligazionarie.
L’articolo 11 con i commi 1-3 detta per le amministrazioni pubbliche regole omogenee di contabilizzazione del debito per evitare la duplicazione dell’iscrizione nei bilanci di enti diversi delle somme relative ai medesimi mutui e facilitare il consolidamento dei conti pubblici.
Il comma 4 dispone che il Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia proceda alla gestione delle nuove posizioni finanziarie attive di sua competenza.
L’articolo 12, con i commi 1 e 2 detta disposizioni volte a sperimentare il totale superamento del sistema di Tesoreria unica nonché a introdurre modalità di gestione informatizzata del servizio di tesoreria degli enti locali.
Il comma 3 autorizza il Ministro degli esteri a dettare disposizioni per semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all’estero
L’articolo 13 detta norme volte a promuovere il sistema assicurativo per i danni derivanti da eventi calamitosi in agricoltura.
L’articolo 14 determina le risorse da destinare agli oneri contrattuali per il personale statale contrattualizzato e per il personale statale in regime di diritto pubblico (commi 1-3) e per il personale delle amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici non statali (comma 4), rimettendo ad un successivo provvedimento la possibilità di riconoscere incrementi ulteriori (comma 5).
L’articolo 15 autorizza le pubbliche amministrazioni ad avvalersi di personale a tempo determinato entro determinati limiti di spesa (comma 1), proroga al 31 dicembre 2005 alcuni rapporti di lavoro a tempo determinato presso amministrazioni pubbliche (commi 2-5), disciplina la conversione dei contratti di formazione lavoro presso le amministrazioni pubbliche in rapporti a tempo determinato e comunque proroga gli stessi fino al 31 dicembre 2005 (comma 6), reca un disposizione di salvaguardia dei rapporti a tempo determinato presso enti di ricerca (comma 7) e proroga i comandi del personale delle Poste S.p.A e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (comma 8).
L’articolo 16 con il comma 1 autorizza per il 2005 la spesa di 375 milioni di euro al fine di consentire alle istituzioni scolastiche l’affidamento dei servizi amministrativi e di pulizia in base a procedure che garantiscano la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori socialmente utili.
I commi 2-9 recano misure di contenimento della spesa scolastica (con riguardo al divieto di incremento dell’organico di diritto ed all’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria); il rifinanziamento del piano programmatico di interventi finanziari previsto dall’articolo 1, comma 3, della legge 53/2003 (c.d “Riforma Moratti”); finanziamenti di interventi per edilizia e attrezzature per gli istituti di alta formazione artistica e musicale.
L’articolo 17 vietaalle pubbliche amministrazioni di adottare provvedimenti di estensione del giudicato in materia di personale (comma 1), nonché riconosce al Dipartimento della funzione pubblica, al Ministro dell’economia ed all’ARAN la legittimazione ad intervenire nelle controversie in materia di pubblico impiego (commi 2 e 3).
L’articolo 19 determina l'adeguamento per l'anno 2005 degli stanziamenti a carico del bilancio dello Stato per il finanziamento della gestione INPS degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS).
L’articolo 20 prevede che i maggiori oneri precedenti al 2004 accertati con riferimento alla gestione interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS) siano coperti mediante compensazione con i minori oneri relativi ad altri trasferimenti dal bilancio dello Stato all’INPS (commi 1 e 2). Dispone inoltre che alla copertura dei maggiori oneri derivanti dalla Gestione relativa agli invalidi civili, ciechi e sordomuti si provveda mediante una riduzione dei trasferimenti all’INPS per alcun capitoli di spesa che si ritengono superiori alle esigenze dell’istituto, sia per quanto concerne il 2004 (comma 3, lettera a) che a decorrere dal 2005 (comma 3, lettera b).
L’articolo 21 incrementa di 10 milioni di euro, per l’anno 2005, il fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro al fine di realizzare, nei luoghi di lavoro, servizi di asili nido e micro-nidi.
L’articolo 22 stabilisce il livello massimo della spesa, nel triennio 2005-2007, per il funzionamento del Servizio sanitario nazionale. L’integrale trasferimento dallo Stato alle Regioni di tali risorse è subordinato al rispetto dei nuovi obiettivi di contenimento complessivo della spesa sanitaria e, all’interno di essi, dei tetti massimi della spesa farmaceutica. In particolare, si prevede la stipula di una specifica Intesa tra Stato e Regioni sugli strumenti per assicurare il rispetto dei nuovi livelli di spesa.
L’articolo 23 è volto ad inasprire nella misura del 10% le sanzioni per le infrazioni al divieto di fumo previste dalla disciplina vigente, prevedendo la riassegnazione dei proventi al Ministero della salute per il potenziamento degli organi ispettivi e di controllo e per la realizzazione di campagne di informazione.
L’articolo 24 reca norme per la razionalizzazione dei processi operativi nella pubblica amministrazione, con specifico riferimento all’utilizzo di strumenti e servizi informatici.
L’articolo 25 prevede la riassegnazione al Ministero dell’ambiente delle somme derivanti da revoche ed economie sui finanziamenti previsti dalla legge n. 344/1997.
L’articolo 26 con il comma 1 introduce un regime assicurativo obbligatorio per gli immobili contro i rischi di calamità naturali, indicando i parametri sulla cui base essa dovrà venire disciplinata mediante regolamento di delegificazione e gradualmente estesa ai contratti assicurativi esistenti. Alla stipula dell’assicurazione è condizionata l’ammissione dei privati danneggiati a eventuali provvidenze dello Stato. Il comma 2 affida alla CONSAP la gestione di un apposito fondo di garanzia, autorizzando la spesa di 50 milioni di euro.
Il comma 3 prevede una spesa quindicennale di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 per l’erogazione di contributi pluriennali destinati alla prosecuzione degli interventi di ricostruzione in tutti i territori colpiti da calamità naturali per i quali sia già stato dichiarato lo stato d’emergenza.
L’articolo 27 con il comma 1 dispone in ordine al finanziamento delle spese relative al progetto “PC ai giovani”, diretto ad incentivare l’acquisizione e l’utilizzo di strumenti informatici e digitali tra i giovani che compiono i 16 anni nel 2005, nonché la loro formazione.
Il comma 2 proroga per il 2005 le agevolazioni (consistenti in riduzione del prezzo e in rateizzazioni della spesa) per l’acquisto di un personal computer portatile da parte di docenti delle scuole e delle università statali.
Il comma 3 prevede la possibilità per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di acquistare un personal computer con riduzioni di costo.
Il comma 4 integra della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007 la Sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
I commi 5 e 6 rifinanziano interventi già previsti dalla precedente legge finanziaria, volti alla concessione di contributi per la diffusione di ricevitori per la televisione digitale terrestre e per l’accesso a larga banda ad Internet.
L’articolo 28 detta disposizioni in materia di dismissione degli immobili e procedura di liquidazione degli enti disciolti (commi 1-3) nonché dispone la soppressione dell’Ufficio stralcio per l’esercizio delle funzioni amministrative degli enti pubblici soppressi nelle regioni a statuto speciale (comma 4).
L’articolo 29 con i commi 4 e 5 dispone in ordine alla ripartizione e alla destinazione del Fondo per la realizzazione di una campagna promozionale straordinaria a favore del «made in Italy».
Il comma 6 proroga per il 2005 il Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro, da destinare alla prosecuzione di missioni internazionali di pace.
Il comma 7 prevede che l’Istituto per la promozione industriale (IPI), al fine di assicurare l’efficace svolgimento delle sue attività di sostegno delle iniziative per la promozione imprenditoriale, adotti, d’intesa con il Ministero delle attività produttive, appositi programmi pluriennali.
Il comma 9 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti per incrementare le tariffe applicabili alle operazioni in materia di motorizzazione in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 24 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 di cui una quota è destinata al rafforzamento delle strutture operative operanti presso il Ministero medesimo.
L’articolo 30 reca disposizioni volte a permettere l’affidamento in uso a soggetti privati di beni culturali immobili di proprietà dello Stato che richiedono interventi di restauro. I soggetti privati si impegnano a pagare un canone di concessione, fissato dalla soprintendenza competente, e a realizzare gli interventi di restauro e conservazione necessari.
L’articolo 31 reca diverse misure dirette alrecupero di risorsefinanziarie per l’amministrazione della giustizia. In particolare, sono rivisti in aumento gli importi dovuti a titolo di contributo unificato per le spese di giustizia e sono abolite le esenzioni totali da tale contributo; sono introdotti limiti per le indennità in favore dei giudici di pace; viene rivista la disciplina delle custodie giudiziarie di autoveicoli, finalizzata ad una rapida distruzione delle giacenze.
L’articolo 32 reca misure per la lotta all’evasione fiscale nel settore immobiliare. In particolare, sono estesi gli obblighi di comunicazione di dati relativi a utenze e forniture di servizi; è previsto – relativamente a zone urbane o singoli fabbricati – l’adeguamento del classamento e della conseguente rendita catastale; viene stabilita una misura minima per la determinazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) ragguagliata alla superficie catastale dell’immobile; sono introdotte disposizioni relative alle imposte sui contratti di locazione, fra cui la sanzione della nullità dei contratti non registrati.
L’articolo 33 contiene disposizioni per contrastare l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). In particolare, vengono estesi o reintrodotti taluni obblighi di dichiarazione e comunicazione e sono previste misure volte a contrastare le frodi relative al commercio di autoveicoli di provenienza comunitaria nonché alle cessioni di beni per l’esportazione.
L’articolo 34 con i commi da 1 a 12 disciplina il nuovo istituto della pianificazione fiscale concordata.
I commi da 13 a 20 prevedono termini e modalità per l’aggiornamento degli studi di settore, estendono l’operatività degli studi medesimi e degli accertamenti fondati sopra di essi.
I commi da 21 a 36 recano disposizioni in materia d’iscrizione a ruolo e di riscossione dei tributi.
Il comma 37 proroga al 31 dicembre 2005 la durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e dei relativi incarichi commissariali.
L’articolo 35 disciplina l’alienazione di particolari categorie di beni immobili di proprietà dello Stato, il trasferimento ai comuni di aree da essi occupate nonché di alloggi costruiti per esigenze abitative pubbliche, le procedure di dismissione di immobili della Difesa, l’acquisizione di immobili per la Guardia di finanza, l’attività programmatoria svolta dall’Agenzia del demanio, l’approvazione dei piani d’investimento immobiliare dell’INAIL e la cessione di tratti della rete stradale nazionale.
L’articolo 36 contiene disposizioni varie di carattere tributario e sui regimi fiscali speciali, fra cui modificazioni al trattamento tributario delle società cooperative; misure sul lotto e sugli apparecchi da intrattenimento; interventi in materia di IVA, accise su tabacchi, prodotti petroliferi e biodiesel; benefìci relativi al settore agricolo, alla pesca, agli autotrasportatori e alle aree terremotate della Valle del Belice; proroga di un anno il periodo transitorio per il passaggio alla tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani.
L’articolo 37 dispone l’approvazione delle tabelle allegate al disegno di legge finanziaria (commi 1-6).
Il comma 7 approva l’allegato n. 1, nel quale sono indicati gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche autorizzazioni di spesa (c.d. eccedenze di spesa).
Il comma 8 approva l’allegato 2, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti negli stati di previsione dei Ministeri.
L’articolo 38 dispone l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di parte corrente derivanti dal disegno di legge finanziaria in esame.
1. Per l'anno 2005, il livello massimo del saldo netto da finanziare resta determinato in termini di competenza in 50.000 milioni di euro, al netto di 5.494 milioni di euro per regolazioni debitorie. Tenuto conto delle operazioni di rimborso di prestiti, il livello massimo del ricorso al mercato finanziario di cui all'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ivi compreso l'indebitamento all'estero per un importo complessivo non superiore a 2.000 milioni di euro relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2005, resta fissato, in termini di competenza, in 245.000 milioni di euro per l'anno finanziario 2005.
2. Per gli anni 2006 e 2007 il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio pluriennale a legislazione vigente, tenuto conto degli effetti della presente legge, è determinato, rispettivamente, in 41.000 milioni di euro ed in 24.500 milioni di euro, al netto di 3.572 milioni di euro per l'anno 2006 e 3.176 milioni di euro per l'anno 2007, per le regolazioni debitorie; il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 235.000 milioni di euro ed in 210.000 milioni di euro. Per il bilancio programmatico degli anni 2006 e 2007, il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, rispettivamente, in 43.000 milioni di euro ed in 39.000 milioni di euro ed il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 281.000 milioni di euro ed in 246.000 milioni di euro.
3. I livelli del ricorso al mercato di cui ai commi 1 e 2 si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
4. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le maggiori entrate rispetto alle previsioni derivanti dalla normativa vigente sono interamente utilizzate per la riduzione del saldo netto da finanziare, salvo che si tratti di assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali, improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese, situazioni di emergenza economico-finanziaria ovvero riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
Nell’articolo 1 della legge finanziaria sono fissati il livello massimo del saldo netto da finanziare e il livello massimo del ricorso al mercato per l’anno 2005 (comma 1) e per i due anni successivi, 2006 e 2007 (comma 2), compresi nel bilancio pluriennale.
Tali disposizioni costituiscono parte del contenuto necessario della legge finanziaria.
Ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera a), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, la legge finanziaria deve, infatti, indicare il livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare in termini di competenza, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale, comprese le eventuali regolazioni pregresse specificamente indicate[1].
L'articolo 1, comma 1, fissa, per l’esercizio 2005, il livello massimo del saldo netto da finanziare, in termini di competenza, in 50.000 milioni di euro.
Tale importo è determinato al netto di 5.494 milioni di euro per regolazioni debitorie.
Il limite massimo del saldo netto da finanziare per il 2005 fissato dal disegno di legge finanziaria in 50.000 milioni di euro coincide con il valore indicato nella Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008 (quadro riassuntivo del bilancio programmatico dello Stato per gli anni 2005-2007) e approvato dalla relative risoluzioni parlamentari.
Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nel testo presentato dal Governo(A.S. 2513) espone, per il 2004, un saldo netto da finanziare, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie, pari a 60.296 milioni di euro.
Per effetto delle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2005, il saldo netto da finanziare dovrebbe ridursi complessivamente di 11.285 milioni di euro, attestandosi a 49.011 milioni di euro (cfr. allegato n. 8 al disegno di legge finanziaria, come presentato dal Governo).
Più precisamente, le disposizioni recate dall’articolato del disegno di legge finanziaria dovrebbero determinare una riduzione del saldo netto da finanziare pari a 8.410 milioni di euro e le Tabelle dovrebbero, nel complesso, determinare una ulteriore riduzione di 2.875 milioni di euro.
Riguardo alle regolazioni debitorie per il 2004, l’apposito prospetto contenuto nel disegno di legge finanziaria evidenzia, relativamente alle previsioni di bilancio a legislazione vigente, regolazioni contabili (di pari entità in entrata e in spesa) per 24.349 milioni di euro e regolazioni debitorie (al netto delle regolazioni contabili) per 3.572 milioni di euro.
Le disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria determinano ulteriori regolazioni debitorie per 1.922 milioni di euro.
In particolare, le regolazioni debitorie introdotte dal disegno di legge finanziaria riguardano:
- 473 milioni di euro relativi alla voce di tabella C “Decreto legislativo n. 446 del 1997, articolo 39, comma 3: integrazione del Fondo sanitario nazionale in relazione alle minori entrate IRAP”;
- 343 milioni di euro come contributo alle regioni a rimborso del minor gettito dovuto dalla diminuzione dell’accisa sulla benzina non compensata dalle tasse automobilistiche;
- 1.106 milioni di euro riguardanti le eccedenze di spesa relative all’anno 2004 e precedenti, finanziate dall’allegato 1.
Nel bilancio per il 2004 le regolazioni debitorie ammontavano complessivamente a 7.396 milioni di euro. Nei bilanci iniziali di previsione degli anni precedenti erano fissate in 5.760 milioni di euro (bilancio per il 2003), in 14.649 milioni di euro (bilancio per il 2002) e in 34.349 miliardi di lire (bilancio per il 2001).
Per quanto riguarda il ricorso al mercato, il comma in esame stabilisce, per l’anno finanziario 2005, un livello massimo, in termini di competenza, di 245.000 milioni di euro.
Nel limite è compreso anche l’indebitamento all’estero, per un importo complessivo non superiore a 2.000 milioni di euro, relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2005.
Il livello massimo del ricorso al mercato per il 2005 è stato rideterminato in 245.000 milioni di euro dall’errata corrige trasmesso l’8 ottobre 2004.
Relativamente al ricorso al mercato, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2005 prevede un valore pari a 243.480 milioni di euro, che, per effetto delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 269/2003 e nel disegno di legge finanziaria, dovrebbe ridursi a 234.008 milioni di euro.
E’ opportuno, infine, ricordare che il livello massimo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato costituisce un saldo diverso da quello rispetto al quale viene indicato l’obiettivo della manovra annuale di finanza pubblica.
Quest’ultimo, infatti, in conformità ai parametri comunitari, è rappresentato dall’indebitamento netto del conto delle pubbliche amministrazioni, di cui l’amministrazione statale è una parte. I saldi del bilancio dello Stato, dunque, per quanto diversi dal saldo del conto delle pubbliche amministrazioni (anche perché elaborati secondo criteri contabili differenti), devono risultare coerenti con quest’ultimo.
La Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008 ha confermato, per il 2005, l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche fissato dal DPEF del luglio scorso al 2,7% del PIL.
Il comma 2 determina il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza,per gli anni 2006 e 2007,con riferimento sia al bilancio pluriennale a legislazione vigente sia al bilancio pluriennale programmatico.
Il disegno di legge di bilancio per il 2005 (A.C. 5311) dispone, all’articolo 19, l’approvazione del bilancio pluriennale dello Stato e delle aziende autonome per il triennio 2005-2007.
Il bilancio pluriennale viene approvato nella duplice versione “a legislazione vigente” e “programmatica”.
A seguito dell’approvazione del disegno di legge finanziaria, gli effetti delle disposizioni in essa contenute vengano integrati, mediante le Note di variazioni, oltre che nel bilancio annuale per il 2004, anche nel bilancio pluriennale a legislazione vigente.
Pertanto la versione del bilancio pluriennale a legislazione vigente, come risulterà a seguito dell’approvazione definitiva del Parlamento, esporrà le previsioni di bilancio, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, determinate in modo da scontare gli effetti delle misure recate dalla legge finanziaria per il 2005.
Per gli anni successivi al 2005, il bilancio pluriennale programmatico tiene conto non solo delle misure contenute nella manovra per il 2004, ma anche degli obiettivi che si intendono conseguire attraverso ulteriori manovre da sottoporre al Parlamento nel biennio successivo (saldi del bilancio programmatico).
Per quanto riguarda il bilancio pluriennale a legislazione vigente:
- il livello massimo del saldo netto da finanziare per il 2006 viene determinato, in termini di competenza, in 41.000 milioni di euro, al netto di regolazioni debitorie pari a 3.572 milioni di euro;
- il livello massimo del ricorso al mercato per il 2006 viene determinato, in termini di competenza, in 235.000 milioni di euro;
- il livello massimo del saldo netto da finanziare per il 2007 viene determinato, in termini di competenza, in 24.500 milioni di euro, al netto di regolazioni debitorie pari a 3.176 milioni di euro;
- il livello massimo del ricorso al mercato per il 2007viene determinato, in termini di competenza, in 210.000 milioni di euro.
Il livello massimo del ricorso al mercato esposto per il 2006 e per il 2007 nel bilancio pluriennale a legislazione vigente è stato rideterminato nei valori sopra indicati dall’errata corrige trasmesso l’8 ottobre 2004.
Per quanto riguarda il bilancio pluriennale programmatico:
- il livello massimo del saldo netto da finanziare per il 2006 viene determinato, in termini di competenza, in 43.000 milioni di euro, da intendersi al netto delle regolazioni debitorie;
- il livello massimo del ricorso al mercato per il 2006 viene determinato, in termini di competenza, in 281.000 milioni di euro;
- il livello massimo del saldo netto da finanziare per il 2007 viene determinato, in termini di competenza (al netto delle regolazioni debitorie), in 39.000 milioni di euro;
- il livello massimo del ricorso al mercato per il 2007 viene determinato, in termini di competenza, in 246.000 milioni di euro.
Si osserva che l’errata corrige trasmesso in data 8 ottobre 2004, nel rideterminare il livello massimo del ricorso al mercato per gli anni 2006 e 2007, come fissato nel bilancio pluriennale a legislazione vigente, non ha rideterminato il corrispondente livello massimo del bilancio pluriennale programmatico, che pertanto risulta notevolmente superiore a quello stabilito a legislazione vigente.
Il quadro del bilancio programmatico dello Stato, contenuto nella Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008, prevedeva, con riferimento al livello massimo del saldo netto da finanziare per il 2006 e per il 2007, valori coincidenti con quelli indicati dal comma in esame.
Per quanto concerne il conto delle amministrazioni pubbliche, la Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008 ha fissato, per gli anni successivi al 2005, un obiettivo di indebitamento netto pari per il 2006 al 2,0% del PIL, per il 2007 dell’1,4% del PIL e per il 2008 dello 0,9% del PIL
La differenza tra il limite massimo del saldo netto da finanziare del bilancio pluriennale a legislazione vigente e quello del bilancio pluriennale programmatico implica che, secondo le valutazioni del Governo, l’evoluzione a legislazione vigente delle entrate e delle spese del bilancio dello Stato garantirà, per gli anni successivi al 2005, il rispetto del limite massimo del saldo netto da finanziare.
Il comma 3 specifica che i livelli massimi di ricorso annuo al mercato finanziario di cui ai precedenti commi 1 e 2 si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare in via anticipata o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
La disposizione, che viene ordinariamente inserita nell’articolo 1 della legge finanziaria, è diretta a consentire margini di flessibilità nella gestione del debito pubblico.
Il comma 4 individua le finalità cui destinare le maggiori entrate che eventualmente dovessero determinarsi, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, rispetto alle previsioni a legislazione vigente.
In generale, le disposizioni di cui al comma in esame possono ricondursi alla previsione dell’articolo 11, comma 4, della legge n. 468/78 ai sensi del quale “la legge finanziaria indica quale quota delle nuove o maggiori entrate per ciascun anno compreso nel bilancio pluriennale non può essere utilizzata per la copertura di nuove o maggiori spese”.
Il comma in esame prevede, in particolare, che le eventuali maggiori entrate che si registrassero, in ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, rispetto alle previsioni a legislazione vigente, siano destinate interamente alla riduzione del saldo netto da finanziare, salvo che siano utilizzate per la copertura finanziaria di:
- interventi urgenti ed imprevisti rivolti a fronteggiare calamità naturali;
- improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese;
- situazioni di emergenza economico-finanziaria;
- riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
Relativamente agli obiettivi concernenti il livello della pressione fiscale (rapporto percentuale tra il complesso delle entrate tributarie e contributive delle amministrazioni pubbliche e il PIL), si segnala, peraltro, che essi non risultano indicati nel quadro programmatico di finanza pubblica contenuto nel DPEF 2005-2008 (né nella successiva Nota di aggiornamento).
Il comma 4 riproduce un’analoga disposizione contenuta nella legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) e nella legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002).
In base a tale disposizione, pertanto, ai fini dell’utilizzo delle eventuali maggiori entrate a legislazione vigente per finalità diverse dal miglioramento del saldo, la riduzione della pressione fiscale, che ha carattere permanente, viene affiancata ad interventi riconducibili a specifiche situazioni di eccezionalità e di emergenza (calamità naturali, tutela della sicurezza del Paese, emergenze economico-finanziarie).
Nella legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001) veniva invece espressamente specificato che le maggiori entrate a legislazione vigente potevano essere utilizzarle per coprire misure di riduzione della pressione fiscale, soltanto a condizione che esse risultassero eccedenti rispetto agli obiettivi di saldo netto da finanziare[2].
1. Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 - 2007 la spesa complessiva delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l'anno 2005 nell'elenco n. 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall'ISTAT con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica.
2. Le disposizioni del comma 1 non si applicano alle spese per gli Organi costituzionali, per interessi sui titoli di Stato, per prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi e per trasferimenti all'Unione europea a titolo di risorse proprie.
3. Le amministrazioni di cui al comma 1, oltre ad applicare le specifiche disposizioni di cui agli articoli successivi, adottano comportamenti coerenti con quanto previsto nel comma 1.
L’articolo 2 dispone in via generale per ciascun anno del triennio 2005-2007 un limite fissato nella misura del 2% all’incremento della spesa delle amministrazioni pubbliche.
L’ambito dei soggetti cui si applica, in base al comma 1, il limite del 2% all’incremento delle spese corrisponde alle amministrazioni pubbliche comprese nel conto economico consolidato.
Per l’anno 2005 le amministrazioni pubbliche sono individuate nell’elenco n. 1 allegato al disegno di legge.
Sulla base di tale elenco sono comprese tra le amministrazioni pubbliche le seguenti tipologie di enti, organismi e strutture amministrative: Ministeri e Presidenza del Consiglio; Organi di rilievo costituzionale; Enti di regolazione dell’attività economica; Enti produttori di servizi economici; Autorità amministrative indipendenti; Enti a struttura associativa; Enti produttori di servizi culturali; Enti ed istituzioni di ricerca non strumentale; Istituti e stazioni sperimentali per la ricerca; Regioni; Province; Comuni e città metropolitane; Unioni di Comuni e Consorzi di funzione di comuni; ASL; Enti ed Aziende ospedaliere; Camere di commercio; Autorità portuali; Comunità montane e isolane; Enti regionali di sviluppo; Università ed istituti di istruzione universitaria; Enti per il diritto allo studio; Enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Enti parco; Enti regionali per la ricerca e per l’ambiente; Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale.
Come indicato nella relazione tecnica[3], nell’elenco n. 1 è inserita, per ragioni prudenziali anche la società ANAS S.p.A., fermo restando l’obiettivo del Governo di pervenire nel 2005 a condizioni che permettano la classificazione di tale società come impresa di mercato e, pertanto, né permettano l’esclusione dal settore delle amministrazioni pubbliche.
Nel medesimo elenco non è stata invece inserita l’”Agenzia per lo svolgimento dei XX giochi olimpici invernali Torino 2006”, in quanto, nella fase di organizzazione e realizzazione dei giochi, non risulta praticabile il rispetto del limite del 2% all’incremento della spesa.
Per gli anni successivi al 2005 il comma 1 demanda l’individuazione delle amministrazioni pubbliche ad un provvedimento dell’ISTAT da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno.
Sulla base della formulazione letterale del comma 1 non è chiaro se il termine del 31 luglio si riferisca all’anno stesso al quale si applica il limite o all’anno precedente, come sembra opportuno per permettere l’applicazione della norma (per esempio: non è chiaro se, ai fini dell’applicazione del limite del 2% nel 2006, il provvedimento dell’ISTAT debba essere pubblicato entro il 31 luglio 2006 o, come sembra opportuno, entro il 31 luglio 2005).
Sotto il profilo oggettivo il limite si applica alla spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche. L’espressione “spesa complessiva” pare doversi riferire all’insieme delle uscite (di parte corrente e di conto capitale) rilevanti ai fini del conto economico delle amministrazioni pubbliche. In tal modo sarebbero pertanto escluse le uscite relative ad operazioni finanziarie.
Sotto il profilo temporale, il limite di incremento delle spese viene imposto per ciascun anno del triennio 2005-2007.
Il limite viene determinato nella misura del 2% rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica.
Il preconsuntivo del conto economico delle amministrazioni pubbliche, recante le previsioni aggiornate per l’anno in corso, viene esposto nella sezione II della Relazione revisionale e programmatica, che al momento non risulta ancora presentata.
Più in generale, si osserva che il comma 1 rinvia, per quanto concerne la determinazione del limite di spesa e la sua applicazione, ad un prospetto contabile contenuto in un documento che viene trasmesso al Parlamento con finalità conoscitive.
Il comma 2 individua le tipologie di spesa escluse dall’applicazione del limite di incremento del 2%.
Si tratta degli stanziamenti di spesa relativi a:
§ organi costituzionali;
§ interessi sui titoli di Stato;
§ prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi;
§ trasferimenti all’Unione europea a titolo di risorse proprie.
Il comma 3, nel rinviare alle specifiche disposizioni dettate dagli articoli successivi con riferimento alle diverse amministrazioni, prevede in via generale che le amministrazioni stesse adottino comportamenti coerenti con quanto disposto dal comma 1.
In base a quanto previsto dal comma 3 e a quanto indicato nella relazione illustrativa, la disposizione del comma 1 pare assumere valenza generale e carattere programmatico.
Le modalità con cui il limite del 2% di incremento della spesa si applica alle singole amministrazioni o ai singoli settori sono determinate dagli articoli successivi:
In particolare le modalità di applicazione del limite all’incremento della spesa sono stabilite:
- dall’articolo 3 per quanto riguarda il bilancio dello Stato;
- dall’articolo 6 per quanto riguarda le regioni, le province autonome e gli enti locali;
- dall’articolo 7 per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato, dagli altri enti territoriali e dalle università e istituti di ricerca (per i quali si rinvia alle disposizioni dettate nella legge finanziaria per il 2004);
- dall’articolo 22 per quanto riguarda il settore sanitario.
Come indicato nel comma 1, il limite del 2% all’incremento della spesa delle amministrazioni pubbliche deve essere posto in relazione alla finalità di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati nel DPEF e nella relativa Nota di aggiornamento.
La Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008, presentata dal Governo il 30 settembre scorso, in relazione ad una previsione programmatica di crescita del PIL reale del 2,1%, haconfermato, per il 2005, l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche fissatodal DPEF al 2,7% del PIL.
Secondo quanto indicato nella Nota di aggiornamento, tale obiettivo dovrebbe risultare da un avanzo primario pari al 2,4% del PIL e da una spesa per interessi pari al 5,1% del PIL.
Per quanto concerne gli anni successivi al 2005, la Nota di aggiornamento fissa un obiettivo di indebitamento netto pari per il 2006 al 2,0% del PIL, per il 2007 dell’1,4% del PIL e per il 2008 dello 0,9% del PIL.
1. Al fine di assicurare il concorso del bilancio dello Stato al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2, per il triennio 2005 - 2007 gli stanziamenti iniziali di competenza e di cassa delle spese aventi impatto diretto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, tranne quelli di cui al comma 2 dell'articolo 2 nonché quelli connessi ad accordi internazionali già ratificati, a limiti di impegno già attivati e a rate di ammortamento mutui, possono essere incrementati entro il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni iniziali del precedente esercizio ridotte ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa anche mediante rimodulazione nei successivi esercizi. Per gli stanziamenti relativi ad oneri di personale si fa riferimento alla dinamica tendenziale complessiva dei relativi livelli di spesa.
2. Per il triennio 2005-2007, le riassegnazioni di entrate e l'utilizzo dei fondi di riserva per spese obbligatorie e d'ordine e per spese impreviste non possono essere superiori a quelli del precedente esercizio incrementati del 2 per cento. Nei casi di particolare necessità e urgenza, il predetto limite può essere superato, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
3. Le dotazioni indicate nella tabella C allegata alla presente legge sono rideterminate, nella medesima tabella, in coerenza con i limiti di cui al presente articolo.
L’articolo 3 definisce le modalità con le quali il limite all’incremento della spesa dettato in via generale per tutte le amministrazioni pubbliche si applica con riferimento al bilancio dello Stato.
A tal fine il comma 1 fissa un limite di incremento del 2% agli stanziamenti di competenza e di cassa del bilancio di previsione dello Stato per il triennio 2005-2007.
Per quanto concerne il 2005, il limite viene calcolato assumendo come base di riferimento le previsioni iniziali dell’esercizio 2004, come ridotte per effetto di quanto disposto dal decreto-legge n. 168/2004[4].
L’applicazione della percentuale di incremento del 2% rispetto alla base di riferimento così individuata comporta una rideterminazione degli stanziamenti del bilancio a legislazione vigente per il 2005, che, come indicato nella relazione tecnica, si traduce in una riduzione, per ciascun anno del triennio 2005-2007, di 1.130 milioni di euro per quanto concerne gli stanziamenti per consumi intermedi e di 800 milioni di euro per quanto concerne gli stanziamenti per investimenti fissi lordi.
Riguardo al periodo temporale di applicazione della norma, il comma 1 fa espressamente riferimento al triennio 2005-2007.
La relazione tecnica quantifica i risparmi di spesa a valere sul bilancio dello Stato nel medesimo importo per ciascuno dei tre anni:
Sarebbe opportuno chiarire, al riguardo, come viene quantificato il risparmio di spesa relativo agli anni 2006 e 2007, anche in considerazione del fatto che, a differenza di quanto accade per riduzioni di autorizzazioni legislative di spesa, non sussiste, con riferimento alle spese di carattere discrezionale, una quantificazione certa della base di riferimento rispetto alla quale possano essere calcolati risparmi per anni successivi al primo.
In generale, sarebbe opportuno valutare se, per quanto concerne le spese discrezionali, sia appropriato scontare, in sede di manovra, risparmi di spesa di carattere permanente o che, comunque, si estendono oltre l’anno di riferimento.
Riguardo all’ambito oggettivo di applicazione, le disposizioni dell’articolo 3 non si applicano agli stanziamenti del bilancio dello Stato riconducibili alle tipologie di spese che, in base alle previsioni dell’articolo 2, comma 2, non sono soggette a limitazione.
Sono pertanto esclusi dal limite di incremento del 2% gli stanziamenti di spesa relativi a organi costituzionali, interessi sui titoli di Stato, prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi, trasferimenti all’Unione europea.
Secondo quanto espressamente previsto dal comma 1, sono altresì esclusi dall’applicazione del limite all’incremento del 2% gli stanziamenti relativi a limiti di impegno già attivati e a rate di ammortamento mutui. Si tratta infatti di stanziamenti la cui evoluzione, riguardando operazioni di finanziamento già concluse, è predeterminata e non può essere modificata.
Anche la spesa per il personale non è soggetta al vincolo previsto dall’articolo 3, in quanto, come si stabilisce nel medesimo articolo, gli stanziamenti per il personale sono determinati in corrispondenza degli andamenti tendenziali risultanti dalla contrattazione.
Secondo quanto indicato dal Ministro dell’economia e delle finanze in sede di esposizione economico-finanziaria ed esposizione relativa al bilancio di previsione (seduta dell’Assemblea del 4 ottobre 2004), “per il settore del pubblico impiego, a parità di numero di addetti (ad ogni soggetto che esce ne corrisponde uno che entra) e tenendo conto del valore del 3,7 di aumento implicito nei contratti (tale valore riguarda un arco di tempo biennale, e di conseguenza è compatibile con il tetto del 2%) l’andamento tendenziale, grazie ai diversi automatismi, rientra entro il limite del 2%”.
In positivo, l’articolo 3 prevede che il limite all’incremento riguardi gli stanziamenti del bilancio dello Stato “aventi impatto diretto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni”.
Secondo quanto illustrato nella relazione tecnica, tale criterio comporta che la limitazione si applichi a determinate categorie di spesa.
In particolare, per quanto concerne le spese correnti, la limitazione riguarda le seguenti categorie:
§ categoria 2: consumi intermedi;
§ categoria 5: trasferimenti correnti a famiglie ed istituzioni sociali private (al netto delle spese per pensioni di guerra, per mantenimento e assistenza ai detenuti e per contributi ai patronati di assistenza sociale);
§ categoria 6: trasferimenti correnti a imprese.
Per quanto concerne le spese di conto capitale, sono soggette a limitazione le seguenti categorie:
§ categoria 21: investimenti fissi lordi e acquisti di terreni;
§ categoria 23: contributi agli investimenti alle imprese;
§ categoria 24: contributi agli investimenti alle famiglie e alle istituzioni sociali private.
Peraltro, come illustrato nella relazione tecnica, per quanto concerne i trasferimenti correnti e i contributi agli investimenti, le disposizioni dell’articolo 3 non comportano variazioni degli stanziamenti previsti per il 2005[5].
Per quanto riguarda i consumi intermedi, il limite del 2% all’incremento degli stanziamenti comporta, rispetto alle previsioni per il 2005 risultanti dal bilancio a legislazione vigente e dal disegno di legge finanziaria, una riduzione per un importo complessivo di 1.130 milioni di euro[6].
Anche per quanto concerne gli investimenti fissi lordi, le previsioni dell’articolo 3 comportano una riduzione degli stanziamenti per il 2005 di 800 milioni di euro[7].
Ulteriori elementi informativi sulle modalità di applicazione delle disposizioni dell’articolo 3 sono stati forniti dalla documentazione presentata dal Ministro dell’economia e delle finanze nell’audizione di fronte alle Commissioni bilancio di Camera e Senato del 6 ottobre 2004.
La documentazione presentata permette, in primo luogo, di evidenziare come le riduzioni degli stanziamenti rispetto al bilancio a legislazione vigente 2005 siano ripartite tra gli stati di previsione relativi ai diversi Ministeri.
Nella tavola seguente, sono esposti, per ciascun Ministero, l’importo degli stanziamenti a legislazione vigente per il 2005 relativi a consumi intermedi e investimenti fissi lordi, le riduzioni operate per effetto delle disposizioni dell’articolo 3 e l’importo degli stanziamenti risultante da tali riduzioni.
CONSUMI INTERMEDI E INVESTIMENTI FISSI LORDI
(dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili - milioni di euro)
ministero |
consumi intermedi |
investimenti |
||
|
blv |
riduzione |
blv |
riduzione |
Economia e finanze |
3.111,6 |
71,00 |
534,9 |
17,74 |
Attività produttive |
25,9 |
4,22 |
29,5 |
4,40 |
Lavoro e politiche sociali |
75,4 |
12,20 |
16,5 |
4,70 |
Giustizia |
1.119,1 |
38,02 |
303,7 |
31,00 |
Affari esteri |
238,0 |
43,00 |
13,5 |
4,40 |
Istruzione, università e ricerca |
754,6 |
15,00 |
117,6 |
- |
Interno |
1.642,9 |
113,04 |
549,3 |
- |
Ambiente e territorio |
204,3 |
13,49 |
49,9 |
4,44 |
Infrastrutture e trasporti |
240,2 |
12,14 |
1.047,9 |
137,80 |
Comunicazioni |
22,9 |
3,00 |
157,7 |
3,80 |
Difesa |
3.842,7 |
781,14 |
3.066,3 |
576,82 |
Politiche agricole e forestali |
75,6 |
7,00 |
107,4 |
2,80 |
Beni e attività culturali |
130,4 |
15,64 |
352,1 |
11,50 |
Salute |
126,1 |
1,11 |
2,4 |
0,60 |
TOTALE |
11.609,9 |
1.130,00 |
6.348,7 |
800,00 |
Dalla documentazione fornita risulta, altresì, che la riduzione degli stanziamenti rispetto al bilancio a legislazione vigente per il 2005 viene operata quasi integralmente sugli stanziamenti per consumi intermedi e per investimenti fissi aventi natura discrezionale.
Infatti, come indicato nella documentazione, la rideterminazione degli stanziamenti del bilancio dello Stato in conformità alle previsioni dell’articolo 3 si traduce, rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2005:
- in una riduzione degli stanziamenti discrezionali non aventi natura obbligatoria per consumi intermedi pari complessivamente a 1.130 milioni di euro;
- in una riduzione degli stanziamenti discrezionali non aventi natura obbligatoria per investimenti fissi lordi pari complessivamente a 779,36 milioni di euro;
- in una riduzione di autorizzazioni di spesa determinate per legge relative a investimenti fissi lordi pari complessivamente a 20,64 milioni di euro.
Per quanto concerne gli stanziamenti determinati da fattore legislativo, la documentazione presentata evidenzia che le riduzioni operate per effetto dell’articolo 3 interessano soltanto cinque autorizzazioni di spesa, relative a investimenti fissi lordi, per un importo complessivo pari, come detto, a 20,64 milioni di euro.
Più precisamente, le autorizzazioni legislative di spesa che vengono ridotte per effetto delle previsioni contenute nel comma 1 sono le seguenti:
(milioni di euro)
AUTORIZZAZIONI DI SPESA |
BLV 2005 |
RIDUZIONE |
% |
Ministero dell’economia e delle finanze |
|
|
|
D.L. n. 269 del 2003, art. 50: Monitoraggio spesa sanitaria (U.P.B. 4.2.3.30 – cap. 7585) |
50,00 |
-3,10 |
6,2 |
Ministero delle attività produttive |
|
|
|
Legge n. 350 del 2003, art. 4, co. 61: Promozione del Made in Italy (U.P.B. 5.2.3.5 – cap. 8325) |
25,00 |
-4,40 |
17,6 |
Ministero dell’ambiente e tutela del territorio |
|
|
|
Legge n. 376 del 2003, art. 1, co. 7: Interventi per Venezia – rinaturalizzazione della laguna (U.P.B. 3.2.3.5 – cap. 7676) |
7,00 |
-2,45 |
35,0 |
Legge n. 368 del 2003, art. 5, co. 1: Deposito nazionale rifiuti radioattivi (U.P.B. 5.2.3.2 – cap. 8411) |
2,25 |
0,79 |
35,1 |
Ministero per i beni e le attività culturali |
|
|
|
Legge n. 289 del 2002, art. 80, co. 47: Biblioteca europea di Milano (U.P.B. 3.2.3.2 – cap. 7431) |
15,00 |
-9,90 |
66,0 |
In considerazione del fatto che tra le Tabelle contenute nella legge finanziaria, la Tabella E ha il compito specifico di determinare le riduzioni, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale, di autorizzazioni legislative di spesa, si potrebbe valutare l’opportunità di disporre direttamente ed espressamente, nell’ambito del disegno di legge finanziaria, mediante la Tabella E, le riduzioni delle cinque autorizzazioni di spesa sopra indicate.
Per quanto riguarda la rideterminazione degli stanziamenti di spesa di carattere discrezionale relativi a consumi intermedi e investimenti fissi lordi[8], emerge che gli effetti finanziari delle disposizioni recate dall’articolo 3 si esplicano sulle medesime tipologie di spesa rispetto alle quali era stata operata la parte più consistente delle riduzioni di spesa disposte dal decreto-legge n. 168/2004.
L’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 168/2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191/2004) ha disposto, in via diretta, riduzioni di stanziamenti di spesa iscritti nel bilancio dello Stato per un importo complessivo pari a 3.976,44 milioni di euro.
Tali riduzioni hanno riguardato:
a) stanziamenti discrezionali per consumi intermedi per un importo complessivo di 1.473,58 milioni di euro;
b) stanziamenti discrezionali per investimenti fissi lordi per un importo complessivo di 858,23 milioni di euro;
c) autorizzazioni di spesa stabilite dalla Tabella C della legge finanziaria, per un importo complessivo di 378,47 milioni di euro;
d) fondi speciali di parte corrente e di conto capitale per un importo complessivo di 239,42 milioni di euro (di cui 96,44 milioni di euro iscritti nel Fondo speciale di parte corrente e 142,98 milioni di euro iscritti nel Fondo speciale di conto capitale);
e) autorizzazioni di spesa aventi carattere pluriennale, compresi i fondi unici di investimento, per un importo complessivo di 876,78 milioni di euro;
f) trasferimenti correnti a imprese, per un importo complessivo di 150 milioni di euro (la riduzione ha riguardato, per l’identico importo di 75 milioni di euro, le somme da assegnare a titolo di corrispettivo relativo al contratto di programma a Poste italiane e a Ferrovie dello Stato).
Per quanto concerne gli stanziamenti discrezionali per consumi intermedi e per investimenti fissi lordi le previsioni dell’articolo in esame, in sostanza, estendono agli anni 2005 e successivi, gli effetti delle riduzioni disposte dal decreto-legge n. 168/2004, rispetto ai quali viene applicato l’incremento del 2%.
La documentazione presentata evidenzia per ciascuna Ministero la percentuale di riduzione degli stanziamenti discrezionali per consumi intermedi e per investimenti fissi lordi, iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2005, che risulta dall’applicazione delle disposizioni dell’articolo 3, come evidenziato nella tabella seguente:
Ministero |
Consumi intermedi |
Investimenti |
|
|
|
Economia e finanze |
8,8% |
5,76% |
Attività produttive |
26,3% |
Nessuna riduzione |
Lavoro e politiche sociali |
23,1% |
28,5% |
Giustizia |
9% |
26,1% |
Affari esteri |
32,4% |
18,7% |
Istruzione, università e ricerca |
3,7% |
Nessuna riduzione |
Interno |
10,3% |
Nessuna riduzione |
Ambiente e territorio |
28% |
36,3% |
Infrastrutture e trasporti |
9,4% |
34,56% |
Comunicazioni |
21% |
29,5% |
Difesa |
20,4% |
19,8% |
Politiche agricole e forestali |
12% |
38,2% |
Beni e attività culturali |
20,4% |
33,2% |
Salute |
3,3% |
24,7% |
Non sono invece definite le modalità con cui le riduzioni degli stanziamenti discrezionali saranno distribuite tra le singole voci di bilancio; conseguentemente non sono individuate le unità previsionali di base i cui stanziamenti saranno ridotti e l’importo della riduzione relativo a ciascuna unità.
Riguardo alle modalità di applicazione della riduzione degli stanziamenti alle singole unità previsionali di base, la relazione illustrativa indica che, per quanto concerne le spese non determinate per legge, la riduzione verrà effettuata “in maniera lineare per ciascuna Amministrazione”, salva la possibilità di diverse dislocazioni su segnalazione delle Amministrazioni medesime.
Con riferimento a questa indicazione, sembrerebbe pertanto che, per ciascuna amministrazione, la riduzione degli stanziamenti discrezionali, pur essendo operata in modo da pervenire agli importi complessivi e alle percentuali esposte nella documentazione prodotta, possa tuttavia, essere applicata in misura diversificata alle singole voci di bilancio, su richiesta dell’Amministrazione stessa.
Le riduzioni degli stanziamenti relativi alle singole unità previsionali di base del bilancio dello Stato saranno effettuate in sede di nota di variazioni, vale a dire successivamente all’approvazione del disegno di legge finanziaria da parte dell’Assemblea della Camera. Con la nota di variazioni, infatti, le previsioni di entrata e di spesa del bilancio dello Stato vengono modificate in base agli effetti stimati delle disposizioni recate dal disegno di legge finanziaria appena approvato.
Si può peraltro osservare che la rideterminazione degli stanziamenti discrezionali, per la loro stessa natura, può essere effettuata nel disegno di legge di bilancio; in questo modo sarebbero evidenziate direttamente le variazioni degli stanziamenti relativi a ciascuna unità previsionale di base.
Si ricorda altresì che, con riferimento al decreto-legge n. 168/2004, il testo del decreto stesso esponeva il dettaglio, per ciascun Ministero, delle riduzioni disposte, con riferimento sia alle riduzioni di autorizzazioni legislative di spesa che alle riduzioni di stanziamenti discrezionali. Nella Tabella 1 allegata al decreto-legge, sono stati approvati, infatti, prospetti analoghi a quelli forniti, per quanto concerne l’articolo 3 del disegno di legge finanziaria, nella documentazione presentata dal Ministro dell’economia il 6 ottobre scorso.
Nel corso dell’esame del decreto-legge n. 168/2004 presso la Camera dei deputati, il Governo, su richiesta della Commissione bilancio, ha altresì fornito una documentazione con la quale si evidenziavano le unità previsionale di base recanti stanziamenti discrezionali per consumi intermedi e per investimenti fissi che erano interessate dalle riduzioni disposte dal decreto. Per ciascuna di tali unità previsionali di base veniva indicato l’importo dello stanziamento di bilancio, della quota discrezionale, della disponibilità effettivamente sussistente al momento dell’adozione del decreto e della riduzione operata per effetto delle previsioni del decreto medesimo.
A fini di chiarezza, si potrebbe, altresì, valutare l’opportunità, di ricorrere ad una formulazione analoga a quella contenuta nel decreto-legge n. 168/2004, che esplicitava in apposita tabella le riduzioni di spese discrezionali che dal decreto medesimo venivano disposte.
Il comma 2 dell’articolo 3, impone il limite di incremento del 2% rispetto al 2004 anche alle riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata e all’utilizzo del fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine e del fondo di riserva per le spese impreviste.
Riguardo alle riassegnazioni alla spesa e all’utilizzo dei fondi di riserva si prevede, peraltro, la possibilità, “in casi di particolare necessità e urgenza”, di superare il limite così stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Il decreto deve essere comunicato alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
Il comma 3, prevede, infine, che anche le dotazioni delle voci inserite nella Tabella C siano rideterminate in coerenza con il limite del 2%.
Gli importi contenuti nella Tabella C del disegno di legge finanziaria già scontano tale rideterminazione. La previsione del comma 3 non implica, pertanto, ulteriori variazioni degli importi suddetti (cfr. scheda relativa alla Tabella C).
Sulla base delle stime della relazione tecnica, le disposizioni dell’articolo 3 determinano risparmi di spesa rispetto al saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato pari, come già indicato, a 1.130 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2005-2007 con riferimento alle spese correnti e a 800 milioni di euro con riferimento alle spese in conto capitale.
Per quanto riguarda il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche, relativamente alle spese correnti, a fronte di una riduzione degli stanziamenti del bilancio dello Stato di 1.130 milioni di euro, viene quantificato per il 2005 un risparmio di 1.200 milioni di euro.
Relativamente alla spesa in conto capitale viene computato, ai fini dell’indebitamento netto, un risparmio di 2.060 milioni di euro, riconducibile, peraltro, non alla riduzione degli stanziamenti del bilancio per investimenti fissi lordi, ma alle limitazioni sui pagamenti disposte dall’articolo 4 (cfr. scheda relativa).
1. Per l'anno 2005, il concorso al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2, per i settori di intervento di cui alle lettere a), b) e c), è garantito anche mediante la limitazione dei pagamenti a favore dei soggetti beneficiari negli ammontari indicati:
a) strumenti di intervento finanziati con i fondi di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, 6.550 milioni di euro, ivi compresi gli interventi di cui alle lettere b) e c) per complessivi 1.850 milioni di euro;
b) fondo investimenti-incentivi alle imprese del Ministero delle attività produttive, 2.750 milioni di euro, ivi comprese le risorse erogate dal Fondo innovazione tecnologica e gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a);
c) interventi della legge obiettivo finanziati dalla legge 1° agosto 2002, n. 166, articolo 13, comma 1, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 450 milioni di euro, ivi inclusi gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a).
2. Al fine di assicurare il rispetto dei limiti di cui al comma 1, i soggetti che gestiscono le risorse ivi indicate trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento politiche di sviluppo e di coesione e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni sull'ammontare delle somme erogate per singolo strumento e intervento aggiornando le previsioni relative ai trimestri successivi.
3. Fermo restando il limite complessivo dei pagamenti di cui al comma 1, pari a 7.900 milioni di euro, al fine di garantire gli obiettivi di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate per l'intero territorio nazionale, di cui alla revisione di metà periodo del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 per le regioni dell'obiettivo 1, prevista dall'articolo 14 del Regolamento (CE) 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999, i predetti limiti settoriali possono essere modificati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione all'andamento dei pagamenti. Per le stesse finalità le amministrazioni centrali si conformano all'obiettivo di destinare al Mezzogiorno almeno il 30 per cento della spesa ordinaria in conto capitale. Le amministrazioni centrali, nell'esercizio dei diritti dell'azionista nei confronti delle società di capitali a prevalente partecipazione pubblica diretta o indiretta, adottano le opportune direttive per conformarsi ai principi di cui al presente comma.
L’articolo 4 stabilisce per il 2005 un tetto complessivo di 7.900 milioni di euro ai pagamenti da effettuare nei confronti dei soggetti beneficiari a valere sulle disponibilità dei conti correnti di tesoreria relativi ai seguenti fondi:
a) fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze e fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero delle attività produttive; per i pagamenti su tali fondi è fissato un limite complessivo di 6.550 milioni di euro;
b) fondo per gli incentivi alle imprese del Ministero delle attività produttive; per i pagamenti su tale fondo è fissato un limite complessivo di 2.750 milioni di euro di cui, tuttavia, 1.750 riguardano i pagamenti relativi alla legge 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata e pertanto sono già computati nel limite relativo al fondo per le aree sottoutilizzate[9];
c) stanziamenti per la legge obiettivo, in relazione ai quali viene fissato un limite ai pagamenti di 450 milioni di euro, di cui 100 milioni di euro sono computati nel limite relativo al fondo per le aree sottoutilizzate, in quanto riguardano interventi finanziati a valere su tale fondo.
Come indicato nel comma 1, le limitazioni ai pagamenti di cui all’articolo in esame sono strumentali al raggiungimento dell’obiettivo di limitazione dell’incremento della spesa previsto, in generale, dall’articolo 2.
Al riguardo, nella relazione tecnica si osserva che l’imposizione di un limite ai pagamenti a valere sui fondi sopra indicati si rende necessaria in quanto si tratta di fondi gestiti, in parte, fuori bilancio e su conti correnti di tesoreria che presentano notevoli giacenze di cassa.
In particolare, le risorse assegnate agli incentivi alle attività produttive e alla programmazione negoziata sono gestite fuori bilancio attraverso la contabilità speciale n. 1726, intestata al Fondo per l’Innovazione Tecnologica (FIT), su cui confluiscono le disponibilità di bilancio e le somme rivenienti dalle revoche agli incentivi[10].
Sulla base di quanto indicato nella relazione tecnica, la limitazione ai pagamenti determina, ai fini dell’indebitamento netto, un risparmio di spesa quantificabile, per il 2005, in 2.060 milioni di euro.
Non vengono, peraltro, forniti gli elementi sulla base di quali è stata effettuata la suddetta quantificazione.
Il comma 2 prevede che i soggetti che gestiscono i fondi sui quali si applica la limitazione dei pagamenti siano tenuti a trasmettere, con cadenza trimestrale, al Dipartimento Politiche di sviluppo e di coesione e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato i dati aggiornati sugli importi delle somme erogate con riferimento ai singoli strumenti e interventi.
Contestualmente, tali soggetti sono altresì tenuta ad aggiornare le previsioni relative alle erogazioni che saranno effettuate nei trimestri successivi.
Gli obblighi di comunicazione previsti dal comma 2 sembrano riferirsi, per quanto non espressamente precisato, alle strutture amministrative dei singoli Ministeri competenti a gestire le risorse.
Il comma 3 introduce la possibilità, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di modificare i limiti ai pagamenti relativi ai singoli fondi, purché venga rispettato il limite complessivo di 7.900 milioni di euro.
Tali modifiche devono, comunque, essere finalizzate a conseguire gli obiettivi di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate, che assicurino il rispetto del criterio di addizionalità. Al riguardo, viene assunto il livello di spesa determinato in sede di revisione di metà periodo del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 per le regioni dell'obiettivo 1.
L’articolo 14, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999, prevede che, a seguito della valutazione intermedia da effettuare entro 3 anni dall’approvazione del Quadro comunitario di sostegno, i Quadri comunitari di sostegno (nonché i Programmi Operativi e i Documenti Unici di Programmazione) possano essere riesaminati e, se necessario, adeguati.
Entro il medesimo termine, è altresì prevista una specifica verifica intermedia, in relazione alla quale può essere concordata una revisione del livello di spese strutturali, che lo Stato membro si impegna a raggiungere per garantire il rispetto del principio di addizionalità (articolo 11, paragrafo 2, del Reg. n. 1260/1999).
In relazione alle medesime finalità, il comma 3 ribadisce altresì che le amministrazioni dello Stato debbano assicurare il rispetto dell’obiettivo di destinare al Mezzogiorno almeno il 30% della spesa ordinaria in conto capitale.
Le medesime amministrazioni sono altresì tenute ad impartire opportune direttive rivolte a garantire che anche società a prevalente partecipazione pubblica (ad esempio, Ferrovie dello Stato e ANAS) si conformino al principio di riservare una quota non inferiore al 30% della propria spesa in conto capitale al Mezzogiorno.
In base alla formulazione letterale del comma 3, non è chiaro se l’espressione “Mezzogiorno” debba intendersi riferita soltanto alle regioni che attualmente fanno parte dell’Obiettivo 1.
Fondo per le aree sottoutilizzate
Con la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate sono state concentrate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3).
Nel Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze (c.d. Fondo MEF), sono confluite le risorse relative alle seguenti leggi:
- legge n. 64 /1986 relativa all'intervento straordinario nel Mezzogiorno;
- legge n. 208/1998, art. 1, comma 1, Fondo aree depresse (c.d. risorse aggiuntive);
- legge n. 488/1999, art. 27, comma 11, Fondo per l'imprenditoria giovanile;
- legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;
- legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.
Il Fondo è annualmente rifinanziato in Tabella D della legge finanziaria e ripartito, tra gli interventi previsti dalle suddette disposizioni legislative, con apposite delibere del CIPE.
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311) la dotazione del Fondo MEF (UPB 4.2.3.27, cap. 7576) ammonta complessivamente a 5.580,8 milioni.
Il disegno di legge finanziaria, in Tabella D, ha rifinanziato il Fondo di 100 milioni nel 2005, e, in Tabella F, ha rimodulato le risorse del Fondo stesso, posticipando 2.150 milioni di euro dal 2005 agli anni successivi.
Conseguentemente, lo stanziamento per il 2005 si riduce a 3.530,8 milioni[11].
Al Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP) sono destinate le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).
Peraltro, nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive non risulta ancora iscritto una specifico capitolo di bilancio relativo Fondo per gli interventi nelle aree sottoutilizzate. Di conseguenza, le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata sono ancora iscritte nel Fondo per gli incentivi alle imprese.
Nell’ambito del Fondo incentivi alle imprese (che è organizzato in piani di gestione riferiti a ciascun intervento), le risorse per le aree sottoutilizzate sono iscritte nei piani di gestione n. 26-28, dotati, per il 2005 di complessivi 3.125,7 milioni di euro, di cui 413 milioni per la legge n. 488/1992 e 2.712,7 milioni per la programmazione negoziata.
Per effetto delle rimodulazioni operata dalla Tabella F, che ha posticipato 1.450 milioni di euro al 2006, le risorse per il 2005 sono ridotte a 1.675,7 milioni.
Fondo incentivi alle imprese
Il Fondo unico per gli incentivi alle imprese è stato istituito dall'articolo 52 della legge n. 448/1998, al fine di razionalizzare l’intervento del Ministero delle attività produttive in favore delle imprese, accorpando, in un’unica autorizzazione di spesa, tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese, nell’ambito dei seguenti settori di intervento: settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse e altri settori specifici. La ripartizione delle risorse tra i diversi interventi è rimessa alla discrezionalità del Ministero delle attività produttive.
Il Fondo, a tal fine, è articolato in piani di gestione riferiti a singole leggi. Una evidenza contabile della dotazione delle singole leggi di incentivazione è riscontrabile nell’annuale decreto del Ministro delle attività produttive di riparto delle risorse aggiuntive.
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311) la dotazione del Fondo incentivi alle imprese (UPB 3.2.3.8, cap. 7420) ammonta a 3.876,5 milioni di euro, di cui, come già detto, 3.125,7 milioni relativi agli interventi nelle aree sottoutilizzate e 750 milioni destinati agli incentivi alle imprese in generale.
Per effetto della rimodulazione di risorse operata dalla Tabella F, che ha posticipato 50 milioni di euro al 2006, le risorse per il 2005 sono ridotte a 700 milioni.
Risorse legge obiettivo
Con la legge n. 443/2001 è stata definita una disciplina specifica per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale.
L’art. 13, comma 1, della legge n. 166/2002 ha disposto i finanziamenti per la progettazione e la realizzazione delle c.d. opere strategiche, autorizzando tre limiti di impegno quindicennali di 193,9 milioni di euro per il 2002, 160,4 milioni euro per il 2003 e 109,4 milioni per il 2004.
Con la delibera CIPE n. 121 del 2001 il Governo ha provveduto a individuare le opere facenti parte del 1° programma delle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese
Ai sensi dell’art. 4, comma 176, della legge n. 350/2003, sono stati autorizzati, con riferimento alle disposizioni di cui alla legge n. 166/2002, nuovi limiti di impegno quindicennali di 195,5 milioni di euro per il 2005 e di 245 milioni per il 2006.
Peraltro, parte delle risorse stanziate dalla legge n. 166/2002 sono state utilizzate a copertura di oneri recati da diverse disposizioni legislative intervenute successivamente[12].
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311) le risorse per la legge obiettivo, iscritte nella U.P.B. 1.2.10.2, cap. 7060/Infrastrutture, ammontano pertanto a 569 milioni di euro.
Nella tavola seguente sono indicati, con riferimento ai fondi ai quali si applicano le disposizioni dell’articolo 4, gli stanziamenti iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2005, i medesimi stanziamenti come rideterminati per effetto delle disposizioni contenuti nel disegno di legge finanziaria e il limite fissato ai pagamenti relativi a ciascun fondo o intervento.
|
BLV 2005 |
Disegno di legge finanziaria |
Limite ai pagamenti |
Fondo aree sottoutilizzate |
5.580 |
3.530 |
4.700 |
Fondo incentivi alle imprese: quota aree sottoutilizzate (Fondo MAP) |
3.125 |
1.675 |
1.750 |
Fondo incentivi alle imprese |
750 |
700 |
1.000 |
Legge obiettivo |
569 |
569 |
350 |
Legge obiettivo: quota aree sottoutilizzate |
100 |
||
TOTALE |
9.924 |
6.474 |
7.900 |
1. A modifica di quanto stabilito dall'articolo 32, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il triennio 2005-2007 i soggetti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato – fatta eccezione per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli enti previdenziali, gli enti del Servizio sanitario nazionale, le società Poste Italiane Spa e Ferrovie Spa, i conti intestati all'Unione europea e quelli riguardanti interventi di politica comunitaria, i conti intestati ai fondi di rotazione individuati ai sensi dell'articolo 93, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché i conti istituiti nell'anno precedente quello di riferimento – non possono effettuare prelevamenti dai rispettivi conti aperti presso la Tesoreria dello Stato superiori all'importo cumulativamente prelevato alla fine di ciascun bimestre dell'anno precedente aumentato del 2 per cento.
2. I soggetti interessati possono richiedere al Ministero dell'economia e delle finanze deroghe al vincolo di cui al comma 1 per effettive e motivate esigenze. L'accoglimento della richiesta ovvero l'eventuale diniego, totale o parziale, è disposto con determinazione dirigenziale. Le eccedenze di spesa riconosciute in deroga devono essere riassorbite; nelle more del riassorbimento possono essere effettuate solo le spese previste per legge o derivanti da contratti perfezionati, nonché le spese indifferibili la cui mancata effettuazione comporta un danno. I prelievi delle amministrazioni periferiche dello Stato sono regolati con provvedimenti del Ministro dell'economia e delle finanze.
In relazione all’obiettivo di contenimento della spesa pubblica, l’articolo 5 precisa l’applicazione, nel triennio 2005-2007, delle misure relative al controllo sui flussi di tesoreria di determinate categorie di enti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato.
Disposizioni dirette al controllo dei flussi di tesoreria degli enti sottoposti al sistema di Tesoreria unica, con l’obiettivo di porre limiti alla crescita della spesa delle pubbliche amministrazioni, sono state introdotte a partire dalla manovra di finanza pubblica per il 1997 (legge n. 662/1996 e D.L. n. 669/1996).
Sono state, a tal fine, stabilite una serie di misure dirette ad imporre, da un lato, limiti ai pagamenti dal bilancio dello Stato sui conti di tesoreria unica che presentano elevate giacenze e, dall’altro, vincoli sui tiraggi dai conti stessi da parte dei soggetti intestatari dei conti, con l’obiettivo del contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni.
L’applicazione di tali misure, estese agli anni successivi dalle leggi finanziarie, sono state, da ultimo, confermate per il triennio 2003-2005, dall’articolo 32, comma 1, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003)[13].
Rispetto alla disciplina di cui dell’articolo 32, comma 1, della legge n. 289/2002, richiamata dall’articolo in esame, il comma 1:
§ ribadisce, per il triennio 2005-2007, il limite massimo ai prelevamenti dai conti di tesoreria da applicare ai soggetti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria.
La disposizione riproduce, sostanzialmente, quanto già previsto dalla normativa vigente: gli enti interessati, titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato, non possono effettuare prelevamenti dai rispettivi conti superiori all'importo cumulativamente prelevato alla fine di ciascun bimestre dell'anno precedente, aumentato del 2 per cento.
§ precisa l’elenco degli enti esclusi dall’applicazione del limite ai prelievi dai conti di tesoreria.
In particolare, il comma 1 esclude dall’applicazione dei limiti ai tiraggi di tesoreria:
- le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
- gli enti locali di cui all'art. 2, commi 1 e 2, del Testo Unico enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane e unioni di comuni);
- gli enti previdenziali;
- gli enti del Servizio sanitario nazionale;
- la società Poste Italiane S.p.a.;
- la società Ferrovie S.p.a.;
- i conti intestati all'Unione europea e quelli riguardanti interventi di politica comunitaria;
- i conti intestati ai fondi di rotazione individuati ai sensi dell'articolo 93, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Tale disposizione ha disposto la soppressione delle gestioni fuori bilancio con esclusione di quelle per le quali permangono le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione. L’individuazione dei fondi di rotazione che possono esser mantenuti fuori bilancio è stata demandata a decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. A decorrere dal 1° luglio 2004, le altre gestioni fuori bilancio sono ricondotte al bilancio dello Stato, attraverso il versamento all’entrata delle relative disponibilità che saranno assegnate alle pertinenti unità previsioni di base[14];
- i conti istituiti nell'anno precedente quello di riferimento. Non appare chiara la portata e la motivazione di quest’ultima categoria.
L’elenco degli enti esclusi dall’applicazione del limite ai prelievi dai conti di tesoreria era stato, da ultimo, definito, con riferimento al triennio 2003-2005, dal D.M. Economia 31 gennaio 2003, recante la “Disciplina dei prelevamenti di cassa di enti e amministrazioni titolari di conti di tesoreria statale, in attuazione dell’art. 32, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289”.
Rispetto a tale elenco, il comma in esame esclude dall’applicazione dei limiti ai tiraggi di tesoreria la Società Ferrovie dello Stato S.p.a., i conti intestati ai fondi di rotazione e i conti istituiti nell'anno precedente quello di riferimento.
Al contrario, il D.M. 31 gennaio 2003 prevedeva l’esclusione anche degli Enti parco nazionali, degli Osservatori astronomici e astrofisica e dei i dipartimenti e degli altri centri con autonomia finanziaria e contabile delle università, che sulla base delle disposizioni dettate dal comma in esame dovrebbero dunque essere assoggettate all’applicazione del limite ai prelevamenti dai conti di tesoreria.
Le disposizioni dettate dall’articolo in esame riformulano la disciplina in materia di tiraggi dai conti di tesoreria pur riproducendo, nella sostanza, come si evidenzia nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica, il contenuto delle precedenti disposizioni.
Analogamente a quanto già disposto dall’articolo 8, comma 3, del D.L. n. 669/1996 (disposizione poi confermata dall’art. 47, co. 4 della legge n. 449/1997, dall’art. 66, comma 2 della legge n. 388/2000 e dall’art. 32 della legge n. 289/2002), il comma 2 prevede peraltro la facoltà per i soggetti interessati di richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze deroghe ai vincoli relativi ai limiti ai tiraggi per effettive e motivate esigenze.
Come precisato nel D.M. 31 gennaio 2003, per le università statali e per i grandi enti pubblici di ricerca (CNR, ASI, INFN, INFM, Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente) la concessione delle deroghe è subordinata alla compatibilità con l'obiettivo di fabbisogno finanziario, determinato per ciascun ente, per il triennio 2004-2006, ai sensi dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge n. 250/2003.
L'accoglimento della richiesta, ovvero l'eventuale diniego, totale o parziale, è disposto con determinazione dirigenziale.
Rispetto alla disciplina di cui all’articolo 32, comma 1, della legge n. 289/2002, il comma 2 in esame prevede che l’ente sia tenuto a riassorbire le eccedenze di spesa riconosciute in deroga.
Nelle more del riassorbimento possono essere effettuate solo le spese previste per legge o derivanti da contratti perfezionati, nonché le spese indifferibili la cui mancata effettuazione comporta un danno.
I prelievi delle amministrazioni periferiche dello Stato sono regolati con provvedimenti del Ministro dell'economia e delle finanze.
L’articolo in esame nel modificare, secondo la formulazione letterale, l’articolo 32, comma 1, della legge n. 289/2002 detta disposizioni relative soltanto alla vincoli ai prelievi dai conti di tesoreria.
L’articolo 32, comma 1, peraltro, analogamente a quanto previsto per i vincoli sui tiraggi, aveva esteso al triennio 2003-2005 anche la disciplina già dettata in materia di limiti sulle giacenze, che rappresentano l’ulteriore strumento di controllo dei flussi di cassa dallo Stato a favore degli enti titolari dei conti di tesoreria.
Dal momento che l’articolo in esame non interviene in ordine ai limiti alle giacenze, sembra doversi ritenere che continua ad applicarsi la normativa dettata dall’articolo 66 della legge n. 388/2000, alla quale l’articolo 32, comma 1, rinvia.
Il comma 1dell’articolo 32 della legge n. 289/2002 ha confermato per il periodo 2003-2005 la validità delle disposizioni relative ai limiti massimi di giacenza sui conti di tesoreria nei confronti degli enti che, in quanto soggetti al sistema di Tesoreria unica, sono obbligati a tenere le disponibilità liquide in contabilità speciali o in conti correnti aperti presso la tesoreria statale.
Tali disposizioni prevedono che le erogazioni a carico del bilancio dello Stato a favore di tali enti abbiano luogo soltanto dopo aver accertato che le disponibilità liquide esistenti nelle contabilità speciali o in conti correnti di tesoreria siano ridotte al di sotto di una certa percentuale stabilita, di anno in anno, per le singole categorie di enti, con decreto del Ministro dell’economia, in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento dell’assegnazione di competenza.
Per l’anno 2004, i limiti di giacenza sulle contabilità speciali di tesoreria sono stati fissati con il D.M. economia e finanze 5 marzo 2004 (G.U. n. 65 del 18 marzo 2004), in maniera differenziata per i vari enti assoggettati alla Tesoreria unica.
Il limite di giacenza per le regioni a statuto speciale e le province autonome è stabilito nella misura del 14%.
Sono esclusi dai limiti di giacenza i pagamenti in favore delle regioni a statuto ordinario, in quanto facenti riferimento, prevalentemente, all’attuazione delle norme sul federalismo amministrativo e fiscale.
Per le province e i comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti,il decreto ha fissato i limiti di giacenza nella misura del 20%, precisando che i limiti si applicano esclusivamente ai pagamenti a valere sui fondi ordinario, consolidato e perequativo e sul fondo unico investimenti.
I limiti di giacenza non si applicano agli enti locali della regione Friuli-Venezia Giulia, in quanto esclusi dal sistema di tesoreria unica ai sensi delle leggi regionali 4 aprile 1997, n. 8, e 15 febbraio 2000, n. 1, e a quelli della regione Trentino-Alto Adige in quanto non destinatari di trasferimenti erariali da parte del Ministero dell'interno.
Per le Università e i grandi enti di ricerca, il limite di giacenza è stato fissato nella misura del 14% delle rispettive dotazioni di competenza.
Per le Università, il limite si applica ai soli pagamenti disposti dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca a valere sul Fondo per il finanziamento ordinario; per gli enti di ricerca, i limiti riguardano i contributi disposti dal Ministero dell’istruzione a favore dei singoli enti (CNR, ASI, INFIN e INFIM) e dal Ministero delle attività produttive all’ENEA. Il decreto precisa, peraltro, che i pagamenti non possono comunque superare complessivamente, nel corso dell'anno 2004, l'importo risultante dalla differenza tra il fabbisogno finanziario programmato per ciascun ateneo e per ciascun ente, ai sensi dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge n. 350/2003, e il 90% della giacenza di tesoreria al 31 dicembre 2003.
1. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, concorrono, in armonia con i principi recati dall'articolo 2, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 con il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.
2. Per gli stessi fini di cui al comma 1, per l'anno 2005, il complesso delle spese correnti e delle spese in conto capitale, determinato ai sensi del comma 3, di ciascun ente di cui al comma 1 non può essere superiore al corrispondente ammontare di spese dell'anno 2003 incrementato del 4,8 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale d'incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese correnti e in conto capitale determinate per l'anno precedente in conformità agli obiettivi stabiliti dal presente articolo.
3. Il complesso delle spese di cui al comma 2 è calcolato, sia per la gestione di competenza che per quella di cassa, quale somma tra le spese correnti e quelle in conto capitale al netto delle:
a) spese di personale, cui si applica la specifica disciplina di settore;
b) spese per la sanità per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che sono disciplinate dall'articolo 22;
c) spese derivanti dall'acquisizione di partecipazioni azionarie e di altre attività finanziarie, dai conferimenti di capitale e dalle concessioni di crediti;
d) spese per trasferimenti destinati alle amministrazioni pubbliche individuate in applicazione dell'articolo 2.
4. Gli enti possono eccedere i limiti di spesa stabiliti dal comma 2 solo per spese di investimento e nei limiti delle maggiori entrate derivanti da maggiorazioni di aliquote e tariffe delle imposte e tasse locali. Resta ferma per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano la possibilità di destinare le nuove o maggiori entrate alla copertura degli eventuali disavanzi di gestione accertati nel settore sanitario.
5. Al fine di consentire il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno anche secondo i criteri adottati in contabilità nazionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito www.pattostabilita.rgs.tesoro.it, le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza che quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, di concerto con il Ministero dell'interno, sentiti la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e l'ISTAT.
6. Le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono tenuti a predisporre entro il mese di febbraio una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese come definite dal comma 3 coerente con l'obiettivo annuale, che comunicano, le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti al Ministero dell'economia e delle finanze attraverso il sistema web, e i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio. Il collegio dei revisori dei conti dell'ente locale verifica, entro il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell'obiettivo trimestrale e la sua coerenza con l'obiettivo annuale e, in caso di inadempienza, ne dà comunicazione sia all'ente che al Ministero dell'economia e delle finanze, per le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attraverso il predetto sistema web, e alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio per i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti. I comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e le comunità montane predispongono, entro il mese di marzo, una previsione di cassa semestrale alla cui verifica e comunicazione alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio provvede il revisore dei conti dell'ente. A seguito dell'accertamento del mancato rispetto dell'obiettivo trimestrale, o semestrale, gli enti sono tenuti nel trimestre, o semestre, successivo a riassorbire lo scostamento registrato intervenendo sui pagamenti, computati ai sensi del comma 3, nella misura necessaria a garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti. Restano ferme per il mancato conseguimento degli obiettivi annuali le disposizioni recate dai commi 7, 8, 9 e 10.
7. Per gli enti locali di cui al comma 1, l'organo di revisione economico-finanziaria di cui all'articolo 234 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, verifica il rispetto degli obiettivi annuali del patto, sia in termini di competenza che di cassa, ed in caso di mancato rispetto ne dà comunicazione al Ministero dell'interno sulla base di un modello e con le modalità che verranno definiti con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
8. Gli enti locali di cui al comma 1 che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l'anno precedente non possono a decorrere dall'anno 2006:
a) effettuare spese per acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell'ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, ove l'ente sia risultato sempre inadempiente, in misura superiore a quella del penultimo anno precedente ridotta del 10 per cento. Per gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno dall'anno 2005 il limite è commisurato, in sede di prima applicazione, al livello delle spese dell'anno 2003;
b) procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
c) ricorrere all'indebitamento per gli investimenti.
9. La disposizione di cui al comma 8 si applica anche nel 2005 per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno 2004.
10. A decorrere dall'anno 2006, i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere dagli enti di cui al comma 1 con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non possono procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione, che deve essere acquisita anche per l'anno 2005 con riferimento agli obiettivi del patto di stabilità interno delle province e dei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
11. Gli enti di cui al comma 1 di nuova istituzione nell'anno 2005, o negli anni successivi, sono soggetti alle regole del presente articolo dall'anno in cui è disponibile la base di calcolo su cui applicare gli incrementi di spesa stabiliti al comma 2.
12. Attraverso le loro associazioni, le province, i comuni e le comunità montane concorrono al monitoraggio sull'andamento delle spese. Pertanto le comunicazioni previste dai commi 5, 6 e 7 sono trasmesse anche all'Unione delle province d'Italia (UPI), all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM).
13. Resta ferma la facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di estendere le regole del patto di stabilità interno nei confronti degli enti ed organismi strumentali.
14. Sono abrogate le disposizioni recate dall'articolo 29 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato ed integrato dagli articoli 1-quater e 1-quinquies del decreto-legge 31 marzo 2003, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2003, n. 116, limitatamente alle regole del patto di stabilità interno previsto per gli enti territoriali per gli anni 2005 e successivi e le altre disposizioni in materia non compatibili con le disposizioni recate dalla presente legge.
L’articolo 6 detta una nuova disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e per gli enti locali con riferimento al triennio 2005-2007. Tale disciplina sostituisce le disposizioni che erano state dettate per il 2005 e per gli anni successivi dall’articolo 29 della legge n. 289/2002, e successive modificazioni, delle quali si dispone l’abrogazione.
Con l’articolo in esame viene definita una disciplina del Patto di stabilità interno uniforme per tutti gli enti territoriali, in relazione alla previsione generale, di cui all’articolo 2 del disegno di legge finanziaria, del limite del 2% all’incremento della spesa delle amministrazioni pubbliche.
Rispetto alla normativa in vigore nel 2004, le principali innovazioni introdotte dall’articolo 6 sono le seguenti:
a) viene imposto un vincolo all’incremento delle spese correnti e di conto capitale, anziché all’incremento del disavanzo;
b) la disciplina interessa l’intero comparto degli enti locali, mentre fino al 2004 erano esclusi dall’applicazione delle regole del patto di stabilità interno i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, le comunità montane e gli altri enti locali;
c) per la prima volta sono sottoposte alle regole del patto di stabilità interno anche le spese in conto capitale.
Al riguardo, la disciplina dettata dall’articolo 29 della legge n. 289/2002 per l’anno 2005 e per gli anni successivi, pur continuando a imporre un vincolo sull’incremento del disavanzo già prevedeva, peraltro, che nella determinazione del disavanzo fossero comprese anche le spese di conto capitale.
L’applicazione del principio recato dall’articolo 2 del disegno di legge finanziaria, si traduce, per l’intero comparto degli enti territoriali, nella previsione di un limite all’incremento della spesa fissato nella misura del 4,8% dell’ammontare delle spese impegnate e pagate nel 2003.
Secondo le indicazioni della relazione tecnica, la disciplina del patto di stabilità interno dettata dall’articolo in esame, dovrebbe determinare, rispetto all’andamento tendenziale per il 2005, considerato nel DPEF, risparmi di spesa:
§ per 201 milioni di euro con riferimento alle regioni e province autonome;
§ per 1.039 milioni di euro con riferimento a province e comuni;
§ per 24 milioni di euro con riferimento alle comunità montane.
Complessivamente l’effetto di riduzione dell’indebitamento netto per il 2005 viene stimato in 1.270 milioni di euro, tenuto conto anche degli altri enti locali che sono assoggettati al patto.
Come già nella disciplina precedente, dettata dall’articolo 29 della legge n. 289/2002, e successive modificazioni, le regole del patto vengono poste in relazione all’esigenza di assicurare il concorso di tutti gli enti territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, in considerazione del fatto che i vincoli sul disavanzo e sul debito, previsti dal Trattato CE e dal Patto di stabilità e crescita, si riferiscono al complesso delle amministrazioni pubbliche. Il rispetto di tali vincoli, di cui il Governo è responsabile di fronte alle istituzioni comunitarie, dipende dal comportamento di tutti i livelli di governo con autonomia decisionale in materia di entrata e di spesa (comma 1).
Al tempo stesso, il comma 1 inquadra la disciplina del patto di stabilità interno nell’ambito del nuovo testo del titolo V della Costituzione, precisando che la disciplina del patto introdotta dall’articolo in esame, reca i princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, e 119, comma secondo, della Costituzione.
Il riferimento alla funzione di coordinamento della finanza pubblica vale non solo a indicare la funzione del patto di stabilità interno, ma anche a individuare il fondamento della competenza dello Stato nel dettarne la disciplina con propria legge.
Il comma 1 ribadisce, inoltre, l’affermazione per cui le relative disposizioni rispondono anche alle finalità di “tutela dell’unità economica della Repubblica”, dizione che sembra richiamare quella utilizzata dall’art. 120 della Costituzione che disciplina i poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle regioni e degli enti locali.
A differenza di quanto previsto fino al 2004, la disciplina del patto di stabilità interno per l’anno 2005 interessa l’intero comparto degli enti territoriali.
In particolare, il comma 1 precisa che concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007, in conformità alla disciplina dettata dall’articolo in esame:
§ le regioni;
§ le province autonome di Trento e di Bolzano;
§ gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, vale a dire, i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni.
Nella disciplina applicata fino al 2004, invece, erano sottoposti al patto di stabilità erano soltanto le regioni a statuto ordinario, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Una disciplina specifica era applicata per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano.
Per tali enti era previsto che le modalità applicative del Patto di stabilità interno fossero concordate fra le regioni a statuto speciale (o province autonome) ed il Ministero dell’economia e delle finanze – entro il 31 marzo di ciascun anno - secondo la procedura prevista dalle norme di attuazione degli statuti speciali per la regolazione dei rapporti finanziari (da ultimo, art. 29, comma 18, legge n. 289/2002).
Peraltro, fino al raggiungimento dell’accordo, il Ministro dell’economia era autorizzato a determinare, con proprio decreto, i flussi di cassa verso gli enti suddetti in modo da assicurare la coerenza dei flussi medesimi con gli obiettivi di finanza pubblica.
Per quanto concerne gli enti locali di nuova istituzione nell'anno 2005, o negli anni successivi, il comma 11 prevede ad essi si applichino le regole del patto di stabilità, come definite dall’articolo in esame, soltanto a partire dall'anno in cui sarà disponibile la base di calcolo su cui applicare gli incrementi di spesa stabiliti al comma 2.
In linea con l’applicazione del principio contenuto nell’articolo 2, che prevede una evoluzione controllata della spesa complessiva delle Amministrazioni pubbliche, la disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2005 impone un vincolo all’incremento delle spese finali degli enti territoriali anziché all’incremento del disavanzo, come invece era previsto dal Patto relativo all’anno 2004.
In particolare, il comma 2 stabilisce che il complesso delle spese correnti e di conto capitale di ciascun ente territoriale, sia in termini di competenza che di cassa, non possa, nel 2005, superare del 4,8% l’ammontare delle spese impegnate e pagate nel 2003.
Per la prima volta, pertanto, saranno assoggettate alla disciplina del patto non solo le spese correnti, ma anche quelle in conto capitale.
Viene assunto come base di riferimento per la determinazione del limite di incremento l’esercizio finanziario 2003 in quanto rappresenta l’ultimo anno per cui è disponibile un dato di consuntivo.
Come indicato nella relazione tecnica, in considerazione del fatto che le stime del conto delle amministrazioni pubbliche per il 2004 contenute nel DPEF evidenziano un incremento, rispetto ai risultati del 2003, di circa il 2,8%, il limite del 4,8% rispetto al 2003 comporta per il 2005 un incremento del 2%, corrispondente alla regola generale.
Per il 2006 e per il 2007 è prevista l’applicazione di una percentuale di incremento del 2% rispetto al livello di spesa sia corrente che di conto capitale fissato per l’anno precedente.
Il complesso delle spese cui si applica il vincolo di incremento è calcolato al netto di alcune particolari voci di spesa indicate dal comma 3.
Sono escluse dalla disciplina del patto:
§ le spese per il personale che, analogamente a quanto previsto dall’articolo 3 in relazione al bilancio dello Stato, sono quantificate in relazione alla contrattazione;
§ le spese per la sanità (per quanto concerne le regioni e le province autonome[15]);
§ le spese connesse a operazioni di carattere finanziario che, in quanto tali, non sono rilevanti ai fini del conto economico delle amministrazioni pubbliche;
§ le spese per trasferimenti destinati ad amministrazioni pubbliche, in quanto risultano consolidate nell’ambito del conto economico.
Viene peraltro prevista, al comma 4, la facoltà per le regioni e gli enti locali, di effettuare spese in eccedenza rispetto ai limiti così stabiliti, purché si tratti di spese di investimento e purché l’importo delle maggiori spese sia interamente coperto da maggiori entrate derivanti dall’incremento di aliquote e tariffe delle imposte e tasse locali.
Relativamente a tale ultimo aspetto, si ricorda che il 31 dicembre 2004 termina il periodo di sospensione imposto alle regioni e ai comuni relativamente alla possibilità di aumentare le aliquote delle addizionali all’IRPEF di propria competenza e la maggiorazione dell’aliquota IRAP rimessa alle regioni. La sospensione si era applicata a decorrere dal 29 settembre 2002, ai sensi dell’art. 3, co. 1, della legge n. 289/2002 e confermata fino al 31 dicembre 2004 dall’art. 2, co. 21, della legge n 350/2003.
A partire dal 1° gennaio 2005, le regioni e i comuni potranno, pertanto, di nuovo intervenire sulle addizionali IRPEF, sia aumentando le aliquote, sia provvedendo ad istituire il tributo qualora necessario.
Per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano resta peraltro ferma la possibilità di destinare le nuove o maggiori entrate alla copertura degli eventuali disavanzi di gestione accertati nel settore sanitario.
Come esposto nella relazione tecnica, rispetto alle previsioni tendenziali di crescita della spesa degli enti locali per il 2005, indicate nel DPEF 2005-2008 (pari a 41.159 milioni di euro per le regioni e le province autonome, al netto delle spese per redditi da lavoro dipendente e per la sanità, a 53.708 milioni per le province e i comuni e a 1.361 milioni per le comunità montane, al netto delle spese per redditi da lavoro dipendente), l’applicazione della misura percentuale di crescita delle spese nell’anno 2005 dovrebbe comportare un risparmio di 201 milioni di euro relativamente a regioni e province, di 1.039 milioni relativamente a province e comuni e di 24 milioni di euro con riferimento alle comunità montane.
I commi 5 e 6 definiscono le modalità del monitoraggio sugli andamenti finanziari degli enti locali cui si applica il patto di stabilità interno.
La disposizione delinea un sistema sostanzialmente analogo a quanto già previsto dalla disciplina applicata per il 2004, dettata dall’articolo 29, commi 13 e 17, della legge n. 289/2002 (finanziaria per il 2003).
Al fine di consentire il monitoraggio degli adempimenti relativi al Patto, si impone alle regioni, alle province autonome, alle province, ai comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti[16] e alle comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, su base trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa.
La comunicazione dovrà essere indirizzata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e dovrà essere effettuata entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento.
La norma prevede l’utilizzo del sistema web appositamente istituito per il monitoraggio del patto di stabilità.
Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno, sentiti l’Istituto nazionale di statisticae la Conferenza unificata Stato–regioni e autonomie locali.
La richiesta del parere dell’ISTAT per l’emanazione del decreto del Ministro dell’economia, peraltro già previsto in base alla disciplina precedente, sembra connessa con l’individuazione delle finalità del monitoraggio, che, in base al comma in esame, dovrebbe permettere il controllo del rispetto degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno “anche secondo i criteri adottati in contabilità nazionale”, in relazione ai quali sono determinati gli andamenti delle voci di entrata e di spesa e del saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche.
Ulteriori adempimenti relativi al monitoraggio sono stabiliti per le province e per i comunidal successivo comma 6.
Il comma 6 introduce, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti soggetti al patto, l’obbligo di predisporre, entro il mese di febbraio, una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese, come definite ai sensi del comma 3, coerente con l’obiettivo annuale.
Le province e i comuni di maggiori dimensioni (con popolazione superiore a 30.000 abitanti) devono darne comunicazione, attraverso il sistema web, direttamente al Ministero dell’economia e delle finanze.
I comuni con popolazione da 5.000 a 30.000 abitanti ne danno comunicazione alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio.
Al collegio dei revisori dei conti dell’ente, quale organo di revisione economico-finanziario, spetta la valutazione della coerenza tra gli obiettivi trimestrali e l’obiettivo annuale del saldo finanziario.
Il collegio è altresì tenuto a verificare, entro e non oltre il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell’obiettivo trimestrale e, in caso di mancato conseguimento, a comunicare sia che all’ente che al Ministero dell’economia e delle finanze (per le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti), ovvero alle Ragionerie provinciali (per i comuni con popolazione da 5.000 a 30.000 abitanti).
Per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e per le comunità montane si richiede, invece, entro il mese di marzo, la predisposizione di una previsione di cassa semestrale, alla cui verifica e alla cui comunicazione alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio provvede direttamente il revisore dei conti dell'ente.
Il mancato rispetto degli obiettivi trimestrali, o semestrali, comporta per gli enti l’obbligo di riassorbire lo scostamento registrato attraverso una azione di contenimento sui pagamenti, sia correnti che di conto capitale, tale da garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti.
Per il mancato rispetto dell’obiettivo annuale, si applicano invece le misure sanzionatorie previste dai commi successivi.
Poiché, ai sensi del comma 12, le province, i comuni e le comunità montane attraverso le loro associazioni, concorrono al monitoraggio sull'andamento delle spese, le comunicazioni previste dai commi 5, 6 e 7 sono trasmesse anche all'Unione delle province d'Italia (UPI), all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM).
Per gli enti locali (comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane e unioni di comuni) la verifica del rispetto degli obiettivi annuali del Patto, sia in termini di competenza che di cassa, spetta all’organo di revisione economico-finanziario dell’ente, di cui all’art. 234 del T.U. dell’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000).
In caso di mancato rispetto dell’obiettivo, l’organo ne deve dare comunicazione al Ministero dell’interno (comma 7).
Il prospetto contenente le modalità per la comunicazione saranno definiti con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.
Le misure di carattere sanzionatorio applicabili agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente, sono definite dal comma 8.
La disciplina delineata è, sostanzialmente, analoga a quella che veniva definita all’articolo 29, comma 15, della legge n. 289/2002.
A decorrere dall’anno 2006, gli enti inadempienti sono soggetti alle seguenti misure:
a) divieto di effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell'ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno.
Nell’ipotesi in cui l’ente sia risultato sempre inadempiente, l’ente è obbligato a ridurre le spese per l’acquisto di beni e servizi almeno del 10%, rispetto al penultimo anno precedente.
b) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
c) divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare investimenti.
L’articolo 119, comma 6, della Costituzione prevede la facoltà per regioni ed enti locali di ricorrere all’indebitamento “solo per finanziare spese di investimento”[17]. La disposizione in esame comporterebbe pertanto un divieto generale, per gli enti inadempienti, di ricorrere ad operazioni di indebitamento (con riferimento sia ad operazioni di emissione di titolo di debito, sia di mutuo, prestito o anticipazione).
Le misure sanzionatorie di cui al comma 8 si applicano a decorrere dal 2006 per tutti gli enti locali.
Per gli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivo previsti dal patto di stabilità per l’anno 2004, che, come si è già ricordato, si applicava soltanto alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, il comma 9 prevede l’applicazione delle misure sanzionatorie indicate nel comma precedente anche nel 2005.
L’articolo in esame non prevede invece specifiche sanzioni per le regioni che non rispettino i vincoli determinati dai commi 3 e 4. Specifiche sanzioni a carico delle regioni connesse al mancato rispetto dei vincoli sull’incremento della spesa sanitaria sono invece disciplinate dall’articolo 22 (cfr. scheda relativa).
Il comma 10 prevede che, a decorrere dal 2006, gli enti locali soggetti alle regole del patto di stabilità, al fine di ottenere il finanziamento degli investimenti, sono tenuti a produrre agli enti creditizi una attestazione circa del conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente.
I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere dalle regioni e dagli enti locali con istituzioni creditizie e finanziarie devono, pertanto, essere corredati da tale apposita attestazione.
L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non possono, infatti, procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione.
L’attestazione deve essere acquisita anche per l'anno 2005 con riferimento agli obiettivi del patto di stabilità interno concernenti le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Il comma 13 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano estendere le regole del patto di stabilità interno nei confronti dei propri enti ed organismi strumentali.
Sembra trattarsi di una disposizione di mero indirizzo, analoga a quella dettata, con riferimento soltanto alle regioni a statuto ordinario, dall’articolo 29, comma 3, della legge n. 289/2002.
Si ricorda, in proposito, che bilancio, risorse e contabilità degli enti strumentali sono disciplinati da ciascuna regione in forza della piena autonomia di auto organizzazione.
Il Patto di stabilità interno per il triennio 2005-2007, come definito dall’articolo in esame, non contempla una specifica disciplina per le regioni a statuto speciale e per le province autonome, a differenza di quanto previsto negli anni precedenti.
Non sono, altresì, previste specifiche disposizioni per gli enti locali facenti parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
In proposito, l’articolo 29, comma 18, della legge n. 289/2002 disponeva che le modalità applicative del Patto di stabilità interno per le regioni a statuto speciale e per le province autonome fossero concordate fra tali enti ed il Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 31 marzo di ciascun anno.
In conformità ai contenuti dell’accordo, le regioni e le province in questione provvedevano a definire la disciplina del Patto per gli enti locali compresi nel proprio territorio.
Qualora le regioni a statuto speciale e le province autonome non avessero provveduto, entro il 31 marzo di ciascun anno, a disciplinare con proprie norme le modalità del Patto di stabilità interno per gli enti locali dei rispettivi territori, a questi ultimi si sarebbero applicate direttamente le disposizioni valide per la generalità degli enti locali.
Infine, il comma 14 dispone l’abrogazione delle disposizioni recate dall'articolo 29 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato ed integrato dagli articoli 1-quater e 1-quinquies del decreto-legge 31 marzo 2003, n. 50 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116/2003), limitatamente alle disposizioni che definivano le regole del patto di stabilità interno per gli enti territoriali per gli anni 2005 e successivi e ogni altra disposizione in materia non compatibili con le disposizioni recate dall’articolo in esame.
Per quanto concerne il 2005 e gli anni successivi, la legge finanziaria per il 2003, all’articolo 29, comma 11, introduceva una nuova disciplina, sia in relazione alla definizione del saldo di riferimento che alle modalità di determinazione del vincolo annuale.
Il disavanzo finanziario rilevante ai fini delle regole del patto di stabilità interno si prevedeva che fosse calcolato, con riferimento sia alla gestione di competenza che a quella di cassa, come differenza tra l’ammontare complessivo delle entrate finali e quello delle spese finali.Venivano pertanto assoggettate alla disciplina del patto non solo le spese correnti, ma anche quelle in conto capitale.
Nel disavanzo finanziario non erano considerati:
- i trasferimenti, sia di parte corrente che in conto capitale, provenienti dallo Stato, dall’Unione europea e dagli enti che partecipano al patto di stabilità interno;
- i trasferimenti statali attribuiti sotto forma di compartecipazione ai tributi erariali;
- le entrate derivanti dai proventi della dismissione di attività finanziarie e dalla riscossione dei crediti;
- le spese derivanti dall’acquisizione di partecipazioni azionarie e di altre attività finanziarie, dai conferimenti di capitale e dalle concessioni di crediti[18].
Secondo quanto disposto dal comma 12 dell’articolo 29 della legge finanziaria 2003, a decorrere dal 2005 l’incremento del disavanzo avrebbe dovuto mantenersi entro un limite fissato dalla legge finanziaria.
In particolare, il disavanzo per l’anno 2005 non avrebbe dovuto essere superiore a quello registrato nel 2003, aumentato del 7,8%.
1. Per il triennio 2005-2007, gli enti indicati nell'elenco n. 1 di cui al comma 1 dell'articolo 2, ad eccezione delle Casse di previdenza di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, e 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni, delle altre associazioni e fondazioni di diritto privato e degli enti del sistema camerale, possono incrementare per l'anno 2005 le proprie spese, al netto delle spese di personale, in misura non superiore all'ammontare delle spese dell'anno 2003 incrementato del 4,5 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l'anno precedente con i criteri stabiliti dal presente articolo. Per le spese di personale si applica la specifica disciplina di settore. Agli enti indicati negli articoli 3, 6 e 22, nonché nell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si applica la disciplina ivi prevista.
L’articolo 7 determina le modalità con le quali il limite del 2% all’incremento della spesa previsto in generale dall’articolo 2 si applica alle amministrazioni pubbliche comprese nell’elenco 1 per le quali non è dettata una specifica disciplina.
Per tali amministrazioni viene fissato un limite all’incremento della spesa, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.
Come per le regioni e gli enti locali vengono assunti come base di riferimento i dati di consuntivo relativi al 2003.
Secondo le indicazioni contenute nella relazione tecnica, il limite di incremento del 4,5% rispetto al 2003 equivale ad un aumento del 2% rispetto alle previsioni contenute nel conto economico delle amministrazioni pubbliche per il 2004 (a tal fine sono assunte le previsioni di preconsuntivo per il 2004 che, secondo quanto indicato nella relazione tecnica, sono in linea con l’obiettivo, per l’anno in corso, di un indebitamento netto pari al 2,9% del PIL).
In base alle stime della relazione tecnica il limite del 4,5% rispetto al 2003 dovrebbe determinare nel 2005 un’entità complessiva della spesa nell’ordine di 11.600 milioni di euro, che dovrebbe comportare, rispetto al tendenziale del conto economico delle amministrazioni pubbliche previsto per il 2005, un risparmio di spesa pari a 120 milioni di euro (di cui 100 milioni riconducibili alle spese correnti e 20 milioni riconducibili alle spese di conto capitale).
Per gli anni successivi al 2005, il limite all’incremento della spesa viene fissato al 2% rispetto al livello della spesa programmato per l’anno precedente, sempre al netto della spesa per personale.
La relazione tecnica stima per il 2006 un risparmio di spesa di 210 milioni di euro (di cui 170 milioni relativi a spese correnti e 40 milioni relativi a spese di conto capitale); per il 2007 un risparmio di spesa di 295 milioni di euro (di cui 235 milioni relativi a spese correnti e 60 milioni relativi a spese di conto capitale).
Le norme dell’articolo 7 assumono carattere residuale, in quanto non si applicano alle amministrazioni pubbliche per le quali è dettata una specifica disciplina, vale a dire:
§ allo Stato, in relazione al quale si applicano le disposizioni dell’articolo 3;
§ agli altri enti territoriali (regioni, province autonome ed enti locali) per i quali l’evoluzione della spesa è disciplinata dall’articolo 6;
§ alla spesa del settore sanitario, disciplinata dall’articolo 22;
§ al sistema universitario e agli enti di ricerca, per i quali l’articolo 7 rinvia alle disposizioni dettate dalla legge finanziaria per il 2004 (articolo 3, commi 1 e 2, della legge n. 350/2003).
In particolare, il comma 1 dell’articolo 3 della legge n. 350/2003 ha previsto un limite all’incremento del fabbisogno del sistema universitario, stabilendo che, con riferimento al triennio 2004-2006, il fabbisogno determinato dalle università statali, dai dipartimenti e dagli altri centri con autonomia finanziaria e contabile non può superare il fabbisogno risultante a consuntivo nell’esercizio precedente, aumentato del 4%.
Ad un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane, viene affidata la determinazione annuale del fabbisogno finanziario programmato per ciascun ateneo.
Il comma 2 dell’articolo 3 della legge n. 350/2003 fissa per ciascuno degli anni del triennio 2004-2007 un limite di incremento del 5% per il fabbisogno finanziario del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dell’Agenzia spaziale italiana (ASI), dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) e dell’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA). Il limite di incremento si applica rispetto al fabbisogno risultante a consuntivo per l’anno precedente.
Anche in questo caso è previsto un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti gli altri Ministri competenti (Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e Ministro delle attività produttive) per la determinazione annuale del fabbisogno programmato di ciascuno degli enti indicati.
Secondo quanto espressamente previsto dall’articolo 7 il limite all’incremento della spesa del 4,5% rispetto al 2003 non si applica altresì:
§ alle Casse di previdenza di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, e 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni: si tratta degli enti, trasformati in persone giuridiche private, che gestiscono forme di previdenza e assistenza obbligatorie per i soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione;
§ alle altre associazioni e fondazioni di diritto privato;
§ agli enti del sistema camerale (Unioncamere e Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).
1. Con riferimento alla perdita di gettito realizzata dalle regioni a statuto ordinario per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell'accisa sulla benzina non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, come determinato dall'articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, viene riconosciuto l'importo di euro 342,583 milioni. Detto importo è ripartito tra le regioni entro il 30 aprile 2005, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e integra i trasferimenti soppressi di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, come, da ultimo, modificato dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, ai fini dell'aliquota definitiva da determinare, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 56 del 2000, entro il 31 luglio 2005. Il decreto è predisposto sulla base della proposta delle regioni da presentare in sede di Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ai fini della determinazione dell'aliquota definitiva di cui al comma 1 si tiene altresì conto dei trasferimenti attribuiti per l'anno 2004 alle regioni a statuto ordinario in applicazione dell'articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Il fondo di cui al citato articolo 70 è soppresso.
3. Il Fondo di cui all'articolo 52, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è utilizzato anche per l'esercizio delle funzioni conferite agli enti territoriali ai sensi dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
4. Sulla base di quanto disposto dai commi 21 e 22 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, l'inizio ovvero la ripresa della decorrenza degli effetti, nel primo periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2004, concerne anche quelle maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive che siano state deliberate dalle regioni, antecedentemente al 31 dicembre 2003, in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale. Resta ferma, altresì, l'applicazione del predetto comma 22 dell'articolo 2 della legge n. 350 del 2003 alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell'aliquota, nonché, unitamente al comma 23 del medesimo articolo, alle disposizioni regionali in materia di tassa automobilistica; le regioni possono modificare tali disposizioni nei soli limiti dei poteri loro attribuiti dalla normativa statale di riferimento ed in conformità con essa.
5. Sono autorizzate, a carico di somme a qualsiasi titolo spettanti, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione, connessi alle perdite di entrata realizzate dalle stesse per effetto delle disposizioni recate dall'articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, indicate, solo a questo fine, nella tabella di riparto approvata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sulla base della proposta presentata dalle regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Tale compensazione sarà effettuata dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in quattro rate annuali di eguale importo a partire dall'esercizio 2005.
Tra le disposizioni in materia di finanza regionale, i commi 1 - 3 dell’articolo 8 compensano con trasferimenti erariali le minori entrate delle regioni a statuto ordinario connesse alla perdita di gettito derivata dalla riduzione della compartecipazione all’accisa sulle benzine relativa agli anni 2003 e seguenti. Riconducono inoltre alla disciplina e ai mezzi di finanziamento del federalismo fiscale le somme che lo Stato corrisponde alle regioni sotto forma di trasferimenti erariali correnti, a compensazione di quelle minori entrate tributarie (commi 1 e 2) e per funzioni in materia di asili nido (comma 3).
Il comma 5 dà invece attuazione all’intesa intervenuta tra le regioni a statuto ordinario per la regolazione definitiva delle somme che spettano a ciascuna di esse quali proventi del gettito della tassa automobilistica per il periodo 1998-2002. La disposizione in esame autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad effettuare le compensazioni interregionali a valere sui trasferimenti erariali al medesimo titolo.
Il comma 4 reca la sanatoria delle disposizioni e degli effetti di leggi regionali che hanno disposto, in difformità (e violazione) di quanto consente in proposito la normativa statale, maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive, altre disposizioni in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota e disposizioni in materia di tassa automobilistica.
Il comma 1 interviene per compensare la perdita di entrata subìta dalle regioni a statuto ordinario a seguito della riduzione dell'accisa sulle benzine disposta dall'articolo 17, comma 22, della legge n. 449/1997 (legge finanziaria 1998).
Si ricorda che l'articolo 3 della legge n. 549/1995 ha disposto, a decorrere dall'anno 1996, la cessazione dei trasferimenti erariali alle regioni a statuto ordinario previsti dai due fondi “storici” delle regioni a statuto ordinario[19] e da altre disposizioni legislative per un complesso di circa 12.000 miliardi. In sostituzione di quelle entrate è stata attribuita alle regioni (comma 12 del medesimo articolo 3) una compartecipazione all'accisa sulle benzine per autotrazione vendute sul territorio di ciascuna regione, fissata inizialmente a lire 350/litro.
Successivamente l'articolo 17, comma 22, della legge n. 449/1997 ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 1998, la riduzione dell'aliquota a lire 242/litro come compensazione del maggiore introito che le regioni avrebbero dovuto ottenere dal gettito delle tasse automobilistiche.
La riduzione è invece risultata eccessiva, per cui le regioni hanno subìto una perdita di entrata che il gettito delle tasse automobilistiche non ha compensato interamente.
La quota della compartecipazione all'accisa sulle benzine è stata ridefinita dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 56/2000 a decorrere dal 1° gennaio 2001, in 250 lire per litro[20].
Dal 1998 la perdita di gettito è stata compensata nella misura annua di 342,583 milioni di euro (663.333 milioni di lire).
La misura della compensazione è stata determinata sulla base della perdita di gettito realizzata dalle regioni nell’esercizio 1998 e disposta per il primo anno (1998) dall’articolo 4 della legge 11 ottobre 2000, n. 290.
Per gli anni 1999 e 2000 la compensazione è stata disposta dall’articolo 52, comma 9, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001).
L’articolo 30, comma 5, della legge 289/2002 (finanziaria 2003) ha poi disposto la compensazione per gli anni 2001 e 2002. La somma è stata ripartita tra le regioni con i decreti del ministro dell’economia e delle finanze 19 giugno 2003 (relativamente all’anno 2001) e 18 giugno 2004 (relativamente all’anno 2002).
La disposizione in esame interviene per l’anno 2003 e i successivi stabilendo modalità e criteri di ripartizione e corresponsione. L’importo di 342,583 milioni di euro, relativo alla compensazione dovuta per l’anno 2003, dovrà essere ripartito tra le regioni entro il 30 aprile 2005, su proposta delle regioni da avanzarsi presso la Conferenza Stato-regioni.
Per gli anni successivi la compensazione del minore gettito viene integrata nel computo delle somme sostitutive dei trasferimenti erariali soppressi dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'articolo 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133). La somma di 342,583 milioni di euro concorre alla determinazione dell’aliquota della compartecipazione all’IVA prevista dal comma 4 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 56 del 2000, a partire dalla determinazione dell’aliquota definitiva per l’anno 2005. Tale aliquota deve essere determinata entro il 31 luglio 2005, secondo quanto dispone l’articolo 4, comma 3, del citato decreto legislativo n. 56 del 2000, come modificato dall’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.
Inclusa nell’ammontare dei trasferimenti soppressi ai quali viene commisurata l’aliquota di compartecipazione all’IVA prevista dal citato decreto legislativo n. 56/2000, la compensazione delle perdite di gettito per la riduzione della compartecipazione all’accisa sulle benzine – sempre determinata in cifra fissa per gli esercizi precedenti – beneficia, dall’esercizio 2006, degli incrementi di gettito delle imposte che sostituiscono il trasferimento erariale. La relazione tecnica allegata al disegno di legge stima la spesa per gli anni successivi rispettivamente in 356,3 milioni di euro per il 2006 e in 369,1 per il 2007. Il computo si fonda sulla dinamica delle imposte indirette come esplicitata nella Tavola II.11 del DPEF 2005-2008. Secondo questi dati, l’incremento percentuale delle imposte indirette sarà del 4% nel 2006 rispetto al 2005, e del 3,6% nel 2007 rispetto al 2006.
Si segnala in proposito che, sebbene la disposizione in esame provveda direttamente soltanto per le compensazioni relative all’anno 2003 (stanziando per questo la misura consolidata di 342,583 milioni di euro), la compensazione successiva è effettuata nell’ambito della determinazione delle somme spettanti alle regioni a titolo di federalismo fiscale (e finanziamento della spesa sanitaria corrente) nell’anno e per l’anno 2005. In quest’ambito trova compensazione il minore gettito relativo all’anno 2004. Analogamente, per ciascuno degli esercizi successivi le compensazioni si devono ritenere riferite all’anno che precede.
Il D.Lgs. n. 56 del 2000, emanato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 10 della legge n. 133 del 1999 (“federalismo fiscale”), ha attribuito alle regioni a statuto ordinario, in luogo dei trasferimenti erariali che costituivano ancora grande parte delle loro entrate, una quota di compartecipazione all’IVA (art. 2), una aliquota dell’IRPEF a titolo di addizionale regionale all’imposta (art. 3) e una aliquota (in cifra fissa) di compartecipazione al gettito dell’accisa sulle benzine (art. 4).
Il decreto legislativo prevede un periodo transitorio prima dell’attuazione definitiva del sistema di compartecipazione delle regioni al gettito dei tributi erariali, in cui le aliquote sono determinate annualmente.
Per l’esercizio 2002 è stato emanato il D.P.C.M. 14 maggio 2004 con cui vengono determinate le aliquote della compartecipazione all’IVA (articolo 1 e relativa Tabella A) nonché le quote di concorso alla solidarietà interregionale, le quote assegnate come fondo perequativo nazionale e quindi le somme da erogare alle regioni[21].
Il comma 3 dell’articolo 5 del D.Lgs. n 56 del 2000 disciplina la determinazione delle aliquote per l’anno 2005 e la loro misura ‘definitiva’ in base ai seguenti princìpi e termini:
- per l’anno 2005 si procede alla determinazione provvisoria delle aliquote in modo da poter definire le anticipazioni spettanti a ciascuna regione e consentire le anticipazioni di cassa; alla determinazione provvisoria si provvede – si ritiene mediante decreto del Presidente del consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni – entro il 31 ottobre 2004 sulla base dei dati consuntivi (del gettito in ciascuna regione) riferiti all’anno 2003;
- la determinazione definitiva per l’anno 2005 e le aliquote ‘definitive’ che determinano la quota di compartecipazione regionale anche per gli anni successivi sono stabilite, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 luglio 2005 sulla base dei dati di gettito risultanti dal consuntivo per l’anno 2004;
- nella determinazione delle aliquote definitive si dovrà tener conto – come già ora dispone il terzo comma dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 56 del 2000 – delle variazioni di gettito dell’IRAP che potranno essere registrate tra le regioni. Queste eventuali variazioni di gettito dovranno essere compensate (preferibilmente) modificando l’aliquota base dell’addizionale regionale all’IRPEF per modo che il gettito complessivo corrisponda al fabbisogno stabilito. La diversa misura dell’aliquota IRPEF deve per altro essere determinata in misura che risulti compatibile (in termini di gettito ma – si deve presumere – anche in termini economici) con gli andamenti finanziari di ciascuna regione.
Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che il finanziamento corrispondente al Fondo per gli asili nido, istituito dall’articolo 70 della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002) sia compreso anch’esso nel calcolo definitivo della compartecipazione all’IVA, disponendo per conseguenza la soppressione del Fondo.
La modifica si è resa necessaria a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 370 del 2003,che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 1, 3 e 8, nonché di altre parti dell’articolo 70 della legge 448 del 2001.
Le disposizioni, censurate per contrasto con l’articolo 119 della Costituzione, riguardavano la creazione del fondo vincolato per gli asili nido (comma 1); la determinazione delle modalità del riparto annuo ad opera del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 3); la quantificazione dell'ammontare del fondo (comma 8). Trattandosi di finanziamento di funzioni proprie delle regioni e degli enti locali, questo non può avvenire attraverso un fondo vincolato, ma deve rientrare nel normale finanziamento di regioni ed enti locali[22]. La Corte costituzionale, vista la rilevanza sociale del servizio, ha inoltre fatti salvi i procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti.
I trasferimenti erogati alle regioni per l’anno 2004 sono stati determinati in 150 milioni di euro e ripartiti tra le regioni e le province autonome con il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 1° luglio 2004[23].
La relazione tecnica allegata al disegno di legge quantifica la spesa per il 2005 in 125,556 milioni di euro, pari alla somma erogata alle sole regioni a statuto ordinario per il 2004. Applicando il già citato incremento tendenziale delle imposte indirette come riportato nel DPEF 2005-2008, la spesa per il 2006 e 2007 è rispettivamente di 130,6 e 135,3 milioni di euro.
Il comma 3 riguarda il Fondo istituito dal comma 8 dell’articolo 52 della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) per il finanziamento delle funzioni conferite dalle regioni agli enti locali nell’ambito del cosiddetto federalismo amministrativo.
La disposizione in esame amplia le possibilità di utilizzo del Fondo che può essere utilizzato anche per le funzioni conferite agli enti locali in attuazione dell’articolo 7 della legge n. 131 del 2003. Il Fondo attualmente ammonta a 33,570 milioni di euro.
Si ricorda che l’articolo l'articolo 52 della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) interviene nel processo di trasferimento di funzioni statali alle regioni e agli enti locali avviato dalla legge n. 59 del 1997. In particolare il comma 8 ha istituito un fondo annuo dall'ammontare massimo di 65 miliardi – oggi 33,570 milioni di euro - al fine di favorire l'effettivo esercizio delle funzioni conferite da parte di regioni ed enti locali. Il Fondo infatti non è vincolato al finanziamento di particolari funzioni ma può essere utilizzato per garantire la copertura finanziaria in relazione a situazioni ed eventi non prevedibili, che, se non risolti, potrebbero ostacolare il processo di decentramento amministrativo.
La legge n. 131 del 2003 detta disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale n. 3 del 2001 recante la modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione.
In particolare l’articolo 7 concerne il conferimento di funzioni da parte dello Stato e delle regioni agli enti locali sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. I commi 2-6 disciplinano le procedure per l’individuazione e la quantificazione delle risorse necessarie per lo svolgimento delle (ulteriori) funzioni trasferite. Le norme si applicano fino alla entrata in vigore del nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119.
In sintesi:
§ all’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie allo svolgimento delle funzioni conferite si procede mediante accordi con le regioni e gli enti locali presso la Conferenza unificata;
§ il Governo presenta al Parlamento uno o più disegni di legge, collegati alla manovra di finanza pubblica, per il recepimento dei suddetti accordi. I disegni di legge devono essere corredati da una relazione tecnica e non devono recare oneri aggiuntivi per lo Stato;
§ nelle more dell’approvazione dei disegni di legge lo Stato può comunque avviare il trasferimento di risorse applicando il principio di invarianza della spesa e secondo le modalità stabilite dall’accordo interistituzionale del 20 giugno 2002 – in sostanza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e osservando, ove compatibili, le norme che hanno disciplinato il l’individuazione delle risorse per l’esercizio delle funzioni trasferite con i decreti legislativi attuativi della legge n. 59 del 1997. Gli schemi di decreto sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia.
Il comma 4 disciplina:
§ gli effetti conseguenti alla ripresa di efficacia degli aumenti delle addizionali all’imposta sul reddito delle persone fisiche per (i comuni e) le regioni, e della maggiorazione dell’imposta regionale sulle attività produttive, dopo la sospensione disposta dalle leggi finanziarie 2003 e 2004;
§ gli ulteriori effetti della sanatoria, anch’essa disposta dalla legge finanziaria per l’anno 2004, di talune disposizioni di leggi regionali in materia di IRAP e di tassa automobilistica la cui illegittimità costituzionale era stata dichiarata dalla Corte costituzionale.
Confermando quanto già disposto in proposito dall’articolo 2, commi 21 e 22,della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), il comma in esame stabilisce:
§ che a partire dal primo periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2004 riprendono, o iniziano a decorrere, gli effetti di tutte le maggiorazioni di aliquota la cui efficacia è stata comunque sospesa sino a quella data;
§ che si estende anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte costituzionale la sanatoria delle disposizioni con cui le regioni hanno modificato aliquote o altri elementi dell’IRAP e della tassa automobilistica «in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale», cioè in violazione dei limiti della loro potestà legislativa;
§ che anche queste ultime disposizioni potranno essere modificate in futuro dalle regioni soltanto nei limiti dei poteri loro attribuiti e che comunque, entro il periodo di imposta decorrente dal 1°gennaio 2007, la disciplina della tassa automobilistica deve essere resa conforme alla normativa statale in materia.
Più in generale, il richiamo fatto al comma 21 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, conferma la cessazione del ‘blocco’ che l’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), aveva introdotto all’esercizio della facoltà delle regioni e dei comuni di disporre aumenti delle addizionali dell’imposta sul reddito delle persone fisiche[24] e della facoltà delle regioni di maggiorare l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive[25]. L’assenza di ulteriore proroga conferma che quel ‘blocco’, secondo quanto dispone il citato comma 21, termina dal primo periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2004.
In particolare, per quanto positivamente dispone il comma in esame, il primo periodo del comma 4 disciplina l’efficacia delle leggi regionali che, deliberate dalle regioni anteriormente al 31 dicembre 2003, hanno approvato maggiorazioni delle aliquote IRAP in misura o con modalità difformi da quanto previsto dalla normativa statale.
Si ricorda in proposito che, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997 (che ha istituito l’imposta regionale sulle attività produttive– IRAP), le regioni hanno la facoltà di variare fino ad un massimo di un punto percentuale l’aliquota ordinaria dell’imposta, fissata in misura pari a 4,25%, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del medesimo decreto (a decorrere cioè dal 30 dicembre 1999). Le regioni possono inoltre differenziare quella variazione per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.
Le regioni, in ogni caso, non possono fissare l’aliquota – per alcuna categoria di soggetti o settore di attività – in misura superiore a 5,25%.
Superando tale limite, la regione Lombardia (con l’articolo 1 della legge regionale 18 dicembre 2001, n. 27 - finanziaria 2002) ha stabilito l’aumento dell’aliquota al 5,75% per i soggetti di cui agli art. 6 e 7 del D.Lgs. 446/1997 (banche, società finanziarie e di assicurazioni). Successivamente l’articolo 76 della legge regionale 14 luglio 2003, n. 10, ha ricondotto quell’aliquota al 5,25% a decorrere dal 1° gennaio 2003
Analogamente, la regione Marche (legge regionale 19 dicembre 2001, n. 35, articolo 1, commi 3-6) ha aumentato l’aliquota ordinaria a 5,51% (con esclusione di alcune categorie) e al 5,75% per i soggetti di cui agli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 446/1997 (banche, società finanziarie e di assicurazioni).
A seguito del ricorso con il quale il Governo ha impugnato la legge della regione Piemonte 5 agosto 2002, n. 20, la Corte costituzionale (sentenza n. 296/2003) ha confermato – anche alla luce del nuovo testo dell’articolo 119 della Costituzione introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 – che l’IRAP non può ritenersi imposta propria delle regioni, e che pertanto queste possono introdurre variazioni alla sua disciplina soltanto limitatamente a quanto consente la normativa statale in proposito (D.Lgs. n. 446/1997). Le regioni hanno soltanto una limitata facoltà di variarne l’aliquota e possono disciplinarne le procedure applicative nel rispetto dei princìpi fissati dal citato D.Lgs. n. 446/1997.
Con le sentenze n. 296 e 297 del 22-26 settembre 2003 e n. 311 del 2-15 ottobre 2003, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni della citata legge regionale del Piemonte e delle leggi regionali n. 18 del 2002 della regione Veneto e n. 15 del 2002 della regione Campania che avevano disposto in materia di IRAP e di tassa automobilistica (regionale) «in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale»[26].
La dichiarazione di illegittimità costituzionale era suscettibile di riguardare – per la sua motivazione – anche le citate leggi regionali della regione Lombardia e della regione Marche che, sebbene non colpite direttamente dalla pronunzia, sarebbero state tuttavia soggette a eventuali impugnazioni in via incidentale.
Alla sanatoria di quelle e di analoghe disposizioni in materia di tassa automobilistica sottoposte al giudizio della Corte costituzionale ha provveduto l’articolo 2, commi 22 e 23, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
I citati commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 hanno sostanzialmente sanato l’illegittimità che viziava le disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale.
Essi hanno stabilito, in particolare, che in quelle regioni l’applicazione delle dell’IRAP (e della tassa automobilistica) opera, fino al periodo d’imposta decorrente dal 1° gennaio 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), e che, entro lo stesso termine, le suddette regioni sono tenute a rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica.
Il primo periodo del comma in esame precisa che quella sanatoria si applica anche alle leggi regionali adottate antecedentemente al 31 dicembre 2003, data dalla quale decorrono gli effetti della sanatoria operata dal comma 22.
Le disposizioni recate dal secondo periodo del comma in esame confermano gli effetti della sanatoria anche per le disposizioni di leggi regionali che sono intervenute, «in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale», in materia di IRAP, con disposizioni diverse da quelle riguardanti la maggiorazione delle aliquote, e in materia di tassa automobilistica[27].
L’ultima parte dello stesso periodo ripete e conferma – estendendola a tutte le leggi regionali sopra considerate – la disposizione, già presente nel comma 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2002, che consente alle regioni di conservare le disposizioni ‘sanate’ sino al periodo d’imposta che, per ciascuna di esse, decorre dal 1° gennaio 2007, prescrivendo loro di rendere, entro lo stesso termine, quelle disposizioni conformi alla normativa statale.
Deve osservarsi che la presente disposizione, al pari di quella già contenuta nel comma 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003, sembra attribuire alle regioni il potere di modificare disposizioni che, essendo illegittime per difetto di competenza regionale, a seguito della sanatoria operata dal legislatore statale hanno assunto valore di legge dello Stato.
Il comma 5 autorizza il Ministero dell’Economia e delle finanze ad operare le compensazioni per maggiori o minori somme attribuite a ciascuna regione nella ripartizione delle somme compensative delle minori entrate derivate dalla riduzione della aliquota di compartecipazione al gettito delle accise sulle benzine. La compensazione spettante a ciascuna regione per ciascuno degli anni nei quali sono già state attribuite le somme compensative è determinata dalla differenza fra la minore entrata derivante dalla riduzione della compartecipazione all’accisa sulle benzine da 350 a 242 lire/litro e il maggiore o minore gettito conseguito dalla ristrutturazione delle tariffe automobilistiche stabilita dall’articolo 17 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica. In mancanza delle risultanze definitive dei rispettivi gettiti, le somme compensative sono state ripartite e attribuite secondo quantificazioni stabilite in via provvisoria.
Di seguito – attraverso intese dirette a realizzare basi informative comuni – le regioni hanno accertato definitivamente la misura del rispettivo gettito. Sulla base di tali risultanze, in sede di Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, esse hanno proposto il prospetto delle compensazioni interregionali delle eccedenze di perdite di entrata relative al periodo 1998-2002.
La disposizione in esame autorizza ad operare quelle compensazioni, in quattro rate annuali di pari importo a partire dall’esercizio 2005 e a valere – per le compensazioni negative – sulle somme da corrispondere a qualsiasi titolo alla regione obbligata.
Articolo 8, commi 6 e 7
(Determinazione dei trasferimenti
erariali agli enti locali per l’anno 2005)
6. I trasferimenti erariali per l'anno 2005 di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 31, comma 1, primo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
7. Per l'anno 2005, l'incremento delle risorse, pari a 340 milioni di euro, derivante dal reintegro della riduzione dei trasferimenti erariali conseguente alla cessazione dell'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 24, comma 9, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è attribuito, quanto ad euro 260 milioni, a favore degli enti locali per confermare i contributi di cui all'articolo 3, commi 27, 35, secondo periodo, 36 e 141, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e quanto ad 80 milioni di euro in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244.
Il comma 6 dell’articolo 8 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2005.
Come già nelle finanziarie precedenti, la disposizione è finalizzata a dettare criteri per la definizione dell’entità dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale nel 2005, in modo da consentire l’approvazione dei relativi bilanci.
In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano, ancora oggi, ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504 del 1992 (articoli da 34 a 43)[28].
Per l’anno 2005, la determinazione dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale è effettuata sulla base dei criteri già adottati dalla legge finanziaria dello scorso anno, ai sensi dell’art. 31, comma 1, primo periodo, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003).
La citata disposizione si richiama, a sua volta, all’articolo 27 della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002), che indicava le norme di riferimento per la determinazione dei trasferimenti relativi al 2002, e all’articolo 24 che, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità per gli enti locali per il 2002, disponeva una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali nel triennio 2002-2004.
Sulla base del richiamo all’articolo 27, pertanto, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2005 vengono consolidati i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002, secondo quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie.
I contributi aggiuntivi previsti dalla legge finanziaria dello scorso anno sono confermati per il 2005, nei limiti dell’importo di 340 milioni di euro, a valere sulle risorse che si rendono disponibili a seguito della cessazione dell’efficacia della riduzione dei trasferimenti prevista dall’articolo 24 della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002).
Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.
In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro per il 2004, di cui 227 milioni di euro a valere sul Fondo ordinario, 68 sul Fondo consolidato e 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo[29].
Essendo venuta meno l’efficacia di tale disposizione, nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 i trasferimenti erariali iscritti sui tre Fondi principali (Fondo ordinario, consolidato e perequativo) vengono pertanto reintegrati dell’importo corrispondente al taglio subìto nel triennio precedente, pari complessivamente a circa 340 milioni di euro, di cui:
§ 227 milioni di euro sul Fondo ordinario,
§ 68 milioni di euro sul Fondo consolidato;
§ 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo.
Ai sensi del comma 7, tali maggiori disponibilità a legislazione vigente 2005, pari a complessivi 340 milioni di euro, vengono utilizzate: a) per confermare, anche nell’anno 2005, i contributi disposti in favore di alcune categorie di enti dalla legge finanziaria per il 2004; b) per finanziare, altresì, i cosiddetti enti sottodotati
In particolare, il comma 7 provvede alla ripartizione dei 340 milioni di euro, già disponibili nel bilancio a legislazione vigente 2005, nel seguente modo:
a) 260 milioni di euro sono utilizzati per confermare anche nel 2005 i contributi assegnati nel 2004 della legge n. 350/2003, ai sensi dell’articolo 3, commi 27, secondo periodo del comma 35, 36 e 141. Si tratta delle seguenti misure:
Ø contributo di 20 milioni di euro alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato di servizi incremento (art. 3, co. 27, legge n. 350/2003). In tal modo, per l’anno 2005 sono assicurate a tale finalità le medesime risorse assegnate nell’anno precedente:
Finanziamenti per le unioni e fusioni di comuni |
2003 |
2004 |
2005 |
Art. 1, co. 164, lett. d), L. n. 662/1996 (definitivamente assegnato ai sensi dell’art. 31, co. 1, legge n. 289/2002) |
1,5 |
1,5 |
1,5 |
Art. 53, co. 10, L. n. 388/2000 (quota parte dell’incremento complessivo di 500 mld. di lire dei trasferimenti ordinari) |
10,3 |
10,3 |
10,3 |
Art. 31, co. 2, L. n. 289/02 – unioni di comuni per servizi associati |
20 |
|
|
Art. 31, co. 2, L. n. 289/02 – comunità montane per servizi associati |
5 |
|
|
Art. 31, co. 6, L. n. 289/02 |
25 |
|
|
Art. 31, co. 7, lett. a), L. n. 289/02, per esercizio congiunto dei servizi di polizia locale |
5 |
|
|
Art. 2, co. 27, legge n. 350/2003 e art. 8, co. 7, ddl fin. 2005 |
|
20 |
20 |
TOTALE |
66,8 |
31,8 |
31,8 |
Ø incremento del Fondo ordinario di 180 milioni di euro, ai sensi dell’art. 3, co. 35, secondo periodo.
Tali risorse aggiuntive erano state calcolate, ai sensi dell’articolo 49, comma 6, della legge n. 449/1997, in misura pari al tasso di inflazione programmato nel DPEF (pari, per il 2004, all’1,7%), sulla base di riferimento costituita dalle dotazioni complessive riferite all’anno precedente del Fondo ordinario, Fondo consolidato e Fondo perequativo[30].
La disposizione prevedeva, per quanto concerne la distribuzione tra gli enti locali delle suddette risorse aggiuntive, che esse fossero destinate, per il 50% alla generalità dei comuni, per il restante 50% ai soli comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997.
Ø contributo di 50 milioni di euro per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono assegnate ai piccoli comuni per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Pertanto, il contributo di 50 milioni di euro verrà iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti[31];
Ø incremento di 5 milioni di euro dei trasferimenti erariali destinati delle comunità montane e di 5 milioni di euro dei trasferimenti spettanti alle province (art. 3, co. 141).
b) 80 milioni di euro sono destinati in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244.
Si tratta dei comuni c.d. “sottodotati”, le cui risorse, cioè, risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa. A tal fine le risorse considerate sono costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica[32].
Nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311), i principali Fondi di parte corrente e di conto capitale in favore degli enti locali risultano così determinati:
Cap. |
U.P.B. 2.1.2.6 parte corrente |
Bilancio |
Assestam. |
BLV |
Effetti Finanz. |
Risorse |
1316 |
Fondo ordinario |
2.458 |
3.123 |
8.152 |
+62 |
8.214 |
1317 |
Fondo perequativo |
922 |
922 |
997 |
-44 |
953 |
1318 |
Fondo consolidato |
1.436 |
1.436 |
2.325 |
-68 |
2.257 |
1319 |
Fondo federalismo amministrativo |
224 |
225 |
224 |
- |
224 |
1320 |
Compartecipazione all’IRPEF |
6.600 |
6.600 |
soppresso |
- |
- |
|
TOTALE |
11.640 |
12.306 |
11.698 |
-50 |
11.648 |
Cap. |
U.P.B. 2.2.3.5 - conto capitale |
|
|
|
|
|
7232 |
Fondo sviluppo investimenti comuni e province |
1.939 |
1.568 |
1.492 |
- |
1.492 |
7233 |
Fondo sviluppo investimenti comunità montane |
16 |
16 |
15 |
- |
15 |
7235 |
Fondo nazionale speciale per gli investimenti |
per memoria |
0,3 |
per memoria |
- |
Per memoria |
7236 |
Fondo nazionale ordinario investimenti |
153 |
131 |
- |
+50 |
50 |
7237 |
Fondo per il federalismo amministrativo |
676 |
423 |
676 |
- |
676 |
7238 |
Contributo enti locali titolari di contratti di servizio di pubblico trasporto |
156 |
156 |
156 |
- |
156 |
|
TOTALE |
2.941 |
2.296 |
2.340 |
+50 |
2.390 |
Le maggiori risorse presenti nel BLV 2005 rispetto al bilancio 2004 sui tre principali Fondi di parte corrente sono conseguenti al venir meno, nel 2005, dell’efficacia di alcune disposizioni, e precisamente: la riduzione del 3% dei trasferimenti erariali, disposta ai sensi dell’art. 24 della legge n. 448/2001, e l’attribuzione agli enti locali nel 2004 della compartecipazione all’IRPEF, ai sensi dell’art. 2, co. 18, della legge n. 350/2003 (non prevista per il 2005), il cui importo (6.600 milioni di euro nel 2004) viene dunque ricollocato sui capitoli relativi ai fondi recanti i trasferimenti erariali[33].
Conseguentemente, i citati fondi sono stati reintegrati delle somme detratte lo scorso anno per tali finalità.
In particolare:
§ Fondo ordinario: +227 milioni per reintegro riduzione del 3% di cui all’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001; +5.748 milioni per reintegro riduzione per compartecipazione all’IRPEF. Sul Fondo ordinario si sconta inoltre il venir meno, a legislazione vigente, dei finanziamenti disposti dalla legge finanziaria per il 2004 (-281 milioni);
§ Fondo perequativo: +44 milioni per reintegro taglio del 3% e +31 milioni per reintegro riduzione per compartecipazione all’IRPEF;
§ Fondo consolidato: +68 milioni per reintegro taglio del 3% e +820 milioni per reintegro riduzione per compartecipazione all’IRPEF.
Le minori disponibilità del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel BLV 2005 sono state determinate sulla base delle previsioni dell’andamento dei mutui ancora in essere[34]. In particolare, rispetto alla dotazione per il 2004, il Fondo presenta una minore dotazione per 234 milioni di euro quali economie derivanti dai mutui giunti ad estinzione nel 2004 e per 204 milioni di euro quale riduzione del finanziamento delle eccedenze di spesa rispetto all’importo previsto per il 2004[35].
Il Fondo nazionale ordinario per gli investimenti non presenta alcuna dotazione nel bilancio a legislazione vigente per il 2005.
Il Fondo nazionale ordinario per gli investimenti è previsto dall’articolo 34, comma 3 del D.Lgs. n.. 504/1992, ed è destinato al finanziamento di opere pubbliche degli enti locali, considerate di preminente interesse sociale ed economico. Le sue risorse sono riservato, per l’80%, ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e alle comunità montane, ai sensi dell’art. 49, co. 11, della legge n. 449/1997 (collegato alla finanziaria 1998).
Il Fondo nazionale ordinario per gli investimenti può essere rifinanziato triennalmente nella Tabella D della legge finanziaria, ai sensi dell’allegato 1 della legge n. 488/1999.
Come evidenziato nella Tabella, il disegno di legge finanziaria per il 2005 non introduce nuovi finanziamenti in favore degli enti locali, ma si limita, ai sensi del comma 7, ad una diversa distribuzione tra i fondi, di parte corrente e di conto capitale, delle maggiori risorse disponibili a legislazione vigente 2005 sui tre fondi ordinario, perequativo e consolidato, pari a 340 milioni di euro, per il venir meno della riduzione ai sensi dell’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001.
In particolare, ai sensi delle finalità indicate dal comma 7, il complesso delle risorse disponibili confluirà sul Fondo ordinario (20 milioni per le unioni di comuni, 10 milioni per province e comunità montane, 180 milioni di incremento in base al tasso di inflazione, e 80 milioni per i comuni sottodotati), fatta eccezione per 50 milioni di euro che, in quanto destinati ai comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti per finalità di investimenti, saranno iscritti nel Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, di conto capitale.
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 42, comma 2, la lettera h) è sostituita dalla seguente:
«h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari»;
b) all'articolo 204, comma 2, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:
«a) l'ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;
b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al primo gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata al primo luglio seguente o al primo gennaio dell'anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere anticipata al primo luglio dello stesso anno»;
c) dopo l'articolo 205 è aggiunto il seguente:
«Art. 205-bis (Contrazione di aperture di credito) – 1. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito nel rispetto della disciplina di cui al presente articolo.
2. Le spese per investimenti finanziate con il contratto di apertura di credito si considerano impegnate all'atto della stipula del contratto stesso e per l'ammontare dell'importo del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi finanziati; alla chiusura dell'esercizio le somme oggetto del contratto di apertura di credito costituiscono residui attivi.
3. Il ricorso alle aperture di credito è possibile solo se sussistono le condizioni di cui all'articolo 203, comma 1, e nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 204, comma 1, calcolati con riferimento all'importo complessivo dell'apertura di credito stipulata.
4. L'utilizzo del ricavato dell'operazione è sottoposto alla disciplina di cui all'articolo 204, comma 3.
5. I contratti di apertura di credito devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell'importo del contratto in base alle richieste di volta in volta inoltrate dall'ente e previo rilascio da parte di quest'ultimo delle relative delegazioni di pagamento ai sensi dell'articolo 206. L'erogazione dell'intero importo messo a disposizione al momento della contrazione dell'apertura di credito ha luogo nel termine massimo di tre anni ferma restando la possibilità per l'ente locale di disciplinare contrattualmente le condizioni economiche di un eventuale utilizzo parziale;
b) gli interessi sulle aperture di credito devono riferirsi ai soli importi erogati. L'ammortamento di tali importi deve avere una durata non inferiore a cinque anni con decorrenza dal primo gennaio o dal primo luglio successivi alla data dell'erogazione;
c) le rate di ammortamento devono essere comprensive, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d) unitamente alla prima rata di ammortamento delle somme erogate devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata;
e) deve essere indicata la natura delle spese da finanziare e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi, secondo le norme vigenti;
f) deve essere rispettata la misura massima di tasso applicabile alle aperture di credito i cui criteri di determinazione sono demandati ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
6. Le aperture di credito sono soggette, al pari delle altre forme di indebitamento, al monitoraggio di cui all'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nei termini e modalità previsti dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389. I modelli per la comunicazione delle caratteristiche finanziarie delle singole operazioni di apertura di credito sono pubblicati in allegato al decreto di cui alla lettera f) del comma 5»;
d) all'articolo 207, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. A fronte di operazioni di emissione di prestiti obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti locali, gli enti capofila possono procedere al rilascio di garanzia fideiussoria riferita all'insieme delle operazioni stesse. Contestualmente gli altri enti emittenti rilasciano garanzia fideiussoria a favore dell'ente capofila in relazione alla quota parte dei prestiti di propria competenza. Ai fini dell'applicazione del comma 4, la garanzia prestata dall'ente capofila concorre alla formazione del limite di indebitamento solo per la quota parte dei prestiti obbligazionari di competenza dell'ente stesso».
L’articolo 9 contiene varie disposizioni in materia di disciplina delle modalità di indebitamento da parte degli enti locali, concernenti, in particolare:
§ la facoltà di fare ricorso ad aperture di credito(comma 1, lettere a) e c);
§ le condizioni di durata e decorrenza dell’ammortamento dei mutui (comma 1, lettere b);
§ la facoltà per più enti locali di effettuare congiuntamente emissioni di prestiti obbligazionari (comma 1, lettera d);
§ la facoltà di affidare la gestione del fondo di ammortamento del debito a istituti di credito diversi dal tesoriere (comma 2);
§ l’esclusione della possibilità di contrarre mutui con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza (comma 3).
Il comma 1 reca diverse disposizioni che, novellando il testo unico sugli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000, introducono e disciplinano la facoltà per gli enti locali di finanziarsi anche attraverso lo strumento dell’apertura di credito.
Gli enti locali si troveranno ad avere la possibilità, come avviene ordinariamente per le imprese private, di ottenere da parte delle banche l’apertura di una linea di credito da cui effettuare tiraggi in rapporto alle proprie esigenze di finanziamento.
L’apertura di credito viene in questo modo ad aggiungersi alle tradizionali fonti di finanziamento degli investimenti degli enti locali, rappresentate dai mutui e dall’emissione di titoli obbligazionari.
In base alle stime contenute nella relazione tecnica, le disposizioni dell’articolo 9 dovrebbero determinare una riduzione dell’indebitamento netto e del fabbisogno, conseguente alla minore spesa per interessi, pari a 20 milioni di euro a decorrere dal 2005.
Il risparmio di spesa è riconducibile al fatto che, a differenza di quanto avviene per i mutui, in relazione ai quali gli oneri per interessi vengono calcolati fin dal momento della stipula sull’intero importo, nel caso dell’apertura di credito gli interessi sono pagati soltanto sulle somme effettivamente erogate.
La lettera a) del comma 1 novella l’articolo 42, comma 2, lettera h), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
L’articolo 42 elenca gli atti di competenza del Consiglio dell’ente locale.
In base alla novella introdotta dalla lettera a) del comma 1, tra gli atti di competenza del Consiglio sono comprese, oltre che la contrazione di mutui, anche le aperture di credito non previste espressamente in altri atti fondamentali del Consiglio medesimo.
Ai sensi della medesima lettera h), rimangono altresì di competenza del Consiglio, in ogni caso, le emissioni di prestiti obbligazionari.
La lettera b) del comma 1 riformula il testo dell’articolo 204, comma 2, lettere a) e b), del Testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267/2000.
L’articolo 204 definisce le condizioni in base alle quali gli enti locali possono stipulare mutui con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e dall'Istituto per il credito sportivo.
Per effetto delle novelle previste dalla lettera b) del comma 1:
a) la durata minima dell’ammortamento del mutuo viene ridotta da dieci anni a cinque anni (lettera a), comma 2, articolo 204 del T.U. enti locali);
b) viene resa più flessibile la definizione della decorrenza dell’ammortamento.
Al riguardo si prevede, infatti, che in alternativa alla decorrenza ordinaria, che rimane fissata al primo gennaio dell’anno successivo a quello della stipula del mutuo, la decorrenza dell’ammortamento possa essere posticipata al primo luglio seguente o al primo gennaio del secondo anno successivo a quello della stipula. Nel caso di mutui stipulati nel primo semestre dell’anno la decorrenza dell’ammortamento può essere anticipata al primo luglio dell’anno medesimo.
In base alla formulazione della novella pare che, diversamente dalla disciplina attualmente vigente, la scelta tra le varie ipotesi di decorrenza per l’ammortamento previste per legge sia rimessa alla contrattazione tra l’ente mutuatario e l’istituto di credito.
La disciplina vigente, infatti, prevede che, in alternativa alla decorrenza ordinaria (primo gennaio dell’anno successivo a quello della stipula), su richiesta dell’ente mutuatario, alla quale l’istituto di credito è tenuto in ogni caso ad adeguarsi, anche in deroga al proprio statuto, la decorrenza dell’ammortamento sia posticipata al primo gennaio del secondo anno successivo a quello della stipula.
La lettera c) del comma 1 introduce l’articolo 205-bis, costituito di 6 commi, nel Testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267/2000.
Il nuovo articolo 205-bis, come prevede espressamente il comma 1 del medesimo articolo, è volto a disciplinare le condizioni in base alle quali gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito.
Il comma 2 dell’articolo 205-bis disciplina il trattamento contabile nel bilancio dell’ente dell’apertura del credito e delle spese per investimenti finanziate con l’apertura medesima.
Per quanto riguarda le spese per investimenti, si prevede che esse risultino impegnate alla data della stipula dell’apertura di credito per il loro intero importo, quale risulta dal progetto o dai progetti definitivi o esecutivi finanziati.
L’apertura di credito pertanto può essere utilizzata per finanziare investimenti di cui sia stato approvato il progetto definitivo o esecutivo. In ogni caso l’impegno di spesa relativo all’investimento da finanziare decorre non dalla data di approvazione del progetto o dei progetti, né dalla data di stipula del contratto per la realizzazione dell’opera, ma dalla data, successiva, in cui viene stipulata l’apertura di credito.
Per quanto concerne l’entrata, l’ammontare del contratto di apertura di credito, alla chiusura dell’esercizio, deve essere mantenuto in bilancio come residuo attivo.
Ciò sembra implicare che, nel momento in cui viene stipulata l’apertura di credito, si proceda all’accertamento in entrata dell’intero ammontare dell’apertura medesima.
Per quanto la formulazione del comma 2 dell’articolo 205-bis non lo precisi espressamente, sembra che la possibilità di mantenere in bilancio come residui attivi “le somme oggetto del contratto di apertura di credito” debba intendersi riferita soltanto alle somme che risultano non ancora prelevate dall’ente.
Il comma 3 dell’articolo 205-bis subordina la possibilità per l’ente locale di ricorrere ad aperture di credito alla sussistenza delle condizioni e al rispetto dei limiti che sono previsti per il ricorso all’indebitamento.
In conformità a quanto previsto, in generale, per il ricorso all’indebitamento dall’articolo 203, comma 1, del T.U. enti locali, l’ente può contrarre aperture di credito a condizione che:
a) sia stato approvato il rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui viene stipulata l’apertura di credito;
b) sia stato deliberato il bilancio annuale nel quale devono essere incluse le previsioni relative all’operazione di finanziamento.
E’, inoltre, previsto che gli enti locali possano contrarre aperture di credito nel rispetto del limite al ricorso all’indebitamento disposto dall’articolo 204, comma 1, del T.U. enti locali, con riferimento ai mutui.
Tale limite prevede che l'importo annuale degli interessi sulle operazioni di indebitamento già effettuate e sull’apertura di credito che si intende stipulare non debba superare il 25% delle entrate tributarie, delle entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti da parte dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici e delle entrate extratributarie, come accertate nel rendiconto del penultimo anno precedente a quello in cui l’apertura di credito viene stipulata.
Ai fini della determinazione dell’importo annuale degli interessi sul debito, si assume l’importo annuale degli interessi sull’apertura di credito da stipulare, calcolati con riferimento all’importo complessivo dell’apertura medesima, al quale sono sommati l’importo annuale degli interessi relativi ai mutui precedentemente contratti, l’importo annuale degli interessi relativi ai prestiti obbligazionari precedentemente emessi e l’importo annuale degli interessi relativi ad operazioni di indebitamento per le quali l’ente locale ha prestato garanzia, in conformità alla disciplina dettata dall’articolo 207 del T.U. enti locali[36]. Da tale somma sono detratti i contributi statali e regionali in conto interessi.
Per quanto nella formulazione del rinvio all’articolo 204, comma 1, non lo si preveda espressamente, sembra doversi ritenere che nella determinazione della spesa per interessi in rapporto alla quale viene fissato il limite di indebitamento debba essere calcolato anche l’importo annuale degli interessi relativi ad aperture di credito precedentemente stipulate.
L’articolo 204, comma 1, cui si fa rinvio, prevede altresì che per le comunità montane si faccia riferimento non ai primi tre titoli delle entrate, ma ai primi due titoli (che per le comunità montane sono le entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti da parte dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici e le entrate extratributarie, dal momento che le comunità montane non percepiscono entrate tributarie).
Per gli enti locali di nuova istituzione si deve fare riferimento, per i primi due anni, in assenza di rendiconto, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione.
Il comma 4 dell’articolo 205-bis disciplina le modalità in base alle quali può essere utilizzato il ricavato dell’apertura di credito. Anche in questo caso si fa rinvio alle disposizioni dettate al riguardo dall’articolo 204, comma 3, del T.U. enti locali, con riferimento alle modalità di utilizzo del ricavato dei mutui.
L’ente locale, pertanto, può impiegare le disponibilità derivanti dall’apertura di credito soltanto sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori. I tesorieri danno esecuzione ai relativi titoli di spesa solo se essi sono corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo.
Il comma 5 dell’articolo 205-bis disciplina la forma, le condizioni e le clausole che devono essere previste nei contratti di apertura di credito stipulati dagli enti locali.
In primo luogo il contratto deve essere stipulato in forma pubblica, a pena di nullità.
Ai sensi della lettera a) del comma 5 la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell’importo dell’apertura di credito in conformità alle richieste inoltrate dall’ente.
Le erogazioni sono comunque subordinate al rilascio da parte dell’ente, a titolo di garanzia di pagamento delle rate di ammortamento, di delegazione di pagamento a valere, secondo quanto previsto dall’articolo 206 del T.U. enti locali, cui si fa rinvio, sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale, vale a dire:
a) sulle entrate tributarie (titolo I);
b) sulle entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti da parte dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici (titolo II);
c) sulle entrate extratributarie (titolo III).
Per le comunità montane la delegazione di pagamento è fatta a valere sui primi due titoli delle entrate (che per le comunità montane sono le entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti da parte dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici e le entrate extratributarie).
L’articolo 206 del T.U. enti locali dispone altresì che l'atto di delega non è soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo.
Ai sensi della lettera a), inoltre, viene fissato un termine massimo di tre anni, decorrenti dalla stipula dell’apertura di credito, per l’erogazione dell’intero importo messo a disposizione.
E’ in ogni caso facoltà dell’ente locale disciplinare contrattualmente le condizioni di un eventuale utilizzo parziale.
La lettera b) del comma 5 dispone che gli interessi a carico dell’ente locale sulle aperture di credito siano calcolati con riferimento soltanto agli importi erogati.
L’ammortamento, in analogia a quanto previsto per i mutui, deve avere una durata non inferiore a cinque anni.
La decorrenza dell’ammortamento è fissata al primo gennaio o al primo luglio successivi alla data dell’erogazione.
La lettera c) del comma 5 stabilisce che le rate di ammortamento debbano comprendere, fin dal primo anno, sia la quota capitale che la quota interessi.
Rate di ammortamento che, per un certo periodo, si riferissero soltanto alla quota interessi renderebbero, infatti, più oneroso per l’ente locale il rimborso del finanziamento ricevuto.
La lettera d) del comma 5 prevede che gli eventuali interessi di preammortamento debbano essere corrisposti nel momento in cui l’ente locale versa la prima rata di ammortamento delle somme ad esso erogate.
In tale rata dovranno essere altresì computati gli ulteriori interessi che decorrono tra la data di inizio dell’ammortamento e la scadenza della prima rata stessa.
Ai sensi della lettera e) del comma 5, nel contratto di apertura di credito deve essere indicata la natura della spesa da finanziare e, nel caso in cui l’investimento da realizzare preveda l’approvazione di uno o più progetti definitivi o esecutivi, deve essere dato atto che tale approvazione ha avuto luogo.
Le disposizioni della lettera e) sembrano riconducibili a garantire l’applicazione di quanto prevede l’articolo 119, comma sesto, della Costituzione, ai sensi del quale le regioni e gli enti locali “possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento”. Le modalità di interpretazione e di applicazione della norma costituzionale sono state dettate dall’articolo 3, commi 16-21 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).
La lettera f) del comma 5 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, la definizione dei criteri in base ai quali deve essere determinata la misura massima dei tassi di interesse applicabili alle aperture di credito.
Il decreto deve essere emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2005.
Il comma 6 dell’articolo 205-bis sottopone anche le aperture di credito al monitoraggio dell’indebitamento degli enti locali previsto e disciplinato dall’articolo 41, comma 1, della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002) e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389.
L’articolo 41, comma 1, della legge n. 448/2001 ha attribuito al Ministero dell’economia e delle finanze poteri di coordinamento sull’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali.
In attuazione di tal disposizioni, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, ha adottato il decreto 1° dicembre 2003, n. 389 (Regolamento per l’accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2004.
Per quanto concerne la trasmissione di informazioni, il decreto prevede l’obbligo a carico di enti locali, loro consorzi e regioni di inviare una comunicazione al Dipartimento del Tesoro, con cadenza trimestrale, relativamente alle seguenti operazioni finanziarie già concluse:
- utilizzo di credito a breve termine presso il sistema bancario, indipendentemente dall’importo del finanziamento;
- mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione;
- operazioni con strumenti derivati;
- emissione di titoli obbligazionari;
- operazioni di cartolarizzazione.
Il decreto attribuisce al Ministero specifici poteri di coordinamento limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. In questa ipotesi gli enti interessati sono tenuti ad una comunicazione preventiva al Ministero concernente le caratteristiche dell’operazione[37]. Il Dipartimento del tesoro dà conferma agli enti dell’avvenuta ricezione della loro comunicazione e, entro i successivi 10 giorni, ha facoltà di fissare, in modo motivato, i tempi di attuazione dell’operazione.
In assenza della determinazione del Ministero, gli enti concludono l’operazione entro i termini da essi stessi indicati, ovvero, nel caso di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, entro il termine dei successivi 20 giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione iniziale.
La comunicazione delle informazioni relative alle operazioni di apertura di credito effettuate dall’ente locale, in conformità a quanto previsto dall’articolo 1 del regolamento di cui al D.M. 1° dicembre 2003, n. 389, sarà effettuata mediante modelli definiti in allegato al decreto ministeriale previsto dalla lettera f) del comma 5, vale a dire al decreto ministeriale che stabilirà i criteri per determinare la misura massima del tasso di interesse applicabile alle aperture di credito.
I modelli per la comunicazione al Ministero dell’economia delle informazioni relative alle forme di credito a breve termine utilizzate, ai mutui accesi, ai derivati conclusi, ai titoli obbligazionari emessi e alle cartolarizzazioni effettuate sono stati approvati, in attuazione dell’articolo 1 del D.M. 1° dicembre 2003, n. 389 con decreto dirigenziale 3 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 luglio 2004, n. 168.
La lettera d) del comma 1 dell’articolo in esame introduce il comma 1-bis nell’articolo 207 del T.U. enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267/2000.
Il nuovo comma introduce alcune disposizioni in materia di garanzie sulle emissioni di titoli obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti locali.
In questa ipotesi, si prevede che l’ente capofila possa rilasciare garanzia fideiussoria relativa al complesso dell’operazione.
Contestualmente gli altri enti che partecipano all’emissione rilasciano garanzia a favore dell’ente capofila con riferimento alla quota del prestito di propria competenza.
Ai fini della determinazione del limite di indebitamento (cfr. supra, lettera c), comma 5 dell’articolo 205-bis), la garanzia prestata dall’ente capofila viene calcolata per l’importo degli interessi corrispondenti alla quota del prestito di competenza dell’ente capofila.
Al riguardo, occorre considerare che il limite all’indebitamento per ciascun ente locale viene calcolato sulla base degli interessi annuali che l’ente deve versare sui debiti già contratti e che nel caso delle garanzie prestate dall’ente si calcolano, secondo quanto disposto dal comma 4 dell’articolo 207 del T.U. enti locali, gli interessi relativi alle operazioni garantite. L’ultimo periodo del comma 1-bis, pertanto, è volto ad escludere, nel caso di emissioni di titoli obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti, che per l’ente capofila, il quale presta garanzia sull’intero importo dell’emissione, si calcolino gli interessi che gravano sull’intera operazione. Si calcoleranno, invece, gli interessi corrispondenti alla quota del prestito obbligazionario di competenza dell’ente stesso.
In sostanza, le disposizioni recate dalla lettera d) del comma 1 sono volte a rendere praticabili emissioni di titoli obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti. Tale possibilità sembra interessare, in particolare, gli enti locali di piccole dimensioni che, altrimenti, proprio per la limitata consistenza della propria attività finanziaria, rimarrebbero esclusi dai mercati obbligazionari.
2. Per la gestione del fondo di ammortamento del debito di cui all'articolo 41, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, non si applica il principio di accentramento di ogni deposito presso il tesoriere stabilito dagli articoli 209, comma 3, e 211, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
3 All'articolo 41, comma 2, primo periodo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono soppresse le parole: «e contrarre mutui» e le parole: «o dell'accensione».
Il comma 2 stabilisce che, per la gestione del fondo di ammortamento del debito previsto dall'articolo 41, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, non si applica il principio di accentramento di ogni deposito presso il tesoriere stabilito dagli articoli 209, comma 3, e 211, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in tema di enti locali.
Ai sensi dell’articolo 209, comma 3, ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere. Secondo l’articolo 211, comma 2, il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente.
L’articolo 41, comma 2, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002), richiamato nel comma in esame, ha introdotto la facoltà, per gli enti locali, di emettere titoli obbligazionari e contrarre mutui con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza.
In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.
Specifiche disposizioni sulla gestione del fondo di ammortamento sono state dettate dal regolamento di attuazione, di cui al D.M. 1° dicembre 2003, n. 389.
In particolare il regolamento dispone che i contratti relativi alla gestione di un fondo per l'ammortamento del capitale da rimborsare o, alternativamente, per la conclusione di uno swap per l'ammortamento del debito possono essere conclusi soltanto con intermediari contraddistinti da adeguato merito di credito, così come certificato da agenzie di rating riconosciute a livello internazionale.
Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004.
Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings.
Nel caso in cui i rating attribuiti dalle agenzie siano difformi tra loro, si deve prendere in considerazione quello più basso.
Il «rating adeguato» della controparte non dovrebbe essere inferiore a BBB/Baa/BBB. Pertanto qualora l'intermediario subisca una riduzione al di sotto di tale livello minimo, le posizioni accese dovranno essere chiuse al più presto.
Qualora sussista garanzia della «casa madre» della controparte, rileva il rating di essa.
In sostanza, la disposizione del comma 3 è volta a consentire agli enti locali di costituire fondi di ammortamento presso istituti o intermediari diversi dalle banche che svolgono il servizio di tesoreria, le quali, specialmente se di piccola dimensione, possono non presentare i requisiti di elevata professionalità e specializzazione richiesti dalle operazioni in questione.
In proposito, il Ministro dell’economia e delle finanze, nel corso dell’audizione tenuta il 21 luglio 2004 dinanzi alla Commissione Programmazione economica e bilancio del Senato della Repubblica, in tema di “Effetti e tecniche di controllo dei flussi di finanza pubblica in ordine all’andamento del debito con particolare riferimento alla componente non statale”, aveva evidenziato, quale elemento di criticità, che secondo l’attuale normativa che regola i rapporti fra gli enti locali e i loro tesorieri, con particolare riferimento all’articolo 221 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, non è possibile per gli enti stessi costituire fondi di ammortamento presso istituti o intermediari diversi dalle banche tesoriere[38].
In relazione a ciò, il Ministro faceva notare che tale divieto costituisce un elemento ostativo all’applicazione di quanto disposto dal richiamato articolo 2 del regolamento n. 389 del 2003, “in quanto la corretta e prudenziale gestione di tali fondi richiede un livello estremamente elevato di conoscenza finanziaria e capacità gestionale da parte degli intermediari, requisiti che non sempre le banche che svolgono il servizio di tesoreria soddisfano. Si configura così un conflitto tra i princìpi che ispirano la norma sul fondo di ammortamento e gli obblighi di tesoreria degli enti che, di fatto, impedisce la costituzione di tali fondi”. Concludeva perciò il Ministro segnalando l’opportunità di trovare una sede legislativa adeguata per introdurre una deroga specifica alle norme sulla tesoreria, in grado di rimediare a tale situazione conflittuale, sede che si ritrova appunto nel comma in esame.
Il comma 3 provvede ad espungere dal testo dell'articolo 41, comma 2, primo periodo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le parole: «e contrarre mutui» e le parole: «o dell'accensione».
I commi 2 e 3 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448hanno modificato, come già indicato con riferimento al comma 2, la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.
In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet), con l’obbligo contestuale di costituire un fondo di ammortamento del debito o di concludere operazioni di swap per l’ammortamento del debito.
Il comma 3 in esame interviene ora ad eliminare per gli enti locali la possibilità di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza.
Di conseguenza, gli enti locali potranno d’ora innanzi contrarre mutui che prevedano esclusivamente il tradizionale sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi.
In proposito, si osserva che, a parità di condizioni, il rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza rende il mutuo più oneroso per l’ente mutuatario.
1. Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali sono tenuti a provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, alla conversione dei mutui con oneri di ammortamento anche parzialmente a carico dello Stato in titoli obbligazionari di nuova emissione o alla rinegoziazione, anche con altri istituti, dei mutui stessi, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali. Nel valutare la convenienza dell'operazione di rifinanziamento si dovrà tenere conto anche delle commissioni che non potranno in nessun caso essere comprese nel piano di ammortamento. In caso di mutuo a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, lo Stato o l'ente pubblico interessato osservano regolarmente i tassi di mercato e si attivano allorché il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore al tasso del mutuo di almeno un punto percentuale.
2. Gli stanziamenti di bilancio previsti per il pagamento dei mutui con oneri integralmente o parzialmente a carico dello Stato sono proporzionalmente adeguati ai nuovi piani di ammortamento conseguenti alla conclusione delle operazioni di conversione o rinegoziazione dei mutui di cui al comma 1.
3. Ai fini dell'attuazione di quanto stabilito dai commi 1 e 2 l'ente pubblico è tenuto a trasmettere, entro trenta giorni dal perfezionamento delle operazioni di cui al comma 1, all'amministrazione statale interessata, la relativa documentazione contrattuale, compresi i piani di ammortamento o di rimborso.
L’articolo 10 introduce alcune disposizioni volte a ridurre la spesa per interessi a carico della finanza pubblica attraverso la conversione in titoli obbligazionari o la rinegoziazione dei mutui in presenza di condizioni di mercato che rendano tali operazioni vantaggiose.
Più precisamente l’articolo 10, comma 1, impone allo Stato, alle regioni e province autonome, agli enti locali l’obbligo di provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, a convertire in titoli obbligazionari di nuova emissione o a rinegoziare i mutui, nel caso in cui sussistano condizioni di mercato tali da permettere di ridurre il valore finanziario delle passività totali.
La disposizione riguarda i mutui con oneri di ammortamento totalmente o parzialmente a carico dello Stato.
La rinegoziazione dei mutui può essere effettuata anche con istituti diversi da quello con cui il mutuo è stato acceso.
Nel valutare la convenienza della conversione o della rinegoziazione, il comma 1 prescrive di tener conto anche delle spese relative alle commissioni, per le quali è escluso che possano essere comprese nel piano di ammortamento.
Viene altresì specificato che, in caso di mutuo a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, lo Stato o l'ente pubblico interessato osservano regolarmente i tassi di mercato e si attivano allorché il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore al tasso del mutuo di almeno un punto percentuale.
Le offerte di mutuo a tasso fisso seguono l'andamento dei mercati dei depositi a lungo termine, il cui indice di costo è rappresentato dall'IRS (Interest Rate Swap). Di norma, una volta stipulato, il mutuo a tasso fisso risulta indifferente all'andamento di qualsiasi indice.
L'IRS è un parametro per la copertura finanziaria della provvista utilizzato dalle banche per le operazioni a tasso fisso oltre i 12 mesi ed è rilevabile quotidianamente su "Il Sole 24 ore", nell’inserto “Finanza e mercati”. La quotazione è quella dell'ultimo giorno lavorativo del mese precedente la stipulazione del mutuo.
Per individuare dall'elenco l’IRS pertinente deve farsi riferimento a quello pari alla durata del successivo periodo a tasso fisso del mutuo.
Il comma 2 prevede la rideterminazione degli stanziamenti di bilancio relativi al pagamento degli oneri dei mutui in relazione ai quali sono state concluse le operazioni di conversione o rinegoziazione.
Per quanto non espressamente indicato, la rideterminazione degli stanziamenti dovrebbe riferirsi al bilancio dello Stato.
Per effetto della previsione del comma 2 risulta possibile computare nel bilancio dello Stato i risparmi di spesa derivanti dalle operazioni di rifinanziamento previste dal comma 1.
Al riguardo la relazione tecnica prevede che dalla conversione o rinegoziazione dei mutui dovrebbe derivare “un risparmio effettivo per il complesso della finanza pubblica”, che, peraltro, non viene quantificato.
Il comma 3 contiene una disposizione strumentale relativa alla trasmissione della documentazione all’amministrazione dello Stato, ai fini dell’attuazione di quanto disposto dai due commi precedenti.
Al riguardo si prevede l’obbligo per gli enti pubblici di cui al comma 1 di trasmettere all’amministrazione statale interessata la documentazione contrattuale, compresi i piani di ammortamento o di rimborso, relativa alle operazioni di conversione o rinegoziazione.
La comunicazione deve essere effettuata entro trenta giorni dal perfezionamento delle operazioni in questione.
Sono tenuti alla comunicazione i soggetti pubblici di cui al comma 1; l’espressione sembra doversi riferire, per quanto non espressamente precisato, ai soggetti pubblici diversi dallo Stato.
4. In caso di nuove emissioni di titoli obbligazionari con rimborso del capitale in un'unica soluzione alla scadenza, è necessario che al momento dell'emissione venga costituito un fondo di ammortamento del debito o conclusa una operazione di swap per l'ammortamento dello stesso, secondo quanto disposto dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389.
Il comma 4 dispone che, in caso di nuove emissioni di titoli obbligazionari con rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza, è necessario, al momento dell’emissione:
che venga costituito un fondo di ammortamento del debito;
o, in alternativa, che venga conclusa un’operazione di swap per l’ammortamento dello stesso debito.
In assenza di specifiche indicazioni relative all’ambito soggettivo di applicazione, si può presumere che la disposizione interessi i soggetti indicati nell’articolo 10, comma 1, del disegno di legge in esame, estendendosi in tal modo, pertanto, anche allo Stato, alle regioni e alle province autonome l’analoga previsione recata per gli enti locali dall’articolo 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001.
La disposizione da ultimo citata ha infatti previsto che gli enti locali possano emettere titoli obbligazionari con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza, previa costituzione, al momento dell’emissione, di un fondo di ammortamento del debito, o previa conclusione di swap per l’ammortamento del debito.
Queste operazioni tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.
Con riguardo a tali operazioni, il regolamento di attuazione (decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389), all’articolo 2 che viene richiamato nella disposizione in esame, ha stabilito che i contratti relativi alla gestione di un fondo per l'ammortamento del capitale da rimborsare o, alternativamente, per la conclusione di uno swap per l'ammortamento del debito possono essere conclusi soltanto con intermediari contraddistinti da adeguato merito di credito, così come certificato da agenzie di rating riconosciute a livello internazionale.
Il medesimo articolo 2 prevede, altresì, che le somme accantonate nel fondo di ammortamento possono essere investite esclusivamente in titoli obbligazionari di enti e amministrazioni pubbliche nonché di società a partecipazione pubblica di Stati appartenenti all'Unione europea.
Ulteriori precisazioni in merito al fondo di ammortamento del debito o alle operazioni di swap per l’ammortamento del debito stesso sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004.
In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004).
Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings.
Nel caso in cui i rating attribuiti dalle agenzie siano difformi tra loro, si deve prendere in considerazione quello più basso.
Il «rating adeguato» della controparte non dovrebbe essere inferiore a BBB/Baa/BBB. Pertanto qualora l'intermediario subisca una riduzione al di sotto di tale livello minimo, le posizioni accese dovranno essere chiuse al più presto.
Qualora sussista garanzia della «casa madre» della controparte, rileva il rating di essa.
Gli strumenti ammessi per l'investimento delle somme accantonate nel fondo o nello swap di ammortamento sono soltanto i titoli obbligazionari, emessi esclusivamente dagli emittenti indicati all’articolo 2, comma 2, del regolamento (enti e amministrazioni pubbliche e società a partecipazione pubblica di Stati dell’Unione europea)[39], che non dovranno essere ulteriormente strutturati mediante operazioni derivate le quali rendano il profilo di esposizione creditizia difforme da quello consentito.
La selezione degli emittenti dei suddetti titoli deve essere conforme allo spirito di riduzione del rischio creditizio.
Nei contratti è raccomandata la massima trasparenza sui criteri con i quali i titoli conferiti al fondo di ammortamento sono selezionati ed eventualmente sostituiti, attribuendo la massima attenzione al rating. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento.
Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortizing», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento.
La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.
In merito alla formulazione del comma in esame, si osserva che, per la disciplina della costituzione del fondo di ammortamento del debito e dell’operazione di swap alternativamente prevista, si rinvia all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389.
Il regolamento è stato emanato in base all’articolo 41, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il quale rimette a tale strumento le definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento dell’accesso degli enti locali al mercato dei capitali nonché delle norme relative all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati da parte dei medesimi enti.
Sarebbe opportuno chiarire se il rinvio abbia carattere formale (ossia s’intenda riferito alla fonte regolamentare richiamata con le sue eventuali future modificazioni) ovvero debba configurarsi come rinvio recettizio tendente a conferire forza di legge alle disposizioni del richiamato articolo 2 del D.M. n. 389 del 2003 (precludendo così la possibilità di modificarne il contenuto mediante successivo regolamento).
1. Al fine del consolidamento dei conti pubblici rilevanti per il rispetto degli obiettivi adottati con l'adesione al patto di stabilità e crescita le rate di ammortamento dei mutui attivati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dagli enti locali e dagli altri enti pubblici ad intero carico del bilancio dello Stato sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.
2. Per le stesse finalità di cui al comma 1 e con riferimento agli enti pubblici diversi dallo Stato, il debito derivante dai mutui è iscritto nel bilancio dell'amministrazione pubblica che assume l'obbligo di corrispondere le rate di ammortamento agli istituti finanziatori, ancorché il ricavato del prestito sia destinato ad un'amministrazione pubblica diversa. L'amministrazione pubblica beneficiaria del mutuo, nel caso in cui le rate di ammortamento siano corrisposte agli istituti finanziatori da un'amministrazione pubblica diversa, iscrive il ricavato del mutuo nelle entrate per trasferimenti in conto capitale con vincolo di destinazione agli investimenti. L'istituto finanziatore, contestualmente alla stipula dell'operazione di finanziamento, ne dà notizia all'amministrazione pubblica tenuta al pagamento delle rate di ammortamento che, unitamente alla contabilizzazione del ricavato dell'operazione tra le accensioni di prestiti, provvede all'iscrizione del corrispondente importo tra i trasferimenti in conto capitale al fine di consentire la regolazione contabile dell'operazione.
3. Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad adeguarsi alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 con riferimento alle nuove operazioni finanziarie.
I commi 1-3 dell’articolo 11 dettano alle amministrazioni pubbliche regole di contabilizzazione del debito omogenee per evitare la duplicazione dell’iscrizione nei bilanci di enti diversi del medesimo debito e facilitare il consolidamento dei conti pubblici.
A tal fine il comma 1 prevede, con riferimento ai mutui attivati da regioni, enti locali o, in generale, altri enti pubblici diversi dallo Stato, ma con oneri di ammortamento ad intero carico del bilancio dello Stato, che il mutuo sia pagato agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.
Ciò sembra implicare, sotto il profilo contabile, che le iscrizioni connesse all’attivazione del mutuo – vale a dire, in entrata, l’accensione di prestiti e, in uscita, il rimborso di prestiti – siano effettuate soltanto nel bilancio dello Stato, escludendo che vengano operate anche nel bilancio dell’ente che ha attivato il mutuo e beneficia del ricavato.
Il comma 2 si riferisce ad enti pubblici diversi dallo Stato. Anche in questo caso viene disciplinata l’ipotesi in cui l’amministrazione che assume gli oneri di ammortamento del mutuo sia diversa dall’amministrazione che ne percepisce il ricavato.
In questa ipotesi l’amministrazione pubblica beneficiaria del mutuo iscrive il ricavato in entrata come trasferimento in conto capitale con vincolo di destinazione agli investimenti.
Ne risulta escluso, di conseguenza, che l’amministrazione beneficiaria contabilizzi il mutuo nell’ambito delle accensioni di prestiti, per quanto concerne l’entrata connessa all’acquisizione delle relative risorse, e nell’ambito del rimborso prestiti, per quanto concerne la spesa per gli oneri di ammortamento.
L’amministrazione pubblica che è tenuta a corrispondere all’istituto finanziatore le rate di ammortamento del mutuo iscrive il ricavato dell’operazione, in entrata, tra le accensioni di prestiti e, contestualmente, iscrive in uscita l’importo corrispondente come trasferimento in conto capitale.
A tal fine il comma 2 prevede che l’istituto finanziatore, nel momento in cui avviene la stipula del mutuo con l’amministrazione che ne riceve il ricavato, sia tenuto a comunicare all’amministrazione pubblica che sostiene gli oneri di ammortamento le informazioni relative all’operazione, in modo da permettere a quest’ultima amministrazione di effettuare le iscrizioni contabili previste.
Sulla base delle disposizioni del comma 2 al trasferimento in conto capitale iscritto in entrata nel bilancio dell’amministrazione beneficiaria del mutuo corrisponde per pari importo un trasferimento iscritto in uscita nel bilancio dell’amministrazione che sostiene l’ammortamento del mutuo.
Le iscrizioni contabili direttamente riferite all’operazione del mutuo, invece, sono effettuate soltanto nel bilancio dell’amministrazione che provvede a corrispondere all’istituto finanziatore gli oneri conseguenti. A tal fine tale amministrazione iscrive in entrata il ricavato del mutuo a titolo di accensione di prestiti e iscrive in uscita degli oneri connessi alla restituzione del mutuo a titolo di oneri per interessi e, per quanto concerne il capitale, a titolo di rimborso prestiti.
Con le disposizioni dettate dai commi 1 e 2 si intende pertanto evitare che l’importo corrispondente al ricavato di un mutuo sia iscritto, come accensione di prestiti, nel bilancio di due diverse amministrazioni, vale a dire l’amministrazione che stipula il mutuo e ne percepisce il ricavato e l’amministrazione che è tenuta a sostenere gli oneri di ammortamento.
In questo caso, infatti, potrebbe prodursi, ai fini della determinazione del debito delle amministrazioni pubbliche, una duplicazione nella contabilizzazione del medesimo finanziamento e, in ogni caso, sono rese più complesse le operazioni di consolidamento.
Il comma 3 disciplina la decorrenza dell’efficacia delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, prevedendo che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad applicarle con riferimento alle nuove operazioni finanziarie.
Articolo 11, comma 4
(Gestione di attivi finanziari)
4. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, procede alla gestione delle nuove posizioni finanziarie attive di sua competenza.
L’articolo 11, comma 4, dispone che il Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia proceda alla gestione delle nuove posizioni finanziarie attive di sua competenza.
Con riferimento alla disposizione citata, la relazione tecnica prospetta un risparmio della spesa per interessi di 1.500 milioni di euro a decorrere dal 2005, con riferimento sia all’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche che al saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato.
La disposizione in esame, peraltro, non fornisce ulteriori indicazioni.
In particolare, non sono indicate la natura e l’entità delle posizioni finanziarie attive che sarebbero oggetto delle operazioni di ristrutturazione.
In proposito, la relazione tecnica riferisce il previsto risparmio di spesa alla gestione delle posizioni attive attribuite al Ministero a seguito della trasformazione in società per azioni della Cassa depositi e prestiti. Secondo quanto indicato nella Relazione nel 2005 “potranno essere effettuate operazioni di ristrutturazione del profilo finanziario dei flussi associati a dette attività, che consentiranno di ridurre la spesa per interessi netta”.
A seguito della trasformazione in società per azioni della Cassa depositi e prestiti, disposta ai sensi dell’articolo 5, del D.L. n. 269/2003, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003 sono stati definiti i rapporti patrimoniali tra la Cassa e il Ministero.
Per quanto concerne le passività, il D.M. 5 dicembre 2003, ha trasferito al Ministero dell’economia e delle finanze una quota del risparmio postale.
Più precisamente, sono state trasferite al Ministero dell’economia e delle finanze le seguenti passività, di cui in precedenza era titolare la Cassa depositi e prestiti:
§ una quota dei buoni postali fruttiferi pari a 57.522 milioni di euro;
§ il servizio depositi da parte delle amministrazioni statali, regionali, degli enti locali e di altri enti pubblici, nonché di privati (i depositi del settore privato ammontano a 1.170 milioni di euro);
§ il servizio dei conti correnti postali (di cui la quota detenuta da privati ammonta a 16.793 milioni di euro).
Per quanto concerne le attività sono stati trasferiti al Ministero dell’economia e delle finanze una quota dei mutui accesi presso la Cassa e le disponibilità sussistenti sui conti correnti di tesoreria che erano precedentemente intestati alla Cassa medesima.
In conseguenza delle disposizioni contenute nel D.M. 5 dicembre 2003 sono stati, inoltre, estinti i conti correnti fruttiferi di tesoreria n. 29810 “Cassa DD.PP. – Fondo di garanzia del risparmio postale”; n. 29811 “Cassa DD.PP. – Gestione principale” e n. 29812 “Cassa DD.PP. – Gestione dei conti correnti e assegni postali”.
Le disponibilità giacenti sui conti correnti indicati, che alla fine del 2002 risultavano pari a 155,7 miliardi di euro sono state attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze.
Contestualmente è stata prevista l’accensione presso la tesoreria centrale dello Stato di un conto corrente fruttifero, denominato “CDP S.p.A. – gestione separata” e intitolato alla nuova società. Su quest’ultimo conto corrente è stata versata la somma di 10.800 milioni di euro, prelevata dai conti correnti precedentemente intestati all’istituto, dei quali è stata disposta l’estinzione.
Le operazioni previste dal comma in esame dovrebbero pertanto interessare i mutui erogati dall’istituto e trasferiti, per effetto del D.M. 5 dicembre 2003, al Ministero dell’economia e delle finanze.
Tali mutui sono stati accesi da amministrazioni pubbliche, in particolare enti locali, e da società di gestione dei servizi pubblici. L’ammontare complessivo della quota trasferita al Ministero dell’economia si attesta a circa 39 milioni di euro.
Rispetto a queste attività potranno essere compiute operazioni di gestione, nella forma sia di ridefinizione dei profili temporali di ammortamento (e, di conseguenza, dei profili temporali di acquisizione da parte del Tesoro degli interessi attivi e del rimborso del capitale) che di conclusione di operazioni derivate rispetto alle quali i mutui in questione rappresentano il valore sottostante.
Tali operazioni, tra l’altro, possono essere rivolte anche ad adeguare i flussi in entrata a favore del Tesoro connessi ai mutui trasferiti dalla Cassa depositi e prestiti con i flussi in uscita connessi alle scadenze di pagamento sui titoli di Stato.
1. Al fine di sperimentare gli effetti del superamento del sistema di tesoreria unica il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, individua con proprio decreto una regione, tre province, tre comunità montane, sei comuni e tre università nei quali durante l'anno 2005, i trasferimenti statali e le entrate proprie affluiscono direttamente ai tesorieri degli enti. L'individuazione degli enti, salvo che per la regione, viene effettuata assicurando la rappresentatività per aree geografiche; gli enti sono comunque individuati tra quelli che possono collegarsi, tramite i loro tesorieri, al sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) istituito ai sensi dell'articolo 28, commi 3, 4 e 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Con il predetto decreto vengono altresì definiti i criteri, le modalità e i tempi della sperimentazione. In relazione ai risultati registrati la sperimentazione può essere estesa, nel corso dello stesso anno 2005, ad altri enti.
2. L'articolo 213 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 213 (Gestione informatizzata del servizio di tesoreria) – 1. Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria può essere gestito con modalità e criteri informatici e con l'uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici, in luogo di quelli cartacei, le cui evidenze informatiche valgono a fini di documentazione, ivi compresa la resa del conto del tesoriere di cui all'articolo 226.
2. La convenzione di tesoreria di cui all'articolo 210 può prevedere che la riscossione delle entrate ed il pagamento delle spese possano essere effettuati, oltre che per contanti presso gli sportelli di tesoreria, anche con le modalità offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari.
3. Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore; le somme rivenienti dai predetti incassi sono versate alle casse dell'ente, con rilascio della quietanza di cui all'articolo 214, non appena si rendono liquide ed esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione di tesoreria».
L’articolo 12, comma 1, detta disposizioni volte a sperimentare gli effetti del totale superamento del sistema di Tesoreria unica.
A tal fine, è previsto che il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Conferenza unificata e del Ministro dell'istruzione, individui con proprio decreto una regione, tre province, tre comunità montane, sei comuni e tre università per i quali, durante l'anno 2005, si attuerà il superamento del sistema della Tesoreria unica. Gli enti così individuati, pertanto, potranno detenere le risorse provenienti dai trasferimenti statali e le entrate proprie direttamente presso i propri tesorieri anziché nei conti della Tesoreria dello Stato.
L'individuazione degli enti (salvo che per la regione) verrà effettuata garantendo la rappresentatività per aree geografiche.
Gli enti verranno peraltro individuati tra quelli che possono collegarsi, tramite i loro tesorieri, al sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) istituito ai sensi dell'articolo 28, commi 3, 4 e 5, della legge n. 289 del 2002.
L’articolo 28 ha previsto l’introduzione di un sistema di codificazione uniforme su tutto il territorio nazionale per tutte le operazioni di incasso e pagamento, nonché per i dati di competenza relativi alle amministrazioni pubbliche, per garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni previste dall'art. 104 del trattato istitutivo della Comunità Europea.
L’obiettivo era quello di un più efficace meccanismo di acquisizione delle informazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, in previsione delle potenzialità di elaborazione dei dati che questo sistema consentirà di effettuare a livello locale[40].
Nel marzo del 2003 il Ministero dell'Economia, con apposita convenzione, ha affidato alla Banca d'Italia, nell'ambito del servizio di tesoreria statale, la gestione del sistema informativo.
In tal modo la disposizione del comma 1 rende operativa, a partire dal 2005, anche la sperimentazione del SIOPE con il coinvolgimento di un certo numero di enti i cui tesorieri siano in grado di trasmettere, all’archivio già costituito presso la Banca d’Italia, attraverso il collegamento telematico, le informazioni relative ad ogni operazione di incasso e di pagamento.
In relazione ai risultati, la sperimentazione potrà essere estesa, nel corso dello stesso anno 2005, anche ad altri enti oltre quelli inizialmente indicati dal decreto del Ministro dell’economia.
Con il decreto di individuazione degli enti ai quali si applica la sperimentazione saranno altresì definiti i criteri, le modalità e i tempi della sperimentazione stessa.
Si ricorda che in base al sistema introdotto dalla legge 29 ottobre 1984, n. 720, gli enti soggetti alla Tesoreria unica sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera. Le entrate degli enti affluiscono alle due contabilità speciali secondo due canali distinti a seconda della fonte dell'entrata.
Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”, nelle quali sono versate direttamente, vale a dire mediante operazioni di giroconto che non transitano dalla tesoreria dell'ente.
In relazione al progressivo rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, con il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279, in occasione della riforma del bilancio dello Stato, è stata posta l’esigenza del superamento del sistema di Tesoreria unica.
A tal fine, il D.Lgs. n. 279/97 ha ridefinito il sistema della Tesoreria unica per le regioni e gli enti locali, introducendo il c.d. sistema misto[41], ed ha altresì prospettato il graduale superamento delle tesoreria unica in relazione al progressivo conferimento agli enti interessati di ulteriori funzioni ed entrate proprie.
Per avviare il superamento del sistema, il D.Lgs. n. 279/1997 aveva previsto una sperimentazione biennale (a partire dal 1° gennaio 1999) dalla quale ricavare elementi di valutazione in ordine alla effettiva possibilità di perseguire la totale eliminazione del sistema di tesoreria unica. Il Governo è tenuto a informare annualmente il Parlamento con apposita relazione sull’andamento della sperimentazione.
La legge n. 449/1997 ha anticipato di sei mesi (al 1° luglio 1998) la sperimentazione del totale superamento del sistema di tesoreria unica per le regioni, includendo altresì nella sperimentazione le Università statali.
Con i decreti del Ministero del tesoro nn. 31840 e 31855 del 4 settembre 1998 e n. 152772 del 3 giugno 1999 è stata avviata la sperimentazione del nuovo sistema di tesoreria unica nei confronti delle regioni Piemonte e Basilicata e delle università di Catania, Pisa e del Politecnico di Torino[42].
Come illustrato nella “Relazione sull’andamento della sperimentazione degli effetti del totale superamento del sistema di tesoreria unica”, presentata al Parlamento dal Ministero dell’economia e delle finanze, relativa all’anno 2003 (Doc. XXVII, n. 12), a seguito dei risultati positivi riscontrati con riferimento alle tre Università coinvolte nella prima fase di sperimentazione, su richiesta del Ministero dell’istruzione, università e ricerca, è stata avviata, nel corso del 2003, la seconda fase della sperimentazione della fuoriuscita dal sistema della tesoreria unica delle Università statali.
Sono state ammesse alla seconda fase della sperimentazione 12 Università, individuate con D.M. economia n. 59453 del 19 giugno 2003 (Politecnico di Bari, Università di Calabria-Cosenza, Ferrara, Firenze, Genova, Lecce, Padova, Parma, Pavia, Siena, Politecnico di Milano e Scuola normale di Pisa).
Le suddette università sono state autorizzate a prelevare, a decorrere dal luglio 2003, le disponibilità finanziarie depositate sulle rispettive contabilità speciali, per il loro successivo accredito sul conto dell’Istituto tesoriere, quando le stesse si fossero ridotte al 5% dei pagamenti effettuati nell’anno 2002.
Risulterebbe pertanto opportuno chiarire la portata della disposizione di cui al comma 1 in relazione ai processi di sperimentazione del superamento della tesoreria unica già avviati, con particolare riferimento alle università.
Il comma 2 sostituisce l'articolo 213 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, relativamente alla gestione informatizzata del servizio di tesoreria degli enti locali.
Come evidenziato dalla relazione illustrativa, tale disposizione è sostanzialmente finalizzata ad adeguare la normativa degli enti locali per l’utilizzo degli strumenti informatici per gli incassi e pagamenti ed accelerare, dunque, il collegamento al sistema informativo SIOPE.
L’articolo 213 prevede, nel testo vigente, che, qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano, il servizio di tesoreria viene gestito con metodologie e criteri informatici, con collegamento diretto tra il servizio finanziario dell'ente ed il tesoriere, al fine di consentire l'interscambio dei dati e della documentazione relativi alla gestione del servizio.
La nuova formulazione dell’articolo 213 introduce la possibilità per l’ente locale di effettuare gli ordinativi di pagamento e di riscossione in via informatica, in luogo di quelli cartacei.
Le evidenze informatiche di tali ordinativi hanno valore ai fini di documentazione, compresa la resa del conto del tesoriere, disciplinata dall'articolo 226 del testo unico.
La convenzione di affidamento del servizio di tesoreria prevista dall’articolo 210 può prevedere il ricorso alle modalità offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari per la riscossione delle entrate ed il pagamento delle spese, fermo restando la facoltà di effettuare tali operazioni anche in contanti presso gli sportelli di tesoreria.
Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore.
Le somme provenienti dai predetti incassi sono versate alle casse dell'ente, con rilascio della quietanza ai sensi dell'articolo 214 del testo unico, non appena si rendono liquide ed esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati, e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione di tesoreria.
3. Ai fini della razionalizzazione e della semplificazione della attività amministrativa, con decreto da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro degli affari esteri emana disposizioni per la semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all'estero.
Il comma 3 in esame presenta un contenuto piuttosto eterogeneo rispetto alla precedente parte dell’articolo 12 e riguarda la semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all’estero, per conseguire la quale al Ministro degli Affari esteri è demandata l’emanazione di apposite disposizioni, mediante proprio decreto ai sensi dell’art. 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2005.
Per quanto concerne la materia della razionalizzazione e semplificazione amministrativa e contabile nella gestione degli uffici all’estero, in mancanza di precisi riferimenti nella norma in commento, si ricorda come la materia trovi in via generale la propria disciplina – come del resto l’intera attività del Ministero degli Affari esteri – nel DPR 5 gennaio 1967, n. 8 e successive modifiche. In particolare, riguardano la gestione degli uffici all’estero l’art. 31. Composizione e organizzazione degli uffici all'estero., l’art. 32. Istituzione, qualificazione e ripartizione di posti di organico degli uffici all'estero, l’art. 71. Onere delle spese per le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di I categoria., l’art. 75. Funzionari direttivi amministrativi con funzioni amministrativo-contabili all'estero. , l’art. 77. Consulenza amministrativa ad uffici all'estero - ispezioni sull'attività del cancelliere contabile e sulle agenzie consolari.
Si ricorda inoltre la legge 6 febbraio 1985, n. 15, recante disciplina delle spese da effettuarsi all’estero dal Ministero degli Affari esteri, che regolamenta tanto la somministrazione quanto la concreta gestione e la rendicontazione dei flussi finanziari del MAE.
Vale infine la pena di ricordare che con DPR 22 marzo 2000, n. 120 erano state emanate – attuando la delega di cui all’art. 20, commi 2, 6, 7 e 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 - norme di semplificazione procedurale dell’erogazione e rendicontazione della spesa da parte dei funzionari delegati operanti presso le rappresentanze all'estero. Il DPR 120/2000 è stato tuttavia successivamente abrogato dall’art. 14 del DPR 20 agosto 2001, n. 384 (Regolamento di semplificazione dei procedimenti di spese in economia): l’art. 1 del DPR 384/2001 prevede che il regolamento si applica, tra l’altro, alle amministrazioni statali, disciplinandone le procedure per l’effettuazione di spese per l’acquisizione in economia di beni e servizi.
Articolo 13
(Disposizioni in materia di assicurazioni
contro i rischi in agricoltura a seguito di calamità naturali)
1. Al fine di incentivare il passaggio dal sistema contributivo-indennizzatorio per danni all'agricoltura al sistema assicurativo contro i danni, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 3, lettere b) e c), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori, viene ridotta di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 e il corrispondente importo è destinato agli interventi agevolativi per la stipula di contratti assicurativi contro i danni in agricoltura alla produzione e alle strutture, di cui all'articolo 1, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi.
2. All'articolo 15 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi destinato agli interventi di cui all'articolo 1, comma 3, lettera a), si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori, destinato agli interventi di cui all'articolo 1, comma 3, lettere b) e c), si provvede a valere sulle risorse del Fondo di protezione civile, come determinato ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, nel limite stabilito annualmente dalla legge finanziaria».
3. Per gli stessi fini di cui al comma 1, per l'anno 2005, la dotazione del Fondo per la riassicurazione dei rischi, istituito presso l'Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo (ISMEA), ai sensi dell'articolo 127, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è incrementata di euro 50 milioni.
4. Per gli interventi previsti all'articolo 66, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la dotazione del Fondo di investimento capitale di rischio, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 22 giugno 2004, n. 182, è incrementata per il 2005 di 50 milioni di euro.
L’articolo 13 detta norme volte a promuovere il sistema assicurativo per i danni derivanti da eventi calamitosi in agricoltura.
Il comma 1 opera un trasferimento di risorse all’interno del Fondo di solidarietà nazionale (FSN). La norma, in particolare, prevede il trasferimento di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005-2006 dagli interventi compensativi e di ripristino (di cui all’art. 1, co. 3, lett. b) e c), del D.Lgs. n. 102/2004) agli incentivi per la stipulazione di contratti assicurativi (di cui all’art. 1, co. 3, lett. a), del D.Lgs. n. 102/2004), mediante la modifica delle rispettive autorizzazioni di spesa.
Il comma 2 sostituisce il comma 3 dell’articolo 15 del D.Lgs. n. 102/2004, al fine di prevedere un duplice sistema di determinazione della dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale (in luogo dell’unico attualmente previsto. La norma, in particolare, prevede che mentre la dotazione per gli incentivi volti alla stipula di contratti assicurativi sia definita nella Tabella D della legge finanziaria[43] (come previsto, in via generale, dal vigente art. 15, co. 3, del D.Lgs. n. 102/2004), per gli interventi compensativi e di ripristino si provveda a valere sul Fondo di protezione civile, come determinato nella Tabella C della legge finanziaria[44].
Il comma 3 incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2005 la dotazione del Fondo per la riassicurazione dei rischi istituito presso l’ISMEA.
Il comma 4 incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2005 la dotazione del Fondo di investimento nel capitale di rischio istituito presso l’ISMEA.
La disciplina degli interventi per eventi calamitosi in agricoltura è stata di recente interamente rivista con il D.Lgs. n. 102 del 2004, adottato in attuazione della delega contenuta all’articolo 1 della legge n. 38/2003 (c. d. “collegato agricolo”), che ha abrogato interamente la normativa previgente in materia.
L’articolo 1 definisce gli obiettivi del Fondo di solidarietà nazionale (di seguito: “Fondo”), destinato a far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche a seguito di calamità naturali o eventi eccezionali. A carico del Fondo sono finanziati interventi volti a incentivare la stipula di contratti assicurativi (interventi ex ante) e, per i rischi non inseriti nel Piano Assicurativo agricolo annuale, interventi finalizzati alla ripresa economica e produttiva dell’impresa (interventi compensativi o ex post), nonché interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica.
Il Capo I (articoli 2-4) disciplina gli interventi per incentivare la stipula di contratti assicurativi (interventi ex ante).
L’articolo 2 definisce le modalità di partecipazione dello Stato al pagamento dei premi assicurativi. L’intervento dello Stato, condizionato - a decorrere dal 1° gennaio 2005 - al fatto che il contratto assicurativo preveda, per ciascun prodotto, la copertura della produzione complessiva aziendale all'interno di uno stesso comune, è concesso:
§ fino all’80% qualora il danno raggiunga il 30%, ovvero il 20% nelle zone svantaggiate;
§ fino al 50% se ad essere assicurati sono i danni causati da avversità che non raggiungono la soglia di distruzione del 30% (o 20% nelle zone svantaggiate), o oggetto della assicurazione sono le perdite causate da epizoozie o fitopatie.
L’articolo 3 prevede la possibilità per le imprese di assicurazione di costituirsi in consorzi di coassicurazione e coriassicurazione, fissando, tuttavia, in conformità alla disciplina comunitaria in materia, limiti alla concentrazione delle risorse nel relativo mercato (limiti peraltro non applicabili, per tre anni, nel caso di rischi coperti con polizze assicurative innovative).
L’articolo 4 introduce il Piano assicurativo agricolo annuale (“Piano”) attraverso il quale si procede, tenendo conto di una serie di parametri, alla individuazione dei rischi assicurabili e alla determinazione dell’entità del contributo pubblico sui premi assicurativi. Il Piano è elaborato sulla base dei dati rilevati dalla banca dati sui rischi agricoli e, previo parere di una Commissione tecnica istituita allo scopo e rappresentativa di tutti i soggetti istituzionali e le categorie interessate, è approvato, entro il 30 novembre di ogni anno, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali.
Il Capo II (articoli 5-10) disciplina gli interventi finalizzati alla ripresa economica e produttiva dell’impresa (interventi compensativi o ex post).
L’articolo 5 prevede che le imprese beneficiarie siano le imprese, ricadenti nelle aree danneggiate (individuate ai sensi dell’art. 6), che abbiano subito danni:
§ non inferiori al 30% della produzione lorda vendibile;
§ non inferiori al 20% della produzione lorda vendibile, qualora siano ubicate nelle aree svantaggiate di cui all’articolo 17 del regolamento (CE) del Consiglio n. 1257/1999 del 17 maggio 1999
Le tipologie di aiuti previste, concessi in forma singola o combinatanei limiti dell'entità del danno sono:
§ contributi in conto capitale fino all’80% del danno accertato;
§ prestiti ad ammortamento quinquennale, per esigenze di esercizio dell’anno dell’evento e per il successivo, da erogare a tasso agevolato (più favorevole per le imprese nelle aree svantaggiate);
§ proroga delle operazioni di credito agrario;
§ agevolazioni previdenziali.
Il comma 4 stabilisce che sono esclusi dalle agevolazioni i danni alle produzioni e alle strutture ammissibili all’assicurazione agevolata[45].
L’articolo 6 disciplina il trasferimento alle regioni delle disponibilità del Fondo di solidarietà nazionale destinate agli interventi di cui all’articolo 5 (contributi e prestiti per favorire la ripresa delle attività produttive).
L’articolo 7 disciplina le operazioni di credito agricolo a favore delle imprese danneggiate, prevedendo la proroga delle scadenze delle rate delle operazioni di credito agrario, assistite dal concorso nel pagamento degli interessi o, in caso contrario, con applicazione del tasso di riferimento delle operazioni di credito agrario, nonché l’autorizzazione agli istituti di credito agrario ad anticipare le provvidenze di cui all’articolo 5 (contributi e prestiti per favorire la ripresa delle attività produttive), con eventuale concorso pubblico nel pagamento degli interessi.
L’articolo 8 prevede agevolazioni previdenziali e assistenziali a favore delle imprese danneggiate, nella forma dell’esonero parziale del pagamento dei contributi (fino al 50%), propri e dei lavoratori dipendenti, in scadenza nei 12 mesi successivi all’evento. La misura dell’esonero è aumentata del 10% nel caso in cui i danni si verifichino, a carico della medesima impresa, per due o più anni consecutivi.
L’articolo 9 consente ai consorzi di difesa di intervenire a sostegno del reddito delle imprese zootecniche colpite da epizoozie che determinano l’abbattimento di animali e il divieto di ogni attività commerciale, nonché per l'indennizzo di animali morti a seguito di vaccinazioni disposte dalla autorità competenti, prevedendo il concorso dello Stato fino alla metà della spesa sostenuta.
L’articolo 10 detta norme volte ad assicurare la pubblicità degli interventi effettuati e dei relativi beneficiari.
Il Capo III (articoli 11-14) disciplina i consorzi di difesa.
L’articolo 11 individua le forme giuridiche che possono assumere i consorzi e disciplina il riconoscimento di idoneità all’attività da parte della regione. Prevede, inoltre, che i consorzi possono accedere al credito agrario.
L’articolo 12 disciplina l’amministrazione interna dei consorzi e definisce il contenuto necessario degli statuti.
L’articolo 13 rimette la vigilanza sui consorzi alle regioni, le quali sono anche chiamate ad esprimere un parere di ammissibilità al contributo.
L’articolo 14 disciplina gli interventi dei consorzi a favore degli associati, prevedendo la possibilità per i consorzi medesimi di fare ricorso a forme assicurative.
L’articolo 15, infine, prevede rimanda alla Tabella D della legge finanziaria la determinazione della dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale, prevedendo l’iscrizione di uno stanziamento sullo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali per gli incentivi assicurativi (interventi ex-ante) e di uno stanziamento sullo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per gli interventi compensativi e di ripristino (o ex post).
Successivamente è intervenuto il D.L. 24 giugno 2004, n. 157 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204), che all’art. 2, co. 1-quater, ha rinviato all’anno 2005 l’alternatività tra interventi compensativi ed assicurativi prevista dall’art. 5, co. 4, del D.Lgs. n. 102/1999[46].
Da ultimo sono stati adottati il D.M. 17 febbraio 2004, con cui sono state individuate, per aree omogenee, gli eventi, le colture, le strutture e le garanzie ammissibili ammissibili all’assicurazione agevolata, nonché il D.M. 9 aprile 2004, con cui sono stati fissati i parametri contributivi per l’assicurazione agevolata per l’anno 2004[47].
L’articolo 127, comma 3, della legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001) ha istituito presso l’ISMEA un Fondo per la riassicurazione dei rischi, finalizzato a sostenere la competitività delle imprese e favorire la riduzione delle conseguenze dei rischi atmosferici.
L’articolo 13, comma 4-sexies, del decreto-legge n. 138/2002 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178/2002) ha disposto uno stanziamento di 10 milioni di euro dall’anno 2002 per il finanziamento del Fondo di riassicurazione.
Con D.M. 7 novembre 2002 del Ministro delle politiche agricole e forestali sono state definite le modalità operative del Fondo di riassicurazione. Si prevede, in particolare, che il Fondo provvede alla compensazione dei rischi agricoli coperti da polizze assicurative agevolate con il contributo pubblico sulla spesa per il pagamento dei premi. Le azioni del fondo sono devono garantire un adeguato vantaggio per i produttori agricoli e sono rivolte prioritariamente alle coperture assicurative multirischio, sui ricavi e sul reddito. L’ISMEA provvede alla gestione del Fondo con l’obbligo di contabilità separata. Il provvedimento prevede, infine, che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 dicembre di ogni anno per l'anno successivo, venga approvato il piano riassicurativo agricolo annuale. Nel piano riassicurativo agricolo annuale sono stabilite:
a) la percentuale dei rischi, per ogni tipologia di polizza, che il Fondo può assumere in riassicurazione dalle imprese di assicurazione che contrattano le polizze agevolate;
b) la percentuale dei rischi delle diverse tipologie di polizze agevolate, che il Fondo può mantenere a proprio carico;
c) la percentuale dei premi che le imprese di assicurazione possono cedere al Fondo ai fini della copertura riassicurativa;
d) le modalità di accertamento delle condizioni contrattuali che determinano l'intervento del Fondo per il pagamento dei risarcimenti;
e) l'aliquota percentuale da applicare alle entrate del Fondo, da destinare alla riserva di stabilizzazione;
f) le specialità delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Il piano riassicurativo agricolo previsto dal presente articolo è stato approvato, per l'anno 2003, con D. M. 7 febbraio 2003.
L’articolo 66, comma 3, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) ha rimesso a un decreto delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’istituzione di un regime di aiuti conformemente a quanto disposto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura, al fine di facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari autorizzando la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.
In attuazione di tale disposizione è stato adottato il D.M. 22 giugno 2004, n. 182, che ha rimesso l’attuazione del suddetto regime di aiuti all’ISMEA attraverso l’istituzione del Fondo di investimento nel capitale di rischio. Il Fondo, per la cui gestione l’ISMEA è autorizzata a costituire una società di capitali, ha lo scopo di supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese operanti nel settore agricolo ed agroalimentare, con l'obiettivo di promuoverne la nascita e lo sviluppo, e di favorire la creazione di nuova occupazione, attraverso operazioni finanziarie finalizzate all'espansione dei mercati di capitale di rischio. Il Fondo effettua operazioni finanziarie in imprese che presentano un quadro finanziario sano, un piano industriale con potenzialità di crescita, adeguati profili di rischio/rendimento, dirigenza e personale impegnato con provata esperienza e capacità operative. Il Fondo non può effettuare operazioni finanziarie finalizzate al consolidamento di passività onerose, nonché quelle a favore di imprese in difficoltà finanziaria (come definite dalla Commissione europea). Le operazioni finanziarie effettuate dal Fondo possono essere di natura diretta ed indiretta. Le operazioni dirette sono rivolte agli imprenditori agricoli nonché ai soggetti organizzati in forma societaria operanti nel settore agroalimentare, e consistono in assunzioni di partecipazione minoritarie e prestiti partecipativi. Le operazioni finanziarie indirette consistono nell'acquisizione di quote di partecipazione minoritarie di altri fondi privati che investono nel capitale di rischio delle imprese.
1. Ai fini di quanto disposto dall'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le risorse per la contrattazione collettiva nazionale previste dall'articolo 3, comma 46, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a carico del bilancio statale, sono incrementate, a decorrere dall'anno 2005, di 56 milioni di euro.
2. Le risorse previste dall'articolo 3, comma 47, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per corrispondere i miglioramenti retributivi al personale statale in regime di diritto pubblico sono incrementate, a decorrere dall'anno 2005, di 22 milioni di euro, di cui 20 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.
3. Le somme di cui ai commi 1 e 2, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, costituiscono l'importo complessivo massimo di cui all'articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362.
4. Per il personale dipendente dalle amministrazioni diverse da quelle statali trova applicazione l'articolo 3, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
5. In aggiunta a quanto stabilito dai commi 1, 2, 3 e 4, con successivo provvedimento potranno essere riconosciuti ulteriori incrementi ove siano individuate, contestualmente, le corrispondenti misure di contenimento dei fattori incrementali della spesa di personale delle pubbliche amministrazioni.
L’articolo 14 reca disposizioni concernenti i rinnovi contrattuali per il personale delle amministrazioni statali e non statali.
I commi 1 e 2, in base alla relazione illustrativa, incrementano, a decorrere dal 2005, le risorse per i rinnovi contrattuali per il biennio 2004-2005, per il personale delle amministrazioni statali, contrattualizzato e non contrattualizzato, allo scopo di tener conto del differenziale del tasso di inflazione programmato per il 2005, pari allo 0,1%.
In particolare, il comma 1 prevede un incremento delle risorse stanziate dalla legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350: articolo 3, comma 46) per la contrattazione collettiva nazionale per il biennio 2004-2005[48] per un importo pari a 56 milioni di euro a decorrere dal 2005.
Tali risorse sono determinate dalla citata legge finanziaria:
§ in 1.030 milioni di euro per l'anno 2004;
§ in 1.970 milioni di euro a decorrere dal 2005.
A seguito dell’abrogazione di una disposizione della legge finanziaria per il 2004, concernente l’inquadramento in una qualifica superiore di personale del Ministero dell'economia (art. 3, comma 78, della legge n. 350/2003, abrogato dall’art. 1 del D.L. n. 356/2003, convertito, con modificazioni dalla legge n. 48/2004), alla contrattazione del pubblico impiego sono state destinate anche le risorse non utilizzate per la precedente finalità. Pertanto gli importi sopra indicati sono stati incrementati di 7,4 milioni di euro per il 2004 e di 1,2 milioni di euro a decorrere dal 2005.
Si ricorda che l’articolo 16, comma 1, della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002) quantificava gli oneri posti a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale in 1.240,48 milioni di euro per l'anno 2002 ed in 2.299,85 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004. Successivamente l’articolo 33, commi 1 e 6, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) ha disposto, a decorrere dall’anno 2003, un incremento di 570 milioni di euro dei fondi già stanziati, e pertanto le risorse sono risultate essere pari a complessivi 2.870,92 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004.
Si ricorda che la legge finanziaria per il 2004 specifica che nella quantificazione sono comprese anche le risorse da destinare alla contrattazione integrativa per il miglioramento della produttività, con incrementi contenuti nel limite massimo dello 0,2%.
Il comma 2 prevede un incremento delle risorse stanziate dalla legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350: articolo 3, comma 47) per personale statale in regime di diritto pubblico per un importo pari a 22 milioni di euro a decorrere dal 2005.
Tale incremento risulta così ripartito:
§ 20 milioni di euro per il personale delle forze armate e delle forze di polizia;
§ 2 milioni di euro per il restante personale (magistrati; avvocati e procuratori dello Stato; personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia; dipendenti della Banca d’Italia, della CONSOB e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato).
Le risorse per il personale non contrattualizzato sono determinate dal citato art. 3, comma 47, della legge finanziaria per il 2004:
§ in 430 milioni di euro per l'anno 2004, con specifica destinazione di 360 milioni di euro per il personale delle forze armate e delle forze di polizia;
§ in 810 milioni di euro a decorrere dall'anno 2005, con specifica destinazione di 690 milioni di euro per il personale delle forze armate e delle forze di polizia.
La medesima disposizione stanzia inoltre, a decorrere dall'anno 2004, 200 milioni di euro da destinare al trattamento economico accessorio del personale delle forze armate e delle forze di polizia, in relazione alle pressanti esigenze connesse con la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il comma 3, oltre a disporre che le somme di cui ai precedenti commi costituiscono l'ammontare complessivo massimo destinato a copertura degli oneri contrattuali per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale – come richiesto dalla legge n. 468/78[49] - precisa che le somme medesime sono da ritenersi comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'IRAP.
Tale disposizione appare identica a quella di cui all'articolo 3, comma 48, della legge finanziaria per il 2004.
Si rileva tuttavia che i commi 1 e 2 dell’articolo in esame non indicano direttamente – come facevano invece i commi 46 e 47 dell’art. 3 della legge finanziaria per il 2004 - le somme da destinare per la copertura degli oneri per il personale statale, ma prevedono solo un incremento rispetto agli stanziamenti della finanziaria precedente.
Ciò può comportare delle incertezze in ordine alla cifra complessiva da destinare in considerazione del fatto che quegli stanziamenti possono essere stati indirettamente modificati da disposizioni legislative successive. Ad esempio, come già ricordato, l’art. 1 del decreto-legge n. 356/2003 ha incrementato gli stanziamenti per il personale statale contrattualizzato (7,4 milioni di euro per il 2004 e 1,2 milioni di euro a decorrere dal 2005) e non risulta chiaro se questo importo è mantenuto dalla disposizione in esame. Quest’ultima richiama infatti solo l’art. 3, comma 46, della legge finanziaria per il 2004, ma non l’art. 1 del D.L. n. 356/2003.
Si valuti l’opportunità di chiedere al Governo chiarimenti in ordine all’importo complessivo da destinare al personale statale.
Ai sensi del comma 4, per il personale delle amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici non statali trova applicazione il meccanismo già previsto dalla legge finanziaria per il 2004 (art. 3, comma 49).
Sono dunque a carico delle amministrazioni di competenza, nell'ambito delle disponibilità dei rispettivi bilanci, gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali per il biennio 2004-2005 ed alla corresponsione di miglioramenti economici per i professori ed i ricercatori universitari (art. 3, comma 49, primo periodo, legge n. 350/2003).
Le risorse necessarie per detto personale sono quantificate dai comitati di settore, in sede di deliberazione dell’atto di indirizzo all’ARAN[50], con l’applicazione, alla contrattazione integrativa per il miglioramento della produttività, del limite massimo di incremento dello 0,2 per cento, già previsto per il personale statale contrattualizzato (art. 3, comma 49, secondo periodo, legge n. 350/2003).
Il comma 5 dispone infine che con successivo provvedimento, in aggiunta alle risorse previste dai precedenti commi, potranno essere riconosciuti incrementi ulteriori, purché siano contestualmente individuate corrispondenti misure di contenimento dei fattori incrementali della spesa per i dipendenti pubblici.
Secondo la relazione illustrativa, tale disposizione è finalizzata “ad agevolare la definizione dei contratti per il biennio 2004-2005”, consentendo al tempo stesso di “integrare le relative risorse solo in presenza di un piano complessivo di razionalizzazione delle spese di personale che consenta alle pubbliche amministrazioni di mantenere la crescita delle medesime entro i limiti tendenziali indicati dall’articolo 2”.
Tale previsione è da considerarsi come una norma di mero indirizzo, non potendo in alcun modo condizionare l’approvazione di un successivo provvedimento (da intendersi di carattere legislativo, trattandosi di aumentare risorse finanziarie) di individuazione di ulteriori risorse.
1. Per l'anno 2005, le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono avvalersi di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite della spesa media annua sostenuta per le stesse finalità nel triennio 1999-2001. La spesa per il personale a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato nell'anno 2005, assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, non può superare quella sostenuta per lo stesso personale nell'anno 2004. Le limitazioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le limitazioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti delle regioni e delle autonomie locali. Gli enti locali che per l'anno 2004 non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore.
2. I Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute e l'Agenzia del territorio sono autorizzati ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai sensi dell'articolo 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Il Ministero dell'economia e delle finanze può continuare ad avvalersi fino al 31 dicembre 2005 del personale utilizzato ai sensi dell'articolo 47, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
3. Possono essere prorogati fino al 31 dicembre 2005 i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dagli organi della magistratura amministrativa nonché i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dall'INPS, dall'INPDAP e dall'INAIL già prorogati ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, i cui oneri continuano ad essere posti a carico dei bilanci degli enti predetti.
4. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) può continuare ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio nell'anno 2004 con contratto a tempo determinato o con convenzione o con altra forma di flessibilità e di collaborazione nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell'anno 2004 dalla predetta Agenzia. I relativi oneri continuano a far carico sul bilancio dell'Agenzia. Il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) è autorizzato a prorogare, fino al 31 dicembre 2005, i rapporti di lavoro del personale con contratto a tempo determinato in servizio nell'anno 2004. I relativi oneri continuano a far carico sul bilancio del Centro.
5. Al fine di consentire il completamento e l'aggiornamento dei dati per la rilevazione dei cittadini italiani residenti all'estero, i rapporti di impiego a tempo determinato stipulati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 27 maggio 2002, n. 104, possono proseguire nell'anno 2005 fino al completamento dell'ultimo rinnovo semestrale autorizzato ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 31 marzo 2003, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 122.
6. Le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro di cui all'articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, possono essere effettuate unicamente nel rispetto delle limitazioni e delle modalità previste dalla normativa vigente per l'assunzione di personale a tempo indeterminato. I rapporti in essere instaurati con il personale interessato alla predetta conversione sono comunque prorogati al 31 dicembre 2005.
7. Per l'anno 2005 per gli enti di ricerca, l'Istituto superiore di sanità (ISS), l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), l'Agenzia spaziale italiana (ASI), l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), nonché per le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale, sono fatte comunque salve le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca ovvero di progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università.
8. I comandi del personale delle Poste Italiane Spa e dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, di cui dall'articolo 3, comma 64, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogati al 31 dicembre 2005.
Il disegno di legge finanziaria per il 2005 – a differenza delle precedenti leggi finanziarie – non prevede il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato nel pubblico impiego (cd. blocco del turn-over).
Si ricorda che l’art. 19 della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001), l’art. 34, comma 4, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) e l’art. 3, comma 53, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) hanno previsto il cd. blocco del turn over per le pubbliche amministrazioni.
È dunque consentito alle pubbliche amministrazioni di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, sia pure nei limiti previsti dagli artt. 2 e seguenti del disegno di legge in esame (su cui v. supra) e nel rispetto della rigorosa normativa vigente in materia di riduzione del personale.
Si ricorda in proposito che l’art. 3, comma 69, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) dispone che per ciascuno degli anni 2005 e 2006, previo esperimento delle procedure di mobilità, le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici con organico superiore a 200 unità sono tenuti a realizzare una riduzione del personale non inferiore all'1 per cento rispetto a quello in servizio al 31 dicembre 2004.
La disposizione interviene sulla normativa relativa alla programmazione delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, introdotta dall'art. 39 della legge n. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica per il 1998), in sostituzione dei meccanismi di blocco delle assunzioni previsti nelle precedenti manovre finanziarie, e successivamente modificata.
Si ricorda che la normativa citata stabilisce un principio generale, la programmazione triennale del fabbisogno di personale (comma 1) valido per tutte le pubbliche amministrazioni.
In particolare, è prevista un’articolata procedura di programmazione e di autorizzazione delle assunzioni per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, per gli enti pubblici non economici e per gli enti e le istituzioni di ricerca con organico superiore a 200 unità.
Le fasi di tale procedura possono essere così sintetizzate:
§ programmazione triennale del fabbisogno di personale, tenendo conto delle assunzioni obbligatorie, da parte degli "organi di vertice" delle amministrazioni pubbliche;
§ valutazione del numero dei dipendenti in servizio "su basi statistiche omogenee", secondo criteri e parametri stabiliti con D.P.C.M., di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze[51];
§ relazione al Consiglio dei Ministri, entro il primo bimestre di ogni anno, da parte dei Ministri della Funzione pubblica e dell’economia e delle finanze, sui risultati quantitativi raggiunti al termine dell'anno precedente, separatamente per:
- ministeri e altre amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo;
- enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unità;
- Forze armate, Forze di polizia e Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
§ deliberazione del numero massimo delle assunzioni a livello centrale, da parte del Consiglio dei ministri, entro il primo semestre di ciascun anno, previa definizione delle priorità e necessità operative da soddisfare, tenendo in particolare conto le esigenze di introduzione di nuove professionalità. Le assunzioni sono comunque subordinate all’indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi ove sussistono le maggiori carenze di personale.
L’articolo 39, comma 2, persegue la finalità di realizzare una riduzione del personale in servizio[52]. A seguito delle modifiche apportate nel corso degli anni dalle varie leggi finanziarie o collegate alla manovra di bilancio, sono state previste le seguenti riduzioni di personale:
§ riduzione complessiva del personale in servizio alla data del 31 dicembre 1998, in misura non inferiore all'1 per cento rispetto al numero delle unità in servizio al 31 dicembre 1997 (art. 39, comma 2, legge n. 449/1997);
§ riduzione complessiva del personale in servizio alla data del 31 dicembre 1999 in misura non inferiore all'1,5 per cento rispetto al numero delle unità in servizio alla data del 31 dicembre 1997 (art. 39, comma 2, legge n. 449/1997, modificato dall’art. 22 della legge n. 448/1998);
§ ulteriore riduzione per l'anno 2000 non inferiore all'1 per cento rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 1997 (art. 39, comma 2, legge n. 449/1997, modificato dall’art. 22 della legge n. 448/1998);
§ ulteriore riduzione per l'anno 2001 non inferiore all'1 per cento rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 1997 (art. 39, comma 2, legge n. 449/1997, modificato dall’art. 20 della legge n. 488/1999);
§ ulteriore riduzione per l'anno 2002 non inferiore allo 0,5 per cento rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 1997 (art. 39, comma 2, legge n. 449/1997, modificato dall’art. 51 della legge n. 388/2000);
§ ulteriore riduzione per l'anno 2003 non inferiore allo 0,5 per cento rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 1997 (art. 39, comma 2, legge n. 449/1097, modificato dall’art. 51 della legge n. 388/2000).
L’articolo 15 reca disposizioni in materia di assunzioni a tempo determinato di personale nella pubblica amministrazione, “nell’ambito dell’obiettivo di finanza pubblica di generale contenimento delle spese nei limiti del 2%, tenendo conto della dinamica tendenziale complessiva delle relative spese e dei frequenti disallineamenti delle fasi contrattuali”, come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge.
Si rileva che la maggior parte delle previsioni ripropongono disposizioni già presenti nella legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).
Il comma 1 prevede la possibilità che le amministrazioni e gli enti pubblici assumano personale a tempo determinato ovvero mediante convenzioni o stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite della spesa media annua sostenuta nel triennio 1999-2001, fatta eccezione per quanto disposto dall’articolo 108 del Testo unico degli enti locali (TUEL)[53].
La disposizione interessa tutte le pubbliche amministrazioni, ossia quelle di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[54].
Nella relazione tecnica, il Governo stima le economie derivanti da tale disposizione in circa 220 milioni di euro per il solo anno 2005.
Il suddetto limite non si applica:
§ al personale del Corpo forestale dello Stato assunto con contratto a tempo determinato e in servizio nel 2005. Per tale personale la spesa non può essere superiore a quella dell’anno 2004, pari a 28 milioni di euro (come specificato nella relazione tecnica);
§ al personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale;
§ al personale delle regioni e delle autonomie locali, che abbiano rispettato per l’anno 2004 il patto di stabilità interno.
Gli enti locali che non hanno rispettato per l’anno 2004 il patto di stabilità interno non possono avvalersi di personale con contratto a tempo determinato o con contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale si applicano le disposizioni normative di settore.
I commi 2-5 autorizzano alcune Amministrazioni ed enti pubblici alla prosecuzione, fino al 31 dicembre 2005, dei rapporti di lavoro a tempo determinato con il personale assunto in base a specifiche disposizioni.
Nella relazione tecnica allegata dal Governo al disegno di legge in esame, la spesa al lordo per tali contratti – per il solo anno 2005 – viene stimata in 175 milioni di euro, compresi gli oneri relativi al Corpo forestale dello Stato indicati al comma 1 (vedi supra).
Il primo periodo del comma 2 autorizza la prosecuzione dei contratti stipulati da:
- Ministero per i beni e le attività culturali (D.L. n. 6/1998, convertito con modificazioni, dalla legge n. 61/1998, art. 8, comma 7: potenziamento del personale delle soprintendenze delle Marche e dell’Umbria per lo svolgimento di attività connesse con la ricostruzione post-sismica; legge n. 448/1998, art. 22: assunzione di mille unità per garantire l’apertura extra-orario di musei e gallerie; legge 494/1999, art. 1, comma 1: assunzione di 1.500 unità per garantire l’apertura quotidiana con orari prolungati di musei, gallerie, aree archeologiche, biblioteche e archivi di Stato);
- Ministero della giustizia (legge 242/2000, art. 1, comma 2, lett. a): assunzione di 1.850 unità per progetti di lavori socialmente utili e per garantire l’attuazione del D.Lgs. n. 51/1998 istitutivo del giudice unico di primo grado);
- Ministero della salute (legge n. 494/1999, art. 12, comma 2: assunzione 160 unità tra medici, personale tecnico-sanitario e amministrativo);
- Agenzia del territorio (legge n. 388/2000, art. 78, comma 32: assunzione di 1.650 unità per la costituzione dell’Anagrafe dei beni immobiliari;
La prosecuzione dei contratti di lavoro sopra indicati è già stata disposta dalle leggi 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) e 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) alle scadenze rispettivamente del 31 dicembre 2002, 31 dicembre 2003 e 31 dicembre 2004.
Il secondo periodo del comma 2 reca, sempre per l’anno 2005, un’ulteriore autorizzazione per il:
- Ministero dell’economia e delle finanze (legge 449/1997, art. 47, comma 10, come modificato dall’articolo 29 della legge 448 del 1998): trattasi di 33[55] unità di personale, assunte con contratto a tempo determinato di durata triennale rinnovabile per non oltre un triennio, per la costituzione di un gruppo di monitoraggio e controllo della finanza locale. L’art. 29, comma 8, della legge n. 448/1998 ha poi integrato, a partire dal 1999, il contingente di personale in questione di ulteriori 10 unità, da assegnare specificatamente al Ministero della Pubblica Istruzione ai fini del monitoraggio dei flussi di spesa del settore della pubblica istruzione.
Tali contratti, in scadenza al 31 dicembre 2003, sono stati rinnovati fino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 3, comma 62, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004).
Secondo la relazione illustrativa, la disposizione di cui al comma 2 riguarda “complessivamente 5000 unità ormai da anni in servizio, adibite a compiti istituzionali, il cui mancato riutilizzo pregiudicherebbe l’operatività degli uffici”.
Il comma 3 prevede la facoltà di prorogare fino al 31 dicembre 2005, con oneri a carico dei bilanci degli enti interessati, i seguenti contratti a tempo determinato:
§ contratti stipulati dagli organi della magistratura amministrativa (Consiglio di Stato e tribunali amministrativi regionali);
§ contratti stipulati dall’INPS, INPDAP e INAIL, in base alla convenzione siglata il 23 novembre 2000 tra tali enti e il Ministero del lavoro, riguardanti lavoratori socialmente utili già impegnati presso il Ministero del lavoro;
Si ricorda che l’articolo 1 del decreto legislativo n. 81 del 2000[56] ha dato facoltà ai soggetti promotori di lavori socialmente utili – che alla data del 31 dicembre 1999 avevano in corso l’attuazione di tali progetti con oneri a carico del Fondo per l’occupazione – di continuare ad utilizzare le medesime unità lavorative anche mediante il loro trasferimento presso enti pubblici economici sulla base di apposite convenzioni con essi stipulate.
Con il Decreto del Ministero del lavoro del 19 aprile 2000 è stato approvato l’elenco nominativo dei soggetti impegnati al 31 dicembre 1999 nel progetto promosso dal dicastero a supporto del processo di decentramento amministrativo in materia di mercato del lavoro. A seguito della pre-intesa raggiunta tra il Ministero del lavoro e l’INPS, l’INAIL e l’INPDAP in data 4 agosto 2000, è stata poi stipulata tra i medesimi enti la Convenzione 23 novembre 2000, in base alla quale le unità già impegnate in lavori socialmente utili presso il Ministero del lavoro sono state così redistribuite presso gli enti previdenziali[57]:
- 112 unità presso l’INPS;
- 52 unità presso l’INAIL;
- 49 unità presso l’INPDAP.
Gli enti utilizzatori hanno provveduto ad intraprendere le procedure per la stabilizzazione del rapporto di lavoro e, previo superamento di un’apposita selezione, hanno assunto i lavoratori con contratto a tempo determinato per un periodo di 18 mesi, dal 1° luglio 2001 al 31 dicembre 2002; successivamente i contratti sono stati prorogati per ulteriori 18 mesi fino al 30 giugno 2004. Essendo stato così raggiunto il limite di tre anni, previsto dalla normativa vigente (art. 4 del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368) quale durata massima dei contratti a tempo determinato, i contratti sono stati prorogati al 31 dicembre 2004 con una norma di rango legislativo (art. 1 del decreto-legge n. 136/2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 186/2004).
§ contratti a tempo determinato stipulati tra l’INPDAP e i soggetti che, pur avendo superato con esito positivo una selezione pubblica espletata a seguito di bando di offerta di formazione e lavoro per l’assunzione presso l’INPDAP di giovani disoccupati, avevano superato, al momento della stipula del contratto, l’età prescritta dalla normativa sui contratti di formazione e lavoro[58].
I lavoratori suindicati sono stati assunti con contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 16 del CCNL del comparto del personale degli enti pubblici non economici per il quadriennio normativo 1994-1997 e il biennio economico 1994-1995[59]. l contratti erano stati prorogati fino all’8 aprile 2004. Anche questi contratti, dopo il raggiungimento del limite massimo dei tre anni, per i contratti a tempo determinato, sono stati prorogati al 31 dicembre 2004 con una norma di rango legislativo (art. 1 del decreto-legge n. 136/2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 186/2004).
I primi due periodi del comma 4 autorizzano l'APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici) ad avvalersi, anche per il 2005, del personale utilizzato con contratto a tempo determinato o con convenzione o con altre forme di flessibilità e di collaborazione, nel limite massimo di spesa complessivamente già stanziata dalla stessa Agenzia, per lo stesso personale, nel 2004. Gli oneri restano a carico del bilancio dell’Agenzia.
La relazione illustrativa al disegno di legge precisa che l’impiego del citato personale si rende necessario al fine di “fronteggiare la grave carenza di personale” dell’APAT.
Una disposizione di identico tenore era contenuta nell’articolo 3, comma 148, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003).
Il terzo e il quarto periodo del comma 4 autorizzano la proroga, al 31 dicembre 2005, dei contratti a tempo determinato del personale in servizio presso il CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione) nel 2004.
Si segnala che l’articolo 1 del D.L. n. 220/2004, il cui disegno di legge di conversione – già approvato dal Senato – è attualmente all’esame della Camera, proroga fino al 31 dicembre 2004 la validità dei contratti di lavoro a tempo determinato in essere presso il medesimo Centro alla data del 28 maggio 2004 (giorno precedente alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 136).
La proroga al 31 dicembre 2004 era già stata prevista infatti dall’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136[60], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 luglio 2004, n. 186. In sede di conversione del decreto-legge, per mero errore materiale, era stato soppresso il comma 4 dell’articolo 1, e pertanto è stato necessario ripristinarne il disposto con l’articolo 1 del decreto-legge n. 220 del 2004.
Gli oneri restano a carico del bilancio del CNIPA.
Il comma 5 autorizza la prosecuzione, nell’anno 2005, dei rapporti di lavoro a tempo determinato del personale in servizio presso le ambasciate e le rappresentanze consolari all’estero.
La disposizione è diretta a consentire il completamento e l’aggiornamento dei dati per la rilevazione dei cittadini italiani residenti all’estero.
La previsione in esame riguarda la prosecuzione dei rapporti di lavoro instaurati ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 104 del 2002 che, per le finalità sopra ricordate, ha disposto – previa autorizzazione dell’Amministrazione centrale – la possibilità di assumere impiegati temporanei[61], non eccedendo la spesa di 14.424.641,19 euro. Successivamente, l’articolo 8 del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236 (“Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi in scadenza”) ha prorogato per l’anno 2003 le previsioni dell’articolo 2 della legge 104/2002, limitando la proroga ad un solo rinnovo dei contratti stipulati in base a procedure di selezione già espletate alla data di entrata in vigore del D.L. 236/2002.
L’articolo 1-bis del D.L. n. 52 del 2003, inserito dalla legge n. 122 del 2003, che ha disposto la conversione del medesimo decreto-legge, ha poi autorizzato le rappresentanze diplomatiche alla prosecuzione dei rapporti di lavoro con contratto temporaneo di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 16 gennaio 2002, n. 3 (“Disposizioni urgenti per il potenziamento degli uffici diplomatici e consolari in Argentina”), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 marzo 2002, n. 35, e all'articolo 2, comma 1, della legge n. 104 del 2002.
L’articolo 2 del D.L. 272/2003, convertito con modificazioni dalla Legge 336 del 2003, ha poi recato una norma di interpretazione autentica del citato articolo 1-bis del D.L. 52/2003, ovvero ha precisato che il Ministero degli Affari esteri, tramite le rappresentanze diplomatico-consolari, può rinnovare i contratti temporanei in corso, ovvero stipularne ex novo[62].
Il comma 6, primo periodo, dispone che le procedure di conversione dei contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato, da parte delle pubbliche amministrazioni, possono essere effettuate solo entro i limiti e con le modalità previste dalla normativa vigente per l’assunzione di personale a tempo indeterminato (su cui v. supra).
Secondo la relazione illustrativa, tale disposizione è volta a consentire “l’immissione in ruolo di personale che già da tempo ha completato il proprio iter formativo”.
Il secondo periodo stabilisce che i rapporti di lavoro instaurati con il personale interessato alla conversione (dunque assunto con contratto di formazione e lavoro) sono comunque prorogati al 31 dicembre 2005.
Si ricorda che la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) all’articolo 34, comma 18, aveva stabilito la sospensione sino al 31 dicembre 2003 di tali procedure di trasformazione dei contratti di formazione e lavoro, scaduti nel corso del 2002 o in scadenza nel 2003, e la contestuale proroga dei medesimi sino al 31 dicembre 2003.
L’art. 3, comma 63, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), oltre a stabilire un’ulteriore proroga dei citati contratti fino al 31 dicembre 2004, ha previsto la possibilità di procedere alla conversione rispetto della normativa prevista dalla legge finanziaria medesima per le assunzioni a tempo indeterminato (i commi da 53 a 71 stabilivano in linea generale il blocco delle assunzioni, prevedendo peraltro una serie di eccezioni).
Il comma 7 reca una disposizione di salvaguardia dei contratti a tempo determinato e contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati per l’attuazione di progetti di ricerca o di progetti volti al miglioramento di servizi anche didattici stipulati da: enti di ricerca, Istituto superiore di sanità (ISS), Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), Agenzia spaziale italiana (ASI), Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), Università e scuole superiori ad ordinamento speciale.
Gli oneri di tali contratti non devono comunque risultare a carico dei bilanci di funzionamento o del fondo di finanziamento degli enti medesimi, ovvero del fondo di finanziamento ordinario delle Università.
Si ricorda che il decreto legge n. 105 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 170 del 2003, con l’introduzione del comma 13-bis all'articolo 34 della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003), ha salvaguardato per l’anno 2003 i contratti a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa dei citati enti, i cui oneri ricadevano su fondi derivanti da contratti con le istituzioni comunitarie e internazionali e da contratti con le imprese. La medesima disposizione ha comunque consentito assunzioni di personale a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca ovvero di progetti finalizzati al miglioramento dei servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non risultassero a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del fondo di finanziamento degli enti o del fondo di finanziamento ordinario delle università.
L’articolo 3, comma 68, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) ha poi salvaguardato i medesimi contratti per l’anno 2004.
Il comma 8 proroga al 31 dicembre 2005 i comandi del personale della società Poste italiane S.p.A. e di quello dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato.
Nella relazione tecnica si evidenzia come le unità di personale interessate siano 349; ipotizzando una retribuzione media annua pari a 25.000 euro, la spesa complessiva viene stimata in circa 9 milioni di euro.
Si ricorda che tali comandi erano già stati prorogati al 31 dicembre 2002 dall’articolo 19, comma 9, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), al 31 dicembre 2003 dall'articolo 34, comma 20, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) e al 31 dicembre 2004 dall’articolo 3, comma 64, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004).
1. Per la proroga delle attività di cui all'articolo 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è autorizzata, per l'anno 2005, la spesa di 375 milioni di euro.
2. Per l'anno scolastico 2005-2006, la consistenza numerica della dotazione del personale docente in organico di diritto, non potrà superare quella complessivamente determinata nel medesimo organico di diritto per l'anno scolastico 2004-2005.
3. L'insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria è impartito dai docenti della classe in possesso dei requisiti richiesti o da altro docente facente parte dell'organico di istituto sempre in possesso dei requisiti richiesti. Possono essere attivati posti di lingua straniera da assegnare a docenti specialisti, solo nei casi in cui non sia possibile coprire le ore di insegnamento con i docenti di classe o di istituto. Al fine di realizzare quanto previsto dal presente comma, sono attivati corsi di formazione, nell'ambito delle annuali iniziative di formazione in servizio del personale docente, la cui partecipazione è obbligatoria per tutti i docenti privi dei requisiti previsti per l'insegnamento della lingua straniera.
4-7. (...)
8. Per l'attuazione del piano programmatico di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 28 marzo 2003, n. 53, è autorizzata, a decorrere dall'anno 2005, l'ulteriore spesa complessiva di 110 milioni di euro per i seguenti interventi: anticipo delle iscrizioni e generalizzazione della scuola dell'infanzia, iniziative di formazione iniziale e continua del personale, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione.
9. Per la realizzazione di interventi di edilizia e per l'acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza da parte delle istituzioni di cui all'articolo 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 508, è autorizzata a decorrere dall'anno 2005 la spesa di 10 milioni di euro.
Il comma 1dell’articolo 16 autorizza uno stanziamento di spesa per il 2005, pari a 375 milioni di euro, al fine di consentire alle istituzioni scolastiche l’affidamento delle attività dei servizi amministrativi e dei servizi di pulizia in base ai contratti, stipulati ai sensi dell’articolo 78, comma 31, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001).
Il richiamato comma 31 ha dettato disposizioni per favorire la stabilizzazione occupazionale dei soggetti impegnati in lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici. La stabilizzazione deve essere attuata mediante l'affidamento all'esterno (ovvero la cosiddetta terziarizzazione) di alcune attività. Le procedure a questo fine sono definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, secondo criteri e modalità che assicurino la trasparenza e la competitività degli affidamenti.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del D.Lgs. n. 81 del 2000, appositi decreti interministeriali possono prevedere misure finalizzate alla stabilizzazione occupazionale esterna dei soggetti[63] che hanno svolto attività di lavori socialmente utili sulla base di convenzioni stipulate tra il Ministero del lavoro e le amministrazioni pubbliche aventi competenze interregionali.
Per la realizzazione delle misure in esame è stata stanziata la somma di euro 148.223.130,04 (lire 287 miliardi) per l'anno 2001 e di euro 296.962.716,98 (lire 575 miliardi) per l'anno 2002 (quest'ultima parzialmente coperta mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 66, comma 1, della legge n. 144 del 1999, il quale, per il 2002, ha previsto un incremento del Fondo per l'occupazione nella misura di 800 miliardi di lire).
Da ultimo l’articolo 3, comma 93, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha autorizzato una spesa di 375 milioni di euro per la proroga dell’affidamento dei servizi sopra illustrati presso gli istituti scolastici per l’anno 2004.
Il comma 2 dell’articolo 16 prevede che per l’anno scolastico 2005-2006 la consistenza numerica dell’organico di diritto non possa superare quella complessivamente determinata per l’anno 2004-2005.
La norma si pone sostanzialmente in linea con le politiche di contenimento della spesa del triennio 2003-2005, prevedendo il mantenimento della consistenza delle dotazioni organiche risultante dalle riduzioni degli anni precedenti.
L’articolo 22, commi 1-6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), aveva infattidettato una serie di disposizioni relative alle dotazioni e prestazioni orarie del personale docente, accomunate dalla finalità di conseguire economie di spesa nel settore scolastico[64].
La relazione tecnica allegata al disegno di legge stimava che da tali disposizioni derivasse una riduzione del personale docente (rispetto alle 771.433 unità impiegate nell’anno scolastico 2001-2002) pari a 33.847 unità nel triennio di riferimento (8.936 unità per l’anno scolastico 2002-2003; 12.651 unità per il 2003-2004 e 12.260 unità per il 2004-2005).
Assumendo come ipotesi l’invarianza del numero di studenti, la relazione tecnica prevedeva, altresì, che il rapporto alunni-docenti, pari a 9,78 per l’anno scolastico 2001-2002, aumentasse a 9,90 per l’anno scolastico 2002-2003, a 10,06 per il 2003-2004 e a 10,23 per il 2004-2005.
I commi 1-3 del citato art. 22 della legge 448/2001 disciplinavano la determinazione delle dotazioni del personale docente delle istituzioni scolastiche.
In particolare, il comma 2 prevedeva che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – previo parere delle Commissioni parlamentari competenti – venissero fissati i criteri volti a indirizzare l’attività programmatoria e fossero indicate la consistenza complessiva degli organici del personale docente nonché la ripartizione e l’assegnazione, su base regionale, degli organici complessivi.
Si ricorda che, da ultimo, la Commissione VII (Cultura) della Camera, in data 20 maggio 2004, ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto interministeriale recante disposizioni sulla determinazione delle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2003-2004.
Secondo quanto contenuto nella relazione illustrativa del decreto, l’operazione di contenimento dei posti prevista dalla legge finanziaria 2002 ha riguardato due piani di intervento: le consistenze degli organici e la razionalizzazione dell’impiego delle risorse, per un totale di 12.547 posti, sostanzialmente corrispondente alla quantità prevista dalla legge.
La Commissione ha altresì approvato la risoluzione n. 7-00406 (On. Titti De Simone) che ha impegnato il governo ad attuare una politica di valorizzazione e qualificazione della scuola pubblica statale, anche adottando opportune iniziative volte all'ampliamento, per l’anno 2004-2005, del numero delle cattedre e del numero di insegnanti di sostegno, in modo da corrispondere alle effettive esigenze formative degli studenti nonché a quelle delle famiglie.
In tale circostanza il sottosegretario di Stato per l’istruzione on. Aprea ha consegnato una nota relativa ai temi oggetto della risoluzione, da cui emerge che, per l'anno scolastico 2004-2005, a fronte di una prevista riduzione di circa 5.300 posti, si registra un aumento di 2.900 posti per far fronte sia alle esigenze derivanti dalle iscrizioni anticipate alla prima classe della scuola primaria, sia all'introduzione in forma generalizzata dell'insegnamento della lingua inglese, e di 1.000 posti per l'introduzione dell'insegnamento della seconda lingua comunitaria nelle prime classi della scuola secondaria di I grado; in conclusione, l’effettiva diminuzione dovrebbe ammontare a 1.400 posti[65].
Il comma 3 dell’articolo 16 prevede che l’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria sia impartito dai docenti della classe in possesso dei requisiti prescritti ovvero da altro docente facente parte dell’organico di istituto in possesso dei requisiti. Solo qualora tale procedura non soddisfi il fabbisogno, potranno essere previsti posti da assegnare a docenti specialisti.
La norma prevede inoltre la realizzazione di corsi di formazione, la cui partecipazione è obbligatoria per i docenti privi dei requisiti prescritti per l’insegnamento della lingua straniera.
Ratio di tale norma è il contenimento della spesa. Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, anche in considerazione del fatto che le iniziative di formazione possono essere realizzate con gli stanziamenti di bilancio concernenti la formazione medesima, a decorrere dall’anno 2005-2006 vi sarebbe un recupero di circa 7.100 docenti, attualmente impegnati esclusivamente per l’insegnamento della lingua straniera, con un’economia di spesa di circa 234,5 milioni di euro all’anno (considerando una retribuzione lorda pro capite pari a 33.000 euro). Per l’anno 2005, l’economia viene stimata attorno a 90 milioni di euro.
L’insegnamento di una lingua straniera nella scuola elementare è stato introdotto dall’art. 10 della legge 5 giugno 1990, n. 148[66], prevedendo che gli insegnanti elementari fossero utilizzati secondo moduli organizzativi costituiti da tre insegnanti su due classi o da quattro insegnanti su tre classi (art. 4).
Il regolamento attuativo della legge n. 148/1990 (D.M. 28 giugno 1991, n. 293) ha previsto che tale insegnamento sia impartito in aggiunta all’orario dell’attività didattica, a regime, da un insegnante elementare “specializzato”, inserito nel modulo organizzativo e didattico[67]: Per consentire l’acquisizione delle competenze linguistiche necessarie, il provvedimento ha inoltre prescritto la realizzazione di appositi corsi di formazione in servizio per gli insegnanti elementari che ne facciano richiesta.
Successivamente, l’art. 22, co. 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) ha stabilito che “l’insegnamento della lingua straniera nella scuola elementare viene prioritariamente assicurato all’interno del piano di studi obbligatorio e dell’organico di istituto”.
Da ultimo, il decreto n. 61 del 22 luglio 2003 del MIUR – considerata l’opportunità di garantire, nei primi due anni della scuola primaria, l’acquisizione di nozioni fondamentali della lingua inglese, come previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera f), della legge n. 53/2003[68] e dall’articolo 5 del decreto attuativo (D.Lgs. 59/2004) recante norme generali sulla scuola dell’infanzia e sul primo ciclo di istruzione – ha introdotto in maniera generalizzata lo studiodella lingua straniera.
Con riferimento alla formazione dei docenti della scuola, si ricorda che la direttiva n. 60 del 26 luglio 2004[69] ha individuato, tra gli interventi prioritari da realizzare tramite il Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa, iniziative volte a sostenere la riforma degli ordinamenti scolastici con particolare riguardo alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo del sistema dell’istruzione, comprendente la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. In tale ambito, particolare rilievo viene attribuito all’attuazione della riforma, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 59/2004, con riferimento all’insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria, alla alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche ed all’inserimento di una seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado.
Disposizioni stralciate secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
Il comma 8 dell’articolo 16 prevede un finanziamento di 110 milioni di euro da destinare all'attuazione del piano programmatico di interventi finanziari previsto dall’articolo 1, comma 3, della più volte citata legge 53/2003.
Tale somma è finalizzata all’attuazione di tre obiettivi specifici:
§ anticipo delle iscrizioni e generalizzazione della scuola dell’infanzia;
§ iniziative di formazione iniziale e continua del personale;
§ interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare il diritto-dovere di istruzione e formazione.
L’art. 1, co. 3, della legge 53/2003 prescriveva che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adottasse, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano programmatico di interventi finanziari, da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza unificata, finalizzato al perseguimento dei seguenti obiettivi:
§ riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione e con lo sviluppo dell'autonomia scolastica;
§ istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico;
§ sviluppo delle tecnologie multimediali e dell’alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche;
§ sviluppo dell'attività motoria e delle competenze ludico-sportive degli studenti;
§ valorizzazione professionale del personale docente;
§ iniziative di formazione iniziale e continua del personale;
§ concorso al rimborso spese per autoaggiornamento sostenute dai docenti;
§ valorizzazione professionale del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (A.T.A.);
§ interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per la realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione;
§ sviluppo dell'istruzione e formazione tecnica superiore e dell’educazione degli adulti;
§ adeguamento delle strutture di edilizia scolastica.
L’art. 7, co. 6, stabiliva, inoltre, che all’attuazione del Piano si provvedesse attraverso finanziamenti da iscrivere annualmente nelle leggi finanziarie, tenendo conto dei vincoli di finanza pubblica e delle indicazioni contenute nel documento di programmazione economico finanziaria (DPEF).
Il piano programmatico sopra citato è stato approvato dal Consiglio dei ministri in data 12 settembre 2003. Esso richiama e specifica gli obiettivi già individuati dalla legge e stima l’importo complessivo dei finanziamenti necessari in 8.320 milioni di euro per il quinquennio 2004-2008. Secondo quanto affermato nel documento, oltre allesomme già iscritte in bilancio, che ammontano per lo stesso periodo a 4.283 milioni di euro, dovrebbero essere destinati all’attuazione della legge ulteriori 4.037 milioni di euro.
Si ricorda, infine, che l’art. 3, comma 92, della legge finanziaria 2003 (legge 350/2002) aveva autorizzato la spesacomplessiva di 90 milioni di euro per l’anno 2004, da destinare all'attuazione del citato piano programmatico di interventi finanziari; tali risorse erano destinate allo sviluppo delle tecnologie multimediali; interventi contro la dispersione scolastica e per assicurare il diritto-dovere di istruzione e formazione; sviluppo dell'istruzione e della formazione tecnica superiore e per l'educazione degli adulti; istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema di istruzione.
Il comma 9dell’articolo 16 autorizza, a decorrere dall’anno 2005, la spesa di 10 milioni di euro per le istituzioni dell’alta formazione artistica e musicale, di cui all’articolo 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 508[70], per l’acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali e per interventi di edilizia.
La legge n. 508 del 1999 ha riordinato il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale. L'aspetto più innovativo della legge consiste nell'attribuzione di un'autonomia paragonabile a quella delle università (e parimenti fondata sull'art. 33 della Costituzione) agli istituti che ne fanno parte, e cioè:
§ le Accademie di belle arti;
§ l'Accademia nazionale di arte drammatica;
§ gli Istituti superiori per le industrie artistiche;
§ i Conservatori di musica, gli Istituti musicali pareggiati (non statali) e l'Accademia nazionale di danza, trasformati in Istituti superiori di studi musicali e coreutici.
L'autonomia degli studi artistici e musicali rispetto al sistema universitario è mantenuta tramite la costituzione di un apposito organismo, il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM), presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
La concreta disciplina del riordino è rimessa dalla legge a regolamenti di delegificazione, da approvare sentiti il CNAM e le Commissioni parlamentari. In attesa di tali regolamenti, la mancanza di norme transitorie nella legge ha creato difficoltà nella non breve fase di passaggio al nuovo ordinamento.
Infatti è stato adottato finora un solo decreto di attuazione, il D.P.R. 28 febbraio 2003, n. 132, che ha dettato i criteri per l’autonomia statutaria e regolamentare delle nuove Istituzioni, mentre è in corso di emanazione il regolamento recante disposizioni per la disciplina degli ordinamenti didattici, dei requisiti di idoneità dei docenti e delle sedi, della programmazione e dello sviluppo del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, sul cui schema la VII Commissione della Camera ha espresso il proprio parere il 29 settembre 2004.
1. Per il triennio 2005-2007 è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, di adottare provvedimenti per l'estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive, in materia di personale delle amministrazioni pubbliche.
2. All'articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze l'esistenza di controversie relative ai rapporti di lavoro dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, può intervenire nel processo ai sensi dell'articolo 105 del codice di procedura civile».
3. Dopo l'articolo 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n, 165, è inserito il seguente:
«Art. 63-bis. (Intervento dell'ARAN nelle controversie relative ai rapporti di lavoro). – 1. L'ARAN può intervenire nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, e 70, comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e l'uniforme applicazione dei contratti collettivi. Per le controversie relative al personale di cui all'articolo 3, derivanti dalle specifiche discipline ordinamentali e retributive, l'intervento in giudizio può essere assicurato attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze».
Le disposizioni dell’articolo in esame sono volte ad evitare maggiori spese derivanti, a carico della pubblica amministrazione, dall’esito di controversie riferite ai rapporti di lavoro.
Il comma 1 vieta a tutte le pubbliche amministrazioni di adottare provvedimenti di estensione di decisioni giurisdizionali in materia di personale con forza di giudicato[71] o comunque divenute esecutive.
Il divieto è posto per il triennio 2005-2007.
La norma in commento ricalca precedenti disposizioni, succedutesi negli ultimi anni, che hanno sancito il divieto di estensione del giudicato in materia di pubblico impiego: già nel 1994 la legge collegata alla manovra di bilancio (legge 23 dicembre 1994, n. 724) stabiliva tale divieto per l’anno 1995 (art. 22, comma 34), mentre per il successivo triennio 1996-1998 la medesima disposizione è stata prevista dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549 /art. 1, comma 45). Infine, per il triennio 1999-2001 il divieto è stato riproposto dall’articolo 24 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (recante “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”)[72].
Da ultimo, la disposizione è stata riproposta – per il periodo 2002 – 2004 - con l’articolo 23, comma 3, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002).
Il comma 2 – mediante l’inserimento del nuovo comma 1-bis all’articolo 61 del D.Lgs. 165 del 2001 – obbliga le amministrazioni pubbliche a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’economia l’esistenza di eventuali controversie concernenti i rapporti di lavoro, dalle quali potrebbero derivare oneri finanziari significativi a carico della finanza pubblica. Il Dipartimento della funzione pubblica e il Ministero dell’Economia sono legittimati ad intervenire nel processo ai sensi dell’articolo 105 del codice di procedura civile.
Si ricorda che l’articolo 105 del codice di procedura civile prevede che ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, nei confronti di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo, oppure per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.
Il comma 3 inserisce nel D.Lgs. n. 65 del 2001 un nuovo articolo 63-bis con il quale si riconosce all’ARAN la facoltà di intervenire nelle controversie relative ai rapporti di lavoro riguardanti i dipendenti pubblici contrattualizzati, al fine di garantire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione dei contratti collettivi.
Nelle controversie riguardanti i rapporti di lavoro delle categorie di personale non contrattualizzate[73] può invece intervenire il Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia.
La relazione tecnica rileva come non sia possibile quantificare, in termini di minore spesa, gli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni sopra illustrate, “in quanto il primo comma incide su un fenomeno fortemente oscillante, mentre i restanti commi offrono strumenti atti a garantire la possibilità di un più attento monitoraggio delle vicende giudiziali di cui è parte l’amministrazione pubblica. L’impatto derivante dall’applicazione della presente normativa potrà essere rilevato solo in sede di consuntivo”.
(…)
Disposizione stralciata secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
1. L'adeguamento dei trasferimenti dovuti dallo Stato, ai sensi rispettivamente dell'articolo 37, comma 3, lettera c), della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni, e dell'articolo 59, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è stabilito per l'anno 2005:
a) in 532,37 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori, nonché in favore dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);
b) in 131,55 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ad integrazione dei trasferimenti di cui alla lettera a), della gestione esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.
2. Conseguentemente a quanto previsto dal comma 1, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato sono determinati per l'anno 2005 in 15.740,39 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera a), e in 3.889,53 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera b).
3. I medesimi complessivi importi di cui ai commi 1 e 2 sono ripartiti tra le gestioni interessate con il procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al netto, per quanto attiene al trasferimento di cui al comma 1, lettera a), della somma di 1.059,08 milioni di euro attribuita alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni a completamento dell'integrale assunzione a carico dello Stato dell'onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1° gennaio 1989, nonché al netto delle somme di 2,36 milioni di euro e di 54,78 milioni di euro di pertinenza, rispettivamente, della gestione speciale minatori e dell'ENPALS.
Il comma 1 dell’articolo 19determina l'adeguamento,per l'anno 2005, degli stanziamenti del bilancio statale a favore della Gestione INPS degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS).
Si ricorda che, nel regime antecedente la legge 23 dicembre 1998, n. 448, il finanziamento del disavanzo del bilancio complessivo dell'INPS da parte dello Stato avveniva attraverso due modalità: stanziamenti previsti nel bilancio dello Stato e anticipazioni di tesoreria.
L'art. 35 della citata legge n. 448 del 1998 ha previsto, a decorrere dall'esercizio finanziario 1999, l'applicazione di una nuova forma di finanziamento dell'INPS (nonché dell’INPDAP), rappresentata da trasferimenti a carico del bilancio dello Stato, a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali (di ciascuno dei due istituti) nel loro complesso. Questo meccanismo supera dunque l'istituto delle anticipazioni di tesoreria, con l'intento di ricondurre nei conti di bilancio tali partite. I trasferimenti previsti sono in ogni caso erogati – al pari di quelli di tesoreria – a titolo di anticipazione e determinano quindi l'instaurazione di un rapporto debitorio.
La nuova forma di finanziamento non è peraltro completamente sostitutiva delle anticipazioni di tesoreria, in quanto viene fatta salva – con il richiamo (posto dal comma 7 dell'art. 35 della legge n. 448) del citato art. 59, comma 34, ultimo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 – la possibilità di ricorrere, ove occorra, a queste ultime.
La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita dall’art. 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88[74], per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato[75].
Ai sensi della lettera c) dell’art. 37 della legge n. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.
L’art. 59, comma 34, della legge n. 449/1997 ha previsto un incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).
Gli incrementi disposti per il 2005 sono determinati:
a) nella misura di 532,37 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS;
b) nella misura di 131,55 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali.
In base al comma 2, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato nel 2005 sono determinati:
- per il FPLD, le gestioni dei lavoratori autonomi, la gestione speciale minatori l’ENPALS – in base all'incremento di cui al comma 1, lett. a) – in 15.740,39 milioni di euro (per l’anno 2004 l’importo era infatti pari a 15.208,02 milioni);
- per il FPLD e le gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali – in base all'incremento di cui al comma 1, lett. b) – in 3.889,53milioni di euro (nel 2004 esso era infatti pari a 3.757,98 milioni).
Ai sensi del comma 3 dell’articolo in esame ,la ripartizione degli importi tra le gestioni interessate deve essere effettuata mediante ricorso alla conferenza di servizi (di cui all'art. 14 della legge 241 del 1990, e successive modificazioni).
Si ricorda che la conferenza di servizi costituisce uno strumento organizzativo operante nella fase decisoria di procedimenti amministrativi complessi ed è volta ad accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte, attraverso un confronto diretto tra le stesse[76].
Nell'ambito del primo importo di 15.740,39 milioni di euro, il riparto è al netto delle seguenti quote:
- 1.059,08 milioni di euro, attribuiti alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, a completamento dell'integrale assunzione a carico dello Stato dell'onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1° gennaio 1989[77];
- 2,36 milioni di euro, destinati alla gestione speciale minatori;
- 54,78 milioni di euro, attribuiti all'ENPALS.
1. Ai fini della copertura dei maggiori oneri derivanti dall'assunzione, a carico del bilancio dello Stato, del finanziamento della gestione di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, riferiti agli esercizi finanziari precedenti l'anno 2004, per un importo pari a 7.581,83 milioni di euro, sono utilizzate:
a) le somme trasferite dal bilancio dello Stato all'INPS ai sensi dell'articolo 35, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali risultate, nel loro complesso, eccedenti sulla base dei bilanci consuntivi per le esigenze delle predette gestioni, evidenziate nella contabilità del predetto Istituto ai sensi dell'articolo 35, comma 6, della predetta legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo non superiore a 5.700 milioni di euro;
b) le somme che risultano, sulla base del bilancio consuntivo dell'anno 2003, trasferite alla predetta gestione dell'INPS in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, ivi comprese le somme trasferite in eccedenza per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 49, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e fatto salvo quanto previsto dal decreto-legge 14 aprile 2003, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 giugno 2003, n. 133, per un ammontare complessivo pari a 307,51 milioni di euro;
c) le risorse trasferite all'INPS ed accantonate presso la medesima gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno 2003 del predetto Istituto, in quanto non utilizzate per i seguenti scopi:
1) finanziamento delle prestazioni economiche per la tubercolosi di cui all'articolo 3, comma 14, della citata legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo pari a 804,98 milioni di euro;
2) finanziamento degli oneri per pensionamenti anticipati di cui all'articolo 8 della legge 19 luglio 1994, n. 451, e all'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per un ammontare complessivo pari a 457,71 milioni di euro;
3) finanziamento degli oneri per l'assistenza ai portatori di handicap grave di cui all'articolo 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per un ammontare complessivo pari a 300,66 milioni di euro;
4) finanziamento degli oneri per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria previsti da disposizioni diverse, per un ammontare complessivo pari a 10,97 milioni di euro.
2. Il complesso degli effetti contabili delle disposizioni di cui al comma 1 sulle gestioni dell'INPS interessate è definito con la procedura di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Ai fini del finanziamento dei maggiori oneri a carico della Gestione per l'erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui all'articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, valutati in 1.326 milioni di euro per l'esercizio 2004 e 827 milioni di euro a decorrere dal 2005:
a) per l'esercizio 2004, concorrono, per un importo complessivo di 780 milioni di euro, le risorse derivanti da:
1) i minori oneri accertati nell'attuazione dell'articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, concernente incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;
2) i minori oneri accertati nell'attuazione dell'articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente prestazioni economiche per la tubercolosi, per un ammontare complessivo pari a 70 milioni di euro;
3) i minori oneri accertati nell'attuazione dei commi 2 e 3 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernenti rispettivamente assistenza ai portatori di handicap grave e contribuzione figurativa in favore di sordomuti ed invalidi, per un ammontare complessivo pari a 160 milioni di euro;
4) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalla legge 31 dicembre 1991, n. 415, e dalla legge 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell'attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro;
b) a decorrere dall'anno 2005, sono utilizzate le risorse derivanti da:
1) i minori oneri accertati nell'attuazione del citato articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;
2) i minori oneri accertati nell'attuazione del citato articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 277 milioni di euro;
3) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalle citate leggi 31 dicembre 1991, n. 415, e 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell'attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro.
L’articolo 20 reca disposizioni relative ai trasferimenti all’INPS.
In sintesi, il comma 1 prevede che i maggiori oneri (s’intende: rispetto a quelli previsti) precedenti al 2004,accertati a seguito dell’assunzione da parte dello Stato del finanziamento dell’INPS attraverso la GIAS,sono coperti in compensazione con i minori oneri relativi ad altri trasferimenti dal bilancio dello Stato all’INPS (anticipazioni sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali; trasferimenti eccedenti a consuntivo 2003; trasferimenti relativi all’assistenza ai portatori di handicap grave, ai trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, alle prestazione per la tubercolosi e ai pensionamenti anticipati). Tali trasferimenti, in base al consuntivo dell’INPS relativo al 2003, sono risultati infatti d’importo superiore alle effettive esigenze dell’Istituto.
Il comma 3 utilizza un analogo meccanismo di compensazione nell’ambito dei trasferimenti all’INPS per il finanziamento dei maggiori oneri (anche qui da intendersi: rispetto a quelli previsti) derivanti dalla Gestione per l’erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti, per la quale, a partire dal 2002, si è registrato un rilevante incremento della spesa.
Peraltro in questo caso i maggiori oneri – a differenza di quelli cui si riferisce il comma 1 – riguardano l’esercizio finanziario in corso (2004) e gli esercizi finanziari futuri (dal 2005). Ne consegue che per il finanziamento degli stessi si attua in sostanza, come risulta anche dalla relazione tecnica, una riduzione dei trasferimenti all’INPS per alcun capitoli di spesa (incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati, prestazioni per la tubercolosi, pensionamenti anticipati e, per il solo 2004, assistenza ai portatori di handicap grave e contribuzione figurativa per sordomuti e invalidi) che si ritengono superiori alle esigenze dell’Istituto.
Si osserva al riguardo che non appare del tutto appropriata l’espressione, utilizzata più volte nel comma 3, «i minori oneri accertati», seguìta dalla quantificazione esatta degli stessi. Si tratta infatti di minori oneri solo stimati: essi riguardano infatti non solo il 2004 (lettera a) ma anche gli anni successivi (lettera b)
Potrebbe inoltre valutarsi l’opportunità di un chiarimento da parte del Governo circa le motivazioni che inducono a prevedere per le prestazioni economiche relative alla tubercolosi, a decorrere dal 2005, minori oneri in misura assai superiore a quanto previsto per il 2004. Per il 2004 i minori oneri sono infatti valutati in 70 milioni di euro (comma 3, lettera a), numero 2); a decorrere dal 2005, essi sono invece valutati in 277 milioni di euro (comma 3, lettera b), numero 2).
Si procede ora ad un esame dettagliato dei singoli commi.
Il comma 1 dispone dunque che il finanziamento dei maggiori oneri accertati dal bilancio consuntivo 2003 dell’INPS sia coperto attraverso la compensazione con alcuni trasferimenti dal bilancio dello Stato all’INPS che, in base allo stesso consuntivo dell’INPS per il 2003, sono risultati di importo superiore in relazione alle effettive esigenze dell’Istituto stesso.
Secondo la relazione tecnica, la disposizione in esame “costituisce di fatto una regolazione di effetti contabili, riferita ai risultati dell’ultimo bilancio consuntivo approvato dall’INPS, intesa ad assicurare il coordinamento tra il bilancio dello Stato e le scritture contabili del predetto Istituto”; ne deriva che la disposizione “non ha alcun effetto sul conto delle pubbliche amministrazioni, in quanto tutte le prestazioni interessate alla compensazione sono considerate nel medesimo conto, secondo il loro effettivo ammontare”. La stessa relazione precisa che sia le prestazioni da rifinanziare sia le prestazioni per le quali è stata stabilita la riduzione dei trasferimenti sono già considerate, nel conto economico delle amministrazioni pubbliche, nel loro effettivo importo.
Più specificamente, la copertura dei maggiori oneri accertati dal bilancio consuntivo 2003 dell’INPS, quantificati in 7.581,83 milioni di euro, avviene attraverso:
§ le somme trasferite all’INPS ai sensi dell’articolo 35, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999), a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali risultate eccedenti, sulla base del consuntivo INPS 2003, per le esigenze delle medesime gestioni. Tali somme sono evidenziate nella contabilità INPS ai sensi dell’articolo 35, comma 6, della richiamata legge 448 del 1998, per un ammontare complessivo non superiore a 5.700 milioni di euro (lettera a);
Come già rilevato sub art. 19, l'art. 35, comma 3, della legge n. 448 del 1998 ha previsto, a decorrere dall'esercizio finanziario 1999, l'applicazione di una nuova forma di finanziamento dell'INPS (nonché dell’INPDAP), rappresentata da trasferimenti a carico del bilancio dello Stato, a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali (di ciascuno dei due istituti) nel loro complesso. Il comma 6 del medesimo articolo ha poi disposto l'istituzione, presso l'INPS e l'INPDAP, di un'apposita contabilità nella quale sono evidenziati i rapporti debitori derivanti dai trasferimenti, a titolo di anticipazione, a carico del bilancio dello Stato nei confronti delle singole gestioni previdenziali beneficiarie.
§ le somme che, ancora in base al consuntivo INPS 2003, risultano eccedenti rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, comprese le somme trasferite in eccedenza per gli oneri relativi a trattamenti obbligatori di maternità, di cui all’articolo 49, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000), e fatte salve le disposizioni inerenti al versamento, da parte dell’INPS, delle disponibilità non utilizzate nel 2003, in funzione di ulteriori minori oneri accertati per l’incremento delle pensioni per i soggetti disagiati (articolo 38 della legge 448 del 2001), per la concessione dell’assegno ai nuclei familiari con almeno 3 figli minori (articolo 65 della legge 448 del 1998) e per la concessione dell’assegno di maternità di base (articolo 74 del D.Lgs. 151 del 2001), per un ammontare complessivo pari a 307,51 milioni di euro (lettera b);
§ le risorse previste, nella contabilità INPS, in specifici fondi[78] destinati alla copertura di oneri futuri e accantonate in quanto non utilizzate per (lettera c):
a) prestazioni economiche per la tubercolosi (art. 3, comma 14, legge 448 del 1998), con importo pari a 804,98 milioni di euro (lettera c), n. 1);
b) oneri per pensionamenti anticipati (articolo 8 del D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, e articolo 3 della legge n. 662 del 1996, collegato alla manovra finanziaria per il 1997), per un ammontare complessivo di 457,71 milioni di euro (lettera c), n. 2).
Si osserva che l’art. 3 del collegato alla manovra 1997 (legge n. 662/1996) non sembra contenere disposizioni concernenti pensionamenti anticipati (l’art. 2, comma 5, della medesima legge n. 662 prevede il prepensionamento per il personale dipendente dalle aziende ferroviarie in gestione commissariale governativa che risulti in esubero strutturale);
c) oneri per assistenza ai portatori di handicap grave (art. 80, comma 2, della legge finanziaria 2001), per un ammontare complessivo pari a 300,66 milioni di euro (lettera c), n. 3);
d) oneri per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria previsti da diverse disposizioni e pari complessivamente a 10,97 milioni di euro (lettera c), n. 4).
Secondo la relazione tecnica, le somme per le quali la norma in esame prevede il rifinanziamento sono le seguenti:
§ prestazioni per le quali l’INPS chiede il rimborso in base a risultati di consuntivo (ai sensi del citato articolo 37[79] della legge 89 del 1988), per la copertura del finanziamento della GIAS, per circa 4.635 milioni di euro;
La stessa relazione tecnica precisa, inoltre, che tale somma appare composta da un insieme di richieste di rimborso, riferite ad oneri accertati nel 2003 e in esercizi precedenti. Tra esse si segnalano:
- sgravi per il Mezzogiorno (articolo 3, comma 5, della L . 448 del 1998) per 2.722 milioni di euro. Più specificamente, la relazione sottolinea che il maggior ricorso al regime degli sgravi rispetto alle previsioni originarie è da ascrivere in parte anche all’effetto di attrazione verso l’istituto, a seguito della cumulabilità con il beneficio del c.d. credito di imposta per i nuovi assunti, introdotto dall’articolo 7 della citata legge 388 del 2000;
- contributo statale a favore della GIAS per la copertura integrale degli oneri per agevolazioni contributive per particolari settori e categorie produttive (articolo 37 della legge 88 del 1989) per 1.660 milioni di euro;
- sgravi contributivi per artigiani e commercianti (articolo 3, comma 9, della legge 448 del 1998) per 164 milioni di euro;
- oneri per l’applicazione della sentenza n. 261/1991 della Corte Costituzionale, relativa a sgravi contributivi su retribuzioni non assoggettate a contribuzione sulla disoccupazione involontaria, per 68 milioni di euro;
- altre richieste di rimborso di minori entità, per 21 milioni di euro.
§ prestazioni riferite al rifinanziamento della gestione per l’erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti, di cui al richiamato articolo 130 del D.Lgs. 112 del 1998, per circa 2.497 milioni di euro.
Al riguardo, la relazione tecnica afferma che, soprattutto nel 2002 e nel 2003, si è verificata un’accelerazione gestionale delle nuove liquidazioni, anche per effetto della progressiva operatività ottenuta in seguito alla stipulazione delle convenzioni con alcune regioni per la fase concessiva (la fase erogativa è per la generalità delle regioni attribuita all’INPS). Ciò ha comportato un elevato tasso di incremento della spesa, “notevolmente superiore rispetto al precedente andamento della spesa per le predette prestazioni”. Tale incremento, comunque, risulta in fase di contenimento nel 2004.
Ai sensi del comma 2, il complesso degli effetti contabili derivanti dal comma 1 sulle gestioni INPS interessate è definito attraverso la procedura della conferenza di servizi[80].
Infine, il comma 3 prevede che, ai fini del finanziamento dei maggiori oneri della Gestione per l’erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti presso l’INPS, di cui all’articolo 130 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, valutabili in 1.326 milioni di euro per il 2004, e 827 milioni di euro per il 2005, concorrano risorse derivanti dai minori oneri accertati (di fatto, come già rilevato, riduzioni di trasferimenti) in relazione ad altri interventi sempre di competenza dell’INPS. Secondo la relazione tecnica, anche in questo caso le disposizioni non hanno alcun effetto sui conti delle Pubbliche Amministrazioni, in quanto “tutte le prestazioni interessate dalla norma sono già considerate, negli aggregati del medesimo conto, secondo il loro effettivo ammontare”.
Al riguardo, la relazione tecnica afferma che nel 2004 si prevede un livello di spesa per invalidità civile tale da necessitare di un rifinanziamento del relativo capitolo di bilancio per un importo valutato in 1.326 milioni di euro, “per effetto derivante in buona parte dal trascinamento dei maggiori oneri 2002 e 2003 per l’incremento delle pratiche liquidate”. Al rifinanziamento concorrono le riduzioni ai trasferimenti in precedenza individuati per 780 milioni di euro. Per i rimanenti 546 milioni di euro, invece, come risulta dalla relazione tecnica, si prevede il rifinanziamento ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 468 del 1978[81].
Per quanto concerne gli esercizi 2005 e seguenti, la medesima relazione afferma che la dinamica della spesa per l’invalidità civile dovrebbe risultare attenuata rispetto agli anni precedenti, “anche per effetto del progressivo operare di regime della maggiore efficienza nel procedimento concessivo dell’INPS, in particolare con riferimento alle regioni che hanno stipulato le relative convenzioni con l’Istituto”.
Più specificamente, per l’esercizio 2004, concorrono le seguenti risorse, per un ammontare complessivo di 780 milioni di euro (lettera a):
a) i minori oneri accertati nell’attuazione della disposizione, concernente l’incremento delle pensioni in favore di soggetti disabili (art. 38 della legge finanziaria per il 2002), per un importo complessivo di 245 milioni di euro (numero 1);
b) i minori oneri accertati nell’attuazione della disposizione concernente prestazioni economiche per la tubercolosi (art. 3, comma 14, legge 448 del 1998), per un ammontare complessivo pari a 70 milioni di euro (numero 2);
c) i minori oneri accertati nell’attuazione delle disposizioni concernenti rispettivamente assistenza ai portatori di handicap grave e contribuzione figurativa in favore di sordomuti e invalidi (articolo 80, commi 2 e 3, della citata legge 388 del 2000) per un importo complessivo pari a 160 milioni di euro (secondo quanto specificato dalla relazione tecnica, 100 milioni di euro per l’assistenza ai portatori di handicap grave e 60 milioni per la contribuzione figurativa) (numero 3);
d) i minori oneri accertati nell’attuazione delle norme in materia di, pensionamenti anticipati (rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro, prevista dall’articolo 6 della legge 31 dicembre 1991, n. 415, e dall’articolo 5 della legge 23 dicembre 1992, n. 500) per il finanziamento della gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, istituita presso l’INPS, per un importo complessivo di 305 milioni di euro (numero 4).
A decorrere dal 2005, sono utilizzate le seguenti risorse per un importo complessivo di 825 milioni di euro (lettera b):
a) i minori oneri accertati ai fini dell’incremento delle pensioni in favore di soggetti disabili, per un importo complessivo di 245 milioni di euro (numero 1);
b) i minori oneri accertati per le prestazioni economiche per la tubercolosi, per un ammontare pari a 277 milioni di euro (numero 2);
c) i minori importi accertati in attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, già richiamati alla precedente lettera a), n. 4), per un importo complessivo di 305 milioni di euro (numero 3).
Articolo 21
(Asili nido aziendali)
1. Il Fondo di rotazione per gli asili nido aziendali, di cui all'articolo 91, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è incrementato, per l'anno 2005, di 10 milioni di euro.
La disposizione in esame incrementa di 10 milioni di euro, per l’anno 2005, il fondo di rotazione per gli asili nido aziendali.
La relazione tecnica sottolinea che il rifinanziamento del Fondo non ha impatto sull’indebitamento in quanto si tratta di partite finanziarie.
L’articolo 70 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) ha consentito fra l’altro l’istituzione di micro-nidi nei luoghi di lavoro, prevedendo un Fondo per il loro finanziamento e stabilendo la deducibilità delle spese di partecipazione alla gestione dei micro-asili e dei nidi nei luoghi di lavoro dall'imposta sul reddito dei genitori e dei datori di lavoro in misura da determinarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. A ciò si è provveduto, per gli anni 2002-2004, con il D.M. 17 maggio 2002 (Gazzetta ufficiale 27 maggio 2002, n. 122).
L’articolo 91 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha istituito, a decorrere dall'anno 2003, il Fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro al fine di realizzare, nei luoghi di lavoro, servizi di asili nido e micro-nidi (comma 1).
Il comma 2 specifica quali siano le indicazioni necessarie ai fini della formulazione della domanda di ammissione al finanziamento – da presentare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali – , che sono le seguenti:
§ stima dei tempi di realizzazione;
§ entità del finanziamento richiesto;
§ stima del costo di esecuzione dell'opera.
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con quello dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità, è affidata la definizione i criteri per la concessione dei finanziamenti.
Si stabilisce, inoltre, che, nella concessione dei finanziamenti si dovrà tener conto dei seguenti parametri:
a) il tasso di interesse da applicare alle somme rimborsate deve essere non inferiore allo 0,50% annuo;
b) i finanziamenti saranno rimborsati al 50% con un piano di ammortamento di durata non superiore a sette anni, con rate semestrali posticipate corrisposte a decorrere dal terzo anno successivo all'effettiva erogazione delle risorse;
c) i finanziamenti dovranno seguire un'equa distribuzione territoriale.
Il comma 5 concerne le modalità di copertura dei finanziamenti a favore dei datori di lavoro che realizzino, nei luoghi di lavoro, servizi di asilo nido e micronidi (di cui al richiamato art. 70 della legge 448/2001 – legge finanziaria per il 2002), lasciando invariata la restante disciplina.
In particolare si prevede per il 2003, una dotazione massima per la costituzione del Fondo di rotazione di 10 milioni di euro, nell'ambito delle risorse destinate alle famiglie all’interno del Fondo nazionale per le politiche sociali.
1. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 il livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, al cui finanziamento concorre lo Stato, è determinato in 88.250 milioni di euro per l'anno 2005, 90.014 milioni di euro per l'anno 2006 e 91.813 milioni di euro per l'anno 2007. I predetti importi ricomprendono anche quello di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l'ospedale «Bambino Gesù».
2. Resta fermo l'obbligo in capo all'Agenzia del farmaco di garantire per la quota a proprio carico, ai sensi dell'articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il livello della spesa farmaceutica stabilito dalla legislazione vigente. Nell'ambito delle annuali direttive del Ministro della salute al Direttore dell'Agenzia è incluso il conseguimento dell'obiettivo del rispetto del predetto livello della spesa farmaceutica.
3. L'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto al comma 1, rispetto al livello di cui all'accordo Stato-Regioni dell'8 agosto 2001 per l'anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, è subordinato alla stipula di un specifica intesa tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che contempli ai fini del contenimento della dinamica dei costi:
a) gli adempimenti già previsti dalla vigente legislazione;
b) ulteriori adempimenti per migliorare il monitoraggio della spesa sanitaria nell'ambito del Nuovo sistema informativo sanitario;
c) la prosecuzione del processo di razionalizzazione delle reti strutturali dell'offerta ospedaliera e della domanda ospedaliera, anche mediante rimodulazioni tariffarie che favoriscano il passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno, nonché la programmazione di interventi volti alla prevenzione coerentemente con il Piano sanitario nazionale;
d) il vincolo di crescita delle voci dei costi di produzione, con esclusione di quelli per il personale cui si applica la specifica normativa di settore, secondo modalità che garantiscono che, complessivamente, la loro crescita non sia superiore, a decorrere dal 2005, al 2 per cento annuo rispetto ai dati previsionali indicati nel bilancio dell'anno precedente, al netto di eventuali costi di personale di competenza di precedenti esercizi;
e) in ogni caso, l'obbligo in capo alle regioni di garantire in sede di programmazione regionale, coerentemente con gli obiettivi sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, l'equilibrio economico-finanziario delle proprie aziende sanitarie, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie ed Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sia in sede di preventivo annuale che di conto consuntivo, realizzando forme di verifica trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e prevedendo l'obbligatorietà dell'adozione di misure per la riconduzione in equilibrio della gestione ove si prospettassero situazioni di squilibrio, nonché l'ipotesi di decadenza del direttore generale.
4. Al fine del rispetto dell'equilibrio economico-finanziario, la regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari. Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento. Qualora la regione non adempia, entro i successivi 30 giorni il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio d'esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione ed adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento.
5. In caso di mancato adempimento agli obblighi di cui al comma 3 è precluso l'accesso al maggiore finanziamento previsto per gli anni 2005, 2006 e 2007, con conseguente immediato recupero delle somme eventualmente erogate.
6. La regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 4 e 5, anche avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. I Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 3. La sottoscrizione dell'accordo è condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma.
7. Con riferimento agli importi indicati al comma 1, relativamente alla somma di 1.000 milioni di euro per l'anno 2005, 1.200 milioni di euro per l'anno 2006 e 1.400 milioni di euro per l'anno 2007, il relativo riconoscimento alle regioni resta condizionato, oltre che agli adempimenti di cui al comma 3, anche al rispetto da parte delle regioni medesime dell'obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall'articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in particolare, per il 50 per cento dei predetti importi, al rispetto dell'obiettivo da parte della singola regione e per il restante 50 per cento, al rispetto dell'obiettivo da parte delle regioni nel loro complesso.
8. Al fine di consentire in via anticipata l'erogazione dell'incremento del finanziamento a carico dello Stato:
a) in deroga a quanto stabilito dall'articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, il Ministero dell'economia e delle finanze, per gli anni 2005, 2006 e 2007, è autorizzato a concedere alle regioni a statuto ordinario anticipazioni con riferimento alle somme indicate al comma 1, al netto di quelle indicate al comma 7, da accreditare sulle contabilità speciali di cui all'articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in essere presso le tesorerie provinciali dello Stato, nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute alle regioni a statuto ordinario a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario, quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie regionali;
b) per gli anni 2005, 2006 e 2007, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere alle regioni Sicilia e Sardegna anticipazioni nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute a tali regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie e delle partecipazioni delle medesime regioni;
c) all'erogazione dell'ulteriore 5 per cento o al ripristino del livello di finanziamento previsto dall'accordo Stato-Regioni dell'8 agosto 2001 per l'anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, nei confronti delle singole regioni si provvede a seguito della verifica degli adempimenti di cui ai commi 3 e 7;
d) nelle more della deliberazione del CIPE e della proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, nonché della stipula dell'intesa di cui al comma 3, le anticipazioni sono commisurate al livello del finanziamento corrispondente a quello previsto dal riparto per l'anno 2004 in base alla deliberazione CIPE, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005;
e) sono autorizzati, in sede di conguaglio, eventuali recuperi che dovessero rendersi necessari anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti alle regioni per gli esercizi successivi.
Il livello massimo della spesa, nel prossimo triennio, per il funzionamento del Servizio sanitario nazionale è stabilito in 88.250 milioni di euro per il 2005; 90.014 milioni di euro per il 2006; 91.813 milioni di euro per il 2007. All’interno di tali importi è ricompreso anche il finanziamento integrativo dell’ospedale “Bambin Gesù” di Roma in misura pari a 50 milioni annui (comma 1).
Il comma 2 ribadisce i livelli massimi della spesa farmaceutica territoriale e complessiva e i poteri attribuiti all’Agenzia italiana del farmaco ai sensi della legislazione vigente per il raggiungimento di tali obiettivi.
L’integrale trasferimento delle somme indicate al comma 1 dallo Stato alle Regioni è peraltro subordinato ad alcuni adempimenti da parte di ciascuna regione, volti a garantire il rispetto degli obiettivi economico-finanziari. In particolare:
§ la stipulazione di una specifica intesa tra lo Stato e le Regioni sugli strumenti per assicurare il contenimento della spesa e l’adempimento di tutti gli obblighi da essa previsti (commi 3 e 5);
§ in caso di mancato rispetto degli equilibri economico-finanziari, l’adozione di ulteriori misure (comma 4), anche attraverso la stipulazione di accordi tra ciascuna Regione e i Ministeri della salute e dell’economia (comma 6);
§ il rispetto dei limiti massimi della spesa farmaceutica da parte delle singole Regioni (comma 7).
In caso d’inosservanza degli adempimenti e delle misure sopra descritte, alle Regioni sarà corrisposta una somma inferiore a quelle indicate dal comma 1, pari all’importo previsto per il 2004 dall’Accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001, incrementato del 2% annuo (commi 1, 5 e 6). Il superamento dei livelli massimi di spesa per la spesa farmaceutica costituisce in ogni caso un fattore di riduzione dei trasferimenti complessivi (comma 7).
Il comma 8 disciplina le modalità di erogazione dei trasferimenti da parte della Tesoreria, in relazione ai livelli di spesa (e ai vincoli) posti dai commi precedenti.
Il comma 1 stabilisce l’entità dei trasferimenti statali alle Regioni per il settore sanitario per il triennio 2005 - 2007 (importi in milioni di euro):
§ 2005: 88.250
§ 2006: 90.014
§ 2007: 91.813
Tali importi comprendono anche il finanziamento integrativo dell’ospedale “Bambin Gesù” di Roma in misura pari a 50 milioni annui.
Si ricorda che alla spesa sanitaria si applicano meccanismi di crescita vincolata diversi da quelli applicati, in via generale, a regioni e province autonome ai sensi dell’art. 6 del disegno di legge finanziaria.
La relazione tecnica precisa altresì che la Conferenza Stato-Regioni, al termine di una lunga istruttoria, ha approvato la quantificazione degli effetti finanziari, sul versante sanitario, dei provvedimenti legislativi di regolarizzazione di lavoratori extracomunitari, per un importo per il 2004 di 579 milioni di euro. Tale somma è inglobata, a partire dal 2005, nei livelli di spesa complessivi sopra indicati[82].
Si ricorda che l’entità dei trasferimenti per il quadriennio 2001 – 2004 era stata concordata in sede di Conferenza Stato-Regioni con l’Accordo dell’8 agosto 2001.
L’Accordo citatoaveva stabilito nuovi e più elevati limiti relativi alla spesa sanitaria, rifinanziandola in misura consistente a partire dall’anno 2001 e definendo altresì le modalità di finanziamento per il ripiano dei disavanzi pregressi formatisi al 31 dicembre 2001. Gli importi risultavano pari a 138.000 miliardi di lire (+5,2%) per l'anno 2001 e, nel triennio 2002-2004, rispettivamente, a 146.376 miliardi di lire (+6,0%), 152.122 miliardi di lire (+3,9%) e 157.371 miliardi di lire (+3,4%, comprensivi delle risorse aggiuntive), partendo dall'originario fabbisogno 2001 finanziato sulla base del precedente Accordo per 131.143 miliardi di lire (art. 85 della legge n. 388/2000).
Per il triennio 2005-2007, l’Accordo dell’8 agosto 2001 non precisava l’entità dei trasferimenti, limitandosi ad indicare nel 6% il rapporto tra fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e PIL, come rapporto “compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica e con il patto di stabilità e crescita sottoscritto in sede europea”[83].
Va comunque ricordato le Regioni, considerato l’insorgere di nuovi fattori di costo e di spesa, hanno contestato l’adeguatezza degli stanziamenti derivanti dall’Accordo dell’8 agosto 2001 e dall’applicazione del decreto legislativo n. 56/2000. Tali divergenze hanno impedito di raggiungere presso la Conferenza Stato-Regioni un nuovo accordo sull’entità dei finanziamenti per il triennio in esame.
Un documento presentato da Regioni e province autonome in data 4 agosto 2004 stima in circa 91.000 milioni di euro il fabbisogno sanitario finanziario necessario per assicurare i livelli essenziali di assistenza, cui aggiungere oneri per contratti e convenzioni.
Si ricorda che il DPEF 2005 – 2008 presenta il seguente quadro delle previsioni a legislazione vigente per la spesa sanitaria (conto delle amministrazioni pubbliche; importi in milioni di euro)[84]:
§ 2004: 89.650
§ 2005: 92.434
§ 2006: 95.644
§ 2007: 99.676
§ 2008: 103.856
L’allegato 7 al disegno di legge finanziaria indica in 4.250 milioni di euro la minore spesa conseguente alla manovra in esame, in termini di fabbisogno del settore statale e di indebitamento netto della pubblica amministrazione, per ciascuno degli anni 2005, 2006, 2007 (cfr. pag. 190 dell’A.C. 5310).
Si segnala che, nel corso dell’esposizione economico finanziaria ed esposizione del bilancio di previsione, il Ministro dell’economia e delle finanze ha specificato che il livello di spesa indicato per il 2005 è stato calcolato applicando l’incremento del 2% “non rispetto al fondo sanitario dell'anno scorso, che era troppo basso e tutti lo sapevamo, ma rispetto alla spesa effettivamente realizzata nell'anno”[85].
Va rilevato che il livello dei trasferimenti statali previsto dalla legge finanziaria in esame per il 2005 (88.250 milioni di euro) evidenzierebbe una crescita del 8,57% rispetto all’importo originariamente stanziato per il 2004 dall’Accordo dell’8 agosto 2001 (81.287 mln. di euro). Se si considerano anche i successivi finanziamenti integrativi per il 2004, pari a complessivi 854 milioni di euro[86], la crescita rispetto ai trasferimenti statali del 2004 sarebbe invece pari al 7,44%.
Per gli anni 2006 e 2007 i trasferimenti sono pari allo stanziamento per l’anno precedente, incrementato del 2% annuo.
Si rileva altresì che il rapporto spesa sanitaria pubblica/PIL, in base ai nuovi livelli della spesa indicati dal comma 1, è pari al 6,25% per il 2005; 6,1% per il 2006; 5,96% per il 2007[87].
Per una valutazione approfondita dell’entità dei nuovi livelli complessivi stabiliti dal comma 1, sarebbe opportuno disporre di maggiori elementi sui dati più recenti della spesa sanitaria nel 2004 e sulle previsioni in ordine alla crescita delle diverse categorie di spesa nel prossimo triennio, con particolare riferimento a quelle per il personale e per la farmaceutica (cfr. anche infra).
I commi da 3 a 6 ripropongono e rafforzano, anche per il triennio 2005 – 2007, i meccanismi di incentivazione e di sanzione, già previsti dalla legislazione vigente a partire dal 2001, nei confronti delle regioni che non conseguiranno gli obiettivi di contenimento della spesa. Il comma 7 riguarda uno specifico meccanismo sanzionatorio per il superamento dei limiti previsti per la spesa farmaceutica (vedi paragrafo seguente).
Tali meccanismi trovano origine nell’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001, recepito nell’ordinamento dal decreto-legge 347/2001 [88], come precisato dalla legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002) e dall’art. 4 del decreto-legge n. 63 del 2002[89].
Il mancato raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel prossimo triennio comporterà una riduzione dei trasferimenti dello Stato. La base di riferimento per le Regioni inadempienti sarà l’importo dei trasferimenti indicato dall’Accordo dell’8 agosto del 2001 per il 2004, incrementato del 2% annuo.
Si segnala l’opportunità di precisare se la norma debba fare espresso riferimento anche ai successivi finanziamenti integrativi per il 2004.
Per i finanziamenti integrativi per il 2004 si fa riferimento:
- a quanto disposto dall’art. 3, comma 52, della legge finanziaria per il 2004 che, in deroga all’Accordo sopra citato, ha elevato di 550 milioni di euro per il 2004, di cui 275 milioni di euro per arretrati [90], il parziale concorso dello Stato al finanziamento della spesa derivante dal rinnovo dei contratti del personale del comparto sanitario per il biennio 2002-2003 (primo biennio);
- al finanziamento di 579 milioni di euro, a partire dal 2004, conseguente ai provvedimenti legislativi di regolarizzazione di lavoratori extracomunitari, indicato dalla relazione tecnica governativa.
In particolare, i commi 3 e 5 subordinanol’accesso al finanziamento integrale alla stipula di un’intesa tra lo Stato e le Regioni, ai sensi del comma 6 dell'articolo 8 della legge 131/2003[91], contenente specifici impegni per il contenimento della dinamica dei costi, concernenti:
a) gli adempimenti previsti dalla vigente legislazione;
b) il potenziamento degli adempimenti relativi al monitoraggio della spesa;
c) la prosecuzione del programma di razionalizzazione della rete ospedaliera e della domanda ospedaliera, anche attraverso una rimodulazione delle tariffe che favorisca il passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e la programmazione di interventi di prevenzione;
d) il vincolo di crescita della spesa del 2% annuo delle voci dei costi di produzione, con esclusione di quelli per il personale, indicati nel bilancio di previsione dell’anno precedente.
La norma non indica un termine per l’adozione dell’intesa.
Si segnala che nel corso dell’esposizione economico finanziaria ed esposizione del bilancio di previsione, il Ministro dell’economia e delle finanze ha sottolineato che “naturalmente la disciplina dell'intera materia è subordinata ad un'intesa tra il Governo e le regioni – io stesso e il sottosegretario Vegas abbiamo già cominciato a ragionarci – volta a definire i concreti comportamenti che gli enti dovranno avere, cioè le norme di comportamento”[92].
Con riguardo alla lettera d), potrebbe essere opportuno un chiarimento sugli effetti derivanti, nel 2005, da tale disposizione, basata sul solo parametro della spesa del bilancio di previsione dell’anno precedente, tenuto conto della significativa crescita dei trasferimenti statali complessivi alle regioni rispetto al 2004, dei meccanismi di riparto dei trasferimenti medesimi tra le regioni e della diversa situazione economico-finanziaria delle medesime regioni.
Per quanto riguarda gli adempimenti previsti dalla legislazione vigente e il monitoraggio costante della spesa, si ricorda in particolare quanto disposto dall’Accordo dell’8 agosto 2001 e dalla legge finanziaria per il 2003.
I punti 2, 15 e 19 dell’Accordo dell’8 agosto 2001 riguardano specialmente:
§ l’anticipazione della verifica degli andamenti della spesa, ai sensi dell'art. 83 della legge n. 388/2000;
§ l’adesione alle convenzioni in tema di acquisti di beni e servizi, restando inteso che la spesa eccedente non potrà essere finanziata a carico dello Stato;
§ il rispetto degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa;
§ l’adeguamento alle prescrizioni del patto di stabilità interno;
§ l'impegno a mantenere l'erogazione delle prestazioni ricomprese nei livelli essenziali di assistenza, costituendo anche un “tavolo tecnico” presso la Conferenza Stato-Regioni per la verifica del rispetto di tali livelli e dei fattori determinanti l’evoluzione della spesa;
§ l’impegno a mantenere la stabilità della gestione, applicando direttamente misure di contenimento della spesa stessa, che potranno riguardare l'introduzione di strumenti di controllo della domanda, la riduzione della spesa sanitaria o in altri settori, ovvero l'applicazione di un'addizionale regionale all'IRPEF o altri strumenti fiscali previsti dalla normativa vigente, nella misura necessaria a coprire l'incremento di spesa;
§ la quantificazione dei maggiori oneri a loro carico, con l’indicazione dei mezzi di copertura.
Con l’articolo 52, comma 4, della legge finanziaria per il 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289) sono stati introdotti ulteriori adempimenti ai quali le Regioni sono tenute, per accedere ai finanziamenti nella loro integrità:
§ attivare sul rispettivo territorio il monitoraggio informatico delle prescrizioni mediche (farmaceutiche, specialistiche e ospedaliere)[93]. La verifica dell'attivazione avviene secondo modalità definite in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. (Il successivo comma 9 prevede – anche al fine di potenziare il processo di attivazione del monitoraggio informatico – l’avvio sperimentale della carta nazionale dei servizi, cfr. infra);
§ contenere l'erogazione di prestazioni che non soddisfano il principio di appropriatezza organizzativa e di economicità nella utilizzazione delle risorse. La verifica dell'adempimento in esame avviene secondo modalità definite in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
§ adottare iniziative affinché gli accertamenti diagnostici negli ospedali pubblici siano svolti continuativamente, per sette giorni la settimana, al fine di ridurre le liste di attesa; ciò in ogni caso nel rispetto delle linee guida per la riduzione delle liste di attesa concordate tra lo Stato e le Regioni il 14 febbraio 2002. A questo scopo, le Regioni potranno ricorrere alla flessibilità organizzativa, alla turnazione nel lavoro straordinario e alla pronta disponibilità, nonché recuperare il personale attualmente impiegato in compiti non prioritari. Le iniziative non devono in ogni caso comportare maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Le Regioni riferiscono annualmente al Parlamento sull’attuazione degli adempimenti descritti.
§ prevedere la decadenza dei direttori generali delle aziende sanitarie, ospedaliere e ospedaliere autonome che non conducano le medesime all’equilibrio economico.
§ l’obbligo per le regioni di garantire l’equilibrio economico finanziario delle proprie strutture sanitarie attraverso la realizzazione di sistemi di verifica trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e disponendo l’adozione di misure per la riconduzione in equilibrio della gestione nei casi di squilibrio, nonché l’ipotesi di decadenza del direttore generale.
Ai sensi del comma 4, ove si verifichi una situazione di squilibrio gestionale evidenziato dalla verifica trimestrale, le regioni hanno l’obbligo di adottare i provvedimenti necessari.
Nei confronti delle Regioni in cui dai dati dell’ultimo monitoraggio si manifesti un disavanzo di gestione causato dalla mancata adozione dei provvedimenti o dall’insufficienza degli stessi si dispone la diffida a provvedervi entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri[94].
In conseguenza del mancato rispetto del suddetto termine entro i successivi trenta giorni, si prevede che il Presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approvi il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione, e adotti i necessari provvedimenti per il suo ripianamento.
Ai sensi del comma 6 la Regione che si trovi nelle condizioni indicate dai commi 4 e 5 procede alla verifica delle cause ed elabora un programma di riqualificazione del Servizio sanitario regionale.
Si dispone inoltre la definizione di un accordo tra la Regione interessata e i Ministri della salute e dell’economia per l’individuazione degli interventi necessari al raggiungimento dell’equilibrio economico, anche tenendo conto dei livelli essenziali di assistenza e degli impegni di cui all’intesa prevista dal comma 3.
Alla sottoscrizione dell’accordo è condizionata la riassegnazione del maggior finanziamento alla Regione interessata.
Si segnala che analoghi meccanismi di monitoraggio e di intervento tempestivo per contrastare l’emergere di disavanzi nel corso dell’anno finanziario sono stati adottati in passato con provvedimenti legislativi, in recepimento di accordi stipulati in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Con l’art. 83 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) è stata data attuazione all’Accordo del 3 agosto 2000. In particolare, i commi 4-7 dettano le modalità per la copertura da parte delle Regioni, a partire dal 2001, dei disavanzi che risultassero dai conti consuntivi (da effettuarsi entro il 30 giugno dell'anno successivo). L'accertamento di tali disavanzi, l'individuazione della base imponibile dei singoli tributi regionali e l'ammontare delle variazioni in aumento di una o più aliquote dei tributi regionali medesimi è effettuato dai Ministri della Sanità, del Tesoro, delle Finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. L'aumento dei tributi deve essere effettuato dalle Regioni entro il 31 ottobre di ciascun anno. In caso di inerzia delle Regioni, il Governo, previa diffida alle medesime, adotta le forme di intervento sostitutivo. I disavanzi possono essere coperti dalle regioni anche attingendo a risorse proprie e comunque senza ricorrere a mutui.
L’art. 4 del D.L. n. 347 del 2001 concerne i meccanismi di intervento per il ripiano degli eventuali disavanzi sanitari delle Regioni, commisurati alle risorse nazionali della spesa sanitaria definite dall'Accordo dell'8 agosto 2001 (espressamente richiamato nella norma in esame). La norma attribuisce alle Regioni la competenza per i provvedimenti di ripiano, senza prevedere quel potere sostitutivo di cui alla legge n. 388 del 2000 sopra ricordata. Le tipologie di provvedimenti adottabili sono così definite:
a) misure di compartecipazione alla spesa sanitaria, ivi compresa la definizione dei relativi ambiti di responsabilità;
b) variazioni dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF o altri interventi tributari possibili nell'ambito della normativa vigente;
c) altre misure idonee al contenimento della spesa sanitaria, relative anche ai meccanismi di distribuzione dei farmaci.
Il comma 2 conferma i livelli massimi della spesa farmaceutica già previsti dalla legislazione vigente e cioè:
§ l'onere derivante dall'assistenza farmaceutica territoriale (esclusa, quindi, quella ospedaliera) non può superare, a livello nazionale ed in ogni singola regione, il 13% del totale della spesa sanitaria corrente a carico del SSN[95];
§ l'onere derivante dall'assistenza farmaceutica complessiva, a livello sia generale che di singola regione (che comprende anche quella relativa al trattamento dei pazienti in regime di ricovero ospedaliero) non può superare, a livello nazionale ed in ogni singola regione, il 16% del totale della spesa sanitaria corrente a carico del SSN[96].
La norma in esame ribadisce altresì l’obbligo per l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) di garantire “per la quota a proprio carico” il rispetto dei livelli di spesa farmaceutica sopra indicati. Si specifica inoltre che le direttive del Ministro della salute al Direttore dell’Agenzia includono “il conseguimento dell’obiettivo del rispetto del predetto livello di spesa”.
La relazione tecnica precisa che, nell’ambito dei 4.250 milioni di euro risparmi previsti per il 2005, 2000 milioni sono attesi dagli interventi dell’AIFA e delle Regioni nel comparto farmaceutico
Al riguardo appare opportuno un chiarimento sulla dizione di “quota a carico” dell’AIFA - utilizzata dal comma 2 – ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmati (e quindi dell’entità degli interventi ad essa attribuibili), anche in relazione all’andamento tendenziale della spesa farmaceutica nel corso del 2004, che ha determinato l’adozione di provvedimenti di legge per contrastare il significativo superamento dei limiti di spesa (sul punto vedi anche infra).
Si ricorda che l’AIFA è stata istituita con il decreto-legge n. 269 del 2003, art. 48[97], “al fine di garantire l’unitarietà delle attività in materia di farmaceutica e di favorire in Italia gli investimenti in ricerca e sviluppo”. L’Agenzia è sottoposta alle funzioni di indirizzo del Ministero della salute e alla vigilanza dei Ministeri della salute e dell’economia. Il programma annuale dell’attività e degli interventi è trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni, che esprime su di esso un parere. Relazioni periodiche sono altresì trasmesse alle competenti Commissioni parlamentari[98].
In base alla legislazione vigente, l’Agenzia esercita una serie di importanti compiti finalizzati al contenimento della spesa farmaceutica.
Spetta all’Agenzia promuovere la definizione delle linee guida per la terapia farmacologica, nelle diverse fasi dell’assistenza (distrettuale, residenziale, ricovero ospedaliero).
Per il monitoraggio della spesal’Agenzia si avvale dell’OSMED (Osservatorio sull’impiego dei medicinali)[99], e della collaborazione con le Regioni e Province autonome. A tal fine si analizza sia la spesa a carico del SSN che quella privata.
La revisione del prontuarioè sempre curata dall’Agenzia del farmaco con cadenza annuale, ovvero semestrale nel caso di sfondamento dei tetti di spesa programmati. La revisione avviene sulla base dei criteri costo-efficacia e deve assicurare il rispetto dei livelli di spesa.
In caso di nuovi farmaci, occorre distinguere:
- per i prodotti medicinali che comportano un vantaggio terapeutico aggiuntivo, si prevede l'attribuzione di un premio di prezzo - il quale è altresì riconosciuto per i farmaci orfani[100] - facendo riferimento ai criteri stabiliti dalla normativa vigente;
- per i prodotti che non comportano tale vantaggio terapeutico aggiuntivo, l’inserimento nel prontuario è subordinato alla condizione che il prezzo del nuovo medicinale sia inferiore o uguale al più basso tra quello dei farmaci della relativa categoria terapeutica omogenea [101].
L’Agenzia provvede, entro il 30 giugno 2004, alla definitiva individuazione delle confezioni ottimali per l'inizio e il mantenimento delle terapie e contro le patologie croniche (con farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale), stabilendo altresì i criteri relativi al prezzo[102]. Una specifica penalità - concernente quest’ultimo - è prevista per il caso di mancato adeguamento alle confezioni ottimali così ridefinite.
In caso di superamento dei livelli di spesa programmati, l’Agenzia provvede “anche temporaneamente” ad una ripartizione della spesa eccedente secondo i seguenti criteri:
§ per il 60%: ridefinendo le quote di spettanza del produttore (sul prezzo dei farmaci ammessi al rimborso);
§ per il 40%: è ripianata dalle singole regioni attraverso l'adozione di specifiche misure in materia farmaceutica. Questo adempimento si aggiunge agli altri obblighi a carico delle regioni per poter usufruire dell'adeguamento della quota di concorso statale al finanziamento della spesa sanitaria[103].
Va ricordato che il decreto legge n. 156 del 2004, come modificato in sede di conversione[104], è intervenuto per contrastare la crescita tendenziale della spesa farmaceutica nel corso del 2004 superiore ai tetti prefissati. Con tale provvedimento, tra l’altro, è stata stabilita in via presuntiva la quota del disavanzo da porre a carico delle imprese, mentre la definizione dei criteri, modalità e quote di attribuzione del ripiano a ciascuna regione è stata rinviata ad un futuro accordo tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 7 disciplina le conseguenze del mancato rispetto dei livelli di spesa farmaceutica, disponendo che l’erogazione di una quota dei trasferimenti complessivi sia condizionata al raggiungimento degli obiettivi prefissi. Tale quota è fissata in misura pari a 1.000 milioni di euro per il 2005; 1.200 milioni di euro per il 2006; 1.400 milioni di euro per il 2007.
La norma subordina il riconoscimento di tali somme alla condizione che sia rispettato dalle Regioni l’“obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall’art. 48” del decreto legge n. 269 del 2003. In particolare, gli importi sopra indicati sono vincolati:
- per il 50%, al rispetto dell’obiettivo da parte della singola regione;
- per il restante 50%, al rispetto dell’obiettivo da parte delle regioni nel loro complesso.
Al riguardo, come già segnalato con riferimento al comma 2, appare opportuno un chiarimento della dizione “obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall’art. 48” del decreto legge n. 269 del 2003. Come già ricordato, tale disposizione, nel caso in cui le misure adottate dall’AIFA non siano sufficienti a conseguire il rispetto dei limiti massimi previsti, pone a carico delle Regioni la copertura del 40% della spesa eccedente, mentre il 60% sarebbe a carico delle imprese farmaceutiche. Sembra necessario un approfondimento di tale aspetto, anche alla luce della relazione tecnica che distingue tra misure a carico dell’AIFA (60%) e delle Regioni (40%).
Appare inoltre opportuno, anche in relazione alla forte diversità oggi esistente tra regione e regione rispetto all’osservanza dei vincoli posti alla spesa farmaceutica, un chiarimento sul meccanismo che ripartisce tra tutte le regioni (comprese quelle mantenutesi entro i limiti di spesa) le conseguenze del disavanzo complessivo.
Il comma 8 modifica, per gli anni 2005, 2006 e 2007, la disciplina delle anticipazioni che la Tesoreria statale eroga alle regioni a statuto ordinario e alle regioni Sicilia e Sardegna per il finanziamento della spesa sanitaria corrente.
La modifica adegua le anticipazioni di cassa al totale della spesa prevista in ciascun esercizio per il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza. La disciplina vigente[105] non consentirebbe di commisurare le anticipazioni ai maggiori stanziamenti stabiliti comma 1 dell’articolo in esame e ridurrebbe, per questo, la liquidità a disposizione delle regioni.
Il beneficio delle maggiori anticipazioni è però connesso ad un criterio ‘premiale’ o ‘incentivante’ (comma 7 e comma 8, lettera c), inteso a favorire il contenimento e la razionalizzazione della spesa sanitaria corrente. Le ulteriori spettanze (quanto cioè non versato a titolo di anticipazione) sono versate a ciascuna regione soltanto se essa avrà rispettato i limiti di spesa e i vincoli amministrativi stabiliti a questo fine dai commi 3-7 dell’articolo in esame.
In particolare, la lettera a) reca la nuova disciplina delle anticipazioni di tesoreria, in deroga a quanto stabilisce l’articolo 1 del D.M. 21 febbraio 2001 (in attuazione dell’articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56[106]).
La misura delle anticipazioni viene determinata – per ciascuno degli esercizi 2005, 2006 e 2007 – nel 95% per cento della somma spettante a ciascuna regione a titolo di «quota indistinta del fabbisogno sanitario»; quest’ultima deriva dal livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, stabilito per ciascuno dei tre anni dal comma 1 dell’articolo in esame[107]. Questa somma, al fine di determinare l’ammontare delle anticipazioni da corrispondere, viene diminuita – secondo quanto disposto dal comma 7 dell’articolo in esame – di 1.000, 1.200 e 1.400 milioni di euro, rispettivamente per gli anni 2005, 2006 e 2007.
Queste ultime somme non sono computate perciò ai fini della determinazione delle anticipazioni spettanti e, insieme alla restante quota del 5%, saranno versate alle regioni secondo le modalità della disciplina ‘premiale’ o ‘incentivante’ stabilita dal medesimo comma 7 e dal comma 8, lettera c), dell’articolo in esame (vedi infra).
Infine, poiché al finanziamento della «quota indistinta del fabbisogno sanitario» concorrono anche le entrate proprie di ciascuna regione, le anticipazioni sono ulteriormente determinate al netto di queste ultime.
Si tratta, per tutte le regioni, delle entrate derivante dalla ‘compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria’ (i cosiddetti ‘ticket’, incassati direttamente dalle ASL) e, per le regioni Sicilia e Sardegna, della parte del gettito delle compartecipazioni ai tributi erariali (entrate proprie incassate direttamente) che esse devono destinare al finanziamento della spesa sanitaria corrente.
Il complesso delle anticipazioni spettanti a ciascuna regione è corrisposto in quote trimestrali anticipate, accreditate dalla Tesoreria centrale sulle contabilità speciali[108] in essere presso le tesorerie provinciali dello Stato.
La medesima disciplina delle anticipazioni stabilita dalla lettera a) per le regioni a statuto ordinario è estesa dalla lettera b)alle regioni Sicilia e Sardegna. Queste infatti, a differenza delle altre regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, concorrono – se pure in misura ridotta – alla ripartizione del fondo perequativo e, per questo, alle relative anticipazioni di tesoreria[109]. Per esse, come si è detto, le somme alle quali è commisurata l’anticipazione del 95% sono ridotte anche in ragione della quota da finanziare con risorse del proprio bilancio.
Il Ministero dell’economia e delle finanze (e per esso la Tesoreria centrale) procede alla determinazione e all’accreditamento delle anticipazioni sulla base delle spettanze determinate dal CIPE il quale, previa proposta del Ministero della salute, ripartisce annualmente tra i vari impieghi e tra le singole regioni le disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale (quelle di cui al comma 1 dell’articolo in esame). In base alla determinazione del CIPE il Ministero dell’economia e delle finanze formula la proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono assegnate a ciascuna regione le somme effettivamente dovute in ragione del gettito atteso per ciascuna dalle entrate tributarie e dai ticket (così l’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56).
Poiché la deliberazione del CIPE e la proposta del Ministero dell’economia e delle finanze intervengono in corso d’esercizio, la lettera d) del comma in esame stabilisce che sino alla formazione di tali atti le anticipazioni corrisposte siano pari al 95% delle somme spettanti a ciascuna regione in base al riparto stabilito dal CIPE per l’anno 2004, rivalutate del 2 per cento, su base annua, a decorrere dall’anno 2005[110].
Le medesime anticipazioni in ‘misura ridotta’ sono inoltre corrisposte – anche quando siano intervenuti i due atti di ripartizione previsti dal decreto legislativo n. 56/2000 – alle regioni che non abbiano provveduto alla stipulazione della Intesa con lo Stato prevista dal comma 3 dell’articolo in esame (vedi infra). La stipulazione di quell’intesa condiziona l’accesso al finanziamento integrativo stabilito dal comma 1 dell’articolo in esame.
La lettera e) autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad effettuare recuperi e versamenti compensativi in sede di conguaglio finale delle somme dovute. Le trattenute di recupero delle somme indebitamente corrisposte potranno essere effettuate su ogni altra somma dovuta (dalla Tesoreria) alla regione a qualsiasi titolo.
La lettera c) disciplina infine la corresponsione dell’ulteriore 5% delle spettanze dovute a ciascuna regione. Quella somma è corrisposta soltanto a seguito della verifica degli adempimenti previsti (e prescritti) dai commi 3 e ss. dell’articolo in esame (vedi infra). Si tratta della parte della disciplina connessa alla verifica degli adempimenti stabiliti per il contenimento della spesa e si tratta, in definitiva, del sistema premiale che, subordinando l’ammontare delle anticipazioni e il completamento delle spettanze al rispetto di quei limiti e di quei vincoli, incentiva a contenere le spesa entro i limiti fissati. Per altro, come detto a proposito di quanto stabilito dal comma 5, le regioni che non rispettano quei limiti sono escluse dal finanziamento integrativo e hanno diritto soltanto al finanziamento spettante per l’anno 2004, incrementato del 2 per cento per ciascuno dei tre anni.
***
Ricostruzione normativa: il finanziamento della spesa sanitaria corrente delle regioni
L’ammontare complessivo della spesa necessaria al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e dei progetti sanitari di carattere nazionale è stabilito dal piano sanitario nazionale. Sulla base di queste statuizioni la legge (anche la legge finanziaria) determina l’ammontare massimo della spesa sanitaria corrente pubblica per ciascun anno considerato.
La quota (di spesa) spettante a ciascuna regione e provincia autonoma è stabilita sulla base della popolazione residente e di alcuni criteri correttivi che considerano le diverse condizioni di morbilità, la dotazione di strutture sanitarie e la spesa storica di ciascun ente.
Il concorso del bilancio dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria corrente è stabilito di conseguenza e fino ad integrare la quota di spesa non coperta dal gettito (presunto) dei tributi specifici e delle altre entrate assegnate a questo scopo alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano.
Al finanziamento della spesa sanitaria corrente delle regioni a statuto ordinario concorrono pertanto:
- il gettito dell’Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
- il gettito dell’addizionale regionale all’IRPEF;
- i proventi dei contributi di partecipazione alla spesa sanitaria riscossi nella regione;
- la quota parte del Fondo sanitario nazionale, alimentato dalla compartecipazione regionale al gettito dell’IVA, secondo la disciplina introdotta dal citato decreto legislativo n. 56 del 2000 e sino a concorrenza della spesa pro capite spettante a ciascuna regione in base a parametri di ripartizione stabiliti secondo i livelli essenziali di assistenza e secondo taluni criteri che tengono conto delle caratteristiche sanitarie della popolazione di ciascuna regione.
Le regioni Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia e le province autonome di Trento e Bolzano sono escluse dalla ripartizione del Fondo sanitario nazionale e finanziano quella parte di spesa sanitaria corrente con risorse del proprio bilancio. La regione Sicilia finanzia con risorse del proprio bilancio il 42,5 per cento della quota che dovrebbe essere integrata dal Fondo sanitario nazionale; la regione Sardegna vi provvede nella misura del 29 per cento.
Delle diverse fonti di finanziamento della spesa sanitaria corrente, soltanto i contributi di partecipazione ala spesa sanitaria sono riscossi direttamente dalle regioni. Le somme riscosse (dall’Erario) a titolo di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e di addizionale regionale all’IRPEF sono riversate alle regioni mensilmente o periodicamente sui conti correnti infruttiferi e sulle contabilità speciali di giroconto istituiti presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato (v. D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 40; D.M. 24 marzo 1998 e D.M. 3 luglio 2000 del Ministro del Tesoro e della programmazione economica).
Poiché questo andamento dei flussi di entrata non è in grado di sostenere la continuità dei flussi di spesa, l’articolo 13, comma 6, del D.Lgs. 18 febbraio 200, n. 56, ha introdotto un sistema di anticipazioni di tesoreria inteso a garantire alle regioni una disponibilità finanziaria costante e commisurata al livello delle spese preventivate (“in misura sufficiente a finanziare la spesa sanitaria corrente”). Le tesorerie provinciali operano contestualmente le relative compensazioni sulle risorse proprie delle regioni.
Alla disciplina delle anticipazioni ha provveduto il D.M. 21 febbraio 2001 (Modalità di concessione delle anticipazioni alle regioni a statuto ordinario per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale).
Le anticipazioni sono concesse, in quote trimestrali anticipate, sino ad un dodicesimo mensile delle somme spettanti a titolo di quota IRAP di addizionale regionale all’IRPEF e di quota parte dell’IVA determinata ai sensi del decreto legislativo n. 56/2000.
I dodicesimi sono commisurati all’ammontare spettante a ciascuna regione e provincia autonoma (IRAP, Addizionale IRPEF e quota parte del Fondo sanitario nazionale) quale risulta dalla Deliberazione del CIPE che ripartisce tra le diverse destinazioni e tra le regioni il finanziamento annuale della spesa sanitaria corrente. La deliberazione è assunta sulla base delle previsioni di gettito determinate dal Ministero dell’economia per ciascuno dei due tributi e dell’ammontare della compartecipazione al gettito dell’IVA che, secondo quanto dispone l’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 56 del 2000, finanzia il Fondo perequativo. Le regolazioni compensative derivanti dalla misura effettiva del gettito delle imposte conseguito in ciascuna regione sono effettuate nell’esercizio successivo.
I rapporti di tesoreria centrale con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano sono disciplinate da disposizioni specifiche (in taluni casi con norme di attuazione) che stabiliscono anche le modalità per l’accreditamento delle somme provenienti dal Bilancio dello stato (compartecipazioni erariali) Le anticipazioni alle regioni Sicilia e Sardegna, per la quota parte che esse ricevono dal Fondo sanitario nazionale, seguono la disciplina dettata per le regioni a statuto ordinario.
Articolo 23
(Rideterminazione della misura delle
sanzioni per infrazioni al divieto di fumare e rassegnazione a singole
amministrazioni per scopi predeterminati dei proventi delle sanzioni medesime)
1. Le sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare, previste dall'articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sono aumentate del 10 per cento.
2. I proventi delle sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare inflitte, a norma dell'articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, da organi statali affluiscono al bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnati, limitatamente ai maggiori proventi conseguiti per effetto degli aumenti di cui al comma 1, ad appositi capitoli di spesa del Ministero della salute per il potenziamento degli organi ispettivi e di controllo, come pure per la realizzazione di campagne di informazione e di educazione alla salute finalizzate alla prevenzione del tabagismo e delle patologie ad esso correlate.
3. Resta ferma l'autonoma, integrale disponibilità da parte delle singole regioni, ai sensi degli articoli 17, terzo comma e 29, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, dei proventi relativi alle infrazioni di cui al comma 1, accertate dagli organi regionali, come tali ad esse direttamente attribuiti.
Il comma 1 è volto ad inasprire le sanzionati disposte per le infrazioni al divieto di fumo previste dalla disciplina vigente.
In particolare, con si dispone l’incremento del 10 per cento delle sanzioni disposte ai sensi dell’”articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3”.
A tale riguardo si segnala che la legge citata e la relativa normativa di attuazione hanno disciplinato organicamente il divieto di fumare in tutti i locali chiusi – siano locali pubblici o locali privati aperti ad utenti o al pubblico – salvo che negli spazi riservati ai fumatori. Le sanzioni sono peraltro indicate dall’articolo 7 della legge 584/1975 (come sostituito dalla legge finanziaria per il 2002, che ha aggravato le sanzioni in oggetto).
Le sanzioni previste dalla legislazione vigente sono le seguenti:
§ violazione del divieto: la sanzione è compresa tra 25 e 250 euro;
§ violazione del divieto in presenza di una donna in evidente stato di gravidanza o di lattanti o bambini fino a 12 anni di età: la sanzione è raddoppiata;
§ violazione del divieto da parte di coloro cui spetta il compito di assicurare il rispetto del divieto medesimo: la sanzione è compresa tra 200 e 2.000 euro. In questo caso, inoltre, la pena è aumentata della metà se gli impianti di condizionamento non funzionano perfettamente ovvero non siano condotti in maniera idonea.
Ai sensi del comma 2,i maggiori proventi derivanti dalle sanzioni inflitte da organi dello Stato confluiscono in appositi capitoli di spesa del Ministero della salute per il potenziamento degli organi ispettivi e di controllo e per la realizzazione di campagne di informazione e di educazione alla salute finalizzate alla prevenzione del tabagismo e delle patologie ad esso connesse.
Ai sensi del comma 3,si conferma l’autonomo potere delle regioni[111] di disporre dei proventi derivanti dalle sanzioni irrogate dagli organi regionali.
La relazione tecnica precisa che la norma non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.
1. Al fine di migliorare l'efficienza operativa della pubblica amministrazione e per il contenimento della spesa pubblica, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuate le applicazioni informatiche e i servizi per i quali si rendono necessarie razionalizzazioni ed eliminazioni di duplicazioni e sovrapposizioni. Il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione stipula contratti-quadro per l'acquisizione di applicativi informatici e per l'erogazione di servizi di carattere generale riguardanti il funzionamento degli uffici con modalità che riducano gli oneri derivanti dallo sviluppo, manutenzione e gestione.
2. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, sono tenute ad avvalersi, uniformando le procedure e le prassi amministrative in corso, degli applicativi e dei servizi di cui al comma 1, salvo i casi in cui possano dimostrare, in sede di richiesta di parere di congruità tecnico-economica di cui all'articolo 8 dello stesso decreto legislativo, che la soluzione che intendono adottare, a parità di funzioni, risulti economicamente più vantaggiosa.
3. Ai fini di cui al comma 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati interventi di razionalizzazione delle infrastrutture di calcolo, telematiche e di comunicazione delle amministrazioni di cui al comma 2.
4. Le pubbliche amministrazioni diverse da quelle di cui al comma 2 possono avvalersi dei servizi di cui al medesimo comma 2, secondo modalità da definire in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
5. Ai fini della copertura delle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, possono essere assegnati al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione finanziamenti a carico del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico di cui all'articolo 27, comma 2, della legge 20 gennaio 2003, n. 3.
6. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i cedolini per il pagamento delle competenze (buste paga) del personale delle amministrazioni di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, purché sia già in possesso di caselle di posta elettronica fornite dall'amministrazione, sono trasmessi esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica assegnato a ciascun dipendente. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.
7. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli uffici cassa delle amministrazioni, anche periferiche, dello Stato sono organizzati sulla base di procedure amministrative informatizzate. Tutti i contatti con il personale dipendente e con gli uffici, anche di altra amministrazione, avvengono utilizzando modalità di trasmissione telematica dei dati. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.
L’articolo in esame reca norme per la razionalizzazione dei processi operativi nella pubblica amministrazione al fine di migliorarne l’efficienza operativa e contenere la spesa pubblica.
Al comma 1 si prevede che, al fine di un miglioramento dell’efficienza operativa della pubblica amministrazione e del contenimento della spesa pubblica:
§ vengano individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
- le applicazioni informatiche e
- i servizi
per i quali si rendono necessarie razionalizzazioni ed eliminazione di duplicazioni e sovrapposizioni;
§ il CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione) stipuli contratti-quadro:
- per l’acquisizione di applicativi informatici;
- per l’erogazione di servizi di carattere generale
concernenti il funzionamento degli uffici con modalità che riducano gli oneri derivanti dallo sviluppo, dalla manutenzione e dalla gestione.
Il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 176, co. 3, del D.Lgs. 196/2003[112], che, modificando il co. 1 dell’art. 4 del D.Lgs. 39/1993[113] – con il quale era stata istituita l’Autorità per l’informatica nella Pubblica Amministrazione – , ha trasformato la stessa Autorità in Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione[114].
Il comma 2 obbliga le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 del D.Lgs. 39/1993 ad avvalersi degli applicativi e dei servizi previsti al comma 1 e, a tal fine, di uniformare le procedure e le prassi amministrative in uso.
L’art. 1 del D.Lgs. 39/1993 individua quali destinatari delle disposizioni del decreto relative alla progettazione, allo sviluppo e alla gestione dei sistemi informativi automatizzati le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici nazionali.
Si prevede, comunque, per le suddette amministrazioni la possibilità di non avvalersi degli applicativi e dei servizi di cui al comma 1, qualora si possa dimostrare, in sede di richiesta del parere di congruità tecnico-economica di cui all’art. 8 del D.Lgs. 39/1993, che la soluzione da adottare risulti economicamente più vantaggiosa a parità di funzioni.
Ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 39/1993, il CNIPA esprime parere obbligatorio sugli schemi dei contratti concernenti l’acquisizione di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati per quanto concerne la congruità tecnico-economica, qualora il valore lordo di detti contratti sia superiore al doppio dei limiti di somma previsti da R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, come rivalutati da successive disposizioni.
Il comma 3 prevede, inoltre, sempre in vista del miglioramento dell’efficienza operativa della pubblica amministrazione e del contenimento della spesa pubblica, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano individuati interventi di razionalizzazione delle infrastrutture di calcolo, telematiche e di comunicazione delle amministrazioni indicate al comma 2.
Il comma 4 contempla la facoltà per le pubbliche amministrazioni diverse da quelle indicate al comma 2 di avvalersi dei servizi ivi previsti. Tale facoltà potrà essere esercitata secondo modalità da definire in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali di cui all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Al comma 5 è disciplinata la copertura delle spese necessarie per gli applicativi e i servizi di cui al comma 2. A tal fine si prevede la possibilità di assegnare al CNIPA finanziamenti a carico del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, contemplato all’art. 27, co. 2, della L: 20 (rectius: 16) gennaio 2003, n. 3[115].
L’art. 27, co. 2, della legge 3/2003 prevede l’istituzione del “Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico” iscritto in un’apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il finanziamento dei progetti per lo sviluppo dei sistemi informativi.
Il comma 6 prevede per il personale delle amministrazioni di cui al comma 2 in possesso di caselle di posta elettronica fornite dall’amministrazione, la trasmissione dei cedolini per il pagamento delle competenze (buste paga) esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica assegnato a ciascun dipendente: tale metodo di trasmissione deve subentrare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge finanziaria. A tale fine il ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il ministro per l’innovazione e le tecnologie, emana le norme attuative con decreto di natura non regolamentare.
L’operatività della disposizione – ai fini della validità agli effetti di legge e dell’opponibilità ai terzi (ex art. 14, co. 2 e 3, del testo unico sulla documentazione amministrativa[116]) della trasmissione di atti e documenti mediante posta elettronica – parrebbe condizionata all’entrata in vigore del regolamento, in corso di adozione ex art. 17, co. 2, legge 400/1988, recante disposizioni miranti a stabilire le caratteristiche e le modalità dei servizi per la trasmissione di documenti informatici mediante posta elettronica certificata[117].
Il comma 7 prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria:
§ gli uffici cassa delle amministrazioni, anche periferiche, dello Stato provvedono all’informatizzazione delle procedure amministrative;
§ i contatti con i dipendenti di tali uffici, nonché con uffici di altre amministrazioni, avvengono utilizzando modalità di trasmissione telematica dei dati.
A tal fine il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, emana le norme attuative con decreto di natura non regolamentare.
La relazione tecnica – come integrata dalla nota trasmessa alla V Commissione (Bilancio) il 6 ottobre scorso – stima che i risparmi di spesa rilevabili a consuntivo in esito alle disposizioni recate dall’articolo possano prudenzialmente essere considerati, su fabbisogno e indebitamento, pari a:
§ 20 milioni di euro per l’anno 2005;
§ 30 milioni di euro per l’anno 2006;
§ 50 milioni di euro per l’anno 2007.
1.-8. (...)
9. Per l'anno finanziario 2005 e successivi, il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, è autorizzato a provvedere con propri decreti alla riassegnazione alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle somme da versare in entrata per revoche ed economie dei finanziamenti di cui alla legge 8 ottobre 1997, n. 344, adottate con provvedimento del Ministero competente, e con lo stesso destinate alla realizzazione di interventi finalizzati allo stesso progetto strategico inseriti negli accordi di programma quadro da stipulare con le regioni territorialmente interessate.
10. (...)
Disposizioni stralciate secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
Il comma 9 reca una norma di carattere contabilistico relativa alle somme da versare in entrata per revoche ed economie dei finanziamenti di cui alla legge 8 ottobre 1997, n. 344, Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi e dell'occupazione in campo ambientale.
La legge n. 344 ha previsto una serie di interventi del Ministero dell’ambiente in numerosi campi, fra i quali:
§ sviluppo della progettazione di interventi ambientali e promozione di figure professionali (corsi di formazione, iniziative di supporto alle amministrazioni pubbliche);
§ promozione delle tecnologie pulite e dello sviluppo della sostenibilità urbana (con l’assegnazione di premi per l’incentivazione di pratiche virtuose);
§ sensibilizzazione ambientale (anche attraverso l'organizzazione di specifiche campagne, la predisposizione e la diffusione della relazione sullo stato dell'ambiente, lo sviluppo di strumenti informatici per le attività di informazione ed educazione ambientale);
§ conservazione della natura (interventi finalizzati all'istituzione e al funzionamento di parchi nazionali e di aree marine, alla predisposizione dell'inventario nazionale delle risorse naturali, della carta ecopedologica e delle linee fondamentali di assetto del territorio, e all'attivazione di centri di accoglienza di animali pericolosi);
§ realizzazione degli interventi finalizzati all'attuazione di convenzioni internazionali;
§ attuazione della legislazione in materia di inquinamento acustico;
§ realizzazione di interventi finalizzati al funzionamento del Comitato per l'Ecolabel e l'Ecoaudit;
§ istituzione di un sistema di assegnazione di un marchio nazionale per la qualità ecologica;
§ installazione ai valichi di frontiera di sistemi per la rilevazione della radioattività dei metalli importati;
§ potenziamento delle strutture dell’Amministrazione centrale, attraverso l’ampliamento della pianta organica.
Il comma autorizza, pertanto, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, a partire dal 2005, a riassegnare – con propri decreti – alle relative unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio le somme derivanti dalle revoche delle economie e dei finanziamenti provenienti dalla legge n. 344 del 1997, per la realizzazione di interventi finalizzati a progetti inseriti in accordi di programma quadro da stipulare con le regioni interessate.
In relazione alla dotazione a valere sulla legge n. 344 del 1997, si ricorda che con l’art. 4, comma 247, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), è stato approvato l’allegato 2, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi. Tra esse figura, all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, la legge n. 344 del 1997, con uno stanziamento pari a 13,2 milioni di euro.
1. Al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, rientranti nelle tipologie di cui alla lettera b) del presente comma, con regolamento emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, sono dettate disposizioni dirette a prevedere l'introduzione di un regime assicurativo rispondente ai predetti obiettivi e a definirne le forme, le condizioni e le modalità di attuazione, sulla base dei seguenti criteri:
a) estensione obbligatoria della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati destinati ad uso abitativo contro l'incendio, nonché graduale estensione dell'obbligo assicurativo del medesimo rischio alle polizze incendio già in atto, con esclusione dei fabbricati abusivi;
b) copertura dei rischi derivanti dalle seguenti tipologie di calamità naturali: terremoti, maremoti, frane, alluvioni, inondazioni, fenomeni vulcanici;
c) copertura dei danni che presentino le caratteristiche di catastrofalità stabilite per ciascuna delle tipologie di cui alla lettera b) dal Dipartimento della protezione civile sulla base delle proposte formulate dalla Commissione nazionale dei grandi rischi;
d) correlazione dei premi assicurativi anche agli indici di rischio delle diverse aree del territorio nei diversi settori;
e) definizione dei parametri cui fare riferimento per la determinazione del valore di ricostruzione a nuovo degli immobili da assicurare, sulla base di metodologie di calcolo elaborate da organismi specializzati e già in uso per l'assicurazione di rischi relativi agli immobili;
f) previsione di franchigie e limiti di indennizzo;
g) esclusione dell'intervento statale per i danni subiti da fabbricati non assicurati, appartenenti a persone giuridiche private, ovvero a persone fisiche con reddito ai fini IRPEF superiore a soglie da determinare allo scopo;
h) definizione delle modalità per la coriassicurazione dei rischi, prevedendo, in via transitoria, in ragione della particolare rilevanza degli interessi nazionali coinvolti e della innovatività della disciplina, nonché in considerazione della peculiare natura dei rischi, la costituzione di un unico consorzio coriassicurativo tra le compagnie di assicurazione nel quale confluiscano i premi raccolti dagli assicuratori aderenti al consorzio e riferiti ai rischi di cui alla presente disposizione;
i) previsione delle modalità di intervento del consorzio riassicurativo;
l) previsione delle modalità di intervento dello Stato a garanzia delle attività consorzio riassicurativo;
m) incentivazioni di natura fiscale nel rispetto del principio dell'invarianza del gettito;
n) previsione di un regime applicativo transitorio.
2 Per i fini di cui al comma 1, lettera l), è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2005 per l'istituzione di un apposito fondo di garanzia, la cui gestione è affidata alla CONSAP spa.
3. Il Dipartimento della protezione civile è autorizzato ad erogare ai soggetti competenti contributi per la prosecuzione degli interventi e dell'opera di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Le modalità di utilizzo dei contributi sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze. Alla ripartizione dei contributi si provvede con ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, adottate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della citata legge n. 225 del 1992, destinando il 5 per cento delle risorse complessive alla realizzazione del piano di ricostruzione del comune di San Giuliano di Puglia, ai sensi dell'articolo 4 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3279/2003. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa annua di 50 milioni di euro per 15 anni, a decorrere dall'anno 2005.
4. (...)
L'articolo 26 reca disposizioni in materia di protezione civile.
Il comma 1 demanda ad un regolamento di delegificazione l’introduzione di un regime assicurativo obbligatorio per gli immobili privati destinati ad uso abitativo relativamente ai danni derivanti da calamità naturali.
Il regolamento dovrà essere emanato entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2005, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome, nonché l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).
Si segnala che il regolamento di delegificazione, in base al dettato dell'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988[118], dovrebbe operare, attraverso l'abrogazione delle disposizioni legislative vigenti e l'introduzione di nuove disposizioni di rango regolamentare conformi alle norme generali regolatrici della materia dettate dalla disposizione legislativa di delegificazione, nonché la sostituzione del regolamento alla legge quale fonte regolatrice in un determinato ambito. Le disposizioni in esame non indicano le norme – di rango legislativo o regolamentare – che sarebbero abrogate con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni regolamentari.
Il comma in esame definisce dodici criteri, cui il Governo dovrà attenersi in sede di adozione del regolamento:
§ previsione obbligatoria della copertura del rischio di calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati destinati ad uso abitativo contro l’incendio, nonché graduale estensione dell'obbligo assicurativo del medesimo rischio alle polizze incendio già in atto, con esclusione dei fabbricati abusivi;
§ definizione tassativa delle tipologie di calamità naturali da considerare ai fini del presente regime assicurativo: terremoti, maremoti, frane, alluvioni, inondazioni, fenomeni vulcanici;
§ limitazione della copertura ai soli danni chepresentino le caratteristiche di catastrofalità definite, per ciascuna tipologia di calamità, da parte del Dipartimento della protezione civile in base alle proposte della Commissione nazionale dei grandi rischi;
§ correlazione dei premi assicurativi anche agli indici di rischio delle diverse aree del territorio nei diversi settori;
§ definizione dei parametri cui fare riferimento per la determinazione del valore di ricostruzione a nuovo degli immobili da assicurare, sulla base di metodologie di calcolo elaborate da organismi specializzati e già in uso per l’assicurazione dei rischi relativi agli immobili;
§ previsione di franchigie e limiti di indennizzo;
§ esclusione dell’intervento statale per i danni subìti da fabbricati non assicurati, appartenenti a persone giuridiche private, ovvero a persone fisiche con redditi ai fini IRPEF superiori a soglie da determinare allo scopo;
§ definizione delle modalità per la coriassicurazione del rischio, prevedendo, in via transitoria, in ragione della particolare rilevanza degli interessi nazionali coinvolti e della innovatività della disciplina, nonché in considerazione della peculiare natura dei rischi, la costituzione di un unico consorzio coriassicurativo tra le compagnie di assicurazione, nel quale confluiscano i premi raccolti dagli assicuratori e riferiti ai rischi di cui alla presente disposizione;
§ previsione delle modalità d’intervento del consorzio riassicurativo;
§ previsione delle modalità d’intervento dello Stato a garanzia delle attività del consorzio riassicurativo;
§ incentivi di natura fiscale nel rispetto del principio dell’invarianza di gettito;
§ previsione di un regime applicativo transitorio.
Il comma 1 della disposizione in commento ha la finalità – come si legge nella relazione illustrativa – di sostituire gradualmente l’intervento statale,di natura contributiva e indennizzatoria, per danni derivanti da calamità naturali a immobili privati destinati ad uso abitativo, con il sistema assicurativo, estendendo obbligatoriamente la polizza antincendio sui nuovi fabbricati ai rischi derivanti da calamità naturali. Tale meccanismo sarà poi gradualmente esteso alle polizze antincendio già in essere, con esclusione di tutti i fabbricati abusivi. Conseguentemente, i fabbricati non assicurati non potranno ricevere indennizzi da parte dello Stato, ad esclusione di specifici casi che saranno disciplinati nell’ambito di un regime applicativo transitorio, ai sensi del comma 1, lettera n).
La relazione tecnica specifica che la disposizione non comporta maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Inoltre, non sono quantificabili gli eventuali effetti finanziari positivi sulla spesa pubblica derivanti dal nuovo regime, non essendo possibile prevedere le calamità che si verificheranno e non essendo del pari possibile correlare gli stati di emergenza passati con quelli futuri. Tra l’altro, l’intervento dello Stato sugli edifici privati in caso di calamità non è obbligatorio e viene autorizzato con specifiche disposizioni in relazione alle risorse disponibili da destinare allo scopo, secondo criteri di priorità stabiliti in ogni singola emergenza dalla protezione civile. Infine, la disposizione prevede un regime transitorio (che verrà però disciplinato solo con il regolamento di delegificazione) di cui allo stato non si possono conoscere durata ed effetti anche per l’impatto sul sistema assicurativo.
In base alla normativa vigente, l'assicurazione contro i rischi derivanti da calamità naturali ha natura sostanzialmente volontaria. Non esiste infatti alcuna forma di assicurazione obbligatoria contro i danni derivanti da calamità naturali (anzi, salvo patto contrario, in base all’articolo 1912 del codice civile l’assicuratore non è obbligato per i danni determinati da movimenti tellurici, guerra, insurrezione o tumulti popolari). Esistono invece singole fattispecie di contratti di assicurazione contro i danni, adottati comunque su base volontaria e dal cui ambito vengono di regola esclusi i danni derivanti da eventi catastrofici dovuti a terremoti, alluvioni, uragani, eruzioni, etc. Attualmente, pertanto, l'oggetto della disciplina delle assicurazioni contro i danni è costituito da una pluralità di fattispecie contrattuali, ciascuna delle quali dà luogo alla formazione e alla gestione di un cosiddetto "ramo" della medesima.
Per quanto attiene al regime dei singoli contratti che fanno capo a ciascun ramo – fatta eccezione per le assicurazioni dei rischi relativi ai trasporti marittimi e aerei, l’assicurazione per la responsabilità civile per la circolazione di autoveicoli e l'assicurazione dei crediti all'esportazione, nonché per altre assicurazioni di minore importanza previste da singole disposizioni del codice civile e di leggi speciali – esso è costituito da un insieme organico di norme di cui agli articoli 1904-1918 del codice civile relative agli aspetti generali e comuni di tutte le assicurazioni contro i danni, rimettendosi all'autonomia privata la determinazione di ogni specifico contenuto contrattuale sia in generale (le c.d. condizioni generali di polizza) sia nei singoli casi concreti (le c.d. condizioni particolari).
Con specifico riferimento ai rischi da calamità naturali, si ricorda che l'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, ha introdotto, a carico delle imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni contro i danni, l'obbligo di costituire una apposita riserva di equilibrio per rischi da calamità naturali, diretta a compensare nel tempo l'andamento della sinistralità. Con il D.M. 19 novembre 1996, n. 705, è stato emanato il regolamento di attuazione di tale norma: esso stabilisce che la quota da accantonare – a decorrere dall’esercizio 1995 – è pari al 2 per cento del premio relativo ai contratti di assicurazione dei rischi delle calamità naturali; l’importo massimo della riserva non può essere superiore al 75% dei premi dei rami danni nei quali sono ricompresi i rischi delle calamità naturali assicurati.
Successivamente, in occasione degli eventi alluvionali dei mesi di giugno e ottobre 1996, il decreto-legge 12 novembre 1996, n. 576, convertito dalla legge 31 dicembre 1996, n. 677, ha previsto, all’articolo 7, che il soggetto danneggiato che avesse eventualmente contratto una polizza assicurativa, avrebbe ricevuto il contributo dello Stato previsto solo fino alla concorrenza della differenza con i contributi erogati da altri soggetti (altri enti pubblici o compagnie assicuratrici), ricevendo altresì un’ulteriore somma pari all’importo dei premi assicurativi pagati nei cinque anni precedenti la data dell’evento.
L'articolo 46 dell’A.C. 4489-A (d.d.l finanziaria per il 2004, testo approvato dalla V Commissione Bilancio della Camera dei deputati,demandava ad un regolamento di delegificazione l’introduzione, anche in deroga alla normativa vigente, di un regime assicurativo beni per gli immobili privati destinati ad uso abitativo relativamente ai danni da calamità naturali.
Il regolamento sarebbe stato emanato entro 180 giorni (il termine di 90 giorni previsto nel testo originario del disegno di legge era stato così modificato nel corso dell’esame al Senato) dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2004, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome, nonché l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).
L’articolo 46 definiva i criteri, cui il Governo avrebbe dovuto attenersi in sede di adozione del regolamento, in forma per gran parte analoga a quanto previsto dalla disposizione in commento.
L’articolo era stato oggetto di un approfondito dibattito nel corso dell’esame in Assemblea al Senato, anche in relazione alla presentazione di alcuni emendamenti soppressivi.
L’Assemblea del Senato aveva respinto tutti gli emendamenti all’articolo in esame.
Peraltro, il Governo ha accolto il seguente ordine del giorno G40.1 (Iervolino, Danzi, Ciccanti, Tunis, Trematerra, Cherchi, Gaburro):
“Il Senato,
premesso che in questi giorni è stato autorevolmente affermato "Occorre ideare un meccanismo per una polizza assicurativa volta a tutelare le persone ed i loro beni contro le calamità naturali", in modo da ridurre il gravame sulla spesa dello Stato ed assicurare, ai cittadini colpiti, più pronti e tempestivi interventi,
impegna il Governo affinché:
- sia istituita una commissione interministeriale di studio con la partecipazione dei Ministeri delle attività produttive, dell’ambiente, delle politiche agricole, della istruzione università e ricerca, delle infrastrutture e trasporti, della conferenza Stato-Regioni nonché degli enti di ricerca (CNR ENEA INGV) attivi nel settore, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un suo delegato, con lo scopo di redigere le linee di un progetto mirato alla creazione di un sistema, eventualmente partecipato dallo Stato, di assicurazione obbligatoria, contro gli effetti delle calamità naturali;
- nella stesura del progetto, si tenga conto delle esperienze in atto dei Paesi della Comunità Europea, degli USA e del Giappone, avvalendosi se del caso, a titolo di consultazione, della collaborazione delle associazioni di assicurazione e di riassicurazione presenti in Italia, nonché degli esperti operanti in seno ad associazioni dedicate purché senza fini di lucro.”
Si ricorda, inoltre, che il 20 novembre 2003 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287 del 1990, una segnalazione ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell'Economia e delle finanze, dell'Interno e delle Attività produttive, in merito alle disposizioni contenute nel citato articolo 46 del ddl finanziaria 2004.
L'Autorità rilevava che le disposizioni sarebbero state suscettibili di compromettere l'esplicarsi della concorrenza a danno dei consumatori e del benessere complessivo.
In particolare, nella segnalazione evidenziava che:
- il collegamento della copertura contro i danni causati agli edifici dagli incendi con quelli derivanti da calamità naturale avrebbe potuto vanificare l'obiettivo perseguito di garantire a tutti la copertura assicurativa, in quanto i destinatari dell'obbligo assicurativo sarebbero stati selezionati sulla base di un criterio occasionale e estraneo all'effettiva esposizione al rischio di catastrofi naturali;
- l’abbinamento obbligatorio tra l’assicurazione contro gli incendi e quella contro le catastrofi naturali, non essendo imposto da alcuna ragione tecnica, in quanto il verificarsi di un evento non implica di regola il verificarsi dell'altro, produrrebbe effetti anticoncorrenziali, espressamente vietati dalla disciplina comunitaria in materia di concorrenza;
- l'imposizione dell’obbligo assicurativo per le calamità naturali contribuirebbe ad irrigidire la domanda dei consumatori, che sarebbero indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche se particolarmente gravose;
- alle imprese non sarebbe consentita l'offerta di servizi differenziati secondo le necessità degli utenti e ciò produrrebbe il rischio di omogeneizzazione dell'offerta dei servizi assicurativi contro le calamità naturali.
Le disposizioni dell’articolo 46 del d.d.l. finanziaria per il 2004 nel testo approvato dalla Commissione V (Bilancio) della Camera dei deputati non sono state ricomprese nel testo dei tre maxi-emendamenti – sostitutivi degli articoli da 2 a 70 - presentati dal Governo ed approvati, con voto di fiducia, dall’Assemblea.
Nel corso dell’indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio, svolta dalle Commissioni riunite VI e X della Camera congiuntamente con le Commissioni riunite 6a e 10 a del Senato, nella seduta del 17 febbraio 2004, il presidente dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), interrogato incidentalmente sull’ipotizzata previsione dell’assicurazione obbligatoria contro i danni da calamità naturali, ha espresso l’opinione che essa, ove adottata, dovrebbe avere estensione generale, per consentire l’esplicarsi del criterio di mutualità che solo può permettere la ripartizione del rischio su base assicurativa. Il presidente dell’ANIA ha ipotizzato un costo annuo variabile tra 70 e 100 euro per persona in relazione a un’abitazione del valore di 100 mila euro. Ha per altro espresso l’avviso che, in caso di catastrofi di grave intensità, non sia possibile evitare l’intervento diretto dello Stato come “assicuratore finale”.
Si ricorda che una disposizione di contenuto analogo a quella dell’articolo in esame era prevista dall’articolo 33 del testo iniziale del disegno di legge recante “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo - A.C. 5267 (provvedimento collegato alla legge finanziaria 1999). Il testo fu approvato con modificazioni dalla Camera e dalla Commissione bilancio al Senato. L’Assemblea del Senato deliberò nella seduta del 18 dicembre 1998 lo stralcio dell’articolo 39 (ex 33) dell’A.S. 3662-A, che divenne un autonomo disegno di legge (A.S. 3662-ter), il cui iter parlamentare, tuttavia, non andò oltre la fase dell’assegnazione alla 10a Commissione Industria.
Norme di analogo contenuto furono poi riproposte, sempre durante la XIII Legislatura, nel disegno di legge quadro sulle calamità naturali (A.C. 235 e abb.) non pervenuto ad approvazione.
Nel corso dell’attuale legislatura si segnala la proposta AC 3424 “Delega al Governo per l'assicurazione contro i rischi per eventi di marea nei comuni della laguna di Venezia” in corso di esame in sede referente presso l’VIII Commissione della Camera.
Il comma 2 dell’articolo in commento prevede, per l’anno 2005, al fine di regolare le modalità di intervento dello Stato a garanzia dell’attività del consorzio assicurativo (art. 1, co. 1, lett. l) la costituzione, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo di garanzia, la cui gestione è affidata alla Consap SpA. A tale fine è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro.
Si ricorda che con la legge n. 359 del 1992, è stata disposta la trasformazione dell’INA (Istituto nazionale delle assicurazioni), in precedenza ente pubblico economico, in società per azioni.
La coesistenza, in quest’ultimo, di attività privatistiche e imprenditoriali (l’esercizio dell’assicurazione sulla vita in concorrenza con le altre compagnie private) e di funzioni di rilievo pubblicistico (la gestione dei fondi di garanzia e di solidarietà) ha reso inconciliabile la configurazione della nuova INA SpA con le caratteristiche proprie del precedente ente pubblico, poiché ne sarebbero derivati oneri e privilegi suscettibili di alterare, rispettivamente a vantaggio o a svantaggio dell’azienda, la par condicio concorrenziale con gli altri operatori assicurativi privati esistenti sul mercato.
Pertanto, dopo oltre un anno dalla trasformazione in società per azioni, è stata operata la scissione dell’INA, dalla quale è derivata, in veste di beneficiaria demandata allo svolgimento delle funzioni assicurative pubbliche, la Consap SpA, Concessionaria servizi assicurativi pubblici, con effetto dal 1° ottobre 1993.
Alla Consap, il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze, sono state attribuite – in regime di concessione del Ministero delle attività produttive, con atti concessori formalizzati nel febbraio 2004 – tutte le attività di rilievo pubblicistico che già formavano oggetto della concessione legale in capo all’INA.
Alle attività pubblicistiche ereditate dall’INA si sono aggiunte, nel corso del tempo, ulteriori funzioni pubbliche che il legislatore ha inteso attribuire alla Consap in quanto strettamente attinenti alle sue finalità istituzionali.
Pertanto, le attività oggi svolte dalla Consap sono le seguenti:
su concessione del Ministero delle attività produttive
§ gestione delle cessioni legali;
§ gestione del Fondo di garanzia per le vittime della strada;
§ gestione del Fondo di garanzia per le vittime della caccia;
§ gestione del Fondo di previdenza per gli addetti alle cessate imposte di consumo;
su concessione del Ministero dell’interno
§ gestione del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura;
§ gestione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso;
e infine
§ gestione delle funzioni di “Organismo di indennizzo” per l’Italia, attribuita dalla legge n. 39/02, in attuazione della IV Direttiva R.C. Auto n. 2000/26/CE.
Ad eccezione della gestione delle cessioni legali, che costituisce una missione di carattere transitorio della Società, destinata a venir meno nei prossimi anni con la definizione delle obbligazioni in essere con il sistema assicurativo, la gestione dei fondi garanzia e di solidarietà, nonché la recente funzione di Organismo di indennizzo rappresentano la missione istituzionale di carattere permanente della Consap, da sviluppare ulteriormente con l’acquisizione di nuovi ruoli di interesse pubblico nel campo dei servizi assicurativi.
Peraltro, proprio per l’esigenza di valorizzare l’esperienza acquisita dalla Società nello svolgimento delle attività strumentali alla gestione delle cessioni legali (prima fra tutte quella immobiliare) e – in relazione alle prospettive di breve termine di tale gestione – di cogliere nuove opportunità offerte dal mercato, si è proceduto nel tempo, da ultimo nel febbraio 2004, ad ampliare l’oggetto sociale dello statuto Consap SpA.
A seguito di tali modifiche statuarie, la Consap, oltre all’esercizio delle attività pubbliche sopraelencate, può assumere incarichi da parte di amministrazioni dello Stato o di altri soggetti pubblici o privati:
a) per la gestione, valorizzazione e dismissione di patrimonio immobiliari;
b) per la gestione di attività informatiche;
c) per la prestazione di servizi di natura amministrativa.[119]
A tali funzioni si aggiungerebbe quella prevista dal comma 2 della disposizione in esame.
Il comma 3 prevede una spesa quindicennale di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 per l’erogazione da parte del Dipartimento della protezione civile, di contributi pluriennali destinati alla prosecuzione degli interventi e dell’opera di ricostruzione in tutti i territori colpiti da calamità naturali per i quali sia già stato dichiarato lo stato d’emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225[120].
Si prevede altresì che le modalità di utilizzo dei contributi siano stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, mentre alla ripartizione dei contributi si provvederà con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottate ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225/1992. Si stabilisce inoltre che il 5% delle risorse complessive sia destinato alla realizzazione del piano di ricostruzione del Comune di San Giuliano di Puglia, ai sensi dell’art. 4 dell’ordinanza del Presidente del consiglio dei Ministri n. 3279/2003[121].
Si ricorda che il terremoto del 31 ottobre 2002 ha colpito il Molise e una parte del territorio della regione Puglia, facendo crollare un’intera scuola elementare nel comune di San Giuliano di Puglia e provocando numerose vittime. Il terremoto ha causato oltre tremila sfollati. Il comune più colpito dal sisma è stato appunto San Giuliano, in cui il sisma ha raggiunto l’intensità di 5,4 gradi di magnitudo della scala Richter (ottavo grado della scala Mercalli).
L'epicentro del terremoto è stato localizzato tra Campobasso, Larino e l'Appennino Dauno, in provincia di Foggia.
Il terremoto ha colpito anche altre località del Molise: come Santa Croce di Magliano, Bonefro, Larino, Collotorto e in misura minore la città di Campobasso.
Si ricorda che la legge 225/1992,recante istituzione del Servizio nazionale della protezione civile, ha stabilito all’articolo 5 (rubricato “Stato di emergenza e potere di ordinanza”)che, in caso di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile[122], deliberi lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si prevede che si proceda alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti.
Si prevede inoltre che, per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, si provveda, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16 della legge stessa – relativi alle competenze delle regioni, delle province, del prefetto, del comune e del sindaco – anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico.
Si stabilisce altresì che il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, possa emanare anche ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l'attuazione degli interventi di emergenza ovvero al fine di evitare situazioni di pericolo o maggiori danni, può avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio.
Si prevede inoltre che le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti debbanocontenere l'indicazione delle principali norme a cui s’intende derogare e debbano essere motivate. Infine, tutte le ordinanze emanate ai sensi dell’art. 5 sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale e trasmesse ai sindaci interessati affinché vengano pubblicate ai sensi dell'articolo 47, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142.
Si ricorda, da ultimo, che il D.L. 7 settembre 2001, n. 343, convertito con modificazioni, dall'art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401, recante “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile”, ha provveduto alla riorganizzazione del Dipartimento per la protezione civile.
Disposizione stralciata secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
1. Il Fondo di cui all'articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è destinato alla copertura delle spese relative al progetto promosso dal Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri denominato «PC ai giovani», diretto ad incentivare l'acquisizione e l'utilizzo degli strumenti informatici e digitali tra i giovani che compiono sedici anni nel 2005, nonché la loro formazione, fino all'esaurimento delle disponibilità del Fondo stesso. Le modalità di attuazione del progetto, nonché di erogazione degli incentivi stessi, sono disciplinati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, emanato ai sensi dell'articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Il comma 1 destina il fondo speciale “PC ai giovani”, istituito dall’articolo 27, comma 1, della legge finanziaria 2003, alla copertura delle spese relative all’omonimo progetto promosso dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, denominato “PC ai giovani”, diretto ad incentivare l’acquisizione e l’utilizzo di strumenti informatici e digitali tra i giovani che compiono i 16 anni nel 2005, nonché la loro formazione, fino all’esaurimento delle disponibilità del Fondo stesso.
Con la disposizione in esame si attua la prosecuzione del programma “PC ai giovani”, già avviato nel 2003 e reiterato nel 20004, il quale ha già coinvolto, secondo la relazione illustrativa del disegno di legge, circa 45.000 giovani. Si propone quindi l’estensione del programma ai giovani che compiono sedici anni nel 2005 (nati nel 1989), ai quali, come nel passato, dovrebbe essere destinato – in base a quanto affermato nella relazione di accompagnamento del disegno di legge – un bonus di 175 euro per l’acquisto di un PC e il rimborso delle spese per la certificazione di un titolo di formazione in materia informatica.
Le modalità di attuazione del progetto e di erogazione degli incentivi sono demandate ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 27 comma 1, della legge finanziaria 2003.
Si ricorda che l’articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289(legge finanziaria 2003) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo speciale, denominato "PC ai giovani", destinandolo alla copertura delle spese relative al progetto, promosso dal Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, diretto ad incentivare l'acquisizione e l'utilizzo degli strumenti informatici tra i giovani che compiono i sedici anni di età nel 2003.
Nel Fondo "PC ai giovani" sono affluite le disponibilità di cui all'art. 103, comma 4 della legge 388/2000, non impegnate alla data dell'entrata in vigore della legge 289/2002[123].
La disposizione suddetta ha demandato ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge, la disciplina delle modalità di presentazione delle istanze da parte degli interessati, nonché le modalità di erogazione degli incentivi stessi, prevedendo anche la possibilità di avvalersi di organismi esterni alla pubblica amministrazione.
Il decreto ministeriale 8 aprile 2003[124] , recante “Istituzione di un fondo speciale, denominato «PC ai giovani», di cui all'art. 27 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ”, ha dato attuazione a tale previsione[125].
Successivamente, l’articolo 4, comma 9, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), ha destinato il suddetto fondo speciale “PC ai giovani” alla copertura delle spese relative all’omonimo progetto promosso dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, finalizzato ad incentivare l’acquisizione e l’utilizzo di strumenti informatici e digitali tra i giovani che compiono i 16 anni nel 2004.
Con D.M. 19 maggio 2004[126] sono state disciplinate le modalità di attuazione della disposizione in esame nonché di erogazione degli incentivi.
Articolo 27, comma 2
(PC ai docenti)
2. I benefici di cui all'articolo 4, comma 11, della legge 26 dicembre 2003, n. 350, concessi ai docenti con le modalità di cui al relativo decreto attuativo, sono prorogati a tutto l'anno 2005.
Il comma 2 prevede che siano prorogate le agevolazioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2004 (legge 350/2003, articolo 4, co. 11) per l’acquisto di un personal computer portatile da utilizzare per la didattica a favore di :
- docenti della scuola pubblica, anche non di ruolo con incarico annuale;
- docenti delle università statali.
Con riguardo alla tipologia delle agevolazioni, si specifica che esse consistono in riduzione del prezzo e in rateizzazioni della spesa e sono conseguite previa effettuazione di un’indagine di mercato da parte della Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) [127].
L’articolo 4 della legge 350/2003 prevedeva che la concreta definizione delle modalità di accesso ai benefìci fosse rimessa ad un decreto di natura non regolamentare, risultante dal concerto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; tale provvedimento è stato adottato con D.M. 3 giugno 2004.
In proposito dalla relazione illustrativa emerge che la norma è finalizzata ad allineare a livello europeo le metodologie didattiche e a migliorare le condizioni di apprendimento dei discenti attraverso l’uso di tecnologie multimediali e che la proposta di proseguire l’intervento deriva dalla valutazione dei risultati raggiunti tramite il ruolo svolto dalla CONSIP e dal fatto che il programma è stato limitato ai soli mesi settembre-dicembre 2004.
Articolo 27, comma 3
(PC ai dipendenti pubblici - Consip)
3. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono acquistare un personal computer usufruendo di una riduzione di costo ottenuta in esito ad una apposita selezione di produttori o distributori operanti nel settore informatico, esperita, previa apposita indagine di mercato, dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP Spa).
Il comma introduce una nuova misura a sostegno della diffusione delle tecnologie informatiche, configurata quale incentivo all’acquisto di un personal computer da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Il beneficio, consistente in una riduzione di costo, è in parte assimilabile a quello previsto dall’art. 4, co. 11, della legge finanziaria 2004, finalizzato all’acquisto di un personal computer portatile da parte dei docenti della scuola pubblica e delle università statali (per essi si prevedeva altresì la rateizzazione); anche in questo caso si affida alla CONSIP[128] l’effettuazione di un’indagine di mercato, espressamente finalizzata ad una selezione di operatori nel settore informatico.
Diversamente dal citato art. 4, co. 11, la norma non prevede l’adozione di un provvedimento ministeriale volto a definire le modalità attuative per poter accedere al beneficio.
Secondo la relazione tecnica, la disposizione non comporta oneri per la finanza pubblica, non essendo previsti contributi da parte dello Stato, ma solo sconti da parte dei venditori (sarebbe anzi da prevedere un beneficio in termini di maggiore gettito IVA).
4. La sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, istituita con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l'innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2004, è integrata della somma di 40 milioni di euro per l'anno 2005, 40 milioni di euro per l'anno 2006 e 20 milioni di euro per l'anno 2007.
Il comma 4 integra della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007 la Sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’art. 2, comma 100, della legge 662/1996, istituita con decreto del 15 giugno 2004.
Si ricorda che il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato istituito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 (“Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”), presso il Mediocredito centrale, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese.
Con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, in data 15 giugno 2004[129], è stata istituita una Sezione speciale del Fondo di garanzia, riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali.
A tale sezione speciale, cui la disposizione in esame destina ulteriori risorse per il triennio 2005-2007, il citato D.M. ha destinato le risorse di cui all’art. 27 della legge n. 3 del 16 gennaio 2003[130], concernenti il Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, per un importo pari a 20 milioni di euro per l’anno 2004, 20 milioni di euro per l’anno 2005, 20 milioni di euro per il 2006 (art. 1)[131].
Si ricorda, a questo proposito, che la citata legge n. 3/2003, al comma 1, affida al Ministro per l'innovazione e le tecnologie il compito di sostenere, nell'attività di coordinamento e di valutazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione per lo sviluppo dei sistemi informativi formulati dalle amministrazioni, progetti di grande contenuto innovativo, rilevanza strategica e preminente interesse nazionale, con particolare attenzione a quelli di carattere intersettoriale, nonché di finanziare iniziative del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri con le medesime caratteristiche;
Il comma 2 dell’articolo 27 istituisce il «Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico» e affida al Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentito il Comitato dei Ministri per la Società dell'Informazione, il compito di individuare i progetti per lo sviluppo dei sistemi informativi, di cui al comma 1; il comma 3 del citato art. 27, per il finanziamento del Fondo, ha autorizzato la spesa di 25.823.000 euro per l'anno 2002, 51.646.006 euro per l'anno 2003 e 77.469.000 euro per l'anno 2004, per un totale di euro 154.938.000. L’art. 4, comma 8, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) ha autorizzato l'ulteriore spesa di 51.500.000 euro per l'anno 2004 e di 65.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per il finanziamento del Fondo per progetti strategici nel settore informatico, disponendo che tale fondo finanzi anche iniziative destinate alla diffusione ed allo sviluppo della società dell'informazione nel Paese. Successivamente, il D.M. 28 maggio 2004, recante “Utilizzo del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico” ha destinato alle imprese la somma di 60 milioni di euro (cfr. allegato A).
Il D.M. 15 giugno 2004 prevede, in particolare, che la Sezione speciale del fondo di garanzia sia riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti di durata non inferiore a 36 mesi e non superiore a 10 anni, a fronte di programmi di investimento delle piccole e medie imprese finalizzati a introdurre innovazioni di prodotto e di processo attraverso l’utilizzo di tecnologiche digitali.
Le piccole e medi imprese possono essere ammesse alla garanzia della sezione speciale fino ad un limite massimo, riferito all’importo del finanziamento per il quale è richiesta la garanzia, di 200.000,00 euro per singola impresa (art. 2).
La garanzia diretta è concessa, a titolo gratuito, alle banche iscritte all’albo di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 385/1993 e agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107, del D.Lgs. 385/1993. La garanzia è diretta, esplicita, incondizionata ed irrevocabile ed è concessa sui finanziamenti di cui all’art. 2 in misura non superiore all’80% dell’importo di ciascuna operazione. In caso di inadempienza dell’impresa debitrice, i soggetti richiedenti possono rivalersi sul Fondo per gli importi da esso garantiti, anziché continuare a perseguire il debitore principale (art. 4).
Sulla quota di finanziamento coperta da garanzia non può essere acquisita alcuna altra garanzia.
La controgaranzia è concessa, a titolo gratuito, a favore dei Consorzi di garanzia collettiva fidi, di cui all’art. 13 del D.L. n. 269/2003, e degli altri fondi di garanzia gestiti da banche, da intermediari e da soggetti iscritti nell’elenco generale di cui all’art. 106 del D.Lgs. n. 385/1993, in misura non superiore al 90% dell’importo dagli stessi garantito sui finanziamenti concessi alle piccole e medie imprese. La controgaranzia è escutibile, in caso di inadempimento dell’impresa debitrice, a semplice richiesta dei confidi o degli altri fondi di garanzia ammessi all’intervento che hanno pagato il debito garantito, ovvero direttamente su domanda dei soggetti finanziatori nel caso di mancato pagamento in garanzia da parte dei Confidi e degli altri fondi di garanzia (art. 5).
5. L'intervento di cui al comma 1 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l'anno 2005, per l'importo di 110 milioni di euro. La misura del contributo è fissata in euro 120,00.
6. L'intervento di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l'anno 2005, per l'importo di 30 milioni di euro. Il contributo si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1° dicembre 2004 nella misura di euro 50,00, elevata ad euro 75,00 qualora l'accesso alla rete fissa da parte dell'utente ricada all'interno delle aree di cui agli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999.
7. (...)
I commi 5 e 6 in esame rifinanziano interventi già previsti dalla precedente legge finanziaria, volti alla concessione di contributi per la diffusione di ricevitori per la televisione digitale terrestre e per l’accesso a larga banda ad Internet.
In particolare il comma 5 rifinanzia l’intervento previsto dall’articolo 4, comma 1 della legge finanziaria per il 2004 (legge 350/2003) - che aveva a sua volta riproposto alcuni contenuti dell’articolo 89 della legge finanziaria per il 2003 -prevedendo, per l’anno 2005, un contributo statale pari a 120 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio di radiodiffusione che acquisti o noleggi un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Il contributo è corrisposto a condizione che l’utente sia in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del relativo canone di abbonamento,
Il limite di spesa per tali incentivi è fissato in 110 milioni di euro.
Si ricorda che l’analoga misura inserita nella precedente legge finanziaria prevedeva un contributo per l’anno 2004 di 150 euro (dunque superiore a quello previsto dalla norma ora in esame), mentre il limite di spesa era anche allora fissato in 110 milioni di euro.
La ricezione del segnale televisivo deve avvenire in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore dei contenuti, e lo standard per le trasmissioni digitali può essere anche quello via cavo (C-DVB), oltre a quello via terra (si intende, via etere),già previsto dal disegno di legge originario (T-DVB).
Per maggior completezza e chiarezza, si ricorda che l’articolo 4, comma 1 della legge finanziaria per il 2004 ha riconosciuto nei confronti di ciascun utente del servizio radiodiffusione, in regola per l'anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che acquisti o noleggi un apparecchio idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (T-DVB/C-DVB) e la conseguente interattività, un contributo statale pari a 150 euro. La concessione del contributo è stata disposta per l’anno 2004, entro il limite di spesa di 110 milioni di euro. Come si vedrà oltre, per le modalità di corresponsione del contributo è poi intervenuto, sulla base del medesimo articolo 4, il D.M. 30 dicembre 2003.
Appare poi opportuno ricordare che la legge 3 maggio 2004 n. 112[132] (cosiddetta “Legge Gasparri”) contiene disposizioni volte a promuovere l'avvio e la diffusione delle trasmissioni radiotelevisive in tecnica digitale. La legge disciplina in primo luogo le modalità per accelerare ed agevolare la conversione alla trasmissione in tecnica digitale, prevedendo obiettivi e tempi di realizzazione del digitale: in particolare, l’art. 25, comma 1, prevede testualmente che, “Ai fini dello sviluppo del pluralismo sono rese attive, dal 31 dicembre 2003, reti televisive digitali terrestri, con un'offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decodero ricevitori digitali”; al comma 2 del medesimo articolo 25, si prevedono adempimenti, per la finalità indicata, da parte della società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo[133]. In tale contesto, si prevede inoltre, con il comma 7 del medesimo art. 25 la definizione, con regolamento governativo, degli “incentivi all’acquisto e alla locazione finanziaria necessari per favorire la diffusione nelle famiglie italiane di apparecchi utilizzabili per la ricezione di segnali televisivi in tecnica digitale, in modo tale da consentire l’effettivo accesso ai programmi trasmessi in tecnica digitale”. Peraltro, l’emanazione e l’attuazione di tale regolamento governativo appaiono condizionate – ai sensi della medesima legge n. 112/04 - dall’avvio del procedimento di alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI SpA.
Infatti, il medesimo art. 25, comma 7 precisa che gli incentivi in questione sono definiti “nei limiti della copertura finanziaria di cui al comma 7 dell'articolo 21 della [presente] legge conseguita anche mediante cessione dei relativi crediti futuri”, vale a dire, nei limiti dei proventi derivanti dalle operazioni di collocamento sul mercato di azioni ordinarie della RAI-Radiotelevisione italiana SpA, il cui 25 % è destinato al finanziamento degli incentivi in questione[134].
Inoltre, il regolamento “può essere attuato ovvero modificato o integrato solo successivamente alla riscossione dei proventi derivanti dall'attuazione dell'articolo 21, comma 3, conseguita anche mediante cessione di crediti futuri”. Tale comma 3 prevede che, entro quattro mesi dalla data di completamento della fusione per incorporazione prevista dal comma 1[135], è avviato il procedimento per l'alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI-Radiotelevisione italiana SpA come risultante dall'operazione di fusione di cui al comma 1. Tale alienazione avviene mediante offerta pubblica di vendita[136], i cui tempi e modalità sono definiti con una o più deliberazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Si ricorda che nel mese di settembre 2004 è stato avviato dai competenti organi societari il procedimento di fusione per incorporazione della RAI-Radiotelevisione italiana SpA nella società RAI-Holding SpA[137], ed è attualmente in corso d’esame, da parte della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, lo schema di Statuto della nuova società derivante dalla fusione per incorporazione, sul quale la Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere.
Il comma 6 rifinanzia l’intervento previsto dall’articolo 4, comma 2 della citata legge finanziaria per il 2004, prevedendo un contributo pari a 50 euro – elevati a 75 euro se l’accesso alla rete fissa da parte dell’utente ricade nelle aree di cui agli Obiettivi 1 e 2[138] - in favore delle persone fisiche o giuridiche che acquistino o noleggino o detengano in comodato per almeno un anno un apparato di utente per la trasmissione o la ricezione a larga banda via INTERNET.
Il contributo si applica ai contratti stipulati dopo il 1° dicembre 2004, nel limite di spesa di 30 milioni di euro per l'anno 2005.
L’analoga disposizione inserita nella legge finanziaria 350/2003 (art. 4, comma 2) fissava in via generale in 75 euro la misura del contributo prevista per il 2004, sempre nel limite di spesa di 30 milioni di euro. La disposizione successiva (art. 4, comma 3) individuava altresì le modalità per la corresponsione del contributo, prevedendo uno sconto praticato sull’ammontare previsto nei contratti di abbonamento al servizio di accesso a larga banda ad internet.
Appare utile ricordare che l’articolo 22, comma 1 della legge n. 57/2001 (cd. “collegato concorrenza”) aveva disposto un contributo pari a 150.000 lire (77,46 euro) da corrispondere alle persone fisiche, ai pubblici esercizi e agli alberghi che avessero acquistato un apparato ricevitore-decodificatore idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre, nonché alle persone fisiche e giuridiche che avessero acquistato un apparato di utente per la trasmissione e la ricezione a larga banda dei dati via INTERNET, autorizzando a tal fine una spesa di 36,5 miliardi di lire per l’anno 2001, 31 miliardi di lire per il 2002, 113,1 miliardi di lire per il 2003 e 25 miliardi di lire (12,9 milioni di euro) per il 2003.
L’articolo 89 della legge finanziaria per il 2003 (legge 289/2002) ha poi previsto, in sostituzione della disposizione di cui all’art. 22 appena citato, un contributo statale pari a 150 euro da corrispondere ai medesimi soggetti considerati dall’art. 22 che acquistino o noleggino un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre, per il solo anno 2003, nonché un contributo pari a 75 euro in favore delle persone fisiche o giuridiche che acquistino o noleggino o detengano in comodato per almeno un anno un apparato di utente per la trasmissione o la ricezione a larga banda via INTERNET. Tale contributo è corrisposto mediante uno sconto praticato sull’ammontare previsto nei contratti di abbonamento al servizio di accesso a larga banda ad internet, stipulati dopo il 1° dicembre 2002[139].
Da ultimo l’articolo 4, comma 2 della legge finanziaria per il 2004 (legge 350/2003) ha previsto come già ricordato la corresponsione di un contributo pari a 75 euro in favore delle persone fisiche o giuridiche che acquistino o noleggino o detengano in comodato per almeno un anno un apparato di utente per la trasmissione o la ricezione a larga banda via INTERNET, stabilendo che il contributo venga corrisposto mediante uno sconto praticato sull’ammontare previsto nei contratti di abbonamento al servizio di accesso a larga banda ad internet, stipulati dopo il 1° dicembre 2003 e ponendo un limite di spesa per l’anno 2004 pari a 30 milioni di euro[140].
Si ricorda poi che in attuazione del successivo comma 4, che ha previsto l’adozione di un decreto del Ministro delle comunicazioni (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per la definizione dei criteri e delle modalità di attribuzione dei contributi statali (entrambe le tipologie previste dai commi 1 e 2 dell’articolo 4), è stato adottato il D.M. 30 dicembre 2003.
Il comma 7 è stato stralciato secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
1. Gli immobili di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 15 aprile 2002 n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, ivi compresi quelli individuati dal Decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1° luglio 2003, possono essere alienati anche nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.
Il comma 1 in esame stabilisce che gli immobili di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge n. 63 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2002, ivi compresi quelli individuati dal decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, possono essere alienati anche nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.
Il citato comma 1-bisdispone in merito alla definitiva soppressione degli enti pubblici di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, recante la "Soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale”.
Tale legge aveva appunto disposto la soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale, i cui scopi fossero cessati o non più perseguibili, o che si trovassero in condizioni economiche di grave dissesto o fossero nell'impossibilità concreta di attuare i propri fini statutari.
La lettera a) del comma 1-bis del decreto-legge n. 63 del 2002 prevede, di conseguenza, la cedibilità degli immobili secondo le modalità previste al capo I del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.
Il capo I del decreto legge n. 351 del 2001 (articoli da 1 a 4) contiene le disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.
A tal fine, l'articolo 1 demanda ad appositi decreti dirigenziali dell’Agenzia del demanio il compito di individuare i singoli beni immobili dello Stato, distinguendoli tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio disponibile e indisponibile, al fine di procedere al riordino, alla gestione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato.
Su tali beni, l’articolo 2 consente al Ministro dell’economia e della finanze di ricorrere alla tecnica della cartolarizzazione per la dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e di altri enti pubblici.
Il medesimo articolo prevede che le operazioni possano essere effettuate attraverso l’emissione di titoli (aventi, sostanzialmente, natura di obbligazioni, anche per quanto concerne il trattamento tributario) ovvero l’assunzione di finanziamenti.
L'individuazione degli immobili da trasferire alla società per la cartolarizzazione e la disciplina dei casi in cui titoli o finanziamenti possono avvalersi, sia pure parzialmente, della garanzia dello Stato sono rimessi a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze.
L'articolo 3 disciplina i meccanismi di alienazione e di rivendita degli immobili da parte delle società veicolo.
L’inclusione nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile.
L’articolo 4 interviene in materia di conferimento di beni immobili a fondi comuni d’investimento immobiliare. A tal fine si autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, cui possono essere conferiti beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta ufficiale.
Il comma 1 in esame ricomprende nelle procedure di alienazione anche gli immobili di cui al decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 150 del 1° luglio 2003, recante l’individuazione degli immobili di proprietà degli enti soppressi da sottoporre alla procedura della cartolarizzazione.
Gli immobili indicati negli allegati al decreto stesso, sono, ai sensi dell’articolo 1, di proprietà degli enti soppressi.
Si tratta degli immobili dei seguenti enti soppressi: Associazione nazionale per il controllo della combustione (A.N.C.C); Cassa mutua provinciale di malattia per gli artigiani di: Udine, Imperia, Pistoia e Federazione nazionale; Cassa mutua per gli esercenti le attività commerciali di: Chieti, Firenze, Forlì, Salerno, Latina, L'Aquila e Varese; Cassa mutua provinciale di malattia per i coltivatori diretti di: Chieti, Pescara, Penne (Pescara), Massa-Carrara, Torino, Caserta e Federazione nazionale; Cassa mutua nazionale lavoratori giornali quotidiani (C.M.N.L.G.Q.); Ente nazionale lavoratori ciechi (E.N.L.C.); Istituto nazionale gestione imposte di consumo (I.N.G.I.C.); Istituto nazionale istruzione e addestramento nel settore artigiano (I.N.I.A.S.A.); Ente nazionale previdenza dipendenti da enti di diritto pubblico (E.N.P.D.E.D.P); Opera nazionale invalidi di guerra (O.N.I.G.); Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie (I.N.A.M.), Ente nazionale prevenzione infortuni (E.N.P.I.), Opera nazionale maternità e infanzia (O.N.M.I.), Ente nazionale per la previdenza e assistenza per le ostetriche (E.N.P.A.O.).
Ai fini delle procedure di alienazione degli immobili, il comma 1 in esame prevede la possibilità che possa essere effettuata nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.
In ordine ai poteri della società, la lettera c) del comma 1-bis dell’articolo 9 del D.L. n. 63 del 2002 prevede la possibilità di affidare la gestione della liquidazione nonché del contenzioso ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato.
A tal fine, la società può compiere qualsiasi atto di diritto privato, ivi incluse transazioni, cessioni di aziende, cessioni di crediti in blocco pro soluto e rinunzie a domande giudiziali, rinunzie a crediti.
Il compenso spettante alla società, i profili contabili del rapporto, nonché le modalità di rendicontazione e di controllo verranno disciplinati in base ad una apposita convenzione.
Tale attività di dismissione degli immobili è effettuata da Fintecna SpA, società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze.
2. All'articolo 9 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1-bis lettera c), all'inizio del secondo periodo, le parole: «La società si avvale», sono sostituite dalle seguenti: «La società può avvalersi anche»;
b) al comma 1-bis, lettera c), dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «È, altresì, facoltà della società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti».
3. Con riguardo a tutte le liquidazioni di cui al comma 1-ter dell'articolo 9 del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, la società, direttamente controllata dallo Stato, di cui al comma 1-bis, lettera c), del medesimo articolo 9 del citato decreto-legge n. 63 del 2002, esercita ogni potere finora attribuito all'Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti e può procedere alla revoca degli incarichi di Commissario liquidatore in essere.
I commi 2 e 3 dell’articolo 28 in esame intervengono in merito alle procedure di liquidazione degli enti disciolti, novellando l’articolo 9 del decreto-legge n. 63 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2002.
Il comma 1-bis dell’articolo 9 dispone in merito alla definitiva soppressione degli enti pubblici di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404.
Tale legge aveva sancito la soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale, i cui scopi fossero cessati o non più perseguibili, o che si trovassero in condizioni economiche di grave dissesto o fossero nell'impossibilità concreta di attuare i propri fini statutari.
In particolare, si disponeva che i provvedimenti di soppressione, liquidazione o incorporazione degli enti medesimi e le relative norme di attuazione fossero promossi dal Ministro per il tesoro ed emanati con decreto presidenziale (art. 1, commi 1 e 2 della legge).
Le operazioni di liquidazione sono state gestite dall’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti (I.G.E.D.), ufficio di livello dirigenziale generale, inserito nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello stato, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. h), del DPR 28 aprile 1998, n. 154, contenente il regolamento sulla nuova organizzazione dell'ex Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione.
La lettera c) del comma 1-bis, del citato D.L. n. 63 del 2002 ha previsto la possibilità di affidare la gestione della liquidazione, nonché del contenzioso ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato. Resta ferma, in ogni caso, la titolarità in capo al Ministero dell’economia e delle finanze dei rapporti giuridici attivi e passivi.
La società si avvale dell'assistenza, della rappresentanza e della difesa in giudizio dell'Avvocatura dello Stato alle stesse condizioni e con le stesse modalità con le quali se ne avvalgono, ai sensi della normativa vigente, le Amministrazioni dello Stato.
A tal fine, la società può compiere qualsiasi atto di diritto privato, ivi incluse transazioni, cessioni di aziende, cessioni di crediti in blocco pro soluto e rinunce a domande giudiziali, rinunzie a crediti.
Il compenso spettante alla società, i profili contabili del rapporto, nonché le modalità di rendicontazione e di controllo sono stati demandati ad una apposita convenzione.
Il successivo comma 1-ter prevede che il Ministero individui le liquidazioni gravemente deficitarie per le quali si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa ovvero le liquidazioni per le quali è comunque opportuno che la gestione liquidatoria resti distinta.
Inoltre, viene previsto che nelle more della individuazione della società di cui alla predetta lettera c) del comma 1-bis, l'I.G.E.D. prosegua le procedure di liquidazione con i poteri previsti dal terzo, quarto e quinto periodo della medesima lettera c) del comma 1-bis.
Il comma 2, lettera a), novella la lettera c) del comma 1-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 63 del 2002 prevedendo, per la società cui è stata affidata la gestione della liquidazione degli enti disciolti, la facoltà, anziché l’obbligo, di avvalersi dell’Avvocatura dello Stato.
Ne consegue la facoltà per la società di poter ricorrere all’assistenza, rappresentanza e difesa in giudizio da parte di soggetti privati.
Una analoga facoltà di ricorrere al patrocinio privato era stata prevista in favore dell’IGED dall’articolo 55, comma 11, della legge n. 449 del 1997, attraverso una novella dell’articolo 11, secondo comma, della legge n. 1404 del 1956.
La lettera b) del comma 2, inserisce, dopo il secondo periodo della lettera c) del comma 1-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 63 del 2002, un’ulteriore disposizione, con la quale si prevede la facoltà per la società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti all’Avvocatura dello Stato.
Il comma 3 stabilisce che la società, direttamente controllata dallo Stato incaricata della gestione della liquidazione, nonché del contenzioso relativo agli enti disciolti, esercita ogni potere finora attribuito all'Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti (IGED) e può procedere alla revoca degli incarichi di Commissario liquidatore in essere.
Articolo 28, comma 4
(Ufficio stralcio enti pubblici estinti
nelle regioni a statuto speciale)
4. L'ufficio stralcio di cui all'articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 31 marzo 1979, è soppresso; le residue funzioni passano definitivamente alle regioni interessate.
Il comma 4 dell’articolo in esame dispone la soppressione dell’Ufficio stralcio di cui all’articolo 119 del D.P.R. 616/1977.
L’Ufficio stralcio è stato istituito per l’esercizio delle funzioni amministrative degli enti pubblici soppressi dal medesimo D.P.R. 616/1977 nelle regioni a statuto speciale, nelle more dell’approvazione delle norme di attuazione degli statuti speciali relativi al conferimento delle medesime funzioni.
Il D.P.R. 616/1977 ha attuato la delega di cui all’articolo 1 della legge 382/1975, recante il trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni a statuto ordinario. Tra queste funzioni erano comprese anche quelle esercitate dagli enti pubblici, di cui lo stesso decreto disponeva la soppressione (gli enti compresi nella Tabella B ad esso allegata)
Il trasferimento delle medesime funzioni alle regioni a statuto speciale è avvenuto successivamente, in accordo con la disciplina prevista da ciascuno statuto speciale, attraverso norme di attuazione degli statuti stessi (ove le stesse funzioni non fossero già di competenza della regione a norma dello statuto)[141].
L’Ufficio doveva quindi esercitare le funzioni amministrative degli enti disciolti fino al completamento del trasferimento delle funzioni e dei relativi beni.
Il processo di trasferimento delle funzioni si è concluso con l’emanazione delle norme di attuazione e dei decreti con i quali è stato disciplinato il trasferimento del personale e dei beni. L’ufficio-stralcio viene pertanto soppresso.
Connessa a tale soppressione è la disposizione di chiusura, introdotta dal comma in esame, che trasferisce direttamente e definitivamente alla regione interessata le funzioni che (eventualmente) risultino ancora attribuite a quell’ufficio.
La relazione tecnica al disegno di legge quantifica il risparmio diretto per il bilancio dello Stato in 51.646 euro, corrispondenti alla cifra iscritta in bilancio al cap. 2651 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze – Tab. 2. La disposizione comporta inoltre un beneficio indiretto in relazione ai costi di gestione dell’ufficio in questione, che gravano sul Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
(…)
Disposizioni stralciate secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
4. Le risorse del fondo di cui all'articolo 4, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono complessivamente destinate alle attività previste ai commi 61, 68, 76 e 77 del citato articolo 4 della legge n. 350 del 2003, nonché alle attività di cui al comma 8. Il relativo riparto è stabilito con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
5. Le risorse del fondo possono essere utilizzate anche per la formazione, in materia di internazionalizzazione, di studenti italiani e stranieri. A tale fine il Ministero delle attività produttive può promuovere protocolli di intesa con le università e le associazioni imprenditoriali di categoria e può avvalersi della collaborazione dell'Istituto nazionale per il commercio estero.
Il comma 4 dispone che le risorse del Fondo per la realizzazione di una campagna promozionale straordinaria a favore del «made in Italy», istituito presso il Ministero delle attività produttive dall’articolo 4, comma 61, della Legge n. 350/03 (Finanziaria 2004), siano complessivamente destinate alle attività previste dallo stesso articolo 4, ai commi 61, 68, 76, 77, nonché alle attività di cui al comma 8. La ripartizione delle risorse è demandata ad un decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze.
Come si legge nella relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge, la disposizione in oggetto intende rendere più agevole la gestione dei due fondi istituiti dall’art. 4, commi 61 e 76, della legge n. 350/03, al fine rispettivamente di realizzare una campagna promozionale a sostegno della produzione italiana (“made in Italy”) (c. 61) e di assicurare l'assistenza legale internazionale alle imprese per la tutela contro le violazioni dei diritti relativi alla proprietà industriale e intellettuale (c. 76).
Considerando che i due fondi citati sono stati finanziati con le medesime risorse, la disposizione intende ricondurre sotto un unico fondo il finanziamento e la gestione dei vari interventi previsti dalle disposizioni richiamate, ivi compreso quello relativo all’esposizione permanente del design italiano presso l’Ente EUR in Roma.
Il successivo comma 5 prevede, inoltre, che le risorse del fondo in oggetto possano essere utilizzate anche per la formazione, in materia di internazionalizzazione, di studenti italiani e stranieri. A tale fine, il Ministero delle attività produttive può promuovere protocolli di intesa con le università e le associazioni imprenditoriali di categoria e può avvalersi della collaborazione dell’Istituto del commercio estero (ICE).
La relazione tecnica specifica che le disposizioni in esame non comportano oneri a carico della finanza pubblica, in quanto dirette a razionalizzare e semplificare le procedure previste dalla normativa vigente.
Si ricorda, in via generale, che nella legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004), all’articolo 4 (commi da 49 a 84), sono state inserite apposite norme finalizzate a promuovere la produzione italiana (Made in Italy)e a tutelare i diritti di proprietà industriale e intellettuale delle imprese italiane sui mercati esteri.
In particolare, la legge finanziaria 2004 prevede, a tutela delle merci prodotte integralmente in Italia o considerate prodotto italiano ai sensi della normativa europea in materia di origine, la regolamentazione dell'etichettatura Made in Italy, oltre che la possibilità di adottare un apposito marchio; tali misure sono dirette a rafforzare la riconoscibilità dei prodotti italiani all'estero (comma 61).
Inoltre, ai sensi della legge finanziaria 2004, è in corso, presso il Ministero delle attività produttive, la costituzione di un Comitato nazionale anti-contraffazione, con funzioni di vigilanza sui fenomeni in materia di violazione dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, di coordinamento e di studio delle misure volte a contrastarli, nonché di assistenza alle imprese per la tutela contro le pratiche commerciali sleali; è altresì previsto, come accennato, un fondo destinato all'assistenza legale per le controversie di questo genere (commi 72-73).
Per quanto concerne, segnatamente, le disposizioni richiamate nel comma 4 dell’articolo in esame, l’articolo 4 della legge n. 350 del 2003 prevede:
§ al comma 61: l’istituzione di un fondo, presso il Ministero delle attività produttive, finalizzato al sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore dei prodotti italiani e al potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico per la diffusione della produzione nazionale nei mercati mediterranei, dell’Europa continentale e orientale, a cura di un’apposita sezione della Scuola superiore del Ministero dell’economia e Finanze. Fra le attività da realizzare per la campagna si ìndica anche l'istituzione di un marchio finalizzato alla tutela delle merci prodotte interamente nel territorio italiano o assimilate, ai sensi della normativa europea in materia di origine. Fra le attività da realizzare è anche indicata quella della regolamentazione dell'indicazione di origine. Il fondo è dotato di 20 milioni di euro per il 2004, 30 milioni di euro per il 2005 e 20 milioni di euro a decorrere dal 2006.
§ al comma 68: l’istituzione dell'Esposizione permanente del design italiano e del made in Italy, al fine di valorizzare lo stile della produzione nazionale, di promozione del commercio internazionale e delle produzioni italiane di qualità (comma 69). L’iniziativa è finanziata con un’autorizzazione di spesa di 1 milione di euro per il 2004, 2005 e 2006, a valere sulle risorse del Fondo di promozione straordinaria del made in Italy;
§ al comma 76: l’istituzione di un fondo per l’assistenza legale internazionale alle imprese, per la tutela contro le violazioni dei diritti relativi alla proprietà industriale e intellettuale, nonché contro le pratiche commerciali sleali e i fenomeni legati agli obiettivi relativi alla diffusione dei prodotti italiani;
§ al comma 77: l’adozione di un decreto del Ministero delle attività produttive, per la definizione delle modalità di gestione del fondo per l'assistenza legale internazionale alle imprese.
§ Per l’attuazione dei commi 76 e 77 è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2004, 4 milioni di euro per l'anno 2005 e 2 milioni di euro per l'anno 2006, da attingersi dal Fondo di promozione straordinaria a favore del made in Italy, di cui al comma 61 (comma 78).
Quanto alla formulazione del comma 4 in esame, si osserva come non risulti chiaro il riferimento ivi contenuto alle “attività di cui al comma 8”.
Escluso che ci si possa riferire al comma 8 dello stesso articolo 29 del disegno di legge finanziaria, per altro oggetto di stralcio da parte del Presidente della Camera in sede di valutazione del contenuto proprio della legge finanziaria, andrebbe chiarito se tale richiamo possa essere riferito al comma 8 dell’articolo 4 della legge n. 350/2003, ivi citato, concerne il finanziamento del Fondo per i progetti strategici nel settore informatico, ovvero – ipotesi più plausibile - se trattisi di un mero errore materiale, in quanto la disposizione intende semplicemente richiamare il comma “78” dello stesso articolo 4, il quale reca una autorizzazione di spesa, a valere sul fondo per la promozione del Made in Italy, per l'attuazione dei commi 76 e 77 del citato art. 4, concernenti il fondo destinato all'assistenza legale alle imprese per la tutela contro le violazioni dei diritti relativi alla proprietà industriale e intellettuale.
In ordine al comma 5, che prevede che le risorse del Fondo per la promozione del “made in Italy” possano essere utilizzate anche per la formazione in materia di internazionalizzazione, si ricorda che il disegno di legge A.S. 3034, recante ”Misure per l' internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore”, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati, prevede, all’art. 3, l’istituzione di strutture statali o regionali per la formazione del personale da destinare agli sportelli unici all’estero e agli sportelli regionali per l’internazionalizzazione, nonché il rafforzamento delle sinergie tra il mondo imprenditoriale e quello universitario attraverso l’attivazione di strumenti indicati dall’Accordo-quadro sottoscritto tra il Ministero, ICE e Conferenza dei rettori delle università italiane.
6. Per l'anno 2005 è confermato il Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro per provvedere ad eventuali esigenze connesse con la proroga delle missioni internazionali di pace. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede ad inviare al Parlamento copia delle deliberazioni relative all'utilizzo del Fondo e di esse viene data formale comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari.
Il comma 6 ha confermato per il 2005 il Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro, da destinare alla prosecuzione di missioni internazionali di pace. Il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a trasmettere al Parlamento copia delle deliberazioni relative all’utilizzo del Fondo. Di tali deliberazioni deve essere data comunicazione formale alle Commissioni parlamentari competenti.
La norma ha contenuto analogo ai commi 8 e 9 dell’articolo 3 della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004), che hanno istituito il Fondo per il 2004. Poiché il comma in esame è formulato in termini di conferma di un Fondo già esistente, sarebbe forse opportuno esplicitare il riferimento normativo.
Gli oneri derivanti dalla partecipazione alle missioni internazionali di pace hanno avuto, nell'ultimo decennio, un incremento progressivo, come evidenziato nella seguente tabella in cui vengono indicati gli oneri annuali (rivalutati con coefficienti ISTAT agosto 2004) coperti da provvedimenti legislativi:
Anno |
Milioni di euro |
Miliardi di lire |
1990 |
40,847 |
79,090 |
1991 |
464,131 |
898,682 |
1992 |
22,506 |
43,578 |
1993 |
145,835 |
282,376 |
1994 |
213,895 |
414,159 |
1995 |
62,486 |
120,990 |
1996 |
168,012 |
325,316 |
1997 |
178,673 |
345,960 |
1998 |
114,169 |
221,062 |
1999 |
472,497 |
914,882 |
2000 |
620,705 |
1.201,852 |
2001 |
700,471 |
1.356,301 |
2002 |
931,190 |
1.803,035 |
2003 |
1.026,325 |
1.942,183 |
2004 |
1.161,606 |
2.249,182 |
Di seguito viene riportato l’elenco delle missioni internazionali di pace attualmente in corso a cui partecipa personale militare italiano, con l’indicazione delle unità impiegate.
Vengono indicate, in primo luogo le missioni autorizzate con un provvedimento legislativo che individua la relativa copertura finanziaria.
Nel corso del 2004 sono stati adottati tre provvedimenti legislativi sulle missioni militari internazionali:
§ il decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 marzo 2004, n. 68, recante proroga della partecipazione italiana a operazioni internazionali;
§ il decreto-legge 24 giugno 2004, n. 160, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 207, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali
§ la legge 30 Luglio 2004, n. 208, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali
Gli oneri finanziari degli interventi legislativi sopracitati sono stati coperti con l’utilizzo del Fondo di riserva costituito con la legge finanziaria 2004, per complessivi 1.161,6 milioni di euro
In particolare, il decreto-legge n. 160/2004 ha prorogato fino al 31 dicembre 2004 la partecipazione italiana alla missione:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
Antica Babilonia |
Missione per garantire la sicurezza degli interventi umanitari in Iraq |
3.177 |
La legge n. 208/2004 ha prorogato fino al 31 dicembre 2004 la partecipazione italiana alle seguenti missioni:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
Active Endeavour |
Rischieramento della flotta NATO nel Mediterraneo orientale nell'ambito dell'operazione Enduring Freedom |
225 |
Albania 2 |
Sorveglianza nelle acque territoriali ed interne albanesi per prevenire l'immigrazione illegale |
160 |
Bilaterale Interni |
Missione finalizzata all'opera di addestramento delle Forze di polizia albanesi |
109 |
Enduring Freedom |
Missione di sostegno alle operazioni militari degli Stati Uniti in Afghanistan (inclusa Resolute Behaviour) |
253 |
EUMM |
Missione dell'Unione europea di monitoraggio nella ex Jugoslavia |
15 |
EUPOL Proxima |
Missione dell’Unione europea di assistenza alla formazione della polizia locale ed alla lotta al crimine organizzato |
12 |
ISAF |
Missione multinazionale di assistenza all'Autorità afghana ad interim |
1.025 |
KFOR |
Missione NATO per il rispetto degli accordi di cessate il fuoco tra Macedonia, Serbia e Albania |
2.470 |
MSU |
Missione militare nell’ambito della Forza internazionale per l’applicazione degli Accordi di Dayton (Bosnia) |
580 |
NATO HQ Skopje |
Headquarters per il coordinamento delle attività in Macedonia |
19 |
NATO HQ Tirana |
Headquarters per il coordinamento tra Autorità albanesi, NATO e Organizzazioni Internazionali ed il supporto di KFOR e delle missioni in Fyrom |
390 |
SFOR |
Prosecuzione della missione militare internazionale di pace IFOR per il rispetto degli Accordi di Dayton e per il consolidamento della pace in Bosnia |
860 |
TIPH II |
Missione di monitoraggio svolta in base all'Accordo israelo-palestinese del 15 gennaio 1997 (Hebron) |
17 |
UNMEE |
Missione militare internazionale di pace in Etiopia ed Eritrea |
55 |
Processo di pace in Somalia |
Partecipazione di ufficiali delle Forze armate ai negoziati per la pace in Somalia |
1 |
Processo di pace in Sudan |
Partecipazione di ufficiali delle Forze armate ai negoziati per la pace in Sudan e monitoraggio sul cessate il fuoco sui Monti Nuba |
2 |
Cessate il fuoco sui Monti Nuba |
Monitoraggio sul cessate il fuoco sui Monti Nuba |
1 |
UNMIK |
Forza di polizia civile internazionale dell'Onu delegata all'amministrazione civile del Kosovo |
53 |
EUPM |
Missione dell'Unione europea di assistenza e riorganizzazione delle Forze di Polizia della Bosnia-Erzegovina operante a Brcko |
48 |
Tutte le missioni sopracitate erano state prorogate e finanziate, per il primo semestre 2004, dal D.L. n. 9/2004, che ha, inoltre, prorogato, fino al 31 dicembre 2004, la partecipazione italiana alla missione:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
DIE |
Delegazione italiana di esperti che collaborano con i militari albanesi per la riorganizzazione delle loro Forze armate |
31 |
Lalegge 19 agosto 2003, n. 249, recante ratifica ed esecuzione dello Scambio di Note relativo al rinnovo dell'accordo per la partecipazione italiana alla Forza multinazionale ed osservatori (MFO), effettuato a Roma il 6 e il 25 marzo 2002, ha fissato al 25 marzo 2007 il termine della partecipazione italiana alla missione. Tale provvedimento non individua la relativa copertura finanziaria:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
MFO |
Forza multinazionale di interposizione che pattuglia lo stretto di Tiran nel Sinai tra Egitto e Israele |
76 |
Le missioni per le quali non è intervenuto alcun provvedimento legislativo, e che quindi non rientrano nel Fondo di riserva, sono le seguenti:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
Distinguished Games |
Missione NATO di assistenza al Governo greco per concorrere alla sicurezza di Giochi Olimpici 2004 |
21 |
MIATM |
Missione italiana di assistenza tecnico militare a Malta |
49 |
MINURSO |
Missione delle Nazioni Unite per il referendum sull’autodeterminazione del popolo Sahrawi (Sahara occidentale) |
5 |
UNIFIL |
Forza Temporanea delle Nazioni Unite in Libano |
52 |
UNMOGIP |
Missione costituita per supervisionare il cessate il fuoco tra India e Pakistan nello Stato di Jammu e Kashmir a seguito dell'accordo India-Pakistan del 1972 |
7 |
UNTSO |
Assistenza del Mediatore e della Commissione per il Controllo della Tregua per il rispetto dell'armistizio in Palestina |
7 |
7. Al fine di assicurare l'efficace svolgimento delle attività di cui all'articolo 17 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, l'Istituto per la promozione industriale (IPI) adotta, d'intesa con il Ministero delle attività produttive, appositi programmi pluriennali. I relativi finanziamenti, ai sensi dell'articolo 14 della legge 5 marzo 2001, n. 57, e dell'articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono determinati, a decorrere dall'anno 2005, in 25 milioni di euro annui, intendendosi corrispondentemente ridotte le autorizzazioni di spesa di cui all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per 16,5 milioni di euro ed all'articolo 60, comma 3, della legge n. 289 del 2002 per 8,5 milioni di euro.
Il comma 7 prevede che l’Istituto per la promozione industriale (IPI), al fine di assicurare l’efficace svolgimento delle sue attività di sostegno delle iniziative per la promozione imprenditoriale, adotti, d’intesa con il Ministero delle attività produttive, appositi programmi pluriennali.
I relativi finanziamenti, sono determinati, a decorrere dall’anno 2005, in 25 milioni di euro annui.
La copertura dei suddetti oneri sarà assicurata sulle disponibilità del Fondo unico per gli incentivi alle imprese - di cui all’articolo 52 della legge n. 448/1998 - e del Fondo istituito presso il Ministero delle attività produttive finalizzato alla gestione delle iniziative e delle attività di assistenza tecnica concernenti la legge 488/1992 e la programmazione negoziata – di cui all’articolo 60, comma 3, della legge n. 289/02. A tal fine, le autorizzazioni di spesa rispettivamente recate dai citati articoli 52 della legge n. 448 e 60, comma 3, della legge n. 289/2002, verranno rispettivamente ridotte di 16,5 milioni di euro e di 8,5 milioni di euro per il triennio 2005-2007 e per gli anni successivi.
In base a quanto affermato nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, l’ammontare delle risorse che si intende destinare all’IPI a decorrere dal 2005 è stato determinato sulla base della serie storica dei contributi attribuiti all’Istituto negli ultimi dieci anni, opportunamente attualizzati.
Sempre in base alle risultanze della relazione tecnica, le risorse assegnate, che costituiscono comunque il limite massimo di onere per il bilancio dello Stato, saranno utilizzate dall’Istituto per il proseguimento delle attività di supporto tecnico del MAP, mediante interventi che comprendono essenzialmente incentivi alle imprese e azioni di supporto per le restanti funzioni dell’Amministrazione.
Si ricorda che l’IPI, Istituto per la promozione industriale, è l’agenzia governativa specializzata nel promuovere la crescita e la competitività dei sistemi produttivi ed economici, nonché a valorizzare le peculiarità territoriali, con particolare riguardo al sistema delle piccole e medie imprese.
La natura giuridica dell’Ente è di associazione riconosciuta di diritto privato, la cui compagine associativa è composta dal Ministero delle attività produttive e da rappresentanti di Confindustria, Confapi, Confartigianato, CNA, Confcommercio, Confesercenti, Unioncamere, ABI, Mediocredito e SFIRS.
L’IPI opera sulla base degli indirizzi e sotto la vigilanza del Ministero delle attività produttive (MAP), sviluppando linee di azioni sinergiche e complementari a quelle attivate dallo stesso Ministero al fine di garantire la più efficace attuazione degli indirizzi di politica industriale definiti dal Governo.
Quanto all’art. 17 del decreto legge 8 febbraio 1995, n. 32[142], richiamato dal primo periodo del comma in esame, si ricorda che esso disciplina l’attività dell’IPI, prevedendo che il Ministero dell'industria (ora attività produttive) provveda annualmente al finanziamento delle iniziative che l’IASM (Istituto di assistenza allo sviluppo del mezzogiorno), ora IPI, intende assumere sulla base di programmi annuali di attività approvati con decreto del Ministro dell'industria (ora attività produttive) (comma 1). Le amministrazioni pubbliche centrali e locali e i soggetti da esse partecipati possono, mediante convenzione, utilizzare i servizi dell’IPI (comma 2).
Il documento di programmazione delle attività dell’Istituto è inserito, sulla base del dettato dello Statuto dell’IPI[143], all’interno di una più ampia programmazione pluriennale, volta a illustrare le linee di sviluppo dell’azione dell’Istituto rispetto al contesto operativo di riferimento. Sono attualmente operative le linee programmatiche per il triennio 2004 – 2006.
L’articolo 14 della legge 5 marzo 2001, n. 57[144], rubricato “Misure per favorire l'accesso delle imprese artigiane agli incentivi di cui al decreto-legge n. 415 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 488 del 1992. Disposizioni in materia di incentivi alle imprese e di finanziamento delle iniziative dell'IPI” prevede, al comma 3, che a decorrere dall'esercizio finanziario 2001 gli oneri per il finanziamento delle iniziative che l'Istituto per la promozione industriale (IPI) assume sulla base di programmi di sostegno delle iniziative per la promozione imprenditoriale sull'intero territorio nazionale gravino sulle disponibilità del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese” di cui all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Cfr. infra).
L’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (legge finanziaria 2003), rubricato “Finanziamento degli investimenti per lo sviluppo”, al comma 3, istituisce presso il Ministero delle attività produttive, un apposito Fondo finalizzato alla gestione delle iniziative e delle attività di assistenza tecnica afferenti alla legge 488/1992 e alla programmazione negoziata, in cui confluiscono:
- le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, di cui all’articolo 52 della legge 448/98, per la parte relativa alle autorizzazioni di spesa, di cui alla legge n. 488 del 1992;
- le disponibilità assegnate alla programmazione negoziata per patti territoriali, contratti d'area e contratti di programma;
- le economie derivanti da provvedimenti di revoca totale o parziale degli interventi precitati;
- le economie di cui al comma 6 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1997, n. 266 (economie derivanti da provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64).
Un ulteriore periodo del comma 3 dell’articolo 60dispone che gli oneri relativi al funzionamento dell’Istituto per la promozione industriale (IPI), riguardanti le iniziative e le attività di assistenza tecnica afferenti le autorizzazioni di spesa relative alla legge n. 488/1992 e agli interventi di programmazione negoziata, gravano sull’apposito Fondo costituito dal medesimo comma 3 presso il Ministero delle attività produttive, in cui, come detto, confluiscono le risorse per tali interventi.
Si ricorda, infine, che l'articolo 52 della legge n. 448/1998 (collegato alla legge finanziaria 1999) ha costituito il Fondo unico per gli incentivi alle imprese, facendovi confluire le autorizzazioni legislative di spesa e i rifinanziamenti relativi agli interventi agevolativi in favore delle imprese gestiti dall’ex Ministero dell’industria, ora Ministero delle attività produttive.
Il Fondo è articolato in piani di gestione, distinti per settori di intervento (settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse, imprenditoria femminile e altri interventi), a loro volta ulteriormente suddivisi per le relative leggi sostanziali.
L’ultimo decreto ministeriale di ripartizione del Fondo, il D.M. 19 luglio 2004, nel piano di gestione relativo agli “Interventi nelle aree depresse”, reca gli stanziamenti relativi agli incentivi alle attività produttive previsti dalla legge n. 488 del 1992, e gli stanziamenti relativi a programmazione negoziata per patti territoriali, contratti d'area e contratti di programma, assegnando ai primi la somma di 1.886.839.000 euro nel 2004 e 413.000.000 nel 2005, e ai secondi la somma di 40.000.000 euro nel 2004 e 2.712.702.000 nel 2005.
Sugli stanziamenti indicati dalle due voci per gli anni 2004 e 2005, graveranno, nell'anno 2004, gli oneri relativi al funzionamento dell'Istituto per la promozione industriale (IPI) riguardanti le iniziative e le attività di assistenza connesse con gli interventi della legge n. 488 del 1992 per euro 3.071.347, e, nell’anno 2004, gli oneri relativi al funzionamento dell'Istituto per la promozione industriale (IPI) riguardanti le iniziative e le attività di assistenza connesse con gli interventi della programmazione negoziata per euro 2.833.653.
Inoltre, nel piano di gestione relativo ad “altri interventi” , il D.M. 19 luglio 2004, sopra citato, prevede lo stanziamento di 16.592.000 euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 per il “Finanziamento del programma IPI, ai sensi dell’art. 14 legge 5 marzo 2001, n. 57.
(…)
Disposizione stralciata secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
9. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, è stabilito un incremento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione di cui all'articolo 18 della legge 1° dicembre 1986, n. 870, in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 24 milioni di euro a decorrere dall'anno 2005. Una quota delle predette maggiori entrate, pari ad euro 20 milioni per l'anno 2005, e ad euro 12 milioni a decorrere dall'anno 2006, è riassegnata allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la copertura degli oneri di cui all'articolo 2, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190. (…)
Il comma 9 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, per stabilire un incremento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 24 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005.
Una parte – pari a 20 milioni di euro per l’anno 2005 e a 12 milioni di euro per l’anno 2006 – delle maggiori entrate così ottenute è destinata dal comma in esame alla copertura degli oneri per il rafforzamento delle strutture operative del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti[145], previsto dall’articolo 2, commi 3, 4 e 5 del D.Lgs. 190/2002[146], il quale attribuisce al Ministero stesso la competenza primaria sull’insieme delle funzioni tecniche e amministrative occorrenti alla progettazione e approvazionedelle infrastrutture strategiche e di interesse nazionale. In particolare, la relazione illustrativa evidenzia che le risorse indicate sono destinate all’attività di istruttoria e di monitoraggio delle opere infrastrutturali strategiche di cui alla legge 443/2001 (cd. “legge obiettivo”).
L’ultimo periodo del comma 9, è stato stralciato secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
L’articolo 2 del D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, ha definito attività e competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a cui viene attribuita una funzione di promozione e di coordinamento ai fini di una rapida realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi “strategici” (individuati dalla “legge obiettivo”) .
Al fine dello svolgimento di tutte le attività, il comma 3 ha attribuito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti risorse umane, anche specializzate: il Ministero, ove non disponga di risorse professionali proprie:
§ può avvalersi di una struttura tecnica di missione composta da dirigenti delle pubbliche amministrazioni, nonché – sulla base di specifici incarichi professionali o rapporti di collaborazione coordinata e continuativa – di progettisti ed esperti nella gestione di lavori pubblici e privati e di procedure amministrative;
§ può assumere, per esigenze della struttura medesima, personale di alta specializzazione e professionalità, previa selezione, con contratti a tempo determinato di durata non superiore al quinquennio rinnovabili per una sola volta;
§ può avvalersi, quali consulenti (advisor), di società specializzate nella progettazione e gestione di lavori pubblici e privati.
Al comma 4 è stato stabilito che il Ministero:
§ possa avvalersi della eventuale ulteriore collaborazione che le Regioni o Province autonome interessate vorranno offrire, con oneri a proprio carico;
§ possa avvalersi della Cassa depositi e prestiti o di società da essa controllata per le attività di supporto tecnico-finanziario occorrenti al Ministero ed ai soggetti aggiudicatori.
§ possa richiedere la collaborazione del Ministero dell’economia e delle finanze per la parte relativa alla finanza di progetto.
Il comma 5 ha previsto inoltre che il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentito il Ministro dell’economia e, per gli insediamenti produttivi e le infrastrutture di competenza, il Ministro delle attività produttive o il Ministro delle comunicazioni, possa proporre al Presidente del Consiglio dei ministri la nomina di commissari straordinari con il compito di seguire l’andamento delle opere, con funzioni di indirizzo e supporto, promuovendo le occorrenti intese tra i soggetti pubblici e privati interessati.
Il comma 6 del medesimo articolo 2 ha stabilito che alla copertura degli oneri finanziari derivanti dalle collaborazioni con soggetti esterni alla amministrazione del Ministero, nonché dalla nomina dei Commissari straordinari, si provveda, mediante decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a carico delle risorse finanziarie destinate annualmente dalla legge finanziaria alla realizzazione del Programma delle infrastrutture strategiche e di interesse nazionale.
Per la copertura di questi oneri dispone ora il comma 9 dell’articolo in commento, destinandovi la quota di maggiori entrate in esso determinata, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2005 e a 12 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. Rimane comunque al ministro la facoltà di provvedere, per eventuali maggiori oneri, mediante il decreto previsto dal descritto comma[147].
Quanto alle operazioni in materia di motorizzazione, delle cui tariffe la disposizione del disegno di legge finanziaria in esame prevede un incremento, si ricorda che gli Uffici della motorizzazione civile svolgono una serie di funzioni connesse con la circolazione e la guida dei veicoli, tra le quali si ricordano, con riguardo ai veicoli, le omologazioni, immatricolazioni, revisioni, collaudi e, con riguardo ai conducenti, le operazioni relative alla patente (rilascio, revisione di patenti di ogni categoria, conversione di patenti militari ed estere, duplicati per smarrimento, sottrazione e deterioramento), il rilascio di certificati di abilitazione professionale, delle concessioni di autolinee, delle autorizzazioni per trasporto di cose in conto terzi.
L’articolo 18 della legge 1° dicembre 1986, n. 870, disciplina le tariffe delle operazioni in questione, in particolare mediante una tabella alla legge (tabella 3), sostitutiva di quella precedentemente allegata al decreto del Ministro dei trasporti del 19 dicembre 1980.
Lo stesso articolo ha previsto che gli aumenti così disposti entrassero in vigore in misura limitata al 60 per cento fino al 31 dicembre 1986 ed in misura intera a decorrere dal 1 gennaio 1987. È stato altresì previsto che si procedesse ogni due anni all’adeguamento della la misura dei diritti con decreto del Ministro dei trasporti, emanato di concerto con il Ministro del tesoro, a partire dalla data di entrata in vigore della legge, in relazione alle variazioni dell'indice ISTAT del costo della vita nonché agli incrementi del costo dei servizi considerati dalla citata tabella.
Si ricorda poi che la sospensione – fino al 31 dicembre 2003 – dell'adeguamento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione è stata disposta dall'art. 21, comma 14, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
1. I beni culturali immobili dello Stato, per l'uso dei quali attualmente non è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in uso a soggetti privati con pagamento di un canone fissato dal competente organo periferico preposto alla tutela. Il concessionario si impegna a realizzare a proprie spese gli interventi di restauro e conservazione indicati dal predetto ufficio.
2. Dal canone di concessione vengono detratte le spese sostenute dal concessionario per il restauro entro il limite massimo del canone stesso. Il concessionario è obbligato a rendere fruibile il bene da parte del pubblico con le modalità e i tempi stabiliti nell'atto di concessione o in apposita convenzione unita all'atto stesso.
3. I beni culturali che possono formare oggetto di tali concessioni sono individuati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali su proposta del Direttore regionale competente. L'individuazione del concessionario avviene mediante procedimento ad evidenza pubblica.
4. (…)
Il comma 1 prevede che i beni culturali immobili dello stato che richiedono interventi di restauro possano essere dati in uso a soggetti privati - individuati mediante procedimento ad evidenza pubblica (comma 3) - i quali si impegnano a pagare un canone di concessione, fissato dalla soprintendenza competente, e a realizzare gli interventi di restauro e conservazione necessari.
Il successivo comma 2 precisa che le spese sostenute possono essere detratte dal canone di concessione entro il limite massimo del canone stesso. Il concessionario deve inoltre garantire la fruizione del bene da parte del pubblico, secondo le modalità e i tempi stabiliti nella concessione o in una apposita convenzione.
Con riferimento alla norma in commento, la relazione tecnica chiarisce che alcuni beni culturali si trovano nella “improcrastinabile necessità di interventi di conservazione”. Tuttavia, secondo quanto emerge dalla relazione, “la carenza delle risorse finanziarie disponibili a tal fine consente di attuare soltanto lavori di primo intervento per evitare la loro perdita totale”. La norma permetterebbe, pertanto “di risparmiare prevedibili oneri futuri che si sarebbero resi necessari per la conservazione dei predetti beni”.
In proposito, si ricorda che l’uso dei beni culturali è attualmente regolato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio[148], che disciplina, agli articoli 106 e 107, l’uso di beni culturali e, all’articolo 115, la gestione delle attività di valorizzazione dei beni culturali ad iniziativa pubblica.
In particolare, l’articolo 106 prevede che il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possano concedere l’uso dei beni culturali, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale, a singoli richiedenti. Ai sensi del comma 2, la determinazione del canone e l’adozione del provvedimento di concessione in uso spettano al soprintendente.
Tale norma, in parte già contenuta nella c.d. legge Ronchey[149] e ripresa dall’articolo 114 del testo unico dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490/1999) - che vi ha introdotto l’esigenza di salvaguardare la destinazione culturale del bene - è stata ampliata dal Codice nel senso di attribuire tale facoltà, oltre che al Ministero, anche alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali.
L’articolo 115 disciplina la gestione delle attività di valorizzazione, che può essere diretta o indiretta. La gestione diretta è svolta attraverso strutture organizzative interne alle Amministrazioni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile. Qualora non sia possibile ricorrere alla gestione diretta, si provvede in forma indiretta mediante affidamento o concessione ad altri soggetti, previa valutazione comparativa degli obiettivi e dei relativi mezzi, metodi e tempi.
Per quanto riguarda la gestione indiretta, si ricorda che a partire dai primi anni ’90 si è avviato anche in Italia, in linea con la tendenza prevalente nei più avanzati Paesi occidentali, un processo di collaborazione pubblico-privato nella gestione e fruizione del patrimonio culturale pubblico. Il punto di partenza di tale processo è rappresentato dalla citata legge Ronchey, che ha consentito ai musei statali[150] di “esternalizzare”, affidandoli in concessione a privati, determinati servizi accessori, afferenti essenzialmente all’assistenza culturale e all’ospitalità per il pubblico[151] (ora regolati dall’articolo 117 del Codice).
Il comma 3 dell’articolo in commento stabilisce che un decreto del Ministero per i beni e le attività culturali, su proposta del direttore regionale competente, individui l’elenco dei beni culturali che possono essere dati in concessione. L’individuazione del concessionario avviene mediante procedimento ad evidenza pubblica.
Si ricorda che il decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 3[152], all’articolo 5[153], ha istituito - quali articolazioni territoriali di livello dirigenziale generale del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici - le direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici, gerarchicamente sovraordinate alle esistenti Soprintendenze di settore, allo scopo di ottimizzare il rapporto tra le varie strutture e di creare un efficiente punto di riferimento per i rapporti con le istituzioni regionali, anche in considerazione della recente revisione del titolo V della Costituzione. Il successivo D.P.R. 10 giugno 2004, n. 173[154], ha disciplinato, all’articolo 20, i compiti di tali uffici. In particolare, per quanto qui interessa, la lettera h) di tale articolo prevede che il direttore regionale conceda l’uso dei beni culturali in consegna al Ministero, ai sensi degli articoli 106 e 107 del Codice.
Per quanto riguarda il procedimento ad evidenza pubblica, si fa presente che, stante la lettera della disposizione in esame, l’applicazione della normativa sugli appalti pubblici sembrerebbe rimanere circoscritta all’individuazione del concessionario e non riguarderebbe, pertanto, i lavori di restauro, i quali sembrerebbero affidati al concessionario stesso. Si tenga tuttavia presente che ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109[155], le disposizioni si applicano anche ai lavori di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria effettuati da soggetti privati, qualora questi ricevano da amministrazioni pubbliche un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale, che, attualizzato, superi il 50 per cento dell'importo dei lavori.
Con riferimento inoltre alla formulazione dei commi 1-3 dell’articolo in commento, occorrerebbe valutare l’opportunità di coordinare la norma in esame con le richiamate disposizioni del Codice e, in particolare, con l’articolo 106.
Il comma 4 è stato stralciato secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
1. All'articolo 10, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «il processo di valore inferiore a euro 1.100» sono soppresse.
2. I commi 1 e 2 dell'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono sostituiti dal seguente:
«1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi:
a) euro 30 per i processi di valore fino a 1.100 euro;
b) euro 70 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonché per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile;
c) euro 170 per i processi di valore superiore a 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace;
d) euro 340 per i processi di valore superiore a 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile;
e) euro 500 per i processi di valore superiore a 52.000 e fino a euro 260.000;
f) euro 800 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000;
g) euro 1.110 per i processi di valore superiore a euro 520.000».
3. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 200. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 120,00.
4. L'articolo 46, comma 1, della legge 30 novembre 1991, n. 374, è sostituito dal seguente:
«1. Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115».
5. Le somme derivanti dal maggior gettito di cui ai precedenti commi sono versate al bilancio dello Stato, per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l'adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari.
6. All'articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «4-ter. Le indennità previste dal presente articolo non possono superare in ogni caso l'importo di euro 72.000 lordi annui». La disposizione del presente comma si applica anche ai giudici tributari.
7. (…)
8. I veicoli giacenti presso i custodi a seguito dell'applicazione di provvedimenti di sequestro dell'autorità giudiziaria, anche se non confiscati, sono alienati, anche ai soli fini della rottamazione, mediante cessione al soggetto titolare del deposito ove ricorrano le seguenti condizioni:
a) siano ritenute cessate, con provvedimento dell'autorità giudiziaria da comunicarsi all'avente diritto alla restituzione, le esigenze che avevano motivato l'adozione del provvedimento di sequestro;
b) siano immatricolati per la prima volta da oltre cinque anni e siano privi di interesse storico e collezionistico;
c) siano comunque custoditi da oltre due anni alla data del 1° luglio 2002;
d) siano trascorsi sessanta giorni dalla comunicazione all'avente diritto alla restituzione dell'ordinanza di cui alla lettera a) senza che questi abbia provveduto al ritiro.
9. La cessione è disposta, anche in assenza di documentazione in ordine allo stato di conservazione, sulla base di elenchi predisposti dalla cancelleria o dalla segreteria nei quali i veicoli sono individuati secondo il tipo, il modello ed il numero di targa o di telaio.
10. All'alienazione ed alle attività ad essa funzionali e connesse procede una commissione costituita presso i tribunali e presso i tribunali dei minorenni, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero della giustizia di concerto con le altre amministrazioni interessate.
11. L'alienazione del veicolo si perfeziona con la notifica al custode acquirente del provvedimento, eventualmente relativo ad elenchi di veicoli, dal quale risulta la determinazione all'alienazione da parte dell'ufficio giudiziario competente.
12. Il provvedimento di alienazione è comunicato all' autorità giudiziaria che aveva disposto il sequestro.
13. Il provvedimento è altresì comunicato al pubblico registro automobilistico competente, il quale provvede, senza oneri, all'aggiornamento delle relative iscrizioni.
14. Al custode è riconosciuto, in deroga alle tariffe previste dagli articoli 59 e 276 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, un importo complessivo forfettario, comprensivo del trasporto, determinato, per ciascuno degli anni di custodia, nel modo seguente:
a) euro 6,00 per ogni mese o frazione di esso per i motoveicoli ed i ciclomotori;
b) euro 24,00 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli ed i rimorchi di massa complessiva inferiore a 3,5 tonnellate, per le macchine agricole ed operatrici;
c) euro 30,00 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli ed i rimorchi di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate.
15. Gli importi sono progressivamente ridotti del venti per cento per ogni anno o frazione di esso successivo al primo di custodia del veicolo, salva l'eventuale intervenuta prescrizione delle somme dovute.
16. Le somme complessivamente dovute sono corrisposte in cinque ratei annui costanti a decorrere dall'anno 2006.
17. Alle procedure di alienazione o rottamazione già avviate e non ancora concluse ed alle relative istanze di liquidazione dei compensi, comunque presentate dai custodi, si applicano, qualora esse concernano veicoli in possesso dei requisiti cui al comma 8, le disposizioni che precedono.
18. All'articolo 82, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «e previo parere del consiglio dell'ordine» sono soppresse.
19. L'articolo 30, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dal seguente:
«1. La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l'assegnazione o la vendita di beni pignorati, anticipa i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione per la notificazione eseguita su richiesta del funzionario addetto all'ufficio, in modo forfettizzato, nella misura di euro 8,00, eccetto che nei processi previsti dall'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, come sostituito dall'articolo 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533, e in quelli in cui si applica lo stesso articolo».
20. La tabella di cui all'allegato n. 1 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è abrogata.
La disposizione in esame introduce una serie di interventi diretti alrecupero di risorse finanziarie per l’amministrazione della giustizia: dall’abolizione dell’esenzione totale dal contributo unificato per le spese di giustizia, alla revisione in aumento dei relativi scaglioni di pagamento; dalla introduzione di limiti per le indennità in favore dei giudici di pace, ad una complessiva revisione della disciplina delle custodie giudiziarie di autoveicoli, finalizzata ad una rapida distruzione delle giacenze.
I primi tre commi dell’art. 31 intervengono sulla disciplina del contributo unificato, introducendo modifiche al testo unico spese di giustizia (D.P.R. 115/2002).
Il comma 1 sopprime le esenzioni dal contributo unificato che il suddetto testo unico prevedeva per i processi di valore inferiore a 1.100 euro (art. 10, comma 4) e ai quali e ora è, invece, connesso un prelievo di 30 euro (comma 2).
Si ritiene infatti, che il patrocinio a spese dello Stato costituisca già sufficiente tutela per le fasce di utenti economicamente più deboli.
Il comma 2 provvede, inoltre, nell’ottica di un aumento generalizzato, ad una revisione degli importi dovuti per gli scaglioni di valore dei procedimenti, all’occorrenza modificando il comma 1 dell’art. 13 del D.P.R. 115/2002 e arrotondando gli importi derivanti dalla conversione in lire.
Si stabiliscono aumenti (art. 13, comma 1, del testo unico):
§ da 62 a 70 euro per i processi di valore compreso tra 1.100 e 5.200 euro, per quelli di volontaria giurisdizione e per i procedimenti in camera di consiglio (es.: la decisione sull’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza in pendenza del ricorso per cassazione, v. art. 373 c.p.c.; l’omologazione della separazione consensuale, v. art. 711 c.p.c.; i provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio dello scomparso, v. art. 721 c.p.c.; la sentenza che dichiara l’assenza o la morte presunta, v. art. 729 c.p.c.; i provvedimenti relativi ai minori, agli interdetti, agli inabilitati, v. art. 723 c.p.c., etc.);
§ da 155 a 170 euro per quelli di valore compreso tra i 5.200 e i 26.000 euro e i contenziosi di valore indeterminabile di competenza del giudice di pace;
§ da 310 a 340 euro per i processi di valore compreso tra i 26.000 e i 52.000 euro e quelli civili e amministrativi di valore non determinabile;
§ da 414 a 500 euro per processi di valore compreso tra i 52.000 e i 260.000 euro;
§ da 672 a 800 euro per i processi di valore compreso tra i 260.000 e i 520.000 euro;
§ da 930 a 1.100 euro per processi di valore oltre i 520.000 euro.
Gli aumenti per i primi tre scaglioni sono del 10% circa, mentre quelli per le cause di valore più elevato (oltre 52.000 euro) possono essere quantificati nell’ordine del 20%.
Il comma 3 dell’art. 31 del disegno di legge ritocca in aumento (art. 13, comma 2, del testo unico) anche gli importi del contributo unificato da versare per i processi esecutivi immobiliari – che passa da 155 a 200 euro – nonché per ui processi di opposizione agli atti esecutivi (da 103,30 a 120 euro).
Si segnala che il suddetto comma 3 modifica e sostituisce il comma 2 dell’articolo 13 del testo unico, anche se, stando alla lettera del testo, tale comma 2, unitamente al comma 1, risulterebbe sostituito dal solo comma 2 dell’art. 31 del disegno di legge in esame.
Mentre il comma 5 contiene la specificazione che le maggiori entrate, derivanti dall’intervento in esame, saranno destinate al pagamento dei debiti pregressi e al funzionamento degli uffici giudiziari, i commi 4 e 6 dell’art. 31 modificano la legge 374/1991, istitutiva del giudice di pace.
Il comma 4 dell’art. 31 contiene disposizioni di coordinamento conseguenti alla introduzione del contributo di 30 euro per i processi fin ora esenti.
La norma, infatti, intervenendo sul comma 1 dell’art 46 della legge 374/1991, fa venir meno l’esenzione da ogni tassa e imposta per le cause e le attività conciliative di valore inferiore a 1.033 euro. Ne deriva, di conseguenza, che anche in tali ipotesi debba essere versato il contributo minimo di 30 euro, stabilito dal nuovo comma 1 dell’art. 13 del D.P.R. 115/2002.
Il comma 6, aggiungendo il comma 4-ter all’art. 11 della legge 374/1991, pone un limite alle indennità percepibili dai giudici di pace fissandole a 72.000 euro lordi all’anno.
Tale limite è, inoltre, esteso alle indennità percepite dai giudici tributari.
I giudici di pace percepiscono un'indennità di lire 70.000 per ciascuna udienza civile o penale, anche se non dibattimentale, e per l'attività di apposizione dei sigilli, nonché di lire 110.000 per ogni altro processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo . È altresì dovuta un'indennità di lire 500.000 per ciascun mese di effettivo servizio a titolo di rimborso spese per l'attività di formazione, aggiornamento e per l'espletamento dei servizi generali di istituto. Nulla è dovuto per le cause cancellate che vengono riassunte e per le udienze complessivamente tenute oltre le 110 l'anno. Nel numero delle 110 udienze non si computano quelle per i provvedimenti indicati al comma 3-quater, per ciascuna delle quali è dovuta una indennità di euro 20 .
È corrisposta altresì un’indennità di lire ventimila per ogni decreto ingiuntivo o ordinanza ingiuntiva emessi, rispettivamente, a norma degli articoli 641 e 186-ter del codice di procedura civile; l'indennità spetta anche se la domanda di ingiunzione è rigettata con provvedimento motivato.
In materia penale al giudice di pace è corrisposta una indennità di euro 10,33 per l'emissione di una serie di provvedimenti:
a) decreto di archiviazione, di cui agli articoli 17, comma 4, e 34, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e successive modificazioni;
b) ordinanza che dichiara l'incompetenza, di cui all'articolo 26, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni;
c) provvedimento con il quale il giudice di pace dichiara il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, disponendone la trasmissione al pubblico ministero per l'ulteriore corso del procedimento, di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni; etc.
L'ammontare delle indennità è rideterminato ogni tre anni, con decreto emanato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente.
Le indennità sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati.
Il comma 7 è stato stralciato secondo quanto comunicato dal Presidente della Camera all’Assemblea nella seduta del 6 ottobre 2004.
I commi da 8 a 17 dettano disposizioni concernenti le custodie giudiziarie di autoveicoli e sono finalizzati alla drastica riduzione dei costi ad esse connessi, derivanti dalla circostanza che “i corpi di reato (…) rimangono sottoposti a vincolo anche molto tempo dopo la definizione del giudizio, con la conseguenza che permangono gli oneri di custodia a carico dell’erario anche quando sono cessate le esigenze processuali”.
Al fine di evitare il ripetersi di tali evenienze, si dispone che i veicoli giacenti presso i custodi a seguito dell’applicazione di provvedimenti di sequestro, siano alienati al titolare del deposito, con le modalità di cui al comma 9, anche se non confiscati, qualora ricorrano le seguenti condizioni ( lettere da a) a d) del comma 8):
§ sia emanato da parte dell’autorità giudiziaria un provvedimento che dichiari cessate le esigenze su cui il sequestro si basava e siano trascorsi sessanta giorni dalla comunicazione di tale provvedimento all’interessato, senza che questi abbia ritirato il veicolo;
§ il veicolo sia immatricolato per la prima volta da oltre cinque anni;
§ la custodia si sia protratta per oltre due anni alla data del primo luglio 2002.
L’alienazione, disposta da una commissione costituita presso i tribunali e presso i tribunali dei minorenni (comma 10), si perfeziona con la notifica del provvedimento al custode acquirente (comma 11); il provvedimento deve essere, altresì, notificato alla autorità giudiziaria che aveva ordinato il sequestro, nonché al pubblico registro automobilistico (commi 12 e 13).
I compensi spettanti ai custodi vengono fortemente ridimensionati e, in deroga a quanto previsto dalle tabelle di cui all’articolo 59 del testo unico n. 115/2002, forfetariamente fissati in:
§ euro 6 mensili per motoveicoli e ciclomotori;
§ euro 24 mensili per autoveicoli e rimorchi di massa inferiore alle 3,5 tonnellate, macchine agricole;
§ euro 30 mensili per autoveicoli e rimorchi di massa superiore alle 3,5 tonnellate (comma 14).
Tali importi subiscono una riduzione del 20% per ogni anno di custodia successivo al primo (comma 15) e sono corrisposti in cinque ratei annui, a partire dal 2006 (comma 16); diversamente dispone l’articolo 59 del testo unico sulle spese di giustizia, in base al quale la riduzione dei compensi spettanti ai custodi è connessa soltanto allo stato di conservazione del bene.
Il comma 17 dispone l’applicazione di tale complessiva disciplina alle procedure di alienazione o rottamazione già avviate e ancora in corso alla data di entrata in vigore della legge, purché ricorrano le condizioni precedentemente illustrate.
Il comma 18, modifica, eliminando la fase relativa alla acquisizione del parere del consiglio dell’ordine, il procedimento di liquidazione - di cui all’articolo 82 del testo unico n.115/2002 - dell’onorario e delle spese spettanti al difensore in caso di gratuito patrocinio. Si mira, attraverso tale disposizione, alla riduzione dei costi legati al suddetto istituto, dal momento che le spese sostenute dal difensore per ottenere il parere, rientrando tra quelle previste all’articolo 75 del medesimo testo unico, sono a carico dello Stato.
Il comma 19 dispone l’adeguamento del contributo forfettario (di cui all’articolo 30 del testo unico n. 115/2002) che la parte che si costituisce in giudizio deve versare anticipatamente per le notificazioni eseguite dai funzionari di cancelleria. Tale contributo è fissato in euro 8, in luogo degli attuali importi, individuati nella tabella di cui all’allegato n. 1 del testo unico (che il comma 20 del disegno di legge in esame provvede ad abrogare) che vanno da un minimo di euro 2,46 ad un massimo di euro 4,93 e che non subiscono ritocchi dall’anno 1979.
1. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 6, primo comma:
1) dopo la lettera e) è inserita la seguente:
«e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l'edilizia, permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori ed ai progettisti dell'opera»;
2) nella lettera g-ter), dopo le parole: «contratti di somministrazione di energia elettrica», sono inserite le seguenti: «di servizi telefonici, di servizi idrici e del gas,»;
b) all'articolo 7:
1) nel primo comma, le parole: «riguardanti gli atti di cui alla lettera g) dell'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «contenuti negli atti di cui alle lettere e-bis) e g) del primo comma dell'articolo 6»;
2) nel quinto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine dell'emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all'applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati catastali identificativi dell'immobile presso cui è attivata l'utenza»;
3) il sesto comma è sostituito dal seguente:
«Le banche, la società Poste italiane spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dalla lettera g-quater) del primo comma dell'articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto od effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria»;
4) l'undicesimo comma è sostituito dal seguente:
«Le comunicazioni di cui ai commi dal primo all'ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate»;
5) nel dodicesimo comma, le parole: «il Ministro delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «il Direttore dell'Agenzia delle entrate».
2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste dall'articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificato dal numero 2) della lettera b) del comma 1, a decorrere dal 1° aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società richiedono i dati identificativi catastali all'atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.
3. Con provvedimento di concerto dei Direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, sono stabilite le informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 9.
Il comma 1 apporta modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.
In particolare, la lettera a) modifica l’articolo 6, primo comma, di tale decreto integrando l’elenco degli atti in cui dev’essere indicato il codice fiscale.
Secondo la disciplina vigente, il numero di codice fiscale deve essere indicato nei seguenti atti:
a) fatture e documenti equipollenti emessi ai sensi delle norme concernenti l'imposta sul valore aggiunto, relativamente all'emittente;
b) richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso, relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto, esclusi gli atti degli organi giurisdizionali e quelli elencati nella tabella allegata al decreto;
c) comunicazioni allo schedario generale dei titoli azionari, relativamente alla società emittente, ai soggetti da cui provengono se diversi dalla società emittente, agli intestatari o cointestatari del titolo, nonché agli altri soggetti per cui tale indicazione è richiesta nel modello di comunicazione approvato con decreto del Ministro per le finanze;
d) dichiarazioni dei redditi previste dalle norme concernenti l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora Imposta sui redditi delle società), comprese le dichiarazioni dei sostituti d'imposta e i certificati attestanti le ritenute alla fonte operate dagli stessi, relativamente ai soggetti da cui provengono ed agli altri soggetti in esse indicati o indicati in elenchi nominativi la cui allegazione è prescritta da leggi tributarie; richieste di attestazione della posizione tributaria dei contribuenti e relative certificazioni degli uffici finanziari, limitatamente alle persone che hanno redditi propri; distinte e bollettini di conto corrente postale per i versamenti diretti alle esattorie delle ritenute alla fonte e delle imposte sui redditi, relativamente ai soggetti da cui provengono i versamenti; bollettini di conto corrente postale per il pagamento delle imposte dirette iscritte a ruolo, relativamente ai soggetti tenuti al pagamento; atti di delega alle aziende di credito previsti per il pagamento dell’IRPEF dall'art. 17 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, e conseguenti attestazioni di pagamento rilasciate dalle aziende delegate, relativamente ai soggetti deleganti; domande e note di voltura catastale, relativamente ai soggetti interessati; distinte e dichiarazioni di incasso da presentare ad enti delegati dal Ministero delle finanze all'accertamento e alla riscossione dei tributi, relativamente ai soggetti tenuti alla compilazione dei documenti; denunce di successione, relativamente al dante causa ed agli aventi causa; note di trascrizione, iscrizione ed annotazione, da presentare alle conservatorie dei registri immobiliari, con esclusione di quelle relative agli atti degli organi giurisdizionali;
e) domande per autorizzazioni amministrative (specialità medicinali e simili, alimenti per la prima infanzia; esercizio di stabilimenti di acque minerali e di fabbriche di acque gassate o di bibite analcoliche; esercizio di stabilimenti termali o balneari; esercizio del commercio; importazione delle armi non da guerra; licenze di pubblico esercizio; esercizio delle arti tipografiche, litografiche o fotografiche; esercizio delle investigazioni per conto di privati; esercizio di rimessa di autoveicoli o vetture; produzione, commercio o mediazione di oggetti e metalli preziosi; concessioni di aree pubbliche; concessione del permesso di ricerca mineraria; autorizzazioni per la ricerca, estrazione e utilizzazione di acque sotterranee; licenze, autorizzazioni e concessioni per i servizi di autotrasporto di merci, per servizi pubblici automobilistici per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli; apertura e funzionamento di scuole non statali); domande di concessioni in materia edilizia e urbanistica rilasciate ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, relativamente ai beneficiari delle concessioni e ai progettisti dell'opera; domande ad amministrazioni statali per la concessione di contributi e di agevolazioni;
f) domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e negli albi, registri ed elenchi istituiti per l'esercizio di attività professionali e di altre attività di lavoro autonomo, relativamente ai soggetti che esercitano l'attività; domande di iscrizione e note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi, od estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento nonché dichiarazioni di armatore, concernenti navi, galleggianti e unità da diporto soggette a registrazione; domande di iscrizione di aeromobili nel Registro aeronautico nazionale, note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli aeromobili soggetti ad iscrizione nel Registro aeronautico nazionale, nonché dichiarazioni di esercente di aeromobili soggette a registrazione;
g) atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze di cui alla lettera e), relativamente ai soggetti beneficiari;
g-bis) mandati, ordini ed altri titoli di spesa emessi dalle amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici, in esecuzione di obbligazioni diverse da quelle concernenti le borse di studio o derivanti da rapporti di impiego o di lavoro subordinato, anche in quiescenza, relativamente al beneficiario della spesa, tranne quelle derivanti da vincite e premi del lotto, delle lotterie nazionali e dei giochi e concorsi;
g-ter) contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile ed alla assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; contratti di somministrazione di energia elettrica, relativamente agli utenti;
g-quater) ricorsi alle commissioni tributarie di ogni grado relativamente ai ricorrenti e ai rappresentanti in giudizio.
È conferita al Ministro dell’economia e delle finanze la facoltà di escludere dall’obbligo atti, non indicativi di capacità contributiva, di cui alle lettere b) e d) e di aggiungere a quelli indicati alle lettere b) e e) altri atti indicativi di tale capacità, nonché di individuare, mediante decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale almeno novanta giorni prima della sua entrata in vigore, altre tipologie di atti nei quali dev’essere indicato il numero di codice fiscale.
Il numero 1) della lettera a) del comma in esame aggiunge al primo comma dell’articolo 6 del citato D.P.R. n. 605 del 1973 la lettera e-bis), che prescrive di indicare il codice fiscale nelle denunzie di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, nei permessi di costruire e in ogni altro atto di assenso, comunque denominato, in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera.
L’organizzazione dello sportello unico per l’edilizia è regolata dall’articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. A quest’ufficio, costituito dalle amministrazioni comunali, spetta curare tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunziarsi sull'intervento edilizio oggetto di richiesta di permesso o di denunzia di inizio attività.
In particolare, esso:
1) riceve le denunzie di inizio attività e le domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia;
2) fornisce informazioni sulle suddette materie;
3) adotta, nelle medesime materie, i provvedimenti in tema di accesso ai documenti amministrativi;
4) rilascia i permessi di costruire, i certificati di agibilità, le certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti per gli interventi di trasformazione edilizia del territorio;
5) cura, nelle predette materie, i rapporti tra l'amministrazione comunale, il privato e le altre amministrazioni.
A norma dell’articolo 10 del medesimo testo unico, costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:
a) gli interventi di nuova costruzione;
b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superficie, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.
Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività. Esse possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire.
Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo (articolo 11), in conformità con le previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, comunque subordinatamente all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione dell'attuazione delle stesse da parte del comune nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso (articolo 12). La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 11, è presentata allo sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio e dagli altri documenti eventualmente previsti, nonché da un'autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali (articolo 20).
A norma dell’articolo 22 del medesimo testo unico, sono realizzabili mediante denunzia di inizio attività gli interventi non effettuabili liberamente (manutenzione ordinaria; interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche senza realizzazione di rampe, ascensori esterni o manufatti che alterino la sagoma dell'edificio; opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo aventi carattere geognostico o eseguite fuori del centro edificato) né soggetti a permesso di costruire, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente. Alla stessa condizione sono realizzabili varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non vìolano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. In alternativa al permesso di costruire, possono essere altresì realizzati mediante denuncia di inizio attività:
a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);
b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, esplicitamente dichiarate dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;
c) gli interventi di nuova costruzione direttamente esecutivi di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.
Le regioni a statuto ordinario, con legge, possono ampliare o ridurre l'àmbito applicativo delle predette disposizioni.
La denunzia di inizio attività è presentata allo sportello unico dal proprietario dell'immobile o da chi vi abbia titolo, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, unitamente a una dettagliata relazione, a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. La denunzia è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività (articolo 23).
Il numero 2) della medesima lettera a) modifica la lettera g-ter) dello stesso primo comma dell’articolo 6 del citato D.P.R. n. 605 del 1973, estendendo ai contratti di servizi telefonici, di servizi idrici e del gas l’obbligo di indicare il codice fiscale degli utenti, già previsto per i contratti di somministrazione di energia elettrica.
Può osservarsi a questo riguardo che, in forza della disposizione dell’articolo 6, ultimo comma, del citato D.P.R. n. 605 del 1973, che conferisce al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di individuare ulteriori tipologie di atti assoggettati all’obbligo d’indicazione del codice fiscale, non sarebbe strettamente necessario l’intervento mediante legge, che nondimeno appare opportuno – nella forma della novella legislativa – affinché l’intero elenco possa rinvenirsi in un unico atto normativo.
La lettera b) del comma 1 reca modificazioni all’articolo 7 del medesimo D.P.R. n. 605 del 1973.
L’articolo 7 disciplina le comunicazioni da inviarsi all'anagrafe tributaria.
Gli uffici pubblici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti gli atti di concessione, autorizzazione e licenza da loro emanati, per i quali l’articolo 6, lettera g), prescriva l’indicazione del codice fiscale.
Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura devono comunicare mensilmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione, ad eccezione di quelli relativi agli albi degli artigiani per i quali i medesimi enti provvedono all’iscrizione d'ufficio nei registri delle ditte.
Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, indicati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, devono comunicare annualmente all’anagrafe tributaria le iscrizioni, variazioni e cancellazioni.
Le aziende, gli istituti, gli enti e le società devono comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 (contratti di assicurazione e contratti di somministrazione di energia elettrica[156]);
Le aziende e gli istituti di credito e l'amministrazione postale (ora Poste SpA) nonché le società fiduciarie e gli intermediari finanziari sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro rapporti di conto o deposito o che comunque possa disporre del medesimo.
Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, ai quali l'anagrafe tributaria trasmette la lista degli esercenti attività professionale, devono comunicare all'anagrafe tributaria medesima i dati necessari per il completamento o l'aggiornamento della lista, entro sei mesi dalla data di ricevimento della stessa.
I rappresentanti legali dei soggetti diversi dalle persone fisiche, che non siano tenuti a presentare la dichiarazione od a fornire le notizie previste dall'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (dichiarazione di inizio, variazione e cessazione di attività ai fini dell’IVA), devono comunicare all'anagrafe tributaria, entro trenta giorni, l'avvenuta estinzione e le avvenute operazioni di trasformazione, concentrazione o fusione.
Gli amministratori di condominio negli edifici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori.
Le suddette comunicazioni devono indicare il numero di codice fiscale dei soggetti cui le comunicazioni stesse si riferiscono e devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell'ente o dalla persona che ne è autorizzata secondo l'ordinamento dell'ente stesso o, per le amministrazioni dello Stato, dalla persona preposta all'ufficio che ha emesso il provvedimento.
Le modalità delle comunicazioni sono stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Per l’esecuzione dei controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, il Ministro delle finanze può richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi ed imprese, anche limitatamente a particolari categorie, di effettuare comunicazioni di dati e notizie in loro possesso all'anagrafe tributaria.
Il numero 1) della lettera b) modifica il primo comma del citato articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973, estendendo l’obbligo di comunicazione all’anagrafe tributaria da parte degli uffici pubblici agli atti indicati nella lettera e-bis) dell’articolo 6, primo comma (introdotta dalla precedente lettera a), ossia alle denunzie di inizio attività, ai permessi di costruire e ad ogni altro atto di assenso comunque denominato, rilasciato in materia edilizia.
Il numero 2) della medesima lettera b) aggiunge un periodo alla fine del quinto comma dello stesso articolo 7, prescrivendo che, per l’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, i le aziende, gli istituti, gli enti e le società tenuti a comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 (specificamente i contratti di somministrazione di energia elettrica e, ora, quelli relativi a servizi telefonici, idrici e del gas) debbono comunicare anche i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attiva l’utenza.
Si ricorda a questo riguardo che l’articolo 8, commi da 1 a 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, aveva previsto l’invio di questionari, da parte dell’anagrafe tributaria tramite l’ente erogatore, agli utenti di forniture di energia elettrica nei fabbricati, al fine di acquisire il numero di codice fiscale dell'utente stesso e quello del proprietario, se diverso, nonché gli estremi catastali identificativi di ciascuna unità immobiliare e la sua superficie commerciale. Nel caso di contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge veniva prescritto al conduttore di indicare all'ente cui richiede la fornitura di energia elettrica, oltre al proprio, anche il numero di codice fiscale del proprietario, al quale era fatto obbligo di fornirlo.
Il Ministero delle finanze, mediante procedure automatizzate di elaborazione, doveva incrociare i dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, dal catasto e dalle comunicazioni degli enti erogatori di forniture di energia elettrica, provvedendo ad accertare i redditi o i maggiori redditi non dichiarati, con le modalità di cui all'articolo 41-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il numero 3) della medesima lettera b) sostituisce il sesto comma dello stesso articolo 7, adeguando ed estendendo l’elenco dei soggetti obbligati a rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di coloro che intrattengono rapporti o effettuano operazioni finanziarie con essi. A quest’obbligo, oltre alle banche, alla società Poste italiane SpA e agli intermediari finanziari (secondo quanto già previsto), sono pertanto assoggettati le imprese d’investimento, gli organismi d’investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio nonché ogni altro operatore finanziario, salvo il disposto dell’articolo 6, primo comma, lettera g-quater), del medesimo D.P.R. n. 605 del 1973, per i soggetti non residenti.
Secondo l’articolo 1, comma 1, lettera b), del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la nozione di banca (nella quale sono riunite le precedenti di azienda e istituto di credito) individua l'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria.
Secondo il successivo comma 2, lettera g), sono definiti intermediari finanziari i soggetti iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 106 del medesimo testo unico, il quale prevede che l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'Ufficio italiano dei cambi. Per l'iscrizione nell'elenco generale, tali soggetti debbono essere costituiti in società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata o società cooperativa, avente oggetto sociale esclusivo lo svolgimento delle attività finanziarie (fatte salve le riserve di attività previste dalla legge) e capitale versato non inferiore a cinque volte il capitale minimo previsto per la costituzione delle società per azioni; i titolari di partecipazioni e gli esponenti aziendali debbono possedere determinati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
Le ulteriori definizioni rilevanti a questo proposito si ricavano dall’articolo 1, comma 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Sono imprese d’investimento le società d’intermediazione mobiliare (imprese, diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario, autorizzate a svolgere servizi d’investimento, aventi sede legale e direzione generale in Italia) nonché le altre imprese comunitarie ed extracomunitarie, diverse dalle banche, autorizzate a svolgere servizi d’investimento;
Sono organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR) i fondi comuni d’investimento e le SICAV (società di investimento a capitale variabile). Il fondo comune d’investimento è caratterizzato da un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote. La società d’investimento a capitale variabile (SICAV) è la società per azioni a capitale variabile, con sede legale e direzione generale in Italia, avente per oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l'offerta di proprie azioni al pubblico.
Sono società di gestione del risparmio (SGR) le società per azioni, con sede legale e direzione generale in Italia, autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio, il quale si realizza attraverso la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d'investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti, nonché la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante l'investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili.
La vigente formulazione della disposizione sostituita dal presente numero sottopone all’obbligo anche le società fiduciarie. Sono società fiduciarie e di revisione, a norma dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, le società, comunque denominate, che si propongono, sotto forma d’impresa, di assumere l'amministrazione dei beni per conto di terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni. Dalla competenza di tali società sono escluse le funzioni di sindaco di società commerciale, di curatore di fallimento e di perito giudiziario in materia civile e penale e in genere le attribuzioni di carattere strettamente personale riservate dalle leggi vigenti esclusivamente agli iscritti negli albi professionali e speciali. La costituzione e l’attività di tali società sono sottoposte ad autorizzazione amministrativa e a vigilanza governativa secondo la disciplina recata dal regio decreto 22 aprile 1940, n. 531, e, relativamente agli elementi informativi, dal decreto del ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 16 gennaio 1995 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 febbraio 1995, n. 29).
Le società fiduciarie sono fra l’altro soggette, così come le banche, la società Poste italiane SpA, le società d’intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, le società d’investimento a capitale variabile, gli intermediari finanziari e altri soggetti, agli obblighi d’identificazione e di conservazione delle informazioni previsti dal decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, recante attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite.
Per quanto concerne l’attività d’intermediazione finanziaria svolta dalle società fiduciarie si ricorda che l’articolo 60, comma 4, del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415 (Recepimento della direttiva CEE relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari e della direttiva CEE relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi) ha prescritto alle società fiduciarie, iscritte nella sezione speciale dell'elenco degli intermediari finanziari alla data della sua entrata in vigore, di introdurre nella loro denominazione sociale le parole «società di intermediazione mobiliare», consentendo ad esse di continuare a prestare il servizio di gestione di portafogli d'investimento, anche mediante intestazione fiduciaria; le stesse non possono essere autorizzate a svolgere servizi d’investimento diversi da quello di gestione di portafogli di investimento a meno che non cessino di operare mediante intestazione fiduciaria. Queste società divengono così soggette alle norme dello stesso decreto legislativo, non applicandosi le disposizioni in materia di società fiduciarie. L’articolo 199 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al citato decreto legislativo n. 58 del 1998, ha disposto il mantenimento in vigore, fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione, delle disposizioni previste dalla legge n. 1966 del 1939 e dall'articolo 60, comma 4, del decreto legislativo n. 415 del 1996. Per conseguenza, il regolamento in materia di intermediari del mercato mobiliare emanato con provvedimento della Banca d’Italia 4 agosto 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 18 settembre 2000, n. 218), ha compreso nella definizione di «società di intermediazione mobiliare» o «SIM» anche le società fiduciarie che, ai sensi dell'art. 60, comma 4 del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, prestano il servizio di gestione di portafogli di investimento, anche mediante intestazione fiduciaria.
Sembra pertanto potersi concludere che, a seguito della mancata riproduzione dell’indicazione delle società fiduciarie nella disposizione dell’articolo 7, sesto comma, del D.P.R. n. 605 del 1973 novellata dalla disposizione in commento, esse rimarranno sottoposte agli obblighi di rilevazione e conservazione ivi previsti in relazione al tipo di attività svolto.
Deve osservarsi che il rinvio operato dalla novella in commento alla lettera g-quater) del primo comma dell’articolo 6 appare erroneo, in quanto non sono ivi contenute disposizioni in materia di soggetti non residenti. Il riferimento appropriato sembra doversi rinvenire nel successivo secondo comma del medesimo articolo, il quale, al secondo periodo, dispone che “l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti già attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all'articolo 4, con l'eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all'estero”, provvedendo altresì per le ipotesi in cui non sia stato possibile acquisire tutti i dati indicati nell'articolo 4 (per le persone fisiche: il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il sesso e il domicilio fiscale;per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la denominazione, la ragione sociale o la ditta, il domicilio fiscale; inoltre, per le società, associazioni e altre organizzazioni senza personalità giuridica, gli elementi identificativi di almeno una delle persone fisiche che ne hanno la rappresentanza).
Il numero 4) della medesima lettera b) sostituisce l’undicesimo comma dello stesso articolo 7, stabilendo che le comunicazioni di cui ai commi dal primo all'ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica, e demandando ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate di definire le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati.
Il vigente articolo 7, undicesimo comma, attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di determinare, con decreto, le modalità delle comunicazioni. Per quanto riguarda le comunicazioni relative ai contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 il decreto stabilisce anche i termini entro cui devono essere date le comunicazioni[157].
La novella recata dalla disposizione in commento non modifica il regime delle comunicazioni previste dal nono comma dello stesso articolo 7 (comunicazioni dovute dagli amministratori di condominio degli edifici), il cui contenuto, modalità e termini continuano ad essere stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Il numero 5) della medesima lettera b) modifica il dodicesimo comma dello stesso articolo 7, trasferendo dal Ministro delle finanze al direttore dell’Agenzia delle entrate il potere di chiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi e imprese, anche limitatamente a particolari categorie, per i controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, di effettuare comunicazioni di dati e notizie in loro possesso all'Anagrafe tributaria; stabilendo contenuto, termini e modalità delle comunicazioni medesime.
Il comma 2 stabilisce che dal 1° aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società che erogano energia elettrica, gas, servizi idrici e telefonici, tenuti alla comunicazione dei dati catastali identificativi degli immobili presso cui è attivata l’utenza (a norma dell'articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 605 del 1973, come modificato dal numero 2) della lettera b) del precedente comma 1), richiedono i dati identificativi catastali all'atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.
Il comma 3 rimette a provvedimento da emanarsi di concerto dai direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio la determinazione delle informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 9.
Si tratta dei contratti di fornitura di energia elettrica, gas, servizi idrici e telefonici, indicati al comma 2. Il riferimento al comma 9 dev’essere rettificato di conseguenza.
4. La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, ed il corrispondente valore medio catastale ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, si discosta significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 8. L'Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio.
5. I comuni, constatata la presenza di immobili non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate, la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.
6. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 5, producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune.
7. Gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista dall'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come modificati dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, sono elevati rispettivamente a euro 258,00 e a euro 2.066,00.
8. Con provvedimento del Direttore della Agenzia del territorio, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, le modalità tecniche ed operative per l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 5 e 6.
I commi da 4 a 8 dispongono una parziale revisione del classamento delle unità immobiliari, attraverso due procedimenti diversi, l’uno relativo a porzioni di territorio (microzone), l’altro riferito a singole unità immobiliari. Secondo la relazione del Governo al disegno di legge, il primo procedimento si adatta ai comuni più grandi, laddove il secondo “è utilizzabile anche, e forse soprattutto, dai comuni di minore dimensione”.
L’articolo 61 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, definisce il classamento come l’operazione consistente “nel riscontrare sopraluogo per ogni singola unità immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria (...) che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe”, disponendo che le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria e alle caratteristiche che hanno all'atto del classamento.
Il nuovo catasto edilizio urbano è stato istituito con il regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249.
L’articolo 1 disponeva l'accertamento generale dei fabbricati e delle altre costruzioni stabili non censite al catasto rustico, allo scopo di accertare le proprietà immobiliari urbane e determinarne la rendita e di costituire un catasto generale dei fabbricati e degli altri immobili urbani che si denomina nuovo catasto edilizio urbano.
A norma dell’articolo 3, l'accertamento generale degli immobili urbani è eseguito per unità immobiliare in base a dichiarazione scritta presentata:
a) dal proprietario o, se questi è minore o incapace, da chi ne ha la legale rappresentanza;
b) per gli enti morali, dal legale rappresentante;
c) per le società commerciali, legalmente costituite, da chi, a termini dello statuto o dell'atto costitutivo, ha la firma sociale;
d) per le società estere, da chi le rappresenta nello Stato.
Per le associazioni, per i condomìni e per le società e le ditte diverse da quelle sopra indicate, anche se esistenti soltanto di fatto, sono obbligati alla dichiarazione l'associato, il condomino o il socio o il componente la ditta, che sia amministratore anche di fatto ovvero, se l'amministratore manca, tutti coloro che fanno parte dell'associazione, del condominio, della società o della ditta, ciascuno per la propria quota.
A norma degli articoli 4 e 5 si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, compresi gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, e come unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio.
L’articolo 6 disciplina la dichiarazione e individua i fabbricati da essa esenti. A norma dell’articolo 7, alla dichiarazione dev’essere allegata una planimetria in scala non inferiore a 1: 200, dalla quale si rilevi anche l’ubicazione di ciascuna unità immobiliare rispetto alle proprietà confinanti e alle strade pubbliche e private.
L’articolo 8 prevede che, per la determinazione della rendita, le unità immobiliari di gruppi di comuni, comune o porzione di comune, sono distinte, a seconda delle loro condizioni estrinseche ed intrinseche, in categorie e ciascuna categoria in classi. Per ciascuna categoria e classe è determinata la relativa tariffa, la quale esprime in moneta legale la rendita catastale con riferimento agli elementi di valutazione definiti dal regolamento.
L’articolo 9 definisce come rendita catastale la rendita lorda media ordinaria ritraibile previa detrazione delle spese di riparazione, manutenzione e di ogni altra spesa o perdita eventuale, stabilita con una percentuale per ogni classe di ciascuna categoria. Non sono detraibili decime, canoni, livelli, debiti e pesi ipotecari e censuari, nonché per imposte, sovraimposte e contributi di ogni specie.
L’articolo 10 dispone che la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici e altri fabbricati, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, nonché delle unità immobiliari che non sono raggruppate in categorie e classi per la singolarità delle loro caratteristiche (fabbricati a destinazione speciale o particolare), è determinata con stima diretta per ogni singola unità.
L’articolo 11 stabilisce che le singole categorie e classi e la relativa tariffa siano determinate, per ciascun gruppo di comuni, comune o porzione di comune. Contro le decisioni adottate a questo riguardo dalle commissioni censuarie provinciali l'amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali può ricorrere alla Commissione censuaria centrale. Secondo l’articolo 12, l'assegnazione di ciascuna unità immobiliare alla categoria e alla classe relativa, nonché l'accertamento della consistenza delle singole unità immobiliari e il calcolo delle relative rendite catastali, sono eseguite dall'Ufficio tecnico erariale, che compila una tabella nella quale, per ciascun comune o porzione di comune, in corrispondenza a ciascuna ditta e distintamente per unità immobiliare, sono indicate le rispettive categorie e classi nonché la consistenza e, per gli immobili a destinazione speciale o particolare, la rendita catastale. La tabella è pubblicata mediante deposito negli uffici comunali per il periodo di trenta giorni. Contro i dati pubblicati è dato ricorso agli interessati, a norma dell’articolo 13, in prima istanza alla commissione censuaria comunale (ora: distrettuale) e in seconda istanza alla commissione censuaria provinciale. Il diritto di ricorso in seconda istanza spetta anche all'ufficio tecnico erariale. Contro le decisioni pronunciate dalla commissione censuaria provinciale è ammesso il ricorso alla commissione censuaria centrale soltanto per questioni di massima e per violazioni di legge. Il termine per ricorrere è stabilito in trenta giorni (articolo 15)[158].
L’articolo 16 dispone che il nuovo catasto edilizio urbano è formato in base alle risultanze dell'accertamento generale dei fabbricati e alla valutazione della rispettiva rendita catastale. Esso è costituito dallo schedario delle partite, dallo schedario dei possessori e dalla mappa urbana.
L’articolo 19 dispone, fra l’altro, che i comuni possono ottenere gratuitamente con l'opera di propri incaricati, o a loro spese con l'opera dell'amministrazione, la copia della mappa del loro territorio e degli atti che costituiscono il nuovo catasto edilizio urbano.
L’articolo 17 ne prescrive l’aggiornamento continuo, in particolare rispetto alle persone dei proprietari o dei possessori dei beni nonché rispetto alle persone che godono di diritti reali sui beni stessi e allo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe. Le tariffe possono essere rivedute in sede di verificazione periodica o anche in dipendenza di circostanze di carattere generale o locale.
A questo fine, l’articolo 20 obbliga le persone e gli enti indicati nell'articolo 3 a denunziare, nei modi e nei termini stabiliti con regolamento, le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili. Nei casi di mutazioni che implichino variazioni nella consistenza delle singole unità immobiliari, la relativa dichiarazione deve essere corredata da una planimetria delle unità variate.
L’articolo 28 dispone che i fabbricati nuovi e ogni altra stabile costruzione nuova che debbono considerarsi immobili urbani, devono essere dichiarati all'Ufficio tecnico erariale entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati. La dichiarazione deve essere compilata per ciascuna unità immobiliare e corredata da una planimetria.
Lo stesso articolo prescrive ai comuni di informare gli uffici tecnici erariali competenti per territorio circa le licenze di costruzione (ora: permessi di costruire) rilasciate a norma dell'articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150[159].
L’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, ne ha disposto la trasformazione nel catasto dei fabbricati. In particolare, per realizzare un inventario completo e uniforme del patrimonio edilizio, il Ministero delle finanze è stato incaricato di censire tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali e iscriverli, mantenendo tale qualificazione, nel catasto edilizio urbano, quindi denominato «catasto dei fabbricati», individuando altresì le unità immobiliari di qualsiasi natura non dichiarate al catasto, anche mediante ricognizione generale del territorio basata su informazioni derivanti da rilievi aerofotografici.
A seguito di ciò, con decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, è stato emanato il regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale.
Il catasto dei fabbricati rappresenta l'inventario del patrimonio edilizio nazionale. Il minimo modulo inventariale è l'unità immobiliare, costituita da una porzione di fabbricato, un fabbricato o un insieme di fabbricati ovvero da un'area, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.
Costituiscono oggetto dell'inventario tutte le unità immobiliari, come sopra definite, salve le eccezioni espressamente indicate nell’articolo 3, comma 3, del regolamento.
A ciascuna unità immobiliare e comunque ad ogni bene immobile, quando ne occorra l'univoca individuazione, è attribuito un identificativo catastale.
L’articolo 8 del medesimo decreto ha prescritto che, fino all'entrata in vigore delle nuove discipline di cui all'articolo 3, commi 154 e 156, della legge n. 662 del 1996, per le operazioni di accertamento e di classamento delle unità immobiliari da iscrivere al catasto dei fabbricati si applica, per quanto non in contrasto con le disposizioni del regolamento, la normativa vigente per il nuovo catasto edilizio urbano.
L’articolo 43, comma 154, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha previsto l'aggiornamento del catasto e la sua gestione unitaria con province e comuni, disponendo la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo, della qualificazione, della classificazione e del classamento delle unità immobiliari e dei terreni e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, da operarsi con regolamento sulla base dei princìpi fissati dalla legge, tra cui:
a) articolazione del territorio comunale in microzone omogenee, operata dai comuni, secondo criteri generali uniformi;
b) individuazione delle tariffe d'estimo di reddito facendo riferimento, al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalla unità immobiliare, ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare con esclusione di regimi legali di determinazione dei canoni;
c) intervento dei comuni nel procedimento di determinazione delle tariffe d'estimo;
d) revisione della disciplina in materia di commissioni censuarie;
e) attribuzione della rendita catastale alle unità appartenenti alle varie categorie ordinarie con criteri che tengono conto dei caratteri specifici dell'unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l'unità è sita;
f) fissazione di nuovi criteri per la definizione delle zone censuarie.
A ciò si è provveduto con il regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138.
L’articolo 1 definisce la zona censuaria come porzione omogenea di territorio provinciale, che può comprendere un solo comune o una porzione del medesimo, ovvero gruppi di comuni, caratterizzati da similari caratteristiche ambientali e socio-economiche. L'ambito territoriale del comune ovvero della zona censuaria, qualora costituisca porzione dello stesso, è ulteriormente articolato in microzone. Gli uffici provinciali del dipartimento del territorio, sentite le amministrazioni provinciali, provvedono alla revisione delle zone censuarie esistenti, in coerenza con le indicazioni fornite dai comuni in merito alle microzone.
A norma dell’articolo 2, la microzona rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonché nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori.
I comuni, nell'ambito del proprio territorio, provvedono a delimitare le microzone. In sede di prima applicazione, le deliberazioni del consiglio comunale dovevano essere adottate entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento. In mancanza, vi avrebbe provveduto il competente ufficio del dipartimento del territorio, entro i successivi centoventi giorni.
Qualora siano intervenute significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico ovvero nella dotazione di servizi e infrastrutture, i comuni, sentiti i competenti uffici del dipartimento del territorio ovvero su richiesta di essi, possono procedere ad una nuova delimitazione delle microzone, con deliberazione del consiglio comunale avente effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo.
L’articolo 3 stabilisce che le tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria sono determinate con riferimento alla superficie, la cui unità è il metro quadrato
Per la revisione dei quadri di qualificazione e classificazione, l’articolo 4 prevede che per ciascuna zona censuaria siano indicate tutte le categorie riscontrate nella zona censuaria stessa e il numero delle classi in cui ciascuna categoria è suddivisa. I quadri sono sottoposti all'approvazione della commissione censuaria provinciale competente per territorio.
L’articolo 5 disciplina la revisione delle tariffe d'estimo, da operarsi facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge e di valori e redditi occasionali ovvero singolari. Su questa base viene determinata la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali[160].
La revisione delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria consiste nella determinazione, per ogni zona censuaria, categoria e classe, della rendita catastale per unità di superficie, sulla base:
a) dei canoni annui ordinariamente ritraibili, con riferimento ai dati di mercato delle locazioni;
b) dei valori di mercato degli immobili, determinandone la redditività attraverso l'applicazione di saggi di rendimento ordinariamente rilevabili nel mercato edilizio locale per unità immobiliari analoghe.
Le suddette tariffe sono determinate come media dei valori reddituali unitari individuati con i criteri stabiliti nel presente articolo e con riferimento all'epoca censuaria 1996-1997.
L’articolo 6 prevede che i comuni, mediante conferenze di servizi indette per ciascuna zona censuaria, partecipino alla determinazione delle tariffe d'estimo, che, nel caso di dissenso espresso del comune, è rimessa alla competente commissione censuaria provinciale, cui spetta comunque l’approvazione delle tariffe medesime.
L’articolo 7 determina i criteri per la revisione delle rendite urbane delle unità immobiliari a destinazione speciale.
A norma dell’articolo 8, il classamento consiste nell'attribuire alle unità immobiliari a destinazione ordinaria la categoria e la classe di competenza e a quelle a destinazione speciale la sola categoria, con riferimento ai quadri di qualificazione e classificazione di cui all'articolo 4.
La categoria è assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l'unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali. La classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall'unità immobiliare nell'ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana e ambientale della microzona in cui l'unità stessa è ubicata, nonché dalle caratteristiche edilizie dell'unità medesima e del fabbricato che la comprende.
A norma dell’articolo 9, per ciascuna zona censuaria, i competenti uffici del dipartimento del territorio procedono alla revisione del classamento, sulla base:
a) dell'articolazione del territorio comunalein microzone, definita ai sensi dell'articolo 2;
b) dei quadri di qualificazione e classificazione, definiti ai sensi dell'articolo 4;
c) dei criteri e dei fattori indicati nell'articolo 8, utilizzando le informazioni descrittive e censuarie presenti nella banca dati del catasto edilizio urbano e quelle rappresentate nelle schede descrittive delle microzone predisposte dai comuni, nonché le risultanze delle indagini immobiliari svolte in sede locale.
Nel corso delle operazioni di revisione l'amministrazione comunale viene sentita per la perequazione del classamento tra le diverse microzone in cui risulta articolato il territorio.
I successivi articoli da 10 a 12 riguardano la disciplina delle commissioni censuarie.
L’articolo 13 stabilisce nel 1° gennaio 2000 la data di decorrenza dell'applicazione dei nuovi estimi catastali.
L'articolo 9, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha demandato a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle nuove tariffe d'estimo conseguenti all'attuazione delle decisioni delle commissioni censuarie provinciali e della commissione censuaria centrale, ovvero per tenere conto delle variazioni delle tariffe in altro modo determinatesi, prescrivendo l’inserimento delle nuove rendite negli atti catastali.
L’adempimento è stato eseguito con il regolamento recante determinazione delle tariffe d'estimo e delimitazione delle zone censuarie, emanato con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 6 giugno 2002, n. 159, che ha stabilito le nuove tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane situate nei comuni in esso indicati.
In particolare, il comma 4 prevede che i comuni chiedano agli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato, individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998, e il corrispondente valore medio catastale, ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, si discosta significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali. Per tale calcolo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate che, ai sensi del successivo comma 8, determina le modalità tecniche e applicative per la revisione. Esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, l'Agenzia del territorio, con provvedimento del suo direttore, apre il procedimento di revisione.
Il comma 5 reca disposizioni per l’integrazione o l’aggiornamento dei dati catastali.
I comuni, ove constatino l’esistenza di immobili non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali, debbono chiedere ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti d’aggiornamento redatti ai sensi del regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.
Secondo la relazione governativa al disegno di legge, l’intendimento della norma è di imporre l’adeguamento delle unità immobiliari che, a seguito di “modifica dell’assetto tipologico intrinseco, nonché del tessuto urbano in cui sono inserite, ha rese di fatto di categoria più elevata” rispetto a quella originariamente attribuita. L’esempio addotto è quello di abitazioni classificate in categorie economica, popolare e ultrapopolare (A3, A4 e A5) e commerciali (ad esempio magazzini e rimesse trasformati in negozi) ovvero di edifici che hanno perso le caratteristiche di fabbricato rurale.
Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.
L’articolo 1 individua i documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione (art. 56 del D.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142) e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni (art. 20 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 8 aprile 1948, n. 514), unitamente ai relativi elaborati grafici, e approva i modelli per la loro redazione.
Le suddette dichiarazioni, ad eccezione di quelle finalizzate a procedimenti amministrativi iniziati d'ufficio, debbono essere sottoscritte da uno dei titolari di diritti reali sui beni denunziati e dal tecnico redattore degli atti grafici e contengono dati e notizie tali da consentire l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita catastale, senza visita di sopralluogo. Il dichiarante propone anche l'attribuzione della categoria, classe e relativa rendita catastale, per le unità a destinazione ordinaria, o l'attribuzione della categoria e della rendita, per le unità a destinazione speciale o particolare. Nelle stesse dichiarazioni sono riportati, per ciascuna unità immobiliare, i dati di superficie, espressi in metri quadrati. Tale rendita rimane negli atti catastali come «rendita proposta» fino a quando l'ufficio non provvede all’accertamento, anche a campione, e comunque, entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni, alla determinazione della rendita catastale definitiva. È facoltà dell'amministrazione finanziaria di verificare le caratteristiche degli immobili ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.
Per l'iscrizione in catasto, le unità immobiliari sono individuate attraverso parametri di identificazione definitivi, rappresentati da sezione, foglio, numero di mappale e di eventuale subalterno, che, ove non ancora attribuiti, vengono assegnati dall'ufficio tecnico erariale, su istanza dell'interessato, entro quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza medesima.
Le dichiarazioni, gli atti e le denunzie sono presentati su supporto magnetico secondo le istruzioni fornite dal dipartimento del territorio
L’articolo 2 disciplina la documentazione e il procedimento per la trascrizione delle volture.
Con provvedimento del direttore generale del dipartimento del territorio viene fissata la data a partire dalla quale sono eseguite automaticamente le volture catastali relative ad atti civili, giudiziari e amministrativi, la cui trascrizione viene eseguita presso conservatorie dei registri immobiliari meccanizzate, e vengono disciplinate le condizioni per l'esenzione dall'obbligo di presentazione delle domande di voltura, relative ai suddetti atti.
Per le volture catastali relative ad atti, la cui trascrizione viene eseguita presso conservatorie dei registri immobiliari non ancora meccanizzate, in sostituzione delle previste domande può essere presentata agli uffici tecnici erariali la nota di trascrizione redatta su supporto informatico.
Ai fini della registrazione di variazioni di diritti censiti in catasto, le unità immobiliari e le particelle sono individuate attraverso i parametri di identificazione definitivi, come sopra indicati.
Qualora vi sia discordanza tra la situazione dei soggetti titolari del diritto di proprietà o di altri diritti reali e le corrispondenti scritture catastali, è fatto obbligo al notaio e agli altri pubblici ufficiali di fare menzione, nell'atto e nella relativa nota di trascrizione, dei titoli che hanno dato luogo ai trasferimenti intermedi o delle discordanze.
Nel caso in cui l'atto traslativo non sia stato preceduto da una dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, è fatto obbligo al notaio e agli altri pubblici ufficiali roganti di riportare nello stesso atto nonché nella relativa nota di trascrizione la superficie convenzionale catastale, espressa in metri quadrati, certificata da un tecnico e accompagnata da planimetria catastale conforme a quella già presentata in catasto. La planimetria è presentata con le modalità prescritte dall'amministrazione finanziaria. Le stesse disposizioni si applicano ai soggetti obbligati alla presentazione delle dichiarazioni di successione.
L’articolo 3 disciplina la trasmissione telematica dei documenti indicati agli articoli 1 e 2.
L’articolo 4 consente la presentazione di una dichiarazione sostitutiva nel caso in cui le unità immobiliari, oggetto di dichiarazioni di nuova costruzione o di variazione, risultino prive di rendita catastale. Disciplina altresì l’aggiornamento della posizione catastale, consentendo ai proprietari o ai titolari di altro diritto reale di presentare a questo fine domanda di voltura corredata da relazione notarile (contenente gli estremi dei titoli pregressi, delle relative trascrizioni che hanno dato luogo a trasferimenti, costituzioni o estinzioni di diritti reali, e delle correlative domande di voltura, nonché altri elementi comunque giustificativi della legittimità delle variazioni catastali richieste), alla quale, ove la discordanza interessi i beni, è annessa apposita relazione tecnica, redatta da un professionista abilitato. Le suddette dichiarazioni e domande di voltura sono presentate su supporto informatico.
Gli uffici tecnici erariali possono utilizzare le informazioni in possesso dell'amministrazione finanziaria per integrare i dati iscritti in catasto e relativi alle unità immobiliari e ai soggetti.
La richiesta di aggiornamento inviata dai comuni deve contenere l’indicazione degli elementi constatati, compresa, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale. Essa è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, all’iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita.
Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.
L’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 8 aprile 1948, n. 514, disciplina l’obbligo di dichiarazione dei fabbricati nuovi e di ogni altra stabile costruzione nuova. Per l’inosservanza di tale obbligo, il successivo articolo 31 prevede la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (da euro 10,33 a euro 103,29), a meno che il fatto costituisca reato più grave[161]. Il comma 7 dell’articolo in commento prevede l’elevazione della misura minima e massima della suddetta sanzione amministrativa, rispettivamente, a 258 e 2066 euro.
Il comma 6 prevede che le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 5, producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denunzia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune.
La disposizione prevede la retroattività degli effetti fiscali dell’aggiornamento delle rendite catastali conseguente al procedimento disciplinato dal comma 5. Tale effetto retroagisce al 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denunzia catastale, a condizione che il comune abbia determinato tale data e l’abbia indicata nella richiesta notificata al contribuente ai sensi del secondo periodo del medesimo comma 5. Ove non concorrano queste condizioni, retroagisce al 1° gennaio dell’anno in cui la richiesta è stata notificata.
La retroattività degli effetti fiscali prevista dalla disposizione in commento potrebbe apparire come deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.
Il citato articolo 3, che disciplina l’efficacia temporale delle norme tributarie, al comma 1, prescrive infatti che, con eccezione delle disposizioni d’interpretazione autentica, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, e che, relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.
L’interpretazione giurisprudenziale della citata disposizione ammette tuttavia che il legislatore possa derogarvi con espressa e successiva norma di legge: afferma infatti la Corte di cassazione che, “in tema di efficacia nel tempo di norme tributarie, deve escludersi l'applicazione retroattiva, a meno che questa non sia espressamente prevista: e cioè il legislatore abbia testualmente disposto la retroattività come eccezione al principio generale della irretroattività” (Cass., sez. V, sent. 2 aprile 2003, n. 5015, Ministero delle finanze c. Soc. Raggiolo). Dato il rango ordinario dell’atto legislativo con cui è stato introdotto lo “statuto del contribuente”, tale interpretazione è conforme con i princìpi generali sulla successione delle leggi nel tempo ed è confermata dalla pratica legislativa, che ha reiteratamente derogato alle regole enunziate a questo proposito nella legge citata[162].
In realtà, la disposizione non reca una modificazione retroattiva alla disciplina sostanziale del tributo, bensì tende a far retroagire gli effetti di una situazione accertata fino alla data cui deve farsi risalire l’omissione dell’adempimento che avrebbe dovuto adeguare la situazione di diritto a quella di fatto. Sotto tale riguardo rileverebbe, in ipotesi, soltanto il termine di prescrizione o di decadenza stabilito per l’accertamento.
Il comma 3 dell’articolo 3 della citata legge n. 212 del 2000 stabilisce che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.
Per maggiore chiarezza, ove con la generica espressione: “in deroga alle vigenti disposizioni” intenda riferirsi a tali termini, sarebbe opportuno specificarlo. Deve tuttavia rilevarsi la difficoltà pratica di applicazione, atteso che la disposizione comporterebbe l’esigenza di rettificare gli importi di tutte le imposte, stabilite sulla base delle rendite catastali, liquidate anche relativamente a periodi d’imposta risalenti assai addietro nel tempo.
Con il comma 7 vengono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro 2.066 gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’omissione delle dichiarazioni relative all’iscrizione dei fabbricati nuovi nel catasto, applicabile, secondo quanto disposto dal comma 5, ultimo periodo, dell’articolo in commento, anche in caso d’inottemperanza alle richieste di aggiornamento dei dati catastali formulate dai comuni a norma del medesimo comma 5.
La formulazione del presente comma fa riferimento alla “sanzione amministrativa prevista dall'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come modificati dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384”[163]. L’articolo 28 citato enunzia in realtà l’obbligo di dichiarazione, mentre la sanzione è contenuta nell’articolo 31, che per altro non si riferisce soltanto alle violazioni dei precetti contenuti nell’articolo 28, ma sanziona anche gli atti volti ad impedire l’accesso dei funzionari degli uffici tecnici erariali e dei componenti le commissioni censuarie alle proprietà private nonché la violazione degli articoli 3, 7 e 20 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939[164]. Occorre pertanto chiarire se l’incremento della sanzione debba riferirsi alle sole violazioni dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 28 o a tutte le fattispecie contemplate dall’articolo 31.
Il comma 8 rimette la determinazione delle modalità tecniche e operative per l'applicazione delle disposizioni dei commi 5 e 6 a un provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, che dev’essere adottato, previa intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
9. Al comma 3 dell'articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono aggiunti i seguenti periodi: «A decorrere dal 1° gennaio 2005, per gli immobili censiti nel catasto fabbricati, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio con i dati forniti dall'Agenzia del territorio, secondo modalità d'interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la conferenza Stato-Città e autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti di cui all'articolo 63, se intestatari catastali, provvedono, a richiesta del Comune, a presentare all'Ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l'eventuale conseguente modifica, al comune, della consistenza di riferimento».
Il comma 9 interviene sulla disciplina delle denunzie relative alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Il presupposto dell’intervento è indicato dalla relazione governativa, secondo la quale le attività di accertamento svolte da alcune amministrazioni locali hanno consentito di ricuperare un rilevante scostamento (fino al 25-30 per cento) fra gli effettivi dati di superficie delle unità immobiliari e quelli denunziati dagli occupanti per la determinazione della tassa.
La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni è disciplinata dal capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.
L’articolo 58 prescrive ai comuni l’istituzione di una tassa annuale per il servizio relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa nell'ambito del centro abitato, delle frazioni, dei nuclei abitati ed eventualmente esteso alle zone del territorio comunale con insediamenti sparsi. La tassa è disciplinata con apposito regolamento comunale (il cui contenuto è indicato nell’articolo 68) e applicata in base a tariffa (deliberata dai comuni nei termini e modi stabiliti dall’articolo 69).
A norma dell’articolo 59, il regolamento del servizio di nettezza urbana stabilisce i limiti della zona di raccolta obbligatoria e l'eventuale estensione del servizio a zone con insediamenti sparsi, la forma organizzativa e le modalità di effettuazione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni. I comuni possono estendere il regime di privativa di smaltimento dei rifiuti a insediamenti sparsi siti oltre le zone perimetrate. Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta in regime di privativa, la tassa è dovuta in misura non superiore al 40 per cento della tariffa da determinare in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita. Nelle zone esterne al centro abitato in cui lo svolgimento del normale servizio sia limitato a determinati periodi stagionali, il tributo è dovuto in proporzione al periodo di esercizio.
L’articolo 61 prescrive che le misure minima e massima del gettito complessivo della tassa in relazione al costo di esercizio del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni.
L’articolo 62 regola presupposto della tassa ed esclusioni. La tassa è dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui è svolto il servizio. Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di inutilizzabilità nel corso dell'anno. Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto della parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione, in cui sia svolta un'attività economica e professionale, può essere stabilito dal regolamento che la tassa è dovuta in base alla tariffa prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a tal fine utilizzata.
A norma dell’articolo 63, sono soggetti passivi della tassa coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte. I componenti del nucleo familiare e coloro che usano in comune i locali o le aree sono responsabili in solido del pagamento. Sono escluse dalla tassazione le aree comuni del condominio, salvo che non siano detenute od occupate in via esclusiva. Disposizioni speciali riguardano i locali in multiproprietà e i centri commerciali integrati.
L’articolo 64 dispone circa la decorrenza della tassa. Essa è corrisposta in base a tariffa e commisurata ad anno solare ed è dovuta dal primo giorno del bimestre successivo a quello in cui ha avuto inizio l'utenza. Gli effetti della cessazione dell'occupazione o detenzione dei locali e aree decorrono dal primo giorno del bimestre solare successivo a quello in cui è stata presentata la relativa denunzia.
L’articolo 65 disciplina la misura della tassa e le tariffe. La tassa può essere commisurata o alla quantità e qualità medie ordinarie, per unità di superficie imponibile, dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo d’uso cui essi sono destinati (secondo le categoria indicate dall’articolo 68, comma 2), e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento.
Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.
L’articolo 66 prevede la facoltà di riduzione della tariffa in ragione di particolari condizioni d’uso (abitazioni con unico occupante; abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale, limitato o discontinuo; locali, diversi dalle abitazioni, e aree scoperte adibiti ad uso stagionale o non continuativo, ma ricorrente; soggetti residenti o dimoranti all’estero; agricoltori occupanti la parte abitativa della costruzione rurale). L’articolo 67 riguarda invece le altre agevolazioni che i comuni possono prevedere sotto forma di riduzioni e, in via eccezionale, di esenzioni.
A norma dell’articolo 70 gli occupanti o detentori di locali e aree scoperte soggette alla tassa sono tenuti a presentare denunzia al comune, entro il 20 gennaio successivo all'inizio dell'occupazione o detenzione. Lo stesso obbligo è previsto per ogni successiva variazione rilevante ai fini del tributo. In occasione di iscrizioni anagrafiche o altre pratiche concernenti i locali ed aree interessati, gli uffici comunali sono tenuti ad invitare l'utente a provvedere alla denuncia nel termine previsto.
L’articolo 71 disciplina l’accertamento da parte del comune, da effettuarsi, in caso di denunzia incompleta o infedele, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della denunzia, e, in caso di omessa denunzia, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la denuncia doveva essere presentata. Il comune, ove non sia in grado di provvedere autonomamente, può stipulare convenzioni con soggetti privati o pubblici per l'individuazione delle superficie in tutto o in parte sottratte a tassazione.
La riscossione della tassa, secondo l’articolo 72, ha luogo mediante ruoli principali ovvero, con scadenze successive, nei ruoli suppletivi. In questi ultimi sono, di regola, iscritti gli importi o i maggiori importi derivanti dagli accertamenti nonché quelli delle partite comunque non iscritte nei ruoli principali. Gli importi sono riscossi in quattro rate bimestrali, riducibili a due su autorizzazione dell’amministrazione finanziaria. Il sindaco, per gravi motivi, può concedere la ripartizione fino a otto rate qualora vi siano compresi tributi arretrati.
L’articolo 73 consente ai comuni di rivolgere al contribuente motivato invito ad esibire o trasmettere atti e documenti, comprese le planimetrie dei locali e delle aree scoperte, e a rispondere a questionari, relativi a dati e notizie specifici; di chiedere agli amministratori dei condomìni e ai soggetti gestori dei servizi comuni in centri commerciali integrati l'elenco degli occupanti o detentori dei locali e aree; di utilizzare dati legittimamente acquisiti per altro tributo ovvero di richiedere ad uffici pubblici o di enti pubblici anche economici, in esenzione da spese e diritti, dati e notizie rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti.
Qualora il contribuente non adempia alle richieste, il personale incaricato, munito di autorizzazione del sindaco e previo avviso da comunicare almeno cinque giorni prima della verifica, può accedere agli immobili soggetti alla tassa ai soli fini della rilevazione della destinazione e della misura delle superficie.
L’articolo 75 disciplina i casi di rimborso del tributo.
L’articolo 76 stabilisce le sanzioni. Per l'omessa presentazione della denunzia, anche di variazione, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della tassa o della maggiore tassa dovuta, con un minimo di lire centomila (euro 51,65); per denunzia infedele la sanzione dal cinquanta al cento per cento della maggiore tassa dovuta o, se l'omissione o l'errore attengono ad elementi non incidenti sull'ammontare della tassa, da lire centomila a lire cinquecentomila (da 51,65 a 258,23 euro). La stessa sanzione si applica per le violazioni concernenti la mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti o la mancata restituzione di questionari o per la loro mancata, incompleta o infedele compilazione.
L’articolo 77 prevede la tassa giornaliera di smaltimento in caso di occupazione o detenzione temporanea (inferiore a 183 giorni di un anno solare, anche se ricorrente) di locali o aree pubbliche, di uso pubblico, o gravate da servitù di pubblico passaggio.
Con l’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, è stata istituita la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.
Essa è destinata a sostituire la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio indicato dal regolamento che definisce il metodo normalizzato. Entro tali termini, i comuni devono provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa medesima. In via sperimentale, i comuni possono introdurre il sistema tariffario anche prima di tale termine.
È prescritto che i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade e aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, siano coperti dai comuni mediante l'istituzione di una tariffa, da applicarsi nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale.
La tariffa, determinata dagli enti locali, è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi d’investimento e di esercizio.
Il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento è con regolamento predisposto dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali.
Sono previste agevolazioni per le utenze domestiche e per la raccolta differenziata delle frazioni umide e delle altre frazioni, ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti d’imballaggio che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori. Sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi. Deve essere altresì assicurata la gradualità degli adeguamenti derivanti dalla sua applicazione.
La tariffa è applicata e riscossa dal soggetto che gestisce il servizio. La riscossione volontaria e coattiva può essere effettuata tramite ruolo, con l'obbligo del non riscosso per riscosso.
Il regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.
Secondo quanto precisato dal Ministero delle finanze con la circolare 17 febbraio 2000 n. 25, la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti e la contemporanea entrata in funzione della tariffa decorrono dalle seguenti date:
a) 1° gennaio 2003 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi superiore all'85 per cento;
b) 1° gennaio 2005 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85 per cento;
c) 1° gennaio 2008 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi inferiore al 55 per cento, nonché per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, a prescindere, in quest'ultimo caso, dalla copertura raggiunta nel 1999.
Il comma in esame, integrando il comma 3 dell'articolo 70 del citato decreto legislativo n. 507 del 1993, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, per gli immobili censiti nel catasto fabbricati, la superficie di riferimento indicata nella denunzia presentata dai soggetti che occupano o detengono locali e aree soggette alla tassa non può essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138. Per gli immobili già denunziati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superficie che risultano inferiori alla predetta percentuale. La modifica è operata mediante confronto con i dati forniti dall'Agenzia del territorio, secondo modalità d'interscambio stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia, sentita la conferenza Stato-Città e autonomie locali.
Il regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, emanato con D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, determina, nell’allegato C, i criteri per il calcolo della superficie catastale.
In generale, nella determinazione della superficie catastale delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, i muri interni e quelli perimetrali esterni vengono computati per intero fino ad uno spessore massimo di 50 cm, mentre i muri in comunione nella misura del 50 per cento fino ad uno spessore massimo di 25 cm. La superficie dei locali principali e degli accessori, ovvero loro porzioni, aventi altezza utile inferiore a 1,50 m, non entra nel computo della superficie catastale. La superficie degli elementi di collegamento verticale, quali scale, rampe, ascensori e simili, interni alle unità immobiliari, è computata in misura pari alla loro proiezione orizzontale, indipendentemente dal numero di piani collegati. La superficie catastale viene arrotondata al metro quadrato.
Criteri specifici sono determinati per i diversi gruppi di unità immobiliari a destinazione ordinaria (R: Unità immobiliari a destinazione abitativa di tipo privato e locali destinati a funzioni complementari; P: Unità immobiliari a destinazione pubblica o di interesse collettivo; T: Unità immobiliari a destinazione terziaria).
Qualora negli atti catastali manchino gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti passivi del tributo, se intestatari catastali, su richiesta del comune, debbono presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.
Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.
10. Al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, dopo l'articolo 52 è aggiunto il seguente:
«Art. 52-bis.– (Liquidazione dell'imposta derivante dai contratti di locazione) – 1. La liquidazione dell'imposta complementare di cui all'articolo 42, comma 1, è esclusa qualora l'ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto in misura non inferiore al dieci per cento del valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, e successive modificazioni. Restano comunque fermi i poteri di liquidazione dell'imposta per le annualità successive alla prima».
11. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, dopo l'articolo 41-bis è inserito il seguente:
«Art. 41-ter. – (Accertamento dei redditi di fabbricati) – 1. Le disposizioni di cui agli articoli 32, comma 1, numero 7), 38, 40 e 41-bis non si applicano con riferimento ai redditi di fabbricati derivanti da locazione dichiarati in misura non inferiore ad un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del quindici per cento e il 10 per cento del valore dell'immobile.
2. In caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l'esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell'immobile.
3. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, il valore dell'immobile è determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni».
12. Le disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e 41-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotti, rispettivamente, dai commi 10 e 11, non trovano applicazione nei confronti dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
13. Il modello per la comunicazione di cui all'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e della Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia; la comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché degli uffici dell'Agenzia delle entrate, con la compilazione in formato elettronico del relativo modello e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L'Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell'interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero. La presentazione per la registrazione degli atti di cessione di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.
14. L'obbligo di comunicazione di cui al comma 13 trova applicazione anche nei riguardi dei soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare; la comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese. In caso di violazione dell'obbligo di cui al precedente periodo, si applica la sanzione amministrativa di cui al quarto comma dell'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191; in caso di seconda violazione, il sindaco del comune in cui operano i soggetti di cui al primo periodo, su segnalazione dell'Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi soggetti la sospensione per un mese della loro attività.
I commi da 10 a 15 contengono misure volte a contrastare e reprimere l’evasione e l’elusione delle imposte relative alle locazioni immobiliari.
Il comma 10 inserisce nel testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, un nuovo articolo 52-bis, riguardante la liquidazione dell'imposta derivante dai contratti di locazione.
L’imposta di registro sugli atti aventi ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari si applica sul valore dichiarato dalle parti nell’atto.
La nuova disposizione esclude la liquidazione della maggiore imposta derivante da accertamento (imposta complementare) qualora l'ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto in misura non inferiore al dieci per cento del valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, e successive modificazioni.
L’articolo 42 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, recante approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, definisce imposta principale l'imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; imposta suppletiva l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio; imposta complementare l'imposta applicata in ogni altro caso.
Secondo la relazione del Governo al disegno di legge, il riferimento all’imposta complementare deve intendersi “nella sua accezione di maggiore imposta dovuta in conseguenza degli accertamenti operati dall’amministrazione tributaria dai quali emerga un imponibile diverso da quello apparente”.
L’articolo 52 del medesimo testo unico disciplina la rettifica del valore degli immobili e delle aziende. Qualora l’amministrazione finanziaria ritenga che i beni suddetti abbiano un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni, indicando – con i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche – gli elementi in base ai quali è stato determinato il valore, le aliquote applicate e il calcolo della maggiore imposta, nonché dell'imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso.
Il comma 4 prevede che non siano sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a ottanta volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, né i valori o corrispettivi della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli articoli 47 (enfiteusi) e 48 (nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione). Questa disposizione non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.
A norma del comma 5, i suddetti moltiplicatori di sessanta e ottanta volte possono essere modificati, in caso di sensibili divergenze dai valori di mercato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
I moltiplicatori sono attualmente fissati nelle seguenti misure dal decreto del Ministro delle finanze 14 dicembre 1991 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 17 dicembre 1991, n. 295), a seguito della revisione generale degli estimi del catasto edilizio urbano e del catasto terreni operata nel 1990:
- terreni: 75,
- categorie A (escluso A/10), B e C (escluso C/1): 100,
- fabbricati categorie A/10 e D: 50;
- fabbricati categorie C/1 ed E: 34.
L’articolo 3, commi 48 e 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato per il 1997), in attesa dell’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, ha rivalutato del 5 per cento le rendite catastali dei fabbricati, mentre quelle dei terreni, ai fini, tra le altre, dell’imposta di registro, sono state rivalutate del 25 per cento. Pertanto i moltiplicatori sopra indicati si applicano sull’importo risultante da tale rivalutazione.
L’articolo 2, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha rivalutato i suddetti moltiplicatori, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, e con decorrenza dal 1° gennaio 2004, nella misura del 10 per cento.
In luogo di questa rivalutazione del 10 per cento, l’articolo 1-bis, comma 7, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, ha rivalutato tali moltiplicatori, per i beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione[165] e ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, nella misura del 20 per cento. Questa rivalutazione si applica agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni apertesi e alle donazioni fatte a decorrere dalla data di entrata in vigore della citata legge di conversione.
La disposizione in commento mantiene comunque fermi i poteri di liquidazione dell'imposta per le annualità successive alla prima.
L’articolo 17, comma 3, del citato testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno.
La relazione del Governo al disegno di legge rileva che la novella, stante il suo carattere limitatore dell’attività di accertamento degli uffici, non innova rispetto all’obbligo di pagamento dell’imposta relativo ai contratti di durata pluriennale.
Il comma 11, introducendo nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, l'articolo 41-ter, disciplina l’accertamento dei redditi di fabbricati, derivanti da locazione.
Il capoverso 1 del nuovo articolo 41-ter esclude l’applicazione di alcuni poteri di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria relativamente a redditi di fabbricati, derivanti da locazione, dichiarati in misura non inferiore al maggiore tra i seguenti due importi:
a) canone di locazione risultante dal contratto, ridotto del 15 per cento;
b) un decimo del valore dell’immobile.
In particolare, non si applicano in questi casi le seguenti disposizioni del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973:
articolo 32, comma 1 [rectius: primo comma], numero 7), secondo cui gli uffici delle imposte possono richiedere, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle imposte dirette ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di zona, alle banche per quanto riguarda i rapporti con i clienti e all’Amministrazione postale (ora Poste italiane SpA) per quanto attiene ai dati relativi ai servizi dei conti correnti postali, ai libretti di deposito e ai buoni postali fruttiferi, copia dei conti intrattenuti con il contribuente con la specificazione di tutti i rapporti inerenti o connessi a tali conti, comprese le garanzie prestate da terzi, nonché ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi agli stessi conti mediante questionari redatti su modello approvato. Al ricevimento della richiesta, il responsabile della sede o dell'ufficio destinatario deve darne notizia al soggetto interessato;
articolo 38, riguardante la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d'imposta indicate nella dichiarazione.
L'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione – salvo quanto stabilito nell'art. 39 sull’uso delle scritture contabili – possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie raccolte, anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
L'ufficio può inoltre, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta.
Dal reddito complessivo determinato sinteticamente non sono deducibili gli oneri di cui all'art. 10 del testo unico delle imposte sui redditi.
La determinazione sintetica si applica anche quando il contribuente non ha ottemperato agli inviti a comparire, trasmettere atti o rispondere a questionari.
§ articolo 40, concernente la rettifica delle dichiarazioni dei soggetti diversi dalle persone fisiche;
§ articolo 41-bis: riguardante l’accertamento parziale che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, gli uffici delle imposte possono effettuare qualora, dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato o l'esistenza di deduzioni, esenzioni e agevolazioni in tutto o in parte non spettanti.
Il capoverso 2 del nuovo articolo 41-ter stabilisce, in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, una presunzione relativa (salva, cioè, per l’interessato la facoltà di provare il contrario) dell'esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; per la determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell'immobile.
Infine, il capoverso 3 rinvia all’articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 per la determinazione del valore dell'immobile, al quale fanno riferimento le disposizioni dei capoversi precedenti.
Come già si è esposto sopra, l’articolo 52, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro stabilisce i moltiplicatori da applicarsi alla rendita catastale per la determinazione del valore degli immobili.
Il comma 12 eccettua dall’applicazione delle disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, e 41-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotti rispettivamente dai precedenti commi 10 e 11, i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ossia sulla base degli accordi stipulati fra le associazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori (cosiddetto contratto concordato).
La legge 9 dicembre 1998, n. 431, reca la disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
L’articolo 2 regola le forme di stipulazione e di rinnovo dei contratti di locazione, prevedendo contratti di durata non inferiore a quattro anni, automaticamente rinnovabili per ulteriori quattro anni salve particolari esigenze del locatore (comma 1).
In alternativa, il comma 3 prevede che le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, comunque non inferiore a tre anni (salvo quanto previsto dall’articolo 5 circa i contratti di natura transitoria), e altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo, il medesimo è prorogato di diritto per due anni, salve particolari esigenze del locatore (comma 5). Per favorire la realizzazione di tali accordi, il comma 4 consente ai comuni di deliberare agevolazioni relativamente all'imposta comunale sugli immobili (ICI).
L’articolo 4, al comma 2, rimette la determinazione dei criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell'immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti, ad apposito decreto adottato dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, sulla base di una convenzione fra le associazioni nazionali maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero in mancanza di accordo fra le stesse.
Il comma 3 demanda ad un ulteriore decreto degli stessi ministri la fissazione delle condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2, nonché i contratti transitori di cui all'articolo 5, in mancanza dei previsti accordi locali.
L’articolo 8 dispone agevolazioni fiscali conseguenti alla stipulazione dei contratti di locazione indicati all’articolo 2, comma 3 (esclusi i contratti di natura transitoria) nei comuni qualificati “ad alta tensione abitativa” [166].
Il comma 13 riguarda la comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, cui è tenuto chiunque venda, dia in locazione o in comodato un fabbricato o parte di esso, ovvero ne consenta a qualunque altro titolo l’uso esclusivo.
L’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59 (Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, prescrive che chiunque cede la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato.
La comunicazione può essere effettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Nel caso di violazione della suddetta disposizione si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire tre milioni (da 103,29 a 1549,37 euro). La violazione è accertata dagli organi di polizia giudiziaria, nonché dai vigili urbani del comune ove si trova l'immobile, ed è applicata dal sindaco. I proventi sono devoluti al comune.
Secondo il comma in esame, tale modello, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e dell’Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia.
La comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché degli uffici dell'Agenzia delle entrate, con la compilazione del modello in formato elettronico e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L'Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell'interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero.
L’articolo 3 del regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, consente la presentazione delle dichiarazioni per il tramite di banche convenzionate, uffici della società Poste italiane SpA mediante collegamento gratuito con l’Agenzia delle entrate attraverso il servizio telematico Entratel.
Il comma 3 individua i soggetti incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni o la cui rilevanza nazionale sia riconosciuta con decreto del Ministero delle finanze, e le organizzazioni aderenti alle associazioni suddette (art. 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
A norma del comma 3-ter spetta loro un compenso, a carico del bilancio dello Stato, di 50 centesimi di euro per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa mediante il servizio telematico Entratel.
I commi 7, 7-bis e 7-ter disciplinano i termini per la trasmissione delle dichiarazioni di cui al medesimo regolamento. Per le banche e la società Poste italiane SpA il termine è stabilito in cinque mesi dalla data di scadenza del termine di presentazione ovvero, per le dichiarazioni presentate oltre tale termine, entro cinque mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni stesse. Gli altri soggetti presentano le dichiarazioni per le quali non è previsto un apposito termine entro un mese dalla scadenza del termine previsto per la presentazione alle banche e agli uffici postali. Le dichiarazioni consegnate successivamente al termine previsto per la presentazione delle stesse in via telematica sono trasmesse entro un mese.
A norma del comma 8, la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è consegnata dal contribuente alla banca o all'ufficio postale ovvero è trasmessa all'Agenzia delle entrate mediante procedure telematiche direttamente o tramite uno dei soggetti incaricati.
Il comma 11 rimette la determinazione delle modalità tecniche di trasmissione delle dichiarazioni ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
Il comma 13 dispone infine che ai soggetti incaricati della trasmissione telematica si applica l'articolo 12-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che consente il trattamento dei dati connessi alle dichiarazioni per le sole finalità di prestazione del servizio e per il tempo a ciò necessario, adottando specifiche misure per assicurare la riservatezza e la sicurezza delle informazioni.
Per la specifica finalità della comunicazione di cui all’articolo 12 del D.L. n. 59 del 1978 non appaiono applicabili i termini di trasmissione previsti nei descritti commi 7, 7-bis e 7-ter del regolamento emanato con D.P.R. n. 322 del 1998. Non essendo prevista spesa a questo riguardo, all’attività dei medesimi non dovrebbe estendersi il compenso previsto dal comma 3-ter dello stesso regolamento. Presumibilmente il riferimento deve ritenersi limitato alla sola individuazione degli intermediari (non è chiaro per altro se fra essi debbano intendersi comprese anche le banche e la società Poste italiane o soltanto gli intermediari indicati nel comma 3 dell’articolo citato).
È disposto, infine, che la presentazione degli atti di cessione, di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978, per la loro registrazione tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.
A norma del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono soggetti a registrazione gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato, alcuni contratti verbali (locazione o affitto di beni immobili e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite; trasferimento e affitto di aziende esistenti nel territorio dello Stato e costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento sulle stesse e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite) e operazioni di società ed enti esteri (istituzione di sede, messa a disposizione di capitali di investimento o di esercizio e istituzione o trasferimento dell’oggetto principale dell’impresa nel territorio dello Stato) e gli atti formati all'estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l'affitto di tali beni.
La registrazione può essere prescritta in termine fisso o in caso d'uso.
Sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa.
Debbono registrarsi in caso d'uso gli atti indicati nella parte seconda della tariffa e le scritture private non autenticate se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto. Si ha caso d'uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento.
Per gli atti non soggetti a registrazione (indicati in apposita tabella allegata al testo unico) non vi è obbligo di chiedere la registrazione neanche in caso d'uso; se presentati per la registrazione, l'imposta è dovuta in misura fissa.
È comunque ammessa la registrazione volontaria di un atto, su richiesta di chiunque vi abbia interesse, con il pagamento della relativa imposta.
Fra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, a norma dell’art. 1 della parte I della tariffa, sono annoverati gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere, gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, e, a norma dell’art. 5, le locazioni, gli affitti e i contratti di comodato di beni immobili[167].
L’articolo 13 del testo unico prescrive che la registrazione degli atti che vi sono soggetti in termine fisso deve essere richiesta entro venti giorni dalla data dell'atto se formato in Italia, entro sessanta giorni se formato all'estero. Termini speciali sono prescritti per taluni tipi di atti.
A norma dell’articolo 17, l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione. Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno.
Non appare chiaro i termini previsti per la richiesta di registrazione se siano compatibili con quello, assai più breve, prescritto per la comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza dall’articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 (che è di quarantotto ore dalla consegna dell'immobile).
Il comma 14 estende ai soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare l'obbligo di comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza. La comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese.
In caso di violazione, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 200 mila a lire tre milioni (da 103,29 a 1549,37 euro) prevista dal quarto comma dell'articolo 12 del citato decreto-legge n. 59 del 1978. In caso di recidiva, il sindaco del comune in cui operano i soggetti obbligati, su segnalazione dell'Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi la sospensione della loro attività per un mese.
Articolo 32, comma 15
(Nullità dei contratti di locazione non
registrati)
15. I contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.
Il comma 15 prevede che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento,di unità immobiliari o di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli, se ricorrendone i presupposti, non sono registrati.
Si tratta di una disposizione sanzionatoria che dalla mancata registrazione dei contratti sopra richiamati fa discendere la nullità degli stessi.
Si segnala che la relazione tecnica, pur essendo la norma collocata sotto il titolo III - “Disposizioni in materia di entrata”, non reca la quantificazione degli eventuali effetti positivi derivanti dalla norma sul bilancio dello Stato.
La disposizione in esame ha ad oggetto tutti i contratti di locazione, sia quelli ad uso abitativo, sia quelli ad uso commerciale, disciplinati sia dalle norme generali contenute nel codice civile (art. 1571-1614), sia da apposite leggi speciali.
Il contratto di locazione di unità immobiliari o di loro porzioni può avere ad oggetto:
§ immobili destinati ad uso abitativo;
§ immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.
La norma fa poi riferimento alle ipotesi di mancata registrazione di contratti che “comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni”: occorrerebbe precisare, soprattutto alla luce della gravità della sanzione comminata (la nullità del contratto), la definizione di “diritti relativi di godimento”, non rinvenibile nell’ambito della normativa vigente, né tantomeno in quello della elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria; si ricorda, infatti, come sia dottrina che giurisprudenza distinguono tra diritti reali di godimento (es:usufrutto, superficie), la cui caratteristica essenziale consiste nel rapporto immediato che si instaura tra il soggetto titolare e la res oggetto di godimento e diritti personali di godimento (es:diritto del locatario e del comodatario) che, pur partecipando di alcune caratteristiche dei diritti assoluti (l’esistenza di un corrispondente e generale dovere di astensione), presuppongono una situazione di carattere relativo, esistendo un diritto di credito dal lato attivo ed un obbligo dal lato passivo.
Si ricorda altresì come sia gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali di godimento (articolo1, comma 1, della parte I della Tariffa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986), sia i contratti di comodato di beni immobili -da cui derivano diritti personali di godimento- (articolo 5, comma 4, della parte I della Tariffa di cui al D.P.R. n. 131) siano sottoposti all’obbligo di registrazione.
La legge 9 dicembre 1998, n. 431, disciplina la sola locazione di immobili ad uso abitativo, non applicandosi quindi ad altri tipi di locazione, come ad esempio quella riguardante usi commerciali[168].
Il nucleo fondamentale del provvedimento è contenuto nell'articolo 2, ove si individuano due distinte tipologie contrattuali per le locazioni abitative. La prima tipologia (contratto libero) si basa fondamentalmente sulla libera contrattazione delle parti – pur essendo presenti elementi di vincolo nella durata minima del contratto e nella rinunzia alla possibilità di disdetta alla prima scadenza – mentre la seconda tipologia (contratto concordato) si basa sul sostanziale recepimento, da parte del locatore e del conduttore, di contratti-tipo stipulati in sede locale tra le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, anche sulla base dei criteri generali fissati dal decreto di cui all’articolo 4, comma 2. In questo caso, oltre alla durata minima del contratto – fissata per legge – il contratto-tipo disciplina anche altri elementi contrattuali quali ad esempio l’entità del canone. L'adozione di questa seconda tipologia contrattuale consente di godere di alcuni benefìci di natura fiscale (artt. 2, comma 4, artt.8, 10 e 11).
L'articolo 6 ridefinisce le procedure per il rilascio degli immobili, restituendo agli organi giudiziari la competenza in merito e sopprimendo quindi la competenza delle commissioni prefettizie. È previsto un periodo di sospensione di sei mesi, durante il quale sono sospese le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio e che può essere utilizzato dalle parti per rinnovare la locazione con le nuove tipologie contrattuali indicate all’articolo 2.
L’articolo 8 prevede l’introduzione di detrazioni IRPEF per i locatori del “secondo canale”, mentre l’articolo 10 contiene detrazioni IRPEF per i conduttori del medesimo canale a partire dal 2001. L'articolo 11 istituisce un Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione, la cui dotazione è quantificata ogni anno dalla legge finanziaria; ulteriori risorse possono essere messe a disposizione dalle singole Regioni e dai comuni.
Si ricorda che la disciplina sopra richiamata non si applica (art. 1 della legge n. 431 del 1998):
§ ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile qualora non siano stipulati in forma concordata secondo contratti-tipo ( art. 2, co. 3);
§ agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;
§ agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche[169].
Dall’applicazione di tale disciplina sono altresì esclusi i contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile.
La c.d. legge sull’equo canone (legge 27 luglio 1978, n. 392, recante disciplina delle locazioni di immobili urbani)regola. all’articolo 27, la locazione e sublocazione di immobili urbani destinati ad uso diverso da quello abitativo, stabilendo che la durata dei contratti non può essere inferiore a sei anni se gli immobili siano adibiti ad una delle seguenti attività:
1) industriali, commerciali e artigianali;
2) di interesse turistico comprese tra quelle di cui all'articolo 2 della legge 12 marzo 1968, n. 326[170].
Tale disposizione si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.
La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere.
Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista per i diversi tipi di destinazione dell’immobile.
Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.
Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.
È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
Si ricorda che tale disciplina deve ritenersi applicabile a tutti gli immobili urbani di qualunque specie – adibiti ad uso diverso da quello abitativo – in cui si eserciti una delle attività sopra richiamate. Pertanto essa si applica non soltanto agli edifici, ma anche ai fabbricati di qualunque tipo, alle superfici inedificate o aree nude e quindi ai terreni, in cui le predette attività sono esercitate[171].
Si ricorda che la legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, collegato alla manovra finanziaria 1998), ha introdotto all’articolo 21, comma 18, attraverso un’apposita modificazione al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, l'obbligo della registrazione per tutti i contratti di locazione e affitto di beni immobili di qualsiasi ammontare, purché di durata superiore ai 30 giorni complessivi nell'anno.
In particolare l’articolo 17 del D.P.R. n. 131 del 1986, come modificato sia dalla norma sopra richiamata, sia dalla legge n. 342 del 2000, in materia di cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili, stabilisce che :
§ l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237;
§ l'attestato di versamento relativo alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe deve essere presentato all'ufficio del registro presso cui è stato registrato il contratto entro venti giorni dal pagamento;
§ per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno. In caso di risoluzione anticipata del contratto il contribuente che ha corrisposto l'imposta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso. L'imposta relativa alle annualità successive alla prima, anche conseguenti a proroghe del contratto comunque disposte, deve essere versata con le modalità di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997;
L’unica eccezione a tale obbligo generalizzato di registrazione riguarda una serie di atti soggetti a registrazione solo in caso d'uso. Tra questi rientrano:
§ locazioni e affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno (parte seconda, articolo 2-bis, della tariffa annessa al D.P.R. n. 131 del 1986). Il calcolo dei 30 giorni complessivi nell'anno deve essere fatto con riguardo all'unità immobiliare locata ed alle stesse parti contraenti. Fanno eccezione i contratti soggetti a IVA in base al principio di alternatività di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 131 del 1986[172].
Si ricorda che gli atti si registrano "in caso d'uso" solo quando vengono depositati presso le cancellerie giudiziarie per l'applicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti territoriali e i rispettivi organi di controllo. In particolare devono essere registrati in caso d'uso i contratti soggetti ad IVA.
L'obbligo della registrazione compete a notai e altri pubblici ufficiali, nel caso di contratti di locazione redatti in forma pubblica o per scrittura autenticata; alle parti contraenti (proprietario e inquilino, ossia locatore e conduttore), in caso di scrittura privata non autenticata. In quest'ultimo caso, indipendentemente dalla residenza del proprietario e dell'inquilino, o dalla ubicazione dell'immobile dato in locazione, qualsiasi ufficio del Registro o ufficio delle Entrate può ricevere l'atto per la registrazione.
La parte I della tariffa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986 prevede la registrazione per un’altra serie di contratti relativi ad immobili.
Fra questi rientrano, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della citata tariffa, gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali di godimento, compresi la rinunzia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi; ai sensi dell’articolo 3, gli atti di natura dichiarativa relativi a beni anche immobiliari; ai sensi dell’articolo 5, comma 4, i contratti di comodato di beni immobili; ai sensi dell’articolo 10, i contratti preliminari che riguardino beni immobili.
L’art. 8 della legge n. 392 del 1978 (equo canone) dispone che le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del locatore e del conduttore in parti uguali.
Il pagamento spetta al locatore e al conduttore in parti uguali, ma entrambi rispondono in solido per il pagamento dell'intera imposta.
Per quanto attiene all’importo, l’imposta di registro dovuta – per gli immobili urbani e per i terreni non agricoli – è pari al 2% del canone annuo, con un minimo di 51,65 euro (articolo 5 e nota II della tariffa, parte prima, annessa al D.P.R. n. 131 del 1986)[173].
Se il contratto viene sciolto anticipatamente o non viene rinnovato alla scadenza il recesso o il mancato rinnovo deve essere comunicato all’Ufficio del registro mediante versamento dell’imposta fissa di 51,65 euro.
La disposizione non sembra essere considerata dal Governo direttamente produttiva di maggiori entrate, atteso che esse non vengono quantificate nella relazione tecnica. La ratio sembra pertanto doversi rinvenire nell’intendimento di rafforzare l’obbligo di registrazione, assistendolo con la previsione della sanzione di nullità del contratto in conseguenza dell’omissione di tale prescritto adempimento.
Accanto alle sanzioni di natura amministrativa -previste dalla normativa vigente- per la mancata registrazione dei contratti per i quali sussiste il relativo obbligo (sanzioni che possono variare da una a tre volte l’imposta dovuta), la disposizione in esame introduce, come già accennato, la ulteriore sanzione, di natura civilistica, della nullità del contratto (l’articolo 1418 del codice civile, nell’individuare le cause di nullità, dispone che “il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge”).
La nullità è la più grave forma di invalidità negoziale, essa comporta la definitiva inidoneità dell’atto a produrre gli effetti suoi propri: il contratto nullo, pertanto, è inefficace o senza effetto sin dal momento della sua stipulazione. L’iniziativa per la dichiarazione di nullità del contratto può originare da qualunque interessato, compreso il giudice al quale i privati si siano rivolti per far valere quanto pattuito; l’articolo 1422 del codice civile dispone poi che la azione per far valere la nullità sia imprescrittibile, fatti salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione. La terza fondamentale regola che governa la nullità è la assoluta impossibilità per le parti di procedere ad una convalida del contratto (art.1423).
Articolo 33, commi 1 e 2
(Dichiarazioni telematiche e
comunicazioni
per il contrasto dell’evasione dell’IVA)
1. Nell'articolo 3, comma 2, primo periodo, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le parole: «a lire 50 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ad euro 10.000».
2. All'articolo 8-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni:
a) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Entro il termine previsto per la presentazione della comunicazione di cui ai precedenti commi, il contribuente presenta l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA nei cui confronti sono state emesse fatture nell'anno cui si riferisce la comunicazione nonché l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono state ricevute fatture. Per ciascun soggetto deve essere indicato l'importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con la evidenziazione dell'imponibile, dell'imposta nonché dell'importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti. Sono esonerati dagli obblighi previsti dal presente comma i contribuenti esonerati dall'obbligo di presentazione della dichiarazione, ai sensi dell'articolo 8, comma 1. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono individuati gli elementi informativi da indicare negli elenchi previsti dal presente comma nonché le modalità per la presentazione, esclusivamente in via telematica, degli stessi»;
b) il comma 6, è sostituito dal seguente:
«6. Per l'omissione della comunicazione ovvero degli elenchi, nonché per l'invio degli stessi con dati incompleti o non veritieri restano applicabili le disposizioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471».
I commi 1 e 2 dell’articolo 33 novellano il regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
Il comma 1, modificando l’articolo 3, comma 2, primo periodo, del D.P.R. n. 322 del 1998, riduce da 50 milioni di lire (25.822,84 euro) a 10.000 euro il limite del volume d’affari oltre il quale diventa obbligatoria la dichiarazione telematica.
In particolare il comma 2 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998 prevede che le dichiarazioni sono presentate in via telematica all'Agenzia delle entrate, direttamente o tramite gli incaricati indicati ai successivi commi 2-bis e 3, dai soggetti tenuti per il periodo d'imposta cui si riferiscono le predette dichiarazioni alla presentazione della dichiarazione relativa all'IVA, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari inferiore o uguale a lire 50 milioni, dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta di cui all'articolo 4, e dai soggetti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), dai soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi alla applicazione degli studi di settore.
Le predette dichiarazioni sono trasmesse avvalendosi del servizio telematico Entratel; il collegamento telematico con l'Agenzia delle entrate è gratuito per gli utenti.
Secondo la relazione governativa al disegno di legge, la disposizione, assoggettando un maggior numero di persone fisiche all’obbligo di trasmettere la dichiarazione per via telematica, “accelera i tempi di controllo, comportando un vantaggio anche per i contribuenti, in quanto vi sarà una notevole riduzione dei tempi relativi ai rimborsi d’imposta”.
Il comma 2, alla lettera a), aggiunge il comma 4-bis all’articolo 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998.
Il nuovo comma 4-bis prevede che, entro il mese di febbraio (termine previsto per la presentazione della comunicazione dei dati relativi all'IVA riferita all'anno solare precedente), il contribuente presenta l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA nei cui confronti sono state emesse fatture nell'anno cui si riferisce la comunicazione, nonché l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono state ricevute fatture. Per ciascun soggetto dev’essere indicato l'importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con l'evidenziazione dell'imponibile, dell'imposta nonché dell'importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti.
Sono esonerati da tali obblighi i contribuenti che non devono presentare la dichiarazione, ai sensi del precedente articolo 8, comma 1[174].
La relazione del Governo al disegno di legge segnala che la disposizione “si è resa necessaria al fine di permettere all’Amministrazione di effettuare controlli più analitici, confrontando i dati del contribuente preso in esame con quelli di altri soggetti”.
Il comma 4-bis rinvia ad un provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale, per l’individuazione degli elementi informativi da indicare negli elenchi previsti dal presente comma, nonché delle modalità per la presentazione degli stessi esclusivamente in via telematica.
La compilazione dell’elenco dei clienti e dei fornitori era prevista dall’articolo 29 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell’IVA. L’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489, nell’ottica della “soppressione degli adempimenti superflui”, ha disposto l’abrogazione degli obblighi di compilazione degli elenchi dei clienti e dei fornitori collegati alla dichiarazione annuale IVA, e di allegazione alla stessa dei modelli IVA 101 e 102 di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1984 (pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 237 del 31 dicembre 1984), disponendo contestualmente, al successivo comma 2, l’abrogazione dell’articolo 29 del D.P.R. n. 633 del 1972.
La lettera b) del comma 2 sostituisce il comma 6 dell’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998, stabilendo che restano applicabili le disposizioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in caso di omissione della comunicazione ovvero degli elenchi, nonché in caso di invio degli stessi con dati incompleti o non veritieri.
Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, ha operato la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi. L’articolo 11 riguarda alcune violazioni in materia di imposte dirette e di IVA.
Poiché l’articolo 11 è articolato in sette commi, che prevedono sanzioni per diverse fattispecie, il richiamo di cui al nuovo testo del comma 6 in esame sembrerebbe doversi riferire al comma 1, che punisce con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila (258,23 euro) a lire quattro milioni (2.065,83 euro) le seguenti violazioni:
a) omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria, anche se non richiesta dagli uffici o dalla Guardia di finanza al contribuente o a terzi nell'esercizio dei poteri di verifica e accertamento in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri;
b) mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi nell'esercizio dei poteri di cui alla precedente lettera a) o loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere;
c) inottemperanza all'invito a comparire e a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di finanza nell'esercizio dei poteri loro conferiti.
Il vigente comma 6 dell’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998, come modificato, da ultimo, dall'articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 435 del 2001, disciplina la sottoscrizione, la presentazione e la conservazione della dichiarazione relativa all'IVA rinviando all’applicazione delle disposizioni previste all'articolo 1, commi 2, 3 e 4 (modelli per la dichiarazione telematica, soggetti sottoscrittori), all'articolo 2, commi 7, 8, 8-bis e 9 (dichiarazioni presentate oltre i termini, integrazione e correzione delle dichiarazioni, proroga dei termini che scadono il sabato), e all'articolo 3 (modalità di presentazione e conservazione) dello stesso D.P.R. n. 322 del 1998.
Si segnala che i predetti rinvii normativi non sono riprodotti nella formulazione sostitutiva del comma.
3. All'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, come modificato dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 luglio 2004, n. 224, dopo il comma 1-bis è aggiunto il seguente:
«1-ter. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 ottobre 1993, n. 427, i soggetti di imposta trasmettono attraverso lo sportello telematico dell'automobilista di cui al comma 1, entro il termine di quindici giorni dall'acquisto, il numero identificativo intracomunitario o, in presenza di successivi passaggi interni precedenti l'immatricolazione, il codice fiscale del fornitore, nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli».
4. Con decreto del Capo del Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabiliti i contenuti e le modalità delle comunicazioni di cui al comma 3.
5. Con la convenzione prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è definita la procedura di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate delle informazioni inviate dai soggetti di imposta ai sensi del comma 3.
I commi da 3 a 5 dell’articolo 33hanno lo scopo di contrastare le frodi relative all’IVA sui veicoli provenienti dagli Stati dell’Unione europea.
A tal fine, il comma 1 aggiunge il comma 1-ter all’articolo 1 del D.P.R. n. 358 del 2000.
Con il D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 è stato emanato, in attuazione dalla legge di semplificazione n. 50 del 1999, il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi. Il regolamento è stato recentemente oggetto di modifiche con il D.P.R. 2 luglio 2004, n. 224 (entrato in vigore l’8 settembre 2004).
Il regolamento ha istituito e disciplinato lo sportello telematico dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi. Sono escluse dall'applicazione del regolamento le immatricolazioni di veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo attraverso canali d'importazione non ufficiali, nonché i veicoli usati già in possesso di documentazione di circolazione rilasciata da uno di tali Stati. Sono altresì escluse le registrazioni della proprietà relative a veicoli nuovi importati da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo.
Il comma 1-bis, introdotto dal D.P.R. n. 224 del 2004, prevede un’apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane per definire le procedure per la trasmissione dei dati attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli nuovi e usati provenienti, attraverso circuiti non ufficiali di distribuzione, dagli Stati membri dell'Unione europea e, attraverso canali di importazione non ufficiali, da Stati aderenti allo spazio economico europeo.
Il comma 1-ter, introdotto dal comma 3 dell’articolo 33 in esame, prevede che, ai fini dell'applicazione dell'articolo 53, comma 3, del decreto-legge n. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 427 del 1993, i soggetti di imposta (che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli) trasmettono attraverso lo sportello telematico dell'automobilista, entro il termine di 15 giorni dall'acquisto, il numero identificativo intracomunitario o, in presenza di successivi passaggi interni precedenti l'immatricolazione, il codice fiscale del fornitore, nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e i loro rimorchi acquistati.
La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di 15 giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.
L’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 26 ottobre 1993, n. 427, stabilisce che i pubblici uffici non possono procedere all'immatricolazione, all'iscrizione in pubblici registri o all'emanazione di provvedimenti equipollenti relativi a mezzi di trasporto nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario, se non risultano adempiuti gli obblighi relativi all'applicazione dell'imposta. I pubblici uffici cooperano con i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria per il reperimento degli elementi utili ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta, della spettanza del rimborso, della repressione delle violazioni nonché ai fini dell'accertamento della sussistenza dei requisiti che qualificano come nuovi i mezzi di trasporto.
Il successivo comma 4 dell’articolo in esame rimette la determinazione del contenuto e delle modalità delle comunicazioni di cui al precedente comma 3 ad un decreto del capo del Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 5 stabilisce che la procedura di trasmissione telematica delle informazioni, inviate dai soggetti di imposta che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli ai sensi del precedente comma 3, all'Agenzia delle entrate sarà definita con la convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane, prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, introdotto dal D.P.R. n. 224 del 2004, che ha modificato il D.P.R. n. 358 del 2000.
La relazione al disegno di legge sottolinea che “l’attività di monitoraggio e di controllo, effettuata generalmente in una fase precedente l’immatricolazione, non prevede ulteriori oneri e responsabilità a carico dell’acquirente finale e può fornire allo stesso un’ulteriore garanzia sul corretto adempimento degli obblighi vigenti da parte degli operatori economici del settore.”
Articolo 33, commi 6-10
(Comunicazione telematica di cessioni
all’esportazione
per il contrasto dell’evasione dell’IVA)
6. Nell'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è aggiunto il seguente periodo: «Nella prima ipotesi, il cedente o prestatore deve comunicare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta».
7. Ai fini del necessario coordinamento delle attività di controllo, da attuare secondo quanto disposto dall'articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'Agenzia delle entrate condivide con gli altri organi preposti ai controlli in materia di imposta sul valore aggiunto le informazioni risultanti dalle dichiarazioni, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17.
8. All'articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. È punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o il prestatore che omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, o la invia con dati incompleti o inesatti».
9. Chiunque omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, inserito dal comma 6, o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell'imposta evasa correlata all'infedeltà della dichiarazione ricevuta.
10. Il Direttore dell'Agenzia delle entrate determina, con suo provvedimento, i contenuti e le modalità della comunicazione di cui al comma 6.
Il comma 6 dell’articolo in esame novella il decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, recante disposizioni urgenti in materia di IVA, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, aggiungendo un periodo all’articolo 1, comma 1, lettera c), relativo alla dichiarazione di cessioni all’esportazione.
Il comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, subordina l’applicazione delle disposizioni di cui al primo comma, lettera c), e al secondo comma dell'articolo 8 del D.P.R. n. 633 del 1972 (relative alle cessioni all’esportazione, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e alle prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all'esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell'IVA), alla condizione che l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’imposta risulti da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, contenente l'indicazione del numero di partita IVA del dichiarante nonché l'indicazione dell'ufficio competente nei suoi confronti, consegnata o spedita al fornitore o prestatore, ovvero presentata in dogana, prima dell'effettuazione dell’operazione; la dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti.
L’ulteriore periodo aggiunto dal comma 6 in esame stabilisce che nella prima ipotesi (dichiarazione consegnata o spedita), il cedente o prestatore deve comunicare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica ed entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta.
Il successivo comma 10 rimette ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione del contenuto e delle modalità della comunicazione prevista al comma 6.
Il comma 7 dell’articolo in esame stabilisce che l'Agenzia delle entrate condivida con gli altri organi preposti ai controlli in materia di IVA le informazioni risultanti dalle dichiarazioni dell’intento di effettuare acquisti senza applicazione dell’imposta, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 746 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17 del 1984.
Tale attività di controllo dovrà essere attuata ai sensi dell'articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972.
La disposizione richiamata prevede che, per il necessario coordinamento dell'azione della Guardia di finanza con quella degli uffici finanziari, saranno presi accordi, periodicamente e nei casi in cui si debba procedere ad indagini sistematiche, tra la Direzione generale delle tasse e delle imposte indirette sugli affari e il Comando generale della Guardia di finanza e, nell'ambito delle singole circoscrizioni, fra i capi degli ispettorati e degli uffici e i comandi territoriali (secondo comma). Gli uffici finanziari e i comandi della Guardia di finanza, per evitare la reiterazione di accessi presso gli stessi contribuenti, devono darsi reciprocamente tempestiva comunicazione delle ispezioni e verifiche intraprese (terzo comma, primo periodo).
I commi 8 e 9 recano disposizioni sanzionatorie.
In particolare il comma 8, introduce nell’articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[175], il comma 4-bis, in base al quale èpunito con la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell'imposta, fermo l'obbligo del pagamento del tributo, il cedente o il prestatore che omette d’inviare, nei termini previsti, la comunicazione telematica di cessione all’esportazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge n. 746 del 1983, o la invia con dati incompleti o inesatti.
Inoltre, il comma 9 stabilisce che chiunque omette d’inviare nei termini previsti o invia con dati incompleti o inesatti la comunicazione telematica di cessione all’esportazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del citato decreto-legge n. 746 del 1983, la responsabilità in solido con il soggetto acquirente per il pagamento dell'imposta evasa correlata all'infedeltà della dichiarazione ricevuta.
Nonostante la diversa formulazione, sembra che i soggetti destinatari delle disposizioni contenute nei commi 8 e 9 siano identici. Sebbene infatti il soggetto della prima sia il “cedente o prestatore”, mentre nella seconda è “chiunque omette di inviare” la comunicazione, il soggetto obbligato all’adempimento cui si riferiscono le sanzioni è in ogni caso “il cedente o prestatore” (comma 6).
11. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l'articolo 60, è inserito il seguente:
«Art. 60-bis – (Solidarietà nel pagamento dell'imposta). – 1. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta degli organi competenti al controllo, sulla base di analisi effettuate su fenomeni di frode, sono individuati i beni per i quali operano le disposizioni dei commi 2 e 3.
2. In caso di mancato versamento dell'imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento della predetta imposta.
3. L'obbligato solidale di cui al comma 2 può tuttavia documentalmente dimostrare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell'imposta».
Il comma 11 introduce l’articolo 60-bis nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.
Il nuovo articolo 60-bis dispone, al comma 2, che il cessionario, qualora sia soggetto agli adempimenti IVA, è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta, in caso di mancato versamento dell'IVA da parte del cedente, relativamente alle cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale.
A norma del comma 3 è concessa al cessionario la possibilità di dimostrare, tramite esibizione di documenti, che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell'imposta.
Il comma 1 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi su proposta degli organi competenti al controllo (Agenzia delle entrate, Agenzia delle Dogane, Guardia di finanza), in base ad analisi effettuate sui fenomeni di frode all’IVA, l’individuazione dei beni soggetti alla disciplina sopra descritta.
La relazione governativa al disegno di legge segnala che la disposizione introdotta con l’articolo 60-bis è conforme all’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (sesta direttiva IVA), in base alla quale gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell'imposta sia responsabile in solido per il versamento dell'imposta.
La relazione sottolinea altresì che la norma proposta “è consigliata, per il suo forte connotato di deterrenza, dalla Commissione europea con la comunicazione 2004/260 del 16 aprile 2004” al Consiglio e al Parlamento europeo sull’utilizzo degli accordi di cooperazione amministrativa nella lotta antifrode in materia di IVA. Il Governo richiama l’applicazione di analoghe norme da parte di alcuni Stati europei nei settori del commercio di telefoni portatili e apparecchiature informatiche.
Il citato documento della Commissione, in punto di iniziative ulteriori da adottare per rispondere al particolare problema della società fittizia, enunzia alcune raccomandazioni circa l’adeguamento del sistema di controllo delle frodi delle società fittizie.
La frode della “società fittizia” rappresenta una particolare minaccia per il sistema IVA. Una tipologia di frode che sembra essersi sviluppata in questi ultimi anni e che è attualmente fonte di grande preoccupazione per gli Stati membri è la frode della società fittizia negli scambi intracomunitari (la cosiddetta “frode carosello”). Si tratta di una tipologia di frode che potrebbe benissimo trarre vantaggio dal prossimo allargamento ed estendersi ai nuovi Stati membri.
Questo meccanismo di frode è un chiaro esempio di abuso dell’esenzione IVA nelle transazioni intracomunitarie.
La frode si configura nel seguente modo: una cosiddetta “società intermedia” (A) effettua una fornitura di merci intracomunitaria esente ad una “società fittizia” (B) in un altro Stato membro. La società (B) acquista le merci senza pagare l’IVA e poi effettua una fornitura nazionale ad una terza società (C), denominata “broker”. La “società fittizia” incassa l’IVA sulle vendite fatte al “broker”, ma non versa l’IVA all’Erario e scompare. Il “broker” (C) chiede il rimborso dell’IVA sugli acquisti effettuati presso B. Di conseguenza, la perdita finanziaria per l’Erario è pari all’IVA pagata da C a B. In seguito, la società C può dichiarare una fornitura intracomunitaria esente alla società (A) e quest’ultima può, a sua volta, effettuare una fornitura intracomunitaria esente a (B) ed il ciclo della frode si ripete, e questo spiega l’appellativo di “frode carosello”.
Per sviare le indagini sull’IVA, le merci vengono spesso fornite da (B) a (C) tramite società intermediarie, denominate “società cuscinetto”. Può capitare che la società cuscinetto sia all’oscuro della frode in atto, ma nella maggior parte dei casi è conscia del fatto di essere coinvolta in un tipo di transazione irregolare (data la natura insolita della transazione commerciale).
La Commissione dell’Unione europea ricorda che essa, insieme agli Stati membri, ha esaminato approfonditamente le frodi IVA nel commercio intracomunitario e ha identificato le diverse misure adottate, a livello nazionale, che hanno dato i risultati migliori nella lotta contro la “frode della società fittizia”. Queste “buone prassi” si basano su un migliore e più veloce uso dell’assistenza reciproca e sull’adeguamento dei sistemi di controllo nazionali al fine di far cessare queste frodi. Mentre il primo aspetto è già stato affrontato nelle raccomandazioni del Consiglio e nel nuovo regolamento sulla cooperazione amministrativa[176]; il secondo aspetto richiede uno sforzo ulteriore da parte dei singoli Stati membri.
Fra le tecniche di controllo per individuare le “società fittizie”, ad esempio, figura l’istituzione di appositi sistemi d’investigazione e di valutazione dei rischi al fine di individuare subito le società potenzialmente fittizie. La valutazione principale dei rischi, quale l’analisi delle dichiarazioni IVA, dovrebbe essere completata da operazioni d’investigazione che forniscano informazioni immediate, ottenute, ad esempio, grazie alla cooperazione amministrativa.
Affinché le strategie di lotta contro la frode della “società fittizia” abbiano successo è necessario che l’individuazione precoce della potenziale frode sia accompagnata dalla sospensione dei rimborsi IVA all’acquirente, in attesa dei risultati di ulteriori indagini. Per tale motivo, alcuni Stati membri hanno adeguato la loro legislazione e le procedure amministrative in materia di rimborsi IVA.
Inoltre, per impedire che le società fittizie le quali simulano attività economiche continuino ad acquistare beni senza pagare l’IVA, si dovrebbero cancellare immediatamente i numeri delle loro partita IVA, interrompendo così il meccanismo della frode.
Dopo ciò, si deve fare il possibile per recuperare l’IVA non pagata. Poiché non vi sono possibilità reali di recuperare l’IVA dalla società fittizia, un metodo efficace è quello di rifiutare la detrazione o l’esenzione IVA alle altre parti coinvolte nella frode.
In particolare, la Commissione osserva che, per alleggerire l’onere della prova nei meccanismi di frode complessi, alcuni Stati membri hanno rafforzato di recente la loro legislazione antifrode introducendo la “responsabilità in solido” in campo fiscale.
L’applicazione di questo tipo di responsabilità comporta che, se un soggetto d’imposta sapeva o avrebbe dovuto sapere delle attività fraudolente dell’altro contraente, esso sia responsabile del pagamento dell’IVA dovuta dal contraente. In alcuni Stati membri, l’introduzione della responsabilità in solido ha avuto un chiaro effetto deterrente e sembra essere efficace.
Questa misura, ad avviso della Commissione, trova il suo fondamento giuridico nell’articolo 21 della direttiva 77/388/CEE, a condizione che venga rispettato il principio della proporzionalità.
Il richiamato articolo 21 reca disposizioni relative ai debitori dell’imposta verso l’erario.
In particolare, ai sensi del paragrafo 1, l'imposta sul valore aggiunto è dovuta in regime interno:
a) dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, diversa da quelle di cui alle lettere b), c) e f). Se la cessione di beni o la prestazione di servizi imponibile è effettuata da un soggetto passivo non stabilito nel paese, gli Stati membri possono, alle condizioni da essi prescritte, prevedere che il debitore dell'imposta è il destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi imponibile;
b) dai destinatari soggetti passivi di un servizio di cui all'articolo 9, paragrafo 2, lettera e), o dai destinatari, iscritti al registro dell'imposta sul valore aggiunto all'interno del paese, di un servizio di cui all'articolo 28-ter, C, D, E e F, se i servizi sono effettuati da un soggetto passivo non residente all'interno del paese;
c) dal destinatario della cessione di beni, quando si verificano le seguenti condizioni:
- l'operazione imponibile è una cessione di beni effettuata alle condizioni di cui all'articolo 28-quater, E, punto 3;
- il destinatario della cessione di beni è un altro soggetto passivo oppure una persona giuridica che non è soggetto passivo iscritto al registro dell'imposta sul valore aggiunto all'interno del paese;
- la fattura rilasciata dal soggetto passivo non residente all'interno del paese è conforme all'articolo 22, paragrafo 3. Tuttavia gli Stati membri possono prevedere una deroga a quest'obbligo nel caso in cui il soggetto passivo non residente all'interno del paese abbia nominato un rappresentante fiscale in detto paese;
d) da chiunque indichi l'imposta sul valore aggiunto in una fattura;
e) dalla persona che effettua un acquisto intracomunitario di beni imponibile;
f) dalle persone identificate ai fini dell'IVA nel territorio del paese e che sono destinatarie delle cessioni di beni disciplinate dall'articolo 8, paragrafo 1, lettere d) o e), se queste sono effettuate da un soggetto passivo non stabilito nel paese.
Il paragrafo 2, in deroga alle disposizioni del paragrafo 1, dispone che:
a) se il debitore dell'imposta, a norma delle disposizioni del paragrafo 1, è un soggetto passivo non residente nel territorio del paese, gli Stati membri possono consentirgli di designare un rappresentante fiscale come debitore dell'imposta in sua vece. Questa possibilità è soggetta alle condizioni stabilite da ciascuno Stato membro;
b) qualora l'operazione imponibile sia effettuata da un soggetto passivo non residente all'interno del paese e qualora non esista, con il paese in cui tale soggetto passivo risiede, alcuno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza, analogamente a quanto previsto dalle direttive 76/308/CEE e 77/799/CEE e dal regolamento (CEE) n. 218/92 del Consiglio, del 27 gennaio 1992, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA), gli Stati membri possono adottare disposizioni che stabiliscano che il debitore dell'imposta è un rappresentante fiscale designato dal soggetto passivo non residente.
Il paragrafo 3 dell’articolo 21, in particolare, prevede che nelle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell'imposta sia responsabile in solido per il versamento dell'imposta.
Nel vigore del testo originario dell'articolo 21, precedente al regime transitorio attualmente vigente in base a quanto disposto dall'articolo 28-octies della presente direttiva, laddove non era prevista per gli Stati membri la possibilità di cui al comma 3 sopra esaminato, alcuni Stati membri erano stati autorizzati in deroga.
In particolare, con la decisione 19 luglio 1988, n. 88/498, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, il Regno dei Paesi Bassi è stato autorizzato ad applicare, nel quadro del regime di opzione per l'imposizione di cui all'articolo 13, punto C, lettera b), di detta direttiva e per quanto riguarda le operazioni di cui al punto B, lettere g) e h) di detto articolo, una disposizione secondo cui l'acquirente è il debitore dell'imposta.
Con la decisione 19 dicembre 1997, n. 98/20, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 77/388/CEE, il Regno dei Paesi Bassi è stato autorizzato, fino al 31 dicembre 2006, a trasferire l'obbligo di versamento dell'IVA al Tesoro, nel settore della confezione, dal subappaltatore all'impresa di confezione.
Con la decisione 24 dicembre 1997, n. 97/510, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 77/388/CEE, l'Irlanda è stata autorizzata, dal 26 marzo 1997 fino al 31 dicembre 2007, a designare la persona beneficiaria della cessione come soggetto debitore dell'imposta quando sussistono le due seguenti condizioni:
- la rinunzia ad un diritto (contratto di locazione) su un bene immobile o il trasferimento dello stesso sono trattati come cessione di beni effettuata dall'utilizzatore;
- la persona che acquisisce il diritto è soggetto passivo o persona giuridica non soggetta all'imposta.
Con la decisione 22 marzo 2004 n. 2004/295, in deroga all'articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 77/388/CEE, nella versione di cui all'articolo 28, lettera g), dello stesso, la Repubblica italiana è stata autorizzata a designare quale debitore dell'IVA i beneficiari delle cessioni di beni e prestazioni di servizi, in talune fattispecie.
In particolare, il beneficiario della cessione di beni o della prestazione di servizi può essere designato quale debitore dell'IVA nei seguenti casi:
- cessioni, comprese le operazioni correlate, di materiali di scarto e di rottami ferrosi nonché di vetro, carta e cartone, stracci, scarti di ossa e pelle, gomma e plastica, incluse le cessioni di materiali sottoposti a talune trasformazioni come ad esempio la ripulitura, la lucidatura, la selezione, il taglio o la fusione in lingotti;
- cessioni, comprese le operazioni correlate, di prodotti semilavorati ferrosi e non ferrosi, come ad esempio la ghisa d'altoforno, il rame raffinato e le leghe di rame, il nichel greggio e l'alluminio greggio.
La decisione ha efficacia fino alla data di entrata in vigore di un regime speciale per l'applicazione dell'IVA al settore dei materiali di scarto riciclati, che modifica la direttiva 77/388/CEE, e comunque non oltre il 31 dicembre 2005.
1. A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2005, è introdotto l'istituto della pianificazione fiscale concordata cui possono accedere i titolari di reddito d'impresa e gli esercenti arti e professioni. L'adesione alla pianificazione fiscale determina la definizione preventiva, per un triennio, della base imponibile caratteristica dell'attività svolta e comporta la limitazione dei poteri di accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria.
2. Non possono aderire alla pianificazione fiscale i titolari di reddito d'impresa e gli esercenti arti e professioni che:
a) si sono avvalsi dei regimi forfetari di determinazione dell'imponibile o dell'imposta, per il periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003;
b) non erano in attività al 1° gennaio 2002;
c) hanno dichiarato ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569,00 euro nel periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003. A tal fine non si tiene conto dei ricavi e dei compensi di cui all'articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;
d) hanno omesso la presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2002 e al 31 dicembre 2003.
3. L'adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona con l'accettazione di importi, proposti ad ogni contribuente dall'Agenzia delle entrate, che definiscono per un triennio la base imponibile caratteristica dell'attività svolta, esclusi gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.
4. La proposta individuale è formulata sulla base di elaborazioni operate dall'anagrafe tributaria che tengono conto delle risultanze dell'applicazione degli studi di settore, dei dati sull'andamento dell'economia nazionale per distinti settori economici di attività, della coerenza dei componenti negativi di reddito e di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.
5. L'adesione alla proposta è comunicata dal contribuente entro trenta giorni dal suo ricevimento; nel medesimo termine, la proposta può essere altresì definita in contraddittorio con il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate, esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare una evidente infondatezza della stessa, sulla base dell'esistenza di:
a) significative variazioni degli elementi strutturali nell'esercizio dell'attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;
b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta divergenti sensibilmente, all'atto della definizione.
6. Per i periodi d'imposta oggetto di pianificazione, relativamente al reddito caratteristico d'impresa o di arti o professioni:
a) sono inibiti i poteri spettanti all'amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;
b) esclusa l'aliquota del 23 per cento, quella marginale applicabile ai fini dell'imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell'imposta sul reddito delle società, sono ridotte di 4 punti percentuali, per la parte di reddito dichiarato eccedente quello definito;
c) è esclusa l'applicazione dei contributi previdenziali per la parte di reddito dichiarato eccedente quello definito; resta salva la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria.
7. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, all'ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l'aliquota media risultante dal rapporto tra l'imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d'affari dichiarato.
8. Per i periodi d'imposta oggetto di pianificazione sono inibiti i poteri spettanti all'amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
9. In caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione dei redditi, l'Agenzia delle entrate procede ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto dell'accordo nonché, per l'imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d'affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base dell'accordo, salve le ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
10. L'inibizione dei poteri di cui al comma 6, lettera a), e 8 non opera qualora sia constatata l'emissione o l'utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Nei confronti dei medesimi soggetti non operano i benefici di cui al comma 6, lettere b) e c).
11. Con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuate le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, trova applicazione la pianificazione fiscale concordata, sono definite le modalità di attuazione dei criteri di cui al comma 4 e sono emanate le relative norme di attuazione; con il medesimo regolamento, ai fini della progressiva entrata a regime della pianificazione fiscale concordata, sono altresì individuate le categorie di contribuenti che possono definire i redditi mediante la esclusiva accettazione degli importi proposti per uno o due periodi d'imposta.
12. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono definite le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all'articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione.
I commi da 1 a 12 introducono, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2005, la pianificazione fiscale concordata.
Il nuovo istituto ha ad oggetto la determinazione anticipata dei redditi relativi ad un periodo triennale, permettendo in tal modo ai soggetti che se ne avvalgono una pianificazione della variabile fiscale e garantendo all’erario, nel contempo, un introito certo per quel determinato periodo.
L’accertamento con adesione del contribuente (o concordato) era stato reintrodotto nell’ordinamento tributario dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante appunto disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
Si ricorda che, ai sensi della legge 7 aprile 2003, n. 80, recante la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, l’articolo 3 prevede, fra i princìpi e criteri direttivi per la riforma dell'imposta sul reddito, la prosecuzione del processo di semplificazione degli adempimenti formali, il potenziamento degli studi di settore e l’introduzione del concordato triennale preventivo per l'imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo anche in funzione del potenziamento degli studi di settore.
Con riguardo all’esistente istituto del concordato preventivo, la sua introduzione è prevista sia nell’articolo 6 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), sia nell’articolo 3 della legge n. 80 del 2003, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.
In particolare, con l’articolo 6 della legge n. 289 del 2002 è stato introdotto il concordato preventivo triennale, diretto a consentire la definizione preventiva, per la durata di tre anni, della base imponibile ai fini IRPEF e IRAP relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo realizzati nel triennio successivo. L’adesione al concordato, consentendo al contribuente di conoscere in via anticipata la misura delle imposte dovute nel triennio di riferimento, comporterebbe un vantaggio sotto il profilo della certezza dei costi da sostenere, in quanto l’onere tributario assumerebbe le caratteristiche di un costo fisso. Inoltre, in presenza di un eventuale ampliamento dell’attività e di un conseguente maggiore imponibile fiscale, quest’ultimo non avrebbe rilevanza ai fini delle imposte da pagare.
Si possono rilevare alcune differenze tra il concordato preventivo di cui all'articolo 6 della legge n. 289 del 2002 e quello prefigurato nella legge di delega per la riforma del sistema fiscale.
In primo luogo, l’articolo 6 della legge n. 289 del 2002, a differenza di quanto previsto nella legge delega, non fa esplicito riferimento agli studi di settore. Più in generale, il testo del citato articolo 6 non contiene specifiche indicazioni in merito all’individuazione dei criteri da adottare per la determinazione dell’imponibile oggetto del concordato.
Con l’articolo 33 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, si è introdotta una “disciplina sperimentale”, in attesa “dell’avvio a regime del concordato preventivo triennale”, e si è precisato che le disposizioni del medesimo articolo 33 non incidono, in ogni caso, sull’esercizio della delega legislativa di cui al richiamato articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80.
Nel dettaglio l’istituto del concordato preventivo consente di determinare l’ammontare minimo, ai fini fiscali, dei ricavi o compensi nonché del reddito di esercizio per ciascuno dei periodi di imposta oggetto del concordato, attraverso una procedura appositamente individuata.
In linea generale, la procedura consiste :
1. nella rideterminazione dei ricavi o compensi riferiti al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001;
2. nella rivalutazione degli importi di cui al punto precedente, al fine di determinare i redditi relativi alle annualità interessate dal concordato.
L’accesso al concordato preventivo è consentito a tutti i soggetti che esercitano attività d’impresa ovvero attività di lavoro autonomo. In sostanza, l’adesione all’istituto in esame può essere effettuata sia dai soggetti IRPEF che da soggetti IRPEG o IRES.
Non possono accedere al concordato i soggetti che:
a) non erano in attività il 31 dicembre 2000;
b) hanno dichiarato, nel periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2001, ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569 euro;
c) nel predetto ammontare di ricavi o compensi, che coincide con il limite al di sopra del quale non si applicano gli studi di settore, non si considerano inclusi quelli relativi alla cessione di azioni o quote di partecipazioni in società non iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, di cui all’articolo 53, comma 1, lettera c), del TUIR;
d) si sono avvalsi dei regimi forfetari di determinazione dell’imponibile o dell’imposta, in uno degli anni 2001 o 2003;
e) non si impegnano a rispettare la condizione indicata nel comma 4 (v. infra) del medesimo articolo 33 per ciascun periodo di imposta oggetto di concordato.
I periodi d’imposta per i quali è fruibile il concordato sono quello in corso al 1° gennaio 2003 e il successivo. In altre parole, relativamente ai contribuenti per i quali l’esercizio sociale coincide con l’anno solare, il concordato preventivo è applicabile al biennio 2003-2004.
Il comma 3, lettera a), dell’articolo 33 precisa che il concordato preventivo ha effetto ai fini delle imposte sul reddito e, in talune ipotesi, dei contributi.
La lettera c) del comma 10 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha inseritonell’articolo 33 del richiamato decreto-legge n. 269 del 2003 il comma 7-bis, recante disposizioni in merito alla determinazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sui maggiori ricavi o compensi risultanti a seguito dell’adesione al concordato preventivo.
L’importo dei ricavi o compensi, relativi all’esercizio in corso al 1° gennaio 2001, non può essere inferiore a quello determinato a seguito dell’applicazione degli studi di settore o dei parametri.
Pertanto, nel caso in cui i ricavi o compensi dichiarati nel 2001 siano inferiori a quelli determinati in base agli studi di settore o parametri, il contribuente è tenuto, al fine di accedere al concordato, ad effettuare un adeguamento degli stessi e ad assolvere le relative imposte, con esclusione di sanzioni e interessi, sul maggiore imponibile calcolato.
Con riguardo alla determinazione degli imponibili nei periodi d’imposta interessati dal concordato, in particolare, il contribuente, dopo aver rideterminato i redditi del 2001, deve:
- per il primo periodo di imposta oggetto del concordato, incrementare i ricavi o compensi nonché i redditi del 2001, rispettivamente, dell’8% e del 7%.
- per il secondo periodo di imposta oggetto del concordato, incrementare i ricavi o compensi minimi concordati per il 2003, nonché il corrispondente reddito, come rideterminati ai sensi del punto precedente, rispettivamente del 5% e del 3,5%.
L’incremento degli importi sopra indicato può essere effettuato, nel primo periodo d’imposta, tramite adeguamento dei valori in sede di dichiarazione dei redditi.
Nel secondo periodo d’imposta, invece, l’adeguamento in dichiarazione è consentito solo se la misura dell’incremento necessaria per il raggiungimento della soglia minima non sia superiore al 10% dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili.
L’adesione al concordato preventivo comporta la determinazione agevolata delle imposte sul reddito e, in talune ipotesi, dei contributi.
In particolare, è previsto che :
- sulla eccedenza del reddito d’impresa o lavoro autonomo dichiarato nei periodi d’imposta oggetto di concordato, rispetto a quello relativo al 2001, l’imposta è determinata separatamente.
Le aliquote d’imposta sono quelle previste dalla legge delega per la riforma tributaria: per i soggetti IRPEF (IRE dopo l’attuazione della riforma) il 23% oppure il 33%, a seconda che il reddito di impresa o di lavoro autonomo del 2001 ricada a meno nel primo scaglione previsto dalla riforma (100.000 euro); per i soggetti IRPEG (o IRES) l’aliquota è fissata al 33%;
- per entrambi i periodi di imposta è facoltativo il versamento dei contributi previdenziali sulla parte di reddito eccedente la soglia minima determinata ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 33.
L’adesione al concordato preventivo avviene dietro presentazione, da parte dei soggetti interessati, di un’apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate.
L’adesione al concordato comporta, oltre alla determinazione agevolata delle imposte e dei contributi, anche la sospensione degli obblighi tributari di emissione dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale, a meno che il cliente non ne faccia espressa richiesta, nonché la limitazione dei poteri di accertamento.
In particolare, per i soggetti che si avvalgono del concordato preventivo, sui redditi d’impresa e di lavoro autonomo non possono essere eseguiti gli accertamenti di cui alle seguenti disposizioni:
1) D.P.R. n. 600 del 1973, concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, e secondo comma, lettere a), d) e d-bis).
L’articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che, con riferimento ai redditi d'impresa delle persone fisiche, l'ufficio procede alla rettifica nei seguenti casi:
a) quando gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto economico e dell'eventuale prospetto di cui al secondo comma dell'articolo 3 (lettera a) del primo comma dell’articolo 39);
b) quando non sono state esattamente applicate le disposizioni del TUIR in materia di determinazione del reddito d’impresa (lettera b) del primo comma dell’articolo 39);
c) quando l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) dell'articolo 32 del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del n. 3) dello stesso articolo, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell'ufficio (lettera c) del primo comma dell’articolo 39);
d) quando l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dal citato articolo 32 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973 (primo periodo della lettera d) del primo comma dell’articolo 39). Il secondo periodo della lettera d) del primo comma dell’articolo 39 in parola prevede che l'esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti;
e) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. n. 600 del 1973 o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA (lettera d-bis del primo comma dell’articolo 39).
Il secondo comma dell’articolo 39 in parola stabilisce, inoltre, che, in deroga alle disposizioni del primo comma, l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:
- quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
- quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più scritture contabili prescritte dall'articolo 14 del medesimo D.P.R., ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;
- quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica.
2) D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA, articolo 54, secondo comma, secondo periodo e articolo 55, secondo comma, numero 3.
L’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 reca disposizioni in materia di rettifica delle dichiarazioni ai fini IVA. In particolare, l’articolo 54, secondo comma, secondo periodo, dispone che le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da risultanze, dati e notizie a norma dell'articolo 53 (presunzione di cessione e di acquisto) o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Ai sensi dell’articolo 55, secondo comma, numero 3), gli uffici finanziari possono procedere all’accertamento induttivo nel caso in cui le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell’articolo 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, siano così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente[177].
Per quanto riguarda, infine la decadenza, si prevede che il mancato raggiungimento delle condizioni richieste dev’essere comunicato dal contribuente nella propria dichiarazione dei redditi. Le conseguenze che ne derivano sono:
a) la decadenza dai benefìci previsti;
b) l’avvio della procedura di accertamento parziale, sulla base dell’ammontare minimo dei ricavi o compensi previsto;
c) la ripresa degli obblighi di documentazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello nel quale non sono state soddisfatte le condizioni richieste.
Secondo il comma 1 dell’articolo in esame, all’istituto della pianificazione fiscale concordata possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni.
Non possono tuttavia aderire alla pianificazione fiscale, ai sensi del comma 2, i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni che:
a) si sono avvalsi dei regimi forfetari di determinazione dell’imponibile o dell’imposta, per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003;
b) non erano in attività al 1° gennaio 2002;
c) hanno dichiarato ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569 euro nel periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003. A tal fine non si tiene conto dei ricavi e dei compensi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;
La lettera c) del richiamato articolo 85 del testo unico delle imposte sui redditi fa riferimento ai corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. Se le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), si applica il comma 2 dell'articolo 44.
La lettera d) richiama i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44 emessi da società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.
La lettera e) fa riferimento ai corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, diversi da quelli di cui alla lettere c) e d) precedenti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa.
d) hanno omesso la presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2002 e al 31 dicembre 2003.
Ai sensi del comma 11, le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, trova applicazione la pianificazione fiscale concordata dovranno essere individuate con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Con il medesimo regolamento, sono altresì individuate le categorie di contribuenti che possono definire i redditi mediante l’esclusiva accettazione degli importi proposti per uno o due periodi d’imposta, ai fini della progressiva entrata a regime della pianificazione fiscale concordata.
L’oggetto della pianificazione fiscale consiste nella definizione preventiva, per un periodo di tre anni, della base imponibile caratteristica dell’attività lavorativa svolta.
In particolare, secondo il comma 3, l’adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona con l’accettazione di importi, proposti ad ogni contribuente dall’Agenzia delle entrate, che definiscono per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività esercitata, con esclusione degli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.
La pianificazione fiscale concordata è un istituto che si perfeziona con il consenso del contribuente, ove questi accetti la proposta di definizione della base imponibile avanzata dall’Amministrazione finanziaria.
Tale proposta, secondo il comma 4, è formulata al singolo contribuente sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria che devono tenere conto:
a) delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore;
b) dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività;
c) della coerenza dei componenti negativi di reddito;
d) di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.
Le modalità e le norme di attuazione di tali criteri sono definite, ai sensi del comma 11, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Lo stesso regolamento definisce le categorie di contribuenti cui è progressivamente applicata la pianificazione fiscale concordata.
Ai sensi del comma 5, il contribuente che voglia accettare la proposta deve comunicare l’adesione entro trenta giorni dal suo ricevimento.
Con riguardo alla natura giuridica dell’istituto, desumibile anche dalle concrete modalità di perfezionamento, si può ricordare come, con riferimento all’accertamento con adesione del contribuente previsto dal D.Lgs. n. 218 del 1997, l’alternativa che si era presentata alla dottrina consistesse nel considerare tale istituto come un atto unilaterale di accertamento posto in essere dall’amministrazione finanziaria, cui successivamente dà la propria adesione il contribuente destinatario dell’atto stesso, ovvero come un atto bilaterale a carattere transattivo (cfr. P. RUSSO, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Milano, 2002, 324 ss. nonché, per approfondimenti monografici, MARELLO, L’accertamento con adesione, Torino, 2000, e VERSIGLIONI, Accordo e disposizione nel diritto tributario, Milano, 2001).
Nello medesimo termine, tuttavia, la proposta può essere anche definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate.
La definizione in contraddittorio può aversi esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare l’evidente infondatezza della stessa, sulla base dell’esistenza di:
a) variazioni significative degli elementi strutturali nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;
b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta, che divergano sensibilmente al momento della definizione.
Secondo il comma 12, le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Secondo l’articolo 2-bis del citato D.P.R. n. 322 del 1998, recante il regolamento sulle modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, nell'àmbito dei gruppi in cui almeno una società o ente rientra tra i soggetti di cui al comma precedente (ossia soggetti tenuti, per il periodo d'imposta cui si riferiscono le predette dichiarazioni, alla presentazione della dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari inferiore o uguale a lire 50 milioni; soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta; soggetti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi; soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi alla applicazione degli studi di settore), la presentazione in via telematica delle dichiarazioni di soggetti appartenenti al gruppo può essere effettuata da uno o più soggetti dello stesso gruppo avvalendosi del servizio telematico Entratel. Si considerano appartenenti al gruppo l'ente o la società controllante e le società da questi controllate, come definite dall'articolo 43-ter, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
Ai sensi del comma 3, ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
L’adesione alla pianificazione fiscale, secondo quanto disposto dal comma 1, determina innanzitutto la definizione preventiva, per un triennio, della base imponibile caratteristica dell’attività svolta, comportando, nel contempo, la limitazione dei poteri di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria.
Ai sensi del comma 7, con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili andrà applicata l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato: ciò, comunque, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali.
Con riguardo alla limitazione dei poteri di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, ai sensi del comma 8, per i periodi d’imposta oggetto di pianificazione vengono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
L’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante l’istituzione e la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, stabilisce, in tema di rettifica delle dichiarazioni, che l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti una imposta inferiore a quella dovuta ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. L'infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli articoli 27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni annuali, deve essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli articoli 51 e 51-bis.
In particolare, il secondo periodo del secondo comma dispone che le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell'art. 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
L’articolo 55, recante norme in tema di accertamento induttivo, stabilisce che, se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all'accertamento dell'imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l'ammontare imponibile complessivo e l'aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell'art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33.
Ai sensi del secondo comma, numero 3), dello stesso articolo 55, tali disposizioni si applicano, in deroga alle disposizioni dell'articolo 54, anche quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi del medesimo articolo 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale d’ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.
Per il caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione dei redditi, il comma 9 prevede che l’Agenzia delle entrate proceda ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto dell’accordo nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base dell’accordo.
Sono comunque fatti salvi i casi di accadimenti straordinari e imprevedibili debitamente documentati, trovando applicazione, in queste ipotesi, il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
Il decreto legislativo n. 218 del 1997 reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, con riguardo alle imposte dirette, all’imposte sul valore aggiunto e alle altre imposte indirette.
Il comma 10 specifica che l’inibizione dei poteri di accertamento di cui al comma 6, lettera a), e 8 non opera qualora sia verificata l’emissione o l’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Nei confronti dei medesimi soggetti sono altresì preclusi i benefìci previsti dal comma 6, lettere b) e c).
La relazione tecnica al disegno di legge in esame (pag. 294) rileva che “ulteriore possibile maggiore gettito, che prudenzialmente non viene stimato, dovrebbe derivare dai commi da 1 a 11, dove si introduce l’istituto della pianificazione fiscale concordata”.
13. Gli studi di settore previsti all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono soggetti a revisione, sentite le associazioni professionali e di categoria ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 62-bis, entro il quarto anno successivo a quello di entrata in vigore dello studio di settore ovvero dell'ultima revisione del medesimo; in ogni caso le risultanze degli studi di settore sono aggiornate ogni anno, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sulla base delle elaborazioni dell'ISTAT che individuano, in relazione ai dati di contabilità nazionale, indici differenziati per settore, territorio e dimensione dei soggetti interessati. Tali indici sono forniti dall'ISTAT alla Agenzia delle entrate entro il mese di gennaio di ciascun anno; il provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentite le associazioni professionali e di categoria, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo dello stesso anno ed ha effetto con riferimento ai redditi del periodo di imposta in corso al 31 dicembre dell'anno precedente.
14. Negli articoli 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate, rispettivamente, le seguenti modificazioni:
a) al citato articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, al primo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente»; al primo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente»;
b) al citato articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, al secondo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente»; al secondo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente».
15. Al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell'istituto della pianificazione fiscale concordata, nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni:
a) le parole da: «gli uffici delle imposte» a «delle imposte dirette» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni, e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;
b) dopo le parole: «non spettanti» sono inserite le seguenti: «nonché l'esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, possono limitarsi»;
c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».
16. Nel quinto comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni:
a) le parole da: «l'ufficio dell'imposta» a: «indirette sugli affari» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni, e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione Regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;
b) dopo le parole: «l'esistenza di corrispettivi» sono inserite le seguenti: «o di imposta»;
c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché l'imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all'articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».
17. Nel comma 181 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, primo periodo dell'alinea, le parole: «alle altre categorie reddituali» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto,».
18. All'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto»;
b) al comma 2, le parole da: «qualora» a «indipendentemente» sono sostituite dalle seguenti: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e».
19. I commi 2 e 3 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono abrogati. La disposizione del periodo precedente ha effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2004.
20. All'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) le parole: «il primo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «i periodi»;
2) le parole: «nella dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «nelle dichiarazioni di cui all'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni,»;
3) le parole: «per adeguare i ricavi o i compensi» sono sostituite dalle seguenti: «per adeguare gli stessi, anche ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive,»;
b) al comma 2:
1) le parole da: «Per il primo periodo d'imposta» a «revisione del medesimo,» sono sostituite dalle seguenti: «Per i medesimi periodi d'imposta di cui al comma 1,»;
2) le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è»;
3) le parole: «di presentazione della dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «del versamento a saldo dell'imposta sul reddito; i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un'apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modicicazioni, e riportati nella dichiarazione annuale».
I commi da 13 a 20 introducono modifiche alla disciplina degli studi di settore, prevedendone la revisione d’intesa con le associazioni professionali e di categoria e l’aggiornamento annuale sulla base delle elaborazioni dell’ISTAT.
Gli studi di settore, così come introdotti dall’articolo 62-bis deldecreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo.
Ciascuno studio di settore risulta, in particolare, costituito da tante funzioni di ricavo e di compenso quanti sono i gruppi omogenei di contribuenti nei quali sono stati suddivisi tutti coloro che operano nello stesso settore di attività. La derivazione della funzione di ricavo prende le mosse dall’elaborazione di un’ampia struttura informativa attinente ai dati contabili ed extracontabili dei contribuenti, pervenendo alla determinazione di indici statistici specifici per ogni categoria economica ai quali è possibile ragguagliare la situazione del singolo contribuente.
Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.
Da ultimo, l’articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80, recante la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, ha previsto, fra i princìpi e criteri direttivi per la riforma dell'imposta sul reddito, per quanto riguarda le semplificazioni, il potenziamento degli studi di settore e, anche in funzione di questo, l’introduzione del concordato triennale preventivo per l'imposizione sul reddito d’impresa e di lavoro autonomo.
Il comma 13 in esame prevede, innanzitutto, la revisione periodica degli studi di settore.
In particolare, si dispone che detti studi di settore siano sottoposti a revisione entro il quarto anno successivo a quello della loro entrata in vigore ovvero della loro ultima revisione.
La revisione è disposta sentite le associazioni professionali e di categoria, ai sensi del comma 1 dell’articolo 62-bis del citato D.L. n. 331 del 1993.
In aggiunta all’obbligo di revisione quadriennale, le risultanze degli studi di settore devono in ogni caso essere aggiornate ogni anno, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sulla base delle elaborazioni dell'ISTAT che individuano indici differenziati per settore, territorio e dimensione dei soggetti interessati, in relazione ai dati di contabilità nazionale.
Gli indici così individuati devono essere forniti dall'ISTAT all’Agenzia delle entrate, perché si possa procedere alla revisione, entro il mese di gennaio di ciascun anno.
Il provvedimento del direttore della predetta Agenzia, da adottarsi sentite le associazioni professionali e di categoria, dev’essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro il 31 marzo. Tale provvedimento ha effetto con riferimento ai redditi del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre dell'anno precedente.
Il comma 14 in commento prevede, al fine di accelerare l’acquisizione delle informazioni al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, riducendo il rischio di errori e migliorando così, nel contempo, anche la qualità dei dati, la trasmissione in via telematica delle richieste e delle dichiarazioni fiscali.
In particolare, la lettera a) del comma 14 provvede a modificare l’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante norme in materia di poteri degli uffici delle imposte sui redditi, nei seguenti termini:
1) al primo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» vengono inserite le parole «anche telematicamente»;
2) al primo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» sono sempre inserite le parole «anche telematicamente».
Come effetto di tali modifiche, per l'adempimento dei propri compiti gli uffici potranno:
1) richiedere anche telematicamente, agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione e alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, ovvero attività di gestione e intermediazione finanziaria, anche in forma fiduciaria, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie. Alle società ed enti di assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono essere richiesti anche telematicamente, dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e all’individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite anche telematicamente, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte;
2) richiedere anche telematicamente, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle imposte dirette ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di zona, alle banche, per quanto riguarda i rapporti con i clienti, e alla società Poste italiane SpA, per quanto attiene ai dati relativi ai servizi dei conti correnti postali, ai libretti di deposito e ai buoni postali fruttiferi, copia dei conti intrattenuti con il contribuente con la specificazione di tutti i rapporti inerenti o connessi a tali conti, comprese le garanzie prestate da terzi; ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi agli stessi conti possono essere richiesti anche telematicamente con l'invio di questionari alle banche e alla società Poste italiane. La richiesta dev’essere indirizzata al responsabile della sede o dell'ufficio destinatario, che ne dà notizia immediata al soggetto interessato; la relativa risposta dev’essere inviata anche telematicamente al titolare dell'ufficio procedente.
La lettera b)del comma 14 in esame provvede a modificare similmente l’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante norme in tema di poteri degli uffici in materia di imposta sul valore aggiunto, nei seguenti termini:
- al secondo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» vengono inserite le parole «anche telematicamente»;
- al secondo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» vengono inserite le parole «anche telematicamente».
Come effetto di tali modifiche, per l'adempimento dei loro compiti gli uffici potranno:
1) richiedere anche telematicamente agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione e alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, ovvero attività di gestione e intermediazione finanziaria, anche in forma fiduciaria, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie. Alle società ed enti di assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono essere richiesti anche telematicamente dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e alla individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite anche telematicamente, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte.
2) richiedere anche telematicamente, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle tasse e imposte indirette sugli affari ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di zona, alle banche, per quanto riguarda i rapporti con i clienti, e alla società Poste italiane SpA, per quanto attiene ai dati relativi ai servizi dei conti correnti postali, ai libretti di deposito e ai buoni postali fruttiferi, copia dei conti intrattenuti con il contribuente con la specificazione di tutti i rapporti inerenti o connessi a tali conti comprese le garanzie prestate da terzi; ulteriori dati e notizie di carattere specifico relativi agli stessi conti possono essere richiesti anche telematicamente - negli stessi casi e con le medesime modalità - con l'invio di questionari alle banche e alla società Poste italiane. La richiesta dev’essere indirizzata al responsabile della sede o dell'ufficio destinatario, che ne dà notizia immediata al soggetto interessato; la relativa risposta dev’essere inviata anche telematicamente al titolare dell'ufficio procedente.
I commi 15 e 16 modificano le norme in materia di accertamento parziale relativo alle imposte dirette e di rettifica delle dichiarazioni relative all’imposta sul valore aggiunto, provvedendo a rafforzare l’efficacia complessiva dell’azione di accertamento tributario, con riferimento sia alle modalità, sia all’oggetto dell’accertamento stesso.
Il comma 15, in particolare, al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell'istituto della pianificazione fiscale concordata, provvede a modificare il primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, in materia di imposte sui redditi.
Il citato articolo 41-bis, recante norme in tema di accertamento parziale, dispone che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, gli uffici delle imposte, qualora, dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società, associazioni ed imprese di cui all'art. 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, o l'esistenza di deduzioni, esenzioni e agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili.
Il comma 15 in esame introduce una serie di modificazioni nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis.
Innanzitutto, con riguardo ai soggetti che effettuano l’accertamento, «gli uffici delle imposte» vengono sostituiti con “i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate”.
Con riguardo alle informazioni in base alle quali iniziare e condurre l’accertamento, le “segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette” vengono sostituite dal riferimento agli accessi, ispezioni, e verifiche nonché alle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali.
Relativamente agli elementi che consentono di stabilire l’esistenza di violazioni fiscali, viene aggiunta l'esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter.
Il richiamato articolo 36-bis reca norme in tema di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni; l’articolo 36-ter reca norme in tema di controllo formale delle dichiarazioni.
Con riguardo all’oggetto dell’accertamento, infine, oltre al reddito o al maggior reddito imponibili viene aggiunto il riferimento alla maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
Il decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
Con eguali finalità opera il comma 16, che provvede a modificare il quinto comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di imposta sul valore aggiunto.
Il citato articolo 54, recante norme in tema di rettifica delle dichiarazioni, dispone, al quinto comma, che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto, qualora dalle segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l'imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante.
Innanzitutto, con riguardo ai soggetti che effettuano l’accertamento, “l’ufficio dell’imposta” viene sostituito con “i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate”.
Con riguardo alle informazioni in base alle quali iniziare e condurre la rettifica, le “segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari” vengono sostituite dal riferimento agli accessi, ispezioni, e verifiche nonché alle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali.
Relativamente agli elementi che consentono di stabilire l’esistenza di violazioni fiscali, viene aggiunta l'esistenza di imposta in tutto o in parte non dichiarata.
Con riguardo all’oggetto dell’accertamento, infine, oltre all’imposta o alla maggiore imposta dovuta viene aggiunto il riferimento all'imposta o alla maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all'articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
Ai sensi del citato articolo 54-bis, recante norme in tema di liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni, avvalendosi di procedure automatizzate l'amministrazione finanziaria procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti. Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'amministrazione finanziaria provvede: a) a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione del volume d'affari e delle imposte; b) a correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni; c) a controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell'imposta risultante dalla dichiarazione annuale a titolo di acconto e di conguaglio nonché dalle liquidazioni periodiche di cui agli articoli 27, 33, comma 1, lettera a), e 74, quarto comma. Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l'esito della liquidazione è comunicato ai sensi e per gli effetti di cui al comma 6 dell'articolo 60 al contribuente, nonché per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione. I dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente.
Il decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, come ricordato, reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
I commi 17 e 18 provvedono ad estendere gli accertamenti previsti e basati su studi di settore, oltre alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto di accertamenti tributari, anche alle stesse categorie reddituali già oggetto di accertamento, nonché con riguardo ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
Il comma 17, in particolare, provvede a modificare il comma 181 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
Il citato comma 181 stabilisce, al primo periodo, che, fino all’approvazione degli studi di settore, gli accertamenti di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), deldecreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, possono essere effettuati, senza pregiudizio della ulteriore azione accertatrice con riferimento alle altre categorie reddituali utilizzando i parametri di cui al comma 184 dello stesso articolo 3 ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari.
Per quanto riguarda gli accertamenti tributari richiamati, secondo il citato articolo 39, primo comma, lettera d), l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati può risultare dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'art. 33 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'art. 32. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
Il comma 17 in esame sostituisce il riferimento alle “altre categorie reddituali” con il riferimento “alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”, estendendo così gli accertamenti potenzialmente eseguibili.
Il comma 18 modifica l'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante disposizioni riguardanti l'accertamento basato sugli studi di settore e l'accertamento basato sui parametri.
Il citato articolo 70 dispone, al primo comma, che gli accertamenti basati sugli studi di settore di cui all'articolo 10, concernente modalità di utilizzazione degli studi di settore, della legge 8 maggio 1998, n. 146 (Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario), sono effettuati senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi.
Il comma 2 precisa che l'intervenuta definizione degli accertamenti basati sugli studi di settore ai sensi degli articoli 2 e 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, non esclude l'esercizio dell'ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali oggetto di adesione, qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi, indipendentemente dai limiti previsti dall'articolo 2, comma 4, lettera a), del citato decreto legislativo n. 218 del 1997 (il quale restringe tale facoltà di accertamento ulteriore all’ipotesi di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali sia possibile accertare un maggior reddito superiore al cinquanta per cento del reddito definito e comunque non inferiore a centocinquanta milioni di lire).
Il comma 18 in esame sostituisce, al primo comma dell’articolo 70, il riferimento alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi con il riferimento alle “medesime o alle altre categorie reddituali”, nonché con il riferimento ad “ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”.
Al comma 2, inoltre, viene rimossa la sopravvenienenza della conoscenza di nuovi elementi quale condizione per l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali oggetto di adesione.
Il comma 19 prevede la possibilità di effettuare gli accertamenti sulla base degli studi di settore nei confronti dei contribuenti con contabilità ordinaria e degli esercenti arti e professioni senza subordinare ad alcuna condizione la possibilità di compiere gli stessi.
Il comma in esame abroga infatti i commi 2 e 3 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, recante disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2004.
Il richiamato articolo 10 della legge n. 146 del 1998, recante modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento, dispone, al comma 1, che gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui all'art. 62-sexies del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con periodo d'imposta pari a dodici mesi e con le modalità in esso indicate.
Il comma 2 stabilisce che nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria per effetto di opzione e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione solo se in almeno due periodi d'imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l'ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all'ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi d'imposta.
Ai sensi del comma 3, indipendentemente da quanto previsto al comma 2, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, l'ufficio procede ai sensi del comma 1 quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, risulta motivata l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o l'irregolarità delle scritture obbligatorie ovvero tra esse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti con il D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570.
L’abrogazione dei commi 2 e 3 fa pertanto venir meno le condizioni ivi indicate per l’esperimento degli accertamenti basati sugli studi di settore, così come previsti dal comma 1.
Il comma 20 modifica le norme che consentono l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore, in sede di dichiarazione annuale, senza il pagamento di sanzioni e di interessi, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto.
In particolare, il comma 20 modifica l'articolo 2 del regolamento che disciplina i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.
Il citato articolo 2, recante norme in tema di adeguamento alle risultanze degli studi di settore, dispone, al comma 1, che, per il primo periodo d'imposta in cui trovano applicazione lo studio di settore ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, non si applicano sanzioni e interessi nei confronti dei contribuenti che indicano nella dichiarazione dei redditi ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili per adeguare i ricavi o i compensi a quelli derivanti dall'applicazione dei predetti studi di settore.
Al comma 2 si stabilisce che, per il primo periodo d'imposta in cui trova applicazione lo studio di settore, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, l'adeguamento al volume di affari risultante dalla applicazione degli studi di settore può essere operato, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, senza applicazione di sanzioni e interessi, effettuando il versamento della relativa imposta entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Per quanto concerne il richiamato comma 1, il comma 20 in esame provvede ad operare una serie di modifiche.
Innanzitutto, il riferimento al “primo periodo d’imposta” in cui dovrebbe trovare applicazione lo studio di settore viene sostituito dal riferimento ai periodi d’imposta nei quali lo stesso può trovare applicazione.
Il riferimento alla dichiarazione dei redditi, nella quale i contribuenti possono indicare ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili, viene sostituito dal riferimento alle dichiarazioni di cui all'articolo 1 del regolamento che disciplina le modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
Il richiamato articolo 1 del D.P.R. n. 322 del 1998, recante norme in tema di redazione e sottoscrizione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P, dispone, fra l’altro, che ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive le dichiarazioni sono redatte, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati entro il 15 febbraio con provvedimento amministrativo, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale e da utilizzare per le dichiarazioni dei redditi e del valore della produzione relative all'anno precedente ovvero, in caso di periodo d’imposta non coincidente con l'anno solare, per le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di approvazione.
I modelli di dichiarazione sono resi disponibili in formato elettronico dall'Agenzia delle entrate in via telematica. I modelli cartacei necessari per la redazione delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche non obbligate alla tenuta delle scritture contabili possono essere gratuitamente ritirati presso gli uffici comunali.
La dichiarazione è sottoscritta, a pena di nullità, dal contribuente o da chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. La nullità è sanata se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.
La dichiarazione dei soggetti diversi dalle persone fisiche è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale, e in mancanza da chi ne ha l'amministrazione anche di fatto, o da un rappresentante negoziale. La nullità è sanata se il soggetto tenuto a sottoscrivere la dichiarazione vi provvede entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.
La dichiarazione delle società e degli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, presso i quali esiste un organo di controllo, è sottoscritta anche dalle persone fisiche che lo costituiscono o dal presidente se si tratta di organo collegiale. La dichiarazione priva di tale sottoscrizione è valida, salva l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni.
In caso di presentazione della dichiarazione in via telematica, le disposizioni in tema di sottoscrizione si applicano con riferimento alla dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare.
Infine, il comma 20 in esame dispone che l’adeguamento dei ricavi e dei compensi è operato anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Con riguardo al comma 2 dell’articolo 1 del D.P.R. n. 195 del 1999, il comma 20 in esame provvede anche in relazione ad esso ad operare una serie di modifiche.
Innanzitutto, anche qui il riferimento al “primo periodo d’imposta” in cui trova applicazione lo studio di settore viene sostituito dal riferimento ai periodi d’imposta nei quali lo stesso può trovare applicazione.
In secondo luogo, si dispone che l’adeguamento, che attualmente “può essere operato”, debba invece essere necessariamente operato, senza applicazione di sanzioni e interessi, effettuando i relativi versamenti.
Infine, il riferimento al momento della presentazione dei redditi quale termine utile per il versamento delle imposte relative all’adeguamento viene sostituito dal riferimento al termine del versamento a saldo dell’imposta sul reddito.
Conseguentemente, viene disposto che i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un'apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, nonché riportati nella dichiarazione annuale.
Ai sensi del richiamato articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante norme in tema di registrazione delle fatture, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro.
Ai sensi del successivo articolo 24, recante norme in tema di registrazione dei corrispettivi, i commercianti al minuto e gli altri contribuenti possono fra l’altro annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte, distinto secondo l'aliquota applicabile, nonché l'ammontare globale dei corrispettivi di operazioni non imponibili. L'annotazione deve essere eseguita, con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo.
21. In esecuzione dell'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. La relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d'imposta 2001, è versata mediante modello di pagamento, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall'Agenzia. In caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'apposita comunicazione si procede all'iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, con l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all'articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.
Il comma 21 provvede ad attuare lo statuto del contribuente nella parte in cui si prevede che, prima dell’iscrizione a ruolo, ove esistano incertezze, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari, in relazione alla liquidazione delle imposte relative ai redditi soggetti a tassazione separata.
In particolare, il comma in esame dispone che, in esecuzione appunto dell'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo statuto del contribuente, l'Agenzia delle entrate deve comunicare ai contribuenti, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata.
Il richiamatoarticolo 6 della legge n. 212 del 2000, recante norme in tema di conoscenza degli atti e semplificazione, dispone, al comma 5, che prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell'ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione di tali disposizioni.
L’attività di liquidazione è svolta secondo le disposizioni contenute nell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, recante appunto norme in tema di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, secondo il quale, avvalendosi di procedure automatizzate, l'amministrazione finanziaria procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta
Al fine di semplificare gli adempimenti a carico del contribuente, il comma 21 in esame dispone che la relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d'imposta 2001, debba essere versata mediante modello di pagamento, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall'Agenzia.
Secondo il richiamato articolo 19, recante norme in tema di modalità di versamento mediante delega, i versamenti delle imposte, dei contributi, dei premi previdenziali ed assistenziali e delle altre somme, al netto della compensazione, sono eseguiti mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata.
La banca rilascia al contribuente un'attestazione conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, recante l'indicazione dei dati identificativi del soggetto che effettua il versamento, la data, la causale e gli importi dell'ordine di pagamento, nonché l'impegno ad effettuare il pagamento agli enti destinatari per conto del delegante. L'attestazione deve recare altresì l'indicazione dei crediti per i quali il contribuente si è avvalso della facoltà di compensazione.
Ove il contribuente non provveda ad effettuare il pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'apposita comunicazione, viene disposta l'iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.
In tali casi, è altresì disposta l’applicazione della sanzione di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all'articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.
Secondo il richiamato articolo 13 del D.Lgs n. 471 del 1997, recante norme in tema di ritardati od omessi versamenti diretti, chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall'amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Il comma 2 di tale articolo specifica che, fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.
Le sanzioni previste non si applicano comunque quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente
Con riguardo alla corresponsione degli interessi, il richiamato articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973 dispone che sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione e al controllo formale della dichiarazione o all'accertamento d'ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del 2,75 per cento annuo.
Articolo
34, comma 22
(Decorrenza degli interessi su somme che
costituiscono
oggetto di riscossione)
22. Ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999, sono aggiunte, in fine, le seguente parole: «e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione».
Il comma 22 specifica che, nel caso di riscossione di somme dovute a seguito di controlli automatici ovvero a seguito di controlli formali, gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione concernente la determinazione della somma dovuta. Tale disposizione si applica con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999.
In particolare, il comma in esame stabilisce che ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, recante norme in tema di unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999, sia aggiunta, in fine, la disposizione secondo la quale gli interessi sulle somme che costituiscono oggetto di riscossione sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.
Il richiamato articolo 2 del D.Lgs. n. 462 del 1997, recante norme in tema di riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici, stabilisce che le somme che, in conseguenza dei controlli automatici compiuti ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Il comma 2 precisa che l'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta. In tal caso, l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo.
L’articolo 3 del medesimo D.Lgs. n. 462 del 1997, in tema di riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli formali, stabilisce, al comma 1, che le somme che, a seguito dei controlli formali compiuti ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni, possono essere pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 4 del predetto articolo 36-ter, con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega. In tal caso l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto a due terzi.
L’applicazione della disposizione in commento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999 trova fondamento nel fatto che le disposizioni del D.Lgs. n. 462 del 1997, per espresso disposto dell’articolo 5 dello stesso, hanno efficacia relativamente ai periodi d'imposta per i quali le dichiarazioni devono essere presentate a decorrere dalla suddetta data.
23. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dopo l'articolo 10 è inserito il seguente:
«Art. 10-bis. – (Omesso versamento di ritenute certificate). – 1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta».
Il comma 23 introduce nell’ordinamento la fattispecie criminosa di omesso versamento di ritenute certificate, comminando la reclusione da sei mesi a due anni per il sostituto d’imposta che non versa nei termini previsti ritenute operate e certificate per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 2 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, recante norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria, prevedeva una simile fattispecie di reato.
In particolare, il comma 1 stabiliva che chiunque, essendovi obbligato, avesse omesso di presentare la dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, se l'ammontare delle somme pagate e non dichiarate era superiore a lire cinquanta milioni per il periodo d'imposta, era punito con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda fino a lire cinque milioni. Non si considerava omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine prescritto o presentata ad un ufficio incompetente o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
Ai sensi del comma 2, veniva punito con l'arresto fino a tre anni o con l'ammenda fino a lire sei milioni chiunque, in qualità di sostituto d'imposta, al di fuori del caso di cui al comma 3, non avesse provveduto a versare, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale, ritenute alle quali era obbligato per legge relativamente a somme pagate, per un ammontare complessivo superiore a lire cinquanta milioni per ciascun periodo d'imposta. Non si teneva conto delle ritenute non versate che, in relazione al singolo percipiente, risultassero inferiori al 5 per cento delle ritenute ad esso relative.
Il comma 3 stabiliva che chiunque non avesse versato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare complessivo superiore a lire venticinque milioni per ciascun periodo d'imposta, era punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire tre milioni a lire cinque milioni; se il predetto ammontare complessivo era superiore a dieci milioni di lire ma non a venticinque milioni di lire per ciascun periodo d'imposta, si applicava la pena dell'arresto fino a tre anni o dell'ammenda fino a lire sei milioni.
Ai sensi del comma 4, se coesistevano i reati di mancata presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta e di mancato versamento delle ritenute di cui, rispettivamente, ai commi 1 e 2, si applicavano le sole pene previste al comma 2.
Il descritto articolo 2 del D.L. n. 429 del 1982 è stato abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Il comma 23 in esame inserisce, dopo l’articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, il nuovo articolo 10-bis, che prevede il reato di omesso versamento di ritenute certificate.
Il soggetto attivo del reato è chiunque sia tenuto al versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai soggetti sostituiti nel versamento dell’imposta.
La condotta incriminata consiste nell’omissione del versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.
Tale condotta rileva, sotto il profilo penale, soltanto qualora l’ammontare delle ritenute non versate sia superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.
La pena consiste nella reclusione da sei mesi a due anni.
Articolo 34, comma 24
(Legittimazione ad agire dei
concessionari della riscossione)
24. All'articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, dopo le parole: «costituisce titolo esecutivo» sono aggiunte le seguenti: «; il concessionario può altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».
Il comma 24 riconosce espressamente al concessionario della riscossione la legittimazione ad agire a tutela del credito iscritto a ruolo, esercitando le azioni cautelari e conservative nonché le altre azioni previste dalle norme ordinarie a tutela del creditore.
La norma – secondo quanto è esposto nella relazione illustrativa del Governo – ha il fine di eliminare ogni dubbio sulla legittimazione dei concessionari ad agire, consentendo loro, nell’ambito dell’autonomia di gestione ormai riconosciuta, di avvalersi di tutti gli strumenti di tutela del credito vantato previsti dalle norme ordinarie.
In particolare, il comma 24 in esame stabilisce che all'articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, sia aggiunta, in fine, la disposizione secondo la quale il concessionario può promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.
Il richiamato articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante norme in tema di espropriazione forzata, nella formulazione attuale prevede, al comma 1, che per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo.
La disposizione che si aggiunge al dettato del comma 1 dell’articolo 49, secondo quanto illustrato nella relazione governativa al disegno di legge, sembra fare riferimento alle azioni conservative, previste dagli articoli 2900 e 2901 del codice civile, all’azione cautelare prevista dall’articolo 2905 c.c., all’impugnazione della rinunzia all’eredità prevista dall’articolo 524 c.c. e ad ogni altra azione ordinaria.
Il richiamato articolo 2900 del codice civile disciplina l’azione surrogatoria, quale mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del debitore.
In particolare, l’articolo prevede che il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, possa esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.
L’articolo 2901 disciplina l’azione revocatoria, stabilendo che il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. Le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso quando sono contestuali al credito garantito. Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto. L'inefficacia dell'atto non pregiudica comunque i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione.
L’articolo 2905 disciplina il sequestro conservativo nei confronti del debitore o del terzo, stabilendo che il creditore possa chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione.
25. All'articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, lettera a), dopo le parole: «alla consegna del ruolo ovvero,» sono inserite le seguenti: «per i ruoli straordinari, entro il secondo mese successivo, nonché,»;
b) al comma 4, dopo le parole: «di segnalare azioni cautelari ed esecutive» sono inserite le seguenti: «nonché conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».
Il comma 25, nell’ambito della disciplina del discarico per inesigibilità, da parte del concessionario, delle quote iscritte a ruolo, provvede:
a) a differenziare i termini entro i quali la mancata notificazione della cartella di pagamento imputabile al concessionario costituisce causa di perdita al discarico, in relazione ai ruoli ordinari e ai ruoli straordinari;
b) a riconoscere il potere dell’ufficio di segnalare al concessionario, fino al discarico, oltre alle azioni cautelari ed esecutive, anche le azioni conservative da intraprendere al fine di riscuotere le somme previste a ruolo, che vengono ora previste espressamente dall’articolo 49, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, a seguito della modificazione recata dal comma 24 dell’articolo 34 del disegno di legge in commento.
Con riferimento alla disciplina generale del discarico per inesigibilità, l'articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, dispone, al primo comma, che ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo, il concessionario trasmette, anche in via telematica, all'ente creditore, una comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione viene redatta e trasmessa con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze.
Costituiscono causa di perdita del diritto al discarico:
a) la mancata notificazione, imputabile al concessionario, della cartella di pagamento, entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo ovvero, nel caso previsto dall'articolo 32, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (indicazione delle rate da parte dell’ente creditore), entro il terzo mese successivo all'ultima rata indicata nel ruolo;
b) la mancata comunicazione all'ente creditore, anche in via telematica, con cadenza annuale, dello stato delle procedure relative alle singole quote comprese nei ruoli. La prima comunicazione è effettuata entro il diciottesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo. Tale comunicazione è effettuata con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze;
c) la mancata presentazione, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, della suddetta comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione è soggetta a successiva integrazione se, alla data della sua presentazione, le procedure esecutive sono ancora in corso per causa non imputabile al concessionario;
d) il mancato svolgimento dell'azione esecutiva su tutti i beni del contribuente la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema informativo del Ministero delle finanze, a meno che i beni pignorati non fossero di valore pari al doppio del credito iscritto a ruolo, nonché sui nuovi beni la cui esistenza è stata comunicata dall'ufficio ai sensi del comma 4;
d-bis) il mancato svolgimento delle attività conseguenti alle segnalazioni effettuate dall'ufficio ai sensi del comma 4;
e) la mancata riscossione delle somme iscritte a ruolo, se imputabile al concessionario; sono imputabili al concessionario e costituiscono causa di perdita del diritto al discarico i vizi e le irregolarità compiute nell'attività di notifica della cartella di pagamento e nell'àmbito della procedura esecutiva, salvo che gli stessi concessionari non dimostrino che tali vizi ed irregolarità non hanno influito sull'esito della procedura.
Ai sensi del comma 3, decorsi tre anni dalla comunicazione di inesigibilità, totale o parziale, della quota, il concessionario è automaticamente discaricato, e contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali i crediti erariali corrispondenti alle quote discaricate.
Secondo il comma 4, fino al discarico di cui al comma 3, resta salvo, in ogni momento, il potere dell'ufficio di comunicare al concessionario l'esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione e di segnalare azioni cautelari ed esecutive da intraprendere al fine di riscuotere le somme iscritte a ruolo.
Il comma 25 in esame, alla lettera a), modifica l'articolo 19, comma 2, lettera a), del D.Lgs. n. 112 del 1999 specificando che, per i ruoli straordinari, è causa di perdita del diritto al discarico, se imputabile al concessionario, la mancata notificazione della cartella di pagamento entro il secondo mese successivo alla consegna del ruolo.
Viene così stabilito un termine più ridotto rispetto a quello previsto per i ruoli ordinari, per i quali è causa di perdita del diritto al discarico la mancata notificazione, imputabile al concessionario, entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo.
Il comma 29 del disegno di legge in esame prevede che le disposizioni aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari), fra cui quella appena esaminata, siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° gennaio 2005.
Inoltre il comma 25, alla lettera b), inserisce nell’articolo 19, comma 4, del medesimo D.Lgs. n. 112 del 1999, che riconosce il potere dell’ufficio di segnalare al concessionario, fino al discarico, le azioni cautelari ed esecutive da intraprendere al fine di riscuotere le somme previste a ruolo, anche il riferimento alle azioni conservative e ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore, secondo quanto ora dispostodall’articolo 49, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, a seguito della modificazione recata dal comma 24 dell’articolo 34 del disegno di legge in commento.
26. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 12, comma 3, dopo la parola: «contribuente,» sono aggiunte le seguenti: «la specie del ruolo,»;
b) all'articolo 19, comma 4-bis, le parole: «ad espropriazione forzata» sono sostituite dalle seguenti: «alla riscossione coattiva»; nel medesimo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto»;
c) all'articolo 25, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a pena di decadenza, entro l'ultimo giorno del quinto mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario».
Il comma 26, in relazione alla differenziazione fra ruoli ordinari e ruoli straordinari, dispone che nel ruolo stesso sia ora indicata la sua natura, e provvede a indicare i termini di notifica della cartella di pagamento, differenziandoli sempre in relazione alla natura ordinaria o straordinaria dei ruoli.
L’articolo 11 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, definisce oggetto e specie dei ruoli, che si distinguono in ordinari e straordinari. Questi ultimi sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione.
Con riguardo, inoltre, al potere del concessionario di procedere ad espropriazione forzata nei confronti del fidejussore del debitore, sostituisce il riferimento all’istituto dell’espropriazione forzata con il riferimento, più generico, alla riscossione coattiva, onde ricomprendervi altre forme di tutela del credito.
In particolare, il comma 26 in esame, alla lettera a), modifica l’articolo 12, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.
Il richiamato articolo 12 del D.P.R. n. 602 del 1973, recante norme in tema di formazione e contenuto dei ruoli, prevede che l'ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell'ambito territoriale cui il ruolo si riferisce. Il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell'ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo.
Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono stabiliti i dati che il ruolo deve contenere, i tempi e le procedure della sua formazione, nonché le modalità dell'intervento in tali procedure da parte del consorzio nazionale obbligatorio fra i concessionari.
Il comma 3 precisa che nel ruolo devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all'iscrizione.
Il comma 26, alla lettera a), aggiunge, fra le indicazioni necessarie previste dal citato comma 3, anche la specie del ruolo, se cioè questo sia ordinario o straordinario.
La lettera b)del comma 26 in esame modifica l'articolo 19, comma 4-bis,del D.P.R. n. 602 del 1973.
Tale articolo, recante disposizioni in tema di dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, prevede, al comma 4-bis, che se, in caso di decadenza del contribuente dal beneficio della dilazione, il fidejussore non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle generalità del fidejussore stesso, delle somme da esso dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il concessionario può procedere ad espropriazione forzata nei suoi confronti sulla base dello stesso ruolo emesso a carico del debitore.
Ai sensi dell’articolo 2910 del codice civile, in tema di oggetto dell'espropriazione, il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.
La lettera b) del comma 26 sostituisce ora il riferimento all’istituto dell’espropriazione forzata con il più ampio riferimento alla “riscossione coattiva”, al fine di eliminare possibili vincoli all’attività di autotutela del credito del concessionario nei confronti del garante inadempiente, considerato – si legge nella relazione illustrativa del Governo – che, stante la formulazione attuale, potrebbe risultare contestata l’iscrizione di ipoteca a carico del garante ovvero l’iscrizione del fermo di beni mobili registrati.
Viene inoltre specificato che la riscossione coattiva è eseguita secondo le disposizioni di cui al titolo II dello stesso decreto n. 602 del 1973 (il quale disciplina appunto le forme della riscossione coattiva).
La lettera c) del comma 26, infine, provvede a reintrodurre un termine per la notifica della cartella di pagamento, differenziato a seconda del tipo di ruolo, ordinario o straordinario, modificando così l’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973.
L’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, nella vigente formulazione, prevede che il concessionario debba notificare la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, senza tuttavia prevedere alcun termine.
L’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 27 aprile 2001 n. 193, recante disposizioni integrative e correttive dei D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione, aveva eliminato ogni termine posto al riguardo.
Si provvede, pertanto, ad aggiungere la disposizione secondo la quale la notifica deve essere effettuata entro l'ultimo giorno del quinto mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario.
I termini così individuati sono previsti a pena di decadenza.
Il comma 29 del disegno di legge in esame prevede che le disposizioni aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari), fra cui quelle delle lettere a) e c) sopra esaminate, siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° gennaio 2005.
27. Al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 8, comma 2, terzo periodo, le parole: «garanzia con le modalità di cui all'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «idonea garanzia mediante polizza fidejussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 8, dopo il comma 3, è inserito il seguente:
«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante»;
b) all'articolo 15, comma 2, le parole: «commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3 e 3-bis».
28. All'articolo 48, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le parole: «garanzia secondo le modalità di cui all'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «garanzia mediante polizza fidejussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 48, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante».
I commi 27 e 28, nel caso di rateizzazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione ovvero di conciliazione giudiziale, modificano la tipologia di garanzia che il contribuente è tenuto a prestare, disponendo che la stessa debba essere prestata mediante polizza fidejussoria o fideiussione bancaria.
Inoltre, nel caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate, facoltizzano il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate a provvedere all’iscrizione a ruolo delle somme dovute a carico del contribuente e del suo garante.
Nel dettaglio, la lettera a) del comma 27 modifica l’articolo 8 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.
Tale articolo dispone che il versamento delle somme dovute per effetto dell'accertamento con adesione debba essere eseguito mediante delega ad una banca autorizzata o tramite il concessionario del servizio di riscossione competente in base all'ultimo domicilio fiscale del contribuente.
Il comma 2 prevede, fra l’altro, che le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, o in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire (euro 51.645,69). Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell'atto di adesione.
Per il versamento di tali somme il contribuente è tenuto a prestare garanzia con le modalità di cui all'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per il periodo di rateazione del detto importo, aumentato di un anno.
Il richiamato articolo 38-bis, recante norme in tema di esecuzione dei rimborsi relativi all’imposta sul valore aggiunto, prevede che gli stessi rimborsi siano eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione prestando, contestualmente all'esecuzione del rimborso e per una durata pari a tre anni dallo stesso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento, cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero fidejussione rilasciata da un'azienda o istituto di credito, comprese le casse rurali e artigiane indicate nel primo comma dell'articolo 38, o da un’impresa commerciale che a giudizio dell'Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità, o mediante polizza fidejussoria rilasciata da un istituto o impresa di assicurazione. Per le piccole e medie imprese, definite secondo i criteri stabiliti dal D.M. 18 settembre 1997 e dal D.M. 27 ottobre 1997 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per l’adeguamento alla nuova disciplina comunitaria, dette garanzie possono essere anche prestate dai consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 29 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, iscritti nell'apposita sezione dell'elenco previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, con le modalità e criteri di solvibilità stabiliti con decreto del Ministro delle finanze. Per i gruppi di società, con patrimonio superiore a 500 miliardi di lire risultante dal bilancio consolidato, la garanzia può essere prestata mediante la diretta assunzione da parte della società capogruppo o controllante, di cui all'articolo 2359 del codice civile, dell’obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, all'Amministrazione finanziaria, anche per il caso di cessione della partecipazione nella società controllata o collegata. In ogni caso la società capogruppo o controllante deve comunicare in anticipo all'Amministrazione finanziaria l'intendimento di cedere la partecipazione nella società controllata o collegata. La garanzia concerne anche crediti relativi ad annualità precedenti maturati nel periodo di validità della garanzia stessa. Dall'obbligo di prestazione delle garanzie sono esclusi i soggetti cui spetta un rimborso di imposta di importo non superiore a lire 10 milioni.
Tale tipologia di garanzia viene ora sostituita con un’idonea garanzia prestata mediante polizza fidejussoria o fidejussione bancaria: ciò al fine – si legge nella relazione illustrativa – di prevedere che le garanzie vengano rilasciate solo da alcuni soggetti particolarmente qualificati e di uniformare la disciplina delle garanzie in esame a quella prevista per la rateizzazione delle imposte iscritte a ruolo, secondo quanto disposto dall’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973.
La stessa lettera a) del comma 27 in esame inserisce nell’articolo 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997 il nuovo comma 3-bis, secondo il quale, in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante.
A fine di coordinamento delle norme esistenti con quelle inserite ex novo, la lettera b) dello stesso comma 27 provvede poi a integrare la disciplina delle modalità di versamento delle somme dovute a titolo di sanzione, di cui all’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997, con il riferimento al nuovo comma 3-bis, sopra esaminato.
Il comma 28, con gli stessi fini e modalità del comma 27, modifica le tipologie di garanzia e prevede il potere di iscrizione a ruolo, da parte del competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, in caso di mancato pagamento, in relazione alla riscossione rateale delle somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale.
Nel dettaglio, il comma 28 modifica, negli stessi termini operati dal comma 27, l’articolo 48 del Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
Tale articolo, recante disposizioni in materia di conciliazione giudiziale, prevede, fra l’altro, che ciascuna delle parti possa proporre all'altra parte la conciliazione totale o parziale della controversia. La conciliazione può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d'ufficio anche dalla commissione.
Il comma 3 prevede che, se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d'imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un'unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire, previa prestazione di idonea garanzia secondo le modalità di cui all'art. 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell'intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull'importo delle rate successive, comprensivo degli interessi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa data, e per il periodo di rateazione di detto importo aumentato di un anno.
Articolo 34, comma 29
(Termine di decorrenza dell’applicazione
dei ruoli differenziati)
29. Le disposizioni del comma 25, lettera a), e del comma 26, lettere a) e c), si applicano con riferimento ai ruoli resi esecutivi successivamente al 1° gennaio 2005.
Il comma 29 in esame prevede che le disposizioni dell’articolo in esame aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari) siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° gennaio 2005.
Si ricorda che, a norma dell’articolo 11 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, i ruoli, nei quali sono iscritte le imposte, si distinguono in ordinari e straordinari; questi ultimi sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione e, secondo il disposto dell’articolo 15-bis, hanno ad oggetto l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo.
Tali disposizioni sono, in particolare:
a) la lettera a)del comma 25, che prevede l’introduzione di un differente termine entro il quale la mancata notificazione della cartella di pagamento sia causa di perdita del diritto al discarico per inesigibilità del credito da parte del concessionario, in relazione ai ruoli straordinari;
b) la lettera a)del comma 26, che introduce, fra le indicazioni necessarie che deve contenere il ruolo, anche quella relativa alla sua specie, se ordinario o straordinario;
c) la lettera c)del comma 26, che introduce la previsione dei termini entro cui deve essere notificata la cartella di pagamento, differenziati a seconda che si tratti di ruolo ordinario o straordinario.
30. Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall'articolo 60 del citato decreto n. 600 del 1973. La disposizione del periodo precedente non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.
31. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.
32. La competenza all'emanazione degli atti di cui al comma 30, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d'imposta.
Il comma 30 prevede che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati, anche parzialmente, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente, secondo le modalità previste dall’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.
L’articolo 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, prevede che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente debba essere eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche:
a) la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall'ufficio delle imposte;
b) il messo deve far sottoscrivere dal consegnatario l'atto o l'avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto;
c) salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario;
d) è in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. In tal caso l'elezione di domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l'avviso del deposito prescritto dall'art. 140 del c.p.c. si affigge nell'albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere si ha per eseguita nell'ottavo giorno successivo a quello di affissione;
f) non si applicano le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile.
L'elezione di domicilio non risultante dalla dichiarazione annuale ha effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento della comunicazione prevista alla citata lettera d).
Le variazioni e le modificazioni dell'indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica, o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell'ufficio della comunicazione prescritta. Se la comunicazione è stata omessa la notificazione è eseguita validamente nel comune di domicilio fiscale risultante dall'ultima dichiarazione annuale.
Per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati restano comunque ferme le attribuzioni e i poteri in materia di accertamento e di controlli previsti dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972.
Gli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 recano norme in materia di accertamento e controlli da parte degli uffici delle imposte, prevedendo, fra l’altro, che questi controllano le dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, ne rilevano l'eventuale omissione e provvedono alla liquidazione delle imposte o maggiori imposte dovute; vigilano sull'osservanza degli obblighi relativi alla tenuta delle scritture contabili e degli altri obblighi stabiliti nello stesso decreto e nelle altre disposizioni relative alle imposte sui redditi; provvedono all’irrogazione delle pene pecuniarie e alla presentazione del rapporto all'autorità giudiziaria per le violazioni sanzionate penalmente. La competenza spetta all'ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata.
Gli articoli 51 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 recano norme in tema di attribuzioni e poteri degli uffici ai fini dell’accertamento e della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, prevedendo, fra l’altro, che gli stessi uffici controllano le dichiarazioni presentate e i versamenti eseguiti dai contribuenti, ne rilevano l'eventuale omissione e provvedono all'accertamento e alla riscossione delle imposte o maggiori imposte dovute; vigilano sull'osservanza degli obblighi relativi alla fatturazione e registrazione delle operazioni e alla tenuta della contabilità e degli altri obblighi stabiliti dallo stesso decreto; provvedono all’irrogazione delle pene pecuniarie e delle soprattasse e alla presentazione del rapporto all'autorità giudiziaria per le violazioni sanzionate penalmente. Il controllo delle dichiarazioni presentate e l'individuazione dei soggetti che ne hanno omesso la presentazione sono effettuati sulla base di criteri selettivi fissati annualmente dal Ministro delle finanze che tengano anche conto della capacità operativa degli uffici stessi.
La disposizione si applica anche per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati anche per la compensazione prevista dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.
Secondo il citato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione dev’essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.
Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi:
a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato articolo 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, e in tal caso non è ammessa la compensazione;
b) all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'articolo 74;
c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;
d) all'imposta prevista dall'art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;
f) ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;
g) ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124;
h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'articolo 20;
i) al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall'art. 4 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85;
l) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri competenti per settore;
m) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.
La disposizione recata dal comma 30 in esame non si applica, tuttavia, alle attività di recupero delle somme di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.
L'articolo 1 del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, definisce le modalità per il recupero delle somme destinate agli autotrasportatori nella forma del riconoscimento di un credito d’imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994, per effetto dell'applicazione delle seguenti disposizioni:
a) articolo 9 del decreto-legge 15 settembre 1990, n. 261, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 1990, n. 331;
b) articolo 15 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1993, n. 162;
c) articolo 1 del decreto-legge 23 maggio 1994, n. 309, convertito dalla legge 22 luglio 1994, n. 459;
d) articolo 1 del decreto-legge 21 gennaio 1995, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 84;
e) articolo 1 del decreto-legge 25 novembre 1995, n. 501, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 gennaio 1996, n. 11.
In particolare, le modalità di recupero stabilite costituiscono esecuzione di quanto disposto con le decisioni della Commissione delle Comunità europee n. 93/496/CEE, del 9 giugno 1993, e n. 97/270/CE, del 22 ottobre 1996, confermate dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 gennaio 1998 e del 19 maggio 1999.
Ai sensi del comma 3, in particolare, in ragione della natura del credito che consegue alle decisioni e alle sentenze sopra indicate, corrispondente alle somme rese disponibili a favore degli autotrasportatori a parziale copertura dell'incremento dei costi da essi subìti nei periodi d’imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994, l'attività di recupero delle predette somme è affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
L'articolo 1 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante norme per il completamento degli adempimenti comunitari a seguito di condanna per aiuti di Stato, stabilisce che in ulteriore attuazione della decisione della Commissione delle Comunità europee dell'11 dicembre 2001, relativa al regime di aiuti di Stato che l'Italia ha reso disponibile in favore delle banche, e fermo quanto disposto dall'articolo 5 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, le banche effettuano, entro la data del 31 dicembre 2002, il versamento di un importo pari alle imposte non corrisposte in conseguenza del predetto regime e relative ai periodi d’imposta nei quali tale regime è stato fruito, nonché degli interessi sull'importo dovuto, calcolati nella misura del 5,5 per cento annuo per il periodo intercorrente fra la data in cui il regime di aiuti è divenuto disponibile per ciascuna banca e la data di effettivo versamento. In caso di mancato versamento entro il 31 dicembre 2002, dal 1° gennaio 2003 è dovuta, oltre agli interessi, una sanzione pari allo 0,5 per cento per semestre o sua frazione, calcolata sulle somme di cui al periodo precedente.
In particolare, il comma 2 dispone che alla riscossione coattiva delle somme, effettuata ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvede il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, avvalendosi dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 31 in esame stabilisce che, in caso di mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal D.P.R. n. 602 del 1972.
Il comma 32 specifica che la competenza all'emanazione degli atti di recupero, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d'imposta.
Ai sensi dell’articolo 31, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, la competenza spetta ordinariamente all'ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata.
Articolo 34, comma 33
(Proroga dei termini per i ruoli relativi
alle dichiarazioni presentate nel 2003)
33. In deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2006 per le dichiarazioni presentate nell'anno 2003.
Il comma 33 in esame proroga al 31 dicembre 2006 i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le dichiarazioni presentate nell'anno 2003.
Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), le somme dovute dai contribuenti sono iscritte in ruoli resi esecutivi a pena di decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dall'articolo 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il comma 33 precisa che la proroga viene effettuata in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212, recante lo Statuto del contribuente.
Il richiamato articolo 3 della L. 27 luglio 2000, n. 212, reca disposizioni in tema di efficacia temporale delle norme tributarie. Al comma 3 esso prevede, in particolare, che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 1 della stessa legge n. 212 del 2000, al comma 1, prevede che le disposizioni della medesima legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.
Per quanto concerne le motivazioni della proroga, la relazione illustrativa del Governo afferma che il differimento di un anno del termine di decadenza per le iscrizioni a ruolo riferite alle dichiarazioni presentate nel 2003 si rende opportuno “per garantire la necessaria qualità dei ruoli”, considerato, per un verso, che l’articolo 2, comma 45, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha esteso la sanatoria agli omessi o ritardati versamenti relativi al periodo d’imposta 2002, rendendo necessario anche per tale annualità il trattamento delle dichiarazioni integrative, e, per altro verso, che si deve procedere alle iscrizioni a ruolo ai sensi dell’articolo 7, comma 5, dell’articolo 8, comma 3 e dell’articolo 9, comma 12, della medesima legge finanziaria per il 2003.
Gli articoli richiamati riguardano gli istituti della definizione automatica di redditi d’impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione (articolo 7), dell’integrazione degli imponibili per gli anni pregressi (articolo 8) e della definizione automatica per gli anni pregressi (9).
34. In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, il versamento dell'imposta comunale sugli immobili si esegue utilizzando esclusivamente il modello di pagamento unificato di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono stabiliti la misura dei compensi per la riscossione, nonché le modalità di rendicontazione e di riversamento.
Il comma 34 in esame dispone che il versamento dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) si debba eseguire utilizzando esclusivamente il modello di pagamento unificato di cui all'articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (cosiddetto modello F24, che consente il versamento unitario per una pluralità d’imposte e di entrate, anche di natura erariale, e per contributi dovuti ad enti previdenziali e assistenziali).
In particolare, il richiamato articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunzie periodiche. Tale compensazione dev’essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.
Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi:
a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato articolo 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, e in tal caso non è ammessa la compensazione;
b) all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'articolo 74;
c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;
d) all'imposta prevista dall'art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (imposta regionale sulle attività produttive);
e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;
f) ai contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;
g) ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124;
h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'articolo 20;
i) al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall'art. 4 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85;
j) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri competenti per settore;
k) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.
Il comma in esame qualifica la previsione del pagamento mediante utilizzo esclusivo del modello F24 come deroga alle disposizioni di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Secondo tale articolo, recante norme in tema di potestà regolamentare generale delle province e dei comuni, questi enti possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene all’individuazione e alla definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.
I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. Con decreto dei Ministeri dell’economia e delle finanze e della giustizia è definito il modello al quale i comuni devono attenersi per la trasmissione, anche in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti sulle entrate tributarie, nonché di ogni altra deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e delle tariffe di tributi.
Nelle province autonome di Trento e Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione.
Il Ministero dell’economia e delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità dinanzi agli organi di giustizia amministrativa.
La riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate di spettanza delle province e dei comuni viene effettuata con la procedura di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se affidata ai concessionari del servizio di riscossione di cui al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ovvero con quella indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, se svolta in proprio dall'ente locale o affidata agli altri soggetti menzionati alla lettera b) del comma 4.
La disposizione sembra fondarsi anche sulla considerazione esposta nella recente circolare del Ministero delle finanze - Dipartimento delle politiche fiscali, 7 giugno 2004, n. 2, nella quale si rilevava che “la disciplina dell'ICI relativamente alle modalità di pagamento, a causa dell'ampia autonomia regolamentare riconosciuta ai comuni sia dall'art. 52 e sia dall'art. 59 del D.Lgs. n. 446 del 1997, non risulta uniforme sull'intero territorio nazionale, con la conseguenza che il contribuente, per conoscere se l'ente locale ha adottato deliberazioni regolamentari modificative o integrative del D.Lgs. n. 504 del 1992 e quale ne sia l'esatta portata, deve necessariamente rivolgersi al comune destinatario del pagamento dell'imposta. Né al riguardo possono ritenersi sufficienti gli avvisi di adozione dei regolamenti comunali che vengono pubblicati periodicamente nella Gazzetta ufficiale, poiché, per loro stessa natura, sono estremamente sintetici nei contenuti”.
È opportuno ricordare, a questo riguardo, che la possibilità di pagamento mediante il modello F24, introdotta in via generale dalla disposizione in commento, è già operante per i comuni che, nell'esercizio della loro potestà regolamentare, hanno stipulato apposita convenzione con l'Agenzia delle entrate. In questi casi, l'ICI può essere quindi pagata presso banche, agenzie postali e concessionari della riscossione, utilizzando il modello suddetto, contenente la sezione denominata "I.C.I. ed altri tributi locali", approvato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 20 giugno 2002, ovvero – per i soggetti abilitati, mediante il servizio telematico Entratel. Con la risoluzione del 19 giugno 2002, n. 201, cono stati istituiti i necessari codici tributo.
Il comma in esame dispone infine che con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono stabiliti la misura dei compensi per la riscossione, nonché le modalità di rendicontazione e di riversamento.
Articolo 34, comma 35
(Dichiarazione stragiudiziale
del terzo debitore del soggetto iscritto a ruolo)
35. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l'articolo 75 è inserito il seguente:
«Art. 75-bis. – (Dichiarazione stragiudiziale del terzo). – 1. Il concessionario, prima di procedere ai sensi dell'articolo 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore».
Il comma 35 in esame inserisce nel D.P.R. n. 602 del 1973, recante le disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, una norma in base alla quale il concessionario, prima di procedere all’espropriazione forzata nei confronti dei terzi debitori del soggetto che è iscritto a ruolo, può chiedere agli stessi terzi di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore.
In particolare, viene inserito, dopo l’articolo 75 del D.P.R. n. 602 del 1973, il nuovo articolo 75-bis, rubricato: “Dichiarazione stragiudiziale del terzo”,secondo il quale il concessionario, prima di procedere ai sensi dell'articolo 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore.
Gli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile disciplinano l’istituto dell'espropriazione presso terzi di crediti del debitore vantati verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi.
In particolare, ai sensi dell’articolo 547 del codice di procedura civile, con dichiarazione all'udienza il terzo, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Secondo l’articolo 548, se il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di rendere la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa.
Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, ai sensi dell’articolo 549, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo.
La disposizione in commento conferisce al concessionario della riscossione una facoltà esercitabile prima di promuovere il procedimento giudiziario di espropriazione.
Non è prevista una specifica sanzione per il caso in cui il terzo non accolga la richiesta del concessionario, né per il caso in cui la dichiarazione del terzo sia falsa.
In tale ultimo caso potrebbe eventualmente ritenersi applicabile la disposizione di cui all’articolo 485 del codice penale, ai sensi della quale chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Articolo 34, comma 36
(Somme dovute, per inadempimento,
dall’incaricato dell’incasso o dal garante del debitore)
36. È effettuato mediante ruolo il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dall'incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
Il comma 36 in esame dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dall'incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (entrate riscosse mediante ruoli), debba essere egualmenteeffettuato mediante ruolo.
Il richiamato articolo 17 dispone che si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali.
Il Ministro dell'economia e delle finanze può autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni interamente partecipate dallo Stato, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti. In caso di rilascio di tale autorizzazione, la società interessata stipula apposita convenzione con l'Agenzia delle entrate e l'iscrizione a ruolo avviene a seguito di un'ingiunzione, vidimata e resa esecutiva dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione della dislocazione territoriale dell'ufficio della società che l'ha richiesta.
La nozione di incaricato del servizio di intermediazione all’incasso non risulta definita in atti normativi. Essa sembra indicare in forma sintetica i soggetti abilitati a ricevere il pagamento degli importi dovuti.
A questo riguardo, l’articolo 28 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 13 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, stabilisce che il pagamento delle somme iscritte a ruolo può essere effettuato presso gli sportelli del concessionario, le agenzie postali e le banche, e, fuori del territorio nazionale, mediante bonifico bancario sul conto corrente bancario indicato dal concessionario nella cartella di pagamento.
Con decreto del Ministero delle finanze sono stabilite le modalità di pagamento, anche con mezzi diversi dal contante; a ciò si è provveduto con il decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate 28 giugno 1999 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 luglio 1999, n. 168).
Articolo 34, comma 37
(Proroga della durata delle concessioni
del servizio di riscossione)
37. La durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione, è prorogata al 31 dicembre 2005.
Il comma 37 dispone la proroga, fino al 31 dicembre 2005, della durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione.
Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, l'estensione dei singoli àmbiti delle concessioni, comunque non inferiore al territorio di una provincia, è determinata, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, tenendo conto della necessità di garantire l'economicità e l'efficienza del servizio, in relazione alle caratteristiche geografiche e alle condizioni sociali ed economiche del territorio, del numero dei residenti e dell'ammontare delle entrate iscritte a ruolo nel biennio precedente l'avvio della procedura di affidamento.
La durata della concessione è fissata nell'atto di indizione della gara fino al termine massimo di dieci anni.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 12, in ogni caso di vacanza della concessione, in attesa del nuovo affidamento della gestione del servizio, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze viene nominato il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione scegliendolo, previo interpello, tra i soggetti aventi i requisiti richiesti dalla legge che ne facciano domanda.
Se nessuno di tali soggetti presenta domanda, è nominato commissario governativo il concessionario che abbia l'organizzazione più idonea a garantire temporaneamente lo svolgimento del servizio.
L'incarico di commissario governativo ha una durata di un anno ed è rinnovabile una sola volta per un altro anno. Esso può essere revocato in ogni momento.
Con riguardo alla titolarità dei rapporti concessorî, l’articolo 57 dispone che fino all'anno 2004 e anche in deroga all'articolo 12, comma 3, primo periodo, il servizio di riscossione resta affidato, nei singoli àmbiti, ai soggetti che, alla data del 1° luglio 1999, lo gestivano a titolo di concessionari o di commissari governativi e, nei casi di recesso, decadenza e revoca successivi a tale data, il servizio resta affidato al commissario governativo nominato ai sensi del medesimo articolo 12.
Le questioni connesse alla riscossione sono state tra gli argomenti di maggior rilievo trattati nel corso dell’indagine conoscitiva sull’amministrazione finanziaria condotta dalla Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati, così come illustrate nel documento conclusivo approvato nella seduta del 12 maggio 2004.
La materia della riscossione dei tributi è regolata dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, recante delega al Governo per il riordino della disciplina relativa alla riscossione, e dai decreti legislativi in forza di essa adottati. Tra l’altro, la delega ha disposto:
a) la limitazione dell’attività dei concessionari, quanto ai tributi erariali, alla ri-scossione mediante ruolo, limitazione parzialmente compensata dalla previsione di un ampliamento della facoltà di ricorrere ai servizi dei concessionari da parte degli enti locali;
b) l’affidamento della riscossione mediante ruolo delle entrate proprie dello Stato, degli enti territoriali minori e degli enti pubblici, anche previdenziali, ai concessionari;
c) la fissazione, come sopra ricordato, della durata massima delle concessioni in dieci anni, e la previsione che i concessionari debbano costituirsi in società di capitali (in particolare società per azioni) aventi specifici requisiti tecnici, finanziari e di professionalità;
c)d) la facoltà, conferita alle predette società, di svolgere in via parallela o collaterale al servizio di riscossione ulteriori attività economiche, quali il supporto alle attività tributarie e di gestione patrimoniale degli enti diversi dallo Stato;
d) la facoltà, conferita ai contribuenti, di effettuare i versamenti diretti dei tributi anche mediante delega ai concessionari, per aumentare i canali di riscossione così da agevolare gli adempimenti degli stessi contribuenti;
e) la possibilità, conferita agli enti diversi dallo Stato, di affidare ai concessionari la riscossione di tutte le proprie entrate, anche di natura non tributaria, mediante l'adozione di procedure ad evidenza pubblica;
f) l’abrogazione dell'istituto del cosiddetto “obbligo del non riscosso per riscosso”, al fine di evitare di far gravare sui concessionari gli oneri finanziari connessi all’obbligo di anticipazione;
g) la ridefinizione degli àmbiti territoriali da affidare alla competenza dei singoli concessionari, secondo il criterio dell'estensione almeno provinciale;
h) la nuova regolamentazione dei meccanismi di retribuzione del servizio di ri-scossione, secondo criteri determinati, in particolare il collegamento del corrispettivo erogabile al concessionario a parametri definiti;
i) l) l’introduzione di un meccanismo di salvaguardia del risultato economico delle singole gestioni dell'ultimo biennio precedente, tenendo conto dei maggiori ricavi della riscossione mediante ruolo e dei minori costi di gestione derivanti, entrambi, dall'applicazione della nuova disciplina della riscossione.
La delega ha trovato attuazione con l'emanazione di alcuni decreti legislativi (il D.Lgs. n. 37 del 1999; il D.Lgs. n. 46 del 1999; il D.Lgs. n. 112 del 1999, il D.Lgs. n. 326 del 1999, il D.Lgs. n. 193 del 2001).
Il decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, novellando il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha anche sostituito la qualifica di “esattore” con quella di “concessionario”.
Il decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, ha provveduto al riordino complessivo del servizio nazionale della riscossione, prevedendo, come ricordato, all’articolo 57, modificato dal decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, che il servizio della riscossione rimanga affidato fino al 31 dicembre 2004 ai soggetti che alla data dell’11 agosto 2002 (data di entrata in vigore della suddetta legge n. 178 del 2002) lo gestivano in qualità di commissari governativi.
In particolare l’articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 dispone che i compensi ai concessionari della riscossione debbano essere determinati in base ad una percentuale (aggio) applicabile alle somme iscritte a ruolo ed effettivamente riscosse. La definizione della misura dell'aggio è demandata a decreti da adottarsi con cadenza biennale dal Ministro dell’economia e delle finanze. Secondo quanto disposto dal comma 4, le modalità di erogazione dell'aggio vengono stabilite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze per i ruoli emessi da uffici statali, mentre per gli altri ruoli l'aggio viene trattenuto dal concessionario all'atto del versamento all'ente impositore delle somme riscosse. Il comma 5 prevede l'attribuzione a ciascun concessionario, a titolo di anticipazione della remunerazione, di una somma da determinarsi in percentuale al costo normalizzato. Infine, il comma 6 stabilisce che al concessionario spetta il rimborso delle spese derivanti dalle procedure esecutive, in base a criteri determinati.
La riforma ha modificato in modo radicale il sistema della riscossione, specializzando, in particolare, l'attività dei concessionari nel recupero dei crediti insoluti. Tuttavia, come hanno osservato i rappresentanti dell’Ascotributi, le società di riscossione, le quali debbono riscuotere coattivamente le imposte e i contributi previdenziali non pagati spontaneamente dai contribuenti, si trovano ad operare, nella gran parte dei casi, nei confronti di soggetti falliti e pertanto insolventi.
L’Ascotributi ha segnalato come nel 2002 siano entrati in vigore due provvedimenti legislativi (decreti-legge 8 luglio 2002, n. 138, e 24 dicembre 2002, n. 282) i quali hanno mutato drasticamente e radicalmente la riforma del 1999 e, soprattutto, hanno modificato l'equilibrio economico del sistema previsto e raggiunto nei due anni precedenti. Con il decreto-legge n. 138 del 2002 è stato cambiato il criterio di remunerazione del servizio per l'esercizio 2002-2003 ed è stato fissato un obiettivo d’incasso in proporzione molto elevata rispetto al complesso degl’importi da riscuotere, con forti penalità per il mancato raggiungimento dei risultati previsti: in questo caso i concessionari dovevano anticipare la differenza tra l'obiettivo eventualmente non raggiunto e le minori riscossioni conseguite nell'esercizio. Alla fine del 2002, nonostante il fortissimo incremento delle attività esecutive poste in essere, i concessionari hanno dovuto anticipare alle casse dello Stato l'importo di circa 1.000 milioni di euro perché, rispetto all'obiettivo di 2.300 milioni di euro, le somme effettivamente riscosse ammontavano a circa il 55 per cento.
Il decreto-legge n. 282 del 2002 ha comportato un aumento considerevole (dal 23 al 32 per cento) degli oneri di anticipazione a carico del sistema. I concessionari hanno anticipato 4.500 milioni di euro; aggiungendovi i 1.000 milioni di euro versati per la differenza tra l’obiettivo e il riscosso, si raggiunge un importo corrispondente a circa 11 mila miliardi di lire. Per queste somme i concessionari non percepiscono interessi né alcuna remunerazione finanziaria, benché il rientro comporti tempi lunghi e sia accompagnato dalle riscossioni. L’Associazione dei concessionari ha segnalato quindi i forti interessi passivi che gravano sui concessionari medesimi per tale gestione.
È stato ricordato altresì come il sistema della riscossione sia controllato per circa l’80 per cento da quattro grandi istituti bancari: Banca Intesa, Monte dei Paschi, Unicredito, San Paolo-Imi. Si tratta di società quotate in borsa, le quali non consentono che le loro partecipate presentino bilanci in passivo. Perciò queste hanno dovuto operare ristrutturazioni e riduzioni di spesa, che hanno particolarmente inciso sul personale.
L’Ascotributi ha poi segnalato come i condoni tributari disposti dalla legge finanziaria per il 2003 determinino per i concessionari della riscossione uno svuotamento pressoché totale del fatturato lavorabile, rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi prefissati e arrestandone l’attività. Questo problema riguarda l'esercizio 2003-2004, durante il quale, se i contribuenti avranno fatto ampio ricorso al condono, i concessionari potranno registrare minore carico di lavoro ma oneri già assunti, con il rischio di dover ulteriormente ridurre il personale.
I rappresentanti di settore hanno indicato alcune modifiche del sistema normativo che a loro avviso si renderebbero necessarie: l’eliminazione di obiettivi di riscossione realisticamente non conseguibili; la soppressione delle penalità per il mancato raggiungimento dei predetti obiettivi; la determinazione di nuovi criteri di remunerazione, atti ad assicurare l'equilibrio economico del settore; la definizione di condizioni speciali per il periodo 2003-2004.
I rappresentanti di settore hanno altresì sollecitato il Governo e il Parlamento a indicare le prospettive per il 2005, anno nel quale cesseranno le concessioni attualmente in corso.
Il direttore dell'Agenzia delle entrate ha sottolineato che, prima della riforma del 1999, delineata dai decreti legislativi n. 46 e n. 112 del 1999, i concessionari (allora denominati esattori) godevano di rendite di posizione, in quanto, oltre a curare il recupero coattivo dei crediti, e quindi la riscossione coattiva dei ruoli, ottenevano anche remunerazioni legate ai versamenti spontanei. L'adempimento spontaneo degli obblighi tributari veniva effettuato attraverso i concessionari; per quest’attività, essi ottenevano remunerazioni tali da consentir loro di disinteressarsi dell'attività di recupero coattivo dei ruoli medesimi, o comunque di svolgerla con minore impegno. Già il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ha introdotto forme di compensazioni e agevolato il versamento spontaneo dei contribuenti attraverso il modello F24 (versamenti unitari per una pluralità d’imposte e di entrate, anche di natura erariale, e per contributi dovuti ad enti previdenziali e assi-stenziali): ne è conseguita una rilevante semplificazione delle procedure, che ha consentito ai contribuenti di adempiere più agevolmente e prontamente agli obblighi tributari e ha indirizzato, di fatto, i concessionari della riscossione al loro vero compito istituzionale: il recupero coattivo dei crediti, anche attraverso i nuovi strumenti messi a loro disposizione, quali il fermo amministrativo, le ipoteche, la possibilità di accedere all'Anagrafe tributaria, la possibilità d’intervenire direttamente sulle vendite in caso di espropriazioni forzate. Il direttore dell’Agenzia delle entrate ha per altro sottolineato come i risultati non siano stati assolutamente soddisfacenti, in quanto il gettito da riscossione coattiva non è cresciuto in misura significativa.
Il comma 37 in esame dispone ora la proroga, fino al 31 dicembre 2005, della durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione.
Con riguardo al rinnovo,da parte dei comuni e delle province,dei contratti di affidamento dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei propri tributi e di tutte le altre entrate, conclusi con i soggetti ivi indicati (società miste, concessionari, soggetti privati iscritti all’albo dei soggetti abilitati), l’articolo 23-novies del decreto-legge n. 355 del 2003 ha soppresso, nell’articolo 52, comma 5, lettera b), numero 2), del D.Lgs. n. 446 del 1997, il riferimento al 30 giugno 2004, quale termine ultimo per il rinnovo stesso.
Il termine del 30 giugno 2004 è stato introdotto dall’articolo 2, comma 32, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003).
L’articolo 52 del D.Lgs. n. 446/1997 consente ai comuni e alle province di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie. In particolare il comma 5 dell’articolo 52, per quanto attiene all’accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, stabilisce che i regolamenti possono prevedere:
§ che tali attività siano svolte direttamente dall’ente locale, anche nelle forme associate previste dalla legge n. 142/1990 (successivamente sostituita dal T.U. n. 267/2000) (comma 5, lett. a);
§ che tali attività siano affidate a terzi (comma 5, lett. b), e precisamente, in alternativa, ai seguenti soggetti:
- mediante convenzione, a aziende speciali o a società a prevalente capitale pubblico locale, i cui soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare le attività in questione, di cui all’articolo 53 dello stesso D.Lgs. n. 446/1997 (comma 5, lett. b), n. 1);
- nel rispetto delle procedure vigenti, a società miste, oppure ai concessionari di cui al D.P.R. n. 43/1988 (successivamente sostituito dal D.Lgs. n. 112/1999), oppure ai soggetti iscritti nel suddetto albo di cui all’articolo 53 (comma 5, lett. b), n. 2).
L’articolo 2, comma 32, della legge finanziaria per il 2004 ha consentito, in quest’ultima ipotesi, il rinnovo dei contratti fino alla data di entrata in vigore di eventuali disposizioni normative di revisione del sistema della riscossione di cui al D.Lgs. n. 112/1999, e comunque non oltre il 30 giugno 2004, previa verifica della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse.
Con la soppressione del limite temporale del 30 giugno 2004, i comuni e le province potranno procedere al rinnovo dei contratti di affidamento dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei propri tributi e di tutte le altre entrate fino all’entrata in vigore di un eventuale provvedimento di riassetto del sistema delle concessioni.
Da ultimo, la risoluzione n. 7-00471 presentata presso la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati dagli onorevoli Benvenuto, Lettieri e Pistone il 28 settembre 2004,considerata, anche a seguito dell’indagine conoscitiva svolta, la necessità che vengano attentamente verificati i riflessi finanziari che deriverebbero per il bilancio dello Stato sia dal mantenimento dell'assetto attuale, sia dal passaggio ad un diretto coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni nell'attività di riscossione coattiva, e considerato che, in attesa dello svolgimento di tale verifica, sia opportuno procedere in via legislativa ad una breve proroga degli esistenti rapporti di concessione, tendeva ad impegnare il Governo ad inserire nel disegno di legge finanziaria una norma diretta a prevedere lo svolgimento della predetta verifica entro il 30 giugno 2005, anche avvalendosi di società di consulenza specializzate, nonché a prorogare al 31 dicembre 2005 le attuali concessioni del servizio di riscossione.
Da ultimo, nella seduta della Commissione del 6 ottobre 2004, i presentatori della risoluzione in discorso hanno manifestato, anche in considerazione del disposto recato dal comma in esame, il proposito di riformulare lo stesso atto di indirizzo.
1. Nell'ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l'Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, le quote indivise di beni immobili, i fondi interclusi nonché i diritti reali su immobili, dei quali lo Stato è proprietario ovvero comunque è titolare. Il prezzo di vendita è stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenuto conto della particolare condizione giuridica dei beni e dei diritti. Il perfezionamento della vendita determina il venir meno dell'uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione.
2. Le aree che appartengono al patrimonio e al demanio dello Stato, sulle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni hanno realizzato le opere di urbanizzazione di cui all'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono trasferite in proprietà, a titolo oneroso, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, al patrimonio indisponibile del comune che le richiede, con vincolo decennale di inalienabilità.
3. La richiesta di trasferimento di cui al comma 2 è presentata alla filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree oggetto di trasferimento.
4. Il corrispettivo del trasferimento di cui al comma 2 è determinato secondo i parametri fissati nell'elenco 2 allegato alla presente legge. I parametri sono aggiornati annualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2006, nella misura dell'8 per cento.
5. Le somme dovute dai comuni per l'occupazione delle aree di cui al comma 2, non versate fino alla data di stipulazione dell'atto del loro trasferimento, sono corrisposte, contestualmente al trasferimento, in misura pari a un terzo degli importi di cui all'elenco 2 allegato alla presente legge, per ogni anno di occupazione, nei limiti della prescrizione quinquennale. Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall'amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree di cui al comma 2, e restano compensate fra le parti le spese di lite.
6. I beni immobili che non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, di valore non superiore ai 200.000 euro, individuati con i decreti di cui all'articolo 1, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 351 del 2001, possono essere alienati direttamente dall'Agenzia del demanio a trattativa privata, se non aggiudicati in vendita, al prezzo più alto, a seguito di procedura di invito pubblico ad offrire, di durata non inferiore al mese, esperito telematicamente attraverso il sito internet della medesima Agenzia.
7. Le alienazioni di cui al comma 6 non sono soggette alla disposizione di cui al comma 113 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente il diritto di prelazione degli enti locali territoriali. Non sono altresì soggette alla disposizione di cui al periodo precedente le alienazioni effettuate direttamente dalla Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica deserta, aventi ad oggetto immobili di valore inferiore a 500.000 euro; in caso di valore pari o superiore al predetto importo, il diritto di prelazione è esercitato dall'ente locale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell'Agenzia del demanio.
8. Relativamente agli immobili di cui al comma 6 è fatto salvo il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'Amministrazione competente.
9. Le disposizioni agevolative previste dalla normativa vigente in favore di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati, in materia di utilizzo di beni immobili di proprietà statale sono applicate in regime di reciprocità in favore delle Amministrazioni dello Stato che a loro volta utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà degli stessi enti.
10. Il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, è abrogato.
Il comma 1 dell’articolo 35, nell'ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, stabilisce che un decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze può autorizzare l’Agenzia del demanioa vendere a trattativa privata, anche in blocco, i seguenti beni e diritti, dei quali lo Stato è proprietario o titolare:
§ quote indivise di beni immobili;
§ fondi interclusi;
§ diritti reali su immobili.
La relazione del Governo al disegno di legge chiarisce che i beni di cui al comma in esame sono prevalentemente pervenuti allo Stato per il pagamento di debiti d’imposta o per eredità giacenti. Dagli stessi deriverebbero allo Stato solo oneri, in quanto l’assenza della totale titolarità comprometterebbe la gestione e l’utilizzo del bene. Si riscontrerebbero inoltre difficoltà di collocazione sul mercato.
Il prezzo di vendita dev’essere stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenendo conto della particolare condizione giuridica e difficile commerciabilità dei beni e dei diritti in questione. Il perfezionamento della vendita determina il venir meno dell'uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione, come ad esempio il diritto di prelazione.
I commi 2-5 dell’articolo 35 disciplinano la cessione in proprietà ai comuni di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato sulle quali i comuni stessi abbiano realizzato, alla data di entrata in vigore della legge in esame, le opere di urbanizzazione[178], di cui all'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847.
Le aree cedute sono trasferite nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano ed entrano a far parte del patrimonio indisponibile del comune, il quale non le può alienare per i successivi dieci anni (comma 2).
Il trasferimento avviene a titolo oneroso e il relativo prezzo è determinato sulla base dei parametri contenuti nell’elenco 2, allegato al disegno di legge in esame. Il prezzo come sopra determinato si applica alle cessioni effettuate nell’anno 2005; per gli anni successivi è previsto un aumento nella misura dell’8 per cento annuo (comma 4).
Relativamente al citato elenco si segnala che la sua lettura non risulta del tutto perspicua. L’elenco è diviso in tre punti: il punto 1 stabilisce, in misura differenziata a seconda della classe dimensionale del comune, i valori unitari al metro quadrato delle aree con opere di urbanizzazione primaria. Il punto 2 stabilisce, ancora in misura differenziata, i valori unitari al metro quadro delle aree con opere di urbanizzazione secondaria (si evidenzia tuttavia che nella parte destra della relativa tabella si parla di “valori unitari delle opere”). Il punto 3 contiene coefficienti correttivi per zone territoriali omogenee, che si ritiene siano quelli di cui all’articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444[179]. In calce all’elenco si cita poi, per il calcolo del valore dell’indennizzo annuo, una tabella A che non risulta annessa al testo del disegno di legge.
I comuni interessati al trasferimento devono presentare alla filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente un’apposita richiesta, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree (comma 3). Non sono fissati termini per la presentazione della suddetta richiesta.
In occasione del trasferimento delle aree il comune è tenuto a versare allo Stato, oltre al prezzo d’acquisto come sopra determinato, anche l’eventuale corrispettivo per l’occupazione delle aree stesse che non risulti precedentemente corrisposto. Tale corrispettivo è pari ad un terzo del prezzo d’acquisto per ciascun anno di occupazione, nel limite massimo di cinque annualità, oltre le quali subentrano i termini di prescrizione.
Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall'amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree, e restano compensate fra le parti le spese di lite (comma 5).
La relazione illustrativa al disegno di legge in esame osserva che la norma in commento si limita a disciplinare situazioni di fatto esistenti e irreversibili, anche in considerazione della circostanza che la giurisprudenza ha sempre adottato in materia soluzioni di favore nei confronti degli enti locali.
Il comma 6 dell’articolo 35 individua particolari modalità per l’alienazione, da parte dell’Agenzia del demanio, dei beni immobili per i quali si verificano contemporaneamente tutte le seguenti condizioni:
§ i beni sono stati individuati con i decreti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410;
Il citato articolo 1, comma 1, del D.L. n. 351 del 2001 ha demandato all’Agenzia del demanio di individuare, con propri decreti dirigenziali, i singoli beni facenti parte del patrimonio immobiliare dello Stato, distinguendo tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile.
§ i beni non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal citato D.L. n. 351 del 2001;
I beni immobili individuati ai sensi del sopra citato articolo 1, comma 1, del D.L. n. 351 del 2001 possono essere trasferiti a titolo oneroso a società appositamente costituite, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, dello stesso D.L. n. 351 del 2001, con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. L'inclusione nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile. I suddetti decreti contengono anche le modalità delle operazioni di dismissione, da effettuare mediante cartolarizzazione.
§ i beni hanno valore non superiore a 200.000 euro.
La procedura per la vendita degli immobili come sopra individuati si articola in due fasi, la seconda delle quali è meramente eventuale.
Innanzitutto viene esperita telematicamente, attraverso il sito internet dell’Agenzia del demanio, una procedura di invito pubblico ad offrire, di durata non inferiore al mese, con aggiudicazione in vendita al prezzo più alto.
Si segnala che non è espressamente prescritto che il prezzo di aggiudicazione debba essere eguale o superiore al valore attribuito al bene dall’Agenzia del demanio. Non è pertanto chiaro se il bene possa essere aggiudicato ad un prezzo inferiore al suo valore.
Qualora la procedura sopra descritta non dia luogo ad aggiudicazione in vendita, l’immobile può essere alienato a trattativa privata.
La disposizione in esame consente di evitare il ricorso al pubblico incanto, che sarebbe la procedura altrimenti necessaria, ai sensi dell’articolo 10 della legge 24 dicembre 1908, n. 783, per la vendita dei beni immobili il cui valore sia superiore a 30 milioni di lire (pari a 15.493,71 euro). Ai sensi dello stesso articolo 10, quando ricorrano speciali circostanze di convenienza o di utilità generale, l’Amministrazione è autorizzata a vendere beni immobili a trattativa privata o per licitazione privata fino al limite massimo di 75 milioni di lire (pari a 38.734,27 euro).
Il comma 7 dell’articolo 35 limita l’applicazione del diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali, di cui al comma 113 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Il citato comma 113 prevede che, in caso di alienazione di beni immobili appartenenti allo Stato, gli enti locali territoriali possono esercitare il diritto di prelazione. Si ricorda che anche gli immobili facenti parte delle operazioni di cartolarizzazione sono esclusi dal diritto di prelazione in favore degli enti locali; inoltre, relativamente a tali immobili è previsto per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri soggetti pubblici l’espresso divieto di rendersene acquirenti. Tale divieto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare beni immobili ad uso non residenziale per destinarli a finalità istituzionali degli enti stessi (articolo 3, comma 17, del citato D.L. n. 351 del 2001) o che intendono acquistare unità immobiliari residenziali per la loro assegnazione a conduttori in condizioni di disagio economico (articolo 3, comma 17-bis, del citato D.L. n. 351 del 2001).
Il primo periodo del comma 7 prevede che le alienazioni di immobili di cui al precedente comma 6 non sono soggette al diritto di prelazione .
Il secondo periodo esclude dal diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali anche le alienazioni di immobili di valore inferiore a 500.000 euro effettuate direttamente dall’Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica andata deserta. È inoltre previsto che il suddetto diritto di prelazione spettante nei confronti degli immobili di valore pari o superiore a 500.000 euro[180] debba essere esercitato dall’ente locale territoriale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell'Agenzia del demanio.
Si segnala che l’espressione “determinazione a vendere” potrebbe indurre a ritenere che il diritto di prelazione debba essere esercitato nel momento in cui l’ente proprietario decide di porre in vendita il proprio immobile. Tale ipotesi contrasta però con il successivo riferimento alle condizioni della vendita che, per quanto riguarda il prezzo, possono essere note solo in seguito all’esito dell’asta pubblica o della trattativa privata. Quest’ultima interpretazione è inoltre coerente con la comune nozione di diritto di prelazione che, sebbene non unitariamente disciplinato, riconosce generalmente il diritto di soggetti determinati ad acquistare alle condizioni risultanti dall’accordo intercorso fra il proprietario e un terzo.
Si ritiene, quantunque non sia espressamente indicato, che gli immobili ai quali si applica il comma 7 in esame siano quelli che non sono compresi nelle operazioni di cartolarizzazione di cui all’articolo 3 del citato D.L. n. 351 del 2001, in quanto per tali beni sono già previsti, come sopra riportato, non solo l’inapplicabilità del diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali, ma anche il divieto di acquisto da parte degli stessi enti.
Il comma 8 dell’articolo 35 fa salvo, per gli immobili di cui al precedente comma 6, il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'Amministrazione competente.
L’articolo 3, comma 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato da ultimo dall'articolo 43, comma 15, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevede, limitatamente ai beni immobili non destinati ad uso abitativo, analogo diritto di prelazione in favore dei concessionari e dei conduttori, nonché in favore di tutti i soggetti che, già concessionari, siano comunque ancora nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione e che abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'amministrazione competente, relativamente ai beni immobili e ai diritti immobiliari appartenenti al patrimonio dello Stato non conferiti a fondi immobiliari ma oggetto dei programmi di alienazione.
In detti programmi vengono altresì stabiliti le modalità di esercizio del diritto di prelazione previsto dal comma 113, i diritti attribuiti ai conduttori e gli obblighi a carico degli stessi secondo i criteri previsti dal secondo periodo della lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 (impegno del soggetto acquirente, in caso di rivendita frazionata degli immobili acquistati, a garantire il rispetto del diritto di prelazione degli eventuali conduttori, e obbligo di indicare un istituto bancario che si impegni a concedere mutui ipotecari a condizioni agevolate in favore dei conduttori stessi per l'acquisto dei beni in locazione).
Il comma 9 dell’articolo 35, a condizioni di reciprocità, estende alle amministrazioni dello Stato che utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati le disposizioni agevolative riconosciute dalla normativa vigente in favore dei suddetti enti che utilizzano beni immobili di proprietà statale.
La relazione illustrativa chiarisce che la normativa alla quale fa riferimento la disposizione in esame è quella contenuta nella legge 11 luglio 1986, n. 390, recante disciplina delle concessioni e delle locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e degli enti ecclesiastici.
L’articolo 1 della L. 11 luglio 1996, n. 390, disciplina le locazioni e concessioni stipulate tra l’Amministrazione finanziaria e i seguenti soggetti, aventi ad oggetto immobili non suscettibili, anche temporaneamente, di utilizzazione per usi governativi:
§ istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato;
§ enti pubblici, da individuare con apposito decreto del Ministro delle finanze, che fruiscono di contributi ordinari previsti e che perseguono esclusivamente fini di rilevante interesse culturale;
§ associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali;
§ altri enti, istituti, fondazioni o associazioni riconosciute che perseguono esclusivamente fini di rilevante interesse culturale e svolgono, in relazione a tali fini, attività sulla base di un programma almeno triennale;
§ cooperative sociali, associazioni di volontariato ed associazioni di promozione sociale che perseguono rilevanti finalità culturali o umanitarie.
Le stesse disposizioni si applicano inoltre alle concessioni, in favore di ordini religiosi, di immobili statali costituenti abbazie, certose e monasteri, per l’esercizio esclusivo di attività religiosa, di assistenza, di beneficenza e comunque connessa con le prescrizioni di regole monastiche.
Il canone dovuto per le concessioni e locazioni disciplinate dalla citata legge ha carattere ricognitorio e non può essere inferiore a 100.000 lire annue (pari a 51,65 euro), né superiore al 10 per cento del canone di mercato. Gli oneri per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile sono a carico del concessionario o del conduttore, così come gli oneri, le contribuzioni e gli obblighi di qualsiasi natura gravanti sull’immobile.
L’articolo 2 rimette a un decreto del Ministro delle finanze lo stabilimento dei criteri e delle modalità per la concessione o la locazione di beni immobili demaniali o patrimoniali dello Stato in favore di enti pubblici territoriali, ivi compresi gli enti parco nazionali, delle unità sanitarie locali, nonché di enti ecclesiastici, civilmente riconosciuti, della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati per legge sulla base delle intese di cui all'articolo 8 della Costituzione. A queste concessioni e locazioni si applicano le disposizioni dell'articolo precedente in materia di durata, canone e oneri.
Il relativo procedimento è ora disciplinato dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 2001, n. 41.
Il comma 10 dell’articolo 35 abroga il R.D.L. 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, recante norme per la permuta di immobili demaniali adibiti ad uso di pubblici uffici.
Il suddetto decreto-legge autorizza la pubblica amministrazione a permutare, senza limiti di valore, immobili adibiti a uffici pubblici, con altri immobili di minor valore, eventualmente anche da costruire, che abbiano la stessa o analoga destinazione. La differenza di valore deve essere corrisposta, mediante conguaglio in danaro, a favore dell'amministrazione demaniale
La relazione illustrativa osserva che tale normativa “può ritenersi superata di fatto da nuovi strumenti, quali Accordi di programma e Conferenze di servizi, che maggiormente si prestano a soddisfare interessi ed esigenze comuni che interessano più soggetti. Purtuttavia la mancata espressa abrogazione della norma in esame, del tutto incoerente con il nuovo quadro normativo[181], limita l’azione e rende difficile il coordinamento a livello normativo.”
11. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all'articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non trovano applicazione agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell'articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137.
L’articolo 35, comma 11, interviene con riferimento alla disciplina recata dall'articolo 2 della legge n. 449 del 1997, in materia di trasferimento in proprietà a titolo gratuito, ai Comuni degli alloggi e delle pertinenze di proprietà dello Stato, costruiti in base a disposizioni speciali di finanziamento per sopperire ad esigenze abitative pubbliche, anche quando gli alloggi stessi siano stati affidati ad appositi enti gestori.
In base al citato art. 2, comma 1, della legge n. 449 del 1997, il trasferimento ai Comuni avviene su richiesta di questi ultimi, a titolo gratuito, e le operazioni di trascrizione e di voltura catastale sono esenti da imposte.
Il successivo comma 2 prevede che sia fatto salvo il diritto degli attuali assegnatari all'acquisto dei suddetti alloggi, alle condizioni previste dalle norme vigenti. Il comma 3, infine, esclude dall'ambito dell'alienazione gli alloggi di servizio oggetto di concessione amministrativa e destinati a pubblici dipendenti cui siano attribuite particolari funzioni.
Si ricorda, altresì, che su tale disciplina è intervenuto anche l’art. 46 della legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000 n. 388)[182] che aveva previsto che i comuni nei cui territori erano ubicati gli alloggi di cui all’art. 2 della legge n. 449 del 1997, potessero procedere alla richiesta di trasferimento in proprietà di tali alloggi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della citata legge finanziaria”.
Il comma in esame stabilisce quindi che i comuni nei cui territori sono ubicati gli alloggi di cui all’articolo 2 della legge n. 449 del 1997, debbano essere trasferiti in proprietà dei medesimi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disegno di legge. Il trasferimento in proprietà degli immobili ai Comuni dovrà quindi avvenire ope legis, e non solo su richiesta come invece dispone l’art. 2, comma 1, della legge n. 449 del 1997.
Il comma precisa, inoltre, che gli alloggi saranno trasferiti ai comuni nello stato di fatto e di diritto in cui gli stessi si trovano al momento del passaggio, analogamente a quanto previsto anche dalle disposizioni contenute nell’art. 46, comma 2, della legge n. 388 del 2001.
Nulla viene disposto, invece, in relazione all’esenzione dalle imposte delle relative operazioni di trascrizione e voltura che, invece, è prevista dallo stesso comma 1, dell’art. 2, della legge n. 449 del 1997 e, conseguentemente, anche nell’art. 46, comma 2, della legge n. 388 del 2001.
Si osserva che, qualora si dovesse interpretare la disposizione del comma in esame integralmente innovativa rispetto a quella contenuta nell’art. 2, comma 1, della legge n. 449 del 1997, essa potrebbe comportarne la implicita abrogazione. Conseguentemente ai trasferimenti di proprietà non risulterebbe applicabile la misura agevolativi fiscale (esenzione dalle imposte di trascrizione e voltura catastale), attualmente prevista da una disposizione dell’art. 2, comma 1, della legge n. 449 e non riprodotta nel comma in esame.
Al fine di evitare dubbi interpretativi, e ove si volesse conseguire l’effetto dell’esenzione prevista dall’art. 2 della legge n. 449 del 1997, occorrerebbe una integrazione in tal senso del comma in esame[183].
Il comma in esame dispone, inoltre, che i comuni hanno 120 giorni di tempo dalla data dell’avvenuta volturazione per provvedere all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie, analogamente a quanto prevedeva già il comma 2, dell’art. 46 della legge n. 388 del 2001.
La finalità della disposizione in commento è da rinvenirsi, come evidenziato nella relazione illustrativa, nel fatto che non tutti i comuni si sono avvalsi di tale facoltà e che, pertanto, anche “laddove è stata avanzata la richiesta questa ha riguardato parte e non la totalità degli alloggi esistenti sul territorio”.
Conseguentemente, prosegue la relazione, è stata, non solo vanificata la finalità delle disposizioni contenute nell’art. 2 della legge n. 449 del 1997, che era quella di “riunificare a livello locale la titolarità e l’intera gestione dell’edilizia residenziale pubblica”, ma si è “accentuata la frammentarietà nella gestioni di tali immobili con gravi ripercussioni sulla proficuità del loro utilizzo”.
Il comma in esame esonera, infine, dall’applicabilità delle suddette disposizioni gli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 137 del 1952, in quanto soggetti ad una particolare disciplina.
Si ricorda, infatti, che l’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, del quale l’articolo 4, comma 223, della legge n. 350 del 2003 ha recato l’interpretazione autentica, prevede che gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi dell'art. 18 della legge n. 137 del 1952 siano ceduti in proprietà ai profughi assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge. Ulteriori disposizioni relative all’alienazione di tali alloggi ai profughi sono contenute nei successivi commi 224 e 225 dello stesso art. 4.
La relazione illustrativa precisa, in relazione all’impatto economico finanziario della disposizione contenuta nel comma in esame, che si prevede un ritorno economico per lo stato pari a 47,5 milioni di euro (su una stima di 40.000 alloggi), ottenuto attraverso il risparmio degli oneri per il pagamento dell’ICI ai Comuni, nonché per le spese di manutenzione.
12. Dopo il comma 13-bis dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono inseriti i seguenti:
«13-ter. In sede di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis, il Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l'Agenzia del demanio, individua entro il 31 gennaio 2005 beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e, a tal fine, consegnare al Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, all'Agenzia del demanio.
13-quater. Gli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e di cui ai commi da 6 a 8. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell'Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.
13-quinquies. Una quota fino al 100 per cento del valore determinato ai sensi del comma 13-quater è finalizzata al soddisfacimento delle esigenze del Ministero della difesa. A tale fine la Cassa depositi e prestiti concede al Ministero della difesa, entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, e comunque per un importo complessivo non superiore a 954 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.
13-sexies. Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti, entro il limite di cui al comma 13-quinquies, in relazione al valore degli immobili conferiti all'Agenzia del demanio dal Ministero della difesa, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Dicastero su appositi fondi relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi, da ripartire, nel corso della gestione sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.
13-septies. A valere sulle somme riassegnate al Ministero della difesa a seguito delle procedure di valorizzazione e dismissione dei beni immobili della difesa non più utili ai fini istituzionali, previste dai commi 13-bis e 13-ter, la somma di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009 è destinata all'ammodernamento ed alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, La Spezia e Taranto».
Il comma 12 modifica l’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introducendo cinque nuovi commi, da 13-ter a 13-septies, volti ad integrare la disciplina della dismissione degli immobili della difesa. La relazione tecnica al disegno di legge osserva che la novella in esame è finalizzata a contemperare le esigenze di valorizzazione e gestione produttiva degli immobili di proprietà dello Stato con le esigenze finanziarie manifestate dal Ministero della difesa.
L’articolo 27, commi 1-12, del citato D.L. n. 269 del 2003 haintrodotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del T.U dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490 del 1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione, nell’ottica della loro eventuale utilizzazione sul mercato.
Il comma 13, in particolare,haesteso l’applicazione di alcune norme, relative alle valorizzazioni e dismissioni di immobilipubblici, contenute nel D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), alle operazioni aventi ad oggetto gli immobili del Ministero della difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 e all’articolo 44, comma 1, della legge n. 448 del 1998, riguardo ai quali sia accertato il venir meno dell'interesse all'utilizzo per finalità militari, ovvero non risulti più economicamente conveniente la gestione diretta. Le norme appena citate saranno commentate più avanti.
Le disposizioni delle quali il comma 13 estende l’applicazione ai fini della valorizzazione dei beni sopra indicati sono le seguenti:
- articolo 3, comma 15, del D.L. n. 351 del 2001, che prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze possa convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre alla loro approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto delle procedure di cartolarizzazione[184];
- articolo 3, comma 17, del D.L. n. 351 del 2001, che esclude, relativamente ai trasferimenti di beni immobili effettuati secondo le procedure di cartolarizzazione, il diritto di prelazione spettante a terzi, l’acquisizione delle autorizzazioni previste dal testo unico sui beni culturali e ambientali, la proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali. Inoltre, il medesimo comma stabilisce il divieto di acquisto dei beni citati da parte delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri soggetti pubblici. Il divieto di acquisto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare immobili ad uso non residenziale per destinarli alle proprie finalità istituzionali;
- articolo 80, commi 3-5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003). Il comma 3 dell’articolo prevede, con riferimento ai beni trasferiti alla società Patrimonio dello Stato Spa (società costituita, ai sensi dell’articolo 7 del D.L. n. 63 del 2002, ai fini della valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato), l’utilizzo delle conferenze di servizi o degli accordi di programma allo scopo di definire iniziative per la valorizzazione dei beni medesimi. Lo stesso comma rimette poi ad un decreto del Ministro dell’economia la determinazione dei criteri per l’assegnazione agli enti locali, coinvolti nel procedimento di alienazione, di una quota del ricavato della vendita degli immobili, o, in alternativa, l’assegnazione di altri beni immobili.
I commi 4 e 5 dell’articolo 80 disciplinano un procedimento di acquisizione, da parte degli enti locali interessati, di beni immobili del patrimonio dello Stato, ubicati nel loro territorio, al fine della valorizzazione, recupero, riqualificazione ed eventuale ridestinazione d'uso dei beni stessi[185].
Il comma 13-bis del medesimo articolo 27 ha demandato all’Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, l’individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da inserire in programmi di dismissione per le finalità di cui al già citato articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate).
Appare opportuno fornire ora un quadro di sintesi della complessa vicenda della dismissione degli immobili della difesa. L’articolo 3, comma 112[186], della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha previsto l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettandone le relative disposizioni procedurali e disponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[187].
Per quanto attiene alle procedure di dismissione il comma 112 dell’articolo 3 della legge n. 662 prevede quanto segue:
- le alienazioni, permute, valutazioni e gestioni degli immobili possono essere effettuate previo conferimento di specifico incarico a società a prevalente capitale pubblico, avente particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare (lettera a);
- per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990[188] (lettera b);
- alla determinazione del valore dei beni da alienare e da ricevere in permuta[189] provvede la società affidataria tenendo conto della incidenza delle valorizzazioni conseguenti alle eventuali modificazioni degli strumenti urbanistici rese necessarie dalla nuova utilizzazione. La valutazione è approvata dal Ministro della difesa a seguito di parere espresso da una commissione di congruità nominata con decreto del Ministro della difesa, composta da esponenti dei Ministeri della difesa, del tesoro, delle finanze, dei lavori pubblici e da un esperto in possesso di comprovata professionalità nel settore, su indicazione del Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato (lettera c);
- i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa e l'approvazione può essere negata qualora il contenuto convenzionale risulti inadeguato rispetto alle esigenze della Difesa anche se sopraggiunte successivamente all'adozione del programma (lettera d);
- ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, il Ministero della difesa comunica l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia sulla eventuale sussistenza dell’interesse storico-artistico, individuando, in caso positivo, le singole parti degli immobili soggette a tutela. (lettera e). In merito a tale ultima previsione, va tuttavia segnalato che con l’articolo 16, comma 6, della legge 28 luglio 1999, n. 266, èstata estesa alle predette dismissioni l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base alle quali i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il previsto regolamento è stato approvato con D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283.
In seguito l’articolo 44 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, ha disposto la continuazione del programma di dismissioni appena illustrato, dettando ulteriori norme di attuazione. In particolare, in tema di assegnazione delle risorse derivanti dalle alienazioni e gestioni degli immobili, il comma 4 ha disposto che queste siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel complessivo limite di 1.400 miliardi, allo stato di previsione del Ministero della difesa. Altre disposizioni dell’articolo, alcune delle quali introdotte da interventi normativi successivi, sono state successivamente abrogate.
È quindi intervenuto l’articolo 43 dellalegge 23 dicembre 2000, n. 388(finanziaria 2001) che ha confermato, per le attività di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni immobili della difesa, l’applicazione delle norme dettate dai citati articoli 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e 44 della legge n. 448 del 1998, apportando alcune modifiche alla normativa vigente. Secondo quanto esplicitato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, la finalità di tale previsione è quella di salvaguardare la specificità delle iniziative di dismissione degli immobili in uso al Ministero della difesa, prevedendo per le successive alienazioni l’applicazione del procedimento seguìto per quelle già effettuate e utilizzando per tale processo la Società già risultata affidataria dell’incarico in seguito a svolgimento di gara esperita a livello europeo[190]. Tale soluzione consentirebbe, secondo quanto esposto nella relazione, di evitare lo svolgimento di ulteriori gare e di usufruire di un soggetto che ha ormai maturato esperienza nel settore.
In particolare il comma 9 prevede che il Ministero della difesa possa alienare i beni secondo le procedure della trattativa privata, purché il valore dei beni da alienare sia inferiore a 200.000 euro. Tale previsione introduce una semplificazione delle procedure attinenti all'alienazione degli immobili della difesa, caratterizzandosi la trattativa privata (rispetto agli altri procedimenti di gara, quali l'asta pubblica e la licitazione privata) per il carattere d’informalità e quindi per la maggiore snellezza dell'iter procedimentale. L'alienazione deve riguardare i beni valutati non più necessari per le esigenze della difesa, anche se gli stessi non siano ricompresi nei programmi di dismissioni di cui all'articolo 3, comma 112, legge n. 662 del 1996. Il secondo capoverso del comma in esame, analogamente a quanto disposto dall’articolo 44, comma 4, della legge n. 448 del 1998, sopra esposto, stabilisce inoltre che i proventi derivanti dalle alienazioni in questione siano assegnati al Ministero della difesa per il conseguimento degli obiettivi di ammodernamento e potenziamento operativo, strutturale e infrastrutturale delle Forze armate.
Il comma 10 stabilisce che, a valere sulle risorse derivanti dalle alienazioni effettuate e riassegnate al Ministero della difesa, la somma complessiva di 50 miliardi sia destinata alla ristrutturazione e all'ammodernamento degli arsenali della Marina militare di Taranto e della Spezia.
Il comma 14 consente al Ministero della difesa di avvalersi, per il compimento delle attività tecnico–operative di supporto alle dismissioni, di una società a totale partecipazione dello Stato, sia diretta che indiretta, derogando alle norme sulla contabilità generale dello Stato.
Infine l’articolo 27, comma 13, del decreto-legge n. 269 del 2003 haesteso a questi immobili l’applicazione delle norme relative alle valorizzazioni e dismissioni di immobilipubblici, contenute nel già citato decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, all’articolo 3, commi 15 (conferenze di servizi e accordi di programma riguardanti iniziative per la valorizzazione degli immobili; quota di ricavato da attribuire agli enti territoriali) e 17 (esercizio del diritto di prelazione, eventualmente spettante a terzi sui beni immobili trasferiti, soltanto nella fase di rivendita dei beni cartolarizzati; esclusione delle autorizzazioni previste in materia di beni culturali e ambientali, del diritto di prelazione degli enti locali territoriali e dei progetti di valorizzazione e gestione; divieto di acquisto da parte delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri soggetti pubblici), nonché nella legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 80, commi da 3 a 5 (conferenze di servizi, accordi di programma e quote come sopra; facoltà di richiesta dei beni immobili da parte degli enti locali interessati e conseguenti determinazioni dell’Agenzia del demanio).
Vediamo ora nel dettaglio il contenuto delle norme che il comma 12 dell’articolo 35 in esame intende introdurre nel citato articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003, dopo il comma 13-bis, integrando il procedimento già disciplinato dai commi 13 e 13-bis dell’articolo, che si sono già commentati.
Il comma 13-ter prevede che nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis dell’articolo 27, più volte citati, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individui beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima. Tale adempimento deve essere compiuto entro il 31 gennaio 2005.
Il comma 13-quater stabilisce che gli immobili individuati e consegnati ai sensi del precedente comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al D.L. n. 351 del 2001, già citato, e di cui ai commi da 6 a 8. L'Agenzia del demanio provvede alla stima degli immobili individuati, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.
Il decreto-legge 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, nel capo I (articoli 1-4), contiene una serie di disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.
Il decreto, allo scopo di semplificare le modalità di dismissione di beni immobili, ha introdotto una procedura articolata essenzialmente in due passaggi.
In primo luogo (articolo 1), è stata affidata all’Agenzia del demanio la ricognizione:
1. dei beni immobili di proprietà dello Stato, distinti tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio disponibile e indisponibile;
2. dei beni immobili di proprietà degli enti pubblici non territoriali;
3. dei beni immobili non strumentali in precedenza attribuiti a società a totale partecipazione pubblica, riconosciuti di proprietà dello Stato;
4. dei beni immobili di proprietà dello Stato ubicati all’estero.
I decreti adottati dall’Agenzia del demanio hanno valore dichiarativo della proprietà.
La ricognizione è estesa anche ai beni delle regioni, province, comuni e altri enti locali che ne facciano richiesta, nonché ai beni utilizzati per uso pubblico, ininterrottamente da oltre venti anni, con il consenso del proprietario.
In secondo luogo si è previsto il ricorso alla tecnica della cartolarizzazione (articoli 2 e 3) attraverso il trasferimento degli immobili da cedere alle società veicolo[191].
Per ogni operazione di cartolarizzazione sono individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, i beni immobili destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti. Tali beni e ogni altro diritto acquisito nell’ambito dell’operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società veicolo e da quello delle altre operazioni. Delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli, dei soggetti concedenti i finanziamenti e di ogni altro creditore, risponde esclusivamente il patrimonio separato (c.d. principio della segregazione).
La società veicolo gestisce gli immobili e li rivende sul mercato. I flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso del debito e degli interessi e oneri accessori, delle commissioni ai soggetti terzi e degli altri costi.
L'eventuale residuo costituisce il cosiddetto prezzo differito, da retrocedere all'originario titolare del diritto di proprietà.
Si segnala che il rinvio ai commi da 6 a 8, operato dal comma 13-quater appena commentato, appare equivoco. Essendo, infatti, contenuto in un comma che novella l’articolo 27 del D.L. n. 269/2003, dovrebbe intendersi riferito ai commi 6-8 di tale articolo 27. Tuttavia, dalla lettura di detti commi e da quanto espressamente dichiarato nella relazione governativa al disegno di legge, appare evidente come il rinvio contenuto nel citato comma 13-quater debba riferirsi ai commi 6-8 del medesimo articolo 35 del disegno di legge in esame. Se tale interpretazione è esatta, sarebbe opportuno riformulare il testo espungendo dalla novella il riferimento in questione, che dovrebbe essere più correttamente collocato in separato comma dell’articolo in esame.
Il comma 13-quinquies prevede che una quota fino al 100% del valore degli immobili, determinato dall’Agenzia del demanio ai sensi del precedente comma 13-quater, sia finalizzata al soddisfacimento delle esigenze del Ministero della difesa. La Cassa depositi e prestiti concede al Ministero della difesa, entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, e comunque per un importo complessivo non superiore a 954 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del medesimo D.L. n. 269 del 2003. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.
L'articolo 5 del D.L. n. 269 del 2003 ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. Il comma 8, in riferimento alle attività svolte dalla Cassa, e ripetendo la disposizione già contenuta nell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 284 del 1999, stabilisce che la Cassa depositi e prestiti SpA. possa assumere partecipazioni e svolgere le attività strumentali, connesse e accessorie ai propri compiti. Per le attività di finanziamento a favore degli enti pubblici, tra cui lo Stato, le regioni e gli enti locali, e degli organismi di diritto pubblico, il comma dispone che sia istituita una gestione separata che riguarda i profili contabili e organizzativi. Alla gestione separata possono essere assegnate partecipazioni azionarie di cui la Cassa depositi e prestiti SpA è titolare. Le partecipazioni da attribuire alla gestione separata sono individuate con il decreto ministeriale previsto dal comma 3 del medesimo articolo 5, che può anche disporre forme di razionalizzazione e concentrazione delle partecipazioni detenute dalla Cassa al momento della trasformazione. Sono assegnate alla gestione separata anche le attività strumentali, connesse e accessorie. La gestione separata, infine, può effettuare attività di assistenza e consulenza in favore dei soggetti beneficiari dei finanziamenti da essa concessi.
La relazione tecnica al disegno di legge osserva che proprio la previsione secondo cui le somme anticipate dalla Cassa depositi e prestiti sono rimborsate utilizzando gli introiti derivanti dalle dismissioni rende la norma appena esaminata neutrale per il bilancio dello Stato.
Si osserva che la norma appena esaminata fa riferimento ad un decreto emanato ai sensi del comma 13-ter. In realtà l’atto previsto da tale comma non è ivi espressamente individuato come decreto, facendosi solo riferimento all’individuazione dei beni da dismettere da parte della Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l’Agenzia del demanio. Sarebbe pertanto opportuno coordinare la formulazione delle due disposizioni.
Il comma 13-sexies dispone che le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti, entro il limite fissato dal precedente comma 13-quinquies, in relazione al valore degli immobili conferiti all'Agenzia del demanio dal Ministero della difesa, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Dicastero su appositi fondi, relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi. Tali fondi saranno ripartiti, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa. Del decreto dovrà essere data comunicazione, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.
Infine, il comma 13-septies stabilisce che una parte delle somme riassegnate al Ministero della difesa a seguito delle procedure di valorizzazione e dismissione degli immobili della difesa, previste dai commi 13-bis e 13-ter, sopra commentati, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009, sia destinata all'ammodernamento e alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, della Spezia e di Taranto.
Il comma ha contenuto analogo a quanto già previsto dall’articolo 43, comma 10, della legge n. 388 del 2000, sopra richiamato.
Articolo 35, comma 13
(Immobili per la Guardia di finanza)
13. Le finalità di cui all'articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, possono essere conseguite anche attraverso il ricorso alla locazione, anche finanziaria, con l'utilizzo delle risorse non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.
Il comma 13 dell’articolo 35 prevede che le finalità di contrasto all’evasione fiscale, di cui all’articolo 29 della legge n. 28 del 1999, da realizzarsi attraverso una migliore articolazione delle strutture del Corpo della Guardia di finanza sul territorio e una maggiore mobilità del suo personale, possano essere conseguite anche attraverso la locazione, anche finanziaria (leasing), degli immobili destinati a caserme e alloggi di servizio.
L’intervento previsto dal comma in esame è realizzato con utilizzo delle risorse, stanziate dal citato articolo 29 della legge n. 28 del 1999, non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.
L’articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, ha autorizzato la realizzazione di un programma per la costruzione, l’ammodernamento e l’acquisto di immobili destinati a caserme e alloggi di servizio per il Corpo della Guardia di finanza, al fine di assicurare una maggiore efficienza nell'attività di contrasto all'evasione fiscale. Il comma 4 del citato articolo 29 provvede alla copertura degli oneri per la realizzazione del programma.
Si segnala che l’articolo 29, comma 1, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), ha successivamente previsto che una quota, da stabilire con decreto del Ministro dell’economia, delle risorse di cui al citato articolo 29 della legge n. 28 del 1999, non impegnate al termine dell’esercizio finanziario 2003, sia assegnata al fondo, nel quale affluiscono anche parte delle risorse derivanti dalla dismissione di beni immobili dello Stato, destinato alla spesa per i canoni di locazione degli stessi immobili dismessi.
14. Il comma 65 dell'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, è abrogato.
15. Per conseguire obiettivi di contenimento, razionalizzazione, ottimizzazione e programmazione della spesa pubblica destinata ad interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, fermo restando il quadro normativo vigente, ed in particolare le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, provvedono, ai fini del coordinamento, del monitoraggio e della ottimale gestione del patrimonio dello Stato a comunicare all'Agenzia del demanio:
a) entro il 30 ottobre di ogni anno, gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, n. 898/IV, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2004, relativi all'esecuzione di interventi edilizi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato;
b) i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. Identica comunicazione è dovuta in tutti i casi di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori;
c) ogni tre mesi, il consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, eventualmente eseguiti nell'anno considerato;
d) entro il 31 ottobre di ogni anno, le previsioni in ordine ai fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, nonché le previsioni in ordine alle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all'esecuzione delle predette finalità.
16. L'Agenzia del demanio elabora linee guida tecnico-operative per la formazione o l'aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo, e fornisce alle amministrazioni di cui al comma 15, il supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali.
17. L'Agenzia del demanio, entro il 30 aprile di ogni anno, presenta al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 16.
Il comma 14 dell’articolo 35 abroga il comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. legge Bassanini-bis).
La relazione illustrativa del Governo afferma che la disposizione da abrogare è ormai superata alla luce della più recente legislazione in materia di valorizzazione dei beni demaniali, facendo in particolare riferimento alla legge 2 aprile 2001, n. 136, che ha introdotto nuove procedure per la valorizzazione e l’utilizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, intese a favorire il coinvolgimento dei comuni e degli altri enti locali che utilizzino l’immobile o nel cui territorio sia localizzato tale bene,e al D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410), relativo a cartolarizzazioni e conferimento di immobili pubblici a fondi comuni d’investimento immobiliare.
Il citato comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, ha rimesso a un successivo regolamento[192] la disciplina dei casi e delle modalità con le quali i beni immobili dello Stato, iscritti in catasto nel demanio civile e militare, risultanti inutilizzati da almeno dieci anni, sono ceduti a titolo gratuito ai comuni, alle province e alle regioni che ne facciano richiesta. La cessione è poi effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle finanze, del tesoro e della difesa.
La cessione non può riguardare gli immobili:
§ che rientrano nel programma di dismissione di immobili della Difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Il citato comma 112 prevede che, per le esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, sia realizzato un apposito programma di dismissioni. Gli immobili da inserire in tale programma sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze;
§ che siano stati conferiti nei fondi immobiliari istituiti ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.
Il citato art. 14-bis disciplina i fondi immobiliari con apporto pubblico. Le quote di questi fondi possono essere sottoscritte, entro un anno dalla loro costituzione, con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili, qualora l’apporto sia costituito per oltre il 51% da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.
Il suddetto regolamento di cui al comma 65 dell’articolo 17 della legge n. 127 del 1997 non è stato ancora emanato.
I commi 15-17 dell’articolo 35 introducono una procedura per la programmazione omogenea e il monitoraggio degli interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, allo scopo di contenere, razionalizzare, ottimizzare e programmare la spesa pubblica destinata a tali interventi.
Viene espressamente fatta salva la normativa vigente, con particolare riferimento alle competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 15 pone a carico delle amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, l’obbligo di effettuare comunicazioni all’Agenzia del demanio aventi i seguenti oggetti e termini:
a) comunicazione contenente gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, n. 898/IV[193], relativi all'esecuzione degli interventi edilizi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato. Tale comunicazione deve essere effettuata entro il 30 ottobre di ogni anno;
b) comunicazione contenente i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. In caso di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori, ne deve essere data comunicazione all’Agenzia del demanio;
c) comunicazione del consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali, nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge n. 109 del 1994, eventualmente eseguiti nell'anno considerato. Tale comunicazione deve essere effettuata ogni tre mesi;
d) comunicazione delle previsioni dei fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, e comunicazione delle previsioni delle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all'esecuzione delle stesse finalità. Queste comunicazioni devo essere effettuate entro il 31 ottobre di ciascun anno.
A norma del comma 16, per l’adempimento degli obblighi introdotti dalle disposizioni in esame, l’Agenzia del demanio fornisce alle amministrazioni interessate il necessario supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali. La stessa Agenzia elabora inoltre le linee guida tecnico-operative per la formazione o l'aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo.
Il comma 17 prescrive che, entro il 30 aprile di ogni anno, l'Agenzia del demanio presenti al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 16.
La relazione tecnica segnala che in materia è stata già emanata una circolare (7 marzo 2003) della Presidenza del Consiglio dei Ministri rivolta a tutti i Ministeri. Tale circolare aveva incaricato l’Agenzia del demanio di definire le linee guida di programmazione e un sistema di monitoraggio degli interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, nell’ambito di un processo di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica. Poiché non tutte le Amministrazioni destinatarie della circolare hanno provveduto, ad oltre un anno di distanza, agli adempimenti prescritti a loro carico, probabilmente a causa della natura secondaria della fonte, il Governo ha ritenuto di recepire il contenuto della circolare in una norma di rango primario.
18. I piani di investimento immobiliare, deliberati dall'INAIL, sono approvati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e gli investimenti sono orientati alle finalità annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della salute e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Il comma 18 dell’articolo 35 prevede l’approvazione, da parte del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, dei piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL e l’emanazione di un apposito decreto annuale del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, previo parere dei Ministri della salute e dell’istruzione, volto ad individuare le finalità dei medesimi investimenti.
L’articolo 11 del D.Lgs. 104 del 1996 prevede che gli investimenti nel settore immobiliare degli enti previdenziali pubblici, fatti salvi i piani di investimento già stabiliti e gli acquisti di immobili adibiti a uso strumentale, siano realizzati anche in relazione alle prospettive di rendimento, esclusivamente in via indiretta, in particolare tramite la sottoscrizione di quote di fondi immobiliari e partecipazioni minoritarie in società immobiliari, nel rispetto delle disposizioni previste da specifiche norme in materia di impiego di parte dei fondi disponibili per finalità di pubblico interesse. Gli investimenti devono essere diversificati, in modo da minimizzare il rischio. In nessun caso la partecipazione può riguardare il capitale delle società indipendenti di gestione dei beni immobili e delle società di intermediazione immobiliare. L'individuazione dei fondi di investimento immobiliare e delle società immobiliari è motivata con le specifiche caratteristiche di solidità finanziaria, specializzazione e professionalità dei contraenti prescelti.
Il comma 4 del medesimo articolo 11, come modificato dall’articolo 38, comma 4, della Legge 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), prevede poi che gli enti previdenziali possano destinare una parte dei fondi disponibili, fino ad un tetto massimo del 15%, secondo le modalità definite dallo stesso Decreto, all’acquisto di immobili da destinare a finalità di interesse pubblico, con particolare riguardo per i settori della sanità, dell’istruzione e della ricerca. Nell'ambito della percentuale sopra indicata, l'INAIL deve destinare specificamente il 5% dei fondi ad asili per l'infanzia e ad altre strutture a tutela della famiglia.
Resta in ogni caso fermo il disposto dell'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per effetto del quale l’INAIL può impiegare, in via prioritaria, una quota fino al 15% dei fondi disponibili, su delibera del consiglio di amministrazione, per la realizzazione o per l’acquisto di immobili, anche tramite accensione di mutui, da destinare a strutture da locare al Servizio sanitario nazionale ovvero a centri per la riabilitazione riguardanti, in via prioritaria, gli infortunati sul lavoro e da gestire, previa intesa con le regioni, nei limiti degli standard vigenti di posti letto per abitanti.
19. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con uno o più decreti, avvia programmi di dismissioni immobiliari da realizzare tramite cartolarizzazioni, costituzioni di fondi immobiliari o cessioni dirette. In coerenza con quanto previsto dal primo periodo del presente comma, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere trasferiti, a prezzo di mercato, a società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, tratti della rete stradale nazionale di cui all'articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, suscettibili di assoggettamento a tariffa. Il prezzo è fissato con le modalità concordate tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le società interessate. Si applicano il secondo e il terzo periodo dell'articolo 7, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 138 del 2002.
Il primo periodo del comma 19 dell’articolo 35 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad avviare, con propri decreti, programmi di dismissione immobiliare. Tali programmi possono essere realizzati mediante:
§ cartolarizzazioni;
La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di prezzo iniziale, agli enti che hanno ceduto gli immobili.
Le cartolarizzazioni di immobili sono disciplinate dagli articoli da 1 a 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001 n. 410). In particolare, ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 del citato D.L. n. 351 del 2001, con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere trasferiti a titolo oneroso, a società appositamente costituite, beni immobili, riconosciuti di proprietà dello Stato ai sensi dell’articolo 1 dello stesso D.L. n. 351 del 2001. I suddetti decreti ministeriali determinano inoltre le caratteristiche dell’operazione di cartolarizzazione.
§ costituzioni di fondi immobiliari;
Con riferimento alla costituzione di fondi immobiliari si ricorda che l’articolo 4 del già citato D.L. n. 351 del 2001 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo beni immobili, a uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali. I beni da conferire sono individuati con uno o più decreti dello stesso Ministro. Tali decreti disciplinano inoltre le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo, nonché i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote.
§ cessioni dirette.
Le cessioni dirette sono disciplinate dalla legge 24 dicembre 1908, n. 783, recante unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato, e successive modifiche e integrazioni. Dovrà anche tenersi conto delle disposizioni introdotte dai precedenti commi dell’articolo 35 in esame.
Nell’ambito dei sopra citati programmi di dismissione immobiliare, il comma 19 prevede la dismissione di tratti della rete stradale nazionale.
Il secondo periodo del comma 19 prevede infatti che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possano realizzarsi dismissioni anche di tratti della rete stradale nazionale. La disposizione richiama in proposito l’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138.
Occorre tuttavia osservare che il rinvio normativo sembrerebbe doversi più opportunamente riferire alla “rete stradale nazionale di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461” (che rappresenta l’atto normativo recante la definizione analitica della rete stradale d’interesse nazionale).
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138[194](introdotto dall’articolo 76 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – legge finanziaria per il 2003), avrebbe dovuto essere trasferita all'ANAS SpA, in conto aumento del capitale sociale, la rete autostradale e stradale nazionale, già individuata con il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461.
Il decreto di trasferimento non è stato finora emanato[195].
Quanto alla rete stradale d’interesse nazionale, si ricorda che, in attuazione del federalismo amministrativo (c.d. “leggi Bassanini”), il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 461, ha provveduto alla classificazione della rete autostradale e stradale d’interesse nazionale. In base a tale classificazione, è stato previsto di trasferire alle regioni funzioni e competenze amministrative relativamente a circa due terzidei 46 mila chilometri che compongono la rete viaria nazionale, mantenendo allo Stato i restanti 15.500 chilometri, oltre alle autostrade e ai trafori (per complessivi 6.400 chilometri).
Il criterio seguìto è stato quello della "rete", in base al quale lo Stato dovrebbe continuare a gestire un sistema organico e funzionale di arterie viarie in grado di assicurare i collegamenti importanti con gli altri Paesi, con i porti, gli aeroporti, gli interporti, nonché tutto il complesso dell’attuale rete autostradale. Contemporaneamente, le regioni diventano gestori stradali: una volta definiti gli aspetti strumentali e finanziari di questo passaggio di competenze, esse dovrebbero assicurare un più moderno funzionamento della rete viaria, in virtù della maggiore conoscenza della realtà locale e di una più diretta possibilità di dialogo tra gestore e utente.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 febbraio 2000[196], recante individuazione e trasferimento, ai sensi dell’art. 101, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998, delle strade non comprese nella rete autostradale e stradale nazionale, sono stati poi trasferiti al demanio delle regioni a statuto ordinario o al demanio degli enti locali territoriali competenti le strade o i tronchi di strade già appartenenti al demanio statale e non compresi nella rete stradale e autostradale individuata con il decreto legislativo n. 461 del 1999.
Successivamente, questa prima ripartizione è stata modificata – ma in misura molto limitata – con due D.P.C.M. del 21 settembre 2001[197]. Recentemente, il 27 settembre 2004, il Governo ha trasmesso al Parlamento quattro nuovi schemi di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (n. 407, 408, 409, 410) recanti nuove proposte di modifiche delle tabelle relative alla rete stradale di interesse nazionale e a quelle della rete trasferita alle regioni. Gli schemi (all’esame delle competenti Commissioni parlamentari) riguardano la rete stradale delle regioni Umbria, Abruzzo, Campania, Marche e determinerebbero, complessivamente, un ulteriore incremento della rete stradale d’interesse nazionale (pari a 590,701 km).
Sul processo di trasformazione dell’ANAS in società per azioni, si ricordano i dati recentemente riferiti, nel corso dell’audizione presso le Commissioni riunite VIII e IX della Camera dei deputati (27 aprile 2004), dal presidente e amministratore di ANAS SpA Vincenzo Pozzi. In quell’occasione il dott. Pozzi ha dichiarato che “il percorso di trasformazione di ANAS in società per azioni, delineato dall'articolo 7 del decreto-legge n. 138 del 2002, ha subìto una serie di aggiornamenti e integrazioni con la normativa successiva, a partire dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, per effetto della quale alcuni aspetti essenziali del processo di trasformazione stesso hanno ricevuto una migliore e più precisa configurazione rispetto alla originaria formulazione. La prima assemblea della società, svolta il 19 dicembre 2002, ha approvato lo statuto, perfezionando in tal modo, anche in sede amministrativa, il processo di trasformazione avviato sul piano normativo.
In pari data è stata stipulata la convenzione di concessione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, poi registrata alla Corte dei conti in data 20 febbraio 2003. Nell'atto di convenzione è possibile individuare dettagliatamente obblighi, competenze e facoltà inerenti alle attività oggetto di concessione.
La convenzione disciplina, tra l'altro, i flussi finanziari a favore della società per le attività di manutenzione e d'investimento, nell'intento di realizzare quella certezza del quadro economico di riferimento, oggetto di specifica raccomandazione da parte della Presidenza del Consiglio, che trova formale espressione nella direttiva del 27 novembre 2002, dimostrando ancora una volta il grado di attenzione per i problemi della infrastrutturazione del paese e, quindi, l'interesse per i soggetti attuatori degli interventi.
L'atto convenzionale stipulato tra ANAS e Ministero delle infrastrutture e trasporti individua in misura dettagliata l'ambito operativo dell'ANAS prevedendo, oltre alle funzioni tradizionalmente esercitate, anche nuovi obiettivi consistenti, tra l'altro, nella valorizzazione del patrimonio stradale e autostradale. Sul piano esterno, la nuova configurazione di ANAS SpA rende compatibili diversificazioni gestionali e sviluppi in settori accessori”.
Il comma 19 in esame prosegue specificando tre elementi:
§ le tratte devono essere suscettibili di assoggettamento a tariffa;
§ il prezzo sarà fissato con modalità concordate fra il Ministero dell’economia e le società interessate;
§ si applicano il secondo e il terzo periodo del comma 1-bis dell’articolo 7 del citato decreto-legge n. 138 del 2002.
Per quanto concerne la prevista assoggettabilità a tariffa, si ricorda, in primo luogo, che nella relazione tecnica si annette alle disposizioni in commento un effetto finanziario stimato in 3 miliardi di euro d’introito per lo Stato.
Si deve ricordare, in proposito, che dal documento “Programma infrastrutture strategiche”, allegato al DPEF 2005-2008, si ricevano alcune indicazioni sull’ipotesi di assoggettare a tariffa una parte di rete stradale che si assume avere “caratteristiche molto vicine a quelle autostradali”. Tale parte sarebbe – secondo il documento citato – pari a 4.200 Km e sarebbe attraversata giornalmente da un flusso superiore a 20.000 veicoli equivalente. Il documento affermava, in proposito, che “appare evidente quindi che se si elevassero a livello autostradale le caratteristiche dell’attuale rete e si riuscisse ad identificare un modello di tariffazione coerente con le caratteristiche dei vari segmenti che costituiscono tale rete, allora l’ANAS potrebbe, alla fine del prossimo biennio, disporre annualmente di un volano di risorse pari a 1,1 - 1,4 miliardi di euro”.
La relazione tecnica, invece, riporta che “l’ipotesi di pedaggio potrebbe riguardare in prospettiva circa 1500 Km di strade statali, fra quelle in esercizio e quelle in costruzione”, mentre ricorda che “ANAS gestisce direttamente circa 869 Km di rete autostradale sulla quale gli utenti transitano a titolo gratuito”.
È intervenuta al riguardo una precisazione,pubblicata nel sito del Ministero dell’economia (5 ottobre 2004), il cui contenuto è stato sostanzialmente confermato dal Ministro dell’economia e delle finanze nella seduta dell’Assemblea della Camera del 6 ottobre, in risposta all’interrogazione a risposta immediata presentata dall’on. Tarantino (n. 3-03795). Con tale nota, “in relazione alla cessione di strade a pedaggio, disciplinata dall’articolo 35 della Finanziaria per il 2005, il MEF precisa che le interpretazioni apparse oggi sulla stampa non corrispondono alla realtà. Infatti: l’operazione riguarda la cessione a titolo oneroso di circa 1.500 km di strade statali, tra quelle in esercizio e quelle in costruzione, ad una società che è al di fuori del perimetro della Pubblica Amministrazione, ma controllata direttamente o indirettamente dallo Stato; la stima di 3 miliardi circa di introito per lo Stato non rappresenta pedaggi per gli automobilisti, ma è il prezzo pagato dalla società acquirente a seguito della cessione; la remunerazione dell’investimento, che avviene attraverso "pedaggi ombra" (shadow toll) pagati dall’Erario alla società acquirente in funzione del traffico effettivo, non grava sugli automobilisti” [198].
Si osserva che il testo dell’articolato, così come la relazione illustrativa e la relazione tecnica, non contiene alcun elemento relativo all’ipotesi di pedaggi ombra (che comporterebbe comunque per l’erario una spesa, sia pur differita in un arco temporale indefinito).
Quanto al secondo elemento, relativo al prezzo di mercato che corrisponderebbe al trasferimento dei tratti della rete stradale nazionale, si rileva che il testo della disposizione non chiarisce se il trasferimento debba avvenire attraverso lo strumento della concessione o consista invece in un vero e proprio trasferimento di proprietà[199].
La disposizione in commento estende infine al trasferimento di tratti di rete stradale, in essa previsto, l’applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 7, comma 1-bis, secondo e terzo periodo,del D.L. n. 138 del 2002.
si osserva che tale richiamo riguarda il secondo e il terzo periodo del citato comma 1-bis, che rispettivamente disciplinano quindi gli effetti della trascrizione (articolo 2644 del codice civile) e gli effetti sostitutivi dell'iscrizione in catasto
Il citato comma 1-bis dell’articolo 7 del D.L. n. 138 del 2002 rimette ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti il trasferimento della rete autostradale e stradale nazionale all’ANAS SpA (primo periodo). La pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale produce in favore dell’ANAS SpA gli effetti previsti dall'articolo 2644 del codice civile (effetti della trascrizione degli atti) nonché effetti sostitutivi dell'iscrizione dei beni in catasto (secondo periodo). È conferito agli uffici competenti il compito di provvedere, se necessario, alle conseguenti attività di trascrizione, intavolazione e voltura (terzo periodo). Il trasferimento non modifica il regime giuridico dei beni demaniali trasferiti, previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile (quarto periodo). La definizione di modalità e valori di trasferimento e di iscrizione dei beni nel bilancio della società è parimenti rimessa a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (quinto periodo).
L’articolo 2644 del codice civile disciplina gli effetti della trascrizione degli atti relativi ai beni immobili. Il primo comma dispone che essi non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi A norma del secondo comma, quando sia seguìta la trascrizione, non può avere effetto contro colui che ha trascritto alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, quantunque l'acquisto risalga a data anteriore.
L’articolo 823 disciplina la condizione giuridica del demanio pubblico, stabilendo che beni che ne fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Il secondo comma attribuisce all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico, con facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso.
L’articolo 829 disciplina il passaggio di beni dal demanio al patrimonio pubblico, prevedendo in particolare, al primo comma, che il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato dev'essere dichiarato dall'autorità amministrativa, con atto da annunziarsi nella Gazzetta ufficiale.
Si osserva che nella disposizione in commento non è richiamato il quarto periodo del comma 1-bis dell’articolo 7 del citato D.L. n. 138 del 2002, il quale, come sopra illustrato, precisa il regime giuridico dei beni trasferiti (prevedendo il mantenimento di caratteristiche affini a quelle dei beni demaniali).
Si ricorda, a questo proposito, che, ai sensi dell’articolo 822, primo comma, del codice civile, appartengono allo Stato e fanno comunque parte del demanio pubblico, il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale. A norma del secondo comma, fanno altresì parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato: le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico, le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.
Non essendo richiamata nella disposizione in esame la norma del citato D.L. n. 138 del 2002, che assoggetta le strade trasferite all’ANAS SpA ad un regime speciale analogo a quello proprio del demanio pubblico, il trasferimento previsto dal comma 19 in commento, ove determini la cessazione della proprietà dello Stato sui tratti di rete viaria trasferita farebbe venir meno i caratteri giuridici suddetti.
Articolo 35, comma 20
(Applicabilità del codice dei beni
culturali nelle dismissioni)
20. È fatta salva l'applicazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Il comma 20 dell’articolo 35 introduce una norma di salvaguardia per i beni culturali e del paesaggio interessati dall’articolo 35 in esame, rimandando alle norme stabilite dal Codice dei beni culturali.
Si ricorda che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato il 22 gennaio 2004 (D.Lgs. 42/2004) ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2003, n. 137, ha regolato, agli articoli da 53 a 64 (Capo IV) la circolazione dei beni culturali in ambito nazionale.
In particolare, gli articoli 53-57 definiscono la nuova disciplina dell’alienabilità dei beni culturali di proprietà pubblica o di persone giuridiche private senza scopo di lucro. In primo luogo, si introduce il concetto di demanio culturale, al quale vengono ricondotti le tipologie di beni indicate all’articolo 822 del codice civile[200].
Il provvedimento distingue, in linea generale, tra due categorie di beni: beni in ogni caso inalienabili e beni alienabili a determinate condizioni.
Per quanto riguarda i beni in ogni caso non alienabili, il provvedimento amplia le tipologie attualmente previste (aree di interesse archeologico e monumenti nazionali), comprendendovi anche le raccolte di musei, pinacoteche e biblioteche, gli archivi e le opere d’arte contemporanea se facenti parte di raccolte (art. 54).
I rimanenti beni, se di appartenenza pubblica o di enti senza fine di lucro, sono alienabili previa verifica della mancanza di un loro interesse culturale ai sensi dell’articolo 12 e, negli altri casi, subordinatamente ad autorizzazione ministeriale nella quale sono indicate le prescrizioni affinché ne sia assicurata la tutela, la valorizzazione e il godimento da parte del pubblico (art. 55).
Mentre il sistema previgente operava una presunzione generale di interesse culturale, l’articolo 12 prevede che i beni in questione vengano assoggettati ad uno specifico procedimento di verifica, ferma restando, medio tempore, la loro sottoposizione alla disciplina di tutela (anche cautelare e preventiva: art. 28). L’articolo 12 riproduce, in larga misura, i contenuti dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003[201].
L’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 aveva introdotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma, in particolare, è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del testo unico dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490/1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione[202].
Il 4 marzo 2004, presso la VII Commissione della Camera, il sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali, on. Bono, in risposta ad una interrogazione dell’On. Chiaromonte (n. 5-02938), ha dichiarato che “l’articolo 27 regola una procedura straordinaria imposta dalla necessità e dall’urgenza di provvedere ad una verifica rapida di alcuni beni demaniali al fine di poter poi avviare, se del caso, le relative opere di dismissione”. Il sottosegretario ha inoltre precisato che tale procedura ha “valenza temporale limitata”. Al contrario, l’articolo 12 del Codice regola “in via generale e stabile la materia della verifica a prescindere da ogni motivo contingente e per i fini di conoscenza e catalogazione (in sostituzione degli elenchi del patrimonio pubblico previsti dalla normativa di settore fina dal 1909 e, tuttavia, com’è noto, mai predisposti)”.
Si segnala, a tale proposito, che il D.M. 6 febbraio 2004 (Verifica dell’interesse culturale dei beni immobili di utilità pubblica) ha stabilito i criteri e le modalità per la predisposizione e la trasmissione degli elenchi e delle schede descrittive dei beni oggetto di verifica relativi alla sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico, per i quali è stata predisposta una scheda descrittiva contenente tutti i dati atti a compiere la verifica di cui all’articolo 27 citato.
L’articolo 60 del Codice, infine, riserva allo stato la facoltà di acquisire in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione. In proposito, si ricorda che è prevista la possibilità di acquistare, oltre che da parte dello Stato, anche da parte delle regioni e degli altri enti pubblici, nonché il ricorso (in circostanze nella quali il prezzo non sia stato fissato dall’alienante o non sia possibile stabilirlo) alla determinazione del prezzo da parte di un terzo (e, in ultima istanza, da parte del presidente del tribunale) in caso di mancata accettazione da parte dell’alienante della determinazione del prezzo medesimo da parte del Ministero.
1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 6, commi 1, 2, e 3, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, l'articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all'Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile:
a) per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;
b) per la quota del 30 per cento degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi.
2. L'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, non si applica limitatamente alla lettera a) del comma 1.
3. L'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, si applica, limitatamente al reddito imponibile derivante dall'indeducibilità dell'imposta regionale sulle attività produttive.
4. Le previsioni di cui ai commi precedenti non si applicano alle cooperative sociali e loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.
5. Resta, in ogni caso, l'esenzione da imposte e la deducibilità delle somme previste dall'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.
6. Per le società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente resta ferma l'applicabilità dell'articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, esclusivamente con riferimento alla quota di utili netti annuali destinata a riserva minima obbligatoria, a condizione che lo statuto preveda la indivisibilità della predetta riserva.
7. Gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono indeducibili per la parte che supera l'ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90.
8. Le disposizioni dei commi da 1 a 7 si applicano a decorrere dai periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003.
Il comma 1 dell’articolo 36 riduce la quota degli utili destinati a riserve indivisibili delle società cooperative a mutualità prevalente la quale, ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1977, è esente da imposte sui redditi.
L’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, stabilisce che le riserve indivisibili delle cooperative e dei loro consorzi non concorrono a formare il reddito imponibile di tali soggetti passivi, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci, sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento.
Un primo intervento, a carattere transitorio, di riduzione della quota degli utili ai quali si applica il citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977 è stato adottato con il comma 4 dell’articolo 6 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.
Il citato comma 4 dell’articolo 6, in attesa del riordino della disciplina tributaria delle società cooperative e loro consorzi, ha dettato disposizioni valide per i due periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2001. In particolare, la lettera a) del comma 4 ha limitato l'applicazione dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1977, nella parte che prevede l'esclusione dal reddito imponibile delle somme destinate a riserve indivisibili, al 39 per cento di quanto residua dopo l'accantonamento della quota di utili destinata alla riserva minima obbligatoria, la quale resta, comunque, esclusa dalla tassazione. La successiva lettera b), relativamente alle cooperative agricole e della piccola pesca e loro consorzi, ha elevato al 60 per cento la quota di utile netto annuale non soggetta a tassazione.
Poiché l’efficacia del sopra illustrato articolo 6, comma 4, del D.L. n. 63 del 2002 è cessata a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2003, la totalità degli utili netti delle società cooperative destinati a riserve obbligatorie sarebbe esente da imposta, ai sensi del citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977.
Il comma 1 in esame assoggetta a tassazione una quota degli utili destinati a riserve indivisibili, eccedenti le quote di cui ai commi 1-3 dell’articolo 6 del D.L. n. 63 del 2002, per il commento dei quali si veda oltre. Tale quota è determinata:
a) nella misura del 20% per le cooperative agricole e loro consorzi, di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi;
b) nella misura del 30% per le altre cooperative e loro consorzi.
Il comma 1 dell’articolo 36 conferma quanto disposto dai commi 1-3 dell’articolo 6 del citato D.L. n. 63 del 2002. Pertanto resta ferma l’esclusione dal reddito imponibile delle società cooperative delle quote di utili indicate nei citati commi.
Il comma 1 dell’articolo 6 del D.L. n. 63 del 2002 prevede che le disposizioni di cui al citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977 si applicano in ogni caso alla quota degli utili netti destinati alla riserva minima obbligatoria. Pertanto si conferma, ai fini delle imposte sui redditi, l’esenzione della suddetta quota degli utili che, ai sensi dell’art. 2545-quater del codice civile, non deve essere inferiore al 30% degli utili netti annuali per la generalità delle società cooperative, e al 70%, ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 385 del 1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), per le banche di credito cooperativo.
Il comma 2 del citato articolo 6 disciplina i c.d. ristorni[203] operati dalla società cooperative e loro consorzi. Tali somme non concorrono, per i soci, a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, né costituiscono valore della produzione netta, rilevante ai fini IRAP, a condizione che siano destinate ad aumento del capitale sociale[204]. Il secondo periodo del comma 2 disciplina l'ipotesi della successiva restituzione del capitale sociale costituito mediante la destinazione delle somme sopra indicate a titolo di ristorno. In tale ipotesi la restituzione dei ristorni precedentemente imputati ad incremento del capitale sociale è soggetta ad imposta ogniqualvolta le medesime somme, ove corrisposte immediatamente, senza la preventiva destinazione ad incremento del capitale sociale, sarebbero state assoggettate a tassazione, come è previsto per i ristorni relativi ad una maggiore remunerazione dei capitali impiegati o dell’opera prestata, che costituiscono, per il socio, redditi di capitale o di lavoro dipendente (si veda a tal proposito l’articolo 7, comma 3, della legge n. 59 del 1992).
Le disposizioni del comma 2 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2001.
Il comma 3 del citato articolo 6 stabilisce che sugli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci finanziatori, purché persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, la ritenuta del 12,50% prevista dall'articolo 26, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, relativamente ai prestiti erogati alle condizioni[205] stabilite dall'articolo 13 del D.P.R. n. 601 del 1973, si applica in ogni caso a titolo di imposta e non di acconto.
Il comma 1 in esame si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all'Albo delle cooperative - Sezione cooperative a mutualità prevalente, di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Ai sensi delle citate disposizioni le società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, sono quelle che:
1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;
2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;
3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.
I criteri per la definizione della prevalenza sono dettati dall’articolo 2513 del codice civile.
Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci
Il comma 2 dell’articolo 36 dispone che sulla quota del 20% degli utili delle cooperative agricole e loro consorzi e delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi, destinati a riserve indivisibili, sottoposta a tassazione ai sensi della lettera a) del precedente comma 1, non si applicano neppure le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 10 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, consistenti nell’esenzione dalle imposte sui redditi.
Il citato articolo 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 prevede che i redditi conseguiti da società cooperative agricole e loro consorzi mediante l'allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci nonché mediante la manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci, sono esenti dalle imposte sui redditi.
Lo stesso articolo prevede inoltre che i redditi conseguiti dalle cooperative della piccola pesca e dai loro consorzi sono esenti dall'imposta sui redditi. Tale articolo contiene anche una definizione delle suddette cooperative, in relazione all’attività effettuata.
Si segnala che una disposizione, di natura transitoria, analoga al comma in esame, era contenuta nell’articolo 6, comma 4, lettera c), del citato D.L. n. 63 del 2002.
Il comma 3 dell’articolo 36, limitando la portata delle agevolazioni di cui all’articolo 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, stabilisce che è esente dalle imposte sui redditi una quota del reddito imponibile delle società cooperative di produzione e di lavoro e loro consorzi corrispondente all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) pagata sul reddito imponibile. In tal modo, in presenza delle condizioni previste dal citato articolo 11, viene sostanzialmente superata l’indeducibilità dell’IRAP prevista dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Il citato articolo 11 del D.P.R. n. 601 del 1973 stabilisce che i redditi delle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi sono esenti dalle imposte sui redditi se l'ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità, comprese le somme erogate ai soci a titolo di integrazione delle retribuzioni, non è inferiore al 50% dell'ammontare complessivo di tutti gli altri costi, tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie. Se l'ammontare delle retribuzioni è inferiore al 50%, ma non al 25%, dell'ammontare complessivo degli altri costi, le imposte sui redditi sono ridotte alla metà.
Nella determinazione del reddito delle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi sono ammesse in deduzione le somme erogate ai soci lavoratori a titolo di integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti aumentati del 20%.
Per l’applicazione del citato articolo 11 alle società cooperative di produzione, i soci devono possedere determinati requisiti, espressamente indicati.
Anche il comma 3 dell’articolo 36 riprende un’analoga disposizione, di natura transitoria, contenuta nell’articolo 6, comma 4, lettera c), del citato D.L. n. 63 del 2002.
Il comma 4 dell’articolo 36 esclude dall’applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 1-3 le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Pertanto alle cooperative sociali e ai loro consorzi si applicano integralmente, senza le limitazioni previste per le altre tipologie di cooperative, le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 12 della legge n. 904 del 1977 e dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, sopra illustrati.
Ai sensi dell’articolo 1 della sopra citata legge n. 381 del 1991, le cooperative sociali sono cooperative che hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:
a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
b) oppure
c) lo svolgimento di attività diverse, agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Si segnala che anche le limitazioni alle agevolazioni fiscali disposte, in forma transitoria, dalle lettere da a) a c) del sopra illustrato articolo 6, comma 4, del D.L. n. 63 del 2002 non erano applicabili alle cooperative sociali e ai loro consorzi (come disposto dal comma 6 dello stesso articolo 6).
Il comma 5 dell’articolo 36 fa salve l'esenzione da imposte e la deducibilità dei contributi versati dalle cooperative ai sensi dell’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.
L’articolo 11 della legge n. 59 del 1992 prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo possano costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Le società cooperative e i loro consorzi, aderenti alle suddette associazioni riconosciute, devono destinare alla costituzione e all'incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota pari al 3% degli utili annuali. Le società cooperative e i loro consorzi non aderenti alle suddette associazioni versano il corrispondente importo all’entrata del bilancio dello Stato; tali importi sono riassegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la copertura delle spese relative all’attività ispettiva di detto Ministero nei confronti delle cooperative.
Come si ricava anche dalla relazione tecnica al disegno di legge in esame, il comma 5 si applica anche alle cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente.
Il comma 6 dell’articolo 36 limita l’applicabilità dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1997 nei confronti delle società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente[206]. Per queste cooperative è esclusa dal reddito imponibile soltanto la quota di utili netti annuali destinata a riserva minima obbligatoria, a condizione che lo statuto preveda l’indivisibilità della predetta riserva.
Si ricorda che, come già osservato nel commento al precedente comma 1, la quota di utili netti destinati a riserva minima obbligatoria è del 30% per la generalità delle società cooperative (articolo 2545-quater del codice civile) e del 70% per le banche di credito cooperativo (articolo 37 del D.Lgs. n. 385 del 1993).
Il comma 7 dell’articolo 36 pone un limite alla deducibilità degli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi sulle somme versate dai soci persone fisiche. Tale limite corrisponde alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90.
La disposizione in commento fa riferimento, ai fini della deducibilità dei suddetti interessi, all’articolo 13 del D.P.R. n. 601 del 1973, il quale prevede che i versamenti dei soci e le trattenute effettuate dalla società debbono essere finalizzate al conseguimento dell'oggetto sociale e non devono superare, per ciascun socio, la somma di quaranta milioni di lire (pari a 20.658,28 euro). Tale limite è elevato a ottanta milioni di lire (pari a 41.316,55 euro) per le cooperative di conservazione, lavorazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e per le cooperative di produzione e lavoro.
Il comma 8 stabilisce infine che le disposizioni di cui ai precedenti commi da 1 a 7 si applicano a decorrere dai periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003. Tale previsione si ricollega alla scadenza del periodo di applicazione delle disposizioni transitorie dettate dal più volte citato articolo 6, comma 4, del D.L. n. 63 del 2002.
Articolo 36, commi 9 e 10
(Modalità particolari di liquidazione e
di versamento
dell'imposta sul valore aggiunto)
9. A decorrere dal 1° gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto contenute nei regolamenti di cui ai decreti del Ministro delle finanze del 24 ottobre 2000, n. 370, e n. 366, non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.
10. I soggetti di cui al comma 1 hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.
Il comma 9 stabilisce che, con decorrenza dal 1° gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità particolari di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto contenute nei regolamenti di cui ai decreti ministeriali del 24 ottobre 2000, n. 370 e n. 366, e riferite alle operazioni effettuate nei settori dei servizi di telecomunicazione, dei servizi di somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili e dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani, di fognatura e di depurazione, non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.
Il D.M. 24 ottobre 2000, n. 366,reca disposizioni in materia di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni effettuate nel settore delle telecomunicazioni, con particolare riguardo ai relativi obblighi di fatturazione e di liquidazione.
Al riguardo, l'articolo 22, primo comma, numero 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con il quale viene istituita l'imposta sul valore aggiunto, stabilisce che non è obbligatoria l'emissione della fattura, se non a richiesta del cliente, per le attività di commercio al minuto e assimilate.
L'articolo 22, secondo comma, del medesimo decreto stabilisce che l’esclusione dell’obbligo di emissione della fattura, prevista nel comma precedente dello stesso articolo, possa essere estesa, con decreto del Ministro delle finanze, ad altre categorie di contribuenti che prestino servizio al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e importo limitato tali da rendere particolarmente onerosa l'osservanza dell'obbligo di fatturazione e degli adempimenti connessi.
L’articolo 73, primo comma, lettera e), dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, rimette, tra l'altro, al Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione, con propri decreti, di particolari modalità e termini per l'emissione, numerazione e registrazione delle fatture, le liquidazioni periodiche e i versamenti relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica e simili.
L'articolo 74, primo comma, lettera d), dello stesso decreto stabilisce, in deroga a quanto disposto nei titoli primo e secondo, che l'imposta sul valore aggiunto è dovuta per le prestazioni dei gestori dei telefoni posti a disposizione del pubblico, nonché per la vendita di qualsiasi mezzo tecnico per fruire dei servizi di telecomunicazione, fissa o mobile, e di telematica, dal titolare della concessione o autorizzazione ad esercitare i servizi sulla base del corrispettivo dovuto dall'utente; il terzo comma del citato articolo 74 dispone che le modalità e i termini per l'applicazione delle disposizioni dei commi primo e secondo del medesimo articolo 74 sono stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Infine l'articolo 74, quarto comma, dello stesso decreto prevede per determinati enti e imprese la possibilità di essere autorizzati, con decreto del Ministro, ad eseguire le liquidazioni e versamenti trimestralmente anziché mensilmente senza che si applichino le disposizioni di cui all’articolo 33, relativo alle semplificazioni per i contribuenti minori in ordine alle liquidazioni e ai versamenti.
Considerato che, per l'elevato numero delle operazioni poste in essere nei confronti degli utenti, i servizi di telecomunicazione rientrano tra i servizi di cui all'articolo 73, primo comma, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e ritenuta l'opportunità di avvalersi delle facoltà conferitegli dai detti articoli per quanto concerne la determinazione di particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate, nel territorio dello Stato, nel settore delle telecomunicazioni, il Ministro dell’economia e delle finanze ha adottato il regolamento di cui al D.M. n. 366 del 2000.
Ai fini del regolamento in discorso, costituiscono servizi di telecomunicazione l'emissione, trasmissione e ricezione di segni, segnali, scritti, immagini e suoni o informazioni di qualsiasi natura, resi tramite filo, radio, cavo, o altri mezzi o sistemi elettromagnetici, elettronici, ottici e similari all'uopo predisposti dalla tecnica. Si considerano altresì servizi di telecomunicazione la cessione e la concessione di diritti di utilizzazione dei mezzi o sistemi per le predette emissioni, trasmissioni o ricezioni, la distribuzione di segnali radiotelevisivi, via cavo o satellite, la messa a disposizione di reti in cavo o satellitari, l'autorizzazione all'accesso alle reti informatiche, nonché le altre operazioni accessorie o comunque connesse ai servizi in precedenza indicati, quando le stesse sono considerate parte integrante del servizio in forza delle previsioni contrattuali.
Tale regolamento prevede che per i servizi di telecomunicazione e per le altre operazioni accessorie o comunque connesse effettuate dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, le fatture possono essere emesse in unico esemplare e ordinate secondo serie articolate di numerazioni progressive; i corrispettivi soggetti all'imposta sono indicati complessivamente in fattura, distinti per aliquota, indipendentemente dalla loro spettanza al titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale.
Il secondo esemplare delle fatture può essere sostituito da distinte meccanografiche di fatturazione ovvero da supporti magnetici o di immagini riportanti tutti gli elementi indicati in ciascuna fattura.
Sulle fatture può essere indicato, in sostituzione del numero d’ordine progressivo, il numero telefonico completo di ciascun utente, ovvero altro idoneo codice identificativo. Nei confronti dello stesso utente può essere emessa un'unica fattura per prestazioni rese in relazione a contratti distinti.
L'emissione delle fatture relative ai contributi per nuovi collegamenti, traslochi, variazioni di abbonato e altre prestazioni accessorie al contratto di abbonamento, incassati presso locali aperti al pubblico, non è obbligatoria se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell'operazione. Le eventuali fatture potranno essere emesse entro novanta giorni dalla data di effettuazione dell'operazione.
Le liquidazioni, le dichiarazioni e i versamenti periodici di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, devono essere eseguiti dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare; entro tale mese devono essere presentate le relative dichiarazioni periodiche. Ai fini delle predette liquidazioni e dichiarazioni periodiche deve tenersi conto di tutte le operazioni per le quali le registrazioni devono eseguirsi in relazione al periodo cui le stesse si riferiscono.
È intervenuto parimenti ad adottare simili modalità applicative dell’IVA il D.M. 24 ottobre 2000, n. 370, con cui è stato emanato il regolamento recante appunto particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto nei confronti di contribuenti che gestiscono il servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati e il servizio di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta, da emanarsi ai sensi degli articoli 22, comma 2, e 73, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Il Ministro dell’economia e delle finanze, infatti, ha ritenuto opportuno avvalersi della facoltà conferitagli dalle disposizioni sopra ricordate per determinare particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni relative alla somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili, all'esercizio di lampade votive nei cimiteri, alla gestione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani e del servizio di fognatura e depurazione.
In particolare, per quanto riguarda la fatturazione delle operazioni, si dispone che per l'addebito dei corrispettivi relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento urbano, nonché per le operazioni relative al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati, di fognatura e depurazione, possono essere emesse bollette che tengono luogo delle fatture, anche agli effetti di cui all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sempreché contengano tutti gli elementi di cui all'articolo 21 del medesimo decreto, salvo il numero progressivo e il domicilio dell'utente, che possono essere sostituiti rispettivamente dalla numerazione toponomastica e dall'ubicazione dell'utenza. Nei confronti dello stesso cliente può essere emessa un'unica bolletta per le somministrazioni effettuate in relazione a uno o più contratti distinti. In tal caso la numerazione progressiva prevista dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, potrà essere sostituita da un numero di conto attribuito alle specifiche aggregazioni delle posizioni contrattuali.
Con riguardo alla registrazione dei corrispettivi, si possono effettuare le prescritte annotazioni indicando i totali delle distinte meccanografiche di fatturazione relative alle bollette-fatture emesse nel corso di ciascun trimestre solare, entro il mese successivo al trimestre stesso con riferimento alla data della loro emissione.
Per quanto concerne, infine, le dichiarazioni e liquidazioni periodiche, le annotazioni di liquidazione periodica previste dall'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, possono essere effettuate entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare ed entro lo stesso termine dev’essere eseguito il versamento della relativa imposta senza corresponsione degli interessi.
Il comma 9 in esame dispone ora che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto sopra esaminate non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.
Il comma 10 specifica che i soggetti che ricadono nelle previsioni dei decreti ministeriali n. 366 e n. 370 del 2000 e che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.
Nel testo del disegno di legge, l’indicazione dei destinatari della presente disposizione è operata mediante rinvio. Per altro il riferimento è operato al comma 1, invece che al comma 9, come correttamente deve intendersi, secondo che risulta anche dalla relazione governativa.
Secondo il disposto dell’articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro.
Ai sensi dell’articolo 24 del D.P.R. n. 633 del 1972, i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all'art. 22 possono annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte. L'annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo al giorno in cui le operazioni sono effettuate.
11. Le riserve e i fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 10 per cento. La disposizione del precedente periodo non si applica alle riserve per ammortamenti anticipati.
12. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle leggi 29 dicembre 1990, n. 408, 30 dicembre 1991, n. 413, e 21 novembre 2000, n. 342, compresi quelli costituiti ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, l'imposta sostitutiva di cui al comma 1 è ridotta al 4 per cento.
13. Le riserve e i fondi di cui al comma 11 e i saldi attivi di cui al comma 12, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della società e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta previsto dall'articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dall'articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e dall'articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.
14. L'imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio di cui al comma 11 ed è versata, in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.
15. L'imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l'imposta sostitutiva è imputata al capitale sociale o fondo di dotazione, la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga all'articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice.
16. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
I commi da 11 a 16 dell’articolo 36 prevedono la possibilità di “affrancare” riserve e fondi in sospensione d'imposta, rendendole liberamente distribuibili ai soci, con il versamento di un’imposta sostitutiva.
Una previsione analoga a quella dei commi in esame era contenuta nell’articolo 4 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), prorogata di un anno dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.
Il citato articolo 4 della legge n. 448 del 2001 consentiva di affrancare, rendendole liberamente distribuibili ai soci, le riserve e gli altri fondi in sospensione d’imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o rendiconto dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2001. L’affrancamento era effettuato con il versamento di una imposta sostitutiva del 19 per cento.
L’imposta sostitutiva doveva essere liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2001 ed essere versata in tre rate annuali, nella misura del 45%, del 35% e del 20%, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dell’esercizio in corso, rispettivamente, alla data del 31 dicembre 2001, del 31 dicembre 2002, e del 31 dicembre 2003. Sull’importo delle rate successive alla prima erano dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente alle rate.
Le riserve e i fondi assoggettati all'imposta sostitutiva non concorrevano a formare il reddito imponibile dell'impresa. Si prevedeva, inoltre, l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva, che poteva essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve o ad altri fondi del bilancio o del rendiconto.
Il comma 11 dell’articolo in esame, in analogia con le richiamate disposizioni della legge n. 448 del 2001, stabilisce che le riserve e i fondi in sospensione d'imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte[207], ad imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 10 per cento.
Sono espressamente escluse dalla possibilità di affrancamento le riserve per ammortamenti anticipati.
Il comma 12 prevede un’aliquota ridotta dell’imposta sostitutiva, nella misura del quattro per cento, per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle seguenti disposizioni normative:
§ legge 29 dicembre 1990, n. 408;
La legge n. 408 del 1990 reca, tra le altre, disposizioni tributarie in materia di rivalutazione di beni delle imprese e di smobilizzo di riserve e fondi in sospensione d’imposta.
§ legge 30 dicembre 1991, n. 413;
La legge n. 413 del 1991 (c.d. legge Formica) reca, tra le altre, disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese.
§ legge 21 novembre 2000, n. 342, compresi i saldi costituiti ai sensi dell'articolo 14 della suddetta legge.
L’articolo 10 della citata legge n. 342 del 2000 consente alle società e agli enti commerciali di rivalutare i beni materiali e immateriali, con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d’impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e in società collegate costituenti immobilizzazioni. Il sopra citato articolo 14 stabilisce che l’importo corrispondente ai maggiori valori iscritti in bilancio in corrispondenza della rivalutazione è accantonato in apposita riserva.
La relazione illustrativa osserva che, nelle ipotesi sopra indicate, la misura dell’imposta sostitutiva è ridotta in considerazione della circostanza che i saldi di rivalutazione hanno già “scontato” un’imposizione sostitutiva.
Ai sensi del comma 13, le riserve e i fondi di cui al comma 11 e i saldi attivi di cui al comma 12 assoggettati all'imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa, della società o dell’ente. Lo stesso comma dispone che, in caso di distribuzione dei saldi attivi di cui al comma 12, non spetta il credito d’imposta previsto dalle seguenti disposizioni, le quali si riferiscono ai precedenti interventi di rivalutazione ricordati dal comma 12 dell’articolo 36 in esame:
§ articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408,
§ articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413,
§ articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.
Il comma 14 stabilisce che l’imposta sostitutiva dev’essere liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 e dev’essere versata in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.
Il comma 15 prevede, analogamente al precedente provvedimento sopra richiamato, l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva.
L'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere fatta, in tutto o in parte, a carico delle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l’imputazione è fatta al capitale sociale o fondo di dotazione, la norma precisa che la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga alle disposizioni contenute nell'articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma.
L’articolo 2365 del codice civile prevede che l'assemblea straordinaria delibera, tra l’altro, sulle modificazioni dello statuto.
In base all’articolo 2445, primo comma, la riduzione del capitale, quando questo risulta esuberante per il conseguimento dell'oggetto sociale, può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci. Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che l'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, la quale deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.
In sostanza, per effetto del richiamo alle suindicate disposizioni del codice civile, la riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione per effetto dell'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere deliberata dall'assemblea ordinaria e l'avviso di convocazione deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, da mantenersi entro i suddetti limiti.
Infine, il comma 16 precisa che per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni, i rimborsi nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
17. Per l'anno 2005, con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è aumentata l'aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro.
18. Per il perseguimento di obiettivi di tutela e di difesa della salute pubblica, con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto conto anche dell'andamento del mercato e delle variazioni dei prezzi di vendita al dettaglio delle sigarette, possono essere individuati criteri e modalità di determinazione di un loro prezzo minimo di vendita al pubblico.
Il comma 17 dell’articolo 36 stabilisce che, per l’anno 2005, sarà aumentata, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati, in misura tale da assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro.
Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, lettera a), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:
a) sigarette...................... 58%;
b) sigari e sigaretti............ 23%;
c) tabacco da fumo........... 54%;
d) tabacco da masticare... 24,78%;
e) tabacco da fiuto............ 24,78%.
Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dal citato articolo 28, comma 1, lett. a), dell’articolo 28 del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.
Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269,convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.
In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[208]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.
Il comma 18 dell’articolo 36 prevede che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, possano essere individuati criteri e modalità di determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico delle sigarette al fine di perseguire obiettivi di tutela e difesa della salute pubblica.
Il suddetto provvedimento direttoriale dovrà tenere conto anche dell’andamento del mercato e delle variazioni dei prezzi di vendita delle sigarette al dettaglio.
19. Al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di gioco, le percentuali delle ritenute previste dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e 17, comma 4, della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono sostituite con una ritenuta unica del dieci per cento.
20. È istituita una ulteriore estrazione settimanale del concorso Enalotto, anche non abbinato all'estrazione del Lotto; con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le disposizioni attuative occorrenti per l'eventuale estrazione non abbinata a quella del Lotto.
21. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato possono essere istituite ulteriori estrazioni settimanali del gioco del Lotto.
Il comma 19 sostituisce le ritenute sulle vincite al Lotto previste, con diverse percentuali, dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e 17, comma 4, della legge 29 gennaio 1986, n. 25 , con una unica ritenuta del 10%.
Il D.P.R. n. 600 del 1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, stabilisce, all’articolo 30, che la ritenuta sulle vincite e sui premi del lotto, delle lotterie nazionali, dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici esercitati dallo Stato, è compresa nel prelievo operato dallo Stato in applicazione delle regole stabilite dalla legge per ognuna di tali attività di giuoco.
Il comma 19 in esame fa riferimento alle percentuali delle ritenute previste da due disposizioni legislative:
§ la legge n. 699 del 1967, recante Disciplina dell'Ente “Fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto” che, all’articolo 2, nono comma, assoggetta le vincite al lotto ad una ritenuta dell'1% in favore del Fondo. La medesima legge modifica la denominazione del Fondo in “Fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto”. Con la riforma del sistema del lotto operato dalla legge n. 528 del 1982, ai sensi dell’articolo 23 la citata ritenuta dell'1% sulle vincite al giuoco del lotto è devoluta al “Fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze” di cui al D.P.R. n. 211 del 1981;
§ la legge n. 25 del 1986, recante modificazioni alla legge n. 1293 del 1957, sulla organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, nonché disposizioni in materia di procedure contabili, all’articolo 17, quarto comma, stabilisce che dalla data di effettiva introduzione del servizio automatizzato del gioco del lotto ai sensi della legge n. 528 del 1982, in aggiunta al fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze, di cui al D.P.R. n. 211 del 1981, è istituito il fondo di previdenza per il personale dell'Amministrazione dei monopoli di Stato. Al predetto fondo è iscritto di diritto il personale dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, purché non iscritto ad altri fondi di previdenza. Il fondo è alimentato da una trattenuta del 2% sulle vincite al giuoco del lotto, nonché dai proventi netti della pubblicità sugli involucri dei fiammiferi.
Sulla destinazione delle ritenute è intervenuto l’articolo 3 della legge n. 662 del 1996, che, al comma 84, ha stabilito che le ritenute sulle vincite al giuoco del lotto, di cui al nono comma dell'articolo 2 della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e al quarto comma dell'articolo 17 della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.
Le ritenute dell’1% e del 2% affluiscono al capitolo 2328 (UPB 1.2.3) dell’entrata del bilancio dello Stato, che, nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311/Tab. 1) reca una dotazione di 108 milioni di euro (il dato assestato 2004 è pari a 129 milioni).
La relazione tecnica al disegno di legge finanziaria stima che l’innalzamento delle percentuali delle ritenute (+7%) produrrà un maggior gettito pari a circa 348 milioni di euro.
Il comma 19 motiva l’incremento delle ritenute dal 3% al 10% al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di giuoco.
Il comma 20 istituisce un’ulteriore estrazione settimanale del concorso Enalotto, anche non abbinato all'estrazione del Lotto.
Qualora l’ulteriore estrazione settimanale non venga abbinata all’estrazione del Lotto, un provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ne stabilirà le disposizioni attuative.
Con decreto ministeriale del 29 ottobre 1957 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 febbraio 1958, n. 49) fu emanato il regolamento del concorso pronostici abbinato al giuoco del lotto, denominato Enalotto.
Il decreto del Ministro delle finanze del 10 ottobre 1997 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 ottobre 1997, n. 254) ha modificato tale regolamento, sopprimendo il riferimento alla cadenza settimanale del giuoco, ora comunemente definito “Superenalotto”. Attualmente vengono effettuate due estrazioni settimanali (il mercoledì ed il sabato).
Il giuoco consiste nel pronosticare i primi numeri estratti nelle ruote del lotto di Bari, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Roma, indipendentemente dalla posizione dei sei pronostici rispetto all'ordine alfabetico delle ruote.
È prevista una ulteriore possibilità di vincita qualora si indovinino cinque dei sei numeri primi estratti nelle ruote del lotto e il numero primo estratto nella ruota di Venezia, denominato numero complementare “c.d. jolly”.
Infine il comma 21 prevede la possibilità di istituire ulteriori estrazioni settimanali del giuoco del Lotto, attraverso l’emanazione di un provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
22. All'articolo 110, comma 7, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, la lettera b) è abrogata.
23. All'articolo 39, comma 7, secondo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita e,» sono abrogate.
24. All'articolo 39, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 7-bis è aggiunto il seguente:
«7-ter. La sanzione di cui alla lettera c) è applicata al gestore di apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 7, lettere a) e c), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino non conformi alle prescrizioni normative ed alle regole tecniche definite ai sensi dell'articolo 22, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».
25. All'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 3 ed al comma 4 le parole: «comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 7».
26. All'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, i commi 1 e 2 sono abrogati.
27. Il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.
I commi da 22 a 27 dell’articolo 36 intervengono sulla normativa in materia relativa a giuochi e scommesse, con particolare riferimento alla disciplina degli apparecchi e congegni da intrattenimento.
La materia è stata, da ultimo, oggetto di numerose novelle legislative ad opera dell’articolo 39, commi da 5 a 13-quinquies, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.
La relazione al disegno di legge finanziaria per il 2004 sottolinea che “i commi 22-27 rafforzano ulteriormente la tutela della liceità e regolarità del giuoco, nonché il contrasto all’evasione fiscale”.
Il comma 22 abroga la lettera b) del comma 7 dell’articolo 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – di seguito: TULPS).
Rispetto a quelli già indicati ai commi 5 e 6, il citato comma 7 individua ulteriori tipologie di apparecchi e congegni per il gioco lecito. Si tratta di:
§ apparecchi elettromeccanici privi di schermo (monitor) (gru, ruspe e redemption), attraverso cui si esprime l’abilità del giocatore (lettera a), i quali:
- sono attivabili soltanto con l’introduzione di una moneta;
- hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;
- consentono, immediatamente e direttamente dopo la partita, vincite di piccoli oggetti, non convertibili in denaro, di valore complessivo non superiore a 20 volte la giocata;
§ apparecchi automatici, semiautomatici e elettronici (lettera b):
- in cui l’abilità e l’intrattenimento sono preponderanti rispetto all’alea;
- che funzionano soltanto a moneta, non superiore a 50 centesimi di euro per partita;
- che consentono il prolungamento o la ripetizione di ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, per un massimo di 10 volte.
§ apparecchi basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi, per i quali il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi (lettera c).
La lettera b) stabilisce, inoltre, che gli apparecchi indicati possono essere impiegati dal 1° gennaio 2004 soltanto se denunziati ai sensi dell’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 e se per essi siano state assolte le relative imposte, come richiesto dalla medesima disposizione. Dal 1° gennaio 2004, i medesimi apparecchi non devono più consentire il prolungamento o la ripetizione della partita; ove non ne sia possibile la conversione in apparecchi per il gioco lecito, essi sono rimossi. Il medesimo comma 7 precisa che per la conversione degli apparecchi restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Come indicato nella relazione al disegno di legge finanziaria 2005, l’abrogazione della lettera b) ha lo scopo di “eliminare qualsiasi dubbio sulla illiceità degli apparecchi che consentono intrattenimento senza vincita in denaro, attraverso componenti minoritarie di alea”.
Il comma 23 abroga una parte del secondo periodo dell'articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2004.
L’articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 269 del 2003 ha modificato la disciplina di cui al terzo periodo dell’articolo 110, comma 7, lettera b), del TULPS. In particolare, esso prevede che il termine per la vigenza del regime transitorio di liceità degli apparecchi, stabilito nel 1º gennaio 2004dall’articolo 110, comma 7, lettera b), terzo periodo, del TULPS, è prorogato al 30 aprile 2004 relativamente ai soli apparecchi e congegni di cui al predetto comma 7, lettera b), per i quali, entro il 31 dicembre 2003, è stato rilasciato il nulla-osta di cui all’articolo 14-bis, comma 1, del D.P.R. n. 640 del 1972, e sono state assolte le relative imposte.
A decorrere dal 1º gennaio 2004, nei casi in cui non è stato rilasciato entro il 31 dicembre 2003 il citato nulla osta, e dal 1º maggio 2004, nei casi in cui è stato rilasciato il predetto nulla osta, gli apparecchi e congegni non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita.
Qualora gli apparecchi di cui alla citata lettera b) non siano stati convertiti in uno degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, ovvero comma 7, lettere a) e c), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931:
a) gli stessi sono rimossi e demoliti entro, rispettivamente, il 31 gennaio 2004 e il 31 maggio 2004, secondo le modalità stabilite con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
b) ferme restando le sanzioni previste dal comma 9 del predetto articolo 110, i relativi nulla osta perdono efficacia;
c) all’autorità amministrativa è preclusa la possibilità di rilasciare al gestore, ai sensi dell’articolo 38, commi 2 e 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ulteriori nulla osta per un periodo di cinque anni.
Il comma 23 in esame sopprime il riferimento alla possibilità che tali apparecchi consentano il prolungamento o la ripetizione della partita.
Il successivo comma 24 introduce all’articolo 39 del citato decreto-legge n. 269 del 2003 il comma 7-ter, prevedendo l’applicazione della sanzione di cui alla lettera c) – si suppone del comma 7 – al gestore di apparecchi da intrattenimento indicati alle lettere a) e c) dell'articolo 110, comma 7, del R.D. n. 773 del 1931, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino difformi dalle prescrizioni normative e dalle regole tecniche definite ai sensi dell'articolo 22, comma 1, della legge n. 289 del 2002.
Il comma 1 dell'articolo 22 della legge n. 289 del 2002 prevede l’assoggettamento della produzione, l’importazione e la gestione degli apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento a “regime di autorizzazione” da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato[209], sulla base delle regole tecniche definite d'intesa con il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza. Tali regole sono state emanate con il D.M. 11 marzo 2003 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 13 marzo 2003, n. 60).
Lo stesso comma 1 ha stabilito che sulla base delle autorizzazioni rilasciate, l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, in attesa del collegamento in rete obbligatorio entro il 31 dicembre 2003 (termine differito al 31 ottobre 2004 dal comma 5 dell’articolo 39 del decreto-legge n. 269 del 2003) per la gestione telematica degli apparecchi e dei congegni per il gioco lecito, organizza e gestisce un apposito archivio elettronico, costituente la banca dati della distribuzione e cessione dei predetti apparecchi e congegni per il gioco lecito.
Il comma 25 novella i commi 3 e 4 dell'articolo 38 della legge n. 388 del 2000, come sostituito dall’articolo 22, comma 2, della legge n. 289 del 2003, relativo al nulla osta rilasciato dall'Amministrazione finanziaria per gli apparecchi da divertimento e intrattenimento, disponendone l’introduzione anche per gli apparecchi indicati al comma 7 (apparecchi senza vincite in denaro) dell’articolo 110 del TULPS, di una verifica tecnica analoga a quella già prevista dal citato articolo 38 per gli apparecchi che consentono vincite in denaro (comma 6 dell’articolo 7 del TULPS).
A tal fine il comma 27 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, della legge n. 388 del 2000, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.
Il comma 26 abroga i commi 1 e 2 del citato articolo 38 della legge n. 388 del 2000, come sostituito dall’articolo 22, comma 2, della legge n. 289 del 2003.
Il citato comma 1 autorizzava il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato a rilasciare i nulla osta ai produttori e agli importatori degli apparecchi e congegni di cui all'articolo 110, comma 7, del TULPS, nonché ai loro gestori. A tal fine, con la richiesta di nulla osta per la distribuzione di un numero predeterminato di apparecchi e congegni, ciascuno identificato con un apposito e proprio numero progressivo, i produttori e gli importatori autocertificano che gli apparecchi e i congegni sono conformi alle prescrizioni stabilite dall'articolo 110, comma 7, del predetto testo unico, e che gli stessi sono muniti di dispositivi che ne garantiscono l’immodificabilità delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi, con l'impiego di misure, anche in forma di programmi o schede, che ne bloccano il funzionamento in caso di manomissione o, in alternativa, con l'impiego di dispositivi che impediscono l'accesso alla memoria. I produttori e gli importatori autocertificano inoltre che la manomissione dei dispositivi ovvero dei programmi o delle schede, anche solo tentata, risulta automaticamente indicata sullo schermo video dell'apparecchio o del congegno ovvero che essa è dagli stessi comunque altrimenti segnalata. I produttori e gli importatori approntano, per ogni apparecchio e congegno oggetto della richiesta di nulla osta, un'apposita scheda esplicativa delle caratteristiche tecniche, anche relative alla memoria, delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi, dei dispositivi di sicurezza, propri di ciascun apparecchio e congegno. I produttori e gli importatori consegnano ai cessionari degli apparecchi e dei congegni una copia del nulla osta e, sempre per ogni apparecchio e congegno ceduto, la relativa scheda esplicativa. La copia del nulla osta e la scheda sono altresì consegnate, insieme agli apparecchi e congegni, in occasione di ogni loro ulteriore cessione.
Il comma 2 prevede che i gestori degli apparecchi e dei congegni prodotti o importati dopo il 1º gennaio 2003 richiedono il nulla osta previsto per gli apparecchi e congegni dagli stessi gestiti, precisando per ciascuno, in particolare, l'appartenenza ad una delle tipologie di cui all'articolo 110, comma 7, del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Articolo 36, comma
28
(Detraibilità dell’IVA sugli acquisti di
motoveicoli e autoveicoli)
28. All'articolo 30, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: « 31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: « 31 dicembre 2005».
Il comma 28 proroga al 31 dicembre 2005 il regime di parziale indetraibilità dell’IVA relativa agli acquisti di ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 19-bis 1 del D.P.R. n. 633 del 1972.
L'articolo 19-bis 1 del D.P.R. n. 633 del 1972 dispone, al comma 1, lettera c), l'esclusione della detrazione IVA per l'acquisto o l'importazione, la manutenzione e riparazione, la locazione finanziaria o il noleggio di ciclomotori, motocicli ed autovetture, come indicati alle lettere a) e c) dell’articolo 54 del codice della strada, non adibiti ad uso pubblico e che non formino oggetto dell'attività propria dell'impresa, salvo che per gli agenti e i rappresentanti di commercio.
L'articolo 30 della legge n. 388 del 2000 ha attenuato parzialmente la portata della disposizione di proroga, introducendo una parziale detraibilità, nella misura del 10% del relativo ammontare, per l’acquisto, l’importazione e l’acquisizione, mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio o simili, dei veicoli richiamati in precedenza. L'indetraibilità è ridotta al 50% nel caso di veicoli con propulsori non a combustione interna, ad esempio motori elettrici. L’IVA continua, invece, ad essere integralmente detratta per le spese di impiego, custodia, manutenzione e riparazione degli stessi veicoli.
L’indetraibilità dell’IVA in questione è stata prevista, dal comma 4 dell’articolo 30 della legge n. 388 del 2000, sino al 31 dicembre 2001 e successivamente estesa:
§ al 31 dicembre 2002 dall’articolo 9, comma 4, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002);
§ al 31 dicembre 2003 dall’articolo 2, comma 13, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);
§ al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 17, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);
Si ricorda che l’indetraibilità in questione si configura quale deroga alla disciplina di cui all'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE in materia di sistema comune IVA (c.d. sesta direttiva IVA), che afferma il principio del diritto a deduzione integrale dell'IVA versata a monte da un soggetto passivo nel quadro della sua attività soggetta a imposta[210].
In proposito, la circolare 3 gennaio 2001, n. 1, dell’Agenzia delle entrate (paragrafo 2.3.4) ha rilevato che la proroga di tale regime operata dalla legge n. 388 del 2000, nonché la previsione della parziale detraibilità, nella misura del 10%, per l’acquisto, l’importazione e l’acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio o simili dei veicoli richiamati in precedenza, erano fondate sulla "presa d'atto" formale adottata dal Comitato IVA, in data 14 novembre 2000, in relazione alla consultazione proposta dall'Italia, ai sensi dell'articolo 29 della sesta direttiva. L'Italia in tale sede s’impegnava a consentire una parziale detrazione dell'IVA sulle spese di acquisto e importazione dei predetti mezzi di trasporto, mantenendo l’indetraibilità dell'imposta per le spese di manutenzione e riparazione e per quelle di approvvigionamento di carburanti e lubrificanti.
Articolo 36, comma
29
(Redditi di lavoro dipendente prestato
all’estero in zone di frontiera)
29. All'articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per l'anno 2003 e per l'anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004 e 2005».
Il comma 29 modifica il comma 11 dell’articolo 2 della legge n. 289 del 2002, al fine di estendere anche al 2005, i benefìci fiscali relativi ai redditi di lavoro dipendente realizzati dai c.d. “frontalieri”.
Il comma 11 del richiamato articolo 2 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha disposto l'esenzione dall’IRPEF per una quota di redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera. In particolare, è inclusa nella base imponibile la quota dei richiamati redditi eccedente gli 8.000 euro.
Più precisamente, il richiamato beneficio spetta ai redditi di lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato[211].
L’esenzione, prevista dalla legge n. 289 del 2002, limitatamente al 2003, è stata estesa anche al 2004 dall’articolo 2, comma 12, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004).
La circolare 15 gennaio 2003, n. 2, dell’Agenzia delle entrate, ribadendo, tra l’altro, quanto già contenuto nella circolare 3 gennaio 2001, n. 1 della medesima Agenzia, esplicativa della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) ha precisato che la disposizione in esame si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria, San Marino, Stato Città del Vaticano) o in paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco) per svolgere la prestazione di lavoro.
Non rientrano, invece, nella previsione di cui all’articolo 2, comma 11, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di un periodo di 12 mesi.
A tali lavoratori si applica, invece, il regime di tassazione previsto dall'articolo 51 (già articolo 48), comma 8-bis, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, introdotto dall’articolo 36 della legge n. 342 del 2000 (c.d. collegato fiscale)[212].
Articolo 36, comma 30
(Limite di deducibilità dei contributi di
assistenza sanitaria
dal reddito di lavoro dipendente)
30. Per l'anno 2005 il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.
Il comma 30 fissa in 3.615,20 euro (equivalenti a lire 7.000.000 circa), il limite di deducibilità dal reddito di lavoro dipendente dei contributi di assistenza sanitariaversati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
L’articolo 51 (ex articolo 48) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, come determinato dal decreto legislativo n. 344 del 2003, al comma 2, lettera a), fissa tale limite a 7 milioni di lire (3.615,20 euro) fino all'anno 2002; esso, nella disciplina attuale, è ridotto a 6 milioni di lire (3.098,74 euro) per l'anno 2003 e diminuito ulteriormente negli anni successivi, in ragione di 500.000 lire (258,23 euro) annue, fino a 3,5 milioni di lire (1.807,60 euro).
Per il 2005 l’importo sarebbe pertanto determinato in 5 milioni di lire (2.582,28 euro).
Peraltro, la suddetta lettera a) prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2003, l'importo deducibile, fermi restando i limiti summenzionati, sia pari alla differenza tra un valore base di lire 6.500.000 e la misura dei contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale [contributi, questi ultimi, deducibili ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera e-ter), del medesimo testo unico, entro un limite pari a lire: 3.000.000 per gli anni 2003 e 2004; 3.500.000 per gli anni 2005 e 2006; 4.000.000 a decorrere dal 2007][213].
Il comma 118 dell’articolo 3 della legge finanziaria per il 2003 aveva già fissato tale limite in euro 3.615,20 per il 2003 e per il 2004, evitando l’applicazione del limite più basso previsto a regime dall’articolo 51 del TUIR.
31. All'articolo 11 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, concernente il regime speciale per gli imprenditori agricoli, come modificato dall'articolo 19, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5, primo e secondo periodo, le parole: «anni dal 1998 al 2004» sono sostituite dalle seguenti: «anni dal 1998 al 2005»;
b) al comma 5-bis, le parole: « 1° gennaio 2005» sono sostituite dalle seguenti: « 1° gennaio 2006».
Il comma 31 dell’articolo 36, modificando l’articolo 11 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, interviene in materia di regime speciale IVA per il settore agricolo.
In particolare, la lettera a) del comma 31 proroga ulteriormente all’anno 2005 l’applicazione del suddetto regime speciale ai produttori che realizzino un volume di affari superiore a 40 milioni di lire (20.658,28 euro), differendo, di conseguenza, al 1° gennaio 2006 l’applicazione del regime ordinario per tali soggetti.
Il settore agricolo si è tradizionalmente avvalso di un regime IVA speciale, la cui disciplina è dettata dall'articolo 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, applicabile limitatamente ai produttori agricoli che nell’anno solare realizzino un volume di affari compreso tra 15 e 40 milioni di lire. La disposizione ha subìto significative modifiche, in particolare per effetto della riformulazione disposta dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 313 del 1997, che ha, inoltre, esteso con alcuni adattamenti, per gli anni 1998 e 1999, l’applicazione del regime agevolato in questione anche ai soggetti che realizzino un volume di affari superiore 40 milioni di lire (pari a 20.658,28 euro). Tale ultima previsione è stata successivamente prorogata, in considerazione delle difficoltà riscontrate dagli operatori del settore con riferimento agli adempimenti necessari al passaggio al regime ordinario, all’anno 2000, dall’art. 1 del D.L. n. 21/2000 (convertito dalla legge n. 92/2000); al 2001, dall’art. 31, co. 2, lett. a), della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001); al 2002, dall’art. 9, co. 8, lett. b), della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002); al 2003, dall’art. 19, co. 2, lett. b), della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) e, da ultimo, al 2004, dall’art. 2, co. 2, lett. b), della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004) [214].
Il regime speciale di cui al citato articolo 34 si differenzia, rispetto a quello ordinario, essenzialmente per i diversi criteri di detrazione e di applicazione dell'imposta. La detrazione dell’imposta, infatti, è forfetizzata in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare delle cessioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole .
In sostanza, gli agricoltori non detraggono dall'IVA sulle vendite dei prodotti agricoli l’imposta effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi, ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.
La stessa lettera a) del comma 36 in esame proroga, inoltre, anche per il 2005, l’applicazione dell’IVA alle cessioni di prodotti agricoli e ittici con le aliquote proprie dei singoli prodotti, ferma restando la detrazione sulla base delle percentuali di compensazione. Per i passaggi dei suddetti prodotti agli enti, alle cooperative e agli altri organismi associativi che si avvalgono del regime speciale, effettuati da parte di produttori agricoli, soci o associati che applicano lo stesso regime, l'imposta si applica con le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione.
Si ricorda che la legge 7 aprile 2003, n. 80, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, prevede, all’articolo 5, comma 1, lettera c), la razionalizzazione dei sistemi speciali IVA, in funzione della particolarità dei settori interessati.
Va infine evidenziato che la possibilità di applicare al settore agricolo un regime agevolato, mediante la forfetizzazione della detrazione, è espressamente prevista dall’articolo 25 della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva IVA), subordinatamente alle condizioni e ai presupposti indicati nel medesimo articolo.
La lettera b) del comma 36 proroga infine all’anno 2005 il regime speciale anche per le imprese che esercitano contemporaneamente più attività.
Si ricorda che, in base al comma 10 dell’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, come riformulato dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 313 del 1997, le attività svolte da una medesima impresa agricola, da cui derivino i prodotti assoggettati al regime speciale di cui al comma 1 dell’articolo 34, “sono in ogni caso unitariamente considerate”, ai fini dell’applicazione dell’articolo 36 dello stesso D.P.R..
Articolo 36, comma 32
(Proroga delle esenzioni per le aree
terremotate)
32. Il termine previsto dall'articolo 43, comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166, prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall'articolo 2, comma 19, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2005.
Il comma 32 dell’articolo 36 proroga al 31 dicembre 2005 il termine per l’esenzione dalle imposte di bollo, registro, ipotecarie e catastali nonché dalle tasse di concessione governativa stabilita per atti, contratti, documenti e formalità occorrenti per la ricostruzione o la riparazione degli immobili distrutti o danneggiati nei comuni della valle del Belice, colpiti dagli eventi sismici del gennaio 1968.
Il comma 3 dell’articolo 43 della legge n. 166 del 2002 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti) aveva disposto l'esenzione in argomento con efficacia retroattiva, a decorrere dal 1° gennaio 1968 e fino al 31 dicembre 2002. La norma, infatti, era volta a rimuovere il contenzioso in atto circa l’individuazione nel regime applicabile alle fattispecie richiamate. In materia è successivamente intervenuto l’articolo 2, comma 19, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), che ha prorogato per l’anno 2004 il beneficio stabilito dal citato articolo 43, comma 3, della legge n. 166/2002, fissando al tempo stesso un limite massimo di spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2004.
Ai sensi della disposizione prorogata, non si fa luogo a restituzione di imposte eventualmente già pagate. Non è quindi ammessa la ripetizione, nei confronti dello Stato, di tributi che siano stati versati, ancorché non dovuti in base alla norma, sebbene introdotta con efficacia retroattiva.
La norma in esame, a differenza della precedente disposizione di proroga relativa all’anno 2004 (art. 2, co. 16, della legge n. 350 del 2003) non fissa alcun limite massimo di spesa.
Articolo 36, comma 33
(Agevolazioni per la manutenzione e la
salvaguardia dei boschi)
33. All'articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».
Il comma 33 dell’articolo 36 proroga al 31 dicembre 2005 il termine relativo alla fruizione della detrazione IRPEF per gli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi.
Il richiamato beneficio è stato introdotto, per l’anno 2002, dall’articolo 9, comma 6, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), ai sensi del quale le disposizioni in materia di detrazione IRPEF sulle spese di ristrutturazioni previste dall’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 possono essere applicate, ai fini di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto geologico, anche alle spese sostenute per la manutenzione e salvaguardia dei boschi. Il richiamato comma 6, in particolare, ha previsto per il contribuente la facoltà di fruire della detrazione in cinque o in dieci quote annuali di pari importo.
L’articolo 19, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha disposto la proroga del beneficio al 2003 e ha introdotto un limite massimo di spesa complessiva, cui è applicabile la detrazione, fissato in 100.000 euro.
L’articolo 2, comma 12, lettera c), della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha prorogato al 31 dicembre 2004 le disposizioni del citato articolo 19, comma 3, della legge n. 289 del 2002.
La misura della detrazione disposta dal comma in esame, non essendo espressamente prevista, sembrerebbe dover essere quella fissata nell’articolo 1 della legge n. 449 del 1997.
Si può osservare, inoltre, che, mentre nella legge n. 448 del 2001 le detrazioni sono destinate “ai fini dell'adozione urgente di misure di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto geologico”, la proroga disposta dalla legge n. 289/2002 è finalizzata ad “esigenze di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi da dissesto idrogeologico”.
Pertanto, la proroga per il 2003, così come quella disposta dal comma in esame per il 2005, sembrerebbe riguardare in modo esclusivo gli interventi realizzati per le esigenze di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di una particolare tipologia di dissesto geologico, quale appunto è il dissesto idrogeologico.
34. All'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i cinque periodi d'imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per i sei periodi d'imposta successivi l'aliquota è stabilita nella misura dell'1,9 per cento; per il periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2005 l'aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».
Il comma 34 dell’articolo 36, modificando l’articolo 45, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, fissa anche per il 2004 all’1,9%, anziché al 3,75%, l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP),relativamente ai soggetti operanti nel settore agricolo e della pesca. La disposizione in esame stabilisce inoltre che, per il periodo d’imposta 2005, l’aliquota è pari al 3,75%.
Occorre ricordare, in proposito, che l’articolo 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, include tra i soggetti passivi i produttori agricoli titolari di reddito agrario, ai sensi dell’articolo 32 del TUIR. Sono tuttavia esclusi dall’imposta i produttori agricoli con un volume d’affari annuo non superiore a 2.582,28 euro (5 milioni di lire) – ovvero a 7.746,85 euro (15 milioni di lire) se operano in comuni montani – che sono anche esonerati dagli adempimenti IVA.
Il comma 1 dell’articolo 45 del D.Lgs. n. 446 del 1997 aveva previsto, per il settore in esame, un’aliquota IRAP del 2,5% per il 1998 (primo anno di entrata in vigore dell’imposta) e aliquote crescenti per il successivo triennio. Tuttavia, disposizioni successive[215] sono intervenute di anno in anno sulla misura dell’aliquota, in modo tale che la stessa è stata sempre applicata, sin dal 1998, nella misura dell’1,9%, rinviandosi agli anni successivi l’entrata in vigore di aliquote in misura maggiore.
Articolo 36, comma 35
(Formazione e arrotondamento della
proprietà contadina)
35. Il termine del 31 dicembre 2004, di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2005.
Il comma 35 dell’articolo 36 proroga al 31 dicembre 2005 il termine per le agevolazioni fiscali previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, già prorogate, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall’art. 2, comma 3, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004)[216].
Le citate agevolazioni fiscali sono dettate dalla legge 6 agosto 1954, n. 604 (e successive modifiche e integrazioni) e consistono nell’esenzione dall’imposta di bollo e nella riduzione delle imposte ipotecarie e di registro applicabili agli atti (di compravendita, permuta, affitto, concessione in enfiteusi, ecc.) posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina. Le suddette agevolazioni sono applicabili quando:
1. l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;
2. il fondo oggetto dell’atto sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà od enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso;
3. l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro.
Il trattamento tributario agevolato, del quale si dispone la proroga, si può pertanto così riassumere:
- l'imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 129,11 euro (lire 250.000) (mentre l'aliquota ordinaria è pari al 15% del valore dichiarato nell'atto, oppure è ridotta all'8% in caso di acquisto da parte di un imprenditore agricolo a titolo principale);
- l'imposta catastale è dovuta nella misura ordinaria dell'1% del prezzo dichiarato nell’atto;
- l'imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di 129,11 euro (lire 250.000) (l'aliquota ordinaria è pari al 2% del valore);
- il contratto è esente da imposta di bollo.
Articolo 36, comma
36
(Benefìci fiscali e previdenziali
per la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari)
36. Per l'anno 2005 sono prorogate le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Il comma 36 dell’articolo 36 proroga, per l'anno 2005, le disposizioni recate dall'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), già prorogate per l'anno 2004 dall'articolo 2, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).
Il citato articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha esteso, per gli anni 2001-2003, nel limite del 70%, i benefìci fiscali e previdenziali di cui agli articoli 4 e 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.
L’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, come successivamente modificato e integrato, prevede:
- la concessione di un credito d'imposta a favore dei soggetti che svolgono attività produttiva di reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale[217]. Il credito d'imposta è attribuito in misura corrispondente all'IRPEF dovuta sulle retribuzioni e sui compensi – rispettivamente per lavoro dipendente e autonomo – corrisposti ai marittimi che operano a bordo delle navi iscritte nel registro stesso. Il beneficio in esame vale ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative ai redditi suddetti e non concorre alla formazione del reddito imponibile dell'impresa. Il credito d'imposta è riconosciuto anche ai soggetti che, in base a rapporti contrattuali con l'armatore, esercitano a bordo di navi da crociera attività commerciali complementari, accessorie o comunque relative alla prestazione principale;
- un abbattimento nella misura dell’80% – ai fini delle imposte sui redditi e a partire dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 1998 – del reddito derivante dall'utilizzo delle navi iscritte nel Registro internazionale. Anche tale agevolazione è stata estesa al reddito derivante dall'esercizio a bordo di navi da crociera delle attività ricordate al precedente punto, anche se esercitate da terzi in base a rapporti contrattuali con l'armatore.
In sostanza, con riferimento alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari (oggetto del comma in esame), l’estensione del beneficio di cui al sopra illustrato articolo 4 determina, secondo quanto specificato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate 3 gennaio 2001, n. 1, al paragrafo 1.8:
- la concessione alle imprese stesse di un credito d’imposta in misura corrispondente al 70% dell’IRPEF dovuta sulle retribuzioni di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposte al personale di bordo imbarcato;
- l’imponibilità del reddito derivante dall’esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi, nella misura del 44%.
L'articolo 6 del medesimo D.L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 1998, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi al personale imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale; il beneficio concerne anche le quote a carico dei lavoratori.
Anche questo beneficio è stato esteso dall’articolo 11 della legge n. 388 del 2000 alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari nel limite del 70%: per questi soggetti l’esonero contributivo non è quindi totale, ma opera soltanto in tale misura.
37. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2005, si applicano:
a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all'articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l'aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;
b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale di cui all'articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane ed in altri specifici territori nazionali, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1° ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all'articolo 6 del decreto-legge 1° ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;
e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all'articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al comma 2 dell'articolo 13 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;
g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui al comma 6 dell'articolo 21 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all'articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Il comma 37 dell’articolo 36 dispone l'applicazione di alcune agevolazioni in materia di accise di alcuni prodotti energetici dal 1° gennaio 2005 (data di entrata in vigore della legge finanziaria ai sensi del successivo articolo 38, comma 3) fino al 31 dicembre 2005.
La lettera a) prevede, sino al 31 dicembre 2005, il rinnovo della riduzione delle aliquote di accisa:
- sulle emulsioni stabilizzate di olî da gas ovvero di olio combustibile denso con acqua, contenuta in misura variabile dal 12 al 15% in peso, idonee all’impiego nella carburazione e nella combustione, prevista dall’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) e più volte prorogata[218];
- sulle medesime emulsioni stabilizzate autoprodotte e utilizzate, dai medesimi soggetti, per usi di trazione e di combustione, e limitatamente ai quantitativi necessari al fabbisogno dei soggetti stessi, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 del D.L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002[219].
Per effetto della disposizione in esame l’accisa per le emulsioni stabilizzate di olî da gas ovvero di olio combustibile denso con acqua sarà applicata nella misura di 256,70 euro per mille litri, a fronte dei 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri in vigore sino al 31 dicembre 2004, determinandosi, quindi un incremento di 11,54 euro per mille litri.
L’accisa per le citate emulsioni stabilizzate autoprodotte resta, invece, fissata nella misura originaria di 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri.
L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.
Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, s’intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.
In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).
L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A.
L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato.
Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.
Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione, prevede l’applicazione di un’aliquota ridotta di accisa alle emulsioni acqua/gasolio e acqua/olio combustibile pesante a decorrere dal 1° ottobre 2000 e fino al 31 dicembre 2005, a condizione che tali aliquote differenziate siano conformi agli obblighi stabiliti dalla direttiva medesima, in particolare alle aliquote minime di accisa.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tali agevolazioni, un costo stimabile in 9,95 milioni di euro per il 2005
La lettera b) del comma 37 ripropone per l’anno 2005 le disposizioni in materia di riduzione dell'accisa sul gas metano, nella misura del 40%, per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi annui.
Anche tale misura agevolativa, introdotta originariamente dall’articolo 24, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), è stata oggetto di successive proroghe ad opera dell’articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330/2001, per il periodo 1° luglio 2001-30 settembre 2001 e dell’articolo 4 del D.L. n. 356/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418/2001, per il periodo 1° ottobre 2001-31 dicembre 2001. Successivamente tale ultima disposizione è stata ulteriormente prorogata, da ultimo, fino al 30 giugno 2003, dall’articolo 21, comma 2, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e per il periodo 2 ottobre 2003-31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
La misura dell’aliquota di accisa per il gas metano usato per combustione per usi industriali, era stata fissata in 0,012 euro (lire 24,2) per metro cubo dal D.P.C.M. 15 gennaio 1999, n. 287, adottato in attuazione dell'articolo 8 della legge n. 448/1998, concernente la cosiddetta carbon tax.
Pertanto, in base alla disposizione in esame, la misura dell’aliquota è pari a 0,007 euro (14,52 lire) al metro cubo.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 88,76 milioni di euro per il 2005.
La lettera c) del comma 37 dispone l’ulteriore proroga, sino al 31 dicembre 2005, dell’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone geografiche individuate dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998.
La richiamata agevolazione si sostanzia in un’ulteriore riduzione del costo del gasolio da riscaldamento ovvero del costo del GPL[220].
Infatti, alla riduzione di costo introdotta dall’articolo 1 del D.P.R. n. 361 del 1999 (0,103 euro per litro di gasolio e 0,133 euro per chilogrammo di GPL), è stata aggiunta un’altra agevolazione dall’articolo 4 del D.L. n. 268 del 2000, convertito dalla legge n. 354 del 2000. Tale beneficio consiste in una ulteriore riduzione del costo pari a 0,026 euro per ciascun litro di gasolio e per ciascun chilogrammo di GPL, limitatamente al periodo 3 ottobre-31 dicembre 2000. L’agevolazione è stata successivamente prorogata, per il periodo dal 1° ottobre 2001 al 31 dicembre 2001 dall’articolo 5 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001, e, da ultimo, sino al 31 dicembre 2004 dall'articolo 21, comma 3, della legge finanziaria n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), come modificato dall’articolo 2, comma 12, lettera d), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004).
Per effetto della disposizione in esame, sino al 31 dicembre 2005 troverà applicazione l’ulteriore riduzione pari a 0,026 euro (50 lire) per ogni litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento e per ogni chilogrammo di GPL.
L’agevolazione totale consiste, pertanto, in una riduzione complessiva pari a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL.
Il suddetto beneficio, che non è cumulabile con altre agevolazioni in materia di accise, è applicabile ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nei comuni, o nelle frazioni dei comuni:
- ricadenti nella zona climatica F di cui al D.P.R. n. 412/1993; vale a dire che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del medesimo D.P.R. n. 412/1993[221];
- facenti parte di province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricade nella zona climatica F;
- della regione Sardegna e delle isole minori, per i quali viene esteso anche ai gas di petrolio liquefatti confezionati in bombole;
- non metanizzati ricadenti nella zona climatica E[222], di cui al citato D.P.R. n. 412/1993, e individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Il suddetto beneficio è applicabile altresì ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nelle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al predetto D.P.R. n. 412/1993, esclusi dall'elenco redatto con il medesimo decreto del Ministro delle finanze, e individuate annualmente con delibera di consiglio dagli enti locali interessati[223].
Si ricorda che con la decisione 2001/224/CE del Consiglio, l’Italia è stata autorizzata, in deroga alle disposizioni della direttiva 92/82/CEE, ad applicare, sino al 31 dicembre 2006, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, aliquote ridotte di accisa sul gasolio domestico per riscaldamento e sul GPL usato come combustibile per il riscaldamento e distribuito dalle reti locali, a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 92/82/CEE. In base a tali disposizioni, l'aliquota minima dell'accisa sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata, rispettivamente, in 18 euro per 1.000 litri e in 0 euro per 1.000 litri.
La direttiva 2003/96/CE del Consiglio, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha disposto l’abrogazione, con effetto dal 31 dicembre 2003, della citata direttiva 92/82/CEE.
Peraltro, in base all’articolo 18 e all’allegato II alla direttiva 2003/96/CE, resta ferma la possibilità per l’Italia di applicare, sino al 31 dicembre 2006, l’aliquota ridotta sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento, sempre a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa previste dalla stessa direttiva.
Ai sensi all’articolo 9 della direttiva 2003/96/CE e dell'allegato I alla medesima direttiva, a decorrere dal 1° gennaio 2004 l'aliquota minima dell'accisa, rispettivamente, sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata a 21 euro per 1000 litri e a 0 euro per 1000 litri.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 54,9 milioni di euro per il 2005.
La lettera d) del comma 37 rinnova sino al 31 dicembre 2005, le disposizioni in materia di agevolazione per il calore fornito dalle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero con energia geotermica.
In particolare, si dispone l'applicazione, dell’aumento di 0,015 euro (30 lire), per ogni chilowattora di calore fornito, della misura del credito di imposta previsto a favore dei soggetti che utilizzano, quale fonte di energia alternativa, le reti di riscaldamento alimentate con biomasse o con energia geotermica, di cui all’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448/1998.
L’aumento era già stato stabilito, per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2001, dall’articolo 27, comma 5, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) ed è stato prorogato, da ultimo, sino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17, comma 1, lettera c) del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
Si ricorda che il comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998 ha disposto circa la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni sulla cosiddetta carbon tax, individuando, in particolare, alcune agevolazioni fiscali compensative. Tra le finalità ammesse a tali agevolazioni, la lettera f) prevede l’adozione di incentivi (nei confronti dei produttori) per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche E ed F, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilowattora di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente. Successivamente, l’articolo 60 della legge n. 342/2000 (cd. collegato fiscale) ha stabilito che la richiamata agevolazione sia usufruibile anche dagli impianti e dalle reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.
Con l’articolo 27, comma 5, della legge n. 388/2000 è stato previsto, per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2001, un ulteriore sconto, sempre sotto forma di credito d’imposta, di lire 30 per ogni chilowattora di calore fornito con le fonti energetiche individuate nella lettera f), del citato comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 488/1998.
Da ultimo, si ricorda che l’articolo 29 della legge n. 388/2000 ha previsto la concessione, a partire dal 1° gennaio 2001, di un contributo, corrisposto nella forma del credito d’imposta, pari a lire 40.000 per ogni kw di potenza impegnata, a favore degli utenti che si collegano ad una rete di teleriscaldamento alimentata dall'energia geotermica o da biomassa. Ciò comporta una riduzione dei costi di allacciamento alla rete, di cui beneficiano i nuovi utenti che si collegano a tali reti, nonché gli utenti che aumentano la potenza impegnata.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria, trattandosi di un credito di imposta, indica, per il rinnovo di tale agevolazione, una perdita di gettito in termini di cassa pari a 11,1 milioni di euro per il 2005 e a 12 milioni di euro per il 2006.
La lettera e) del comma 37 prevede il rinnovo di agevolazioni in materia di accisa sul gas metano per usi civili.
In particolare, i comma in esame dispone l'applicazione fino al 31 dicembre 2005, della riduzione dell’aliquota d’accisa per i consumi di gas metano disposta, per gli anni 2001 e 2002, dall’articolo 27, comma 4, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001).
L'agevolazione è stata da ultimo prorogata sino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 25del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
L’agevolazione consiste nella applicazione dell’aliquota nella misura di euro 0,04 (lire 78,79), per metro cubo, per il gasolio utilizzato per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 cubi annui e ad euro 0,14 (lire 261,68), per metro cubo, per il gasolio utilizzato per gli altri usi civili.
Si ricorda che tale riduzione opera per i consumi di gas metano, per combustione per usi civili, nelle province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricada nella zona climatica F, di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999).
Ricadono nella zona climatica F, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del D.P.R. n. 412/1993[224].
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica un costo stimabile per il rinnovo di tale agevolazione in 17,71milioni di euro per il 2005.
La lettera f) del comma 37 proroga sino al 31 dicembre 2005 l’estensione della riduzione di costo del gasolio e del GPL, usati come combustibile per riscaldamento, alle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni facenti parte della fascia climatica E[225].
L’agevolazione si applica con riferimento alle parti di territorio comunale individuate con apposita delibera del consiglio comunale, ancorché la frazione non metanizzata sia ubicata nella sede municipale.
La riduzione di costo, pari complessivamente a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL è prevista dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448/1998, anch’essa prorogata al 31 dicembre 2005 dalla precedente lettera c) del comma 37 in esame (alla cui scheda si rinvia).
L’estensione della riduzione di costo alle suddette frazioni non metanizzate è stata disposta, limitatamente agli anni 2002 e 2003, dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) “in attesa della revisione organica del regime tributario dei prodotti energetici”.
Il comma 2 era stato adottato in riferimento alle norme di carattere interpretativo, introdotte dall’articolo 4, commi 2 e 3, del D.L. n. 268/2000, al fine di precisare il significato da attribuire alla locuzione “frazione di comune”, di cui alla citata lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998.
Si ricorda, infatti, che il comma 2 dell’articolo 4 precisa che per "frazioni di comuni" si intendono le porzioni edificate di cui all'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412/1993[226], ubicate a qualsiasi quota, “al di fuori del centro abitato ove ha sede la casa comunale”, ivi comprese le aree su cui insistono case sparse.
Il successivo comma 3 del richiamato articolo 4 specifica, inoltre, che il riferimento alle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E si intende limitato alle sole frazioni non metanizzate della zona climatica E, appartenenti ai comuni metanizzati che ricadono anch'essi nella zona climatica E.
Con il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 448 del 1998, superando il dettato delle richiamate norme interpretative del citato D.L. n. 268 del 2000, si è inteso appunto consentire l’estensione della riduzione di costo anche alle frazioni solo parzialmente non metanizzate, compreso il caso in cui nelle medesime sia ubicata la casa comunale.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica per il rinnovo di tale agevolazione un costo stimabile in 19,13 milioni di euro per il 2005.
La lettera g) del comma 37 proroga al 31 dicembre 2005 il regime agevolato di cui all’articolo 7, comma 1-ter, del D.L. n. 417/1991, convertito dalla legge n. 66/1992, concernente il gasolio destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine individuati dal D.M. 30 luglio 1993[227].
Ai sensi del comma 1-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 417/1991, il regime agevolato previsto per la benzina dall'articolo 7, comma 4, del D.L. n. 534/1987, a favore della zona franca di Gorizia e della provincia di Trieste, è stato esteso al gasolio, limitatamente al suo uso per autotrazione (n. 14 della tabella A allegata alla legge n. 700/1975, modificativa della legge n. 1438/1948, istitutiva del regime agevolativo per la zona di Gorizia), destinato al fabbisogno locale della provincia di Trieste e di comuni della provincia di Udine, così come individuati dal citato decreto ministeriale.
Per questi ultimi, il quantitativo di detto prodotto è pari al 40% di quello indicato al n. 14 della citata tabella A; per la provincia di Trieste il quantitativo dello stesso prodotto è pari all'80% del contingente indicato al n. 14 della medesima tabella A. Come precisato nella circolare n. 243/D, nel 2001 le medesime province hanno beneficiato del contingente relativo all’anno 1997, indicato nel decreto del Ministro dell’industria del 28 gennaio 1998.
L’articolo 21, comma 6, della legge n. 289 del 2002, prorogato dalla disposizione in esame, ha modificato il limite massimo di quantità di gasolio che può essere oggetto dell’agevolazione in parola, fissandolo in 23 milioni di litri per la provincia di Trieste e 5 milioni per la provincia di Udine.
Si segnala che la riduzione delle aliquote di accisa sugli oli minerali consumati nelle province di Udine e Trieste è espressamente consentita, sino al 31 dicembre 2006, dal richiamato allegato II, punto 8, alla direttiva 2003/96/CE.
Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 13,55 milioni di euro per il 2005.
La lettera h) del comma 37 dispone la proroga, per l’anno 2005, dell’esenzione da accisa del gasolio usato per le coltivazioni sotto serra.
L’agevolazione è stata introdotta nella sostanza dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268, convertito dalla legge 23 novembre 2000, n. 354, relativamente al periodo 3 ottobre 2000–31 dicembre 2000. Tale articolo 5 prevedeva l’applicazione, per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra, di un’aliquota pari allo 0%[228] di quella applicata sul gasolio usato come carburante[229]. Con successivi provvedimenti è stata invece disposta l’esenzione da accisa. In particolare, l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) ha disposto l’applicazione di tale agevolazione per il primo semestre 2001; successivamente, l’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001, e l’articolo 3 del D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001, hanno stabilito la proroga dell’agevolazione, rispettivamente al 30 settembre 2001 e al 31 dicembre 2001. L’articolo 13, comma 3, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002) ha disposto la proroga per tutto il 2002, mentre il comma 4 dell’articolo 19 della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) ha disposto la proroga del beneficio per tutto il 2003. Da ultimo la proroga al 31 dicembre 2004 è stata prevista dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004).
Il comma 4dell’articolo 2 della legge finanziaria 2004rinvia, per le modalità applicative, alle disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454, adottato, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 21/2000, convertito dalla legge n. 92/2000.
Il decreto ministeriale reca il regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli olî minerali impiegati nei lavori agricoli e orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.
In particolare, l’articolo 2, comma 3, stabilisce che per usufruire delle agevolazioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, i soggetti interessati devono presentare una apposita richiesta, anche per il tramite delle organizzazioni di categoria, all'ufficio, incaricato dalla regione o dalle province autonome, del servizio relativo all'impiego di carburanti agevolati per l'agricoltura, competente in base all'ubicazione dei terreni. L'ufficio controlla la regolarità delle richieste effettuando, anche con l'ausilio di collegamenti telematici, gli eventuali accertamenti sui dati esposti, e determina, per ciascun soggetto beneficiario, i quantitativi complessivi dei prodotti da ammettere all'impiego agevolato per i lavori da svolgere nell'anno solare.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 26,8 milioni di euro per il 2005, determinato per 22,3 milioni quale minore introito accise e 4,5 milioni quale minore introito IVA.
Articolo 36, commi 38 e 39
(Determinazione delle accise sui prodotti
petroliferi)
38. Per l'anno 2004 non si fa luogo all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. La presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
39. È abrogato il comma 4 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
L’articolo 36 in esame stabilisce, al comma 38, che per il 2004 non si fa luogo all’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
L'articolo 8 della legge n. 448/1998 (collegato alla finanziaria 1999), in applicazione del Protocollo di Kyoto,ha introdotto un aumento del carico fiscale sulle emissioni di anidride carbonica, attraverso la rimodulazione graduale delle accise sui prodotti petroliferi e l’introduzione dal 1999 di un’imposta di lire 1.000 per tonnellata sui consumi di carbone, coke di petrolio e bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua impiegati negli impianti di combustione (c.d. carbon tax).
In base alle disposizioni di tale articolo, viene fissata una serie di “aliquote obiettivo”, riportate nell’allegato 1 previsto dal comma 4annesso alla stessa legge n. 448/1998, delle accise sui prodotti petroliferi da raggiungere entro il 31 dicembre 2004 con aumenti annuali che saranno decisi da una commissione istituita presso il CIPE.
Il comma 5 dell'articolo 8 della legge n. 448/1998 prevede che fino al 31 dicembre 2004, le misure delle aliquote delle accise sugli olî minerali, i quali valgono come aumenti intermedi per il raggiungimento progressivo delle misure “a regime” indicata per il 2005 dal comma 4 del medesimo articolo 8, devono essere stabilite con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione appositamente nominata presso il CIPE, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
La prima variazione alla misura delle accise è stata introdotta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 1999.
L'intervento sulle accise e il meccanismo applicativo della c.d. carbon tax hanno dovuto, tuttavia, tenere conto degli andamenti dei prezzi internazionali del petrolio.
Nella seconda metà del 1999, infatti, l’andamento del mercato internazionale del petrolio ha comportato un forte aumento del prezzo del greggio, con conseguente innalzamento del carico fiscale sui prodotti petroliferi. Per contenere l’onere tributario gravante sui prodotti in questione, e in particolare per compensare l’aggravio dell’IVA derivante dall’aumento dei prezzi del petrolio, sono stati adottati una serie di provvedimenti che hanno ridotto le aliquote delle accise sugli olî minerali e disposto la sospensione dell’applicazione degli aumenti di aliquota di cui al richiamato articolo 8 della legge n. 448 (a partire dal D.L. n. 383/99, convertito dalla legge n. 496/99), con il quale è stata introdotta la cosiddetta carbon tax.
Contestualmente, è stata sospesa per gli anni 2000 (articolo 2 del D.L. n. 268/2000, convertito dalla legge n. 354/2000) e 2001 (dell'articolo 2 del D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001) l’emanazione dei D.P.C.M. previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge n. 448/1998, con i quali avrebbero dovuto essere fissati gli aumenti intermedi delle aliquote delle accise sugli olî minerali, ai fini del raggiungimento delle misure da applicare dal 1° gennaio 2005, indicate in un apposito allegato alla medesima legge n. 448 (c.d. carbon tax). Il comma 7 dell'articolo 21 della legge n. 289 del 2002 ha previsto che anche per il 2002 non si facesse luogo all’emanazione del D.P.C.M. in precedenza richiamato. Da ultimo l’articolo 17, comma 2, del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003 ha riproposto tale deroga anche per il 2003.
Il secondo periodo del comma 38 in esame reca una deroga alla disposizione relativa all’entrata in vigore delle norme contenute dal disegno di legge finanziaria per il 2004, fissato, dal successivo articolo 38, comma 3, al 1° gennaio 2005.
La deroga introdotta dal comma 38 prevede che la disposizione relativa alla mancata emanazione per il 2004 del citato D.P.C.M. di definizione degli aumenti intermedi delle aliquote di accisa sugli olî minerali entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della stessa legge finanziaria per il 2005 nella Gazzetta ufficiale.
Tale deroga è correlata alla disposizione contenuta al successivo comma 39, che dispone l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 (collegato alla legge finanziaria per il 1999).
Il citato comma 4 provvede a rideterminare con decorrenza dal 1° gennaio 2005 la misura delle aliquote delle accise vigenti di cui alla voce "Oli minerali" dell'allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e al numero 11 della allegata Tabella A, nonché la misura dell'aliquota stabilita nel comma 7 per carbone, coke di petrolio e bitume emulsionato impiegati negli impianti di combustione, come indicate nella Tabella 1 allegata alla stessa legge n. 448 del 1998.
La seguente tavola riproducono l’evoluzione della misura delle aliquote di accisa (espressa in euro) per i prodotti petroliferi, determinata dai diversi provvedimenti richiamati in precedenza, ponendole a raffronto con quella stabilita dall’Allegato 1 della legge n. 448 del 1998, riportata ultima colonna, che sarebbero state applicate a decorrere dal 1° gennaio 2005.
PRODOTTO |
IMPORTI |
|||||||
|
DPCM 15/01/99 |
DL 383/99 |
DM 29/12/99 |
DM 23/02/00 |
DM 17/03/00 (*) |
Art.
24 |
DM 13/01/03 (***) |
Legge 448/98 (****) |
Benzina (per mille litri) |
578,24 |
565,33 |
563,18 |
561,02 |
556,72 |
556,72 |
|
594,05 |
Benzina senza piombo (per mille litri) |
541,84 |
528,93 |
526,78 |
524,63 |
520,32 |
520,32 |
|
594,05 |
Petrolio lampante o cherosene (per mille litri) |
337,49 |
|
|
|
|
|
|
391,60 |
Olio da gas o gasolio (per mille litri): |
403,21 |
390,30 |
388,15 |
386,00 |
381,69 |
381,69 |
|
467,84 |
Olio
combustibile usato per riscaldamento |
|
|
|
|
|
|
|
|
- ad alto tenore di zolfo (ATZ) |
128,27 |
|
|
|
|
|
|
435,94 |
- a basso tenore di zolfo (BTZ) |
64,24 |
|
|
|
|
|
|
218,49 |
Olio
combustibile per uso industriale |
|
|
|
|
|
|
|
|
- ad alto tenore di zolfo (ATZ) |
63,75 |
|
|
|
|
|
|
128,73 |
- a basso tenore di zolfo (BTZ) |
31,39 |
|
|
|
|
|
|
62,04 |
Gas di petrolio liquefatti (GPL) (per mille Kg) |
|
|
|
|
|
|
|
|
- usato come carburante |
284,77 |
271,86 |
269,71 |
267,56 |
263,25 |
263,25 |
|
206,58 |
- usato come combustibile per riscaldamento |
189,94 |
177,03 |
174,69 |
172,34 |
167,64 |
145,19 |
|
206,58 |
Gas metano (per metro cubo): |
|
|
|
|
|
|
|
|
- per autotrazione |
0,011 |
0,007 |
0,006 |
0,005 |
0,004 |
0,004 |
|
0,05 |
- per combustione per usi industriali |
0,012 |
|
|
|
|
|
|
0,02 |
- per combustione per usi civili : |
|
|
|
|
|
|
|
|
a) per usi domestici di cottura cibi e produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1 (CIP n. 37 del 26 giugno 1986) |
0,045 |
0,041 |
0,04 |
0,039 |
0,037 |
0,029 |
0,04 |
0,05 |
Mezzogiorno |
0,039 |
0,034 |
0,034 |
0,033 |
0,031 |
0,024 |
|
0,04 |
b) per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 metri cubi annui |
0,079 |
0,076 |
0,074 |
0,073 |
0,072 |
0,064 |
0,04 |
0,08 |
Mezzogiorno |
0,039 |
0,034 |
0,034 |
0,033 |
0,031 |
0,024 |
|
0,04 |
c) per altri usi civili |
0,173 |
0,168 |
0,168 |
0,168 |
0,166 |
0,159 |
0,17 |
0,18 |
Mezzogiorno |
0,124 |
0,120 |
0,119 |
0,118 |
0,117 |
0,110 |
|
0,13 |
Carbone impiegato negli impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg): |
2,63 |
|
|
|
|
|
|
21,61 |
Coke di petrolio impiegato negli impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg) |
3,52 |
|
|
|
|
|
|
30,59 |
Bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua, denominato Orimulsion (NC 2714), impiegato in impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg) |
2,06 |
|
|
|
|
|
|
15,92 |
(*) Aliquote di accisa prorogate al 31/12/2000 dal DM 27/09/00.
(**) Aliquote di accisa prorogate al 30/09/2001 dall’articolo 1 del DL n. 246/01, convertito dalla legge n. 330/01; al 31/12/01 dal DL. n. 356/01.
(***) Aliquote in vigore dal 01/01/03 al 31/12/03, ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 289/02. Precedentemente analoghe aliquote erano state determinate per l’anno 2002 dal DM 25/03/02, sempre in attuazione dell’articolo 14 della legge n. 289/02.
(****) Aliquote vigenti alla data del 1° gennaio 2005.
L’abrogazione del comma 4 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 e dell’annesso allegato 1 disposta dal comma 39 dell’articolo 36 in esame impedisce l’applicazione, a decorrere dal 1° gennaio 2005, della misura delle aliquote di accisa degli indicati prodotti petroliferi, che, come evidenziato nella tavola, risultano assai più elevate di quelle attualmente vigenti.
40. A decorrere dal 1° gennaio 2004 e fino al 31 dicembre 2004, l'aliquota prevista nell'allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate è ridotta di euro 33,21391 per mille litri. Per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all'articolo 7, comma 15, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, la riduzione di aliquota di cui al periodo precedente è limitata ad euro 16,03656 per mille litri.
41. La riduzione prevista al comma 40, primo periodo, si applica altresì ai seguenti soggetti:
a) agli enti pubblici ed alle imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;
b) alle imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;
c) agli enti pubblici e alle imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.
42. Per ottenere il rimborso di quanto spettante, anche mediante la compensazione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, i destinatari del beneficio di cui ai commi 40 e 41 presentano, entro il 30 giugno 2005, apposita dichiarazione ai competenti uffici dell'Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277. Tali effetti, anche per l'agevolazione fiscale di cui al predetto regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, rilevano altresì ai fini delle disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Il comma 40 dell’articolo 36 in esame dispone per il periodo 1° gennaio 2004 - 31 dicembre 2004 la riduzione di 33,21391 euro per mille litri dell'aliquota prevista nell'allegato I al decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi) per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate.
L’Allegato I al decreto legislativo n. 504 del 1995 indica per il gasolio usato come carburante un’aliquota di 747.470 lire (386,036 euro) per mille litri.
L'articolo 5 del D.L. 452/2002, al comma 1, prorogava al primo semestre del 2002l'applicazione della riduzione dell'aliquota di accisa per il gasolio impiegato da determinate categorie di esercenti l'attività di trasporto merci e persone, introdotta dal D.L. 265/2000 e successivamente prorogata con vari provvedimenti.
La misura della riduzione, essa è stata di:
- 171.000 lire (pari a 88,31 euro) per mille litri di prodotto per il periodo 1° settembre 2000-31 dicembre 2000 (D.L. n. 265/2000, convertito dalla legge n. 343/2000; D.M. 19 marzo 2001);
- 112.000 lire (pari a 57,84 euro) per mille litri di prodotto per il periodo 1° gennaio 2001-30 giugno 2001 (articolo 25 della legge n. 388/2000, modificato dal D.L. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001; D.M. 9 ottobre 2001);
- 83.800 lire (pari a 43,28 euro) per mille litri di prodotto per il periodo 1° luglio 2001-31 dicembre 2001 (articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001, modificato dall'articolo 8 del D.L. 356/2001; D.M. 1 febbraio 2002);
- 83.800 lire (pari a 43,28 euro) per mille litri di prodotto, confermata anche per il periodo 1° gennaio 2002-31 luglio 2002 e 1° agosto 2002-31 dicembre 2002 (articolo 5 del D.L. 452/2001, convertito nella legge n. 16/2002; articolo, comma 4-bis del D.L. 138/2002, modificato dalla legge n. 178/2002);
- l’applicazione della riduzione di 43,28 euro per mille litri di prodotto è stata confermata per il periodo 1° gennaio 2003 - 31 dicembre 2003 dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 16 del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.
Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, si intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.
In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).
L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A, di seguito riportato.
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1° gennaio 2004 |
1° gennaio 2010 |
Benzina con piombo (in euro per 1.000 litri) Codici NC 2710 11 31, 2710 11 51 e 2710 11 59 |
421 |
421 |
Benzina (in euro per 1.000 litri) Codici NC 2710 11 31, 2710 11 41, 2710 11 45 e 2710 11 49 |
359 |
359 |
Gasolio (in euro per 1.000 litri) Codici NC da 2710 19 41 a 2710 19 49 |
302 |
330 |
Cherosene (in euro per 1.000 litri) Codici NC 2710 19 21 e 2710 19 25 |
302 |
330 |
GPL (in euro per 1.000 kg) Codici NC da 2711 12 11 a 2711 19 00 |
125 |
125 |
Gas naturale (in euro per gigajoule, potere calorifico superiore) Codici NC 2711 11 00 e 2711 21 00 |
2,6 |
2,6 |
L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato.
Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.
Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione ricomprende la riduzione dell'aliquota dell'accisa sul gasolio utilizzato dagli operatori del trasporto su strada fino al 1° gennaio 2005, che non può essere inferiore a 370 euro per 1000 litri a decorrere dal 1° gennaio 2004.
Ai sensi del paragrafo 11 dell’articolo 18 l’Italia può applicare, fino al 1° gennaio 2008, per la definizione di usi commerciali di cui all'articolo 7, paragrafo 3, lettera a)[230], un peso a pieno carico massimo ammissibile non inferiore a 3,5 tonnellate.
Il secondo periodo del comma 40 limita la riduzione di aliquota a 16,03656 euro per mille litri (anziché 33,21391 euro) per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all'articolo 7, comma 15, della legge n. 488 del 1999.
In realtà, il comma 15 dell’articolo 7 della legge n. 488 del 1999 ha sostituito la lettera e) del comma 10 dell'articolo 8 della legge n. 448 del 1998, che individuava i soggetti destinatari delle maggiori entrate derivanti dalla carbon tax introdotta dell’articolo stesso.
In particolare, le maggiori risorse venivano destinate a compensare la riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva non inferiore a 11,5 tonnellate da operare, ove occorra, anche mediante credito d'imposta pari all'incremento, per il medesimo anno, dell'accisa applicata al gasolio per autotrazione.
Con il D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, è stato emanato il regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci. L’articolo 1 prevede che, a decorrere dal 16 gennaio 1999, la riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti l’attività di autotrasporto merci è determinata in un ammontare pari agli incrementi dell'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione rapportata ai consumi di tale prodotto nei periodi di riferimento. Il credito derivante da tale riduzione, sempreché di importo non inferiore a 25 euro, può essere utilizzato dal beneficiario in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero riconosciuto al medesimo mediante rimborso della relativa somma, secondo le modalità stabilite dal regolamento stesso.
Il D.P.C.M 15 gennaio 1999, recante determinazione degli aumenti intermedi della misura delle aliquote delle accise sugli olî minerali, ha disposto il primo incremento del gasolio per autotrazione di 17.177 euro per mille litri di prodotto, fissandone l’aliquota a 403,21 euro.
Negli anni successivi non è stato emanato il relativo decreto (si veda la scheda relativa all’articolo 36, commi 38-39).
Il comma 41 identifica i soggetti che, oltre agli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate indicati al comma 40, beneficiano della riduzione indicata al primo periodo del medesimo comma (33.21391 euro per mille litri). Si tratta di:
a) enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione; si tratta di attività di trasporto pubblico locale, come definite e disciplinate dal citato D.Lgs. n. 422 del 1997, nell’ambito del processo di decentramento di funzioni alle regioni ed agli enti locali previsto dalla legge n. 59/97.
b) imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e al decreto legislativo n. 422 del 1997;
c) enti pubblici e imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.
La disposizione in esame conferma i soggetti destinatari dell'agevolazione già ricompresi dalla normativa precedente e individuati dall’articolo 5 del decreto-legge n. 452/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002.
Il comma 42 disciplina le modalità di rimborso di quanto spettante in relazione alla riduzione, specificando che il rimborso è fruibile anche mediante compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, a seguito di apposita dichiarazione da presentare entro il 30 giugno 2005 agli uffici dell'Agenzia delle Dogane secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, emanato con D.P.R. n. 277 del 2000.
Anche in questo caso, la norma ribadisce il contenuto del comma 4 dell’articolo 5 del citato decreto-legge n. 452/2001.
L’ultimo periodo del comma 42 prevede che il credito d’imposta non concorre alla formazione del valore aggiunto ai fini dell’applicazione dell’IRAP, oltre che della determinazione del reddito ai fini IRPEF e IRPEG.
Va al riguardo ricordato che, in linea generale, l'articolo 11, comma 3 del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che i contributi erogati a norma di legge concorrono, in ogni caso, alla formazione della base imponibile IRAP. Tale disposizione ha lo scopo di attrarre a tassazione IRAP tutti i contributi erogati a norma di legge, anche se non imponibili ai fini delle imposte sui redditi. Il trattamento previsto dalla disposizione in esame introduce, quindi, una deroga al principio generale affermato nel D.Lgs. n. 446 del 1997.
Anche in questo caso, la norma ribadisce il contenuto del comma 4 dell’articolo 5 del citato decreto-legge n. 452/2001, come integrato dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 209 del 2002, convertito dalla legge n. 265 del 2002.
43. Il comma 6 dell'articolo 21 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:
«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell'ambito di un programma della durata di sei anni, a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 30 giugno 2010, il biodiesel, puro o miscelato con oli minerali, è esentato dall'accisa nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, sono determinati i requisiti che gli operatori, ed i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione con gli oli minerali consentite, le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al regolamento adottato con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali 25 luglio 2003, n. 256. Per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 61.
6.1. Entro il 1° settembre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovra compensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è eventualmente rideterminata la misura della agevolazione di cui al medesimo comma 6.
6.2. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari».
44. L'efficacia delle disposizioni di cui al comma 43 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.
Il comma 43 dell’articolo 36 modifica l’articolo 21 (prodotti sottoposti ad accisa) del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi), sostituendone il comma 6 in tema di accisa sul biodiesel[231].
Il citato articolo 21, comma 6, del D.lgs. n. 504 del 1995 come modificato, da ultimo, dall’articolo 21 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), stabilisce che le disposizioni del precedente comma 2 del medesimo articolo 21 - il quale prevede che determinati prodotti, espressamente indicati nello stesso comma, sono soggetti a vigilanza fiscale e, se destinati ad essere usati, se messi in vendita o se usati come combustibile o carburante, sono sottoposti ad accisa secondo l'aliquota prevista per il combustibile o il carburante per motori equivalente - si applichino anche al prodotto denominato biodiesel, ottenuto dalla esterificazione di olî vegetali e loro derivati, usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili.
Inoltre, si dispone che la fabbricazione o la miscelazione con gasolio, o altri olî minerali, del prodotto denominato biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale; da ciò conseguirebbe la tassazione al momento dell’immissione in consumo.
La disposizione prevede che il biodiesel, puro o in miscela con gasolio o con olî combustibili in qualsiasi percentuale, sia esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellatenell’ambito di un programma triennale, tendente a favorirne lo sviluppo tecnologico.
Si rimette, poi, ad un decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, la determinazione dei requisiti degli operatori, delle caratteristiche tecniche degli impianti di produzione, nazionali ed esteri, nonché delle caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, delle modalità di distribuzione e dei criteri di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. La disposizione è stata attuata con l’emanazione del decreto 25 luglio 2003, n. 256, recante il regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul prodotto denominato biodiesel.
L’ultimo periodo del comma 6 prevede che per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 61 del D.Lgs. n. 504/95, che riconduce la tassazione del biodiesel, usato per riscaldamento, nell’ambito del regime di accisa non armonizzata, di cui al citato articolo 61.
Ilsuccessivo comma 2 dell’articolo 21 della legge n. 388 del 2000, stabilisce che, al fine di promuovere l’impiego del biodiesel come carburante per autotrazione, il Ministro dell’industria è autorizzato alla realizzazione di un progetto pilota che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 4, del decreto del Ministro delle finanze del 22 maggio 1998, n. 219, preveda l’avvio al consumo del biodiesel puro presso utenti in rete, a partire dalle aree urbane a maggiore concentrazione di traffico.
Il citato comma 4 stabilisce che il biodiesel puro e le miscele gasolio-biodiesel con contenuto in biodiesel superiore al 5% sono avviati al consumo solo presso utenti extrarete. Le miscele gasolio-biodiesel con contenuto in biodiesel in misura pari o inferiore al 5% che rispettano le caratteristiche del gasolio previste dalla normativa vigente possono essere avviate al consumo sia presso utenti extrarete che in rete. Queste miscele possono essere immagazzinate promiscuamente con gasolio.
Il comma 43 dell’articolo 36 in esame novella il comma 6 dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 504 del 1995 prevedendo, nell’ambito di uno specifico programma di pari durata, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî mineralia decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 30 giugno 2010 nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate.
La disposizione in esame fornisce una definizione tramite codice del biodiesel (codice NC 3824 90 99), mentre il testo vigente fa riferimento al biodiesel come al prodotto ottenuto dalla “esterificazione di oli vegetali e loro derivati”.
Analogamente, mentre il testo vigente ha sottoposto ad esenzione il biodiesel, puro o in miscela con gasolio o con olî combustibili in qualsiasi percentuale, la nuova versione del comma 6 fa genericamente riferimento al “biodiesel puro o miscelato con oli minerali”.
L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
Infatti l’articolo 16 della direttiva stabilisce che, gli Stati membri possono applicare, sotto controllo fiscale, esenzioni o riduzioni dell'aliquota di imposta ai prodotti soggetti ad accisa di cui all'articolo 2 quando questi sono costituiti da uno o più dei prodotti seguenti o li contengono:
§ i prodotti di cui ai codici NC da 1507 a 1518,
§ i prodotti di cui ai codici NC 3824 90 55 e da 3824 90 80 a 3824 90 99 per i loro componenti derivati dalla biomassa,
§ i prodotti di cui ai codici NC 2207 20 00 e 2905 11 00 che non siano di origine sintetica,
§ i prodotti derivati dalla biomassa, inclusi i prodotti di cui ai codici NC 4401 e 4402.
Le esenzioni o le riduzioni per i prodotti di cui al paragrafo 1 possono essere concesse, nell'ambito di un programma pluriennale, tramite autorizzazione rilasciata da un'autorità amministrativa ad un operatore economico per più di un anno civile. La durata dell'esenzione o della riduzione così autorizzata non può superare sei anni consecutivi. Questo periodo è eventualmente rinnovabile.
Nell'ambito di un programma pluriennale oggetto di autorizzazione rilasciata da un'autorità amministrativa prima del 31 dicembre 2012 gli Stati membri possono applicare l'esenzione o la riduzione di cui al paragrafo 1 dopo il 31 dicembre 2012 e fino al termine del programma pluriennale, senza facoltà di rinnovo.
La disposizione in esame rinvia all’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, per la determinazione:
§ dei requisiti che gli operatori, e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale;
§ delle caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova;
§ delle percentuali di miscelazione con gli olî minerali consentite;
§ delle modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori.
In attesa dell'entrata in vigore del suddetto decreto ministeriale trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al regolamento adottato con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali 25 luglio 2003, n. 256, previsto dalla normativa vigente per il programma triennale previsto dalla legge n. 388 del 2000.
Poiché nel testo dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 504 del 1995 è già presente un comma 6-bis, il comma 43 dell’articolo 36 in esame introduce i commi 6.1 e 6.2.
In particolare, il comma 6.1 prevede entro il 1° settembre di ciascuno dei sei anni di validità del programma, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi ai costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente.
Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovra-compensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del citato programma, è eventualmente rideterminata la misura della agevolazione.
Al fine di un più razionale impiego delle risorse economiche disponibili, per ogni anno di validità del citato programma il comma 6.2 dispone che i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, vengano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno.
In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.
Infine, il comma 44 dispone che l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 43 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.
Articolo 36, comma 45
(Proroga del termine per l’adozione del
regolamento
relativo alla tariffa dei rifiuti urbani)
45. All'articolo 11, comma 1, lettera a), del regolamento recante norme per l'elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, come modificata dall'articolo 31, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni».
L'art. 36, comma 45, aumenta da 5 a 6 anni la durata massima della fase di transizione entro la quale i comuni, che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%, sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani.
Si ricorda che la durata massima del periodo transitorio è già stata aumentata da alcune disposizioni contenute nelle precedenti leggi finanziarie:
§ il comma 21 dell'art. 31 della legge finanziaria per il 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289) lo ha aumentato da tre a quattro anni;
§ il comma 116 dell’art. 4 della legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350) lo ha portato da quattro a cinque anni.
La tariffa per la gestione dei rifiuti urbani è stata istituita dall’art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), che, nel testo modificato dall’art. 1 della legge n. 426 del 1998 e dall’art. 33 della legge n. 488 del 1999, ha contestualmente disposto la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, sopra ricordato, entro i quali i comuni devono provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la nuova tariffa. La tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale[232].
L’art. 11 del D.P.R. n. 158 del 1999, emanato in attuazione del comma 5 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997, disciplina il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo da coprirsi con le entrate tariffarie e per la determinazione della tariffa di riferimento. In particolare, il comma 1 stabilisce che gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima cosi articolata:
a) tre anni per i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%;
b) cinque anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85%;
c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%;
d) otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.
In materia, a fini di chiarimento interpretativo, è successivamente intervenuta la circolare 17 febbraio 2000, n. 25/E del Ministero delle finanze.
Si osserva, in primo luogo, che la disposizione in esame interviene solo sulla lettera a) dell’articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 158 del 1999, cioè i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%. Tuttavia, con la fine del 2004 verrebbe a scadenza anche il termine assegnato ai comuni che abbiano raggiunto, alla stessa data, un grado di copertura dei costi tra il 55 e 1'85% (lettera b) del comma 1 dell’articolo 11). Paradossalmente, si avrebbe pertanto l’effetto di un periodo transitorio più breve concesso ai comuni che hanno raggiunto una percentuale di copertura minore.
Si osserva, inoltre, che la disposizione è formulata come modifica testuale di una norma di rango secondario, con conseguenti effetti di “legificazione” parziale di un regolamento (effetti peraltro già prodotti dall’articolo 31, comma 21, della legge n. 289 del 2002).
1. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all'articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall'articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2005-2007, restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.
Il comma 37 dell'articolo 1 stabilisce l’entità dei fondi speciali. I fondi speciali sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.
La disciplina di questo istituto è contenuta nell'articolo 11-bis della legge n. 468/1978. Il comma 1 dell'articolo 11-bis stabilisce che la legge finanziaria deve indicare distintamente per la parte corrente (Tabella A) e per quella in conto capitale (Tabella B) le somme destinate alla copertura dei progetti di legge, ripartiti per ministeri.
In sede di relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria sono indicare le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante.
Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.
L’articolo 11 bis, comma 2, della legge n. 468/1978 prevede anche la possibilità di inserire nelle tabelle A e B accantonamenti di segno negativo, relativi a provvedimenti di minore spesa o di maggiore entrate da approvare in corso d’anno. Gli accantonamenti negativi sono collegati (mediante lettere alfabetiche) agli accantonamenti positivi alla cui copertura sono preordinati.
La disciplina dei fondi speciali prevede, infine, che le quote relative a spese correnti non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio. Gli accantonamenti relativi a spese in conto capitale possono essere utilizzati anche nell’anno successivo (“slittamento”) se il provvedimento in questione è stato approvato da almeno una delle due Camere.
Per particolari tipologie di spese correnti (spese corrispondenti ad obblighi internazionali, obbligazioni contrattuali o provvedimenti relativi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed al trattamento economico e normativo dei dipendenti di pubbliche amministrazioni non compresi nel regime contrattuale) lo slittamento è consentito purché il provvedimento risulti presentato alle Camere entro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno successivo.
Nel disegno di legge finanziaria per il 2005 gli importi della Tabella A ammontavano complessivamente a 1.396,5 milioni per il 2005, a 1.324,1 milioni per il 2006 e a 1.335,5 milioni per il 2007.
Nel prospetto successivo sono riportati gli importi complessivi della Tabella A come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) e nel disegno di legge finanziaria per il 2005 presentato dal Governo (A.C. 5310).
Tabella A (migliaia di euro) |
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
1.078.749 |
1.082.970 |
1.075.500 |
Disegno di legge Governo (A.C. 5310) |
1.396.522 |
1.324.129 |
1.335.501 |
Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge finanziaria 2005 prevedeva accantonamenti pari a 1.132,9 milioni per il 2005, a 919,6 milioni per il 2006 e a 504,4 milioni per il 2007.
Anche per la Tabella B vengono di seguiti indicati gli importi complessivi come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) e nel disegno di legge finanziaria per il 2005 presentato dal Governo (A.C. 5310).
Tabella B (migliaia di euro) |
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
482.925 |
446.621 |
201.448 |
Disegno di legge Governo (A.C. 5310) |
1.132.925 |
919.621 |
504.448 |
Nelle tabelle seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) e nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.C. 5310).
TABELLA A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE
(migliaia di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
23.747 |
12.337 |
11.747 |
Disegno di legge Governo (A.C. 5310) |
24.247 |
13.337 |
13.747 |
L'accantonamento riguarda le misure di sostegno ai comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti (A.C. 1174 – A.S. 1942), le modifiche all’articolo 288 del codice di procedura civile (A.S. 82 – A.C. 2665), la disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante e di morte inaspettata del feto (A.S. 396 – A.C. 4248), disposizioni in materia di cambiali finanziarie (A.C. 1959), le pensioni FF.SS (A.C. 228 – A.S. 2905), le misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane, inserite nella lista del patrimonio mondiale poste sotto la tutela dell'UNESCO (A.S. 2221), la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche (A.S. 2274) e l’Avvocatura generale dello Stato.
MINISTERO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
770.300 |
770.500 |
767.500 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
777.300 |
785.500 |
785.500 |
L'accantonamento è finalizzato alla riforma dell'ordinamento giudiziario (A.S. 1296 – A.C. 4636), alle pensioni FF.SS. (A.C. 228 – A.S. 2905), agli incentivi all'occupazione, agli ammortizzatori sociali, a misure di sostegno dell'occupazione, e di assunzioni a tempo indeterminato (A.S. 848-bis), nonché a contributi in favore dei minorati della vista A.C. 3673).
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
30.600 |
32.840 |
32.840 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
30.600 |
32.841 |
32.841 |
L'accantonamento concerne la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al R.D. n. 12/1941 e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione (A.S. 1296 – A.C. 4636), e l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell'Unione europea dei 28/2/2002 che istituisce l'EUROJUST per la lotta alle forme gravi di criminalità (A.C. 4293 – A.S. 2894).
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
126.257 |
149.292 |
154.992 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
201.257 |
224.292 |
229.992 |
L'accantonamento è preordinato per far fronte agli oneri derivanti dalla programmata ratifica ed applicazione di accordi internazionali, per le disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (A.C. 4347 – A.S. 2756) e per la delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione, di ammortizzatori sociali (A.S. 848-bis), per le misure concernenti l'internazionalizzazione delle imprese (A.C. 4360 – A.S. 3034) e per interventi a favore degli italiani all'estero.
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
11.500 |
11.500 |
11.500 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
11.500 |
11.500 |
11.500 |
L'accantonamento concerne le disposizioni in materia di società e Associazioni sportive dilettantistiche (A.C. 3183) e l'istituzione del museo della moda (A.C. 2291 –A.S. 2735).
MINISTERO DELL'INTERNO
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
14.508 |
9.008 |
6.008 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
214.508 |
119.008 |
126.008 |
L'accantonamento riguarda il finanziamento di provvedimenti in corso di esame parlamentare, nonché l'istituzione del poliziotto di quartiere, la lotta all'immigrazione clandestina, gli ufficiali collegamento, il progetto AENEAS, i vigili del fuoco, e le misure urgenti per il personale appartenente ai ruoli degli ispettori delle forze di polizia.
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
2.493 |
7.693 |
7.693 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
2.493 |
7.693 |
7.693 |
L'accantonamento è preordinato al riordino, al coordinamento e all’integrazione della legislazione in materia ambientale (A.S. 1753 – A.C. 1798), all'istituzione del Parco Nazionale del subappennino Dauno ( A.C. 3222) e alla ratifica della convenzione sugli inquinamenti organici e pesticidi.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
750 |
1.000 |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
750 |
1.000 |
- |
L'accantonamento riguarda interventi in materia di beni e attività culturali e di sport (A.S. 2980).
MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
MINISTERO DELLA DIFESA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
10.135 |
10.135 |
10.135 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
10.135 |
10.135 |
10.135 |
L'accantonamento concerne l'istituzione del profilo di docente della scuola di lingue estere dell'esercito nell'ambito delle dotazioni organiche del personale civile del Ministero della difesa e misure urgenti per i dirigenti delle forze armate (A.S. 3105).
MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
19.527 |
9.842 |
5.000 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
29.800 |
25.000 |
25.000 |
L'accantonamento si rende necessario, per la valorizzazione dei territori montani (A.S. 3036), per la disciplina dell'apicoltura (A.C. 429 – A.S. 2919), per l'istituzione del parco nazionale subappennino Dauno (A.C. 3222) e per la promozione, la tutela e la valorizzazione dell'agriturismo e delle risorse culturali e naturali nei territori rurali collinosi e montani (A.C. 817).
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
1.600 |
1.100 |
362 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
1.600 |
1.100 |
362 |
L'accantonamento è finalizzato alla legge quadro sulla qualità architettonica (A.S. 2867), all’equiparazione ai cimiteri di guerra dei monumenti sacrari di Leonessa (Rieti) e Medea (Gorizia) (A.S. 342 – A.C. 2043), all'istituzione del museo di storia contemporanea Giacomo Matteotti (A.C. 4538 – A.S. 2990) e ad interventi in materia di beni e attività culturali e di sport (A.S. 2980).
MINISTERO DELLA SALUTE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
67.332 |
67.723 |
67.723 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
92.332 |
92.723 |
92.723 |
L'accantonamento è finalizzato alla nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale di emoderivati (A.S. 255 – A.C. 4265), alle borse di studio per i medici specializzandi (A.C. 4859), alle disposizioni concernenti il divieto delle pratiche di mutilazione sessuale (A.C. 150 – A.S. 414-B), nonché alle modifiche all'art. 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, concernenti la soppressione dei termini per l'ottenimento dell'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati (A.C. 1145 – A.S. 2970) e per interventi vari.
TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE
(migliaia di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
380.866 |
387.466 |
193.448 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
935.866 |
805.466 |
441.448 |
L'accantonamento concerne la partecipazione finanziaria dell'Italia alla ricostruzione delle risorse di Fondi internazionali (A.S. 2667), gli interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale (A.S. 3018 – A.C. 5181), le misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell'UNESCO (A.S. 2221), l'istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi sulle carte di pagamenti (A.C. 5263), il contributo straordinario all'Unione Italiana Ciechi per la realizzazione di un centro polifunzionale di alta specializzazione (A.S. 2848 – A.C. 5198), la stabilizzazione dell'area balcanica e lo scrutinio elettronico.
MINISTERO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
15.500 |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
15.500 |
- |
- |
L'accantonamento concerne l'internazionalizzazione delle imprese e il riordino degli enti operanti nel medesimo settore (A.C. 4360 – A.S. 3034) .
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
10.000 |
20.000 |
20.000 |
L'accantonamento riguarda gli interventi di adeguamento della legge 626/1994.
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
25.000 |
25.000 |
25.000 |
L'accantonamento riguarda la ristrutturazione delle sedi all'estero.
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
2.500 |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
2.500 |
- |
- |
L'accantonamento è rivolto a realizzare interventi a favore dell'Università di Messina, di Cassino e dell'Università Pontina (A.S. 1175 – A.C. 3253).
MINISTERO DELL’INTERNO
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
64.454 |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
64.454 |
- |
- |
L'accantonamento è preordinato all'attuazione della delega al Governo per il riordino e il coordinamento della legislazione in materia ambientale (A.S. 1753 – A.C. 1798) nonché alla ratifica ed esecuzione della convenzione di Stoccolma sugli inquinamenti organici e pesticidi fatto a Stoccolma il 22 maggio 2002.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
25.000 |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
25.000 |
- |
L'accantonamento è preordinato agli interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale (A.S. 3018 – A.C. 5181).
MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
MINISTERO DELLA DIFESA
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
- |
- |
- |
MINISTERO DEI BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
19.605 |
34.155 |
8.000 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
29.650 |
44.155 |
18.000 |
L'accantonamento è rivolto ad assicurare interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale (A.S. 3018 - A.C. 5181), la legge quadro sulla qualità architettonica (A.S. 2867), interventi in materia di beni e attività culturali e di sport (A.S. 2980), nonché altri interventi.
MINISTERO DELLA SALUTE
|
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 5310) |
50.000 |
- |
- |
Articolo 37, comma 2
(Dotazioni di bilancio relative a leggi di
spesa permanente)
2. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2005 e triennio 2005-2007, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.
L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 - nel testo sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 15, della legge n. 208 del 1999 - prevede tra i contenuti propri della legge finanziaria la "determinazione", in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C).
L’articolo 2, comma 18, della legge n. 208/1999 - che ha riformulato l’art. 11, comma 3, lett. d), della legge n. 468 nel senso sopra indicato - ha stabilito inoltre che, in sede di prima applicazione, fosse la stessa legge finanziaria per il 2000 ad indicare quali erano le leggi vigenti la cui quantificazione poteva essere effettuata dalla Tabella C, “intendendosi come soppresse quelle norme recanti autorizzazioni di spesa permanenti già contenenti il riferimento alla predetta lettera d) e non indicate nella legge finanziaria medesima”.
Tale disposizione era confermata dall’articolo 70, comma 7, della legge finanziaria 2000 (legge 23 Dicembre 1999, n. 488), il quale precisava che “le leggi vigenti la cui quantificazione è effettuata dalla tabella di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, (…) sono indicate (…) dalla Tabella C (…)” della legge finanziaria medesima.
In aggiunta alle voci contenute nella Tabella C della legge finanziaria per il 2004, la Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2005, reca la determinazione del finanziamento dell’Agenzia italiana del farmaco, di cui al D.L. n. 269/2003, art. 48, comma 9.
Come indicato nella relazione illustrativa, occorre peraltro considerare che le voci inserite in Tabella C possono anche essere finanziate attraverso procedure diverse (la relazione illustrativa fa specifico riferimento agli aiuti ai paesi in via di sviluppo che possono beneficiare anche di una quota dell’8 per mille IRPEF di competenza dello Stato).
La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2005 prevede un ammontare pari a 20.922 milioni di euro per il 2005, 20.066,8 milioni di euro per il 2006 e di 20.066,8 milioni di euro per il 2007[233].
Rispetto al bilancio a legislazione vigente, la Tabella C del disegno di legge finanziaria 2005 apporta incrementi di 984 milioni per il 2005, di 175 milioni per il 2006 e di 186,6 milioni per il 2007.
L’incremento relativo al 2005 è riferito per 473 milioni di euro alle regolazioni debitorie dovute al Fondo sanitario nazionale per le minori entrate IRAP (D.Lgs. n. 446/1997, art. 39, co. 3), per 121 milioni di euro al Servizio civile nazionale (Legge n. 230/1998, art. 19), per 130 milioni di euro al finanziamento delle università (legge n. 357/1993, art. 5) e per 183 milioni di euro alla dotazione del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa per le leggi permanenti (legge n. 357/1993, art. 5).
Nel prospetto seguente sono riportati gli importi complessivi della Tabella C come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) e nel disegno di legge finanziaria per il 2005 presentato dal Governo.
Tabella C(milioni di euro) |
2005 |
2006 |
2007 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) |
19.938 |
19.892 |
19.880 |
Disegno di legge Governo (A.C. 5310) |
20.922 |
20.067 |
20.067 |
Con riferimento ai finanziamenti indicati nella Tabella C, occorre considerare che, in applicazione di quanto disposto dall’articolo 3, comma 3, del disegno di legge finanziaria per il 2005, le dotazioni sono state determinate in coerenza con il limite di incremento del 2% previsto per gli stanziamenti del bilancio dello Stato dal medesimo articolo 3.
La base di riferimento alla quale è stato applicato l’incremento del 2% è costituita dalla previsione iniziale 2004, come rideterminata per effetto delle riduzioni di spesa disposte dal D.L. n. 168/2004.
Il decreto-legge n. 168/2004, infatti, aveva, tra l’altro, disposto la riduzione delle dotazioni di numerosi voci inserite nella Tabella C della legge finanziaria per il 2004, per lo più relative al finanziamento di enti, organismi e strutture amministrative, per un importo complessivo di 378,47 milioni di euro.
Al fine di evidenziare gli effetti dell’applicazione della disposizione di cui all’articolo 3, comma 3 del ddl finanziaria, nella tavola seguente viene indicato, per ciascuna voce inserita nella Tabella C, la dotazione prevista dalla legge finanziaria per il 2004, l’eventuale riduzione disposta da D.L. n. 168/2004, la dotazione così rideterminata (per le voci modificate dal D.L. n. 168/2004) e lo stanziamento indicato nella Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2005.
E’ stata altresì calcolata la percentuale di variazione tra la dotazione finanziaria 2005 e la dotazione rideterminata per il 2004 a seguito del D.L. n. 168/2004.
Come evidenziato dalla tabella, la percentuale di incremento del 2% non è stata applicata alle voci che non hanno subito riduzioni per effetto del D.L. n. 168/2004.
Anche per le voci la cui dotazione è stata ridotta dal D.L. n. 168/2004 la percentuale di incremento, talora, non corrisponde al 2%. In questi casi bisogna, peraltro, considerare, che nel quantificare la dotazione di Tabella C possono essere intervenute specifiche disposizioni di legge o ulteriori oneri per il personale che si sono tradotti in un incremento della dotazione per il 2005.
Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.
|
Tab. C Fin. 2004 |
Effetti D.L. n. 168/04 |
Prev. Iniz. 2004 rideterminate |
Tab. C Fin. 2005 |
% |
|
|||||
Ministero dell’economia e delle finanze |
|
|
|
|
|
L. 195/1958: Consiglio superiore magistratura (U.P.B. 3.1.5.19 - cap. 2195) |
27.358 |
-1.090 |
26.268 |
26.793 |
2,0 |
L. 17/1973: Aumento assegnazione annua al CNEL (U.P.B. 3.1.5.18 – cap. 2192) |
14.742 |
-150 |
14.592 |
15.444 |
5,8 |
D.L. 95/1974: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (CONSOB) (U.P.B. 3.1.2.11 – cap. 1560) |
27.768 |
-1.110 |
26.658 |
27.191 |
2,0 |
D.P.R. 701/1977: Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (U.P.B. 12.1.2.15 – cap. 5217) |
11.026 |
-400 |
10.626 |
10.839 |
2,0 |
L. 385/1978: Compensi per lavoro straordinario ai dipendenti dello Stato (U.P.B. 4.1.5.4 - cap. 3026) |
50.000 |
- |
- |
50.000 |
- |
L. 468/1978, art. 9-ter: Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente (U.P.B. 4.1.5.2 - cap. 3003) |
508.914 |
-180.000 |
328.914 |
320.000 |
-2,7 |
L. 16/1980: Indennizzi incentivi e agevolazioni per cittadini ed imprese danneggiate dall’esecuzione del trattato di pace (U.P.B. 3.2.3.29 – cap. 7256) |
25.823 |
- |
- |
26.339 |
2,0 |
L. 146/1980, art. 36: Assegnazione all’Istituto nazionale di statistica (U.P.B. 3.1.2.27 – cap. 1680) |
149.235 |
-5.970 |
143.265 |
150.198 |
4,8 |
L. 67/1987: Editoria (U.P.B. 3.1.5.14 – cap. 2183; U.P.B. 3.2.10.2 – cap.7442)
|
475.119 |
- |
- |
480.119 |
1,1 |
L. 440/1989: Utilizzazione del porto franco di Trieste (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 1539) |
286 |
- |
- |
286 |
- |
D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile (U.P.B 3.2.10.3 – cap. 7446/p) |
154.937 |
- |
- |
204.937 |
32,3 |
D.L. 142/1991, art. 6, co. 1 punto 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa (U.P.B. 3.2.10.3 – cap. 7446/p) |
103.294 |
- |
- |
81.217[234] |
-21,4 |
L. 225/1992, art. 1: Istituzione del servizio della protezione civile (U.P.B. 3.1.5.15 – cap. 2184) |
46.198 |
- |
- |
46.198[235] |
10,9 |
L. 225/1992, art. 3: Attività e compiti della protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7447) |
555.884 |
- |
- |
555.884 |
- |
D.Lgs. 39/1993, art. 4: Istituzione delle Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (U.P.B. 3.1.2.33 – cap. 1707) |
11.820 |
-470 |
11.350 |
18.643
|
64,3 |
L. 20/1994, art. 4: Autonomia finanziaria Corte dei conti (U.P.B. 3.1.5.10 - cap. 2160) |
223.633 |
-8.950 |
214.683 |
232.301 |
8,2 |
L. 109/1994, art. 4: Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (U.P.B. 3.1.2.32 – cap. 1702) |
18.710 |
-750 |
17.960 |
20.504 |
14,2 |
L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.17 – cap. 1613) |
2.214 |
-90 |
2.124 |
2.166 |
2,0 |
L. 675/1996: Tutela delle persone e altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali (U.P.B. 3.1.2.42 – cap. 1733) |
10.018 |
-400 |
9.618 |
9.810 |
2,0 |
L. 94/1997, art. 7, co. 6: Contributo in favore dell’ISAE (U.P.B. 2.1.2.4 – cap. 1321) |
10.173 |
-410 |
9.763 |
9.958 |
2,0 |
L. 249/1997: Istituzione dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme dei sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (U.P.B. 3.1.2.14 – cap. 1575) |
22.768 |
-910 |
21.858 |
23.786 |
8,8 |
D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale, minori entrate IRAP, ecc. (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 2701) |
- |
- |
- |
473.100 |
- |
L. 128/1998, art. 23: Istituzione Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (U.P.B. 3.1.2.37 – cap. 1723) |
4.554 |
-180 |
4.374 |
4.461 |
2,0 |
L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (U.P.B. 3.1.5.16 – cap. 2185) |
119.239 |
- |
- |
240.239 |
101,5 |
L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della SVIMEZ (U.P.B. 3.2.3.38 – cap. 7330)
|
1.753 |
- |
- |
1.753 |
- |
D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs. 188/2000: Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (U.P.B. 3.1.2.7 – cap. 1525) |
250.425 |
-10.020 |
240.405 |
245.213 |
2,0 |
D.Lgs. 285/1999: Riordino del FORMEZ (U.P.B. 12.1.2.12 – cap. 5200) |
13.706 |
- |
- |
13.706 |
- |
D.Lgs. 287/1999: Riordino della SSPA- Scuola superiore dell’economia e delle finanze (U.P.B. 6.1.2.13 – cap. 3935) |
17.736 |
-710 |
17.026 |
17.366 |
2,0 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2, lett. a): Finanziamento Agenzia del demanio (U.P.B. 6.1.2.9 - cap. 3901) |
211.970 |
-4.680 |
207.290 |
137.012[236] |
-33,9 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2, lett. b): Finanziamento Agenzia del territorio (U.P.B. 6.1.2.10 - cap. 3911) |
428.014 |
-13.940 |
414.074 |
480.575 |
16,1 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2, lett. c): Finanziamento Agenzia delle dogane (U.P.B. 6.1.2.11 - cap. 3920) |
528.820 |
-11.300 |
517.520 |
563.697 |
8,9 |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia delle entrate (U.P.B. 6.1.2.8 - capp. 3890) |
2.316.307 |
-80.620 |
2.235.687 |
2.549.520 |
14,0 |
D.Lgs. 303/1999: Ordinamento Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 11, della L. n. 59/1997 (U.P.B. 3.1.5.2 – cap. 2115) |
315.408 |
-12.620 |
302.788 |
327.546 |
8,2 |
L. 205/2000, art. 20: Autonomia amministrativa del Consiglio di Stato e dei TAR (U.P.B. 3.1.5.11 – cap. 2170) |
156.738 |
-6.270 |
150.468 |
162.964 |
8,3 |
L. 353/2000: Legge quadro in materia di incendi boschivi (U.P.B. 4.1.2.14 – cap. 2820) |
10.329 |
-410 |
9.919 |
10117 |
2,0 |
L. 388/2000, art. 74 comma 1: Previdenza complementare (U.P.B. 3.1.5.9 – cap. 2156) |
154.937 |
- |
- |
154.937 |
- |
L. 38/2001, art. 16 comma 2: Tutela della minoranza linguistica slovena - contributo alla regione Friuli Venezia Giulia (U.P.B. 4.2.3.12 – cap. 7513/p) |
5.000 |
- |
- |
5.000 |
- |
D.Lgs 165/2001, art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (U.P.B. 12.1.2.16 – cap. 5233) |
4.098 |
-160 |
3.938 |
4.017 |
2,0 |
|
|||||
Ministero delle attività produttive |
|
|
|
|
|
L. 287/1990, art. 10, co. 7: Autorità garante della concorrenza e del mercato (U.P.B. 3.1.2.3 – cap. 2275) |
22.768 |
- |
- |
24.230 |
6,4 |
L. 292/1990: Ente nazionale italiano per il turismo (U.P.B. 3.1.2.2 – cap. 2270) |
25.171 |
-1.010 |
24.161 |
24.755 |
2,5 |
L. 282/1991, D.L. 496/1993 e D.L. 26/1995: Riforma dell'ENEA (U.P.B. 4.2.3.4 – cap. 7630) |
201.419 |
- |
- |
201.419 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 cap. 2280) |
34.968 |
-1.400 |
33.568 |
32.239 |
-4,0 |
L. 68/1997, art. 8: ICE - Contributo di funzionamento (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5101) |
111.784 |
- |
- |
111.784 |
- |
L. 68/1997, art. 8, co. 1: ICE - Contributo finanziamento attività promozionale (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5102) |
73.034 |
- |
- |
73.034 |
- |
|
|||||
Ministero del lavoro e delle politiche sociali |
|
|
|
|
|
L. 335/1995, art. 13: Riforma del sistema pensionistico - Vigilanza sui fondi pensione (U.P.B. 3.1.2.19 – cap. 1990) |
2.277 |
-90 |
2.187 |
2.231 |
2,0 |
L. 448/1998, art. 80, co. 4: Formazione professionale – contributi a organismi vari (U.P.B. 2.1.2.5 – cap. 1395) |
2.277 |
-90 |
2.187 |
2.231 |
2,0 |
L. 328/2000: art. 20, co. 8: Fondo da ripartire per le politiche sociali (U.P.B. 3.1.5.1 - cap. 1711) |
1.215.533 |
- |
- |
1.276.640 |
5,0 |
|
|||||
Ministero della giustzia |
|
|
|
|
|
D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento dei detenuti tossicodipendenti (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 1768) |
5.678 |
- |
- |
5.678 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.1.2.1 – cap. 1160) |
137 |
- |
- |
137 |
- |
|
|||||
Ministero degli esteri |
|
|
|
|
|
L. 1612/1962: Istituto agronomico per l'Oltremare (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2201) |
3.132 |
- |
- |
3.132 |
- |
L. 794/1966: Costituzione dell’istituto italo-latino-americano (U.P.B. 16.1.2.2 – cap. 4131) |
2.559 |
-100 |
2.459 |
2.508 |
2,0 |
DPR 200/1967: Associazioni assistenza collettività italiane all'estero (U.P.B. 11.1.2.3 - cap. 3105) |
2.744 |
-110 |
2.634 |
2.687 |
2,0 |
L. 883/1977: Accordo relativo a un programma internazionale per l'energia (U.P.B. 13.1.2.2 - cap. 3749) |
944 |
- |
- |
944 |
- |
L. 140/1980: Partecipazione italiana al Fondo europeo per la gioventù (U.P.B. 15.1.2.5 - cap. 4052) |
273 |
- |
- |
273 |
- |
L. 7/1981 e L. 49/1987: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (U.P.B. 9.1.1.0 e 9.1.2.2 - capitoli vari) |
616.516 |
- |
- |
628.846 |
2,0 |
L. 960/1982: Rifinanziamento legge di ratifica degli accordi di Osimo tra Italia e Jugoslavia (U.P.B. 15.1.2.2 – capp. 4061 e 4063)
|
2.733 |
- |
- |
2.733 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.2 – cap. 1163) |
7.216 |
-290 |
6.926 |
7.075 |
2,2 |
L. 299/1998: Finanziamento italiano della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE) (U.P.B. 20.1.2.1 – cap.4534) |
4.968 |
- |
- |
4.968 |
- |
L. 58/2001: Istituzione del fondo per lo sminamento umanitario (Paesi in via di sviluppo) (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2210) |
2.582 |
- |
- |
2.582 |
- |
|
|||||
Ministero dell’istruzione |
|
|
|
|
|
L. 407/1974: Programma europeo di cooperazione scientifica e tecnologica (U.P.B. 25.2.3.4 - cap. 8973) |
4.761 |
- |
- |
4.741 |
-0,4 |
L. 394/1977: Potenziamento dell'attività sportiva universitaria (U.P.B. 25.1.2.9 - cap. 5547) |
7.830 |
- |
- |
7.986 |
2,0 |
L. 181/1990: Funzionamento della scuola europea di Ispra (U.P.B. 7.1.2.3 - cap. 2193) |
373 |
- |
- |
373 |
- |
L. 245/1990: Piano triennale di sviluppo dell'Università e attuazione Piano quadriennale 1986-1990 (U.P.B. 25.1.2.3 - cap. 5496) |
121.724 |
- |
- |
122.558 |
0,7 |
L. 243/1991: Università non statali legalmente riconosciute (U.P.B. 25.1.2.4 - cap. 5502) |
114.149 |
- |
- |
124.423 |
9,0 |
L. 147/1992: Norme sul diritto agli studi universitari (U.P.B. 25.1.2.7 - cap. 5517) |
144.208 |
- |
- |
147.092 |
2,0 |
L. 537/1993, art. 5, comma 1: Costituzione Fondo finanziamento ordinario delle università (U.P.B. 25.1.2.5 - cap. 5507) |
6.545.000 |
- |
- |
6.683.900 |
2,1 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 25.1.2.1 - cap. 5483) |
18.500 |
- |
- |
20.370 |
10,1 |
L. 440/1997 e L. 144/1999: Fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa (U.P.B. 4.1.5.1 - cap. 1722) |
198.732 |
- |
- |
198.732 |
- |
D.Lgs. 204/1998: Programmazione e valutazione della politica nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (U.P.B. 25.2.3.1 - cap. 8922) |
1.639.705 |
- |
- |
1.652.600 |
0,8 |
Legge 338/2000, art.1 co. 1: Alloggi e residenze per studenti universitari (U.P.B. 25.2.3.3 - cap. 8967) |
30.987 |
- |
- |
31.607 |
2,0 |
|
|||||
Ministero dell’interno |
|
|
|
|
|
L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 5.1.1.1 - cap. 2674) |
24.842 |
- |
- |
24.842 |
- |
L. 968/1969 e D.L. 361/1995, art. 4: Fondo scorta Corpo nazionale Vigili del Fuoco (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1916) |
19.873 |
- |
- |
19.873 |
- |
D.P.R. 309/1990, art. 101: Prevenzione e repressione traffico sostanze stupefacenti (U.P.B. 5.1.1.1 – cap. 2668; U.P.B. 5.1.1.4 - cap 2815) |
3.378 |
- |
- |
3.378 |
- |
Legge 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.1 – cap. 1286) |
122 |
- |
- |
122 |
- |
|
|||||
Ministero dell’ambiente |
|
|
|
|
|
L. 979/1982, art. 7: Difesa del mare (U.P.B. 2.1.2.5 - capp. 1644,1646) |
47.696 |
-1.910 |
45.786 |
47.117 |
2,9 |
D.L. n. 2/1993: Commercio e detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (U.P.B. 2.1.1.0 – capp. 1388, 1389) |
248 |
- |
- |
248 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.3 - cap. 1551) |
58.672 |
-2.350 |
56.322 |
57.851 |
2,7 |
D.Lgs. 300/99, art. 38: ANPA (U.P.B. 7.1.2.1 – cap. 3621 – U.P.B. 7.2.3.2 – cap. 8831) |
93.216 |
-3.730 |
89.486 |
92.505 |
3,4 |
|
|||||
Ministero delle infrastrutture e trasporti |
|
|
|
|
|
L. 721/1954: Fondo scorta per le capitanerie di porto (U.P.B. 6.1.1.1 - cap. 2661) |
4.968 |
- |
- |
4.968 |
- |
L. 267/1991, art. 1, co. 1 : Piano nazionale della pesca – Mezzi operativi e strumentali (U.P.B. 6.1.1.5 – cap. 2719) |
1.495 |
-600 |
895 |
913 |
2,0 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 4.1.2.18 – cap. 2032) |
409 |
-20 |
389 |
397 |
2,1 |
D.L. 535/1996: Contributo al centro internazionale radio medico CIRM (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 2098) |
727 |
- |
- |
727 |
- |
D.Lgs. 250/1997, art. 7: Istituzione dell'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) (U.P.B. 4.1.2.13 – cap. 2161) |
63.441 |
-2.540 |
60.901 |
62.119 |
2,0 |
L. 431/1998: Disciplina delle locazioni e rilascio degli immobili ad uso abitativo (art. 11, comma 1) (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 1690) |
246.010 |
- |
- |
246.010 |
- |
|
|||||
Ministero della difesa |
|
|
|
|
|
R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità dei Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1253) |
45.460 |
- |
- |
45.460 |
- |
R.D. 263/1928, art. 17, co. 2: Amministrazione e contabilità del Corpo dell’Arma dei Carabinieri (U.P.B. 7.1.1.1 – cap. 4840) |
16.147 |
- |
- |
16.147 |
- |
L. 549/1995, art. 1, comma 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 – cap. 1352)
|
910 |
-40 |
870 |
887 |
2,0 |
D.Lgs. 300/1999, art. 22, co. 1: Finanziamento Agenzia industrie difesa (U.P.B. 3.1.2.8 - cap. 1360, 1367; 3.2.3.6 - cap. 7145) |
14.800 |
- |
- |
14.800 |
- |
L. 267/2002, art.1, co. 2: Contributi dello Stato all'INSEAN (U.P.B. 3.1.2.4 - cap. 1354) |
4.394 |
- |
- |
4.482 |
2,0 |
L. 267/2002, art.1, co. 3: Contributi dello Stato in favore dell'IHO (U.P.B. 3.1.2.2 - cap. 1345) |
68 |
- |
- |
68 |
- |
|
|||||
Ministero delle politiche agricole e forestali |
|
|
|
|
|
L. 267/1991 Art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la pesca marittima (U.P.B. 2.1.1.0 e 2.1.2.7 – capitoli vari) |
30.358 |
-1.210 |
29.148 |
19.231 |
-34,0 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 2200) |
5.641 |
-230 |
5.411 |
5.923 |
9,5 |
D.Lgs. 454/1999: Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2083) |
19.377 |
-500 |
18.877 |
94.760[237] |
402,0 |
|
|||||
Ministero per i beni e le attività culturali |
|
|
|
|
|
L. 190/1975: Biblioteca nazionale centrale "Vittorio Emanuele II" di Roma (U.P.B. 3.1.1.0 – cap. 1941) |
2.732 |
- |
- |
2.732 |
- |
D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P.B. 2.1.1.0 - capp. 1261, 1262 ; U.P.B. 3.1.1.0 – capp. 1942, 1943) |
6.056 |
- |
- |
6.056 |
- |
L. 163/1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (U.P.B. 5.1.2.2 e 5.2.3.9 – cap. vari) |
500.000 |
18.590 |
518.590 |
491.038 |
-5,3 |
L. 118/1987: Norme relative alla Scuola archeologica italiana in Atene (U.P.B. 4.1.2.1 – cap. 2363) |
967 |
- |
- |
967 |
- |
L. 466/1988: Contributo Accademia nazionale dei Lincei (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2052) |
3.188 |
-130 |
3.058 |
3.119 |
2,0 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.3 - cap. 2100) |
35.626 |
-1.430 |
34.196 |
34.880 |
2,0 |
|
|||||
Ministero della salute |
|
|
|
|
|
D.L.C.P.S. 1068/1947: Contributo all’organizzazione mondiale della sanità (U.P.B. 4.1.2.10 – cap. 4320)
|
19.631 |
- |
- |
20.024 |
2,0 |
DPR 613/1980: Contributo alla Croce Rossa Italiana (U.P.B. 3.1.2.20 - cap. 3453) |
34.467 |
- |
- |
35.156 |
2,0 |
D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo sanitario nazionale - Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione (U.P.B. 3.1.2.10 - cap. 3392) |
206.809 |
- |
- |
210.945 |
2,0 |
D.Lgs. 267/1993: Riordinamento Istituto superiore di sanità (U.P.B. 3.1.2.16 - cap. 3443/p) |
91.070 |
- |
- |
95.532 |
4,9 |
D.Lgs. 268/1993: Riordinamento dell’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (U.P.B. 3.1.2.17 - cap. 3447) |
68.302 |
- |
- |
75.000 |
9,8 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.11 - cap. 3412) |
6.400 |
-260 |
6.140 |
6.263 |
2,0 |
L. 434/1998: Finanziamento interventi prevenzione del randagismo (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 4340) |
4.635 |
- |
- |
4.635 |
- |
L. 129/2001, art. 2, co. 4: Agenzia servizi sanitari regionali (U.P.B. 3.1.2.21 - cap. 3457) |
5.829 |
-230 |
5.599 |
5.711 |
2,0 |
D.L. 269/2003, art. 48, co. 9: Agenzia Italiana del Farmaco (U.P.B. 3.1.2.22 - cap. 3458, 3459; U.P.B. 3.2.3.5 - cap. 7230) |
- |
- |
- |
50.988 |
- |
3. Ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall'articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati fra le spese di conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.
Il comma 3 dell’articolo 37 in esame approva l’entità degli stanziamenti di cui alla tabella D, nella quale vengono rifinanziate alcune leggi di spesa di conto capitale recanti interventi di sostegno dell’economia.
L’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978 (come modificato dall’articolo 2, comma 16, della legge n. 208 del 1999) prevede che la Tabella D della legge finanziaria indichi:
- il rifinanziamento per un solo anno di interventi di conto capitale per i quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza;
- il rifinanziamento per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti (indipendentemente dal fatto che abbiano una dotazione finanziaria) che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.
Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale.
In sede di prima applicazione, il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 208/1999 ha previsto che fosse la legge finanziaria per il 2000 a indicare l’elenco delle leggi vigenti recanti interventi di parte capitale, che potevano essere incluse nella Tabella D e rifinanziate per un periodo pluriennale. L’elenco è riportato nell’Allegato 1 alla legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).
Ai sensi dell’articolo 70, comma 7, di detta legge, infatti, è stato precisato che “(…) le leggi vigenti rifinanziabili per un periodo pluriennale ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della medesima legge, sono indicate (…) dall’allegato 1” della legge finanziaria medesima.
In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere rifinanziate pluriennalmente in Tabella D soltanto se sono state incluse nell’allegato 1 della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne prevede l’inserimento in Tabella D.
Il totale dei rifinanziamenti previsti in Tabella D dal disegno di legge finanziaria per il 2005 ammonta a 1.406 milioni euro per il 2005, a 5.163 milioni per il 2006 e a 19.713 milioni per il 2007.
Nelle tabelle seguenti sono indicati, ripartiti per Ministeri, i rifinanziamenti annuali o pluriennali assegnati a ciascuna legge dalla Tabella D del disegno di legge finanziaria per il 2005 (A.C. 5310), a raffronto con gli stanziamenti già previsti dal bilancio a legislazione vigente (i due stanziamenti costituiscono le risorse complessive della legge).
Sono altresì segnalati gli effetti di eventuali definanziamenti disposti dalla Tabella E e di eventuali rimodulazioni delle autorizzazioni pluriennali di spesa disposte dalla Tabella F.
L’ultima riga di ciascuna tabella, indica le risorse disponibili per il 2005-2007 in relazione a ciascuna autorizzazione di spesa (si tratta dell’importo che risulta esposto nella Tabella F).
Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
|
L. 730/1983 art. 18, comma 8 e 9: Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito - (U.P.B. 1.2.3.4 – cap. 7005) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
- |
- |
- |
|
||||
A.C. 5310- Tab. D |
+3.000 |
+3.000 |
+3.000 |
|
||||
Disponibilità |
3.000 |
3.000 |
3.000 |
|
||||
|
L. 183/1987 art. 5: Coordinamento politiche comunitarie - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493/p) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
4.189.000 |
8.800.000 |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. D |
- |
1.000.000 |
4.500.000 |
|
||||
A.C. 5310 – Rim. Tab. F* |
- |
-5.500.000 |
-100.000 |
|
||||
Disponibilità |
4.189.300 |
4.300.000 |
4.400.000 |
|
||||
* La Tabella F sposta 5,6 miliardi al 2008 e successivi.
|
L. 86/1989, art. 3: Partecipazione al processo normativo comunitario - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7493/p) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
50.000 |
50.000 |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. D |
- |
- |
+50.000 |
|
||||
Disponibilità |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
|
||||
|
L. 97/1994: Fondo per la montagna (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003/p) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
20.000 |
- |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. D |
+11.000 |
- |
- |
|
||||
Disponibilità |
31.000 |
- |
- |
|
||||
|
L. 662/1996, art. 2, comma 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (U.P.B. 3.2.3.15. - cap. 7122) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
2.582.000 |
4.257.596 |
7.000.000 |
|
||||
A.C. 5310 - Tab. D |
+400.000 |
+4.000.000 |
+6.300.000 |
|
||||
A.C. 5310 – Rim. Tab. F* |
- |
-5.000.000 |
-9.700.000 |
|
||||
Disponibilità |
2.982.000 |
3.257.596 |
3.600.000 |
|
||||
* La Tabella F sposta 14,7 miliardi di euro al 2008 e successivi.
|
L. 194/1998, art. 1, co. 4: Ricapitalizzazione società di trasporto aereo (U.P.B. 3.2.3.32 - cap. 7290) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
- |
- |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. D |
+750.000 |
- |
- |
|
||||
Disponibilità |
750.000 |
- |
- |
|
||||
|
L. 448/1998, art. 50, comma 1, lett. c): Interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica (U.P.B. 4.2.3.3 - cap. 7464) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
761.119 |
3.340.000 |
- |
|
||||
A.C. 5310 tab. D |
- |
- |
+1.000.000 |
|
||||
A.C. 5310 – Rim. Tab. F* |
-100.000 |
-2.700.000 |
-300.000 |
|
||||
Disponibilità |
661.119 |
640.000 |
700.000 |
|
||||
* La Tabella F sposta 3,1 miliardi di euro al 2008 e successivi.
|
L. 289/2002, art. 61 comma 1: Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
4.904.116* |
8.559.900 |
2.700.000 |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. D |
+100.000 |
+100.000 |
+7.800.000 |
|
||||
A.C. 5310 – Rim. Tab. F* |
-1.950.000 |
-1.300.000 |
-3.550.000 |
|
||||
Disponibilità |
3.054.116 |
7.359.900 |
6.950.000 |
|
||||
* Nella legge di bilancio per il 2005, il cap. 7576 risulta dotato di 5.580,9 milioni,in quanto sul Fondo confluiscono le risorse derivanti da altre disposizioni legislative.
** La Tabella F sposta 6,8 miliardi di euro al 2008 e successivi. Peraltro la tabella F indica per il 2005 un importo di 3.062.116 migliaia di euro, in quanto in essa vengono ricompresi gli stanziamenti per l’ammodernamento delle P.A. nel Mezzogiorno (8 milioni), che nel BLV 2005 sono iscritti sul cap. 7672/Economia (UPB 5.2.3.19).
|
L. 350/2003, art. 4 comma 8: Progetti strategici settore informatico saccarifero (U.P.B. 4.2.3.28 - cap. 7579) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
65.000 |
65.000 |
- |
|
||||
A.C. 5310 – tab. D |
+65.000 |
- |
- |
|
||||
Disponibilità |
130.000 |
65.000 |
- |
|
||||
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
|
D.L. 148/1993, art. 1, comma 7: Interventi a sostegno dell'occupazione - Fondo per l’occupazione (U.P.B. 2.2.3.3 - cap. 7141) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV* |
520.000* |
- |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. D |
+60.000 |
+60.000 |
+60.000 |
|
||||
A.C. 5310 – Rim. Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
|
|
||||
Disponibilità |
530.999 |
110.000 |
60.000 |
|
||||
* La dotazione del Fondo per l’occupazione nella legge di bilancio per il 2005 ammonta a 1.120,846 milioni, in quanto in esso, oltre alle risorse riferite al D.L. n. 148/1993, confluiscono anche le risorse derivanti da altri provvedimenti legislativi.
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
|
L. 477/1998: Sedi per rappresentanze diplomatiche e alloggi per il personale (U.P.B. 6.2.3.3 - cap. 7245) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
- |
- |
- |
|
||||
A.C. 5310 - Tab. D |
10.000 |
- |
- |
|
||||
Disponibilità |
10.000 |
- |
- |
|
||||
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA
|
L. 910/1986, art. 7, co. 8: Edilizia universitaria (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
150.000 |
150.000 |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. D |
+4.430 |
- |
- |
|
||||
Disponibilità |
154.430 |
150.000 |
- |
|
||||
|
L. 266/1997, art. 5, comma 3: Programma nazionale di ricerca in Antartide (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7302/p) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
28.405 |
- |
- |
|
||||
A.C. 5310 - Tab. D |
570 |
- |
- |
|
||||
Disponibilità |
28.975 |
- |
- |
|
||||
|
L. 388/2000, art. 104 comma 4: Ricerca di base (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7302/p) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
||||
BLV |
100.000 |
- |
- |
|
||||
A.C. 5310 - Tab. D |
2.000 |
|
|
|
||||
Disponibilità |
102.000 |
|
|
|
||||
Articolo 37, comma 4
(Riduzioni di autorizzazioni legislative di
spesa)
4. Ai termini dell'articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.
Il comma 4 dell’articolo 37 in esame dispone, in attuazione dell’articolo 11, commi 3, lettera e), della legge n. 468/1978 (come sostituito dall'articolo 5 della legge n. 362/1988), in ordine alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale (Tabella E).
La riduzione delle spese mediante definanziamento permette tra l’altro di reperire le risorse ai fini della copertura dei maggiori oneri recati dalla finanziaria stessa.
Gli effetti riduttivi della Tabella E sono computati negli importi esposti nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.
Il codice 1 indicato nell’ultima colonna della tabella (la colonna “definanziamento”) significa che la riduzione viene disposta in via permanente, sino all’anno di scadenza dell’autorizzazione di spesa.
La Tabella E del disegno di legge finanziaria 2005 (A.C. 5310) dispone definanziamenti pari complessivamente a 98,217 milioni sia per il 2005, che per il 2006.
Nelle tabelle seguenti sono indicati, ripartiti per Ministeri, i definanziamenti disposti alle singole autorizzazione di spesa dalla Tabella E del disegno di legge finanziaria per il 2005, a raffronto con gli stanziamenti previsti per ciascuna autorizzazione legislativa dal bilancio a legislazione vigente.
Sono altresì segnalati gli effetti di eventuali rifinanziamenti disposti dalla Tabella D e di eventuali rimodulazioni disposte dalla Tabella F.
L’ultima riga di ciascuna tabella, indica le risorse disponibili per il 2005-2006 in relazione a ciascuna autorizzazione di spesa.
Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.
MINISTERO DELL’AMBIENTE
|
L. n. 426/1998, art. 1, comma 1: Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati (U.P.B. 1.2.3.6 – Fondo unico investimenti difesa del suolo - cap. 7090) |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2006 |
||||
BLV |
52.167 |
18.807 |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Tab. E |
-4.500 |
-4.500 |
- |
|
||||
Disponibilità |
47.667 |
14.307 |
- |
|
||||
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE
|
L. n. 448/2001, articolo 46, comma 4: Fondo investimenti (U.P.B. 1.2.1.10 – Fondo unico investimenti agricoltura |
|||||||
|
|
2005 |
2006 |
2006 |
||||
BLV |
334.025 |
334.025 |
|
|
||||
A.C. 5310 – Tab. E |
-93.717 |
-93.717 |
- |
|
||||
A.C. 5310 – Rim. Tab. F |
-13.000 |
-13.000 |
+26.000 |
|
||||
Disponibilità |
227.308 |
227.308 |
26.000 |
|
||||
Articolo 37, comma 5
(Modulazione delle leggi pluriennali di
spesa)
5. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.
Il comma 5 dell’articolo 37 in esame dispone in ordine agli stanziamenti iscritti nella tabella F. La tabella Frimodula le quote per il triennio finanziario di riferimento delle leggi di spesa in conto capitale pluriennali, senza tuttavia poter variare lo stanziamento complessivo di ciascuna legge (art. 11, comma 3, lettera e) e art. 11-quater, comma 1,della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni).
Il disegno di legge finanziaria deve inoltre indicare in apposito allegato per ciascuna legge di spesa pluriennale i residui di stanziamento e le giacenze di tesoreria eventualmente in essere al 30 giugno dell'anno in corso.
Quest'ultima prescrizione ha fini meramente conoscitivi; essa consente peraltro di avere indicazioni sulla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni: i residui di stanziamento si formano infatti allorché, rispetto agli stanziamenti di competenza, non siano stati assunti impegni di spesa; le giacenze di tesoreria si formano invece alla fine della procedura di spesa del bilancio (qualora le somme relative debbano transitare in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria) in relazione al loro mancato utilizzo da parte dei soggetti destinatari.
In attuazione di quanto disposto dall'articolo 11-quater, lettera d) della legge n. 468 del 1978, l'allegato 6 al disegno di legge finanziaria (A.C. 5310) indica i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e le giacenze in essere alla medesima data.
La Tabella F ha la funzione di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge.
Tale stanziamento, peraltro, può essere modificato mediante rifinanziamenti disposti nella tabella D o definanziamenti disposti nella tabella E. Qualora le leggi interessate siano esposte anche in tabella F, l’importo indicato tiene conto anche di dette variazioni.
La Tabella F sconta, quindi, anche i rifinanziamenti esposti nella precedente Tabella D e i definanziamenti previsti dalla Tabella E.
Nel testo del disegno di legge finanziaria 2005 (A.C. 5310) gli importi iscritti in Tabella F ammontano complessivamente a 20.225 milioni per il 2005, 22.566,5 milioni per il 2006, 17.593,6 milioni per il 2007 e a 33.674 milioni per il 2008 e gli anni successivi.
Rispetto al bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311), le rimodulazioni proposte dalla Tabella F del disegno di legge finanziaria 2005 determinano una riduzione delle autorizzazioni di spesa di 5.661,8 milioni per il 2005, di 11.219 milioni per il 2006, di 13.449 milioni per il 2007, con incrementi compensativi delle autorizzazioni di spesa per 30.325 milioni nel 2007 e negli anni successivi.
Di seguito sono indicati i settori di spesa e le leggi per le quali la Tabella F effettua rimodulazioni (valori in migliaia di euro).
2 - Interventi a favore delle imprese
Ministero attività produttive
L. n. 448/1998, art. 52, comma 1 – Fondo unico per gli incentivi alle imprese (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
150.000 |
50.000 |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
100.000 |
100.000 |
- |
- |
3 - Interventi per calamità naturali
Ministero economia
D.L. n. 142/1991, art. 6, comma 1 – Fondo protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7446/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
227.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-100.000 |
+100.000 |
- |
- |
Disponibilità |
127.000 |
100.000 |
- |
- |
D.L. n. 433/1991, art. 1, comma 1 – Contributo straordinario alla regione siciliana per la ricostruzione dei comuni colpiti da eventi sismici (U.P.B. 4.2.3.1 - cap. 7451) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
100.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
50.000 |
50.000 |
- |
- |
Si segnala che per i due limiti di impegno quindicennali di 5 milioni ciascuno previsti dall’articolo 4, comma 91, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004), per la prosecuzione degli interventi e dell'opera di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza di cui al DPCM 29 novembre 2002, la decorrenza è stata spostata dal 2006 al 2008.
Analogamente è stato disposto per il limite di impegno con decorrenza dal 2006 previsto dall’articolo 20 della legge n. 355 del 2003 relativamente a diverse calamità naturali, che è slittato al 2008.
Ministero ambiente e territorio
D.L. n. 180/1998, art. 1, comma 2 - Rischio idrogeologico nella Regione Campania, misure di prevenzione per le aree a rischio (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
100.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
50.000 |
50.000 |
- |
- |
4 - Interventi nelle aree sottoutilizzate
Ministero economia e finanze
L. n. 64/1986, – Intervento straordinario nel Mezzogiorno (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
674.685 |
300.000 |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-200.000 |
+100.000 |
+100.000 |
- |
Disponibilità |
474.685 |
400.000 |
100.000 |
|
L. 289/2002, art. 61 comma 1: – Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
4.904.116 |
8.559.900 |
2.700.000 |
- |
A.C. 5310 – Tab. D |
+100.000 |
+100.000 |
+7.800.000 |
- |
A.C. 5310 –. Tab. F |
-1.950.000 |
-1.300.000 |
-3.550.000 |
+6.800.000 |
Disponibilità* |
3.054.116 |
7.359.900 |
6.950.000 |
6.8000.000 |
* La tabella F indica per il 2005 un importo di 3.062.116 migliaia di euro, in quanto in essa vengono ricompresi gli stanziamenti per l’ammodernamento delle P.A. nel Mezzogiorno (8 milioni), che nel BLV 2005 sono iscritti sul cap. 7672/Economia (UPB 5.2.3.19).
L. 289/2002, art. 61 comma 1: – Credito di imposta investimenti (U.P.B. 6.2.3.12 - cap. 7790) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
260.000 |
|
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-160.000 |
+160.000 |
- |
- |
Disponibilità |
100.000 |
160.000 |
- |
- |
L. 289/2002, art. 61 comma 1: – Credito di imposta investimenti (U.P.B. 6.2.3.12 - cap. 7791) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
1.030.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-565.000 |
+565.000 |
- |
- |
Disponibilità |
465.000 |
565.000 |
- |
- |
L. 289/2002, art. 61 comma 1: – Credito di imposta investimenti (U.P.B. 6.2.3.12 - cap. 7793) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
975.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-540.000 |
+540.000 |
- |
- |
Disponibilità |
435.000 |
540.000 |
- |
- |
Ministero attività produttive
DL 415/1992, art. 1, co. 2 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
750.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
700.000 |
50.000 |
- |
- |
L 208/1998, art. 1, co. 1 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
2.375.702 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-1.400.000 |
+1.400.000 |
- |
- |
Disponibilità |
975.702 |
1.400.000 |
- |
- |
Ministero istruzione, università e ricerca
L. 289/2002, art. 61 comma 1: – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime (U.P.B. 4.2.3.5 – cap. 7254/p e U.P.B. 4.2.3.11 - cap. 7308/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
547.390 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-100.000 |
+100.000 |
- |
- |
Disponibilità |
447.390 |
100.000 |
- |
- |
Ministero comunicazioni
L. 289/2002, art. 61 comma 1: – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime: Reti di comunicazione (U.P.B. 2.2.3.4 - cap. 7230) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
144.780 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-134.780 |
+34.780 |
+50.000 |
+50.000 |
Disponibilità |
10.000 |
34.780 |
50.000 |
50.000 |
9 - Mediocredito Centrale
Ministero economia e finanze
D.L. n. 251/1981, art. 2 - Fondo rotativo finanziamento imprese esportatrici (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7301) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
102.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
52.000 |
50.000 |
- |
- |
11 - Interventi nel settore dei trasporti
Ministero economia e finanze
L. 662/1996, art. 2, comma 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (U.P.B. 3.2.3.15. – cap. 7122) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
2.582.000 |
4.257.596 |
7.000.000 |
|
A.C. 5310 - Tab. D |
+400.000 |
+4.000.000 |
+6.300.000 |
|
A.C. 5310 – Tab. F |
- |
-5.000.000 |
-9.700.000 |
+14.700.000 |
Disponibilità |
2.982.000 |
3.257.596 |
3.600.000 |
14.700.000 |
13 - Interventi nel settore della ricerca
Ministero economia e finanze
D.L. 269/2003, art. 4, co. 10: Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia (U.P.B. 3.2.3.50 – cap. 7380) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
100.000 |
100.000 |
100.000 |
700.000 |
A.C. 5310 – Tab. F |
-49.000 |
+24.000 |
+25.000 |
- |
Disponibilità |
51.000 |
124.000 |
125.000 |
700.000 |
17 - Edilizia penitenziaria, giudiziaria, sanitaria, di servizio
Ministero economia e finanze
L. 448 del 1998, articolo 50, co. 1, lett. c) – Edilizia sanitaria pubblica (U.P.B. 4.2.3.3 – cap. 7464) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
761.119 |
3.340.000 |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. D |
- |
- |
+1.000.000 |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-100.000 |
-2.700.000 |
-300.000 |
+3.100.000 |
Disponibilità |
661.119 |
640.000 |
700.000 |
3.100.000 |
L. 350/2003, articolo 3 , comma 144 – Risanamento Policlinico Umberto I di Roma (U.P.B. 4.2.3.21 – cap. 7560) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
60.000 |
75.000 |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
- |
-15.000 |
+15.000- |
- |
Disponibilità |
60.000 |
60.000 |
15.000 |
- |
Ministero infrastrutture e trasporti
Legge n. 910 del 1986, articolo 7, co. 6 - Completamento delle opere per immobili da destinare agli istituti di prevenzione e pena (U.P.B. 3.2.3.7 – cap. 7473) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
200.000 |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
150.000 |
50.000 |
- |
- |
19 - Difesa del suolo e tutela ambientale
Ministero politiche agricole
La decorrenza di un limite di impegno quindicennale di 50 milioni autorizzato dall’articolo 4, comma 31, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350/2003) per il recupero delle risorse idriche slitta dal 2006 al 2008.
27 - Interventi diversi
Ministero economia e finanze
Legge n. 183/1987 art. 5: Coordinamento politiche comunitarie - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493/p) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
4.189.000 |
8.800.000 |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. D |
- |
1.000.000 |
4.500.000 |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
- |
-5.500.000 |
-100.000 |
+5.600.000 |
Disponibilità |
4.189.300 |
4.300.000 |
4.400.000 |
5.600.000 |
Ministero lavoro e politiche sociali
D.L. 148/1993, art. 1, comma 7: Interventi a sostegno dell'occupazione - Fondo per l’occupazione (U.P.B. 2.2.3.3 - cap. 7141) |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
520.000* |
- |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. D |
+60.000 |
+60.000 |
+60.000 |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-50.000 |
+50.000 |
- |
- |
Disponibilità |
530.999 |
110.000 |
60.000 |
- |
Ministero politiche agricole
L. n. 448/2001, articolo 46, comma 4: Fondo investimenti (U.P.B. 1.2.1.10 – Fondo unico investimenti agricoltura |
||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
BLV |
334.025 |
334.025 |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. E |
-93.717 |
-93.717 |
- |
- |
A.C. 5310 – Tab. F |
-13.000 |
-13.000 |
+26.000 |
- |
Disponibilità |
227.308 |
227.308 |
26.000 |
- |
Articolo 37, comma 6
(Limiti all’assunzione degli impegni a
valere
sulle leggi di spesa pluriennali)
6. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella di cui al comma 5, le Amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell'anno 2005, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.
Ai sensi dell'articolo 11-quater, comma 2, della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.
La disposizione demanda tuttavia alla legge finanziaria la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.
In ogni caso, i pagamenti devono essere contenuti entro i limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.
Come già le leggi finanziarie precedenti, la legge finanziaria per il 2004 si avvale della predetta facoltà di limitare la impegnabilità dei fondi stanziati con le leggi pluriennali, esposte in Tabella F, contrassegnando, nella medesima tabella:
- con il n. 1, le quote degli anni 2006 ed esercizi successivi non impegnabili;
- con il n. 2 le quote degli anni 2006 e successivi impegnabili al 50%;
- con il n. 3 le quote degli anni 2006 e successivi interamente impegnabili.
Sono comunque fatti salvi gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2004 e quelli derivanti da spese in annualità.
Analogamente alle precedenti leggi finanziarie, si prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare nel 2005 le risorse relative agli anni successivi, con due eccezioni, per le quali le quote relative agli anni 2006 e successivi non sono impegnabili:
- legge n. 354/1998, articolo 3, per quanto concerne il potenziamento degli itinerari ferroviari (settore 11);
- legge n. 398/1998, disposizioni finanziarie a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese (settore 27).
Articolo 37, comma 7
(Eccedenze di spesa)
7. In applicazione dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater) della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell'allegato n. 1 alla presente legge. A tali misure non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3.
Analogamente a quanto già previsto nella legge finanziaria per il 2004, l’articolo 37, comma 7, dispone l’approvazione dell’allegato 1, nel quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche voci di bilancio.
Il finanziamento di tali oneri viene disposto in attuazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978, introdotto dal decreto-legge n. 194/2002 (c.d. decreto-legge “tagliaspese”), ai sensi del quale nella legge finanziaria possono essere inserite misure correttive degli effetti finanziari di leggi in relazione alle quali, in fase di attuazione, si sono verificati scostamenti rispetto alle previsioni.
La formulazione della legge n. 468/1978 fa peraltro riferimento a “misure correttive”, che potrebbero anche configurarsi come interventi di revisione delle disposizioni che hanno dato luogo a maggiori oneri, in modo da evitare l’emersione di ulteriori scostamenti, piuttosto che come la semplice attribuzione di finanziamenti aggiuntivi.
Il decreto legge 6 settembre 2002 n. 194, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", (cosiddetto decreto "tagliaspese"), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246, ha previsto che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime (articolo 1, comma 1, lett. a), che novella l’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468/1978).
Nel caso in cui, in fase di attuazione, si determinino oneri superiori ai limiti della spesa espressamente autorizzata, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose (lett. b) dell’articolo 1, comma 1.
In ogni caso, qualora dall’attuazione di disposizioni di legge si determinino, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2 del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).
Il D.L. n. 194/2002 ha, tuttavia, stabilito che misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge).
Ha inoltre disposto che in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).
Le eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 dispone il finanziamento ammontano a 3.236,5 milioni di euro per il 2005, a 242,4 milioni di euro per il 2006 e a 237,4 milioni di euro per il 2007.
Peraltro, negli stanziamenti riferiti al 2005 è compreso anche il finanziamento di oneri che si sono determinati nel 2004 e, in taluni casi, negli anni precedenti, per un importo complessivo di 1.105,9 milioni di euro.
La copertura di tali oneri viene effettuata nella forma di regolazioni debitorie.
Si segnala, altresì, che l’incidenza sull’indebitamento netto delle eccedenze di spesa risulta notevolmente inferiore all’ammontare dei finanziamenti aggiuntivi iscritti nel bilancio dello Stato.
In particolare, per il 2005, a fronte di nuovi finanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per 2.130,6 milioni di euro, viene computato un incremento delle spese rilevanti ai fini della determinazione dell’indebitamento netto per 508,1 milioni di euro.
Le disposizioni di legge per le quali l’allegato 1 prevede il finanziamento dei maggiori oneri, sono riconducibili a tipologie di autorizzazioni di spesa assai differenziate.
In particolare, si tratta di:
- oneri determinati da prestazioni connesse a diritti soggettivi (trattamento di quiescenza dei dipendenti di Poste italiane; rimborso INAIL degli oneri relativi alle prestazioni a favore dei lavoratori colpiti da silicosi; trasferimenti INPS per prestazioni di invalidità civile; oneri relativi all’armonizzazione del trattamento del personale delle Forze Armate con quello delle Forze di Polizia);
- oneri connessi ad obblighi internazionali (contributo annuale all’Ufficio internazionale dei pesi e misure con sede a Parigi; contributo annuale all’Organizzazione internazionale di metrologia legale con sede a Londra; contributo al Centro internazionale di alti studi agronomici del Mediterraneo; contributo all’ONU per lo sviluppo industriale; contributo relativo alla convenzione delle Nazioni Unite a favore dei paesi colpiti da siccità o desertificazione; contributo per il funzionamento del Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia; contributi connessi allo Statuto del Consiglio d’Europa; contributi relativi alla convenzione tra l’Italia e la Svizzera concernente la protezione delle acque italo-svizzere dall’inquinamento);
- oneri connessi a servizi svolti da soggetti esterni alle amministrazioni pubbliche (compensi ai concessionari della riscossione; rimborso ai concessionari della riscossione delle spese per procedure esecutive infruttuose; compensi ai concessionari della riscossione a titolo di remunerazione variabile; contributo a Poste italiane per le agevolazioni tariffarie elettorali; contributo a Poste italiane per le agevolazioni tariffarie relative all’editoria; spese di giustizia);
- oneri connessi alla definizione di rapporti finanziari tra diverse amministrazioni o nell’ambito delle amministrazioni dello Stato (finanziamento alle regioni per l’esercizio delle funzioni conferite ai sensi del D.Lgs. n. 112/1998 - federalismo amministrativo; trasferimento alle regioni a titolo di quota di compartecipazione all’IVA; trasferimento alle regioni delle risorse destinate a coprire l’incremento della spesa sanitaria derivante dalla legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari; attribuzione al Ministero dell’istruzione del 7,5% dei proventi delle sanzioni per violazioni al codice della strada; ripartizione dei servizi dell’amministrazione centrale del Ministero dell’interno);
- finanziamenti concessi ad enti pubblici e a società di proprietà pubblica (finanziamenti destinati al CONI; finanziamento destinato alle società del gruppo Tirrenia).
Di seguito sono elencate le singoli voci per le quali si sono registrate eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 del disegno di legge finanziaria per il 2005 dispone il finanziamento.
Vengono specificamente indicate le quote dei finanziamenti per il 2005 che sono contabilizzate come regolazioni debitorie e le voci per le quali già la legge finanziaria dello scorso anno evidenziava eccedenze di spesa, di cui disponeva il ripiano.
Ministero dell’Economia e delle finanze
Legge 388/2000, art. 68, comma 8 – Commissario liquidatore indennità buonuscita postelegrafonici (UPB 3.1.2.29 - cap. 1688)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
127.772 |
71.000 |
66.000 |
2007 |
Il finanziamento per il 2005 include 51,8 milioni di euro relativi ad eccedenze di spesa registrate nel 2004 (regolazioni debitorie).
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 214 milioni di euro per il 2004 e di 40 milioni di euro per il 2005 e per il 2006.
Legge 59/1997 – Federalismo amministrativo (UPB 4.1.2.17 - cap. 2856)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
77.405 |
- |
- |
2005 |
D.Lgs. 56/2000 – Federalismo
fiscale (compartecipazione IVA) (UPB
4.1.2.18 -
cap. 2862)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
740.010 |
- |
- |
2005 |
Legge 576/1975 – Compensi ai concessionari (UPB 6.1.1.1 - cap. 3555)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
238.477 |
- |
- |
2005 |
D.P.R. 43/1988 – Rimborso ai
concessionari per procedure esecutive
(UPB 6.1.1.1 - cap. 3557)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
103.158 |
51.558 |
51.558 |
P |
Legge 178/2002, art. 3, comma 4, punto b) – Compensi ai concessionari a titolo di remunerazione variabile (UPB 6.1.1.1 - cap. 3565)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
39.500 |
- |
- |
2005 |
Legge 515/1993 – Agevolazioni tariffarie elettorali (UPB 3.1.2.4 - cap. 1496)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
39.504 |
- |
- |
2005 |
Legge 67/1988 – Agevolazioni tariffarie editoria (UPB 3.1.2.43 - cap. 1850)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
80.500 |
46.000 |
46.000 |
P |
CONI Servizi S.p.A. (UPB 3.1.2.48 - cap. 1895)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
68.300 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005 include 68,3 milioni di euro relativi ad eccedenze di spesa riconducibili al disavanzo finanziario del CONI risultante per l’anno 2003 (regolazioni debitorie).
Immigrati (capitolo da istituire)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
579.000 |
- |
- |
2005 |
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali
Legge 115/1962, art. 5 – Rimborso
INAIL degli oneri sostenuti per la silicosi
(UPB 3.1.2.21 - cap. 2030)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
34.805 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005, pari a 34,8 milioni di euro si riferisce a prestazioni già erogate dall’INAIL in eccedenza a quanto stanziato nell’anno 2000 (regolazioni debitorie).
Spese per invalidità civile(UPB 3.1.2.28 - cap. 2310)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
546.000 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005, pari a 546 milioni di euro, si riferisce ai maggiori importi che, secondo quanto stimato, la corresponsione dei trattamenti per invalidità civile da parte dell’INPS registrerà rispetto ai relativi finanziamenti, nel corso del 2004 (regolazioni debitorie).
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 1.843 milioni di euro per il 2004 e di 1.019 milioni di euro per il 2005 e per il 2006.
Ministero della Giustizia
D.P.R. 115/2002, art. 64 – Spese di giustizia (UPB 3.1.2.28 - cap. 2310)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
373.500 |
- |
- |
2005 |
Il finanziamento per il 2005 si riferisce quasi interamente (per 365 milioni di euro) ad eccedenze di spesa che si sono registrate rispetto allo stanziamento iscritto nel bilancio per il 2003 (regolazioni debitorie).
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 310 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio
Legge 124/1994, art. 3 – Conversione
biodiversità – Accordi internazionali
(UPB 2.1.2.4 - cap. 1618)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
6.230 |
- |
- |
2005 |
Legge 113/1995, art. 2 – Finanziamento
del Piano d’azione per il Mediterraneo – Accordi internazionali
(UPB 4.1.2.2 - cap. 2215)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
240 |
240 |
240 |
P |
Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti
Legge 169/1975, art. 2 – Sovvenzioni
società di navigazione
(UPB 4.1.2.2 - cap. 2041)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
80.700 |
26.900 |
26.900 |
P |
Ministero dell’Istruzione, università e ricerca
D.Lgs. 9/2002, art. 15 – Quota del 7,5% degli introiti infrazioni al codice della strada (UPB 3.1.1.3 - cap. 1436)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
30.000 |
15.000 |
15.000 |
2007 |
Ministero delle Attività produttive
Partecipazione al mantenimento dell’Ufficio internazionale dei pesi e misure in Parigi(UPB 2.1.2.2 - cap. 1600)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
414 |
414 |
414 |
2007 |
Partecipazione al mantenimento dell’Organizzazione Internazionale di metrologia legale(UPB 2.1.2.2 - cap. 1601)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
27 |
27 |
27 |
2007 |
Ministero della Difesa
Legge 295/2002 – Armonizzazione del trattamento giuridico ed economico del personale delle Forze armate con quello delle Forze di polizia (UPB 3.1.1.1 - cap. 1207)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
60.818 |
21.027 |
21.027 |
P |
Il finanziamento per il 2005 si riferisce, per 40 milioni di euro, a regolazioni debitorie.
Ministero degli Affari esteri
Legge 932/1965 – Concessione di un contributo al Centro internazione di alti studi agronomici del Mediterraneo (UPB 9.1.2.2- cap. 2202)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
1.350 |
1.350 |
1.350 |
P |
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 532.000 euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Legge 972/1984 – Ratifica ed esecuzione dell’atto costitutivo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO) (UPB 9.1.2.2 - cap. 2203)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
413 |
413 |
413 |
P |
Legge 170/1997 – Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla desertificazione nei paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione, in particolare in Africa (UPB 9.1.2.3 - cap. 2302)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
5.222 |
5.222 |
5.222 |
P |
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 72.000 euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Legge 288/2000 – Concessione di un contributo per le spese di funzionamento e le attività operative del Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (UPB 10.1.2.2 - cap. 2740)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
2.000 |
2.000 |
2.000 |
P |
Legge 433/1949 – Ratifica ed esecuzione dello Statuto del Consiglio d’Europa e dell’Accordo relativo alla creazione della commissione preparatoria del Consiglio d’Europa (UPB 15.1.2.5 - cap. 4051/1)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
499 |
499 |
499 |
P |
La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 749.000 euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
Ministero dell’Interno
Legge 527/1978 – Ratifica ed esecuzione della convenzione tra l’Italia e la Svizzera concernente la protezione delle acque italo-svizzere dall’inquinamento (UPB 4.1.2.9 - cap. 2370)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
74 |
74 |
74 |
P |
R.D. 425/1940 – Ripartizione dei servizi dell’Amministrazione centrale del Ministero dell’interno (UPB 5.1.2.3 - cap. 2851)
2005 |
2006 |
2007 |
Anno terminale |
627 |
627 |
627 |
P |
Articolo 37, comma 8
(Fondi unici per gli investimenti)
8. In applicazione dell'articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell'allegato n. 2.
Con il comma 8 dell’articolo 37 viene approvato l’allegato 2, nel quale, in applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001), sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa.
L’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001) ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di Fondi unici per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa.
Nei fondi confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati.
Le nuove autorizzazioni di spesa per investimenti, che confluiscono nei Fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione di ciascun Ministero, devono mantenere una autonoma evidenziazione contabile in allegato delle corrispondenti autorizzazioni legislative.
A decorrere dal 2003, i Fondi unici per gli investimenti possono essere rifinanziati nella Tabella D della legge finanziaria per i tre anni del bilancio pluriennale.
Il comma 4 dell’articolo 46 ha stabilito che in apposito allegato alla legge finanziaria siano analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti che confluiscono in ciascuno dei Fondi per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione[238].
Ai sensi dell’articolo 1-quater, comma 4, del D.L. n. 50/2003 (legge n. 116/2003), è stato soppresso il Fondo unico investimenti istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno, che risultava costituito interamente dagli stanziamenti relativi a trasferimenti erariali di conto capitale in favore degli enti locali. La disposizione citata ha previsto, infatti, che la disciplina relativa ai fondi unici per gli investimenti non si applicasse ai trasferimenti suddetti.
Per quanto concerne la procedura di ripartizione dei Fondi per gli investimenti, l'articolo 46, comma 5, della legge n. 448/2001 ha disposto che i Ministri competenti presentino annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, una relazione nella quale siano individuate le destinazioni delle disponibilità di ciascun fondo.
In assenza di una specifica disposizione di legge si applica il termine di 20 giorni dalla data dell’assegnazione, fissato in generale per l’espressione del parere sugli atti del Governo, dall’articolo 143, comma 4, del Regolamento della Camera dei Deputati.
Successivamente all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, gli stanziamenti iscritti nei fondi sono trasferiti ai capitoli di spesa relativi ai singoli interventi.
Nell’ambito della legge di bilancio, infatti, gli stanziamenti relativi ai fondi unici per gli investimenti sono allocati in un’unica unità previsionale di base e, all’interno di essa, in un unico capitolo.
Nella legge di bilancio sono comunque mantenuti i capitoli corrispondenti alle specifiche autorizzazioni di spesa confluite nei fondi unici. Relativamente a tali capitoli, nella voce di competenza viene riportata l’indicazione “per memoria”; per quanto riguarda, invece, la cassa, si trova iscritta una autorizzazioni di spesa, che è correlata alla presenza di residui.
Con la ripartizione delle disponibilità di ciascun fondo per gli investimenti, i capitoli relativi ai singoli interventi saranno dotati, in conto competenza, delle risorse indicate nella relazione concernente la ripartizione del fondo, come eventualmente modificata a seguito delle indicazioni delle competenti Commissioni parlamentari; conseguentemente saranno adeguate anche le autorizzazioni di cassa.
Nel disegno di legge finanziaria per l’anno 2005, in applicazione del comma 4 dell’articolo 46 della legge finanziaria 2002, è inserito l’allegato n. 2, di cui il comma in esame dispone l’approvazione.
L’allegato 2 reca l’indicazione dei fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi.
A differenza degli anni precedenti, nell’allegato 2 del disegno di legge finanziaria per il 2005, con riferimento ai Fondi, e delle singole leggi che li compongono, viene esposta non soltanto la dotazione per il primo anno di riferimento, ma anche la proiezione triennale delle autorizzazioni di spesa.
Si segnala che gli importi indicati nell’Allegato 2 fanno riferimento al bilancio triennale a legislazione vigente. Essi non scontano, cioè, gli effetti determinati dal disegno di legge finanziaria.
Nel disegno di legge presentato dal Governo, i Fondi unici per gli investimenti sono così determinati (importi in euro):
UPB |
Settore |
2005 |
2006 |
2007 |
N. leggi |
|
ECONONIA E FINANZE |
|
|
|
|
1.2.3.4 |
Incentivi alle imprese |
125.823.000 |
25.823.000 |
25.823.000 |
2 |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
120.000.000 |
0 |
0 |
2 |
|
GIUSTIZIA |
|
|
|
|
1.2.3.3 |
Edilizia penitenziaria e giudiziaria |
137.367.207 |
137.366.931 |
116.708.931 |
2 |
|
ISTRUZIONE |
|
|
|
|
4.2.3.8 |
Università e ricerca |
238.074.622 |
109.669.622 |
94.175.915 |
6 |
4.2.3.9 |
Edilizia universitaria |
150.000.000 |
150.000.000 |
0 |
1 |
|
AMBIENTE |
|
|
|
|
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
551.998.772 |
327.138.772 |
77.331.772 |
16 |
|
POLITICHE AGRICOLE |
|
|
|
|
1.2.10.2 |
Agricoltura, foreste e pesca |
347.127.995 |
347.127.995 |
13.102.995 |
6 |
|
BENI CULTURALI |
|
|
|
|
2.2.10.3 |
Patrimonio culturale |
316.624.661 |
314.042.376 |
314.042.376 |
6 |
|
TOTALE |
1.987.016.257 |
1.411.168.696 |
641.184.989 |
41 |
Rispetto all’Allegato 2, il disegno di legge finanziaria determina alcune variazioni nella dotazione finanziaria dei singoli Fondi unici investimenti, per effetto di quanto disposto dalle tabelle D (rifinanziamenti), E (definanziamenti) ed F (rimodulazione annuale).
In particolare, si segnala quanto segue.
Ministero dell’economia e delle finanze:
§ Fondo investimenti incentivi alle imprese
La tabella D rifinanzia di 3 milioni per ciascuna annualità del triennio l’articolo 18, commi 8 e 9 della legge n. 730 del 1983 relativa al Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito, che non risulta presente nell’Allegato 2 in quanto ha esaurito nel 2004 le risorse.
§ Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale
La tabella D rifinanzia di 11 milioni per il solo 2005 ilFondo per la montagna (legge n. 97 del 1994).
Ministero dell’istruzione, università e ricerca:
§ Fondo investimenti università e ricerca
La tabella D rifinanzia di 570.000 euro per il 2005 l’articolo 5, comma 3, della legge n. 266 del 1997 relativo al programma nazionale di ricerca in Antartide;
La tabella D rifinanzia di 2 milioni per il 2005 l’articolo 104, comma 4, della legge n. 388 del 2000 relativo allaricerca di base.
§ Fondo investimenti edilizia universitaria
La tabella D rifinanzia di 4,430 milioni per il 2005 l’unica autorizzazione legislativa di spesa indicata nel Fondo (articolo 7, comma 8, della legge n. 910 del 1986).
Ministero dell’ambiente:
§ Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale
La tabella E definanzia di 4,5 milioni sia per il 2005 che per il 2006 l’articolo 1, comma 1, della legge n. 426 del 1998, relativo agli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati.
La tabella F sposta 50 milioni dal 2005 al 2006 relativi al D.L. n. 180/1998, art. 1, comma 2 (legge n. 267/1998) relativo al rischio idrogeologico nella Regione Campania e misure di prevenzione per le aree a rischio.
Ministero delle politiche agricole:
§ Fondo investimenti agricoltura, foreste e pesca
La tabella E definanzia di 93,717 milioni sia per il 2005 che per il 2006 il Fondo stesso. Contemporaneamente, la tabella F sposta 13 milioni del 2005 e 13 milioni del 2006 al 2007.
Come emerge dalle indicazioni sopra riportate, nella maggior parte dei casi i rifinanziamenti disposti dalla Tabella D (nonché i definanziamenti di Tabella E e le rimodulazioni di Tabella F) non si riferiscono ai Fondi unici, come sembrerebbe richiedere la disciplina dettata dall’articolo 46 della legge n. 448/2002, ma continuano ad essere operate con riferimento alle distinte autorizzazioni di spesa comprese in ciascun Fondo.
Conseguentemente, per effetto delle tabelle D, E ed F del disegno di legge finanziaria 2005 le autorizzazioni legislative confluite nei Fondi unici per gli investimenti dei singoli ministeri, dovrebbero risultare così rideterminate:
UPB |
Settore |
2005 |
2006 |
2007 |
Leggi |
|
ECONONIA E FINANZE |
|
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|
1.2.3.4 |
Incentivi alle imprese |
128.823.000 |
28.823.000 |
28.823.000 |
3 |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
131.000.000 |
0 |
0 |
2 |
|
GIUSTIZIA |
|
|
|
|
1.2.3.3 |
Edilizia penitenziaria e giudiziaria |
137.367.207 |
137.366.931 |
116.708.931 |
2 |
|
ISTRUZIONE |
|
|
|
|
4.2.3.8 |
Università e ricerca |
240.644.622 |
109.669.622 |
94.175.915 |
6 |
4.2.3.9 |
Edilizia universitaria |
154.430.000 |
150.000.000 |
0 |
1 |
|
AMBIENTE |
|
|
|
|
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
497.498.772 |
372.638.772 |
77.331.772 |
16 |
|
POLITICHE AGRICOLE |
|
|
|
|
1.2.10.2 |
Agricoltura, foreste e pesca |
240.410.995 |
240.410.995 |
39.102.995 |
6 |
|
BENI CULTURALI |
|
|
|
|
2.2.10.3 |
Patrimonio culturale |
316.624.661 |
314.042.376 |
314.042.376 |
6 |
|
TOTALE |
1.846.779.257 |
1.352.951.696 |
670.184.989 |
42 |
1. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.
2. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
3. La presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2005.
L’articolo 38 dispone, ai fini del rispetto delle regole di copertura della legge finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, come successivamente modificato dall’articolo 5 della legge n. 362/1988, l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.
L’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, e successive modificazioni, prevede che la legge finanziaria possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi del successivo articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.
La disposizione comporta che le nuove o maggiori spese correnti previste nella finanziaria (compresi gli accantonamenti di tabella A), nonché le riduzioni di entrata debbano trovare copertura in nuove o maggiori entrate di parte corrente, vale a dire entrate da iscriversi nei titoli I e II (rispettivamente entrate tributarie ed entrate extratributarie), e in riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.
Ne consegue il divieto di ricorrere, per la copertura finanziaria di oneri correnti, a risorse (maggiori entrate o riduzioni di spesa) di conto capitale.
Nell’ambito di una lettura sistematica delle disposizioni dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, formulata nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 di Camera e Senato, è stata ammessa l’interpretazione secondo la quale gli oneri correnti introdotti dalla legge finanziaria possono essere coperti anche ricorrendo all’eventuale miglioramento del risparmio pubblico[239] risultante dal progetto di bilancio a legislazione vigente rispetto all’analogo saldo come determinato nell’assestamento di bilancio relativo all’esercizio in corso.
In conformità all’interpretazione richiamata, pertanto, il vincolo di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria va inteso nel senso che la legge finanziaria non può determinare un peggioramento del risparmio pubblico rispetto alla più recente previsione assestata (o al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo evidenzi un saldo peggiore di quello dell’assestamento relativo all’anno precedente).
Il prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria in esame evidenzia oneri di natura corrente pari a 9.411 milioni di euro per il 2005, 4.204 milioni di euro per il 2006 e 4.161 milioni di euro per il 2007.
In particolare, con riferimento al 2005, i maggiori oneri correnti derivano da un incremento delle spese correnti per 8.514 milioni di euro e da una riduzione delle entrate correnti pari a 897 milioni di euro.
L’incremento delle spese correnti è riconducibile:
§ per 126 milioni di euro, ai contributi per il finanziamento del fondo asili nido, che vengono compresi nell’ambito della compartecipazione IVA (art. 8, comma 2);
§ per 263 milioni di euro, al finanziamento dei rinnovi contrattuali e ad altre spese in materia di pubblico impiego (artt. 14 e 15);
§ per 1.200 milioni di euro, alla proroga per il 2005 del Fondo per le missioni internazionali di pace (art. 29, co. 6);
§ per 2.131 milioni di euro, agli stanziamenti necessari a finanziare le eccedenza di spesa (l’importo è determinato sottraendo ai finanziamenti previsti per il 2005, pari complessivamente 3.237 milioni di euro, la somma destinata a coprire eccedenze di spesa, per 1.106 milioni di euro, che si sono registrate nel 2004 e negli anni precedenti e che sono contabilizzate come regolazioni debitorie);
§ per 3.279 milioni di euro, alla rideterminazione del livello della spesa sanitaria, nonché all’estensione al periodo di imposta 2004 dell’aliquota ridotta per il settore agricolo e della pesca e alla proroga dei benefici fiscali e previdenziali per la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari;
§ per 666 milioni di euro, ad altri interventi;
§ per 31 milioni di euro, ad effetti indotti;
§ per 318 milioni di euro, agli accantonamenti del fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, in aumento rispetto agli accantonamenti iscritti nel bilancio a legislazione vigente;
§ per 502 milioni di euro, agli stanziamenti di parte corrente di Tabella C, in aumento rispetto agli stanziamenti a legislazione vigente.
La riduzione delle entrate correnti evidenziata nel prospetto di copertura, per 897 milioni di euro, è dovuta a sgravi fiscali.
A fronte degli oneri correnti sopra indicati, il prospetto evidenzia mezzi di copertura per 9.601 milioni di euro per il 2005, 6.426 milioni di euro per il 2006 e 6.761 milioni di euro per il 2007.
Pertanto, i mezzi di copertura risultano superiori agli oneri da coprire per 190 milioni di euro nel 2005, 2.222 milioni di euro nel 2006 e 2.600 milioni di euro nel 2007.
I mezzi di copertura derivano:
§ per 6.327 milioni di euro, da maggiori entrate, riconducibili per 6.321 milioni di euro al complesso delle disposizioni di modifica della legislazione tributaria e per 6 milioni di euro agli effetti indotti;
§ per 3.274 milioni di euro, da minori spese previste in articolato.
In particolare le minori spese sono riconducibili:
§ per 90 milioni di euro, all’affidamento dell’insegnamento della lingua straniera ai docenti della classe (art, 16, co. 3);
§ per 1.130 milioni di euro, alla riduzione degli stanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per consumi intermedi (art. 3);
§ per 1.500 milioni di euro, alla riduzione della spesa per interessi conseguente ad operazioni di gestione di posizioni attive trasferite al Tesoro a seguito della trasformazione della Cassa depositi e prestiti in S.p.A. (art. 11, co. 4);
§ per 506 milioni di euro, ad altri interventi (tra cui in particolare la riduzione del finanziamento della spesa sanitaria in conseguenza delle maggiori entrate IRAP connesse alla revisione degli studi di settore);
Non risulta, invece, utilizzato nel prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria per il 2005, il miglioramento del risparmio pubblico risultante dal bilancio a legislazione vigente del 2005 rispetto all’assestamento per il 2004.
Tale miglioramento è quantificato, nell’ambito del prospetto di copertura, in 2.694 milioni di euro per il 2005, in 17.370 milioni di euro per il 2006 e in 29.780 milioni di euro per il 2007.
Tenendo conto anche del miglioramento del risparmio pubblico, il margine disponibile risulta ammontare a 2.884 milioni di euro per il 2005, a 19.592 milioni di euro per il 2006 e a 32.380 milioni di euro per il 2007.
Il comma 2 dell’articolo 38 stabilisce che le disposizioni del disegno di legge in esame costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
Tale previsione sembra rivolta a giustificare la competenza legislativa dello Stato, con specifico riferimento alle disposizioni che interessano le regioni e gli enti locali.
Ai sensi dell’articolo 117, comma terzo della Costituzione, il coordinamento della finanza pubblica costituisce materia di legislazione concorrente.
Anche l’articolo 119, comma secondo della Costituzione, fa riferimento, in materia di autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, ai principi di coordinamento della finanza pubblica.
Il disegno di legge finanziaria per il 2005 non reca invece la disposizione, usualmente inserita nelle precedenti leggi finanziarie, ai sensi dalla quale le misure in esse contenute si applicavano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
Il comma 3 fissa infine al 1° gennaio 2005 l’entrata in vigore della legge finanziaria, in coincidenza con l’inizio dell’esercizio.
PROSPETTO DI COPERTURA
(Articolo 38, comma 1
copertura legge finanziaria (*)
|
2005 |
2006 |
2007 |
|
(importi in milioni di euro) |
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1) ONERI DI NATURA CORRENTE |
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|
Nuove o maggiori spese correnti |
|
|
|
Articolato: |
7.694 |
3.536 |
3.599 |
Disposizioni per enti locali |
126 |
131 |
135 |
Pubblico impiego |
263 |
79 |
79 |
Eccedenze di spesa |
2.131 |
242 |
237 |
Missioni di pace |
1.200 |
0 |
0 |
Sanità |
3.279 |
2.850 |
2.928 |
Altri interventi |
666 |
154 |
140 |
Effetti indotti |
31 |
79 |
79 |
|
|
|
|
Tabella “A” |
318 |
241 |
260 |
|
|
|
|
Tabella “C” |
502 |
164 |
154 |
|
|
|
|
Minori entrate correnti |
|
|
|
Articolato: |
897 |
262 |
147 |
Sgravi fiscali |
897 |
252 |
137 |
Effetti indotti |
0 |
10 |
10 |
Totale oneri da coprire |
9.411 |
4.204 |
4.161 |
|
|
|
|
2) MEZZI DI COPERTURA |
|
|
|
|
|
|
|
Nuove o maggiori entrate |
|
|
|
Articolato: |
6.237 |
3.334 |
3.620 |
“Manutenzione” base imponibile |
6.237 |
3.334 |
3.620 |
Effetti indotti |
6 |
0 |
0 |
|
|
|
|
Riduzione spese correnti |
|
|
|
Articolato: |
3.274 |
3.092 |
3.140 |
Pubblico impiego |
90 |
234 |
234 |
Spese bilancio dello Stato |
1.130 |
1.130 |
1.130 |
Ristrutturazione debito |
1.500 |
1.500 |
1.500 |
Altri interventi |
506 |
179 |
228 |
Effetti indotti (effetto netto) |
48 |
48 |
48 |
|
|
|
|
Totale mezzi di copertura |
9.061 |
6.426 |
6.761 |
|
|
|
|
Differenza |
190 |
2.222 |
2.600 |
Miglioramento risparmio pubblico a legislazione vigente |
2.694 |
17.370 |
29.780 |
Margine |
2.884 |
19.592 |
32.380 |
(*) Testo trasmesso dal Governo il 6 ottobre 2004.
[1] Il saldo netto da finanziare rappresenta la differenza tra le entrate finali e le spese finali, cioè, rispettivamente, il totale delle entrate, escluse quelle derivanti da accensione di prestiti, e il totale delle spese, escluse quelle relative al rimborso dei prestiti in scadenza.
Il ricorso al mercato rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui è necessario fare ricorso al debito per fare fronte alle spese che si prevedono nel corso dell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali.
L’entità del ricorso al mercato coincide pertanto, in sede di bilancio di previsione, con quella dell’accensione di prestiti.
Il limite del ricorso al mercato si riferisce alle operazioni di indebitamento a medio e lungo termine (debito patrimoniale). Esso non tiene conto invece delle operazioni di indebitamento a breve termine – principalmente i BOT – che rientrano nella gestione di tesoreria (debito fluttuante).
Nelle entrate finali sono comprese quelle tributarie, quelle extratributarie e quelle derivanti da alienazione di beni patrimoniali, ammortamenti e riscossione di crediti; nelle spese finali sono comprese le spese correnti e le spese in conto capitale.
La differenza tra entrate e spese finali indica quanto del totale dei prestiti da accendere nell’anno serve per coprire le spese, al netto di quelle per rimborsare i prestiti che scadono nell’esercizio medesimo. Il saldo netto da finanziare misura dunque il debito che deriverà dalla gestione del bilancio per il nuovo esercizio. La restante quota dell’accensione di prestiti serve a rimborsare prestiti già contratti e in scadenza nel corso dell’anno.
[2] L’articolo 1, comma 6, della legge n. 448/2001 prevedeva che “le maggiori entrate rispetto alle previsioni derivanti dalla normativa vigente sono destinate prioritariamente al conseguimento della misura del saldo netto da finanziare stabilita dai commi 1 e 2 del presente articolo, salvo che si renda necessario finanziare interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali, improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese, situazioni di emergenza economico-finanziaria. In quanto eccedenti rispetto agli obiettivi di saldo netto da finanziare di cui al periodo precedente, le eventuali maggiori entrate a legislazione vigente sono destinate a misure di riduzione della pressione fiscale, finalizzate al conseguimento dei valori programmatici fissati al riguardo nel Documento di programmazione economico-finanziaria”.
[3] Integrazioni contenute nell’errata corrige trasmesso il 6 ottobre 2004.
[4] La determinazione della base di riferimento nei termini indicati è stata confermata dai chiarimenti forniti dal Ragioniere generale dello Stato nel corso dell’audizione del Ministro dell’economia e delle finanze di fronte alle Commissioni bilancio di Camera e Senato nella seduta del 7 ottobre 2004.
[5] La relazione tecnica evidenzia infatti che gli stanziamenti relativi a trasferimenti correnti e a contributi agli investimenti, come risultanti dal bilancio a legislazione vigente per il 2005 e dagli effetti delle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria, ammontano complessivamente ad un importo che risulta inferiore rispetto a quello che si determinerebbe applicando la regola prevista dall’articolo 3, vale a dire assumendo le previsioni iniziali del 2004, come modificate dal decreto-legge n. 168/2004 e aumentandole del 2%.
[6] Come mostrato nella relazione tecnica, infatti, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2005 (11.610 milioni di euro) e gli effetti delle disposizioni del disegno di legge finanziaria (310 milioni di euro) determinano stanziamenti per consumi intermedi per 12.000 milioni di euro, mentre l’incremento del 2% delle previsioni iniziali 2004, come successivamente ridotte dal decreto-legge n. 168/2004, determina un importo complessivo di 10.870 milioni di euro.
[7] L’aumento del 2% degli stanziamenti 2004 si traduce, infatti, in un importo complessivo di 5.373 milioni di euro, inferiore di 800 milioni di euro rispetto agli stanziamenti previsti per il 2005 (bilancio a legislazione vigente, che presenta stanziamenti complessivi per investimenti fissi lordi per 6.349 milioni di euro, e disegno di legge finanziaria, che comporta una riduzione di tali stanziamenti per 175 milioni di euro).
[8] A differenza delle altre categorie in cui sono ripartiti gli stanziamenti del bilancio dello Stato, i consumi intermedi e gli investimenti fissi lordi presentano una prevalenza degli stanziamenti discrezionali rispetto a quelli giuridicamente obbligatori.
Sulla base dei dati contenuti nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2005 (Tabella n. 1 della relazione illustrativa, A.C. 5311), le categorie relative a spese correnti diverse dai consumi intermedi evidenziano una incidenza delle spese giuridicamente obbligatorie rispetto al totale degli stanziamenti che varia da un minimo dell’86,81% (trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private) ad un massimo del 100% (imposte pagate sulla produzione, risorse proprie CE, interessi passivi, poste correttive e compensative). Per quanto riguarda le categorie delle spese in conto capitale diverse dagli investimenti fissi lordi, l’incidenza delle spese giuridicamente obbligatorie rispetto al totale degli stanziamenti oscilla da un minimo del 97,14% (contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private) ad un massimo del 100% (contributi agli investimenti a estero e acquisizioni per attività finanziarie).
Con riferimento ai consumi intermedi, sulla base dei dati del medesimo prospetto, le spese giuridicamente obbligatorie – comprensive delle spese determinate da fattore legislativo, delle “spese obbligatorie” in senso stretto (vale a dire le spese per le quali è possibile attingere dal fondo di riserva di cui all’articolo 7 della legge n. 468/1978 e successive modifiche) e di altre spese che risultano comunque giuridicamente obbligatorie – rappresentano il 41,36% degli stanziamenti complessivi.
Con riferimento agli investimenti fissi lordi, la quota costituita da spese giuridicamente obbligatorie rappresenta il 37,9% degli stanziamenti complessivi.
[9] Relativamente al blocco dei pagamenti a valere sulle risorse del Fondo per gli incentivi alle imprese, si ricorda che già con il D.L. n. 168/2004 si era operata, nell’anno 2004, la limitazione dei pagamenti relativi alle erogazioni alle imprese per contributi a fondo perduto (derivanti dalla legge n. 488/1992, dalla programmazione negoziata, dagli incentivi relativi all’intervento straordinario nel Mezzogiorno di cui alla legge n. 64/1986 e dagli incentivi per l’innovazione tecnologica di cui alla legge n. 46/1982) nell’importo massimo complessivo di 1.700 milioni di euro.
[10] Per quanto concerne le gestioni fuori bilancio, l’articolo 93, comma 8, della legge n. 289/2002 ne ha disposto la soppressione. I termini per l’attuazione dell’operazione di soppressione sono stati, da ultimo, prorogati al 1° luglio 2004 dall’articolo 11 del D.L. n. 355/2003 (legge n. 47/2004). Le disponibilità sussistenti sulle gestioni soppresse dovranno essere versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alle pertinenti unità previsionali di base della spesa.
Sono escluse dalla soppressione soltanto le gestioni fuori bilancio che hanno le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione. Le gestioni aventi tali caratteristiche sono state individuate con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia.
Per quanto concerne, in particolare, la contabilità n. 1726 intestata al FIT, con il D.P.C.M. 25/11/2003, relativo all’individuazione delle gestioni fuori bilancio del Ministero delle attività produttive, si è stabilito che la suddetta contabilità mantiene le caratteristiche del fondo di rotazione:
- con riferimento agli interventi nei settori dell’economia di rilevanza nazionale (di cui alla legge n. 46/1982 per l’innovazione tecnologica), limitatamente alla quota di finanziamento che prevede i rientri delle risorse erogate;
- per quanto concerne gli specifici interventi per le aree depresse (legge n. 64/1986, legge n. 488/1992 e programmazione negoziata, limitatamente alle agevolazioni cofinanziate dall’Unione europea e dalle regioni.
Pertanto, le disponibilità sussistenti nella contabilità speciale n. 1726 che derivano da stanziamenti del bilancio dello Stato avrebbero dovuto essere riportate in bilancio. Tuttavia, alla data odierna, le risorse in oggetto continuano ad essere gestite fuori bilancio.
[11] La tabella F riduce di 200 milioni l’autorizzazione relativa alla legge n. 64 sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno (che slittano per 100 milioni al 2006 e 100 milioni al 2007) e di 1.950 milioni l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo stesso che slittano al 2008, unitamente a 1.300 milioni del 2006 e a 3.050 milioni del 2007.
[12] In particolare:
- l’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 15 del 2003, ha destinato 20 milioni a valere sul limite d’impegno autorizzato per il 2003 per il finanziamento degli interventi di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali;
- l’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 192 del 2003 ha destinato 9,050 milioni a valere sul limite di impegno autorizzato per il 2003 al fine di assicurare le provvidenze del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali in favore delle imprese agricole nei territori danneggiati dagli eventi del primo semestre 2003;
- la tabella E della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha ridotto di 18 milioni il limite di impegno decorrente dal 2004;
- l’articolo 20, comma 2, del D.L. n. 355 del 2003 ha destinato due limiti di impegno di 5 milioni ciascuno a decorrere dal 2005 e dal 2006 e finalizzati al completamento degli interventi per la ricostruzione nei comuni colpiti da eventi sismici e da altre calamità;
- l’articolo 3, del D.L. n. 72 del 2004 ha previsto l’emanazione di un decreto interministeriale di individuazione dei limiti di impegno a valere sull’articolo 13 della legge n. 166 del 2002 sui quali calcolare l’aliquota del 3% delle risorse da destinare ai beni culturali ai sensi dell’articolo 60, comma 4, della legge n. 289 del 2002. Gli importi sono stati determinati in 2,680 milioni a valere sul 2003 e 2,550 milioni a valere sul 2004, per complessivi 5,230 milioni;
- l’articolo 2, comma 2, del D.L. n. 79 del 2004 ha destinato 1,570 milioni a valere sul limite di impegno per il 2005 e 785.000 euro a valere sul limite di impegno per il 2006 per gli interventi di competenza del Registro italiano dighe;
- l’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 113 del 2004 , ha destinato 6,450 milioni a valere sul limite di impegno per il 2005 per gli interventi straordinari per la città di Parma, quale sede dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare.
[13] L’imposizione di limiti massimi alle giacenze sui conti di tesoreria e Il controllo sui prelevamenti dai conti di tesoreria, introdotti per la prima volta dalla legge n. 662/1996 e dal D.L. n. 669/1996, sono stati confermati, fino all’anno 2000, dall’articolo 47, commi 1 e 3, della legge n. 449/1997 (collegato alla finanziaria per il 1998), estesi agli anni 2001 e 2002 dall’articolo 66, commi 1 e 2, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001) e infine confermati per il triennio 2003-2005 dall’art. 32, comma 1, della legge n. 289/2002.
[14] Con due D.P.C.M. emanati in data 4 giugno 2003 sono state individuate le gestioni fuori bilancio aventi carattere dei fondi di rotazione relative al Ministero delle politiche agricole e forestali e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Con tre ulteriori D.P.C.M. emanati in data 25 novembre 2003 sono state individuate le gestioni fuori bilancio aventi carattere di fondi di rotazione relative al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, del Ministero delle attività produttive e del Ministero dell’economia e delle finanze. Con D.P.C.M 16 gennaio 2004 sono state individuate le gestioni fuori bilancio aventi carattere di fondi di rotazione relative al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Le modalità di attuazione della soppressione delle gestioni fuori bilancio sono state illustrate dalla circolare del Ministero dell’economia e delle finanze 30 giugno 2004, n. 29.
Il comma 8 dell’art. 93 della legge finanziaria per il 2003 prevede, che, ultimate le operazioni di soppressione, l’elenco completo delle residue gestioni fuori bilancio esistenti presso le amministrazioni dello Stato venga essere esposto in allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
[15] Per il contenimento della spesa sanitaria, che continua a rappresentare la più importante voce di spesa per regioni e province autonome, sono previste regole specifiche, disciplinate dall’articolo 22 del disegno di legge finanziaria.
[16] Per quanto concerne i comuni, la disciplina precedente limitava il monitoraggio a quelli con popolazione superiore a 60.000 abitanti.
[17] I criteri e le modalità secondo le quali deve essere applicata la disposizione costituzionale richiamata sono stati definiti dall’articolo 3, commi 16-21, della legge n. 350/2003.
[18] Le modalità di calcolo del disavanzo per il 2005 e gli anni successivi sono rivolte a rendere il saldo finanziario rilevante ai fini del Patto di stabilità interno più vicino all’indebitamento netto, vale a dire al saldo rilevante, a livello comunitario, ai fini del rispetto del Patto di stabilità e crescita. Da un lato, infatti, sono comprese nel saldo le spese in conto capitale; dall’altro sono escluse tutte le voci di entrata e di spesa relative a operazioni finanziarie, che, come tali, non sono registrate nel conto economico da cui risulta l’indebitamento netto.
[19] Si tratta del Fondo comune regionale e del Fondo per i programmi regionali di sviluppo (rispettivamente articolo 8 e articolo 9 della legge n. 281/1970).
[20] Il DPCM 17 maggio 2001 conferma la misura dell’aliquota per il 2001 in 250 lire per litro. Si ricorda che l’incremento della compartecipazione da 242 lire/litro a 250 lire/litro è stato attribuito quale fonte/parte del finanziamento della spesa sanitaria corrente (congiuntamente al gettito dell’IRAP e della addizionale regionale all’IRPEF) in sostituzione dei soppressi contributi sanitari.
[21] Il D.P.C.M. 14 maggio 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 2 agosto 2004, n. 179) – emanato in mancanza d’intesa nella Conferenza Stato-regioni (seduta del 10 luglio 2003) – è stato impugnato dalle regioni Campania e Puglia mediante ricorso per conflitto di attribuzione dinnanzi alla Corte costituzionale e mediante ricorso giurisdizionale amministrativo dinnanzi al TAR del Lazio con richiesta d’annullamento. Le due regioni, sostanzialmente, deducono l’illegittimità sia dei criteri di ripartizione del Fondo perequativo dettati dal D.Lgs. n. 56 del 2000, sia delle modalità seguìte nel decreto per l’applicazione dei criteri stessi.
Per l’esercizio 2003 è stato predisposto lo schema di DPCM recante la determinazione delle aliquote e la ripartizione delle risorse tra le regioni, trasmesso alla Conferenza Stato-regioni ai fini dell’Intesa, non vi è stata ancora deliberazione a riguardo.
[22] Il ricorso avverso l’art. 70 della legge 448/2001 è stato promosso dalle regioni Marche, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria. La Corte afferma, tra l’altro: “nel nuovo sistema, per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed Enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all'art. 119, terzo comma, della Costituzione. Dal momento che l'attività dello speciale servizio pubblico costituito dagli asili nido rientra palesemente nella sfera delle funzioni proprie delle Regioni e degli enti locali, è contraria alla disciplina costituzionale vigente la configurazione di un fondo settoriale di finanziamento gestito dallo Stato, che viola in modo palese l' autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa delle regioni e degli enti locali e mantiene allo Stato alcuni poteri discrezionali nella materia cui si riferisce” (punto 7 – Considerato in diritto).
[23] DM 1/7/2004 “Ripartizione, per settori di intervento e aree territoriali delle risorse finanziarie affluenti al Fondo nazionale per le politiche sociali, per l'anno 2004” Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2004, n. 228
[24] L’addizionale regionale all’IRPEF è determinata nella misura dello 0,9% ai sensi dell’articolo 50, comma 3, del D.Lgs. n. 446/97, come modificato dal decreto legislativo n. 56 del 2000. Tuttavia, il medesimo comma 3, prevede la facoltà, per ciascuna regione, di maggiorare la suddetta aliquota, con proprio provvedimento da pubblicare in Gazzetta Ufficiale entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello cui l’addizionale si riferisce. La misura dell’addizionale non può, in ogni caso, superare l’aliquota dell’1,4%.
L'addizionale comunale all’IRPEF è stata istituita dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998. L’aliquota dell’addizionale è distinta in due parti, la prima delle quali è rappresentata da un’aliquota di compartecipazione, fissata annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione delle aliquote erariali di IRPEF. Tale aliquota, peraltro, non ha finora ricevuto attuazione (cfr., al riguardo, la scheda relativa al comma 18 dell’articolo 2 in esame). La seconda parte consiste, invece, in un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. In particolare, ai sensi del richiamato articolo 1, l’ente locale può deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell’aliquota non può, in ogni caso, essere superiore allo 0,5%. Per quanto riguarda il primo anno di applicazione, la risoluzione ministeriale n. 36/E del 16 marzo 2000 ha chiarito che l’aliquota dell’addizionale comunale non può superare la misura dello 0,2%, indipendentemente dal fatto che nell’anno precedente il Comune non abbia esercitato la facoltà di deliberare l’applicazione dell’addizionale stessa.
[25] Il D.Lgs. n. 446/97, emanato in attuazione della legge n. 662/96, ha previsto la istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), il cui gettito spetta alle regioni nel cui territorio è esercitata l’attività.
Ai sensi dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 446/97, l’aliquota ordinaria IRAP, per le imprese commerciali, è fissata in misura pari a 4,25%. Tuttavia, il comma 3 del medesimo articolo 16 dispone che, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del medesimo decreto, le regioni hanno la facoltà di variare la predetta percentuale fino ad un massimo di un punto percentuale. Ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 506/99, la richiamata variazione dell’aliquota può essere operata a decorrere dal 30 dicembre 1999. La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi
[26] Più dettagliatamente:
- La regione Piemonte ha previsto, con l’art. 1 della legge regionale 5 agosto 2002, n. 20, che, a decorrere dal 2001, l’Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici invernali di Torino 2006 è esonerata dal versamento dell’IRAP e dai relativi obblighi contabili[26].
L’art. 2 della stessa legge regionale dispone l’esenzione permanente dal pagamento della tassa automobilistica regionale per gli autoveicoli alimentati a gas metano, già dotati di dispositivo per la circolazione con gas metano all'atto dell'immatricolazione, e gli autoveicoli elettrici.
Infine l’art. 4 della suddetta legge proroga al 31 dicembre 2003 il termine del 31 dicembre 2002, fissato per il recupero delle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1999.
La sentenza n. 296/2003, con riferimento all’art. 1, ha osservato che l’IRAP è stata istituita ed è interamente disciplinata da normativa statale (D.Lgs. n. 446/1997), anche se destinatarie del tributo sono le regioni nel cui territorio il valore della produzione netta è realizzato. Le regioni stesse hanno una limitata facoltà di variare l’aliquota e possono disciplinare, nel rispetto dei principi fissati dal citato D.Lgs. n. 446/1997, le procedure applicative dell’imposta. Ne consegue che questo non è un tributo proprio della regione, nel senso di cui all’art. 119, secondo comma, della Costituzione (che si riferisce invece alle imposte istituite con legge regionale).
Anche in materia di tassa automobilistica regionale[26], alle regioni a statuto ordinario è stato attribuito solo il gettito della tassa, unitamente all’attività amministrativa connessa alla sua riscossione, nonché un limitato potere di variazione dell’importo originariamente stabilito con decreto ministeriale, restando invece ferma la competenza esclusiva dello Stato per ogni altro aspetto della disciplina sostanziale della tassa stessa. Nemmeno tale tassa può dunque essere definita tributo regionale.
- La regione Veneto, con l’art. 2, co. 1, della legge regionale 9 agosto 2002, n. 18, ha prorogato al 31 dicembre 2003 il termine del 31 dicembre 2002, fissato per il recupero delle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1999.
- La Corte Costituzionale, con sentenza n. 297/2003, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma sopra citata sulla base delle considerazioni già utilizzate per la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 4 della legge regione Piemonte n. 20/2002.
- La regione Campania, con l’art. 24, co. 2, della legge regionale 26 luglio 2002, n. 15, ha prorogato al 31 dicembre 2003 il termine del 31 dicembre 2002, fissato per il recupero delle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1999.
- La Corte Costituzionale, con sentenza n. 311/2003, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma sopra citata sulla base delle considerazioni già utilizzate per la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 4 della legge regione Piemonte n. 20/2002.
[27] Si ricordano in proposito, per quanto riguarda la Tassa automobilistica,
- Piemonte: legge regionale 23/9/03, n. 23 Disposizioni in materia di tassa automobilistica, impugnati artt. 5 e 6: esenzioni (soggetti non compresi nella normativa statale e tariffe differenti per la “massa rimorchiabile”) con ricorso n. 88/2003
- Toscana: legge regionale 22/9/2003, n. 49 Norme in materia di tasse automobilistiche, art. 3 esenzioni non conformi normativa statale, che sono state impugnate con ricorso n. 91/2003
- Lazio: legge regionale 27/2/2004, n. 2 (finanziaria 2004) art. 6 perdita di possesso – esenzione dal pagamento – rimborso, legge impugnata con ricorso n. 55/2004
- Lombardia: legge regionale 24/3/2004, n. 5 modifica la legge regionale 10/2003 (a decorrere dal 1/1/2003) esenzioni dal pagamento – impugnata con ricorso n. 57/2004
- Abruzzo: legge regionale 26-4-2004 n. 15 (finanziaria 2004) - Art. 81 esenzioni dal pagamento, impugnato con ricorso n. 75/2004.
- Quanto all’IRAP, la già ricordata legge regionale del Piemonte n. 20 del 2002, che ha disposto l’esenzione dall’IRAP del Comitato per i giochi olimpici.
[28] Un tentativo di riforma del sistema è stato effettuato con il decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, che aveva recato il riordino del sistema dei trasferimenti in concomitanza con l’ampliamento dell’autonomia tributaria degli enti locali disposto dal D.Lgs. n. 446/1997.
Tale decreto, tuttavia, non è mai divenuto operativo. Da ultimo, la sua operatività è stata definitivamente sospesa dall’articolo 27, comma 1, della legge n. 448/2001, in attesa della più generale riforma del sistema dei trasferimenti erariali. Successive disposizioni di delega, adottate durante la scorsa legislatura, non hanno ricevuto attuazione.
[29] Il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in 110 milioni di euro nel 2002 (di cui 73,2 milioni di euro sul Fondo ordinario, 22,7 sul Fondo consolidato e 14,7 sul Fondo perequativo), in 223,9 milioni di euro nel 2003 (di cui 149,2 milioni di euro sul Fondo ordinario, 45,3 sul Fondo consolidato e 29,4 milioni di euro sul Fondo perequativo) per giungere a complessivi 339,2 milioni di euro nel 2004.
[30] L’aggiornamento annuale dell’entità dei trasferimenti correnti degli enti locali è prevista dal D.Lgs. n. 504/1992. Ai sensi dell’art. 35, co. 4, l'aggiornamento dei trasferimenti è stato inizialmente operato con riferimento ad un andamento coordinato con i princìpi di finanza pubblica e con la crescita della spesa statale, in misura pari ai tassi di incremento contenuti nei DPEF. La base di riferimento per l’aggiornamento delle risorse era costituita dal solo Fondo ordinario. Per il biennio 1994-1995, l’aggiornamento è stato effettuato, ai sensi del medesimo art. 35, sulla base del tasso di inflazione programmato indicato nel DPEF 1993-1995.
Per gli anni 1996-1998, l’incremento dei trasferimenti correnti è stato di nuovo calcolato sulla base del tasso di crescita delle spese statali (intese come spese correnti al netto degli interessi pari all’1,6% per il 1996, 2,5% per il 1997 e 3% per il 1998) sull’ammontare della dotazione del Fondo ordinario come determinato nella legge di bilancio.
A partire dal 1999, a modifica di quanto stabilito dalla normativa vigente, il calcolo delle risorse aggiuntive è stato effettuato sulla base costituita dalle dotazioni dell'anno precedente relative al fondo ordinario, al fondo consolidato e al fondo perequativo in misura pari al tasso di inflazione programmato, ai sensi dell’art. 49, co. 6, della legge n. 449/97 (collegato alla finanziaria 1998).
[31] Contributi specificamente destinati al finanziamento degli investimenti dei soli comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti sono stati disposti già nelle finanziarie precedenti, a decorrere dal 2001. In particolare, 86,2 milioni di euro per l'anno 2001 (53, co. 19, legge n. 388/2000), 87 milioni di euro per il 2002 (art. 27, co. 12, legge n. 448/2001), 112 milioni per il 2003 (art. 31, co. 5, legge n. 289/2002) e 50 milioni di euro per il 2004 (art. 3, co. 36, della legge n. 350/2003).
[32] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 27, co. 3, della legge n. 448/2001, il comune di Roma è escluso dalla ripartizione delle risorse aggiuntive, in quanto i suoi trasferimenti erariali sono stati incrementati, a decorrere dal 2002, di 103 milioni di euro annui. Per il triennio 2003-2005, tale contributo è stato incrementato di ulteriori 20 milioni di euro annui, ai sensi dell’articolo 80, comma 49, della legge finanziaria n. 289/2002.
[33] Si ricorda che l’art. 2, co. 18, della legge n. 350/2003 aveva attribuito per l’anno 2004 agli enti locali la compartecipazione all’IRPEF nella misura del 6,5% per i comuni e dell’1% per le province. L’importo, indicato in 6.600 milioni di euro, è stato iscritto sul cap. 1320/Interno, e, conseguentemente, erano stati ridotti, per pari importo, gli stanziamenti dei trasferimenti erariali di cui ai Fondi ordinario (-5.748 milioni di euro), perequativo (-31 milioni) e consolidato (-821 milioni), che nel BLV 2005 vengono, pertanto, reintegrati.
[34] Tale fondo è mantenuto tra le voci della contribuzione erariale esclusivamente per il finanziamento delle rate dei mutui stipulati anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 504/1992; la sua consistenza va pertanto riducendosi gradualmente a seguito della progressiva estinzione dell’indebitamento pregresso.
[35] L’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” della legge n. 350/2003, che reca gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in corso d’anno in relazione a specifiche voci di bilancio, ha disposto per il Fondo per lo sviluppo degli investimenti degli enti locali un finanziamento di 408 milioni di euro per il 2004, di 204 milioni a decorrere dal 2005 quale reintegro corrispondente all’ammontare delle economie derivanti dall’estinzione dei mutui relativi agli anni 2002 e 2003.
[36] Ai sensi dell’articolo 207 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i comuni, le province e le città metropolitane possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, di società da essi partecipate (in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione), di consorzi e delle comunità montane di cui fanno parte.
Nel caso di mutui contratti da società di capitali, la garanzia può essere rilasciata soltanto per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione di opere relative all’esercizio di servizi pubblici ovvero alla realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico In tali casi gli enti locali rilasciano la fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da corrispondersi da parte della società sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione alla società.
La garanzia fideiussoria può essere rilasciata anche a favore di terzi per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale, purché sussistano le seguenti condizioni:
a) il progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilità di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettività locale;
b) la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente al termine della concessione;
c) la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione dell'opera.
d) Come espressamente previsto dall’articolo 207 del T.U., gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento garantite con fideiussione concorrono alla formazione del limite di cui al comma 1 dell'articolo 204 e non possono impegnare più di un quinto di tale limite.
[37] Nel caso di operazioni soggette al controllo del CICR, i dati vengono inviati, simultaneamente, al Dipartimento del tesoro e al Comitato Interministeriale per il Credito e per il Risparmio.
[38] Il richiamato articolo 221 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplina la gestione di titoli e valori. I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive scadenze. Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi dell'operazione. Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni.
[39] Secondo la circolare, «per società a partecipazione pubblica si intendono società con una quota di partecipazione diretta rilevante/di controllo detenuta da Stati appartenenti all'Unione europea, facendo riferimento ai principi previsti nell'art. 2359 nel codice civile italiano. Nel caso in cui una società pubblica venga privatizzata, si raccomanda che i titoli da questa emessi eventualmente presenti nel fondo di ammortamento vengano sostituiti dal momento in cui detta sostituzione non comporti una perdita per il fondo. Qualora emergano forti segnali di rischio derivanti dalla privatizzazione, la sostituzione andrebbe comunque valutata anche nel caso in cui comporti una perdita».
[40] L'art. 28 ha avuto una prima attuazione con l'emanazione di una circolare n. 46 del 20 dicembre 2002 con la quale la Ragioneria Generale dello Stato ha diffuso la codifica gestionale di tutte le voci di spesa, che individua i flussi dei pagamenti consentendone aggregazioni significative per tipologia (ad esempio, personale, spesa per interessi, acquisto di beni e servizi, investimenti).
[41] La nuova disciplina distingue il regime applicabile alle diverse entrate degli enti, prevedendo che soltanto i fondi provenienti dal bilancio dello Stato (comprese le entrate provenienti da indebitamento assistito dallo Stato) debbano affluire nei conti di tesoreria, mentre le entrate proprie (acquisite dagli enti territoriali in forza di potestà tributaria propria, da compartecipazione al gettito di tributi statali o da indebitamento senza intervento statale) sono escluse dal versamento in tesoreria, per essere depositate direttamente presso il sistema bancario; tali disponibilità dovranno essere utilizzate in via prioritaria per i pagamenti di tali enti.
Per le regioni, l'art. 8, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 279/1997 aveva inizialmente disposto l’adeguamento al nuovo sistema a decorrere dal 1° gennaio 1999, limitandolo, però, alle sole entrate derivanti dall’accisa sulla benzina. L’art. 66 della legge n. 388/2000 ha successivamente stabilito per le regioni e le Province autonome l’applicazione integrale del nuovo sistema di tesoreria previsto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 279/97, con decorrenza 1° marzo 2001.
Per quanto concerne gli enti locali, l'art. 8, co. 1, lett. b), del D.Lgs. n. 279/1997 aveva disposto l’adeguamento al nuovo sistema di tesoreria unica limitatamente ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. L’adeguamento, illustrato con la Circolare del Ministero del tesoro n. 50 del 18 giugno 1998, è avvenuto con decorrenza 1° luglio 1998 nei confronti dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti (ai sensi dell’art. 47 della legge n. 449/1997) e con decorrenza 1° gennaio 1999 per i comuni con popolazione compresa tra i 1.000 e i 5.000 abitanti. L’art. 66, comma 11, della legge n. 388/2000 ha previsto l’estensione del nuovo regime di tesoreria a tutti gli enti locali (province e comuni) con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti, a decorrere dal 1° marzo 2001.
[42] Per quanto concerne in particolare le regioni, la sperimentazione è stata intesa nel senso di anticipare l’integrale applicazione del nuovo sistema di tesoreria delineato dall’art. 7 del D.Lgs. n. 279/1997, prevedendo che tutte le entrate proprie dovessero essere depositate presso il Tesoriere regionale, con vincolo di prioritario utilizzo, e solo i trasferimenti provenienti dal bilancio statale dovessero invece confluire nei conti della tesoreria statale. Nel corso del periodo di sperimentazione (1°ottobre 1998-31 dicembre 2000), sono emersi alcuni inconvenienti operativi derivanti dal fatto che i tesorieri regionali operano nel capoluogo di regione mentre i conti statali sono appoggiati presso la tesoreria centrale (che ha sede a Roma), di modo che non si è reso possibile procedere alla regolamentazione dei rapporti di debito e di credito tra tesorieri e Banca d’Italia. Proprio per superare tali inconvenienti in occasione della legge finanziaria per il 2001 (art. 66, comma 5, legge n. 388/2000) sono state introdotte delle disposizioni volte a trasferire le regioni dalla Tabella B alla Tabella A della legge n. 720/1984 al fine di restituire loro piena autonomia nell’utilizzazione della liquidità.
[43]
[44]
[45] Si fa presente che il D.L. 24 giugno 2004, n. 157 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204), all’art. 2, co. 1-quater, ha rinviato all’anno 2005 l’alternatività tra interventi compensativi ed assicurativi prevista dall’art. 5, co. 4, del D.Lgs. n. 102/1999.
[46] Il rinvio all’anno 2005 dell’alternatività tra interventi compensativi e assicurativi era stato l’oggetto della risoluzione in Commissione 7-00446 (On. Rava), approvata, con il parere favorevole del Governo, nella seduta del 30 giugno 2004 della Commissione agricoltura della Camera.
[47] Con specifico riferimento alle risorse destinate agli interventi assicurativi merita ricordare la risoluzione in Commissione 8-00091 (on. Misuraca), approvata nella seduta del 30 giugno 2004 della Commissione agricoltura della Camera. Con tale risoluzione– prendendo atto dell’ampio ricorso allo strumento assicurativo registrato nei primi mesi del 2004 e del possibile splafonamento delle risorse finanziarie disponibili - si impegnava il Governo “ad adottare iniziative per rifinanziare il capitolo di spesa relativo all’assicurazione agricola agevolata, al fine di garantire la copertura completa della spesa per il pagamento dei contributi sui premi assicurativi per quest’anno”.
[48] Sono comprese anche le risorse da destinare alla contrattazione integrativa per il miglioramento della produttività, nel limite massimo dello 0,2%.
[49] L'art. 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468, così come sostituito dall’articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362, stabilisce che, nell’ambito della legge finanziaria, deve essere indicato “l'importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego … ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale.”
[50] Si ricorda che in ogni comparto o area di contrattazione, le amministrazioni che lo compongono esercitano un potere di indirizzo nei confronti dell’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), che opera come rappresentante legale di tutte le pubbliche amministrazioni in sede di contrattazione collettiva nazionale. Il potere di indirizzo delle amministrazioni sull’ARAN è esercitato attraverso le loro istanze rappresentative o associative, che a tal fine costituiscono i comitati di settore (art. 41 D.Lgs. n. 165/2001). I comitati di settore sono quindi organismi collegiali costituiti per rappresentare categorie omogenee di amministrazioni. Essi deliberano dunque gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale, prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell'ARAN. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato sono sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale (art. 47, comma 1, D.Lgs. n. 165/2001).
[51] I criteri e i parametri sono stati stabiliti con il D.P.C.M. 4 marzo 1998.
[52] Si ricorda inoltre che l’articolo 36 della legge n. 448 del 2001 stabilisce che le pubbliche amministrazioni apportino variazioni in diminuzione alle proprie dotazioni organiche, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, a seguito delle attività svolte ai fini del capo III della medesima legge (possibilità di reperimento sul mercato di servizi prima prodotti al proprio interno e casi di affidamento all’esterno dello svolgimento di servizi svolti in precedenza).
[53] L’articolo 108 del TUEL (approvato con decreto legislativo n. 267 del 2000) prevede che il sindaco, nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, e il presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato (comma 1). Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti (comma 3).
[54] L’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).
Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).
[55] L’art. 2, comma 34, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha integrato il numero iniziale delle persone interessate di tre unità (da 30 a 33).
[56] “Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell’art. 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144”
[57] Nel preambolo della Convenzione si evidenzia l’opportunità di “porre in essere iniziative finalizzate a favorire sinergie in settori di attività di connessione tra Ministero del lavoro, INPS, INAIL ed INPDAP”, nonché “la necessità di promuovere sinergie che favoriscano interventi di potenziamento della vigilanza e nella gestione dei nuovi processi in materia pensionistica, anche attraverso la creazione di banche dati”. L’art. 3 precisa che a far data dal 1° dicembre 2000 gli enti sopra indicati avrebbero assunto – nei confronti dei lavoratori impegnati – la veste di enti utilizzatori, con conseguente assunzione di tutti gli oneri derivanti dal rapporto di lavoro. Sia gli enti sia il Ministero del lavoro (art. 4) avrebbero poi cercato ulteriori opportunità al fine di garantire la stabilizzazione occupazionale dei soggetti interessati. Tutte le iniziative di stabilizzazione devono comunque avvenire mediante procedure selettive o concorsuali.
[58] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, possono essere assunti con contratto di formazione e lavoro i soggetti di età compresa tra sedici e trentadue anni.
[59] V. provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 aprile 1995 , “Autorizzazione del Governo alla sottoscrizione - ai sensi dell'art. 51, comma 1, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 - del testo del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto del personale degli «Enti pubblici non economici», di cui all'art. 4 del D.P.C.M. 30 dicembre 1993, n. 593, concordato il 28 marzo 1995 tra l'ARAN e le confederazioni sindacali CGIL, CISL, UIL, CONFSAL, CISAL, CISNAL, CONFEDIR, CIDA, RdB/CUB e USPPI e le organizzazioni sindacali FP-CGIL, CISL-Enti pubblici, UIL/DEP, CISAL/FIALP e RdB/Enti pubblici.
[60] Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione.
[61] Si tratta di 2.277 unità di personale assunto con contratto a tempo indeterminato, che le rappresentanze diplomatico-consolari e gli istituti italiani di cultura all’estero possono assumere, previa autorizzazione dell’Amministrazione centrale.
[62] La necessità di tale chiarimento, in base alla relazione introduttiva del Governo al disegno di legge di conversione del DL 272/2003, discende dalla possibilità che in alcuni Paesi l’eventuale rinnovo senza soluzione di continuità potesse essere successivamente impugnato dinanzi a tribunali locali per la trasformazione del rapporto d’impiego da rapporto temporaneo in rapporto a tempo indeterminato. Il Governo ha affermato che tale eventualità arrecherebbe disturbo all’attuazione completa di norme essenziali alla formazione delle liste elettorali degli italiani residenti all’estero.
[63] I soggetti in questione devono essere impegnati in progetti di lavori socialmente utili e aver effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999.
[64] Con riguardo più generale al contenuto dell’articolo 22, si segnala che esso ha comportato, di fatto, il superamento della disciplina previgente in materia di determinazione dell’organico scolastico, contenuta, essenzialmente, nell’art. 5 del D.P.R. n. 233/1998,recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti.
Il D.P.R. n. 233/1998, oltre a definire le norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche autonome e l’attribuzione ad esse della personalità giuridica, stabiliva (art. 5, comma 1) che a partire dal 2000 (vale a dire una volta ultimata l’attuazione dell’autonomia scolastica) le determinazioni degli organici dovessero tenere conto, oltre che delle competenze in materia di programmazione e razionalizzazione della rete scolastica assegnate a regioni ed enti locali dagli artt. 137-139 del D.Lgs. 112/1998, di una serie di parametri, quali: il numero degli alunni previsti, distinti per età e per ordine e grado di scuole; il numero degli istituti previsti, le loro dimensioni e l'articolazione delle stesse istituzioni sul territorio; le caratteristiche demografiche e orografiche di ciascuna regione; gli indici di disagio economico e socio-culturale; gli obiettivi correlati all'economia regionale e all'evoluzione del mercato del lavoro; la distribuzione per ambiti disciplinari del personale in servizio.
L’art. 5, comma 2, stabiliva, quindi, che nell’ambito dell’organico provinciale venisse affidata ai dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica la determinazione dell’ organico funzionale delle istituzioni scolastiche autonome. Per organico funzionale si intende un organico “arricchito”, definito non esclusivamente sulla base del numero degli alunni e delle classi, nonché degli insegnamenti da impartire, ma anche in considerazione delle altre attività didattiche, educative ed extracurricolari, che le nuove istituzioni scolastiche, in virtù dell’autonomia ad esse riconosciuta, sono legittimate a svolgere.
[65] Cfr. allegato al resoconto della seduta del 19 maggio 2004 della VII Commissione. Tale quadro generale è peraltro sostanzialmente confermato dalla bozza di decreto interministeriale sulle dotazioni organiche per l’anno 2004-2005 allegato alla circolare MIUR del 24 marzo 2004, n. 37. A seguito di contatti informali con il Ministero si è inoltre appreso che la riduzione delle restanti 7.000 unità si realizzerà attraverso interventi di razionalizzazione delle risorse determinati, tra l’altro, dalla diminuzione fisiologica del numero degli alunni.
[66] Legge 5 giugno 1990, n. 148, “Riforma dell'ordinamento della scuola elementare”. Si ricorda peraltro che gli artt. 4 e 10 della legge n. 148/1990, dapprima confluiti nel testo unico della scuola (agli articoli, rispettivamente, 121 e 125), sono stati successivamente espressamente abrogati, con effetto dal 1° settembre 2000, dal D.P.R. n. 275/1999 (art. 17), che ha ricondotto l’intera materia all’autonomia delle istituzioni scolastiche.
[67] Il decreto ha inoltre previsto che l’apprendimento della materia iniziasse dall’anno scolastico 1992-1993; che fossero coinvolti a regime gli alunni a partire dalle seconde classi, in fase transitoria a partire dalle terze; che la scelta della lingua (di norma una delle quattro lingue europee più diffuse : inglese, francese, spagnolo e tedesco) tenesse conto delle reali disponibilità di docenti e delle possibilità di proseguire nell'apprendimento.
[68] La legge 53/2003[68] (cd “Legge Moratti”) ha dettato una disciplina generale in materia di istruzione, la cui attuazione è rimessa a decreti legislativi da emanarsi entro il 17 aprile 2005; il provvedimento reca inoltre alcune disposizioni immediatamente applicative, concernenti l’iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria e la valutazione dei titoli dei docenti scolastici. Le deleghe conferite al governo riguardano in particolare: la definizione del sistema educativo di istruzione e formazione articolato in due cicli; la valutazione del sistema educativo; la formazione iniziale dei docenti; l’alternanza scuola-lavoro. E’ stato emanato il primo decreto legislativo attuativo (D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59 recante Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53) che reca norme generali sulla scuola dell’infanzia e sul primo ciclo di istruzione, comprendente la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, mentre il secondo ciclo comprende il sistema dei licei e dell’istruzione e formazione professionale. In proposito, si ricorda infine, che il 15 settembre 2004 la VII Commissioni ha espresso il parere sullo schema di decreto legislativo concernente l'istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema di istruzione e di formazione nonché il riordino dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione.
[69] Individuazione degli interventi prioritari e dei criteri generali per la ripartizione delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il supporto e la valutazione degli interventi stessi, ai sensi dell’articolo 2 della legge 18 dicembre 1997, n. 440. Tale leggeha istituito nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, a partire dall’esercizio finanziario 1997, il “Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi”, definendone gli obiettivi e le modalità di utilizzazione ed inserendovi, tra gli altri, la formazione del personale della scuola. Per l’anno 2004, la legge finanziaria ha fissato la dotazione del Fondo per l’offerta formativa in 198,73 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari il 2004, 2005 e 2006. A tale importo vanno aggiunti 10,99 milioni di euro stanziati dalla legge 69/2000 per interventi di integrazione scolastica degli alunni con handicap; l’importo complessivo del Fondo ammonta pertanto a 209,72 milioni di euro.
[70] Legge 21 dicembre 1999, n. 508, Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori di industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati.
[71] La giurisprudenza amministrativa ha affermato in numerose decisioni che l’estensione del giudicato a terzi rimasti estranei alla lite costituisce l’esercizio di un potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione, che è configurabile in presenza di posizioni assolutamente omogenee tra quelle dei soggetti beneficiari dell’accertamento giudiziale e quelle degli altri soggetti aventi diritto, e che trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di evitare all’amministrazione gli oneri di un prolungamento del contenzioso, dell’incertezza giuridica circa il proprio agire, nonché dell’eventuale condanna alle spese processuali(cfr., tra le tante, le decisioni del Consiglio di Stato: sez. V, sent. n. 442 del 1996; sez. VI, sent. n. 1317 del 1998).
[72] Questa disposizione prevedeva – a differenza delle altre – un caso di disapplicazione del divieto. Esso infatti non era applicato alle controversie nelle quali comparivano come parti pubblici impiegati ricorrenti o resistenti in grado di appello, qualora questioni identiche a quelle dedotte in giudizio fossero già state decise in sede giurisdizionale in senso favorevole ad altri soggetti che si trovavano nella medesima posizione giuridica dei ricorrenti o resistenti.
[73] Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 165 del 2001, sono tuttora in regime di diritto pubblico (dunque non "contrattualizzati"):
- i magistrati ordinari, amministrativi e contabili;
- gli avvocati e procuratori dello Stato;
- il personale militare e delle Forze di polizia,
- il personale della carriera diplomatica;
- il personale della carriera prefettizia;
- i dipendenti della Banca d’Italia, della CONSOB e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
[74] Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
[75] Gli oneri posti a carico della gestione sono i seguenti:
- pensioni sociali;
- integrazioni per le pensioni di invalidità;
- una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti, dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS;
- oneri derivanti da agevolazioni contributive, trattamenti di integrazione salariale straordinaria, trattamenti speciali di disoccupazione e indennità di mobilità; sono esclusi da tale ambito gli assegni al nucleo familiare a decorrere dal 1996 (ex art. 3, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335);
- oneri derivanti da pensionamenti anticipati;
- oneri delle pensioni liquidate nella gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1989 nonché dei trattamenti di reversibilità derivanti dalle medesime (e delle relative spese di amministrazione);
- tutti gli altri oneri relativi agli interventi a carico dello Stato previsti da disposizioni di legge (pensioni rimpatriati dalla Libia, quote pensione afferenti a periodi prestati presso le Forze armate alleate, etc.).
[76] L’istituto della conferenza di servizi, la cui disciplina generale è stata fissata dalla legge 241/1990 (artt. 14-15), è stato in seguito modificato più volte e parzialmente riformato dalla legge 127/1997. Una completa riforma è stata operata dalla legge di semplificazione per il 1999, la legge 24 novembre 2000, n. 340 (artt. 9-15).
[77] Vi sono compresi gli oneri relativi alle pensioni di reversibilità derivanti dalle medesime nonché le spese di amministrazione concernenti i trattamenti in esame.
[78] Secondo la relazione tecnica, i richiamati fondi si riferiscono a prestazioni per le quali i trasferimenti correnti previsti dal bilancio dello Stato risultano sufficienti a coprire i relativi oneri.
[79] Tale articolo prevede l’assunzione, a carico dello Stato, degli interventi assistenziali e del sostegno alle gestioni previdenziali.
[80] Si ricorda, come già rilevato sub art. 19, che la conferenza di servizi costituisce uno strumento organizzativo da attivarsi nella fase decisoria di procedimenti amministrativi complessi ed è volta ad accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte, attraverso un confronto diretto tra le stesse.
[81] L’art. 11, comma 3, lettera, i-quater prevede che la legge finanziaria reca misure correttive degli effetti finanziari delle leggi nella cui attuazione si siano verificati scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle leggi medesime al fine della copertura finanziaria.
[82] Cfr. pagina 262 dello stampato.
[83] Cfr. punto 3 dell’Accordo.
[84] Cfr. tavola II. 11 a pagina 35 dello stampato Doc. LVII 4.
[85] Cfr resoconto dell’Assemblea della Camera del 4 ottobre 2004, pag. 15. La stessa metodologia è stata riaffermata nel corso dell’audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato del 6 ottobre scorso.
[86] Cfr il paragrafo successivo.
[87] Per i dati sul PIL cfr. la Nota di aggiornamento al DPEF (doc. LVII 4-bis, pag. 4).
[88] Convertito con modificazioni dalla legge n. 405/2001.
[89] Convertito con modificazioni dalla legge n. 112/2002.
[90] Lo stesso provvedimento dispone pertanto un finanziamento integrativo di 275 mln. di euro per il 2005.
[91] Ai sensi della procedura citata il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.
[92] Cfr. il Resoconto dell’Assemblea della Camera del 4 ottobre 2004, pag. 15.
[93] Il monitoraggio informatico è previsto dall'art. 87 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (come modificato dall'art. 2 del D.L. 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405). Si ricorda che quest'ultimo incarica altresì le Regioni di adottare sanzioni per coloro che omettano gli adempimenti ovvero effettuino prescrizioni oltre il livello appropriato.
[94] Tale procedura è adottata ai sensi dell’articolo 8, comma 1 della legge 5 giugno 2003 in base al quale nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
[95] art. 5, comma 1, del D.L. 18 settembre 2001, n. 347 (convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405). Tale limite è fatto salvo dal decreto-legge n. 156 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2002/2004).
[96] Il nuovo tetto ha decorrenza dall'anno 2004 ed è stato introdotto dal decreto-legge n. 156 del 2004 già citato.
[97] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.
[98] Sulla natura e sul ruolo dell’AIFA cfr. l’analisi più approfondita contenuta nel dossier decreti legge n. 148/2004.
[99] Tale organismo opera presso il Ministero della salute, occupandosi in particolare di raccogliere, monitorare ed elaborare dati di consumo, modalità di impiego e di spesa dei medicinali erogati o impiegati dal SSN e dell’elaborazione annuale di un rapporto al Ministro della salute sull’andamento della spesa farmaceutica relativo ai medicinali (cfr. l'art. 3, comma 9, del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112).
[100] I medicinali orfani sono definiti dall'art. 3 del Regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, come i farmaci il cui sponsor sia in grado di dimostrare:
- che essi siano destinati alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di un'affezione comportante una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che si rientri in una delle seguenti fattispecie;
- l'affezione colpisca non più di cinque individui su diecimila nell'Unione europea nel momento di presentazione della domanda;
- la commercializzazione del medicinale in questione all'interno dell'Unione europea appaia, in mancanza di incentivi, poco probabile, per assenza di redditività dell'investimento (per questa seconda fattispecie, la nozione di affezione sembra più ampia - "un'affezione che comporta una minaccia per la vita, un'affezione seriamente debilitante, o un'affezione grave e cronica" -);
- che non esistano metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia delle suddette affezioni autorizzati nell'Unione europea oppure che, anche qualora tali metodi esistano, il medicinale in questione avrà effetti benefici significativi per le persone colpite.
[101] Secondo la nozione seguita dalla Commissione unica del farmaco, la categoria terapeutica omogenea raggruppa "i medicinali (princìpi attivi e relative preparazioni farmaceutiche) che, in rapporto all’indicazione terapeutica principale, hanno in comune il meccanismo di azione e sono caratterizzati da un'efficacia clinica ed un profilo di effetti indesiderati pressoché sovrapponibile, pur potendo i singoli farmaci diversificarsi per indicazioni terapeutiche aggiuntive. In una categoria terapeutica sono inclusi medicinali che, per forma farmaceutica, dose unitaria e numero di unità posologiche, consentono di effettuare un intervento terapeutico di intensità e durata sostanzialmente simile”.
[102] Riguardo all'attuale disciplina in materia, cfr. l'art. 9 del D.L. 18 settembre 2001, n. 347 (convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405).
[103]Cfr. l’art. 4 del DL n. 63 del 2002.
[104]Cfr. legge n. 202 del 2004.
[105]L’adeguamento delle anticipazioni agli incrementi di stanziamento è già stato introdotto per l’esercizio 2004 dall’articolo 3, commi 30-34 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004). Per l’esercizio 2005 tornerebbe efficace la commisurazione stabilita dall’articolo 1 del D.M. 21 febbraio 2001 (v. di seguito il punto specifico nella scheda).
[106]La ‘deroga’ opera di fatto sulla disciplina attuativa recata dal Decreto ministeriale 21 febbraio 2001 (v. in calce alla scheda). La disposizione del comma 6 dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 56/2000 richiamata dal testo in esame si limita ad introdurre il sistema delle anticipazioni di tesoreria ed a rimetterne la disciplina al (allora) Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La disposizione legislativa non stabilisce alcuna misura né modalità di erogazione ma stabilisce, come criterio telelogico, che le anticipazioni siano erogate «in misura sufficiente ad assicurare, insieme con gli accreditamenti dell’IRAP e dell’Addizionale regionale all’IRPEF, l’ordinato finanziamento della spesa sanitaria corrente». Principi non derogati dalla disposizione in esame.
Le regioni ‘incassano’ i versamenti effettuati dai contribuenti a titolo di IRAP e di Addizionale regionale all’IRPEF secondo modalità e tempi stabiliti con il DM 24/3/1998, “Modalità di riversamento delle somme riscosse per l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e per l’addizionale regionale all’IRPEF, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446”. A seconda della natura dei contribuenti i versamenti affluiscono in speciali conti correnti aperti presso la Tesoreria centrale, o sono versati sulle contabilità speciali di giro fondi istituite presso le sezioni provinciali di Tesoreria per essere poi versati sui conti correnti aperti presso la tesoreria centrale. Da questi sono prelevati – secondo l’ordinaria disciplina di tesoreria – in favore del <conto sanità> e del <conto contributi sanitari>. Tuttavia, l’afflusso delle somme non è in grado di garantire la continuità dei pagamenti che è invece assicurata dalla disciplina delle anticipazioni. Queste, a loro volta, si ‘compensano’ con le somme affluite a titolo di versamenti IRAP e IRPEF.
[107] Si ricorda che il complesso delle disponibilità per il Servizio sanitario nazionale finanzia sia la spesa stabilita come necessaria ad assicurare i L.E.A. (livelli essenziali di assistenza), spesa che coincide sostanzialmente con la «quota indistinta del fabbisogno sanitario», sia programmi particolari di intervento, nazionali e regionali, stabiliti da leggi specifiche. La disciplina delle anticipazioni di tesoreria non si applica a questa seconda parte del finanziamento. La somma spettante a ciascuna regione a titolo di ‘quota indistinta’ viene determinata dal CIPE, su proposta del Ministero della salute, in base ad alcuni parametri che ‘correggono’ la quota capitarla (popolazione di ciascuna regione) in ragione della spesa storica, della dimensione territoriale e di indici di morbilità di ciascuna regione.
[108] Istituite e disciplinate ai sensi dell’articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001).
[109]Si ricorda che anche le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano finanziano la spesa sanitaria corrente per le prestazioni che assicurano i L.E.A. tramite i proventi dell’IRAP, dell’Addizionale regionale all’IRPEF, della compartecipazione all’Accisa sulle benzine e dei ticket. Una differenza invece è stabilita tra le regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e le province autonome di Trento e Bolzano da un lato e le regioni Sicilia e Sardegna dall’altro. Le prime non partecipano alla determinazione e ripartizione della quota di finanziamento commisurata alla compartecipazione al gettito dell’IVA e finanziano interamente la parte restante del fabbisogno con somme provenienti dal proprio bilancio. Incassano per altro secondo una disciplina specifica le somme derivanti dal gettito dell’IRAP, dell’addizionale all’Irpef e dalla compartecipazione alle accise. Ad esse, pertanto, non ha modo di applicarsi questa disciplina delle anticipazioni di tesoreria. Le regioni Sicilia e Sardegna finanziano invece solo in parte con risorse del proprio bilancio la spesa sanitaria corrente non coperta dal gettito dei tributi specifici (rispettivamente 42,5% e 29%). La quota restante (57,5% e 71%, rispettivamente) è finanziata dal Fondo perequativo di cui al decreto legislativo n. 56/2000. Per questa parte si applica la disciplina delle anticipazioni di tesoreria.
[110]Alla data del 5 ottobre 2004 la deliberazione del CIPE non è stata ancora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. La proposta di deliberazione è stata inviata nel dicembre 2003 dal Ministero della salute alla Conferenza Stato-regioni per il prescritto parere. L’intesa è stata raggiunta nella seduta del 12 febbraio 2004.
[111]Ai sensi degli articoli 17, comma 3, e 29, comma 3, della legge 24.11.1981, n. 689, Modifiche al sistema penale, spettano alle regioni i proventi derivanti dalle materie di loro competenza e dalle funzioni amministrative ad esse delegate.
[112] D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali.
[113] D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
[114] Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 343/2003, a decorrere dal 1° gennaio 2004 sono stati trasferiti al CNIPA anche i compiti, le funzioni e le attività esercitati dal Centro tecnico istituito presso l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione per l’assistenza ai soggetti che utilizzano la rete unitaria della P.A.. Al CNIPA sono state contestualmente trasferite le risorse finanziarie e strumentali, nonché i lavoratori in servizio.
Tra le funzioni del CNIPA si ricordano quelle relative a:
- definire e utilizzare i processi e gli strumenti per governare il processo di innovazione tecnologica nelle amministrazioni centrali e locali;
- coordinare, attraverso la redazione di un piano triennale annuale, il processo di pianificazione e i principali interventi di sviluppo; dettare norme tecniche e criteri in materia di ICT, progettazione, realizzazione, gestione, mantenimento dei sistemi informativi delle amministrazioni e delle loro interconnessioni, nonché della loro qualità e relativi aspetti organizzativi;
- dettare criteri e regole tecniche di sicurezza, interoperabilità, apertura, performance; emettere dei pareri di congruità tecnico-economica sugli schemi dei contratti concernenti l’acquisizione di beni e servizi riguardanti i sistemi informativi;
- operare nell’ambito dell’Unione Europea; nelle materie di propria competenza e per gli aspetti tecnico-operativi, curare i rapporti con le Istituzioni comunitarie e con gli organismi internazionali;
- definire indirizzi e direttive per la predisposizione di piani di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, orientandoli verso l’utilizzo di tecnologie informatiche innovative.
[115] Legge 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[116] D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A).
[117] Sullo schema del regolamento (n. 406) la I Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni nella seduta del 6 ottobre 2004.
[118] Si ricorda che il comma 2 dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988, nel disciplinare i regolamenti di delegificazione, stabilisce che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
[119] Le notizie riportate sull’attività della Consap sono state tratte dal relativo sito internet (www.consap.it)
[120] Un elenco completo dei DPCM recanti le dichiarazioni di stato di emergenza è rinvenibile sul sito WEB del Dipartimento di protezione civile: http://www.protezionecivile.it/legislazione/dpcm.php
[121] Si ricorda che con l’ordinanza (O.P.C.M. 10 aprile 2003, n. 3279) sono state dettate Ulteriori disposizioni di protezione civile dirette a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi eventi sismici verificatisi nel territorio della provincia di Campobasso.
[122] Con il Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell’ organizzazione del Governo, è stato ridefinito il numero e le competenze dei Ministeri, tra i quali non compare più quello per il coordinamento della protezione civile.
[123] L’articolo 103, al comma 4 della legge 388/2000 aveva istituito un fondo di garanzia, stanziando 55 mld. di lire per il 2001 e 125 mld per il 2002 a sostegno dell'iniziativa "PC per gli studenti". Questa risaliva ad un accordo del 17 marzo 2000 tra la Presidenza del consiglio e l'Associazione Bancaria italiana, che prevedeva finanziamenti a condizioni particolarmente vantaggiose per l'acquisto di un PC multimediale da parte degli studenti delle scuole medie superiori. L’articolo 103, comma 4 è stato abrogato dall’articolo 27, comma 1 della legge 289/2002.
[124] D.M. 8 aprile 2003, pubblicato sulla G.U. del 19 maggio 2003, n. 114.
[125] Tale decreto è stato successivamente novellato dal D.M. 30 gennaio 2004, che ha previsto una proroga dei termini di attuazione del progetto “PC ai giovani”.
[126] D.M. 19 maggio 2004 recante “ Agevolazioni per l'acquisto di un sistema di personal computer, denominato «PC ai giovani», di cui all'art. 4, comma 9, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).
[127] La CONSIP è una società per azioni al servizio dello Stato che fornisce consulenza, assistenza e soluzioni informatiche per l'innovazione nella Pubblica Amministrazione. Disposizioni relative alla CONSIP sono dettate anche all’art. 3 commi 166-172 della presente legge.
[128] La Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) è una società per azioni al servizio dello Stato che fornisce consulenza, assistenza e soluzioni informatiche per l'innovazione nella Pubblica Amministrazione.
[129] D.M. 15 giugno 2004 “Costituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicata all’innovazione tecnologica” , pubblicato nella G.U. n. 150 del 29 giugno 2004.
[130] Legge n. 3/2003, recante “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”.
[131]In attuazione dell’articolo 3 del D. M 15 giugno 2004, il Comitato di gestione del Fondo ha approvato il 16 settembre le disposizioni operative che sono entrate in vigore con la circolare Medio Credito Centrale n. 367 del 23 settembre 2004.
[132] Recante Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione (cosiddetta “legge Gasparri”)
[133] In particolare, con riferimento alla televisione digitale terrestre, è stata prevista la realizzazione da parte della RAI di almeno due blocchi di diffusione, in maniera tale da realizzare, entro il 1° gennaio 2004, la copertura del 50% della popolazione, ed entro il 1° gennaio 2005, la copertura del 70% della popolazione. Si ricorda che sullo sviluppo del digitale terrestre ha offerto un quadro, in attuazione del DL 352/2003 e della stessa legge Gasparri (art. 25, commi 1-3), la relazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presentata alle Camere il 27 maggio 2004, concernente la complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri.
[134] Testualmente, la disposizione stabilisce che il 75 per cento dei proventi è destinato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, di cui alla legge 27 ottobre 1993, n. 432, mentre “la restante quota è destinata al finanziamento degli incentivi all'acquisto e alla locazione finanziaria di cui all'articolo 25, comma 7.
[135] Il quale stabilisce che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge è completata la fusione per incorporazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI-Holding Spa
[136] In conformità al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e relativi regolamenti attuativi, e al decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni
[137] L’8 settembre 2004 le assemblee degli azionisti delle due società si sono infatti riunite separatamente ed hanno approvato lo schema di statuto della nuova società (denominata “Rai-Radiotelevisione italiana Spa”), che è stato sottoposto all’approvazione del Ministero delle Comunicazioni, il quale ha provveduto alla presentazione alle Camere del relativo atto.
[138] Si ricorda che I Fondi strutturali sono gli strumenti che la Comunità europea utilizza per superare, attraverso il trasferimento di risorse, gli squilibri socio-economici e territoriali. Ai fondi sono assegnati tre obiettivi:
- obiettivo 1: sviluppo delle regioni in ritardo di sviluppo; in Italia - ai sensi dell’allegato I alla decisione della Commissione UE n. 502/1999 - nell'obiettivo 1 sono ricomprese la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. Per il Molise, che è uscito dall’obiettivo 1 alla fine del 1999, in quanto il PIL pro capite di questa regione ha superato il 75% della media europea, la Commissione ha previsto un periodo di sostegno transitorio fino al 31 dicembre 2006.
- obiettivo 2: riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali; l’elenco delle zone italiane cui si applica l’obiettivo 2 è stato approvato dalla Commissione europea con la decisione (CE) n. 530 del 27 luglio 2000, successivamente modificato con la decisione (CE) n. 363 del 27 aprile 2001; l’obiettivo 2 si estende su 13 regioni italiane del Centro-Nord, che non beneficiano dell’obiettivo 1 (Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Prov. auton. di Trento e Bolzano, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto), ed è rivolto soprattutto alle zone rurali in declino e alle zone industriali; esso riguarda in piccola parte anche quartieri urbani in difficoltà e alcune zone dipendenti dalla pesca
- obiettivo 3: sviluppo delle risorse umane.
[139] Il comma 4 di tale articolo 89 ha poi previsto la concessione dei contributi citati entro il limite massimo di spesa di 31 milioni di euro per l’anno 2003, a valere sulle disponibilità, utilizzabili sulla base della vigente normativa contabile, derivanti dall’autorizzazione di spesa di cui al citato art. 22 della legge 57/2001.
[140] Più specificamente si ricorda che, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 4 della legge n. 350/2003, il contributo di cui al comma 2 è riconosciuto, nel caso dell'acquisto, immediatamente sulle prime bollette di pagamento e fino alla concorrenza dello sconto. Nel caso del noleggio o della detenzione in comodato, il cui contratto deve avere durata annuale, il contributo è riconosciuto ripartendo lo sconto sulle bollette del primo anno. In ogni caso, il contributo statale di cui al comma 2 non può essere cumulato, nell'ambito della stessa offerta commerciale, con quello di cui al comma 1 quando erogati, direttamente o indirettamente, da parte dello stesso fornitore di servizi nei confronti del medesimo utente. Il contributo per l'acquisto o noleggio dei decoder in tecnica C-DVB è riconosciuto a condizione che l'offerta commerciale indichi chiaramente all'utente i fornitori di contenuti con i quali i soggetti titolari della piattaforma via cavo abbiano concordato i termini e le condizioni per la ripetizione via cavo del segnale diffuso in tecnica digitale terrestre.
[141] Per il Friuli-Venezia Giulia:
- D.P.R. 18-12-1979 n. 839 - Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia in materia di trasferimento alla regione delle funzioni, del personale e dei beni degli enti soppressi con l'articolo 1-bis del D.L. 18 agosto 1978, numero 481, convertito, con modificazioni, nella legge 21 ottobre 1978, n. 641.
- D.P.R. 19 marzo 1990, n. 70 – Art. 4-5 Assistenza a favore di particolari categorie (trasferimento di funzioni, uffici, beni mobili ed immobili in relazione ad alcuni degli Enti di cui alla Tabella B del DPR 616)
- D.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 – art. 19-20
- La regione ha poi disciplinato con proprie leggi ulteriori aspetti del trasferimento: L.R. 22-12-1980 n. 70, L.R. 16-8-1982 n. 53; L.R. 2-2-1991 n. 7.
Per la Sardegna:
- D.P.R. 19-6-1979 n. 348, art. 75-76, 79
- D.P.R. 13-4-1984, n. 92 - Trasferimento alla regione Sardegna delle funzioni, dei beni e del personale degli enti nazionali operanti in Sardegna.
- L.R. 8-5-1984 n. 18 e L.R. 17-1-1986, n. 12 - Istituzione del ruolo speciale provvisorio e collocazione del personale degli enti soppressi
Per la Sicilia:
- D.P.R. 13-5-1985 n. 245 - Norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia di trasferimento delle competenze del patrimonio e del personale degli enti pubblici soppressi di cui al DPR 616/1977;
- L.R. 53/1985 art. 8; L.R. 22/1986 art. 61; L.R. 36/1986 art. 17; L.R. 11/1988 art. 28; L.R. 33/1988 art. 6; L.R. 43/1994 art. 7 concernenti il trasferimento del personale.
Per la Valle d’Aosta:
- D.P.R. 22-2-1982 n. 182 – artt. 77-83 - Trasferimento alla regione delle funzioni, del personale e dei beni degli enti soppressi con l'art. 1-bis del decreto-legge 18 agosto 1978, n. 481.
- D.P.R. 27-12-1985 n. 1142 - Trasferimento alla regione Valle d'Aosta delle funzioni in materia di industria, commercio, annona ed utilizzazione delle miniere (artt. 1, 7, 9).
- L.R. 19-4-1983, n. 15 - Inquadramento del personale trasferito alla Regione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 febbraio 1982, n. 182.
Per il Trentino-Alto Adige:
- D.P.R. 19-11-1987 n. 526 - Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
[142] D.L. 32/1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 104/95 - recante “Disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle agevolazioni alle attività gestite dalla soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonché per l'avvio dell'intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale”.
[143]L’art. 9 dello Statuto dell’Associazione IPI prevede che l’Assemblea dei Soci deliberi in merito al programma pluriennale dell’Istituto e che provveda alla presentazione al Ministro delle Attività Produttive per la sua definitiva approvazione.
[144] L. 57/2001, recante “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”.
[145] La disposizione prevede testualmente che la quota indicata “è rassegnata allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la copertura degli oneri di cui all’articolo 2, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo … ”
[146] D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, recante Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale
[147] L’ultimo periodo del comma in commento disponeva l’abrogazione del comma 6 dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 190 del 2002. Tale disposizione è stata espunta dal disegno di legge finanziaria a seguito dello stralcio comunicato dal Presidente della Camera nella seduta dell’Assemblea del 6 ottobre 2004.
[148]D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2003, n. 137.
[149] D.L. 14 novembre 1992, n. 433, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1933, n. 4.
[150] Giova preliminarmente sottolineare che la disciplina introdotta dalla legge Ronchey, come successivamente sviluppata e modificata, riguarda esclusivamente i musei appartenenti allo Stato. Interessanti esperienze di affidamento a privati dell’offerta museale del proprio patrimonio, che in alcuni casi è andata al di là dei c.d. “servizi aggiuntivi” previsti dalla legge Ronchey per includere anche servizi museali tradizionali, si registrano, in particolare, a Venezia e a Roma. Nel caso di Venezia l’affidamento ha riguardato l’intero patrimonio museale civico, mentre a Roma è stato circoscritto al “sistema museale capitolino”.
[151] L’idea di fondo è che la fruizione del servizio museale viene fortemente incrementata quando il museo è in grado di rendere prestazioni accessorie, che vanno dalla vendita di riproduzioni di opere esposte, di libri, di dischi, ai servizi di informazione, di caffetteria, alla organizzazione di mostre e manifestazioni culturali.
[152]Riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, della legge 6 luglio 2002, n. 137.
[153]L’articolo 5 ha sostituito l’articolo 7 del D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 368, recante Istituzione del Ministero per i bei e le attività culturali a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59
[154]Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.
[155]Legge quadro in materia di lavori pubblici.
[156] A seguito della modificazione recata dalla lettera a) del presente comma, la stessa comunicazione diverrà obbligatoria anche per i contratti relativi a servizi telefonici, idrici e del gas.
[157] A ciò si è provveduto con i decreti ministeriali 29 dicembre 1977, 27 gennaio 1978, 15 novembre 1989, n. 400, 18 giugno 1993 (modificato con D.M. 25 settembre 1993), 29 dicembre 1993, n. 598. Con i decreti ministeriali 6 maggio 1978 e 22 giugno 1978 sono state approvate, rispettivamente, modalità di comunicazione all'anagrafe tributaria delle iscrizioni, variazioni e cancellazioni nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio e degli atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze elencate nella lettera e) dell'art. 6 del D.P.R. n. 605 del 1973. Il citato D.M. 22 giugno 1978 è stato successivamente modificato dal D.M. 30 giugno 1979, come sostituito dall'art. 1 del D.M. 27 maggio 1988, n. 273. Ulteriori norme in materia sono state dettate con D.M. 17 settembre 1999, modificato dal D.M. 23 marzo 2000 (che ha inoltre abrogato il citato D.M. 22 giugno 1978), con D.M. 21 ottobre 1999, con D.M. 21 ottobre 1999, con D.M. 27 giugno 2000, con D.M. 27 giugno 2000 e con Provv. 5 marzo 2002.
[158] Per la disciplina delle commissioni censuarie si vedano gli articoli da 16 a 40 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, recante perfezionamento e revisione del sistema catastale.
[159] L'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, è stato abrogato dall'art. 136 del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto (1° gennaio 2002). Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute negli artt. 8,12 e 15 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001, riguardanti il permesso di costruire.
[160] Il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, all’articolo 37, comma 2, stabilisce che le tariffe d'estimo e i redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare sono sottoposti a revisione quando se ne manifesti l'esigenza per sopravvenute variazioni di carattere permanente nella capacità di reddito delle unità immobiliari e comunque ogni dieci anni. La revisione è disposta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previo parere della Commissione censuaria centrale e può essere effettuata per singole zone censuarie. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i comuni interessati. Il comma 3 prevede che le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall'anno di pubblicazione del nuovo prospetto delle tariffe nella Gazzetta Ufficiale, ovvero, nel caso di stima diretta (per i fabbricati a destinazione speciale), dall'anno in cui è stato notificato il nuovo reddito al possessore iscritto in catasto. Se la pubblicazione o notificazione avviene oltre il mese precedente quello stabilito per il versamento dell'acconto di imposta, le modificazioni hanno effetto dall'anno successivo.
[161] La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 39 della legge 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione era stato elevato dall'art. 1 del D.Lgs.C.P.S. 5 ottobre 1947, n. 1208, dall'art. 114, primo e terzo comma, della citata legge n. 689 del 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, secondo e quinto comma, (quest'ultimo con riguardo alla misura minima), della stessa legge, nonché dall'art. 8, comma 1, del D.L. 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384.
[162] Deroghe al principio di irretroattività sono state disposte con il comma 3 dell'art. 5 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e con il comma 1 dell'articolo 10 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che ha sostituito il comma 5 dell'articolo 3 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507. Contengono invece proroghe di termini per gli accertamenti l'art. 18, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; l'art. 27, comma 9, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, l'art. 10, comma 1, l'art. 11, comma 1, e l'art. 31, comma 16, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come modificata dall'art. 5-bis del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione; l'art. 1, comma 2-octies, del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, aggiunto dalla relativa legge di conversione; l'art. 37 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269; l'art. 2, comma 33, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
[163] L’articolo 8, comma 1, del D.L. 30 settembre 1989, n. 332, dispone fra l’altro che le pene pecuniarie stabilite in misura fissa per le violazioni in materia tributaria sono sestuplicate se i relativi importi risultano determinati con provvedimenti normativi emanati fino al 31 dicembre 1975.
[164] I commi primo e secondo dell’articolo 31 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, dispongono:
“Per le operazioni di formazione e di conservazione del nuovo catasto edilizio urbano i funzionari degli uffici tecnici erariali, ed i componenti le commissioni censuarie, espressamente delegati e muniti di speciale tessera di riconoscimento, hanno diritto di accedere alle proprietà private dietro preavviso scritto di almeno sette giorni.
Chiunque fa opposizione è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 a meno che il fatto costituisca reato più grave. Con la stessa pena è punito colui che non adempie gli obblighi di cui agli articoli 3, 7, 20 e 28”.
[165] Ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 8, del medesimo decreto-legge n. 168 del 2994, per beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione si intendono a questo fine gli immobili per i quali non ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della tariffa, parte prima, annessa al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
[166] Ulteriori benefìci – limitati all’anno 2004 – sono previsti dal D.L. 13 settembre 2004, n. 240, recante misure per favorire l'accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio, nonché integrazioni alla legge 9 dicembre 1998, n. 431 (all’esame delle Camere per la conversione in legge).
[167] L’obbligo di registrazione, indipendentemente dall’ammontare del corrispettivo, è stato introdotto dalla novella recata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro dall’articolo 21, comma 18, della legge n. 449 del 1997. Unica eccezione è quella prevista dall'art. 2-bis della tariffa, parte seconda, allegata al testo unico, che annovera tra gli atti soggetti a registrazione soltanto in caso d'uso le locazioni e gli affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno con riferimento ai rapporti con lo stesso locatario e affittuario.
[168] Si ricorda che prima della riforma della disciplina della locazione di immobili ad uso abitativo, la materia era disciplinata dalla legge n. 392 del 1978 “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”, la cd. legge sull’equo canone. Tale legge è stata in parte abrogata dalla legge n. 431 del 1998.
[169] Comma così modificato dall'art. 2 della legge 8 gennaio 2002, n. 2.
[170] Vedi, anche, l'art. 4, comma 9-bis, del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
[171] Cfr. Cass. 4 aprile 1986, n. 2332; Cass. 16 giugno 1986 n. 3993; Cass. 4 luglio 1986 n. 4409; Cass. 9 maggio 1991 n. 5157.
[172] Cfr. la nota all’art. 1 della tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
[173] Per i contratti aventi una durata superiore a trenta giorni ma inferiore ad un anno l’imposta è pari al 2% di quello che sarebbe il canone annuo, con un minimo di 51,65 euro.
[174] Si tratta dei contribuenti che nell'anno solare precedente hanno registrato esclusivamente operazioni esenti dall'imposta di cui all'articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, salvo che siano tenuti alle rettifiche delle detrazioni di cui all'articolo 19-bis2 del medesimo decreto, ovvero abbiano registrato operazioni intracomunitarie, nonché i contribuenti esonerati ai sensi di specifiche disposizioni normative.
[175]Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, concerne la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
[176] Reg. (CE) n. 1798/2003 del 7 ottobre 2003, in vigore dal 1° gennaio 2004.
[177] L’articolo 54 precisa, inoltre, che l’ufficio può procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l'inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture o da altri documenti appositamente individuati.
Il quinto comma dell’articolo 54, in analogia con quanto previsto dall’articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 per le imposte dirette, prevede che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto, qualora dalle segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l'imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante.
[178] Ai sensi della disposizione citata, le opere di urbanizzazione primaria sono:
a) strade residenziali;
b) spazi di sosta o di parcheggio;
c) fognature;
d) rete idrica;
e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas;
f) pubblica illuminazione;
g) spazi di verde attrezzato.
Le opere di urbanizzazione secondaria sono:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
[179] Secondo l’articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti), sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:
a) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
b) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
c) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
d) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
e) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
f) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.
[180] Si ritiene opportuno segnalare che la disposizione fa riferimento al valore dell’immobile e non al suo prezzo di vendita.
[181] La relazione tecnica cita in particolare il D.L. n. 351 del 2001, relativo a cartolarizzazioni e conferimento di immobili pubblici a fondi comuni di investimento immobiliare, e il D.L. n. 269 del 2003, il quale, agli articoli 26 e seguenti, contiene ulteriori disposizioni in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico.
[182] L’art. 46, comma 3, prevedeva inoltre che, qualora dopo la scadenza del termine previsto dal comma 1 i comuni non avessero esercitato il diritto, l’Istituto autonomo case popolari comunque denominato, competente per territorio, potesse presentare, nei successivi sei mesi, richiesta di trasferimento della proprietà alle medesime condizioni previste dal comma 1 del citato art. 2 della n. 449/1997.
[183] Il comma 2, dell’art. 46 della legge n. 388 del 2000 prevede espressamente che “Gli alloggi di cui al comma 1 sono trasferiti ai comuni nello stato di fatto e di diritto in cui gli stessi si trovano al momento del passaggio. Lo Stato è esonerato, relativamente ai beni consegnati ai comuni ai sensi della citata legge n. 449 del 1997, dalle dichiarazioni di cui al secondo comma dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. I comuni hanno 120 giorni di tempo dalla data dell'avvenuta volturazione per provvedere all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie”. Al riguardo va ricordato che il secondo comma dell’art. 40 della legge n. 47 del 1985 stabilisce che gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 della stessa legge n. 47 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'art. 35 della medesima legge n. 47. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 della legge 4 n. 15/1968, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l'opera autorizzata. La norma richiama, nella sostanza, anche quanto già previsto dall'art. 3, comma 99, della legge n. 662/1996, che prevede che lo Stato venditore sia esonerato dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà o al diritto sul bene, nonché alla regolarità urbanistica e a quella fiscale producendo apposita dichiarazione di titolarità del diritto e di regolarità urbanistica e fiscale.
[184] E’ inoltre stabilito che con i decreti di cui al comma 1 dello stesso articolo 3 (i quali definiscono le modalità dell’operazione di cartolarizzazione) sono stabiliti i criteri per l'assegnazione, agli enti territoriali interessati dal procedimento, di una quota (compresa tra il 5% e il 15%) del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.
[185] A tal fine, entro il 30 aprile di ciascun anno gli enti territoriali devono fare richiesta di detti beni all’Agenzia del demanio, la quale, su conforme parere del Ministero dell’economia, anche in ordine alle modalità e alle condizioni della cessione, comunica la propria eventuale disponibilità entro il 31 agosto dello stesso anno.
[186] La legge 23 dicembre 1997, n. 449, collegata alla manovra finanziaria per il 1998, all'articolo 17, comma 36, ha introdotto una norma interpretativa del citato comma 112 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo la quale sono fatti salvi gli effetti delle procedure negoziali che erano in corso tra il Ministero della difesa ed altre pubbliche amministrazioni, alla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dallo stesso comma 112 (emanato in data 11 agosto 1997) e finalizzate al trasferimento di beni immobili già destinati ad uso pubblico dai piani regolatori generali.
[187] In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M 11 agosto 1997, recante "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Il decreto contiene un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili, divisi a seconda della regione in cui essi sono collocati. In nota a ciascun immobile, è riportata l’indicazione dell’attuale uso del bene stesso. In data 12 settembre 2000, è stato poi emanato un nuovo D.P.C.M., contenente un ulteriore elenco di nuovi beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da dismettere. Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 che ha provveduto ad espungere dall’elenco degli immobili già individuati 10 di essi, in relazione ad “una aggiornata valutazione delle esigenze strutturali ed infrastrutturali delle Forze armate”. Quindi, con D.P.C.M. 20 ottobre 2003, è stato espunto l'immobile militare denominato Caserma «Palmanova» (aliquota) di Viterbo. Infine, con D.P.C.M. 27 febbraio 2004, è stato espunto un ulteriore immobile, denominato caserma “Papa”.
[188] Con riguardo agli accordi di programma relativi alla dismissione dei beni immobili dell'amministrazione della difesa, l’articolo 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. “collegato ordinamentale”, ha disposto che, nell’ambito dei predetti accordi, possa essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota non superiore al 20 per cento del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a “scomputo” del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.
[189] L’estensione dell'ambito di applicazione della procedura per la determinazione del valore dei beni sia alle vendite che alle permute è stata fatta dall’articolo 43, comma 11, della legge n. 388/2000, che viene diffusamente commentata più avanti.
[190] Il relativo bando di gara è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 15 settembre 1997. In seguito allo svolgimento delle procedure di gara è risultata affidataria la società CONSAP.
[191] La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di prezzo iniziale, agli enti che hanno ceduto gli immobili.
[192] Tale regolamento avrebbe dovuto essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Conferenza Stato-Città e autonomie locali.
[193] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 giugno 2004, n. 151.
[194] Convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178.
[195] Notizie di stampa riportano che “il Tesoro, il Ministero delle infrastrutture e l’ANAS avrebbero rinunciato a portare a termine questa operazione”. Secondo un’intesa raggiunta fra i soggetti indicati “piuttosto il Demanio avrebbe trasferito in concessione all’ANAS il patrimonio che sarebbe rimasto di proprietà statale” (Il Sole-24 ore, 6 ottobre 2004, Ticket vero solo su 700 Km di nuove autostrade).
[196] Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 13 giugno 2000, n. 136.
[197] Pubblicati nella Gazzetta ufficiale 28 settembre 2001, n. 226.
[198] In occasione della risposta alla sopra ricordata interrogazione, il Ministro ha peraltro accennato alla possibilità che la questione dell’insussistenza degli oneri per l’utente sia chiarita con un emendamento.
[199] La relazione tecnica ìndica invece in una “concessione quarantennale” il contenuto del negozio prefigurato. Si rileva che l’elemento della durata (e quindi il rapporto di tipo concessorio) sembrerebbe elemento imprescindibile per consentire un’attendibile stima delle due grandezze economiche coinvolte: il prezzo e la tariffa.
[200] Si ricorda ai sensi dell’articolo 822 del codice civile fanno parte del demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico, le raccolte dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle pinacoteche. Caratteristiche tipiche dei beni demaniali sono l’inalienabilità (art. 823 c.c.) e l’imprescrittibilità o inusucapibilità. La demanialità è stabilita in base a disposizioni di legge. Peraltro, è rimesso ad atti amministrativi l’accertamento della corrispondenza dei singoli beni alle caratteristiche fisiche del genere investito della demanialità. Tali atti hanno carattere meramente dichiarativo e non costitutivo e consistono generalmente nell’iscrizione dei beni negli appositi elenchi formati dall’amministrazione e approvati con decreti presidenziali o ministeriali pubblicati nella Gazzetta ufficiale. La cessazione della demanialità di un bene può essere determinata, oltre che da fatto naturale, da un atto volontario dell’amministrazione la quale deliberi di sottrarre il bene al servizio cui l’aveva destinato in precedenza (art. 829, primo comma c.c.). Il passaggio dei beni dal demanio al patrimonio dello Stato (c.d. sdemanializzazione) deve essere dichiarato dall’autorità amministrativa con atto di cui deve essere dato annuncio nella Gazzetta ufficiale.
[201] Decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici".
[202] In questa sede può essere utile ricordare, inoltre, che nella materia di vendita dei beni culturali si è registrato nel recente passato una complessa stratificazione normativa, che ha dato luogo, non di rado, a difficoltà interpretative. L’art. 3, co. 99-105, della legge collegata alla manovra finanziaria 1997 (legge n. 662/1996, modificata e integrata più volte) ha introdotto norme volte ad accelerare, con misure procedurali di vario tipo, il processo di dismissione dei beni culturali. Il co. 100 dell’art. 3, in particolare, fa rinvio, per le valutazioni di interesse storico e artistico sui beni da alienare a un apposito regolamento (prevedendo, in attesa della sua emanazione, una specifica procedura alternativa). Successivamente, nel quadro delle nuove misure per la dismissione del patrimonio immobiliare statale, l’art. 32 della legge n. 448/1998 (legge finanziaria per il 1999) ha previsto che nel caso di immobili di interesse storico e artistico l’alienazione (o il conferimento a società per azioni incaricate della valorizzazione del patrimonio medesimo) debba avvenire secondo i criteri fissati da un apposito regolamento. Il regolamento in questione è stato successivamente adottato con il D.P.R. n. 283/2000(c.d. “regolamento Melandri”), che ha dettato una organica disciplina della materia, prevedendo, in particolare, un divieto generale di vendita salva, in specifici casi, l’autorizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali. Il regolamento in questione, tuttavia, non ha trovato applicazione concreta, anche in considerazione del fatto che l’adozione di una nuova disciplina sulla cartolarizzazione e la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico (che ha preso le mossa dal D.L. n. 351/2001) ne avrebbe comportato (secondo alcuni) la tacita abrogazione (il DPR n. 283/2000 è stato infine abrogato dal Codice).
[203] L’istituto del ristorno costituisce uno degli strumenti tecnici mediante i quali i soci si avvalgono delle prestazioni attraverso cui si esplica l’attività della società. Esso è rappresentato dalla restituzione ai soci di parte del prezzo di beni o servizi acquistati o dalla maggiore remunerazione del lavoro e in genere dei conferimenti di beni e servizi effettuati, ed è possibile solo se risulta in utile l'attività che la cooperativa svolge con i soci.
[204] La disposizione del citato art. 6, co. 2, si applica alle cooperative che prevedono la facoltà di destinare somme a titolo di ristorno in favore dei soci. Si tratta, in particolare:
- delle somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi (art. 3, co. 2, lett. b), della legge n. 142 del 2001);
- delle somme attribuite dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (art. 12 del D.P.R. n. 601 del 1973).
[205] Le condizioni stabilite dal citato art. 13 del D.P.R. n. 601 del 1973 sono:
- i versamenti e le trattenute devono essere effettuati esclusivamente per il conseguimento dell'oggetto sociale e non devono superare, per ciascun socio, gli importi espressamente indicati;
- gli interessi corrisposti sulle predette somme non devono superare la misura massima degli interessi spettanti ai detentori di buoni postali fruttiferi aumentata di 2,5 punti percentuali.
[206] Per i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente si veda il commento al precedente comma 1.
[207] La possibilità di affrancamento parziale non era prevista dalla citata legge n. 448 del 2001.
[208] Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.
[209] In base alla disciplina previgente l'installazione di apparecchi da intrattenimento e da gioco di abilità richiedeva il rilascio della licenza di Pubblica Sicurezza, da parte del Comune nel cui territorio è ubicato l'esercizio, "previo nulla osta dell'Amministrazione finanziaria" (art. 86, terzo comma, del T.U.L.P.S.), nonché la dichiarazione di inizio attività al competente Ufficio della S.I.A.E (art. 19 del D.P.R. n. 640 del 1972), cui doveva essere allegato l'elenco degli apparecchi installati (D.M. 12 aprile 1990).
[210] La Corte di giustizia delle Comunità europee ha affermato, con giurisprudenza costante, che il diritto alla detrazione previsto dagli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva, costituendo una parte integrante e fondamentale del meccanismo dell'imposta, non può, in linea di principio, essere soggetto a limitazioni.
[211] L’articolo 3, comma 2, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) aveva disposto la totale esclusione dei redditi in argomento dalla base imponibile fiscale, per gli anni 2001 e 2002.
[212] Il comma 8-bis dell’articolo 51 definisce specifiche modalità per la determinazione del reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa qualora, nell’arco di dodici mesi, la permanenza all’estero sia protratta per un periodo superiore a 183 giorni. In tal caso, il reddito imponibile viene determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto interministeriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 317/1987, convertito dalla legge n. 398/1987, che disciplina le modalità di calcolo dei contributi per i regimi assicurativi per i lavoratori italiani operanti all'estero.
[213] Tale deducibilità è subordinata alla condizione che i fondi in esame siano stati istituiti o adeguati ai sensi dell'art. 9 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
[214] Queste stesse norme hanno contemporaneamente disposto la proroga dell’applicazione dell’IVA alle cessioni di prodotti agricoli e ittici con le aliquote proprie dei singoli prodotti.
[215] Le disposizioni che hanno modificato l’art. 45, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997 sono:
-
art. 4, co. 1,
- art. 6, co. 17, della legge n. 488/1999 (finanziaria 2000);
- art. 6, co. 12, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001);
- art. 7, co. 9, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002);
- art. 19, co. 1, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003);
- art. 2, co. 1, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004).
[216] Le precedenti proroghe sono previste dalle seguenti disposizioni normative:
- art. 26, co. 3, della legge n. 590/1965: proroga al 30 giugno 1983;
- art. 25 del D.L. n. 463/1983 (convertito dalla legge n. 638/1983): proroga al 30 giugno 1988;
- art. 1 della legge n. 349/1988: proroga al 31 dicembre 1991;
- art. 70, co. 3, della legge n. 413/1991: proroga al 31 dicembre 1993;
- art. 2, co. 2, del D.L. n. 542/1996, conv., con modif., dalla legge n. 649/1996: proroga al 31 dicembre 1997;
- art. 4, co. 14, della legge n. 449/1997 (collegato 1998): proroga al 31 dicembre 1999;
- art. 10, co. 3, della legge n. 488/1999 (finanziaria 2000): proroga al 31 dicembre 2001;
- art. 52, co. 22, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002): proroga al 31 dicembre 2003.
[217] Il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale (Registro internazionale) è stato istituito dall’articolo 1 del medesimo D.L. n. 457 del 1997. Vi sono iscritte, a seguito di specifica autorizzazione del Ministero dei trasporti e della navigazione (ora delle infrastrutture e dei trasporti), le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. È diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente:
a) le navi che appartengono a soggetti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea;
b) le navi che appartengono a soggetti non comunitari;
c) le navi che appartengono a soggetti non comunitari, in regime di sospensione da un registro straniero non comunitario, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea.
Non possono comunque esservi iscritte le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto.
[218] Al 30 settembre 2001 dall’articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001; al 31 dicembre 2001 dal D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001; al 30 giugno 2002, dal D.L. n. 452/2001, convertito dalla legge n. 16/2002; al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138/2002, convertito dalla legge n. 178/2002, al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289/2002 e al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003.
[219] In particolare, ai sensi del citato comma 1-bis e del successivo comma 1-ter, i soggetti interessati possono usufruire delle richiamate agevolazioni a condizione che:
- tali emulsioni abbiano le caratteristiche tecniche indicate nel decreto del Ministero delle finanze 20 marzo 2000, emanato in attuazione dell’articolo 12, comma 3, della L 488/99, contenente le caratteristiche tecniche delle emulsioni di olio da gas ed olio combustibile denso con acqua destinate alla trazione ed alla combustione;
- il fabbisogno annuo dei soggetti utilizzatori di cui al precedente comma 1-bis ecceda il quantitativo di litri 100.000 per le emulsioni di oli da gas con acqua, e di chilogrammi 100.000 per le emulsioni di olio combustibile denso con acqua.
Quanto alle modalità per l’autoproduzione, nonché all’impiego e al controllo delle emulsioni in oggetto, il successivo comma 1-quater rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che non risulta allo stato emanato.
L’accisa agevolata, introdotta dall’articolo1, comma 1-bis, del D.L. n. 452/2001, convertito dalla legge n. 16/2002 è stata prorogata; al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138/2002, convertito dalla legge n. 178/2002, al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della legge n. 289/2002 e al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003.
[220] Si ricorda che il richiamato articolo 8 della legge n. 448/1998 dispone l’utilizzo di parte dei maggiori proventi che dovrebbero derivare dalla c.d. carbon tax per la concessione di misure compensative degli aumenti delle accise, dirette tra l’altro a consentire, a decorrere dal 1999, una riduzione del costo del gasolio da riscaldamento non inferiore a lire 200 per ogni litro ed una riduzione del costo del GPL da riscaldamento corrispondente al contenuto di energia del gasolio medesimo.
[221] Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).
[222] Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412/1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.
[223] Con la determinazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane del 23 gennaio 2001 sono state approvate le istruzioni per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448/1998, come sostituito dall’articolo 12, comma 4, della legge n. 488/1999. Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 17-bis del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 ha stabilito che la disposizione contenuta nel numero 4) della lettera c) del comma 10 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, "si interpreta nel senso che l'ente locale adotta una nuova delibera di consiglio solo se è mutata la situazione di non metanizzazione della frazione".
[224] Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).
[225] Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412/1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.
[226] Si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412/1993, stabilisce che i comuni aventi porzioni edificate del proprio territorio a quota superiore rispetto alla quota della casa comunale (quota indicata nell'allegato A del medesimo DPR n. 412), qualora detta circostanza, per effetto della rettifica dei gradi-giorno, comporti variazioni della zona climatica, possono, mediante provvedimento del Sindaco, attribuire esclusivamente a dette porzioni del territorio una zona climatica differente da quella indicata in allegato A. Il provvedimento deve essere notificato al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e all'ENEA e diventa operativo qualora entro 90 giorni dalla notifica di cui sopra non pervenga un provvedimento di diniego ovvero un provvedimento interruttivo del decorso del termine da parte del Ministero dell'Industria. Una volta operativo il provvedimento viene reso noto dal Sindaco agli abitanti mediante pubblici avvisi e comunicato per conoscenza alla regione ed alla provincia di appartenenza.
[227] L’agevolazione in argomento era stata da ultimo prorogata al 31 dicembre 2004 dall’articolo 21, comma 6, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), come integrata dall’articolo 2, comma 12, lettera e) della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004).
[228] La versione originaria del sopra citato articolo 5, comma 5, del D.L. n. 268 del 2000 prevedeva l’applicazione dell’accisa nella misura del 5% dell’aliquota del gasolio utilizzato come carburante. La misura dello 0% è stata introdotta dalla legge di conversione n. 354 del 2000.
[229] Si segnala che la Commissione UE, con lettera in data 18 febbraio 2004 (pubblicata sulla GUCE C n. 69 del 19 marzo 2004), ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del Trattato CE nei confronti dell’aiuto di Stato previsto dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268 (Aiuto C 6/04 – ex NN70/01).
[230] Trasporto di merci per conto terzi o per conto proprio, effettuato con un autoveicolo a motore o un autoveicolo con rimorchio, adibito esclusivamente al trasporto di merci su strada, avente un peso a pieno carico massimo ammissibile pari o superiore a 7,5 tonnellate.
[231] Il “biodiesel” è un estere di oli vegetali di colza, girasole, palma etc., ottenuto previo trattamento con metanolo. Tale prodotto viene assimilato al gasolio desolforato, ha minor potere calorifico, e costa all’incirca tre volte di più.
[232] La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. In via sperimentale i Comuni possono attivare il sistema tariffario anche prima del termine di cui al comma 1 dell’art. 49.
[233] Così indicati nell’Errata Corrige all’A.C. 5310.
[234]L’importo fissato dalla Tabella C corrisponde a quello iscritto nel bilancio a legislazione vigente per il 2005. La determinazione di tale importo tiene conto del fatto che la titolarità dei mutui per gli interventi effettuati in attuazione della legge indicata è stato trasferito a seguito della trasformazione in S.p.A. della Cassa depositi e prestiti
[235]Rispetto al BLV 2005 risulta tuttavia un incremento di 4,55 milioni in quanto la dotazione indicata dalla legge finanziaria 2004 per il 2005 era di 41.648.
[236]La riduzione è dovuta al trasporto di 74,3 milioni al cap. 7754 (UPB 6.2.3.1) “Somme da attribuire all’Ente del demanio per l’acquisto di immobili da adibire a sedi delle amministrazioni statali”.
[237]La variazione in aumento è determinato dal trasferimento al Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura delle risorse destinate al trattamento economico del personale, a seguito dell’approvazione dei regolamenti di amministrazione e contabilità e di organizzazione e funzionamento del Consiglio stesso.
[238] I fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione sono stati esposti, per la prima volta, nell’allegato 2 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), con l’indicazione delle singole autorizzazioni legislative (ed i relativi importi) che sono in essi confluite, per ciascun comparto omogeneo di spesa.
[239] Il risparmio pubblico indica il saldo corrispondente alla differenza tra il totale delle entrate iscritte nei primi due titoli (entrate tributarie e entrate extratributarie, che costituiscono il complesso delle entrate correnti) e il totale delle spese correnti.