XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Inappellabilità delle sentenze di proscioglimento - A.C. 4604
Serie: Progetti di legge    Numero: 609
Data: 10/06/04
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AC n.4604/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

A.C. 4604

 

n. 609

 

xiv legislatura

10 giugno 2004


Camera dei deputati


La documentazione  predisposta in occasione dell’esame della proposta di legge recante modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (A.C. 4604) si articola nei seguenti volumi:

 

§         dossier n. 609, contenente le schede di lettura e la normativa di riferimento;

§         dossier n. 609/1, contenente atti di rilievo internazionale, dottrina,  e giurisprudenza costituzionale;

§         dossier n. 609/2, suddiviso in due volumi, contenente i lavori preparatori della legge 22 febbraio 2006, n. 46;

§         dossier n. 609/3, contenente le schede di lettura e i riferimenti normativi per l’esame ex art. 74, primo comma, della Costituzione;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Giustizia

Consiglieri

Francesca Fazio (9876)

Massimiliano Lucà (3784)

Documentaristi

Amedeo Caravani (2141)

Elisa Guarducci (2236)

Segretari

Sabrina Cavalieri (9148)

Lina Pantanella (9559)

 

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: GI0459.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi                                                                                                3

Struttura e oggetto                                                                                            4

§      Contenuto                                                                                                        4

§      Relazioni allegate                                                                                            4

Elementi per l’istruttoria legislativa                                                                5

§      Necessità dell’intervento con legge                                                                 5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite                 5

Schede di lettura

§      La proposta di legge A.C. 4604                                                                       9

Progetto di legge

§      A.C. 4604, (on. Pecorella), Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento                                                                         13

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica italiana (art. 111)                                           19

§      Codice di procedura penale (artt. 323, 443, 593 e 597)                                22

§      VII Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali                                                                                       25

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

4604

Titolo

Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

4

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

13 gennaio 2004

§       annuncio

14 gennaio 2004

§       assegnazione

24 maggio 2004

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

 

 

 

 

 


Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge A.C. 4604 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento) è diretta a modificare la disciplina dettata dal codice di procedura penale in tema di appellabilità delle sentenze.

Relazioni allegate

Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare corredata pertanto della sola relazione illustrativa.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il provvedimento è diretto a modificare alcune disposizioni contenute nel codice di procedura penale: si giustifica pertanto l'utilizzazione dello strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L'intervento legislativo riguarda il tema dell'appellabilità delle sentenze di condanna e proscioglimento, materia disciplinata nel codice di procedura penale, rientrante pertanto nell'ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l della Costituzione (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa).

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento con la normativa vigente è realizzato con l'utilizzo della tecnica della novellazione: vengono infatti sostituiti o modificati alcuni articoli contenuti nel vigente codice di procedura penale.

 


Schede di lettura


La proposta di legge A.C. 4604

La proposta di legge A.C. 4604 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento) è diretta a modificare la disciplina dettata dal codice di procedura penale in tema di appellabilità delle sentenze.

 

A tale proposito va ricordato che l'articolo 593 c.p.p. stabilisce che, salvo quanto previsto negli articoli 443, 448 comma 2 e 469, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna o di proscioglimento.

L'imputato non può appellare contro la sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto.

Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda e le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa. 

 

Come evidenziato nella relazione illustrativa, le modifiche proposte sono finalizzate a dare attuazione al disposto dell'articolo 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98), che sancisce il diritto al doppio grado di giurisdizione in materia penale per chiunque venga dichiarato colpevole di una infrazione penale da un tribunale; più in particolare, la previsione dell'appellabilità delle sentenze di proscioglimento, attualmente contenuta nell'articolo 593 c.p.p., impedirebbe il rispetto del principio sopracitato qualora in sede di gravame il soggetto precedentemente prosciolto venga condannato. 

Data l'impossibilità di prevedere un ulteriore grado di giudizio, anche per l'esigenza di assicurare il rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, l'unica strada percorribile per assicurare il rispetto del principio sancito dalla Convenzione sarebbe quella di rendere inappellabili le sentenze di proscioglimento.

 

L'articolo 1 sostituisce l'articolo 593 c.p.p. che disciplina i casi di appello.

Viene previsto che il pubblico ministero e l'imputato possano appellare soltanto le sentenze di condanna.

Viene inoltre confermata la previsione dell'inappellabilità delle sentenze di condanna per le quali è stabilita la sola pena dell'ammenda.

Implicita alle disposizioni sopra esposte è quindi la statuizione dell'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.

 

L'articolo 2 è diretto a sostituire il comma 2 dell'articolo 597 c.p.p., riguardante la cognizione del giudice di appello.

Più in particolare la disposizione citata riproduce le previsioni attualmente contenute nel comma 2 eliminando soltanto quelle relative all'appellabilità della sentenza di proscioglimento.

 

Viene stabilito, infatti, che quando appellante è il pubblico ministero il giudice possa, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge. Se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.      

 

L'articolo 3 detta una disposizione di coordinamento, modificando il comma 2 dell'articolo 323 del c.p.c. (Perdita di efficacia del sequestro preventivo) con la soppressione dell'inciso che consente al pubblico ministero la facoltà di impugnativa delle sentenze di proscioglimento o non luogo a procedere.

 

Anche l'articolo 4 detta una disposizione di coordinamento; viene infatti soppresso il comma 1 dell'articolo 443 che definisce i limiti all'appello delle sentenze di proscioglimento: queste ultime, infatti, sono rese del tutto inappellabili dal provvedimento in esame.

 


Progetto di legge

 

 


N. 4604

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato PECORELLA

¾

 

Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

 

 

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Presentata il13 gennaio 2004

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Onorevoli Colleghi! - Nel pieno rispetto del principio sancito dal Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, reso esecutivo dalla legge 9 aprile 1990, n. 98, che, all'articolo 2, statuisce il diritto al doppio grado di giurisdizione in materia penale per chiunque venga dichiarato colpevole di una infrazione penale da un tribunale, la presente proposta di legge intende procedere ad una modificazione della disciplina processualistica regolatrice del giudizio di appello, limitandone la previsione esclusivamente alle sentenze di condanna.

Il principio citato - che testualmente recita: "1. Chiunque venga dichiarato colpevole di una infrazione penale da un tribunale ha il diritto di sottoporre ad un tribunale della giurisdizione superiore la dichiarazione di colpa o la condanna.

2. Tale diritto potrà essere oggetto di eccezioni in caso di infrazioni minori come stabilito dalla legge o in casi nei quali la persona interessata sia stata giudicata in prima istanza da un tribunale della giurisdizione più elevata o sia stata dichiarata colpevole e condannata a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento" (articolo 2, commi 1 e 2, del citato Protocollo n. 7) - allo stato è reso vano dal vigente codice di procedura penale nella parte in cui, prevedendo che possa essere impugnata la sentenza di primo grado di proscioglimento dell'imputato da parte del pubblico ministero, in caso di sentenza di condanna in sede di gravame, non concede la possibilità di ottenere un secondo grado di giudizio nel merito in favore del condannato, che ne avrebbe diritto in forza del principio esposto.

Nell'evidenziare che, per ovvi motivi, non sarebbe proponibile prevedere un ulteriore grado di giudizio successivo all'appello, anche in virtù del principio costituzionale della ragionevole durata del processo penale - che postula l'esigenza del varo di un nuovo codice di procedura penale che si ispiri al modello disegnato dall'articolo 111 della Costituzione, come da più parti auspicato - è necessario apportare al codice di procedura penale oggi in vigore alcune modifiche per rendere, comunque, operativo il principio sovranazionale in esame.

A tale fine, la presente proposta di legge intende riformare la disciplina del giudizio di appello statuendo l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.

L'articolo 1 della presente proposta di legge, quindi, sostituisce l'articolo 593 del codice di procedura penale, sancendo l'appellabilità delle sole sentenze di condanna da parte del pubblico ministero e dell'imputato, mentre i restanti articoli prevedono le necessarie norme di raccordo con le altre disposizioni del codice di procedura penale, da armonizzare in ossequio al principio introdotto.

 



 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

 

1. L'articolo 593 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

"Art. 593. (Casi di appello). - 1. Il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.

2. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda".

 

Art. 2.

 

1. Il comma 2 dell'articolo 597 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

"2. Quando appellante è il pubblico ministero il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefìci, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge. Se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza".

 

 

Art. 3.

1. Al comma 2 dell'articolo 323 del codice di procedura penale, le parole: "impugnata dal pubblico ministero" sono soppresse.

 

Art. 4.

 

1. Il comma 1 dell'articolo 443 del codice di procedura penale è abrogato.

 

 


Normativa di riferimento

 


Costituzione della Repubblica italiana
(art. 111
)

 

Norme sulla giurisdizione.

(omissis)

Art. 111.

La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge (1).

 

Ogni processo si svolge nel contradditorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata (2).

 

Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo (3).

 

Il processo penale è regolato dal principio del contradditorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore (4).

 

La legge regola i casi la cui formazione della prova non ha luogo in contradditorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita (5).

 

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati [Cost. 13, 14, 15, 21].

 

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale [Cost. 13], pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge [Cost. 137]. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra [Cost. 103; disp. att. Cost. VI].

 

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione [Cost. 131].

 

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(1) Comma così inserito dall'art. 1, L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Gazz. Uff. 23 dicembre 1999, n. 300). L'art. 2 della stessa ha disposto che la legge regoli l'applicazione dei principi in essa contenuti, ai processi penali in corso alla data della sua entrata in vigore. In attuazione di tale disposizione, l'art. 1, D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 25 febbraio 2000, n. 35, ha così stabilito: «Art. 1 - 1. Fino alla data di entrata in vigore della legge che disciplina l'attuazione dell'articolo 111 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, ed in applicazione dell'articolo 2 della stessa legge costituzionale, i principi di cui all'articolo 111 della Costituzione si applicano ai procedimenti in corso salve le regole contenute nei commi successivi. 2. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, sono valutate, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, solo se la loro attendibilità è confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalità. 3. Le dichiarazioni possono essere comunque valutate quando, sulla base di elementi concreti, verificati in contraddittorio, risulta che la persona è stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché si sottragga all'esame. 4. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse. 5. Nell'udienza preliminare dei processi penali in corso nei confronti di imputato minorenne, il giudice, se ritiene di poter decidere allo stato degli atti, informa l'imputato della possibilità di consentire che il procedimento a suo carico sia definito in quella fase. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche ai procedimenti che proseguono con le norme del codice di procedura penale anteriormente vigente.».

(2) Comma così inserito dall'art. 1, L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Gazz. Uff. 23 dicembre 1999, n. 300). L'art. 2 della stessa ha disposto che la legge regoli l'applicazione dei principi in essa contenuti, ai processi penali in corso alla data della sua entrata in vigore. In attuazione di tale disposizione, l'art. 1, D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 25 febbraio 2000, n. 35, ha così stabilito: «Art. 1 - 1. Fino alla data di entrata in vigore della legge che disciplina l'attuazione dell'articolo 111 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, ed in applicazione dell'articolo 2 della stessa legge costituzionale, i principi di cui all'articolo 111 della Costituzione si applicano ai procedimenti in corso salve le regole contenute nei commi successivi. 2. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, sono valutate, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, solo se la loro attendibilità è confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalità. 3. Le dichiarazioni possono essere comunque valutate quando, sulla base di elementi concreti, verificati in contraddittorio, risulta che la persona è stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché si sottragga all'esame. 4. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse. 5. Nell'udienza preliminare dei processi penali in corso nei confronti di imputato minorenne, il giudice, se ritiene di poter decidere allo stato degli atti, informa l'imputato della possibilità di consentire che il procedimento a suo carico sia definito in quella fase. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche ai procedimenti che proseguono con le norme del codice di procedura penale anteriormente vigente.».

(3) Comma così inserito dall'art. 1, L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Gazz. Uff. 23 dicembre 1999, n. 300). L'art. 2 della stessa ha disposto che la legge regoli l'applicazione dei principi in essa contenuti, ai processi penali in corso alla data della sua entrata in vigore. In attuazione di tale disposizione, l'art. 1, D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 25 febbraio 2000, n. 35, ha così stabilito: «Art. 1 - 1. Fino alla data di entrata in vigore della legge che disciplina l'attuazione dell'articolo 111 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, ed in applicazione dell'articolo 2 della stessa legge costituzionale, i principi di cui all'articolo 111 della Costituzione si applicano ai procedimenti in corso salve le regole contenute nei commi successivi. 2. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, sono valutate, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, solo se la loro attendibilità è confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalità. 3. Le dichiarazioni possono essere comunque valutate quando, sulla base di elementi concreti, verificati in contraddittorio, risulta che la persona è stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché si sottragga all'esame. 4. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse. 5. Nell'udienza preliminare dei processi penali in corso nei confronti di imputato minorenne, il giudice, se ritiene di poter decidere allo stato degli atti, informa l'imputato della possibilità di consentire che il procedimento a suo carico sia definito in quella fase. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche ai procedimenti che proseguono con le norme del codice di procedura penale anteriormente vigente.».

(4) Comma così inserito dall'art. 1, L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Gazz. Uff. 23 dicembre 1999, n. 300). L'art. 2 della stessa ha disposto che la legge regoli l'applicazione dei principi in essa contenuti, ai processi penali in corso alla data della sua entrata in vigore. In attuazione di tale disposizione, l'art. 1, D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 25 febbraio 2000, n. 35, ha così stabilito: «Art. 1 - 1. Fino alla data di entrata in vigore della legge che disciplina l'attuazione dell'articolo 111 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, ed in applicazione dell'articolo 2 della stessa legge costituzionale, i principi di cui all'articolo 111 della Costituzione si applicano ai procedimenti in corso salve le regole contenute nei commi successivi. 2. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, sono valutate, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, solo se la loro attendibilità è confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalità. 3. Le dichiarazioni possono essere comunque valutate quando, sulla base di elementi concreti, verificati in contraddittorio, risulta che la persona è stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché si sottragga all'esame. 4. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse. 5. Nell'udienza preliminare dei processi penali in corso nei confronti di imputato minorenne, il giudice, se ritiene di poter decidere allo stato degli atti, informa l'imputato della possibilità di consentire che il procedimento a suo carico sia definito in quella fase. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche ai procedimenti che proseguono con le norme del codice di procedura penale anteriormente vigente.».

(5) Comma così inserito dall'art. 1, L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Gazz. Uff. 23 dicembre 1999, n. 300). L'art. 2 della stessa ha disposto che la legge regoli l'applicazione dei principi in essa contenuti, ai processi penali in corso alla data della sua entrata in vigore. In attuazione di tale disposizione, l'art. 1, D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 25 febbraio 2000, n. 35, ha così stabilito: «Art. 1 - 1. Fino alla data di entrata in vigore della legge che disciplina l'attuazione dell'articolo 111 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, ed in applicazione dell'articolo 2 della stessa legge costituzionale, i principi di cui all'articolo 111 della Costituzione si applicano ai procedimenti in corso salve le regole contenute nei commi successivi. 2. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, sono valutate, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, solo se la loro attendibilità è confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalità. 3. Le dichiarazioni possono essere comunque valutate quando, sulla base di elementi concreti, verificati in contraddittorio, risulta che la persona è stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché si sottragga all'esame. 4. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse. 5. Nell'udienza preliminare dei processi penali in corso nei confronti di imputato minorenne, il giudice, se ritiene di poter decidere allo stato degli atti, informa l'imputato della possibilità di consentire che il procedimento a suo carico sia definito in quella fase. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche ai procedimenti che proseguono con le norme del codice di procedura penale anteriormente vigente.».


Codice di procedura penale
(
artt. 323, 443, 593 e 597)

 

 

Art. 323.

Perdita di efficacia del sequestro preventivo.

1. Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell'articolo 240 del codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo.

 

2. Quando esistono più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova [c.p.p. 262], il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari.

 

3. Se è pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate.

 

4. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'articolo 316.

 

(omissis)

 

Art. 443.

Limiti all'appello.

L'imputato e il pubblico ministero non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento, quando l'appello tende ad ottenere una diversa formula (1).

2. [L'imputato non può proporre appello contro le sentenze di condanna a una pena che comunque non deve essere eseguita [c.p.p. 163] ovvero alla sola pena pecuniaria] (2).

3. Il pubblico ministero non può proporre appello contro le sentenze di condanna [c.p.p. 533], salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo del reato [c.p.p. 521].

4. Il giudizio di appello si svolge con le forme previste dall'articolo 599 (3).

 

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(1) Comma così sostituito dall'art. 31, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «1. L'imputato e il pubblico ministero non possono proporre appello contro: a) le sentenze di proscioglimento, quando l'appello tende a ottenere una diversa formula; b) le sentenze con le quali sono applicate sanzioni sostitutive.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 18-30 luglio 1997, n. 288 (Gazz. Uff. 6 agosto 1997, n. 32 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità della lettera b), in riferimento agli artt. 2, 3, 10, e 24 Cost.

(2) Comma abrogato dall'art. 31, L. 16 dicembre 1999, n. 479. In precedenza la Corte costituzionale, con sentenza 11-23 luglio 1991, n. 363 (Gazz. Uff. 31 luglio 1991, n. 30 - Prima serie speciale), aveva dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 443, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui stabilisce che l'imputato non può proporre appello contro le sentenze di condanna a una pena che comunque non deve essere eseguita; b) non fondata la questione di legittimità dell'art. 443, terzo comma, c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost.

(3) Sui limiti di applicabilità delle norme contenute negli articoli 438 e seguenti, vedi l'art. 4-ter, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 5 giugno 2000, n. 144.

La Corte costituzionale, con sentenza 20-24 maggio 1991, n. 230 (Gazz. Uff. 20 maggio 1991, n. 21 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 443, quarto comma, c.p.p., in riferimento agli artt. 76 e 77 Cost., e in relazione agli artt. 1 e 2, comma primo, primo inciso e numeri 53 e 93 della L. 16 febbraio 1987, n. 81; con sentenza 10-24 marzo 1994, n. 98 (Gazz. Uff. 6 aprile 1994, n. 15 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 443 e 595, c.p.p., nella parte in cui non consentono al pubblico ministero, in esito al giudizio abbreviato, di proporre impugnazione incidentale nel caso in cui l'imputato proponga appello avverso la sentenza di condanna, in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost.

 

(omissis)

 

 

Art. 593.

Casi di appello.

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, 448 comma 2, 469, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna [c.p.p. 533] o di proscioglimento [c.p.p. 529].

 

2. L'imputato non può appellare contro la sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto [c.p.p. 530].

 

3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda e le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa (1).

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(1) Comma così sostituito prima dall'art. 18, L. 24 novembre 1999, n. 468 e poi dall'art. 13, L. 26 marzo 2001, n. 128. L'art. 1, L. 19 aprile 2002, n. 72 ha così disposto:

«Art. 1. 1. Il ricorso per cassazione presentato, prima del 4 maggio 2001, contro una sentenza di condanna per delitto per il quale è stata applicata la sola pena della multa o contro sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a delitti puniti con la sola pena della multa o con pena alternativa, si converte in appello, ai sensi dell'articolo 580 del codice di procedura penale, su richiesta della parte che lo ha presentato.

2. La richiesta di cui al comma 1 è presentata, anche a mezzo telefax, almeno cinque giorni prima della data della prima udienza successiva all'entrata in vigore della presente legge, per la quale vi sia stata regolare notifica a tutte le parti.

3. Nei termini per la presentazione dei motivi aggiunti possono essere presentati nuovi motivi di merito». Il testo in vigore prima della sostituzione disposta dalla legge n. 128 del 2001 era il seguente: «3. Sono inappellabili le sentenze di condanna relative a reati per i quali è stata applicata la sola pena pecuniaria e le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa.». Il testo in vigore prima della sostituzione disposta dalla legge n. 468 del 1999 era il seguente: «3. Sono inappellabili le sentenze di condanna relative a contravvenzioni per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda e le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena alternativa».

 

 

(omissis)

 

Art. 597.

Cognizione del giudice di appello.

1. L'appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti [c.p.p. 581, 585, comma 4].

 

2. Quando appellante è il pubblico ministero:

a) se l'appello riguarda una sentenza di condanna [c.p.p. 533], il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge;

b) se l'appello riguarda una sentenza di proscioglimento [c.p.p. 529], il giudice può pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti indicati nella lettera a) ovvero prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata;

c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.

 

3. Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l'imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado.

 

4. In ogni caso, se è accolto l'appello dell'imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita.

 

5. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e una o più circostanze attenuanti; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell'articolo 69 del codice penale.


VII Protocollo addizionale
alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

firmato a Strasburgo il 22 novembre 1984 (1)

 

 

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(1)Il Protocollo, reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98 pubblicata nella G.U. n. 100 del 2 maggio 1990, è entrato in vigore per l'Italia il 1° febbraio 1992.

 

 

 

Gli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari del presente Protocollo,

 

Risoluti ad adottare ulteriori misure idonee per assicurare la garanzia collettiva di alcuni diritti e libertà mediante la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (qui di seguito denominata "la Convenzione")

 

Hanno convenuto quanto segue:

 

Articolo 1

Garanzie procedurali in caso di espulsioni di stranieri.

1. Uno straniero regolarmente residente nel territorio di uno Stato non può essere espulso, se non in esecuzione di una decisione presa conformemente alla legge e deve poter:

a. far valere le ragioni che si oppongono alla sua espulsione,

b. far esaminare il suo caso e

c. farsi rappresentare a tali fini davanti all'autorità competente o ad una o più persone designate da tale autorità.

 

2. Uno straniero può essere espulso prima dell'esercizio dei diritti enunciati al paragrafo 1 a, b e c di questo articolo, qualora tale espulsione sia necessaria nell'interesse dell'ordine pubblico o sia motivata da ragioni di sicurezza nazionale.

 

 

Articolo 2

Diritto ad un doppio grado di giurisdizione in materia penale.

1. Ogni persona dichiarata rea da un tribunale ha il diritto di far esaminare la dichiarazione di colpevolezza o la condanna da un tribunale della giurisdizione superiore. L'esercizio di tale diritto, ivi inclusi i motivi per cui esso può essere esercitato, è disciplinato dalla legge.

 

2. Tale diritto può essere oggetto di eccezioni per i reati minori, quali sono definiti dalla legge, o quando l'interessato è stato giudicato in prima istanza da un tribunale della giurisdizione più elevata o è stato dichiarato colpevole e condannato a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento.

 

 

Articolo 3

Diritto di risarcimento in caso di errore giudiziario .

Qualora una condanna penale definitiva sia successivamente annullata o qualora la grazia sia concessa perchè un fatto sopravvenuto o nuove rivelazioni comprovano che vi è stato un errore giudiziario, la persona che ha subito una pena in ragione di tale condanna sarà risarcita, conformemente alla legge o agli usi in vigore nello Stato interessato, a meno che non sia provato che la mancata rivelazione in tempo utile del fatto non conosciuto le sia interamente o parzialmente imputabile.

 

 

Articolo 4

Diritto a non essere giudicato o punito due volte.

1.Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.

 

2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta.

 

3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell'articolo 15 della Convenzione.

 

 

Articolo 5

Uguaglianza degli sposi.

I coniugi godono dell'uguaglianza di diritti e di responsabilità di carattere civile tra di essi e nelle loro relazioni con i loro figli riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e in caso di suo scioglimento. Il presente articolo non impedisce agli Stati di adottare le misure necessarie nell'interesse dei figli.

 

 

Articolo 6

Applicazione territoriale

1. Ogni Stato, al momento della firma o al momento del deposito del suo strumento di ratifica, d'accettazione o d'approvazione, puó designare il territorio o i territori nei quali si applicherà il presente Protocollo, indicando i limiti entro cui si impegna ad applicare le disposizioni del presente Protocollo in tale territorio o territori.

 

2. Ogni Stato, in qualunque altro momento successivo, mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, puó estendere l'applicazione del presente Protocollo ad ogni altro territorio indicato nella dichiarazione. Il Protocollo entrerà in vigore per questo territorio il primo giorno del mese successivo al termine di un periodo di due mesi dalla data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario Generale.

 

3. Ogni dichiarazione fatta in virtù dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata o modificata per quanto riguarda ogni territorio designato in questa dichiarazione, mediante notificazione indirizzata al Segretario Generale. Il ritiro o la modifica avrà effetto a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine di un periodo di due mesi dalla data di ricezione della notificazione da parte del Segretario Generale.

 

4. Una dichiarazione fatta conformemente al presente articolo sarà considerata come fatta in conformità al paragrafo 1 dell'articolo 56 della Convenzione.

 

5. Il territorio di ogni Stato nel quale il presente Protocollo si applica in virtù della ratifica, dell'accettazione o della approvazione da parte di tale Stato, e ciascuno dei territori nei quali il Protocollo si applica in virtù di una dichiarazione sottoscritta dallo stesso Stato conformemente al presente articolo, possono essere considerati come territori distinti ai fini del riferimento al territorio dì uno Stato fatto dall'articolo 1.

 

6.Ogni Stato che ha reso una dichiarazione in conformità con il paragrafo 1 o 2 del presente articolo può in qualsiasi momento successivo, dichiarare relativamente ad uno o più dei territori indicati in tale dichiarazione, che accetta la competenza della Corte a giudicare i ricorsi di perone fisiche, di organizzazioni non governative o di gruppi di privati, come lo prevede l'articolo 34 della Convenzione, secondo gli articoli da 1 a 5 del presente Protocollo.

 

 

Articolo 7

Relazioni con la Convenzione.

1. Gli Stati contraenti considerano gli articoli da 1 a 6 del presente Protocollo come articoli addizionali alla Convenzione e tutte le disposizioni della Convenzione si applicano di conseguenza.

 

 

Articolo 8

Firma e ratifica.

Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa che hanno firmato la Convenzione. Esso sarà sottoposto a ratifica, accettazione o approvazione. Uno Stato membro del Consiglio d'Europa non può ratificare, accettare o approvare il presente Protocollo senza aver simultaneamente o anteriormente ratificato la Convenzione. Gli strumenti di ratifica, d'accettazione o d'approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

 

 

Articolo 9

Entrata in vigore.

1. Il presente Protocollo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al termine di un periodo di due mesi dalla data in cui sette Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso ad essere vincolati dal Protocollo conformemente alle disposizioni dell'articolo 8.

 

2. Per ogni Stato membro che esprimerà ulteriormente il suo consenso ad essere vincolato dal Protocollo, questo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al termine di un periodo di due mesi dalla data del deposito dello strumento di ratifica, d'accettazione o d'approvazione.

 

 

Articolo 10

Funzioni del depositario.

Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà agli Stati membri del Consiglio d'Europa:

a. ogni firma;

b. il deposito di ogni strumento di ratifica, d'accettazione o d'approvazione;

c. ogni data d'entrata in vigore del presente Protocollo conformemente agli articoli 6 e 9;

d. ogni altro atto, notificazione o dichiarazione riguardante il presente Protocollo.

 

 

In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente Protocollo.

 

Fatto a Strasburgo il 22 novembre 1984 in francese ed in inglese, i due testi facendo ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa ne trasmetterà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d'Europa.