XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||||
Titolo: | Riforma dell¿istituto della legittima difesa - A.C. 5982 e abb. | ||||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 801 | ||||||
Data: | 25/07/05 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia | ||||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Riforma dell’istituto della legittima difesa A.C. 5982 e abb.
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n. 801
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xiv legislatura 25 luglio 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Giustizia
SIWEB
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File: GI0580.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Il contenuto delle proposte di legge
§ A.S. 2287, (on. Paolo Danieli), Riforma dell'istituto della legittima difesa
Esame in sede referente presso la II Commissione (Giustizia)
§ Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)
- I Commissione (Affari costituzionali)
Relazione della II Commissione (Giustizia)
Seduta del 6 luglio 2005 (pomeridiana)
Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa
Numero del progetto di legge |
AC 5982 |
Titolo |
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio |
Iniziativa |
parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
Si |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
7 luglio 2005 |
§ annuncio |
8 luglio 2005 |
§ assegnazione |
12 luglio 2005 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali) |
Numero del progetto di legge |
AC 4115 |
Titolo |
Modifica dell'articolo 52 del codice penale in materia di legittima difesa |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
26 giugno 2003 |
§ annuncio |
30 Giugno 2003 |
§ assegnazione |
14 luglio 2003 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali) |
Numero del progetto di legge |
AC 4926 |
Titolo |
Modifica dell' articolo 52 del codice penale in materia di legittima difesa |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
22 aprile 2004 |
§ annuncio |
26 aprile 2004 |
§ assegnazione |
10 maggio 2004 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali) |
Numero del progetto di legge |
AC 5417 |
Titolo |
Introduzione dell' articolo 52-bis del codice penale concernente la legittima difesa in ambito domiciliare |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
12 novembre 2004 |
§ annuncio |
15 novembre 2004 |
§ assegnazione |
1° dicembre 2004 |
Commissione competente |
2ª Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1ª Commissione (Affari costituzionali) |
La proposta AC 5982, approvata dalla Assemblea del Senato il 6 luglio scorso, è diretta, mediante l’aggiunta di due commi all’articolo 52 del codice penale, a precisare i limiti della proporzionalità tra difesa ed offesa con riguardo al delitto di violazione di domicilio.
La proposta AC 4115 riscrive l’articolo 52 del codice penale al fine di sopprimerne la parte relativa alla proporzionalità tra difesa e offesa, di prevedere che la legittima difesa ricorra anche quando vi sia la necessità di proteggere la propria o l'altrui proprietà dal rischio di una sua perdita o distruzionee di introdurre una presunzione di legittima difesa per quegli atti diretti a respingere l'ingresso, di notte, mediante effrazione, di sconosciuti in una abitazione privata.
La proposta AC 4926 si differenzia da quella precedente in quanto mantiene il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa. Tuttavia, analogamente a quanto disposto nell’ambito del progetto approvato dal Senato, si prevede una presunzione di proporzionalità che legittima la reazione di chi abbia agito per respingere l'ingresso di sconosciuti che abbiano tentato di introdursi in una abitazione privata, ovvero di chi abbia reagito all'intromissione violenta o clandestina in un pubblico esercizio.
La proposta di legge AC 5417, infine, anziché modificare nel suo complesso la disciplina della legittima difesa, introduce una ulteriore ipotesi di legittima difesa che, come nel testo approvato dal Senato, opererebbe esclusivamente in ambito domiciliare.
Trattandosi di proposte di iniziativa parlamentare sono corredate della sola relazione illustrativa.
Tutte le proposte dispongono modifiche o integrazioni al codice penale: appare, pertanto, necessario l’intervento con legge.
Tutte i progetti riguardano l’istituto della legittima difesa, disciplinato all’articolo 52 del codice penale: in tale materia, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l) (Giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) della Costituzione, lo Stato ha legislazione esclusiva.
L’articolo 52 del codice penale attribuisce alla legittima difesa, così tutelando l’interesse di chi sia stato ingiustamente aggredito, la funzione di scriminante: le scriminanti (o cause di giustificazione) sono particolari situazioni in presenza delle quali un fatto, che altrimenti sarebbe reato, tale non è perché la legge lo impone o lo consente. In via generale può affermarsi che le scriminanti postulano un conflitto di interessi, il cui bilanciamento si risolve con la prevalenza dell’interesse attuabile mediante l’adempimento del dovere o l’esercizio del diritto, di valore superiore, ovvero, come nel caso specifico della legittima difesa, ingiustamente aggredito.
Il fatto scriminato è lecito sotto il profilo penale ed extrapenale (si pensi ad eventuali pretese di risarcimento del danno avanzate in sede civile), cioè per l’intero ordinamento giuridico, stante l’unitarietà dello stesso; perciò non giuridicamente sanzionabile e non impedibile (ad esempio mediante la legittima difesa).
Ad avviso della dottrina prevalente le cause di giustificazione sono da considerarsi elementi oggettivi negativi della fattispecie criminosa, che debbono cioè mancare perché esista il reato: ad esempio l’omicidio consiste non semplicemente nel cagionare la morte di un uomo, ma nel cagionarla in assenza degli estremi della legittima difesa, dello stato di necessità, dell’uso legittimo delle armi, dell’adempimento del dovere. Per tale ragione esse sono soggette, da parte della giurisprudenza, ad una disciplina simmetrica a quella degli elementi positivi del reato (che debbono cioè essere presenti perché sussista il reato): parimenti essenziale è, infatti, la esistenza degli elementi positivi e di quelli negativi, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo: la loro mancanza oggettiva (e quindi, relativamente alle cause di giustificazione, la presenza) esclude la illiceità, la loro mancanza putativa esclude la colpevolezza, cioè il dolo e, se scusabile, anche la colpa; la loro esistenza putativa è irrilevante.
Sotto il profilo sostanziale le scriminanti escludono l’offesa costituendo dei limiti alla tutela del bene giuridico. In presenza di esse manca l’offesa per la ragione, ad avviso della dottrina dominante, che il bene non è più tutelato dalla norma: vi sarà un’offesa materiale ma non un’offesa in senso giuridico perché, appunto, giustificata.
Le scriminanti vanno nettamente distinte tanto dalle cause di esclusione della colpevolezza, quanto dalle cause di esclusione della pena: in relazione a queste ultime in particolare, può affermarsi che mentre le cause di giustificazione ineriscono allo stesso fatto umano qualificandolo come lecito ab origine, le cause di esclusione della pena possono qualificarsi come situazioni esterne al fatto umano che non escludono il reato, ma in presenza delle quali il legislatore penale, ritiene che non si debba applicare, per ragioni di mera opportunità, alcuna sanzione.
Altrettanto netta è la distinzione con le cause di estinzione del reato che sopravvengono quando già la fattispecie delittuosa è perfezionata in tutti i suoi elementi, positivi e negativi.
Comuni sono definite le scriminanti previste dalla parte generale del codice per tutti i reati con esse compatibili, speciali, invece, quelle previste nella parte speciale o in leggi speciali per determinati reati.
Tra le scriminanti comuni particolare rilievo assume la legittima difesa, disciplinata all’articolo 52 del codice. Tale istituto è da sempre riconosciuto in tutti gli ordinamenti, non potendo il diritto ad un tempo tutelare un bene ed imporre al titolare il dovere di accettarne la distruzione: la scriminate si fonda, secondo la tesi dell’autotutela privata, sulla delega di funzioni di polizia da parte dello Stato, impossibilitato ad una difesa pubblica tempestiva e, secondo la tesi della lotta contro l’illecito, sulla non cedibilità del diritto di fronte ai fatti illeciti.
L’istituto in esame si incentra su due poli: l’aggressione ingiusta e la reazione legittima.
Perché vi sia aggressione ingiusta occorrono i seguenti requisiti:
§ soggetto attivo dell’aggressione deve essere l’uomo , dovendo essa provenire dalla condotta umana o da animali o cose appartenenti all’uomo e, perciò, soggetti alla sua vigilanza;
§ tipi di aggressione: - prescindendo il codice dalla “violenza”, richiesta, invece, dal precedente e parlando genericamente di “offesa” – possono essere non solo una azione anche non violenta, ma altresì una omissione, contro la quale è pure ammessa la legittima difesa;
§ oggetto dell’aggressione deve essere un diritto, da intendersi in senso lato, comprensivo oltre che dei veri e propri diritti soggettivi, anche di qualunque situazione giuridica soggettiva attiva come, ad esempio, gli interessi legittimi. Oggetto dell’aggressione possono poi essere tutti i diritti personali e patrimoniali , in quanto la legittima difesa è ammessa non solo a favore dei primi, essendo stato l’ambito di applicazione della scriminante in esame notevolmente ampliato dal codice del ’30;
§ soggetto passivo dell’aggressione può essere, oltre al soggetto che si difende, anche un terzo: accanto alla difesa dei diritti propri è prevista la difesa dei diritti altrui, il c.d. “soccorso difensivo”;
§ l’aggressione al diritto deve concretare un periodo attuale di una offesa, cioè la probabilità presente della lesione o di una maggiore lesione: attuale si considera sia il pericolo incombente, scaturente cioè da una situazione che, se non interrotta, sfocerebbe subito nella lesione del diritto, sia il pericolo perdurante, che si ha quando la lesione è in corso e possono pertanto essere evitati gli ulteriori sviluppi, ovvero quando la lesione non si è ancoraconsolidata, non essendosi completato il passaggio dalla situazione di pericolo a quella di danno;
§ l’offesa minacciata deve essere ingiusta, ovvero ingiustificata e non jure, arrecata, cioè, al di fuori di qualsiasi norma che la imponga o la autorizzi (quindi anche l’offesa ingiustificata proveniente da incapaci di intendere e di volere, quella proveniente da soggetti immuni, quella subita dal provocatore, nella ipotesi in cui la provocazione sia esaurita, etc); superato appare, invece, un orientamento più restrittivo in forza del quale si considerava ingiusta soltanto l’offesa antigiuridica, ovvero quella contra jus.
La reazione si considera legittima quando, oltre a cadere sull’aggressore, presenta i seguenti requisiti:
§ la necessità di difendersi: si ha quando il soggetto è nella alternativa tra reagire o subire, ovvero quando non può sottrarsi al pericolo senza offendere l’aggressore. Va determinata in rapporto alle circostanze concrete di luogo, di persona e attinenti al tipo di aggressione e, a rigore, non sussiste quando il soggetto ha una alternativa, potendo evitare l’offesa attraverso un’altra possibilità materiale, quale, ad esempio, la fuga. Tuttavia la stessa fuga, anche se materialmente possibile, può pregiudicare altri beni del soggetto, (quali la dignità personale o la salute), di terzi, pubblici;
§ la inevitabilità altrimenti del pericolo, ovvero la impossibilità del soggetto di difendersi con una offesa meno grave di quella arrecata: non basta che il soggetto si trovi nella necessità di difendersi, ma occorre che egli non possa evitare il pericolo se non attraverso quel fatto offensivo;
§ la proporzione tra difesa e offesa: si ha quando il male inflitto all’aggressore è inferiore, eguale o tollerabilmente superiore al male da questi minacciato: non basta che il soggetto si trovi nella necessità di difendersi e nella impossibilità di farlo se non con l’offesa arrecata, ma occorre che questa non sia sproporzionata al male che si vuole evitare.
La necessità, l’inevitabilità e la proporzione vanno valutate nella reale situazione concreta, attraverso un giudizio ex ante che deve avere, secondo la giurisprudenza, natura non meccanica-quantitativa, ma relativistica e qualitativa, sia perché un “di più” di reazione può rassicurare sulla efficacia della difesa, sia perché chi si difende non sempre è in grado di valutare il reale pericolo e gli effetti della propria reazione.
Tra le più rilevanti pronunce della Corte di cassazione in materia si segnalano:
§ la sentenza delle Sezioni Unite n. 1 del 1953 in cui si afferma che, nel caso in cui il pericolo sia già in corso di attuazione ma non esaurito, è configurabile la legittimità della difesa, diretta ad evitare che il pericolo stesso si concreti in una offesa maggiore;
§ la sentenza delle Sezioni Unite n.7154 del 1972 in cui si chiarisce che la legittima difesa putativa è configurabile solo quando l’opinione soggettiva circa la sussistenza del pericolo, pur essendo erronea, sia tale da giustificare e spiegare l’errore dell’agente;
§ la sentenza della I sezione n. 9695 del 1999 in cui si afferma che non è giustificabile una reazione quando l’azione lesiva sia ormai esaurita e che non può ritenersi legittimo l’uso di mezzi che non siano gli unici nella circostanza disponibili, perché non sostituibili con altri ugualmente idonei ad assicurare la tutela del diritto aggredito e meno lesivi per l’aggressore. Nella medesima sentenza n.9695 si sostiene, poi, che il necessario requisito della proporzione fra offesa e difesa verrebbe meno, nel conflitto tra beni eterogenei, quando la consistenza dell’interesse leso (la vita o l’incolumità della persona) sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionalmente e penalmente protetti, di quella dell’interesse difeso (il patrimonio) ed il male inflitto all’aggredito (morte o lesione personale) abbia una intensità di gran lunga superiore a quella del male minacciato (sottrazione della cosa);
§ la sentenza della I sezione n. 45407 del 2004 che, nel ribadirequanto affermato nella sentenza n. 9695 circa la proporzione fra offesa e difesa, stabilisce che ricorre l’ipotesi di eccesso colposo nella legittima difesa quando la giusta proporzione tra offesa e difesa venga meno per colpa, intesa come errore inescusabile, per precipitazione, imprudenza o imperizia nel calcolare il pericolo e i mezzi di salvezza. Si fuoriesce, sempre secondo la Corte, dall’eccesso colposo tutte le volte in cui i limiti imposti dalla necessità di difesa vengano superati in conseguenza della scelta deliberata di una condotta reattiva, la quale comporta il superamento, cosciente e volontario, dei suddetti limiti, trasfigurandosi in uno strumento di aggressione (nella fattispecie la Corte ha ritenuto che l’impiego di un fucile puntato in direzione del capo della vittima eccedesse i limiti della necessità di difendere il proprio bestiame da un tentativo di furto, e non potesse quindi attribuirsi ad un errore scusabile, bensì ad una condotta difensiva sproporzionata).
Si ricorda, infine, che il progetto di riforma del codice penale elaborato dalla Commissione Nordio, quanto alla scriminante della difesa legittima, disciplinata all’articolo 30, dispone:
“1) E ’scriminato il fatto commesso da chi è stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa, tenuto conto di beni in conflitto, dei mezzi a disposizione della vittima e delle modalità concrete dell’aggressione.
2) Non è scriminato il fatto di chi ha preordinato a scopo offensivo la situazione da cui deriva la necessità di difesa.”[1]
I progetti di legge in esame sono diretti ad estendere la portata applicativa dell’istituto della legittima difesa, al fine di garantire una tutela giuridica piena a coloro che si trovino in una situazione di pericolo imminente e nell'impossibilità di scongiurarlo attraverso il tempestivo intervento delle Forze dell'ordine.
L’esigenza di modificare l’articolo 52 del codice penale che disciplina la legittima difesa nasce dalla constatazione, effettuata dai proponenti, che ad una serie di fatti di cronaca relativi a violente aggressioni in abitazioni private e in pubblici esercizi a scopo di furto è corrisposta una applicazione insoddisfacente della suddetta scriminante: le proposte di legge in esame, attraverso la modifica dell’articolo 52 del codice penale, sono dirette, pertanto, a rimediare a quella che è ritenuta una irrazionale e incerta applicazione giurisprudenziale della norma[2] e, quindi, a risolvere quella che può essere considerata la questione principale che pone l’istituto della legittime difesa: le modalità con cui si possono difendere alcuni beni e i limiti entro i quali tali beni possono essere tutelati.
La proposta AC 5982, approvata dalla Assemblea del Senato il 6 luglio scorso, è diretta, mediante l’aggiunta di due nuovi commi all’articolo 52 del codice penale, a precisare i limiti della proporzionalità tra difesa ed offesa[3], sia pure soltanto con riguardo al delitto di violazione di domicilio. Come precedentemente illustrato, infatti, la legittima difesa è consentita soltanto entro i limiti della proporzione rispetto alla offesa: ciò significa che la neutralizzazione dell’offesa è consentita solamente quando essa non comporta un sacrificio di un bene più rilevante (o di gran lunga più rilevante) di quello in pericolo.
Secondo il testo approvato dall’Aula del Senato, nei casi di violazione di domicilio il rapporto di proporzione si presume[4] se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità, b) i beni propri o altrui[5], quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione[6].
Considerato che le stesse esigenze che hanno portato ad ampliare i casi di legittima difesa nell’ipotesi di violazione di domicilio ricorrono anche quando l’aggressione avviene all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale, il Senato, nel corso dell’esame in Assemblea, ha approvato un emendamento volto a prevedere espressamente l’applicazione della nuova disciplina anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto in tali luoghi.
Si osserva come, in realtà, si tratti di una precisazione che ribadisce una giurisprudenza costante relativa alla nozione di privata dimora. In effetti, il presentatore dell’emendamento lo ha giustificato al fine di evitare qualsiasi dubbio interpretativo. Nel caso in esame, tale dubbio si sarebbe tradotto in una grave lacuna della nuova disposizione che si intende introdurre nella disciplina della legittima difesa. Può essere comunque opportuno ricordare che, in base alla interpretazione che la giurisprudenza ha sinora dato alla nozione di domicilio di cui all’articolo 614 del codice penale, la norma introdotta dal Senato dovrebbe trovare applicazione in caso di illecita introduzione o intrattenimento in qualsiasi luogo destinato permanentemente o transitoriamente alla esplicazione della vita privata o dell’attività lavorativa. La Cassazione, infatti, ha sostenuto che nel concetto di domicilio non rientri soltanto l’abitazione, ma tutti quei luoghi che assolvano alla funzione di proteggere la vita privata e che siano perciò destinati al riposo, all’alimentazione, alle occupazioni professionali e all’attività di svago.
Le altre proposte di legge abbinate condividono la medesima ratio di quella approvata dal Senato. Comune ad esse è, infatti, l’ esigenza di superare le asserite ambiguità dell’attuale formulazione dell’articolo 52 del codice penale da cui originerebbe una applicazione della disposizione in danno della vittima aggredita.
La proposta AC 4115 riscrive l’articolo 52 del codice penale.
In particolare, essa si basa sulla considerazione che la norma dell'articolo 52 del codice penale appare insufficiente a garantire una possibilità di difesa da aggressioni violente, soprattutto nella parte in cui richiede, affinché ricorra la legittima difesa, la proporzionalità tra difesa e offesa. Come si legge nella relazione illustrativa di cui il progetto è corredato: “si propone, innanzitutto, la soppressione di questa parte dell'articolo 52, non perché non si condivida la necessità di evitare reazioni spropositate per attacchi privi di una reale offensività, quanto piuttosto per la constatazione che tale norma si è nei fatti tradotta, anche attraverso la sua interpretazione giurisprudenziale, in una sostanziale inapplicabilità della esimente in esame”.
Una seconda modifica concerne la previsione che la legittima difesa ricorra anche quando vi sia la necessità di proteggere la propria o l'altrui proprietà dal rischio di perdita o distruzione. In tal modo l'oggetto della protezione apprestata dall'articolo 52 del codice penale viene ampliata, con particolare riferimento a quegli atti che, concretizzando una violazione della proprietà, siano suscettibili, per la violenza con cui vengono posti in essere, di mettere a rischio anche altri valori quali la vita stessa o l'integrità fisica del soggetto leso.
Infine, sulla base del modello francese, si prevede una presunzione di legittima difesa in relazione agli atti diretti a respingere l'ingresso notturno, mediante effrazione, di sconosciuti in una abitazione privata.
La proposta AC 4926 si differenzia da quella appena esaminata in quanto mantiene il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa.
Tuttavia, analogamente a quanto disposto nell’ambito del progetto approvato dal Senato, si prevede una presunzione di proporzionalità che legittima il comportamento di chi abbia agito per respingere l'ingresso di sconosciuti che abbiano tentato di introdursi in una abitazione privata, ovvero di chi abbia reagito all'intromissione violenta o clandestina in un pubblico esercizio.
Altra novità è quella relativa all’introduzione di una causa di non punibilità che dovrebbe operare nel caso di eccesso nei limiti della legittima difesa a causa di turbamento, paura o panico.
La proposta AC 5417, anziché modificare nel suo complesso la disciplina dell’istituto di cui si tratta, introduce una ulteriore ipotesi di legittima difesa che, come nel testo approvato dal Senato, opererebbe esclusivamente in ambito domiciliare. Con il progetto AC 5982 la proposta in commento condivide il riferimento all’uso delle armi a difesa di beni sia personali che patrimoniali: in particolare viene configurata come difesa legittima la condotta di colui che usi un'arma legalmente posseduta o qualsiasi altro mezzo per rendere inoffensivo un soggetto introdottosi nel proprio domicilio e che minacci la sua persona, i familiari o i beni. Inoltre si specifica che, al fine dell'applicazione della scriminante, le modalità di dissuasione devono comunque essere proporzionate alla minaccia.
N. 5982
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA il 6 luglio 2005 (v. stampato Senato n. 1899) d'iniziativa dei senatori GUBETTI, CIRAMI, CENTARO, CALDEROLI, BUCCIERO, SALZANO, SAMBIN, MALAN, EUFEMI, PERUZZOTTI, PALOMBO, CANTONI, PESSINA, CALLEGARO, BRIGNONE, VALDITARA, MANFREDI, ZORZOLI, COMPAGNA, TIRELLI, SALERNO, CARRARA, MAFFIOLI, MINARDO, NESSA, MUGNAI, D'AMBROSIO, MELELEO, CONSOLO, D'IPPOLITO, FIRRARELLO, IERVOLINO, ULIVI, CRINÒ, BASILE, RIZZI, DE CORATO, TREMATERRA, BOSCETTO, ARCHIUTTI, TATÒ, TUNIS, MARANO, TREDESE, MASSUCCO, GUBERT, PASINATO, MAINARDI, MEDURI, CICCANTI, GIRFATTI, SCARABOSIO, KAPPLER, PICCIONI, FASOLINO, SEMERARO, SALINI, DE RIGO, MAGNALBÒ, ASCIUTTI, GUASTI, CASTAGNETTI, BETTAMIO, COSTA, FAVARO, BIANCONI, CHIRILLI, SCOTTI, COMINCIOLI, MANUNZA, FEDERICI, CORRADO, GUZZANTI, ZICCONE, PASTORE, CONTESTABILE, NOCCO, GENTILE, IZZO, MORRA, BOREA |
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Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio |
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Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica il 7 luglio 2005
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proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Diritto all'autotutela in un privato domicilio). 1. All'articolo 52 del codice penale sono aggiunti i seguenti commi: «Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale».
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N. 4115
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d'iniziativa dei deputati LUCIANO DUSSIN, CE', LUSSANA, GUIDO ROSSI, BALLAMAN, BRICOLO, CAPARINI, DIDONE', GUIDO DUSSIN, ERCOLE, FONTANINI, DARIO GALLI, GIBELLI, MARTINELLI, PAGLIARINI, RIZZI, VASCON ¾ |
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Modifica dell'articolo 52 del codice penale in materia di legittima difesa
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Presentata il 26 giugno 2003
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Onorevoli Colleghi! - I recenti fatti di cronaca relativi a violente aggressioni in abitazioni private a scopo di furto, che vengono sempre più di frequente perpetrate ai danni di nostri concittadini, ci impongono, nella nostra responsabilità di legislatori, di verificare che il nostro ordinamento sia adeguatamente attrezzato a contrastare e a prevenire tali fenomeni.
Non c'è dubbio che il nostro sistema di diritto penale preveda già adeguate norme incriminatrici del furto e degli altri delitti contro il patrimonio, tuttavia occorre considerare che proprio i fatti a cui ci si è riferito ci mettono dinanzi ad una realtà di una violenza sconosciuta: incursioni notturne in abitazioni realizzate con una violenza che non risparmia neppure anziani o bambini e che spesso sfociano in esiti mortali per gli aggrediti.
La repressione e la prevenzione dei reati spettano innanzitutto allo Stato, ma è necessario predisporre strumenti adeguati di tutela, in quei casi in cui ci sia un pericolo imminente e l'impossibilità di scongiurarlo attraverso il tempestivo intervento delle Forze dell'ordine.
A tale scopo il nostro codice penale prevede l'istituto della legittima difesa, sul quale si intende intervenire con il presente progetto di legge.
La norma dell'articolo 52 del codice penale appare infatti insufficiente a garantire una possibilità di difesa da aggressioni violente, soprattutto nella parte in cui richiede, affinché ricorra la legittima difesa, la proporzionalità tra difesa e offesa.
Nella presente iniziativa legislativa si propone, innanzitutto, la soppressione di questa parte dell'articolo 52, non perché non si condivida la necessità di evitare reazioni spropositate per attacchi privi di una reale offensività, quanto piuttosto per la constatazione che tale norma si è nei fatti tradotta, anche attraverso la sua interpretazione giurisprudenziale, in una sostanziale inapplicabilità della esimente in esame. Siamo cioè di fronte ad un caso in cui una garanzia, astrattamente condivisibile, finisce con il giovare innanzitutto agli aggressori, imponendo all'aggredito valutazioni che non sempre possono essere compiute per capire l'entità del pericolo che si sta prospettando. Si pensi ad una aggressione notturna in una abitazione al buio: come riuscirebbe l'aggredito a reagire proporzionalmente se non vede con che arma l'aggressore lo minaccia, che potrebbe essere una pistola o un coltello, e quindi si arriverebbe al paradosso che in quelle circostanze un cittadino dovrebbe prima subire l'aggressione per poi scegliere uno strumento difensivo alla pari di quello usato dall'aggressore. Si è perciò fatta avanti nell'opinione pubblica la convinzione che difendersi possa paradossalmente far passare l'aggredito dalla parte del torto.
Una seconda modifica che si propone è quella consistente nella previsione che la legittima difesa ricorra anche quando vi sia la necessità di proteggere la propria o l'altrui proprietà dal rischio di una sua perdita o distruzione. In tal modo l'oggetto della protezione apprestata dall'articolo 52 del codice penale viene ampliata, con particolare riferimento a quegli atti che, concretizzando una violazione della proprietà, sono suscettibili, per la violenza con cui vengono posti in essere, di mettere a rischio anche altri valori quali la vita stessa o l'integrità fisica del soggetto leso. Con le norme introdotte anche il nostro codice penale si allinea con quanto previsto in altri sistemi penali come quello degli Stati Uniti.
Sulla base delle considerazioni svolte si ritiene opportuna l'introduzione di un'ultima norma che prevede, sul modello di una analoga previsione del codice penale francese, una presunzione di legittima difesa per quegli atti diretti a respingere l'ingresso, di notte, mediante effrazione, di sconosciuti in una abitazione privata.
Attraverso questa integrazione si intende corrispondere alle necessità evidenziate dai più recenti fatti di cronaca che hanno creato un particolare allarme sociale, al quale il Parlamento non può restare insensibile.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1.
1. L'articolo 52 del codice penale è sostituito dal seguente:
"Art. 52. (Difesa legittima). - Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere se stesso o altri da danni fisici o per proteggere la propria o l'altrui proprietà dalla distruzione o dalla perdita. Si presume abbia agito per legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'ingresso di sconosciuti che si sono introdotti in una abitazione privata, di notte, mediante effrazione ovvero contro la volontà del proprietario". |
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato CÈ, LUCIANO DUSSIN, LUSSANA, GUIDO ROSSI, BRICOLO, FRANCESCA MARTINI, BALLAMAN, DIDONÈ, ERCOLE, DARIO GALLI, GIBELLI, PAGLIARINI, SERGIO ROSSI, STEFANI, VASCON ¾ |
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Modifica dell'articolo 52 del codice penale in materia di legittima difesa |
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Presentata il 22 aprile 2004
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Onorevoli Colleghi! - I recenti fatti di cronaca relativi a violente aggressioni in abitazioni private e in pubblici esercizi a scopo di furto, che vengono sempre più di frequente perpetrate ai danni di nostri concittadini, ci impongono, nella nostra responsabilità di legislatori, di verificare che il nostro ordinamento sia adeguatamente attrezzato a contrastare e a prevenire tali fenomeni.
Non c'è dubbio che il nostro sistema di diritto penale preveda già adeguate norme incriminatrici del furto e degli altri delitti contro il patrimonio, tuttavia occorre considerare che proprio i fatti a cui ci si è riferiti ci mettono dinanzi ad una realtà di una violenza sconosciuta: incursioni notturne in abitazioni realizzate con una violenza che non risparmia neppure anziani o bambini e che spesso sfociano in esiti mortali per gli aggrediti.
Sempre più spesso le cronache ci riferiscono di violente aggressioni a commercianti che si trovano costretti, anche a causa dell'esasperazione dovuta alla costante insicurezza in cui lavorano, a ricorrere alla legittima difesa.
La repressione e la prevenzione dei reati spettano innanzitutto allo Stato, ma è necessario predisporre strumenti adeguati di tutela, in quei casi in cui ci sia un pericolo imminente e l'impossibilità di scongiurarlo attraverso il tempestivo intervento delle Forze dell'ordine.
A tale scopo il nostro codice penale prevede l'istituto della legittima difesa, sul quale si intende intervenire con la presente proposta di legge.
La norma dell'articolo 52 del codice penale appare infatti insufficiente a garantire una possibilità di difesa da aggressioni violente, soprattutto nella parte in cui richiede, affinché ricorra la legittima difesa, la proporzionalità tra difesa e offesa.
Nella presente iniziativa legislativa si propone perciò, pur nel mantenimento del requisito della proporzionalità, di introdurre una presunzione di ricorrenza di questa e delle altre condizioni che legittimano la difesa nel caso di chi abbia agito per respingere l'ingresso di sconosciuti che tentino di introdursi in una abitazione privata oppure nel caso di chi reagisca all'intromissione violenta o clandestina in un pubblico esercizio.
La modifica proposta nasce dalla constatazione che la norma vigente, a causa della sua interpretazione giurisprudenziale, si è spesso tradotta in una sostanziale inapplicabilità della esimente in esame. Siamo cioè di fronte ad un caso in cui una garanzia, astrattamente condivisibile, finisce con il giovare innanzitutto agli aggressori, imponendo all'aggredito valutazioni che non sempre possono essere compiute per capire l'entità del pericolo che si sta prospettando. Si pensi a quelle aggressioni violente o clandestine che determinano uno stato di concitazione e di panico nell'aggredito: come riuscirebbe l'aggredito in tale stato di turbamento a reagire proporzionalmente all'aggressione? Si arriverebbe quindi al paradosso che in quelle circostanze un cittadino dovrebbe prima subire l'aggressione per poi scegliere uno strumento difensivo alla pari di quello usato dall'aggressore. Si è perciò fatta avanti nell'opinione pubblica la convinzione che difendersi possa paradossalmente far passare l'aggredito dalla parte del torto.
Per questo motivo si è ritenuto opportuno introdurre una specifica scriminante per il caso di chi ecceda i limiti della legittima difesa a causa di turbamento, paura o panico.
Un'altra modifica che si propone è quella consistente nella previsione che la legittima difesa ricorra anche quando vi sia la necessità di proteggere la propria o l'altrui proprietà dal rischio di una sua perdita o distruzione. In tale modo l'oggetto della protezione apprestata dall'articolo 52 del codice penale viene ampliata, con particolare riferimento a quegli atti che, concretizzando una violazione della proprietà, sono suscettibili, per la violenza con cui vengono posti in essere, di mettere a rischio anche altri valori quali la vita stessa o l'integrità fisica del soggetto leso. Con le norme introdotte anche il nostro codice penale si allinea con quanto previsto in altri sistemi penali come quello degli Stati Uniti.
Sulla base delle considerazioni svolte si è ritenuta opportuna l'introduzione dell'inversione dell'onere della prova circa la ricorrenza delle condizioni che giustificano la legittima difesa nel caso in cui l'aggredito debba reagire all'ingresso di sconosciuti in un'abitazione privata, ovvero all'intromissione violenta o clandestina in un pubblico esercizio.
Attraverso queste integrazioni si intende corrispondere alle necessità evidenziate dai più recenti fatti di cronaca che hanno creato un particolare allarme sociale, al quale il Parlamento non può restare insensibile.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1.
1. L'articolo 52 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 52. (Difesa legittima). - Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere se stesso o altri da danni fisici o per proteggere la propria o l'altrui proprietà dalla distruzione o dalla perdita, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa. Non è punibile chi eccede i limiti della legittima difesa a causa di turbamento, paura o panico. Si presume abbia agito per legittima difesa e nel rispetto del principio di proporzionalità colui che compie un atto per respingere l'ingresso di sconosciuti che si sono introdotti o tentano di introdursi in una abitazione privata, mediante effrazione ovvero contro la volontà del proprietario, ovvero colui che reagisce all'intromissione violenta o clandestina in un pubblico esercizio».
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N. 5417
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato PERROTTA ¾ |
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Introduzione dell'articolo 52-bis del codice penale concernente la legittima difesa in ambito domiciliare |
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Presentata il 12 novembre 2004
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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dall'urgenza di rivisitare i limiti dell'istituto della «legittima difesa», e in particolare l'articolo 52 del codice penale che, per l'appunto, lo disciplina; infatti l'articolo in esame recita quanto segue: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta (...)».
Tuttavia lo stesso articolo stabilisce che deve esservi proporzionalità tra la difesa e l'offesa. Ne deriva che la reazione è giustificata solo ove sussistano i requisiti della «necessità» e della «proporzionalità» tra offesa e difesa.
La sua formulazione lo sottopone a varie interpretazioni che creano «ambiguità», poiché la normativa in vigore, pur consentendo a chi si trova davanti un aggressore di reagire, anche con le armi, di fatto lo espone a un processo. In taluni casi la magistratura finisce con il privilegiare l'autore del crimine, se a sua volta offeso, piuttosto che la vittima dell'atto ingiusto.
Sempre più frequenti sono i casi di aggressioni, rapine e furti commessi dai criminali all'interno di abitazioni, negozi, esercizi pubblici e commerciali o comunque luoghi privati. Spesse volte le vittime non reagiscono per paura di incorrere in un processo, e questo atteggiamento crea negli aggressori un senso di audace sicurezza, altre volte, invece, accade l'esatto contrario: l'«aggredito» reagisce. Gli ultimi tragici episodi di cronaca, che hanno emotivamente coinvolto l'opinione pubblica e hanno provocato clamori, talvolta suscitati dalle gravi reazioni di alcuni commercianti, vittime di furti e rapine, hanno posto l'attenzione sulla riformulazione dell'articolo in questione.
Occorre intervenire per evitare di continuare a trovarci di fronte ad aggressioni impunite e a reazioni punite. Sono, ormai, numerosi i casi di cittadini onesti che per avere difeso se stessi, la propria incolumità personale e quella dei propri cari, ma anche la propria casa, la propria attività e i propri beni, ugualmente frutto dei propri sacrifici, sono incorsi in tormentose vicende giudiziarie perché accusati di eccesso colposo di legittima difesa o addirittura di omicidio volontario.
Una delicata tematica che, da diverso tempo, è al centro del dibattito giuridico e legislativo e che attende una soluzione.
I legislatori, dai tempi che furono, hanno contemplato la legittima difesa dell'individuo, non essendo possibile la presenza delle forze dell'ordine sul posto prima del verificarsi dell'evento delittuoso. Essa è una facoltà, un diritto che qualunque essere umano (in qualsiasi parte del mondo) può esercitare, se ritiene che la sua incolumità sia in pericolo.
La presente proposta di legge vuole concedere sempre il diritto alla «legittima difesa» al cittadino la cui incolumità sia in pericolo. L'individuo deve essere libero di espletare il suo diritto alla difesa.
Pertanto si propone che all'articolo 52 del codice penale se ne aggiunga un altro, il 52-bis, in cui si delinea la condotta di colui che in caso di pericolo ricorre all'istituto della legittima difesa.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Dopo l'articolo 52 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 52-bis. - (Difesa legittima in ambito domiciliare). - Si configura come difesa legittima la condotta di colui che usa un'arma legalmente posseduta o qualsiasi altro mezzo per rendere inoffensivo un intruso nel proprio domicilio che minaccia la sua persona o i propri familiari o i propri beni. Al fine dell'applicazione delle disposizioni del primo comma, la modalità di dissuasione deve comunque essere proporzionata alla minaccia».
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Progetti di legge
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
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N. 1899
DISEGNO DI LEGGE |
d’iniziativa del senatore Furio Gubetti
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COMUNICATO ALLA PRESIDENZA 20 dicembre 2002 |
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Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio
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Onorevoli Senatori. – Con tragica monotonia si ripetono le rapine nelle case e nelle ville. Branchi di uomini feroci – italiani o stranieri che siano – non esitano a versare sangue innocente ed inerme, ad uccidere e torturare.
In Italia abbiamo, in confronto al resto d’Europa, il più basso numero di detenuti rispetto agli abitanti – questo dovrebbe farci riflettere su un possibile legame con la frequenza delle rapine – ma in compenso abbiamo il più alto numero, in proporzione, di agenti dell’ordine, oltre 300.000 sommando tutti i vari tipi di polizia. Numero enorme, che però non appare in grado di arginare questi odiosi crimini. Si pensa perciò di applicare il principio federalista di sussidiarietà, devolvendo nuovi compiti alla polizia locale. Ma perchè non applicare fino in fondo tale principio, riconoscendo ad ogni cittadino il diritto naturale all’autodifesa, restituendogli la sovranità almeno nel proprio domicilio? Qualcuno obietterà che questo diritto esiste già, previsto dall’articolo 52 del codice penale sulla legittima difesa. Purtroppo l’eccessivo grado di discrezionalità che è stato lasciato al potere di interpretazione dei magistrati ha vanificato la certezza del diritto. Fatti del tutto simili vengono giudicati in modo completamente difforme da un tribunale all’altro, da un grado di giudizio all’altro. Al povero imputato, colpevole di aver difeso la propria vita, la propria famiglia, i propri beni, la scritta nei tribunali «la legge è uguale per tutti» appare spesso come una beffa, il ghigno irridente di una giustizia cieca, imprevedibile e crudele.
La necessità di una legge meno equivocabile nelle sue possibili interpretazioni è avvertita non soltanto dai semplici cittadini, ma anche da molti magistrati, come il procuratore Carlo Nordio, Presidente della Commissione incaricata di riformare il codice penale, che in una sua intervista del 20 novembre 2002 al «Corriere della Sera» testualmente afferma:
«Oggi le norme in vigore pur consentendo teoricamente a chi si trova di fronte un rapinatore di reagire con le armi, di fatto lo espone a un processo... Spesso si ritiene che la reazione a mano armata, anche in casa propria, ecceda il pericolo cui si è esposti. Di conseguenza viene punita..... La norma (è) molto generica e lascia spazio ad interpretazioni opposte: lecito, illecito. Assoluzione, punizione.... Un Codice di impronta liberale (dovrebbe) garantire la libertà all’individuo di difendersi anche quando non è presente la forza pubblica, avvalendosi di un suo diritto naturale».
Nordio conclude annunciando che una nuova norma in tal senso farà parte della proposta di riforma del codice penale che la Commissione da lui presieduta intende presentare nel 2003. Data la vastità e la complessità dell’impresa, la maggior parte degli osservatori sono meno ottimisti e ritengono che i lavori della Commissione richiederanno tempi molto più lunghi. È perciò corretto chiedersi: è giusto che una situazione così tragica e purtroppo anche così frequente non trovi la sua soluzione in tempi più rapidi? L’anticipazione di questo punto del futuro codice penale sarebbe anche un importante segnale all’opinione pubblica che esiste, nella maggioranza del Parlamento, una reale volontà di invertire la rotta, tutelando finalmente un po’ di più i cittadini onesti e un po’ meno i criminali.
L’unica alternativa, ma è chiaramente un paradosso, sarebbe mettere un poliziotto a difesa di ciascuna famiglia.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1. (Diritto all’autotutela in un privato domicilio) 1. Dopo l’articolo 52 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 52-bis. (Diritto all’autotutela in un privato domicilio) – Nel contrastare una violazione di domicilio finalizzata allo scopo di commettere altri reati, si configura in ogni caso come legittima difesa la condotta di chi: a) vedendo minacciata la propria o altrui incolumità, usa un’arma legalmente detenuta o qualsiasi altro mezzo idoneo per dissuadere o rendere sicuramente inoffensivo l’aggressore; b) vedendo minacciati i propri o altrui beni e constatata l’inefficacia di ogni invito a desistere dalla azione criminosa, per bloccarla usa qualsiasi mezzo idoneo o un’arma legittimamente detenuta, mirando alle parti non vitali di chi persiste nella minaccia».
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SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
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N. 2287
DISEGNO DI LEGGE |
d’iniziativa del senatore Paolo Danieli
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COMUNICATO ALLA PRESIDENZA 28 maggio 2003 |
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Riforma dell’istituto della legittima difesa
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Onorevoli Senatori. – L’aumento della criminalità diffusa avvenuto nell’ultimo decennio in concomitanza con l’esplosione del fenomeno immigratorio ha fatto registrare un numero sempre maggiore di violenze, di furti e di altri reati ai danni dei cittadini italiani.
Furti e rapine nelle case e in vari esercizi commerciali, violenze sessuali ed omicidi generano uno stato di generale insicurezza che diventa insopportabile quando ci si sente minacciati all’interno della propria casa, che per tutti è il luogo più intimo, dove è collocata la sede degli affetti e della famiglia.
Chiunque abbia avuto un furto nel proprio domicilio sa di aver provato, al di là della rabbia per il danno e la prevaricazione subìti, un senso di indignazione e di ribellione per la profanazione di qualcosa di sacro, qual è appunto percepita la casa.
L’insicurezza ed il disagio sono ulteriormente accresciuti dalla consapevolezza che ben poco possono fare le forze dell’ordine, a fronte della mole esagerata di questa tipologia di reati.
Tale consapevolezza, particolarmente evidente nel contesto storico che stiamo vivendo, è comunque patrimonio comune del diritto di diverse culture, tanto che i legislatori fin dai tempi più antichi hanno contemplato la difesa legittima del cittadino, non essendo ipotizzabile la presenza ovunque delle forze dell’ordine.
Anche il codice penale italiano prevede la difesa legittima e all’articolo 52 recita:
«Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa».
In base al cosiddetto criterio di proporzionalità il soggetto che si difende da un’aggressione viene sottoposto a procedimento penale, per accertare se vi sia stata o meno «giusta proporzione» nell’azione di difesa.
La giurisprudenza, guidata quasi sempre da una mentalità favorevole al povero assalitore, contempla nella fattispecie una miriade di casi nei quali, per valutare la giusta proporzionalità, vengono presi in considerazione ad esempio la reiterazione di colpi, la parte del corpo cui è stato diretto il colpo, l’uso dell’arma da fuoco nei confronti di un assalitore armato di un’arma impropria, e via dicendo.
Ma non sempre si tiene nel giusto conto il particolare stato d’animo in cui viene a trovarsi il soggetto aggredito, dal quale certamente non si può pretendere un sangue freddo così eccezionale da rappresentarsi, nella terrificante situazione psicologica in cui si ritrova di fronte ad un’aggressione che pone in pericolo la sua vita ed i suoi beni, gli effettivi limiti della proporzionalità o il punto ideale in cui dovrebbe essere colpito il soggetto assalitore.
Questo vale in maniera particolare quando l’aggressione avviene nel domicilio dell’aggredito, il quale viene a trovarsi in una situazione emotiva tale da non consentirgli una valutazione razionale di ciò che sta accadendo e delle contromisure da adottare e nella stragrande maggioranza dei casi ha una reazione istintiva, dettata dalla paura, dal sacrosanto istinto di difendere se stesso, la sua famiglia, il suo territorio.
È ridicolo pensare che un cittadino, aggredito nella privacy della sua casa da uno sconosciuto che vi si è introdotto con violenza, possa misurare la reazione di difesa non tanto della sua proprietà, ma della sicurezza e dell’incolumità sua e degli appartenenti alla sua famiglia.
E non ci si venga a dire che con tali ragionamenti si antepone, in un’ipotetica scala di valori, quello della «roba» a quello della vita umana.
Non si tratta di questo, perché altrimenti ciò dovrebbe valere anche per le forze di polizia.
Il cittadino che si difende legittimamente, al pari dell’agente dell’ordine, agisce in primis per la difesa di un diritto, del diritto proprio od altrui di essere libero e sicuro all’interno delle mura domestiche o del luogo di lavoro e difende in quel momento tutta la comunità civile.
Insomma l’aggredito che esercita il diritto alla difesa legittima nel proprio domicilio o di fronte ad un’aggressione armata subisce una minaccia talmente profonda che non è possibile ipotizzare un eccesso nell’esercizio del diritto medesimo.
Si propone pertanto che all’articolo 52 del codice penale si aggiunga un altro articolo (52-bis) che recita testualmente:
«Non si dà luogo al criterio di proporzionalità, di cui all’articolo 52, qualora il pericolo attuale di un’offesa ingiusta sia rappresentato dal porto di un’arma o in caso di violazione del domicilio dell’aggredito».
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1. 1. Dopo l’articolo 52 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 52-bis. - (Esclusione del criterio di proporzionalità). – Non si dà luogo al criterio di proporzionalità, di cui all’articolo 52, qualora il pericolo attuale di un’offesa ingiusta sia rappresentato dal porto di un’arma o in caso di violazione del domicilio dell’aggredito».
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GIUSTIZIA (2a)
MARTEDI' 10 FEBBRAIO 2004
313a Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
La seduta inizia alle ore 15,15.
Interviene il sottosegretario per la giustizia Iole Santelli.
IN SEDE REFERENTE
(1899) Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Riforma dell'istituto della legittima difesa
(Esame congiunto e rinvio)
Riferisce il relatore ZICCONE (FI) osservando come entrambi i disegni di legge in titolo affrontano un problema che è di particolare attualità e sul quale vi è ormai da tempo una grande attenzione: quello della ridefinizione dei limiti entro i quali si può ritenere legittima la reazione offensiva in difesa di propri diritti, in risposta ad aggressioni perpetrate variamente da una criminalità a torto definita minore, stante le conseguenze rilevanti, anche di tipo psicologico, che molto spesso si determinano per le vittime. Si tratta in altri termini di interventi diretti a meglio precisare quel giudizio, in ordine alla proporzionalità tra difesa ed offesa, che l'articolo 52 del codice penale richiede di effettuare per valutare la legittimità della reazione all'offesa ingiusta e ciò, in particolare, per quanto riguarda i due disegni di legge in titolo, nei casi in cui la stessa avvenga all'interno di un privato domicilio o presenti connotazioni particolari che ne giustificherebbero una disciplina specifica rispetto a quella generale espressa nel citato articolo 52. In tal senso il disegno di legge n. 2287 mira ad escludere l'applicazione del criterio di proporzionalità qualora il pericolo attuale di un'offesa ingiusta sia rappresentato dal porto di un'arma o in caso di violazione del domicilio dell'aggredito. Il disegno di legge di cui il senatore Gubetti è primo firmatario invece interviene sul tema sopra evocato in maniera più articolata, individuando due ipotesi in presenza delle quali si configurerebbe in ogni caso la legittima difesa, con l'obiettivo di dare maggiore tranquillità a quanti difendono i propri diritti rispetto ad azioni connotate da una particolare offensività nei confronti di beni non soltanto di natura patrimoniale. Esprime quindi una valutazione nel complesso positiva sulle iniziative in esame in quanto cercano di offrire una risposta ad un'esigenza di tutela particolarmente avvertita in questo momento storico.
Il presidente Antonino CARUSO dichiara aperta la discussione generale.
Il senatore ZANCAN (Verdi-U), intervenendo in discussione generale, riferendosi al disegno di legge n. 1899, ritiene che alla lettera a) del nuovo articolo 52-bis non possa attribuirsi una portata innovativa in quanto esprime una disciplina che già trova al momento applicazione e, conseguentemente, ne propone la soppressione. Ritiene invece che la lettera b) del medesimo articolo sollevi un problema che è invece serio ed antico al tempo stesso: quello se si possa ritenere legittima una reazione che offende il bene della vita dell'aggressore o attenta gravemente ad essa a fronte di una minaccia non già alla propria o altrui incolumità quanto al patrimonio. Al riguardo ritiene che la risposta non possa che essere negativa ed a nulla possono valere i temperamenti che vengono indicati quali, ad esempio, l'aver mirato alle parti non vitali di chi persiste nella minaccia ovvero la constatazione dell'inefficacia di ogni invito a desistere dall'azione criminosa, anche perché si tratta di "circostanze" che così come formulate suscitano perplessità essendo, ad esempio, innegabile che anche un colpo diretto a parti non vitali può invece in concreto avere conseguenze gravissime, finanche estreme, per la salute dell'aggressore, come l'esperienza in molti casi ha dimostrato. Si tratterebbe conseguentemente di un criterio del tutto inapplicabile.
Segue un breve intervento del senatore GUBETTI (FI) il quale richiama l'attenzione del senatore Zancan su alcune applicazioni giurisprudenziali dell'istituto della legittima difesa che gli appaiono discutibili e tali da giustificare l'intervento in esame al fine di assicurare maggiore certezza giuridica.
Riprende il senatore ZANCAN (Verdi-U) il quale, pur condividendo le perplessità del senatore Gubetti con riferimento alla giurisprudenza invocata. Ribadisce la sua ferma contrarietà di principio all'introduzione di una disposizione come quella in esame per le ragioni sopra rappresentate, che ribadisce. Riferendosi poi al disegno di legge n. 2287 ritiene che l'abbandono del criterio di proporzionalità ivi espresso non possa ritenersi accettabile, in quanto espressione di un principio di civiltà giuridica.
Il senatore FASSONE (DS-U) si interroga sugli obiettivi perseguiti dai disegni di legge in titolo che non gli appaiono affatto chiari, osservando che se l'intenzione è quella di evitare un processo alle vittime che reagiscono ad aggressioni, tale esigenza non può essere in alcun modo soddisfatta in quanto, in presenza di fatti di una certa gravità come quelli in esame, è pur sempre necessaria l'apertura di un procedimento penale anche se destinato a concludersi favorevolmente per l'aggredito offensore, sussistendo una causa di giustificazione in favore dello stesso. Se invece l'intenzione è quella di evitare che la vittima possa essere destinataria di una misura cautelare, anche in tal caso una risposta soddisfacente è già presente nel diritto vigente che, all'articolo 273, secondo comma del codice di procedura penale, vieta l'applicazione di misure cautelari se il fatto è compiuto in presenza di una causa di giustificazione. Dopo essersi soffermato quindi sull'evoluzione giurisprudenziale in ordine al giudizio di proporzionalità richiesto dall'articolo 52 del codice penale, passando all'esame della disposizione di cui all'articolo unico del disegno di legge n. 1899, dichiara di non capire, ad esempio perché si circoscriva la previsione di cui alla lettera a) del nuovo articolo 52-bis, per il caso di impiego di armi, alla sola ipotesi di arma legalmente detenuta, in quanto l'esigenza avuta di mira dalla disposizione può ben rinvenirsi anche in casi di possesso illegale. Conclude l'intervento, sottolineando la sua contrarietà all'iniziativa espressa dai disegni di legge in titolo in quanto non utile a prevenire i reati in esame ma anzi in grado di incidere in modo negativo sul costume dei cittadini.
Anche il senatore MARITATI (DS-U) ritiene che debbano essere chiariti gli obiettivi che i disegni di legge in titolo intendono perseguire una volta accertata la condivisibilità dell'interesse a garantire la massima tutela della proprietà privata e, nel caso di specie, del privato domicilio a fronte di azioni criminose.
A suo avviso infatti, sotto il profilo giuridico, il criterio della proporzionalità tra il diritto alla difesa e alla tutela del bene e le azioni che si pongono in essere per garantirlo deve considerarsi irrinunciabile; è in questa prospettiva che il diritto moderno giudica accettabili gli offendicula a protezione della proprietà, ma sancisce però l'illegittimità di altre difese ove le stesse siano palesemente eccessive per le conseguenze che possono produrre rispetto all'incolumità della persona, come ad esempio l'utilizzo dell'alta tensione. Si tratta, a ben vedere, in questa fase iniziale dell'esame, di sgombrare il campo da un uso strumentale delle norme che si propone di introdurre per segnalare una nuova fase nella quale si garantirebbe ai cittadini una maggiore sicurezza attraverso la possibilità di ricorrere all'uso delle armi. Si tratta di una strada che, al contrario, conduce ad un imbarbarimento della società e ad un regresso della civiltà giuridica del paese, senza garantire alcunché in termini di tranquillità dei cittadini, così come dimostra l'esperienza degli Stati uniti dove il livello della criminalità è sempre alto in presenza di una legislazione sulla detenzione di armi da fuoco molto permissiva.
Il senatore GUBETTI (FI), in replica ad alcuni interventi svolti, osserva come la relazione illustrativa del disegno di legge di cui è primo firmatario faccia cenno all'opinione espressa dal procuratore della Repubblica Carlo Nordio il quale ritiene che sussista una incertezza del diritto vigente per quanto riguarda la solo teorica libertà dell'individuo di difendersi con le armi, in casa propria, da un aggressore. Il disegno di legge non è né superfluo né propagandistico come da taluni è stato affermato, al contrario è volto a rendere meno equivoca la legge nelle sue possibili interpretazioni e a dare una risposta, in termini di maggiore sicurezza, ad un problema reale. Quanto poi al paragone con gli Stati uniti, deve essere sottolineato che a fronte di un numero enorme di armi detenute da cittadini di quel Paese, solo il due per cento né fa uso. Conclusivamente egli ritiene necessaria l'approvazione delle norme proposte, precipuamente a fini di prevenzione e di deterrenza dei fenomeni criminosi di cui trattasi. Dichiara peraltro la propria disponibilità ad una definizione più puntuale della lettera b) dell'articolo 52-bis.
Ha quindi la parola il senatore SEMERARO (AN) il quale, pur condividendo la ratio che ispira il disegno di legge in esame, reputa necessario un intervento modificativo del testo con il quale si definisca con maggiore nettezza la situazione di minaccia ai beni, che autorizzerebbe l'uso delle armi. Eliminare il criterio della proporzionalità tra difesa e offesa e non delineare precisamente il concetto di minaccia, può infatti degenerare verso forme sconsiderate di autotutela. Parimenti dovrebbe essere precisato il significato da attribuire agli "altri beni" minacciati e alle "parti non vitali" che dovrebbero essere prese di mira da colui che reagisce armato.
Il senatore ZANCAN (Verdi-U) osserva che per un approfondimento maggiore della tematica della legittima difesa, sarebbe utile esaminare il lavoro svolto dalle commissioni ministeriali in passato istituite per la riforma del codice penale, ivi inclusa l'attuale Commissione Nordio.
Il presidente Antonino CARUSO, nell'accogliere la proposta da ultimo avanzata dal senatore Zancan, ritiene che un valido contributo per l'acquisizione della relativa documentazione potrà essere garantito dal Servizio studi del Senato.
Propone, d'intesa col relatore, quindi di congiungere l'esame dei disegni di legge n. 1899 e n. 2287 e di assumere quale testo base il disegno di legge 1899.
Conviene la Commissione.
Il seguito dell'esame è quindi rinviato.
GIUSTIZIA (2a)
giovedi' 4 marzo 2004
321a Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
La seduta inizia alle ore 8,40.
IN SEDE REFERENTE
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell'istituto della legittima difesa
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta del 10 febbraio scorso.
Non essendovi ulteriori richieste di intervento, il presidente Antonino CARUSO dichiara chiuso il dibattito. Avverte altresì che è a disposizione presso la segreteria della Commissione la documentazione richiesta dal senatore Zancan in occasione dell'ultima seduta di esame dei disegni di legge in titolo.
La Commissione conviene quindi di fissare a lunedì 15 marzo 2004, alle ore 18 il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. 1899, già assunto come testo base.
Il seguito dell'esame congiunto è poi rinviato.
GIUSTIZIA (2a)
MARTEDÌ 16 MARZO 2004
325a Seduta
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
indi del Vice Presidente
ZANCAN
Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.
La seduta inizia alle ore 14,45.
(omissis)
IN SEDE REFERENTE
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell'istituto della legittima difesa
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta antimeridiana del 4 marzo 2004.
Su proposta del senatore Luigi BOBBIO (AN), la Commissione delibera di riaprire il termine per la presentazione di eventuali emendamenti e, a tal fine, fissa la data del 17 marzo prossimo alle ore 20.
Il seguito dell'esame congiunto è infine rinviato.
GIUSTIZIA (2a)
martedi' 23 marzo 2004
327a Seduta
Presidenza del Presidente
CARUSO
indi del Vice Presidente
ZANCAN
La seduta inizia alle ore 14,45.
IN SEDE REFERENTE
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell'istituto della legittima difesa
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta del 16 marzo scorso.
Il presidente Antonino CARUSO (AN) dà conto del parere della Commissione affari costituzionali ed avverte che si passerà all'esame degli emendamenti presentati al disegno di legge n. 1899 già assunto come testo base, a partire dall'emendamento 1.1.
Il senatore FASSONE (DS-U), illustrando l'emendamento 1.1 che propone di sopprimere l'unico articolo di cui consta il disegno di legge n. 1899, esprime la contrarietà del suo Gruppo all'iniziativa in esame in quanto ritiene che la stessa non produrrà alcun effetto sugli orientamenti giurisprudenziali ed avrà invece conseguenze negative sul costume dei cittadini. Dopo aver ricordato l'evoluzione della giurisprudenza in materia, sottolinea ancora una volta la pericolosità dell'iniziativa in esame che, se da un lato, non evita l'apertura di un procedimento penale nei confronti di chi ha reagito a un'aggressione, sia pure solo per accertare l'esistenza della scriminante della legittima difesa, dall'altro, determinerà effetti distorsivi sui comportamenti dei cittadini legittimando - o suscitando l'impressione che sia legittimato - il ricorso a forme di autotutela che non appaiono rispondenti alle esigenze di una moderna società civile.
Il senatore ZANCAN (Verdi-U) aggiunge la sua firma sull'emendamento 1.1, sottolineando le conseguenze nefaste che deriverebbero dall'approvazione del disegno di legge in esame.
Il senatore CALVI(DS-U), aderendo alle osservazioni del senatore Fassone, dopo aver ricordato alcune non condivisibili interpretazioni della norma sulla legittima difesa ad opera della giurisprudenza meno recente, ritiene che il problema posto dalle iniziative in esame possa trovare oggi una risposta adeguata negli attuali orientamenti giurisprudenziali che preferisce rispetto al contenuto di una legge dalla quale potrebbero invece derivare non auspicabili rigidità applicative.
Il senatore LUIGI BOBBIO(AN), illustrando l'emendamento 1.17, se da un lato ritiene condivisibili le finalità perseguite dalle iniziative in esame, dall'altro reputa necessario superare talune perplessità tecniche suscitate dalla disposizione proposta con il disegno di legge n. 1899. Per disciplinare adeguatamente la materia occorre infatti avere ben presente la gravità e la rilevanza delle situazioni interessate rispetto alle quali la vigente disciplina appare insufficiente, lasciando eccessivo margine alla giurisprudenza. Si sofferma quindi sui momenti salienti della sua proposta emendativa che si caratterizza per l'introduzione di una sorta di determinazione ex lege del criterio di proporzionalità oltre che per una maggiore aderenza sistematica alla disciplina della legittima difesa, testimoniata, tra l'altro, dalla tecnica preferita di aggiungere un nuovo comma all'articolo 52 del codice penale.
Il senatore CALVI (DS-U) ritiene che la proposta espressa dall'emendamento 1.17 non risolva il problema ed anzi introduca elementi che peggiorano l'efficacia del quadro normativo vigente che appare meglio in grado di tutelare il cittadino vittima di aggressioni.
Il senatore CENTARO (FI) illustra l'emendamento 1.18 che, attraverso l'aggiunta di un nuovo comma all'articolo 52 del codice penale, propone la non punibilità di chi usa un'arma o qualsiasi altro mezzo idoneo senza l'intenzione di causare la morte, in caso di violazione di domicilio e di minaccia conseguente all'incolumità o ai beni propri ovvero altrui, constatata l'inefficacia di ogni invito a desistere dall'azione criminosa. Riferisce che, a differenza di quanto rappresentato in occasione di alcuni interventi fin qui svolti, sulla materia della legittima difesa, si registra una giurisprudenza oscillante e non consolidata, ragion per cui appare opportuno un intervento del legislatore al fine di far venir meno incertezze interpretative inammissibili rispetto ad una materia particolarmente delicata come è quella in esame.
Dopo un breve intervento del senatore CALVI (DS-U) - il quale dichiara di non comprendere la ragione delle novità espresse dall'emendamento 1.18 - ha la parola il senatore MARITATI (DS-U) il quale, pur manifestando apprezzamento per lo sforzo espresso dalle proposte di cui sono firmatari i senatori Centaro e Luigi Bobbio, ritiene che il problema non possa considerarsi ancora risolto. E' necessario chiarire infatti che l'aspetto centrale del problema in discussione è quello di decidere se si debba riconoscere la scriminante della legittima difesa a fronte di lesioni arrecate per difendere non già la vita o l'incolumità personale dell'aggredito, ma semplicemente i propri beni. E' questo il punto saliente rispetto al quale è necessario che tutte le forze politiche si esprimano ed, al riguardo, la posizione da seguire, a suo avviso, non può che essere quella di un rifiuto dell'abbandono del criterio della proporzionalità così come oggi inteso.
Il senatore BUCCIERO (AN) ricorda che in molti casi l'aggredito non è in grado di valutare e di prevedere la portata della minaccia che gli viene rivolta, per cui gli appare del tutto inadeguata l'attuale disciplina che lascia ad una valutazione successiva l'esistenza della causa di giustificazione.
La senatrice ALBERTI CASELLATI (FI) condivide integralmente le considerazioni svolte dal senatore Centaro e richiama con forza l'attenzione su quanto attualmente sta accadendo in alcune regioni dell'Italia settentrionale dove le continue aggressioni di cui sono vittime famiglie residenti in abitazioni isolate stanno determinando una situazione di vera e propria emergenza sociale.
Con più specifico riferimento poi alla formulazione proposta con l'emendamento 1.18, la senatrice ritiene che qualche perplessità possa suscitare l'inciso "constatata l'inefficacia di ogni invito a desistere dall'azione criminosa", in quanto non vorrebbe che tale espressione finisse per "depotenziare" l'impatto della nuova normativa in esame.
Interviene nuovamente il senatore LUIGI BOBBIO (AN) il quale, rifacendosi alle considerazioni svolte dal senatore Maritati, sottolinea come le stesse, nonché più in generale l'andamento del dibattito, dimostrino probabilmente che le formulazioni proposte con gli emendamenti 1.17 e 1.18 non abbiano forse affrontato direttamente il problema sotteso al disegno di legge n. 1899 che è - come già evidenziato - quello di chiedere al legislatore una decisione circa l'opportunità di attribuire, ai fini della sussistenza della scriminante della legittima difesa, rilievo a situazioni in cui la condotta dell'aggressore, pur risultando magari a posteriori diretta esclusivamente alla lesione di un bene patrimoniale, viene però posta in essere con modalità tali da ingenerare in chi è aggredito una reale incertezza sulla natura dell'azione offensiva che, valutata a priori, poteva ragionevolmente essere intesa come diretta tanto alla lesione di beni personali, quanto alla lesione di beni patrimoniali.
Il seguito dell'esame congiunto è infine rinviato.
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1899
Art. 1.1.1
Fassone, Calvi, Ayala, Brutti Massimo, Maritati
Sopprimere l’articolo.
1.17
Bobbio
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 1. – 1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma: “Sussiste la proporzione di cui al comma che precede ogni qualvolta il legittimo dimorante, avendo sorpreso o essendosi imbattuto in persona che, in assenza o contro la sua volontà, si sia introdotto o tenti di introdursi con mezzi violenti o fraudolenti nella sua dimora, minacciando l’incolumità o i beni dei presenti, si valga di un’arma propria o impropria per respingere la minaccia senza l’intenzione di causare la morte, a meno che il bene messo in pericolo non sia la vita“».
1.18
Centaro
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 1. – 1. All’articolo 52 del codice penale è inserito il seguente comma: “Non è punibile chi, in caso di violazione di domicilio e di minaccia conseguente all’incolumità o ai beni propri ovvero altrui, constatata l’inefficacia di ogni invito a desistere dall’azione criminosa, usa un’arma o qualsiasi altro mezzo idoneo senza l’intenzione di causare la morte“».
GIUSTIZIA (2a)
GIOVEDI' 1° APRILE 2004
329a Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
La seduta inizia alle ore 8,45.
IN SEDE REFERENTE
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all' articolo 52 del codice penale in materia di diritto all' autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell' istituto della legittima difesa
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto sospeso nella seduta del 23 marzo scorso.
Il presidente Antonino CARUSO -dopo aver ricordato che gli emendamenti 1.1, 1,17 e 1.18 erano già stati illustrati nell'ultima seduta e pubblicati in allegato al resoconto della stessa- avverte che si proseguirà nell'esame degli emendamenti a partire dall'emendamento 1.2.
Ha la parola il senatore GUBETTI (FI) il quale, illustrando l'emendamento 1.15, osserva che la proposta in esso contenuta di sopprimere alla lettera b) del nuovo articolo 52-bis del codice penalela frase "mirando alle parti non vitali di chi persiste nella minaccia" si giustifica per le possibili difficoltà applicative che l'espressione potrebbe determinare. Infatti, la disposizione risulta più chiara e facilmente interpretabile senza la specificazione richiamata. Riferendosi poi all'emendamento 1.2, ritiene condivisibile la proposta da esso espressa anche se, in proposito, si rimette al parere che il relatore intenderà formulare sull'emendamento. Quanto invece agli emendamenti 1.17 e 1.18, rispettivamente a firma dei senatori Luigi Bobbio e Centaro, ritiene vi siano spunti utili che potrebbero essere utilizzati per migliorare le disposizioni del disegno di legge n. 1899 anche se comunque reputa le proposte in esame non integralmente recepibili. Conclude quindi il suo intervento rimettendosi anche in tali casi al parere che il relatore vorrà esprimere in proposito.
Il presidente Antonino CARUSO fa propri e dà per illustrati i restanti emendamenti all'unico articolo di cui consta il disegno di legge n. 1899.
Ha quindi la parola il relatore ZICCONE (FI) che, riferendosi a quanto emerso nel corso della discussione fin qui svolta, ricorda come siano state molto bene evidenziate le due opzioni di fondo, alternative tra loro, sui possibili obbiettivi da perseguire con la riforma in esame e che sono, da un lato, un intervento per così dire minimale diretto a risolvere le oscillazioni della giurisprudenza sull'interpretazione delle disposizioni in materia di legittima difesa e, dall'altro, una riforma più incisiva che innovi significativamente nel modo di intendere la valutazione di proporzionalità ma nei soli casi in cui l'aggressione e la conseguente reazione abbiano luogo all'interno del privato domicilio. Dopo aver ricordato l'evoluzione giurisprudenziale sul tema, il relatore ritiene necessario procedere nella direzione da ultimo indicata in quanto non gli appare più giustificabile continuare ad effettuare una valutazione astratta degli interessi in contrapposizione, ponendo sullo stesso piano i beni dell'aggredito rispetto a quelli dell'aggressore, nei casi in cui l'aggressione abbia luogo all'interno del privato domicilio. Non si tratterebbe quindi di innovare in termini assoluti e generali il modo di intendere il giudizio di proporzionalità nell'istituto della legittima difesa, ma soltanto di riconoscere una specifica tutela in relazione a quelle situazioni nelle quali l'aggressione si qualifica e riveste un carattere di particolare disvalore per essere stata perpetrata all'interno del privato domicilio. Ribadisce quindi il suo atteggiamento favorevole ad un intervento più incisivo in questa direzione in linea con l'intenzione dei proponenti il disegno di legge. Ritiene comunque debbano essere tenute presenti le preoccupazioni espresse, considerate in molti degli emendamenti, sul rischio che la riforma, legittimando forme eccessive di autotutela, possa ingenerare distorsioni nei comportamenti dei cittadini. Chiede quindi, anche al fine di consentire una più attenta valutazione delle proposte emendative presentate, che la relativa votazione abbia luogo in altra seduta.
Non sussistono ulteriori richieste di intervento e così rimane stabilito.
Il seguito dell'esame è quindi rinviato.
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1899
Art. 1.
1.2
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Al comma 1, all’alinea dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sostituire le parole: «altri reati» con le seguenti: «altri delitti».
1.3
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Al comma 1, all’alinea dell’articolo 52-bis ivi richiamato, dopo le parole: «altri reati» aggiungere le seguenti: «comunque direttamente rivolti contro la vita e l’incolumità individuale».
1.4
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Al comma 1, all’alinea dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sopprimere le parole: «in ogni caso».
1.5
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Al comma 1, all’alinea dell’articolo 52-bis ivi richiamato, dopo le parole: «la condotta di chi» aggiungere le seguenti: «nel rispetto del principio di proporzionalità di cui all’articolo 52».
1.6
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Sopprimere la lettera a) dell’articolo 52-bis ivi richiamato.
1.7
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera a) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, dopo la parola: «vedendo» aggiungere la seguente: «gravemente».
1.8
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera a) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sopprimere le parole: «o altrui».
1.9
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera a) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sostituire le parole: «o altrui» con le seguenti: «o di uno stretto congiunto convivente».
1.10
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera a) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sopprimere le parole: «o rendere sicuramente inoffensivo».
1.11
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera a) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, a condizione che non esistano altre possibilità di reazione non violenta per evitare la minaccia».
1.12
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Sopprimere la lettera b) dell’articolo 52-bis ivi richiamato.
1.13
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera b) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sopprimere le parole: «o altrui».
1.14
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera b) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, dopo le parole: «di ogni», aggiungere la seguente: «più volte reiterato».
1.15
Gubetti
Alla lettera b) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sopprimere le parole da: «mirando» fino alla fine.
1.16
Cavallaro, Dalla Chiesa, Magistrelli
Alla lettera b) dell’articolo 52-bis ivi richiamato, sostituire le parole: «mirando alle parti non vitali», con le seguenti: «mirando in aria e, comunque, in modo da non attingere la persona».
GIUSTIZIA (2a)
MERCOLEDI' 7 aprile 2004
332a Seduta
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Valentino.
La seduta inizia alle ore 14,50.
IN SEDE REFERENTE
(omissis)
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all' articolo 52 del codice penale in materia di diritto all' autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell' istituto della legittima difesa
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto sospeso nella seduta antimeridiana del 1° aprile scorso.
Il relatore ZICCONE (FI) presenta - e la Commissione ammette - l'emendamento 1.50 che rappresenta un tentativo di riformulazione integrale dell'articolo 1 del disegno di legge n.1899 alla luce degli spunti emersi nel corso del dibattito.
Il presidente Antonino CARUSO rinvia infine il seguito dell'esame congiunto.
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1899
Art. 1.
1.50
Il Relatore
Sostituire l’articolo 1 con il seguente:
«Art. 1. – All’articolo 52 del codice penale, è aggiunto il seguente comma:
“Nel caso di violazione di domicilio finalizzata alla commissione di altri delitti, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al comma precedente allorquando taluno di coloro che sono legittimamente presenti nel domicilio usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, dopo aver verificato l’inefficacia di ogni invito a desistere dall’azione criminosa e senza l’intenzione di causare la morte, purché queste limitazioni non lo mettano in pericolo di vita».
GIUSTIZIA (2a)
MARTedi' 20 aprile 2004
333a Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Valentino.
La seduta inizia alle ore 14,45.
IN SEDE REFERENTE
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all' articolo 52 del codice penale in materia di diritto all' autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell' istituto della legittima difesa
(Seguito dell'esame congiunto e sospensione)
Riprende l'esame congiunto sospeso nella seduta del 7 aprile scorso.
Si prosegue nell'esame degli emendamenti già pubblicati in allegato ai resoconti delle sedute del 23 marzo 2004, del 1° aprile 2004 (seduta antimeridiana), e del 7 aprile 2004.
Interviene il senatore Luigi BOBBIO (AN) il quale modifica l'emendamento 1.17 riformulandolo nell'emendamento 1.17 (testo 2) in merito al quale sottolinea come tale proposta sia volta, mediante il rinvio all'articolo 614 del codice penale, a circoscrivere un'area in cui il meccanismo della legittima difesa opererebbe in termini rafforzati. Si tratta di tener conto in maniera appropriata di come le condotte che integrano l'ipotesi della violazione di domicilio presentino, in concreto, caratteristiche tali da indurre a considerare giustificata comunque la reazione dell'aggredito - che si verifica in quest'ambito - tutte le volte che essa sia finalizzata alla difesa dell'incolumità o dei beni propri o altrui.
La formulazione proposta appare altresì opportuna in quanto suscettibile di determinare un significativo effetto deterrente nei confronti dei potenziali aggressori.
Ha quindi la parola il senatore CENTARO (FI) il quale ritiene indispensabile affrontare la materia con freddezza, soprattutto con riferimento ai recenti fatti di cronaca che tanto hanno colpito la sensibilità dell'opinione pubblica. Il problema di fondo è, a suo avviso, quello di poter determinare con la necessaria nettezza il nesso di causalità intercorrente tra la violazione di domicilio e la conseguente minaccia all'incolumità o ai beni della vittima. Riferirsi in maniera esclusiva alla violazione del domicilio, nel contesto considerato nell'emendamento 1.17 (testo 2), rischia di condurre in taluni casi ad eccessi nella difesa. Allo stesso modo si rende necessario ribadire come l'uso delle armi per legittima difesa debba essere preceduto da un invito a desistere dalla possibile azione criminosa. Solo dopo che questo si sia rivelato inefficace, può trovare giustificazione l'uso dell'arma o di qualsiasi altro mezzo idoneo.
Su richiesta del relatore ZICCONE (FI) e del senatore ZANCAN (Verdi-U), il presidente Antonino CARUSO sospende l'esame congiunto.
La seduta, sospesa alle ore 15,20 è ripresa alle ore 15,45.
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all' articolo 52 del codice penale in materia di diritto all' autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell' istituto della legittima difesa
(Ripresa dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende il seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge in titolo precedentemente sospeso.
Il senatore CIRAMI (UDC), alla luce delle notizie di stampa che hanno riferito di una imminente conclusione dei lavori della Commissione di studio insediata dal Ministro della giustizia per la riforma del codice penale e presieduta dal procuratore della Repubblica Nordio, considerato che la Commissione medesima avrebbe elaborato una nuova formulazione del concetto di legittima difesa, ritiene sia utile, per il prosieguo dell'esame del disegno di legge, poter disporre di tali proposte.
Ha quindi la parola il sottosegretario VALENTINO il quale esprime una valutazione positiva sull'emendamento 1.17 del senatore Luigi Bobbio, così come da ultimo riformulato (1.17 testo 2), posto che con esso si introduce una forma di tutela specifica del cittadino offeso con riferimento al caso in cui la condotta dell'aggressore abbia dato luogo ad una violazione di domicilio. A tale riguardo appare più che mai proprio il riferimento all'articolo 614 del codice penale in modo da delineare propriamente il caso della legittima difesa messa in atto da chi difende la propria incolumità o i beni, nell'ambito di una violazione di domicilio.
L'emendamento del senatore Luigi Bobbio ha poi, a suo avviso, il pregio di essere maggiormente aderente al modo in cui effettivamente avvengono fatti criminosi come furti e rapine in luoghi di privata dimora, che comprensibilmente suscitano un forte allarme sociale. Quanto poi all'argomento che all'uso delle armi sia legittimo ricorrere solo dopo aver esperito un invito a desistere, questo, se da un lato può apparire come un apprezzabile tentativo dal punto di vista morale, dall'altro spesso risulta del tutto impraticabile per la concitazione che contraddistingue l'evento.
Per quanto riguarda la richiesta del senatore Cirami, il sottosegretario Valentino osserva che formalmente la Commissione Nordio non ha ancora concluso il proprio lavoro. In ogni caso si farà carico di verificare se vi sia la possibilità di mettere a disposizione della Commissione quanto richiesto dal senatore Cirami.
Interviene quindi nuovamente il senatore Luigi BOBBIO (AN) il quale, in considerazione dei concreti problemi di sicurezza nei quali si dibattono i titolari di esercizi commerciali, artigianali e imprenditoriali, ritiene opportuno ulteriormente modificare l'emendamento 1.17 (testo 2), riformulandolo nell'emendamento 1.17 (testo 3).
Il senatore CIRAMI (UDC), rileva come il riferimento all'articolo 614 del codice penale possa risultare non congruente rispetto alla problematica in esame, dovendosi considerare privato domicilio anche tutte le pertinenze dell'abitazione, ivi compresi parchi, giardini; sarebbe meglio circoscrivere la portata della nuova norma alle mura domestiche, ricomprendendo peraltro in tali limiti anche gli esercizi commerciali.
Il presidente Antonino CARUSO, con riferimento all'intervento del senatore Cirami sottolinea come l'emendamento del senatore Luigi Bobbio persegua certamente la finalità di definire lo spazio entro il quale opera la tutela, ma altresì si premuri di connettere a questo l'elemento essenziale della minaccia alla incolumità, che segue alla intrusione in quello spazio.
Il senatore ZANCAN (Verdi-U) giudica del tutto non condivisibile la proposta contenuta nell'emendamento 1.17 (testo 3) del senatore Luigi Bobbio, sottolineando come la stessa - presumendo in modo assoluto il requisito della proporzione nelle circostanze considerate - si presti evidentemente a forme di abuso nelle quali anche fatti offensivi di beni patrimoniali di scarsissimo rilievo finirebbero per giustificare reazioni suscettibili di ledere il bene della vita o dell'incolumità dell'aggressore.
L'emendamento 1.50 del relatore appare più soddisfacente dal punto di vista tecnico-giuridico, ma anche su questo non è comunque possibile esprimere una valutazione positiva soprattutto per la previsione contenuta nella lettera b) dell'emendamento medesimo restando in ogni caso inaccettabile qualsiasi soluzione che consenta di utilizzare un'arma e di ledere il bene dell'incolumità fisica o della vita dell'aggressore per la difesa di un proprio o di un altrui bene patrimoniale.
Il senatore MARITATI (DS-U) sottolinea come il principio di proporzione fra offesa e difesa - che costituisce sicuramente uno degli elementi caratterizzanti l'attuale formulazione dell'articolo 52 del codice penale - rappresenta una conquista di civiltà giuridica assolutamente irrinunciabile. Non può quindi che esprimersi un giudizio negativo su proposte emendative che si muovono in una direzione esattamente opposta che non solo rappresenterebbe una regressione sul piano giuridico, ma inoltre non assicurerebbe alcun risultato effettivo sul versante della sicurezza dei cittadini. L'unica conseguenza probabile di modifiche normative nel senso delineato nel disegno di legge n. 1899, oppure nell'emendamento del senatore Luigi Bobbio potrebbe essere soltanto quella di incidere sul costume, fornendo una copertura psicologica a comportamenti dell'aggredito che si pongono al di là di ciò che è strettamente necessario alla difesa nei confronti dell'aggressione. Né poi vanno trascurati i rischi che simili scelte potrebbero avere sulle condotte concretamente adottate dagli aggressori nelle quali potrebbe determinarsi una maggiore violenza al fine di neutralizzare in anticipo una reazione eccessiva da parte dell'offeso.
Il relatore ZICCONE (FI) sottolinea innanzitutto che sia l'emendamento 1.50, sia l'emendamento 1.17 (testo 3), intervengono sull'articolo 52 del codice penale con la finalità di modificare l'attuale quadro normativo con specifico riferimento soltanto a uno dei requisiti previsti per la scriminante della legittima difesa, e cioè vale a dire il requisito della proporzionalità fra la difesa e l'offesa. E' evidente quindi che l'applicazione delle nuove previsioni presupporrà che sussistano tutti gli altri requisiti già indicati nell'articolo 52 del codice penale.
Peraltro entrambe le proposte emendative sopra ricordate si fanno carico, seppur con soluzioni parzialmente diverse, di operare una selezione attenta dei fatti in relazione ai quali sembra opportuno determinare un rafforzamento dell'operatività della causa di giustificazione in questione.
Sul punto peraltro la Commissione ha discusso nel corso di più sedute ed egli ritiene che le problematiche in esame siano state adeguatamente approfondite. Auspica pertanto che quanto prima si passi alla fase della votazione degli emendamenti.
Il senatore BRUTTI (DS-U) sottolinea l'estrema delicatezza del tema della legittima difesa e richiama l'attenzione sul fatto che le proposte che vengono avanzate dagli esponenti della maggioranza si muovono nel senso di determinare un vero e proprio rovesciamento nella gerarchia dei valori sottesa alla disposizione che attualmente regola questa materia nel vigente codice penale. Tale scelta nel merito gli appare certamente non condivisibile e si riserva di intervenire più approfonditamente sulla stessa in un momento successivo della discussione. Ritiene peraltro necessario stigmatizzare in termini negativi il metodo seguito dalla maggioranza nell'affrontare problematiche di simile complessità e rilievo. Nel caso della legittima difesa - così come in quello recente della manipolazione psicologica - si procede in modo del tutto occasionale e al di fuori di una visione complessiva, organica e coerente. E' questa un'impostazione che sul piano della politica legislativa deve ritenersi del tutto inaccettabile.
Il presidente Antonino CARUSO rinvia infine il seguito dell'esame congiunto.
La seduta termina alle ore 16,40.
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1899
Art. 1.1.17 (testo 2)
Bobbio Luigi
All’articolo 52 del codice penale, è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al comma precedente, se taluno di coloro che sono legittimamente presenti in uno dei luoghi ivi indicati, usa un’arma o altro mezzo idoneo, al fine di difendere la propria o altrui incolumità, ovvero beni propri o di altri».
1.17 (testo 3)
Bobbio Luigi
All’articolo 52 del codice penale, sono aggiunti i seguenti commi:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al comma precedente se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo, al fine di difendere dalla conseguente minaccia la propria o altrui incolumità, ovvero beni propri o di altri.
La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale».
GIUSTIZIA (2a)
mercoledi' 21 APRILE 2004
334a Seduta
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
indi del Vice Presidente
ZANCAN
Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Valentino.
La seduta inizia alle ore 14,45.
IN SEDE REFERENTE
(omissis)
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all' articolo 52 del codice penale in materia di diritto all' autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell' istituto della legittima difesa
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto sospeso nella seduta di ieri.
Si prosegue nell'esame degli emendamenti già pubblicati in allegato alle sedute del 23 marzo 2004, del 1° aprile 2004 (seduta antimeridiana), del 7 aprile 2004 e di ieri.
Il relatore ZICCONE (FI), alla luce dell'andamento del dibattito, modifica l'emendamento 1.50 riformulandolo nell'emendamento 1.50 (testo 2).
Il senatore Luigi BOBBIO (AN) modifica l'emendamento 1.17 (testo 3) riformulandolo nell'emendamento 1.17 (testo 4), sottolineando come l'emendamento 1.50 (testo 2) sia identico al primo comma dell'emendamento 1.17 (testo 4). La differenza fra le due proposte va quindi individuata nel riferimento ad ogni luogo in cui venga esercitata un'attività commerciale, imprenditoriale o professionale contenuto solo nel suo emendamento. Ritiene opportuno mantenere tale riferimento in quanto, pur essendo consapevole che la nozione di privata dimora di cui all'articolo 614 del codice penale è stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso di ricomprendervi anche i luoghi adibiti allo svolgimento di un'attività professionale, commerciale o imprenditoriale, questa soluzione appare preferibile al fine di evitare il rischio di interpretazioni limitative della nuova norma.
Prende la parola il senatore DALLA CHIESA (Mar-DL-U) il quale condivide l'esigenza di attribuire il dovuto rilievo al tema della tutela dei cittadini di fronte a fenomeni di aggressione che, anche alla luce dei recenti fatti di cronaca, emergono in tutta la loro gravità. Ciò però non può indurre a sostenere che al cittadino aggredito sia lecito porre in essere una reazione che potrebbe arrivare fino a sacrificare la vita dell'aggressore, anche in ipotesi in cui il bene da difendere abbia un rilievo del tutto sproporzionato rispetto a quello fondamentale della vita. Le formulazioni proposte con gli emendamenti 1.50 (testo 2) e 1.17 (testo 4) non appaiono convincenti proprio in questa prospettiva essendo evidente che le stesse consentirebbero di ritenere comunque sussistente la scriminante anche in ipotesi in cui l'aggressione ai beni dell'offeso abbia una portata assolutamente limitata e qualunque sia la reazione difensiva posta in essere.
Non si può poi affrontare questo dibattito senza una adeguata riflessione sui caratteri distintivi che differenziano profondamente la società e la cultura italiane da quelle di altri paesi, quali ad esempio gli Stati Uniti, e che si sostanziano, tra l'altro proprio in un orientamento volto a limitare al minimo indispensabile forme di autotutela rimesse all'iniziativa del privato.
Dopo aver stigmatizzato in termini negativi il fatto che il Governo, in particolare il Ministro della giustizia, non abbiano esitato a strumentalizzare demagogicamente a fini elettoralistici un tema delicato come quello in esame - creando un clima che certo non agevola la discussione pacata intorno ad esso - il senatore Dalla Chiesa conclude il suo intervento sottolineando che il Gruppo Margherita-DL-l'Ulivo non è pregiudizialmente contrario ad un intervento legislativo che si muova nel senso di voler assicurare un maggior livello di sicurezza ai cittadini e auspicando che sia possibile trovare al riguardo un punto di incontro fra le diverse forze politiche in Parlamento. Resta fermo però che il giudizio di tale parte politica su proposte come quelle contenute nell'emendamento 1.50 (testo 2) e 1.17 (testo 4) non potrà che essere negativo.
Ha quindi brevemente la parola il senatore BUCCIERO (AN) il quale rileva come l'opposizione, da un lato, affermi di essere interessata ad individuare interventi legislativi che diano maggiore sicurezza ai cittadini e, dall'altro, non proponga altro se non emendamenti soppressivi.
Interviene successivamente il senatore ZANCAN (Verdi-U) per confermare la sua netta opposizione a norme che giudicano ammissibile l'uso delle armi in risposta all'aggressione di beni, contrarietà che trae origine da una cultura umanistica alla quale non intende derogare ed anche da ragioni di tipo processuale, atteso che la minaccia, l'aggressione, la desistenza sono necessariamente rimessi alla testimonianza dell'aggressore. Quanto all'estensione agli esercizi commerciali dello spazio in cui è legittimato l'uso delle armi, proposta dall'emendamento del senatore Bobbio, egli ritiene inutile e superflua tale previsione atteso che la giurisprudenza è unanime nel ricomprendere nel concetto di privata dimora i luoghi in cui si svolge tale l'attività.
Il senatore GUBETTI(FI), nel ringraziare il relatore per come ha saputo recepire nel suo emendamento lo spirito originario del disegno di legge che reca la sua firma, pone in evidenza che l'unico elemento di differenza con l'emendamento del senatore Luigi Bobbio risiede nell'esplicito riferimento in quest'ultimo ai luoghi in cui si svolge un'attività commerciale, imprenditoriale o professionale.
Nel dichiarare di condividere la proposta del senatore Luigi Bobbio, ritiene che in sede di votazione la Commissione potrebbe porla in votazione per parti separate.
In generale osserva che una attenta analisi delle legislazioni europee in tema di legittima difesa dovrebbe fugare i dubbi di coloro che pensano che le norme che la Commissione sta esaminando siano eccessivamente dure. In tema di garanzie dichiara di non concordare poi con quanti ritengono che esse debbano valere sempre, anche per chi si pone obiettivamente in una situazione di pericolo.
Interviene il senatore FASSONE (DS-U) il quale sottolinea come qualsiasi riflessione sul tema della legittima difesa non possa prescindere dalla constatazione che gli aspetti di maggiore problematicità nell'applicazione di tale istituto si pongono non tanto nel momento in cui ha luogo l'aggressione in senso stretto - in quanto in tale circostanza, tra l'altro, spesso la difesa risulta in concreto impossibile - ma piuttosto nella fase immediatamente antecedente e in quella immediatamente successiva al verificarsi dell'aggressione. Le proposte contenute negli emendamenti 1.50 (testo 2 ) e 1.17 (testo 4) si collocano in questa prospettiva e tendono a facilitare il riconoscimento della scriminante a fronte di ipotesi in cui la reazione dell'aggredito per essere efficace assume carattere preventivo e, proprio per questo, sconta il rischio di determinare una lesione della vita o dell'incolumità dell'aggressore in concreto sproporzionata rispetto alla minaccia subita. A questo riguardo le nuove formulazioni proposte configurano delle vere e proprie presunzioni iuris et de iure del requisito della proporzionalità, presunzioni che però rischiano di risultare in concreto incompatibili con il criterio di ragionevolezza in quanto, se nelle situazioni delineate è presumibile che, nella maggior parte dei casi, il rapporto di proporzione fra difesa e offesa sussista, non può escludersi che talora questo rapporto manchi e non appare quindi ragionevole inibire al giudice la possibilità di un accertamento sul punto. Le proposte avanzate dal senatore Luigi Bobbio e dal relatore Ziccone suscitano perplessità anche per quanto riguarda il rinvio all'articolo 614 del codice penale che finisce per estendere eccessivamente l'ambito di operatività dei meccanismi presuntivi sopra richiamati e, anche sotto questo profilo, ciò rischia di riflettersi in termini negativi sulla ragionevolezza delle previsioni. E' chiaro infatti che le presunzioni in questione saranno tanto più sostenibili in termini di ragionevolezza quanto più circoscritte all'ambito proprio della vita domestica, ambito nel quale può fondatamente presumersi che l'intrusione dell'aggressore determini una situazione di pericolo particolarmente rilevante.
Le soluzioni che il senatore Fassone prospetta, in linea di massima, sulla base di una prima riflessione sono, da un lato, quella di introdurre una previsione che consenta una reazione dell'aggredito immediatamente dopo l'aggressione nei limiti in cui questa reazione sia strettamente necessaria ad evitare che l'aggressore si assicuri il profitto del reato e fermo restando il requisito della proporzione e, dall'altro, un intervento modificativo sull'articolo 52 del codice penale volto a prevedere che la scriminante in questione possa essere riconosciuta tutte le volte che la difesa non sia manifestamente sproporzionata rispetto all'offesa. Un simile intervento risponderebbe all'esigenza di assicurare una maggiore tutela all'aggredito fornendo al giudice un parametro interpretativo sufficientemente chiaro ed evitando gli inconvenienti evidenziati con riferimento alle proposte avanzate dal relatore e dal senatore Luigi Bobbio.
Dopo un breve intervento del presidente Antonino CARUSO - il quale sottolinea che l'esame dei disegni di legge in titolo da parte della Commissione è cominciato ben prima che il tema della legittima difesa venisse portato all'attenzione dell'opinione pubblica in conseguenza dei noti e recenti fatti di cronaca - prende la parola il senatore CIRAMI (UDC) il quale dichiara di condividere sia la proposta di escludere l'operatività della scriminante in questione, quale che sia la proposta che verrà in concreto adottata, nei casi in cui la reazione difensiva appare manifestamente sproporzionata rispetto all'aggressione, sia l'esigenza di modificare le proposte contenute negli emendamenti 1.50 (testo 2 ) e 1.17 (testo 4) limitando l'operatività del meccanismo ivi descritto ai soli casi in cui la violazione di domicilio riguarda una privata dimora in senso stretto e con esclusione quindi dell'appartenenza della stessa. Tale soluzione gli appare in generale senz'altro più equilibrata e, con riferimento all'emendamento 1.17 (testo 4) coerente con l'approccio utilizzato nell'ultimo comma dell'emendamento medesimo.
Segue un breve intervento del presidente Antonino CARUSO il quale ritiene invece condivisibile la diversa formulazione dei due commi in cui è articolato l'emendamento 1.17 (Testo 4).
Il presidente Antonino Caruso rinvia infine il seguito dell'esame congiunto.
(omissis)
La seduta termina alle ore 16,35
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1899
Art. 1.1.17 (testo 4)
Bobbio Luigi
All’articolo 52 del codice penale, sono aggiunti i seguenti commi:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione (o “di non sproporzione“) di cui al comma precedente se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o vi è minaccia d’aggressione.
La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale».
1.50 (testo 2)
Il Relatore
All’articolo 52 del codice penale, sono aggiunti i seguenti commi:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione (o “di non sproporzione“) di cui al comma precedente se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o vi è minaccia d’aggressione».
GIUSTIZIA (2a)
giovedi' 22 aprile 2004
335a Seduta
Presidenza del Presidente
Antonino CARUSO
Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Valentino.
La seduta inizia alle ore 13,15.
IN SEDE REFERENTE
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all' articolo 52 del codice penale in materia di diritto all' autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell' istituto della legittima difesa
(Seguito e conclusione dell'esame congiunto)
Riprende l'esame congiunto sospeso nella seduta di ieri.
Si prosegue nell'esame degli emendamenti già pubblicati in allegato ai resoconti delle sedute del 23 marzo 2004, del 1° aprile 2004 (seduta antimeridiana), del 7 aprile 2004, del 20 aprile 2004, e di ieri.
Il presidente Antonino CARUSO dopo aver dichiarata chiusa la discussione generale, comunica che il relatore e il senatore Luigi Bobbio hanno presentato, rispettivamente, due nuove versioni degli emendamenti già illustrati e pubblicati in allegato al resoconto della seduta di ieri e, precisamente, l'emendamento 1.50 (testo 3) e l'emendamento 1.17 (testo 5).
Dà quindi la parola al relatore perché esprima il parere sugli emendamenti presentati.
Il relatore ZICCONE (FI) esprime parere contrario su tutti gli emendamenti ad eccezione degli emendamenti 1.50 (testo 3) e 1.17 (testo 5), a condizione, per quanto riguarda quest'ultimo, che il presentatore lo modifichi sostituendo le parole "non vi è desistenza o vi è pericolo" con le altre "non vi è desistenza e vi è pericolo" e sopprimendo il secondo capoverso.
Il senatore CENTARO(FI), dichiara di voler aggiungere la propria firma all'emendamento 1.17 (testo 5) ove il presentatore accedesse alla prima condizione posta dal relatore.
Ha quindi la parola il senatore LUIGI BOBBIO (AN) che modifica l'emendamento 1.17 (testo 5) sostituendo nella lettera b) la congiunzione "o" con l'altra "e" e insistendo invece nella previsione dell'estensione della sussistenza del rapporto di proporzione al caso in cui l'aggressione avvenga all'interno dei luoghi in cui si esercita un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Quest'ultima previsione è volta infatti a conferire alla nuova disposizione maggiore certezza evitando il rischio di interpretazioni restrittive da parte della giurisprudenza.
Il sottosegretario VALENTINO, esprime un parere conforme a quello del relatore, pur ritenendo meritevole della massima attenzione il secondo capoverso dell'emendamento 1.17 (testo 5) poiché le statistiche confermano come risultino essere gli esercizi commerciali i luoghi maggiormente esposti alle aggressioni criminali.
Il senatore CIRAMI(UDC) osserva che, mentre il primo comma dell'articolo 614 del codice penale sulla violazione di domicilio include anche le pertinenze della privata dimora, l'emendamento del senatore Luigi Bobbio, nell'ipotesi di cui al secondo capoverso, sembrerebbe escluderle, determinando così una discrasia sistematica.
Previe dichiarazioni di voto favorevole dei senatori FASSONE (DS-U) e ZANCAN(Verdi-U), contrario dei senatori LUIGI BOBBIO (AN) e CIRAMI (UDC) e di astensione del senatore DALLA CHIESA(Mar-DL-U), il PRESIDENTE, accertata la presenza del numero legale, pone ai voti l'emendamento soppressivo 1.1, che viene respinto.
In sede di dichiarazione di voto sull'emendamento 1.17 (testo 5), il senatore CIRAMI (UDC) preannuncia il voto favorevole sul primo capoverso dell'emendamento, come da ultimo modificato, e contrario sul secondo capoverso.
Il senatore CALVI(DS-U), nel motivare il voto contrario del suo Gruppo, rileva come le norme all'esame rispondano più ad una esigenza elettoralistica della maggioranza che non ad una effettiva necessità di novazione normativa. Appare infatti asistematico e incoerente introdurre una specificazione di luogo all'interno di una norma di carattere generale qual è l'attuale articolo 614 del codice. Quanto poi alla legittimazione dell'uso delle armi a difesa dei beni quando non vi è desistenza e vi è pericolo, la proposta rischia di non avere senso alcuno, considerate anche le norme attuali in tema di legittima difesa putativa, ovvero di determinare effetti distorsivi inaccettabili.
Pone quindi in evidenza il rischio che l'emendamento, ove approvato, produca effetti non desiderati aggravando la posizione della vittima chiamata in sede processuale a dover giustificare e dimostrare l'avvenuta o non avvenuta desistenza dell'aggressore.
Infine, sottolineata la circostanza che con questo provvedimento si pone in atto un tentativo surrettizio di anticipazione della riforma del codice, ribadisce che, ove si volesse seriamente porre mano ad un miglioramento non strumentale dell'articolo 52 del codice, così come una sensibilità sociale sempre crescente sembra richiedere, il suo Gruppo non farebbe certo mancare il suo contributo.
Interviene successivamente il senatore ZANCAN (Verdi-U), il quale considera di particolare gravità il fatto che, all'interno di norme di carattere generale, si stia cercando di introdurre eccezioni riferibili non ad una categoria soggettiva ma, addirittura, a categorie di spazio e luogo, restando peraltro incomprensibile la ragione per cui la presunzione di proporzione debba valere per un determinato luogo e non per altri.
Dal punto di vista degli effetti processuali l'emendamento produrrà poi necessariamente processi più lunghi e aggravi a carico dell'aggredito chiamato a dover dimostrare la sua reazione sulla base della mancata desistenza e dell'effettivo pericolo corso.
Annuncia in conclusione il suo voto contrario.
Il senatore CENTARO (FI), nel respingere alcune dichiarazioni malevole sui tempi d'esame del provvedimento, richiama l'attenzione sul fatto che la Commissione ha iniziato a dibattere sull'argomento ben prima degli annunci del Ministro della giustizia sulla riforma del codice, nonché sulla circostanza che la riforma dell'articolo 52 del codice è all'attenzione delle forze politiche e del Paese da lunga data, considerato l'attuale sbilanciamento della giurisprudenza a favore dell'aggressore. Affermato che la suddivisione dei beni da difendere (incolumità e beni materiali) appare condivisibile e rispondente agli obiettivi da perseguire, rileva che ove l'opposizione intendesse proporre, in Assemblea, proposte indirizzate verso una maggiore tutela dell'aggredito, certamente queste troverebbero favorevole accoglimento da parte della maggioranza.
Ha quindi la parola il senatore LUIGI BOBBIO (AN) per respingere le accuse sulla improvvisa accelerazione dell'esame del disegno di legge alla quale si sarebbe prestata la Commissione su pressioni esterne alla stessa e per ribadire che la necessità di una riforma è imposta da una realtà sociale degradata che espone i cittadini ad una devastante insicurezza e a gravi pericoli. Si tratta allora di agire normativamente al fine di evitare il perpetuarsi di una giurisprudenza altalenante e di riservare una specifica attenzione ai luoghi dove concretamente più alti sono i rischi presumendo la sussistenza del rapporto di proporzione tra l'offesa e la difesa quando la condotta dell'aggressore si colloca al loro interno. Dichiara infine di non concordare con quanti hanno fatto riferimento ai lavori della commissione Nordio per sostenere l'asistematicità dell'intervento che la Commissione sta operando, per la ragione che l'articolo 52 si configura come una norma eccezionale, in sé conclusa e quindi modificabile anche prima delle conclusione della suddetta commissione di studio.
Il senatore DALLA CHIESA (Mar-DL-U), nell'annunciare il voto di astensione a nome del suo gruppo, riconosce che l'esame dei disegni di legge in titolo risponde ad un'esigenza di maggior tutela dei cittadini indubbiamente fondata, ma che non può, al contempo, disconoscersi come la sua accelerazione nelle ultime giornate tragga origine da precisi fatti di cronaca. Nel merito giudica necessario l'intervento normativo proposto e rileva favorevolmente come risulti essere stata recepita una delle obiezioni da lui stesso esplicitate in precedenza in relazione alla necessità di prevedere congiuntamente la non desistenza e il pericolo, quali cause giustificative del ricorso alle armi. Tuttavia deve evidenziare come, rispetto al testo originario del disegno di legge n. 1899, di cui è primo firmatario il senatore Gubetti, sia scomparso il riferimento alle armi legalmente detenute e alla prescrizione di mirare a parti non vitali del corpo dell'aggressore. Tali lacune lo inducono a ritenere ancora ambigua la norma, oltreché suscettibile di favorire un considerevole aumento di richieste di porto d'armi, aspetti questi sui quali non può che esprimersi un giudizio negativo.
Il presidente Antonino CARUSO (AN) sottolinea che l'indubbia celerità con la quale la Commissione sta portando avanti l'esame del provvedimento è stata originata esclusivamente dalla volontà di valorizzare il lavoro svolto ormai da qualche mese dalla stessa.
Ha quindi la parola il senatore AYALA (DS-U) il quale, nell'annunciare in dissenso dal suo Gruppo la propria astensione sull'emendamento 1.17 (testo 5), giudica preliminarmente senz'altro necessario il tentativo che si sta compiendo di intervenire su una norma ormai vecchia di oltre settanta anni. Nell'esprimere altresì la consapevolezza che ci si debba avvicinare alla materia senza pregiudizio alcuno, non può però non criticare il modo specifico con il quale si intende risolvere un problema tanto delicato.
In particolare, l'impressione più diffusa è che, nei casi di cui trattasi, pesi maggiormente il disagio del processo cui è soggetto l'aggredito più ancora che il rischio della condanna, come peraltro evidenziato nella relazione di accompagnamento al disegno di legge n. 1899. Infatti, se le statistiche dimostrano che gli esiti dei processi per legittima difesa hanno avuto un esito scontato nella stragrande maggioranza dei casi concludendosi nei gradi di merito, il problema reale da affrontare è allora quello di evitare agli aggrediti il processo. Ebbene, l'emendamento del senatore Luigi Bobbio certamente non evita il processo, mentre non esita ad utilizzare una tecnica legislativa che non ha precedenti con il circoscrivere l'ambito di operatività di una scriminante in relazione alla previsione di una fattispecie incriminatrice speciale.
Criticabile è poi la formulazione dell'emendamento nella parte in cui distingue la difesa dell'incolumità, da una parte, e quella dei beni dall'altra. Nel primo caso, la specificazione è senz'altro pleonastica, non essendo mai stata in dubbio la possibilità di difendersi da minacce all'incolumità personale, mentre nel secondo la non desistenza e il pericolo che motivano l'uso delle armi a difesa dei propri beni richiederebbero nella fase processuale una laboriosa e difficile opera di acquisizione probatoria, il che tra l'altro finirà per rendere ancora più gravosa in questa sede la situazione di colui che è stato costretto a difendersi.
Le considerazioni che precedono rendono quindi evidente che il testo che la Commissione si accinge a varare è soprattutto lo strumento di un'operazione elettoralistica: un altro manifesto gigante sui muri delle città italiane, senza che da ciò i cittadini possano sperare di trarre alcun reale beneficio.
Il presidente Antonino CARUSO dispone che si proceda alla votazione per parti separate dell'emendamento 1.17 (testo 5) nel senso di porre in votazione prima la parte dell'emendamento dall'inizio dello stesso fino alle parole "pericolo d'aggressione" e quindi la restante parte dell'emendamento.
Posta ai voti, è approvata la prima parte dell'emendamento 1.17 (testo 5) come da ultimo modificata.
Posta ai voti, è respinta la seconda parte dell'emendamento 1.17 (testo 5).
Posto ai voti, è approvato l'emendamento 1.17 (testo 5) nel suo complesso.
Risultano conseguentemente preclusi tutti i restanti emendamenti riferiti all'articolo 1.
Il presidente Antonino CARUSO avverte che si passerà alla votazione sul conferimento del mandato al relatore.
Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto contrario ribadendo l'inaccettabilità di qualsiasi soluzione che finisca per porre sullo stesso piano i beni materiali, da un lato, e quelli della vita e dell'incolumità fisica, dall'altro.
Il senatore FASSONE (DS-U) annuncia il proprio voto contrario, evidenziando che la vera novità del testo approvato dalla Commissione va individuata nella circostanza che lo stesso autorizza l'aggredito a reagire ad una minaccia ai propri beni con una condotta che può arrivare anche a determinare la morte dell'aggressore. Questo risultato, come da lui già sottolineato nel suo intervento nella seduta di ieri, viene conseguito con una soluzione tecnicamente insostenibile rappresentata dal ricorso a una forma di presunzione juris et de jure che, nel caso di specie, risulta incompatibile con il principio di ragionevolezza.
Sotto un diverso profilo poi la nuova disposizione appare congeniata, per quel che concerne in particolare la lettera b), nel senso di presupporre sempre e comunque per l'aggredito la possibilità di rivolgere un invito a desistere all'aggressore, eventualità questa che in molte situazioni concrete può invece risultare del tutto esclusa.
Conclude ribadendo l'invito alla maggioranza, invito anch'esso già formulato nella seduta di ieri, a valutare la possibilità di un ripensamento della norma sulla legittima difesa piuttosto nel senso che il requisito della proporzione debba ritenersi sussistente tutte le volte in cui la difesa non risulti manifestamente sproporzionata rispetto all'offesa.
Il relatore ZICCONE (FI), nell'evidenziare che la maggioranza è senz'altro disponibile a valutare, nell'ulteriore iter dei disegni di legge in titolo, la possibilità di un miglioramento del testo che la Commissione si accinge a licenziare anche alla luce dei suggerimenti formulati dai rappresentanti dell'opposizione nel corso del dibattito svoltosi, ritiene però che in questo momento sia essenziale richiamare l'attenzione sul fatto che la scelta di fondo che la Commissione sta effettuando testimonia, sul piano della politica legislativa, una nuova e maggiore attenzione per i diritti di chi è vittima della commissione di un reato, diritti che in nessun caso possono essere posti sullo stesso piano di quelli dell'aggressore.
Il senatore LUIGI BOBBIO (AN) annuncia il voto favorevole.
La Commissione conferisce infine mandato al relatore a riferire in senso favorevole sul disegno di legge n. 1899, con le modificazioni apportate nel corso dell'esame, e a proporre in esso l'assorbimento del disegno di legge n. 2287 autorizzandolo altresì a richiedere lo svolgimento della relazione orale.
La seduta termina alle ore 14,30.
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1899
Art. 1.
1.17 (testo 5)
Bobbio Luigi
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 1. – All’articolo 52 del codice penale, sono aggiunti i seguenti commi:
“Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al comma precedente se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale“».
1.50 (testo 3)
Il Relatore
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 1. – All’articolo 52 del codice penale, sono aggiunti i seguenti commi:
“Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al comma precedente se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e per difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o vi è pericolo d’aggressione“».
AFFARI COSTITUZIONALI (1a)
Sottocommissione per i pareri
MARTEDI' 17 FEBBRAIO 2004
169ª seduta
Presidenza del Presidente
FALCIER
La seduta inizia alle ore 14,35.
(omissis)
(1899) GUBETTI ed altri.- Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio, fatto proprio dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento
(2287) Paolo DANIELI. - Riforma dell'istituto della legittima difesa
(Parere alla 2ª Commissione. Esame congiunto. Parere non ostativo con osservazioni sul ddl n. 1899; parere non ostativo sul ddl n. 2287)
Il relatore BOSCETTO (FI) illustra i disegni di legge in titolo, entrambi finalizzati a ridefinire i limiti entro i quali la reazione in difesa dei propri diritti configura ipotesi di legittima difesa, novellando in tal senso il codice penale. Il disegno di legge n. 2287 esclude l’applicazione del criterio di proporzionalità qualora il pericolo attuale di un’offesa ingiusta sia rappresentata dal porto di un’arma o in caso di violazione del domicilio dell’aggredito. Il disegno di legge n. 1899, invece, qualifica in ogni caso come ipotesi di legittima difesa talune condotte, individuate sia in relazione al bene minacciato – la propria o altrui incolumità, in un caso, i propri o gli altrui beni, nell’altro – sia con riferimento al tipo di reazione offensiva.
Il senatore PIROVANO (LP) rileva come sia incongruo richiedere a una persona che veda aggrediti i propri beni, il proprio domicilio o addirittura la propria incolumità e che non sia abituata all’uso delle armi o comunque di strumenti di difesa, una fredda valutazione e ponderazione delle circostanze in atto e quindi dei comportamenti che può legittimamente porre in essere a propria difesa. Ritiene, a tale proposito, che sarebbero più opportune formulazioni di maggiore elasticità, prevedendosi, ad esempio, che i comportamenti di reazione a una violazione di domicilio costituiscano per ciò stesso esercizio del diritto di legittima difesa.
Il relatore BOSCETTO (FI), anche alla luce delle considerazioni svolte dal senatore Pirovano, propone alla Sottocommissione di esprimere un parere non ostativo sul disegno di legge n. 2287 e di esprimere un parere non ostativo sul disegno di legge n. 1899, invitando tuttavia la Commissione di merito a individuare secondo un criterio di maggiore tassatività le circostanze in presenza delle quali determinati comportamenti difensivi si configurano come legittimo esercizio del diritto di difesa.
La Sottocommissione concorda con il relatore.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
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N. . 1899 e 2287-A
Relazione orale
Relatore Ziccone
TESTO PROPOSTO DALLA 2ª COMMISSIONE PERMANENTE
(GIUSTIZIA)
Comunicato alla Presidenza il 26 aprile 2004
PER IL
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia
di diritto all’autotutela in un privato domicilio (n. 1899)( )
d’iniziativa dei senatori GUBETTI, CIRAMI, CENTARO, CALDEROLI, BUCCIERO, SALZANO, SAMBIN, MALAN, EUFEMI, PERUZZOTTI, PALOMBO, CANTONI, PESSINA, CALLEGARO, BRIGNONE, VALDITARA, MANFREDI, ZORZOLI, COMPAGNA, TIRELLI, SALERNO, CARRARA, MAFFIOLI, MINARDO, NESSA, MUGNAI, D’AMBROSIO, MELELEO, CONSOLO, D’IPPOLITO, FIRRARELLO, IERVOLINO, ULIVI, CRINÒ, BASILE, RIZZI, DE CORATO, TREMATERRA, BOSCETTO, ARCHIUTTI, TATÒ, TUNIS, MARANO, TREDESE, MASSUCCO, GUBERT, PASINATO, MAINARDI, MEDURI, CICCANTI, GIRFATTI, SCARABOSIO, KAPPLER, PICCIONI, FASOLINO, SEMERARO, SALINI, DE RIGO, MAGNALBÒ, ASCIUTTI, GUASTI, CASTAGNETTI, BETTAMIO, COSTA, FAVARO, BIANCONI, CHIRILLI, SCOTTI, COMINCIOLI, MANUNZA, FEDERICI, CORRADO, GUZZANTI, ZICCONE, PASTORE, CONTESTABILE, NOCCO, GENTILE, IZZO e MORRA
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 20 DICEMBRE 2002
———–
CON ANNESSO TESTO DEL
DISEGNO DI LEGGE
Riforma dell’istituto della legittima difesa (n. 2287)
d’iniziativa del senatore DANIELI Paolo
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 MAGGIO 2003
———–
del quale la Commissione propone
l’assorbimento nel disegno di legge n. 1899
PARERE DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)
(Estensore: Boscetto)
17 febbraio 2004
La Commissione, esaminato il disegno di legge n. 2287, esprime, per quanto di competenza, un parere non ostativo.
Esaminato altresì il disegno di legge n. 1899, la Commissione esprime un parere non ostativo, invitando tuttavia la Commissione di merito a individuare secondo un criterio di maggiore tassatività le circostanze in presenza delle quali determinati comportamenti difensivi si configurano come legittimo esercizio del diritto di difesa.
( ) >Disegno di legge fatto proprio, ai sensi dell’articolo 79, comma 1, del Regolamento, dal Gruppo Forza Italia nella 409ª seduta dell’Assemblea del 4 giugno 2003.
DISEGNO DI LEGGE |
DISEGNO DI LEGGE |
D’iniziativa dei senatori Gubetti ed altri |
Testo proposto dalla Commissione |
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Art. 1. |
Art. 1. |
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio) |
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio) |
1. Dopo l’articolo 52 del codice penale è inserito il seguente: |
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma: |
«Art. 52-bis. (Diritto all’autotutela in un privato domicilio) – Nel contrastare una violazione di domicilio finalizzata allo scopo di commettere altri reati, si configura in ogni caso come legittima difesa la condotta di chi: |
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere: |
a) vedendo minacciata la propria o altrui incolumità, usa un’arma legalmente detenuta o qualsiasi altro mezzo idoneo per dissuadere o rendere sicuramente inoffensivo l’aggressore; |
a) la propria o altrui incolumità; |
b) vedendo minacciati i propri o altrui beni e constatata l’inefficacia di ogni invito a desistere dalla azione criminosa, per bloccarla usa qualsiasi mezzo idoneo o un’arma legittimamente detenuta, mirando alle parti non vitali di chi persiste nella minaccia». |
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione». |
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DISEGNO DI LEGGE N. 2287
D’iniziativa del senatore Danieli Paolo
Art. 1.
1. Dopo l’articolo 52 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 52-bis. - (Esclusione del criterio di proporzionalità). – Non si dà luogo al criterio di proporzionalità, di cui all’articolo 52, qualora il pericolo attuale di un’offesa ingiusta sia rappresentato dal porto di un’arma o in caso di violazione del domicilio dell’aggredito».
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SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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409a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 4 GIUGNO 2003 |
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Presidenza del vice presidente CALDEROLI |
La seduta inizia alle ore 16,03.
(omissis)
Disegno di legge (1899) fatto proprio da Gruppo parlamentare
MALAN (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FI). Signor Presidente, spero che il momento sia corretto.
Ai sensi dell’articolo 79 del Regolamento, comunico che il Gruppo Forza Italia fa proprio il disegno di legge n. 1899, a firma del senatore Gubetti ed altri, per ogni effetto derivante da tale articolo.
PRESIDENTE. Il momento è corretto, senatore Malan.
Ne prendo atto a tutti i conseguenti effetti regolamentari.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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668a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 6 OTTOBRE 2004 (Pomeridiana) |
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Presidenza del vice presidente SALVI, indi del vice presidente FISICHELLA |
(omissis)
Discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Il relatore, senatore Ziccone, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
ZICCONE, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge d'iniziativa del senatore Gubetti ed altri, che incorpora analogo disegno di legge presentato dal senatore Paolo Danieli, affronta una questione molto dibattuta per decenni, che ha trovato periodicamente l'opinione pubblica molto divisa per la problematicità della questione. Si tratta di individuare con esattezza i confini del cosiddetto diritto di autotutela nella legittima difesa.
La questione è ovviamente delicata anche per il fatto di intervenire su temi di parte generale del diritto penale che, come è noto, sono spesso collegati a teorie generali e ad aspetti sistematici dell'ordinamento, per cui la riflessione è d'obbligo e bisogna intervenire con molta attenzione.
La questione riguarda il modo in cui si possono difendere alcuni beni e i limiti entro i quali questi beni possono essere difesi. Tali beni possono essere l’incolumità personale oppure, come avviene normalmente, i beni patrimoniali.
Questo provvedimento nasce anche dalla constatazione di un’incertezza, ripetuta e costante, della giurisprudenza. Infatti, sono note ipotesi in cui soltanto alla fine di un iter processuale lungo e faticoso, pervenuto alla pronunzia della Corte di Cassazione, colui il quale è stato aggredito in casa propria, anche attraverso minacce di violenza fisica e che si è difeso con strumenti ritenuti inadeguati e non proporzionati in un primo tempo, ha poi ottenuto questo riconoscimento. Il tutto, però, alla fine di un processo costato sacrifici, fatica e patema d’animo alla vittima.
Il presunto disegno di legge interviene sostanzialmente per precisare i limiti della proporzionalità. Come è noto, infatti, la legittima difesa è consentita soltanto entro i limiti della proporzione rispetto alla offesa, come richiede espressamente l’articolo 52 del codice penale.
Si tratta di un’aggiunta al suddetto articolo che, in un secondo comma, indicato e contenuto nel presente disegno di legge, stabilisce che nell’ipotesi in cui l’aggressione ai beni dell’incolumità fisica o a quelli patrimoniali avvenga con la contemporanea violazione del domicilio (una situazione che presenta pericoli e produce turbamento con sensazione di paura e sconvolgimento della vittima) sono permesse reazioni con la certezza che queste non assoggetteranno la vittima che si è difesa a procedimento penale, come invece qualche volta è avvenuto. Ad esempio, è previsto che possa essere usata un’arma o altro mezzo idoneo quando si è aggrediti in casa propria, previa violazione di domicilio, e ci si difende per la minaccia attuale e incombente della propria o altrui incolumità.
Viene poi inserita un’altra ipotesi, che ha suscitato maggiori discussioni in Commissione e che alla fine ha trovato una soluzione equilibrata tra le varie tesi contrastanti emerse nel corso del dibattito, relativamente ai beni patrimoniali. In relazione ad essi, la difesa è consentita, nel senso che la reazione si considera comunque proporzionata, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.
Si tratta di termini molto tecnici che, da un lato, servono ad escludere alcune situazioni che potrebbero suscitare reazioni allarmate per un eccesso del principio della legittima autotutela e del diritto di difesa e, dall’altro, costituiscono indicazioni che non sono quelle ovvie di un pericolo incombente e forte per la propria incolumità individuale. In questa ipotesi, infatti, nessuno ha mai messo in discussione che l’aggredito possa reagire anche con la violenza fisica.
La prima ipotesi (cosa vuol dire "non vi è desistenza?") è l'ipotesi che qualche volta si è presentata nella pratica (e queste situazioni meritano, secondo il disegno di legge, il permanere nella punizione), quella in cui, ad esempio, il ladro che si è introdotto a tarda sera o durante la notte nell'appartamento di una persona, vedendo che il proprietario si è accorto della sua presenza, scappi o si appresti a fuggire.
In questa ipotesi è chiaro che la reazione dell'aggredito, per il solo fatto di essere stato soggetto passivo di una violazione di domicilio, con un'arma, o con la violenza non è consentita perché ancora oggi si ritiene non proporzionata una eventuale offesa all'incolumità fisica dell'aggressore spinti dall'esigenza di bloccarlo, di punirlo o di vendicarsi.
L'altra ipotesi è il pericolo di aggressione che non corrisponde all'aggressione attuale, perché altrimenti la norma sarebbe quasi inutile. Si indica una situazione nella quale non è esclusa la possibilità dell'aggressione ed è quindi giustificata la reazione, secondo l'esperienza e secondo la sensibilità comuni, così come è negli altri Paesi europei.
Con questo disegno di legge ci avviciniamo quindi alla disciplina degli altri Paesi europei, che è stata sempre, rispetto all'ordinamento italiano, di maggior tutela dell'aggredito rispetto all'aggressore.
Nell'ipotesi in cui c'è questo pericolo di aggressione è giustificata la reazione del soggetto impaurito e che teme per la propria incolumità anche nell'ipotesi in cui - ripeto - l'aggressione è soltanto un pericolo, una possibilità, ma non è nella fase di attuazione. Infatti in quest’ultima fase, nell'ipotesi in cui l'aggressore, il rapinatore o il ladro abbia già sparato, evidentemente l'uso dell'arma da parte dell’aggredito non avrebbe più alcun valore.
Queste sono le ragioni per le quali questo disegno di legge è stato approvato dalla Commissione, con i contenuti che ho illustrato; esso è stato il frutto di una elaborazione approfondita per la necessità di introdurre alcune limitazioni e per evitare che potesse esserci la sensazione di una sorta di libertà di uso dell'arma. Così non è; eventuali modifiche saranno introdotte con emendamenti che sono già stati annunciati da parte di vari parlamentari. (Applausi dal Gruppo FI).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, mi rincresce per i colleghi dover intervenire a quest'ora, ma il disegno di legge in titolo è di così straordinaria importanza e delicatezza che mi sembra sin da subito lo si debba approcciare anche sul piano costituzionale.
Desidero pertanto sollevare un'eccezione di costituzionalità con riferimento all'articolo 2 della Carta costituzionale ("La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo"), in rapporto al testo dell'articolo 1 del disegno di legge, ove si prevede che sia proporzionale, e quindi lecito, l'uso della violenza quando l'aggressione riguardi i beni propri o altrui e quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione.
In buona sostanza, si dice che è proporzionale l'utilizzo della violenza, anche armata, rispetto ad un'aggressione di meri beni, che non sia desistita da parte dell'aggressore. Non mi si può dire che la locuzione finale "pericolo di aggressione" si riferisce alla persona perché la lettera a) prevede che vi sia proporzione quando è in discussione la propria o l'altrui incolumità. Allora, dalla distinzione, dalla separazione delle due lettere si intende che nella lettera a) si ha riferimento alla propria e altrui incolumità, e nella lettera b) si ha invece riferimento all'incolumità dei beni non desistita, anzi continuata ad aggredire.
Allora, signori colleghi, non mi importa affatto che un voto pregiudiziale liquidi la pregiudiziale di costituzionalità, ma qui mi sembra che dobbiamo affrontare con estrema serietà (e quindi la pregiudiziale mi serve anche come sottolineatura dell’importanza della questione) se sia lecito, ovverosia se sia a priori proporzionale difendere con la violenza anche armata l’aggressione ai beni se avviene in un contesto di violazione del domicilio.
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, all’articolo 2 (rivisitazione e attuazione, com’è noto ai colleghi, dell’articolo 2 della nostra Costituzione), comma 1, recita: "Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale, pronunziata da un tribunale (…)". Interessa il comma 2: "La morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario (…)".
Allora, la norma della Convenzione europea sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 recepisce e sussume quei due fondamentali articoli del nostro codice penale, il 54 e il 52, che sono uno straordinario portato della nostra dottrina giuridica.
Ricordo ai signori colleghi che gli articoli 52 e 54 sono passati indenni negli anni, nel tempo, attraverso le pronunzie e le eccezioni di incostituzionalità e hanno resistito grazie a un concetto di proporzione che è veramente vanto della dottrina e dell’insegnamento giurisprudenziale italiano.
Ora, questa norma del disegno di legge al nostro esame stravolge l’articolo 52 di cui sopra, perché dice che vi è proporzione presunta nei confronti di chi, violando il domicilio, aggredisce i beni.
Allora, la questione serissima è la seguente: può essere messa in gioco la vita umana da un’aggressione dei beni? È tutto questo compatibile con la nostra Carta costituzionale? Possiamo noi dire che se il ladruncolo è sulla pianta di ciliegio e malavverte o non sente il richiamo a desistere può essere abbattuto?
Possiamo dire che il ladro il quale, trovato all’interno di un domicilio, non alza le braccia e non scappa immediatamente può essere abbattuto in forza di una legge che quindi non rende più inviolabile il diritto alla vita, che è il primo dei diritti della persona umana, così come rivisitato, esplicitato e concretizzato nella Convenzione di Roma del 1950?
Possiamo accettare che venga modificato quello straordinario principio di civiltà costituito dal rapporto di proporzione tra l’offesa e la difesa, rapporto che non può mai fare l'enorme salto qualitativo tra i beni (i "luppini" di verghiana memoria) e la vita umana o il pericolo della vita umana o la lesione di un’altra persona? Possiamo accettare tutto questo e non ritenere che tutto questo abbatta uno dei diritti fondamentale della nostra Carta costituzionale, ovverosia il diritto all’inviolabilità della persona?
Possiamo veramente per demagogiche, "pancistiche" ed elettorali ragioni andare così indietro nella nostra civiltà? Possiamo dire che tutto questo è lecito, è consentito, è televisivamente utile? Il televisivamente utile ci interessa né poco, né punto.
Qui noi abbiamo di fronte un salto di qualità tra due beni che non sono mai comparabili e mai messi in rapporto di proporzione: la vita e la cosa, la vita umana e l’utilità, la vita umana e il bene. I beni, per carità, sono certamente rispettabilissimi, la casa, la ricchezza, il denaro e quant’altro, ma quando c’è in gioco la vita, quando si attenta alla vita, allora, signori colleghi, stiamo veramente attenti.
Qui noi mettiamo addirittura in dubbio ciò che dice la Carta costituzionale all’articolo 2, ovverosia che i diritti dell’uomo sono inviolabili e tra questi c’è prima di tutto il diritto alla vita, alla sua integrità fisica.
Per queste ragioni, chiedo ai colleghi di non voler disdegnare la questione pregiudiziale da me proposta, che affido al giudizio dell’Aula.
PRESIDENTE. Poiché nessuno chiede di intervenire, metto ai voti la questione pregiudiziale, presentata dal senatore Zancan.
Non è approvata.
Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
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SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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676a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDÌ 19 OTTOBRE 2004 (Antimeridiana) |
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Presidenza del vice presidente DINI, indi del vice presidente MORO |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Ricordo che nella seduta pomeridiana del 6 ottobre il relatore ha svolto la relazione orale, è stata respinta una questione pregiudiziale ed è stata dichiarata aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Fassone. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, il tema in discussione ha formato oggetto di ampi contrasti in Commissione e anche al di fuori delle Aule parlamentari.
Si tratta di un intervento pesante, molto innovativo e radicale nella materia della legittima difesa e credo che, al di là della passione politica che anima gli opposti schieramenti e che è del tutto comprensibile, vada esaminato spassionatamente, non trascurando affatto la dimensione politico-sociale che sottende questo intervento, cioè la reiterata e grave aggressione della criminalità individuale nei confronti del cittadino, ossia il diffondersi dei cosiddetti reati predatori.
Tuttavia, si rende necessario inquadrare il tutto, per quanto possibile, in una prospettiva più ampia, eventualmente anche di natura storica, e soprattutto attenta a quella prudenza che il legislatore deve sempre usare; in particolare, il legislatore penale che interviene su strumenti di collaudo millenario.
Il disegno di legge al nostro esame si connota per quattro caratteristiche specifiche. Esso interviene in aggiunta alla norma che descrive l’istituto della legittima difesa in chiave generale e prevede alcuni elementi derogatori, eccezionali, che riassumerei in quattro.
Il primo elemento è quello di tipo ambientale: circoscrive l’intervento ai casi previsti dall’articolo 614 del codice penale, cioè alle situazioni in cui l’aggressione avviene nell’abitazione o in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essa (è quindi una precisa distinzione, per così dire, topografica).
Il secondo elemento specificante si occupa, in particolare, dell’uso dell’arma: la fattispecie discriminante generale prevede il mezzo genericamente parlando; anche in questo caso si parla di mezzo, ma con particolare attenzione all’arma, perché è l’uso di quest’ultima quel che si vuole legittimare.
Il terzo elemento qualificante è l’introduzione esplicita di una correlazione tra la vita dell’aggressore e i beni dell’aggredito, perché si intende scriminare, cioè giustificare, l’uso dell’arma per la difesa non soltanto della propria o altrui incolumità (parlo, ovviamente, in capo all’aggredito), ma anche dei beni propri o altrui.
Quindi, ripeto, individuazione di un luogo, individuazione di uno strumento (l'arma), introduzione di una netta correlazione tra la vita dell'aggressore e i beni dell'aggredito e, infine - soluzione decisamente eversiva - l'affermazione, iuris et de iure, di un rapporto di proporzione tra l'uno e l'altro bene quando ricorrono determinati elementi specificanti, e cioè la prima - e a quanto mi consta unica - situazione in cui il rapporto di mediazione del giudice che deve valutare se in una certa situazione ricorrono gli estremi di legge è sostituito da una valutazione autoritaria fatta dal legislatore. Quando ci sono quei presupposti, il rapporto di omologazione tra vita e beni è affermato perentoriamente e il giudice non lo può negare.
Ciò è veramente molto grave, onorevoli colleghi, non solo perché sconvolge il sistema penale (e passi: i sistemi possono sempre essere modificati), ma perché sconvolge un costume, e questo non deve passare; non deve passare l'affermazione che, secondo la legge, vita e beni hanno sempre lo stesso valore.
Ecco perché credo che in questo momento e in questa sede, in cui disponiamo di un po' di tempo per la meditazione, non essendo pressati dal clamore di un fatto di cronaca avvenuto proprio ieri che sconvolge le nostre emotività, è necessaria una riflessione per quanto possibile anche lumeggiata da ciò che abbiamo alle spalle. Infatti - come fu detto - noi siamo dei nani sulle spalle di giganti e, se anche non vogliamo postulare che gli altri siano giganti, siamo comunque gli ultimi di una lunga catena e dobbiamo quindi avere attenzione.
A me pare non inutile ricordare che il problema della legittima difesa ha radici plurimillenarie. Il primo spunto che ho trovato - ma è possibile ce ne siano altri, ovviamente - è nell'Esodo. Chi ha frequentazione con le Scritture ricorda che il capitolo 22 dell'Esodo - quindi, circa duemilaottocento anni orsono - afferma, appunto, questa situazione con una distinzione interessante, ossia: se un ladro sarà trovato a forzare una porta o a sfondare un muro e verrà ferito a morte, il feritore non sarà colpevole del sangue di lui, ma se l'avrà fatto dopo levato il sole ci sarà per lui la vendetta di sangue.
È la prima distinzione tra il fur diurnus e il fur nocturnus, tra il ladro di giorno e il ladro di notte. Nel caso del ladro di giorno, prevale la regola fondamentale: "tu non ucciderai"; nel caso del ladro notturno, invece, la regola è diversa. È difficile decifrarne in fondo la causale: forse perché di notte c'è l'elemento sorpresa, c'è l'incertezza sulle dimensioni dell'aggressione, c'è il buio (a quei tempi non c'erano le forme di organizzazione sociale di oggi), c'è la mancanza di un aiuto esterno sul quale eventualmente fare affidamento chiedendo soccorso. Quindi, la deroga nei confronti del ladro notturno è ammessa, ma non è ammessa perentoriamente nei confronti del ladro diurno.
La stessa regola troviamo in Ulpiano, oltre un millennio dopo: "Furem nocturnum si quis occiderit, ita demum impune feret, si parcere ei sine periculo suo non potuit". Se uno uccide il ladro di notte lo fa impunemente, ma - qui c'è la notazione ulteriore che emerge - solo se non può risparmiarlo senza suo rischio.
Ecco che si affaccia il concetto di proporzione, cioè mentre da un lato è rigorosissimo il principio del "non uccidere" (e bisognerà aspettare Tommaso d'Aquino che, attraverso la sua sistematica, afferma che l'aggressore si pone contro l'ordine naturale delle cose, mentre l'aggredito gli risponde coerentemente con l'ordine e quindi non è punibile se respinge, sia pur con la violenza, l'aggressione), mentre si intrecciano questi due filoni di pensiero ed evolve quindi in senso più ampio la possibilità della difesa, ecco che si introduce il concetto - che sarà vitale in tutta la sequenza delle elaborazioni successive - di proporzione.
Siamo tutti consapevoli che non viviamo nel 500 dopo Cristo e nemmeno nel 1200, bensì nel XXI secolo e la criminalità evolve. Nessuno di noi intende nascondersi dietro affermazioni categoriche e di principio. Dallo stereotipo di una certa letteratura per cui il ladro d'alloggio era descritto con il sacco e la pila, si è passati ad un altro stereotipo, quello di una criminalità normalmente armata, disponibile a rimuovere, anche a prezzo della vita, la resistenza alla sua aggressione. È allora certamente necessario affinare l'elaborazione anche alla luce dell'evolvere della criminalità che si vuole contrastare e questo è stato fatto, onorevole collega relatore.
Il testo al nostro esame sembra ritenere che tutto il discorso dottrinario e giurisprudenziale svoltosi per decenni - non voglio dire secoli - non sia sufficiente. Invece, a mio giudizio, è largamente sufficiente a fronteggiare proprio la minaccia, l'aggressione, il pericolo, il dramma sociale che il disegno di legge dichiara di voler contrastare con mezzi nuovi.
Ci basti ricordare la distinzione - che ha ormai decenni alle spalle - tra la nozione di proporzione quale è presente nell'istituto della legittima difesa e la stessa nozione di proporzione quale è presente nell'altra esimente, lo stato di necessità. Nella legittima difesa, infatti, si chiede che la stessa sia proporzionale all'offesa, nello stato di necessità si chiede che il fatto di colui che reagisce sia proporzionale al pericolo.
La distinzione è stata fatta da tempo, non solo ieri e l'altro ieri: nello stato di necessità sono presenti due situazioni entrambe incolpevoli. Sia colui che viene sacrificato, sia colui che produce il sacrificio non versano al di fuori di una situazione di legittimità; vi è, semplicemente, una situazione pressante, cogente, che impone il sacrificio di uno e si richiede allora che il nesso di proporzione sia rigorosamente uguale: solo se è in pericolo la mia vita posso sacrificare la vita dell'altro. L'esempio classico che troviamo nei libri è quello degli alpinisti in cordata: quando la corda non è in grado di reggere due soggetti, chi è sopra taglia chi è sotto perché è in pericolo la sua vita come la vita dell'altro.
Nella legittima difesa il rapporto è nettamente diverso: il valore della vita dell'aggressore è certamente minore del valore della vita dell'aggredito. L'aggressore si pone fuori della sfera di legittimità e quindi tutti i beni di cui egli è portatore hanno assiologicamente un valore minore dei beni dell'aggredito. La giurisprudenza ha fatto tesoro di questo, ha già anche recepito il vero obiettivo del disegno di legge in questione: la cosiddetta legittima difesa preventiva.
L'argomentazione più volte ricorsa durante la discussione in Commissione è la seguente: non possiamo aspettare che l'aggredito venga ucciso per verificare che l'aggressore aveva intenzione di uccidere. A quel punto, la legittima difesa sarebbe un blasone inutile e sono del tutto d'accordo, ma la giurisprudenza ha già ripetutamente riconosciuto in questi casi la possibilità di applicare l'esimente della legittima difesa attraverso l'utilizzo di un altro strumento, l'articolo 59 del codice penale, che prevede la putatività: se il contesto, univocamente interpretato, lascia intendere che l'aggressore è armato e non esiterebbe a far uso dell'arma, effettivamente non si attende che questi abbia iniziato l'aggressione per giustificare la risposta preventiva dell'aggredito.
Attraverso la mediazione del concetto di proporzione, attraverso la consapevolezza che la proporzione non va intesa in senso rigoroso perché i due soggetti hanno una dignità diversa, attraverso l'utilizzo dell'esimente putativa che permette di coprire anche la reazione preventiva, la dottrina e la giurisprudenza hanno già fatto ampio uso di tutti gli strumenti possibili per fronteggiare anche quelle aggressioni che il disegno di legge asserisce di voler contrastare in modo più efficace.
Allora, la conclusione è che il disegno di legge da un lato non risponde alle situazioni veramente oggetto di contrasto e dall’altro apre invece varchi pericolosi nel costume sociale.
Perché non risponde a tali situazioni? Innanzitutto, direi, per una questione topografica. Sappiamo, infatti, che gran parte delle aggressioni che turbano la nostra emotività e la nostra coscienza sociale avvengono al di fuori dell’abitazione nel senso tecnico: l’aggressione nel chiosco del benzinaio, quella nei locali della banca al di qua dei banconi, la stessa aggressione alla farmacia e all’oreficeria, quando perpetrate all’esterno, non rientrano in questa nozione. Quindi, il disegno di legge, pericoloso per altri versi, rischia di essere inutile a fronte delle situazioni che più ci turbano e che hanno in effetti punteggiato la cronaca di episodi clamorosi e gravi.
In secondo luogo, il disegno di legge non risponde a quella che è la dinamica normale. In una situazione di aggressione, normalmente l’aggressore si premunisce ed è in posizione di superiorità fisica; l’aggredito normalmente non è in grado di rispondere, perché viene immobilizzato, narcotizzato, perché in qualsiasi modo viene posto nell’impossibilità di reagire efficacemente.
Tale possibilità sorge normalmente solo dopo la perpetrazione dell’illecito, quando l’aggressore si distacca dall’aggredito e si allontana, ma in questo caso non siamo più nella situazione tipica della legittima difesa (anche se qualche sentenza giurisprudenziale l’ha riconosciuta) e - dico io - non siamo in questa situazione perché normalmente tale reazione aggressiva, già limitata dall’articolo 53 nei confronti del pubblico ufficiale, a maggior ragione deve ritenersi preclusa nei confronti del privato che pubblico ufficiale non è.
Non siamo affatto insensibili all’esigenza che il disegno di legge dichiara di voler soddisfare, tant’è vero che abbiamo proposto, proponiamo ancora e proporremo, quando sarà il momento, una modifica su cui richiamo l’attenzione, perché potrebbe rappresentare davvero un punto di mediazione fra una preoccupazione reale ed un eccesso di risposta altrettanto reale.
A nostro avviso, se vogliamo dare un segnale, esso non deve essere del tipo "in casa vostra sparate quando vi pare", tanto più se la casa comprende anche le pertinenze, il parco, il giardino, il territorio agricolo circostante, il che produrrebbe veramente squilibri terrificanti.
Noi diciamo: in queste situazioni particolari che avete voluto prendere in considerazione, cioè l’abitazione, il domicilio, questa dimora alla quale tutti siamo più sensibili come esigenza di difesa, non si richiede il concetto di proporzione qual è preteso dalla norma nel suo impianto tipico, ma si richiede semplicemente che l’offeso usi un mezzo idoneo che non sia manifestamente sproporzionato all’offesa.
È una soluzione già adottata da altri ordinamenti che avrebbe un grande valore di segnale, nel senso che direbbe alla giurisprudenza: attenzione, quando l’aggressione avviene nell’abitazione o in situazioni equipollenti, cerca di essere ancora più sensibile a quella che è la dinamica dell’aggressione.
Se la nostra proposta di modifica sarà accolta (è chiaro, me ne rendo conto), cambierà di molto l’assetto dell’intervento, ma a mio giudizio si raggiungerà l’obiettivo. Altrimenti, realizzerete un altro obiettivo che non può certamente trovarci consenzienti: l’omologazione tra il valore della vita e quello del patrimonio, un principio che domani potrà portare, ad esempio, ad un rifiuto delle cure perché troppo costose o ad altre situazioni di questo genere. Quando sanciamo un principio di tipo assiologico non sappiamo mai quali siano le conseguenze alle quali la sua affermazione può portare.
Con questo disegno di legge non avrete né meno procedimenti a carico dell’aggredito, né meno ladri nelle abitazioni. Non avrete meno procedimenti, perché per accertare l’esistenza dei requisiti un procedimento dovrà comunque essere aperto. Non avrete meno ladri nelle abitazioni, ma avrete semplicemente più ladri disposti a sparare per primi.
In conclusione, penso che una qualche riflessione si debba ancora fare prima di approvare questo provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malabarba. Ne ha facoltà.
MALABARBA (Misto-RC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi si consenta di affrontare questo provvedimento, peraltro brevissimo, non tanto sul piano giuridico, già affrontato dal collega Fassone e che sarà poi ripreso dal collega Zancan e da altri colleghi, quanto sul piano più prettamente politico ed anche, se vuole, dell’idea di società che lo sottende.
Innanzitutto, bisogna ammettere che questo Governo non smette di stupirci in materia di diritti. Quello della maggioranza sembra un frenetico e meticoloso lavoro per violarli tutti! Il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto alla pensione: sono tutti sottoposti alla tortura di voi che ne stravolgete il senso, riducendoli a espressioni vuote, di cui spesso si rischia di dimenticare il significato.
Ma oggi vi state superando. Quello che state tentando di violare con una legge terribilmente regressiva e dai contorni ossessivamente giustizialisti è il diritto fondamentale di vivere, difeso dalla Costituzione italiana nell'articolo 2. Principio difeso anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che riprende apertamente quel passaggio della Costituzione del nostro Paese, considerato uno dei punti più avanzati della nostra dottrina giuridica. Forse da domani bisognerà usare il passato per questo aspetto.
Il vostro disegno di legge propone un pericoloso paragone tra i beni materiali e la vita umana che, attraverso una formula legale, sembra volerci parlare di un'idea di società: la vostra idea di società! Certo non ci può stupire che questo paragone venga dalle fila di un Governo che si vanta di "fare la sua parte" nella guerra in Iraq, un massacro infinito. Ma quanto contano le vite di milioni di persone di fronte alla prospettiva del controllo economico di una parte del mondo? Poco, per voi.
Ancora: pensiamo alla guerra in Afghanistan. Vi siete forse fatti scrupolo in quell'occasione di cavalcare la difesa dei diritti umani per giustificare una guerra il cui reale scopo era, come anche l'establishment americano ormai non ha problemi ad affermare, il controllo dei flussi delle materie prime? Assolutamente no. Perché allora meravigliarsi se ritenete opportuno uccidere o ferire un ladro colto sul fatto? Perché scandalizzarsi per lo stravolgimento che fate del principio di proporzionalità tra offesa e difesa, mettendo sullo stesso piano i beni materiali con la lesione di un'altra persona?
Leggendo il vostro disegno di legge sembra di avere a che fare con la materia giuridica. Invece, abbiamo a che fare con la guerra. Quella che fate fuori dall'Italia e quella che volete portare dentro il nostro Paese.
Qualcuno ha affermato che queste sono leggi da Far West. Ritengo che non ci sia bisogno di andare così lontano nel tempo. Queste sono le leggi di chi muove le fila della nostra attuale società, del mondo in cui viviamo, martoriato da guerre ed infiniti orrori sul piano umano e sociale. No, davvero non occorre immaginare il Far West: basta dare un'occhiata fuori del proprio cortile.
Questo è proprio quello che tentate di impedire agli italiani: guardare fuori, osservare il mondo, vedere i risultati delle vostre politiche neoliberiste. Cosa c'è di meglio per offuscare la vista, se non la paura? Ecco allora pronta una lista di paure, lista aggiornata quotidianamente tramite i mezzi di informazione: paura degli immigrati, paura degli omosessuali, paura dei ladri, paura dei terroristi.
Potremmo andare avanti all'infinito, perché infinite sono le insicurezze della mente umana, pronte ad essere usate per spingere l'essere umano a rimanere nel proprio cortile ed a difenderlo, a volte anche con ossessione. Voi siete prontissimi a fornirgli le armi per farlo, certo senza interrogarvi sui reali effetti che leggi di questo tipo possono produrre nella nostra società.
Eppure, non vi sarebbe costato fatica prenderli in considerazione. Non possiamo pretendere che conosciate o vi fidiate dei rapporti di Amnesty International, secondo la quale "la vera arma di distruzione di massa sono i 699 milioni di armi leggere in circolazione nel mondo, una ogni dieci persone". E nemmeno pretendiamo che prestiate ascolto al segretario dell'Associazione nazionale magistrati, secondo il quale la vostra proposta "va a scontrarsi con i valori salvaguardati dalla nostra Costituzione e dalla cultura giuridica".
Eppure, per rendervi conto dei possibili effetti del vostro disegno di legge vi sarebbe bastato magari andare al cinema a vedere qualcosa di interessante. Circa due anni fa, infatti, nei cinema proiettavano un documentario di un regista oggi molto famoso: Michael Moore. Il regista americano, indagando su un assurdo fatto di sangue avvenuto in una scuola del Colorado nel 1999, metteva sotto accusa la società americana e la violenza che in essa sembra endemica.
Proprio quella società, a cui voi vi ispirate e i cui princìpi sembrano ispirare alcuni vostri disegni di legge, veniva accusata di essere una delle più violente società del mondo occidentale. Una società in cui i proiettili si comprano nei supermercati, in cui nelle scuole di periferia sono necessari i metal detector, in cui alcune banche regalano fucili ai nuovi clienti. Il vostro modello di società conta più di 11.000 omicidi all'anno! Un modello sbagliato che genera leggi sbagliate, che non vanno al cuore dei problemi, che non li affrontano realmente.
Quella che ci propinate è un'idea di giustizia fai da te che, ben lungi dall'affrontare realmente il problema della criminalità e del contesto socio-culturale che la genera e l'alimenta, sembra solo voler accontentare le fantasie e frenesie sicuritarie della parte più reazionaria di questo Paese.
Di questa riforma non si sentiva davvero la necessità. Per quanto possiate cavalcare questo o quel fatto di cronaca, le statistiche sul nostro Paese non sembrano giustificare provvedimenti che superano per assurdità la legge del taglione (che contiene comunque una dose di proporzionalità!).
Le ricerche sui reati commessi in Italia dal 2000 al 2003 ci parlano di un Paese in cui calano omicidi e furti, ma nel quale aumentano spaventosamente gli omicidi commessi in famiglia. Paradossalmente, sembra essere il cortile di casa il luogo meno sicuro! Questo Governo sembra pensare che sui temi della sicurezza sia opportuno assecondare tutte le pulsioni emotive che spingono a pensare che con più violenza, più repressione, meno diritti si abbiano maggiori garanzie e tutele. È un calcolo fatto a fini elettorali, perché così si ritiene di mantenersi in contatto con l'astratta categoria dei benpensanti, considerati - evidentemente - la maggioranza della popolazione, quella da conquistare. Su quest'altare elettorale (con risultati peraltro dubbi, ci auguriamo) si sacrificano princìpi, ideali, fedeltà ai valori della democrazia.
La realtà è che si assiste a un vistoso cedimento dei valori democratici, a un silenzioso ammainabandiera sul fronte della tutela dei diritti fondamentali. Lo Stato di diritto, l'idea che la tutela della vita e della dignità della persona sono elementi irrinunciabili della convivenza civile stanno tramontando, a colpi di "spot elettorali della Lega", signor Presidente, con il sostegno attivo della maggioranza di Governo e la complicità di chi dovrebbe - per tradizione e formazione - combattere quest'involuzione del diritto, quest'imbarbarimento della nostra civiltà.
L'effetto dei provvedimenti proposti è facilmente e tragicamente prevedibile sin da oggi: basta guardare - lo ripeto - la realtà degli Stati Uniti d’America. È doveroso sottolineare che non si accetteranno delle scuse, dei "chi mai l'avrebbe potuto prevedere". Questi provvedimenti porteranno a spargimenti di sangue nel nostro Paese, come se non ce ne fossero già abbastanza. Il sangue che verrà versato ricadrà sulle mani e sulle coscienze di ciascuno di chi, oggi, si appresta a votare questo disegno di legge.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zancan. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, signori colleghi, questo disegno di legge è molto piccolo, poche parole di modifica del testo dell’articolo 52 del codice penale, ma avrebbe effetti devastanti, un enorme impatto sul piano sociale se mai dovesse essere approvato (e Dio veramente non voglia sia approvato). È una rivolta alla ragione per seguire la pancia della gente.
Vediamo se questa modifica è utile.
L’articolo 52 del codice penale (e me ne fa fede il relatore, ottimo docente di diritto) è un istituto storicamente collaudato: è dal 1931 al 2004 che è immutato e non solo, ma che non è mai stato criticato. È condiviso dalle migliori intelligenze giuridiche italiane, è un portato di studi che sono incominciati all’inizio del secolo scorso. E si vorrebbe ora, per impulsi bassamente irrazionali, modificare una norma su cui non c’è mai stato contrasto.
Qual è il cardine di questo istituto? È il rapporto di proporzione tra offesa e difesa. In questi tempi oscuri (oscuri perché gridati, oscuri perché non c’è dialettica, oscuri perché c’è soltanto ideologia e contrasto) voglio fare l’elogio del termine "proporzione". Vivaddio, la ragione prima di tutto! La proporzione è ragione.
Ora, per dirla nel concreto, per spaccare questa norma ed analizzarne il meccanismo perverso che è al fondo, si vorrebbe creare una presunzione assoluta di proporzione. Lo dico in italiano, ma è assolutamente lo stesso concetto espresso dal senatore Fassone quando ha parlato di presunzione iuris et de iure.
Attenzione, perché non soltanto buttiamo via la nozione di proporzione, che è una nozione di equilibrio, di razionalità, di buonsenso, di adattamento ai singoli casi, ma introduciamo una nozione di presunzione, che è il contrario di tutto questo. La presunzione non è mai giustizia del caso concreto: è una nozione a priori della giustizia, un decidere prima ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
E quale presunzione si vuole introdurre in termini assoluti? La presunzione di legittimità dell’uso delle armi allorquando si verifichi una violazione di domicilio, che si estende anche alle pertinenze del domicilio, se l’autore della violazione (il ladro, per dire le cose più concretamente) non desiste e può esservi il pericolo di aggressione: non alla persona - attenzione - ma alla cosa, il rischio che si aggredisca la cosa.
Non giochiamo sull’equivoco, colleghi proponenti di questo disegno di legge: il caso dell’ingresso nel domicilio armati è già risolto dall’attuale legittima difesa. Nessuno ha mai negato che si possa difendere la vita anche sparando, perché la proporzione esiste tra vita e vita.
Ma qui si vuole fare un salto di qualità enorme e dire che esiste una presunzione assoluta anche quando il ladro entra nella casa certamente non armato e manifesta un’intenzione di non desistenza, per esempio tenta di scappare con il bottino. Si presume l’utilizzo della legittimità dell’arma in relazione a questo ingresso in casa.
Lo voglio dire ancora più in soldoni perché sia chiaro a tutti, se non altro perché risulti tale dal Resoconto: se si trova un ladro a casa, nel box, nel giardino, in ufficio, un ladro che non fugge abbandonando subito il bottino, che non desiste, ma fa intuire che la minaccia per i soli beni può continuare, lo si può uccidere, anche se è solo e disarmato, con la sicurezza di essere giustificati dalla norma che si vorrebbe introdurre.
Non è un principio da poco, signor Presidente, signori colleghi: la vita ha così scarso valore da essere sacrificata alla difesa dei beni! Qui lo scontro è di civiltà, non è uno scontro di poco conto. Non si tratta soltanto di uno scontro tra schieramenti politici, qui - lo ripeto - lo scontro è di civiltà.
Si possono usare formulette, si può dire che non si può arrivare ad una tutela esasperata, si può dire che sono scampoli di Far West, si può dire che si applica la pena di morte in casa, si può dire che si applica la giustizia fai da te, ma sono, lo ribadisco, formulette! La vera questione che questo Senato della Repubblica deve risolvere (hic Rhodus, hic salta, dicevano gli antichi) è se di fronte ad un ladro disarmato che non lascia il bottino, quindi non desiste, io lo posso ammazzare all’interno della mia casa. Ecco l’unica questione; non ce ne sono altre.
E non mi si obietti, che un precedente esiste nella nostra Europa che abbiamo riunificato, non si faccia riferimento all’articolo 329 del codice napoleonico, che è diventato l’articolo 122 del codice penale francese del 1994, dove sembrerebbe essere introdotta una legittima difesa presunta. Basterebbe che l’illustre relatore leggesse l’articolo del professor Paolo Pisa pubblicato sulla rivista "Diritto penale e processo", il n. 7 del 2004.
Questa constatazione, la potremmo fare tutti, perché nell’Aula del Senato non è vietato studiare la giurisprudenza e la dottrina quando si tocca una norma che non viene toccata da oltre settant’anni e si vuole improvvisare su un tema di questo genere. Se si leggesse quell’articolo, quindi, si vedrebbe che la giurisprudenza riconosce comunque un criterio di proporzione e vi è soltanto una diversità nell’onere probatorio: all’interno del domicilio la legittima difesa, come onere, è presunta, fuori dal domicilio la legittima difesa non è presunta (ma come onere probatorio).
Qui la cecità della presunzione assoluta di legittimità è di una gravità estrema. Noi stiamo buttando via la nostra cultura giuridica, la nostra civiltà per seguire movenze popolar-nazionali che peraltro non esistono, che non sono vere. Sapete chi è il più rincresciuto quando fa uso delle armi per difendersi? Chi ha sparato. Io le ho conosciute queste persone, e conosco il tormento che hanno. Non pensate di vellicare gli istinti bellici di una popolazione che non ha questa cultura, questi istinti, questa inciviltà.
Neppure il richiamo alla norma del codice francese ci può convincere. E non ci può convincere neanche uno pseudorichiamo a criteri di prevenzione sociale. Si innescherà una catena di vendette, di faide; vi sarà una corsa pericolosissima ad armarsi. Soprattutto si insegnerà che la vita vale meno dei beni.
Sono certo che tutti ricordiamo la famosa frase di Beccaria: non ci può essere civiltà laddove può avvenire che un uomo sia considerato come una cosa. Con questo disegno di legge voi vorreste considerare l’uomo meno che una cosa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cavallaro. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, spero di aver letto più attentamente questo testo rispetto a quello precedente. Posso però assicurare al presidente Caruso, non presente attualmente in Aula, che mi ero adoperato a leggere con attenzione anche il testo su Eurojust; quindi, mi auguro di poter dare anche in questo caso un contributo costruttivo.
Quello al nostro esame è un disegno di legge molto importante perché siamo chiamati ad intervenire non su una questione contingente o concreta ma sull’impianto generale - così viene considerato dai giuristi - del codice penale. Nel nostro sistema codicistico tutti i casi individuati come cause di giustificazione sono considerati elementi che non attengono alla disciplina contingente ma generale del reato. Sono circostanze che, non a caso, si applicano ogni qualvolta ricorra una determinata fattispecie.
Qual è dunque il compito del legislatore? Quello di distillare una fattispecie astratta che, parametrata con quella concreta, consente di escludere in un dato caso la punibilità di un soggetto: in pratica, un soggetto commette un’attività che può essere astrattamente qualificata come reato ma esiste una esimente, una fattispecie che rende questa condotta legittima.
Trattandosi di una fattispecie di grande rilevanza, poiché rende possibile qualificare come legittima una condotta che altrimenti non lo sarebbe, occorre non solo una attenta riflessione ma occorre sfuggire alla tentazione, nella quale purtroppo invece si cade, della contingenza, della asistematicità.
Spiace che questo importante disegno di legge sia stato fatto proprio dal Gruppo parlamentare di maggioranza Forza Italia, mentre è in corso un dibattito molto più ampio ed è noto che esiste una Commissione ministeriale, il cui Presidente è il dottor Nordio, che sta riformando tutto il codice penale, ivi compresa la parte generale.
Di questa materia abbiamo discusso già molte volte in occasione di dibattiti, incontri, attività scientifiche e culturali e di essa stiamo ancora elaborando un progetto definitivo e sistematico, perché tra l’altro è noto che la legittima difesa appunto non è l’unica causa di giustificazione. Non a caso, in successione tutte queste ipotesi ricorrono nell’attuale codice sostanziale.
Quindi, sarebbe stato di grande importanza - di qui la mia proposta di non passaggio agli articoli - discutere sistematicamente di tutte queste fattispecie, ad evitare che come con una coperta troppo corta tiriamo da una parte e finiamo per scoprirne un’altra e soprattutto di farci - non dobbiamo negarlo - vincere e condizionaresemplicemente da una emotività di circostanza.
Magari, è accaduto che il rapinatore ha incrudelito in una rapina ad una gioielleria (che tra l’altro, come è stato ricordato, non c’entrerebbe nulla con il caso che oggi andremo a normativizzare), o che il classico furto in villa è poi finito in maniera cruenta per una condotta irregolare di qualcuno dei protagonisti di queste amare vicende.
Inoltre, come sempre capita, dai mezzi di comunicazione questi dati, che sono sostanzialmente ricorrenti (le statistiche dimostrano che i fenomeni non sono in particolare aumento), vengono enfatizzati - perché non dirlo? - anche a seconda della temperie politica in cui ci si trova, perché è chiaro che scattano umori collettivi che possono essere raccolti e distillati anche in maniera negativa per meschine finalità elettorali.
Mi auguro non sia questo il caso e che noi si stia discutendo per ragioni di carattere generale, tuttavia non si può non rilevare come, mancando ogni sistematicità di questo intervento, esso di per se stesso, sia comunque certamente discutibile e censurabile.
Peraltro, di solito, quando credo di avere una buona e geniale idea, specialmente quando la materia sulla quale tale idea mi viene è aratissima dalla dottrina, dalla cultura giuridica e dalla giurisprudenza, dopo alcuni anni di esperienza professionale, mi arresto e svolgo una riflessione autocritica perché penso che di cotante buone idee è molto difficile disporre dopo che tanti giuristi hanno elaborato molti punti di contatto, di convergenza o di divergenza su un determinato istituto giuridico. E così, francamente, mi pare in questo caso.
Non voglio tacciare di eccessiva superficialità o di approssimazione il disegno di legge in esame, ma ritengo di poter dire che nell’impianto originario alcune ingenuità nascondono l’evidenza della necessità di dare un dettaglio di previsioni normative, diversamente rendendosi difficile un’ipotesi di modifica dei criteri astratti della legittima difesa.
Peraltro, da questo testo si ricavano le finalità e l’obiettivo, ma non è dato comprendere come esso opererà nella realtà della nostra attività, quando cioè, come tutti i codici, sarà destinato a divenire il materiale giuridico su cui il giudice comunque dovrà emettere quel che si tenta qui di evitare, ossia un giudizio sulla fattispecie concreta (perché poi di questo si tratta).
Mi pare di poter dire che qui echeggi una sorta di desiderio di dare al magistrato una tale e tanto articolata quantità di dati che egli, quasi fosse un sorta di automa giuridico, possa poi decidere indipendentemente - diciamo così - dalla sua stessa valutazione della fattispecie concreta. Ma non è così: il giudizio di ogni giudice è sempre una sussunzione del fatto concreto nella fattispecie astratta e una parametrazione di quel che accade con quei dati normativi astratti che noi, come legislatore, poniamo al magistrato.
Pertanto, anche l’idea - perché di questo si tratta - di intaccare il cosiddetto rapporto di proporzionalità (che è, tra l’altro, uno dei cardini dell’istituto della legittima difesa, perché si basa su quello che richiamavano i senatori Fassone e Zancan, e cioè su una comparazione tra valori di rilievo e di rango costituzionale), o anzi di ribaltare tale rapporto stabilendo un principio di presunzione di proporzionalità, mi appare francamente una di quelle buone idee che in realtà tali non solo, che anzi sono semplicemente superficiali; e dirò perché.
È stato ricordato che questo ribaltamento si verificherebbe soltanto nella violazione di domicilio perché l'evocazione nel testo rassegnato dalla Commissione dell'articolo 614 del codice penale, ci consente di affermare che non dovrebbe applicarsi in altre fattispecie. Tra gli emendamenti aggiuntivi vi è la proposta del senatore Bobbio - a mio avviso il cardine dell'impianto complessivo del provvedimento - che estende ad esercizi commerciali o ad altro tipo di attività il rovesciamento della presunzione di proporzionalità.
A tale proposta muovo un'obiezione di principio di carattere generale: il disegno di legge del senatore Danieli Paolo mi sembra più corretto sotto questo profilo perché, piuttosto che introdurre un principio, impossibile in questa materia, di presunzione di proporzionalità, prevede che la proporzionalità non si applica in quella fattispecie.
Non si può ipotizzare che si presuma una proporzionalità fra condotte che non sono proporzionali; si deve ipotizzare piuttosto che il legislatore, il quale non ha però il coraggio di dirlo, non voglia consentire il principio di proporzionalità. Il legislatore deve allora pronunciarsi chiaramente, anche per sottoporsi ad un corretto vaglio di costituzionalità.
Pur senza la passione che ha animato l'intervento del senatore Zancan, dobbiamo dichiarare se per noi la vita umana vale costituzionalmente, non sotto il profilo etico, quanto i beni, specificando quali e quanti beni, di quale natura e di quale valore perché nulla si dice sotto questo aspetto. La qualità e la quantità dei beni da tutelare rimangono affidate al magistrato che vorremmo invece applicatore automatico di questa disposizione.
Anche sotto questo profilo, mi sembra di poter dire che già l'inizio è sbagliato perché l'attenzione è incentrata soltanto su una fattispecie della legittima difesa, laddove può capitare più facilmente di difendersi in un borgo malfamato, se lo si frequenta per diletto o per caso. È più difficile, con medie cautele, che queste regole debbano applicarsi all'interno di un domicilio.
Il problema di fondo rimane irrisolto: se vogliamo tutelare davvero l'aggredito dobbiamo chiederci se è veramente nel suo interesse irrigidire le norme sulla legittima difesa. Non è forse più opportuno affidare alla magistratura una valutazione coerente e attenta del caso specifico in cui ricorra l'ipotesi della proporzionalità? Tra l'altro dobbiamo ricordare che con le figure dell'eccesso e della putatività, che è stata ormai applicata anche all'eccesso colposo, non è affatto vero che la giurisprudenza ha fornito un quadro univoco e restrittivo delle ipotesi di legittima difesa.
La giurisprudenza ha persino sussunto sotto la legittima difesa fattispecie nelle quali, ad esempio, lo sparo è intervenuto dopo che il rapinatore si era dato alla fuga, ritenendo che il contesto complessivo delle attività potesse suscitare uno stato dell'animo per cui l'aggressione subita continuava a consentire una fattispecie di proporzionalità.
È certo tuttavia che in un caso di questo genere il legislatore deve interrogarsi se vuole inverare i princìpi costituzionali, deve chiedersi se la vita umana, dopo un allontanamento, possa valere come una certa quantità di gioielli o di beni preziosi.
Dobbiamo dare su questo punto una risposta al magistrato e ai cittadini, una risposta che non sia emotiva e non sia basata sull'ultimo caso, ad esempio sull'unico caso in cui magari il rapinatore l'ha fatta franca. Prendendo a riferimento l'episodio in cui il rapinatore è stato addirittura ucciso disponendo di un'arma giocattolo dovremmo allora introdurre un'eccezione nell'eccezione; dobbiamo invece semplicemente riaffermare il principio di applicazione della proporzionalità.
Se si intende approvare il testo sarà comunque necessario migliorarlo. Nel testo si parlava ad esempio di legale detenzione, un riferimento che è scomparso. Mi auguro che ciò non significhi - talvolta è meglio esprimere l'intenzione del legislatore - che anche un'arma detenuta illegalmente possa essere oggetto di una legittima difesa.
Si parla tra l'altro dell'altrui incolumità; questa nozione ricorre anche per i beni; dobbiamo allora essere più precisi, specialmente quando parliamo di beni altrui, su ciò di cui stiamo parlando: quali beni altrui stiamo difendendo, e soprattutto se essi esistono in quanto si vìola il domicilio perché si parla della violazione dell'articolo 614 del codice penale.
Credo che quantomeno dovremmo circoscrivere la nozione di "altrui" a dei congiunti, a dei familiari, a qualcuno a cui siamo legati, i cui beni possano essere in maniera abbastanza ragionevole contenuti nell’abitazione. Capisco che si possano fare anche ipotesi estreme, come quella della rapina ai danni di un gruppo di persone che sta facendo una cena in qualche casa, ma mi domando se, specialmente in questo caso, sia giusto stabilire una presunzione di proporzionalità anche di fronte a beni che potrebbero non avere nessun valore e di cui magari l’interessato potrebbe spogliarsi tranquillamente, preferendo non rischiare la propria e l’altrui vita in una colluttazione o in un conflitto a fuoco.
Tra l’altro, vorrei ricordare a chi non ha molta dimestichezza con la questione quanto l’uso anche legittimo delle armi e dell’azione fisica sia, fuori da ogni retorica, veramente difficile, specialmente nelle situazioni di pericolo nelle quali in concreto ci si viene a trovare, e quindi quanto la teoria di questa attività, di questa presunzione di proporzionalità, si scontri poi con la realtà dell’umana debolezza e della necessità di difendersi in maniera tale che si abbia la consapevolezza dei propri gesti.
Un ultimo problema, con cui torniamo sempre al capolinea. Il testo del provvedimento che ci rassegna la Commissione riporta alla fine, alla lettera b) del comma 1dell’articolo 1, le seguenti parole: "i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione": ovviamente l’endiadi significa che devono ricorrere entrambe le fattispecie.
Non basta quindi verificare che non vi è la desistenza, deve esservi un pericolo di aggressione. Ritorniamo pertanto ad una valutazione del giudice il quale, nel momento in cui valuterà che esiste un pericolo, stabilirà, con un giudizio praticamente rovesciato, post invece che prius, che vi è una proporzione: stabilirà che il pericolo per essere tale deve essere percepito come tale e deve essere obiettivo; stabilirà anche che cos’è l’aggressione di cui si parla, perché non esiste una norma del codice penale che definisca l’aggressione, essa rappresenta un evento fisico che va individuato nella sua materialità.
Ora, se io sono un cultore di arti marziali posso ritenere le minacce di una ragazza del tutto irrilevanti, ma viceversa posso scoprire che la ragazza che mi minaccia rappresenta un pericolo. Vicino a casa nostra abita la campionessa olimpionica di scherma: ebbene, la minaccia di una tale schermitrice sarebbe pericolosissima, sicuramente metterebbe a repentaglio la vita e potrebbe costituire un’aggressione di quelle pericolosissime, tale da rendere legittima anche una reazione con un’arma da fuoco.
Anche qui, pertanto, dopo aver costruito il tentativo di uscire dalla proporzionalità ci troviamo poi di fatto a dover qualificare l’evento nella sua concretezza, a dover verificare, così come prevede la lettera b) del comma 1 dell’articolo 1 (mi riferisco in particolare a quando sono i beni propri o altrui in pericolo), se vi è pericolo di aggressione.
Sostanzialmente, dunque, tutte le fattispecie vanno poi rivisitate dall’apprezzamento del giudice perché il fine di contrastare la minaccia e quello di difendere sono anch’essi degli elementi che non sono obiettivabili più di tanto.
In conclusione, sono consapevole che altri ordinamenti (in particolare, quello francese e quello tedesco) hanno delle nozioni diverse di legittima difesa, in particolare tendendo ad irrigidire, irrobustire la legittima difesa all’interno della propria abitazione.
Si tratta di una questione sulla quale, a mio parere, su un piano di carattere teorico e generale, si può certamente discutere. Le condizioni per poterne discutere, però, sono la non emotività, la non occasionalità e soprattutto la non asistematicità.
In questo caso, invece, la trattazione è occasionale, non è sistematica perché non è inserita nel contesto delle varie norme e quindi, sotto questo aspetto, noi preferiremmo il non passaggio all’esame degli articoli ed il ritorno ad una valutazione più generale e serena, per poi stabilire in quale misura le disposizioni generali del codice penale su questa materia possano subire una seria modificazione anche in uno spirito di equilibrio sotto il profilo del rapporto con gli altri ordinamenti europei.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Valditara. Ne ha facoltà.
VALDITARA (AN). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, la legittima difesa è un istituto di diritto naturale sia quando essa sia tesa a difendere un diritto della personalità, sia quando serva a difendere il patrimonio. Così lo considerava Cicerone, così lo considerava Gaio, corrispondente cioè ad una naturalis ratio. (D. 9,2,4 pr.).
In particolare, per il diritto romano il giudizio riguardava l'adeguatezza della condotta: se per difendere i beni o la persona non potevo adottare nessun altro comportamento, l'azione era scriminata; erano talvolta le circostanze che determinavano l’esistenza della legittimità del comportamento. La difesa era comunque legittima, per esempio, se il furto era commesso di notte: di notte ho minori possibilità di difesa, posso invocare più difficilmente altri in aiuto, non posso conoscere le reali intenzioni dell'aggressore.
La giurisprudenza venne poi ad introdurre un limite coerente con il sistema (Ulp. XVIII ad ed.): la circostanza scriminava qualsiasi reazione, salvo che si dimostrasse che, pur potendo evitare il furto, si fosse comunque voluto uccidere. Si ribalta l'onere della prova: sarà l'accusa a dover dimostrare che quel comportamento non era necessario.
L'esempio romanistico ha ispirato anche il legislatore francese che presuppone la legittimità della difesa se il ladro si sia insinuato di notte nell'altrui dimora. La soluzione tedesca è ancora più drastica: la scriminante opera ogniqualvolta l'eccesso nella difesa sia stato dovuto a panico o comunque ad uno stato di paura dell'aggredito.
Anche per la morale cristiana la legittima difesa è sempre stata considerata, e lo è tuttora, una scriminante. A parte i numerosi passi dell'Antico Testamento che la giustificano ampiamente (devo dire che mi è parsa un po’ semplicistica l'interpretazione dell'Esodo data qui dal senatore Fassone), non bisogna del resto dimenticare che proprio dal Vangelo, penso per esempio a Giovanni, 18, si viene a sapere che Pietro accompagnava Gesù armato di spada, e con questa taglia l'orecchio al centurione. La risposta di Gesù è al riguardo significativa: rimetti la spada nel fodero ("rimetti", non "gettala via!"), perché, aggiunge Gesù, "Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?". Dunque nessuna condanna della difesa armata, ma solo la necessità di adempiere una missione.
Coerente con una tradizione millenaria, il codice riconosce la legittima difesa con il limite che la difesa sia proporzionata all'offesa. Senonché la relazione del Guardasigilli chiarisce cosa debba essere proporzionato: non i beni protetti, non il male minacciato e quello inflitto, ma i mezzi adoperati. Se dunque uno assale con un'arma da fuoco, ancorché con la evidente intenzione di rubare, e un altro non ha nulla per difendere i propri beni se non un'arma, secondo l'intenzione del nostro legislatore, sarebbe legittimo sparare.
Questa interpretazione è stata propria della Cassazione oltre che della maggiore dottrina, sino agli anni '70, e venne sino a quell'epoca considerata pienamente compatibile con la Costituzione. Dunque, difendere con le armi la proprietà era considerato sino agli anni '70 pienamente conforme ai principi dell'ordinamento.
Nel '76 la Cassazione iniziò a precisare la necessità anche di un'indagine tra danno incombente e conseguenze della reazione. Successivamente si insinuò nella interpretazione giurisprudenziale l'idea che la proporzione dovesse essere fra i beni messi in gioco. Per capire come si sia potuti arrivare a questa conclusione e la portata di essa, occorre fare qualche ulteriore considerazione.
Il diritto alla legittima difesa esprime un'idea nobile dell'uomo come ente capace di giustizia, portato dunque a realizzare la giustizia nella società. Come diceva Rudolph von Jhering, il diritto non nasce dallo Stato in quanto regola imposta dal sovrano, ma dalla virtuosa inclinazione alla giustizia insita in ogni uomo. Colui che difende il proprio diritto non è portatore solo di un interesse individuale, ma anche di un valore generale perché, difendendo il diritto particolare, egli contribuisce altresì a conservare il bene superiore della giustizia.
Che l'aggressore, anche laddove le sue mire abbiano ad oggetto solo beni patrimoniali altrui, sia autore di un comportamento contro giustizia è reso manifesto in primo luogo dalla nostra Costituzione che tutela la proprietà privata, oltre che dalle norme penali in materia di furto. Solo per meglio garantire la pace sociale, la comunità politica riserva a sé l'esercizio della potestà punitiva, sottraendola alla disponibilità dei singoli; quando tuttavia è assente la possibilità di ricorrere allo Stato, ogni persona è legittimata ad agire in difesa del proprio diritto.
E' dunque un'idea impoverita di uomo quella che non gli riconosce il suo diritto a realizzare la giustizia, quando lo Stato è assente e pur nelle forme stabilite dalla legge. All'origine di questa idea riduttiva di uomo, che non gli riconosce la possibilità di operare secondo giustizia e per ristabilire la giustizia violata, vi è, in realtà, una considerazione del deviante non come violatore della pacifica convivenza e del suo comportamento come oggettivamente contra ius, ma come vittima incolpevole di una società ingiusta.
L'ingiustizia si sposta pertanto, in questa ottica, dal comportamento del singolo contro cui reagisce chi legittimamente si difende, al modello sociale contro cui agisce proprio il deviante. Più in generale negli ultimi trent’anni si è diffusa la concezione per cui si dovrebbe uscire dall'ambito penale ogniqualvolta l'offesa sia diretta solo verso beni patrimoniali.
In realtà, un’interpretazione coerente con il sistema dell'articolo 52 ci fa capire che nel giudizio di bilanciamento non vengono in gioco i beni, ma le condotte. La condotta reattiva è dunque qualitativamente di valore normalmente superiore a quella offensiva, perché realizzata, oltre che per tutelare un bene giuridicamente rilevante, anche per garantire validità e stabilità all'ordinamento giuridico.
Se in caso contrario si dovessero paragonare i beni in gioco, mai verremmo alla difesa della proprietà. Se la comparazione fosse fra i beni, la reazione difensiva sarebbe legittima, quando avesse ad oggetto un bene patrimoniale, solo laddove la vittima fosse in grado di impedire la consumazione del reato con l'applicazione di una forza tenuissima che non si traducesse mai in lesioni o nell'uccisione.
Sarebbe una conclusione assurda, perché presupporrebbe la superiorità fisica dell'aggredito, precludendo qualsiasi difesa dei beni a tutti coloro che nel conflitto scatenato dall'aggressore siano in situazione di inferiorità. In altre parole, rinnegheremmo una delle funzioni fondamentali del diritto che deve assicurare la protezione dei deboli contro i prepotenti. Significherebbe, in altre parole, sancire la prevalenza non del diritto, ma della violenza e della prevaricazione. Di questo passo si va ben al di là della considerazione degli stessi beni patrimoniali: qui entra in gioco la difesa della libertà dell'individuo, ma per alcuni, i sostenitori dell'equivalenza dei beni, la schiavitù sarebbe senz'altro preferibile se la difesa della propria libertà comportasse l'offesa all'altrui vita.
Tutto ciò premesso, se la comparazione dev’essere fatta fra condotte, in modo forse più aderente allo spirito della legge, illegittima è solo quella condotta che produce un danno superiore a quello che sarebbe stato strettamente necessario per vincere l'aggressione. La comparazione dev’essere dunque fra il sacrificio arrecato all’offensore e il sacrificio normalmente necessario a vincere l’offesa.
Si torna esattamente ai fondamenti romanistici del nostro diritto, ci si conforma ad una tradizione millenaria.
In questo contesto, laddove sussista una minaccia all’incolumità della persona o laddove, nonostante reiterate intimazioni, vi sia stato il rifiuto della desistenza, appare legittima l'azione difensiva che comunque abbia portato a salvaguardare i beni in gioco. Si può forse chiarire (per evitare alcune interpretazioni che qui sono state date) l'inciso: "e vi è pericolo di aggressione", usando o le stesse parole del codice francese o specificando che l’aggressione dev’essere fatta a persone.
È quanto si va a sostenere, dunque, nel presente disegno di legge, che mi appare assolutamente coerente con il sistema. La specificità della violazione di domicilio assume un suo valore particolare anche perché, come nel caso - ricordato all’inizio di questo mio intervento - della circostanza "notte", appaiono diminuite le possibilità di difesa, così come più difficilmente si può invocare l'aiuto altrui. Si è in altre parole in balìa di un aggressore le cui intenzioni non sono ex ante conoscibili e, fra l'altro, per orientamento costante il giudizio di proporzionalità va sempre valutato ex ante. Fra l'altro, l'aggressione che si compie con violazione di domicilio già di per sé comporta danni alla persona: danni psicologici anche gravi, che lasciano normalmente segni permanenti nella psiche dell'aggredito, per la situazione di paura che si è oggettivamente determinata.
Per concludere, una corretta interpretazione dell'articolo 52 renderebbe in verità superflua questa ulteriore disposizione legislativa, ma poiché la giurisprudenza oscilla e in alcuni casi sembra avere una concezione debole dell'uomo e del suo ruolo sociale, non considerandolo come centro attivo di moralità e di giuridicità, una chiarificazione legislativa può essere utile per raddrizzare una distorta, direi deviante interpretazione. (Applausi del senatore Gubetti).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Maritati. Ne ha facoltà.
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, ho ascoltato alcuni degli interventi, l’ultimo in particolare, e non pensavo che altri avrebbero citato in quest’Aula il diritto romano, soprattutto nel modo in cui è stato fatto da parte del collega che mi ha preceduto. Una precisazione va quindi forse fatta su questo terreno.
Con la modifica di questa norma, se verrà introdotta nel nostro sistema giuridico, noi faremo un passo indietro di quasi duemila anni.
Difatti, è vero che il primordiale diritto romano prevedeva due forme di legittima difesa; la prima è quella classica, diretta ad evitare che l’aggredito possa subire lesioni o violenze ingiuste: una violenza contestuale, anche quella fondata sulla contestualità, sull’inevitabilità e sulla proporzione dei beni messi in discussione.
Ma quel diritto romano primordiale prevedeva anche un’altra figura, consistente in una vera e propria reazione successiva all’aggressione subita, finalizzata evidentemente e prevalentemente al recupero dei beni perduti per effetto dell’aggressione. Questa seconda figura (il collega ha dimenticato di dirlo, forse era implicito) tuttavia fu cancellata, non nell’era moderna, ma dagli stessi giuristi romani nell’era giustinianea.
Evidentemente c’era una ragione che persino i nostri antichi colleghi giuristi romani avevano capito. Non è possibile porre sullo stesso piano due valori radicalmente differenti: un bene, quello della vita, dell’incolumità personale, che è un valore primario - lo era allora e lo è oggi - e un altro bene, parimenti rispettabile ma non ponibile sullo stesso livello, quello del bene materiale ed economico.
E’ errato, quindi, richiamare il diritto romano, e non so quanti anche tra di voi sono disposti a ritenere che un ritorno all’antico diritto romano, quello primordiale, possa costituire un rispetto delle tradizioni e dei nostri valori.
VALDITARA (AN). Per duemila anni c’è stata coerenza.
MARITATI (DS-U). Sono passati tanti secoli, ne sono passati veramente tanti. E poi c’è stata una Costituzione, la Costituzione che dovrebbe essere la nostra bussola.
Quindi, torniamo a parlare di legittima difesa così come si è maturata, come si è evoluta ai tempi d’oggi. È un istituto quanto mai delicato, importantissimo, e non c’è bisogno di scomodare persino la dottrina cristiana, che certamente non contiene nella maniera più assoluta il principio richiamato poco fa dal collega.
La reazione è giustificata ed è legittima in presenza di un’offesa ingiusta, ma solo in presenza di due requisiti.
In primo luogo, la difesa deve essere necessaria per salvaguardare il bene posto in pericolo, il che vuol dire che l’aggredito, di fronte all’alternativa tra subire e reagire, non può evitare il pericolo se non reagendo contro l’aggressore. Quindi deve esservi inevitabilità, non semplicemente commozione, stato d’animo, impressionabilità facile.
La dottrina ha persino discusso a lungo - voglio ricordarlo - se la legittima difesa cessi di avere efficacia nei casi in cui l’aggredito possa mettersi in salvo con la fuga. Questo tipo di disquisizioni farebbe forse inorridire o ridere chi oggi con tanta facilità sostiene le modifiche al nostro esame. La disputa ha finito con il focalizzarsi sul nodo dei rapporti tra reazione e fuga, tenendo però conto del principio fondamentale che deve sottendere a tutta la complessa e delicata materia, vale a dire il principio del bilanciamento degli interessi.
Pertanto, si ritiene che il soggetto non sia tenuto a fuggire tutte le volte che la sua fuga esporrebbe i suoi beni personali, come la salute (pensiamo al pericolo di infarto o di un aborto), o di terzi (pericolo di investire ignari passanti con una fuga precipitosa e veramente rischiosa) a rischi maggiori di quelli incombenti su beni propri del soggetto contro il quale si reagisce. Vedete con quanta cura la dottrina e la giurisprudenza hanno trattato questo argomento che oggi si vuole superare con una facilità veramente impressionante.
I problemi più gravi sorgono quando ci si deve misurare con il secondo requisito che deve sussistere ai fini della scriminante della legittima difesa, cioè la proporzione tra difesa e offesa. Questa è civiltà, non è qualcosa di inutile da gettare nel cestino della carta straccia.
La proporzione non può essere certamente limitata tra i mezzi difensivi a disposizione dell’aggredito e quelli effettivamente utilizzati, questo è chiaro, lo hanno ampiamente dimostrato l’esperienza, la dottrina e la giurisprudenza. Non si può parlare di proporzione tra i mezzi, perché altrimenti - è lo storico esempio - ad un vecchio contadino che disponga solo del suo fucile da caccia sarebbe consentito ammazzare il ladruncolo delle pere o delle mele. L’articolo 52 è chiaro: quando si fa riferimento alla proporzione tra offesa e reazione difensiva, ci si richiama chiaramente alla natura dell’interesse protetto e non alla natura dei mezzi utilizzati nella reazione difensiva.
Se voi della maggioranza doveste insistere giungendo all’approvazione di questo provvedimento, così come oggi è strutturato, giungeremmo al sovvertimento della gerarchia dei valori presenti da sempre nel nostro ordinamento.
È il caso di rammentare che la nostra Costituzione colloca al primo posto, senza possibilità di equivoci e di errori, i diritti inviolabili della persona quali la vita e l’integrità fisica.
Coerentemente, l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo stabilisce che la morte non è considerata illecita solo quando è assolutamente imposta dalla necessità di difendersi da una violenza illegittima, senza prevedere ovviamente la necessità di difendere i propri beni da un’aggressione illegittima, fino al punto da provocare la morte dell’aggressore!
Per interpretazione unanime di dottrina e giurisprudenza si è sempre ritenuto, pertanto, che la necessità di respingere una violenza alla propria persona costituisca requisito indispensabile per riconoscere come legittima la morte inflitta all’aggressore, escludendo ogni possibilità di aggredire vita ed incolumità altrui, cioè dell’aggressore, per difendere diritti o beni di natura patrimoniale e comunque gerarchicamente inferiori alla vita della persona.
Il disegno di legge che stiamo esaminando, seguendo la logica perversa che sta guidando l’attuale maggioranza, sovverte proprio la scala gerarchica dei valori riconosciuti e protetti dalla Costituzione e dalla normativa internazionale sui diritti inviolabili della persona.
E questo tentativo deleterio per la nostra civiltà giuridica e per uno Stato moderno e civile di diritto è portato avanti cinicamente, lo sostengo, sulla base di una spinta emotiva anche di una parte dell’opinione pubblica, scossa comprensibilmente, questo sì, da una serie di fatti gravi di sangue in cui sono rimasti coinvolti, vuoi come vittime di criminali aggressioni, vuoi come soggetti chiamati a rispondere dei delitti di omicidio o di eccesso colposo in legittima difesa, le vittime stesse di rapine e di aggressioni personali.
In sostanza, con il disegno di legge in esame si vorrebbe evitare che onesti cittadini possano subire ingiuste aggressioni alla persona o il più delle volte al patrimonio, dando loro la facoltà di reagire con tutti i mezzi a disposizione, tra cui il ricorso all’uso delle armi.
È questo l’obiettivo? Non traspare, soprattutto in esito ai lavori che sono stati molto seri ed approfonditi nella Commissione. Ovvero si vuole soltanto evitare che costoro, cioè i soggetti aggrediti, i cittadini onesti, siano sottoposti a procedimento penale? Ma anche questo è pericoloso perché il sistema giuridico attuale prevede una serie di garanzie, una serie di gradi di intervento e quindi di valutazione: esiste la legittima difesa putativa, esiste l’eccesso colposo in legittima difesa, esiste quindi una sorta di griglia che il giudice ha sempre esaminato ed esamina.
Non possiamo, quindi, legiferare ancora una volta sull’onda emotiva di questo o di quel fatto, il cui sviluppo poi non viene seguito. Ad esempio, non si sa quasi mai che il gioielliere sottoposto a procedimento penale quasi sempre viene prosciolto, a meno che non si tratti di un caso in cui non deve essere assolto perché ben poteva difendere anche i suoi beni senza ammazzare ed invece ha ammazzato. Ci sono simili casi, come anche quelli di persone intervenute per contrastare violenze eclatanti. Tutto questo viene riportato, comprensibilmente, dalla stampa in termini tali da creare e suscitare commozione, timore, reazioni.
Qui non c’è, come al solito - chiariamolo - una maggioranza che vuole la tranquillità e la serenità dei cittadini, la loro garanzia (forse, alla fine, potrò dimostrare con un esempio come questo obiettivo non sia proprio dell’attuale maggioranza), mentre dall’altra parte ci sarebbe un gruppo di persone amiche, per così dire, dei violenti o dei criminali.
Non è questo il livello della nostra discussione: noi lo sappiamo, e anche voi lo sapete, almeno i più sensibili, coloro i quali sono in grado di capire e di discernere. Sono quelli che hanno operato sulla norma in esame creando quel pasticcio giuridico che è stato fatto, e che poi approfondiremo in modo più puntuale nel corso dell’esame dell’articolato.
L’obiettivo è veramente irraggiungibile, ma si creano gravissimi danni. Non credo che questa sia la via giusta; cessa di esistere il principio cardine della proporzione. Questo è il punto più grave e gli effetti di questa normativa saranno devastanti senza minimamente incidere - ricordiamolo, ma voi lo sapete, non potete non saperlo - sulla soluzione del problema grave della sicurezza dei cittadini.
Questa norma dovrà inevitabilmente dare la possibilità al cittadino di disporre di armi. Voi non potete negare questo. Riconoscere la possibilità di fare uso di armi da fuoco equivale a dire che esiste e sarà riconosciuto un diritto all’acquisto dell’arma. Non potete ignorare né sottovalutare questo aspetto.
Sarebbe troppo facile per me richiamarvi tutto quello che accade negli Stati Uniti d’America, che possiamo definire la patria della libertà di acquistare e di far uso delle armi, laddove la lobby produttrice di armi riesce sempre a prevalere sulla spinta del movimento democratico esistente in quel Paese, teso a frenare e a contenere l’abuso della detenzione e dell’uso delle armi.
Apriamo una porta verso questo obiettivo, che certamente non è il vostro; mi rivolgo a chi tra voi si sta rendendo conto di quanto potrebbe accadere. Se non é questo l’obiettivo, qual è? Quello di dare maggiore garanzia psicologica? Con questo articolo, una giurisprudenza accorta potrebbe anche non accorgersi della modifica, ma il pericolo c’è comunque.
Avete trasformato normativamente la vostra proposta originaria perché non avevate avuto e non avete il coraggio di dire: strappiamo il principio di proporzione fra i valori messi in discussione. Esiste la proporzione quando viene violato il domicilio, la propria o l’altrui incolumità. C’era proprio bisogno di dirlo? Esiste già l’articolo 52 del codice penale, grande quanto una casa, storicamente fermo a garantire la difesa della propria o dell’altrui incolumità!
Aggiungete poi, alla lettera b) il riferimento ai "beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione". Entrambi cioè debbono concorrere, ma il pericolo di aggressione deve essere vero! La domanda spontanea è a chi debba essere rivolto tale pericolo: ai beni o alle persone? Ovviamente alle persone! Allora che bisogno c’è di inserire questa precisazione? Non si può, con giurisprudenza alla mano, stavolta accusare i magistrati di non aver garantito le persone offese perché la giurisprudenza dice il contrario.
Quindi, come ho anticipato all’inizio del mio intervento, sono in grado di dimostrarvi che la vostra politica, pur se sbandierata in Aula e fuori come diretta a garantire la sicurezza, segue vie sbagliate e dannose qual è questa. Si vedranno i risultati anche dal punto di vista normativo nell’ipotesi in cui fosse approvata questa norma, ma voi volete ampliare la sfera di legittima difesa, di difesa del privato che tocca uno dei punti più solidi del diritto e dello Stato moderno civile. State ampliando la sfera perché volete dare maggiore garanzia al cittadino.
Con l’ultima legge finanziaria però viene ristretto il budget dedicato alla tutela, cioè alle Forze dell’ordine. Dobbiamo allora chiarire subito a noi ed ai cittadini se volete la sicurezza degli stessi cittadini, che deve essere garantita dallo Stato, oppure se puntate alla privatizzazione anche in questo settore, a privatizzare cioè la difesa. Riducete, cioè, le risorse da dedicare alla difesa pubblica ed al contempo ampliate la possibilità di una difesa privata in maniera così pericolosa.
Queste sono in sintesi le ragioni per cui ci opporremo a che questa vostra proposta si traduca in legge dello Stato (Applausi dei senatori Fassone e Dettori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gubetti. Ne ha facoltà.
GUBETTI (FI). Signor Presidente, colleghi senatori, questo mio intervento si apre con una doveroso premessa: il ringraziamento al senatore Ziccone, relatore del disegno di legge n. 1899, per il suo paziente, approfondito e saggio lavoro su questa proposta. Condivido totalmente, parola per parola, la sua relazione all’Assemblea e ne ammiro l’alta cultura giuridica.
Non ripeterò quindi le argomentazioni tecniche a favore di questo disegno di legge, da lui già esposte con tanta efficacia. Mi limiterò ad aggiungere alcune ulteriori considerazioni - soprattutto di tipo politico-sociale e criminologico - ed a ricordare il percorso di questa proposta dalla sua nascita fino al traguardo dell’odierna discussione nell’Assemblea del Senato.
Il disegno di legge intitolato "Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio" ha iniziato il suo non breve iter parlamentare il 20 dicembre 2002 con una mia proposta, firmata da 59 senatori appartenenti a tutte le forze politiche della maggioranza ed anche al Gruppo Misto. Dopo la sua presentazione in conferenza stampa, il 13 febbraio 2003, questa proposta, a dimostrazione del grande interesse che suscitava nell’opinione pubblica, ebbe le prime pagine dei principali quotidiani nazionali, tra cui "l’Unità", che la attaccò con grande violenza accusandola addirittura di "barbarie giuridica".
È un paradosso della storia che i post e neocomunisti, eredi di una delle ideologie più sanguinarie del secolo scorso, siano diventati campioni di un pacifismo fondamentalista che giunge a negare a individui e nazioni il diritto naturale all’autodifesa. Nel loro estremismo da convertiti, sembra quasi che le guance evangeliche non gli bastino: ne vogliono almeno il doppio, mentre persino il mite San Francesco tra le sue regole dettava: "I fratelli non portino con sé armi, se non per difendere la Chiesa, la fede cristiana o anche le loro terre", come opportunamente ha ricordato Gianfranco Fini nel suo recente intervento ad Assisi. A chi preferisca una citazione laica consiglio gli scritti di Beccaria, schierato inequivocabilmente a favore del diritto all’autodifesa armata (darò poi la citazione precisa a chi lo desideri).
In realtà, ciò che muove gli accaniti critici di questo disegno di legge non è tanto il neopacifismo, quanto l’antica cultura statalista che, in opposizione a quella liberista, vuole mantenere il monopolio della forza, anche difensiva, allo Stato, in continuità giacobina con l’ancien regime, che riservava il privilegio di portare le armi alle guardie del Re e ai nobili.
In questa Italia, ancora dominata dalla mentalità statalista, possono circolare con un’arma, senza uno speciale e difficile permesso, soltanto i Corpi armati dello Stato e i magistrati.
Non può essere un caso che le leggi più restrittive sul possesso individuale di armi per l’autodifesa fossero quelle sovietiche e naziste, mentre le più liberali sono quelle degli Stati Uniti. Il disegno di legge in esame, peraltro, non modifica in alcunchè l’attuale normativa italiana sulle armi, molto severa e prudente.
Come dimostra il lungo, approfondito e talora travagliato iter in Commissione - nonostante il disegno di legge fosse stato fatto proprio dal Gruppo Forza Italia - il vero discrimine passa, lo ripetiamo, tra coloro che con mentalità statalista negano il diritto naturale all’autodifesa e i liberali che lo affermano "almeno quando non è presente la forza pubblica", per citare testualmente quanto detto dal procuratore Carlo Nordio in una intervista rilasciata al "Corriere della Sera" nel novembre 2002.
Coerentemente con queste premesse, al momento del voto in Commissione, il 22 aprile scorso, tutte le forze della maggioranza si sono ritrovate compatte, sul fronte liberale, a favore del disegno di legge; le sinistre stataliste contro. Sulla linea di confine, con la propria astensione, come incerti su dove schierarsi definitivamente, il Gruppo della Margherita e - in dissenso con i Democratici di Sinistra - il senatore Ayala. L’invettiva di "barbarie giudiziaria" ferisce, quindi, anche loro - ancor più di noi, che a queste ingiuste accuse abbiamo fatto il callo - perché è evidente che in presenza di una eventuale barbarie non ci si può astenere!
Su quale fronte si schiera l'opinione pubblica è cosa che dovrebbe rivestire un certo interesse per il Parlamento. Pare chiaro che tutti i sondaggi effettuati su questo disegno di legge concordano nell'evidenziare che la grande maggioranza dei cittadini, e non soltanto nell'elettorato di centro-destra, è a favore.
Per brevità, citerò soltanto il primo di questi sondaggi, quello effettuato dalla rete La 7 durante una trasmissione televisiva totalmente schierata contro questo disegno di legge. Delle circa 3.800 telefonate giunte dai telespettatori oltre il 71 per cento era a favore, con grande sorpresa e sconcerto dei politici e dei giornalisti presenti. Questo dimostra quanto gravi siano la mancata conoscenza e lo scollamento elitario di molti parlamentari, non solo di sinistra, rispetto alle convinzioni dei propri elettori, al buonsenso e al naturale sentimento di giustizia della gente comune.
Gli oltre tre mesi di vivace e approfondita discussione del disegno di legge in Commissione giustizia hanno permesso, grazie ai contributi di molti colleghi ma in particolare del relatore, senatore Ziccone, di affinare e di migliorare il testo iniziale, senza però snaturarlo e soprattutto conservandone intatti i principali obiettivi. Il primo fra questi è di ristabilire la certezza del diritto con norme più chiare e meno soggette a troppe e diverse interpretazioni, norme che rassicurino i cittadini che la legge è realmente uguale per tutti.
Oggi, troppo spesso, questa affermazione scritta nei nostri tribunali suona come una beffa per i malcapitati che vengono stritolati dagli ingranaggi, spesso dominati dal caso, di una giustizia che appare loro cieca, imprevedibile, crudele. In particolare sulla legittima difesa Nordio, nella già citata intervista, afferma: "La norma, molto generica, lascia spazio a interpretazioni opposte: lecito, illecito, assoluzione, punizione (...)".
Lo conferma - aggiungo io - un'ampia casistica di sentenze della Cassazione raccolta dai funzionari della Commissione giustizia, che ringraziamo per questa preziosa collaborazione, sentenze che finiscono - è vero - per riconoscere l'innocenza degli imputati, ma dopo anni di calvario giudiziario, con conseguenti gravissimi danni economici, psichici e biologici. Altri cittadini per fatti del tutto analoghi vedono riconosciuto il proprio buon diritto già in primo grado o nella fase delle indagini preliminari soltanto perché hanno avuto la fortuna di essere giudicati in un altro tribunale.
Minimizzando la frequenza e la gravità di questi episodi, intollerabili anche se fossero pochi, i parlamentari di opposizione critici di questo disegno di legge si scoprono improvvisamente grandi ammiratori del codice fascista Rocco, lodando l'articolo 52 del codice penale sulla legittima difesa e negando la necessità di una sua modifica. Avrebbero ragione se la società italiana fosse ancora quella di ottant'anni fa quando la suddetta norma è nata.
Come tutte le leggi che danno al giudice una grande discrezionalità nell'interpretazione, l'articolo 52 del codice penale, per essere correttamente applicato, richiede una società fortemente omogenea e uniforme, con princìpi e valori fondamentali largamente condivisi dalla grande maggioranza dei cittadini e dalla quasi totalità dei giudici.
Ma se così non è, e certamente non lo è nella società attuale, aperta e laica se non addirittura egemonizzata dal pensiero debole e dal relativismo culturale e morale, il rischio inevitabile è che ogni giudice, influenzato più o meno consciamente dalle proprie personali convinzioni politiche, ideologiche, religiose o filosofiche, finisca per interpretare diversamente la legge. Ecco perché l'affermazione "la legge è uguale per tutti" sembra oggi a molti una beffa.
La necessità in questa situazione di limitare drasticamente, non certo di eliminare totalmente come qualcuno ha detto, la discrezionalità interpretativa dei giudici è riconosciuta ormai anche da molti parlamentari dell'opposizione, magari a bassa voce e lontano da orecchie indiscrete.
Se la certezza del diritto, evitando che alcuni cittadini sfortunati, dopo aver subito la violenza di un’aggressione in casa propria, debbano patire anche quella di un processo ingiusto, è il primo obiettivo di questo disegno di legge, il secondo è dare una più completa attuazione, un ulteriore contenuto concreto, a quella parte della nostra Costituzione che parla di inviolabilità del domicilio.
Nella tradizione del diritto romano, ma anche più anticamente ed universalmente, la casa, il domicilio, è considerata un luogo sacro, il rifugio sicuro per la propria famiglia, aperto agli ospiti ed inviolabile per chi ostile entra senza invito; psicologicamente, un prolungamento, una parte integrante del proprio io, come ben sa chiunque abbia trovato la casa devastata dai ladri, angosciosa esperienza, meno forte, ma qualitativamente simile, a quella di chi subisce uno stupro.
Per questo i Padri costituenti hanno considerato il domicilio un bene meritevole di una particolare tutela; ma sarebbe paradossale che la sua inviolabilità valesse solo per i poliziotti e non per i criminali. Ne consegue che per un’aggressione che determini una reazione di difesa all’interno di un domicilio non possono valere le stesse norme previste per analoghi eventi che si verifichino altrove.
Questi motivi giustificano ampiamente la nascita di un concetto di legittima difesa rafforzata, opportunamente ridefinito "diritto all’autotutela in un privato domicilio", che infatti di questo disegno di legge è il titolo.
Il terzo obiettivo è la capacità potenziale di prevenzione di episodi di violenza alla persone, presente in questa nuova norma: esattamente il contrario di quanto sostengono i suo critici. Lo dimostrano studi di criminologia effettuati negli Stati Uniti su detenuti abitualmente dediti ai furti nelle case: la cosa che temono di più, ancora prima dell’intervento della polizia, è trovare nella casa una persona armata.
L’accorgimento adottato per evitare questo rischio è il preventivo, accurato accertamento che la casa sia momentaneamente disabitata. Ciò probabilmente non diminuisce il numero dei furti, ma previene in molti casi il rischio che il furto sfoci in episodi di violenza alle persone, con evidente vantaggio non solo per l’incolumità dei derubati, ma anche per quella dei ladri.
All’accusa di voler americanizzare l’Italia, che peraltro non mi offende, rispondo che in un momento in cui l’opposizione ci pungola ad approvare rapidamente l’istituzione del mandato di cattura europeo ed auspica uno spazio giuridico continentale, se proprio non vogliamo confrontarci con gli Stati Uniti, almeno con il resto d’Europa dovremmo farlo.
E allora, leggiamo insieme l’articolo 122, punto 6, del codice penale francese del 1994, oggi inesattamente citato in quest’Aula. È il testo, e non un mio opinabile commento, che vi chiedo di valutare: "Si presume che agisca" - sottolineo, si presume che agisca - "in stato di legittima difesa chi compie l’atto: 1) per respingere in tempo di notte l’ingresso mediante infrazione, violenza o inganno in luogo abitato; 2) per difendersi contro gli autori di furti o saccheggi eseguiti con violenza". Appare inconfutabile la grande sostanziale somiglianza con il testo del nostro disegno di legge per quanto concerne la legittimità di una difesa armata, non solo dell’incolumità delle persone, ma anche dei beni: proprio il punto che ha suscitato le maggiori critiche e perfino le scandalizzate invettive di alcuni membri dell’opposizione.
Ma leggiamo anche il codice in vigore in un altro grande Paese europeo, la Germania. Qui troviamo una norma ancora più drastica a favore di chi reagisce ad una aggressione, il paragrafo 33 dello Strafgesetzbuch,che recita: "Non è punito l'autore che eccede i limiti della legittima difesa a causa di turbamento, paura o panico".
Con questo tipo di norma la condanna di qualcuno per eccesso di legittima difesa è un evento rarissimo, l'eccezione che conferma la regola dell'assoluzione. Certamente la norma tedesca è estremamente lontana, a mio parere, dalla tradizione giuridica italiana, e questo dovrebbe far meditare chi parla con tanta ottimistica superficialità di spazio giuridico europeo. Però un progressivo avvicinamento dei codici penali europei è un'esigenza ineludibile e non più rinviabile.
La graduale armonizzazione della legislazione europea è, quindi, un ulteriore obiettivo di questo disegno di legge. Chi lo critica accuserà di barbarie anche i codici di Francia e Germania? Sosterrà che esiste un Far west franco-tedesco? Possibile che illustri docenti, magistrati e avvocati, che su giornali e televisioni hanno lanciato con tanta leggerezza accuse insultanti a questo disegno di legge, non conoscessero i codici francese e tedesco? Oppure facevano finta di non conoscerli? Lascio a loro la scelta tra queste alternative, tutte e due assai poco onorevoli.
Per concludere, tutti gli obiettivi precedentemente esposti sono, a nostro parere, raggiungibili grazie alle modifiche proposte da questo disegno di legge, in particolare dalla precisazione che il rapporto di proporzione previsto dall'articolo 52 del codice penale sussiste in tutti i casi in cui una violazione di domicilio sia seguita da una minaccia all'incolumità delle persone, o da una minaccia ai beni. In quest'ultimo caso, soltanto quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. E il pericolo di aggressione, ovviamente, si riferisce alle persone, non alle cose, come qualcuno ha detto oggi, alle quali si applica invece la precisione: non vi è desistenza. Che senso avrebbe, infatti, dopo aver detto che non deve insistere nel furto, ripetere che non deve mettere in pericolo le cose? Non ha senso.
Desidero chiudere quest'intervento citando quelle considerazioni del procuratore Nordio che hanno ispirato questo disegno di legge: l'autodifesa è un diritto naturale della persona, non espropriabile da uno Stato liberale, soprattutto quando specifiche circostanze non consentono alle forze dell'ordine di difendere tempestivamente la sicurezza del cittadino. Un diritto naturale - aggiungo io - che ovviamente non diventa per questo un dovere, ma una libera scelta. (Congratulazioni).
PRESIDENTE. Data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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686a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDI' 2 NOVEMBRE 2004 |
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Presidenza del vice presidente SALVI, indi del vice presidente MORO
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(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 19 ottobre ha avuto inizio la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Calvi. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, se non avessi potuto ora sarei comunque intervenuto in sede di dichiarazione di voto: poterlo fare in questa sede consente un miglior confronto su un tema di straordinaria delicatezza, qual è la legittima difesa.
Procederò nel modo seguente. Non mi capita molto spesso, ma qualche volta mi è accaduto di difendere alcuni istituti del codice Rocco. In questo caso, credo che l’articolo 52, così come definito dal nostro codice penale del 1930, meriti grande apprezzamento, particolare attenzione e non debba essere modificato.
Quindi, proprio ai fini di un confronto (come sempre sereno, quando si tratta di rafforzare le garanzie del cittadino di fronte ad atti di violenza, di arroganza o di prepotenza), dobbiamo riflettere se il nostro sistema sia sufficientemente garantista nei confronti di questi soggetti.
In Commissione ho avuto occasione di osservare che avvertivo in questo disegno di legge un arretramento proprio sul terreno delle garanzie. Mi sembrava che l’articolo 52 del codice penale, con tutta l’elaborazione dottrinaria che vi è stata, offrisse davvero un quadro di garanzie e di tutela molto ampi al cittadino; la norma che si vorrebbe far entrare in vigore, invece, a mio avviso crea ulteriori problemi, che sicuramente, a livello processuale, attenuano il livello di garanzia.
Vorrei dunque procedere nel mio intervento su due piani. Il primo è di valutare cosa succede, intanto, nei Paesi dove vi è stata una maggiore diffusione delle armi e una maggiore tolleranza nei confronti di chi ne fa uso.
Sappiamo che uno di questi Paesi, anzi il Paese per eccellenza in cui vi è una linea di tolleranza nei confronti di chi reagisce ad un atto di aggressione spesso in modo indiscriminato, è gli Stati Uniti. Vorrei fornire al Senato alcuni dati per capire quanto sia drammatica quella situazione e quanta preoccupazione ci sia negli Stati Uniti nei confronti del fenomeno.
Ebbene, ogni anno negli Stati Uniti vi sono 2.400.000 casi di defense gun use, cioè di uso delle armi per autodifesa. Il 92 per cento di questi casi attiene alla finalità di spaventare l’aggressore, il rimanente 8 per cento di ferirlo o ucciderlo.
Nel 2002 - questo è l’ultimo dato che sono riuscito a reperire - il Ministero della giustizia americano ha rilevato che vi sono stati 16.204 cittadini uccisi con armi da fuoco, cioè in un anno sono state uccise più persone in condizioni di legittima difesa (chiamiamola impropriamente in questo modo) di quanti soldati americani siano morti in Iraq; 16.204 cittadini americani sono rimasti uccisi in conflitti susseguenti ad atti di aggressione.
Negli Stati Uniti sono molto preoccupati e, contrariamente a quanto avviene da noi, lo sono in senso inverso, tant’è vero che nel 1968, dopo gli assassinii di Martin Luther King e di Robert Kennedy, fu varato un inasprimento della normativa. Successivamente, quando nel 1981 vi fu il tentato omicidio di Ronald Reagan, si giunse alla cosiddetta legge Brady (dal nome del senatore che in quella occasione rimase paralizzato). Con quella legge si previde che per concedere la possibilità di acquistare armi occorreva un controllo preventivo sulla fedina penale degli acquirenti. Il successivo Presidente, Clinton, pose un divieto decennale alla vendita di armi automatiche.
Tutte queste misure, però, non sono servite assolutamente a impedire che questo eccidio - un vero e proprio eccidio, una vera e propria guerra - continuasse ad insanguinare gli Stati Uniti. Quindi, in quel Paese vi è la richiesta di intervenire in modo molto più forte e molto più radicale.
In Italia la situazione è ben diversa. I casi sono straordinariamente più limitati, l’uso delle armi non è diffuso, il possesso delle armi non è consentito se non dietro autorizzazione, che è molto rigorosa, da parte dell’autorità di polizia. Vi è però un nodo che riguarda il nostro sistema penalistico, che - a mio avviso - è straordinariamente garantista nei confronti di colui che ritiene di doversi difendere con le armi.
Stiamo parlando dell’articolo 52 del codice penale, che prevede una scriminante. È una delle più ampie categorie delle cause di giustificazione; in sostanza, situazioni in presenza delle quali un fatto che costituisce reato viene a considerarsi lecito in quanto nel nostro sistema ordinamentale vi è una norma che impone o autorizza quella condotta.
Nel caso appunto di questa scriminante di legittima difesa, il fondamento di tale istituto poggia sul principio dell’autotutela privata che è sussidiaria rispetto a quella pubblica quando, per ragioni di tempestività, non si può fare ricorso alla tutela che può venire dall’autorità di polizia.
È indispensabile però che vi sia una proporzione tra offesa e difesa, che la dottrina - e soprattutto la giurisprudenza - ha inteso come proporzione tra gli interessi in conflitto; in base a questa definizione, è proporzionale la reazione che offende un bene di valore non inferiore a quello difeso. Questo è il nostro sistema.
Allora, in modo molto sintetico e rapido (visto che il tempo non è sufficiente per svolgere una discussione approfondita nel merito), cerchiamo di individuare, sulla base degli articoli 52, 55 e 59 del codice penale, quali sono i princìpi in diritto che regolano questi casi.
Il primo è che il presupposto essenziale della scriminante della legittima difesa è costituito da una aggressione ingiusta e da una reazione legittima: la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di una offesa che, se non viene bloccata e neutralizzata in modo tempestivo, giunge ad una lesione di un diritto proprio o altrui; la seconda, cioè la risposta all'aggressione ingiusta, deve inerire alla necessità di difendersi e, quindi, riguarda l'inevitabilità di un pericolo attuale e il fatto che vi sia una proporzione tra difesa e offesa.
Questo è già un elemento sufficiente per farci riflettere sul modo in cui il nostro sistema ordinamentale sia fortemente equilibrato nella tutela dei due diversi diritti dell'aggredito a difendersi e dell'aggressore a non vedersi colpito più di quanto egli non abbia avuto la volontà di fare.
Il nostro ordinamento prevede anche la cosiddetta legittima difesa putativa. Infatti, nel momento in cui un soggetto viene aggredito, non necessariamente egli può avere la consapevolezza di quanto l'aggressore voglia effettivamente fare e di quale sia la qualità e lo spessore dell'aggressione.
Penso, ad esempio, al caso di una rapina effettuata con un'arma giocattolo: è chiaro che l'aggredito non è in grado di valutare se quell'arma sia o meno effettivamente tale e, a questo punto, pensando di poter essere raggiunto da un colpo di pistola, risponde anch'egli con un'arma da fuoco, anche se dall'altra parte vi è un soggetto che ha un'arma non efficace, anzi addirittura non ha un'arma.
In tal caso, certamente non vi è una proporzione oggettiva tra aggressore ed aggredito, ma vi è la cosiddetta esimente putativa, cioè l'aggredito ha risposto in modo oggettivamente eccessivo e sproporzionato rispetto alla possibilità dell'aggressione che gli viene rivolta, purtuttavia ha dovuto rispondere perché in quel momento ha ritenuto legittimamente che l'aggressore avrebbe potuto commettere un atto diverso da quello che oggettivamente poi ha commesso.
La situazione di pericolo, quindi, non sussiste obiettivamente, ma è superata dall'aggredito sulla base di un errore, scusabile o no, nell'apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva tale da generare nel soggetto che subisce l'aggressione la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo attuale e di un'offesa ingiusta.
Vi è questo secondo grado di tutela di colui che è aggredito, il quale può e deve rispondere, per tutelare la sua persona e i suoi beni, in modo proporzionato all'aggressione, ma può rispondere anche in modo ulteriore, eccessivo e oggettivamente superiore all'aggressione stessa purché vi sia l'elemento della putatività: egli ha legittimamente ritenuto che l'aggressione si sarebbe svolta in un certo modo anche quando oggettivamente, invece, non si sarebbe potuta realizzare.
Ma vi è di più, vi è l'eccesso colposo. L'eccesso colposo è una legittima difesa che ancor di più sottintende i presupposti della scriminante, con il superamento dei limiti a quest'ultima collegati, e deve essere accertata con riferimento all'esistenza di una determinata situazione fattuale tale da poter giustificare un errore di valutazione che ha ad oggetto l'adeguatezza sulla proporzione della reazione all'altrui azione. Vi è un eccesso colposo quando si valuta male e si compie un errore di valutazione circa l'aggressione che viene perpetrata e si reagisce in modo eccessivo. Non è una condotta dolosa ma si è appunto di fronte ad un eccesso colposo.
Di fronte a tutti questi elementi, mi chiedo perché si vuole aggiungere qualcosa in più, che in realtà rende maggiormente difficoltosa la difesa dell'aggredito quando si troverà di fronte al giudice che lo dovrà incriminare per ciò che egli ha fatto valutando se sussistono queste scriminanti: legittima difesa; legittima difesa putativa, eccesso colposo.
In sostanza, le garanzie che tutelano l'aggredito sono talmente ampie che talvolta viene il dubbio che siano in taluni casi eccessive. Tant'è che in molti casi apparsi sulla stampa abbiamo visto che i magistrati sono stati, a mio avviso, anche eccessivamente propensi a tutelare l'aggredito applicando le esimenti, quando non sempre avrebbero potuto essere applicate.
Ricordo quanto avvenne tanti anni fa a piazza Navona, quando un noto personaggio di questo quartiere inseguì un ragazzo che aveva rubato un'autoradio, gli sparò e lo uccise. Fu applicato l'eccesso colposo in legittima difesa perché si sostenne dalla difesa l'ipotesi, accolta poi dal giudice, che la persona in questione avesse inciampato e, guarda caso, fosse partito un colpo che, guarda caso, ferì mortalmente il ladro che aveva semplicemente preso un'autoradio.
Pertanto, i magistrati spesso sono stati propensi a tutelare assai ampiamente l'aggredito. Il sistema è quindi straordinariamente equilibrato e consente tutti gli strumenti possibili per tutelare l'aggredito quando reagisce in modo legittimo o addirittura in modo eccessivo.
A questo punto quindi, introdurre un ulteriore elemento a tutela dell'aggredito non soltanto è assolutamente inutile e crea uno squilibrio all'interno del nostro sistema di garanzie, ma addirittura potrebbe dar vita, allorquando si dovesse andare al processo a verificare la sussistenza delle condizioni previste da questa normativa, ad elementi che rendono forse più difficile difendersi rispetto alla situazione attuale.
Per questo non sono semplicemente perplesso ma contrario, perché - a mio avviso - gli articoli 52, 55 e 59 del codice penale e tutto il sistema delle esimenti sono già norme ampie e sufficienti a tutelare l'aggredito. Aprire un varco nella legittima difesa può rappresentare un errore. Quando se ne parlò la prima volta eravamo addirittura a formulazioni risibili dal punto di vista giuridico, come il fatto che si dovesse avvertire il presunto ladro che stava per essere colpito, occorreva avvertirlo e dunque se mancava questa comunicazione egli avrebbe sicuramente commesso il reato. In realtà, si compiva una forte retrocessione rispetto alle garanzie su cui era informato il nostro sistema penalistico.
Inviterei tutti ad essere più prudenti e cauti nell'intervenire su un sistema che ha vissuto un'esperienza di più di settant'anni. È evidente infatti che alcune norme sono invecchiate ma altre si sono radicate e sono state comprovate dall'esperienza dottrinale e giurisprudenziale dimostrandosi quindi valide a tutela di colui che subisce la violenza.
Per queste ragioni sia in sede di illustrazione degli emendamenti che di dichiarazioni finali manifesteremo il nostro dissenso su questo disegno di legge.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il relatore.
ZICCONE, relatore. Signor Presidente, replicherò brevemente non richiamando le osservazioni già svolte in sede di relazione orale.
Premetto innanzitutto due osservazioni di carattere politico. Non replicherò alle accuse, che ritengo assolutamente ingiustificate, rivolte a questo disegno di legge, adducendo che avrebbe la finalità di agevolare elezioni che erano in corso o che rappresenterebbe una sorta di spinta elettoralistica. Di questo si è parlato. Non solo ciò non è vero, perché il disegno di legge giaceva già da tempo all’esame della Commissione, ma devo aggiungere che esiste un equivoco di fondo.
Come ha giustamente osservato anche qualche esponente dell’opposizione, si tratta di un fatto assolutamente diverso dalla spinta elettoralistica. Si tratta, al contrario, di una sensibilità particolare rispetto alle proteste, ai dissensi, allo sgomento dell’opinione pubblica. Quando - ad esempio - qualche esponente dell’opposizione, come il senatore Maritati, ha affermato che il provvedimento in esame si muove sull’onda della sensibilità dell’opinione pubblica fa affermazioni non del tutto inesatte. Si tratta però di un fatto completamente diverso dalla spinta elettoralistica. La verità è un'altra.
Da tempo - come è stato chiarito da un intervento molto apprezzabile di un senatore della maggioranza - l’opinione pubblica resta sgomenta dinanzi ad alcuni casi di legittima difesa che non riesce a comprendere come mai possano aver dato luogo a processi spesso finiti in Cassazione, quasi sempre con l’assoluzione dell’aggredito che ha reagito (secondo i pubblici ministeri che lo hanno trascinato fino in Cassazione, quindi con condanne e sofferenze durante l’iter processuale) con atti poi riconosciuti di legittima difesa.
Proprio questo è lo scopo della legge. Respingo - questa è la seconda argomentazione di carattere politico - alcune affermazioni altrettanto ingiustificate e gratuite, secondo cui questa legge può avere una sorta di catastrofica conseguenza, quasi che (qualcuno lo ha detto, ma le considero affermazioni che non meritano neppure risposta nella replica) avesse stabilito principi per cui c’è libertà di reagire, di uccidere e di non curarsi di quel bene da tutti considerato prezioso, ossia la vita. Sono affermazioni gratuite che lasciano il tempo che trovano e non hanno alcun fondamento rispetto al contenuto del disegno di legge.
La verità è che questo provvedimento ha uno scopo ben preciso. Non ha rivoluzionato i principi concernenti la legittima difesa. Chiarisco subito al senatore Calvi che è impensabile che abbia diminuito le garanzie riguardanti l’aggredito. Ciò è dimostrato dal fatto che nessuno degli intervenuti dell’opposizione, che pure hanno contestato la legge, ha fatto questa osservazione.
Al contrario, è stato detto che sono eccessive le garanzie e la tutela che si vuole dare all’aggredito. Se a questa critica eliminiamo l’aggettivo eccessivo, otteniamo la ragione che ha spinto i presentatori a presentare il disegno di legge in esame, ovvero la volontà di rispondere ad una esigenza molto sentita dall’opinione pubblica, quella di vedere tutelata in modo migliore e più certo la vittima di ingiuste aggressioni.
Questa legge si basa sull’istituto della legittima difesa, istituto che non stravolge e non cambia affatto; essa semmai, rispetto ad alcune deviazioni frequenti dell’applicazione della giurisprudenza, ribadisce alcuni princìpi propri del nostro ordinamento, che si basano sul riconoscimento di un diritto fondamentale del cittadino: il diritto all’autotutela.
Il diritto all'autotutela è, sì, complementare e residuo, ma solo nel senso che lo Stato ha il dovere della tutela, non certo nel senso che è residuo un diritto che invece bisogna considerare fondamentale, come quello dell'autodifesa.
Il diritto dell'autodifesa si esplica attraverso l'istituto che la legge chiama della legittima difesa. Ebbene, quali cambiamenti ha introdotto al riguardo questo disegno di legge? Ha semplicemente previsto che in alcune situazioni particolarmente gravi, nelle quali all'aggressione ai beni patrimoniali si accompagna anche la gravissima violazione del senso della sicurezza del cittadino attraverso la violazione del suo domicilio, sia consentito al cittadino di reagire dinanzi all'aggressione, rendendolo così più sereno e tranquillo rispetto al pericolo che la sua risposta venga considerata eccessiva, arbitraria, o diventi addirittura punibile. Questo è il contenuto della legge.
Si è detto che questo stravolge il principio che prevede la possibilità di difendere i beni patrimoniali esclusivamente quando non si attenti alla vita, quindi ad un bene di natura superiore. La risposta è che questo non è scritto nel disegno di legge. Il disegno di legge, che ha subìto delle trasformazioni in Commissione proprio per evitare questo equivoco, ha precisato che la proporzionalità esiste ed è presunta - com'è stato detto - soltanto quando insieme alla violazione di domicilio c'è la mancata desistenza da parte dell'aggressore.
Quindi, chi ha detto, scritto o fatto intendere all'opinione pubblica che questa legge addirittura darebbe il diritto di sparare alle spalle al ladro che scappa, ha detto cose assolutamente prive di consistenza, perché non è così. Questo comportamento era e rimarrà punibile anche dopo l'approvazione di questo disegno di legge perché deve non solo - ripeto - non esserci la desistenza, ma esserci altresì un pericolo oggettivo di aggressione ovviamente alla persona (lo chiarisco in questa sede, per evitare equivoci).
In sostanza, la legge risponde ad un'esigenza che l'opinione pubblica avverte e che i parlamentari hanno ritenuto di soddisfare, attraverso la presentazione del disegno di legge, ritenendola giusta, e non certo per ragioni di compiacimento o di interesse elettoralistico.
Tale normativa non viola alcuno dei princìpi che stanno alla base del millenario istituto della legittima difesa, si limita a porre dei limiti e dei confini più certi per quel che riguarda la proporzione nel momento della difesa, considerando proporzionati comportamenti che a volte non sono stati considerati tali, il che ha suscitato giustamente sgomento e indignazione nell'opinione pubblica. Questo è il contenuto della legge e queste sono le ragioni per le quali resto favorevole alla sua approvazione.
Che questo sia lo spirito del disegno di legge è chiaramente rilevabile nella maggior parte degli interventi svolti da esponenti dell'opposizione, anche in quello finale del senatore Calvi. Egli ha affermato che l'attuale disciplina dell'articolo 52 è addirittura più ampia. Secondo me, non più: noi aumentiamo il contenuto delle garanzie per l'aggredito di cui all'articolo 52; d’altronde proprio l'affermazione del senatore Calvi dimostra che egli per primo comprende come sia necessario garantire al meglio l'aggredito rispetto all'aggressore.
Seconda considerazione. Quasi tutti gli interventi dell’opposizione, interventi colti, giuridicamente fondati e anche approfonditi, così come di alcuni emendamenti da essi presentati, hanno dimostrato di cogliere lo spirito della legge, cioè pensare ad una possibile responsabilità dell'aggredito soltanto in presenza di una sproporzione chiara, palese, evidente.
Ma ciò cosa vuol dire? Vuol dire che viene condivisa l’esigenza di dare una migliore e più certa tutela alle vittime delle aggressioni evitando però di incorrere in alcuni rischi. Per quanto mi riguarda, poiché il testo licenziato dalla Commissione non fa correre alcuno dei pericoli paventati dall’opposizione, confermo il mio giudizio favorevole su questa legge, che spero sia al più presto approvata. (Applausi dei senatori Pastore e Bobbio Luigi).
PRESIDENTE. Poiché il Governo non intende replicare, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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735a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDI' 9 FEBBRAIO 2004 (pomeridiana) |
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Presidenza del presidente PERA, indi del vice presidente FISICHELLA
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(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 2 novembre 2004 si è conclusa la discussione generale, ha avuto luogo la replica del relatore mentre la rappresentante del Governo ha rinunziato alla replica.
Passiamo all'esame delle proposte di non passare all'esame degli articoli, che invito i presentatori ad illustrare.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, desidero illustrare molto brevemente le ragioni che ci hanno indotto a presentare la proposta di non passare all’esame degli articoli.
Ho già illustrato la nostra posizione in relazione a questa proposta di legge e ho fatto presente che per lo sviluppo della dottrina e soprattutto per l’elaborazione giurisprudenziale si è giunti ad un punto di garanzia molto forte, anzi, forse eccessivo rispetto alla lesione sociale che spesso avviene allorquando un cittadino viene colpito, talvolta ingiustamente, da reazioni inconsulte di soggetti muniti di arma da fuoco.
Siamo di fronte ad una situazione nella quale la giurisprudenza garantisce in modo molto forte a chi è imputato, ad esempio, di omicidio colposo, il diritto di usufruire dei principi di legittima difesa, di difesa putativa, di eccesso colposo in legittima difesa e di altro ancora.
Ho già in altra seduta illustrato a lungo la mia posizione e quindi non voglio ripetere ciò che ho già detto. Ci troviamo di fronte ad una norma che per un verso è chiaramente finalizzata a rispondere a pulsioni elettoralistiche rispetto ad eventi che vogliono una risposta sull’onda delle emozioni, allorquando ad esempio vi è un assalto ad una gioielleria e il gioielliere spara e purtroppo uccide il presunto rapinatore disarmato. Questa norma interloquisce con questa fattispecie aggravandola e soprattutto indebolendo le garanzie e lo spessore difensivo con cui oggi colui che ha sparato può presentarsi davanti al giudice.
Ciò è tanto vero che la risposta a questa osservazione critica, è stata da voi accolta. Non si vuole tutelare il soggetto, comunque già tutelato abbastanza e forse troppo, ma si vuole impedire che si faccia il processo perché il processo è già di per sé una pena. Tuttavia, vorrei far osservare che comunque un processo dovrà esserci. Non si può certamente pensare che questa norma sarà sufficiente ad impedire che vi sia un accertamento giudiziario. Quindi, non si evita il danno del processo e peraltro si aggrava la posizione di colui che dovrà difendersi, ad esempio dal reato di omicidio colposo.
Allora, signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia opportuno un ripensamento. In Commissione abbiamo discusso in modo non adeguato. Dobbiamo ritornare in Commissione e non passare alla votazione degli articoli, affinché vi sia una nuova riflessione, un ulteriore passaggio e questo aggravamento non si crei.
Concludo, signor Presidente, osservando che ormai, nella presente legislatura, questa maggioranza e il Governo ci hanno impegnato in una serie di norme che sicuramente sono contrarie alle finalità che vogliono raggiungere. Ricorderete la legge sulle rogatorie e la legge Cirami, tutte norme finalizzate ad un obiettivo molto preciso, ma quell’obiettivo non si è mai realizzato proprio per l’incapacità di formulare in modo giuridicamente corretto la norma. Questo è un altro caso. Probabilmente chi ha proposto questa legge voleva rispondere a certe richieste dell’opinione pubblica. Guardate però che sicuramente una lettura attenta fatta da qualsiasi giurista vi dirà che in questo modo non si allevia affatto la posizione di colui che magari può esser imputato di omicidio colposo.
Pertanto, occorrono prudenza e attenzione. Il Parlamento non può rispondere, per ragioni elettoralistiche, alle pulsioni emotive dell’opinione pubblica. Rispondiamo invece in modo adeguato, con coerenza politica e soprattutto con grande coerenza giuridica. Per questo io credo che occorra non passare all’esame degli articoli e tornare ad una riflessione, per ripensare una norma che sicuramente è dannosa proprio per colui che i proponenti di questa legge suppongono di voler tutelare.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, qui ci accingiamo, secondo l’intendimento della maggioranza e del Governo, a toccare un fiore all’occhiello della dottrina penalistica italiana.
Non ho nessuna difficoltà a riconoscere che il rapporto di proporzione, che poi è la sostanza della legittima difesa, è stato inventato, strutturato e portato alla luce da quel grande giurista (mi fermo qui) che è stato Alfredo Rocco. Non ho nessuna difficoltà a riconoscerlo, così come nessuno può disconoscere che dal 1931 questa invenzione, fiore all’occhiello della dottrina penalistica italiana, ha avuto il consenso assoluto di tutti coloro che si sono cimentati su questo punto nevralgico del diritto penale.
Non stiamo discutendo, signori colleghi, di pur importanti questioni contingenti. Qui stiamo veramente toccando il punto essenziale del rapporto tra la difesa e l’offesa, stiamo veramente entrando nel cuore della disciplina penalistica.
Se non c’è stata dunque alcuna voce in contrasto, nessuna voce comunque proveniente da parti politiche anche diverse, se c’è stata per tutto questo periodo di tempo una concordanza dottrinaria assoluta, allora, non si può spostare, sulla base di sollecitazioni emotive (mi fermo qui, non voglio utilizzare espressioni come sollecitazioni di piazza o altre meno commendevoli), l’equilibrio straordinario su cui questa norma poggia. Voi dite che noi siamo portatori, sul punto, di una cultura statalista alla quale si contrapporrebbe la vostra cultura liberista: per favore, non scherziamo, non esiste questa distinzione quando si parla della vita umana!
Non vi è proprio alcuna possibilità di applicare delle teorie politiche al rispetto della vita umana. Quando ci muoviamo fuori dal porto sicuro, qual è la norma di straordinaria perfezione che nessuno mai ha contestato, sulla spinta di emozioni - che pure capisco - di suggestioni eventualmente elettoralistiche, dobbiamo ben meditare sull’unica e straordinaria modifica intervenuta. Con il codice del 1989 si sono dati risalto e validità giuridica alla cosiddetta difesa putativa: in materia di legittima difesa il reale, cioè, vale il putativo, ovverosia scrimina non già ciò che è reale ma ciò che è ritenuto putativamente vero dal soggetto che risponde ad una offesa fatta nei suoi confronti.
Non penso che la stanchezza impedisca di comprendere tale straordinaria modifica, come dal 1989 in avanti sia completamente mutata la giurisprudenza eccessivamente severa nel riconoscimento della legittima difesa. Se vale il putativo ci sarà il fastidio di un inizio di processo ma, una volta accertato putativamente che, ad esempio, sto rispondendo ad una, da me ritenuta, offesa alla mia persona, la giustificazione esiste e nessun giudice, salvo violare la legge, può non ammettere l’evidenza. Per cambiare la norma non possiamo adducere inconveniens (che, come è noto, non est solvere argumentum), giustificandoci col dire che magari un giudice, impazzito, non riconosce la legittima difesa in un caso di legittima difesa.
Poiché vi è stata questa straordinaria modifica che si è inserita ed ha completato quella preziosissima gemma della nostra dottrina penalistica, per cortesia colleghi, prima di cambiare questo tipo di disposizione sotto spinte che non tecniche, né giuridiche, né politiche, nè morali, prima di andare verso una presunzione assoluta della legittima difesa anche per la mera aggressione dei beni quando si verifica in casa, prima di compiere un passo veramente così drammatico per l’intero diritto penale, vi chiediamo di meditare affinché la Commissione giustizia abbia la possibilità di rivedere questo aspetto, di verificare la giurisprudenza successiva al 1989, di compiere un lavoro ben fatto e condiviso.
Non possiamo pensare veramente che si cambi il costume giuridico di un popolo sull’improvvisazione, su una norma buttata là soltanto perché è successo un certo caso in una certa parte o perché si vogliono invece instaurare dei "fai da te" mai commendevoli in materia di diritto penale.
Per queste ragioni, signor Presidente e colleghi, vi chiediamo sommessamente, ma fermamente una pausa di riflessione perché non stiamo discutendo una questione contingente. Questo è un aspetto sul quale una legislatura sarà giudicata tra venti, trenta, quarant’anni. Tale aspetto è qualificante di una legislatura e semmai passasse questa norma vi garantisco che sarebbe un punto negativo e segno di assoluta inciviltà di questa legislatura.
Prima di accertare tutto questo, per piacere, pensiamoci sopra. È per questo che il passaggio agli articoli richiede un momento di prudenza, di ragione, di riflessione. Ed ecco il motivo per cui abbiamo presentato una proposta di non passare all’esame degli articoli.
PERUZZOTTI (LP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERUZZOTTI (LP). Signor Presidente, naturalmente siamo favorevoli al passaggio all’esame degli articoli, anche perché forse è bene - visto che ne abbiamo l’occasione - parlare in quest’Aula - una delle rare volte, per la verità - dei problemi che affliggono la gente comune. Quando, infatti, si parla di giustizia nelle Aule parlamentari si assiste alla perenne querelle tra avvocati da una parte (parlamentari) e magistrati dall’altra (parlamentari) che troppo spesso si parlano addosso tra loro senza trovare soluzioni ottimali ai problemi della gente comune. (Applausi del senatore Zancan).
FLORINO (AN). Bravo Peruzzotti!
PERUZZOTTI (LP). Quello della legittima difesa, signor Presidente, è un problema della gente comune. È la degenerazione del sistema giudiziario che ha fatto sì che si arrivasse nelle Aule parlamentari a votare il provvedimento sulla legittima difesa, anche perché ogni magistrato giudicante si sente in dovere di dare la sua interpretazione della legge.
Non vi è certezza della pena, che, invece, dovrebbe fungere da deterrente per chi delinque; tutti sanno che dopo aver compiuto un atto delittuoso quasi mai si viene messi in carcere perché vi è una serie di cavilli burocratici per cui anche il peggiore dei delinquenti riesce in qualche modo a sfangarla.
Signor Presidente, non parlo da giurista, ma riferisco ciò che dice la gente nelle strade, nelle piazze, indipendentemente dal fatto che voti centro-destra o centro-sinistra. Se in questo Paese si costituisse un partito delle persone oneste che hanno avuto, loro malgrado, guai con un sistema giudiziario vergognoso, penso che quel partito balzerebbe al primo posto ed eleggerebbe in Parlamento la quasi totalità dei rappresentanti. Questo deve far riflettere le forze politiche, signor Presidente.
Non un partito dei magistrati, quindi, o degli avvocati, ma un partito della gente comune che, purtroppo, sa che esiste un sistema giudiziario che non funziona e non certo per demerito di questo Governo. Abbiamo ereditato una serie di situazioni, alcune delle quali anomale.
Qualcuno afferma che in questo Paese l’immunità e l’impunità sono proprie dei parlamentari. No, in questo Paese l’immunità e l’impunità ce l’hanno i magistrati … (Applausi dei senatori Florino e Grillotti) … che possono fare quello che vogliono senza essere puniti. Questo è un dato di fatto.
Basterebbe leggere la raccolta delle sentenze del Consiglio superiore della magistratura per vedere che per reati anche gravi al massimo si arriva ad una sanzione contro il magistrato. Se lo stesso reato venisse commesso dalla gente comune, alcuni di loro sarebbero messi in carcere e addirittura verrebbe buttata la chiave. Questo dovrebbe far riflettere chi parla nelle Aule parlamentari di giustizia per andare incontro alle esigenze della gente.
Come dicevo, non vi è certezza della pena. Signor Presidente, adesso addirittura i delinquenti commettono rapine senza nemmeno utilizzare le armi. Entrano in una banca dicendo: fermi tutti, questa è una rapina. Gli impiegati naturalmente si spaventano e consegnano i soldi e, nel caso in cui i malviventi vengono presi, il loro avvocato - in quest’Aula di avvocati ve ne sono molti - sostiene che si è trattato di una rapina senza armi, quindi non a mano armata, che si è trattato soltanto di un’intenzione.
Queste cose in un Paese che si considera la patria del diritto, caro avvocato Calvi, non dovrebbero accadere. Senatore Calvi, così stanno le cose.
A tutti è chiaro, signor Presidente, anche a chi di giustizia non capisce, che il recente episodio del tentato rapimento di un bambino conferma la degenerazione del sistema giudiziario. Si tratta di un episodio inquietante, come inquietante è la sentenza che commina agli autori dell’efferato crimine - perché di questo si tratta - soltanto una piccola pena per sottrazione di minore, quando la sottrazione di minore si verifica, in caso di separazione tra coniugi, quando la mamma o il papà sottraggono il minore. In questo caso, invece, si tratta di sequestro di persona, a meno che gli illustri avvocati e magistrati non considerino un bambino una persona. Il bambino non è una persona? Credo lo sia. Allora, perché non riconoscere il sequestro di persona?
Queste sono cose che fanno effetto sulla gente, signor Presidente, quella stessa gente che non ha più fiducia nella giustizia e che chiede un po’ più di attenzione. Ma non la chiede soltanto la gente comune, la chiedono anche i rappresentanti delle forze dell'ordine, quegli stessi che, non più tardi di qualche giorno fa, hanno risposto al fuoco di qualcuno che sparava loro con una rivoltella a salve, ma che non potendo sapere che era una rivoltella a salve purtroppo lo hanno ucciso e adesso si trovano, naturalmente, ad essere inquisiti da un magistrato per eccesso colposo di legittima difesa.
Queste sono le cose che dovrebbero far riflettere chi in quest'Aula parla soltanto di massimi teoremi, oppure si parla addosso, di una lobby piuttosto che di un'altra. La gente vuole tornare ad avere fiducia nella giustizia, ed è il Parlamento che deve dare delle risposte concrete. Ecco, questa è una risposta concreta alle esigenze di giustizia della gente.
Per questo siamo favorevoli a che si continui a discutere il provvedimento, naturalmente non accettando la proposta dell'opposizione. (Applausi dai Gruppi LP, FI, AN e UDC).
PAGANO (DS-U). Bravi, bravi, quanto applaudite!
CALLEGARO (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALLEGARO (UDC). Signor Presidente, colleghi, mi rendo conto che sull'opinione pubblica hanno fatto molta impressione episodi - purtroppo tanti - che si sono verificati di aggressioni e di reazioni che poi, alla fin fine, chi ha avuto la peggio è stato colui che ha reagito in difesa della propria incolumità e dei propri beni. Mi rendo conto di questo; però, secondo me, una buona legge non deve mai essere fatta sulla base delle impressioni, della reazione del momento. Mai! Deve essere ragionata, deve essere discussa.
Questo provvedimento l'abbiamo molto discusso in Commissione. È stato modificato, ma soprattutto quello che mi preme per il momento dire è che esso non è andato assolutamente contro il nostro sistema. Ciò perché anche per quanto riguarda la reazione o il ricorso all'arma in caso di aggressione all'interno della propria abitazione o del proprio luogo di lavoro, bisogna che sia rispettata una certa proporzione; non è una presunzione iuris et de iure, ma bisogna anche che ci sia un'aggressione vera e propria contro l'incolumità e contro i beni, per cui, dopo ampia e lunga discussione, siamo rimasti nel sistema.
Per questi motivi, ritengo che il provvedimento debba al più presto essere approvato.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli NP1, identica alle proposte di non passare all’esame degli articoli NP2 e NP3.
MONTALBANO (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 19,17, è ripresa alle ore 19,38).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e2287
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Passiamo nuovamente alla votazione della proposta di non passare all’esame degli articoli NP1, identica alle proposte di non passare all’esame degli articoli NP2 e NP3.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287
PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di non passare all’esame degli articoli NP1, avanzata dal senatore Fassone e da altri senatori, identica alle proposte di non passare all’esame degli articoli NP2, avanzata dal senatore Zancan e da altri senatori, e NP3, avanzata dal senatore Cavallaro.
Non è approvata.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, vorrei apporre la mia firma all’emendamento 1.101 del senatore Fassone e illustrarlo.
Questa legge, come cercheremo di dimostrare nel seguito della discussione, ha due prospettive: o è assolutamente inutile perché le garanzie che la dottrina e la giurisprudenza hanno approntato in relazione all’articolo 51 sono tali per cui questa norma non aggiunge assolutamente nulla di più rispetto a quanto già abbiamo in termini di tutela giudiziaria oppure è dannosissima per l’imputato e per la coerenza del sistema.
Potete tranquillamente constatare che perché si realizzi la previsione del disegno di legge, occorre, l’uso di un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e di difendere non solo la propria o altrui incolumità ma anche i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. Quindi, in altre parole, o non serve a nulla oppure vi è un onere in più per la difesa; si aggrava la posizione dell’imputato.
Quindi, ancora una volta, come vostro costume in tutta la legislatura. (Commenti dei Gruppi AN e FI).
PRESIDENTE. Facciamo parlare il senatore Calvi, per favore, altrimenti impiegheremo più tempo per il dibattito dovendosi considerare anche le interruzioni e le sospensioni.
CALVI (DS-U). Com'è vostro costume in questa legislatura, dai tempi della legge Cirami alle rogatorie. (Commenti dai banchi della maggioranza). È inutile che facciate mugugni che mostrano soltanto il livello di incultura dal quale siete informati. (Commenti dai Gruppi FI, UDC e AN). Avete tutto il tempo per poter rispondere a quello che sto dicendo ora e sto semplicemente esponendo un concetto… (Commenti dai Gruppi FI, UDC e AN. Proteste dal Gruppo DS-U).
PRESIDENTE. Vedete, colleghi, al di là dell'atteggiamento che si dovrebbe tenere nei confronti di un collega che sta parlando, quando ci sono interruzioni o cose di questo genere e l'oratore sospende il suo dire, si bloccano i tempi, quindi stiamo perdendo del tempo. Cerchiamo di valutare anche questo aspetto.
GUZZANTI (FI). Signor Presidente, questo è un Parlamento!
PRESIDENTE. Che c'è, non gradisce, senatore? Mi pareva fosse un'indicazione che veniva incontro all'esigenza di andare avanti nei nostri lavori.
GUZZANTI (FI). Signor Presidente, questo è un Parlamento e noi parliamo!
PRESIDENTE. Non la sento perché il suo microfono è spento, ma non si agiti. (Commenti del senatore Guzzanti). Ripeto, non si agiti!
PAGANO (DS-U). Guzzanti, vai fuori, venduto!
PRESIDENTE. Senatrice Pagano, per favore.
La prego, senatore Calvi, riprenda il suo intervento.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, sto semplicemente sostenendo che in questi tre anni è più volte capitato che, avendo proposto un disegno di legge che aveva una finalità molto precisa la legge poi non l'ha realizzata e citavo appunto la legge sulle rogatorie, la legge Cirami e altro ancora.
Questa norma - e lo sto dicendo come giurista preoccupato da quello che accade in Parlamento - vuole realizzare una tutela, ma ben venga, vuole ampliare le garanzie, sono d'accordo. Il problema, però, è che non solo non le realizza, ma rende una situazione più gravosa per l'indagato.
Quando si dice che vi è il pericolo di aggressione e occorrerà provare che quella condotta incriminata potrà avere una esimente quando vi è un pericolo di aggressione e grava sull'imputato la prova del pericolo di aggressione, per quanto serio o lieve il pericolo sia, è certamente un passaggio più gravoso rispetto all'eccesso colposo, se volete, alla legittima difesa putativa, quando sospetto semplicemente che possa essere aggredito e non che vi sia il pericolo dell'aggressione. Quindi, questa è una norma che aggrava la posizione dell'imputato: la volete fare, fatela. Soltanto dovete sapere…
Ai tempi della Cirami dissi che quella legge non poteva essere applicata a favore degli imputati per i quali era stata prevista e così è stato, le rogatorie egualmente. Questa norma aggrava le condizioni dell'indagato nel caso migliore e nel caso peggiore è inutile.
Ecco perché, nell'illustrare il primo degli emendamenti, abbiamo cercato di ricomporre il sistema, prevedendo che nel caso dell'articolo 614, cioè nella violazione di domicilio, il soggetto non è punibile - quindi a questo punto introduciamo una esimente piena - cioè, colui che spara non è neppure processato. Il vantaggio si avrebbe quindi per colui che legittimamente è presente in uno dei luoghi ivi indicati, perché bisognerà pure dirlo che è legittimamente presente, perché se chiunque è presente in un luogo e spara non può essere esentato se si è introdotto illegittimamente, e cioè ha addirittura commesso una violazione di domicilio, o si trova occasionalmente in quel luogo. Ed è il caso di dire anche che detiene legittimamente un'arma, altrimenti sarà non punibile colui che spara detenendo un'arma illegittimamente e si trova occasionalmente o illegittimamente presente in quella abitazione. Mi sembra la costruzione di una follia e di una assurdità indescrivibili.
Allora diciamo che, quando uno è legittimamente presente in uno dei luoghi indicati dall'articolo 614, il che è molto più ampio di quello che avete scritto voi, voi volete tutelare la casa, volete tutelare un negozio, noi diciamo che l'articolo 614 è molto più ampio perché riguarda più luoghi, più situazioni tutelate.
Allora, dicendo: "usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa", ristabiliamo un principio di equilibrio, perché se qualcuno viene davanti a me con un atteggiamento strafottente e io gli sparo, non si può certamente dire che vi è un equilibrio tra l’offesa e la reazione a questa offesa; ma se colui viene davanti a me con un’arma finta di legno, mentre io sospetto invece che essa sia un’arma vera e reagisco sparando, a questo punto quella reazione è già tutelata dalla legge e dalla giurisprudenza esistenti con il reato di legittima difesa putativa. Noi introduciamo un ulteriore elemento che rende più difficile la difesa di questo soggetto.
La verità è che voi volete semplicemente una legge elettoralistica, una legge per rispondere alle pulsioni emotive, alle quali bisogna essere certamente attenti; ha ragione il collega Peruzzotti quando dice che bisogna essere attenti ai sentimenti della gente, ci mancherebbe, certo; ma non bisogna neppure poi tradurre in norma ogni pulsione che vi sia nell’opinione pubblica, bisogna usare una razionalità, un’intelligenza anche, perché siamo qui per scrivere leggi e non per rispondere emotivamente a chiunque chieda tutela.
Ecco perché allora quest’emendamento prevede una forma più razionale di tutela, senza squilibrare il sistema e senza aggravare la posizione dell’imputato o dell’indagato. Attenti a questo pericolo che voi state creando.
Come sempre, ancora una volta volete realizzare un fine e non siete in grado di costruire una norma che tuteli l’obiettivo che volete tutelare. Per questo, abbiamo presentato emendamenti, vi invitiamo a una riflessione e vorremmo che almeno questa volta, dopo la legge sulle rogatorie, dopo la legge Cirami e tutte le leggi errate che avete votato, questa volta abbiate la sensibilità, l’accortezza e la prudenza di riflettere per fare una legge che sia effettivamente a tutela del soggetto che si trova nelle condizioni disperate di colui che reagisce ad una violenza che riceve. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, in sede di illustrazione degli emendamenti 1.102, 1.103 e 1.104, vorrei semplicemente ribadire quanto più volte e inutilmente abbiamo affermato in ordine al tema che ci è stato proposto.
Il tema della legittima difesa è frequentatissimo dalla dottrina penalistica e quindi non si tratta di una scoperta emozionale di questo o quel momento e non può essere deciso o affrontato in un’Aula parlamentare attraverso la citazione di qualche esempio suggestivo e talvolta infondato, perché molto spesso l’opinione si forma attraverso una serie di notizie che via via divergono dalla realtà degli accadimenti e fanno apparire i fatti diversi persino da quelli che sono.
Non esiste e non può esistere altro principio, per poter applicare una esimente, cioè per poter applicare una causa di giustificazione, una escusabilità piena della condotta che si assumerebbe invece lesiva, se non un principio di rigorosa, totale ed assoluta proporzionalità.
Questa è quella che si può definire la regola aurea della legittima difesa e non è che questa regola sia stata costruita nei secoli, direi quasi nei millenni, casualmente: questa regola è stata costruita perché occorre un reale bilanciamento di interessi fra la necessità di tutelare un bene particolarmente importante e l’azione che si commette.
Questa è la regola fondamentale e già il disegno di legge che ci viene rassegnato vìola o intacca questa regola; oppure, come si diceva nei libri della biblioteca d’Alessandria, che, se erano conformi al Corano, potevano essere distrutti e, se erano divergenti, dovevano essere distrutti, così se invece questa nuova norma rappresentasse semplicemente un riaffermare questa regola aurea, sarebbe non solo inutile, ma dannosa e pericolosa, come è stato segnalato, perché potrebbe porre l’interprete nella condizione di non seguire questa via maestra e quindi di uscire da questo bilanciamento necessario degli interessi.
Peraltro, la giurisprudenza e la dottrina hanno costruito, anche attraverso l’interpretazione sistematica del codice penale, altre figure intermedie rispetto alla teoria generale della legittima difesa. Tra queste ricordo la figura della cosiddetta putatività della legittima difesa - mi spiace dover fare questa sorta di ricognizione di principi scontati non solo per i giuristi ma per i buoni studenti di giurisprudenza - la figura dell’eccesso di legittima difesa e persino quella della putatività nell’eccesso colposo di legittima difesa.
In sostanza, proprio per venire incontro alle esigenze di tutela del cittadino, che pur non trovandosi astrattamente in una condizione di bilanciamento sente di poter agire a tutela della propria incolumità e dei propri beni fondamentali, la giurisprudenza e la dottrina hanno costruito questo sistema, questo universo di comportamenti in base ai quali se non scatta più la causa di giustificazione in senso proprio scattano comunque queste figure minori che possono attingere o alla causa di giustificazione, come nel caso della putatività ritenuta giustificabile, o a forme talmente intermedie di applicazione della pena per cui si passa da un reato punito a titolo non di colpa ad una forma di punizione quale quella prevista nel caso di un reato colposo. Pensate a quanto ciò sia rilevante rispetto al caso tipico dell’omicidio o delle lesioni gravi.
Si tratta di una riduzione talmente consistente della pena che l’istituto nel suo complesso ha una sua giustificazione e ha retto al vaglio non degli articoli di ieri o dell’altro ieri di qualche giornale, ma del codice Zanardelli prima e del codice Rocco poi. Stiamo parlando di giuristi che non possiamo certo dire fossero teneri verso queste forme di autotutela, fra l’altro residuali nell’ordinamento giuridico.
Non occorre neanche ammettere, per esempio, che nel codice penale tedesco o in quello francese queste cause di giustificazione sono costruite in maniera più dettagliata dando risalto in particolar modo all’esistenza di alcuni elementi quali la tutela della propria residenza e del proprio domicilio.
Occorre, tuttavia, domandarsi se interpretando semplicemente le norme del nostro ordinamento, basato su un diritto vivente in quanto interpretabile e interpretato dalla magistratura, sia necessario effettuare tale interpolazione. Ritengo assolutamente di no.
Credo infatti che queste fattispecie, la tutela del domicilio e la tutela delle situazioni di pericolo, anche e soprattutto attraverso una semplice interpretazione non estensiva dell’istituto della putatività, possano essere ricomprese nella loro causa di giustificazione. In ogni caso - e concludo - occorrerebbe eventualmente riprodurre la dizione del codice penale francese e di quello tedesco - ai quali mi riporto in quanto trattasi di codici positivi e non come quelli del common law ai quali non ci possiamo ispirare in maniera diretta - che circoscrivono in maniera nitida l’applicazione della esimente a questo tipo di fattispecie.
Ricordo, inoltre, che esistono altre cause di aggravante, per esempio l’agire nel corso della notte, che comunque possono essere utilizzate o avrebbero potuto essere utilizzate come reale armamentario per costruire, se lo si voleva, un aggiornamento chiaro della norma positiva.
Aggiungo, infine, la ribadita necessità di un ripensamento della materia, più volte sottolineato anche in fase di discussione generale, dal momento che la legittima difesa attiene al diritto penale sostanziale.
Noi sappiamo solo dai giornali che vi è una commissione che sta laboriosamente - direi da fin troppo tempo - elaborando tutta la parte generale e tutta la parte speciale del codice penale. Quindi, mi pare ancor più serio che tutta la materia venga riordinata e riformata attraverso un meccanismo coerente, cosa che non può certo essere se noi interveniamo mirando non tanto su tutta la materia sistematica della legittima difesa, ma solo su una parte della legittima difesa che ha riguardo a determinate situazioni oggettive o soggettive che, come è noto, non sono e non possono essere l’universo completo nel quale dobbiamo valutare le condotte penalmente rilevanti.
Pertanto, nell’illustrare in senso generale tutti gli emendamenti, risparmiando quindi altro tempo all’uditorio, ribadisco la necessità non solo e non tanto dell’approvazione degli emendamenti stessi, ma di una via pratica alla revisione di questo disegno di legge e, soprattutto, ad un suo ritorno in Commissione in attesa di una valutazione sistematica delle questioni penali di tutto il sistema delle cause di giustificazione. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U e del senatore Amato).
PRESIDENTE. Essendo l’ora prevista per la conclusione dei nostri lavori, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
PROPOSTE DI NON PASSARE ALL'ESAME DEGLI ARTICOLI
NP1
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI
Respinto
Proposta di non passare all’esame degli articoli.
NP2
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Id. alla proposta NP1
Proposta di non passare all’esame degli articoli.
NP3
Id. alla proposta NP1
Proposta di non passare all’esame degli articoli.
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
ART. 1.
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
1.101
Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Nei casi preveduti dall’articolo 614, primo e secondo comma, non è punibile colui che, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa».
1.102
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MAGISTRELLI
Al comma 1, capoverso, dopo le parole: «un’arma», aggiungere le seguenti: «legalmente detenuta».
1.103
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MANZIONE, MAGISTRELLI
Al comma 1, capoverso, sopprimere le parole: «al fine di contrastare la minaccia e».
1.104
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.105
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.106
Al comma 1, capoverso, alla lettera b), sostituire le parole: «non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.» con le parole: «persista un comportamento che oggettivamente prelude all’aggressione».
1.107
Al comma 1, aggiungere in fine, il seguente capoverso:
«La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale» .
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
|
|
676a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDÌ 19 OTTOBRE 2004 (Antimeridiana) |
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Presidenza del vice presidente DINI, indi del vice presidente MORO |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Ricordo che nella seduta pomeridiana del 6 ottobre il relatore ha svolto la relazione orale, è stata respinta una questione pregiudiziale ed è stata dichiarata aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Fassone. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, il tema in discussione ha formato oggetto di ampi contrasti in Commissione e anche al di fuori delle Aule parlamentari.
Si tratta di un intervento pesante, molto innovativo e radicale nella materia della legittima difesa e credo che, al di là della passione politica che anima gli opposti schieramenti e che è del tutto comprensibile, vada esaminato spassionatamente, non trascurando affatto la dimensione politico-sociale che sottende questo intervento, cioè la reiterata e grave aggressione della criminalità individuale nei confronti del cittadino, ossia il diffondersi dei cosiddetti reati predatori.
Tuttavia, si rende necessario inquadrare il tutto, per quanto possibile, in una prospettiva più ampia, eventualmente anche di natura storica, e soprattutto attenta a quella prudenza che il legislatore deve sempre usare; in particolare, il legislatore penale che interviene su strumenti di collaudo millenario.
Il disegno di legge al nostro esame si connota per quattro caratteristiche specifiche. Esso interviene in aggiunta alla norma che descrive l’istituto della legittima difesa in chiave generale e prevede alcuni elementi derogatori, eccezionali, che riassumerei in quattro.
Il primo elemento è quello di tipo ambientale: circoscrive l’intervento ai casi previsti dall’articolo 614 del codice penale, cioè alle situazioni in cui l’aggressione avviene nell’abitazione o in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essa (è quindi una precisa distinzione, per così dire, topografica).
Il secondo elemento specificante si occupa, in particolare, dell’uso dell’arma: la fattispecie discriminante generale prevede il mezzo genericamente parlando; anche in questo caso si parla di mezzo, ma con particolare attenzione all’arma, perché è l’uso di quest’ultima quel che si vuole legittimare.
Il terzo elemento qualificante è l’introduzione esplicita di una correlazione tra la vita dell’aggressore e i beni dell’aggredito, perché si intende scriminare, cioè giustificare, l’uso dell’arma per la difesa non soltanto della propria o altrui incolumità (parlo, ovviamente, in capo all’aggredito), ma anche dei beni propri o altrui.
Quindi, ripeto, individuazione di un luogo, individuazione di uno strumento (l'arma), introduzione di una netta correlazione tra la vita dell'aggressore e i beni dell'aggredito e, infine - soluzione decisamente eversiva - l'affermazione, iuris et de iure, di un rapporto di proporzione tra l'uno e l'altro bene quando ricorrono determinati elementi specificanti, e cioè la prima - e a quanto mi consta unica - situazione in cui il rapporto di mediazione del giudice che deve valutare se in una certa situazione ricorrono gli estremi di legge è sostituito da una valutazione autoritaria fatta dal legislatore. Quando ci sono quei presupposti, il rapporto di omologazione tra vita e beni è affermato perentoriamente e il giudice non lo può negare.
Ciò è veramente molto grave, onorevoli colleghi, non solo perché sconvolge il sistema penale (e passi: i sistemi possono sempre essere modificati), ma perché sconvolge un costume, e questo non deve passare; non deve passare l'affermazione che, secondo la legge, vita e beni hanno sempre lo stesso valore.
Ecco perché credo che in questo momento e in questa sede, in cui disponiamo di un po' di tempo per la meditazione, non essendo pressati dal clamore di un fatto di cronaca avvenuto proprio ieri che sconvolge le nostre emotività, è necessaria una riflessione per quanto possibile anche lumeggiata da ciò che abbiamo alle spalle. Infatti - come fu detto - noi siamo dei nani sulle spalle di giganti e, se anche non vogliamo postulare che gli altri siano giganti, siamo comunque gli ultimi di una lunga catena e dobbiamo quindi avere attenzione.
A me pare non inutile ricordare che il problema della legittima difesa ha radici plurimillenarie. Il primo spunto che ho trovato - ma è possibile ce ne siano altri, ovviamente - è nell'Esodo. Chi ha frequentazione con le Scritture ricorda che il capitolo 22 dell'Esodo - quindi, circa duemilaottocento anni orsono - afferma, appunto, questa situazione con una distinzione interessante, ossia: se un ladro sarà trovato a forzare una porta o a sfondare un muro e verrà ferito a morte, il feritore non sarà colpevole del sangue di lui, ma se l'avrà fatto dopo levato il sole ci sarà per lui la vendetta di sangue.
È la prima distinzione tra il fur diurnus e il fur nocturnus, tra il ladro di giorno e il ladro di notte. Nel caso del ladro di giorno, prevale la regola fondamentale: "tu non ucciderai"; nel caso del ladro notturno, invece, la regola è diversa. È difficile decifrarne in fondo la causale: forse perché di notte c'è l'elemento sorpresa, c'è l'incertezza sulle dimensioni dell'aggressione, c'è il buio (a quei tempi non c'erano le forme di organizzazione sociale di oggi), c'è la mancanza di un aiuto esterno sul quale eventualmente fare affidamento chiedendo soccorso. Quindi, la deroga nei confronti del ladro notturno è ammessa, ma non è ammessa perentoriamente nei confronti del ladro diurno.
La stessa regola troviamo in Ulpiano, oltre un millennio dopo: "Furem nocturnum si quis occiderit, ita demum impune feret, si parcere ei sine periculo suo non potuit". Se uno uccide il ladro di notte lo fa impunemente, ma - qui c'è la notazione ulteriore che emerge - solo se non può risparmiarlo senza suo rischio.
Ecco che si affaccia il concetto di proporzione, cioè mentre da un lato è rigorosissimo il principio del "non uccidere" (e bisognerà aspettare Tommaso d'Aquino che, attraverso la sua sistematica, afferma che l'aggressore si pone contro l'ordine naturale delle cose, mentre l'aggredito gli risponde coerentemente con l'ordine e quindi non è punibile se respinge, sia pur con la violenza, l'aggressione), mentre si intrecciano questi due filoni di pensiero ed evolve quindi in senso più ampio la possibilità della difesa, ecco che si introduce il concetto - che sarà vitale in tutta la sequenza delle elaborazioni successive - di proporzione.
Siamo tutti consapevoli che non viviamo nel 500 dopo Cristo e nemmeno nel 1200, bensì nel XXI secolo e la criminalità evolve. Nessuno di noi intende nascondersi dietro affermazioni categoriche e di principio. Dallo stereotipo di una certa letteratura per cui il ladro d'alloggio era descritto con il sacco e la pila, si è passati ad un altro stereotipo, quello di una criminalità normalmente armata, disponibile a rimuovere, anche a prezzo della vita, la resistenza alla sua aggressione. È allora certamente necessario affinare l'elaborazione anche alla luce dell'evolvere della criminalità che si vuole contrastare e questo è stato fatto, onorevole collega relatore.
Il testo al nostro esame sembra ritenere che tutto il discorso dottrinario e giurisprudenziale svoltosi per decenni - non voglio dire secoli - non sia sufficiente. Invece, a mio giudizio, è largamente sufficiente a fronteggiare proprio la minaccia, l'aggressione, il pericolo, il dramma sociale che il disegno di legge dichiara di voler contrastare con mezzi nuovi.
Ci basti ricordare la distinzione - che ha ormai decenni alle spalle - tra la nozione di proporzione quale è presente nell'istituto della legittima difesa e la stessa nozione di proporzione quale è presente nell'altra esimente, lo stato di necessità. Nella legittima difesa, infatti, si chiede che la stessa sia proporzionale all'offesa, nello stato di necessità si chiede che il fatto di colui che reagisce sia proporzionale al pericolo.
La distinzione è stata fatta da tempo, non solo ieri e l'altro ieri: nello stato di necessità sono presenti due situazioni entrambe incolpevoli. Sia colui che viene sacrificato, sia colui che produce il sacrificio non versano al di fuori di una situazione di legittimità; vi è, semplicemente, una situazione pressante, cogente, che impone il sacrificio di uno e si richiede allora che il nesso di proporzione sia rigorosamente uguale: solo se è in pericolo la mia vita posso sacrificare la vita dell'altro. L'esempio classico che troviamo nei libri è quello degli alpinisti in cordata: quando la corda non è in grado di reggere due soggetti, chi è sopra taglia chi è sotto perché è in pericolo la sua vita come la vita dell'altro.
Nella legittima difesa il rapporto è nettamente diverso: il valore della vita dell'aggressore è certamente minore del valore della vita dell'aggredito. L'aggressore si pone fuori della sfera di legittimità e quindi tutti i beni di cui egli è portatore hanno assiologicamente un valore minore dei beni dell'aggredito. La giurisprudenza ha fatto tesoro di questo, ha già anche recepito il vero obiettivo del disegno di legge in questione: la cosiddetta legittima difesa preventiva.
L'argomentazione più volte ricorsa durante la discussione in Commissione è la seguente: non possiamo aspettare che l'aggredito venga ucciso per verificare che l'aggressore aveva intenzione di uccidere. A quel punto, la legittima difesa sarebbe un blasone inutile e sono del tutto d'accordo, ma la giurisprudenza ha già ripetutamente riconosciuto in questi casi la possibilità di applicare l'esimente della legittima difesa attraverso l'utilizzo di un altro strumento, l'articolo 59 del codice penale, che prevede la putatività: se il contesto, univocamente interpretato, lascia intendere che l'aggressore è armato e non esiterebbe a far uso dell'arma, effettivamente non si attende che questi abbia iniziato l'aggressione per giustificare la risposta preventiva dell'aggredito.
Attraverso la mediazione del concetto di proporzione, attraverso la consapevolezza che la proporzione non va intesa in senso rigoroso perché i due soggetti hanno una dignità diversa, attraverso l'utilizzo dell'esimente putativa che permette di coprire anche la reazione preventiva, la dottrina e la giurisprudenza hanno già fatto ampio uso di tutti gli strumenti possibili per fronteggiare anche quelle aggressioni che il disegno di legge asserisce di voler contrastare in modo più efficace.
Allora, la conclusione è che il disegno di legge da un lato non risponde alle situazioni veramente oggetto di contrasto e dall’altro apre invece varchi pericolosi nel costume sociale.
Perché non risponde a tali situazioni? Innanzitutto, direi, per una questione topografica. Sappiamo, infatti, che gran parte delle aggressioni che turbano la nostra emotività e la nostra coscienza sociale avvengono al di fuori dell’abitazione nel senso tecnico: l’aggressione nel chiosco del benzinaio, quella nei locali della banca al di qua dei banconi, la stessa aggressione alla farmacia e all’oreficeria, quando perpetrate all’esterno, non rientrano in questa nozione. Quindi, il disegno di legge, pericoloso per altri versi, rischia di essere inutile a fronte delle situazioni che più ci turbano e che hanno in effetti punteggiato la cronaca di episodi clamorosi e gravi.
In secondo luogo, il disegno di legge non risponde a quella che è la dinamica normale. In una situazione di aggressione, normalmente l’aggressore si premunisce ed è in posizione di superiorità fisica; l’aggredito normalmente non è in grado di rispondere, perché viene immobilizzato, narcotizzato, perché in qualsiasi modo viene posto nell’impossibilità di reagire efficacemente.
Tale possibilità sorge normalmente solo dopo la perpetrazione dell’illecito, quando l’aggressore si distacca dall’aggredito e si allontana, ma in questo caso non siamo più nella situazione tipica della legittima difesa (anche se qualche sentenza giurisprudenziale l’ha riconosciuta) e - dico io - non siamo in questa situazione perché normalmente tale reazione aggressiva, già limitata dall’articolo 53 nei confronti del pubblico ufficiale, a maggior ragione deve ritenersi preclusa nei confronti del privato che pubblico ufficiale non è.
Non siamo affatto insensibili all’esigenza che il disegno di legge dichiara di voler soddisfare, tant’è vero che abbiamo proposto, proponiamo ancora e proporremo, quando sarà il momento, una modifica su cui richiamo l’attenzione, perché potrebbe rappresentare davvero un punto di mediazione fra una preoccupazione reale ed un eccesso di risposta altrettanto reale.
A nostro avviso, se vogliamo dare un segnale, esso non deve essere del tipo "in casa vostra sparate quando vi pare", tanto più se la casa comprende anche le pertinenze, il parco, il giardino, il territorio agricolo circostante, il che produrrebbe veramente squilibri terrificanti.
Noi diciamo: in queste situazioni particolari che avete voluto prendere in considerazione, cioè l’abitazione, il domicilio, questa dimora alla quale tutti siamo più sensibili come esigenza di difesa, non si richiede il concetto di proporzione qual è preteso dalla norma nel suo impianto tipico, ma si richiede semplicemente che l’offeso usi un mezzo idoneo che non sia manifestamente sproporzionato all’offesa.
È una soluzione già adottata da altri ordinamenti che avrebbe un grande valore di segnale, nel senso che direbbe alla giurisprudenza: attenzione, quando l’aggressione avviene nell’abitazione o in situazioni equipollenti, cerca di essere ancora più sensibile a quella che è la dinamica dell’aggressione.
Se la nostra proposta di modifica sarà accolta (è chiaro, me ne rendo conto), cambierà di molto l’assetto dell’intervento, ma a mio giudizio si raggiungerà l’obiettivo. Altrimenti, realizzerete un altro obiettivo che non può certamente trovarci consenzienti: l’omologazione tra il valore della vita e quello del patrimonio, un principio che domani potrà portare, ad esempio, ad un rifiuto delle cure perché troppo costose o ad altre situazioni di questo genere. Quando sanciamo un principio di tipo assiologico non sappiamo mai quali siano le conseguenze alle quali la sua affermazione può portare.
Con questo disegno di legge non avrete né meno procedimenti a carico dell’aggredito, né meno ladri nelle abitazioni. Non avrete meno procedimenti, perché per accertare l’esistenza dei requisiti un procedimento dovrà comunque essere aperto. Non avrete meno ladri nelle abitazioni, ma avrete semplicemente più ladri disposti a sparare per primi.
In conclusione, penso che una qualche riflessione si debba ancora fare prima di approvare questo provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malabarba. Ne ha facoltà.
MALABARBA (Misto-RC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi si consenta di affrontare questo provvedimento, peraltro brevissimo, non tanto sul piano giuridico, già affrontato dal collega Fassone e che sarà poi ripreso dal collega Zancan e da altri colleghi, quanto sul piano più prettamente politico ed anche, se vuole, dell’idea di società che lo sottende.
Innanzitutto, bisogna ammettere che questo Governo non smette di stupirci in materia di diritti. Quello della maggioranza sembra un frenetico e meticoloso lavoro per violarli tutti! Il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto alla pensione: sono tutti sottoposti alla tortura di voi che ne stravolgete il senso, riducendoli a espressioni vuote, di cui spesso si rischia di dimenticare il significato.
Ma oggi vi state superando. Quello che state tentando di violare con una legge terribilmente regressiva e dai contorni ossessivamente giustizialisti è il diritto fondamentale di vivere, difeso dalla Costituzione italiana nell'articolo 2. Principio difeso anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che riprende apertamente quel passaggio della Costituzione del nostro Paese, considerato uno dei punti più avanzati della nostra dottrina giuridica. Forse da domani bisognerà usare il passato per questo aspetto.
Il vostro disegno di legge propone un pericoloso paragone tra i beni materiali e la vita umana che, attraverso una formula legale, sembra volerci parlare di un'idea di società: la vostra idea di società! Certo non ci può stupire che questo paragone venga dalle fila di un Governo che si vanta di "fare la sua parte" nella guerra in Iraq, un massacro infinito. Ma quanto contano le vite di milioni di persone di fronte alla prospettiva del controllo economico di una parte del mondo? Poco, per voi.
Ancora: pensiamo alla guerra in Afghanistan. Vi siete forse fatti scrupolo in quell'occasione di cavalcare la difesa dei diritti umani per giustificare una guerra il cui reale scopo era, come anche l'establishment americano ormai non ha problemi ad affermare, il controllo dei flussi delle materie prime? Assolutamente no. Perché allora meravigliarsi se ritenete opportuno uccidere o ferire un ladro colto sul fatto? Perché scandalizzarsi per lo stravolgimento che fate del principio di proporzionalità tra offesa e difesa, mettendo sullo stesso piano i beni materiali con la lesione di un'altra persona?
Leggendo il vostro disegno di legge sembra di avere a che fare con la materia giuridica. Invece, abbiamo a che fare con la guerra. Quella che fate fuori dall'Italia e quella che volete portare dentro il nostro Paese.
Qualcuno ha affermato che queste sono leggi da Far West. Ritengo che non ci sia bisogno di andare così lontano nel tempo. Queste sono le leggi di chi muove le fila della nostra attuale società, del mondo in cui viviamo, martoriato da guerre ed infiniti orrori sul piano umano e sociale. No, davvero non occorre immaginare il Far West: basta dare un'occhiata fuori del proprio cortile.
Questo è proprio quello che tentate di impedire agli italiani: guardare fuori, osservare il mondo, vedere i risultati delle vostre politiche neoliberiste. Cosa c'è di meglio per offuscare la vista, se non la paura? Ecco allora pronta una lista di paure, lista aggiornata quotidianamente tramite i mezzi di informazione: paura degli immigrati, paura degli omosessuali, paura dei ladri, paura dei terroristi.
Potremmo andare avanti all'infinito, perché infinite sono le insicurezze della mente umana, pronte ad essere usate per spingere l'essere umano a rimanere nel proprio cortile ed a difenderlo, a volte anche con ossessione. Voi siete prontissimi a fornirgli le armi per farlo, certo senza interrogarvi sui reali effetti che leggi di questo tipo possono produrre nella nostra società.
Eppure, non vi sarebbe costato fatica prenderli in considerazione. Non possiamo pretendere che conosciate o vi fidiate dei rapporti di Amnesty International, secondo la quale "la vera arma di distruzione di massa sono i 699 milioni di armi leggere in circolazione nel mondo, una ogni dieci persone". E nemmeno pretendiamo che prestiate ascolto al segretario dell'Associazione nazionale magistrati, secondo il quale la vostra proposta "va a scontrarsi con i valori salvaguardati dalla nostra Costituzione e dalla cultura giuridica".
Eppure, per rendervi conto dei possibili effetti del vostro disegno di legge vi sarebbe bastato magari andare al cinema a vedere qualcosa di interessante. Circa due anni fa, infatti, nei cinema proiettavano un documentario di un regista oggi molto famoso: Michael Moore. Il regista americano, indagando su un assurdo fatto di sangue avvenuto in una scuola del Colorado nel 1999, metteva sotto accusa la società americana e la violenza che in essa sembra endemica.
Proprio quella società, a cui voi vi ispirate e i cui princìpi sembrano ispirare alcuni vostri disegni di legge, veniva accusata di essere una delle più violente società del mondo occidentale. Una società in cui i proiettili si comprano nei supermercati, in cui nelle scuole di periferia sono necessari i metal detector, in cui alcune banche regalano fucili ai nuovi clienti. Il vostro modello di società conta più di 11.000 omicidi all'anno! Un modello sbagliato che genera leggi sbagliate, che non vanno al cuore dei problemi, che non li affrontano realmente.
Quella che ci propinate è un'idea di giustizia fai da te che, ben lungi dall'affrontare realmente il problema della criminalità e del contesto socio-culturale che la genera e l'alimenta, sembra solo voler accontentare le fantasie e frenesie sicuritarie della parte più reazionaria di questo Paese.
Di questa riforma non si sentiva davvero la necessità. Per quanto possiate cavalcare questo o quel fatto di cronaca, le statistiche sul nostro Paese non sembrano giustificare provvedimenti che superano per assurdità la legge del taglione (che contiene comunque una dose di proporzionalità!).
Le ricerche sui reati commessi in Italia dal 2000 al 2003 ci parlano di un Paese in cui calano omicidi e furti, ma nel quale aumentano spaventosamente gli omicidi commessi in famiglia. Paradossalmente, sembra essere il cortile di casa il luogo meno sicuro! Questo Governo sembra pensare che sui temi della sicurezza sia opportuno assecondare tutte le pulsioni emotive che spingono a pensare che con più violenza, più repressione, meno diritti si abbiano maggiori garanzie e tutele. È un calcolo fatto a fini elettorali, perché così si ritiene di mantenersi in contatto con l'astratta categoria dei benpensanti, considerati - evidentemente - la maggioranza della popolazione, quella da conquistare. Su quest'altare elettorale (con risultati peraltro dubbi, ci auguriamo) si sacrificano princìpi, ideali, fedeltà ai valori della democrazia.
La realtà è che si assiste a un vistoso cedimento dei valori democratici, a un silenzioso ammainabandiera sul fronte della tutela dei diritti fondamentali. Lo Stato di diritto, l'idea che la tutela della vita e della dignità della persona sono elementi irrinunciabili della convivenza civile stanno tramontando, a colpi di "spot elettorali della Lega", signor Presidente, con il sostegno attivo della maggioranza di Governo e la complicità di chi dovrebbe - per tradizione e formazione - combattere quest'involuzione del diritto, quest'imbarbarimento della nostra civiltà.
L'effetto dei provvedimenti proposti è facilmente e tragicamente prevedibile sin da oggi: basta guardare - lo ripeto - la realtà degli Stati Uniti d’America. È doveroso sottolineare che non si accetteranno delle scuse, dei "chi mai l'avrebbe potuto prevedere". Questi provvedimenti porteranno a spargimenti di sangue nel nostro Paese, come se non ce ne fossero già abbastanza. Il sangue che verrà versato ricadrà sulle mani e sulle coscienze di ciascuno di chi, oggi, si appresta a votare questo disegno di legge.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zancan. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, signori colleghi, questo disegno di legge è molto piccolo, poche parole di modifica del testo dell’articolo 52 del codice penale, ma avrebbe effetti devastanti, un enorme impatto sul piano sociale se mai dovesse essere approvato (e Dio veramente non voglia sia approvato). È una rivolta alla ragione per seguire la pancia della gente.
Vediamo se questa modifica è utile.
L’articolo 52 del codice penale (e me ne fa fede il relatore, ottimo docente di diritto) è un istituto storicamente collaudato: è dal 1931 al 2004 che è immutato e non solo, ma che non è mai stato criticato. È condiviso dalle migliori intelligenze giuridiche italiane, è un portato di studi che sono incominciati all’inizio del secolo scorso. E si vorrebbe ora, per impulsi bassamente irrazionali, modificare una norma su cui non c’è mai stato contrasto.
Qual è il cardine di questo istituto? È il rapporto di proporzione tra offesa e difesa. In questi tempi oscuri (oscuri perché gridati, oscuri perché non c’è dialettica, oscuri perché c’è soltanto ideologia e contrasto) voglio fare l’elogio del termine "proporzione". Vivaddio, la ragione prima di tutto! La proporzione è ragione.
Ora, per dirla nel concreto, per spaccare questa norma ed analizzarne il meccanismo perverso che è al fondo, si vorrebbe creare una presunzione assoluta di proporzione. Lo dico in italiano, ma è assolutamente lo stesso concetto espresso dal senatore Fassone quando ha parlato di presunzione iuris et de iure.
Attenzione, perché non soltanto buttiamo via la nozione di proporzione, che è una nozione di equilibrio, di razionalità, di buonsenso, di adattamento ai singoli casi, ma introduciamo una nozione di presunzione, che è il contrario di tutto questo. La presunzione non è mai giustizia del caso concreto: è una nozione a priori della giustizia, un decidere prima ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
E quale presunzione si vuole introdurre in termini assoluti? La presunzione di legittimità dell’uso delle armi allorquando si verifichi una violazione di domicilio, che si estende anche alle pertinenze del domicilio, se l’autore della violazione (il ladro, per dire le cose più concretamente) non desiste e può esservi il pericolo di aggressione: non alla persona - attenzione - ma alla cosa, il rischio che si aggredisca la cosa.
Non giochiamo sull’equivoco, colleghi proponenti di questo disegno di legge: il caso dell’ingresso nel domicilio armati è già risolto dall’attuale legittima difesa. Nessuno ha mai negato che si possa difendere la vita anche sparando, perché la proporzione esiste tra vita e vita.
Ma qui si vuole fare un salto di qualità enorme e dire che esiste una presunzione assoluta anche quando il ladro entra nella casa certamente non armato e manifesta un’intenzione di non desistenza, per esempio tenta di scappare con il bottino. Si presume l’utilizzo della legittimità dell’arma in relazione a questo ingresso in casa.
Lo voglio dire ancora più in soldoni perché sia chiaro a tutti, se non altro perché risulti tale dal Resoconto: se si trova un ladro a casa, nel box, nel giardino, in ufficio, un ladro che non fugge abbandonando subito il bottino, che non desiste, ma fa intuire che la minaccia per i soli beni può continuare, lo si può uccidere, anche se è solo e disarmato, con la sicurezza di essere giustificati dalla norma che si vorrebbe introdurre.
Non è un principio da poco, signor Presidente, signori colleghi: la vita ha così scarso valore da essere sacrificata alla difesa dei beni! Qui lo scontro è di civiltà, non è uno scontro di poco conto. Non si tratta soltanto di uno scontro tra schieramenti politici, qui - lo ripeto - lo scontro è di civiltà.
Si possono usare formulette, si può dire che non si può arrivare ad una tutela esasperata, si può dire che sono scampoli di Far West, si può dire che si applica la pena di morte in casa, si può dire che si applica la giustizia fai da te, ma sono, lo ribadisco, formulette! La vera questione che questo Senato della Repubblica deve risolvere (hic Rhodus, hic salta, dicevano gli antichi) è se di fronte ad un ladro disarmato che non lascia il bottino, quindi non desiste, io lo posso ammazzare all’interno della mia casa. Ecco l’unica questione; non ce ne sono altre.
E non mi si obietti, che un precedente esiste nella nostra Europa che abbiamo riunificato, non si faccia riferimento all’articolo 329 del codice napoleonico, che è diventato l’articolo 122 del codice penale francese del 1994, dove sembrerebbe essere introdotta una legittima difesa presunta. Basterebbe che l’illustre relatore leggesse l’articolo del professor Paolo Pisa pubblicato sulla rivista "Diritto penale e processo", il n. 7 del 2004.
Questa constatazione, la potremmo fare tutti, perché nell’Aula del Senato non è vietato studiare la giurisprudenza e la dottrina quando si tocca una norma che non viene toccata da oltre settant’anni e si vuole improvvisare su un tema di questo genere. Se si leggesse quell’articolo, quindi, si vedrebbe che la giurisprudenza riconosce comunque un criterio di proporzione e vi è soltanto una diversità nell’onere probatorio: all’interno del domicilio la legittima difesa, come onere, è presunta, fuori dal domicilio la legittima difesa non è presunta (ma come onere probatorio).
Qui la cecità della presunzione assoluta di legittimità è di una gravità estrema. Noi stiamo buttando via la nostra cultura giuridica, la nostra civiltà per seguire movenze popolar-nazionali che peraltro non esistono, che non sono vere. Sapete chi è il più rincresciuto quando fa uso delle armi per difendersi? Chi ha sparato. Io le ho conosciute queste persone, e conosco il tormento che hanno. Non pensate di vellicare gli istinti bellici di una popolazione che non ha questa cultura, questi istinti, questa inciviltà.
Neppure il richiamo alla norma del codice francese ci può convincere. E non ci può convincere neanche uno pseudorichiamo a criteri di prevenzione sociale. Si innescherà una catena di vendette, di faide; vi sarà una corsa pericolosissima ad armarsi. Soprattutto si insegnerà che la vita vale meno dei beni.
Sono certo che tutti ricordiamo la famosa frase di Beccaria: non ci può essere civiltà laddove può avvenire che un uomo sia considerato come una cosa. Con questo disegno di legge voi vorreste considerare l’uomo meno che una cosa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cavallaro. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, spero di aver letto più attentamente questo testo rispetto a quello precedente. Posso però assicurare al presidente Caruso, non presente attualmente in Aula, che mi ero adoperato a leggere con attenzione anche il testo su Eurojust; quindi, mi auguro di poter dare anche in questo caso un contributo costruttivo.
Quello al nostro esame è un disegno di legge molto importante perché siamo chiamati ad intervenire non su una questione contingente o concreta ma sull’impianto generale - così viene considerato dai giuristi - del codice penale. Nel nostro sistema codicistico tutti i casi individuati come cause di giustificazione sono considerati elementi che non attengono alla disciplina contingente ma generale del reato. Sono circostanze che, non a caso, si applicano ogni qualvolta ricorra una determinata fattispecie.
Qual è dunque il compito del legislatore? Quello di distillare una fattispecie astratta che, parametrata con quella concreta, consente di escludere in un dato caso la punibilità di un soggetto: in pratica, un soggetto commette un’attività che può essere astrattamente qualificata come reato ma esiste una esimente, una fattispecie che rende questa condotta legittima.
Trattandosi di una fattispecie di grande rilevanza, poiché rende possibile qualificare come legittima una condotta che altrimenti non lo sarebbe, occorre non solo una attenta riflessione ma occorre sfuggire alla tentazione, nella quale purtroppo invece si cade, della contingenza, della asistematicità.
Spiace che questo importante disegno di legge sia stato fatto proprio dal Gruppo parlamentare di maggioranza Forza Italia, mentre è in corso un dibattito molto più ampio ed è noto che esiste una Commissione ministeriale, il cui Presidente è il dottor Nordio, che sta riformando tutto il codice penale, ivi compresa la parte generale.
Di questa materia abbiamo discusso già molte volte in occasione di dibattiti, incontri, attività scientifiche e culturali e di essa stiamo ancora elaborando un progetto definitivo e sistematico, perché tra l’altro è noto che la legittima difesa appunto non è l’unica causa di giustificazione. Non a caso, in successione tutte queste ipotesi ricorrono nell’attuale codice sostanziale.
Quindi, sarebbe stato di grande importanza - di qui la mia proposta di non passaggio agli articoli - discutere sistematicamente di tutte queste fattispecie, ad evitare che come con una coperta troppo corta tiriamo da una parte e finiamo per scoprirne un’altra e soprattutto di farci - non dobbiamo negarlo - vincere e condizionaresemplicemente da una emotività di circostanza.
Magari, è accaduto che il rapinatore ha incrudelito in una rapina ad una gioielleria (che tra l’altro, come è stato ricordato, non c’entrerebbe nulla con il caso che oggi andremo a normativizzare), o che il classico furto in villa è poi finito in maniera cruenta per una condotta irregolare di qualcuno dei protagonisti di queste amare vicende.
Inoltre, come sempre capita, dai mezzi di comunicazione questi dati, che sono sostanzialmente ricorrenti (le statistiche dimostrano che i fenomeni non sono in particolare aumento), vengono enfatizzati - perché non dirlo? - anche a seconda della temperie politica in cui ci si trova, perché è chiaro che scattano umori collettivi che possono essere raccolti e distillati anche in maniera negativa per meschine finalità elettorali.
Mi auguro non sia questo il caso e che noi si stia discutendo per ragioni di carattere generale, tuttavia non si può non rilevare come, mancando ogni sistematicità di questo intervento, esso di per se stesso, sia comunque certamente discutibile e censurabile.
Peraltro, di solito, quando credo di avere una buona e geniale idea, specialmente quando la materia sulla quale tale idea mi viene è aratissima dalla dottrina, dalla cultura giuridica e dalla giurisprudenza, dopo alcuni anni di esperienza professionale, mi arresto e svolgo una riflessione autocritica perché penso che di cotante buone idee è molto difficile disporre dopo che tanti giuristi hanno elaborato molti punti di contatto, di convergenza o di divergenza su un determinato istituto giuridico. E così, francamente, mi pare in questo caso.
Non voglio tacciare di eccessiva superficialità o di approssimazione il disegno di legge in esame, ma ritengo di poter dire che nell’impianto originario alcune ingenuità nascondono l’evidenza della necessità di dare un dettaglio di previsioni normative, diversamente rendendosi difficile un’ipotesi di modifica dei criteri astratti della legittima difesa.
Peraltro, da questo testo si ricavano le finalità e l’obiettivo, ma non è dato comprendere come esso opererà nella realtà della nostra attività, quando cioè, come tutti i codici, sarà destinato a divenire il materiale giuridico su cui il giudice comunque dovrà emettere quel che si tenta qui di evitare, ossia un giudizio sulla fattispecie concreta (perché poi di questo si tratta).
Mi pare di poter dire che qui echeggi una sorta di desiderio di dare al magistrato una tale e tanto articolata quantità di dati che egli, quasi fosse un sorta di automa giuridico, possa poi decidere indipendentemente - diciamo così - dalla sua stessa valutazione della fattispecie concreta. Ma non è così: il giudizio di ogni giudice è sempre una sussunzione del fatto concreto nella fattispecie astratta e una parametrazione di quel che accade con quei dati normativi astratti che noi, come legislatore, poniamo al magistrato.
Pertanto, anche l’idea - perché di questo si tratta - di intaccare il cosiddetto rapporto di proporzionalità (che è, tra l’altro, uno dei cardini dell’istituto della legittima difesa, perché si basa su quello che richiamavano i senatori Fassone e Zancan, e cioè su una comparazione tra valori di rilievo e di rango costituzionale), o anzi di ribaltare tale rapporto stabilendo un principio di presunzione di proporzionalità, mi appare francamente una di quelle buone idee che in realtà tali non solo, che anzi sono semplicemente superficiali; e dirò perché.
È stato ricordato che questo ribaltamento si verificherebbe soltanto nella violazione di domicilio perché l'evocazione nel testo rassegnato dalla Commissione dell'articolo 614 del codice penale, ci consente di affermare che non dovrebbe applicarsi in altre fattispecie. Tra gli emendamenti aggiuntivi vi è la proposta del senatore Bobbio - a mio avviso il cardine dell'impianto complessivo del provvedimento - che estende ad esercizi commerciali o ad altro tipo di attività il rovesciamento della presunzione di proporzionalità.
A tale proposta muovo un'obiezione di principio di carattere generale: il disegno di legge del senatore Danieli Paolo mi sembra più corretto sotto questo profilo perché, piuttosto che introdurre un principio, impossibile in questa materia, di presunzione di proporzionalità, prevede che la proporzionalità non si applica in quella fattispecie.
Non si può ipotizzare che si presuma una proporzionalità fra condotte che non sono proporzionali; si deve ipotizzare piuttosto che il legislatore, il quale non ha però il coraggio di dirlo, non voglia consentire il principio di proporzionalità. Il legislatore deve allora pronunciarsi chiaramente, anche per sottoporsi ad un corretto vaglio di costituzionalità.
Pur senza la passione che ha animato l'intervento del senatore Zancan, dobbiamo dichiarare se per noi la vita umana vale costituzionalmente, non sotto il profilo etico, quanto i beni, specificando quali e quanti beni, di quale natura e di quale valore perché nulla si dice sotto questo aspetto. La qualità e la quantità dei beni da tutelare rimangono affidate al magistrato che vorremmo invece applicatore automatico di questa disposizione.
Anche sotto questo profilo, mi sembra di poter dire che già l'inizio è sbagliato perché l'attenzione è incentrata soltanto su una fattispecie della legittima difesa, laddove può capitare più facilmente di difendersi in un borgo malfamato, se lo si frequenta per diletto o per caso. È più difficile, con medie cautele, che queste regole debbano applicarsi all'interno di un domicilio.
Il problema di fondo rimane irrisolto: se vogliamo tutelare davvero l'aggredito dobbiamo chiederci se è veramente nel suo interesse irrigidire le norme sulla legittima difesa. Non è forse più opportuno affidare alla magistratura una valutazione coerente e attenta del caso specifico in cui ricorra l'ipotesi della proporzionalità? Tra l'altro dobbiamo ricordare che con le figure dell'eccesso e della putatività, che è stata ormai applicata anche all'eccesso colposo, non è affatto vero che la giurisprudenza ha fornito un quadro univoco e restrittivo delle ipotesi di legittima difesa.
La giurisprudenza ha persino sussunto sotto la legittima difesa fattispecie nelle quali, ad esempio, lo sparo è intervenuto dopo che il rapinatore si era dato alla fuga, ritenendo che il contesto complessivo delle attività potesse suscitare uno stato dell'animo per cui l'aggressione subita continuava a consentire una fattispecie di proporzionalità.
È certo tuttavia che in un caso di questo genere il legislatore deve interrogarsi se vuole inverare i princìpi costituzionali, deve chiedersi se la vita umana, dopo un allontanamento, possa valere come una certa quantità di gioielli o di beni preziosi.
Dobbiamo dare su questo punto una risposta al magistrato e ai cittadini, una risposta che non sia emotiva e non sia basata sull'ultimo caso, ad esempio sull'unico caso in cui magari il rapinatore l'ha fatta franca. Prendendo a riferimento l'episodio in cui il rapinatore è stato addirittura ucciso disponendo di un'arma giocattolo dovremmo allora introdurre un'eccezione nell'eccezione; dobbiamo invece semplicemente riaffermare il principio di applicazione della proporzionalità.
Se si intende approvare il testo sarà comunque necessario migliorarlo. Nel testo si parlava ad esempio di legale detenzione, un riferimento che è scomparso. Mi auguro che ciò non significhi - talvolta è meglio esprimere l'intenzione del legislatore - che anche un'arma detenuta illegalmente possa essere oggetto di una legittima difesa.
Si parla tra l'altro dell'altrui incolumità; questa nozione ricorre anche per i beni; dobbiamo allora essere più precisi, specialmente quando parliamo di beni altrui, su ciò di cui stiamo parlando: quali beni altrui stiamo difendendo, e soprattutto se essi esistono in quanto si vìola il domicilio perché si parla della violazione dell'articolo 614 del codice penale.
Credo che quantomeno dovremmo circoscrivere la nozione di "altrui" a dei congiunti, a dei familiari, a qualcuno a cui siamo legati, i cui beni possano essere in maniera abbastanza ragionevole contenuti nell’abitazione. Capisco che si possano fare anche ipotesi estreme, come quella della rapina ai danni di un gruppo di persone che sta facendo una cena in qualche casa, ma mi domando se, specialmente in questo caso, sia giusto stabilire una presunzione di proporzionalità anche di fronte a beni che potrebbero non avere nessun valore e di cui magari l’interessato potrebbe spogliarsi tranquillamente, preferendo non rischiare la propria e l’altrui vita in una colluttazione o in un conflitto a fuoco.
Tra l’altro, vorrei ricordare a chi non ha molta dimestichezza con la questione quanto l’uso anche legittimo delle armi e dell’azione fisica sia, fuori da ogni retorica, veramente difficile, specialmente nelle situazioni di pericolo nelle quali in concreto ci si viene a trovare, e quindi quanto la teoria di questa attività, di questa presunzione di proporzionalità, si scontri poi con la realtà dell’umana debolezza e della necessità di difendersi in maniera tale che si abbia la consapevolezza dei propri gesti.
Un ultimo problema, con cui torniamo sempre al capolinea. Il testo del provvedimento che ci rassegna la Commissione riporta alla fine, alla lettera b) del comma 1dell’articolo 1, le seguenti parole: "i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione": ovviamente l’endiadi significa che devono ricorrere entrambe le fattispecie.
Non basta quindi verificare che non vi è la desistenza, deve esservi un pericolo di aggressione. Ritorniamo pertanto ad una valutazione del giudice il quale, nel momento in cui valuterà che esiste un pericolo, stabilirà, con un giudizio praticamente rovesciato, post invece che prius, che vi è una proporzione: stabilirà che il pericolo per essere tale deve essere percepito come tale e deve essere obiettivo; stabilirà anche che cos’è l’aggressione di cui si parla, perché non esiste una norma del codice penale che definisca l’aggressione, essa rappresenta un evento fisico che va individuato nella sua materialità.
Ora, se io sono un cultore di arti marziali posso ritenere le minacce di una ragazza del tutto irrilevanti, ma viceversa posso scoprire che la ragazza che mi minaccia rappresenta un pericolo. Vicino a casa nostra abita la campionessa olimpionica di scherma: ebbene, la minaccia di una tale schermitrice sarebbe pericolosissima, sicuramente metterebbe a repentaglio la vita e potrebbe costituire un’aggressione di quelle pericolosissime, tale da rendere legittima anche una reazione con un’arma da fuoco.
Anche qui, pertanto, dopo aver costruito il tentativo di uscire dalla proporzionalità ci troviamo poi di fatto a dover qualificare l’evento nella sua concretezza, a dover verificare, così come prevede la lettera b) del comma 1 dell’articolo 1 (mi riferisco in particolare a quando sono i beni propri o altrui in pericolo), se vi è pericolo di aggressione.
Sostanzialmente, dunque, tutte le fattispecie vanno poi rivisitate dall’apprezzamento del giudice perché il fine di contrastare la minaccia e quello di difendere sono anch’essi degli elementi che non sono obiettivabili più di tanto.
In conclusione, sono consapevole che altri ordinamenti (in particolare, quello francese e quello tedesco) hanno delle nozioni diverse di legittima difesa, in particolare tendendo ad irrigidire, irrobustire la legittima difesa all’interno della propria abitazione.
Si tratta di una questione sulla quale, a mio parere, su un piano di carattere teorico e generale, si può certamente discutere. Le condizioni per poterne discutere, però, sono la non emotività, la non occasionalità e soprattutto la non asistematicità.
In questo caso, invece, la trattazione è occasionale, non è sistematica perché non è inserita nel contesto delle varie norme e quindi, sotto questo aspetto, noi preferiremmo il non passaggio all’esame degli articoli ed il ritorno ad una valutazione più generale e serena, per poi stabilire in quale misura le disposizioni generali del codice penale su questa materia possano subire una seria modificazione anche in uno spirito di equilibrio sotto il profilo del rapporto con gli altri ordinamenti europei.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Valditara. Ne ha facoltà.
VALDITARA (AN). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, la legittima difesa è un istituto di diritto naturale sia quando essa sia tesa a difendere un diritto della personalità, sia quando serva a difendere il patrimonio. Così lo considerava Cicerone, così lo considerava Gaio, corrispondente cioè ad una naturalis ratio. (D. 9,2,4 pr.).
In particolare, per il diritto romano il giudizio riguardava l'adeguatezza della condotta: se per difendere i beni o la persona non potevo adottare nessun altro comportamento, l'azione era scriminata; erano talvolta le circostanze che determinavano l’esistenza della legittimità del comportamento. La difesa era comunque legittima, per esempio, se il furto era commesso di notte: di notte ho minori possibilità di difesa, posso invocare più difficilmente altri in aiuto, non posso conoscere le reali intenzioni dell'aggressore.
La giurisprudenza venne poi ad introdurre un limite coerente con il sistema (Ulp. XVIII ad ed.): la circostanza scriminava qualsiasi reazione, salvo che si dimostrasse che, pur potendo evitare il furto, si fosse comunque voluto uccidere. Si ribalta l'onere della prova: sarà l'accusa a dover dimostrare che quel comportamento non era necessario.
L'esempio romanistico ha ispirato anche il legislatore francese che presuppone la legittimità della difesa se il ladro si sia insinuato di notte nell'altrui dimora. La soluzione tedesca è ancora più drastica: la scriminante opera ogniqualvolta l'eccesso nella difesa sia stato dovuto a panico o comunque ad uno stato di paura dell'aggredito.
Anche per la morale cristiana la legittima difesa è sempre stata considerata, e lo è tuttora, una scriminante. A parte i numerosi passi dell'Antico Testamento che la giustificano ampiamente (devo dire che mi è parsa un po’ semplicistica l'interpretazione dell'Esodo data qui dal senatore Fassone), non bisogna del resto dimenticare che proprio dal Vangelo, penso per esempio a Giovanni, 18, si viene a sapere che Pietro accompagnava Gesù armato di spada, e con questa taglia l'orecchio al centurione. La risposta di Gesù è al riguardo significativa: rimetti la spada nel fodero ("rimetti", non "gettala via!"), perché, aggiunge Gesù, "Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?". Dunque nessuna condanna della difesa armata, ma solo la necessità di adempiere una missione.
Coerente con una tradizione millenaria, il codice riconosce la legittima difesa con il limite che la difesa sia proporzionata all'offesa. Senonché la relazione del Guardasigilli chiarisce cosa debba essere proporzionato: non i beni protetti, non il male minacciato e quello inflitto, ma i mezzi adoperati. Se dunque uno assale con un'arma da fuoco, ancorché con la evidente intenzione di rubare, e un altro non ha nulla per difendere i propri beni se non un'arma, secondo l'intenzione del nostro legislatore, sarebbe legittimo sparare.
Questa interpretazione è stata propria della Cassazione oltre che della maggiore dottrina, sino agli anni '70, e venne sino a quell'epoca considerata pienamente compatibile con la Costituzione. Dunque, difendere con le armi la proprietà era considerato sino agli anni '70 pienamente conforme ai principi dell'ordinamento.
Nel '76 la Cassazione iniziò a precisare la necessità anche di un'indagine tra danno incombente e conseguenze della reazione. Successivamente si insinuò nella interpretazione giurisprudenziale l'idea che la proporzione dovesse essere fra i beni messi in gioco. Per capire come si sia potuti arrivare a questa conclusione e la portata di essa, occorre fare qualche ulteriore considerazione.
Il diritto alla legittima difesa esprime un'idea nobile dell'uomo come ente capace di giustizia, portato dunque a realizzare la giustizia nella società. Come diceva Rudolph von Jhering, il diritto non nasce dallo Stato in quanto regola imposta dal sovrano, ma dalla virtuosa inclinazione alla giustizia insita in ogni uomo. Colui che difende il proprio diritto non è portatore solo di un interesse individuale, ma anche di un valore generale perché, difendendo il diritto particolare, egli contribuisce altresì a conservare il bene superiore della giustizia.
Che l'aggressore, anche laddove le sue mire abbiano ad oggetto solo beni patrimoniali altrui, sia autore di un comportamento contro giustizia è reso manifesto in primo luogo dalla nostra Costituzione che tutela la proprietà privata, oltre che dalle norme penali in materia di furto. Solo per meglio garantire la pace sociale, la comunità politica riserva a sé l'esercizio della potestà punitiva, sottraendola alla disponibilità dei singoli; quando tuttavia è assente la possibilità di ricorrere allo Stato, ogni persona è legittimata ad agire in difesa del proprio diritto.
E' dunque un'idea impoverita di uomo quella che non gli riconosce il suo diritto a realizzare la giustizia, quando lo Stato è assente e pur nelle forme stabilite dalla legge. All'origine di questa idea riduttiva di uomo, che non gli riconosce la possibilità di operare secondo giustizia e per ristabilire la giustizia violata, vi è, in realtà, una considerazione del deviante non come violatore della pacifica convivenza e del suo comportamento come oggettivamente contra ius, ma come vittima incolpevole di una società ingiusta.
L'ingiustizia si sposta pertanto, in questa ottica, dal comportamento del singolo contro cui reagisce chi legittimamente si difende, al modello sociale contro cui agisce proprio il deviante. Più in generale negli ultimi trent’anni si è diffusa la concezione per cui si dovrebbe uscire dall'ambito penale ogniqualvolta l'offesa sia diretta solo verso beni patrimoniali.
In realtà, un’interpretazione coerente con il sistema dell'articolo 52 ci fa capire che nel giudizio di bilanciamento non vengono in gioco i beni, ma le condotte. La condotta reattiva è dunque qualitativamente di valore normalmente superiore a quella offensiva, perché realizzata, oltre che per tutelare un bene giuridicamente rilevante, anche per garantire validità e stabilità all'ordinamento giuridico.
Se in caso contrario si dovessero paragonare i beni in gioco, mai verremmo alla difesa della proprietà. Se la comparazione fosse fra i beni, la reazione difensiva sarebbe legittima, quando avesse ad oggetto un bene patrimoniale, solo laddove la vittima fosse in grado di impedire la consumazione del reato con l'applicazione di una forza tenuissima che non si traducesse mai in lesioni o nell'uccisione.
Sarebbe una conclusione assurda, perché presupporrebbe la superiorità fisica dell'aggredito, precludendo qualsiasi difesa dei beni a tutti coloro che nel conflitto scatenato dall'aggressore siano in situazione di inferiorità. In altre parole, rinnegheremmo una delle funzioni fondamentali del diritto che deve assicurare la protezione dei deboli contro i prepotenti. Significherebbe, in altre parole, sancire la prevalenza non del diritto, ma della violenza e della prevaricazione. Di questo passo si va ben al di là della considerazione degli stessi beni patrimoniali: qui entra in gioco la difesa della libertà dell'individuo, ma per alcuni, i sostenitori dell'equivalenza dei beni, la schiavitù sarebbe senz'altro preferibile se la difesa della propria libertà comportasse l'offesa all'altrui vita.
Tutto ciò premesso, se la comparazione dev’essere fatta fra condotte, in modo forse più aderente allo spirito della legge, illegittima è solo quella condotta che produce un danno superiore a quello che sarebbe stato strettamente necessario per vincere l'aggressione. La comparazione dev’essere dunque fra il sacrificio arrecato all’offensore e il sacrificio normalmente necessario a vincere l’offesa.
Si torna esattamente ai fondamenti romanistici del nostro diritto, ci si conforma ad una tradizione millenaria.
In questo contesto, laddove sussista una minaccia all’incolumità della persona o laddove, nonostante reiterate intimazioni, vi sia stato il rifiuto della desistenza, appare legittima l'azione difensiva che comunque abbia portato a salvaguardare i beni in gioco. Si può forse chiarire (per evitare alcune interpretazioni che qui sono state date) l'inciso: "e vi è pericolo di aggressione", usando o le stesse parole del codice francese o specificando che l’aggressione dev’essere fatta a persone.
È quanto si va a sostenere, dunque, nel presente disegno di legge, che mi appare assolutamente coerente con il sistema. La specificità della violazione di domicilio assume un suo valore particolare anche perché, come nel caso - ricordato all’inizio di questo mio intervento - della circostanza "notte", appaiono diminuite le possibilità di difesa, così come più difficilmente si può invocare l'aiuto altrui. Si è in altre parole in balìa di un aggressore le cui intenzioni non sono ex ante conoscibili e, fra l'altro, per orientamento costante il giudizio di proporzionalità va sempre valutato ex ante. Fra l'altro, l'aggressione che si compie con violazione di domicilio già di per sé comporta danni alla persona: danni psicologici anche gravi, che lasciano normalmente segni permanenti nella psiche dell'aggredito, per la situazione di paura che si è oggettivamente determinata.
Per concludere, una corretta interpretazione dell'articolo 52 renderebbe in verità superflua questa ulteriore disposizione legislativa, ma poiché la giurisprudenza oscilla e in alcuni casi sembra avere una concezione debole dell'uomo e del suo ruolo sociale, non considerandolo come centro attivo di moralità e di giuridicità, una chiarificazione legislativa può essere utile per raddrizzare una distorta, direi deviante interpretazione. (Applausi del senatore Gubetti).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Maritati. Ne ha facoltà.
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, ho ascoltato alcuni degli interventi, l’ultimo in particolare, e non pensavo che altri avrebbero citato in quest’Aula il diritto romano, soprattutto nel modo in cui è stato fatto da parte del collega che mi ha preceduto. Una precisazione va quindi forse fatta su questo terreno.
Con la modifica di questa norma, se verrà introdotta nel nostro sistema giuridico, noi faremo un passo indietro di quasi duemila anni.
Difatti, è vero che il primordiale diritto romano prevedeva due forme di legittima difesa; la prima è quella classica, diretta ad evitare che l’aggredito possa subire lesioni o violenze ingiuste: una violenza contestuale, anche quella fondata sulla contestualità, sull’inevitabilità e sulla proporzione dei beni messi in discussione.
Ma quel diritto romano primordiale prevedeva anche un’altra figura, consistente in una vera e propria reazione successiva all’aggressione subita, finalizzata evidentemente e prevalentemente al recupero dei beni perduti per effetto dell’aggressione. Questa seconda figura (il collega ha dimenticato di dirlo, forse era implicito) tuttavia fu cancellata, non nell’era moderna, ma dagli stessi giuristi romani nell’era giustinianea.
Evidentemente c’era una ragione che persino i nostri antichi colleghi giuristi romani avevano capito. Non è possibile porre sullo stesso piano due valori radicalmente differenti: un bene, quello della vita, dell’incolumità personale, che è un valore primario - lo era allora e lo è oggi - e un altro bene, parimenti rispettabile ma non ponibile sullo stesso livello, quello del bene materiale ed economico.
E’ errato, quindi, richiamare il diritto romano, e non so quanti anche tra di voi sono disposti a ritenere che un ritorno all’antico diritto romano, quello primordiale, possa costituire un rispetto delle tradizioni e dei nostri valori.
VALDITARA (AN). Per duemila anni c’è stata coerenza.
MARITATI (DS-U). Sono passati tanti secoli, ne sono passati veramente tanti. E poi c’è stata una Costituzione, la Costituzione che dovrebbe essere la nostra bussola.
Quindi, torniamo a parlare di legittima difesa così come si è maturata, come si è evoluta ai tempi d’oggi. È un istituto quanto mai delicato, importantissimo, e non c’è bisogno di scomodare persino la dottrina cristiana, che certamente non contiene nella maniera più assoluta il principio richiamato poco fa dal collega.
La reazione è giustificata ed è legittima in presenza di un’offesa ingiusta, ma solo in presenza di due requisiti.
In primo luogo, la difesa deve essere necessaria per salvaguardare il bene posto in pericolo, il che vuol dire che l’aggredito, di fronte all’alternativa tra subire e reagire, non può evitare il pericolo se non reagendo contro l’aggressore. Quindi deve esservi inevitabilità, non semplicemente commozione, stato d’animo, impressionabilità facile.
La dottrina ha persino discusso a lungo - voglio ricordarlo - se la legittima difesa cessi di avere efficacia nei casi in cui l’aggredito possa mettersi in salvo con la fuga. Questo tipo di disquisizioni farebbe forse inorridire o ridere chi oggi con tanta facilità sostiene le modifiche al nostro esame. La disputa ha finito con il focalizzarsi sul nodo dei rapporti tra reazione e fuga, tenendo però conto del principio fondamentale che deve sottendere a tutta la complessa e delicata materia, vale a dire il principio del bilanciamento degli interessi.
Pertanto, si ritiene che il soggetto non sia tenuto a fuggire tutte le volte che la sua fuga esporrebbe i suoi beni personali, come la salute (pensiamo al pericolo di infarto o di un aborto), o di terzi (pericolo di investire ignari passanti con una fuga precipitosa e veramente rischiosa) a rischi maggiori di quelli incombenti su beni propri del soggetto contro il quale si reagisce. Vedete con quanta cura la dottrina e la giurisprudenza hanno trattato questo argomento che oggi si vuole superare con una facilità veramente impressionante.
I problemi più gravi sorgono quando ci si deve misurare con il secondo requisito che deve sussistere ai fini della scriminante della legittima difesa, cioè la proporzione tra difesa e offesa. Questa è civiltà, non è qualcosa di inutile da gettare nel cestino della carta straccia.
La proporzione non può essere certamente limitata tra i mezzi difensivi a disposizione dell’aggredito e quelli effettivamente utilizzati, questo è chiaro, lo hanno ampiamente dimostrato l’esperienza, la dottrina e la giurisprudenza. Non si può parlare di proporzione tra i mezzi, perché altrimenti - è lo storico esempio - ad un vecchio contadino che disponga solo del suo fucile da caccia sarebbe consentito ammazzare il ladruncolo delle pere o delle mele. L’articolo 52 è chiaro: quando si fa riferimento alla proporzione tra offesa e reazione difensiva, ci si richiama chiaramente alla natura dell’interesse protetto e non alla natura dei mezzi utilizzati nella reazione difensiva.
Se voi della maggioranza doveste insistere giungendo all’approvazione di questo provvedimento, così come oggi è strutturato, giungeremmo al sovvertimento della gerarchia dei valori presenti da sempre nel nostro ordinamento.
È il caso di rammentare che la nostra Costituzione colloca al primo posto, senza possibilità di equivoci e di errori, i diritti inviolabili della persona quali la vita e l’integrità fisica.
Coerentemente, l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo stabilisce che la morte non è considerata illecita solo quando è assolutamente imposta dalla necessità di difendersi da una violenza illegittima, senza prevedere ovviamente la necessità di difendere i propri beni da un’aggressione illegittima, fino al punto da provocare la morte dell’aggressore!
Per interpretazione unanime di dottrina e giurisprudenza si è sempre ritenuto, pertanto, che la necessità di respingere una violenza alla propria persona costituisca requisito indispensabile per riconoscere come legittima la morte inflitta all’aggressore, escludendo ogni possibilità di aggredire vita ed incolumità altrui, cioè dell’aggressore, per difendere diritti o beni di natura patrimoniale e comunque gerarchicamente inferiori alla vita della persona.
Il disegno di legge che stiamo esaminando, seguendo la logica perversa che sta guidando l’attuale maggioranza, sovverte proprio la scala gerarchica dei valori riconosciuti e protetti dalla Costituzione e dalla normativa internazionale sui diritti inviolabili della persona.
E questo tentativo deleterio per la nostra civiltà giuridica e per uno Stato moderno e civile di diritto è portato avanti cinicamente, lo sostengo, sulla base di una spinta emotiva anche di una parte dell’opinione pubblica, scossa comprensibilmente, questo sì, da una serie di fatti gravi di sangue in cui sono rimasti coinvolti, vuoi come vittime di criminali aggressioni, vuoi come soggetti chiamati a rispondere dei delitti di omicidio o di eccesso colposo in legittima difesa, le vittime stesse di rapine e di aggressioni personali.
In sostanza, con il disegno di legge in esame si vorrebbe evitare che onesti cittadini possano subire ingiuste aggressioni alla persona o il più delle volte al patrimonio, dando loro la facoltà di reagire con tutti i mezzi a disposizione, tra cui il ricorso all’uso delle armi.
È questo l’obiettivo? Non traspare, soprattutto in esito ai lavori che sono stati molto seri ed approfonditi nella Commissione. Ovvero si vuole soltanto evitare che costoro, cioè i soggetti aggrediti, i cittadini onesti, siano sottoposti a procedimento penale? Ma anche questo è pericoloso perché il sistema giuridico attuale prevede una serie di garanzie, una serie di gradi di intervento e quindi di valutazione: esiste la legittima difesa putativa, esiste l’eccesso colposo in legittima difesa, esiste quindi una sorta di griglia che il giudice ha sempre esaminato ed esamina.
Non possiamo, quindi, legiferare ancora una volta sull’onda emotiva di questo o di quel fatto, il cui sviluppo poi non viene seguito. Ad esempio, non si sa quasi mai che il gioielliere sottoposto a procedimento penale quasi sempre viene prosciolto, a meno che non si tratti di un caso in cui non deve essere assolto perché ben poteva difendere anche i suoi beni senza ammazzare ed invece ha ammazzato. Ci sono simili casi, come anche quelli di persone intervenute per contrastare violenze eclatanti. Tutto questo viene riportato, comprensibilmente, dalla stampa in termini tali da creare e suscitare commozione, timore, reazioni.
Qui non c’è, come al solito - chiariamolo - una maggioranza che vuole la tranquillità e la serenità dei cittadini, la loro garanzia (forse, alla fine, potrò dimostrare con un esempio come questo obiettivo non sia proprio dell’attuale maggioranza), mentre dall’altra parte ci sarebbe un gruppo di persone amiche, per così dire, dei violenti o dei criminali.
Non è questo il livello della nostra discussione: noi lo sappiamo, e anche voi lo sapete, almeno i più sensibili, coloro i quali sono in grado di capire e di discernere. Sono quelli che hanno operato sulla norma in esame creando quel pasticcio giuridico che è stato fatto, e che poi approfondiremo in modo più puntuale nel corso dell’esame dell’articolato.
L’obiettivo è veramente irraggiungibile, ma si creano gravissimi danni. Non credo che questa sia la via giusta; cessa di esistere il principio cardine della proporzione. Questo è il punto più grave e gli effetti di questa normativa saranno devastanti senza minimamente incidere - ricordiamolo, ma voi lo sapete, non potete non saperlo - sulla soluzione del problema grave della sicurezza dei cittadini.
Questa norma dovrà inevitabilmente dare la possibilità al cittadino di disporre di armi. Voi non potete negare questo. Riconoscere la possibilità di fare uso di armi da fuoco equivale a dire che esiste e sarà riconosciuto un diritto all’acquisto dell’arma. Non potete ignorare né sottovalutare questo aspetto.
Sarebbe troppo facile per me richiamarvi tutto quello che accade negli Stati Uniti d’America, che possiamo definire la patria della libertà di acquistare e di far uso delle armi, laddove la lobby produttrice di armi riesce sempre a prevalere sulla spinta del movimento democratico esistente in quel Paese, teso a frenare e a contenere l’abuso della detenzione e dell’uso delle armi.
Apriamo una porta verso questo obiettivo, che certamente non è il vostro; mi rivolgo a chi tra voi si sta rendendo conto di quanto potrebbe accadere. Se non é questo l’obiettivo, qual è? Quello di dare maggiore garanzia psicologica? Con questo articolo, una giurisprudenza accorta potrebbe anche non accorgersi della modifica, ma il pericolo c’è comunque.
Avete trasformato normativamente la vostra proposta originaria perché non avevate avuto e non avete il coraggio di dire: strappiamo il principio di proporzione fra i valori messi in discussione. Esiste la proporzione quando viene violato il domicilio, la propria o l’altrui incolumità. C’era proprio bisogno di dirlo? Esiste già l’articolo 52 del codice penale, grande quanto una casa, storicamente fermo a garantire la difesa della propria o dell’altrui incolumità!
Aggiungete poi, alla lettera b) il riferimento ai "beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione". Entrambi cioè debbono concorrere, ma il pericolo di aggressione deve essere vero! La domanda spontanea è a chi debba essere rivolto tale pericolo: ai beni o alle persone? Ovviamente alle persone! Allora che bisogno c’è di inserire questa precisazione? Non si può, con giurisprudenza alla mano, stavolta accusare i magistrati di non aver garantito le persone offese perché la giurisprudenza dice il contrario.
Quindi, come ho anticipato all’inizio del mio intervento, sono in grado di dimostrarvi che la vostra politica, pur se sbandierata in Aula e fuori come diretta a garantire la sicurezza, segue vie sbagliate e dannose qual è questa. Si vedranno i risultati anche dal punto di vista normativo nell’ipotesi in cui fosse approvata questa norma, ma voi volete ampliare la sfera di legittima difesa, di difesa del privato che tocca uno dei punti più solidi del diritto e dello Stato moderno civile. State ampliando la sfera perché volete dare maggiore garanzia al cittadino.
Con l’ultima legge finanziaria però viene ristretto il budget dedicato alla tutela, cioè alle Forze dell’ordine. Dobbiamo allora chiarire subito a noi ed ai cittadini se volete la sicurezza degli stessi cittadini, che deve essere garantita dallo Stato, oppure se puntate alla privatizzazione anche in questo settore, a privatizzare cioè la difesa. Riducete, cioè, le risorse da dedicare alla difesa pubblica ed al contempo ampliate la possibilità di una difesa privata in maniera così pericolosa.
Queste sono in sintesi le ragioni per cui ci opporremo a che questa vostra proposta si traduca in legge dello Stato (Applausi dei senatori Fassone e Dettori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gubetti. Ne ha facoltà.
GUBETTI (FI). Signor Presidente, colleghi senatori, questo mio intervento si apre con una doveroso premessa: il ringraziamento al senatore Ziccone, relatore del disegno di legge n. 1899, per il suo paziente, approfondito e saggio lavoro su questa proposta. Condivido totalmente, parola per parola, la sua relazione all’Assemblea e ne ammiro l’alta cultura giuridica.
Non ripeterò quindi le argomentazioni tecniche a favore di questo disegno di legge, da lui già esposte con tanta efficacia. Mi limiterò ad aggiungere alcune ulteriori considerazioni - soprattutto di tipo politico-sociale e criminologico - ed a ricordare il percorso di questa proposta dalla sua nascita fino al traguardo dell’odierna discussione nell’Assemblea del Senato.
Il disegno di legge intitolato "Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio" ha iniziato il suo non breve iter parlamentare il 20 dicembre 2002 con una mia proposta, firmata da 59 senatori appartenenti a tutte le forze politiche della maggioranza ed anche al Gruppo Misto. Dopo la sua presentazione in conferenza stampa, il 13 febbraio 2003, questa proposta, a dimostrazione del grande interesse che suscitava nell’opinione pubblica, ebbe le prime pagine dei principali quotidiani nazionali, tra cui "l’Unità", che la attaccò con grande violenza accusandola addirittura di "barbarie giuridica".
È un paradosso della storia che i post e neocomunisti, eredi di una delle ideologie più sanguinarie del secolo scorso, siano diventati campioni di un pacifismo fondamentalista che giunge a negare a individui e nazioni il diritto naturale all’autodifesa. Nel loro estremismo da convertiti, sembra quasi che le guance evangeliche non gli bastino: ne vogliono almeno il doppio, mentre persino il mite San Francesco tra le sue regole dettava: "I fratelli non portino con sé armi, se non per difendere la Chiesa, la fede cristiana o anche le loro terre", come opportunamente ha ricordato Gianfranco Fini nel suo recente intervento ad Assisi. A chi preferisca una citazione laica consiglio gli scritti di Beccaria, schierato inequivocabilmente a favore del diritto all’autodifesa armata (darò poi la citazione precisa a chi lo desideri).
In realtà, ciò che muove gli accaniti critici di questo disegno di legge non è tanto il neopacifismo, quanto l’antica cultura statalista che, in opposizione a quella liberista, vuole mantenere il monopolio della forza, anche difensiva, allo Stato, in continuità giacobina con l’ancien regime, che riservava il privilegio di portare le armi alle guardie del Re e ai nobili.
In questa Italia, ancora dominata dalla mentalità statalista, possono circolare con un’arma, senza uno speciale e difficile permesso, soltanto i Corpi armati dello Stato e i magistrati.
Non può essere un caso che le leggi più restrittive sul possesso individuale di armi per l’autodifesa fossero quelle sovietiche e naziste, mentre le più liberali sono quelle degli Stati Uniti. Il disegno di legge in esame, peraltro, non modifica in alcunchè l’attuale normativa italiana sulle armi, molto severa e prudente.
Come dimostra il lungo, approfondito e talora travagliato iter in Commissione - nonostante il disegno di legge fosse stato fatto proprio dal Gruppo Forza Italia - il vero discrimine passa, lo ripetiamo, tra coloro che con mentalità statalista negano il diritto naturale all’autodifesa e i liberali che lo affermano "almeno quando non è presente la forza pubblica", per citare testualmente quanto detto dal procuratore Carlo Nordio in una intervista rilasciata al "Corriere della Sera" nel novembre 2002.
Coerentemente con queste premesse, al momento del voto in Commissione, il 22 aprile scorso, tutte le forze della maggioranza si sono ritrovate compatte, sul fronte liberale, a favore del disegno di legge; le sinistre stataliste contro. Sulla linea di confine, con la propria astensione, come incerti su dove schierarsi definitivamente, il Gruppo della Margherita e - in dissenso con i Democratici di Sinistra - il senatore Ayala. L’invettiva di "barbarie giudiziaria" ferisce, quindi, anche loro - ancor più di noi, che a queste ingiuste accuse abbiamo fatto il callo - perché è evidente che in presenza di una eventuale barbarie non ci si può astenere!
Su quale fronte si schiera l'opinione pubblica è cosa che dovrebbe rivestire un certo interesse per il Parlamento. Pare chiaro che tutti i sondaggi effettuati su questo disegno di legge concordano nell'evidenziare che la grande maggioranza dei cittadini, e non soltanto nell'elettorato di centro-destra, è a favore.
Per brevità, citerò soltanto il primo di questi sondaggi, quello effettuato dalla rete La 7 durante una trasmissione televisiva totalmente schierata contro questo disegno di legge. Delle circa 3.800 telefonate giunte dai telespettatori oltre il 71 per cento era a favore, con grande sorpresa e sconcerto dei politici e dei giornalisti presenti. Questo dimostra quanto gravi siano la mancata conoscenza e lo scollamento elitario di molti parlamentari, non solo di sinistra, rispetto alle convinzioni dei propri elettori, al buonsenso e al naturale sentimento di giustizia della gente comune.
Gli oltre tre mesi di vivace e approfondita discussione del disegno di legge in Commissione giustizia hanno permesso, grazie ai contributi di molti colleghi ma in particolare del relatore, senatore Ziccone, di affinare e di migliorare il testo iniziale, senza però snaturarlo e soprattutto conservandone intatti i principali obiettivi. Il primo fra questi è di ristabilire la certezza del diritto con norme più chiare e meno soggette a troppe e diverse interpretazioni, norme che rassicurino i cittadini che la legge è realmente uguale per tutti.
Oggi, troppo spesso, questa affermazione scritta nei nostri tribunali suona come una beffa per i malcapitati che vengono stritolati dagli ingranaggi, spesso dominati dal caso, di una giustizia che appare loro cieca, imprevedibile, crudele. In particolare sulla legittima difesa Nordio, nella già citata intervista, afferma: "La norma, molto generica, lascia spazio a interpretazioni opposte: lecito, illecito, assoluzione, punizione (...)".
Lo conferma - aggiungo io - un'ampia casistica di sentenze della Cassazione raccolta dai funzionari della Commissione giustizia, che ringraziamo per questa preziosa collaborazione, sentenze che finiscono - è vero - per riconoscere l'innocenza degli imputati, ma dopo anni di calvario giudiziario, con conseguenti gravissimi danni economici, psichici e biologici. Altri cittadini per fatti del tutto analoghi vedono riconosciuto il proprio buon diritto già in primo grado o nella fase delle indagini preliminari soltanto perché hanno avuto la fortuna di essere giudicati in un altro tribunale.
Minimizzando la frequenza e la gravità di questi episodi, intollerabili anche se fossero pochi, i parlamentari di opposizione critici di questo disegno di legge si scoprono improvvisamente grandi ammiratori del codice fascista Rocco, lodando l'articolo 52 del codice penale sulla legittima difesa e negando la necessità di una sua modifica. Avrebbero ragione se la società italiana fosse ancora quella di ottant'anni fa quando la suddetta norma è nata.
Come tutte le leggi che danno al giudice una grande discrezionalità nell'interpretazione, l'articolo 52 del codice penale, per essere correttamente applicato, richiede una società fortemente omogenea e uniforme, con princìpi e valori fondamentali largamente condivisi dalla grande maggioranza dei cittadini e dalla quasi totalità dei giudici.
Ma se così non è, e certamente non lo è nella società attuale, aperta e laica se non addirittura egemonizzata dal pensiero debole e dal relativismo culturale e morale, il rischio inevitabile è che ogni giudice, influenzato più o meno consciamente dalle proprie personali convinzioni politiche, ideologiche, religiose o filosofiche, finisca per interpretare diversamente la legge. Ecco perché l'affermazione "la legge è uguale per tutti" sembra oggi a molti una beffa.
La necessità in questa situazione di limitare drasticamente, non certo di eliminare totalmente come qualcuno ha detto, la discrezionalità interpretativa dei giudici è riconosciuta ormai anche da molti parlamentari dell'opposizione, magari a bassa voce e lontano da orecchie indiscrete.
Se la certezza del diritto, evitando che alcuni cittadini sfortunati, dopo aver subito la violenza di un’aggressione in casa propria, debbano patire anche quella di un processo ingiusto, è il primo obiettivo di questo disegno di legge, il secondo è dare una più completa attuazione, un ulteriore contenuto concreto, a quella parte della nostra Costituzione che parla di inviolabilità del domicilio.
Nella tradizione del diritto romano, ma anche più anticamente ed universalmente, la casa, il domicilio, è considerata un luogo sacro, il rifugio sicuro per la propria famiglia, aperto agli ospiti ed inviolabile per chi ostile entra senza invito; psicologicamente, un prolungamento, una parte integrante del proprio io, come ben sa chiunque abbia trovato la casa devastata dai ladri, angosciosa esperienza, meno forte, ma qualitativamente simile, a quella di chi subisce uno stupro.
Per questo i Padri costituenti hanno considerato il domicilio un bene meritevole di una particolare tutela; ma sarebbe paradossale che la sua inviolabilità valesse solo per i poliziotti e non per i criminali. Ne consegue che per un’aggressione che determini una reazione di difesa all’interno di un domicilio non possono valere le stesse norme previste per analoghi eventi che si verifichino altrove.
Questi motivi giustificano ampiamente la nascita di un concetto di legittima difesa rafforzata, opportunamente ridefinito "diritto all’autotutela in un privato domicilio", che infatti di questo disegno di legge è il titolo.
Il terzo obiettivo è la capacità potenziale di prevenzione di episodi di violenza alla persone, presente in questa nuova norma: esattamente il contrario di quanto sostengono i suo critici. Lo dimostrano studi di criminologia effettuati negli Stati Uniti su detenuti abitualmente dediti ai furti nelle case: la cosa che temono di più, ancora prima dell’intervento della polizia, è trovare nella casa una persona armata.
L’accorgimento adottato per evitare questo rischio è il preventivo, accurato accertamento che la casa sia momentaneamente disabitata. Ciò probabilmente non diminuisce il numero dei furti, ma previene in molti casi il rischio che il furto sfoci in episodi di violenza alle persone, con evidente vantaggio non solo per l’incolumità dei derubati, ma anche per quella dei ladri.
All’accusa di voler americanizzare l’Italia, che peraltro non mi offende, rispondo che in un momento in cui l’opposizione ci pungola ad approvare rapidamente l’istituzione del mandato di cattura europeo ed auspica uno spazio giuridico continentale, se proprio non vogliamo confrontarci con gli Stati Uniti, almeno con il resto d’Europa dovremmo farlo.
E allora, leggiamo insieme l’articolo 122, punto 6, del codice penale francese del 1994, oggi inesattamente citato in quest’Aula. È il testo, e non un mio opinabile commento, che vi chiedo di valutare: "Si presume che agisca" - sottolineo, si presume che agisca - "in stato di legittima difesa chi compie l’atto: 1) per respingere in tempo di notte l’ingresso mediante infrazione, violenza o inganno in luogo abitato; 2) per difendersi contro gli autori di furti o saccheggi eseguiti con violenza". Appare inconfutabile la grande sostanziale somiglianza con il testo del nostro disegno di legge per quanto concerne la legittimità di una difesa armata, non solo dell’incolumità delle persone, ma anche dei beni: proprio il punto che ha suscitato le maggiori critiche e perfino le scandalizzate invettive di alcuni membri dell’opposizione.
Ma leggiamo anche il codice in vigore in un altro grande Paese europeo, la Germania. Qui troviamo una norma ancora più drastica a favore di chi reagisce ad una aggressione, il paragrafo 33 dello Strafgesetzbuch,che recita: "Non è punito l'autore che eccede i limiti della legittima difesa a causa di turbamento, paura o panico".
Con questo tipo di norma la condanna di qualcuno per eccesso di legittima difesa è un evento rarissimo, l'eccezione che conferma la regola dell'assoluzione. Certamente la norma tedesca è estremamente lontana, a mio parere, dalla tradizione giuridica italiana, e questo dovrebbe far meditare chi parla con tanta ottimistica superficialità di spazio giuridico europeo. Però un progressivo avvicinamento dei codici penali europei è un'esigenza ineludibile e non più rinviabile.
La graduale armonizzazione della legislazione europea è, quindi, un ulteriore obiettivo di questo disegno di legge. Chi lo critica accuserà di barbarie anche i codici di Francia e Germania? Sosterrà che esiste un Far west franco-tedesco? Possibile che illustri docenti, magistrati e avvocati, che su giornali e televisioni hanno lanciato con tanta leggerezza accuse insultanti a questo disegno di legge, non conoscessero i codici francese e tedesco? Oppure facevano finta di non conoscerli? Lascio a loro la scelta tra queste alternative, tutte e due assai poco onorevoli.
Per concludere, tutti gli obiettivi precedentemente esposti sono, a nostro parere, raggiungibili grazie alle modifiche proposte da questo disegno di legge, in particolare dalla precisazione che il rapporto di proporzione previsto dall'articolo 52 del codice penale sussiste in tutti i casi in cui una violazione di domicilio sia seguita da una minaccia all'incolumità delle persone, o da una minaccia ai beni. In quest'ultimo caso, soltanto quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. E il pericolo di aggressione, ovviamente, si riferisce alle persone, non alle cose, come qualcuno ha detto oggi, alle quali si applica invece la precisione: non vi è desistenza. Che senso avrebbe, infatti, dopo aver detto che non deve insistere nel furto, ripetere che non deve mettere in pericolo le cose? Non ha senso.
Desidero chiudere quest'intervento citando quelle considerazioni del procuratore Nordio che hanno ispirato questo disegno di legge: l'autodifesa è un diritto naturale della persona, non espropriabile da uno Stato liberale, soprattutto quando specifiche circostanze non consentono alle forze dell'ordine di difendere tempestivamente la sicurezza del cittadino. Un diritto naturale - aggiungo io - che ovviamente non diventa per questo un dovere, ma una libera scelta. (Congratulazioni).
PRESIDENTE. Data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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686a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDÌ 2 NOVEMBRE 2004 (Antimeridiana) |
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Presidenza del vice presidente SALVI, indi del vice presidente MORO |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 19 ottobre ha avuto inizio la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Calvi. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, se non avessi potuto ora sarei comunque intervenuto in sede di dichiarazione di voto: poterlo fare in questa sede consente un miglior confronto su un tema di straordinaria delicatezza, qual è la legittima difesa.
Procederò nel modo seguente. Non mi capita molto spesso, ma qualche volta mi è accaduto di difendere alcuni istituti del codice Rocco. In questo caso, credo che l’articolo 52, così come definito dal nostro codice penale del 1930, meriti grande apprezzamento, particolare attenzione e non debba essere modificato.
Quindi, proprio ai fini di un confronto (come sempre sereno, quando si tratta di rafforzare le garanzie del cittadino di fronte ad atti di violenza, di arroganza o di prepotenza), dobbiamo riflettere se il nostro sistema sia sufficientemente garantista nei confronti di questi soggetti.
In Commissione ho avuto occasione di osservare che avvertivo in questo disegno di legge un arretramento proprio sul terreno delle garanzie. Mi sembrava che l’articolo 52 del codice penale, con tutta l’elaborazione dottrinaria che vi è stata, offrisse davvero un quadro di garanzie e di tutela molto ampi al cittadino; la norma che si vorrebbe far entrare in vigore, invece, a mio avviso crea ulteriori problemi, che sicuramente, a livello processuale, attenuano il livello di garanzia.
Vorrei dunque procedere nel mio intervento su due piani. Il primo è di valutare cosa succede, intanto, nei Paesi dove vi è stata una maggiore diffusione delle armi e una maggiore tolleranza nei confronti di chi ne fa uso.
Sappiamo che uno di questi Paesi, anzi il Paese per eccellenza in cui vi è una linea di tolleranza nei confronti di chi reagisce ad un atto di aggressione spesso in modo indiscriminato, è gli Stati Uniti. Vorrei fornire al Senato alcuni dati per capire quanto sia drammatica quella situazione e quanta preoccupazione ci sia negli Stati Uniti nei confronti del fenomeno.
Ebbene, ogni anno negli Stati Uniti vi sono 2.400.000 casi di defense gun use, cioè di uso delle armi per autodifesa. Il 92 per cento di questi casi attiene alla finalità di spaventare l’aggressore, il rimanente 8 per cento di ferirlo o ucciderlo.
Nel 2002 - questo è l’ultimo dato che sono riuscito a reperire - il Ministero della giustizia americano ha rilevato che vi sono stati 16.204 cittadini uccisi con armi da fuoco, cioè in un anno sono state uccise più persone in condizioni di legittima difesa (chiamiamola impropriamente in questo modo) di quanti soldati americani siano morti in Iraq; 16.204 cittadini americani sono rimasti uccisi in conflitti susseguenti ad atti di aggressione.
Negli Stati Uniti sono molto preoccupati e, contrariamente a quanto avviene da noi, lo sono in senso inverso, tant’è vero che nel 1968, dopo gli assassinii di Martin Luther King e di Robert Kennedy, fu varato un inasprimento della normativa. Successivamente, quando nel 1981 vi fu il tentato omicidio di Ronald Reagan, si giunse alla cosiddetta legge Brady (dal nome del senatore che in quella occasione rimase paralizzato). Con quella legge si previde che per concedere la possibilità di acquistare armi occorreva un controllo preventivo sulla fedina penale degli acquirenti. Il successivo Presidente, Clinton, pose un divieto decennale alla vendita di armi automatiche.
Tutte queste misure, però, non sono servite assolutamente a impedire che questo eccidio - un vero e proprio eccidio, una vera e propria guerra - continuasse ad insanguinare gli Stati Uniti. Quindi, in quel Paese vi è la richiesta di intervenire in modo molto più forte e molto più radicale.
In Italia la situazione è ben diversa. I casi sono straordinariamente più limitati, l’uso delle armi non è diffuso, il possesso delle armi non è consentito se non dietro autorizzazione, che è molto rigorosa, da parte dell’autorità di polizia. Vi è però un nodo che riguarda il nostro sistema penalistico, che - a mio avviso - è straordinariamente garantista nei confronti di colui che ritiene di doversi difendere con le armi.
Stiamo parlando dell’articolo 52 del codice penale, che prevede una scriminante. È una delle più ampie categorie delle cause di giustificazione; in sostanza, situazioni in presenza delle quali un fatto che costituisce reato viene a considerarsi lecito in quanto nel nostro sistema ordinamentale vi è una norma che impone o autorizza quella condotta.
Nel caso appunto di questa scriminante di legittima difesa, il fondamento di tale istituto poggia sul principio dell’autotutela privata che è sussidiaria rispetto a quella pubblica quando, per ragioni di tempestività, non si può fare ricorso alla tutela che può venire dall’autorità di polizia.
È indispensabile però che vi sia una proporzione tra offesa e difesa, che la dottrina - e soprattutto la giurisprudenza - ha inteso come proporzione tra gli interessi in conflitto; in base a questa definizione, è proporzionale la reazione che offende un bene di valore non inferiore a quello difeso. Questo è il nostro sistema.
Allora, in modo molto sintetico e rapido (visto che il tempo non è sufficiente per svolgere una discussione approfondita nel merito), cerchiamo di individuare, sulla base degli articoli 52, 55 e 59 del codice penale, quali sono i princìpi in diritto che regolano questi casi.
Il primo è che il presupposto essenziale della scriminante della legittima difesa è costituito da una aggressione ingiusta e da una reazione legittima: la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di una offesa che, se non viene bloccata e neutralizzata in modo tempestivo, giunge ad una lesione di un diritto proprio o altrui; la seconda, cioè la risposta all'aggressione ingiusta, deve inerire alla necessità di difendersi e, quindi, riguarda l'inevitabilità di un pericolo attuale e il fatto che vi sia una proporzione tra difesa e offesa.
Questo è già un elemento sufficiente per farci riflettere sul modo in cui il nostro sistema ordinamentale sia fortemente equilibrato nella tutela dei due diversi diritti dell'aggredito a difendersi e dell'aggressore a non vedersi colpito più di quanto egli non abbia avuto la volontà di fare.
Il nostro ordinamento prevede anche la cosiddetta legittima difesa putativa. Infatti, nel momento in cui un soggetto viene aggredito, non necessariamente egli può avere la consapevolezza di quanto l'aggressore voglia effettivamente fare e di quale sia la qualità e lo spessore dell'aggressione.
Penso, ad esempio, al caso di una rapina effettuata con un'arma giocattolo: è chiaro che l'aggredito non è in grado di valutare se quell'arma sia o meno effettivamente tale e, a questo punto, pensando di poter essere raggiunto da un colpo di pistola, risponde anch'egli con un'arma da fuoco, anche se dall'altra parte vi è un soggetto che ha un'arma non efficace, anzi addirittura non ha un'arma.
In tal caso, certamente non vi è una proporzione oggettiva tra aggressore ed aggredito, ma vi è la cosiddetta esimente putativa, cioè l'aggredito ha risposto in modo oggettivamente eccessivo e sproporzionato rispetto alla possibilità dell'aggressione che gli viene rivolta, purtuttavia ha dovuto rispondere perché in quel momento ha ritenuto legittimamente che l'aggressore avrebbe potuto commettere un atto diverso da quello che oggettivamente poi ha commesso.
La situazione di pericolo, quindi, non sussiste obiettivamente, ma è superata dall'aggredito sulla base di un errore, scusabile o no, nell'apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva tale da generare nel soggetto che subisce l'aggressione la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo attuale e di un'offesa ingiusta.
Vi è questo secondo grado di tutela di colui che è aggredito, il quale può e deve rispondere, per tutelare la sua persona e i suoi beni, in modo proporzionato all'aggressione, ma può rispondere anche in modo ulteriore, eccessivo e oggettivamente superiore all'aggressione stessa purché vi sia l'elemento della putatività: egli ha legittimamente ritenuto che l'aggressione si sarebbe svolta in un certo modo anche quando oggettivamente, invece, non si sarebbe potuta realizzare.
Ma vi è di più, vi è l'eccesso colposo. L'eccesso colposo è una legittima difesa che ancor di più sottintende i presupposti della scriminante, con il superamento dei limiti a quest'ultima collegati, e deve essere accertata con riferimento all'esistenza di una determinata situazione fattuale tale da poter giustificare un errore di valutazione che ha ad oggetto l'adeguatezza sulla proporzione della reazione all'altrui azione. Vi è un eccesso colposo quando si valuta male e si compie un errore di valutazione circa l'aggressione che viene perpetrata e si reagisce in modo eccessivo. Non è una condotta dolosa ma si è appunto di fronte ad un eccesso colposo.
Di fronte a tutti questi elementi, mi chiedo perché si vuole aggiungere qualcosa in più, che in realtà rende maggiormente difficoltosa la difesa dell'aggredito quando si troverà di fronte al giudice che lo dovrà incriminare per ciò che egli ha fatto valutando se sussistono queste scriminanti: legittima difesa; legittima difesa putativa, eccesso colposo.
In sostanza, le garanzie che tutelano l'aggredito sono talmente ampie che talvolta viene il dubbio che siano in taluni casi eccessive. Tant'è che in molti casi apparsi sulla stampa abbiamo visto che i magistrati sono stati, a mio avviso, anche eccessivamente propensi a tutelare l'aggredito applicando le esimenti, quando non sempre avrebbero potuto essere applicate.
Ricordo quanto avvenne tanti anni fa a piazza Navona, quando un noto personaggio di questo quartiere inseguì un ragazzo che aveva rubato un'autoradio, gli sparò e lo uccise. Fu applicato l'eccesso colposo in legittima difesa perché si sostenne dalla difesa l'ipotesi, accolta poi dal giudice, che la persona in questione avesse inciampato e, guarda caso, fosse partito un colpo che, guarda caso, ferì mortalmente il ladro che aveva semplicemente preso un'autoradio.
Pertanto, i magistrati spesso sono stati propensi a tutelare assai ampiamente l'aggredito. Il sistema è quindi straordinariamente equilibrato e consente tutti gli strumenti possibili per tutelare l'aggredito quando reagisce in modo legittimo o addirittura in modo eccessivo.
A questo punto quindi, introdurre un ulteriore elemento a tutela dell'aggredito non soltanto è assolutamente inutile e crea uno squilibrio all'interno del nostro sistema di garanzie, ma addirittura potrebbe dar vita, allorquando si dovesse andare al processo a verificare la sussistenza delle condizioni previste da questa normativa, ad elementi che rendono forse più difficile difendersi rispetto alla situazione attuale.
Per questo non sono semplicemente perplesso ma contrario, perché - a mio avviso - gli articoli 52, 55 e 59 del codice penale e tutto il sistema delle esimenti sono già norme ampie e sufficienti a tutelare l'aggredito. Aprire un varco nella legittima difesa può rappresentare un errore. Quando se ne parlò la prima volta eravamo addirittura a formulazioni risibili dal punto di vista giuridico, come il fatto che si dovesse avvertire il presunto ladro che stava per essere colpito, occorreva avvertirlo e dunque se mancava questa comunicazione egli avrebbe sicuramente commesso il reato. In realtà, si compiva una forte retrocessione rispetto alle garanzie su cui era informato il nostro sistema penalistico.
Inviterei tutti ad essere più prudenti e cauti nell'intervenire su un sistema che ha vissuto un'esperienza di più di settant'anni. È evidente infatti che alcune norme sono invecchiate ma altre si sono radicate e sono state comprovate dall'esperienza dottrinale e giurisprudenziale dimostrandosi quindi valide a tutela di colui che subisce la violenza.
Per queste ragioni sia in sede di illustrazione degli emendamenti che di dichiarazioni finali manifesteremo il nostro dissenso su questo disegno di legge.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il relatore.
ZICCONE, relatore. Signor Presidente, replicherò brevemente non richiamando le osservazioni già svolte in sede di relazione orale.
Premetto innanzitutto due osservazioni di carattere politico. Non replicherò alle accuse, che ritengo assolutamente ingiustificate, rivolte a questo disegno di legge, adducendo che avrebbe la finalità di agevolare elezioni che erano in corso o che rappresenterebbe una sorta di spinta elettoralistica. Di questo si è parlato. Non solo ciò non è vero, perché il disegno di legge giaceva già da tempo all’esame della Commissione, ma devo aggiungere che esiste un equivoco di fondo.
Come ha giustamente osservato anche qualche esponente dell’opposizione, si tratta di un fatto assolutamente diverso dalla spinta elettoralistica. Si tratta, al contrario, di una sensibilità particolare rispetto alle proteste, ai dissensi, allo sgomento dell’opinione pubblica. Quando - ad esempio - qualche esponente dell’opposizione, come il senatore Maritati, ha affermato che il provvedimento in esame si muove sull’onda della sensibilità dell’opinione pubblica fa affermazioni non del tutto inesatte. Si tratta però di un fatto completamente diverso dalla spinta elettoralistica. La verità è un'altra.
Da tempo - come è stato chiarito da un intervento molto apprezzabile di un senatore della maggioranza - l’opinione pubblica resta sgomenta dinanzi ad alcuni casi di legittima difesa che non riesce a comprendere come mai possano aver dato luogo a processi spesso finiti in Cassazione, quasi sempre con l’assoluzione dell’aggredito che ha reagito (secondo i pubblici ministeri che lo hanno trascinato fino in Cassazione, quindi con condanne e sofferenze durante l’iter processuale) con atti poi riconosciuti di legittima difesa.
Proprio questo è lo scopo della legge. Respingo - questa è la seconda argomentazione di carattere politico - alcune affermazioni altrettanto ingiustificate e gratuite, secondo cui questa legge può avere una sorta di catastrofica conseguenza, quasi che (qualcuno lo ha detto, ma le considero affermazioni che non meritano neppure risposta nella replica) avesse stabilito principi per cui c’è libertà di reagire, di uccidere e di non curarsi di quel bene da tutti considerato prezioso, ossia la vita. Sono affermazioni gratuite che lasciano il tempo che trovano e non hanno alcun fondamento rispetto al contenuto del disegno di legge.
La verità è che questo provvedimento ha uno scopo ben preciso. Non ha rivoluzionato i principi concernenti la legittima difesa. Chiarisco subito al senatore Calvi che è impensabile che abbia diminuito le garanzie riguardanti l’aggredito. Ciò è dimostrato dal fatto che nessuno degli intervenuti dell’opposizione, che pure hanno contestato la legge, ha fatto questa osservazione.
Al contrario, è stato detto che sono eccessive le garanzie e la tutela che si vuole dare all’aggredito. Se a questa critica eliminiamo l’aggettivo eccessivo, otteniamo la ragione che ha spinto i presentatori a presentare il disegno di legge in esame, ovvero la volontà di rispondere ad una esigenza molto sentita dall’opinione pubblica, quella di vedere tutelata in modo migliore e più certo la vittima di ingiuste aggressioni.
Questa legge si basa sull’istituto della legittima difesa, istituto che non stravolge e non cambia affatto; essa semmai, rispetto ad alcune deviazioni frequenti dell’applicazione della giurisprudenza, ribadisce alcuni princìpi propri del nostro ordinamento, che si basano sul riconoscimento di un diritto fondamentale del cittadino: il diritto all’autotutela.
Il diritto all'autotutela è, sì, complementare e residuo, ma solo nel senso che lo Stato ha il dovere della tutela, non certo nel senso che è residuo un diritto che invece bisogna considerare fondamentale, come quello dell'autodifesa.
Il diritto dell'autodifesa si esplica attraverso l'istituto che la legge chiama della legittima difesa. Ebbene, quali cambiamenti ha introdotto al riguardo questo disegno di legge? Ha semplicemente previsto che in alcune situazioni particolarmente gravi, nelle quali all'aggressione ai beni patrimoniali si accompagna anche la gravissima violazione del senso della sicurezza del cittadino attraverso la violazione del suo domicilio, sia consentito al cittadino di reagire dinanzi all'aggressione, rendendolo così più sereno e tranquillo rispetto al pericolo che la sua risposta venga considerata eccessiva, arbitraria, o diventi addirittura punibile. Questo è il contenuto della legge.
Si è detto che questo stravolge il principio che prevede la possibilità di difendere i beni patrimoniali esclusivamente quando non si attenti alla vita, quindi ad un bene di natura superiore. La risposta è che questo non è scritto nel disegno di legge. Il disegno di legge, che ha subìto delle trasformazioni in Commissione proprio per evitare questo equivoco, ha precisato che la proporzionalità esiste ed è presunta - com'è stato detto - soltanto quando insieme alla violazione di domicilio c'è la mancata desistenza da parte dell'aggressore.
Quindi, chi ha detto, scritto o fatto intendere all'opinione pubblica che questa legge addirittura darebbe il diritto di sparare alle spalle al ladro che scappa, ha detto cose assolutamente prive di consistenza, perché non è così. Questo comportamento era e rimarrà punibile anche dopo l'approvazione di questo disegno di legge perché deve non solo - ripeto - non esserci la desistenza, ma esserci altresì un pericolo oggettivo di aggressione ovviamente alla persona (lo chiarisco in questa sede, per evitare equivoci).
In sostanza, la legge risponde ad un'esigenza che l'opinione pubblica avverte e che i parlamentari hanno ritenuto di soddisfare, attraverso la presentazione del disegno di legge, ritenendola giusta, e non certo per ragioni di compiacimento o di interesse elettoralistico.
Tale normativa non viola alcuno dei princìpi che stanno alla base del millenario istituto della legittima difesa, si limita a porre dei limiti e dei confini più certi per quel che riguarda la proporzione nel momento della difesa, considerando proporzionati comportamenti che a volte non sono stati considerati tali, il che ha suscitato giustamente sgomento e indignazione nell'opinione pubblica. Questo è il contenuto della legge e queste sono le ragioni per le quali resto favorevole alla sua approvazione.
Che questo sia lo spirito del disegno di legge è chiaramente rilevabile nella maggior parte degli interventi svolti da esponenti dell'opposizione, anche in quello finale del senatore Calvi. Egli ha affermato che l'attuale disciplina dell'articolo 52 è addirittura più ampia. Secondo me, non più: noi aumentiamo il contenuto delle garanzie per l'aggredito di cui all'articolo 52; d’altronde proprio l'affermazione del senatore Calvi dimostra che egli per primo comprende come sia necessario garantire al meglio l'aggredito rispetto all'aggressore.
Seconda considerazione. Quasi tutti gli interventi dell’opposizione, interventi colti, giuridicamente fondati e anche approfonditi, così come di alcuni emendamenti da essi presentati, hanno dimostrato di cogliere lo spirito della legge, cioè pensare ad una possibile responsabilità dell'aggredito soltanto in presenza di una sproporzione chiara, palese, evidente.
Ma ciò cosa vuol dire? Vuol dire che viene condivisa l’esigenza di dare una migliore e più certa tutela alle vittime delle aggressioni evitando però di incorrere in alcuni rischi. Per quanto mi riguarda, poiché il testo licenziato dalla Commissione non fa correre alcuno dei pericoli paventati dall’opposizione, confermo il mio giudizio favorevole su questa legge, che spero sia al più presto approvata. (Applausi dei senatori Pastore e Bobbio Luigi).
PRESIDENTE. Poiché il Governo non intende replicare, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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735a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 9 FEBBRAIO 2005 (Pomeridiana) |
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Presidenza del presidente PERA, indi del vice presidente FISICHELLA |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 2 novembre 2004 si è conclusa la discussione generale, ha avuto luogo la replica del relatore mentre la rappresentante del Governo ha rinunziato alla replica.
Passiamo all'esame delle proposte di non passare all'esame degli articoli, che invito i presentatori ad illustrare.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, desidero illustrare molto brevemente le ragioni che ci hanno indotto a presentare la proposta di non passare all’esame degli articoli.
Ho già illustrato la nostra posizione in relazione a questa proposta di legge e ho fatto presente che per lo sviluppo della dottrina e soprattutto per l’elaborazione giurisprudenziale si è giunti ad un punto di garanzia molto forte, anzi, forse eccessivo rispetto alla lesione sociale che spesso avviene allorquando un cittadino viene colpito, talvolta ingiustamente, da reazioni inconsulte di soggetti muniti di arma da fuoco.
Siamo di fronte ad una situazione nella quale la giurisprudenza garantisce in modo molto forte a chi è imputato, ad esempio, di omicidio colposo, il diritto di usufruire dei principi di legittima difesa, di difesa putativa, di eccesso colposo in legittima difesa e di altro ancora.
Ho già in altra seduta illustrato a lungo la mia posizione e quindi non voglio ripetere ciò che ho già detto. Ci troviamo di fronte ad una norma che per un verso è chiaramente finalizzata a rispondere a pulsioni elettoralistiche rispetto ad eventi che vogliono una risposta sull’onda delle emozioni, allorquando ad esempio vi è un assalto ad una gioielleria e il gioielliere spara e purtroppo uccide il presunto rapinatore disarmato. Questa norma interloquisce con questa fattispecie aggravandola e soprattutto indebolendo le garanzie e lo spessore difensivo con cui oggi colui che ha sparato può presentarsi davanti al giudice.
Ciò è tanto vero che la risposta a questa osservazione critica, è stata da voi accolta. Non si vuole tutelare il soggetto, comunque già tutelato abbastanza e forse troppo, ma si vuole impedire che si faccia il processo perché il processo è già di per sé una pena. Tuttavia, vorrei far osservare che comunque un processo dovrà esserci. Non si può certamente pensare che questa norma sarà sufficiente ad impedire che vi sia un accertamento giudiziario. Quindi, non si evita il danno del processo e peraltro si aggrava la posizione di colui che dovrà difendersi, ad esempio dal reato di omicidio colposo.
Allora, signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia opportuno un ripensamento. In Commissione abbiamo discusso in modo non adeguato. Dobbiamo ritornare in Commissione e non passare alla votazione degli articoli, affinché vi sia una nuova riflessione, un ulteriore passaggio e questo aggravamento non si crei.
Concludo, signor Presidente, osservando che ormai, nella presente legislatura, questa maggioranza e il Governo ci hanno impegnato in una serie di norme che sicuramente sono contrarie alle finalità che vogliono raggiungere. Ricorderete la legge sulle rogatorie e la legge Cirami, tutte norme finalizzate ad un obiettivo molto preciso, ma quell’obiettivo non si è mai realizzato proprio per l’incapacità di formulare in modo giuridicamente corretto la norma. Questo è un altro caso. Probabilmente chi ha proposto questa legge voleva rispondere a certe richieste dell’opinione pubblica. Guardate però che sicuramente una lettura attenta fatta da qualsiasi giurista vi dirà che in questo modo non si allevia affatto la posizione di colui che magari può esser imputato di omicidio colposo.
Pertanto, occorrono prudenza e attenzione. Il Parlamento non può rispondere, per ragioni elettoralistiche, alle pulsioni emotive dell’opinione pubblica. Rispondiamo invece in modo adeguato, con coerenza politica e soprattutto con grande coerenza giuridica. Per questo io credo che occorra non passare all’esame degli articoli e tornare ad una riflessione, per ripensare una norma che sicuramente è dannosa proprio per colui che i proponenti di questa legge suppongono di voler tutelare.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, qui ci accingiamo, secondo l’intendimento della maggioranza e del Governo, a toccare un fiore all’occhiello della dottrina penalistica italiana.
Non ho nessuna difficoltà a riconoscere che il rapporto di proporzione, che poi è la sostanza della legittima difesa, è stato inventato, strutturato e portato alla luce da quel grande giurista (mi fermo qui) che è stato Alfredo Rocco. Non ho nessuna difficoltà a riconoscerlo, così come nessuno può disconoscere che dal 1931 questa invenzione, fiore all’occhiello della dottrina penalistica italiana, ha avuto il consenso assoluto di tutti coloro che si sono cimentati su questo punto nevralgico del diritto penale.
Non stiamo discutendo, signori colleghi, di pur importanti questioni contingenti. Qui stiamo veramente toccando il punto essenziale del rapporto tra la difesa e l’offesa, stiamo veramente entrando nel cuore della disciplina penalistica.
Se non c’è stata dunque alcuna voce in contrasto, nessuna voce comunque proveniente da parti politiche anche diverse, se c’è stata per tutto questo periodo di tempo una concordanza dottrinaria assoluta, allora, non si può spostare, sulla base di sollecitazioni emotive (mi fermo qui, non voglio utilizzare espressioni come sollecitazioni di piazza o altre meno commendevoli), l’equilibrio straordinario su cui questa norma poggia. Voi dite che noi siamo portatori, sul punto, di una cultura statalista alla quale si contrapporrebbe la vostra cultura liberista: per favore, non scherziamo, non esiste questa distinzione quando si parla della vita umana!
Non vi è proprio alcuna possibilità di applicare delle teorie politiche al rispetto della vita umana. Quando ci muoviamo fuori dal porto sicuro, qual è la norma di straordinaria perfezione che nessuno mai ha contestato, sulla spinta di emozioni - che pure capisco - di suggestioni eventualmente elettoralistiche, dobbiamo ben meditare sull’unica e straordinaria modifica intervenuta. Con il codice del 1989 si sono dati risalto e validità giuridica alla cosiddetta difesa putativa: in materia di legittima difesa il reale, cioè, vale il putativo, ovverosia scrimina non già ciò che è reale ma ciò che è ritenuto putativamente vero dal soggetto che risponde ad una offesa fatta nei suoi confronti.
Non penso che la stanchezza impedisca di comprendere tale straordinaria modifica, come dal 1989 in avanti sia completamente mutata la giurisprudenza eccessivamente severa nel riconoscimento della legittima difesa. Se vale il putativo ci sarà il fastidio di un inizio di processo ma, una volta accertato putativamente che, ad esempio, sto rispondendo ad una, da me ritenuta, offesa alla mia persona, la giustificazione esiste e nessun giudice, salvo violare la legge, può non ammettere l’evidenza. Per cambiare la norma non possiamo adducere inconveniens (che, come è noto, non est solvere argumentum), giustificandoci col dire che magari un giudice, impazzito, non riconosce la legittima difesa in un caso di legittima difesa.
Poiché vi è stata questa straordinaria modifica che si è inserita ed ha completato quella preziosissima gemma della nostra dottrina penalistica, per cortesia colleghi, prima di cambiare questo tipo di disposizione sotto spinte che non tecniche, né giuridiche, né politiche, nè morali, prima di andare verso una presunzione assoluta della legittima difesa anche per la mera aggressione dei beni quando si verifica in casa, prima di compiere un passo veramente così drammatico per l’intero diritto penale, vi chiediamo di meditare affinché la Commissione giustizia abbia la possibilità di rivedere questo aspetto, di verificare la giurisprudenza successiva al 1989, di compiere un lavoro ben fatto e condiviso.
Non possiamo pensare veramente che si cambi il costume giuridico di un popolo sull’improvvisazione, su una norma buttata là soltanto perché è successo un certo caso in una certa parte o perché si vogliono invece instaurare dei "fai da te" mai commendevoli in materia di diritto penale.
Per queste ragioni, signor Presidente e colleghi, vi chiediamo sommessamente, ma fermamente una pausa di riflessione perché non stiamo discutendo una questione contingente. Questo è un aspetto sul quale una legislatura sarà giudicata tra venti, trenta, quarant’anni. Tale aspetto è qualificante di una legislatura e semmai passasse questa norma vi garantisco che sarebbe un punto negativo e segno di assoluta inciviltà di questa legislatura.
Prima di accertare tutto questo, per piacere, pensiamoci sopra. È per questo che il passaggio agli articoli richiede un momento di prudenza, di ragione, di riflessione. Ed ecco il motivo per cui abbiamo presentato una proposta di non passare all’esame degli articoli.
PERUZZOTTI (LP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERUZZOTTI (LP). Signor Presidente, naturalmente siamo favorevoli al passaggio all’esame degli articoli, anche perché forse è bene - visto che ne abbiamo l’occasione - parlare in quest’Aula - una delle rare volte, per la verità - dei problemi che affliggono la gente comune. Quando, infatti, si parla di giustizia nelle Aule parlamentari si assiste alla perenne querelle tra avvocati da una parte (parlamentari) e magistrati dall’altra (parlamentari) che troppo spesso si parlano addosso tra loro senza trovare soluzioni ottimali ai problemi della gente comune. (Applausi del senatore Zancan).
FLORINO (AN). Bravo Peruzzotti!
PERUZZOTTI (LP). Quello della legittima difesa, signor Presidente, è un problema della gente comune. È la degenerazione del sistema giudiziario che ha fatto sì che si arrivasse nelle Aule parlamentari a votare il provvedimento sulla legittima difesa, anche perché ogni magistrato giudicante si sente in dovere di dare la sua interpretazione della legge.
Non vi è certezza della pena, che, invece, dovrebbe fungere da deterrente per chi delinque; tutti sanno che dopo aver compiuto un atto delittuoso quasi mai si viene messi in carcere perché vi è una serie di cavilli burocratici per cui anche il peggiore dei delinquenti riesce in qualche modo a sfangarla.
Signor Presidente, non parlo da giurista, ma riferisco ciò che dice la gente nelle strade, nelle piazze, indipendentemente dal fatto che voti centro-destra o centro-sinistra. Se in questo Paese si costituisse un partito delle persone oneste che hanno avuto, loro malgrado, guai con un sistema giudiziario vergognoso, penso che quel partito balzerebbe al primo posto ed eleggerebbe in Parlamento la quasi totalità dei rappresentanti. Questo deve far riflettere le forze politiche, signor Presidente.
Non un partito dei magistrati, quindi, o degli avvocati, ma un partito della gente comune che, purtroppo, sa che esiste un sistema giudiziario che non funziona e non certo per demerito di questo Governo. Abbiamo ereditato una serie di situazioni, alcune delle quali anomale.
Qualcuno afferma che in questo Paese l’immunità e l’impunità sono proprie dei parlamentari. No, in questo Paese l’immunità e l’impunità ce l’hanno i magistrati … (Applausi dei senatori Florino e Grillotti) … che possono fare quello che vogliono senza essere puniti. Questo è un dato di fatto.
Basterebbe leggere la raccolta delle sentenze del Consiglio superiore della magistratura per vedere che per reati anche gravi al massimo si arriva ad una sanzione contro il magistrato. Se lo stesso reato venisse commesso dalla gente comune, alcuni di loro sarebbero messi in carcere e addirittura verrebbe buttata la chiave. Questo dovrebbe far riflettere chi parla nelle Aule parlamentari di giustizia per andare incontro alle esigenze della gente.
Come dicevo, non vi è certezza della pena. Signor Presidente, adesso addirittura i delinquenti commettono rapine senza nemmeno utilizzare le armi. Entrano in una banca dicendo: fermi tutti, questa è una rapina. Gli impiegati naturalmente si spaventano e consegnano i soldi e, nel caso in cui i malviventi vengono presi, il loro avvocato - in quest’Aula di avvocati ve ne sono molti - sostiene che si è trattato di una rapina senza armi, quindi non a mano armata, che si è trattato soltanto di un’intenzione.
Queste cose in un Paese che si considera la patria del diritto, caro avvocato Calvi, non dovrebbero accadere. Senatore Calvi, così stanno le cose.
A tutti è chiaro, signor Presidente, anche a chi di giustizia non capisce, che il recente episodio del tentato rapimento di un bambino conferma la degenerazione del sistema giudiziario. Si tratta di un episodio inquietante, come inquietante è la sentenza che commina agli autori dell’efferato crimine - perché di questo si tratta - soltanto una piccola pena per sottrazione di minore, quando la sottrazione di minore si verifica, in caso di separazione tra coniugi, quando la mamma o il papà sottraggono il minore. In questo caso, invece, si tratta di sequestro di persona, a meno che gli illustri avvocati e magistrati non considerino un bambino una persona. Il bambino non è una persona? Credo lo sia. Allora, perché non riconoscere il sequestro di persona?
Queste sono cose che fanno effetto sulla gente, signor Presidente, quella stessa gente che non ha più fiducia nella giustizia e che chiede un po’ più di attenzione. Ma non la chiede soltanto la gente comune, la chiedono anche i rappresentanti delle forze dell'ordine, quegli stessi che, non più tardi di qualche giorno fa, hanno risposto al fuoco di qualcuno che sparava loro con una rivoltella a salve, ma che non potendo sapere che era una rivoltella a salve purtroppo lo hanno ucciso e adesso si trovano, naturalmente, ad essere inquisiti da un magistrato per eccesso colposo di legittima difesa.
Queste sono le cose che dovrebbero far riflettere chi in quest'Aula parla soltanto di massimi teoremi, oppure si parla addosso, di una lobby piuttosto che di un'altra. La gente vuole tornare ad avere fiducia nella giustizia, ed è il Parlamento che deve dare delle risposte concrete. Ecco, questa è una risposta concreta alle esigenze di giustizia della gente.
Per questo siamo favorevoli a che si continui a discutere il provvedimento, naturalmente non accettando la proposta dell'opposizione. (Applausi dai Gruppi LP, FI, AN e UDC).
PAGANO (DS-U). Bravi, bravi, quanto applaudite!
CALLEGARO (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALLEGARO (UDC). Signor Presidente, colleghi, mi rendo conto che sull'opinione pubblica hanno fatto molta impressione episodi - purtroppo tanti - che si sono verificati di aggressioni e di reazioni che poi, alla fin fine, chi ha avuto la peggio è stato colui che ha reagito in difesa della propria incolumità e dei propri beni. Mi rendo conto di questo; però, secondo me, una buona legge non deve mai essere fatta sulla base delle impressioni, della reazione del momento. Mai! Deve essere ragionata, deve essere discussa.
Questo provvedimento l'abbiamo molto discusso in Commissione. È stato modificato, ma soprattutto quello che mi preme per il momento dire è che esso non è andato assolutamente contro il nostro sistema. Ciò perché anche per quanto riguarda la reazione o il ricorso all'arma in caso di aggressione all'interno della propria abitazione o del proprio luogo di lavoro, bisogna che sia rispettata una certa proporzione; non è una presunzione iuris et de iure, ma bisogna anche che ci sia un'aggressione vera e propria contro l'incolumità e contro i beni, per cui, dopo ampia e lunga discussione, siamo rimasti nel sistema.
Per questi motivi, ritengo che il provvedimento debba al più presto essere approvato.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli NP1, identica alle proposte di non passare all’esame degli articoli NP2 e NP3.
Verifica del numero legale
MONTALBANO (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 19,17, è ripresa alle ore 19,38).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e2287
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Passiamo nuovamente alla votazione della proposta di non passare all’esame degli articoli NP1, identica alle proposte di non passare all’esame degli articoli NP2 e NP3.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287
PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di non passare all’esame degli articoli NP1, avanzata dal senatore Fassone e da altri senatori, identica alle proposte di non passare all’esame degli articoli NP2, avanzata dal senatore Zancan e da altri senatori, e NP3, avanzata dal senatore Cavallaro.
Non è approvata.
Passiamo all'esame dell’unico articolo del disegno di legge n. 1899, nel testo proposto dalla Commissione, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, vorrei apporre la mia firma all’emendamento 1.101 del senatore Fassone e illustrarlo.
Questa legge, come cercheremo di dimostrare nel seguito della discussione, ha due prospettive: o è assolutamente inutile perché le garanzie che la dottrina e la giurisprudenza hanno approntato in relazione all’articolo 51 sono tali per cui questa norma non aggiunge assolutamente nulla di più rispetto a quanto già abbiamo in termini di tutela giudiziaria oppure è dannosissima per l’imputato e per la coerenza del sistema.
Potete tranquillamente constatare che perché si realizzi la previsione del disegno di legge, occorre, l’uso di un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e di difendere non solo la propria o altrui incolumità ma anche i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. Quindi, in altre parole, o non serve a nulla oppure vi è un onere in più per la difesa; si aggrava la posizione dell’imputato.
Quindi, ancora una volta, come vostro costume in tutta la legislatura. (Commenti dei Gruppi AN e FI).
PRESIDENTE. Facciamo parlare il senatore Calvi, per favore, altrimenti impiegheremo più tempo per il dibattito dovendosi considerare anche le interruzioni e le sospensioni.
CALVI (DS-U). Com'è vostro costume in questa legislatura, dai tempi della legge Cirami alle rogatorie. (Commenti dai banchi della maggioranza). È inutile che facciate mugugni che mostrano soltanto il livello di incultura dal quale siete informati. (Commenti dai Gruppi FI, UDC e AN). Avete tutto il tempo per poter rispondere a quello che sto dicendo ora e sto semplicemente esponendo un concetto… (Commenti dai Gruppi FI, UDC e AN. Proteste dal Gruppo DS-U).
PRESIDENTE. Vedete, colleghi, al di là dell'atteggiamento che si dovrebbe tenere nei confronti di un collega che sta parlando, quando ci sono interruzioni o cose di questo genere e l'oratore sospende il suo dire, si bloccano i tempi, quindi stiamo perdendo del tempo. Cerchiamo di valutare anche questo aspetto.
GUZZANTI (FI). Signor Presidente, questo è un Parlamento!
PRESIDENTE. Che c'è, non gradisce, senatore? Mi pareva fosse un'indicazione che veniva incontro all'esigenza di andare avanti nei nostri lavori.
GUZZANTI (FI). Signor Presidente, questo è un Parlamento e noi parliamo!
PRESIDENTE. Non la sento perché il suo microfono è spento, ma non si agiti. (Commenti del senatore Guzzanti). Ripeto, non si agiti!
PAGANO (DS-U). Guzzanti, vai fuori, venduto!
PRESIDENTE. Senatrice Pagano, per favore.
La prego, senatore Calvi, riprenda il suo intervento.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, sto semplicemente sostenendo che in questi tre anni è più volte capitato che, avendo proposto un disegno di legge che aveva una finalità molto precisa la legge poi non l'ha realizzata e citavo appunto la legge sulle rogatorie, la legge Cirami e altro ancora.
Questa norma - e lo sto dicendo come giurista preoccupato da quello che accade in Parlamento - vuole realizzare una tutela, ma ben venga, vuole ampliare le garanzie, sono d'accordo. Il problema, però, è che non solo non le realizza, ma rende una situazione più gravosa per l'indagato.
Quando si dice che vi è il pericolo di aggressione e occorrerà provare che quella condotta incriminata potrà avere una esimente quando vi è un pericolo di aggressione e grava sull'imputato la prova del pericolo di aggressione, per quanto serio o lieve il pericolo sia, è certamente un passaggio più gravoso rispetto all'eccesso colposo, se volete, alla legittima difesa putativa, quando sospetto semplicemente che possa essere aggredito e non che vi sia il pericolo dell'aggressione. Quindi, questa è una norma che aggrava la posizione dell'imputato: la volete fare, fatela. Soltanto dovete sapere…
Ai tempi della Cirami dissi che quella legge non poteva essere applicata a favore degli imputati per i quali era stata prevista e così è stato, le rogatorie egualmente. Questa norma aggrava le condizioni dell'indagato nel caso migliore e nel caso peggiore è inutile.
Ecco perché, nell'illustrare il primo degli emendamenti, abbiamo cercato di ricomporre il sistema, prevedendo che nel caso dell'articolo 614, cioè nella violazione di domicilio, il soggetto non è punibile - quindi a questo punto introduciamo una esimente piena - cioè, colui che spara non è neppure processato. Il vantaggio si avrebbe quindi per colui che legittimamente è presente in uno dei luoghi ivi indicati, perché bisognerà pure dirlo che è legittimamente presente, perché se chiunque è presente in un luogo e spara non può essere esentato se si è introdotto illegittimamente, e cioè ha addirittura commesso una violazione di domicilio, o si trova occasionalmente in quel luogo. Ed è il caso di dire anche che detiene legittimamente un'arma, altrimenti sarà non punibile colui che spara detenendo un'arma illegittimamente e si trova occasionalmente o illegittimamente presente in quella abitazione. Mi sembra la costruzione di una follia e di una assurdità indescrivibili.
Allora diciamo che, quando uno è legittimamente presente in uno dei luoghi indicati dall'articolo 614, il che è molto più ampio di quello che avete scritto voi, voi volete tutelare la casa, volete tutelare un negozio, noi diciamo che l'articolo 614 è molto più ampio perché riguarda più luoghi, più situazioni tutelate.
Allora, dicendo: "usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa", ristabiliamo un principio di equilibrio, perché se qualcuno viene davanti a me con un atteggiamento strafottente e io gli sparo, non si può certamente dire che vi è un equilibrio tra l’offesa e la reazione a questa offesa; ma se colui viene davanti a me con un’arma finta di legno, mentre io sospetto invece che essa sia un’arma vera e reagisco sparando, a questo punto quella reazione è già tutelata dalla legge e dalla giurisprudenza esistenti con il reato di legittima difesa putativa. Noi introduciamo un ulteriore elemento che rende più difficile la difesa di questo soggetto.
La verità è che voi volete semplicemente una legge elettoralistica, una legge per rispondere alle pulsioni emotive, alle quali bisogna essere certamente attenti; ha ragione il collega Peruzzotti quando dice che bisogna essere attenti ai sentimenti della gente, ci mancherebbe, certo; ma non bisogna neppure poi tradurre in norma ogni pulsione che vi sia nell’opinione pubblica, bisogna usare una razionalità, un’intelligenza anche, perché siamo qui per scrivere leggi e non per rispondere emotivamente a chiunque chieda tutela.
Ecco perché allora quest’emendamento prevede una forma più razionale di tutela, senza squilibrare il sistema e senza aggravare la posizione dell’imputato o dell’indagato. Attenti a questo pericolo che voi state creando.
Come sempre, ancora una volta volete realizzare un fine e non siete in grado di costruire una norma che tuteli l’obiettivo che volete tutelare. Per questo, abbiamo presentato emendamenti, vi invitiamo a una riflessione e vorremmo che almeno questa volta, dopo la legge sulle rogatorie, dopo la legge Cirami e tutte le leggi errate che avete votato, questa volta abbiate la sensibilità, l’accortezza e la prudenza di riflettere per fare una legge che sia effettivamente a tutela del soggetto che si trova nelle condizioni disperate di colui che reagisce ad una violenza che riceve. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, in sede di illustrazione degli emendamenti 1.102, 1.103 e 1.104, vorrei semplicemente ribadire quanto più volte e inutilmente abbiamo affermato in ordine al tema che ci è stato proposto.
Il tema della legittima difesa è frequentatissimo dalla dottrina penalistica e quindi non si tratta di una scoperta emozionale di questo o quel momento e non può essere deciso o affrontato in un’Aula parlamentare attraverso la citazione di qualche esempio suggestivo e talvolta infondato, perché molto spesso l’opinione si forma attraverso una serie di notizie che via via divergono dalla realtà degli accadimenti e fanno apparire i fatti diversi persino da quelli che sono.
Non esiste e non può esistere altro principio, per poter applicare una esimente, cioè per poter applicare una causa di giustificazione, una escusabilità piena della condotta che si assumerebbe invece lesiva, se non un principio di rigorosa, totale ed assoluta proporzionalità.
Questa è quella che si può definire la regola aurea della legittima difesa e non è che questa regola sia stata costruita nei secoli, direi quasi nei millenni, casualmente: questa regola è stata costruita perché occorre un reale bilanciamento di interessi fra la necessità di tutelare un bene particolarmente importante e l’azione che si commette.
Questa è la regola fondamentale e già il disegno di legge che ci viene rassegnato vìola o intacca questa regola; oppure, come si diceva nei libri della biblioteca d’Alessandria, che, se erano conformi al Corano, potevano essere distrutti e, se erano divergenti, dovevano essere distrutti, così se invece questa nuova norma rappresentasse semplicemente un riaffermare questa regola aurea, sarebbe non solo inutile, ma dannosa e pericolosa, come è stato segnalato, perché potrebbe porre l’interprete nella condizione di non seguire questa via maestra e quindi di uscire da questo bilanciamento necessario degli interessi.
Peraltro, la giurisprudenza e la dottrina hanno costruito, anche attraverso l’interpretazione sistematica del codice penale, altre figure intermedie rispetto alla teoria generale della legittima difesa. Tra queste ricordo la figura della cosiddetta putatività della legittima difesa - mi spiace dover fare questa sorta di ricognizione di principi scontati non solo per i giuristi ma per i buoni studenti di giurisprudenza - la figura dell’eccesso di legittima difesa e persino quella della putatività nell’eccesso colposo di legittima difesa.
In sostanza, proprio per venire incontro alle esigenze di tutela del cittadino, che pur non trovandosi astrattamente in una condizione di bilanciamento sente di poter agire a tutela della propria incolumità e dei propri beni fondamentali, la giurisprudenza e la dottrina hanno costruito questo sistema, questo universo di comportamenti in base ai quali se non scatta più la causa di giustificazione in senso proprio scattano comunque queste figure minori che possono attingere o alla causa di giustificazione, come nel caso della putatività ritenuta giustificabile, o a forme talmente intermedie di applicazione della pena per cui si passa da un reato punito a titolo non di colpa ad una forma di punizione quale quella prevista nel caso di un reato colposo. Pensate a quanto ciò sia rilevante rispetto al caso tipico dell’omicidio o delle lesioni gravi.
Si tratta di una riduzione talmente consistente della pena che l’istituto nel suo complesso ha una sua giustificazione e ha retto al vaglio non degli articoli di ieri o dell’altro ieri di qualche giornale, ma del codice Zanardelli prima e del codice Rocco poi. Stiamo parlando di giuristi che non possiamo certo dire fossero teneri verso queste forme di autotutela, fra l’altro residuali nell’ordinamento giuridico.
Non occorre neanche ammettere, per esempio, che nel codice penale tedesco o in quello francese queste cause di giustificazione sono costruite in maniera più dettagliata dando risalto in particolar modo all’esistenza di alcuni elementi quali la tutela della propria residenza e del proprio domicilio.
Occorre, tuttavia, domandarsi se interpretando semplicemente le norme del nostro ordinamento, basato su un diritto vivente in quanto interpretabile e interpretato dalla magistratura, sia necessario effettuare tale interpolazione. Ritengo assolutamente di no.
Credo infatti che queste fattispecie, la tutela del domicilio e la tutela delle situazioni di pericolo, anche e soprattutto attraverso una semplice interpretazione non estensiva dell’istituto della putatività, possano essere ricomprese nella loro causa di giustificazione. In ogni caso - e concludo - occorrerebbe eventualmente riprodurre la dizione del codice penale francese e di quello tedesco - ai quali mi riporto in quanto trattasi di codici positivi e non come quelli del common law ai quali non ci possiamo ispirare in maniera diretta - che circoscrivono in maniera nitida l’applicazione della esimente a questo tipo di fattispecie.
Ricordo, inoltre, che esistono altre cause di aggravante, per esempio l’agire nel corso della notte, che comunque possono essere utilizzate o avrebbero potuto essere utilizzate come reale armamentario per costruire, se lo si voleva, un aggiornamento chiaro della norma positiva.
Aggiungo, infine, la ribadita necessità di un ripensamento della materia, più volte sottolineato anche in fase di discussione generale, dal momento che la legittima difesa attiene al diritto penale sostanziale.
Noi sappiamo solo dai giornali che vi è una commissione che sta laboriosamente - direi da fin troppo tempo - elaborando tutta la parte generale e tutta la parte speciale del codice penale. Quindi, mi pare ancor più serio che tutta la materia venga riordinata e riformata attraverso un meccanismo coerente, cosa che non può certo essere se noi interveniamo mirando non tanto su tutta la materia sistematica della legittima difesa, ma solo su una parte della legittima difesa che ha riguardo a determinate situazioni oggettive o soggettive che, come è noto, non sono e non possono essere l’universo completo nel quale dobbiamo valutare le condotte penalmente rilevanti.
Pertanto, nell’illustrare in senso generale tutti gli emendamenti, risparmiando quindi altro tempo all’uditorio, ribadisco la necessità non solo e non tanto dell’approvazione degli emendamenti stessi, ma di una via pratica alla revisione di questo disegno di legge e, soprattutto, ad un suo ritorno in Commissione in attesa di una valutazione sistematica delle questioni penali di tutto il sistema delle cause di giustificazione. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U e del senatore Amato).
PRESIDENTE. Essendo l’ora prevista per la conclusione dei nostri lavori, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato a
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
PROPOSTE DI NON PASSARE ALL'ESAME DEGLI ARTICOLI
NP1
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI
Respinto
Proposta di non passare all’esame degli articoli.
NP2
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Id. alla proposta NP1
Proposta di non passare all’esame degli articoli.
NP3
Id. alla proposta NP1
Proposta di non passare all’esame degli articoli.
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
ART. 1.
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
EMENDAMENTI
1.101
Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Nei casi preveduti dall’articolo 614, primo e secondo comma, non è punibile colui che, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa».
1.102
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MAGISTRELLI
Al comma 1, capoverso, dopo le parole: «un’arma», aggiungere le seguenti: «legalmente detenuta».
1.103
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MANZIONE, MAGISTRELLI
Al comma 1, capoverso, sopprimere le parole: «al fine di contrastare la minaccia e».
1.104
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.105
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.106
Al comma 1, capoverso, alla lettera b), sostituire le parole: «non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.» con le parole: «persista un comportamento che oggettivamente prelude all’aggressione».
1.107
Al comma 1, aggiungere in fine, il seguente capoverso:
«La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale» .
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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740a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 16 FEBBRAIO 2005 (Antimeridiana) |
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Presidenza del vice presidente FISICHELLA, indi del vice presidente SALVI |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Riprendiamo l'esame dell’unico articolo del disegno di legge n. 1899, nel testo proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta pomeridiana del 9 febbraio ha avuto inizio l’illustrazione degli emendamenti presentati a tale articolo, che ora riprendiamo.
ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, illustrerò l'emendamento 1.105, che tende a chiarire che cosa significa la lettera b) di questo articolo unico che è il testo di legge in esame. L'articolo 1 di questo provvedimento prevede una lettera a) e una lettera b). La lettera a), che sostiene che esista un rapporto di proporzione nella difesa allorquando è in atto un'aggressione alla propria o altrui incolumità, introduce una previsione assolutamente inutile. Nessun giudice potrà mai dire che non c'è legittima difesa nel caso di cui alla lettera a), specie dopo la modifica intervenuta nel 1989, che prevede che la legittima difesa putativa sia equiparata alla legittima difesa accertata in termini oggettivi.
Fatta questa premessa, ovverosia che la lettera a) è inutile, cerchiamo di capire che cosa significa la lettera b). Essa prevede che sia possibile, allorquando vi è ingresso in uno dei luoghi indicati (luoghi di abitazione e quant'altro), reagire in termini proporzionati anche con l'uso delle armi, al fine di difendere i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. Con il mio emendamento si dice: attenzione, il pericolo di aggressione deve riguardare l'incolumità della persona. Se invece la lettera b) significa: quando non vi è desistenza vi è pericolo di aggressione ai beni, questa norma è non solo inaccettabile, ma di straordinaria inciviltà. Io credo che tutto ciò non possa essere accettato da questo Parlamento!
Io sono assolutamente convinto, e vorrei che su questo punto meditassero i colleghi senatori, che non può esistere una difesa della mandria dei bovini nel Texas o una difesa dei lupini nella Sicilia del Verga che consenta di attentare all'incolumità della persona. Tra la difesa della cosa e l'aggressione all'incolumità della persona c'è un abisso invalicabile: questo è il punto che deve essere chiaro! Non nascondetevi dietro ad un dito o dietro l'equivocità della legge. Io voglio su questo punto snidare il testo di legge e sapere se per voi al caso di un soggetto che entra all'interno di una casa, non attenta all'incolumità della persona, ma non desiste rispetto all'aggressione ai beni (faccio l'esempio del ragazzo che sull'albero di ciliegie se ne infischia di quello che gli dice il proprietario e continua a raccogliere le ciliegie, che sta rubando) si possa applicare il concetto della legittima difesa.
L'esempio che avevo ipotizzato in quest'Aula alcuni mesi fa si è puntualmente verificato: si è sparato a un ragazzo, che è rimasto ucciso, perché stava rubando della frutta su un albero. Il caso è assolutamente verificabile; voglio sapere quindi se è legittimo sparare ad un ragazzo che, sorpreso a cogliere frutta su un albero, faccia il verso e continui a raccoglierla. Credo che tutto ciò distrugga la nostra civiltà; è un passaggio legislativo che, se approvato, diventerà un fiore nero all'occhiello di questa legislatura.
Volete questa barbarie soltanto per vantare meriti rispetto alle pulsioni più emotive, alle reazioni viscerali dei cittadini, laddove la norma vigente è perfetta, collaudata nel tempo, configurando un rapporto di proporzione tra offesa e difesa che è un vanto della nostra cultura giuridica. Volete creare una presunzione di proporzionalità per andare incontro a facili approvazioni, ma così facendo incoraggiate una corsa alla detenzione di armi nelle case private. In forza di un'esperienza processuale pluriennale, posso dire che la custodia delle armi è estremamente rischiosa per una decisiva ragione: il delinquente spara meglio della persona onesta.
Questa corsa agli armamenti contrasta con i princìpi della nostra civiltà giuridica: il fai da te in materia di legittima difesa è al di fuori del nostro sistema giuridico. Spetta allo Stato, attraverso le benemerite forze dell'ordine, tutelare i cittadini e, se questo non avviene, dobbiamo cercare di rafforzare la tutela pubblica, non incoraggiare iniziative private che in questa materia sono assolutamente pericolose e inutili. Voi incoraggiate l'armarsi dei privati, la custodia delle armi nelle case: quanti spari di armi mal custodite ho visto in quarant'anni di professione, quante persone uccise per difendere le cose!
Il rimedio che cercate di offrire, sol per rispondere ad un’opinione pubblica disinformata sugli strumenti tecnico-giuridici più idonei, è peggiore della norma, di straordinaria perfezione giuridica, contenuta nell'articolo 52, che dobbiamo alla penna dell'allora guardasigilli Rocco. Non si può pensare di cambiare improvvisamente una norma, che ha resistito dal 1931 al 2005, per dare difesa e tutela tramite un rapporto di proporzione incivile fra l'aggressione alla cosa e l'incolumità della persona. Il mio emendamento, proponendo di specificare che l'aggressione deve essere comunque rivolta alla persona, è chiarificatore e dimostra tra l'altro che il testo in esame è assolutamente inutile. La tutela cui si mira è già garantita nell'amministrazione della giustizia, salvo abusi eventuali che si sanzionano in via disciplinare e per i quali non è necessario un testo che stravolge una norma di legge. (Applausi del senatore Ripamonti).
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, abbiamo tentato, prima in Commissione e poi qui in Aula, di indurre la maggioranza a riflettere sull’importanza e sulla gravità del disegno di legge in esame; un provvedimento composto di un articolo unico, che però incide in maniera deleteria sulla nostra civiltà giuridica.
La nostra Costituzione, la nostra maturità di popolo evoluto ha fissato un punto essenziale, quello della scala dei valori da tutelare. In testa a questa scala abbiamo l’integrità personale, la persona, e quindi il valore supremo della vita. Già in sede di discussione generale ho evidenziato come all’epoca del diritto romano, nella fase più evoluta, si fosse superata la deleteria e incivile equiparazione tra i beni materiali e il valore della vita. Oggi abbiamo un’organizzazione, un sistema giuridico e costituzionale che vuole appunto rispettare questo caposaldo, questo punto essenziale della civiltà e dei valori. Quindi, una scala dei valori che vede la vita al top.
Con il disegno di legge in esame viene scardinato questo sistema, viene intaccato questo principio, perché in nome di un obiettivo che viene sbandierato (ormai è una vera e propria bandiera per la destra in Italia), quello della sicurezza (come se noi non fossimo parimenti interessati a tutelare l’interesse generale e collettivo della sicurezza), si arriva a stabilire la possibilità di difendere i propri o altrui beni quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione. Questa aggiunta, che è stata voluta dal relatore, gli fa onore ma non è sufficiente. Cosa vuol dire "vi è pericolo d’aggressione"? È un concetto generico. Il pericolo di aggressione sussiste tutte le volte in cui taluno si pone a ledere la proprietà di un altro, e quindi - ripeto - non è sufficiente.
Noi vogliamo ripristinare semplicemente la legalità. Siamo d’accordo sulla necessità di stabilire sistemi più sicuri per tutti noi; sarebbe veramente assurdo non perseguire insieme questo obiettivo. Però un sistema di questo genere - come è stato detto in precedenza e da ultimo dal senatore Zancan - non è valido a tutelare maggiormente i cittadini, anzi li esporrà in maniera evidente a maggiori pericoli.
Dobbiamo discutere con serenità, amici e colleghi della maggioranza, su questo principio fondamentale che state per violare, la proporzione tra beni e valori protetti, ma di diversa natura, di diverso livello. Quindi, la scelta da voi operata è lesiva di princìpi fondamentali e - ripeto - della nostra stessa civiltà giuridica nonché della nostra Costituzione, ma è inidonea a tutelare quegli interessi che voi dite di voler perseguire.
Un invito ulteriore, alla fine di questa discussione, è quello di dismettere lo stato di emotività o di strumentalità con cui vi ponete a modificare la norma del codice penale, articolo 52. La nostra giurisprudenza ha ampiamente protetto i casi limite, quelli di cui voi vi fate difensori, cioè del cittadino inerme che a casa viene aggredito. Esiste l’istituto della legittima difesa putativa, esiste una giurisprudenza consolidata, che in effetti ha prodotto condanne a carico degli aggrediti che si possono contare sulla punta delle dita. Quindi, non abbiamo assolutamente una situazione obiettiva di pericolo per gli aggrediti, per i cittadini.
Si tratta, dal vostro punto di vista, di evitare addirittura la celebrazione di processi a carico di chi eserciterebbe la difesa. Ebbene, sappiate - questo è evidente - che l’obiettivo non verrà raggiunto con questa riforma, perché comunque il processo si dovrà fare e non ci sarà possibilità di evitarlo, almeno finché non avrete abbattuto - spero non sia nei vostri programmi - anche l’obbligatorietà dell’azione penale.
Quindi, si tratta di correggere il tiro, e siamo in tempo; non si tratta di farvi fare un passo indietro, come pure sarebbe opportuno, ma almeno di ragionare, di accettare l’emendamento 1.106, che recita: "persista un comportamento che oggettivamente prelude all’aggressione". Si tratta quindi, collega relatore, di inserire una piccola precisazione, che eliminerà ogni forma di arbitrio nell’esercizio della forza per contrastare le aggressioni al patrimonio, facendo riferimento ad un comportamento che concretamente, oggettivamente prelude all’aggressione. Questo ci riporterebbe nell’alveo della legalità e del rispetto dei princìpi fondamentali della Costituzione, perché è chiaro che, nel momento in cui ci trovassimo e ci troveremo davanti ad un tentativo di aggressione, rientriamo nella figura della legittima difesa.
Non è questo - lo ripeto ancora una volta - il modo in cui andremo a tutelare maggiormente la libertà e la sicurezza dei cittadini; in questo modo non offriremo uno schermo, una difesa, ma complicheremo la situazione e vedremo i cittadini esposti maggiormente alla ferocia dei criminali. (Applausi dal Gruppo DS-U).
PRESIDENTE. Il restante emendamento si intende illustrato.
Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
ZICCONE, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 1.101, 1.104, 1.105 e 1.106.
Esprimo parere favorevole sull'emendamento 1.102, a condizione che la parola "legalmente" venga sostituita dalla parola "legittimamente", e sull'emendamento 1.103.
Con riguardo all'emendamento 1.107, la giurisprudenza attualmente interpreta in modo pacifico il domicilio come esteso ai luoghi contemplati in questa proposta di modifica, che pertanto è superflua. Poiché, però, si tratta di un ulteriore chiarimento mi rimetto all'Assemblea.
SANTELLI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Mi conformo ai pareri espressi dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 12,15, è ripresa alle ore 12,35).
Riprendiamo i nostri lavori.
(omissis)
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e2287
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dei disegni di legge nn. 1899 e 2287, procedendo alla votazione dell'emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
ART. 1.
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
EMENDAMENTI
1.101
Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Nei casi preveduti dall’articolo 614, primo e secondo comma, non è punibile colui che, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa».
1.102
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MAGISTRELLI
Al comma 1, capoverso, dopo le parole: «un’arma», aggiungere le seguenti: «legalmente detenuta».
1.103
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MANZIONE, MAGISTRELLI
Al comma 1, capoverso, sopprimere le parole: «al fine di contrastare la minaccia e».
1.104
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.105
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.106
Al comma 1, capoverso, alla lettera b), sostituire le parole: «non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.» con le parole: «persista un comportamento che oggettivamente prelude all’aggressione».
1.107
Al comma 1, aggiungere in fine, il seguente capoverso:
«La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale» .
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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742a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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GIOVEDÌ 17 FEBBRAIO 2005 (Antimeridiana) |
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Presidenza del presidente PERA, indi del vice presidente DINI |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Riprendiamo l'esame dell’unico articolo del disegno di legge n. 1899, nel testo proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana di ieri, in sede di votazione dell’emendamento 1.101, è mancato il numero legale.
Passiamo pertanto nuovamente alla votazione dell’emendamento 1.101.
CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, io non sono solito chiedere - non l’ho mai fatto - la verifica del numero legale. Questo, però, è un provvedimento particolarmente delicato e non può essere certamente votato dopo un momento emotivo come è stato quello che abbiamo vissuto poco fa e con l’Aula ora pressoché deserta.
Mi vedo quindi costretto a chiedere la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 11,34, è ripresa alle ore 11,55).
Presidenza del vice presidente DINI
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e2287
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione dell’emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Tenuto conto che vi erano anche molte schede disattese, mi pare non vi siano le condizioni per riprendere la seduta.
Pertanto, apprezzate le circostanze, rinvio il seguito dell’esame dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 1.
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
1.101
Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Nei casi preveduti dall’articolo 614, primo e secondo comma, non è punibile colui che, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa».
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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804a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 18 MAGGIO 2005 (Pomeridiana) |
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Presidenza del vice presidente MORO, indi del vice presidente DINI
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(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)(ore 18,40)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Riprendiamo l'esame dell’unico articolo del disegno di legge n. 1899, nel testo proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 17 febbraio ha avuto inizio la votazione degli emendamenti.
Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 18,42, è ripresa alle ore 19,04).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e2287
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Mi auguro, colleghi, che non ci siano troppe schede disattese, altrimenti sarò costretto ad intervenire. Il senatore Segretario mi segnala che sopra la porta centrale dell'Aula ci sono sette schede e solo due senatori: invito a rimuoverle.
Il Senato non è in numero legale. (Commenti dai banchi della maggioranza e dell'opposizione).
Colleghi, non mi sembra il momento di "apprezzare le circostanze", e quindi ritengo opportuno riprendere la seduta alle ore 19,27; solo a quel punto eventualmente potremo farlo.
Sospendo pertanto la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 19,07, è ripresa alle ore 19,27).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e2287
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori con la votazione dell’emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
ART. 1.
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
EMENDAMENTO 1.101
1.101
Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Nei casi preveduti dall’articolo 614, primo e secondo comma, non è punibile colui che, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa».
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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805a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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GIOVEDÌ 19 MAGGIO 2005 (Antimeridiana) |
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Presidenza del vice presidente FISICHELLA, indi del vice presidente SALVI |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa
(Relazione orale)(ore 10,04)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Riprendiamo l'esame dell’unico articolo del disegno di legge n. 1899, nel testo proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri è proseguita la votazione degli emendamenti.
Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10,04, è ripresa alle ore 10,24).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e2287
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Passiamo nuovamente alla votazione dell’emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, chiedo l’appoggio di dodici colleghi per la richiesta di verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10,25, è ripresa alle ore 10,46).
Inversione dell'ordine del giorno
MALAN (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FI). Signor Presidente, vorrei proporre, attesi gli esiti delle ultime verifiche del numero legale, un'inversione dell’ordine dei lavori di questa mattina. La proposta sarebbe di passare ora alle ratifiche di accordi internazionali, con l’eccezione del disegno di legge di ratifica n. 2091, sul quale potrebbero esserci dei disaccordi, per poi chiudere la seduta, rinviando gli argomenti oggi previsti ad altra data, sperando di avere una maggiore presenza in Aula.
PRESIDENTE. Ricordo che su questa proposta possono prendere la parola un oratore a favore e uno contro.
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, non avanzo obiezioni alla proposta del senatore Malan, alla quale prestiamo la nostra adesione.
Vorrei però integrarla in maniera informale, se possibile, segnalando la necessità - a mio avviso, con ogni evidenza, non più prescindibile - che questo disegno di legge venga calendarizzato dalla Conferenza dei Capigruppo in una giornata che sia propedeutica alla sua effettiva valutazione e alla sua effettiva esitazione. Non c’è dubbio che, a mio avviso, ma credo di avere la condivisione di molti colleghi, si tratta di un provvedimento di grande importanza che realizza un potente riassetto di una materia di grande delicatezza.
Riteniamo pertanto sia necessario che la sua calendarizzazione non avvenga, mi si permetta di dirlo senza voler insolentire nessuno, in maniera un po’ formalistica in una seduta come quella del giovedì mattina o del mercoledì pomeriggio - purtroppo dobbiamo prendere atto anche di questa evidenza - ma che avvenga in un giorno in cui la trattazione sia resa possibile dall’effettiva sussistenza dei numeri necessari, cioè un martedì pomeriggio o un mercoledì mattina.
PRESIDENTE. Senatore Bobbio, il mercoledì pomeriggio le sembra una giornata sbagliata per esaminare un provvedimento? Il martedì mattina no, il mercoledì pomeriggio no, il giovedì mattina no; quando allora dobbiamo esaminare i provvedimenti? L’essere presenti è a nostro carico.
PAGANO (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAGANO (DS-U). Signor Presidente, lei mi ha preceduta perché volevo, tra le altre cose, ma non è per questo che intervengo, dire al senatore Bobbio che la propedeuticità spetta a tutta l’Assemblea e quindi alla presenza di tutti. Già si sono ridotti i tempi di lavoro, perché sembra che nessuna giornata sia inutile per discutere ed approvare i provvedimenti in esame.
Vorrei poi chiedere al senatore Malan se intende soltanto ottenere l’inversione dell’ordine del giorno, esaminando prima le ratifiche e poi riprendendo l’esame del disegno di legge sulla legittima difesa, oppure se intende, dopo l’esame delle ratifiche chiudere la seduta. In quest’ultimo caso saremmo d’accordo altrimenti il nostro parere sarebbe contrario.
MALAN (FI). E’ così, senatrice Pagano: il Presidente dovrebbe chiudere la seduta.
PRESIDENTE. Pertanto, non essendovi obiezioni, procediamo all’esame dei disegni di legge di ratifica di accordi internazionali.
PROVERA (LP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PROVERA (LP). Vorrei capire, signor Presidente, se tra gli accordi da ratificare che ci proponiamo di discutere, ed eventualmente approvare, c’è anche quello contenuto nel disegno di legge n. 2091.
PRESIDENTE. Si conviene che il disegno di legge n. 2091, relativo all’accordo tra il Governo della Repubblica italiana e l’Istituto Italo-Latino Americano, sia rinviato ad altra data.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
ART. 1.
(DIRITTO ALL’AUTOTUTELA IN UN PRIVATO DOMICILIO)
1. ALL’ARTICOLO 52 DEL CODICE PENALE È AGGIUNTO IL SEGUENTE COMMA:
«NEI CASI PREVISTI DALL’ARTICOLO 614, PRIMO E SECONDO COMMA, SUSSISTE IL RAPPORTO DI PROPORZIONE DI CUI AL PRIMO COMMA DEL PRESENTE ARTICOLO SE TALUNO LEGITTIMAMENTE PRESENTE IN UNO DEI LUOGHI IVI INDICATI USA UN’ARMA O ALTRO MEZZO IDONEO AL FINE DI CONTRASTARE LA MINACCIA E AL FINE DI DIFENDERE:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
EMENDAMENTO 1.101
1.101
Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Nei casi preveduti dall’articolo 614, primo e secondo comma, non è punibile colui che, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa».
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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835a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 6 LUGLIO 2005 (Antimeridiana) |
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Presidenza del vice presidente MORO, indi del presidente PERA e del vice presidente DINI |
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. - Riforma dell'istituto della legittima difesa
(Relazione orale)(ore 11,38)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Riprendiamo l'esame dell'unico articolo del disegno di legge n. 1899, nel testo proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 19 maggio è proseguita la votazione degli emendamenti.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.101.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.101, presentato dai senatori Fassone e Calvi.
Non è approvato.
Presidenza del vice presidente DINI(ore 11,41)
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.102.
CARUSO Antonino, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARUSO Antonino, relatore. Poiché riesaminiamo questo disegno di legge dopo qualche tempo, vorrei far presente che il parere favorevole del relatore sull'emendamento 1.102 era condizionato all'accettazione, da parte dei senatori proponenti, della modifica della parola "legalmente" con la parola "legittimamente".
PRESIDENTE. La correzione è stata già apportata, senatore Caruso.
Metto, pertanto, ai voti l'emendamento 1.102 (testo 2), presentato dal senatore Cavallaro e da altri senatori.
È approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.103.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.103, presentato dal senatore Cavallaro e da altri senatori.
È approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.104, identico all'emendamento 1.105.
ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, occorre cercare di affrontare una materia molto delicata sul piano sociale in termini di massima razionalità. Con l'articolo 1, lettera b), si prevede che si possa resistere, cioè vale la legittima difesa, quando vi è aggressione ai beni propri e altrui, quando non vi è desistenza o pericolo di aggressione.
Allora, mi sembra si possa dire che, se l'aggressione è all'incolumità e alla vita, questa previsione della lettera b) è assolutamente inutile perché la previsione della legittima difesa copre sicurissimamente qualsiasi aggressione all'incolumità o alla vita delle persone. Se invece con la formula «i beni propri e altrui» si intendono i soli beni, questa previsione legislativa è assolutamente inaccettabile perché nessun bene vale la risposta alla vita dell'aggressore che attenta esclusivamente ai beni.
Non è possibile sul piano legislativo e non è possibile sul piano della nostra civiltà giuridica accettare che la difesa dei beni, quella che ho definito «la difesa dei lupini», la difesa delle mandrie, per richiamarmi ai film western, possa consentire di difendere i beni materiali attentando alla vita e all'incolumità dell'aggressore.
Ciò da un lato non ci è consentito da una nostra acquisita civiltà giuridica e dall'altro avrebbe l'effetto devastante di un ricorso agli armamenti, sia pure legittimi. L'armamento in casa non è affatto una garanzia per chi si è armato; il delinquente - mi spiace doverlo dire, ma è una realtà che ho verificato in decine di casi - è molto più bravo ad aggredire che non chi si difende. Il ricorso all'armamento crea pericolo per l'incolumità dell'aggredito, ma soprattutto non è accettabile ciò che si norma a proposito della cosiddetta mera non desistenza visibile.
Avevo citato all'inizio di questa discussione il ragazzo che ruba sull'albero di ciliegie; il mio esempio era sbagliato esclusivamente quanto al tipo di albero da frutto, perché dopo circa un mese si è sparato ad un ragazzo (che non ricordo se sia stato ferito o ucciso) che stava rubando su un albero di fichi.
L'unico riferimento inesatto del mio esempio era il tipo di albero da frutto, ma non la sostanza del problema. Non può nessun demagogico richiamo alla pancia dei cittadini sostituire quella razionalità che in una tanto delicata materia occorre avere. Non possono degli incongrui richiami a legislazioni straniere, che come sempre debbono essere tarate e verificate a livello nazionale, consentire la creazione della seguente equazione: se si arriva ad aggredire meramente le cose e si entra all'interno di una abitazione o nelle sue immediate pertinenze è possibile rispondere a tale aggressione sparando e quindi mettendo in pericolo addirittura la vita dell'aggressore.
È un passo indietro inaccettabile che non può essere condiviso. Ripeto: secondo la normativa sulla legittima difesa, in particolare dopo la modifica intervenuta con il codice del 1989, che pochi ricordano e conoscono, soprattutto per quanto riguarda l'enorme ambito di applicazione, la legittima difesa putativa equivale alla legittima difesa effettiva. Ciò significa che la persona che ha il fondato timore di un'aggressione alla sua vita e alla sua incolumità può difendersi, perché il putativo, come scriminante, equivale all'oggettivo.
Se allora c'è tutto questo, perché dobbiamo stabilire gravemente in modo positivo e incidente sulla nostra civiltà giuridica che chi attenta esclusivamente ai beni può essere aggredito con modalità tali da togliergli la vita? Per piacere, signori colleghi. Per cortesia, vediamo di riflettere su quali devastanti effetti possono produrre tali norme.
In conclusione del mio intervento, Presidente, su tali emendamenti chiedo la verifica del numero legale.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro il mio voto favorevole sugli emendamenti 1.104 e 1.105, di identico contenuto, a firma dei senatori del Gruppo dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo.
La reiezione dell'emendamento 1.101 ha chiuso ogni margine di possibile mediazione che mi ero sforzato di proporre in questa delicata e difficile materia. Per vecchio abito professionale cerco di farmi carico degli argomenti avversari e non mi sottaccio che il problema che il disegno di legge intende affrontare è reale. Credo di comprendere e sintetizzare le motivazioni come segue.
A fronte di una criminalità sempre più aggressiva e spregiudicata, che non rifiuta il sacrificio della vita dell'aggredito non si può pretendere che questo subisca senza poter reagire. Di fatto cosa accade? L'aggredito non può reagire prima che l'aggressione si esplichi nella sua interezza, perché non si sa appunto se sarà tale e quindi egli rischia l'eccesso colposo di legittima difesa, putativa o meno, non può reagire dopo, perché l'offesa non è più in atto e quindi non saremmo in presenza della scriminante e di regola non può agire nemmeno durante l'aggressione, perché normalmente in situazione di soggezione fisica, e comunque, se è in grado di farlo, è già scriminato dalla legislazione vigente.
Bisogna allora consentirgli una maggiore possibilità di difendere se stesso e i suoi averi. Consentiamogli allora - questo è lo spirito del testo a nostro esame - una difesa preventiva più libera e più sciolta da certe rigidità di bilanciamento.
E come facciamo? Scriviamo che non c'è eccesso colposo quando sussiste il rapporto di proporzione e quest'ultimo è presunto quando l'aggressore è in casa. In tal modo eviteremo - questo è sempre il pensiero dei proponenti - la condanna, eviteremo la pena del processo e dissuaderemo l'aggressore.
Ebbene, credo che tutto questo sia profondamente errato. Intanto la giurisprudenza offre già una equilibrata risposta al dilemma della legittima difesa a fronte della criminalità quale oggi si viene atteggiando. La giurisprudenza fa ciò caricandosi appunto di queste nuove caratteristiche, per cui il ladro non è più quello del sacco e della pila, ma quello che agisce normalmente con un'arma ed è disposto ad usarla.
Mi piace ricordare esempi di eccezionale ed addirittura temeraria liberalità giurisprudenziale, come la soluzione del gioielliere che il 9 maggio 2003, a Roma, ha ucciso due rapinatori che lo stavano affrontando con una pistola. che poi si rilevò finta, esplodendo cinque colpi ad altezza d'uomo, tanto è vero che furono letali.
Un uso rigoroso e tradizionale della scriminante non avrebbe portato all'assoluzione. La sensibilità dei tribunali moderni va evidentemente già dove il disegno di legge intende andare, ma intende andarci con effetti molto più pericolosi. Quindi, è errato perché scavalca anche la giurisprudenza più oculata ed attenta. È errato perché non raggiunge gli obiettivi.
Il disegno di legge protegge - se così posso dire - l'aggredito sul versante dell'eccesso colposo in legittima difesa, quell'eccesso colposo che si verifica appunto quando colpevolmente l'aggredito usa strumenti di reazione manifestamente esorbitanti rispetto all'offesa, rispetto all'aggressione. Sotto questo profilo lo tutela perché sancisce senz'altro che la proporzione esiste, e torneremo in un secondo momento sulla dubbia costituzionalità di una presunzione assoluta non razionalmente giustificata. In ogni caso, lo protegge su quel fronte, ma non lo protegge sul fronte della putatività colposa. Con la presunzione di proporzione si supera, infatti, l'eccesso colposo, ma non lo scagiona se per colpa ha ritenuto che ci fosse una aggressione e questa non c'era (articolo 59, comma 4, del codice penale), come, ad esempio, l'ingresso in un giardino per altra ragione.
Sotto questo versante la norma non lo tutela. Ancor meno tutela l'aggredito dalla pena del procedimento, perché, per accertare tutti gli estremi previsti dalla legge, il processo sarà necessario. L'indagine non potrà fare a meno di verificare se c'era il pericolo di aggressione, se c'era la mancata resistenza, la stessa qualità del luogo per individuare se fosse o meno una pertinenza dell'abitazione. È errato questo schema, soprattutto sotto il profilo del costume. L'obiettivo di dissuadere l'aggressore produrrà l'effetto contrario: non avremo un aggressore dissuaso dall'aggredire, ma un aggressore più facilmente armato e più facilmente disposto ad usare l'arma, perché sa che può incontrare una resistenza armata; cioè, sarà disposto a sparare per primo.
Per questo motivo, ritengo che lo schema in esame sia nel complesso da respingere con fermezza.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei nuovamente ribadire in sede di dichiarazione di voto le insuperabili perplessità che suscita il testo rassegnato all'esame dell'Aula.
Sebbene il collega Fassone abbia giustamente affermato che nella risposta negativa dell'Aula all'emendamento 1.101 è contenuta gran parte della negatività dell'esito finale di questo dibattito, vorrei tentare di far comprendere, ponendoci comunque in un altro e diverso punto di vista, che si può migliorare il testo in esame. Esso, oltre ad essere assolutamente sbilanciato, è infatti anche pericoloso nella sua attuazione e pratica.
Come è già stato più volte ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto, la chiave di volta di questo disegno di legge tende a sovvertire o comunque a plasmare la regola fondamentale della legittima difesa, che è il principio di proporzionalità. Va aggiunto che, secondo questa regola fondamentale, il principio di proporzionalità deve essere verificato in concreto, come a molti di noi insegna l'attività professionale che svolgiamo.
Tutte le norme del codice che tendono ad incidere sugli elementi del reato (tra cui vi è appunto la legittima difesa) devono essere verificate attraverso un esame concreto, che tecnicamente - mi perdoneranno i colleghi per questa noiosa digressione - si chiama meccanismo di sussunzione. Solamente l'interprete, attraverso un processo valutativo, verifica se la fattispecie concreta, il fatto, può essere assunto nella previsione normativa. In questo caso, la previsione normativa è quella dell'applicazione del principio di proporzionalità.
Incidere su questo principio, sovvertirlo attraverso l'introduzione di un principio di presunzione (è anch'esso un principio giuridico, che peraltro raramente appartiene al diritto penale, proprio perché esso si basa interamente e intrinsecamente sui processi di sussunzione concreta) è estremamente pericoloso ed il motivo è già stato spiegato. Si rischia infatti di approdare ad un risultato diametralmente opposto a quello verso il quale ci si propone di andare.
In primo luogo, questa presunzione, che deve considerarsi una semplice presunzione legale, può essere vinta a mio parere - e non potrebbe essere diversamente - attraverso una prova contraria; quindi, in realtà l'introduzione di un principio di presunzione non riesce comunque a garantire se non che l'interprete dovrà poi svolgere, se in questo caso il reo lo chiede, un'analisi accertativa e puntuale del fatto.
Ma esiste un altro elemento di gravissima pericolosità. Infatti, oltre a sovvertire il principio di proporzione attraverso l'introduzione del principio di presunzione, si aggiungono, attraverso due tipologie distinte di applicazione del principio, da un lato, la parametrazione del principio di proporzione (che è contenuto nella lettera a) del comma aggiunto all'articolo 52 del codice penale) e, dall'altro, il sovvertimento del principio di proporzione.
In sostanza, si afferma che si introduce solo un principio interpretativo - diciamo così - di presunzione, ma in realtà attraverso la lettera b) si introduce un parametro che non ha nulla dell'applicazione del principio di proporzione. È noto, persino in questi tempi di incertezza sui valori morali, che i beni propri o i beni altrui, dei quali peraltro non si individua neppure la consistenza, non possono essere mai paragonati al bene della vita, non hanno con esso alcuna proporzione.
Fra l'altro, ci troviamo di fronte ad un disegno di legge che, dopo aver dichiarato di interpolare semplicemente il principio di proporzione, lo cancella, lo tradisce, lo svilisce, perché introduce il principio che non c'è proporzione; invece, il legislatore attua un procedimento per cui quella fattispecie concreta viene considerata proporzionale, anche se essa non lo è né in natura, né secondo il comune sentire del cittadino.
Segnalo che vi è un altro limite molto pericoloso. Parleremo, quando sarà il momento, dell'emendamento del collega Bobbio che tende ad introdurre un ulteriore ampliamento dello spazio fisico di attuazione, ma abbiamo un altro problema. Infatti, non solo sono previsti una minaccia armata e un pericolo fisico per l'incolumità, ma addirittura si introduce un altro elemento di ambiguità e incertezza: quello dell'uso di un altro mezzo idoneo per minacciare l'incolumità di qualcuno.
Ora mi domando - anche qui - come possiamo introdurre una norma (rilevo che molti di noi e di voi, della maggioranza, sono sicuramente giuristi di valore) nella quale interpoliamo il codice penale, così da ritenere che faccia offesa a qualcuno non soltanto un'arma (che, come è noto, può già essere distinta in arma propria e in arma impropria, quindi nella quale, fra l'altro, tutti gli strumenti atti ad offendere possono essere ricompresi, secondo altre norme presenti in altri articoli del codice penale), ma persino ogni altro mezzo idoneo, dovendosi interrogare su quale possa essere tale mezzo idoneo: urla particolarmente forti, un atteggiamento aggressivo o, che so, una mole, una stazza fisica particolarmente invasiva.
Mi domando e chiedo all'Assemblea come sia possibile introdurre nelle norme del codice penale elementi che, fra l'altro, sono così spuri rispetto alla sistematica tecnica del codice penale e che produrranno a carico dell'interprete ulteriori difficoltà, molto maggiori di quelle che gli interpreti non abbiano già affrontato e risolto (come ha ricordato il collega Fassone) in decine e decine di casi nei quali mai la giurisprudenza ha avuto un atteggiamento ostile, disponendo della figura della legittima difesa putativa, verso un ampliamento forte di tutte le possibilità di autodifesa.
Mi avvio a concludere la mia dichiarazione di voto osservando che va tenuto conto del fatto, che comunque è intrinseco ad uno Stato democratico e civile, che l'autodifesa sia marginale, costituisca un fenomeno residuale rispetto alla capacità e alla possibilità dello Stato di difendere i propri cittadini.
Fra gli elementi costitutivi di un patto sociale moderno vi è la capacità dello Stato di impedire che incrudelisca la lotta sociale e che i cittadini debbano venire alle armi (ne cives ad arma veniant, si diceva in questo luogo non da poco), proprio perché attraverso l'interposizione della statualità si ottiene il risultato, ad un tempo, di introdurre il principio giuridico e di salvaguardare l'incolumità personale. Ogni norma che attenti a questo sacrosanto principio deve essere vista come eccezionale e quindi da contenere nei suoi effetti e non, piuttosto, da dilatare.
Per questo, nel raccomandare l'approvazione dell'emendamento e nell'associarmi alla richiesta di verifica del numero legale, credo per l'ennesima volta che si debba ripensare seriamente l'intero impianto del provvedimento in esame. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per dichiarare di non voler votare, perché sono profondamente critico, più di quanto non lo sia se votassi in senso contrario.
Cercherò di spiegare brevemente quali sono le ragioni per cui questa norma mi crea un profondo disagio. È una norma liberticida, che aggrava enormemente la condizione di colui che sarà imputato nel processo. È una norma che penalizzerà tutti coloro che si troveranno in quelle situazioni di difficoltà, per cui reagiranno supponendo che essi possano agire resistendo ad un'azione ingiusta fatta nei loro confronti e con questa legge, come ho già avuto occasione di dire più volte, incorreranno non soltanto nel processo ma quasi sicuramente in una condanna.
Cercherò brevemente di spiegarlo, anche se l'ho fatto più volte.
Questa norma, quando fu presentata in Commissione, era dissennata e prevedeva addirittura che si avesse diritto all'autotutela quando si vedevano minacciati i propri o gli altrui beni, constatata l'inefficacia di ogni invito a desistere dall'azione criminosa.
Credo che tutti comprendano la follia di tale proposta. Infatti, di fronte ad una aggressione supposta, l'aggredito avrebbe dovuto constatare l'inefficacia di ogni invito a desistere. In sostanza, si pensi, ad esempio, a colui che vede arrivare in casa una persona non conosciuta oppure a un negoziante che vede entrare nel suo esercizio una persona che sospetti, magari, di essere un rapinatore: di fronte a queste situazioni la legge chiedeva addirittura che si dovesse constatare l'inefficacia di ogni invito a desistere. Ma vi rendete conto che a questo punto si richiede all'aggredito di dire all'aggressore "scusa, desisti", due o tre volte, ma poi, dopo aver constatato l'inefficacia di questo invito, gli spara? È una situazione comica, se non fosse tragica; comica nel senso che disegni di legge di questo genere non possono avere legittimazione.
Naturalmente in Commissione, dopo una lunga discussione, ci siamo resi conto di questa situazione e allora è stata apportata una modifica, ma non in meglio, perché il testo proposto dalla Commissione stabilisce che si ha diritto all'autotutela in un privato domicilio quando vi è la minaccia o il fine di difendere «i propri beni o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione». Quindi, siamo di fronte alla stessa circostanza, perché io aggredito a questo punto dovrò provare che non vi è stata desistenza e che vi è un pericolo di aggressione. Invece l'istituto della putatività mi consente di non avere né desistenza, né pericolo di aggressione, ma il sospetto terribile che l'aggressore voglia effettivamente compiere un'azione violenta nei miei confronti o prendere beni miei o altrui nell'abitazione, quindi io reagisco.
L'attuale sistema è collaudato da decenni e decenni, questo istituto funziona dal codice del 1930. Se debbo fare una critica alla giurisprudenza, è quella di essere stata eccessivamente tollerante nei confronti della punibilità dell'aggressore. A me risulta che nessuno sia mai stato condannato e non lo è mai stato perché il nostro sistema consente, attraverso la legittima difesa putativa, di risolvere problemi così drammatici.
Cosa prevede il nostro sistema attuale? Cos'è il principio in diritto della legittima difesa? Essa si ha quando vi è il presupposto essenziale della scriminante della legittima difesa, che è costituita da un'aggressione ingiusta e da una reazione legittima: questa è la legittima difesa. Vi è un individuo che si presenta con un bastone, rispondo colpendolo per impedire che egli mi colpisca: questa è la legittima difesa.
È stato elaborato qualcosa di più, la legittima difesa putativa, che si ha quando vi è una situazione di pericolo che non sussiste obiettivamente, ma è supposta dalla gente sulla base di un errore scusabile o non nell'apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva tale da far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo attuale e di un'offesa ingiusta.
Entra una persona nel negozio o in casa con una mano in tasca e io suppongo che egli abbia una pistola e che voglia colpirmi; io reagisco, rispondo, ma poi si scopre che in realtà egli non aveva nulla in tasca e in mano. Io legittimamente ho supposto che volesse aggredirmi, e quindi legittimamente ho risposto a quella possibile aggressione: questo è l'istituto della legittima difesa putativa, che è un istituto correntemente praticato, tant'è vero - vi ricordo ancora - che nessun aggredito, che ha risposto anche senza che l'aggressione vi fosse, è stato mai condannato. Anche di recente, un mese fa, è stato assolto un tabaccaio che sparò ad un rapinatore che non voleva assolutamente fare una rapina, perché supponeva legittimamente che la condotta di questo presunto aggressore fosse finalizzata a commettere una rapina. Quindi, questa è la legislazione attuale.
Invece introduciamo una norma che prevede che si possa avere, appunto, questa esimente quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione, quindi sarà onere che incomberà sulla parte offesa, sull'aggredito dimostrare che non vi è stata desistenza; perché non vi sia desistenza, occorre che io preavverta l'aggressore dicendo: fermati, altrimenti ti sparo; attendi un attimo.
Se per caso egli non è un rapinatore avrà il tempo di chiarire la sua posizione, ma se sta per compiere effettivamente un'azione violenta nei miei confronti, il mio preavvertimento si tradurrà sicuramente in un incentivo ad aggredirmi. Pertanto, la desistenza o il pericolo di aggressione che devo provare nel processo sono elementi ulteriori che gravano sull'aggredito e siccome non sarà sempre facile dimostrarlo, la legittima difesa putativa verrà cancellata dal nostro ordinamento e la situazione dell'aggredito diventerà straordinariamente più complessa, difficile e non più esercitabile.
Ma pensateci un attimo a quello che volete fare! Avete fatto questa legge per facilitare la risposta a coloro che subiscono un'aggressione. Voi non solo la rendete complicata, ma drammaticamente finalizzata ad una possibile, anzi certa, condanna. Questa legge ha due finalità: da un lato, far credere alla gente che è possibile armarsi e sparare, senza sapere che così facendo saranno condannati. Oggi invece possono fare la stessa cosa e possono sperare, attraverso l'istituto della legittima difesa putativa, in un esito meno infausto del processo.
Per questo motivo credo che l'emendamento in esame, che a mio avviso riuscirebbe in qualche modo a risolvere la situazione, eliminando la lettera b) o quanto meno eliminando, quando non vi è desistenza, un pericolo di aggressione, introduca surrettiziamente, perché ci si rende conto che si è rotto l'equilibrio tra l'azione e la reazione e la proporzione che vi deve necessariamente essere tra le due, un concetto giuridicamente devastante e processualmente destinato ad incidere negativamente sulla sorte dell'aggredito.
Invito i colleghi, soprattutto i giuristi, gli avvocati e i magistrati, a riflettere su una norma così dissennata, finalizzata a rendere veramente più difficoltosa la difesa del cittadino quando è aggredito o presuppone di esserlo.
Per tali ragioni, signor Presidente, per un dissenso così radicale non voterò questo emendamento.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di verifica del numero legale, in precedenza avanzata dal senatore Zancan, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
Metto ai voti l'emendamento 1.104, presentato dal senatore Cavallaro, identico all'emendamento 1.105, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.106.
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Domando di parlare. Signor Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
MARITATI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, con il disegno di legge al nostro esame si sta intervenendo sull'ormai consueta distrazione della maggioranza su uno dei più antichi e delicati istituti, che attengono al rispetto e alla tutela dell'integrità fisica della persona. Si tratta di una scelta di fondo, operata da sempre dal legislatore, sulla possibilità di riconoscere la non illegalità di ledere la altrui integrità fisica, in presenza però di condizioni di obiettivo e attuale pericolo per la persona che versi in stato di legalità a danno di chi, operando illegalmente, mette in pericolo i valori costituzionalmente protetti.
Perché tale discriminante trovi attuazione in concreto, il legislatore ha sempre preteso la sussistenza di presupposti fondamentali che io non esito a definire espressione di alta civiltà giuridica.
L'integrità fisica o la vita sono valori essenziali, colleghi della maggioranza, che nessuno è legittimato a ledere, neppure - per il nostro ordinamento e per tutti quelli più evoluti - lo Stato. Tali presupposti - vale la pena ricordarli - sono: una situazione di obiettivo e grave pericolo per l'integrità fisica di una persona che non abbia dato causa a quella situazione di pericolo, l'attualità di tale situazione non altrimenti evitabile e in assenza di altri rimedi a disposizione e la proporzione tra la natura e l'entità dell'offesa rispetto all'azione difensiva.
Oggi gli amici della maggioranza, spinti esclusivamente da intenti demagogici ed elettoralistici, sfruttando lo stato di comprensibile inquietudine e di paura in cui versano strati della società, insistono nel voler modificare le norme che riguardano l'istituto della legittima difesa facendo cadere uno dei presupposti fondamentali dell'istituto, forse il più importante, quello della proporzione che deve comunque sussistere tra l'offesa e la risposta difensiva. Tale proporzione, come è stato per altro più volte ricordato dalla Corte costituzionale, non può mai essere presunta, ma verificata in concreto caso per caso; ne consegue che questo è un vulnus che lasciate nel presente disegno di legge.
Con l'approvazione dell'emendamento 1.106 si potrebbe invece attenuare il danno che con la norma proposta verrà consumato nel nostro ordinamento giuridico, riportando l'istituto sul terreno della scriminante sorretta dal fondamentale rispetto della equazione di proporzionalità tra difesa del bene protetto e azione illegale rivolta a danno dei beni della stessa natura. Richiamo ancora una volta la pericolosità di aprire irresponsabilmente le maglie dell'istituto della legittima difesa proprio per le ricadute dannose che ciò potrebbe determinare sul piano della cultura del rispetto della persona e sulle conseguenze incontrollabili che si verrebbero a determinare nel nostro Paese in merito al possesso e all'uso delle armi.
Badate, il nostro è ancora un Paese in cui il possesso e l'uso delle armi è considerato eccezionale ed è sottoposto a rigido controllo; la norma che invece insistete a voler varare produrrà inevitabilmente, se non verrà corretta in modo adeguato, ingenti danni proprio sul terreno dell'ordine pubblico a danno di quell'interesse che volete, o per lo meno dite di voler preservare. In sostanza si avrà una delega ampia che lo Stato porrà in essere nei confronti dei cittadini ad attuare la difesa che è uno dei presupposti, una delle prerogative non delegabili ai cittadini, se non in casi eccezionali.
Un'ultima considerazione sulla coerenza, amici della maggioranza, argomento sul quale vorrei infatti richiamarvi. Di recente, astenendovi dal voto nell'ambito di un importante appuntamento elettorale, mi riferisco al referendum in materia di procreazione assistita, avete difeso a spada tratta la vita, o per lo meno avete dichiarato di volerla difendere. Ebbene, il presente provvedimento se passerà nel testo attuale abiliterà e renderà possibile una serie di vere e proprie esecuzioni e soppressioni della vita in modo legale.
Che fine ha fatto allora il vostro anelito e la vostra volontà di difesa della vita che avete dimostrato verso l'embrione o verso le cellule pre-embrionali, visto che in questo caso varate a cuor leggero una norma che legittimerà l'esecuzione sul campo? Ebbene, almeno un po' di coerenza non guasterebbe! (Applausi dei senatori Fassone e De Zulueta).
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di verifica del numero legale, precedentemente avanzata dal senatore Maconi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale). (I senatori Zancan e Piloni fanno notare che tra i banchi della maggioranza vi sono delle luci accese cui non corrisponde alcun senatore).
BRUTTI Massimo (DS-U). Dietro al banco del senatore De Corato vi sono cinque luci e due senatori, mi sembra veramente troppo!
PRESIDENTE. Colleghi, mi stanno segnalando che, dietro ai banchi dove siedono rispettivamente il senatore Malan e il senatore De Corato e accanto al senatore Cantoni, vi sono alcune luci accese cui non corrisponde alcun senatore. Chiedo quindi di rimuovere le relative schede.
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.106, presentato dal senatore Maritati.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.107.
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Signor Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, come presentatore dell'emendamento, dichiaro il voto favorevole del Gruppo Alleanza Nazionale e chiedo ai colleghi di voler aderire alle nostre motivazioni, votando a favore dell'emendamento.
Credo sia giusto e doveroso, nello spiegare il perché di questo emendamento, prendere atto di una purtroppo ormai usuale evenienza: alcuni mesi fa, quando il Senato ha iniziato a lavorare già in Commissione, prim'ancora che si arrivasse all'esame in Aula, sulla modifica dell'articolo 52 del codice penale, puntualmente sui giornali comparve il solito comunicato dell'Associazione nazionale magistrati, la quale si dichiarava (già durante i lavori della Commissione) contraria - bontà sua, ci ha abituati anche a questo - alla modifica dell'articolo 52 del codice penale nel senso di cui oggi trattiamo.
Ebbene, da quella dichiarazione, e considerato l'elevatissimo tasso di adesione dei magistrati italiani all'Associazione nazionale di categoria, è purtroppo ben facile prevedere che, una volta entrata in vigore la normativa, ci troveremo di fronte ad una brusca inversione di tendenza della interpretazione giurisprudenziale. Questa è una norma che, nella sua importanza e centralità, fonda uno dei suoi punti di riferimento sul richiamo dei casi previsti dall'articolo 614 del codice penale (violazione di domicilio).
Fino ad oggi - è triste e doloroso dirlo - la giurisprudenza, per costante lettura della norma, ha incluso nel concetto di domicilio, di cui all'articolo 614, anche i luoghi dove si esercitano attività commerciali, professionali ed imprenditoriali. Ebbene, mettendo insieme le due cose, è facile e dolorosa previsione che, nel momento in cui il Parlamento avrà approvato il testo normativo che prevede la possibilità che vi sia legittima difesa, ed in proporzione, anche quando ci si trovi a doversi difendere all'interno del luogo di cui all'articolo 614, ebbene, dicevo, è facile prevedere che la giurisprudenza si affretterà ad espungere dal concetto di domicilio proprio quei luoghi che non sono direttamente ed espressamente sussumibili in questa nozione.
Ci troviamo allora come Parlamento - e da qui l'emendamento - di fronte ad una necessità. Vorrei evidenziare - e mi avvio alla conclusione - che è grave e doloroso che il Parlamento abbia ormai instaurato questa prassi, preoccupandosi continuamente di apprestare forme di autotutela e di protezione, nell'esercizio della propria legittima potestà costituzionale, nei confronti di previste, annunciate e dichiarate future prassi giurisprudenziali spesso, troppo spesso, improntate al dichiarato intento di stravolgere nell'applicazione pratica gli intenti normativi del Parlamento.
Allora, proprio per evitare questo, non ce la sentiamo di abbandonare, allorquando ridisegniamo una norma fondamentale come questa sottraendo l'attuale formulazione ai veri e propri abusi giurisprudenziali ad un'annunciata e perversa mutazione della giurisprudenza, quelle categorie più esposte di cittadini quali i commercianti, i gioiellieri, i tabaccai, tutta la congerie di professionisti che quotidianamente subisce l'onta, l'insulto e l'impatto della criminalità perché domani un giudice, in odio politico a questa modifica normativa, deciderà che non rientra più nel concetto di domicilio la gioielleria o la tabaccheria del poveraccio che sbarca il lunario vendendo qualche oggetto al pubblico.
Questi sono i motivi per cui dichiaro il voto favorevole di Alleanza Nazionale all'emendamento in esame. (Applausi del senatore Meduri).
ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, non starò ad aggettivare la pericolosità sociale dell'emendamento che stiamo per votare. Mi basterà esemplificare che "ogni altro luogo" in cui viene esercitata un'attività commerciale è, ad esempio, un supermercato, dove possono essere presenti 2.000 o 3.000 persone. Nella casa di abitazione solo in casi eccezionali possono esserci 200 o 300 persone, ma in un supermercato o in un altro luogo in cui si esercita attività imprenditoriale, ad esempio la mensa FIAT, possono essere presenti anche 2.000 o 3.000 persone.
Ora, con ogni rispetto per l'estensore di questo emendamento, è criminale accettare e volere l'uso delle armi in presenza di 2.000 o 3.000 persone. Qui si trasferisce un bellum, l'un contro l'altro armati, in presenza di clienti inermi, in presenza di privati inermi. I vigilantes del supermercato apriranno il fuoco ben protetti dal giubbotto antiproiettile, ben protetti da una casamatta ove si terranno nascosti e, cercando di colpire gli autori del furto, colpiranno la collettività pacifica che si trova all'interno del supermercato.
C'è un limite alla decenza: non possiamo proporre questo tipo di risposta armata all'interno di un luogo pubblico! Non possiamo dire alla collettività che tutto questo è accettabile! Non possiamo far correre dei pericoli a gente che pacificamente sta facendo degli acquisti, a gente che pacificamente sta lavorando in un luogo imprenditoriale o commerciale! Non possiamo non comprendere, rispetto all'esempio del tabaccaio, che un luogo commerciale non ha limiti nelle dimensioni e vede la massiccia presenza di cittadini inermi e non armati.
E allora, consentire che difese armate da parte del proprietario o del gestore dell'esercizio commerciale, da parte del proprietario o del gestore dell'attività imprenditoriale, possano lecitamente intervenire e sparare, e quindi mettere in pericolo la vita e l'incolumità dei cittadini, è una follia, signori del Senato.
Vi invito a respingere un emendamento che è al di fuori di qualsiasi razionalità e di qualsiasi logica, anche sotto il profilo difensivo! (Applausi della senatrice De Zulueta).
CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, esprimo una netta contrarietà sull'emendamento illustratoci dal collega Bobbio. La sua illustrazione non fa che confermare che vi sono molte buone ragioni, sia endogene, cioè rispetto al contenuto intrinseco dell'emendamento, sia esogene, cioè di politica legislativa quali egli qui le ha enunciate, per essere assolutamente contrari a questa proposta.
La proposta tecnicamente prevede, come emerge chiaramente dal suo dettato, di ampliare genericamente la nozione di privato domicilio prevista dall'articolo 614 del codice penale a tutte le pertinenze ove si eserciti un'attività commerciale di impresa o professionale. Peraltro, per una mancanza di coordinamento tra l'emendamento e il testo non c'è il collegamento che invece esiste nel caso del privato domicilio, per cui si potrebbe ipotizzare che in questo caso la norma possa essere applicata - a differenza di quanto avviene per quanto riguarda la residenza con il richiamo puntuale dell'articolo 614 del codice penale - ad un'attività difensionale non posta in essere nel corso di un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale di colui che si difende, ma in una qualunque attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Il collega Zancan non casualmente faceva l'esempio dell'operatore che si difende attraverso mezzi professionali all'interno di una struttura professionale. Quindi, c'è anzitutto una certa indeterminatezza: si fa un elenco dei luoghi senza alcuna chiarezza, non si capisce a che titolo essi debbano essere equiparati fisicamente al privato domicilio e soprattutto si introduce un'ulteriore equiparazione con la residenza privata dove, seppure con quelle limitazioni e per quelle ragioni distorte che abbiamo messo in evidenza, è pur comprensibile che ci sia un'immediatezza nella percezione del pericolo.
Ben diversamente deve dirsi per quelle realtà ove si svolge un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale e ciò per due ordini di ragioni. In questi casi vi è innanzi tutto la necessità di valutare - e ciò non può che essere affidato all'interprete, al contrario di quanto sostiene il collega Bobbio, che sembra sia qui in Parlamento per fare le leggi a dispetto dei giudici, ma di questo parlerò dopo - se possa esistere quel principio di proporzione e quell'ulteriore principio di presunzione, di cui abbiamo prima parlato, che deve caratterizzare la natura e la dimensione di un'organizzazione siffatta.
Un conto è il caso della grande impresa commerciale, industriale o economica, che deve avere i mezzi per difendersi professionalmente e, al tempo stesso, salvaguardare l'incolumità dei suoi utenti, altro canto è il caso, più volte richiamato (tra l'altro senza mai dire, come è stato invece più volte da noi ricordato, che poi la giurisprudenza ha quasi sempre assolto i soggetti che hanno avuto questo tipo di problemi) del piccolo esercizio commerciale, nel quale la tensione umana e la preoccupazione sono praticamente simili a quelle che si provano nel privato domicilio.
Fra l'altro, l'emendamento in oggetto pone in essere una sorta di aberratio ictus, che non casualmente è una figura tipica del diritto penale, poiché si pone un certo obiettivo rischiando però di raggiungere il risultato opposto. Infatti, occorre poi verificare se nel caso concreto si sia in presenza di una condizione che possa essere attuata mediante il principio di presunzione e soprattutto attraverso la dimostrazione che ricorrono le circostanze per l'attuazione di tale presunzione.
Il secondo punto che vorrei evidenziare è il seguente. Non so se ho ben compreso l'illustrazione che il collega Bobbio ha fatto di questo emendamento, ma se, come dichiara, egli è ben consapevole che la giurisprudenza ha più volte costruito la fattispecie di cui all'articolo 614 del codice penale non come ristretta tutela del proprio domicilio inteso in senso fisico, cioè come abitazione residenziale, ma come luogo nel quale si svolgono le proprie attività commerciali, professionali o imprenditoriali, non si capisce per quale motivo, quasi come anticipazione di un'ostilità della magistratura, che sarebbe incomprensibile e immotivata, verso la prosecuzione di una linea interpretativa che già la stessa dimostra di avere, dovremmo, con una sorta di processo alle intenzioni - fra l'altro non ho capito bene se a singoli magistrati, all'Associazione nazionale magistrati o a chicchessia - dare una sorta di segnale di avvertimento alla magistratura attraverso tale emendamento.
Mi auguro di non aver compreso bene, ma temo di averlo fatto, e questo fra l'altro è un motivo completamente privo di ratio legis. Quest'ultima, infatti, sarebbe contenuta nella sua non esistenza. In sostanza, consapevoli come siamo che nell'articolo 614 può essere ricompresa, attraverso una interpretazione del tutto normale, anche una nozione diversa di domicilio privato, dovremmo riscrivere in qualche misura calligraficamente la norma. Ciò solo perché, secondo lo spirito che anima la proposta, dovremmo in qualche modo diffidare i magistrati dall'essere liberi di interpretare la norma, tra l'altro, come meglio credono. Le opinioni del collega Bobbio sono assolutamente inaccettabili se intendono limitare il diritto di interpretazione dei magistrati.
Vorrei per l'ultima volta evidenziare quanto è pericolosa la china per la quale la maggioranza sta nuovamente precipitando. L'idea che le leggi debbano essere fatte per regolare i conti fra corpi sociali o fra la politica e la magistratura è assolutamente errata, e non porta che ad una incrudimento della legislazione, che non sarà utilizzabile; sarà un ciarpame ideologico che non riuscirà a risolvere alcuno dei problemi che pure dichiara di essere capace di risolvere.
Quindi, se è questo il punto - e continuo a sperare che non lo sia - in ogni caso sgombriamo il campo dall'equivoco ed eventualmente diciamo che, per l'ennesima volta, il testo della legge, così come ci è stato rassegnato, non risolve proprio quei problemi che dichiaratamente voleva risolvere. Infatti, delle due l'una: o il testo, persino quello elaborato in Commissione, non soddisfa anche a questo proposito e ci sarà una motivazione - come ripeto - solida, perché altro è la difesa della propria dimora, l'abitazione dove si è con i propri cari, con la propria famiglia; o si tratta genericamente di difendere le attività di impresa che possono essere assistite da ben diversa attività professionale di tutela.
Se questo non fosse e se si è consapevoli che l'ampliamento può essere possibile in via giurisprudenziale, vi è la necessità di non introdurre una norma equivoca, eventualmente con una motivazione ancora più equivoca.
È per queste specifiche ragioni che dichiaro la mia contrarietà all'emendamento in questione.
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, comprendo il senso dell'emendamento illustrato dal collega Bobbio perché, se si tiene conto delle intenzioni che hanno mosso alla presentazione del disegno di legge in esame nel testo pervenuto in Aula, esisteva una lacuna. Non si prevedeva esplicitamente l'applicazione di questa norma nuova al caso specifico del titolare di un esercizio commerciale che avverta la sua attività e i suoi beni minacciati da un'offesa esterna.
Ma se comprendo bene la logica dell'emendamento, non posso contemporaneamente non ribadire il fatto che voteremo contro e che siamo fermamente contrari al disegno di legge e alla logica che lo ispira.
Che cosa si vuole realizzare attraverso questo disegno di legge? Lascio da parte l'esercitazione sul rapporto tra norma ed interpretazione, ormai consueto negli interventi del collega Bobbio e di altri senatori. In verità, le vostre proposte di legge esprimono gravi contraddizioni anche su questo terreno. Se, da un lato, abbiamo un continuo ed insistente proclama dai banchi della maggioranza, la volontà di scrivere norme che restringano l'ambito di valutazione discrezionale dei giudici, dall'altro, ci troviamo di fronte a proposte che vanno, quando ciò corrisponde agli interessi e agli obiettivi della maggioranza, in senso diametralmente opposto. Come va in senso diametralmente opposto la norma che reintroduce il reato di plagio nel nostro ordinamento.
Comunque, al di là della questione dell'interpretazione della norma, fermiamoci sul significato e sulle finalità di questa innovazione normativa, di questa riscrittura della legittima difesa. Noi ci opponiamo fermamente alla proposta e all'aggiunta illustrata dal senatore Bobbio, semplicemente per il fatto che in queste norme si legittima l'uso delle armi come modalità di esercizio della legittima difesa, dichiarando legittima la reazione a un'offesa ingiusta sulla base di una proporzionalità presunta tra la reazione di colui che si sente minacciato o aggredito e l'offesa che nei suoi confronti si prospetti.
Con questo disegno di legge così breve si dà un colpo di piccone, si introduce una grave lacerazione dei princìpi generali che hanno regolato un aspetto così rilevante del diritto penale ormai da molto tempo. C'è un antico postulato del pensiero giuridico europeo intorno al quale hanno ruotato le diverse forme di disciplina della legittima difesa: vim vi repellere licet, cioè è lecito respingere la violenza con la violenza. Ma quando si equiparano, quando si mettono sullo stesso piano questi due comportamenti, qualificandoli entrambi violenza, è evidente che la scriminante può intervenire, può funzionare soltanto se fra questi due comportamenti vi sia una simmetria, un rapporto di proporzionalità, che deve essere provato di volta in volta in relazione al fatto concreto.
Anche il codice del 1930, che in questa parte recepisce princìpi generali del pensiero giuridico liberale, aveva assunto come base della legittima difesa questo criterio della proporzionalità da provare, da dimostrare ogni volta. Voi introducete una norma che è eversiva rispetto ai princìpi fissati dallo stesso codice del 1930. Non è eversiva perché introduce qualche garanzia in più delle libertà degli individui; è eversiva perché legittima l'uso delle armi anche soltanto contro una minaccia, senza che vi sia alcuna proporzione tra la reazione e l'offesa.
Occorre poi ricordare gli aspetti segnalati dal collega Calvi, sui quali richiamo ancora una volta la vostra attenzione. Questo commerciante, questo imprenditore di cui tanto si preoccupa il senatore Bobbio, nel momento in cui avrà reagito all'offesa o alla minaccia e sarà portato in giudizio, per potersi valere della scriminante della legittima difesa, dovrà dimostrare il pericolo di aggressione, che è evidentemente cosa diversa dalla convinzione soggettiva che possa esservi nei suoi confronti un'aggressione. Costui dovrà inoltre provare che non vi sia stata da parte dell'aggressore una desistenza, un'esitazione, cioè un atteggiamento tale da far pensare che egli in fondo non era poi tanto pericoloso.
Insomma, ancora una volta state introducendo un pasticcio normativo, che ha finalità e ragioni esclusivamente ideologiche. La ragione ideologica è che un po' di ferocia non guasta, fa bene all'ordinamento. La ragione politica è che questo Governo e questa maggioranza oggi si vedono costretti a dichiarare il proprio fallimento sul terreno delle politiche della sicurezza: i reati aumentano, le rapine oggi sono ad un livello mai toccato negli ultimi decenni, i furti negli appartamenti sono in crescita, la sicurezza si incrina. Invece nel 2001 avevate basato tutta la campagna elettorale sui temi della sicurezza e il candidato alla Presidenza del Consiglio aveva promesso che l'esercito del bene avrebbe trionfato sull'esercito del male.
Quali sciocchezze, quale propaganda puerile! E adesso, di fronte al fallimento della vostra politica della sicurezza, ve la cavate mettendo una pistola nelle mani dei commercianti o degli imprenditori, senza capire che questo imbarbarisce i rapporti tra le persone, che questa è una norma criminogena… (Commenti dai banchi della maggioranza. Richiami del Presidente).
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di lasciar concludere il senatore Massimo Brutti.
BRUTTI Massimo (DS-U). …che farà sì che un rapinatore si premunisca rispetto ad una possibile risposta violenta da parte dell'aggredito. Questo è il risultato della legge che state per introdurre, frutto di insipienza e di ideologismo. Andate molto al di là dei tratti autoritari del vecchio codice penale. State buttando in aria un punto essenziale di quel codice, che era anche una garanzia di rispetto delle persone.
Con questa norma pasticciata farete in modo che non possa essere applicata correttamente neanche la norma sulla legittima difesa putativa a tutela delle persone che si sentono aggredite. I risultati della vostra politica della giustizia sono in tutto fallimentari: insicurezza dei cittadini, compressione delle garanzie, barbarie. Non ve ne rendete conto, perché quando arriva l'indicazione proveniente dal gruppo di comando della maggioranza, bisogna obbedire: non vi rendete conto di quali norme state introducendo nell'ordinamento.
Spero che questo provvedimento non sia approvato, così come spero che altri disegni di legge si fermino per strada, per il vostro e per il nostro bene, cari colleghi. È utile che alcuni di questi provvedimenti, i più gravi, non vengano approvati: rappresentano un utile terreno di propaganda per voi e danno luogo ad esercitazioni brillanti, ma noi faremo tutto il possibile perché questi provvedimenti (e in particolare quello che stiamo discutendo, sulla legittima difesa, questo scempio rispetto all'istituto della legittima difesa) non diventino legge e non vengano definitivamente approvati.
PRESIDENTE. Senatore Massimo Brutti, la prego di concludere.
BRUTTI Massimo (DS-U). L'impegno dell'opposizione è di impedire questi piccoli esperimenti di scempio del diritto: impedirli. Spero che ci riusciremo, forse anche con il contributo che potrà provenire dalla resipiscenza di alcuni di voi; sarebbe davvero un episodio fortunato e gradevole per tutti se qualcuno si sottraesse alla disciplina di maggioranza, ragionasse autonomamente e ci aiutasse - qui non è tanto la politica che conta, ma il diritto - ad impedire innovazioni deleterie e devastanti.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di verifica del numero legale, precedentemente avanzata dal senatore Maconi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Data l'ora, rinvio il seguito del disegno di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
ART. 1.
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
EMENDAMENTI
1.101
Respinto
Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Nei casi preveduti dall’articolo 614, primo e secondo comma, non è punibile colui che, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un mezzo idoneo a contrastare l’offesa, che non sia manifestamente sproporzionato alla stessa».
1.102
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MAGISTRELLI
V. testo 2
Al comma 1, capoverso, dopo le parole: «un’arma», aggiungere le seguenti: «legalmente detenuta».
1.102 (testo 2)
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MAGISTRELLI
Approvato
Al comma 1, capoverso, dopo le parole: «un’arma», aggiungere le seguenti: «legittimamente detenuta».
1.103
CAVALLARO, DALLA CHIESA, MANZIONE, MAGISTRELLI
Approvato
Al comma 1, capoverso, sopprimere le parole: «al fine di contrastare la minaccia e».
1.104
Respinto
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.105
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Id. em. 1.104
Al comma 1, capoverso, sopprimere la lettera b).
1.106
Respinto
Al comma 1, capoverso, alla lettera b), sostituire le parole: «non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.» con le parole: «persista un comportamento che oggettivamente prelude all’aggressione».
1.107
Al comma 1, aggiungere in fine, il seguente capoverso:
«La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale» .
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1899) GUBETTI ed altri. - Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio
(2287) DANIELI Paolo. - Riforma dell'istituto della legittima difesa
(Relazione orale)(ore 17,45)
Approvazione, con modificazioni, del disegno di legge n. 1899
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.
Riprendiamo l'esame dell'unico articolo del disegno di legge n. 1899, nel testo proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana è proseguita la votazione degli emendamenti.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.107.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 16,44, è ripresa alle ore 17,04).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e 2287
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 1.107.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale. (Proteste dai Gruppi AN e FI).
Sospendo pertanto la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 17,05, è ripresa alle ore 17,25).
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1889 e 2287
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.107.
Verifica del numero legale
ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.107, presentato dal senatore Bobbio Luigi.
È approvato.
Passiamo alla votazione finale.
ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, signori colleghi, ritorno per un attimo, facendo alcune osservazioni, sull'emendamento testé approvato, che è un tale capolavoro d'imperfezione tecnico-giuridica che è difficile vederne per intero i difetti e gli errore in tutte le loro sfaccettature. Sarà sufficiente che il fatto avvenga all'interno di ogni altro luogo commerciale; ma quale fatto, senatore Bobbio, visto che all'interno di un esercizio commerciale si può entrare legittimamente? Ovverosia, se il fatto viene posto in essere per caso da parte di una persona che è entrata per comprarsi una biro e decide poi che la situazione è idonea a fare un furto, non si potrà mai applicare questa norma, perché non è un fatto conseguente ad una violazione di domicilio o di luogo commerciale.
Lei comprende che generazioni di interpreti discuteranno su questo emendamento e non potranno far altro che dire che nemmeno uno studente al primo anno di università avrebbe potuto scrivere una norma tanto sbagliata e tanto erronea.
Detto questo sull'ultimo koh-i-noor di questa legge, vengo alla dichiarazione di voto sul provvedimento nel suo complesso.
Per cercare di difendere questa norma demagogica, che certamente non alza il tasso tecnico-giuridico della nostra legislazione in materia penale, si è detto da parte della maggioranza (e precisamente lo ha sostenuto il senatore Valditara) che, se non accettiamo la legittima difesa presunta, abbiamo un'idea impoverita dell'uomo.
Senatore Valditara, perché mai abbiamo un'idea impoverita dell'uomo se continuiamo a sostenere che la vita umana vale più della cosa e del portafoglio? Perché mai dovremmo avere una visione impoverita dell'uomo? Io credo proprio che avere rispetto della vita, anche di chi sbaglia, sia uno dei princìpi non solo della nostra civiltà giuridica, ma anche della religione alla quale appartiene la maggioranza dei cittadini italiani.
Dice il senatore Gubetti che non teniamo conto dei sondaggi a favore. Senatore Gubetti, non siamo abituati a ragionare, come sembra faccia questa maggioranza e questo Governo, sulla base dei sondaggi; siamo abituati a ragionare secondo la nostra coscienza e la nostra scienza tecnico-giuridica.
Purtroppo, ahimè, questa maggioranza e questo Governo si trovano sempre contro, in materia di giustizia, una categoria intiera, quella dei giuristi, alla quale appartengono avvocati, magistrati, cancellieri, ufficiali giudiziari, professori di università. Ci rincresce molto che abbiate sempre contro la categoria dei giuristi, perché tale categoria non è un'accolita di comunisti, come voi cercate di spiegare talora, ma è una categoria di persone che incominciano negli studi a capire che si deve utilizzare quel bene prezioso che ci ha dato il Padre Eterno (per chi crede) o la natura umana (per chi non crede), che è la ragione. Voi non reggete il vaglio della ragione quando scrivete norme di questo tipo, che sono assolutamente dissennate.
Dice ancora il senatore Gubetti che noi seguiremmo una cultura stalinista e centralista, mentre loro sono invece sostenitori e promotori di una teoria liberista. Dice questo perché noi riteniamo giusto che a dover difendere la nostra vita, la nostra incolumità, i nostri beni sia essenzialmente lo Stato.
Ripeto in quest'Aula che io sono assolutamente convinto che i custodi dei nostri beni, della nostra incolumità, della nostra sicurezza sono le nostre benemerite forze dell'ordine; non accetto le guardie private, le ronde dei cittadini, la giustizia fai da te, la giustizia del Far West: questo per dirvi esattamente come la penso.
Ora, se tutto questo significa avere una cultura stalinista, a me non importa niente che si usi questo aggettivo. Io credo che sia una cultura delle istituzioni perché l'uomo, quando si mette insieme e pone in essere un consorzio civile, un patto sociale e aderisce ad una Costituzione, lo fa anche per avere dallo Stato, al quale egli affida i suoi beni nel momento in cui aderisce al patto sociale, quella tutela di sé, della propria tranquillità, dei propri beni, della propria vita, dei propri figli e quant'altro.
Non scherziamo, per favore; non cerchiamo di dire che questo sarebbe un elemento di demerito e di dispregio, che soltanto chi fa da sé, come si faceva nel Far West difendendo le mandrie, sia persona degna di considerazione (Commenti dai Gruppi LP, FI e AN). Noi sosteniamo che in uno Stato di diritto la tutela dei cittadini è affidata alle forze dell'ordine (Commenti del senatore Peruzzotti). Non fatemi rispondere ad interruzioni offensive per le forze dell'ordine, per cortesia! (Applausi dal Gruppo LP). Vi ringrazio, perché l'applauso lo fate alle forze dell'ordine, ma badate che in questo momento voi state sostenendo esattamente il contrario: state armando i cittadini... (Brusìo in Aula).
PRESIDENTE. Senatore Zancan, per favore, prosegua nella sua argomentazione. Onorevoli colleghi, vi prego di non interrompere. (Commenti del senatore Peruzzotti). Senatore Peruzzotti, la prego.
ZANCAN (Verdi-Un). Sto dicendo che una norma che preveda una presunzione di legittimità a chi spara darà luogo ad una corsa ad armarsi e creerà una situazione molto pericolosa. Pensate, ad esempio, alla situazione che può verificarsi all'interno di un supermercato: oltretutto, il fatto può venire da parte di chiunque si trovi legittimamente al suo interno, non fate nemmeno riferimento al proprietario o al gestore del bene; chiunque, quindi, magari un pistolero da strapazzo, un pistolero di quartiere sarà legittimato ad aprire il fuoco all'interno di un supermercato.
Cercate di vedere quali sono le conseguenze di questo tipo di legge, per favore, prima di approvarla e darla in pasto alla parte più deteriore dell'opinione pubblica.
Il mio non è certo un distinguo, allora, tra cultura liberista e cultura stalinista: è invece un riaffermare il senso dello Stato, il senso delle istituzioni; un riaffermare che il cittadino non è solo nella propria difesa e dunque lo Stato esiste.
Questa norma, invece, contraddice tale principio, in cui fermissimamente io credo. A mio avviso, nessun ordinato sentire può farci dire qualcosa di diverso: se c'è un'aggressione soltanto ai beni e non all'incolumità della persona non può esistere un rapporto di proporzione con la vita. Badate, è dal 1933 che la nostra dottrina giuridica, non sospettabile di comunismo, visto che si era ai tempi di Alfredo Rocco e del codice fascista, ci dice …
PELLICINI (AN). Lo riconosci finalmente!
ZANCAN (Verdi-Un). Non hai sentito i miei interventi precedenti.
PRESIDENTE. Senatore Zancan, la sua posizione è chiara; prosegua, ma brevemente, perché le restano cinquanta secondi.
ZANCAN (Verdi-Un). Voglio dire che la nostra cultura giuridica è rimasta ferma in un concetto di proporzione, certo dal 1933, ma se nessuno l'ha cambiata da allora, ciò significa che quella di cui parliamo è una norma tecnicamente perfetta. Rileggetevi tutti i lavori in materia giuridica; essi dicono che è una norma di una euritmia, di una proporzione e di un equilibrio unici.
Concludo, signor Presidente: vi state comportando come i proverbiali bisonti in una vetreria (Commenti dai Gruppi LP, FI e AN). Rispetto alla vita, con i mezzi a difesa dell'incolumità, con la nostra civiltà giuridica, non possiamo accettare una proporzione presunta tra la vita e la morte; non possiamo accettare una giustizia fai da te; non possiamo accettare la giustizia del Far West (Commenti dei Gruppi LP, FI e AN).
MEDURI (AN). Ma non è vero: chi ha detto questo?
ZANCAN (Verdi-Un). Questa è l'ennesima violazione dei princìpi contenuti all'interno della nostra Carta costituzionale, che ci dicono che non può esistere un rapporto di proporzione tra la vita, bene prezioso previsto dall'articolo 2, e le cose, che sono beni materiali. (Applausi dai Gruppi Verdi-Un, Mar-DL-U, DS-U e dei senatori Donadi e Tommaso Sodano. Congratulazioni).
TIRELLI (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TIRELLI (LP). Signor Presidente, contrariamente all'abitudine con cui lasciamo passare i provvedimenti in quanto proposti dalla maggioranza, voglio esprimere il nostro apprezzamento all'emendamento del senatore Bobbio.
Sono stato costretto a prendere la parola per rispondere a quanto detto dal senatore Zancan, che mi chiedo dove viva. Il senatore Zancan, pur dotato di ars oratoria, vivendo in un ambiente dove si difendono coloro che molto probabilmente hanno commesso dei reati, ha forse perso anche un po' il senso delle proporzioni. Mi sembra, infatti, che enunci una teoria e poi, con la sua ars oratoria, la rincorra per giustificare in qualche modo le cose che ha detto.
Io non sono affatto d'accordo con lui e mi chiedo appunto dove viva e se pensi che le nostre città siano popolate da pistoleri che attendono solo una norma di legge, che modifica solo parzialmente il codice penale, per tirar fuori le pistole e cominciare a sparare a chiunque.
Forse il senatore Zancan ultimamente vive nella "Torino bene" e ha dimenticato i tempi delle battaglie, dalle barricate nei tribunali quando si difendevano quelli che esprimevano la loro ideologia in modo un po' più pesante di quanto consentito dalle leggi. Forse si è un po' imborghesito, forse non vive nei nostri Comuni, nei nostri piccoli paesi, dove vi sono bande di persone che scorrazzano, queste sì impunite, e non per colpa delle forze dell'ordine ma per la loro inadeguatezza, per mancanza di mezzi e di personale.
Tutto questo, però, non cambia il concetto che egli ha espresso e che io ritengo non condivisibile. Lo Stato, effettivamente, non c'è, ma non perché abbia abdicato, non per sua colpa, bensì per una situazione di fatto. Sono stato amministratore locale e ho cercato di mettere qualche pezza con la polizia locale a quello che le forze dell'ordine non riuscivano a fare, ripeto, non per cattiva volontà, ma perché molte volte gli operatori delle forze dell'ordine operano in condizioni assolutamente precarie e vivono talora della carità degli enti locali che consentono loro di esercitare funzioni e mandato.
Sono quindi d'accordo con l'emendamento del senatore Bobbio, perché il Far West è quello che c'è ora, non quello che prefigura il collega Zancan. Il Far West è quello delle piazze dove i cittadini italiani non possono andare perché preda di bande di extracomunitari. Il Far West è quello in cui le forze dell'ordine non possono intervenire in quanto nettamente in minoranza rispetto ai criminali.
Noi non pensiamo che l'approvazione di questo disegno di legge sia la soluzione di tutti i mali, ma riteniamo che forse possa rappresentare un deterrente rispetto a quella non punibilità o comunque a quella sensazione di onnipotenza che hanno i criminali perché, essi sì, sfruttano i vuoti delle forze dell'ordine e qualche volta sono meglio organizzati a livello di rete di informazioni.
Noi pensiamo che una norma di questo tipo non risolverà i problemi, come non li risolvono molte altre leggi, ma che comunque il cittadino onesto, il cittadino che vuol difendere la propria casa avrà uno strumento in più, almeno dal punto di vista psicologico, mentre, sempre dal punto di vista psicologico, per i delinquenti questa norma rappresenterà un ulteriore deterrente e non invece una protezione, come quella che lei prefigura con il suo intervento.
Siamo quindi d'accordo con l'emendamento del senatore Bobbio, ma soprattutto siamo estremamente contrari a quanto ha affermato il senatore Zancan. (Applausi dai Gruppi LP e FI).
CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che noi dobbiamo, illustrando la nostra posizione su questo provvedimento, innanzitutto esprimere un giudizio politico, perché è vero che si tratta di un provvedimento di notevole impatto tecnico sulla legislazione penale, ma è altrettanto vero che le motivazioni che ci sono state qui portate e chiarite impongono una preventiva analisi ed un giudizio politico sull'operato della maggioranza.
Si tratta di un giudizio politico molto severo, non mitigato, ma rafforzato dalle affermazioni che sono state fatte dai rappresentanti della maggioranza che hanno illustrato in Aula gli emendamenti o che hanno già espresso le dichiarazioni di voto.
Siamo in presenza di una maggioranza che, praticamente dopo un'intera legislatura di Governo, non ha il coraggio di trarre le conseguenze dai risultati obiettivi della sua azione, anche di distruzione del sistema penale del nostro Paese. Non ha il coraggio di ammettere che sono cresciuti, in maniera significativa, i reati gravi commessi ai danni dei cittadini; che il sovraffollamento delle carceri è endemico e preoccupa anche per ragioni di sicurezza e di incolumità pubblica; che larghe aree del nostro Paese sono, se non stabilmente in mano, fortemente compromesse dalla pressione della criminalità organizzata, che sottrae risorse economiche ingentissime al Paese reale e al Paese legale.
Questo è lo scenario di fronte al quale ci troviamo e che, dopo un'intera legislatura di Governo, non può più essere mitigato dalle evocazioni di colpe altrui. Occorrerebbe assumersi le proprie colpe, le proprie responsabilità e dare al Paese delle risposte serie, concrete e articolate. Qui, invece, non giunge nulla di tutto ciò e questo è un esempio, un paradigma, del tipo di risposta che la maggioranza sta tentando, peraltro in maniera ormai affannosa, di dare al Paese.
Fino ad ora ha dato risposte con due tipi di leggi: le leggi che definirei manifesto, tra le quali rientra anche questa, talora talmente raffazzonate da esser controproducenti nel loro risultato finale rispetto allo scopo dichiarato, e quelle (diciamocelo fino in fondo, senza reticenza) cosiddette ad personam, da qualcuno definite anche leggi vergogna.
Domani avremo proprio un'esperienza di questo tipo di legislazione, che magari qualcuno paradossalmente definirà come norma acceleratoria dei processi, come se non sapessimo, specialmente chi tra noi opera concretamente nell'attività giurisdizionale, che la prescrizione non è un modo per accelerare i processi, bensì un modo per farla franca.
Di questo ci dobbiamo occupare. Questa, dunque, è una norma manifesto, che coglie semplicemente degli umori nel Paese, che cerca di parlare né al cuore né all'intelletto del Paese, ma alla sua pancia. Il giudizio politico è quindi profondamente e severamente critico.
Vi è però la necessità di non arrestarsi a questo e di formulare anche un giudizio tecnico perché, purtroppo, non ci troviamo soltanto in presenza di una norma declamatoria, il che sarebbe quasi consolatorio perché ci rifaremmo alle affermazioni del collega Tirelli, che tutti condividiamo (stiamo dalla parte delle guardie e non dei ladri), e che tra l'altro continuano a creare equivoci, in quanto l'uso legittimo delle armi da parte delle forze dell'ordine, nella loro difficile opera, non ha nulla a che vedere con la norma generica della legittima difesa, che riguarda tutti i cittadini, e che prevede ben diverse regole di condotta, più protettive. E' inutile diffondere retoricamente affermazioni che non hanno rispondenza con la nostra legislazione.
Cosa tenta di fare questa disposizione? Tenta di riarticolare, di sovvertire i principi generali, che tra l'altro nella materia sono considerati come esimenti rispetto alla commissione di reati e parte intrinseca e fondamentale del settore generale del codice penale. Intanto, manca ogni sistematicità di questa indicazione rispetto a quelle che dovrebbero essere le indicazioni di carattere generale. Poi non c'è alcun rapporto con lo stato di necessità, sebbene anche in questo sia evocato il principio di proporzionalità.
Quindi, vi sarà sicuramente anche un ipotetico suggello di incostituzionalità, perché tutte le figure che sono state costruite da una laboriosa, ultracentenaria dottrina e giurisprudenza, vengono ora dilacerate e sfilacciate, perché si introduce il principio rovesciato, cosiddetto della presunzione di applicazione della esimente della legittima difesa, come elemento costitutivo della esclusione della fattispecie criminosa.
Si era detto che si sarebbe portata in queste Aule la riforma del codice penale e si è fatto lavorare per lunghissimo tempo una commissione, presieduta dal dottor Nordio, che, a quanto ci risulta, anche su questa materia ha lavorato a fondo con il concorso di giuristi ed esperti e che a tutt'oggi non rassegna le sue conclusioni.
Quindi, non solo manca ogni omogeneità con altri istituti del tutto simili, ma attraverso questo principio si sta distruggendo la figura della putatività, che è stata assolutamente principale nell'elaborazione giurisprudenziale, anche nei casi controversi. È la figura che ha consentito di risolvere la gran parte dei casi pratici.
E non dimentichiamo che la stessa giurisprudenza della Cassazione, dopo l'intervenuta approvazione della riforma del codice di procedura penale, ha distinto. È vero che ha posto a carico del soggetto agente l'onere di dimostrare che ricorre l'ipotesi della legittima difesa, ma con l'ingresso nel nostro ordinamento dell'articolo 530, comma 2, ha anche ritenuto che la prova, secondo una regola ormai generale del processo penale, e come confermato anche dall'articolo 111 della Costituzione, non deve più essere fornita da colui che si discolpa.
Pertanto, si può anche sostenere che questa norma è assolutamente inutile, perché il combinato disposto del nuovo articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 530, comma 2, comunque comporta la necessità di trovare la prova che la condotta non sia discriminata perché si tratta di condotta che viene sostenuta e dichiarata legittima.
Questo, sotto l'aspetto sistematico, dimostra che, come abbiamo sostenuto più volte, lo spirito finale della norma, oltre a irrigidire, a impedire all'interprete di svolgere la sua opera di prudente apprezzamento della realtà, produrrà l'effetto contrario.
Meraviglia che più volte il collega Bobbio abbia espresso questa pulsione, proprio lui che venendo dalle file della magistratura meglio di chiunque altro dovrebbe saperlo: l'attività di interpretazione è ineludibile, nessun ordinamento democratico può esimersi dall'affidare ai giudici la valutazione della fattispecie concreta nella massima libertà e autonomia.
Semmai si può tentare di introdurre regole sulla misura del valore legale della prova - che per la verità sono proprie di ordinamenti diversi dal nostro - ma lo si può fare quando il giudice non è professionale, quando vi è un giudice popolare al quale occorre dare disposizioni cogenti per la valutazione delle prove. Invece, nel nostro sistema, nel sistema continentale, non si possono tarpare le ali all'attività della magistratura, nello stesso interesse dei cittadini. È interesse dei cittadini avere magistrati liberi che sappiano comprendere e interpretare le singole fattispecie per la loro tutela.
Per questo motivo, il nostro giudizio, che in Commissione era stato perplesso e di astensione, si trasforma qui in un deciso giudizio contrario a queste forme improvvide e soprattutto non omogenee e non articolate di interpolazione del sistema penale. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, Alleanza Nazionale voterà a favore di questo disegno di legge.
"Oggi, chi è costretto a difendersi deve stare bene attento a valutare le conseguenze giudiziarie cui va incontro. Domani sarà invece chi intende aggredire a dover valutare attentamente i rischi che corre". Così si è espresso all'indomani dell'approvazione del testo in Commissione il presidente Caruso, a cui va ancora una volta il nostro grazie per il lavoro svolto anche su questo disegno di legge. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
Un disegno di legge che giunge a conclusione all'insegna di un testo sensibilmente variato rispetto alla prospettazione iniziale, di cui continua tuttavia a cogliere appieno la sensibilità di fondo. Un lavoro lungo e complesso, del resto prevedibile, a fronte della delicatezza - nessuno può nasconderselo - del tema affrontato e delle conseguenti scelte operate: scelte conseguenti e scelte consequenziali rispetto ad una valutazione complessiva della problematica, che non può non tener conto di quello che è successo, di quello che è accaduto, di ciò a cui si sia ridotto un istituto fondamentale nel nostro sistema giuridico penale, qual è la legittima difesa.
Spiace, tuttavia, non riuscire a rimuovere il sospetto che la contrarietà dell'opposizione sia figlia più di una preconcetta deriva politica che di una ponderata disamina del prodotto legislativo che oggi ci avviamo a realizzare.
La legittima difesa poggia su un concetto di proporzionalità che continua a non essere escluso, ma che nella specifica circostanza di luogo in cui è esercitato, cioè nel domicilio (e parificati), non è più rimesso alla sola discrezionalità del magistrato.
La nuova legge è, dunque, uno strumento in più affidato alla sensibilità del magistrato per consentirgli di stabilire da subito se la persona che si è difesa ha semplicemente agito nell'esercizio di un suo diritto, evitando pertanto di sottoporla a un processo lungo, costoso, generatore di preoccupazioni e di sofferenze.
La nuova legge stabilisce, in definitiva, che l'aggressione subita nel domicilio, cioè quando il cittadino non erige alcuna difesa perché si sente "al sicuro" all'interno delle mura di casa sua o del luogo in cui lavora, consente di poter reagire senza correre il rischio di veder posto in discussione il proprio operato: sempre e in ogni caso, quando è difesa la propria incolumità o quella delle persone presenti, con qualche maggior cautela, ma senza che ciò sia escluso quando sono a rischio i propri beni.
Il patrimonio per tutti, o quasi tutti, i cittadini non è solo "il patrimonio", cari colleghi, ma molto spesso, per non dire sempre, è soprattutto il frutto di una vita di lavoro e l'aspettativa di una vita migliore per sé, i propri figli e la propria famiglia. Con questa legge va in pensione lo slogan "la proprietà è un furto" - con buona pace di alcuni di noi - che deve essere definitivamente consegnato al tempo in cui si è inutilmente cercato di darvi dignità di ideologia.
Il risultato di certe dichiarazioni di autorevoli esponenti dell'opposizione, che ancora oggi continuiamo a sentire, è quello di far apparire quegli stessi colleghi e l'intera opposizione come probabilmente schierati più a fianco di ladri e criminali che non dalla parte dei cittadini onesti.
Le reazioni dei parlamentari del centro-sinistra confermano la frustrazione e il senso di inadeguatezza che essi provano di fronte alla constatazione di non essere stati in grado, o, forse, di non aver voluto, affrontare e risolvere quando erano al Governo un problema di così grande importanza e delicatezza qual è quello della modifica della norma in tema di legittima difesa, che per troppi anni un'interpretazione giurisprudenziale restrittiva e rigorista ha, di fatto, sottratto ai cittadini onesti.
È questa la ragione per la quale i parlamentari dell'opposizione pretendono oggi di far credere che la norma approvata consenta comportamenti che invece restano regolati in modo assolutamente diverso.
La norma non restringe la tutela del cittadino che reagisca ad un'aggressione subita nella propria abitazione, ma, al contrario, stabilisce che tale reazione è assolutamente consentita senza spazi per "aggressioni" giudiziarie nei confronti di chi si è difeso.
Fra le tante falsità, colpisce una volta di più quella secondo cui la nuova norma autorizzerebbe i cittadini a sparare anche a semplice difesa dei beni, volutamente ignorando - lo ribadiamo ancora una volta, spereremmo l'ultima, ma non abbiamo la forza di crederlo - che, per la tutela dei beni, la reazione violenta dell'aggredito è legittima solo in presenza di ostinazione del ladro nella condotta furtiva e di un pericolo di aggressione fisica al derubato.
Cari colleghi dell'opposizione, malgrado i vostri alti lai, le vostre funeste previsioni, come molto spesso è già accaduto in passato, non sarà Far west.
Consacriamo oggi, come è nostro dovere (e dovrebbe essere anche il vostro), il diritto riconosciuto di difendersi quando lo Stato è troppo lontano dal fatto e dalla vittima per poter intervenire. (Applausi dai Gruppi AN, FI, LP e UDC. Congratulazioni).
FILIPPELLI (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FILIPPELLI (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, è fuori di dubbio che tra i cittadini si sia creata una sensazione di paura dopo che la cronaca ci ha raccontato, e ci racconta, di episodi di aggressione e sequestro di normali cittadini, non solo all'interno di attività commerciali, ma anche all'interno di civili abitazioni, specie se ville o fondi isolati.
Questi episodi, impensabili fino a qualche anno fa, almeno nella loro portata e nella frequenza attuale, registrano quasi sempre la presenza di delinquenti a mano armata. Molte sono state le vittime tra i cittadini, i quali chiedono di poter difendere la propria incolumità e chiedono di poterlo fare senza dovere subire processi in caso di difesa personale.
Il presente disegno di legge, nelle intenzioni del Governo e della sua maggioranza, cerca di dare una risposta a questi problemi introducendo integrazioni all'articolo 52 del codice penale, che regola la legittima difesa. In realtà, il provvedimento risulta essere inadeguato agli scopi che si prefigge. Se si intende evitare un processo a chi usi un'arma per legittima difesa, la previsione normativa al nostro esame non risolve la questione.
E' poi un errore la previsione di porre sostanzialmente sullo stesso piano la difesa della propria e altrui incolumità, come previsto nella lettera a), e la difesa dei beni propri e altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione, secondo quanto scritto alla lettera b).
Se non ci fosse stata la lettera b), cari colleghi, avremmo potuto votare anche a favore del provvedimento. Riteniamo, infatti, che non si possano comparare il bene della vita, propria o altrui, in difesa della quale può essere opportuno intervenire, e i beni patrimoniali, che hanno tutt'altro valore e vanno messi quindi su un altro piano. Nessun paragone può essere accettato quando si raffrontano i beni materiali con la vita di un essere umano. Questi devono essere tenuti comunque su due piani distinti, altrimenti si rischia il Far West, si rischia una rincorsa alle richieste di detenzione di armi e al porto d'armi per difendere i propri beni, rendendo la situazione ancora più incontrollabile per le forze dell'ordine.
Per queste ragioni, dichiaro il voto contrario dei senatori Popolari-Udeur.
BOREA (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOREA (UDC). Signor Presidente, interveniamo su un istituto del codice penale, la legittima difesa, per riarticolare, e non per sovvertire, i princìpi generali che ispirano le cause di giustificazione del reato.
Si dice che questa legge muove dall'esigenza di rimediare al fallimento di questo Governo in materia di sicurezza dei cittadini; abbiamo sentito faziose e strumentali illazioni dai banchi dell'opposizione, che respingiamo. Mi rincresce che non siano ora presenti in Aula né il senatore Massimo Brutti, né il senatore Cavallaro, ai quali vorrei ricordare che esiste una proporzionalità tra la reazione e l'offesa e che regoliamo situazioni di estremo pericolo per i cittadini le cui residenze familiari sono violate nell'intimità del riposo notturno.
Pensiamo alle tante azioni violente perpetrate da irregolari, da clandestini, i quali sono mossi sicuramente da una situazione di disperazione nel commettere azioni criminali, tese innanzitutto all'impossessamento di beni. La loro reazione è però incontrollata e incontrollabile, soprattutto se scoperti, soprattutto se, correndo il rischio di essere puniti, vedono vanificare la speranza di rimanere in un Paese democratico e civile qual è l'Italia.
Allora, al senatore Cavallaro voglio dire che non vi è alcuna intenzione di fare leggi manifesto, di proseguire sull'onda delle leggi fotocopia. Non so come etichettare questa legge; certamente, non è possibile pensare che interessi Previti o Berlusconi. Non so come si possa affermare in Aula che essa favorisce il Governo Berlusconi, signor Presidente, signori del Governo ed onorevoli colleghi! Non è possibile affermare che i giudici devono interpretare le leggi! Nell'ordinamento previsto dalla nostra Costituzione i giudici hanno solo il dovere di applicare le leggi.
Quanto all'interpretazione, il dibattito parlamentare in Aula ed in Commissione ha favorito certamente la migliore ed autentica interpretazione della legge, che serve a garantire il cittadino e la serenità nelle case delle nostre famiglie.
Vorrei, a tale proposito, ricordare le tante vittime riportate alla ribalta nazionale dalla recente cronaca criminale, persone uccise nell'esecuzione di azioni criminali portate a termine, nei più efferati modi, da clandestini che soprattutto nel Nord della nostra Italia hanno invaso case serene, incustodite, violate nella serenità di una notte.
Annunzio, pertanto, il voto favorevole e convinto del Gruppo dell'UDC sul provvedimento. (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN e LP. Congratulazioni).
FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina - dunque, poche ore fa - abbiamo votato con felice unanimità o quasi un disegno di legge al quale abbiamo lavorato a lungo con convergenza di intenti. Parlo del disegno di legge sulle mutilazioni femminili e lo abbiamo votato all'unanimità perché rappresentava un passo avanti e, come qualcuno ha detto, una possibile pagina nuova. L'idillio, purtroppo, è durato poco.
A poche ore di distanza, ci troviamo, invece, a contrastare con fermezza un disegno di legge che non rappresenta un passo avanti, ma indietro. Perché dico questo? Proviamo ad esaminare questo testo, spogliandoci della polemica politica, della passionalità oratoria, delle iperboli che qualche volta ci coinvolgono e ci appassionano. Ebbene, questo testo si pone come norma speciale rispetto ad una norma generale, quella che codifica in astratto la legittima difesa e che ha una stratificazione secolare, adducendo - come è noto - vari requisiti, tra cui fondamentale è la proporzione tra la reazione e l'offesa.
Il testo al nostro esame si caratterizza per quattro punti innovativi. La norma speciale consiste nel fatto che prende in considerazione innanzitutto un luogo: l'abitazione, estesa alle altre modalità topografiche dell'emendamento Bobbio. In secondo luogo, prende in espressa considerazione l'uso dell'arma da parte dell'aggredito, e da ciò può conseguire qualsiasi evento lesivo nei confronti dell'aggressore, compresa la morte.
In terzo luogo - ed è il punto nodale sul quale richiamerò l'attenzione soprattutto del relatore, e comunque di chi vorrà ascoltare - è l'affermazione di una presunzione iuris et de iure di proporzione fra i mezzi e l'offesa, fra la reazione e l'aggressione; presunzione iuris et de iure di proporzione che, come tale, stabilisce quindi una correlazione, in termini di equivalenza giuridica, tra la vita e i beni, neanche i beni propri necessariamente, ma anche i beni altrui. Questo è molto grave, colleghi, e si presta a tre obiezioni, la prima di grammatica costituzionale, la seconda a livello di legge ordinaria, la terza a livello di costume.
Sul piano della grammatica costituzionale, vorrei ricordare che la Corte costituzionale, in più circostanze, ha affermato che il legislatore è sì libero di stabilire delle presunzioni assolute, ma queste devono avere una solida base di ragionevolezza. Cito per tutte - non potendo dilungarmi - la sentenza 27 luglio 1982, n. 139, sulla pericolosità presunta in capo a chi ha commesso determinati reati, pericolosità che la Corte ha detto non può essere presunta nel momento della condanna, cioè a notevole distanza dal fatto. La norma è stata cassata perché questa presunzione assoluta non rispondeva a criteri di ragionevolezza.
E qui siamo in una situazione esattamente corrispondente: la legittimazione sempre e comunque dell'uso dell'arma in prospettiva di una aggressione anche solo ai beni, purché nell'ambito topografico dell'abitazione e delle appartenenze, non è razionalmente giustificata. Salta la mediazione del giudice e, a mio avviso, ha forti prospettive di essere censurata dalla Corte costituzionale.
A livello di legge ordinaria, poi, il testo si presta ad un'altra obiezione, perché è incompleto e lacunoso rispetto agli stessi obiettivi dichiarati e sostenuti con molta veemenza. La norma copre sì il possibile eccesso colposo dell'aggredito, perché stabilisce appunto quella proporzionalità presunta, ma non copre la putatività colposa.
Se manca la prova, anche di uno solo degli elementi introdotti dal nuovo testo, ad esempio l'intimazione a desistere seguita dal rifiuto di desistere, si ritorna pari pari nel disposto generale dell'articolo 52, primo comma, e quindi è anche tecnicamente fragile. La cosa non mi dispiace perché, essendo la mia posizione di ostilità alla legge, evidentemente la sua disfunzionalità rientra tra le mie aspettative. Lo segnalo perché anche sotto questo profilo la norma è difficilmente difendibile.
Noi tanto poco siamo insensibili a quelle emozioni che vari colleghi hanno sollecitato che ci eravamo fatti carico del problema dell'aggressione patita da innocenti cittadini, a fronte di una criminalità sempre più spregiudicata e violenta, proponendo un intervento che ci sembrava di possibile mediazione. Lo ricordo perché è segno del nostro farci carico del problema, perché ho qualche speranza che nell'altro ramo del Parlamento venga ripreso in esame, perché comunque rappresenta un epilogo possibile di questa scelta non condivisibile. Ebbene, noi avevamo previsto che nei luoghi considerati dal disegno di legge, cioè abitazioni, appartenenze ed equiparabili, non sia punibile colui che usa un mezzo idoneo a contrastare l'offesa, che non sia manifestamente sproporzionato all'offesa stessa.
In questo modo avremmo dato un segnale chiaro e netto alla giurisprudenza di quella che è la volontà del legislatore di oggi, rendendo praticamente esente da punizione qualsiasi situazione che non sia scriteriatamente abnorme nella reazione dell'aggredito, senza finire nelle iperboli, negli eccessi, nei pericoli che comunque ci sono in questa disposizione.
Quell'emendamento non è stato accolto; avrebbe innalzato la soglia dell'indagine del giudice sul livello della colpa dell'aggredito, avrebbe probabilmente risolto quei pochi problemi che la giurisprudenza non risolve già quotidianamente con la sua sensibilità, senza gli eccessi del testo al nostro esame. L'emendamento è stato respinto.
Rimane l'ultimo profilo, quello che più mi contraria e che più fortemente innerva il nostro voto contrario al testo: questa sostanziale omologazione della vita e del patrimonio, questo messaggio altamente significativo ed equivoco che comunque i cittadini riceveranno.
Vorrei ricordare, poiché tanti esempi sono stati fatti, quello che le cronache di poche settimane or sono ci hanno purtroppo evidenziato: quell'uomo che, alzatosi di notte avendo sentito un rumore nella propria abitazione e vedendo un'ombra aggirarsi nell'abitazione, imbracciava l'arma e sparava immediatamente, constatando subito dopo che quell'ombra era quella del figlio, il cui rientro egli non prevedeva. (Commenti dei senatori Borea e Forlani). La vita di quel figlio è stata spenta, la vita di quel padre è stata distrutta.
Questa omologazione che voi sancite ha il valore di un messaggio fortemente negativo ed è un'omologazione che domani potrà portare il costume a rifiutare delle cure perché troppo costose, potrà portare a un'omissione di misure di sicurezza nel lavoro perché dispendiose, potrà portare comunque ad una sottostima della vita umana raffrontata al valore del patrimonio.
Questo è più che sufficiente per giustificare il nostro fermo voto contrario. (Applausi dai Gruppi DS-U, Misto-RC, Mar-DL-U e del senatore Zancan).
GUBETTI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUBETTI (FI). Signor Presidente, colleghi senatori, il disegno di legge che ci accingiamo a votare è stato approvato un anno fa dalla Commissione giustizia con il voto favorevole di tutti i Gruppi della maggioranza e l'astensione della Margherita e del senatore Ayala.
Oltre tre mesi di approfondita discussione hanno permesso, grazie ai contributi di molti colleghi della Commissione, e in particolare del relatore, senatore Ziccone, di affinare e migliorare il testo iniziale, senza però snaturarlo e soprattutto conservandone intatti i principali obiettivi. Primo fra tutti quello di ristabilire la certezza del diritto, messa in dubbio da molte sentenze troppo diverse fra loro per episodi di legittima difesa del tutto analoghi.
Come ha affermato il procuratore Carlo Nordio: «La norma, molto generica, lascia spazio ad interpretazioni opposte: lecito, illecito, assoluzione, punizione (...)». Questa opinione è confermata da un'ampia casistica di sentenze della Cassazione che finiscono, è vero, per riconoscere quasi sempre l'innocenza degli imputati, ma dopo anni di calvario giudiziario, con conseguenti gravissimi danni economici, psichici, biologici e morali.
Fra i più recenti esempi quello di Francesco Cutuli, che sparò per difendere il figlio da chi minacciava di sgozzarlo, assolto dall'accusa infamante di omicidio volontario dopo cinque anni di accanimento giudiziario.
Per fatti sostanzialmente identici vi sono invece cittadini che vedono riconosciuto il proprio buon diritto già nella fase delle indagini preliminari, soltanto perché hanno avuto la fortuna di essere giudicati da altri magistrati. Questo vanifica nei fatti la solenne affermazione che campeggia nelle aule dei nostri tribunali: «La legge è uguale per tutti». Queste differenze di trattamento hanno profondamente colpito l'opinione pubblica, offendendo il suo buon senso comune e il suo naturale senso di giustizia.
Non è quindi strano che questo disegno di legge, che ha avuto le prime pagine, e talvolta anche i furibondi attacchi, dei principali quotidiani abbia invece ottenuto, in tutti i sondaggi effettuati, un vasto consenso popolare, trasversale agli schieramenti politici. Quei parlamentari che se ne sono stupiti dimostrano soltanto quanto sono distanti dai propri elettori.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA(ore 18,16)
(Segue GUBETTI). I critici di questo disegno di legge, scoprendosi improvvisamente nostalgici ed ammiratori del codice Rocco (da loro sprezzantemente definito «fascista» fino a ieri), sostengono che l'articolo 52 del codice penale sulla legittima difesa è perfetto e non necessita di modifiche.
Si potrebbe anche concordare con loro se la società italiana fosse ancora quella di settant'anni fa, quando questa norma è stata scritta. Come tutte le leggi che danno al giudice una grande discrezionalità nell'interpretazione, l'articolo 52 del codice penale, per essere correttamente applicato, richiede una società fortemente omogenea, uniforme, con princìpi e valori fondamentali largamente condivisi dalla grande maggioranza dei cittadini e dalla quasi totalità dei giudici.
Ma se così non è, e non lo è nella società attuale, aperta e laica, se non addirittura egemonizzata dal pensiero debole e dal relativismo culturale e morale, il rischio inevitabile è che ogni giudice, influenzato più o meno consciamente dalle proprie personali convinzioni politiche, religiose o filosofiche, finisca per interpretare diversamente la norma.
La necessità, in questa situazione, di limitare drasticamente la discrezionalità interpretativa dei giudici è riconosciuta, almeno in privato, anche da molti parlamentari dell'opposizione.
Questo, quindi, è il primo obiettivo del disegno di legge in votazione: evitare, rendendo meno discrezionale l'interpretazione della norma, che alcuni cittadini, meno fortunati di altri, dopo aver subito la violenza di un'aggressione in casa propria debbano patire anche quella di un processo ingiusto.
Il secondo obiettivo è quello di dare una più completa attuazione a quella parte della nostra Costituzione che parla di «inviolabilità del domicilio».
Nella tradizione del diritto romano, ma anche più anticamente ed universalmente, la casa è considerata un luogo sacro, il rifugio sicuro per la propria famiglia, aperto agli ospiti ed inviolabile per chi, ostile, entra senza invito.
Psicologicamente essa e' un prolungamento, una parte integrante del proprio io, come ben sa chiunque abbia trovato la casa devastata dai ladri, angosciosa esperienza, meno tragica, ma qualitativamente simile a quella di chi subisce uno stupro.
Per questo i Padri costituenti hanno considerato il domicilio un bene meritevole di una particolare tutela. Ne consegue che per un'aggressione che determini una reazione di difesa all'interno di un domicilio non possono valere le stesse norme previste per analoghi eventi che si verifichino altrove.
Questi motivi giustificano ampiamente la nascita di un concetto di «legittima difesa rafforzata», opportunamente ridefinito, in questo disegno di legge, «diritto all'autotutela in un privato domicilio».
Il terzo obiettivo di questa proposta e' la prevenzione di episodi di violenza alle persone, aggressioni che verranno scoraggiate da questa nuova normativa. Lo dimostrano studi criminologici effettuati negli Stati Uniti su detenuti abitualmente dediti ai furti nelle case: la cosa che temono di più, ancor prima dell'intervento della polizia, è trovare nella casa persone armate. L'accorgimento adottato per evitare questo rischio è il preventivo, accurato accertamento che la casa sia momentaneamente disabitata. Questo probabilmente non diminuisce il numero degli svaligiamenti, ma previene in molti casi il rischio che il furto sfoci in episodi di violenza alle persone, con evidente vantaggio non solo per l'incolumità dei derubati, ma anche per quella dei ladri.
L'ultimo obiettivo di questo disegno di legge è la progressiva armonizzazione del nostro codice penale con quelli di altri Paesi europei, esigenza non più eludibile o rinviabile.
Ed allora leggiamo l'articolo 122.6 del codice penale francese del 1994: «Si presume» - sottolineo, si presume - «che agisca in stato di legittima difesa chi compie l'atto: 1) per respingere in tempo di notte l'ingresso mediante infrazione, violenza o inganno in luogo abitato; 2) per difendersi contro gli autori di furti o saccheggi, eseguiti con violenza». Appare inconfutabile la sostanziale concordanza con il testo del disegno di legge che ci accingiamo a votare, anche in quella parte che afferma la legittimità della difesa armata dei beni.
Ma leggiamo anche il codice in vigore in un altro grande Paese europeo: la Germania. Qui troviamo una norma ancora più drastica a favore di chi reagisce ad una aggressione, il paragrafo 33 dello Strafgesetzbuch, che recita: «Non è punito l'autore che eccede i limiti della legittima difesa a causa di turbamento, paura o panico».
È evidente che, con questo tipo di norma, non facilmente compatibile con la tradizione giuridica italiana, la condanna per eccesso di legittima difesa è un evento rarissimo.
Chi su giornali e televisioni ha criticato con tanta leggerezza o malafede questo disegno di legge ora accuserà di «barbarie giuridica» anche Francia e Germania? Citerà ancora a sproposito Cesare Beccaria che invece nei suoi scritti ha chiaramente affermato: «Le leggi che proibiscono di portare armi non diminuiscono gli omicidi, ma li accrescono, perché è più facile assalire i disarmati che gli armati»? Concetto che recentemente è stato ribadito in Inghilterra dalla seguente autorevole dichiarazione del capo di Scotland Yard, sir John Stevens: «Per difendersi in casa propria la gente dovrebbe essere autorizzata a usare la forza necessaria senza timore di essere perseguita. Il messaggio ai potenziali svaligiatori è: non pensate che le vittime non siano pronte a difendersi».
Concludo questo intervento citando ancora Carlo Nordio: «L'autodifesa è un diritto naturale della persona, non espropriabile da uno Stato liberale, soprattutto quando specifiche circostanze non consentono alle Forze dell'ordine di difendere tempestivamente la sicurezza del cittadino».
Un diritto naturale, aggiungo io, che ovviamente non diventa per questo un dovere, ma una libera scelta. Soltanto chi ha una mentalità statalista e autoritaria crede che tutto ciò che non è proibito è obbligatorio.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questi obiettivi e per questi motivi, Forza Italia, che ha come missione di trasformare il nostro Paese in uno Stato autenticamente liberale, voterà a favore di questo disegno di legge. (Applausi dai Gruppi FI, AN, LP e UDC. Congratulazioni).
ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, prima di procedere alla votazione finale, vorrei verificare la presenza del numero legale. Chiedo pertanto a 12 colleghi di appoggiare la mia richiesta.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE.Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287
PRESIDENTE. Con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari, metto ai voti il disegno di legge n. 1899, composto del solo articolo 1, nel testo emendato.
È approvato.
Resta pertanto assorbito il disegno di legge n. 2287.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (1899)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 1.
Non posto in votazione ( )
(Diritto all’autotutela in un privato domicilio)
1. All’articolo 52 del codice penale è aggiunto il seguente comma:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma o altro mezzo idoneo al fine di contrastare la minaccia e al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
________________
( ) Approvato, nel testo emendato, il disegno di legge composto del solo articolo 1. Cfr anche seduta n. 835
EMENDAMENTO 1.107
1.107
Approvato
Al comma 1, aggiungere in fine, il seguente capoverso:
«La disposizione di cui al comma che precede si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale».
[1]Il progetto di codice penale della Commissione Nordio, in Cass.pen., 2005, p.255.
[2] Si veda quanto affermato dal relatore del progetto di legge AC 5982 nel corso della relazione all’Assemblea del Senato: “questo provvedimento nasce dalla constatazione di un’incertezza, ripetuta e costante, della giurisprudenza. Infatti sono note ipotesi in cui soltanto alla fine di un iter processuale lungo e faticoso, pervenuto alla pronunzia della Corte di cassazione, colui il quale è stato aggredito in casa propria, anche attraverso minacce di violenza fisica e che si è difeso con strumenti ritenuti inadeguati e non proporzionati in un primo tempo, ha poi ottenuto questo riconoscimento: Il tutto, però, alla fine di un processo costato sacrifici, fatica e patema d’animo alla vittima”.
[3] “Inoltre il disegno di legge –come affermato dal senatore Gubetti nel corso della seduta dell’Assemblea del Senato dello scorso 6 luglio- dà completa attuazione alla norma costituzionale che sancisce l’inviolabilità del domicilio, avvicina la legislazione italiana a quella vigente nei principali paesi europei e svolge una funzione di prevenzione, se non delle aggressioni ai beni, almeno della violenza alle persone”.
[4] Si tratterebbe, non essendo ammessa la prova contraria, di una presunzione assoluta o juris et de jure.
[5] Nel corso dell’esame della proposta presso il Senato ha suscitato forti discussioni la disposizione che considera proporzionata anche la reazione diretta a difendere con armi o altri mezzi idonei legittimamente posseduti non solo la persona, ma anche i beni propri o altrui: in particolare il senatore Zancan ha sollevato un’eccezione di costituzionalità con riferimento all’articolo 2 della Costituzione, nella parte in cui afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Ha affermato in proposito il senatore Zancan: “possiamo accettare che venga modificato quello straordinario principio di civiltà costituito dal rapporto di proporzione tra offesa e difesa, rapporto che non può mai fare l’enorme salto qualitativo tra i beni e la vita umana o il pericolo della vita umana o la lesione di un’altra persona? Possiamo accettare tutto questo e non ritenere che tutto questo abbatta uno dei diritti fondamentali della nostra Carta costituzionale, ovverosia il diritto all’inviolabilità della persona?”.
[6] In relazione a tali requisiti il relatore presso l’Aula del Senato del progetto di legge ha affermato che “si tratta di termini molto tecnici che, da un lato, servono ad escludere situazioni che potrebbero suscitare reazioni allarmate per un eccesso del principio della legittima difesa e del diritto di difesa e, dall’altro, costituiscono indicazioni che non sono quelle ovvie di un pericolo incombente e forte per la propria incolumità individuale”. Il primo requisito avrebbe lo scopo, sempre secondo il relatore, di evitare che possano essere considerate come legittima difesa quelle reazioni dell’aggredito dirette a punire o a vendicarsi dell’aggressore in fuga, mentre il secondo elemento, quello del pericolo di aggressione, non può farsi coincidere con “l’aggressione attuale, perché altrimenti la norma sarebbe quasi inutile. Si indica una situazione nella quale non è esclusa la possibilità dell’aggressione ed è quindi giustificata la reazione”.