XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Reati di opinione - A.C. 2443 e A.C. 3402
Serie: Progetti di legge    Numero: 686
Data: 16/12/04
Abstract:    Scheda di sintesi; schede di lettura; progetti di legge; normativa di riferimento; giurisprudenza costituzionale.
Descrittori:
DIRITTI CIVILI E POLITICI   DIRITTO PENALE
REATI CONTRO LA PERSONALITA' DELLO STATO     
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AC n.2443/14   AC n.3402/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Reati d’opinione

A.C. 2443 e A.C. 3402

 

n. 686

 

xiv legislatura

15 dicembre 2004

 


Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Giustizia

SIWEB

 

 

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File: gi0488.doc

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi 3

Struttura e oggetto  5

§      Contenuto  5

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Formulazione del testo  6

Schede di lettura

§      Quadro normativo  9

§      Il contenuto delle proposte di legge  13

Progetti di legge

§      A.C. 2443, (on. Pisapia ed altri), Abrogazione degli articoli del codice penale concernenti i reati in materia di libertà di opinione  19

§      A.C. 3402, (on. Cento), Abrogazione degli articoli 270, 272, 304 e 305 del codice penale recanti delitti contro la personalità dello Stato  23

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica Italiana. (art. 21) 29

§      Codice penale (artt. 265, 266, 269, 270, 271, 272, 273, 274, 278, 279, 290, 290-bis, 291, 292, 292-bis, 293, 299, 342, 403, 404, 415) 30

§      D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della L. 25 giugno 1999, n. 205. 39

Giurisprudenza

Corte costituzionale

§      Sentenza  5 giugno 1956, n. 1  83

§      Sentenza 22 giugno 1966, n. 87  90

§      Sentenza 23 aprile 1970, n. 65  94

§      Ordinanza 14 febbraio 1973, n. 16  96

§      Sentenza 24 gennaio 1974, n. 20  99

§      Sentenza 5 aprile 1974, n. 108  103

§      Sentenza 9 gennaio 1975, n. 7  106

§      Sentenza 27 giugno 1975, n. 188  109

 

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria
legislativa

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

2443

Titolo

Abrogazione degli articoli del codice penale concernenti i reati in materia di libertà di opinione

Iniziativa

On. Pisapia ed altri

Settore d’intervento

Diritti e libertà fondamentali; Diritto penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione alla Camera

28 febbraio 2002

§       annuncio

1 marzo 2002

§       assegnazione

18 novembre 2002

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione(Affari costituzionali)

 


 

Numero del progetto di legge

3402

Titolo

Abrogazione degli articoli 270, 272, 304 e 305 del codice penale recanti delitti contro la personalita' dello Stato

Iniziativa

On Cento

Settore d’intervento

Diritti e libertà fondamentali; Diritto penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione alla Camera

19 Novembre 2002

§       annuncio

20 Novembre 2002

§       assegnazione

27 Novembre 2002

Commissione competente

II (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

L’articolo 1 della proposta di legge AC 2443 dispone la abrogazione degli articoli 265, 266, 269, 272, 278, 279, 290, 290-bis, 291, 292, 292-bis, 293, 299, 342, 403, 404 e 415 del codice penale.

L’articolo 2 provvede a riformulare la fattispecie criminosa disciplinata dall’articolo 270 del codice penale.

L’articolo 3 contiene una delega al Governo per la depenalizzazione di alcuni dei reati contemplati all’articolo 1 della proposta in esame.

La proposta di legge AC 3402, composta di un solo articolo, provvede alla abrogazione degli articoli 270, 272, 304 e 305 del codice penale, disciplinanti, rispettivamente, i reati di associazione sovversiva, di propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale, di cospirazione politica mediante accordo, e di cospirazione politica mediante associazione

Relazioni allegate

Trattandosi di proposte di legge di iniziativa parlamentare sono corredate dalla sola relazione illustrativa.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Tutte le disposizioni in esame provvedono ad abrogare o modificare norme contenute nel codice penale: risulta, pertanto, necessario il ricorso allo strumento legislativo. L’articolo 3 del progetto AC 2443 contiene una delega al Governo per la depenalizzazione di alcuni dei reati contemplati all’articolo 1 della medesima proposta: anche in tal caso si giustifica, dunque, l’intervento con legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Tutte le norme in esame incidono sull’ordinamento penale, materia in cui, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa), della Costituzione, lo Stato ha legislazione esclusiva.

 

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 3 del progetto AC 2443 contiene una delega al Governo per la depenalizzazione di alcuni dei reati contemplati all’articolo 1 della medesima proposta: in particolare si stabilisce che, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano adottati uno o più decreti legislativi che prevedano sanzioni amministrative di carattere pecuniario (comprese tra un minimo di 100 ed un massimo di 1000 euro) relativamente ai reati di cui agli articoli 266, 278, 290, 290-bis, 342, 403, e 404 del codice penale.

 

 

Formulazione del testo

La proposta AC 2443 provvede contemporaneamente ad abrogare, tra gli altri, gli articoli 266, 278, 290, 290-bis, 342, 403, e 404 del codice penale (articolo 1) e a stabilire la depenalizzazione dei reati in essi disciplinati (articolo 3); previsione, quest’ultima, che ne presuppone la vigenza.


Schede di lettura


 

Quadro normativo

Il codice penale del 1930, soprattutto laddove provvede a disciplinare i delitti contro la personalità dello Stato, appare caratterizzato da un indissolubile legame tra quelle norme incriminatici e l’impostazione autoritaria del regime da cui esse hanno tratto origine, vincolo che la Costituzione, a partire dall’articolo 21, ha inteso spezzare (Vassalli): sono evidenti, infatti, il ripudio che la Carta del 1948 ha segnato rispetto all’ideale “grettamente nazionalistico” dello Stato autoritario (Barile), nonché l’impostazione di fondo della nostra Costituzione, la quale chiede solo una fedeltà “minimale” al sistema, mentre numerosi articoli del codice penale appaiono strettamente legati alla logica della fedeltà totale dello Stato autoritario (Lombardi).

Nell’ambito dei delitti contro la personalità dello Stato e contro l’ordine pubblico, un ruolo di rilievo è stato attribuito alle fattispecie di apologia ed istigazione: il legislatore fascista ravvisava nelle fattispecie in parola, infatti, efficaci strumenti preventivo-repressivi diretti a combattere il dissenso politico ed ideologico da parte degli avversari del regime ed a fronteggiare il diffondersi di concezioni e ideologie ritenute pericolose per la sopravvivenza del regime medesimo (Fiandaca, Musco); i delitti di vilipendio non costituiscono una novità del codice Rocco, pur essendo anche essi espressione di una ideologia autoritaria. Essi furono introdotti dal codice Zanardelli (di stampo liberale), con il preciso intento di colpire tutti quei comportamenti che non rientravano nell’oltraggio, nella ingiuria e nella diffamazione: nel solco tracciato dal codice liberale, la legislazione autoritaria del’30 si inserisce con una tendenza all’ampliamento e al completamento del precedente impianto sanzionatorio. Accanto ai delitti di vilipendio politico (vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate, vilipendio alla Nazione italiana, alla bandiera o ad altro emblema dello Stato), sono previste le offese al Presidente della Repubblica, le offese contro gli Stati esteri, le offese alla religione (mediante vilipendio di persone o di cose), nonché alcune fattispecie ad esse assimilabili, contenute fra i delitti dei privati contro la pubblica amministrazione (si pensi all’oltraggio ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario).

La compatibilità tra le norme che incriminano le condotte apologetiche o istigatrici, ovvero i comportamenti qualificabili come vilipendio politico con i principi fondamentali dello Stato democratico (ed in particolare con il principio della libertà di manifestazione del pensiero, di cui all’art.21 Cost.), è stata contestata con una intensità ed una forza sempre crescenti, soprattutto da parte di quella dottrina che ha sostenuto la abrogazione di quelle disposizioni da parte delle sopravvenute norme costituzionali, a prescindere dalla natura (precettiva o programmatica) di quest’ultime: tale orientamento, non condiviso dalla Corte Costituzionale (che ha accentrato presso di sé, sottraendole ai giudici ordinari, le questioni di costituzionalità relative alle leggi anteriori all’entrata in vigore della Carta del 1948, cfr . sentenza n.1/1956), ha consentito di respingere quelle opinioni (fatte inizialmente proprie dalla giurisprudenza della Corte di cassazione) che negavano alla Costituzione qualsiasi capacità abrogativa della legislazione precedente, fondate, da un lato, sulla tesi secondo cui le norme costituzionali avrebbero per destinatario esclusivo il legislatore e, dall’altro, sull’assunto che presupposto necessario per l’abrogazione sia la parità di grado delle fonti che si pongono in reciproco contrasto.

Mentre, come detto, la dottrina maggioritaria è stata decisa nel negare la compatibilità delle fattispecie in esame con le sopravvenute disposizioni costituzionali, e segnatamente con il principio sancito dall’articolo 21, improntata ad una maggiore cautela è stata la giurisprudenza della Corte Costituzionale (nonché della Corte di cassazione) che, mentre in talune occasioni ha eluso il problema, distinguendo tra azioni che si traducono in manifestazioni del pensiero (come tali, pertanto, tutelate dall’articolo 21) ed azioni che sono di natura obiettivamente diversa (quello che la Corte suprema americana definisce speech plus), in altri casi (in cui era evidente che le condotte incriminate costituivano esercizio della libertà costituzionale di cui all’art.21) ha dovuto invocare, al fine di evitare una pronuncia di incostituzionalità, i limiti che, accanto a quello del buon costume, la Costituzione implicitamente porrebbe alla libertà di pensiero, nella necessità di tutelare altri beni o principi di rilievo primario: si è fatto così riferimento al sentimento religioso, al dovere di fedeltà, al prestigio delle istituzioni, alla difesa della Patria, all’ordine pubblico [1].

 

In relazione alla prima argomentazione citata si ricordano:

 

§         la sentenza della Corte Costituzionale n.87 del 1966, in cui, relativamente al reato di propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale, si distingue tra manifestazione del pensiero e propaganda, sostenendo che quest’ultima “è indubbiamente manifestazione, ma non di un pensiero puro ed astratto, quale può essere quello scientifico, didattico, artistico o religioso, che tende a far sorgere una conoscenza oppure a sollecitare un sentimento in altre persone. Nella propaganda, la manifestazione è rivolta e strettamente collegata al raggiungimento di uno scopo diverso, che la qualifica e la pone su un altro piano”;

§         la sentenza della Corte Costituzionale n.16 del 1973, relativa al reato di istigazione di militari a disobbedire alla legge, in cui si afferma : ” rispetto alla norma incriminatrice dell'art. 266 c.p. la libertà garantita dall'art. 21 Cost. può consentire modi di manifestazione e propaganda per la pace universale, la non violenza, la riduzione della ferma, l'ammissibilità dell'obiezione di coscienza, la riforma del regolamento di disciplina o altri, che non si concretino mai in una istigazione a disertare (come in uno dei casi per cui è stata sollevata questione), a commettere altri reati, a violare in genere i doveri imposti al militare dalle leggi.

L'istigazione, infatti, non è pura manifestazione di pensiero, ma è azione e diretto incitamento all'azione, sicché essa non risulta tutelata dall'art. 21 Cost.”;

§         la sentenza n.65 del 1970, in cui relativamente al reato di istigazione a delinquere di cui all’art.114 c.p., si afferma che “diversa dalla critica alla legge, dalla propaganda per il suo aggiornamento, dal giudizio favorevole sui moventi dell'autore, che sono tutte lecite manifestazioni di pensiero, è la pubblica apologia diretta, e idonea, a provocare la violazione delle leggi penali. Plaudire a fatti che l'ordinamento giuridico punisce come delitto e glorificarne gli autori è da molti considerata una ipotesi di istigazione indiretta: certo è attacco contro le basi stesse di ogni immaginabile ordinamento apologizzare il delitto come mezzo lodevole per ottenere l'abrogazione della legge che lo prevede come tale. Non sono concepibili, infatti, libertà e democrazia se non sotto forma di obbedienza alle leggi che un popolo libero si dà liberamente e può liberamente mutare”;

§         la sentenza della Consulta n. 188 del 1975, in base alla quale “il vilipendio, non si confonde né con la discussione su temi religiosi, così a livello scientifico come a livello divulgativo, né con la critica e la confutazione pur se vivacemente polemica; né con l'espressione di radicale dissenso da ogni concezione richiamantesi a valori religiosi trascendenti, in nome di ideologie immanentistiche o positivistiche od altre che siano.

Sono, invece, vilipendio, e pertanto esclusi dalla garanzia dell'art. 21 Cost. (e dell'art. 19 Cost.), la contumelia, lo scherno, l'offesa, per dir cosi, fine a sé stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e perciò lesione della sua personalità) e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato”;

§         la pronuncia della Corte di cassazione sez.I 75/131187, per cui “il concetto di propaganda è usato nell’articolo 272[2] in senso politico ed indica l’affermazione e la esaltazione di idee che si intende far conoscere e penetrare nella coscienza di altri soggetti sollecitandone indirettamente la volontà, per ottenerne l’adesione: come tale essa non esprime una semplice valutazione intellettuale, un pensiero, ma essendo diretta ad influire sull’altrui volontà e ad orientarla in un determinato modo, più che manifestazione di pensiero è espressione di volontà e intenzione”.

 

In relazione alla seconda argomentazione citata, ovvero quella relativa ai limiti impliciti alla libertà di manifestazione del pensiero,  si ricordano:

 

§         la già richiamata sentenza della Consulta n.16 del 1973, in cui si sostiene che “l'istigazione di militare all'infedeltà, o al tradimento, in tutte le forme previste dall'art. 266 c.p. (disobbedire alle leggi, violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato), offende e minaccia un bene cui la Costituzione riconosce un supremo valore e accorda una tutela privilegiata, in conformità di tutte le costituzioni moderne, da qualsiasi ideologia siano ispirate e da qualunque regime politico-sociale siano espresse. Una volta soltanto si ritrova nella nostra Carta fondamentale la locuzione sacro dovere, e ciò avviene appunto nell'art. 52 per qualificare più fortemente, rispetto a tutti gli altri doveri, quello di difesa della Patria”;

§         la sentenza della Corte Costituzionale n. 20 del 1974,  in cui, al fine di evitare una pronuncia di incostituzionalità dell’articolo 290 del codice penale (Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate), si sostiene che: “circa la censura relativa all'art. 21, primo comma, Cost., la tutela del buon costume non costituisce il solo limite alla libertà di manifestazione del pensiero, sussistendo invece altri limiti impliciti dipendenti dalla necessità di tutelare beni diversi, che siano parimenti garantiti dalla Costituzione (si vedano sent. n. 19 del 1962, sent. n. 25 del 1965, sent. n. 87 e 100 del 1966, sent. n. 199 del 1972, sent. n. 15, 16 e 133 del 1973), di guisa che, in tal caso, l'indagine va rivolta all'individuazione del bene protetto dalla norma impugnata ed all'accertamento se esso sia o meno considerato dalla Costituzione in grado tale da giustificare una disciplina che in qualche misura possa apparire limitativa della fondamentale libertà in argomento. Orbene, la Corte ritiene doversi affermare che, fra i beni costituzionalmente rilevanti, va annoverato il prestigio del Governo, dell'Ordine giudiziario e delle Forze Armate in vista dell'essenzialità dei compiti loro affidati. Ne deriva la necessità che di tali istituti sia garantito il generale rispetto anche perché non resti pregiudicato l'espletamento dei compiti predetti”;

§         la sentenza della Corte Costituzionale n. 188 del 1975 in cui, relativamente al reato di offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone (art.403 c.p.), si afferma che: “il sentimento religioso, quale vive nell'intimo della coscienza individuale e si estende anche a gruppi più o meno numerosi di persone legate tra loro dal vincolo della professione di una fede comune, è da considerare tra i beni costituzionalmente rilevanti, come risulta coordinando gli artt. 2, 8 e 19 Cost., ed è indirettamente confermato anche dal primo comma dell'art. 3 Cost. e dall'art. 20 Cost. Perciò il vilipendio di una religione, tanto più se posto in essere attraverso il vilipendio di coloro che la professano o di un Ministro del culto rispettivo, come nell'ipotesi dell'art. 403 cod. pen., che qui interessa, legittimamente può limitare l'ambito di operatività dell'art. 21 Cost.”;

§         la pronuncia della Corte di cassazione, sez.I 89/181275 in cui si dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 292 c.p.(vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato): “il prestigio dello Stato, dei suoi emblemi e delle sue istituzioni rientra tra i beni costituzionalmente garantiti, per cui si pone come limite ad altri diritti pure costituzionalmente protetti”.

 

Il contenuto delle proposte di legge

Entrambe le proposte di legge in esame, la AC 2443 e la AC 3402, sono dirette alla abrogazione di disposizioni del codice penale che, pur fatte salve, nella maggior parte dei casi, da pronunce della Corte costituzionale (v. supra), sono comunque considerate in contrasto con rilevanti principi della Carta fondamentale, come la libertà di manifestazione del pensiero di cui all’articolo 21 e la libertà di associazione di cui all’articolo 18.

Un intervento abrogativo espresso, d’altra parte, si rende necessario, dal momento che, nonostante la dottrina sia da tempo pervenuta alla conclusione che la Costituzione sia in grado di provocare la abrogazione delle norme ad essa presistenti incompatibili con le sue disposizioni tanto precettive quanto programmatiche,  tale orientamento non  è stato fatto proprio dalla Corte Costituzionale: la Consulta, infatti, sin dalla sua prima pronuncia (la n.1 del 1956), ha considerato i problemi di compatibilità tra la Costituzione e le disposizioni di legge anteriori, non già come questioni attinenti alla successione di norme nel tempo (di competenza, pertanto, del giudice ordinario), bensì come questioni di legittimità costituzionale (accentrate, quindi, presso la Corte stessa).

L’articolo 1 della proposta di legge AC 2443, pertanto, dispone la abrogazione degli articoli 265, 266, 269, 272, 278, 279, 290, 290-bis, 291, 292, 292-bis, 293, 299, 342, 403, 404 e 415 del codice penale.

L’articolo 2 provvede invece a riformulare la fattispecie criminosa disciplinata dall’articolo 270 del codice penale.

 

L’articolo 270 c.p. disciplina il reato di associazione sovversiva. Le ipotesi delittuose ivi contemplate sono state create in un momento storico diverso dall’attuale, al fine di tutelare lo Stato autoritario nei suoi rapporti con le associazioni politiche e non politiche preesistenti alla sua nascita. La condotta tipica dell’art.270 si realizza con il promuovere, organizzare, dirigere o costituire una associazione che abbia per fine l’instaurazione di una dittatura di classe, la soppressione di una classe o la soppressione degli ordinamenti costituiti nello Stato, mediante la violenza. L’ipotesi delittuosa del semplice partecipante alla associazione sovversiva si distingue, sotto il profilo sanzionatorio, da quella del promotore, organizzatore, costitutore o dirigente: il primo, infatti è punito con la reclusione da uno a tre anni, i secondi, invece, con quella da cinque a dodici anni.

Le ipotesi delittuose di cui alla disposizione in esame si inquadrano nella categoria dei reati di pericolo presunto e per la loro configurabilità è sufficiente che venga costituita una associazione, secondo gli schemi propri di questa, ma con aggiunto il fine di sovvertire violentemente l’ordinamento dello Stato nelle sue varie articolazioni e di travolgere, in definitiva, il suo assetto democratico pluralistico.

 

Nella riformulazione della norma in esame si vuole sanzionare chi promuove, costituisce o dirige associazioni i cui appartenenti abbiano commesso delitti idonei a sovvertire violentemente l’ordinamento democratico dello Stato, ovvero a sopprimere l’ordinamento politico e giuridico della società: l’elemento rilevante della fattispecie, pertanto, non è più riferito alla associazione, come nel testo vigente, ma ai suoi partecipanti, in relazione alla condotta dei quali è stabilita una responsabilità dei promotori, costitutori o dirigenti della associazione di cui sono membri.

L’articolo 3 contiene una delega al Governo per la depenalizzazione di alcuni dei reati contemplati all’articolo 1 della proposta in esame: in particolare si stabilisce che, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano adottati uno o più decreti legislativi che prevedano sanzioni amministrative di carattere pecuniario (comprese tra un minimo di 100 ed un massimo di 1000 euro) relativamente ai reati di cui agli articoli 266, 278, 290, 290-bis, 342, 403, e 404 del codice penale.

 

Si osserva che la proposta in esame provvede contemporaneamente ad abrogare le citate norme del codice penale (articolo 1) e a stabilire la depenalizzazione dei reati in esse disciplinati (articolo 3); previsione, quest’ultima, che ne presuppone la vigenza.

 

La proposta di legge AC 3402, composta di un solo articolo, provvede alla abrogazione degli articoli 270, 272, 304 e 305 del codice penale, disciplinanti, rispettivamente, i reati di associazione sovversiva, di propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale, di cospirazione politica mediante accordo, e di cospirazione politica mediante associazione, fattispecie, queste ultime, ispirate dalla necessità di evitare che mediante cospirazione si determinino condizioni favorevoli alla perpetrazione di delitti contro la personalità interna ed internazionale dello Stato.

Si ricorda che l’articolo 272 del codice penale è stato oggetto di un giudizio di legittimità costituzionale che si è concluso con una pronuncia di incostituzionalità, per contrasto con l’articolo 21 Cost., della disposizione contenuta al secondo comma, che puniva la propaganda per distruggere o deprimere il sentimento nazionale che, invece, “fa parte esclusivamente del mondo del pensiero e della idealità” (cfr. sentenza n.87 del 1966).

Sono invece state considerate conformi al dettato costituzionale le altre fattispecie disciplinate all’articolo 272: nella medesima sentenza n.87, la Consulta ha affermato che il primo comma della citata norma “punisce la propaganda in quanto diretta al ricorso alla violenza come mezzo per conseguire un mutamento nell'ordinamento vigente. Tutti i casi previsti da questa norma hanno come finalità di suscitare reazioni violente, compresa l'ipotesi della "distruzione di ogni ordinamento politico e giuridico della società", così come inserita nel contesto del comma in esame. Siffatta propaganda appare dunque in rapporto diretto ed immediato con una azione; e, pur non raggiungendo il grado di aperta istigazione, risulta idonea a determinare le suddette reazioni che sono pericolose per la conservazione di quei valori, che ogni Stato, per necessità di vita, deve pur garantire. Pertanto, il diritto di libertà della manifestazione del pensiero non può ritenersi leso da una limitazione posta a tutela del metodo democratico. Gli artt. 1 e 49 della Costituzione proclamano tale metodo come il solo che possa determinare la politica sociale e nazionale. Ed esso non consente l'usurpazione violenta dei poteri, ma richiede e il rispetto della sovranità popolare affidata alle maggioranze legalmente costituite, e la tutela dei diritti delle minoranze, e l'osservanza delle libertà stabilite dalla Costituzione. Vietando la propaganda come mezzo tendente alla instaurazione violenta di un diverso ordinamento, la norma impugnata tutela altresì l'ordine economico, rispetto al diritto al lavoro, alla organizzazione sindacale, alla iniziativa economica privata, alla proprietà, ecc. E tutela infine il mantenimento dell'ordine pubblico considerato come ordine legale costituito”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Progetti di legge

 


 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2443

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

PISAPIA, BERTINOTTI, TITTI DE SIMONE, DEIANA, ALFONSOGIANNI, GIORDANO, MANTOVANI, MASCIA, RUSSO SPENA, VALPIANA, VENDOLA

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Abrogazione degli articoli del codice penale concernenti i reati in materia di libertà di opinione

 

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Presentata il 28 febbraio 2002

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        Onorevoli Colleghi! - Nella scorsa legislatura, con il decreto legislativo n. 507 del 1999, è stata approvata un'ampia depenalizzazione dei reati minori e sono state abrogate norme del codice penale del 1930 ormai anacronistiche.

        Nell'iter parlamentare della proposta di legge delega però, alcune norme che puniscono condotte che rientrano nella libertà di opinione e di espressione del pensiero, di cui pure era stata proposta l'abrogazione, non sono state eliminate dal codice.

        Nel vigente sistema penale sono ancora presenti, e spesso puniti con pene particolarmente gravi, reati introdotti nel periodo fascista, finalizzati chiaramente alla repressione di chi si opponeva allo stato dittatoriale e che mal si conciliano con le norme costituzionali, e in particolare con l'articolo 21 della Costituzione.

        Ciò evidenzia una vistosa contraddizione del nostro ordinamento giuridico: da un lato si riconosce e tutela a livello costituzionale, la libertà di pensiero, di opinione, di espressione e di manifestazione; dall'altro sopravvivono, nel codice penale, reati caratterizzati solo dall'esercizio di tali diritti. Si tratta, evidentemente, del retaggio di un sistema normativo teso a limitare nel modo più drastico ogni espressione di dissenso, specialmente di carattere politico; tali norme, del resto, si sono sempre prestate ad una funzione di controllo ideologico, in sostanziale violazione dei princìpi base di un ordinamento democratico.

        Gli orientamenti della giurisprudenza in parte hanno attenuato tale contraddizione, disapplicando o interpretando in chiave restrittiva quegli articoli del codice penale che sono il residuo di una concezione autoritaria dello Stato: ma è giunto il momento di arrivare ad una loro abrogazione, onde evitare che nel confronto politico, anche aspro, possa, o debba, intervenire il giudice penale.

        Non si può non rilevare, inoltre, che - malgrado l'ampia depenalizzazione approvata con larghissimo consenso nella scorsa legislatura - permangono, nel codice penale, reati che non creano allarme sociale e in relazione ai quali è ben più efficace una sanzione amministrativa: la depenalizzazione di tali reati andrebbe nel senso da tutti, almeno a parole, auspicato, di demandare alla magistratura solo le condotte che creano effettivi e concreti danni alla collettività o ai singoli.

        Con la presente proposta di legge si vuole, dunque, da un lato, completare il lavoro già avviato nella scorsa legislatura, abrogando quelle norme che individuano reati che, sia pure nell'attenuata applicazione che ne fa la giurisprudenza, non hanno nessuna ragione di sopravvivere nel nostro ordinamento; e dall'altro proseguire nell'opera di depenalizzazione che - giova ricordarlo - non significa affatto impunità ed anzi, spesso, evita proprio l'impunità, senza però ricorrere alla sanzione penale.

        Certo, se già fosse in fase avanzata la riforma del codice penale e se, come dai proponenti più volte auspicato, anche con la presentazione di altre proposte di legge, fossero state approvate norme quali "la riserva di codice" e, più in generale, quelle modifiche tese a creare nel nostro sistema il cosiddetto "diritto penale minimo", tale proposta di legge sarebbe certamente già superata. Ma, in questo contesto politico, e di fronte ai ritardi e alle carenze governative, i proponenti ritengono opportuno presentare al Parlamento la presente proposta di abrogazione di alcuni reati e di depenalizzazione di altri, con l'auspicio che questo lavoro possa essere la base di una discussione più ampia che porti a una modifica complessiva del nostro sistema penale, con l'unificazione nel codice penale di tutte le fattispecie penalmente rilevanti; con l'introduzione di pene principali diverse dalla detenzione e dalla pena pecuniaria; con la depenalizzazione di tutti quei reati minori che non hanno necessità di quelle indagini per le quali è necessario l'intervento dell'autorità giudiziaria. Nell'ottica, come detto, di un diritto penale "minimo" e "mite" e, soprattutto, del rafforzamento di quelle misure che possono determinare una maggiore prevenzione dei reati e quindi una maggiore tutela della collettività.


 

 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

1. Gli articoli 265 (Disfattismo politico), 266 (Istigazione di militari a disobbedire alle leggi), 269 (Attività antinazionale del cittadino all'estero), 272 (Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale), 278 (Offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica), 279 (Lesa prerogativa della irresponsabilità del Presidente della Repubblica), 290 (Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate), 290-bis (Parificazione al Presidente della Repubblica di chi ne fa le veci), 291 (Vilipendio alla nazione italiana), 292 (Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato), 292-bis (Circostanza aggravante), 293 (Circostanza aggravante), 299 (Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero), 342 (Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario), 403 (Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone), 404 (Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose) e 415 (Istigazione a disobbedire alle leggi) del codice penale sono abrogati.

 

 

Art. 2.

 

1. L'articolo 270 del codice penale è sostituito dal seguente:

 

"Art. 270. - (Associazione sovversiva) Chiunque, nel territorio dello Stato, ha promosso, costituito o diretto associazioni i cui appartenenti abbiano commesso delitti idonei a sovvertire con la violenza l'ordinamento democratico dello Stato, ovvero alla soppressione violenta dell'ordinamento politico e giuridico della società, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.

Chi partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto diverso nome o forma simulata, le associazioni predette, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento".

 

 

Art. 3.

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi che prevedano sanzioni amministrative di carattere pecuniario per i reati di cui agli articoli 266 (Istigazione di militari a disobbedire alle leggi), 278 (Offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica), 290 (Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate), 290-bis (Parificazione al Presidente della Repubblica di chi ne fa le veci), 342 (Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario), 403 (Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone) e 404 (Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose) del codice penale, la cui abrogazione è disposta dall'articolo 1 della presente legge. Le sanzioni amministrative devono essere contenute tra un minimo di 100 euro e un massimo di 1000 euro.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinchè su di essi sia espresso, entro quarantacinque giorni della data di trasmissione, il parere dei competenti organi parlamentari. Decorso tale termine i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

 

 

 


 

N. 3402

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa del deputato CENTO

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Abrogazione degli articoli 270, 272, 304 e 305 del codice penale recanti delitti contro la personalità dello Stato

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Presentata il 19 novembre 2002

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Onorevoli Colleghi! - A distanza di pochi giorni dalle pacifiche giornate della manifestazione no global di Firenze, durante la notte fra giovedì e venerdì 15 novembre sono scattati gli arresti per Francesco Caruso, esponente delle reti no global e per altre 20 persone. L'iniziativa di apertura di procedimento penale degli uffici giudiziari di Cosenza risulta molto singolare per la natura dei reati contestati: cospirazione politica e associazione sovversiva.

Sono reati associativi politici tipici del codice Rocco e tali accuse rischiano di riportare il nostro Paese indietro di trent'anni e, inquadrate nella fase politica che stiamo attraversando, possono sovrapporsi e confondere i confini del diritto che sancisce la libertà di manifestare. Il permanere di tali fattispecie di reati nell'attuale codice penale rappresenta una grave violazione delle libertà democratiche e di pensiero previste e garantite dalla Costituzione.

L'ingiustizia di questi arresti è già scritta nella enormità e nell'inverosimiglianza delle accuse, in precedenza giudicate inconsistenti, sulla base dello stesso dossier di carabinieri e polizia, dalle procure di Genova, Torino e Napoli: cospirazione politica al fine di turbare l'esercizio del governo e sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nello Stato.

Il titolo I del libro II del codice penale sotto la denominazione "delitti contro la personalità dello Stato", prevede una serie di figure criminose caratterizzate dal fatto di tendere, sostanzialmente, alla repressione dei fatti di dissenso politico ed ideologico; tali figure, la maggior parte delle quali è rimasta per molto tempo in letargo tra le pagine del codice e che solo il fenomeno terroristico degli anni settanta ha richiamato in vita, sono caratterizzate da:

 

a) una notevole genericità ed indeterminatezza della condotta per consentire la repressione di qualsiasi fenomeno di dissenso. A tale riguardo, nella sentenza 2 febbraio 1978 della corte di appello di Brescia, è espressamente detto che "la natura politica di tali reati conferisce carattere di maggiore gravità ai fatti-reato, consentendo anche l'incriminazione di condotte che ordinariamente non sarebbero coperte da sanzione penale";

 

b) una anticipazione della soglia della punibilità, nel senso che si tratta, in genere, di delitti attentato, per la cui punibilità può bastare anche una mera attività preparatoria;

 

c) una notevole gravità delle pene edittali previste, pene che nel testo originario spesso consistevano nella pena capitale o nell'ergastolo e che solo la legislazione repubblicana ha in gran parte mitigato, pur se nel complesso sono rimaste particolarmente gravi.

 

Molto discusso è il problema se le ipotesi delittuose previste dagli articoli 270 (Associazioni sovversive), 271 (Associazioni antinazionali), 272 (Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale), 273 (Illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale), 274 (Illecita partecipazione ad associazioni aventi carattere internazionale) siano ancora oggi in vigore.

La migliore dottrina (Antolisei, Pannain, Neppi-Modona) ha sempre sostenuto che tali norme, create allo scopo quasi esclusivo di colpire gli avversari del fascismo, devono oggi ritenersi abrogate.

In particolare Antolisei e Pannain parlano di abrogazione implicita per effetto dell'entrata in vigore della Costituzione.

Neppi-Modona e la giurisprudenza, invece, ritengono che gli articoli 270 e 272 sono stati espressamente abrogati dall'articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159.

E' pericoloso che si perseguano solo le idee: certe idee possono essere anche considerate esecrabili dal punto di vista politico, ma se non si traducono in fatti e conseguenze concreti non possono e non devono essere perseguite penalmente.

Tutte queste considerazioni, e soprattutto la dolorosa esperienza del terrorismo e del dopo terrorismo che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, inducono ad auspicare una forte revisione di tali articoli.

E' per questi motivi che la presente proposta di legge abroga i seguenti articoli del codice penale: 270, 272, 304 e 305.



 


proposta di legge

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Art. 1.

 

1. Sono abrogati i seguenti articoli del codice penale: 270 (Associazioni sovversive), 272 (Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale), 304 (Cospirazione politica mediante accordo) e 305 (Cospirazione politica mediante associazione).



[1] In proposito la dottrina ha osservato che l’apposizione di un limite ad un diritto costituzionalmente garantito non può discendere dalla semplice presenza di un altro bene od interesse di livello costituzionale; “al contrario,  per legittimare l’apposizione del limite è necessario cogliere nel sistema della legge fondamentale una chiara indicazione in tal senso; e perciò non è sufficiente neppure la mera contemplazione di sfere di tutela, eventualmente contrapposte, perché quello che si richiede è piuttosto un accurato bilanciamento degli interessi in conflitto, diretto a stabilire a quale di essi debba assegnarsi prevalenza” (Fiore).

Si è, inoltre, sostenuto che “il prestigio delle istituzioni non può prevalere sulla libertà di manifestazione del pensiero, quale principio fondamentale di un sistema democratico-liberale. E, infatti, il prestigio è solo il risultato del buon funzionamento delle istituzioni, per cui la sua aprioristica e assoluta difesa si tradurrebbe in uno strumento destinato a privilegiare ulteriormente i detentori del potere. La tutela privilegiata, nell’ambito di uno Stato democratico, deve piuttosto essere accordata ai dissenzienti, alle minoranze che devono esprimere i loro giudizi e condurre la loro lotta con tutte le forme espressive possibili(…). Spesso l’uso di espressioni, suscettive di essere ritenute vilipendiose, costituisce anzi per larghi strati della popolazione il mezzo più proprio di manifestazione del pensiero” (Fiandaca, Musco).

[2] Si tratta dell’articolo 272 c.p. che punisce la propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale