XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario - Lavori preparatori della Legge 25 luglio 2005, n. 150 - Iter alla Camera (AC 4636-BIS-D) in terza lettura - Esame in Commissione ed in Assemblea (Parte XIII) | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 535 Progressivo: 1 | ||
Data: | 17/10/05 | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario Lavori preparatori della Iter alla Camera: terza lettura |
n. 535/1 parte XIII |
xiv legislatura 17 ottobre 2005 |
Camera dei deputati
La documentazione predisposta in occasione dell'esame del disegno di legge recante la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario (A.C. 4636) si articola nei seguenti volumi:
- dossier n. 535:contiene la scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa, le schede di lettura ed il disegno di legge A.C. 4636 (parte I); contiene la normativa di riferimento (parte II)
- dossier n. 535/1: contiene i lavori parlamentari alla Camera e al Senato (suddiviso in tredici parti)
- Prima lettura al Senato (A.S. 1296 e abb.)
- Parte I: testo dei disegni di legge
- Parte II: esame in Commissione
- Parte III: esame in Assemblea
- Prima lettura alla Camera (A.C. 4636 e abb.)
- Parte IV: testo dei disegni di legge
- Parte V: esame in Commissione e in Assemblea
- Seconda lettura al Senato (A.S. 1296-B e abb.)
- Parte VI: testo dei disegni di legge e esame in Commissione
- Parte VII: esame in Assemblea: sedute dal 20 settembre al 2 novembre 2004
- Parte VIII: esame in Assemblea: sedute dal 3 al 10 novembre 2004
- Seconda lettura alla Camera (A.C. 4636-bis-B e abb.)
- Parte IX: testo dei disegni di legge, esame in sede referente e consultiva, esame in Assemblea
- Terza lettura al Senato (A.S. 1296-B-bis)
- Parte X: messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, testo del disegno di legge, esame in sede referente e consultiva
- Parte XI: esame in Assemblea: sedute dal 26 gennaio al 15 giugno 2005
- Parte XII: esame in Assemblea: sedute dal 22 al 28 giugno 2005
- Terza lettura alla Camera (A.C. 4636-bis-D e abb.)
- Parte XIII: Esame in Commissione e in Assemblea
- dossier n. 535/2:contiene le schede di lettura, la normativa di riferimento e l’A.C. 4636-bis-B
- dossier n. 535/3:contiene le schede di lettura e l’A.C. 4636-bis-D.
Dipartimento Giustizia
SIWEB
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File: GI0284ao.doc
INDICE
Parte XIII
Iter alla Camera - terza lettura
Esame in sede referente presso la 2ª Commissione (Giustizia)
§ Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)
- Comitato per la legislazione
- I Commissione (Affari costituzionali)
- V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione)
- XI Commissione (Lavoro pubblico e privato)
- I Commissione (Affari costituzionali)
- V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione)
Relazione della II Commissione Giustizia
Iter alla Camera - terza lettura
N. 4636-BIS-D
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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presentato dal
ministro della giustizia di concerto con
il ministro dell'economia e delle finanze APPROVATO DAL
SENATO DELLA REPUBBLICA MODIFICATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI NUOVAMENTE
MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA APPROVATO DALLA
CAMERA DEI DEPUTATI RINVIATO ALLE CAMERE DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PER UNA NUOVA DELIBERAZIONE CON MESSAGGIO MOTIVATO A NORMA DELL'ARTICOLO 74 DELLA COSTITUZIONE il 16 dicembre 2004 (v. stampato Camera Doc. I, n. 6) APPROVATO, CON
MODIFICAZIONI, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA ¾ |
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Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico |
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Trasmesso dal
Presidente del Senato della Repubblica
il 29 giugno 2005
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SEDE REFERENTE
Giovedì 30 giugno 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il Sottosegretario per l'interno Michele Saponara.
La seduta comincia alle 14.10.
(omissis)
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636 bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Esame e rinvio)
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che la Commissione Giustizia avvia oggi l'esame del disegno di legge C.4636- bis-D, recante la « Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico», rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 e modificato dal Senato.
Avverte altresì che nella riunione odierna dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stata prospettata la possibilità di circoscrivere la discussione alle parti che formano oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, nonché a tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente, la cui modifica potrebbe risultare necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica. Resta fermo che la puntuale delimitazione delle parti del provvedimento che attengono al messaggio avverrà al termine dell'esame preliminare. In tal modo vi sarà la possibilità di tenere conto di quanto emergerà dal dibattito, essendo altrimenti prematura una decisione su tali aspetti. In quella occasione la Commissione dovrà deliberare sulla proposta di limitazione della discussione da sottoporre all'assemblea, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento.
L'Ufficio di Presidenza ha altresì convenuto sull'opportunità di sentire i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell' Organismo Unitario dell'Avvocatura, dell'Unione Camere Penali Italiane e dell'Associazione Italiana Giovani Avvocati.
Invita pertanto il relatore ad illustrare il testo trasmesso dal Senato.
Nitto Francesco PALMA (FI), relatore, rileva che la Camera dei deputati si trova per la terza volta ad esaminare il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario. Il procedimento legislativo è stato avviato al Senato il 12 giugno 2002. Il disegno di legge venne approvato il 21 gennaio 2004; modificato dalla Camera dei deputati il 30 giugno 2004; nuovamente modificato dal Senato il 10 novembre 2004 e, quindi, approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 1o dicembre 2004. Il Presidente della Repubblica, il 16 dicembre 2004, ha rinviato alle Camere il testo approvato in via definitiva, il quale è stato approvato con modificazioni dal Senato il 28 giugno 2005.
Da questo breve excursus dell'iter legislativo risulta evidente che la portata innovativa della riforma è ben nota a tutti i componenti della Commissione. Pertanto, sebbene la limitazione dell'esame sarà effettuata al termine dell'esame preliminare, avverte che si limiterà ad illustrare le modifiche apportate dal Senato al testo che è stato oggetto del rinvio da parte del Presidente della Repubblica.
Il Senato, il 26 gennaio scorso, ha delimitato il proprio intervento ai quattro punti oggetto del rinvio presidenziale, «ferma restando infine la possibilità di interventi di coordinamento ulteriori in relazione alle modifiche che risultassero apportate a seguito della discussione dei punti sopra indicati, la Commissione propone altresì che siano da intendersi indirettamente oggetto del messaggio tutte le disposizioni aventi rilievo finanziario, quantomeno ai fini dell'adeguamento della copertura per il triennio 2005-2007, nonché tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente la cui modifica potrebbe risultare necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica».
Il primo punto del messaggio ha per oggetto l'articolo 2, comma 31, lettera a), del testo approvato definitivamente, secondo il quale entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull'amministrazione della giustizia nel precedente anno e sulle linee di politica giudiziaria per l'anno in corso. Il Presidente della repubblica ha rilevato che questa norma, laddove prevede che le comunicazioni del Ministro della giustizia alle Camere comprendono le «linee di politica giudiziaria per l'anno in corso», si pone in evidente contrasto con una serie di disposizioni costituzionali (articoli 101, 104, 110 e 112). In sostanza, la norma configurerebbe «un potere di indirizzo in capo al Ministro della giustizia, che non trova cittadinanza nel titolo IV della Costituzione, in base al quale l'esercizio autonomo e indipendente della funzione giudiziaria è pienamente tutelato, sia nei confronti del potere esecutivo, sia rispetto alle attribuzioni dello stesso Consiglio superiore della magistratura».
Il Senato ha modificato la norma stabilendo che il Ministro rende comunicazioni alle Camere sull'amministrazione della giustizia nel precedente anno nonché sugli interventi da adottare ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l'anno in corso. È chiaro che la scelta operata dal Senato viene incontro ai rilievi del Presidente della Repubblica.
Il secondo punto del messaggio ha per oggetto l'articolo 2, comma 14, lettera c) del testo approvato dalla Camera, che prevedeva l'istituzione presso ogni direzione generale regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria dell'ufficio per il monitoraggio dell'esito dei procedimenti. Il presidente della Repubblica ha ritenuto che questa disposizione si pone in palese contrasto con gli articoli 101, 104 e 110 della Costituzione, in quanto il monitoraggio dell'esito dei procedimenti - fase per fase, grado per grado - affidato a strutture del Ministero della giustizia, esula dalla «organizzazione» e dal «funzionamento dei servizi relativi alla giustizia», che costituiscono il contenuto e il limite costituzionale delle competenze del Ministro. Il Senato ha soppresso la disposizione criticata dal Presidente.
Il terzo punto del messaggio attiene alla questione riguardante la facoltà di impugnativa attribuita al Ministro della giustizia dall'articolo 2, comma 1, lettera m), del testo approvato dalla Camera. Secondo tale norma, lo stesso Ministro è «legittimato a ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere del Consiglio superiore della magistratura concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi adottate in contrasto con il proprio concerto o parere. A parere del Presidente della Repubblica, tale previsione contrasta con l'articolo 134 della Costituzione nella parte in cui stabilisce che è la Corte costituzionale a giudicare sui «conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato», compresi quindi i conflitti tra Consiglio superiore della magistratura e Ministro della giustizia relativi alle procedure per il conferimento o la proroga degli incarichi direttivi. Il Presidente ha evidenziato che in tema di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi, il rapporto tra Consiglio e Ministro implica soltanto un «vincolo di metodo», che impedisce il ricorso agli ordinari mezzi di impugnazione, in quanto altrimenti il Ministro assumerebbe il ruolo di titolare di un interesse legittimo contrapposto a quello del Consiglio superiore, parificabile a quello del controinteressato che si dolga di essere stato escluso.
Il Senato ha affrontato la questione sollevata dal Presidente della Repubblica specificando che il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall'articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi.
Il quarto punto investe i poteri del Consiglio superiore della magistratura. Secondo il Presidente della Repubblica, il testo approvato dalla Camera sarebbe lesivo delle competenze attribuite al CSM dall'articolo 105 della Costituzione.
L'autonomia di tale organo di rilevanza costituzionale verrebbe lesa dal sistema delineato nella legge delega che colloca al centro di ogni procedura concorsuale la Scuola superiore della magistratura, struttura esterna al Consiglio superiore, e apposite commissioni, anch'esse esterne allo stesso Consiglio. In sostanza, a parere del Capo dello Stato, il sistema «sottopone sostanzialmente il Consiglio superiore della magistratura a un regime di vincolo che ne riduce notevolmente i poteri definiti nel citato articolo 105 della Costituzione.» In particolare, nel messaggio si evidenzia che l'invasione della sfera di competenza è particolarmente evidente nell'ipotesi in cui i candidati siano stati esclusi nell'ambito delle procedure di esame, poiché, allorché manchino il favorevole giudizio conseguito presso la Scuola superiore o la positiva valutazione nel concorso da parte della commissione, il Consiglio non può neppure prendere in considerazione la posizione del candidato escluso.
Il Senato ha modificato anche su questo punto il testo approvato dalla Camera attribuendo al CSM il potere di valutare o comunque di tenere in conto il giudizio finale formulato dalla Scuola superiore della magistratura nell'ambito delle procedure concorsuali. Il CSM non è quindi vincolato dalle graduatorie del concorso, potendo nominare candidati ricompresi tra coloro che sono stati dichiarati idonei.
Nell'ambito delle «disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente la cui modifica potrebbe risultare necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica», che, come abbiamo visto, sono state oggetto di esame da parte del Senato, vi rientra il comma 10 dell'articolo 2 del testo approvato dal Senato. Si tratta della norma transitoria relativa alla proroga del dell'esercizio delle funzioni attribuite al magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della legge. Come si ricorderà, tale questione è stata disciplinata dall'articolo 2 della legge 1o marzo 2005, n. 26, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, recante proroga di termini.
Il Senato ha inoltre introdotto una nuova disposizione transitoria (articolo 2, comma 46-bis), volta a stabilire che nelle more dell'attuazione della delega prevista dal comma 10 (ex comma 11 del testo approvato dalla Camera), non possono essere conferiti incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e non possono essere conferiti incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista dal citato articolo 5 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946. Tale disposizione si applica anche alle procedure per il conferimento degli incarichi direttivi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
Mario PEPE (FI) rileva come dal messaggio del Capo dello Stato si evidenzi che la paralisi della giustizia in Italia dipende dal contrasto tra il Ministro della Giustizia, su cui grava la responsabilità del buon andamento dell'organizzazione giudiziaria, ed i singoli giudici cui la Costituzione riconosce piena autonomia ed indipendenza.
Rileva inoltre che il Consiglio superiore della magistratura si è dimostrato un organo di non governo della magistratura, piuttosto che un organo di autogoverno.
Giuliano PISAPIA (RC) chiede chiarimenti in ordine alle modalità con cui il Senato ha modificato il testo dell'ordinamento giudiziario per accogliere il terzo rilievo avanzato dal Capo dello Stato che attiene alla questione riguardante la facoltà di impugnativa attribuita al Ministro della giustizia in sede di giustizia amministrativa contro le delibere del Consiglio superiore della magistratura concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi adottate in contrasto con il proprio concerto o parere.
Gaetano PECORELLA, presidente, rileva che il Senato ha specificato che il Ministro della giustizia può ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi solo fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. In tal modo il ricorso alla giustizia amministrativa sarà ammissibile solo nei casi in cui si possa riscontrare un vizio di legittimità della procedura seguita dal CSM.
Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) invita la Commissione a soffermarsi sulle soluzioni adottate dal Senato per recepire i rilievi del Presidente della Repubblica, al fine così di poter valutare se le tali soluzioni siano idonee a superare le critiche avanzata sul testo dal Capo dello Stato.
Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
SEDE REFERENTE
Martedì 5 luglio 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Intervengono il Sottosegretario di Stato per l'interno Michele Saponara, il Sottosegretario per la giustizia Jole Santelli ed il Sottosegretario per la giustizia Giuseppe Valentino.
La seduta comincia alle 14.40.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636 bis-D rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 30 giugno 2005.
Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo, nella seduta dell'Assemblea di domani, mercoledì 6 luglio, potrà aver luogo la deliberazione ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento, relativa alla limitazione della discussione del provvedimento in esame alle parti che formano oggetto del messaggio di rinvio del Presidente della Repubblica. Ciò significa che oggi la Commissione dovrà assumere la decisione se proporre all'Assemblea di delimitare la discussione del disegno di legge in esame.
Nella riunione odierna dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, al fine di non concludere l'esame preliminare già oggi, si è convenuto, diversamente da quanto stabilito nella riunione del 30 giugno scorso, di non far coincidere la conclusione dell'esame preliminare con la deliberazione su una eventuale proposta di limitare l'esame del provvedimento ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento.
L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha quindi convenuto di dedicare la settimana corrente all'esame preliminare del provvedimento e la settimana dall'11 al 14 luglio all'esame degli emendamenti, il cui termine di presentazione sarà fissato alle ore 14 di lunedì 11 luglio, in modo da poter votare il conferimento del mandato al relatore entro giovedì 14 luglio.
Considerato che, come si è già detto, è prevista per domani in Assemblea la eventuale limitazione della discussione ai sensi dell'articolo 71, comma 2, nella seduta odierna la Commissione procederà deliberazione circa la eventuale proposta che sarà sottoposta all'Assemblea in ordine alla limitazione della discussione.
Nitto Francesco PALMA (FI), relatore, propone che l'Assemblea limiti, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento, la discussione del disegno di legge C. 4636-bis-D, recante la «Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico», alle parti che sono oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, con cui il medesimo disegno di legge è stato rinviato alle Camere, e in particolare, anche tenendo conto di quanto stabilito nel corso dell'esame presso il Senato, alle seguenti disposizioni: articolo 2, comma 1, lettera g), numero 1), che definisce il procedimento per il passaggio alla funzione requirente; articolo 2, comma 1, lettera g), numero 3), che definisce il procedimento per il passaggio alla funzione giudicante; articolo 2, comma 1, lettera h), numero 17), che definisce il procedimento per l'attribuzione delle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado, di primo grado elevato e di secondo grado; articolo 2, comma 1, lettera i), numero 6), che definisce il procedimento per l'attribuzione delle funzioni direttive giudicanti e requirenti di legittimità; articolo 2, comma 1, lettera l), numeri 3), 3.1), 3.2), 3.3), 3.4) e 3.5) che definiscono il procedimento per l'attribuzione dei posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado; articolo 2, comma 1, lettera l), numeri 4), 4.1), 4.2), 4.3), 4.4) e 4.5) che definiscono il procedimento per l'attribuzione dei posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado; articolo 2, comma 1, lettera l), numeri 5) e 6), che prevedono l'istituzione delle commissioni di concorso per l'attribuzione dei posti vacanti residuati nelle funzioni giudicante e requirente di secondo grado; articolo 2, comma 1, lettera l), numero 7), che definisce il procedimento per l'attribuzione dei posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità; articolo 2, comma 1, lettera l), numero 8), che prevede l'istituzione della commissione del concorso per l'attribuzione dei posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità; articolo 2, comma 1, lettera l), numero 9), che definisce il procedimento per l'attribuzione dei posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità; articolo 2, comma 1, lettera l), numero 10), che prevede l'istituzione della commissione di del concorso per l'attribuzione dei posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità; articolo 2, comma 1, lettera l), numero 12), che definisce la durata della validità dell'esito dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e alle funzioni di legittimità; articolo 2, comma 1, lettera m), numero 1), che definisce il procedimento per l'attribuzione degli incarichi direttivi e che, fuori dei casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, attribuisce al Ministro della giustizia la facoltà di ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere del Consiglio superiore della magistratura concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi; articolo 2, comma 1, lettera m), numero 2), che definisce il procedimento per l'attribuzione degli incarichi semidirettivi; articolo 2, comma 1, lettera m), numeri 9) e 10), che prevedono l'istituzione di commissioni di esame alle funzioni direttive semidirettive giudicanti e requirenti; articolo 2, comma 2, lettere l) e m), che definiscono la struttura della Scuola Superiore della magistratura; articolo 2, comma 2, lettera o), che prevede i corsi di aggiornamento professionale e quelli di formazione dei magistrati; articolo 2, comma 2, lettera t), che prevede le valutazioni periodiche di professionalità dei magistrati che non abbiano sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado e di legittimità e l'articolo 2, comma 29, lettera a), che disciplina le comunicazioni del Ministro della giustizia alle Camere sull'amministrazione della giustizia.
Propone altresì di limitare la discussione dell'Assemblea alle disposizioni del disegno di legge, nel testo approvato dalla Camera dei deputati il 1o dicembre 2004, soppresse dal Senato, a quelle aventi rilievo finanziario, di cui si renda necessario l'adeguamento a seguito del rinvio, nonché alle disposizioni connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente la cui modifica possa risultare necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica.
Qualora, a seguito della modifica delle disposizioni oggetto del messaggio sopra indicate, occorra procedere ad eventuali interventi di coordinamento, potranno formare oggetto di esame le seguenti disposizioni, ferma restando la possibilità di ulteriori interventi di coordinamento in relazione alle modifiche che saranno apportate al testo: articolo 2, comma 1, lettera f), numeri 2), 3), 4), 5) e 6), che definiscono la progressione giuridica dei magistrati; articolo 2, comma 1, lettera g), numero 2), che prevede l'istituzione della commissione del concorso per il passaggio alla funzione requirente; articolo 2, comma 1, lettera g), numero 4), che prevede l'istituzione della commissione del concorso per il passaggio alla funzione giudicante; articolo 2, comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16), che individuano le funzioni semidirettive e direttive giudicanti e requirenti di primo grado, di primo grado elevato e di secondo grado e ne definiscono il procedimento per l'accesso; articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5) che individuano le funzioni direttive e direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità, nonché le funzioni direttive superiori apicali di legittimità e ne definiscono il procedimento per l'accesso; articolo 2, comma 1, lettera l), numeri 1) e 2) che definiscono il procedimento per l'attribuzione dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di primo grado; articolo 2, comma 1, lettera m), numero 3), che stabilisce il principio della temporaneità degli incarichi direttivi; articolo 2, comma 1, lettera m), numero 11), che definisce i titoli per l'attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi; articolo 2, comma 1, lettera n), che definisce il procedimento per il conferimento dell'incarico di Procuratore nazionale antimafia; articolo 2, comma 1, lettera p), che stabilisce la durata delle Commissioni di cui alle lettere l) ed m); articolo 2, comma 1, lettera q), numeri 2) e 3) che definiscono la progressione economica dei magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado e quelle di legittimità a seguito di concorsi; articolo 2, comma 2, lettera s), che definisce il procedimento per il conferimento dell'idoneità per l'esercizio in via definitiva delle funzioni dopo il settimo anno dall'in gresso in magistratura; articolo 2, comma 9, lettere b), d) e) ed f), che definisce la disciplina transitoria per l'attribuzione delle funzioni e l'articolo 2, comma 10, che definisce la disciplina transitoria per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché gli incarichi direttivi.
Pierluigi MANTINI (MARGH-U) rileva che la decisione di limitare la discussione del testo sull'ordinamento giudiziario già nel corso dell'esame preliminare si pone in contrasto con l'articolo 71 del regolamento della Camera dei deputati, secondo cui la Commissione competente ha l'obbligo di riferire all'Aula sull'intero progetto di legge oggetto del messaggio del capo dello Stato, e solo successivamente l'Assemblea può limitare le parti oggetto di esame. Rileva che, esaminando già oggi la questione della delimitazione della discussione, si avvia l'esame del disegno di legge recante modifiche all'ordinamento giudiziario con una violazione palese delle norme sul procedimento legislativo.
Rileva inoltre che la decisione dell'Assemblea di limitare l'esame del provvedimento alle sole parti oggetto del messaggio non dovrebbe in alcun modo imporre alla Commissione l'esame ristretto alle sole parti predeterminate.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) sottolinea che il messaggio con il quale il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere il disegno di legge recante la riforma dell'ordinamento giudiziario in realtà non si limita a singole disposizioni ma tocca i due assi teorici del provvedimento: la scelta di affidare al Ministro della Giustizia indirizzi di politica giudiziaria e la menomazione dei poteri del Consiglio Superiore della Magistratura. La circostanza che la delimitazione operata dal Senato e quella oggi proposta dal relatore abbiano ad oggetto una lunga, ma comunque insufficiente, serie di disposizioni del disegno di legge, dimostra che oggetto del messaggio è l'intero sistema scelto come fondamento del provvedimento.
Sottolinea poi che da un punto di vista procedurale l'articolo 71, comma 2, del regolamento, disciplina un'ipotesi di applicazione eccezionale per la storia repubblicana, ma non per questa legislatura, quale il rinvio di un provvedimento alle Camere da parte del Capo dello Stato. Di fronte a questa eccezionale evenienza l'articolo 71, comma 2, del regolamento stabilisce quale regola generale il riesame dell'intero provvedimento, prevedendo quale fattispecie speciale la delimitazione alle sole parti oggetto di rinvio. Rileva altresì che più che discutere sulla competenza della Commissione Giustizia di proporre o meno tale delimitazione all'Assemblea occorrerebbe soffermarsi sul fatto che le modifiche apportate dal Senato non rispondono affatto ai rilievi mossi dal Capo dello Stato. Tale aspetto non è stato evidenziato né durante l'esame al Senato, né emerge dalla proposta di delimitazione dell'esame formulata dal relatore.
Pertanto a nome del Gruppo dei Democratici di sinistra annuncia il voto contrario alla proposta del relatore e preannuncia altresì la presentazione in Assemblea di una proposta di delimitazione dell'esame alternativa a quella in discussione.
Francesco BONITO (DS-U) concorda con l'analisi svolta dal deputato Finocchiaro in ordine alla portata applicativa dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento della Camera. Ricorda come l'ipotesi del rinvio di una legge alle Camere da parte del Capo dello Stato, per motivi diversi da quelli di cui all'articolo 81, comma 4 della Costituzione, rappresenti una ipotesi rara e che per questo si debba desumere l'importanza topica di questo messaggio presidenziale e la conseguente interpretazione dell'articolo 71, comma 2. Se infatti, come già in occasione dell'esame della legge Gasparri dopo il rinvio presidenziale, si decide per ragioni esclusivamente politiche di limitare l'esame a parti determinate del testo, si trasforma l'eccezione - costituita da un esame limitato del testo di un provvedimento - in regola principale.
In ordine al messaggio in questione, ritiene che esso vada riferito a tutta la legge e che non possa essere costretto in singole disposizioni. Il Presidente della Repubblica si confronta infatti con il Parlamento su questioni costituzionali ad ampio respiro, che riguardano diversi poteri dello Stato, quali il governo e la magistratura. Ritiene pertanto che il messaggio vada riferito all'intero modello democratico, costituzionale e istituzionale del sistema italiano, denunciando la violazione di sei articoli della Costituzione - 101, 104, 105, 110, 112 e 134. A ciò si deve aggiungere l'emendamento presentato al Senato dal relatore Bobbio in materia di incarichi direttivi, palesemente incostituzionale. Nel sottolineare come si stiano forzando le regole supreme della vita democratica del Paese, conferma la contrarietà del gruppo dei democratici di sinistra alla proposta di limitazione della discussione.
Enrico BUEMI (Misto-SDI) condivide le osservazioni svolte dai deputati Mantini, Finocchiaro e Bonito. In ordine all'interpretazione dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento della Camera, ritiene che la deliberazione da parte dell'Assemblea sulla proposta di delimitazione dell'oggetto dell'esame debba avere luogo solo quando il provvedimento approderà in Assemblea per l'inizio dell'esame in quella sede.
Roberto ZACCARIA (MARGH-U) ritiene che il meccanismo applicativo dell'articolo 71, comma 2, del regolamento della Camera dei deputati, così come se ne sta prospettando l'applicazione, produca un vizio nel procedimento di formazione della volontà della Camera in quanto l'eccessiva compressione dell'esame in Commissione prima che l'Assemblea approvi la proposta di delimitazione impedirebbe alla stessa Assemblea di conoscere compiutamente gli elementi istruttori necessari per questa deliberazione. Ritiene inoltre, relativamente all'oggetto del rinvio presidenziale, che questo vada riferito all'intero testo soprattutto in considerazione del quarto punto del rinvio che va inteso riferito non a singole disposizioni, ma all'intero impianto del provvedimento. A tale proposito sottolinea che il Presidente della Repubblica ha espressamente osservato che il sistema delineato sottopone sostanzialmente il Consiglio superiore della magistratura a un regime di vincolo che ne riduce notevolmente i poteri definiti nell'articolo 105 della Costituzione.
Giuseppe FANFANI (MARGH-U) afferma preliminarmente che il vizio di fondo del provvedimento in esame sia costituito dall'essere stato, nelle sue diverse fasi, il frutto di un dibattito tutto interno alla maggioranza. Ritiene pertanto che l'assunzione di una decisione in ordine alla delimitazione dell'oggetto dell'esame da prendersi in tempi così ristretti rappresenti un modo inadeguato di affrontare un provvedimento definito epocale dallo stesso Ministro della giustizia. Sostiene che la dignità del Parlamento, a cui nessuna maggioranza deve fare violenza, non possa tollerare un'organizzazione dell'esame compressa in sole due settimane, con la decisione in ordine alla delimitazione dell'oggetto da prendere nel giro di poche ore. Non condivide pertanto la decisione assunta dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari in ordine all'organizzazione dei tempi dell'esame del provvedimento e ricorda come le diverse maggioranze abbiano in passato sempre rispettato le regole fondamentali del comune agire e dei diritti delle opposizioni. Pur tentato di abbandonare i lavori della Commissione, ritiene tuttavia potere ancora sperare nell'approvazione di una modifica che sia rispettosa delle prerogative di tutti i soggetti coinvolti, in primo luogo del Presidente della Repubblica.
Nitto Francesco PALMA (FI), relatore, ricorda, in ordine al procedimento previsto dall'articolo 71, comma 2, del Regolamento, sulla delimitazione dell'oggetto dell'esame di un provvedimento rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, che la disposizione in questione vada coordinata con altre dello stesso Regolamento, e, in particolare, con gli articoli 76, 79 e tutti quelli ricompresi nel Capo VI. Afferma che i principi fondamentali in ordine allo svolgimento dei lavori parlamentari siano quelli dell'economia procedimentale e della programmazione dei lavori da parte della Conferenza dei presidenti dei gruppi. Ritiene pertanto che la decisione assunta dalla Conferenza stessa di prevedere l'inizio dell'esame in Assemblea il 18 luglio prossimo e la eventuale preliminare deliberazione sulla delimitazione dell'oggetto dell'esame per domani 6 luglio sia stata assunta proprio in applicazione del principio dell'economia procedimentale. Ricorda infatti che la Commissione è chiamata soltanto a proporre all'Assemblea di decidere se la discussione debba avere luogo solo sui punti ritenuti oggetto del rinvio presidenziale ovvero sull'intero provvedimento. Se la Commissione proponesse all'Assemblea di delimitare l'esame successivamente alla conclusione dell'esame in sede referente non si rispetterebbe infatti il principio dell'economia procedimentale, in quanto si rischierebbe di dare luogo, da parte della Commissione, all'esame anche su parti del testo a cui poi, solo successivamente, l'Assemblea potrebbe decidere non doversi procedere, compiendo così la Commissione un lavoro inutile.
Gaetano PECORELLA, presidente, pone quindi in votazione la proposta di limitazione della discussione ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del regolamento, presentata dal relatore.
La Commissione approva la proposta di delimitazione della discussione formulata dal relatore.
Gaetano PECORELLA, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.35.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 6 luglio 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.
La seduta comincia alle 20.30.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 5 luglio 2005.
Gaetano PECORELLA, presidente, dopo aver ricordato che, secondo quanto stabilito nella riunione di ieri dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, domani si concluderà l'esame preliminare, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
SEDE REFERENTE
Giovedì 7 luglio 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Intervengono il Sottosegretario di Stato per l'interno Michele Saponara ed il Sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.
La seduta comincia alle 14.25.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636 bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 6 luglio 2005.
Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, secondo quanto convenuto dall'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta odierna si concluderà l'esame preliminare.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) evidenzia in primo luogo come il complessivo iter legislativo della riforma dell'ordinamento giudiziario sia stato caratterizzato da una totale chiusura della maggioranza nei confronti dell'opposizione.
Soffermandosi sul contenuto del provvedimento in esame, sottolinea che il messaggio del Presidente della Repubblica ha per oggetto l'impianto del disegno di legge e non solamente alcune e specifiche disposizioni di esso, come invece sembrerebbe evincersi dalle delimitazioni della discussione operate dal Senato e, ieri, dalla Camera. La maggioranza sembra non rendersi conto della eccezionalità dei rilievi mossi dal Presidente della Repubblica al testo del disegno di legge approvato il 1o dicembre scorso. L'eccezionalità propria di ogni rinvio presidenziale è resa ancora più rilevante dal contenuto del messaggio stesso. Il Presidente della Repubblica, in realtà, non si è limitato ad indicare l'incostituzionalità di alcune specifiche disposizioni del testo, ma ha evidenziato, alcune volte implicitamente, l'incostituzionalità del disegno di legge nel suo complesso. Osserva, inoltre, che alla palese incostituzionalità del testo oggetto del rinvio si è aggiunta al Senato la cosiddetta «norma Bobbio», la quale, per ragioni sicuramente non generali ed astratte, come peraltro lo stesso senatore Bobbio ha dichiarato, lede l'autonomia del Consiglio superiore della Magistratura anche in relazione alle procedure per il conferimento degli incarichi direttivi in corso alla data di entrata in vigore della legge delega.
Per quanto riguarda le parti del disegno di legge oggetto del messaggio, osserva che il Senato, tranne che per il rilievo relativo all'ufficio del monitoraggio, non ha assolutamente tenuto conto delle osservazioni del Presidente della Repubblica.
In ordine al primo punto del messaggio, ritiene che sia emblematica della scarsa attenzione della maggioranza nei confronti delle argomentazioni del Presidente della Repubblica la scelta operata dal Senato di modificare parzialmente la disposizione secondo cui l'anno giudiziario si inaugura con le comunicazioni sull'amministrazione della giustizia alle Camere da parte del Ministro della giustizia. I rilievi che il Presidente della Repubblica ha mosso alla scelta di attribuire al Ministro della giustizia il compito di illustrare alle Camere le linee di politica giudiziaria per l'anno in corso non possono essere superati attraverso un intervento mirato che modifica solamente alcune disposizioni della norma oggetto del messaggio. Sulla questione delle comunicazioni del Ministro della giustizia alle Camere, il Presidente della Repubblica, in realtà, non si è limitato a censurare alcuni aspetti di incostituzionalità, ma è andato ben oltre. Dal messaggio si evince chiaramente che il Presidente della Repubblica ha voluto sottolineare che l'attribuzione al Ministro della giustizia del potere di indicare le linee di politica giudiziaria presuppone sostanzialmente un impianto costituzionale diverso rispetto a quello vigente. Si prefigurano rapporti tra la magistratura ed il governo che appartengono a modelli costituzionali diversi da quello italiano.
Gian Franco ANEDDA (AN) osserva che il provvedimento in esame rappresenta una riforma e che pertanto prefigura un ordinamento giudiziario diverso da quello attuale.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) rileva che il disegno di legge in esame non si limita a riformare l'ordinamento giudiziario, bensì stravolge l'ordinamento costituzionale vigente. Se si vuole raggiungere tale obiettivo si deve seguire il procedimento indicato dall'articolo 138 della Costituzione e non, come invece sta accadendo, utilizzare lo strumento della legge ordinaria. Ritiene che il Presidente della Repubblica nel messaggio abbia voluto proprio evidenziare che attraverso la legge ordinaria si stravolge l'assetto che la Costituzione ha delineato per la magistratura. Per tale ragione non condivide la scelta di limitare, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento, la discussione ad alcune disposizioni del disegno di legge. Il tenore del messaggio del Presidente della Repubblica impone al Parlamento di rivedere l'intero impianto del disegno di legge. Piuttosto che di una riforma si tratta di una vera e propria eversione del sistema.
Il Senato non ha assolutamente risolto la questione della menomazione dei poteri del Consiglio superiore della Magistratura risultante da tutte quelle diverse disposizioni della legge delega che collocano al centro di ogni procedura concorsuale la Scuola superiore della magistratura e le apposite commissioni di concorso. Su tale questione il Presidente della Repubblica è stato estremamente chiaro: il Consiglio superiore della Magistratura vede menomata la propria autonomia costituzionale da organi esterni. Ciò è del tutto evidente in tutte quelle ipotesi in cui i candidati siano esclusi nell'ambito delle procedure concorsuali e, quindi, non siano stati dichiarati idonei. In questi casi, come ha rilevato il Presidente della Repubblica, il Consiglio non può neppure prendere in considerazione la posizione del candidato escluso. Le modifiche apportate dal Senato relativamente a tale punto del messaggio sono contrastanti con il messaggio stesso, in quanto il Consiglio continua ad essere vincolato nelle proprie decisioni da organi ad esso esterni e i candidati non idonei continuano a non essere presi in considerazione dal Consiglio.
Oltre a non tener conto del messaggio, il Senato ha introdotto nel disegno di legge una disposizione la cui incostituzionalità è manifesta. Si tratta del comma 45 dell'articolo 2 del disegno di legge introdotto nel testo a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal senatore Bobbio. Dopo aver sottolineato che il provvedimento regola una medesima materia sia per mezzo di una delega, quale quella prevista dal comma 10 dell'articolo 2, sia attraverso una disposizione direttamente precettiva, come quella introdotta dall'emendamento del senatore Bobbio, osserva che quest'ultima disposizione rappresenta una ulteriore violazione delle norme costituzionali richiamate dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio. Il comma 45 dell'articolo 2 costituisce una disposizione di contenuto particolare questa volta non a favore di determinate persone, come è avvenuto spesso in questa legislatura, ma contro una determinata persona. Il Senato, al fine di raggiungere tale obiettivo, ha, rispetto al testo oggetto del messaggio, ulteriormente menomato l'autonomia del Consiglio superiore della Magistratura, limitando i poteri di questo anche in relazione alle procedure concorsuali già avviate.
Ritiene che la riforma dell'ordinamento giudiziario rappresenti per la maggioranza un grave errore, che si aggiunge a quelli già compiuti nel passato quando si è cercato di limitare l'autonomia della magistratura. A tale proposito ricorda la legge n. 44 del 28 marzo 2002 con la quale, al fine di contrastare Magistratura Democratica, si è modificata la disciplina elettorale del Consiglio superiore della Magistratura. I risultati ottenuti sono stati diversi da quelli sperati, in quanto, nelle elezioni successive all'entrata in vigore di questa legge, Magistratura Democratica ha riportato un successo senza precedenti.
Per quanto sia del tutto sbagliata la riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dalla maggioranza, ritiene che una riforma dell'ordinamento giudiziario nel quadro dei principi costituzionali sia necessaria. Esprime rammarico per il fatto che nella scorsa legislatura la maggioranza di allora non abbia avuto il coraggio di superare le remore della magistratura circa un nuovo modello di valutazione dei magistrati. Purtroppo la riforma dell'ordinamento giudiziario che non si è effettuata nella scorsa legislatura si effettuerà in questa, ma con uno spirito vendicativo da parte della politica nei confronti della magistratura. Ritiene che la riforma dell'ordinamento giudiziario rappresenti un errore per due ragioni. La prima è che tale riforma non durerà nel tempo, in quanto, ciò che di essa rimarrà dopo i numerosi interventi della Corte Costituzionale che si susseguiranno, sarà stravolto dal centro-sinistra nella prossima legislatura. La seconda ragione è dovuta alla scarsa conoscenza delle istituzioni da parte della maggioranza. Questa non ha ancora compreso che la giurisdizione ha maturato una propria cultura dell'esercizio delle proprie funzioni. Il disegno di legge in esame rappresenta un tentativo diretto a svilire la magistratura che sicuramente non funzionerà, così come non hanno funzionato tutti quei tentativi ispirati ad una concezione che pone la Corte di Cassazione al centro del sistema giudiziario. Ricorda che la maggioranza, dimostrando una scarsa conoscenza delle istituzioni e del modo in cui queste vivono, con luci ed ombre, la prassi democratica, ha più volte tentato di paralizzare la magistratura attraverso gli organi di vertice della medesima. Questo piano, così come accadrà per la riforma dell'ordinamento giudiziario, si è sempre dimostrato un fallimento.
Francesco BONITO (DS-U) preliminarmente dichiara di condividere le considerazioni espresse dal senatore Calvi, nel corso del dibattito al Senato sul provvedimento in esame, sull'errore di limitare la discussione ai soli punti indicati dal Capo dello Stato nel suo messaggio in quanto questo costituisce la causa e non l'oggetto della discussione, rappresentato invece dal testo. Con questo dibattito si è invece invertito l'ordine dei fattori e l'oggetto della discussione è diventato il messaggio stesso.
Ricorda che il messaggio presidenziale rappresenta uno dei momenti più significativi nei rapporti tra il Presidente della Repubblica ed il Parlamento, uno strumento fondamentale per l'esercizio della funzione di garanzia del Capo dello Stato. Sottolinea come il prestigio della istituzione presidenziale, che è cresciuto grazie alle figure di eccezionale rilievo che hanno ricoperto la carica di Capo dello Stato, all'interno della quale il Presidente Ciampi si colloca adeguatamente, si rifletta proprio sul messaggio.
Pur ritenendo che il Parlamento manifesti sempre il dovuto ossequio per i messaggi presidenziali, ritiene però che in questa sede esso non sia stato adeguatamente rispettato alla luce del ridotto effetto che ha prodotto sulle modifiche operate dal Senato. Ricorda come nel corso della storia repubblicana i messaggi siano stati pochi e quasi sempre legati a questioni finanziarie e, nei pochi casi in cui i motivi siano stati di natura ordinamentale, siano stati sempre rispettati, ad eccezione dei casi verificatisi in questa legislatura.
Osserva come la premessa del messaggio qui in discussione ricordi che si stia attuando la VII Disposizione transitoria e finale della Costituzione, che rimanda al legislatore il compito di disciplinare con legge ordinaria l'ordinamento giudiziario, proprio a volere sottolineare la intrinseca costituzionalità della materia. Ritiene pertanto che con questa osservazione il Capo dello Stato abbia voluto significare come nelle democrazie moderne, quando si disciplinano le regole dell'agire, debbano venir meno i contrasti tra forze politiche, che dovrebbero trovare una generale convergenza. Ribadisce come il Presidente della Repubblica abbia voluto sottolineare questo aspetto proprio perché in questa circostanza si è discusso di regole con valenza costituzionale in un clima di contrasto tra le forze politiche, concependo oltretutto una riforma contro le aspettative dei soggetti a cui essa è destinata. Sottolinea pertanto il carattere deludente del testo licenziato dal Senato a seguito del rinvio.
In ordine ai singoli punti evidenziati nel messaggio del Capo dello Stato ritiene, per quanto concerne le relazioni sull'amministrazione della giustizia che il Ministro rende annualmente alle Camere, che l'aspetto principale evidenziato nel messaggio sia quello per cui il Ministro della giustizia non disponga di poteri di indirizzo, rilievo questo che non è stato preso in considerazione nella riforma operata dal Senato che ha lasciato di fatto aperta ogni possibilità per il Ministro di censurare in Parlamento le attività del Consiglio superiore della magistratura. Ritiene pertanto che questa soluzione rappresenti una chiara ed evidente elusione del messaggio nonché una grave violazione politica ed istituzionale.
Afferma che il messaggio è stato invece rispettato sulla questione del monitoraggio sugli esiti dei procedimenti, che il Senato ha espunto dal testo.
Per quanto concerne il terzo punto del messaggio, in ordine alla legittimazione attribuita al Ministro a ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere del Consiglio superiore della magistratura in materia di incarichi, ritiene che la riforma realizzata dal Senato che conferma questa legittimazione al di fuori dei casi di conflitto di attribuzione, rappresenti una vera e propria violazione costituzionale ancora più del testo originario in quanto riconosce in capo al Ministro anche la sussistenza di una posizione di interesse pubblico che può essere contrapposta ad un interesse costituzionale del Consiglio.
Gaetano PECORELLA, presidente, chiede al deputato Bonito chiarimenti in ordine agli spazi che egli ritenga residuino per un ricorso in sede amministrativa.
Francesco BONITO (DS-U) sostiene che l'aver aggiunto l'ipotesi del ricorso amministrativo a quella del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato finisca per assicurare al Ministro della giustizia la possibilità di ricorrere in quella sede per vizi di legittimità delle nomine.
In ordine poi all'ultimo punto richiamato nel messaggio in materia di concorsi, ricorda come il ridimensionamento dei poteri del Consiglio superiore della Magistratura a vantaggio della Scuola superiore della magistratura non abbia risolto i rilievi di incostituzionalità sollevati dal Capo dello Stato, in quanto nel testo modificato dal Senato la suddetta Scuola continua a restare esterna al Consiglio superiore della Magistratura, creando così per quest'ultimo un vero e proprio regime di vincolo.
Rileva infine come l'emendamento presentato al Senato dal relatore, istitutivo del comma 45 dell'articolo 2, rappresenti una ulteriore testimonianza della scarsa attenzione manifestata per il rispetto della Costituzione. Ricorda infatti che lo stesso ha dichiarato come questa disposizione sia stata concepita contro una persona determinata, in palese violazione dei criteri di generalità e astrattezza, richiesti per la formulazione delle leggi. Sottolinea pertanto la violazione costituzionale prodotta da questa disposizione sia perché essa non ha alcun riferimento con la limitazione della discussione deliberata dallo stesso Senato, sia perché ha prodotto uno «sconquasso amministrativo» bloccando improvvisamente numerosi procedimenti di assegnazione di incarichi direttivi.
Gian Franco ANEDDA (AN) in primo luogo sottolinea la volontà e l'impegno del gruppo di Alleanza nazionale di approvare senza modifiche il testo trasmesso dal Senato. Ritiene che l'assenza, lamentata dall'opposizione, di dialogo tra le forze politiche sul tema della riforma dell'ordinamento giudiziario, sia stata determinata dall'atteggiamento del centro-sinistra che ha scelto l'Associazione nazionale magistrati come faro delle proprie valutazione politiche. Il testo che si trova all'esame della Camera è proprio il risultato dei preconcetti che hanno condizionato il centro-sinistra e l'Associazione nazionale magistrati. L'unico obiettivo dell'opposizione e dell'Associazione nazionale magistrati è stato quello di non modificare l'attuale assetto giudiziario, nonostante che questo finora non abbia funzionato in maniera soddisfacente. Ritiene, infatti, che l'Associazione nazionale magistrati abbia di fatto determinato il Consiglio superiore della Magistratura ad agire in maniera non conforme ai poteri attribuitigli dalla Costituzione. Un emblematico esempio di abuso di potere da parte del Consiglio superiore della magistratura è la circolare emanata in materia di incompatibilità. In questa materia è lasciata al Consiglio una discrezionalità indeterminata che di fatto elimina qualsiasi situazione di incompatibilità negli uffici giudiziari.
Per quanto riguarda il messaggio del Presidente della Repubblica, dichiara di avere un profondo rispetto per tale istituzione. Non ha altrettanto rispetto per i collaboratori del Presidente che ad arte hanno interpretato in maniera distorta il testo del disegno di legge, al fine di giustificarne il rinvio alle Camere.
Ribadisce che l'atteggiamento di chiusura dimostrato dal centro-sinistra sin dall'inizio del procedimento legislativo non ha consentito quel confronto dialettico tra le forze politiche che è invece necessario ogni qualvolta il Parlamento si appresti a riformare settori rilevanti dell'ordinamento giuridico. Il centro-sinistra ha preferito seguire le indicazioni dell'Associazione nazionale magistrati, che rappresenta una vera e propria sommatoria di partiti. Questa, anziché cercare di trovare un punto di incontro al fine di ottenere il risultato migliore ha preferito, secondo un atteggiamento demagogico, seguire le indicazioni della propria base, che ha sempre dimostrato contrarietà a qualsiasi mutamento dell'attuale sistema.
Conclude invitando l'opposizione ad attendere che vengano trasmessi alle Camere gli schemi di decreti legislativi inerenti al disegno di legge in esame, in quanto solo allora sarà possibile esprimere un giudizio congruo e definitivo sul reale contenuto della riforma.
Pierluigi MANTINI (MARGH-U) ricorda preliminarmente come il gruppo della Margherita abbia sempre sostenuto la necessità di riformare l'ordinamento giudiziario e che oltretutto questa riforma facesse parte del programma elettorale di tutto il centro-sinistra.
Osserva come le frizioni sorte a margine di questo provvedimento, incluse le quattro giornate di sciopero proclamate dalla magistratura, non abbiano dato luogo ad una seria riflessione in seno al centro-destra che non ha mai ritenuto di prendere in considerazione le varie contrarietà manifestate da molti ambiti, in primo luogo dai magistrati stessi. Pur riconoscendo un miglioramento rispetto al testo iniziale, sottolinea come tuttavia il vero dibattito sui contenuti del provvedimento si sia svolto all'interno della maggioranza senza tenere in conto le esigenze manifestate dall'opposizione, come dimostra l'impropria decisione sulla delimitazione dell'oggetto della discussione assunta dall'Assemblea della Camera in contrasto con l'articolo 71, comma 2 del Regolamento e la calendarizzazione forzata del provvedimento che costringe ad un esame limitato.
Si sofferma sulle modifiche apportate dal Senato sulla base dei rilievi espressi nel messaggio da parte del Capo dello Stato, osservando come solo il punto relativo al monitoraggio sugli esiti dei procedimenti sia stato rispettato mediante la sua abrogazione. Per quanto concerne la relazione del Ministro sull'amministrazione della giustizia, pur non contestando l'ipotesi astratta di una sessione da dedicare a questa materia, ritiene che però che debba essere chiarito senza ambiguità il confine tra i poteri del Ministro della giustizia e l'autonomia del Consiglio superiore della magistratura, cosa non realizzata nel testo del Senato. Per quanto riguarda la possibilità riservata al Ministro di ricorrere in sede di giustizia amministrativo avverso le decisioni del CSM in materia di incarichi, ritiene che la soluzione di riservare una sfera di interessi legittimi a fianco delle competenze costituzionali non sia condivisibile. Sostiene infatti che i rapporti tra poteri dello Stato vadano intesi nella loro completezza e che la competenza a dirimere eventuali controversie debba essere riservata alla sola Corte costituzionale.
Per quanto concerne l'ultimo punto del messaggio in ordine ai concorsi, ritiene che persistano i rilievi di incostituzionalità evidenziati dal Capo dello Stato, in quanto il sistema così concepito prevede che il Consiglio superiore della magistratura sia condizionato da organi esterni, le cui valutazioni di fatto vincolano il Consiglio superiore della Magistratura, in quanto questi, qualora volesse discostarsi dalle valutazioni di tali organi, dovrebbe motivare adeguatamente le ragioni del proprio dissenso.
Conclude ricordando come l'emendamento presentato dal relatore al Senato, che introduce il comma 45 dell'articolo 2, si pone in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione oltre con il principio costituzionale del buon andamento dell'amministrazione.
Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara chiuso l'esame preliminare e ricorda che, come deciso dall'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato per lunedì 11 luglio alle ore 14. Rinvia, quindi, il seguito della discussione ad altra seduta.
SEDE REFERENTE
Martedì 12 luglio 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno Michele Saponara ed il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.
La seduta comincia alle 13.45.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 7 luglio 2005.
Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti al disegno di legge in esame (vedi allegato). Avverte inoltre che sono stati considerati irricevibili gli emendamenti che si riferiscono a parti del disegno di legge non rientranti nella limitazione effettuata dall'Assemblea il 6 luglio scorso, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del regolamento.
Nitto Francesco PALMA (FI), relatore, osserva che gli emendamenti presentati, salvo i due emendamenti presentati dall'onorevole Cola, sono tutti a firma di deputati dei gruppi di opposizione e del gruppo UDC. Per quanto riguarda gli emendamenti presentati dai deputati appartenenti al gruppo UDC, rileva che questi si ispirano ad un sistema di progressione della carriera dei magistrati che è del tutto diverso da quello delineato dal disegno di legge in esame, in quanto, al contrario di questo, non prevedono una progressione scandita da procedure concorsuali. Secondo tali emendamenti i posti vacanti nelle diverse funzioni di primo e secondo grado vengono assegnati dal Consiglio superiore della magistratura, sulla base di elementi specificatamente individuati. La procedura concorsuale verrebbe fatta salva solamente nel caso di assegnazione nelle funzioni di legittimità. La complessità di tali emendamenti è tale da richiedere sicuramente un adeguato approfondimento della loro portata, al fine di verificare se essi contengano comunque elementi che potrebbero essere meritevoli di attenzione in relazione alla disciplina della progressione in carriera dei magistrati delineata dal disegno di legge in esame. Considerato che, alla luce della programmazione dei lavori dell'Assemblea, la Commissione dovrà necessariamente concludere l'esame del disegno di legge trasmesso dal Senato entro la settimana corrente e che, quindi, non vi è la possibilità di esaminare in maniera adeguata quegli emendamenti presentati dai deputati del gruppo UDC che prefigurano un diverso modello di progressione in carriera dei magistrati, invita, pertanto, i presentatori dei medesimi a ritirarli, riservandosi di meglio approfondirli in vista dell'esame in Assemblea. Invita altresì, per le ragioni appena esposte, a ritirare tutti gli emendamenti presentati da deputati appartenenti a gruppi di opposizione che, come quelli presentati dal gruppo UDC, si ispirano ad un modello di progressione in carriera diverso da quello descritto dal disegno di legge in esame. Esprime parere contrario sui restanti emendamenti.
Luca VOLONTÈ (UDC), prendendo atto che il relatore, senza esprimere alcuna valutazione nel merito, ha invitato i deputati del suo gruppo a ritirare gli emendamenti presentati al fine di poterli meglio approfondire in vista dell'esame in Assemblea, accoglie l'invito del relatore e, pertanto, ritira gli emendamenti 2.140, 2.141, 2.142, 2.144, 2.145, 2.146, 2.147, 2.148, 2.153, 2.154, 2.156, 2.157, 2.158, 2.162, 2.163, 2.165, 2.167, 2.166, 2.168, 2.169, 2.171, 2.172, 2.173, 2.174, 2.177, 2.179, 2.180 e 2.181.
Il sottosegretario Giuseppe VALENTINO esprime parere conforme a quello del relatore.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono gli emendamenti Mazzoni 2.140, 2.141 e 2.142.
Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che, secondo quanto deliberato dall'Assemblea ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del regolamento, gli emendamenti Mazzoni 2.140, 2.141 e 2.142, fatti propri dai deputati Finocchiaro e Fanfani, saranno esaminati qualora, a seguito della eventuale modifica delle disposizioni oggetto del messaggio indicate nella proposta di limitazione approvata dall'Assemblea, occorrerà procedere ad eventuali interventi di coordinamento. Ne dispone, pertanto l'accantonamento.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Finocchiaro 2.1, Fanfani 2.2, Buemi 2.3, Cento 2.4, Maura Cossutta 2.5, Pisapia 2.6, Cusumano 2.7, Finocchiaro 2.8 e Fanfani 2.9.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Buemi 2.10 volto a prevedere che le funzioni direttive siano assegnate a coloro che abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, ovvero ancora due anni se la domanda è accompagnata dalla dichiarazione di volere rimanere in servizio per i due ulteriori anni previsti dall'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503.
Rileva che tale emendamento è volto a coordinare il testo di legge in esame con la normativa vigente secondo la quale è permesso ad un magistrato permanere in servizio fino a 75 anni. Inoltre ritiene improprio mantenere la stessa fattispecie sia come principio di delega, sia come norma a regime. Raccomanda pertanto l'approvazione dell'emendamento Buemi 2.10.
La Commissione con distinte votazioni respinge gli emendamenti Buemi 2.10, Cento 2.11 e Maura Cossutta 2.12.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Cusumano 2.14, che interviene su uno dei punti centrali del messaggio col quale il Presidente della Repubblica ha rinviato il disegno di legge in esame alle Camere, ovvero quello riguardante la limitazione dei poteri del Consiglio Superiore delle magistratura, laddove il giudizio di idoneità venga operato da un soggetto esterno ad esso, quale la Scuola superiore della magistratura. Sottolinea che, anche a seguito delle modifiche apportate dal Senato, il testo in esame lede in più parti norme costituzionali.
La Commissione respinge l'emendamento Cusumano 2.14.
Francesco BONITO (DS-U) illustra l'emendamento Pisapia 2.13 volto ad eliminare dal disegno di legge in esame una disposizione che si può sicuramente definire paradossale. Si tratta in particolare della norma che attribuisce al Consiglio superiore della magistratura il potere di valutare un giudizio formulato da un organo, quale la Scuola superiore della magistratura, ad esso esterno. Al fine di evitare una chiara violazione dei poteri attribuiti dall'articolo 105 della Costituzione al Consiglio superiore della magistratura, invita ad approvare l'emendamento 2.13.
La Commissione con distinte votazioni respinge gli emendamenti Pisapia 2.13, 2.187 e Finocchiaro 2.15.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono gli emendamenti Mazzoni 2.143 e 2.144.
La Commissione con distinte votazioni respinge gli emendamenti Mazzoni 2.143 e 2.144, fatti propri dai deputati Fanfani e Finocchiaro, Fanfani 2.16, Buemi 2.17, Cento 2.18, Maura Cossutta 2.19 e Pisapia 2.20.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.145.
La Commissione con distinte votazioni respinge gli emendamenti Mazzoni 2.145, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, Cusumano 2.21, Finocchiaro 2.22, Fanfani 2.23 e Buemi 2.24.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Cento 2.25 volto a sanare una delle tante incostituzionalità del testo di legge in esame, prevedendo che la Scuola superiore della magistratura formuli, all'esito del corso di formazione, non un giudizio finale ma una relazione conclusiva, sulla quale il Consiglio superiore della magistratura potrà poi esprimere liberamente la propria valutazione.
La Commissione respinge l'emendamento Cento 2.25
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Maura Cossutta 2.26, volto a sopprimere il riferimento al giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso per la progressione in carriera. Sottolinea infatti che, come anche evidenziato dal quarto punto del messaggio del Capo dello Stato, in caso di giudizio di inidoneità di un candidato, il Consiglio superiore della magistratura non abbia alcuno strumento per esercitare le prerogative di cui all'articolo 105 della Costituzione.
La Commissione respinge l'emendamento Maura Cossutta 2.26.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.146.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Mazzoni 2.146, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, e Pisapia 2.27.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.147.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli identici emendamenti Mazzoni 2.147, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, e Pisapia 2.188 e l'emendamento Cusumano 2.28.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.148.
La Commissione con distinte votazioni respinge gli identici emendamenti Mazzoni 2.148, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, e Pisapia 2.189 e l'emendamento Finocchiaro 2.29.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.152.
La Commissione con distinte votazioni respinge l'emendamento Mazzoni 2.152, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, e l'emendamento Fanfani 2.30.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.153.
La Commissione con distinte votazioni respinge l'emendamento Mazzoni 2.153, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani e gli emendamenti Buemi 2.31, Cento 2.32 e Maura Cossutta 2.33.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Pisapia 2.34, volto, come molti altri presentati dalla opposizione, ad armonizzare il disegno di legge in esame con il titolo IV della Costituzione. Rileva infatti che gli emendamenti presentati dall'opposizione perseguono il fine, a differenza degli emendamenti soppressivi presentati dal gruppo dell'UDC, di migliorare il testo in esame. Ritiene pertanto che lo sforzo emendativo mostrato dall'opposizione meriti maggiore attenzione da parte del relatore e della maggioranza di Governo.
La Commissione respinge l'emendamento Pisapia 2.34.
Francesco BONITO (DS-U) illustra l'emendamento Cusumano 2.35 volto ad attribuire il potere di formulare il giudizio finale del corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura al Consiglio superiore della magistratura. Sottolinea infatti che l'emendamento tende a superare uno dei punti di maggiore incostituzionalità del testo in esame, come evidenziato dal Presidente della Repubblica nel quarto punto del suo messaggio.
La Commissione respinge l'emendamento Cusumano 2.35.
Giuliano PISAPIA (RC) illustra l'emendamento Finocchiaro 2.36, volto ad espungere dal testo in esame il riferimento ai giudizi di idoneità formulati all'esito del concorso per la progressione in carriera. Rileva infatti che il punto in esame rappresenti uno degli aspetti di reale contrasto con il dettato dell'articolo 105 della Costituzione e pertanto violi le prerogative attribuite al Consiglio superiore della magistratura. Invita pertanto la Commissione a riflettere sulle osservazioni costruttive provenienti dall'opposizione, onde evitare di approvare un testo sul punto palesemente incostituzionale.
Pierluigi MANTINI (MARGH-U) rileva che la soluzione adottata dal Senato sul punto in esame non risolve affatto i dubbi di palese incostituzionalità sollevati dal Capo dello Stato con il messaggio di rinvio del testo alle Camere. Ritiene infatti che le censure del Capo dello Stato sulla materia in oggetto siano state totalmente eluse, con una scelta politica di estrema gravità.
Raccomanda quindi l'approvazione dell'emendamento in esame volto a sanare tale scelta.
Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che sul punto in esame non vi sia alcun vincolo per il Consiglio superiore della magistratura e che pertanto non vengano violate le prerogative di cui all'articolo 105 della Costituzione. Osserva infatti che il testo non prevede che la commissione di concorso vincoli il Consiglio superiore della magistratura nel senso che questi possa valutare solamente i candidati dichiarati idonei da tale commissione.
Giuliano PISAPIA (RC) ritiene che il disegno di legge in esame sia quanto meno poco chiaro in ordine alla procedura concorsuale in esso prevista.
La Commissione respinge l'emendamento Finocchiaro 2.36.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.154.
La Commissione con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Mazzoni 2.154, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, Fanfani 2.37, Buemi 2.38, Cento 2.39, Maura Cossutta 2.40, Pisapia 2.41, Cusumano 2.42, Finocchiaro 2.43 e Fanfani 2.44.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.156.
La Commissione con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Mazzoni 2.156, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, e Buemi 2.45.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.157.
La Commissione con distinte votazioni, respinge gli identici emendamenti Mazzoni 2.157, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, e Pisapia 2.191 e l'emendamento Cento 2.46.
I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.158.
La Commissione con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Mazzoni 2.158, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, l'identico emendamento Pisapia 2.192 e gli emendamenti Maura Cossutta 2.47, Pisapia 2.48, Cusumano 2.49 e Finocchiaro 2.50.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Fanfani 2.51, Buemi 2.52 e Cento 2.53.
Anna FINOCCHIARO (DS-U), intervenendo sull'emendamento Maura Cossutta 2.54 ricorda che questo è finalizzato a sostituire il sistema di attribuzione dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità e che, come molti altri emendamenti presentati dall'opposizione, si propone l'obiettivo di riscrivere il testo in termini di conformità ai rilievi formulati nel messaggio dal Capo dello Stato relativi alla menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Maura Cossutta 2.54 e Pisapia 2.55.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.164.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Mazzoni 2.164, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, Cusumano 2.56, Finocchiaro 2.57, Fanfani 2.58, Buemi 2.59, Cento 2.60, Maura Cossutta 2.61, Pisapia 2. 62, Cusumano 2.63, Finocchiaro 2.64, Fanfani 2.65, Buemi 2.66, Cento 2.67, Maura Cossutta 2.68, Pisapia 2.69, Cusumano 2.70 e Finocchiaro 2. 71.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.166.
La Commissione respinge gli identici emendamenti Mazzoni 2.166, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, e Pisapia 2.193.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.168.
La Commissione respinge l'emendamento Mazzoni 2.168, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani.
Anna FINOCCHIARO (DS-U), intervenendo sull'emendamento 2.72, chiede spiegazioni al relatore circa la volontà di mantenere nel testo la previsione per cui i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità siano assegnati, ove possibile, solo ai magistrati dichiarati idonei nel concorso espletato nello stesso anno.
Nitto Francesco PALMA (FI), relatore, rispondendo all'osservazione sollevata dal deputato Finocchiaro, ricorda che il concorso in questione viene concepito per posti rigorosamente individuati e che pertanto deve sussistere una stretta corrispondenza tra il concorso ed i posti che devono essere assegnati.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) replicando all'intervento del relatore, osserva che non si tratterebbe pertanto di una vera valutazione, ma solo di una burocratica procedura finalizzata ad un riempimento di posti.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Fanfani 2.72, Buemi 2.73, Cento 2.74, Maura Cossutta 2.75, Pisapia 2.76, Cusumano 2.77 e Finocchiaro 2.78.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.170.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Mazzoni 2. 170, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, Fanfani 2.79, Buemi 2.80, Cento 2.81, Maura Cossutta 2.82, Pisapia 2.83, Cusumano 2.84, Finocchiaro 2.85, Fanfani 2.86 e Buemi 2.87.
Francesco BONITO (DS-U), intervenendo sull'emendamento Cento 2.88, sottolinea l'importanza di questa tipologia di emendamenti, diretti a recuperare in capo al Consiglio superiore della magistratura la potestà, nell'ambito dei vari concorsi, di esprimere un autonomo giudizio anche al di fuori di quello di idoneità che esprime la commissione di concorso. Ribadisce infatti l'incostituzionalità del testo in esame nelle parti in cui si preclude al Consiglio superiore della magistratura l'espressione di un giudizio sui candidati non dichiarati idonei ai concorsi.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Cento 2.88, Maura Cossutta 2.89, Pisapia 2.90, Cusumano 2.91, Finocchiaro 2.92, Fanfani 2.93, Pisapia 2.195 e Buemi 2.94.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe FANFANI (MARGH-U) sottoscrivono l'emendamento Mazzoni 2.173.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Mazzoni 2.173, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Fanfani, Cento 2.95, Maura Cossutta 2.96, Pisapia 2.97, Cusumano 2.98, Finocchiaro 2.99, Fanfani 2.100, Buemi 2.101, Cento 2.102 e Maura Cossutta 2.103.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Pisapia 2.104 che interviene sulla parte del disegno di legge che attribuisce al Ministro della giustizia la legittimazione a ricorrere in sede di giustizia amministrativa avverso le delibere del Consiglio superiore della Magistratura concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi. Ritiene insostenibile che una simile legittimazione possa trovare spazio nel nostro ordinamento giuridico a fianco di quella già prevista dalla vigente Costituzione consistente nella proposizione di un conflitto tra poteri dello Stato. Tale rimedio potrebbe essere considerato ammissibile solamente in un quadro istituzionale nel quale al Ministro della giustizia viene attribuito il ruolo di contraddittore nei confronti del Consiglio superiore della Magistratura, ipotesi questa fuori dall'attuale assetto costituzionale.
Ricorda come la questione sia stata affrontata anche nel corso dell'audizione del Presidente emerito della Corte costituzionale, professor Leopoldo Elia, e del professore Nicolò Zanon, ordinario di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Milano, che si è svolta prima della seduta odierna. A tale proposito, ritiene che debba essere condivisa la ricostruzione svolta dal Presidente emerito, professor Elia, circa la inconfigurabilità di un ricorso in sede amministrativa da parte del Ministro della giustizia avverso un atto controfirmato dallo stesso Ministro. Reputa invece meno convincenti le argomentazioni espresse nella medesima audizione secondo le quali sarebbe invece possibile, distinguere in capo al Ministro della giustizia, le ipotesi di legittimazione al ricorso in sede di giustizia amministrativa da quelle di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.
Ritiene in sostanza non corretta la scelta del Senato di confermare il testo oggetto del messaggio presidenziale nella parte in cui attribuisce al Ministro, al pari di ogni altro controinteressato, una situazione giuridica soggettiva qualificabile come interesse legittimo in ordine alle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura. Conclude affermando che un simile assetto della normativa non giovi né al Ministro della giustizia né alle relazioni che intercorrono tra questo ed il Consiglio superiore della magistratura.
Giuseppe FANFANI (MARGH-U) concorda preliminarmente con le osservazioni svolte dal deputato Finocchiaro. Ritiene che i richiami svolti dal capo dello Stato nel messaggio relativo al punto in esame non siano stati superati dal testo approvato dal Senato nemmeno prefigurando la sussistenza di una legittimazione ad agire in sede di giustizia amministrativa a fianco di quella in sede di conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.
La Commissione respinge l'emendamento Pisapia 2.104.
Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.55.
Riforma dell'ordinamento giudiziario. C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato
EMENDAMENTI
ART. 2.
Al comma 1, lettera f), sostituire il numero 2) con il seguente: 2) che dopo tredici anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado.
2. 140. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera f), sostituire il numero 3) con il seguente: 3) che, dopo sedici anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità.
2. 141. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera f), sostituire il numero 4) con il seguente: 4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di legittimità all'esito del concorso di cui al numero 3) e le funzioni di secondo grado, semidirettive e direttive previo concorso per titoli.
2. 142. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).
2. 1. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 1) con il seguente:
1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura.
2. 2. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole da: entro il terzo anno di esercizio fino a: Consiglio superiore della magistratura, per con le seguenti: i magistrati possano richiedere.
2. 3. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 1), sopprimere le parole da: funzione requirente sino alla fine del numero.
2. 4. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 3).
2. 5. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), al numero 3) sopprimere le parole: entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio,.
2. 6. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole: entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio con le seguenti: decorsi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni requirenti.
2. 7. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 3), aggiungere, in fine, le seguenti parole: , ferma restando la competenza del Consiglio superiore della Magistratura ad esprimere la valutazione finale di idoneità al passaggio alle funzioni giudicanti.
2. 8. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 17).
2. 9. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera h), numero 17), e, alla lettera i), numero 6), dopo le parole: 31 maggio 1946, n. 511, inserire le seguenti: ovvero ancora due anni se la domanda è accompagnata dalla dichiarazione di voler permanere in servizio per i due ulteriori anni previsti dall'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503.
2. 10. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera h), numero 17, sopprimere le parole: il cui giudizio finale è.
2. 11. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 6).
2. 12. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera i), numero 6), sopprimere le parole da: abbiano frequentato fino a: Consiglio Superiore della Magistratura.
2. 14. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera i) numero 6, sopprimere le seguenti parole: il cui giudizio finale è.
2. 13. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3).
2. 187. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), sopprimere i numeri 3), 3.1), 3.2), 3.3), 3.4) e 3.5).
2. 15. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 3) con il seguente: 3) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e degli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni, ai magistrati che abbiano frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
2. 143. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.1).
2. 144. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numeri 3.1) e 4.1), sopprimere le seguenti parole: per il 30 per cento.
Conseguentemente, ai numeri 3.2) e 4.2), sostituire le parole: per il 70 per cento i con le seguenti: i restanti, sopprimere le parole: 3.3) e 3.4) e 4.3) e 4.4) e, ai numeri 3.5) e 4.5), sopprimere rispettivamente le parole: 3.3) e 3.4) e 4.3) e 4.4).
2. 16. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3, punto 3.1), sostituire le parole: per il trenta per cento con le seguenti: per il 50 per cento.
Conseguentemente, al medesimo numero 3), al punto 3.2) sostituire le parole: per il settanta per cento con le seguenti: 50 per cento.
2. 17. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.1), dopo le parole: prima parte aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 18. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3, punto 3.1), sopprimere le parole da: tenuto conto fino alla fine del numero.
2. 19. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.1), dopo le parole: giudizio finale formulato, aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della Magistratura.
2. 20. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.2).
2. 145. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3, numero 3.2) sopprimere le parole da: che abbiano conseguito sino a: seconda parte, e le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
Conseguentemente sopprimere i numeri 3.3) e 3.4).
2. 21. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 3.2), dopo le parole: seconda parte aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 22. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3, punto 3.2), sopprimere le parole da: tenuto conto fino alla fine del numero.
2. 23. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3.2) sopprimere le parole: del giudizio finale fino a: di cui al comma 2 e.
2. 24. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.2), le parole: giudizio finale formulato sono sostituite dalle seguenti: relazione conclusiva formulata.
2. 25. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3, punto 3.2) sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 26. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.3).
2. 146. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3, punto 3.3), sopprimere le seguenti parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 27. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.4).
2. 147. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.4).
2. 188. Pisapia.
Al comma 1, alla lettera l), numero 3, punto 3.4), sopprimere le seguenti parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 28. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.5).
2. 148. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.5).
2. 189. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4).
2. 29. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 4) con il seguente: 4) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e degli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni, ai magistrati che abbiano frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
2. 152. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere i numeri 4), 4.1), 4.2), 4.3), 4.4) e 4.5).
2. 30. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.1).
2. 153. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, alla lettera l), numero 4.1), sopprimere le parole: ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte,.
2. 31. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), dopo le parole: prima parte aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 32. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4, punto 4.1), sopprimere le parole da: tenuto conto del fino alla fine del numero.
2. 33. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 4.1), sostituire le parole: del giudizio finale formulato al termine con le seguenti: dell'esito finale.
2. 34. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), dopo le parole: giudizio finale formulato, aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della Magistratura.
2. 35. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l) numero 4, numero 4.1), sopprimere le seguenti parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 36. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.2).
2. 154. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 4.2), con il seguente: 4.2) per il 70 per cento i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 2) prima parte.
2. 37. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 4.2), sopprimere le parole da: che abbiano conseguito sino a: seconda parte, e le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
Conseguentemente, sopprimere i numeri 4.3) e 4.4).
2. 38. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sopprimere le parole: per soli titoli.
2. 39. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2, dopo le parole: seconda parte aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 40. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 4.2), sopprimere le parole da: tenuto conto del fino alla fine del numero.
2. 41. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sostituire le parole: del giudizio finale formulato al termine con le seguenti: dell'esito finale.
2. 42. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), dopo le parole: giudizio finale formulato, aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della Magistratura.
2. 43. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sopprimere le seguenti parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 44. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.3).
2. 156. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numero 4.3), sopprimere le seguenti parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 45. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.4).
2. 157. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.4).
2. 191. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), numero 4.4), sopprimere le seguenti parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 46. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.5).
2. 158. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.5).
2. 192. Pisapia.
Al comma 1, lettera l) numero 4.5), sopprimere le parole da: acquisito il parere motivato, fino a: requirenti di secondo grado.
2. 47. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 4.5), sopprimere le parole: e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado.
2. 48. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.5), sopprimere le parole da: ai candidati risultati idonei sino alla fine del periodo.
2. 49. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.5), sopprimere le parole: , scritti ed orali,.
2. 50. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 5).
2. 51. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 5).
2. 162. Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 6).
2. 52. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 6).
2. 163.Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7).
2. 53. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sostituire i numeri 7), 7.1) e 7.2) con il seguente:
7) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimi già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell'ordine con le seguenti modalità:
7.1) ai magistrati che esercitino o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
7.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3);».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 7.3) e 7.4) e, al numero 7.5), sopprimere le parole: «7.3) e 7.4)»; sostituire i numeri 9), 9.1) e 9.2) con i seguenti:
«9) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell'ordine con le seguenti modalità:
9.1) ai magistrati che esercitano o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
9.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3);».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 9.3) e 9.4) e, al numero 9.5), sopprimere le seguenti parole: «9.3) e 9.4)».
2. 54.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 7) con il seguente:
7) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimi già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell'ordine con le seguenti modalità:
7.1) ai magistrati che esercitino o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);.
2. 55.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) sostituire il numero 7) con il seguente:
7) annualmente i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, vengano da questo assegnati ai magistrati che abbiano frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3); i posti sono assegnati secondo l'ordine di graduatoria risultante all'esito del concorso e, a parità di graduatoria, secondo l'anzianità nelle funzioni ovvero secondo l'anzianità di servizio.
2. 164.Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.1).
2. 56.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.1).
2. 165.Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 7.1), con il seguente:
7.1) per il 70 per cento i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3).
2. 57.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sopprimere le parole da: e che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte fino alla fine del periodo.
2. 58.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera a) numero 7.1), sopprimere le parole da: e che abbiano conseguito sino a: prima parte, e le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
Conseguentemente sopprimere il numero 7.3.
2. 59.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sopprimere le parole: per soli titoli.
2. 60.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), dopo le parole: giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio Superore della Magistratura.
2. 61.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l), numero 7.1), sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 62.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sostituire le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso, con le seguenti: con deliberazione del Consiglio superiore della magistratura.
2. 63.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), aggiungere, in fine, le seguenti parole: , ferma restando la competenza del Consiglio superiore della magistratura ad esprimere la valutazione finale di idoneità al passaggio alle funzioni superiori.
2. 64.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.2).
2. 65.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.2).
2. 167.Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2) sopprimere le parole da: ovvero ai magistrati, sino a: seconda parte e le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
Conseguentemente sopprimere il numero 7.4.
2. 66.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), il numero 7.2), sostituire le parole: tre anni con le seguenti: cinque anni.
2. 67.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), sopprimere le parole da: e che abbiano conseguito l'idoneità, fino alla fine del periodo.
2. 68.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7, punto 7.2) sopprimere le parole da: tenuto conto del, fino alla fine del numero.
2. 69.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), dopo le parole: tenuto conto del giudizio finale formulato, aggiungere le seguenti: dal Consiglio Superiore della Magistratura.
2. 70.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), aggiungere, in fine, le parole: , ferma restando la competenza del Consiglio Superiore della Magistratura ad esprimere la valutazione finale di idoneità al passaggio alle funzioni giudicanti.
2. 71.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.3).
2. 166.Mazzoni,Ranieli.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.3).
2. 193.Pisapia.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.4).
2. 168.Mazzoni, Ranieli.
Al comma, lettera 1), numero 7.4), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 72.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.5).
2. 73.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.5).
2. 169.Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numero 7.5), sopprimere le parole da: acquisito il parere motivato fino a: delle funzioni di legittimità,.
2. 74.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.5), sopprimere le parole: e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità.
2. 75.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 8).
2. 76.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 8), sostituire le parole: di prima fascia, con la seguente: ordinari.
2. 77.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9).
2. 78.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) sostituire il numero 9) con il seguente:
9) annualmente i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, vengano da questo assegnati ai magistrati che abbiano frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3); i posti sono assegnati secondo l'ordine di graduatoria risultante all'esito del concorso e, a parità di graduatoria, secondo l'anzianità nelle funzioni ovvero secondo l'anzianità di servizio.
2. 170.Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numero 9), sostituire le parole: con le seguenti modalità con le seguenti: ai magistrati requirenti che abbiano frequentato un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della Magistratura.
2. 79.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.1).
2. 80.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.1).
2. 171.Mazzoni, Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sopprimere le parole da: , e che abbiano sino a: prima parte e le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
Conseguentemente sopprimere il numero 9.3).
2. 81.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sopprimere le parole: e che abbiano conseguito l'idoneità sino alla fine del periodo.
2. 82.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sopprimere le parole: per soli titoli.
2. 83.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), dopo le parole: lettera f), numero 3), prima parte, aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento del Consiglio superiore della magistratura non soggetto ad impugnativa.
2. 84.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), dopo le parole: tenuto conto del giudizio finale formulato, aggiungere le seguenti: dal Consiglio Superiore della Magistratura.
2. 85.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sopprimere le seguenti parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 86.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.2.
2. 87.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.2).
2. 172.Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2) sopprimere le parole da: ovvero ai magistrati che fino alle parole: seconda parte, e le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
Conseguentemente, sopprimere il numero 9.4).
2. 88.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), sopprimere le parole da: e che abbiano conseguito l'idoneità sino alla fine del periodo.
2. 89.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), dopo le parole: seconda parte aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento del Consiglio superiore della magistratura non soggetto ad impugnativa.
2. 90.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9, punto 9.2), sopprimere le parole da: tenuto conto del fino alla fine del numero.
2. 91.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), dopo le parole: tenuto conto del giudizio finale formulato, inserire le seguenti: dal Consiglio Superiore della Magistratura medesimo.
2. 92.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), sopprimere le seguenti parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 93.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.3).
2. 195.Pisapia.
Al comma 1, lettera l), numero 9.3), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 94.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 9.4).
2. 173.Ranieli.
Al comma 1, lettera l), numero 9.4), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 95.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.5).
2. 96.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.5).
2. 174.Ranieli.
Al comma 1, alla lettera l), numero 9.5), sopprimere le parole da: acquisito il parere motivato fino a: delle funzioni requirenti di legittimità,.
2. 97.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera l), numero 9.5), sopprimere le parole: e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità.
2. 98.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.5), sopprimere le parole: per soli titoli.
2. 99.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 10.
2. 100.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 10), sostituire le parole: di prima fascia, con le seguenti: ordinari.
2. 101.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 12).
2. 102.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 12), sostituire la parola: sette, con la seguente: nove.
2. 103.Maura Cossutta, Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere i numeri 1) e 2).
2. 104.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1).
2. 105.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sostituire i numeri 1) e 2) con il seguente: 1) i concorsi per incarichi direttivi e semidirettivi consistono nella valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa;.
2. 106.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1.
2. 197.Pisapia.
Al comma 1, lettera m), numero 1), sopprimere le parole: dei titoli.
2. 107.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numeri 1) e 2), dopo le parole: dei Consigli giudiziari e, inserire le seguenti: nei casi di competenza,.
2. 108.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera m), numero 1), sopprimere l'ultimo periodo.
2. 109.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera m), numero 1), sostituire le parole da: Il Ministro della giustizia, fino alla fine del periodo, con le seguenti: È esclusa la legittimazione del Ministro della giustizia all'impugnazione delle delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi.
2. 110.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera m), numero 1), dopo le parole: in relazione a quanto previsto dall'articolo 11 della predetta legge, inserire la seguente: non.
2. 111.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 1), sostituire le parole da: ricorrere in sede di giustizia amministrativa con le seguenti: sollevare conflitto di attribuzioni e sostituire le parole: o la proroga con le seguenti: o con il parere.
2. 112.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 2).
2. 113.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sopprimere le parole: dei titoli.
2. 114.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sostituire il secondo periodo con il seguente: ; la valutazione è operata dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 115.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sostituire le parole da: il Consiglio superiore fino a: giudiziari con le seguenti: Il Consiglio Superiore della Magistratura acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari.
2. 116.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m) numero 2), dopo le parole: consigli giudiziari inserire le seguenti: ove previsto.
2. 117.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sopprimere le parole: tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo.
2. 118.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 9).
2. 119.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, alla lettera m), numero 9), sostituire le parole: direttive giudicanti di legittimità, con le seguenti: direttive giudicanti; al numero 10), sostituire le parole: direttive requirenti di legittimità con le seguenti: direttive requirenti superiori e le parole: requirenti di legittimità con le seguenti: direttive requirenti.
2. 120.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 9), sostituire le parole: di prima fascia con la seguente: ordinari.
2. 121.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 10).
2. 122.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 10), sostituire le parole: di prima fascia con la seguente: ordinari.
2. 123.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera q) sopprimere il numero 2).
2. 177.Ranieli.
Al comma 2, lettera l), dopo le parole: Presidente della Corte di cassazione inserire le seguenti: , che la presiede, Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere le parole: prevedere che, nell'ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente;.
2. 124.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera m), sostituire le parole: di gestione ovunque ricorrano con le seguenti: di coordinamento.
2. 125.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera m), sostituire le parole: non superiore a cinque con le seguenti: non inferiore a quattro e non superiore a sette.
2. 126.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera m), aggiungere, in fine, le seguenti parole: , garantendo, comunque, che la maggioranza dei componenti di ciascun comitato sia costituita da magistrati ordinari e che, comunque, al suo interno siano rappresentate tutte le componenti del comitato direttivo di cui alla lettera l).
2. 127.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera o), sostituire la parola: l'obbligo con la seguente: la possibilità.
2. 198.Pisapia.
Al comma 2, lettera o) sopprimere le parole: il cui esito abbia la validità prevista dal comma 1 lettera l) numero 12).
2. 128.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, sopprimere la lettera t).
2. 129.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera t) sopprimere le parole: , i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità,.
2. 130.Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera t), sopprimere le seguenti parole: dalla disponibilità alle esigenze del servizio.
2. 131.Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera t), sostituire le parole: con l'intervallo di un biennio con le seguenti: con l'intervallo di un triennio.
2. 132.Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 9, sostituire la lettera b), con la seguente: b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l'entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2.
2. 179.Ranieli.
Al comma 9, sopprimere la lettera d).
2. 180.Ranieli.
Al comma 9, sostituire la lettera e), con la seguente: b) prevedere che le norme di cui ai numeri 7) e 9), della lettera l), del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario.
2. 181.Ranieli.
Sopprimere il comma 29.
2. 133.Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 29, sopprimere la lettera a).
2. 134.Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 29, sostituire la lettera a) con la seguente:
a) l'articolo 86 è sostituito dal seguente: «Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario si riuniscano in forma pubblica le assemblee generali della Corte di Cassazione e delle Corti di Appello. Il Procuratore Generale rivolge una relazione sull'amministrazione della Giustizia nel proprio ambito di competenza nel decorso anno. Alla discussione possono in ogni caso intervenire i rappresentanti degli organi istituzionali e i rappresentanti dell'avvocatura».
2. 135.Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 29, lettera a), capoverso «Art. 86», comma 1, sopprimere il primo periodo e, al secondo periodo, sostituire le parole: Entro i successivi dieci giorni con le seguenti: Entro il ventesimo giorno di ciascun anno giudiziario.
2. 136.Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Sopprimere il comma 45.
2. 137.Finocchiaro, Cento, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Bonito, Kessler, Carboni, Siniscalchi, Mancini, Zaccaria.
All'articolo 2, il comma 45 è soppresso.
2. 182.Ranieli.
Al comma 45, sopprimere le parole da: nelle more dell'attuazione fino a: dall'articolo 5 del Regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e.
Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire le parole: dal citato con la seguente dall'.
2. 184.Cola.
Al comma 45, sopprimere le parole da: non possono essere conferiti fino a: n. 511, e.
2. 139.Finocchiaro, Cento, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Bonito, Kessler, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 45, sopprimere l'ultimo periodo.
2. 138.Finocchiaro, Cento, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Bonito, Kessler, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 45, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: tale disposizione si applica anche alle procedure in corso per il conferimento degli incarichi direttivi non vacanti alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali sia già scaduta la data di presentazione della relativa domanda.
2. 183.Cola.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 13 luglio 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.
La seduta comincia alle 13.45.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Seguito dell'esame e conclusione).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 12 luglio 2005.
Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nell'ultima seduta è iniziato l'esame degli emendamenti e che la Commissione ha respinto tutti gli emendamenti presentati fino all'emendamento Pisapia 2.104. Dà quindi conto delle sostituzioni.
La Commissione respinge l'emendamento Cusumano 2.105.
Enrico BUEMI (Misto-SDI-US) ritiene che non sia corretto che un membro del Governo, quale il sottosegretario Valentino, possa votare in Commissione, in quanto in tal modo si altera il rapporto proporzionale tra i gruppi.
Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che il sottosegretario Valentino nella seduta odierna sostituisce, ai sensi dell'articolo 19, comma 4, del Regolamento, il deputato Cardiello, collega del medesimo gruppo politico.
Giuliano PISAPIA (RC) ritiene che il sottosegretario Valentino non possa sostituire il deputato Cardiello in quanto egli, nella odierna seduta, rappresenta il Governo in ordine all'esame del disegno di legge sull'ordinamento giudiziario. Sostiene, infatti, che il comma 4 dell'articolo 19 debba essere interpretato nel senso che i rappresentanti del Governo in carica possono sostituire per l'intera seduta altri deputati della Commissione del medesimo gruppo politico solamente nel caso in cui nella medesima seduta non rappresentino il Governo. Vi sarebbe una sorta di inconciliabilità tra la funzione di deputato della Commissione e rappresentante del Governo.
Gaetano PECORELLA, presidente, rileva che l'obiezione del deputato Pisapia è infondata, in quanto il regolamento è chiaro nel non apporre alcuna limitazione alla possibilità che un membro della Commissione possa essere sostituito da un deputato del medesimo gruppo facente parte del Governo in carica. Il regolamento si limita ad escludere la possibilità della sostituzione solamente nel caso in cui il rappresentante del Governo appartenga alla medesima Commissione del deputato da sostituire. Tale precisazione non è altro che una applicazione del principio secondo cui un deputato sostituito - quale è, ai sensi del comma 3 dell'articolo 19, il deputato membro del Governo - non può sostituire altri deputati. Nel caso in esame il sottosegretario Valentino, appartenente alla XI Commissione ed al gruppo di Alleanza Nazionale, sostituisce il deputato Cardiello, appartenente al medesimo gruppo. La circostanza che il sottosegretario Valentino rappresenti il Governo nel corso dell'esame del disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, è del tutto irrilevante. Sottolinea, a tale proposito, che le norme che regolano la facoltà di un membro del Governo di sostituire altri deputati trovano il loro fondamento nel principio secondo cui i deputati sono distribuiti fra le Commissioni in maniera tale che in ciascuna di esse sia rispecchiata la proporzione dei gruppi.
Italico PERLINI (FI) ritiene che la Commissione debba interrompere i propri lavori in quanto sono in corso le votazioni del Parlamento in seduta comune per la formazione dell'elenco dei giudici aggregati per i giudizi di accusa innanzi alla Corte costituzionale.
Gaetano PECORELLA, presidente, non ritiene che debba essere accolta la richiesta del deputato Perlini, in quanto al momento è in corso la prima chiama dei senatori. È prassi costante che le Commissioni lavorino in costanza di una seduta del Parlamento in seduta comune qualora siano in corso la prima e la seconda chiama dei senatori. Nel rispetto della medesima prassi assicura il deputato Perlini che la seduta della Commissione sarà sospesa quando sarà imminente la chiama dei deputati.
Maura COSSUTTA (Misto-Com.it.) condivide la scelta del Presidente di proseguire la seduta. Rileva che la Commissione è stata convocata al termine della seduta antimeridiana dell'Assemblea e, quindi, implicitamente, in concomitanza della riunione del Parlamento in seduta comune, in quanto tutti i gruppi sono stati concordi.
Nitto Francesco PALMA (FI), relatore, osserva che l'emendamento Finocchiaro 2.106, proponendo un modello di conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi alternativo rispetto a quello indicato dal disegno di legge in esame, non risulta in linea con le finalità che il testo in esame intende perseguire. Ribadisce pertanto il parere contrario già espresso.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Finocchiaro 2.106, Pisapia 2.197, Fanfani 2.107 e Buemi 2.108.
Francesco BONITO (DS-U) illustra l'emendamento Cento 2.109, diretto ad eliminare l'ipotesi per cui il Ministro della giustizia possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa avverso un atto del Consiglio superiore della magistratura in tema di carriere dei giudici. Richiamando l'intervento del professor Zanon svoltosi nel corso delle audizioni, osserva che la legge ordinaria richiamata dall'articolo 105 della Costituzione non può avere la forza di contraddire i contenuti dello stesso articolo 105. Ricorda infatti che, in omaggio al principio della gerarchia delle fonti, la legge ordinaria deve rispettare i contenuti delle norme costituzionali e pertanto le attribuzioni che l'articolo 105 assegna al Consiglio superiore della magistratura non possono essere limitati dalla legge qui in discussione.
Sottolinea come eventuali conflitti tra Ministro della giustizia e Consiglio superiore della magistratura costituiscano ipotesi di conflitti tra poteri dello Stato, per la cui definizione è competente la Corte costituzionale.
Osserva infine come sia inconfigurabile una ipotesi di interesse legittimo in capo al Ministro della giustizia, il quale diventerebbe così titolare di un interesse pubblico a tutela di situazioni non individuate. Per queste ragioni raccomanda l'approvazione dell'emendamento Cento 2.109.
La Commissione respinge l'emendamento Cento 2.109.
Anna FINOCCHIARO (DS-U), intervenendo sull'emendamento Maura Cossutta 2.110, richiamando le audizioni svoltesi nella giornata di ieri presso la Commissione giustizia, sottolinea che, in ordine ai provvedimenti sulle carriere dei giudici, il testo licenziato dal Senato ha costruito un modello di rapporti tra il Ministro della giustizia ed il Consiglio superiore della magistratura non conforme ai principi costituzionali. Rileva infatti come sia stato delineato un sistema per cui si verrebbero a trovare nelle vesti di parti avverse, in sede di contenzioso amministrativo, il Consiglio superiore della magistratura, che ha firmato l'atto, ed il Ministro della giustizia, che lo ha controfirmato, modello questo sconosciuto al nostro diritto amministrativo.
Afferma di non condividere la ricostruzione offerta dal professor Zanon sul punto nel corso delle richiamate audizioni, essendo impossibile distinguere l'ipotesi in cui il Ministro agisce a tutela di una sfera di attribuzioni costituzionali da quella - inconfigurabile - in cui lo stesso agisce in sede di giustizia amministrativa a tutela di un interesse legittimo.
Conclude raccomandando l'approvazione dell'emendamento Maura Cossutta 2.110.
Pierluigi MANTINI (MARGH-U) rileva come le audizioni svoltesi nel corso della giornata di ieri non abbiano aiutato a diradare i dubbi di costituzionalità sollevati dal messaggio del Capo dello Stato su questo punto. Ritiene, sul punto in discussione, che il Ministro della giustizia sia titolare di un interesse generale alla legalità degli atti amministrativi e non di un interesse legittimo di tipo strumentale collegato ad un singolo atto.
La Commissione respinge l'emendamento Maura Cossutta 2.110.
Gaetano PECORELLA, presidente, in vista dell'imminente inizio della chiama dei deputati per l'elezione dei giudici aggregati alla Corte costituzionale sospende la seduta.
La seduta, sospesa alle 14.30, riprende alle 15.55.
Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il Comitato per la legislazione e le Commissioni competenti hanno espresso il parere di competenza sul disegno di legge in esame.
La Commissione con distinte votazioni respinge gli emendamenti Pisapia 2.111, Cusumano 2.112, Finocchiaro 2.113, Fanfani 2.114, Buemi 2.115, Cento 2.116 e Maura Cossutta 2.117.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Pisapia 2.118 volto a sopprimere il riferimento al giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso per la progressione in carriera. Sottolinea infatti che, come anche evidenziato dal quarto punto del messaggio del Capo dello Stato, in caso di giudizio di inidoneità di un candidato, il Consiglio superiore della magistratura non abbia alcuno strumento per esercitare le prerogative di cui all'articolo 105 della Costituzione.
Dopo averne raccomandato l'approvazione, annuncia che sul punto presenterà in Assemblea una questione pregiudiziale di costituzionalità.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Pisapia 2.118, Cusumano 2.119, Finocchiaro 2.120, Fanfani 2.121, Buemi 2.122 e Cento 2.123.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra l'emendamento Maura Cossutta 2.124 volto a disporre che per legge sia previsto che il Presidente della Corte di Cassazione presieda la Scuola Superiore della magistratura onde evitare che, qualora tale nomina sia operata nell'ambito del Comitato, essa sia frutto di scelte di correnti interne alla magistratura.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Maura Cossutta 2.124, Pisapia 2.125, Cusumano 2.126 e Finocchiaro 2.127.
Giuliano PISAPIA (RC) illustra il suo emendamento 2.198 volto a prevedere che la partecipazione alla Scuola Superiore della magistratura sia per i magistrati una facoltà e non un obbligo. In tal modo rileva che sarebbe garantita la effettiva funzione di formazione e di aggiornamento di tale Scuola. Ritiene inoltre che obbligare i magistrati a frequentare corsi di aggiornamento ogni cinque anni produrrebbe ripercussioni negative sulla continuità del loro lavoro.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Pisapia 2.198, Fanfani 2.128, Buemi 2.129, Cento 2.130, Maura Cossutta 2.131, Pisapia 2.132 e Cusumano 2.133.
Francesco BONITO (DS-U) illustra l'emendamento Finocchiaro 2.134, diretto a sopprimere la disposizione che prevede la relazione che il Ministro della giustizia deve rendere alle Camere sull'amministrazione della giustizia nell'anno precedente. Ritiene infatti che la modifica operata dal Senato, a seguito dei rilievi espressi dal Capo dello Stato, non abbia eliminato il rischio che su queste comunicazioni possa avere luogo un pericoloso dibattito parlamentare sulle linee di politica giudiziaria che rischierebbe di produrre una invasione delle competenze costituzionalmente garantite producendo un conflitto istituzionale dalle conseguenze imprevedibili. Per queste ragioni raccomanda l'approvazione di questo emendamento.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Finocchiaro 2.134, Fanfani 2.135 e Buemi 2.136.
Roberto ZACCARIA (MARGH-U) illustra l'emendamento Finocchiaro 2.137, volto a sopprimere il comma 45 dell'articolo 2. Ricorda come su questa norma si sia già discusso in sede di audizioni in ordine al fatto per cui, se pure è vero che essa in qualche modo riproduca il contenuto di un'altra disposizione del testo, si caratterizzi per la sua immediata precettività anche rispetto alle procedure di assegnazione degli incarichi direttivi in corso alla data di entrata in vigore della legge di cui si discute. Osserva come già il Presidente emerito, professor Elia, citando la prevalente giurisprudenza costituzionale, abbia evidenziato il fatto che il principio della retroattività soffra dei limiti precisi, costituiti dai legittimi affidamenti già costituiti e dalle situazioni regolate da norme precedenti e che esso si estenda anche alle situazioni processuali. Si sofferma sulle principali sentenze emesse dalla Corte costituzionale che hanno sostenuto questa tesi, a partire dalla sentenza n. 525 del 2000, che a sua volta ne richiama altre, quali la n. 311 del 1995 e la n. 397 del 1994. Ricorda poi che l'unica sentenza citata dal professor Zanon a sostegno della tesi contraria costituisce un caso particolare che, essendo stata originata da una legge di interpretazione autentica, non si inserisce in un filone giurisprudenziale e, oltretutto, non è mai stata più richiamata dalla stessa Corte costituzionale nel corso delle sue successive sentenze.
Ribadisce che il comma 45 dell'articolo 2, di cui si chiede la soppressione, sia una disposizione che vìola i princìpi costituzionali della ragionevolezza, della tutela degli affidamenti e dell'uguaglianza. Per questa ragione raccomanda l'approvazione dell'emendamento Finocchiaro 2.137.
Anna FINOCCHIARO (DS-U) si sofferma preliminarmente sui pareri resi dalle Commissioni competenti in ordine al provvedimento in discussione. Osserva in particolare come il Comitato per la legislazione si sia soffermato in ordine alla presenza di due norme, previste dai commi 10 e 45 dell'articolo 2, dal contenuto identico ma che si distinguono per avere l'una un carattere di delega e l'altra un contenuto immediatamente precettivo, preannunciando al riguardo la proposizione in Assemblea di una questione pregiudiziale di costituzionalità.
Ricorda poi come il plenum del Consiglio superiore della magistratura è stato convocato giovedì 14 luglio per deliberare sul parere della VI Commissione dello stesso CSM avente ad oggetto il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario all'esame della Camera. Sottolinea altresì che l'ordine del giorno della riunione del Consiglio superiore della Magistratura, autorizzato dal Presidente della Repubblica, quale Presidente del Consiglio, è limitato all'esame del parere nella parte in cui questo si sofferma sul comma 45 dell'articolo 2 del disegno di legge ritenendo questo un fatto particolarmente significativo.
Si sofferma poi sulle principali questioni che deriveranno dall'applicazione di questa norma precettiva che, in primo luogo, produrrà la lesione delle legittime aspettative che si sono già costituite in ordine ad oltre seicento procedure in corso e che non possono in alcun modo rappresentare un bene disponibile nemmeno per lo stesso Parlamento. Considera poi come, proprio in ordine a queste valutazioni, si verificherà un rilevante aumento dei contenziosi in sede amministrativa.
Ritiene poi, anche in considerazione del fatto che il Consiglio superiore della magistratura stia per esaurire il proprio mandato, che numerosi uffici direttivi e semidirettivi non saranno coperti tempestivamente, cosa che si ripercuoterà sulla funzionalità degli uffici giudiziari e sui tempi della giustizia a scapito del diritto dei cittadini ad avere una giustizia celere ed efficace, come prescrive l'articolo 97 della Costituzione a proposito dell'attività amministrativa.
Sottolinea infine come tutte queste conseguenze si produrranno solo perché si è voluto ostacolare un evento specifico che, con tutta probabilità, non si sarebbe mai verificato e come l'esposizione eccessiva a cui si è sottoposta la maggioranza costituisca un errore.
Sergio COLA (AN) ritira il proprio emendamento 2.184
Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Francesco BONITO (DS-U) sottoscrivono l'emendamento 2.184, ritirato dal deputato Cola.
La Commissione respinge gli emendamenti Cola 2.184, fatto proprio dai deputati Finocchiaro e Bonito, Finocchiaro 2.139 e 2.138.
Sergio COLA (AN) ritira il proprio emendamento 2.183
Francesco BONITO (DS-U) sottoscrive l'emendamento 2.183, ritirato dal deputato Cola, del quale condivide il contenuto, in quanto diretto a migliorare il testo del comma 45 dell'articolo 2, in un'ottica di maggiore costituzionalità.
Sottolinea come la disposizione oggetto dell'emendamento impatti su oltre seicento procedimenti in corso producendo conseguenze negative su tutto il sistema dell'amministrazione della giustizia.
Ricorda infine che il deputato Cola, nel ritirare questi emendamenti, ha affermato di volerli ripresentare in Assemblea e che il relatore, come ha già fatto a proposito degli emendamenti ritirati dal gruppo UDC nel corso della seduta di ieri, ha assicurato che li avrebbe tenuti nel debito conto in sede di Assemblea.
Sergio COLA (AN) dichiara di astenersi sull'emendamento 2.184, fatto proprio dal deputato Bonito.
La Commissione respinge l'emendamento Cola 2.184, fatto proprio dal deputato Bonito.
Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che non essendo intervenute modifiche al disegno di legge in esame, non metterà in votazione gli emendamenti Mazzoni 2.140, 2.141, 2.142, fatti propri nella seduta di ieri dai deputati Finocchiaro e Fanfani, che attengono a disposizioni del disegno di legge, che secondo la limitazione deliberata dall'Assemblea, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento, possono essere modificate solamente qualora occorra procedere ad interventi di coordinamento conseguenti all'approvazione di emendamenti che modificano le disposizioni del disegno di legge rispetto alle quali è stato limitato l'esame.
Propone quindi di conferire il mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame.
La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Palma, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.
Gaetano PECORELLA, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.
La seduta termina alle 16.30.
Mercoledì 13 luglio 2005. - Presidenza del presidente Pietro FONTANINI.
La seduta comincia alle 13.35.
ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 16-BIS, COMMA 6-BIS, DEL REGOLAMENTO
Riforma dell'ordinamento giudiziario. C. 4636-bis/D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica ed approvato, con modificazioni, dal Senato).
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere con osservazione).
Il Comitato inizia l'esame del progetto di legge in titolo.
Luigi MANINETTI, relatore, illustra la seguente proposta di parere:
«Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge n. 4636-bis/D;
rilevato che esso reca una pluralità di deleghe legislative al Governo per una riforma complessiva dell'ordinamento giudiziario;
ricordato il parere reso dal Comitato in data 12 maggio 2004, sul disegno di legge nel testo trasmesso dalla Commissione competente e ricordato altresì che il Comitato si è successivamente espresso in data 16 novembre 2004, limitatamente alle parti modificate dal Senato;
tenuto conto che l'Assemblea ha deliberato, su proposta della Commissione di merito, in data 6 luglio 2005, la limitazione della discussione alle parti oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento;
rilevato che, a seguito della citata delibera, oggetto di esame appaiono le sole disposizioni individuate nella delibera medesima;
alla luce dei parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento osserva quanto segue:
sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 2, comma 45 - che reca una disciplina transitoria applicabile «nelle more dell'attuazione della delega prevista al comma 10», relativa alla materia del conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché di primo e secondo grado - dovrebbe valutarsi l'opportunità di un coordinamento con quanto previsto dal medesimo comma 10, atteso che esso reca una delega al Governo, da esercitare entro sei mesi, volta a disciplinare anch'essa in via transitoria il divieto di conferire siffatti incarichi al raggiungimento di una certa anzianità di servizio, in modo del tutto coincidente con quanto già previsto al comma 45 in esame».
Il Comitato approva la proposta di parere del relatore.
I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI
Mercoledì 13 luglio 2005. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.
La seduta comincia alle 9.45.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica a norma dell'articolo 74 della Costituzione e modificato dal Senato.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).
Il Comitato inizia l'esame.
Pierantonio ZANETTIN, presidente e relatore, fa presente preliminarmente che il disegno di legge all'esame del Comitato era stato definitivamente approvato dalla Camera il 1o dicembre 2004 e, successivamente, era stato oggetto di rinvio da parte del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione. Il 28 giugno 2005, il Senato ha approvato nuovamente, con modificazioni, il disegno di legge e la Camera, nella seduta del 6 luglio scorso, ne ha deliberato la limitazione dell'esame parlamentare alle parti che formano oggetto del messaggio di rinvio. Si sofferma quindi sulle modifiche apportate nel corso dell'esame presso il Senato al testo dell'articolo 2 del disegno di legge delega, in relazione ai singoli punti del messaggio motivato del Presidente della Repubblica, facendo presente che, con riferimento alle censure concernenti il sistema dei concorsi, le innovazioni introdotte sono volte a delimitare i poteri della scuola della magistratura e delle commissioni di concorso a favore delle attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura in materia di «assegnazioni e promozioni». In particolare, mentre nel testo precedentemente approvato dalle Camere si stabiliva che i corsi presso la predetta scuola si sarebbero dovuti concludere con un giudizio favorevole, con la conseguenza che la valutazione effettuata dalla Scuola avrebbe vincolato il Consiglio superiore della magistratura, le modifiche apportate dal Senato, pur lasciando alla scuola stessa il compito di formulare un giudizio sull'esito dei corsi, attribuiscono al Consiglio la facoltà di valutare liberamente tale giudizio. In relazione, poi, alle modalità di copertura dei posti che annualmente si rendono vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di secondo grado e di legittimità è stato previsto che sia il Consiglio superiore della magistratura ad individuare, ma soltanto nell'ambito dei candidati risultati idonei nei relativi concorsi, ed eventualmente anche discostandosi dalle graduatorie redatte dalle commissioni, quelli destinati a ricoprire i suddetti incarichi. Si fa presente che in base alla formulazione precedente delle disposizioni in esame il Consiglio superiore della magistratura appariva maggiormente vincolato dalle valutazioni delle commissioni concorsuali, dal momento che non si sarebbe potuto discostare dall'ordine di graduatoria da queste stabilito se non per specifiche e determinate ragioni, delle quali avrebbe dovuto fornire dettagliata motivazione. Quanto invece alle comunicazioni che il Ministro della giustizia rende alle Camere entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, la lettera a) del comma 29 è stata riformulata al fine di specificare che tali comunicazioni riguardano l'amministrazione della giustizia nel precedente anno, gli interventi da adottare ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione, in materia, quindi, di funzionamento ed organizzazione dei servizi relativi alla giustizia, nonché gli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l'anno in corso. Con riferimento al rilievo concernente le attribuzioni del Ministero della giustizia in materia di monitoraggio dell'esito dei procedimenti giudiziari si è provveduto a sopprimere la lettera c) del comma 11 che ne costituiva il fondamento, mentre la questione riguardante la facoltà del Ministro di impugnativa delle delibere del Consiglio superiore della magistratura relative al conferimento di incarichi direttivi, è stata affrontata mediante la riformulazione del numero 1 della lettera m) del comma 1 dell'articolo 2, al fine di specificare che essa possa ancora essere esercitata, anche se «fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato». Dopo aver ricordato che il Comitato ha già avuto modo di esprimere un parere favorevole sul provvedimento nella seduta del 12 maggio 2004, rileva che le disposizioni dallo stesso recate incidono sull'ordinamento giudiziario, materia riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi delle lettere g) ed l) dell'articolo 117, secondo comma della Costituzione, che, rispettivamente, concernono la disciplina in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici» e «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa». Ritiene, quindi, che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale e propone di esprimere parere favorevole.
Graziella MASCIA (RC) nel dichiarare il proprio voto contrario sulla proposta di parere del relatore, fa presente che sono almeno due i rilievi critici formulati dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio di rinvio alle Camere che il Senato non ha assolutamente risolto. Fa riferimento, in primo luogo, alle disposizioni relative alle modalità di copertura dei posti che annualmente si rendono vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di secondo grado e di legittimità, che prevedono per il Consiglio superiore della magistratura la sola possibilità di discostarsi dall'ordine di graduatoria stabilito dalle commissioni di concorso, ma non anche dalle valutazioni espresse dalle commissioni stesse. Ciò comporta una menomazione nelle attribuzioni costituzionalmente attribuite al CSM, che appaino peraltro non tutelate neppure con riguardo alla facoltà, concessa al Ministro della giustizia, di impugnare, innanzi al giudice amministrativo, le deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura relativi al conferimento di incarichi direttivi.
Margherita COLUCCINI (DS-U) dichiara voto contrario sulla proposta di parere formulata dal relatore, in ragione della permanenza, nel nuovo testo approvato dal Senato, delle medesime ragioni che avevano indotto il Presidente della Repubblica a chiedere una nuova deliberazione alle Camere. Fa presente in particolare che il provvedimento reca disposizioni che, oltre ad essere illegittime sotto il profilo costituzionale, rischiano di tradursi, sul piano pratico, nella messa in discussione di un numero elevatissimo di procedimenti volti al conferimento di incarichi direttivi, con la violazione del principio generale di affidamento che conseguirebbe necessariamente al mutamento delle regole che interesserebbe procedure attualmente in corso.
Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore (vedi allegato 1).
ALLEGATO 1
Riforma dell'ordinamento giudiziario (C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica a norma dell'articolo 74 della Costituzione e modificato dal Senato).
PARERE APPROVATO
Il Comitato permanente per i pareri,
esaminato il testo del disegno di legge C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato, concernente la riforma dell'ordinamento giudiziario;
rilevato che tutte le disposizioni da esso recate, incidendo sull'ordinamento giudiziario, sono riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi delle lettere g) ed l) dell'articolo 117, secondo comma della Costituzione, che concernono, rispettivamente, la disciplina in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici» e «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa»;
ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,
esprime
PARERE FAVOREVOLE.
SEDE CONSULTIVA
Mercoledì 13 luglio 2005. - Presidenza del vicepresidente Marino ZORZATO. - Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Gianfranco Conte.
La seduta comincia alle 9.10.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Nulla osta).
La Commissione inizia l'esame.
Marino ZORZATO, presidente, in sostituzione del relatore, ricorda che il provvedimento in esame, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato, reca disposizioni per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per il decentramento del Ministero della giustizia. Le modifiche da ultimo apportate attribuiscono poteri di maggiore rilevanza al Consiglio superiore della magistratura in merito alla formulazione del giudizio finale di valutazione da esprimere in esito alla frequentazione dei corsi di formazione tenuti presso la Scuola superiore della magistratura; al conferimento delle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità; al potere di proposta per il conferimento degli incarichi direttivi. Viene poi modificato l'ammontare degli oneri recati dal provvedimento considerando che l'anno 2004 è ormai trascorso e l'anno 2005 volge verso il termine. Rileva poi che gli oneri a regime non subiscono alcuna modifica e si stabilisce di non procedere più nella istituzione dell'ufficio per il monitoraggio dell'esito dei procedimenti presso ogni direzione regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria. Le modifiche da ultimo introdotte prevedono inoltre che il Ministro della giustizia renda comunicazioni alle Camere sugli interventi da adottare in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia. Il precedente testo prevedeva che la comunicazione del Ministro vertesse sulle linee di politica giudiziaria da adottare nell'anno. Viene infine stabilito che fino all'entrata in vigore della disciplina transitoria sul conferimento degli incarichi direttivi, gli incarichi direttivi di legittimità e gli altri incarichi direttivi non possono essere conferiti a magistrati con meno, rispettivamente, di due e quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento. Con riferimento alla clausola di copertura finanziaria di cui all'articolo 2, commi 13, 14, 36, 40 e 41, lettere a) e b), segnala che il Senato ha provveduto sia ad aggiornare all'anno in corso la decorrenza degli oneri del provvedimento, i quali peraltro sono stati rideterminati in diminuzione per l'anno 2005 rispetto a quelli previsti per il medesimo anno dal testo rinviato alla Camere dal Presidente della Repubblica, sia ad aggiornare al nuovo triennio 2005-2007 il riferimento ai fondi speciali di parte corrente interessati per finalità di copertura finanziaria. Nel testo trasmesso dal Senato l'onere per il 2005, da coprire mediante utilizzo dei fondi speciali, è pari a euro 26.489.422, mentre nel testo rinviato alle Camere il medesimo onere era pari a euro 30.239.636. Rileva che gli accantonamenti utilizzati presentano la necessaria disponibilità e una apposita voce programmatica. Analogamente, all'articolo 2, comma 41, lettera b), il Senato ha provveduto ad aggiornare alla tabella C come rideterminata dalla legge finanziaria per il 2005, il riferimento all'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 303 del 1999. Al riguardo, appare opportuno che il Governo confermi che la predetta autorizzazione di spesa reca le necessarie risorse a far fronte ai nuovi interventi senza pregiudicare quelli previsti a legislazione vigente. Osserva, al riguardo, che l'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 303 del 1999, relativa all'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge finanziaria per il 2005, dispone per gli anni 2005 e 2006 di risorse superiori a quelle previste dalla tabella C della legge finanziaria per il 2004. Infatti, gli importi previsti dalla tabella C allegata alla legge finanziaria per il 2005 a favore della predetta autorizzazione di spesa risultano pari a 331 milioni di euro per l'anno 2005, 310 milioni di euro per l'anno 2006 e 306 milioni di euro per l'anno 2007, mentre la tabella C allegata alla legge finanziaria per il 2004 prevedeva risorse per un importo pari a 295 milioni di euro per il 2005 e a 300 milioni di euro per l'anno 2006.
Il sottosegretario Gianfranco CONTE conferma l'esistenza di adeguate disponibilità sull'autorizzazione di spesa in oggetto.
Marino ZORZATO, presidente, formula la seguente proposta di parere:
«La V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione,
sul testo del provvedimento,
esprime
NULLA OSTA».
La Commissione approva la proposta di parere.
SEDE CONSULTIVA
Mercoledì 13 luglio 2005. - Presidenza del presidente Domenico BENEDETTI VALENTINI.
La seduta comincia alle 9.35.
(omissis)
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636/D Governo, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Nulla osta).
Domenico BENEDETTI VALENTINI, presidente, avverte che sostituirà personalmente il relatore, impossibilitato ad intervenire alla seduta odierna.
Ricorda quindi che la Commissione Giustizia ha avviato l'esame del disegno di legge C.4636-bis-D, recante la «Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico», rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 e modificato dal Senato. Dopo il rinvio da parte del Presidente della Repubblica, il disegno di legge è stato riesaminato dal Senato della Repubblica e modificato allo scopo di recepire le indicazioni del Presidente della Repubblica.
L'Assemblea ha già approvato la proposta della Commissione giustizia di circoscrivere, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento, la discussione alle parti che formano oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, nonché a tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente, la cui modifica risulti necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica.
Nella seduta del 12 maggio 2004 la Commissione aveva approvato un parere favorevole, in cui si sottolineava che la funzione giurisdizionale è funzione statale ed i giudici, esercitandola, svolgono attività abituale al servizio dello Stato e, pertanto, rientrano nell'accezione ampia di pubblici impiegati. Tale funzione deve quindi essere indipendente da poteri e da interessi estranei alla giurisdizione ed è sottoposta al canone di buon andamento previsto dall'articolo 97 della Costituzione. Il magistrato è pertanto soggetto alla legge e in primo luogo alla Costituzione, che sancisce ad un tempo il principio d'indipendenza e quello di responsabilità. Su queste premesse, il parere favorevole conteneva una osservazione relativa all'articolo 9 del testo allora in esame. Tale articolo istituiva in via sperimentale l'ufficio del giudice, in particolare mediante l'assunzione di 2250 ausiliari del giudice. L'invito per la Commissione di merito era di valutare l'opportunità di precisare che, oltre alla retribuzione e al trattamento di fine rapporto, gli ausiliari dovessero essere tenuti all'iscrizione alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, in carenza di iscrizione all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti o a forme di previdenza esclusive, sostitutive ed esonerative della medesima.
Nel testo oggi in discussione non è più presente l'istituzione della figura dell'ausiliario del giudice.
Le modifiche apportate dal Senato al testo dell'articolo 2 del disegno di legge delega, in relazione ai singoli punti del messaggio motivato del Presidente della Repubblica si possono sintetizzare in:
a) modifica del sistema dei concorsi: le innovazioni introdotte sono volte a delimitare i poteri della Scuola superiore e delle commissioni di concorso a favore delle attribuzioni del CSM in materia di «assegnazioni e promozioni»; mentre nel testo approvato dalla Camera si stabiliva che i corsi di formazione presso la istituenda Scuola superiore della magistratura si sarebbero dovuti concludere con un giudizio favorevole, con la conseguenza che la valutazione effettuata dalla Scuola avrebbe vincolato il CSM, le modifiche apportate dal Senato, pur lasciando alla Scuola il compito di formulare un giudizio sull'esito dei corsi, attribuisce al CSM la facoltà di valutare liberamente tale giudizio.
In relazione, poi, alle modalità di copertura dei posti che annualmente si rendono vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di secondo grado e di legittimità è stato previsto che sia il CSM ad individuare, ma soltanto nell'ambito dei candidati risultati idonei nei relativi concorsi - eventualmente anche discostandosi dalle graduatorie redatte dalle commissioni - quelli destinati a ricoprire i suddetti incarichi. Al fine di adottare tali decisioni, il CSM deve acquisire il parere dei consigli giudiziari e deve tener conto del giudizio finale formulato al termine degli appositi corsi di formazione presso la Scuola superiore (cui ora è attribuita una validità massima di sette anni) e del giudizio di idoneità formulato dalle commissioni all'esito dei rispettivi concorsi.
Ulteriori modifiche attengono ai concorsi per il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi: in base alla nuova formulazione dei numeri 1) e 2) della lettera m) del comma 1 dell'articolo 2, i primi consistono in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni diretta a circoscrivere il novero dei soggetti tra i quali il CSM individua, sulla base di una serie di elementi, quelli da proporre per il concerto al Ministro della giustizia.
Analogamente è stato disposto in materia di incarichi semidirettivi: i relativi concorsi, infatti, consistono ora in una dichiarazione di idoneità dei candidati ed il conferimento degli incarichi è affidato al CSM che individua il magistrato nell'ambito dei soggetti dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo.
Nel testo approvato dalla Camera, invece, i suddetti concorsi consistevano in una valutazione di alcune caratteristiche dei candidati, finalizzata alla formazione di una graduatoria che, analogamente a quanto avveniva per il conferimento delle funzioni di appello e di legittimità, avrebbe vincolato il CSM;
b) modifica relativa alle comunicazioni che il Ministro della giustizia rende alle Camere entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario: la lettera a) del comma 29 è stata riformulata al fine di specificare che tali comunicazioni riguardano l'amministrazione della giustizia nel precedente anno, gli interventi da adottare ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione (in materia, quindi, di funzionamento ed organizzazione dei servizi relativi alla giustizia), gli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l'anno in corso;
c) soppressione delle attribuzioni del Ministero in materia di monitoraggio dell'esito dei procedimenti giudiziari;
d) precisazione in merito alla facoltà del Ministro di impugnare le delibere del CSM relative al conferimento di incarichi direttivi: essa può ancora essere esercitata anche se «fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato»;
Ulteriori modifiche hanno riguardato:
a) le norme di copertura finanziaria, riformulate tenendo conto della presunta data di entrata in vigore del provvedimento;
b) la soppressione del comma 10, che disponeva la proroga nell'incarico fino al compimento del 72o anno di età del magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia; si ricorda che una norma dal contenuto analogo è presente nel decreto legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 1o marzo 2005, n. 26;
c) l'introduzione di una disposizione transitoria (il comma 45) che, sulla base di quanto previsto al numero 3 della lettera m) del comma 1 e al numero 6 della lettera i) del comma 1, stabilisce che, nelle more della attuazione della delega, non possono essere conferiti incarichi direttivi di primo e secondo grado a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di collocamento a riposo e incarichi direttivi di legittimità a magistrati che ne abbiano meno di due; tale disposizione si applica anche alle procedure già in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento.
Considerato l'attuale ambito di esame parlamentare, rispetto al quale le competenze della Commissione sono coinvolte in maniera marginale, ritiene si possa esprimere un parere di nulla osta.
La Commissione approva la proposta di parere del relatore.
La seduta termina alle 14.
I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI
Martedì 19 luglio 2005. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.
La seduta comincia alle 11.50.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica a norma dell'articolo 74 della Costituzione e modificato dal Senato.
(Parere all'Assemblea).
(Esame emendamenti e conclusione - Parere).
Il Comitato inizia l'esame.
Pierantonio ZANETTIN, presidente e relatore, fa presente che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili problematici in ordine alla ripartizione delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni di cui all'articolo 117 della Costituzione. Formula, quindi, una proposta di parere di nulla osta.
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.
SEDE CONSULTIVA
Martedì 19 luglio 2005. - Presidenza del vicepresidente Marino ZORZATO. - Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Gianfranco Conte.
La seduta comincia alle 10.10.
Riforma dell'ordinamento giudiziario.
C. 4636-bis-E.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Nulla osta - Parere su emendamenti).
La Commissione inizia l'esame.
Marino ZORZATO, presidente, in sostituzione del relatore, ricorda che la Commissione bilancio ha già esaminato il testo del disegno di legge, recante delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, come risultante dalle modifiche apportate dal Senato successivamente al rinvio del provvedimento da parte del Presidente della Repubblica. In quella occasione, la Commissione bilancio, nel prendere atto che il Senato ha provveduto ad aggiornare all'anno in corso la decorrenza degli oneri, peraltro rideterminati in riduzione per il medesimo anno, fermo restando l'importo degli oneri a regime, ha espresso un parere di nulla osta. La Commissione di merito ha deliberato, nella seduta del 13 luglio 2005, di riferire favorevolmente sul provvedimento nel testo trasmesso dal Senato, senza apportare ulteriori modificazioni. Avverte poi che in data 18 luglio 2005 l'Assemblea ha trasmesso il fascicolo n. 1 degli emendamenti.
Tra gli emendamenti inseriti nel fascicolo segnala l'emendamento 2.126 Cusumano ed altri il quale stabilisce, modificando parzialmente la lettera m) del comma 2 dell'articolo 2, che il comitato di gestione di ciascuna sezione della Scuola superiore della magistratura sia formato da un numero di componenti non superiore a sette. Nel testo rinviato dal Presidente della Repubblica il numero massimo dei componenti era fissato in cinque. Al riguardo, chiede di acquisire l'avviso del Governo in ordine alle eventuali conseguenze finanziarie dell'emendamento.
Il sottosegretario Gianfranco CONTE concorda con il presidente in ordine all'onerosità dell'emendamento 2.126 ed esprime, sul medesimo emendamento un parere contrario.
Pietro MAURANDI (DS-U) chiede al rappresentante del Governo di motivare il parere contrario espresso sull'emendamento 2.126.
Il sottosegretario Gianfranco CONTE ritiene che l'eventuale aumento dei componenti del comitato di gestione della Scuola superiore della magistratura prefigurato dall'emendamento risulta suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri privi di adeguata quantificazione e di copertura.
Marino ZORZATO, presidente, in sostituzione del relatore, formula la seguente proposta di parere:
«La V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione,
sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito,
esprime
NULLA OSTA
sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:
esprime
PARERE CONTRARIO
sull'emendamento 2.126, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1».
La Commissione approva la proposta di parere.
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal ministro della giustizia
(CASTELLI)
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
(TREMONTI)
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 21 gennaio 2004 (v. stampato Camera n. 4636)
MODIFICATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
previo stralcio dell'articolo 12,
il 30 giugno 2004 (v. stampato Senato n. 1296-B)
NUOVAMENTE MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
previo stralcio dei commi 9, 10 e 14 dell'articolo 2, il 10 novembre 2004
(v. stampato Camera n. 4636-bis-B)
APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
il 1o dicembre 2004
RINVIATO ALLE CAMERE DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PER UNA NUOVA DELIBERAZIONE CON MESSAGGIO MOTIVATO A NORMA DELL'ARTICOLO 74 DELLA COSTITUZIONE
il 16 dicembre 2004 (v. stampato Camera Doc. I, n. 6)
APPROVATO, CON MODIFICAZIONI, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 28 giugno 2005
Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 29 giugno 2005
(Relatore: PALMA)
NOTA: Il presente stampato contiene i pareri espressi dal Comitato per la legislazione e dalle Commissioni permanenti I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni), V (Bilancio, tesoro e programmazione) e XI (Lavoro pubblico e privato) sul disegno di legge n. 4636-bis-D.
La II Commissione permanente (Giustizia), il 13 luglio 2005, ha deliberato di riferire favorevolmente sul disegno di legge, nel testo trasmesso dal Senato. In pari data la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente.
Per il testo del disegno di legge si veda lo stampato n. 4636-bis-D.
PARERE DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE
Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge n. 4636-bis-D;
rilevato che esso reca una pluralità di deleghe legislative al Governo per una riforma complessiva dell'ordinamento giudiziario;
ricordato il parere reso dal Comitato in data 12 maggio 2004, sul disegno di legge nel testo trasmesso dalla Commissione competente e ricordato altresì che il Comitato si è successivamente espresso in data 16 novembre 2004, limitatamente alle parti modificate dal Senato;
tenuto conto che l'Assemblea ha deliberato, su proposta della Commissione di merito, in data 6 luglio 2005, la limitazione della discussione alle parti oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento;
rilevato che, a seguito della citata delibera, oggetto di esame appaiono le sole disposizioni individuate nella delibera medesima;
alla luce dei parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento osserva quanto segue:
sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 2, comma 45 - che reca una disciplina transitoria applicabile «nelle more dell'attuazione della delega prevista al comma 10», relativa alla materia del conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché di primo e secondo grado - dovrebbe valutarsi l'opportunità di un coordinamento con quanto previsto dal medesimo comma 10, atteso che esso reca una delega al Governo, da esercitare entro sei mesi, volta a disciplinare anch'essa in via transitoria il divieto di conferire siffatti incarichi al raggiungimento di una certa anzianità di servizio, in modo del tutto coincidente con quanto già previsto al comma 45 in esame.
PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il testo del disegno di legge n. 4636-bis-D, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e modificato dal Senato, concernente la riforma dell'ordinamento giudiziario;
rilevato che tutte le disposizioni da esso recate, incidendo sull'ordinamento giudiziario, sono riconducibili alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato, ai sensi delle lettere g) ed l) dell'articolo 117, secondo comma della Costituzione, che concernono, rispettivamente, la disciplina in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici» e «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa»;
ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,
esprime
PARERE FAVOREVOLE.
PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(Bilancio, tesoro e programmazione)
NULLA OSTA
PARERE DELLA XI COMMISSIONE PERMANENTE
(Lavoro pubblico e privato)
NULLA OSTA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
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657.
Seduta di lunedì 18 luglio 2005
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI
indi DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI
Discussione del disegno di legge: S. 1296-B - Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica) (Approvato dal Senato) (A.C. 4636-bis-D) (ore 10,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, già approvato dal Senato: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Palma, ha facoltà di svolgere la relazione.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Signor Presidente, l'Assemblea della Camera dei deputati si trova per la terza volta ad esaminare il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, il cui iter legislativo è cominciato presso l'altro ramo del Parlamento più di tre anni fa.
Com'è noto, il 16 dicembre 2004 il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere il testo. A seguito del rinvio, il Senato ha nuovamente riesaminato il testo, limitandosi alle disposizioni oggetto del messaggio, a quelle aventi rilievo finanziario, nonché - e questo è un passaggio importante, per quanto dirò più avanti - a tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente, la cui modifica si sarebbe dimostrata necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica. Il 28 giugno 2005 il Senato ha approvato con modificazioni il testo oggetto del messaggio.
Su proposta della Commissione giustizia della Camera, la Camera medesima ha delimitato la discussione alle disposizioni oggetto del messaggio, a quelle di contenuto finanziario ed a quelle connesse a termini in scadenza. La Commissione ha concluso l'esame in sede referente confermando in toto il testo approvato dal Senato.
Da questo breve excursus dell'iter legislativo risulta evidente che ci troviamo di fronte ad un provvedimento che è il risultato di un lungo, meditato ed approfondito esame. Pertanto, la relazione si limiterà ad illustrare le modifiche apportate dal Senato, confermate dalla Commissione giustizia della Camera, al testo già approvato il 1o dicembre 2004, senza indugiare sulla portata innovativa e fortemente riformatrice del testo nel suo complesso.
Salvo le modifiche effettuate per ragioni di adattamento della copertura finanziaria o dettate dall'esigenza di tenere conto di termini di scadenza, le novità sono tutte conseguenti alla scelta di accogliere i rilievi del Presidente della Repubblica.
Il primo punto del messaggio ha per oggetto l'articolo 2, comma 31, lettera a), del testo. Il Presidente della Repubblica ha rilevato che la norma, nel punto in cui prevede che le comunicazioni del ministro della giustizia alle Camere comprendono le «linee di politica giudiziaria per l'anno in corso», si pone in evidente contrasto con una serie di disposizioni costituzionali (segnatamente, con gli articoli 101, 104, 110 e 112 della Costituzione).
Il Senato ha modificato la norma stabilendo che il ministro rende comunicazioni alle Camere sull'amministrazione della giustizia nel precedente anno, nonché sugli interventi da adottare ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti ed i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l'anno in corso.
È chiaro che la scelta operata dal Senato viene incontro ai rilievi del Presidente della Repubblica, anzi si può ben dire che il Senato è andato oltre rispetto al messaggio del Presidente, in quanto non si è limitato ad eliminare la possibilità di una eventuale invasione di campo del ministro a danno dell'autonomia della magistratura, ma ha fatto qualcosa di più: ha configurato l'inaugurazione dell'anno giudiziario come un momento di democrazia parlamentare. Infatti all'inizio di ogni anno il ministro della giustizia dovrà necessariamente venire in Parlamento ed esporre il suo programma in materia di giustizia.
Il secondo punto del messaggio ha per oggetto l'articolo 2, comma 14, lettera c), del testo in esame. Il Presidente della Repubblica ha ritenuto che questa disposizione si ponesse in palese contrasto con gli articoli 101, 104 e 110 della Costituzione: il Senato ha soppresso la disposizione criticata dal Presidente.
Il terzo punto del messaggio attiene alla questione riguardante la facoltà di impugnativa attribuita al ministro della giustizia dall'articolo 2, comma 1, lettera m). Il Presidente della Repubblica ha ritenuto che tale previsione contrasti con l'articolo 134 della Costituzione. Il Senato ha affrontato la questione sollevata dal Presidente della Repubblica, specificando che il ministro della giustizia, solo fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, può ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga ad incarichi direttivi.
Infine, il quarto punto del messaggio investe i poteri del Consiglio superiore della magistratura. Secondo il Presidente della Repubblica il testo approvato dalla Camera a dicembre del 2004 sarebbe lesivo delle competenze attribuite al Consiglio superiore della magistratura dall'articolo 105 della Costituzione. In particolare, nel messaggio si evidenzia che l'invasione della sfera di competenza è particolarmente evidente nell'ipotesi in cui i candidati siano stati esclusi nell'ambito delle procedure di esame poiché, allorché manchino il favorevole giudizio conseguito presso la Scuola superiore o la positiva valutazione nel concorso da parte della commissione, il Consiglio non può neppure prendere in considerazione la posizione del candidato stesso.
Il Senato ha modificato il testo approvato dalla Camera nel senso di assicurare al Consiglio superiore della magistratura quella piena autonomia che la Costituzione gli riconosce, ricordando che quella piena autonomia viene riconosciuta al Consiglio superiore della magistratura secondo quanto previsto dalla legge sull'ordinamento giudiziario.
Tale risultato è raggiunto dal testo in esame prevedendo una disciplina delle procedure concorsuali in cui al Consiglio superiore della magistratura nulla è imposto da organi ad esso esterni. Il giudizio finale, formulato dalla Scuola superiore della magistratura, non determina alcun vincolo per il CSM, ma costituisce soltanto e semplicemente un elemento che il CSM stesso dovrà valutare e del quale dovrà tenere conto. La Scuola è quindi solo un organo che fornisce elementi di valutazione al CSM affinché questo possa meglio esprimere le proprie valutazioni sulla capacità professionale dei candidati.
Per quanto attiene alle commissioni di concorso occorre considerare che questi, i cui componenti sono - lo si ricordi - nominati dal Consiglio superiore della magistratura, sono organi che svolgono soltanto una funzione tecnico-scientifica di valutazione dei candidati che, evidentemente, se si vuole essere sinceri fino in fondo, non può essere assolutamente svolta dai componenti del Consiglio superiore della magistratura, considerato che la loro legittimazione (fatta eccezione per i due membri di diritto, e cioè il presidente della Corte di Cassazione ed il procuratore generale) è semplicemente di natura elettiva.
Pertanto, nell'ambito di una procedura concorsuale che, necessariamente, deve vedere il Consiglio superiore come organo al quale spetti il compito di decidere se un magistrato meriti di essere promosso, occorre individuare l'organo in grado di valutare i candidati sulla base di quei parametri tecnici che sono i titoli ed, in via eccezionale, anche le prove di esame.
L'unica soluzione che garantisce da un lato l'autonomia del Consiglio superiore e dall'altro quel livello tecnico-scientifico proprio delle procedure concorsuali, procedure che si ispirano sempre e comunque ad esigenze di trasparenza, è quella di commissioni di concorso composte da componenti e da membri nominati dal Consiglio superiore della magistratura.
D'altra parte, che il sistema dei concorsi - peraltro in vigore, in questo paese, fin dal 1973 senza che, al riguardo, sia stata sollevata alcuna critica di costituzionalità - non sia inconciliabile con il modello di magistratura delineato dalla Costituzione lo si desume, oltre che dai principi costituzionali, anche dallo stesso messaggio del Presidente della Repubblica. Nel quarto punto di questo messaggio, infatti, quanto viene presupposto è proprio la costituzionalità del sistema concorsuale; quanto, invece, il Presidente ritiene non sia conforme alla Costituzione è il ruolo che la legge delega assegna al CSM nell'ambito del sistema dei concorsi. Invero, il Presidente della Repubblica, sul sistema dei concorsi, non muove alcuna censura di costituzionalità; la censura si appunta, invece, sui vincoli che il precedente sistema poneva al Consiglio superiore della magistratura, vincoli del tutto scomparsi nel testo modificato dal Senato.
Il Consiglio superiore della magistratura è assolutamente libero nella sua valutazione, fermo restando, evidentemente, che pur deve tenere conto degli esiti concorsuali - se si vuole, per disattenderli; ma ne deve tenere conto -, il che comporterà, da parte del Consiglio stesso, una più dettagliata motivazione in ordine alle proprie delibere; ma noi tutti sappiamo che la motivazione, in uno Stato di diritto, corrisponde ad esigenze di trasparenza. E probabilmente, nel sistema di promozioni, trasferimenti e quant'altro, di trasparenza ve ne è bisogno; non perché lo dichiara il relatore, ma perché lo sostiene, primo fra tutti, il primo presidente della Corte di cassazione, eccellenza Nicola Marvulli.
Questi sono i quattro punti trattati dal messaggio del Presidente della Repubblica, che hanno portato alle modifiche dianzi accennate nonché a quelle, di risulta, sul piano della copertura finanziaria.
Nell'ambito delle «disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente la cui modifica potrebbe risultare necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica» - che, come abbiamo visto, sono state oggetto di esame da parte del Senato e rientrano nella limitazione della discussione deliberata dalla Camera -, è compreso il comma 10 dell'articolo 2 del testo approvato dal Senato. Si tratta della norma transitoria relativa alla proroga dell'esercizio delle funzioni attribuite al magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della legge. Come si ricorderà, tale questione è stata disciplinata dall'articolo 2 della legge 1 marzo 2005, n. 26, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, recante proroga di termini.
Infine, al comma 45 dell'articolo in questione, si reca un'ulteriore modifica al testo originariamente approvato dalla Camera e successivamente fatto oggetto di messaggio da parte del Presidente della Repubblica. Si tratta, invero, del cosiddetto emendamento Bobbio, che, approvato al Senato, anticipa alle procedure in corso al momento dell'entrata in vigore del provvedimento l'efficacia di un criterio contenuto nella legge delega. Sostanzialmente, si prevede anzitutto che «(...) non possono essere conferiti incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e non possono essere conferiti incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento (...)» testé citata; si aggiunge, quindi, che «tale disposizione si applica anche alle procedure per il conferimento degli incarichi direttivi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge».
Ebbene, nel corso delle audizioni informali svolte in Commissione, il presidente Elia ha affermato che tale disposizione potrebbe essere considerata un quid novi rispetto al testo originariamente licenziato dalla Camera e, in quanto tale, potrebbe essere fatta oggetto di un eventuale, nuovo messaggio da parte della Presidente della Repubblica. Si deve precisare, per completezza di esposizione, che lo stesso presidente Elia ha affermato che l'invio di un nuovo messaggio è considerato possibile solo da una dottrina assolutamente minoritaria; ma, sostanzialmente, si tratta di un problema che, in questa fase, non interessa, riguardando esclusivamente le competenze del Presidente della Repubblica.
Ciò che, invece, mi interessa sottolineare è che l'affermazione secondo la quale il cosiddetto emendamento Bobbio sarebbe un quid novi rispetto al testo è un'affermazione assolutamente sbagliata, per diverse ragioni.
All'articolo 2, primo comma, lettera h), numero 17), e lettera i), numero 6), il principio veniva consacrato nelle relative disposizioni. Si affermava, infatti, che il legislatore delegato, nella formulazione dei decreti legislativi, avrebbe dovuto tenere presente i seguenti due principi: non potevano essere conferiti incarichi direttivi di merito, di primo e di secondo grado, a magistrati che avevano meno di quattro anni di servizio prima del collocamento ordinario a riposo, o gli incarichi direttivi di legittimità a magistrati che avevano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo.
Sotto questo profilo, quindi, non si può affermare che la disposizione di cui al comma 45 dell'articolo 2 del provvedimento in esame (il cosiddetto emendamento Bobbio) sia un quid novi, poiché non fa altro che rendere immediatamente precettivo un principio che si trovava già contenuto all'interno della delega. È un principio, si badi bene, che non è stato assolutamente toccato dalle censure o dalle critiche di costituzionalità di cui al messaggio del Presidente della Repubblica; il che, ex adverso, vuol dire che il Presidente della Repubblica ha considerato non palesemente incostituzionale il principio sancito nell'articolo 2, primo comma, alla lettera h), numero 17), ed alla lettera i), numero 6).
L'obiezione che può essere formulata nei confronti di tale principio è che il dato di novità sarebbe quello previsto nell'ultimo periodo del citato comma 45, vale a dire, sostanzialmente, la parte in cui si prevede che: «(...) tale disposizione si applica anche alle procedure per il conferimento degli incarichi direttivi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge». Ciò che si contesta, quindi, è non l'affermazione del principio, ma l'anticipata entrata in vigore del principio stesso come estensione alle procedure in corso.
Bene: anche sotto questo profilo, mi permetto di sottolineare che tale tipo di affermazione non corrisponde al vero. Infatti, se torniamo un attimo indietro ed andiamo a vedere il provvedimento limitativo della discussione adottato sia dal Senato della Repubblica, sia dalla Camera dei deputati, troviamo che, nell'esaminare il testo, il Senato e la Camera potevano allargare il proprio esame a tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza, previsti dalla legislazione vigente, la cui modifica si sarebbe dimostrata necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica.
In altri termini, se nel disegno di legge delega vi fosse stato un principio che il legislatore aveva ritenuto utile che entrasse in vigore in tempi precedenti, e ciò non si è dimostrato possibile, in ragione del rinvio dovuto al messaggio presidenziale, il Senato e la Camera hanno deliberato che l'esame poteva essere ampliato anche a tale principio.
Allora, tanto per essere chiari, vorrei evidenziare che, all'articolo 2, comma 10, del testo approvato definitivamente ed oggetto di messaggio da parte del Presidente della Repubblica, si legge quanto segue: «Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge» - quindi, sostanzialmente, entro il mese di giugno del 2005, nell'eventualità in cui quel testo non fosse stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica - «un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all'entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i), numero 6), del comma 1, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
lettera a): prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni prima della data di ordinario collocamento a riposo».
Si trattava, sostanzialmente, di una delega concernente una disposizione transitoria, che affermava che, ove trascorresse molto tempo prima dell'emanazione dei decreti legislativi, ritenendo il legislatore talmente importante che detto principio non fosse procrastinato a causa di un eventuale ritardo nell'adozione dei decreti legislativi, il ministro potesse emettere, in via transitoria, un decreto avente ad oggetto esattamente tale aspetto.
Inutile dire che anche tale disposizione non è stata oggetto del messaggio di rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica. Inutile dire, cioè, che il Presidente della Repubblica, nel suo messaggio, non ha ritenuto tale disposizione criticabile sotto il profilo della palese incostituzionalità. Inutile dire, per converso, quindi, che dall'articolo 2, comma 1, lettera h), n) 17 e lettera i), n) 6 e dall'articolo 2, comma 10, emerge con chiarezza che nella disposizione contenuta nel comma 45 - il cosiddetto emendamento Bobbio - non vi è alcun dato di novità.
Per il rispetto che tutti noi abbiamo nei confronti del Presidente della Repubblica, è consentito dire che il medesimo, con riferimento al complesso delle precedenti disposizioni, non ha ritenuto di dover sollevare, nel suo messaggio, alcuna critica di palese incostituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che nulla si possa aggiungere alle compiute, articolate e documentate argomentazioni svolte dal relatore, onorevole Palma. Egli ha analizzato il messaggio presidenziale ed i riscontri che lo stesso messaggio ha avuto nell'ambito del provvedimento legislativo, licenziato dal Senato in maniera assolutamente puntuale.
Svolgo, dunque, un'unica considerazione, di carattere generale. Il provvedimento in esame è travagliato; su di esso ci stiamo confrontando da molti anni. È un disegno di legge che ha dato luogo anche a ricadute sgradevoli, perché, per contrastarlo, un settore importante della vita sociale italiana - la magistratura - ha più volte scioperato. Il Governo non può restare insensibile di fronte a tale stato di cose e per questo auspica che il provvedimento in esame possa celermente essere approvato. Lo stesso Governo ha, infatti, fiducia nella proverbiale capacità della magistratura di adeguarsi alle nuove regole.
Capisco perfettamente che un intervento che giunge a distanza di molti anni e che altera alcuni equilibri conservatori che, fatalmente, si erano costituiti nell'ambito dell'ordine giudiziario possa aver determinato turbamento. Tuttavia, l'analisi di tale innovazione non rivela certamente cambiamenti radicali, che possano porre la magistratura stessa a rischio di essere pregiudicata nei propri valori e nelle proprie funzioni tradizionali.
Chiedo all' Assemblea quali siano le epocali innovazioni che questo provvedimento introduce. Esso certamente contribuisce alla modernizzazione, ma l'assetto fondamentale dell'ordinamento giudiziario non può certamente ritenersi turbato o, addirittura, vulnerato, come taluno ha sostenuto. Si è parlato di controriforma: ho ascoltato anche affermazioni di questo genere. Ma, francamente, le controriforme sono qualcosa di diverso.
Potrei aggiungere che una maggioranza così ampia, quale quella presente in Parlamento, se lo avesse voluto, avrebbe potuto scrivere regole completamente diverse, aderendo a pulsioni culturali provenienti dal mondo dell'avvocatura e dalla società civile, in particolare, a proposito di separazione delle carriere. Ebbene, tutto ciò non è stato fatto.
Era importante cambiare alcune regole e renderle più coerenti con le esigenze di un sistema che si rinnova. Il sistema, infatti, è dinamico per definizione, perché deve aderire alle esigenze dei tempi; ma esso non si è voluto modificare in maniera radicale. Vorrei considerare questo un primo passo verso una modifica più incidente, che possa sopraggiungere negli anni che verranno.
Certamente, non si può dire che si sia procurato un vulnus alla magistratura nel momento in cui si tipicizza l'illecito, si gerarchizza l'ufficio del pubblico ministero e si consentono verifiche di capacità nei confronti di coloro che - in forza di quello che è stato definito, con una battuta forse non particolarmente elegante, il 18 politico - progredivano in carriera automaticamente. Si trattava di esigenze reclamate dalla società italiana e da quel mondo del diritto che osserva sempre con grande attenzione tali vicende e che, anche con spirito propositivo, si era espresso più volte in questi termini.
L'auspicio del Governo è che questa lunga, complessa ed articolata tornata, che ha caratterizzato la «vita» di questo disegno di legge, si possa finalmente concludere.
Le puntualizzazioni che il messaggio del Presidente della Repubblica aveva richiesto sono state realizzate in maniera assolutamente completa e nel rispetto dello spirito che il messaggio stesso aveva indicato.
Pertanto, l'augurio che formulo a me stesso, al Governo e alla Camera è che, in tempi brevissimi, finalmente, si possa approvare questa nuova legge dello Stato.
Sono certo (ribadisco un concetto che ho già espresso) che, nel momento in cui il nuovo ordinamento giudiziario sarà legge dello Stato, immediatamente cesserà questo clima di fibrillazione sgradevolissimo, che ha provocato non pochi disagi. La magistratura saprà uniformarsi alle nuove regole, come sempre ha fatto in passato; e le nuove regole saranno applicate nel rispetto delle necessità fortemente avvertite dall'opinione pubblica.
I magistrati che progressivamente procederanno alle verifiche si confronteranno con loro stessi e con le regole per poter realizzare i risultati migliori. Il Consiglio superiore della magistratura avrà parametri di valutazione meglio definiti, sia per quanto attiene alle promozioni sia per quanto attiene alla disciplina.
Se vi è un aspetto che ha sempre turbato gli osservatori del mondo della giustizia è il rapporto fra il Consiglio superiore della magistratura e le vicende della giustizia: mi riferisco a questi criteri talvolta ineffabili, certamente mai concordi, con i quali sono stati valutati sia i provvedimenti disciplinari sia i meccanismi di promozione.
È una situazione che, certamente, non viene vulnerata dal disegno di legge in discussione, che, invece, fornisce elementi congrui e consistenti perché il Consiglio debba, ogni volta, motivare puntualmente le proprie determinazioni. È un altro aspetto positivo di questa innovazione e di questa attenzione verso la modernità fortemente attesa ed avvertita, che mi auguro si possa presto realizzare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, il testo che ci accingiamo a discutere deve essere esaminato con particolare riguardo e attenzione, sia perché introduce norme di attuazione diretta della Costituzione, toccando punti cruciali e nevralgici di uno dei poteri fondamentali dello Stato, il potere giudiziario, sia perché su di esso si è pronunciata la suprema carica dello Stato, il Presidente della Repubblica, nel messaggio di rinvio alle Camere che è stato ora ricordato.
Questo nostro intervento fa seguito a quel richiamo effettuato secondo il disposto dell'articolo 74 della Costituzione. Siamo, quindi, in una fase quanto mai delicata, perché riunisce in un solo contesto ben due passaggi di rilievo costituzionale.
Da un lato vi è l'attuazione sostanziale dei principi costituzionali contenuti in svariati articoli della Costituzione (gli articoli 3, 97, 101, 104, 105, 110 e 112), che riguardano una complessa normativa di riferimento. Dall'altra parte vi è la corretta procedura applicativa dell'istituto previsto all'articolo 74 della Costituzione.
C'è un'altra considerazione preliminare da effettuare, che si ricollega, questa volta, a una osservazione che il relatore ha svolto nell'avvio di quest'ultima tornata parlamentare. L'onorevole Nitto Palma ha ricordato e, anzi, ha voluto sottolineare con enfasi, anche pochi minuti fa, il lungo iter parlamentare di questa legge delega relativa all'ordinamento giudiziario.
Ebbene, proprio a questo riguardo, vorrei rilevare che al lungo iter di questa legge non si è accompagnato, soprattutto in questo ramo del Parlamento, un altrettanto approfondito dibattito parlamentare, un adeguato confronto fra maggioranza e opposizione quale sarebbe stato necessario in considerazione dell'importanza e della delicatezza di un intervento di così rilevante attuazione costituzionale.
Vorrei dire di più: ad un dibattito esterno spesso accompagnato da toni tracotanti e sommari, se non addirittura minatori, nei confronti della magistratura, al quale non è stato estraneo lo stesso ministro, spesso affiancato da autorevoli esponenti del suo partito o della maggioranza, non si è accompagnato in Commissione e in quest'aula un approfondimento e un confronto sereno e costruttivo, come è accaduto in altre occasioni, sia pur rare.
Questo confronto non c'è stato neppure dopo il richiamo autorevolissimo del Capo dello Stato. Mentre all'esterno non sono mancate uscite riduttive del ruolo e dell'intervento del Presidente della Repubblica - ce le ricordiamo chiaramente - se non addirittura vere e proprie gaffe istituzionali, in quest'aula la maggioranza si è presentata addirittura blindata, non solo verso l'opposizione, ma addirittura al suo interno, quando non si è dato il minimo spazio agli stessi interventi emendativi dell'UDC o di Alleanza nazionale.
In sostanza, abbiamo conosciuto un provvedimento che è passato ripetutamente alla Camera, ma sul quale non si è mai potuto realizzare un vero dibattito, un vero confronto e una vera discussione. Tra il maxiemendamento e la fiducia, nel precedente passaggio parlamentare, e l'annuncio della posizione della questione di fiducia in questo secondo passaggio, dopo il rinvio del Presidente della Repubblica, si configura un vero e proprio stravolgimento del dettato dell'articolo 72 della Costituzione.
Non dimentichiamo, inoltre, che uno dei rilievi del Presidente della Repubblica aveva toccato esplicitamente la questione dei maxiemendamenti. Questo aspetto è passato un po' in secondo piano, salvo che all'inizio. Vi ricordo il testo: «Con l'occasione ritengo opportuno rilevare quanto l'analisi del testo sia resa difficile dal fatto che le disposizioni in esso contenute sono condensate in due soli articoli, il secondo dei quali consta di 49 commi ed occupa 38 delle 40 pagine di cui si compone il messaggio legislativo. A tale proposito, ritengo che questa possa essere la sede propria per richiamare l'attenzione del Parlamento su un modo di legiferare - invalso da tempo - che non appare coerente con la ratio delle norme costituzionali che disciplinano il procedimento legislativo e, segnatamente, con l'articolo 72 della Costituzione, secondo cui ogni legge deve essere approvata «articolo per articolo e con votazione finale».
Su questo aspetto non si è fatto assolutamente nulla. È singolare che, dopo il messaggio presidenziale - ce lo ricordiamo tutti -, ci sia stato da parte dei Presidenti di Camera e Senato un grande fervore formale, con tanto di dichiarazioni enfaticamente riportate dai telegiornali e dai mass media e un grande attivismo di riunioni di organi interni, con tanto di pomposi verbali, a cui, però, nei fatti, non è seguito nulla.
Mi piacerebbe avere su questo particolare punto del richiamo contenuto nel messaggio del Presidente della Repubblica ad aspetti costituzionali di chiara rilevanza parlamentare anche una risposta da parte della Presidenza di questa Camera. Credo che la risposta sia difficile, ma non sarebbe forse esauriente un semplice rinvio alle determinazioni della maggioranza o alla Conferenza dei presidenti di gruppo. Faccio tale richiesta con assoluto rispetto, ma credo non sfugga a nessuno il rischio di costruire precedenti negativi in una materia come questa che riguarda i diritti delle minoranze ed anche le aspettative dei cittadini in generale. Come possiamo, signor Presidente, giustificare e difendere, anche davanti agli operatori del diritto, una redazione delle leggi di questo tipo? Credo che non dobbiamo mai abituarci ad un tale stato di cose.
Concludo questa premessa ormai troppo lunga, ma è difficile non mostrare in tale intervento una preoccupazione molto forte per l'annunciata intenzione di porre nuovamente sul provvedimento la questione di fiducia. Se così fosse, sarebbe la seconda fiducia sullo stesso provvedimento a distanza di pochi mesi, nello stesso ramo del Parlamento. Vi sono stati forse alcuni precedenti, ma non certo nell'approvazione di un provvedimento a seguito del rinvio presidenziale. Siamo proprio sicuri che in questo modo siano rispettati la lettera e lo spirito degli articoli 72 e 74 della Costituzione?
Vorrei soffermarmi anche sulle modalità del mancato parere del CSM su un aspetto importante di questa legge - il comma 45 dell'articolo 2 in materia di concorsi per le posizioni apicali della magistratura - dopo che il Presidente della Repubblica aveva autorizzato formalmente l'esame del punto. Vorrei discutere di questo mancato parere, ma ritengo di non poterlo fare in maniera adeguata, pena il rischio di invadere la sfera interna di organizzazione di un altro organo di rilievo costituzionale, quale per l'appunto il Consiglio superiore della magistratura. Certo, in altra sede scientifica e politica dovremo adeguatamente discutere, invece, della liceità di una norma che rimette nelle mani di un'esigua minoranza di quel Consiglio il funzionamento del plenum, impedendogli letteralmente di esprimersi. Questo meccanismo contrasta certamente con il principio democratico che informa tutto il nostro ordinamento.
Sono arrivato ora al merito delle questioni poste dal provvedimento. Il mio intervento si articolerà rapidamente su un triplice ordine di questioni: le ricadute dei rilievi mossi dal Presidente della Repubblica; i nodi irrisolti di quel messaggio relativi, soprattutto, alla menomazione dei poteri del CSM; la nuova norma transitoria introdotta al Senato in tema di conferimento degli incarichi direttivi, per l'appunto il comma 45 dell'articolo 2.
Il testo del rinvio di Ciampi lamentava ripetutamente la palese incostituzionalità riferita all'intero sistema della delega e coinvolgeva una pluralità di articoli della Costituzione - 101, 104, 110, 111, 134 - che contengono innanzitutto disposizioni di principio inerenti all'assetto dei poteri dello Stato e, pertanto, incidenti sull'ordinamento complessivo della riforma.
Una prima considerazione, che mi pare non sia stata fatta e certamente non è stata raccolta, attiene alla tipologia del rinvio ed al particolare significato dei diversi parametri costituzionali richiamati al fine di comprendere l'ampiezza di tali rilievi ed il carattere problematico delle osservazioni, che non risultano assimilabili a mere questioni tecniche. Si tratta di un rinvio, nel panorama non amplissimo dei rinvii, alquanto particolare, che pone in discussione il sistema della delega. Naturalmente, viene richiamato il testo normativo con altrettanti riferimenti puntuali, ma tali richiami, come è facile rilevare da un esame molto superficiale, risultano apparire di mera natura esemplificativa e non costituenti un elenco tassativo delle disposizioni che ad avviso del Presidente contrastano con la Costituzione. Si coglie, quindi, ad una lettura più attenta del messaggio, che il Presidente della Repubblica non ha voluto soltanto fornire l'elenco delle disposizioni controverse, ma ha inteso sottolineare l'incostituzionalità del provvedimento innanzitutto per tre motivi specifici e infine con quell'accenno al sistema dei concorsi ed al suo impianto più generale.
Bisogna ricordare che larga parte di questo provvedimento ha per oggetto proprio il sistema dei concorsi. Nonostante questa particolare struttura del rinvio, la maggioranza, con una scelta che appare decisamente restrittiva, ha deciso di intervenire limitando il dibattito e circoscrivendo l'esame solo ad alcune parti del disegno di legge, restringendo perciò, anche per questa via, le possibilità di un confronto aperto con l'opposizione. In questo modo, si è mostrato non solo uno scarso rispetto per la particolare tecnica usata dal Quirinale nel rinviare alle Camere il provvedimento, ma soprattutto si è persa ancora una volta l'occasione per affrontare in maniera costruttiva quel confronto tra maggioranza e opposizione, che era invece indispensabile nella discussione di un provvedimento di questa natura.
L'esame parlamentare, che è stato svolto al Senato sul testo «perimetrato» non ha consentito di risolvere tutte le anomalie del provvedimento, che il Presidente della Repubblica aveva invece rilevato in maniera puntuale; è evidente che sto dando una lettura molto diversa da quella offerta dal relatore Nitto Palma pochi minuti fa! In primo luogo, è stata sostanzialmente elusa la questione dei poteri del ministro della giustizia, in tema di linee di politica giudiziaria, attraverso l'introduzione della formula «interventi da adottare ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l'anno in corso». A parte il fatto che su questo aspetto è stata manifestata una precisa censura nel corso dell'audizione che abbiamo svolto in Commissione da parte dell'Associazione nazionale magistrati, la disposizione, così com'è stata ridisegnata, risulta essere del tutto inutile nella sua formulazione: il fatto che le comunicazioni del ministro della giustizia debbano rientrare nell'ambito delle sue funzioni (cioè quelle descritte dall'articolo 110 della Costituzione) è talmente ovvio, che non risulta affatto necessaria alcuna previsione legislativa per sottolinearlo. Appare, piuttosto, un malcelato tentativo di introdurre un diritto del ministro, addirittura scandito nella sua periodicità, a dettare le linee di sviluppo nella materie di sua competenza; la progressiva affermazione di questo principio potrebbe introdurre il rischio di un'eccessiva ingerenza del ministro nell'ambito delle attività del potere giudiziario.
In secondo luogo, un più grave gioco di parole - se così si può dire - si riscontra in relazione alla disposizione oggetto del terzo punto del rinvio: ovvero la possibilità del ministro di ricorrere alla giustizia amministrativa per l'impugnazione delle delibere del CSM, in tema di conferimento o proroga di incarichi direttivi. Come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, un eventuale conflitto, in tale ambito, tra CSM e ministro, sarebbe oggetto di conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale, come delineato peraltro da una consolidata giurisprudenza ed affermato, da ultimo, con le sentenze n. 39 del 1992 e n. 380 del 2003. In quest'ultima sentenza, la Corte ha affermato che il ministro non ha, in generale, potere di sindacato intrinseco, né tanto meno di riesame sul contenuto, gli apprezzamenti e le scelte discrezionali operate dal Consiglio superiore della magistratura, rispetto a valutazioni attribuite alla definitiva deliberazione del Consiglio stesso.
Ebbene, il semplice inserimento della clausola «fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato» risulta essere - anche in questo caso - un intervento del tutto pleonastico. Infatti, un'affermazione come quella contenuta nel testo in esame non fa altro che inserire un ipotetico sviluppo dei casi di conflitto tra ministro e CSM, aprendo alla considerazione che un simile conflitto sia rubricabile alla stregua di controversia attribuita di regola al giudice amministrativo, mentre il ricorso al conflitto di attribuzione costituisca la disciplina di eccezione. La contraddizione appare allora in tutta la sua evidenza e gravità. Poiché non esistono casi che eccedono la competenza della Consulta in sede di conflitto di attribuzione, la norma è inutile e come tale va stralciata immediatamente. Sarebbe stato quindi senz'altro più corretto operare una soppressione secca del punto in esame.
Infine, per quanto riguarda il sistema dei concorsi, la questione risulta essere maggiormente ampia ed articolata. Infatti, a fronte di una vistosa opera di maquillage del testo, permane l'evidente ridimensionamento dei poteri del CSM. Quello che ci chiedeva il Capo dello Stato era semplicemente il rispetto delle norme costituzionali, in particolare dell'articolo 105, in base al quale spettano al CSM, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, i trasferimenti, e così via. Nel testo antecedente al rinvio, tali prerogative erano state trasferite in maniera totale ed inaccettabile alla Scuola superiore della magistratura e alle commissioni concorsuali esterne al CSM, che rimaneva quindi titolare di un potere di nomina eminentemente formale, non potendosi in alcun modo scostare dalle valutazioni ricevute.
Nel testo oggi in discussione, invece, si interviene con una sorta di ipocrisia legislativa, permettetemi di dirlo, sostenendo che i giudizi di idoneità formulati dalla suddetta scuola e dalle commissioni sono valutati dal Consiglio superiore della magistratura, che può discostarsi dalle graduatorie formulate dai collegi di valutazione, qualora lo ritenga opportuno.
Tale formulazione risulta essere ancora viziata da incostituzionalità, dato che, in tutto il disegno di legge non vi è traccia di meccanismi che consentano al CSM di superare sostanzialmente quei giudizi ed, in ogni caso, il consiglio stesso deve prendere in considerazione solo i candidati già valutati positivamente dalle commissioni esterne della scuola.
La suddetta ipocrisia legislativa è più che mai evidente! Come potrebbe, infatti, il CSM, alla luce delle modifiche introdotte al Senato e da noi ribadite, ribaltare le graduatorie predisposte dalla scuola e dalle commissioni? Non rischiamo di trovarci sommersi dai ricorsi dei candidati esclusi che sono stati sorpassati per effetto di una graduatoria capovolta e, per di più, da un soggetto estraneo alla logica concorsuale? Oppure, secondo una diversa impostazione che però giunge alla medesima conclusione, non risulta essere un sistema inutile, quello della Scuola superiore della magistratura e delle commissioni esterne, se poi possono pronunciare una mera idoneità che, per essere compatibile con le attribuzioni costituzionali del CSM, non può essere considerata vincolante? Il sistema complessivo risulta, quindi, contraddittorio e perciò stesso ancora contrastante con la Costituzione.
Un ultimo ordine di considerazioni riguarda la norma inserita al Senato attraverso un emendamento proposto dal relatore Bobbio.
Si tratta del nuovo, lo sottolineo, comma 45 dell'articolo 2, contenente una norma transitoria che modifica i requisiti soggettivi di partecipazione e che si applica retroattivamente, senza una ragione plausibile, a centinaia di concorsi in atto: un vero e proprio mostro giuridico.
Il relatore ha impiegato buona parte del suo intervento (quasi un quarto d'ora) per dimostrare che non si tratta di una nuova norma (il fatto stesso che abbia impiegato tanto tempo per dimostrarlo, comincia a far venire qualche dubbio in più).
Mi pare anche molto discutibile la ricostruzione che è stata fatta in merito alla posizione tenuta dal professore Elia in Commissione, con riferimento ad un possibile ed ipotetico secondo rinvio del Presidente della Repubblica. Come affermato in modo molto preciso dal professor Elia, il secondo rinvio presidenziale sulla stessa materia oggetto del primo è, come rilevato giustamente da Nitto Palma, una posizione minoritaria in dottrina.
La situazione è, tuttavia, diversa: se riteniamo, come molti ritengono e come ritiene la stessa VI commissione del CSM, nell'abbozzo di parere che deve essere reso allo stesso (non vi è stata ancora alcuna votazione conclusiva) che si tratti di una nuova norma, almeno nella parte in cui si afferma che si applica retroattivamente ai concorsi in atto, allora, in questo caso non si tratta più di una posizione minoritaria della dottrina, come riferito dal professore Elia. Infatti, di fronte ad una nuova norma (non vi sono molti precedenti al riguardo), non si parla di secondo rinvio, ma del primo rinvio da parte del Presidente della Repubblica di una norma diversa, altrimenti sarebbe fin troppo facile introdurre una nuova norma di legge in un provvedimento con il quale ha attinenza ed eludere così il rinvio presidenziale di cui all'articolo 64 la Costituzione. Vorrei, pertanto, rimettere le cose in ordine in merito a tale argomento.
Per quanto riguarda il modo con il quale questa norma è stata inserita, al Senato l'Assemblea aveva deliberato di limitare l'esame della questione ai soli punti del rinvio di Ciampi, mentre, invece, tale norma attiene ad un argomento, come rilevato poco fa, completamente nuovo, in contraddizione, quindi, con la delimitazione del dibattito che la stessa Assemblea aveva deciso. La norma, probabilmente, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, ma non ci riguarda (è accaduto in un altro ramo del Parlamento).
Inoltre, è opportuno sottolineare le criticità di carattere sostanziale che riguardano il contenuto della norma stessa. Il comma 45 dell'articolo 2 introduce una norma transitoria, volta a bloccare le procedure per il conferimento degli incarichi direttivi in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa, fino a quando il Governo non eserciti la delega consistente nella disciplina del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, giudicanti e requirenti, prevedendo espressamente la sospensione anche di quelli che si stanno svolgendo.
Con tale formulazione si incide direttamente su procedure determinate e facilmente individuabili nell'ambito di un procedimento che la Costituzione affida alla responsabilità del Consiglio superiore della magistratura. Il Parlamento in questo modo interviene con una norma di carattere provvedimentale, in grado di produrre chiarissimi effetti retrospettivi sulle legittime aspettative già costituitesi in ordine ad un numero elevatissimo di procedure in corso, che non vengono in alcun modo adeguatamente individuate e circoscritte. Ricordo che un emendamento in tal senso dell'onorevole Cola è stato seccamente respinto in Commissione.
Le possibili ricadute di questa disposizione sono molteplici e devastanti. Già a livello teorico la norma appare assolutamente irragionevole, in quanto esclude arbitrariamente candidati in possesso di requisiti da concorsi per i quali avevano fatto domanda in piena legittimità senza fornire giustificazioni di carattere strutturale e sostanziale ed anzi escludendo la possibilità di partecipazione ai concorsi per il conferimento di incarichi apicali proprio per le personalità con maggiore esperienza.
Tutto questo avviene senza offrire un'opportuna e seria valutazione di impatto della legislazione in discussione, rendendo impossibile allo stato attuale una compiuta ponderazione delle ricadute sul sistema e sulle possibilità alternative di conferimento degli incarichi.
Fin d'ora è comunque possibile formulare una preoccupante considerazione di carattere pratico: questa norma sicuramente coinvolge un numero elevato di procedure ed è pertanto suscettibile di produrre un rilevante aumento di contenziosi in sede amministrativa nonché di pregiudicare il funzionamento di numerosi uffici direttivi.
Gli incarichi cui la norma fa riferimento sono di grande responsabilità e la loro vacanza potrebbe causare un allungamento dei tempi dei processi, con un effetto del tutto opposto rispetto all'esigenza di rendere la giustizia efficiente e al servizio del cittadino.
Il parere, che la VI Commissione del Consiglio superiore della magistratura aveva inviato al plenum nell'ipotesi di una deliberazione che non vi è stata per la notoria mancanza del quorum, offre sul punto una serie di informazioni che dobbiamo considerare attendibili. Ovviamente, le sintetizzerò, in quanto potranno essere comodamente lette nel testo integrale del mio intervento, del quale chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
ROBERTO ZACCARIA. Il numero dei concorsi investiti da questa norma è enorme. Attualmente, nell'ambito delle procedure concorsuali per il conferimento degli uffici direttivi, i magistrati preposti al nuovo incarico sono 25, ma 15 di questi potrebbero non essere nominati per aver già raggiunto l'età massima richiesta. Con riferimento ai 10 concorsi relativi alla nomina dei presidenti di sezione della Corte di cassazione tuttora pendenti, su 67 domande relative a ciascun concorso ben 42 sono presentate da magistrati che potrebbero essere privati del necessario requisito per la nomina. Quanto agli altri concorsi pendenti per gli uffici di merito, circa il 40 per cento degli aspiranti potrebbe perdere il requisito di legittimazione. Sui magistrati in servizio risulta che, al 31 luglio prossimo, il numero di quelli compresi nella fascia di età tra i 66 e i 72 è di 600, 323 dei quali hanno compiuto i 68 anni e perderanno quindi la possibilità di partecipare ai concorsi. Secondo altri dati, apparsi sulla stampa specializzata, il numero delle procedure di assegnazione che verrebbero bloccate sarebbe oltre 400.
In ogni caso, i dati appena segnalati costituiscono elementi di estrema preoccupazione, sia per la rilevanza qualitativa e quantitativa degli incarichi coinvolti, sia per l'incidenza sulla funzionalità degli uffici, soprattutto alla luce del rinnovo integrale del Consiglio superiore della magistratura che avverrà nel prossimo anno. Quindi, si apre un baratro di contenzioso e il Consiglio superiore della magistratura non sarà in grado di essere in carica il tempo sufficiente per vedere la fine di tale vicenda. Altro che - come affermava il sottosegretario - garantire una situazione più tranquilla a seguito dell'approvazione di questo provvedimento!
Ritengo che il testo in esame inneschi una bomba ad orologeria di portata enorme. Quindi, è di estrema evidenza che la situazione prefigurata comporterebbe una violazione palese dei valori fondamentali di civiltà giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento. Tra questi vorrei ricordare: il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si manifesta nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela del legittimo affidamento, quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico, cioè l'affidamento da parte dei cittadini sulla sicurezza dell'ordinamento; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario.
Tutto questo avviene in palese contrasto con una consolidata giurisprudenza di legittimità costituzionale che, anche ammettendo la mancanza di un generale divieto a livello costituzionale - come noto questa è solo sancita dall'articolo 25 in materia penale - richiede che la retroattività sia limitata ai soli casi in cui essa trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. Da ultimo, è intervenuta la Corte di cassazione, sezione civile, il 3 dicembre 2003 e successivamente la sentenza della Corte costituzionale n. 311 del 1995. Invece, nel caso di specie, ovvero nella norma che stiamo esaminando, la retroattività non è retta da alcuna giustificazione perché nessun chiarimento è dato sotto questo punto di vista.
Signor Presidente, queste sono le considerazioni che ci portano a valutare con estrema preoccupazione il provvedimento che oggi inizia il suo percorso in quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la nostra è funzione altissima perché è la funzione del legislatore. Tuttavia, in questo momento ed in questo contesto, noi non soltanto stiamo esprimendo e svolgendo soltanto la nostra funzione costituzionale, ma stiamo facendo qualcosa di più e, in qualche misura, stiamo enfatizzando il nostro ruolo e la nostra funzione. Infatti, stiamo discettando e discutendo del messaggio presidenziale che ha rinviato alle Camere una disciplina ordinaria, approvata dal Parlamento.
Quindi, non soltanto stiamo discutendo l'approvazione di una legge, bensì stiamo anche interloquendo con la massima carica dello Stato, con il Presidente della Repubblica. I nostri interlocutori non sono soltanto il popolo italiano e le nostre coscienze, ma la più alta carica dello Stato che si è avvalso, come noto, di uno strumento previsto nella nostra Carta costituzionale. Mi riferisco alla possibilità di rinviare alle Camere un testo di legge con un messaggio in cui sono contenuti osservazioni, esortazioni ed ammonimenti.
E non è un caso che di questo strumento i Presidenti della Repubblica che hanno scandito la vita democratica del nostro paese si siano sempre avvalsi con grande parsimonia e che lo abbiano quasi sempre fatto per richiamare il Parlamento ad un dovere di attenzione in ordine alla copertura dei testi normativi licenziati. Di rado, assai di rado, i Presidenti della Repubblica hanno rinviato provvedimenti alle Camere non per motivi di copertura finanziaria, bensì - per usare una prosa istituzionale - per motivi ordinamentali. Forse, con l'esclusione della Presidenza Cossiga, questi casi non superano il numero di dieci. Ho ricordato questo per sottolineare l'enfatizzazione alla quale prima facevo riferimento, ovvero la particolare importanza del dibattito parlamentare al quale stiamo dando vita.
È un momento di solennità istituzionale, e lo dico senza alcuna retorica. Il Presidente della Repubblica, la più alta carica dello Stato, gode nel nostro paese e nella nostra democrazia di grande e meritato prestigio. Probabilmente, dall'Assemblea costituente ad oggi, si tratta dell'unica istituzione che non ha subìto i colpi negativi della storia e le conseguenze negative della polemica politica e del contrasto sociale: anzi, possiamo ben dire che fra tutte le istituzioni contemplate dalla Carta costituzionale, la Presidenza della Repubblica ha accentuato nel tempo il suo prestigio. Ciò è accaduto, per un verso, in virtù delle funzioni che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, e, per altro verso, grazie alla storia personale dei Presidenti della Repubblica che il nostro sistema democratico ha avuto la fortuna di avere.
Il Presidente della Repubblica rappresenta, in sommo grado, l'equilibrio che i costituenti intesero dare al nostro paese. Nella nostra Costituzione vi è un superamento della tradizionale configurazione democratica ereditata dall'Illuminismo. Nella nostra democrazia vivono ed operano più poteri, che vanno oltre i poteri della tradizione illuministica, quali, ad esempio, la Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica. Quest'ultimo non è potere giudiziario, ma presiede il Consiglio superiore della magistratura; non svolge funzioni legislative, ma può inviare messaggi alle Camere e promulga le leggi; non ha funzioni esecutive, ma presiede alti consessi della pubblica amministrazione e la Costituzione gli affida importantissime nomine. Si comprende dunque il prestigio di tale figura di altissima garanzia del rispetto della Costituzione e del rispetto delle regole, in quanto in essa il popolo ripone l'aspettativa che i poteri costituzionali siano sempre correttamente esercitati.
Mi sono soffermato su tali considerazioni, per sottolineare l'importanza del messaggio di cui stiamo discutendo: anche nell'ambito dei messaggi presidenziali, a mio modesto avviso quello in esame assume una propria rilevanza particolare. Infatti, come ho già ricordato in sede di Commissione, il Presidente della Repubblica, nel suo messaggio, evoca e richiama tutte le massime istituzioni della Repubblica: la stessa Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, la Camera e il Senato, il Governo e il ministro della giustizia, il Consiglio superiore della magistratura. In altri termini, affronta il tema dell'equilibrio costituzionale tra tutte le massime istituzioni dello Stato e tra i poteri della Repubblica, lamentando la violazione, nel testo sottoposto alla promulgazione, di molte norme della Carta costizionale (in particolare, gli articoli 101, 104, 105, 110, 112 e 134). Tutto ciò ritengo dia il segno delle dimensioni, della rilevanza e dell'importanza del messaggio presidenziale.
E quale è stata la risposta delle Camere rispetto a questa importante iniziativa della più alta carica dello Stato? Io credo sia stata una risposta deludente, evasiva ed elusiva e, in qualche misura, anche pericolosa in ordine ai rapporti tra i poteri dello Stato che ho poc'anzi evocato. Infatti, credo che da questa vicenda la figura presidenziale possa uscire indebolita nel suo prestigio e nel suo ruolo, giacché se al suo messaggio le Camere non danno una risposta adeguata, se di esso non discutono adeguatamente e, soprattutto, se non accolgono i rilievi di palesi incostituzionalità di cui il messaggio parla, evidentemente si innescherà una logica di confronto e non già di leale collaborazione tra istituzioni della Repubblica.
Che il messaggio sia stato eluso, ignorato e contraddetto, credo che sia sotto gli occhi di tutti.
Voglio qui ricordare che, nell'ambito della discussione svoltasi in Commissione, un autorevolissimo rappresentante della maggioranza, persona prudente e accorta come l'ex presidente del gruppo parlamentare di Alleanza nazionale, l'onorevole Anedda, pur confermando il suo rispetto - a mio avviso, tutto formale - nei confronti del Presidente della Repubblica, ha inteso sviluppare una feroce e forte critica nei confronti dei collaboratori della Presidenza della Repubblica. Un argomento in tal guisa sviluppato è, a mio avviso, di grande pericolosità, istituzionale e politica. L'onorevole Anedda dice di rispettare il Presidente della Repubblica, ma non rispetta chi gli dà idee, chi gli dà la parola, chi formula i suoi giudizi, chi scrive i suoi messaggi. Vi può essere critica più pericolosa, più insinuante e, per altro verso, più incisiva? È accaduto. Forse nel silenzio della stampa e dei commentatori, ma è accaduto. E il fatto che sia stato ignorato nulla toglie alla pericolosità di quel dire e di quell'affermare.
E poi, è rispettoso del messaggio inviato alle Camere porre la fiducia sulle modifiche che si presume siano state votate nel rispetto di quel messaggio? Ripeto: è segno di rispetto porre su tali novelle la fiducia? È mai accaduto, nella storia della Repubblica, che il Parlamento si sia adeguato ad un messaggio presidenziale ponendo la fiducia? Ma, se si pone la fiducia, cosa significa tutto questo nella vita del Parlamento, nel confronto politico, nel confronto tra le parti? La risposta non può che essere una: su quelle modifiche vi è forte contrasto; su quelle modifiche si intende far valere con forza il principio di maggioranza!
E poco importa se il Presidente della Repubblica ha evocato norme della Costituzione e ha ricordato a tutti noi - lo ha ricordato al paese - che il provvedimento sull'ordinamento giudiziario che stiamo approvando dà attuazione, con oltre mezzo secolo di ritardo, ad una norma transitoria della Carta costituzionale. Quella norma transitoria disponeva che le Camere avrebbero dovuto votare un nuovo ordinamento giudiziario, rispettoso dei principi costituzionali approvati dall'Assemblea costituente per disciplinare uno dei poteri dello Stato: il potere giudiziario!
E noi siamo stati rispettosi di quello straordinario messaggio del costituente: riscrivete l'ordinamento nel rispetto della Costituzione. Siamo stati noi rispettosi di quell'alto e grande compito affidatoci dal costituente. Per la verità, dovevamo rispettare la Costituzione ma, ad avviso del Presidente della Repubblica, massimo organo di garanzia del paese e della nostra democrazia, noi, di norme costituzionali, ne abbiamo violate sei, e il Capo dello Stato non aveva ancora davanti il testo del famigerato comma 45 dell'articolo 2. E siamo tanto rispettosi della Costituzione e di quel compito affidatoci dal costituente che ci accingiamo ad iniziare un dibattito sulla fiducia che, di qui a qualche ora, secondo quanto tutti dicono, la maggioranza porrà sulle modifiche apportate dal Senato al disegno di legge al nostro esame.
Ma vi è di più - e mi rivolgo direttamente sia al relatore, onorevole Palma, sia al sottosegretario, onorevole Valentino -, sul famigerato comma 45 dell'articolo 2 (il cosiddetto emendamento Bobbio) sono apparse, due o tre giorni fa, alcune notizie sugli organi di stampa. In particolare, secondo un ben informato giornalista del Corriere della Sera immediatamente dopo l'approvazione, con la posizione della questione di fiducia, del disegno di legge al nostro esame, il Governo si preparerebbe a presentare un decreto-legge che, ventiquattro ore dopo l'approvazione del nuovo testo sull'ordinamento giudiziario, modificherà il provvedimento suddetto appena approvato. Ciò detto, formulo al sottosegretario Valentino, a nome dell'intera opposizione, una domanda formale, politica e istituzionale: è vero tutto ciò? Vi preparate cioè a presentare un decreto-legge con il quale, il giorno dopo l'approvazione del disegno di legge al nostro esame, modificherete il comma 45 dell'articolo 2 (il cosiddetto emendamento Bobbio)? Siete ormai consapevoli e coscienti che quella è una norma disastrosa, mal concepita e sbagliata? Una norma che, a nostro avviso, provocherà disastri sull'organizzazione dei lavori del Consiglio superiore della magistratura e nei tribunali italiani, che annullerà, in un sol colpo, procedure in atto per l'individuazione dei capi dei maggiori e più importanti uffici giudiziari del paese e di molte sezioni della Corte di cassazione.
Onorevole Valentino, vi siete resi conto delle conseguenze disastrose verso le quali vi ha condotto un vostro compagno di partito, il senatore Bobbio? Senatore Bobbio, noto alle cronache e anche alla storia dell'ordinamento giudiziario per aver proposto quel famoso illecito disciplinare in forza del quale financo l'interpretazione del giudice sarebbe stata valutata dal ministro ai fini della responsabilità disciplinare: un ritorno indietro di tre secoli! Nel corso della Rivoluzione francese si discusse se le assemblee politiche potessero o meno indicare al giudice l'interpretazione autentica della norma, e si decise allora che, rispetto ad una norma controversa, non deve essere il giudice a dirimere il conflitto interpretativo, bensì il potere legislativo. Grazie a questa iniziativa del senatore Bobbio si è tornati indietro. Iniziativa che noi, fortunatamente, abbiamo immediatamente cancellato in questo ramo del Parlamento. Chiedo scusa per la digressione, ma mi tornava utile ai fini del discorso. Rimane la domanda che ho in precedenza formulato, alla quale mi auguro che il Governo voglia dare risposta oggi, nel corso di questo dibattito, ovvero domani.
Ho parlato di elusione, di contrasto, di contraddizione con il messaggio presidenziale con riferimento alle soluzioni adottate dal Senato. Proprio su ciò vorrei adesso riprendere, sia pure rapidamente, il mio discorso.
Dei quattro rilievi importanti formulati dal Presidente della Repubblica, noi riteniamo che soltanto la cancellazione della norma che aveva costituito oggetto del secondo rilievo sia stata rispettosa del messaggio presidenziale e che gli altri interventi meritino, invece, il nostro giudizio critico e la nostra severa valutazione politica.
Com'è noto, con il primo rilievo, il Presidente della Repubblica ha osservato - ed ha ricordato al ministro Castelli - che il Governo non può discettare di linee di politica giudiziaria per l'anno in corso (giacché vi è la divisione dei poteri) e che compito del Governo e del ministro è quello di assicurare l'organizzazione per il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
Il Senato ha ritenuto di adeguarsi a tale rilievo riscrivendo la norma e facendo riferimento ai poteri costituzionali del ministro, ma mantenendo la previsione della relazione annuale alle Camere da parte del ministro medesimo. Noi osserviamo, in contrario, che la modifica non ci soddisfa affatto, per la semplice ragione che un dibattito sulle linee di politica giudiziaria non sarà evitato, giacché la norma in parola non pone i necessari paletti, non indica i necessari divieti affinché ciò non avvenga. In altri termini, rimane una norma «aperta» che consentirà sistematicamente l'elusione del precetto costituzionale che il Presidente della Repubblica ci ha ricordato.
Un ulteriore rilievo atteneva al ruolo del Consiglio superiore della magistratura ed agli esorbitanti poteri riconosciuti (dal testo primieramente licenziato e poi modificato) alla Scuola superiore della magistratura. La scuola diventa baricentrica rispetto al sistema di formazione e di selezione dei magistrati. Ciò andrebbe bene se la scuola avesse, come noi desidereremmo, un ruolo all'interno del Consiglio superiore della magistratura. Al contrario, nella misura in cui la scuola è un corpo estraneo al Consiglio superiore, come ha osservato e sottolineato il Presidente della Repubblica, tutte le sue valutazioni e tutte le sue selezioni avvengono e possono avvenire in contrasto con l'organo di governo autonomo della magistratura italiana. Questo ha denunciato, ovviamente con prosa assai più solenne e molto più incisiva sotto l'aspetto giuridico, il messaggio presidenziale; questo permane. La scuola rimane al di fuori del Consiglio superiore della magistratura, che, nella migliore delle ipotesi, valuta i giudizi finali della Scuola superiore. A nostro avviso, la soluzione adottata si appalesa come aperta elusione del messaggio presidenziale.
Né le cose cambiano notevolmente in relazione all'ulteriore rilievo presidenziale di cui ha largamente parlato, ed assai bene, il collega Zaccaria. Singolarmente, nel testo originario sottoposto all'esame del Presidente della Repubblica era stata introdotta, per pervicace volontà del ministro Castelli, la possibilità, per il ministro stesso, di impugnare davanti al giudice amministrativo (davanti al tribunale amministrativo regionale), i provvedimenti del Consiglio superiore relativi alle nomine agli incarichi direttivi ed alle proroghe.
Ha osservato il Presidente che le nomine del Consiglio superiore in questo campo sono espressione di una potestà e che il ministro non ha situazioni giuridiche soggettive da tutelare davanti al magistrato amministrativo che possano qualificarsi come interesse legittimo (l'interesse legittimo fa capo eventualmente ai singoli aspiranti alle nomine e non già al titolare della potestà esecutiva); ha inoltre ricordato che, secondo un affermato, confermato e certo insegnamento, il contrasto eventuale tra il ministro ed il Consiglio superiore deve essere risolto davanti al giudice dei conflitti di attribuzione, che nel nostro sistema, come è noto, è la Corte costituzionale.
Ebbene, qual è stata la modifica «peggiorativa» apportata dal Senato? Il Senato ha riconosciuto che ci sono i conflitti di attribuzione, ma che su quelli non si intende intervenire (ci mancherebbe altro, sarebbe stata una modifica di natura costituzionale!) e che però il ministro può continuare, al di fuori di quel conflitto di attribuzione, ad impugnare (e noi glielo riconosciamo questo potere, come legislatori!) i provvedimenti del Consiglio superiore davanti al TAR.
È chiaro ed evidente che la situazione giuridica che viene in tal guisa disciplinata è tale per cui il ministro, di fronte al provvedimento del Consiglio superiore, avrà due possibilità: o sollevare il conflitto di attribuzioni, ovvero, poiché abbiamo introdotto questa nuova figura, tutelare un interesse di natura pubblica davanti al tribunale amministrativo regionale.
Ritengo che in questo quadro si vada delineando una palese contraddizione: qui siamo oltre l'elusione del messaggio del Presidente della Repubblica! Di questo non possiamo non tener conto nella nostra denuncia politica che in questa sede ribadiamo con forza e convinzione.
Rimane il comma 45 dell'articolo 2: non voglio ripetere in questa sede le considerazioni svolte dal collega Zaccaria, ma anch'io ho notato la passione e l'abilità retorica del relatore nella difesa del comma 45 al fine di dimostrare che non si tratta di qualcosa di nuovo nell'ambito del nuovo testo.
Guardate che noi abbiamo assistito ad un'altra importante stortura istituzionale nell'ambito di questo dibattito. Infatti, i regolamenti della Camera prescrivono e prevedono che, in presenza del messaggio presidenziale, la Camera sia chiamata a tutto discutere, a tutto dibattere. Rispetto ad un messaggio della rilevanza che ho appena detto, ad un messaggio che evoca i poteri di tutte le più alte istituzioni, che denuncia la violazione di norme della Costituzione, sia la Camera che il Senato hanno deliberato di limitare il dibattito sul testo, invocando peraltro una norma del regolamento, giacché proprio le norme dei regolamenti del Senato e della Camera prevedono che, in presenza del messaggio, le Camere possano limitare l'esame cui dedicarsi (solo che l'eccezione era stata concepita per la res minima, noi invece l'abbiamo utilizzata per la res maxima!), peraltro, poi, con espressione di evidente arroganza da parte della maggioranza, rinnegando quello stesso principio quando faceva comodo: insomma, il principio della limitazione andava bene per l'opposizione, non andava bene per la maggioranza, la quale, quando ha voluto, si è attenuta a princìpi più ampi.
Il comma 45 dell'articolo 2, collega Palma, è un quid novi, e negare al Presidente della Repubblica la possibilità di esaminare per la prima volta quella nuova disciplina, negandogli questo potere solo perché quel quid novi è giustapposto ad un testo già esaminato, significa voler limitare i poteri di garanzia del Presidente, volerne offuscare il prestigio, voler cioè consumare quella iniziativa tesa all'indebolimento delle istituzioni somme dello Stato, pratica alla quale questa maggioranza si è in questo quinquennio ampiamente dedicata.
Ebbene, signor Presidente, il comma 45 dell'articolo 2 del provvedimento in esame è tra le misure peggiori che questa Camera si accinge ad approvare; per bocca dello stesso proponente, si tratta di una norma ad personam: anzi questa volta, contra personam! Lo stesso senatore Bobbio, esprimendo alla stampa la sua soddisfazione per l'approvazione di quel testo, ebbe a dire che quella norma era stata pensata, concepita, voluta, imposta ed approvata dalla maggioranza per colpire una certa persona.
Sta di fatto, poi, che con la norma transitoria....
PRESIDENTE. Onorevole Bonito....
FRANCESCO BONITO. ...funzionale al misfatto di cui al primo periodo del comma medesimo, si sconvolge, come dianzi riferivo, tutta l'attività in corso, amministrativa ed istituzionale, del Consiglio superiore della magistratura per la individuazione di importanti incarichi direttivi nell'ambito della magistratura. Il Presidente, giustamente, mi richiama al rispetto dei tempi; concludo subito.
Ritengo che questo mio appello resterà certamente nel vuoto; ciò nondimeno, mi rivolgo al relatore, al Governo ed alla maggioranza, segnalando come dovremmo avere la sensibilità istituzionale di vivere il sistema maggioritario in cui operiamo con il rispetto dei cittadini e della società italiana. Intendo sostenere che questo nostro «maggioritario», che tutti abbiamo contribuito a rendere severo ed aspro, dovrebbe, viceversa, essere «mite». Non possiamo, ogni cinque anni, imporre al paese, per così dire, docce scozzesi, cambiando radicalmente disciplina al mutar di maggioranza. Ciò significa privare il paese delle dovute certezze economiche, sociali e giuridiche.
Ci stiamo accingendo a modificare le disposizioni sull'ordinamento giudiziario con l'approvazione di una legge delega, che costituisce fonte ordinaria; ma l'ordinamento giudiziario reca la disciplina di un potere dello Stato, e quindi concerne materia di rilevanza costituzionale. Avete pochi mesi per esercitare le deleghe; pochissimi mesi, infatti, mancano al rinnovo del Parlamento nazionale. Vi preghiamo, dunque, di non esercitare le deleghe in tempi rapidissimi; a nostro avviso, infatti, sarebbe bene, giusto e democratico che il popolo italiano decidesse, tra breve, chi dovrà approntare la nuova disciplina di rilievo costituzionale riguardante l'organizzazione del potere giudiziario.
Tale è l'appello che noi rivolgiamo, al di là dello scontro e del confronto politico sul testo in esame. È un principio alto di democrazia quello al quale mi richiamo; spero e mi auguro fortemente che vogliate ascoltare questo nostro messaggio (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, cercherò di non entrare nello «specifico», anche perché devo far notare una situazione che capita spesso; sono intervenuti bravissimi oratori dell'opposizione che, però, poi, non sono entrati nel merito della relazione svolta dal relatore il quale - ed è l'unica mia nota polemica - parla, non «per passione e per abilità retorica», sibbene per passione e consapevolezza giuridica.
Ritengo che anche gli argomenti portati dai colleghi dianzi intervenuti - i quali si sono alquanto, per così dire, arrampicati sugli specchi - non hanno potuto smentire una sola parola di quanto affermato dal collega relatore. E, quando hanno pur inteso smentirlo, non hanno addotto, come ha fatto invece il relatore, la citazione di leggi, ordinamenti e codici. Quando si discute del «sesso degli angeli», si può sostenere di tutto; devo anche notare come, pure a fronte di un dibattito tanto ampio svoltosi sulla stampa, sono oggi presenti in aula, come al solito, solo sei o sette parlamentari. Ebbene, sempre per chi ci ascolta, e considerato che tutti i colleghi sinora intervenuti nella discussione hanno poi parlato di tutto e di tutti, devo osservare che non possiamo non tenere presente la materia al nostro esame.
Stiamo parlando dell'ordinamento della magistratura: qual è, allora, il fatto grave che abbiamo commesso?
Ebbene, ci siamo resi conto che, in tutti questi anni - ma spiegheremo alla fine il motivo per cui l'abbiamo fatto oggi -, in genere si entrava in magistratura come uditore giudiziario e si finiva come presidente di Cassazione: in altri termini, era previsto un avanzamento automatico della carriera. Per far comprendere la questione a chi ci ascolta, faccio un confronto con i dipendenti statali, con quelli del comparto della sanità e con coloro che operano nella scuola, le categorie maggiormente rappresentate nel nostro ordinamento pubblico: è come se gli ufficiali amministrativi degli enti locali diventassero automaticamente, a fine carriera, sempre e tutti, segretari generali dei comuni; è come se i medici che iniziano la carriera come assistenti di corsia diventassero sempre, e tutti, direttori sanitari; è come se gli impiegati di segreteria diventassero sempre e comunque, e tutti, provveditori agli studi.
Vi renderete conto, allora, che si tratta di un'anomalia? Era prevista una progressione di carriera nell'ambito della quale sia i moltissimi «buoni» della magistratura, sia i «non buoni» - qualcuno - facevano lo stesso percorso di carriera, con gli stessi stipendi e le stesse funzioni! Cosa ha fatto questo Governo di strano? Ha introdotto un po' di meritocrazia! In altri termini, ha previsto che si potesse fare carriera per titoli e, possibilmente, tenendo conto anche degli esami! È così grave? È questo lo straordinario stravolgimento che abbiamo compiuto? Ebbene, io vorrei vederne diecimila, di questi stravolgimenti, nell'ordinamento pubblico!
Vorrei altresì ricordare che è stato sostenuto che stiamo procedendo all'approvazione di tale riforma senza discussione. Ma se ne stiamo parlando da tre anni! Sulla stampa, in televisione, nelle radio e nelle Commissioni parlamentari è un continuo parlarne! Mi sembra proprio esagerato affermare che stiamo approvando la riforma in poco tempo; anzi, dico che dobbiamo stringere i tempi, perché la dobbiamo portare a casa!
Lasciatemi formulare, onorevoli colleghi, qualche ulteriore, brevissima considerazione. È stato affermato che il cosiddetto emendamento Bobbio non aveva né ragionevolezza, né affidamento. Per quanto concerne la ragionevolezza, vorrei ricordare che tale proposta emendativa concerne gli incarichi direttivi, e sia il Governo, sia la maggioranza hanno scelto di non affidarli a magistrati estremamente anziani. È forse un delitto? Si tratta di un orientamento deliberatamente adottato, al fine di conferire incarichi direttivi a coloro che fossero nel pieno possesso delle proprie facoltà, sia intellettive, sia fisiche!
In ordine all'affidamento, invece, vorrei introdurre una digressione tecnica. Vorrei ricordare come, sull'affidamento, i colleghi, e soprattutto i magistrati, facciano riferimento alle pensioni e a ciò che la Corte costituzionale ha statuito sui diritti quesiti. Si tratta, come detto, di un elemento tecnico; tuttavia, invito i magistrati a considerare soprattutto tale aspetto.
Sempre in ordine al cosiddetto emendamento Bobbio, onorevoli colleghi, lasciatemi aggiungere un'altra considerazione. Sono mesi, infatti, che si afferma che tale proposta emendativa è rivolta contro una persona. Bene, colleghi, che ci ascolti anche chi segue i nostri lavori: purtroppo, in questo Parlamento, la verità l'ha detta solo l'onorevole Zaccaria; l'emendamento in questione, infatti, coinvolge circa il 30-35 per cento delle persone che hanno presentato le domande per il conferimento degli incarichi!
Vorrei sottolineare che noi non variamo leggi a favore o contro una persona: in questo Parlamento, ricordo un solo caso a favore di qualcuno, la cosiddetta legge Sofri, che non presentammo noi! La disposizione in questione, tuttavia, riguarda il 30 o il 35 per cento delle persone che avevano presentato la relativa domanda, e ciò rientra sempre nell'ambito della nostra logica di conferire incarichi direttivi a persone in possesso della piena efficienza fisica e psichica!
Lasciatemi svolgere un'ultima considerazione, onorevoli colleghi. Vorrei ricordare, infatti, che la riforma della giustizia era un punto del programma elettorale del Presidente Berlusconi rispetto al quale l'elettorato ha conferito un preciso mandato. Vorrei altresì ricordare che il collega Bonito, una delle persone che rispetto di più all'interno della Camera dei deputati, ha detto una cosa importante, che tutti avevamo dimenticato, vale a dire che la riforma dell'ordinamento giudiziario si rendeva necessaria perché era richiesta da una norma transitoria della Costituzione. In Costituzione, oltre cinquant'anni fa, fu inserita tale norma transitoria, secondo cui si sarebbe dovuta fare una riforma. Il collega mi scuserà, ma noi tale riforma la faremo subito, perché non ci fidiamo di altri governi. Ricordo inoltre che è da oltre cinquant'anni che non si vara tale riforma, ed il centrosinistra è stato al governo per cinque anni, senza fare nulla.
Noi rispetteremo, dunque, il mandato degli elettori: era un punto del programma di Governo e lo porteremo a termine (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Cento, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare della Margherita, DL-L'Ulivo affronta il nuovo esame in Assemblea della riforma dell'ordinamento giudiziario sulla base di un intenso lavoro svolto in ogni sede. Nel clima di preoccupazione determinato dal terrorismo internazionale, siamo convinti che il paese abbia bisogno di fermezza e di unità, di unità di intenti e di azione. Dovrebbe essere così anche per la riforma dell'ordinamento giudiziario che, invece, genera danni e conflitti.
Le posizioni sono note: i magistrati hanno proclamato, lo scorso 14 luglio, il quarto sciopero in due anni, il quindicesimo dal 1948: tutti sappiamo come tali forme estreme di lotta rappresentino, comunque, per tutti un vulnus, un mezzo cui ricorrere in casi estremi, proprio di fronte alla gravità dei fatti che si succedono in materia di giustizia.
Il Consiglio superiore della magistratura, in più occasioni, e, da ultimo, con il parere espresso il 15 luglio 2004, ha rilevato numerosi profili di incostituzionalità e di critica al provvedimento in esame. L'opposizione parlamentare di centrosinistra - tutti i gruppi - non ha mai negato l'opportunità di riformare l'ordinamento giudiziario, che - sia pure con diversi aggiornamenti - risale ad un impianto del 1941. Abbiamo avanzato proposte legislative su punti rilevanti, quali la sostituzione dell'automatismo della progressione di carriera per anzianità, di cui parlava poc'anzi il collega Perrotta, con criteri moderni atti a valutare l'effettiva professionalità e la qualità del lavoro svolto; l'introduzione di manager della giustizia, per accentuare le capacità amministrative, con la sostituzione di energie dedicate alla direzione e all'organizzazione, le funzioni giurisdizionali; la tipizzazione degli illeciti disciplinari, per evitare abusi o eccessi di discrezionalità; la migliore distinzione delle funzioni tra pubblici ministeri e giudici. Ciò solo per limitare a qualche riferimento i temi della nostra proposta.
Tuttavia, come noto, l'esame parlamentare della riforma si è svolto quasi esclusivamente nell'ambito della maggioranza, tra maxiemendamenti del Governo, voti di fiducia, contingentamento dei tempi di discussione, fino al messaggio con cui il Presidente della Repubblica, Ciampi, ha rinviato all'esame delle Camere il testo già licenziato, eccependo, nei limiti delle proprie competenze, rilievi sull'impianto del provvedimento, in particolare su quattro aspetti di palese incostituzionalità. Il Senato ha recepito una tra le quattro censure: quella sull'istituzione di organismi di valutazione degli esiti dei procedimenti. Ne ha, praticamente, eluso un altra: quella sul potere del ministro della giustizia di dettare linee guida in Parlamento sull'andamento della giustizia e, a nostro avviso, ha totalmente rigettato le altre due questioni di palese incostituzionalità, aggiungendone, anzi, un'altra, clamorosa, con il noto emendamento Bobbio.
È ben chiaro che i profili di incostituzionalità, oltre che di merito, sono assai più numerosi di quelli rilevabili dal Capo dello Stato nei limiti delle proprie prerogative e, su alcuni di essi, ci siamo soffermati in sede di esame delle questioni pregiudiziali presentate in precedenti occasioni: mi limito a ricordare, ad esempio, il cosiddetto tema della gerarchizzazione dell'azione penale, su cui i dubbi di costituzionalità non mancano.
Vale ora la pena di soffermarsi sulle due questioni respinte dal Senato per meglio comprendere la situazione. La prima è quella relativa al sistema dei concorsi, che, naturalmente, è questione più generale ed ampia rispetto ai soli profili di incostituzionalità.
Alla formazione permanente dei magistrati, nell'ambito di ciò che, ormai, è definito lifelong learning, con un linguaggio mutuato dall'Agenda di Lisbona dell'Unione europea per l'economia della conoscenza, il Consiglio superiore della magistratura ha dedicato molto impegno e molte energie. La scuola presso il CSM è stata inaugurata l'11 aprile 1994 alla presenza del Capo dello Stato, a seguito di un approfondito confronto con altri modelli europei: l'École nationale de la magistrature in Francia, l'Accademia federale dei giudici in Germania e il Centro de estudios judiciales in Spagna.
Com'è noto, la Corte dei conti negò il visto alla Convenzione e da lì nacque l'esperienza dalla IX sezione per il tirocinio e la formazione professionale. Tuttavia, al di là degli svolgimenti amministrativi, ciò che è alla base è la diffusa e profonda consapevolezza che occorra compiere ogni sforzo per formare, nell'accesso e durante l'esercizio delle funzioni, un magistrato altamente specializzato, compartecipe della costruzione del diritto europeo, capace di garantire ai cittadini utenti della giustizia il massimo della professionalità, anche in occasione della mobilità conseguente alla temporaneità delle funzioni. Un magistrato, dunque, aperto al confronto - quello imposto dall'evoluzione sociale e quello interdisciplinare - e, nel contempo, consapevole dei suoi compiti e dei limiti dei suoi poteri. In una parola: armato per l'indipendenza, come ha efficacemente sottolineato il Consiglio superiore della magistratura nella relazione al Parlamento del 2004.
Occorre ora chiedersi se le misure previste nel testo in esame vadano in questa direzione e corrispondano a tali esigenze. Più volte, abbiamo risposto in modo critico e negativo, sempre avanzando proposte.
Però, a nostro avviso, resta sbagliato nel merito il sistema delineato dei concorsi, che sottrae largamente energia e tempo alle funzioni giurisdizionali, delineando quel «concorsificio» di cui a lungo si è parlato in questi anni. Inoltre, si spinge verso un'idea di gerarchia delle funzioni, quasi che il giudice di primo grado debba considerarsi meno bravo di quello d'appello o di legittimità, cosa che sappiamo non corrispondere al vero, neanche per quanto riguarda il concreto ed effettivo esercizio della giurisdizione. Ma di ciò abbiamo già parlato più compiutamente in altre occasioni.
In questa sede, è necessario circoscrivere le nostre considerazioni alla censura di palese incostituzionalità. Ricordo, al riguardo, che l'articolo 105 della Costituzione afferma espressamente che spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
Come ha rilevato il Presidente della Repubblica, tali poteri del Consiglio superiore della magistratura, nel testo approvato dalle Camere, risultano in palese contrasto con il dettato costituzionale e sensibilmente ridimensionati, in quanto il sistema delineato nella legge delega colloca al centro di ogni procedura concorsuale la Scuola superiore della magistratura, struttura esterna al Consiglio superiore, e apposite commissioni, anch'esse esterne allo stesso Consiglio.
Le correzioni introdotte dal Senato su questo elemento sono state minime e, per lo più, formali, poiché si continua a pretendere l'idoneità nel concorso come titolo legittimante per l'assegnazione di determinate funzioni. Inoltre, la scelta del CSM per l'assegnazione degli incarichi semidirettivi o direttivi deve avvenire pur sempre nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso. I limiti delle competenze del CSM restano dunque intatti e i motivi di incostituzionalità sono confermati dal testo licenziato dal Senato.
A ciò si aggiunge, evidentemente, l'estrema difficoltà di immaginare decisioni prese in «autonomia» dal CSM - lo dico mettendo le virgolette, in modo figurato, alla parola autonomia - che si discostassero dagli esiti delle graduatorie, poiché la motivazione di tali atti sarebbe assolutamente complessa e sottoposta, ovviamente, in base al successivo punto che ora prenderemo in esame, alla censura e al ricorso del ministro della giustizia dinanzi al giudice amministrativo.
La seconda questione irrisolta dal Senato riguarda appunto il potere riconosciuto al ministro della giustizia di impugnare i provvedimenti del Consiglio superiore della magistratura dinanzi al giudice amministrativo. Il messaggio del Capo dello Stato ha correttamente rilevato che il ministro della giustizia non è titolare di un interesse legittimo contrapposto a quello del Consiglio superiore della magistratura, parificabile a quello del controinteressato che si dolga di essere stato escluso dall'incarico. In ogni caso, gli eventuali contrasti devono essere risolti sulla base dell'articolo 134 della Costituzione, che stabilisce che sia la Corte costituzionale a giudicare sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato.
Il Senato se la cava allegramente sul punto, perché si limita a conservare il potere di ricorso del ministro, accompagnandolo con la formula «fuori dei casi di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato».
Ma, di grazia, quale sarebbe la posizione sostanziale del ministro di giustizia? O è un potere pubblico - dunque, soggetto del conflitto di attribuzioni - o è titolare di una posizione privata di interesse alla legittimità degli atti. Ma tale seconda ipotesi è inverosimile nel nostro ordinamento, poiché alla titolarità di un interesse legittimo strumentale, ossia di un interesse alla generica legittimità degli atti, deve corrispondere un interesse sostanziale o un vantaggio concreto derivante dall'annullamento dell'atto che si presume viziato. Tale vantaggio non può essere riconosciuto al ministro in via generale, ma al singolo magistrato che veda lesa la sua posizione.
In conclusione, il Senato non ha recepito il messaggio del Presidente della Repubblica nei suoi punti fondamentali. Su questo tema presenteremo una questione pregiudiziale di costituzionalità, perché la lesione è del tutto evidente.
Torno a ripetere che i poteri del ministro della giustizia sono configurati nell'ambito del potere di concertazione su cui la Corte costituzionale si è già espressa in due sentenze, del 1992 e del 2003, in cui ha dettato precisi criteri affinché il concerto, nel rispetto delle posizioni autonome dei singoli soggetti, si svolga secondo i principi di leale cooperazione e di effettività, al fine di formulare una proposta al plenum del CSM realmente concertata dai due soggetti.
È evidente che se questa procedura si assumesse viziata si determinerebbe, per l'appunto, un vizio del procedimento di concertazione, che non può che essere eccepito dinanzi alla Corte costituzionale.
Come dicevo, nel testo licenziato dal Senato vi è un ulteriore motivo di incostituzionalità in sé scandaloso: mi riferisco al cosiddetto emendamento Bobbio. Per impedire l'eventuale nomina del magistrato Caselli alla Direzione antimafia - come è affermato expressis verbis negli atti parlamentari -, il Senato ha stabilito che non possono essere conferiti incarichi direttivi a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima del pensionamento, né incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e secondo grado a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima dell'ordinario collocamento a riposo, e ciò anche per il conferimento degli incarichi direttivi in corso. In tal modo si confligge con l'articolo 105 della Costituzione, che riserva in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura il compito di assegnazione degli incarichi, con l'articolo 3 della Costituzione, inerente il principio di uguaglianza e ragionevolezza, e con l'articolo 97 della Costituzione, che tutela il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione.
Sulla violazione dell'articolo 105 della Costituzione credo di non dovermi dilungare perché il principio è chiaro: la Costituzione riserva in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura il compito di assegnazione degli incarichi. Addirittura, si dice sia imminente un decreto-legge volto a modificare il comma 45 dell'articolo 2 del disegno di legge: ciò sarebbe la prova provata che un'approvazione di questo testo ora, magari anche a seguito di un voto di fiducia, sarebbe un atto contraddittorio nonché provocatorio da parte del Governo. Come dicevo, la violazione dell'articolo 105 della Costituzione è del tutto palese, perché in questo modo il Parlamento viene ad incidere direttamente su concorsi in atto escludendo determinati soggetti e, di conseguenza, favorendone altri in violazione del principio di divisione dei poteri costituzionali.
La norma viola l'articolo 3 della Costituzione in quanto, in modo del tutto irrazionale, esclude dal concorso in atto candidati che avevano già presentato domanda allorché erano in possesso del requisito oggi richiesto e che, paradossalmente, potrebbero assicurare, in virtù del periodo consentito di permanenza in servizio, la copertura dell'incarico direttivo per una durata maggiore di quella massima prevista nel disegno di legge in via ordinaria.
Inoltre, è leso in maniera evidente l'articolo 97 della Costituzione, che tutela il buon andamento della pubblica amministrazione, perché, come detto, questa norma finirebbe per retroagire su centinaia e centinaia di domande di concorsi in atto per posizioni ed incarichi direttivi di grandissimo rilievo.
La norma introdotta dal Senato è res novi rispetto al testo esaminato dal Capo dello Stato. Dunque, non dubito che i medesimi poteri che la Costituzione attribuisce al Capo dello Stato nella delibazione delle palesi incostituzionalità possano e debbano essere esercitati in relazione ad una norma così grave sotto il profilo costituzionale.
Questa riforma è per molti versi inutile, per altri dannosa. Ricordo che le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie, come diceva Montesquieu. Tuttavia, questa riforma è, nel complesso, anche contraria ai principi scolpiti con chiarezza nel messaggio del Capo dello Stato sulla giustizia, datato 31 dicembre 2002. Tale messaggio dice, infatti, che l'azione in materia di giustizia deve ispirarsi a due principi: tutela dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura; ricerca dell'efficienza e della ragionevole durata dei processi.
Questi principi, colleghi della maggioranza e rappresentanti del Governo, li avete disattesi - peggio, li avete contraddetti! - nel corso dell'intera XIV legislatura. È una responsabilità politica grave, che mi auguro non vorrete ulteriormente aggravare con un voto di fiducia, e che si somma alle vostre responsabilità nella disastrosa conduzione della politica economica e di quella costituzionale, che saranno presto oggetto del giudizio democratico dei cittadini italiani (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Cento, revoco la decisione di considerarla decaduta dalla possibilità d'intervento nella discussione sulle linee generali, avendo trovato le giustificazioni da lei addotte alla Presidenza del tutto accettabili.
Pertanto, è iscritto a parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. La ringrazio, signor Presidente, per avermi consentito di intervenire nel dibattito; peraltro, il mio intervento sarà breve, dal momento che svolgerò soltanto alcune considerazioni di carattere generale.
Non c'è dubbio che le osservazioni e le motivazioni che i colleghi del centrosinistra hanno espresso nei loro interventi, per manifestare le ragioni di carattere costituzionale e di merito della contrarietà a questa proposta di riforma dell'ordinamento giudiziario - che ha condizionato negativamente tutto il lavoro legislativo parlamentare degli ultimi quattro anni -, sono osservazioni e motivazioni che il nostro gruppo condivide alla lettera, in quanto fanno parte di un ragionamento condiviso in modo convinto da tutta l'Unione.
In particolare, ci preme sottolineare come questa riforma dell'ordinamento giudiziario, diventata l'elemento costitutivo delle politiche sulla giustizia del Governo e della maggioranza di centrodestra, in realtà non era e non è una priorità: sono ben altre le riforme della giustizia di cui il nostro paese ha bisogno! In particolare, esse riguardano la capacità di accelerare i tempi del processo penale e civile, la necessità di dare certezza alla pena e di aumentare le garanzie dei cittadini, siano essi nella loro veste di imputati, siano essi nella loro veste di parte lesa all'interno del sistema giudiziario.
La strada scelta dal Governo è invece quella di una riforma utilizzata impropriamente come elemento di rivincita nei confronti della magistratura. Si tratta di una riforma rispetto alla quale i dubbi di costituzionalità sono tali ed evidenti da aver richiesto un intervento - condiviso - di rinvio alle Camere del disegno di legge da parte del Presidente della Repubblica. Tale intervento di rinvio non ha però trovato un'adeguata soddisfazione nel lavoro svolto al Senato e neanche in quello fin qui svolto, alla Camera, dalla Commissione giustizia, nei tempi strozzati di un dibattito che si è voluto «rinchiudere» per ragioni politiche e non per ragioni di merito.
Permangono elementi di profonda, palese incostituzionalità. Per brevità, non mi soffermo a citarli, perché condivido le osservazioni svolte dai colleghi del centrosinistra che mi hanno preceduto. Tuttavia, voglio soffermarmi sull'elemento politico che ha impedito a questa Camera, a questo Parlamento, di avviare - anche nella discussione sulla riforma dell'ordinamento della giustizia - un dialogo utile, per cambiare quei meccanismi che, nel nostro ordinamento giudiziario, non funzionano.
Penso alla discussione sulla separazione delle funzioni dei magistrati che noi verdi abbiamo condiviso (lo condividiamo come principio di merito). Abbiamo al riguardo proposto alcune iniziative di legge parlamentare, nella speranza che la discussione si potesse affrontare in termini sereni. Invece, il centrodestra, il Governo, il ministro Castelli ha piegato il confronto in ordine ad un aspetto che poteva trovare una larga condivisione in questo Parlamento dentro un quadro di riforma punitiva dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, di gerarchizzazione del ruolo delle procure. In realtà, lo stesso processo di separazione delle funzioni viene in questa riforma collegato ad un potere dominante, quello della politica, dell'esecutivo rispetto alle priorità nel processo penale e nella scelta dei procedimenti penali da seguire.
Ho citato questo esempio per dire che si è persa l'occasione di un confronto che poteva portare, anche su taluni aspetti della riforma dell'ordinamento giudiziario, ad una discussione condivisa. Certo, non ci si può chiedere di essere compartecipi di un disegno politico e politicista che si pone un obiettivo politico nella trasformazione del nostro ordinamento giudiziario: quello di limitare le prerogative costituzionali della magistratura nello svolgimento della sua attività.
Ci auguriamo che il Governo eviti l'ulteriore strappo di porre su tale provvedimento la questione di fiducia per chiudere ancora più velocemente questa discussione e le contraddizioni che vi sono all'interno della maggioranza di centrodestra. Ci auguriamo che il Governo si fermi; come si può impedire una discussione ed una modifica del testo, se poi magari si legge, senza trovare smentite, su autorevoli quotidiani che il Governo, il Ministero della giustizia si sta già predisponendo a preparare un decreto-legge per intervenire a modifica di questo disegno di riforma nella parte relativa al cosiddetto emendamento Bobbio, senza il quale rischieremmo di veder bloccati tutti i processi di concorso e di nomina dei direttivi e delle funzioni all'interno della magistratura ordinaria del nostro paese!
Mi auguro, pertanto, che vi sia un sussulto di buonsenso, che si consenta di svolgere liberamente la discussione su tale argomento in questo Parlamento, senza strozzarla nei tempi. È già sufficiente il contingentamento della discussione che delimita l'ambito di intervento e i tempi di discussione nella Camera.
È evidente che noi Verdi ci atterremo a questo principio nel corso dei lavori parlamentari delle prossime ore (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Palma.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Signor Presidente, ho letto nuovamente il contenuto del messaggio del Presidente della Repubblica, dopo l'intervento dell'onorevole Mantini, il quale ha affermato che in tale messaggio vi era un riferimento alla ragionevole durata dei processi. È una circostanza che mi ha colpito molto; mi è sembrato singolare il fatto che in un messaggio sull'ordinamento giudiziario il Presidente della Repubblica abbia commesso l'errore di correlare l'ordinamento giudiziario alla celerità dei processi, per la quale, invece, si richiedono riforme di tipo procedurale.
La lettura del messaggio mi ha dato ragione, nel senso che non vi è alcun riferimento alla ragionevole durata del processo. Non poteva esservi, perché la ragionevole durata del processo non attiene all'ordinamento giudiziario e, conseguentemente, possiamo essere tutti molto tranquilli nell'affermare che il Presidente della Repubblica non è incorso in questo errore, anche se cominciamo a prestare maggiore attenzione a quello che viene riferito del messaggio del Presidente della Repubblica, a quello che si assume il Presidente della Repubblica abbia detto (in realtà non lo ha detto mai).
Signor Presidente, vorrei esprimere alcune considerazioni.
Si è discusso in ordine al permanente potere del ministro di ricorrere alla giustizia amministrativa; da qui si insiste nell'affermare una incostituzionalità della norma. Con tutta la buona volontà non riesco a trovare nella norma costituzionale alcun dato di contrasto con la disposizione dell'ordinamento giudiziario.
Ricordo ai colleghi che la procedura del concerto non è prevista dalla Costituzione, ma da una legge ordinaria che disegna il rapporto tra Consiglio superiore della magistratura e ministro in un determinato modo. Tale legge ordinaria si incentra sul metodo che deve essere seguito ed è al metodo che fa riferimento il Capo dello Stato sulla base di quanto contenuto nella sentenza della Corte costituzionale emessa sul punto.
Allora, evitiamo di fare confusione. Il legislatore ordinario conferisce al ministro un potere di concerto in quanto ritiene che il ministro, ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione, sia titolare di un interesse e che quell'interesse sia rappresentato dall'organizzazione e dal corretto funzionamento del servizio giustizia. Nella valutazione tra l'interesse del ministro e l'autonomia e l'indipendenza della magistratura si fa prevalere evidentemente quest'ultima, limitando il potere del ministro al concerto e attribuendo la scelta finale al Consiglio superiore della magistratura nel rispetto del metodo. E il conflitto di attribuzione riguarda il metodo!
Se leggete con attenzione quelle sentenze, noterete che la Corte costituzionale afferma che il ministro non può rifiutare di firmare la delibera di conferimento dell'incarico direttivo, potendo solo sollevare conflitto di attribuzione se il metodo seguito dal Consiglio superiore della magistratura non è stato correttamente adempiuto. In entrambe quelle sentenze il conflitto di attribuzione - che credo fosse stato sollevato dal Consiglio superiore della magistratura - è stato accolto perché quel metodo era stato seguito.
Ma, se il metodo viene seguito e l'atto è inficiato dai vizi tipici dell'atto - a partire, ad esempio, dalla violazione di legge, in base alla quale viene conferito l'incarico direttivo ad un soggetto che ha meno di tre anni dal collocamento al riposo -, può il ministro ricorrere? Il legislatore ordinario lo consente, non riesco ad individuare la norma costituzionale violata, quindi il discorso mi sembra superato.
Abbiamo già detto che l'emendamento Bobbio non costituisce un quid novi. Voi parlate di ragionevolezza e di affidamento. Per quanto riguarda l'affidamento, se evitaste di far riferimento alle sentenze della Corte costituzionale in tema di interpretazione autentica e magari faceste riferimento alle sentenze della Corte costituzionale in tema di disparità di trattamento a seguito dell'entrata in vigore di una riforma, forse trovereste soddisfazione ai vostri dubbi per quanto concerne la ragionevolezza.
Ma, signori miei, passiamo da un incarico direttivo illimitato ad un incarico direttivo temporaneo (4 anni più 2), consentendo al legislatore di richiedere che il soggetto che quell'incarico direttivo deve ricoprire abbia quanto meno dal collocamento a riposo il tempo necessario per adempierlo, essendo quell'incarico direttivo funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione e non alla vanità personale del soggetto che quell'incarico deve ricoprire.
Perché ci siamo fermati a settant'anni e non, come forse sarebbe potuto essere possibile, a sessantanove? Per una ragione molto semplice, consistente nel fatto che, quando è entrata in vigore la norma che dava la facoltà di proseguire dai settantadue ai settantacinque anni, il Governo ha accolto un ordine del giorno della Lega, impegnandosi ad intervenire per abrogare tale norma, essendo la stessa assolutamente temporanea. Quindi, la spiegazione consiste nel fatto che le riforme si ancorano a dati certi che non possono essere temporanei.
Quindi, ritengo che anche sotto il profilo della ragionevolezza possiate ritenervi soddisfatti (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, rinunzio alla replica.
(Annunzio di questioni pregiudiziali e di una questione sospensiva - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali per motivi di costituzionalità Pisapia ed altri n. 1, Finocchiaro ed altri n. 2, Mantini ed altri n. 3 e Zaccaria ed altri n. 4 (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezione 1), nonché la questione sospensiva Zaccaria n. 1 (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezione 2), che saranno esaminate in altra seduta.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
DISEGNO DI LEGGE: S. 1296-B - DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO DI CUI AL REGIO DECRETO 30 GENNAIO 1941, N. 12, PER IL DECENTRAMENTO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PER LA MODIFICA DELLA DISCIPLINA CONCERNENTE IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA CORTE DEI CONTI E IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, NONCHÉ PER L'EMANAZIONE DI UN TESTO UNICO (RINVIATO ALLE CAMERE DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA) (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4636-BIS-D)
QUESTIONI PREGIUDIZIALI PER MOTIVI DI COSTITUZIONALITÀ
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, alla lettera a), comma 4 dell'articolo 2, prevede che il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell'azione penale;
tale disposizione si pone in aperto contrasto con l'articolo 112 della Costituzione per cui «il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale»;
anche sulla base dell'interpretazione data dalla Corte costituzionale all'articolo 112 della Costituzione, l'esercizio obbligatorio dell'azione penale, quando evidentemente ve ne siano i presupposti, non può comportare limitazioni da parte del procuratore della Repubblica rispetto alle valutazioni del singolo pubblico ministero, in quanto - in caso contrario - ne deriverebbe un'inammissibile limitazione dell'autonomia e dell'indipendenza del pubblico ministero con riferimento ad un obbligo espressamente assegnatogli dalla Costituzione;
come ribadito in più occasioni dalla Corte costituzionale, l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale ad opera del pubblico ministero «concorre a garantire, da un lato l'indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale» (sentenza n. 84 del 1979 della Corte costituzionale);
la norma in oggetto, quindi, oltre a porsi in contrasto con l'articolo 112 della Costituzione lederebbe anche il principio, supremo e intangibile, di cui all'articolo 3 della Costituzione (cfr. tra le tante, le sentenze della Corte costituzionale n. 84 del 1979, n. 1146 del 1988, n. 88 del 1991);
in particolare, poi, come affermato nella sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 1991, il principio di obbligatorietà dell'azione penale e la correlativa indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione che verrebbero meno con la norma in oggetto rappresentano necessari ed insostituibili strumenti per l'attuazione del suddetto principio supremo di eguaglianza, tanto è vero che, la stessa Corte, con la medesima sentenza, ha sottolineato perentoriamente che «il principio di obbligatorietà è, dunque, punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale, talché il suo venir meno ne altererebbe l'assetto complessivo»;
a nulla rileva, rispetto alla incostituzionalità di tale norma, quanto previsto dalla lettera b) del comma 4 dell'articolo 2, per cui il procuratore della Repubblica può delegare un procuratore aggiunto alla funzione di vicario ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di singoli procedimenti o nella gestione di un settore di affari, in quanto, come previsto dalla lettera c), tale delega può essere revocata dal procuratore della Repubblica «in caso di divergenza e inosservanza» delle indicazioni del procuratore capo;
alla lettera c) del medesimo comma prevede, infatti, che il procuratore della Repubblica possa determinare i «criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi cella lettera b) devono attenersi nell'adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri»;
quanto previsto dalla lettera c) conferma la limitazione dell'autonomia del singolo pubblico ministero in relazione all'esercizio dell'azione penale, il che incide - evidentemente - sull'obbligatorietà dell'azione penale sancito dall'articolo 112 della Costituzione;
pertanto, tale norma - al di là delle valutazioni di merito - si pone in contrasto con gli articoli 112 e 3 della Costituzione,
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 1. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Cusumano, Maura Cossutta, Bonito, Kessler, Zaccaria, Mantini, Siniscalchi, Carboni, Mancini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 105 della Costituzione prevede che spettino al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati;
nel testo del disegno di legge rinviato alle Camere risultava di ogni evidenza la lesione dei poteri spettanti in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell'articolo 105 della Costituzione, e la questione era stata oggetto di puntuale rilievo nel messaggio del Presidente della Repubblica, che evidenziava: «L'invasione della sfera di competenza riservata al Consiglio è particolarmente evidente nell'ipotesi in cui i candidati siano stati esclusi nell'ambito delle predette procedure. Infatti, allorché manchino il favorevole giudizio conseguito presso la Scuola superiore o la positiva valutazione nel concorso da parte della commissione, il Consiglio non può neppure prendere in considerazione la posizione dei candidato escluso»;
le modifiche apportate dal Senato continuano ad imporre al Consiglio superiore della magistratura di prendere in considerazione solo i candidati positivamente valutati dalle commissioni esterne o dalla Scuola superiore, prevedendosi ad esempio che il Consiglio superiore della magistratura possa scegliere per l'assegnazione degli incarichi semi-direttivi o direttivi solo «nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso» (articolo 2, comma 1, lettera m), numeri 1 e 2);
tale disciplina continua a configurare un grave ridimensionamento dei poteri spettanti al Consiglio superiore della magistratura, con conseguente lesione dell'articolo 105 della Costituzione,
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 2. Finocchiaro, Innocenti, Montecchi, Bonito, Zaccaria, Boccia, Leoni, Fanfani, Mantini, Buemi, Cento, Pisapia, Maura Cossutta, Annunziata, Ruta, Marino, Bressa, Sinisi, Amici, Soda, Carboni, Lucidi, Magnolfi, Siniscalchi, Cusumano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede all'articolo 2, comma 1, lettera m), numero 1, che «il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall'articolo 11» della legge 24 marzo 1958, n. 195 «possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi»;
il testo in esame, nella formulazione approvata dalla Camera dei deputati il 1o dicembre 2004, è stato oggetto dei rilievo di manifesta incostituzionalità nel messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica trasmesso i1 16 dicembre 2004, a norma dell'articolo 74 della Costituzione, ove si evidenzia che «in tema di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi, il rapporto tra Consiglio e Ministro implica soltanto un "vincolo di metodo". Tale vincolo impedisce il ricorso agli ordinari mezzi di impugnazione, una volta che il "confronto" - per usare l'espressione della Corte costituzionale - sia avvenuto "a seguito di un esame effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto". In caso contrario, il Ministro assumerebbe il ruolo di titolare di un interesse legittimo contrapposto a quello del Consiglio superiore, parificabile a quello del contro interessato che si dolga di essere stato escluso»;
la Corte costituzionale nelle sentenze n. 379 del 1992 e n. 380 del 2003 ha affermato che il Ministro deve dare corso al procedimento non essendo investito di particolari poteri di rinvio o di riesame, ricadendo su di lui il dovere, di adottare l'atto di propria competenza; ed ancora, che «non spetta al Ministro della giustizia non dare corso alla controfirma dei decreto del Presidente della Repubblica di conferimento di ufficio direttivo [ed ora anche di proroga] sulla base di deliberazione dei Consiglio Superiore della Magistratura»;
l'emendamento approvato dal Senato, non recependo il rilievo dì palese incostituzionalità formulato dal Presidente della Repubblica, si è limitato ad aggiungere alla previsione normativa l'espressione «fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni» in relazione all'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, conservando in capo al Ministro della giustizia la potestà di ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere dei Consiglio superiore della magistratura concernenti il conferimento o la proroga dì incarichi direttivi;
il testo in esame si pone pertanto in contrasto con l'articolo 134 della Costituzione che stabilisce la competenza della Corte costituzionale a giudicare i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato;
si pone, inoltre, in contrasto con l'articolo 113 della Costituzione che stabilisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione amministrativa poiché non è configurabile in capo al Ministro della giustizia alcuna posizione di. interesse legittimo che, nel caso di specie, verrebbe a coincidere con un generico e indistinto interesse alla legittimità degli atti in assenza di una situazione sostanziale e concreta di vantaggio derivante dall'annullamento dell'atto da parte del giudice amministrativo;
in proposito occorre evidenziare che le competenze proprie dei Ministro della giustizia, in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi, ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione, si svolgono, in materia di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi, nell'ambito della procedura del concerto con la commissione competente, ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, concerto che non si sostanzia in un mero parere obbligatorio ma non vincolante e neanche in un accordo tra i diversi soggetti bensì in «un'attività di concertazione finalizzata alla formulazione di una proposta comune» (in tal senso, si veda la sentenza n. 379 del 1992 della Corte costituzionale) sicché ogni relativo vizio procedurale non può che essere eccepito nell'ambito del conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale,
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 3. Mantini, Boccia, Innocenti, Fanfani, Zaccaria, Finocchiaro, Leoni, Buemi, Cento, Pisapia, Maura Cossutta, Annunziata, Ruta, Marino, Bressa, Sinisi, Montecchi, Amici, Soda, Bonito, Carboni, Lucidi, Magnolfi, Siniscalchi, Cusumano.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge recante delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico, trasmesso dal Senato dopo il rinvio del Presidente della Repubblica, introduce al comma 45 dell'articolo 2 una norma transitoria volta a bloccare le procedure per il conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi per i magistrati che abbiano, rispettivamente, meno di due e meno di quattro anni di servizio prima dell'ordinario collocamento a riposo, fino a quando il Governo non eserciti la delega relativa alla disciplina del conferimento dei suddetti incarichi;
tale norma è destinata ad avere efficacia retroattiva, poiché è volta ad incidere su fasi endoprocedimentali già concluse, senza che vi sia a tal fine alcuna esigenza strutturale, pregiudicando irragionevolmente le aspettative legittime di magistrati che aspirano a tali incarichi;
sebbene il giudice di legittimità non individui, fuorché in materia penale (articolo 25 della Costituzione), un generale divieto costituzionale per l'inserimento di norme ad efficacia retroattiva, è reso palese che ciò possa verificarsi unicamente quando «la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti» (in tal senso, si veda la Cassazione Civile, sezione Lavoro, 3 dicembre 2003, n. 18486), mentre nel caso di specie la retroattività della norma in esame si configura irragionevole e contrastante con il principio del legittimo affidamento;
tale principio del legittimo affidamento è inserito dalla Corte costituzionale tra i «fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento» (in tal senso,si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 311 del 1995), che «non può essere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti» (sentenza della Corte costituzionale n. 525 del 2000),
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 4. Zaccaria, Boccia, Innocenti, Fanfani, Mantini, Finocchiaro, Leoni, Buemi, Cento, Pisapia, Maura Cossutta, Annunziata, Ruta, Marino, Bressa, Sinisi, Montecchi, Amici, Soda, Bonito, Carboni, Lucidi, Magnolfi, Siniscalchi, Cusumano.
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
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658.
Seduta di MARTEDì 19 LUGLIO 2005
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI
indi DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI
E DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, già approvato dal Senato: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Esame di questioni pregiudiziali e di una questione sospensiva - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del regolamento, sono state presentate le questioni pregiudiziali per motivi di costituzionalità Pisapia ed altri n. 1, Finocchiaro ed altri n. 2, Mantini ed altri n. 3 e Zaccaria ed altri n. 4 (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezione 1), nonché la questione sospensiva Zaccaria ed altri n. 1 (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezione 2).
A norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 del regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione nella quale potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
Passeremo, quindi, all'esame e al voto sulla questione sospensiva.
L'onorevole Pisapia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come ben sapete, il provvedimento al nostro esame concerne un tema di straordinaria importanza e di particolare delicatezza, ossia la riforma, o controriforma, dell'ordinamento giudiziario.
Si tratta di una riforma sicuramente utile e necessaria (se di riforma si trattasse), tanto che era prevista dalla VII disposizione transitoria della Costituzione deliberata dall'Assemblea costituente nel dicembre 1947 e che si è resa tanto più necessaria dopo le riforme avvenute nelle precedenti legislature, tra cui la modifica del codice di procedura penale, con la trasformazione del processo inquisitorio in un processo tendenzialmente accusatorio, la modifica dell'articolo 111 della Costituzione, nonché altre norme e modifiche legislative che hanno rafforzato la terzietà del giudice.
Purtroppo per il Parlamento, per i cittadini e per il paese intero, la riforma si è trasformata - lo dimostrerà poi la sua concreta applicazione, qualora venisse approvata anche dalla Camera - in una controriforma, in quanto non accompagnata dalle necessarie modifiche legislative ed organizzative tese ad accelerare i tempi del processo e a rendere la nostra giustizia più efficiente, e in quanto le ombre offuscano le luci pur presenti nel testo del provvedimento licenziato dal Senato e dalla Commissione giustizia della Camera.
Quel che è più grave è che il testo che ci apprestiamo ad esaminare pone sicuramente grossi problemi di costituzionalità. Condivido, fin da ora, il contenuto delle altre questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate, su cui si soffermeranno altri colleghi.
Mi vorrei soffermare, tuttavia, soprattutto sulla questione pregiudiziale n. 1, che concerne il comma 4, lettera a), dell'articolo 2 del provvedimento in esame, che prevede che il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell'azione penale.
È di tutta evidenza che tale norma contrasta con l'articolo 112 della Costituzione, sia sulla base di quanto in più occasioni ribadito dalla Corte costituzionale, sia sulla base dei lavori dell'Assemblea costituente e dell'interpretazione che ne è stata data dalla Consulta in relazione all'obbligatorietà dell'azione penale. Quindi, essa viola direttamente anche l'articolo 3 della Costituzione, riguardante il principio di uguaglianza.
L'articolo 112 della Costituzione afferma espressamente che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, quando, evidentemente, ve ne siano i presupposti. La ratio della norma, come si evince - lo ripeto - dai lavori della Costituente, è chiaramente quella di disporre che non il capo dell'ufficio, ma il singolo pubblico ministero, nella sua autonomia e indipendenza, valutati gli elementi e le indagini da lui effettuate, può esercitare l'azione penale, qualora ve ne siano i presupposti.
Si può condividere o meno tale impostazione, ma, a Costituzione vigente, tale norma, che prevede che il procuratore della Repubblica sia il titolare esclusivo dell'azione penale, è evidentemente in contrasto con l'articolo 112 della Costituzione.
Aggiungo, proprio per rispondere ad eventuali rilievi che possono essere avanzati, che nessuna rilevanza rispetto alla violazione dell'articolo 112 e, quindi, dell'articolo 3 della Costituzione hanno le previsioni di cui alle lettere b) e c) del medesimo articolo 2. Infatti, tali disposizioni prevedono che il procuratore della Repubblica possa delegare a singoli sostituti procuratori specifici provvedimenti ma, al tempo stesso, che in qualsiasi momento egli possa revocare la delega. I singoli magistrati, inoltre, debbono seguire e attenersi, nell'adempimento della delega, ai criteri che i procuratori della Repubblica hanno indicato.
È del tutto evidente che siamo di fronte ad un'aperta violazione sia del principio di cui all'articolo 112 della Costituzione, sia del principio generale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, che costituisce uno dei presupposti e delle conseguenze dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Del resto, sul punto si è soffermata più volte la Corte costituzionale. Voglio ricordare le sentenze n. 84 del 1979, n. 1146 del 1988 e n. 88 del 1991. In tali decisioni, la Consulta ha ribadito, come già aveva fatto in precedenti occasioni, che il principio di obbligatorietà dell'azione penale e la correlativa indipendenza del pubblico ministero - non del procuratore capo - nell'esercizio della propria funzione, che verrebbero meno con la norma in oggetto, rappresentano «necessari ed insostituibili strumenti per l'attuazione del principio supremo di eguaglianza». Tant'è vero che la stessa Corte, in altra decisione, ha sottolineato che «il principio di obbligatorietà è, dunque, punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale, talché il suo venir meno ne altererebbe l'assetto complessivo».
Voglio ricordare che di queste decisioni, in particolare della sentenza n. 84 del 1979, è stato relatore l'avvocato onorevole Malagugini ed era presidente un grande giurista, il presidente Amadei.
Ebbene, anche sotto questo profilo non si può dimenticare che, in tale sentenza - mi riferisco alla n. 84 del 1979 -, si è affermato che l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale ad opera del pubblico ministero, ossia del singolo pubblico ministero, che nell'attuale ordinamento deve essere autonomo e indipendente, è stata costituzionalmente sancita come elemento che concorre a garantire, da un lato, l'indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro lato, l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
E ancora, e veramente concludo, non posso non ricordare la sentenza n. 88 del 1991 - presidente Spagnoli, relatore il professor Conso -, con la quale è stato ricordato che l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale ad opera del pubblico ministero è stata costituzionalmente affermata come elemento che concorre a garantire, da un lato, l'indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro, l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale. Sicché l'azione è attribuita senza consentire al singolo pubblico ministero alcun margine di discrezionalità nell'adempimento di tale doveroso ufficio.
Queste sono alcune brevi considerazioni che mi permetto di sottoporre all'Assemblea, nella speranza e nell'auspicio che, almeno quando si tratta di costituzionalità di una norma specifica nell'ambito di un progetto più complessivo di riforma, si possa disporre del proprio voto sulla base della propria coscienza e non dell'appartenenza ad uno schieramento politico. Chiedo, dunque, che venga approvata la questione pregiudiziale di costituzionalità testé illustrata (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. L'onorevole Finocchiaro ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.
ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, come i colleghi sanno, l'articolo 105 della Costituzione riserva al Consiglio superiore della magistratura... Non è un argomento di grande interesse, Presidente...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, a destra ed a sinistra, vi prego di fare un po' di silenzio...
ANNA FINOCCHIARO. Come dicevo, l'articolo 105 della Costituzione riserva al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni ed i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Il testo di legge sull'ordinamento giudiziario, approvato dalle Camere e rinviato alle stesse con messaggio dal Presidente della Repubblica, conteneva una lesione evidente dei principi contenuti nell'articolo 105, al punto che il rilievo operato nel messaggio medesimo era particolarmente puntuale. Quest'ultimo alludeva al grave ridimensionamento dei poteri del CSM a vantaggio dei giudizi formulati, rispettivamente, dalla Scuola superiore della magistratura o, piuttosto, dalle commissioni di concorso - organi esterni rispetto al CSM - nelle procedure di valutazione dei magistrati.
In particolare, come peraltro era stato rilevato più volte nel corso della discussione parlamentare, il rilievo contenuto nel messaggio del Capo dello Stato metteva in evidenza come una lesione appariscente dei principi di cui all'articolo 105 della Costituzione fosse contemplata nel caso in cui il soggetto candidato non potesse mai essere preso in considerazione sotto il profilo valutativo dal Consiglio superiore della magistratura per essere stato preliminarmente dichiarato non idoneo a seguito della valutazione operata dalla Scuola superiore, piuttosto che dalla commissione di concorso.
Sul punto, il Senato è intervenuto ma, a nostro avviso, in modo inadeguato, e non si tratta di un avviso isolato, dato che il rilievo è stato formulato da molti autorevoli costituzionalisti, da ultimo anche nel tanto contestato parere del CSM approvato dalla VI commissione. La questione è che, anche nel testo modificato dal Senato, il Consiglio superiore della magistratura resta fortemente influenzato dal giudizio operato dalla Scuola superiore, piuttosto che dalla commissione di concorso - ripeto, si tratta di organi esterni rispetto al Consiglio superiore della magistratura -, al punto che ciò potrebbe ipotizzare un continuo ricorso alla giustizia amministrativa poiché la valutazione del Consiglio superiore, nel suo discostarsi dalle valutazioni operate dagli organi esterni, potrebbe essere oggetto di impugnativa.
Ciò che più mi interessa in questa sede, e che rappresenta poi il cuore della nostra questione pregiudiziale di costituzionalità, è il fatto che permane, assolutamente intatta, l'impossibilità per il Consiglio superiore della magistratura di prendere in considerazione la posizione dei candidati che siano stati dichiarati non idonei da quegli organi esterni e quindi non siano sottoponibili alla valutazione del CSM. Ci pare che questo integri, in maniera assolutamente esplicita, quello stesso rilievo che era stato fatto proprio dal Capo dello Stato nel momento in cui il messaggio sottolineava testualmente che «l'invasione della sfera di competenza riservata al Consiglio è particolarmente evidente nell'ipotesi in cui i candidati siano stati esclusi nell'ambito delle predette procedure» (quelle appunto svolte dalla Scuola superiore o dalle commissioni di concorso). «Infatti» - prosegue il messaggio - «allorché manchino il favorevole giudizio conseguito presso la Scuola superiore o la positiva valutazione nel concorso da parte della commissione, il Consiglio non può neppure prendere in considerazione la posizione del candidato escluso».
Questa impostazione, lo ripeto, permane intatta nel testo e si giova peraltro di un dato testuale, sul quale richiamo ancora l'attenzione dei colleghi. Basterà leggere l'articolo 2, comma 1, lettera m), numeri 1 e 2, in cui si prevede che il Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, possa scegliere solo nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso. Poiché, quindi, è perdurante il grave ridimensionamento dei poteri spettanti al Consiglio superiore della magistratura, perdura anche la lesione dell'articolo 105 della Costituzione. Per questa ragione, invitiamo i colleghi ad approvare la nostra questione pregiudiziale di costituzionalità, affinché non si proceda oltre nell'esame del disegno di legge (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. L'onorevole Mantini ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 3.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, i parlamentari dell'Unione di centrosinistra hanno espresso critiche di merito su questa riforma dell'ordinamento giudiziario, sempre accompagnate da proposte. Si può discutere e confrontarsi, anche contrapporsi, sulle soluzioni di merito, ma quando sono in gioco i valori costituzionali, soprattutto a seguito di un messaggio di rinvio del Capo dello Stato alle Camere, allora l'attenzione del Parlamento dovrebbe essere speciale, scevra da faziosità di parte e consapevole del valore dei principi comuni.
È questo il caso del potere conferito al ministro di giustizia di impugnare i provvedimenti del Consiglio superiore della magistratura dinanzi al giudice amministrativo. Infatti, il provvedimento in esame prevede, all'articolo 2, comma 1, lettera m), numero 1, che il ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi. Com'è noto, questo testo, nella formulazione approvata dalla Camera dei deputati il 1o dicembre 2004, è stato oggetto del rilievo di manifesta incostituzionalità nel messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica trasmesso il 16 dicembre 2004, ove si è evidenziato che in tema di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi il rapporto tra Consiglio e ministro implica soltanto un «vincolo di metodo». Tale vincolo - afferma il Capo dello Stato - impedisce il ricorso agli ordinari mezzi di impugnazione una volta che il confronto (per usare l'espressione della Corte costituzionale) sia avvenuto a seguito di un esame effettivo ed obiettivo dialetticamente svolto. In caso contrario, il ministro assumerebbe il ruolo di titolare di un interesse legittimo contrapposto a quello del Consiglio superiore, parificabile a quello del controinteressato che si dolga di essere stato escluso.
La Corte costituzionale, con due sentenze rispettivamente del 1992 e del 2003, ha affermato testualmente che il ministro deve dare corso al procedimento, non essendo investito di particolari poteri di rinvio o di riesame e ricadendo su di lui il dovere di adottare l'atto di propria competenza.
La Corte costituzionale afferma, inoltre, che non spetta al ministro della giustizia non dare corso alla controfirma del decreto del Presidente della Repubblica di conferimento di ufficio direttivo (ed ora anche di proroga) sulla base di una deliberazione del Consiglio superiore della magistratura. L'emendamento approvato dal Senato, ora alla nostra attenzione, non recepisce affatto il rilievo di palese incostituzionalità formulato dal Presidente della Repubblica e si limita ad aggiungere alla previsione normativa l'espressione: «fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni».
Il testo in esame si pone, pertanto, in contrasto con l'articolo 134 della Costituzione che stabilisce la competenza della Corte costituzionale a giudicare i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato. Si pone, inoltre, in contrasto con l'articolo 113 della Costituzione che stabilisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione amministrativa poiché non è configurabile in capo al ministro della giustizia alcuna posizione di interesse legittimo che, nel caso di specie, verrebbe a coincidere con un generico ed indistinto interesse alla legittimità degli atti in assenza di una situazione sostanziale e concreta di vantaggio derivante dall'annullamento dell'atto da parte del giudice amministrativo.
In proposito, occorre evidenziare che le competenze proprie del ministro della giustizia, in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi, come previsto dall'articolo 110 della Costituzione, si svolgono, in materia di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi, nell'ambito della procedura del concerto, che non si sostanzia in un mero parere obbligatorio ma non vincolante e neanche in un accordo tra i diversi soggetti, bensì in un'attività di concertazione finalizzata alla formulazione di una proposta comune secondo le regole indicate dalla Corte costituzionale. Pertanto, ogni relativo vizio procedurale non può che essere eccepito nell'ambito del conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale.
Come è noto, né l'articolo 26 del testo unico sul Consiglio di Stato, né l'articolo 4 della legge sui TAR, né altre norme che si occupano della tutela degli interessi legittimi hanno mai specificato quali siano le posizioni legittimanti in base alle quali possa vantarsi un interesse legittimo. Questo compito è stato affidato ai giuristi, in particolare, alla elaborazione della dottrina e della giurisprudenza e di questa opera in questa sede rivendico il merito, poiché è stata svolta in funzione dell'ampliamento del novero delle situazioni giuridicamente protette nei confronti degli abusi del potere pubblico, ossia in nome dei diritti della persona, dello Stato di diritto e della democrazia.
Poiché troppo spesso i risultati della cultura giuridica vengono intesi come un fastidio, quasi un intralcio da derubricare nell'espressione «lacci e laccioli», se non peggio, credo sia tempo di cambiare atteggiamento se vogliamo affinare gli istituti ed i principi della democrazia moderna in modo corrispondente alle necessità della nuova scena globale.
Abbiamo già troppi conflitti nel mondo per alimentarne ulteriori con l'uso dissennato e irrispettoso della ragione.
Gli interessi legittimi non possono identificarsi, come invece si pretende nel testo in esame, con la teoria della situazione strumentale, secondo cui il cittadino, pretendendo la legalità formale del comportamento amministrativo, tende ad ottenere la realizzazione del suo interesse.
L'interesse legittimo non può identificarsi nell'astratta pretesa alla legalità ove non sussista una posizione di interesse sostanziale lesa dal provvedimento amministrativo.
Da Miele ad Alessi, fino alla giurisprudenza ed alla dottrina più recenti, questo punto è assolutamente certo e non è un caso se in un ordinamento di diritto amministrativo come quello tedesco l'interesse meramente strumentale non è ammesso per legge nel giudizio amministrativo. Poi, a ben vedere, quale sarebbe l'interesse legittimo del ministro della giustizia a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo nei confronti degli atti del CSM?
Si può sostenere che tale interesse derivi da compiti propri del ministro in materia di organizzazione, ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione, ma tale esigenza - che, certo, può ravvedersi nel conferimento di incarichi direttivi degli uffici giudiziari - è svolta nell'ambito del procedimento di concertazione con commissione competente. Concerto che, a giudizio della Corte costituzionale, non si sostanzia in un mero parere e neanche in un necessario accordo.
Quindi, è nell'ambito dei vizi di questo procedimento di concertazione e, dunque, nell'ambito del conflitto di attribuzione ai sensi dell'articolo 134 della Costituzione, che il ministro può agire.
Per questi motivi, signor Presidente, onorevoli colleghi chiediamo l'accoglimento della nostra pregiudiziale di costituzionalità affinché non si proceda oltre nell'esame del provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palma. Ne ha facoltà.
NITTO FRANCESCO PALMA. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione l'illustrazione delle questioni pregiudiziali presentate dall'opposizione e rilevo con piacere che non vi è stata alcuna illustrazione in ordine alla questione pregiudiziale n. 4, quella cioè concernente il cosiddetto emendamento Bobbio. Ciò mi fa pensare che le polemiche agitate intorno a tale disposizione sono utili semplicemente per una propaganda di stampa e non per un serio dibattito parlamentare.
Mi limito a ricordare che quanto previsto nell'emendamento Bobbio era già contenuto nella riforma all'articolo 2, comma 1, lettere h) ed l) e all'articolo 2, comma 10, disposizioni che hanno già superato positivamente il vaglio da parte del Capo dello Stato.
Con riferimento alle tre questioni pregiudiziali testè illustrate, mi amareggia il fatto che sia stata presentata nuovamente la questione pregiudiziale concernente l'asserita incostituzionalità della disposizione riguardante i poteri del procuratore della Repubblica. E ciò non tanto perché tale questione pregiudiziale fosse stata già respinta dalla Camera, ma perché dimostra quanto apparente sia il vostro rispetto nei confronti del Capo dello Stato. In tal modo appare evidente come siate disposti a porvi sotto l'usbergo del Presidente della Repubblica quando pronuncia parole a voi favorevoli e come siate immediatamente pronti a contrastarlo ogni qual volta le sue parole non corrispondano ai vostri interessi. Infatti, sapete che la questione oggetto di questa pregiudiziale è stata vagliata e ritenuta perfettamente costituzionale dal Capo dello Stato.
Per quanto concerne i poteri del ministro, intendo ricordare all'onorevole Mantini che la procedura del concerto è stabilita con legge ordinaria e che il conflitto di attribuzione riguarda la lesione del metodo del concerto che, tuttavia, non necessariamente comporta l'assenza di vizi dell'atto. Dunque, indipendentemente dai conflitti di attribuzione, permane la possibilità di iniziative ministeriali con riferimento appunto ai vizi dell'atto.
Infine, per la questione pregiudiziale concernente i concorsi, mi permetto di ricordare e segnalare che il Capo dello Stato, nel suo messaggio, ha sostanzialmente riconosciuto la perfetta costituzionalità del sistema dei concorsi e che le commissioni di concorso, come ormai è riconosciuto dagli stessi appartenenti all'opposizione, sono articolazioni interne al Consiglio superiore della magistratura. Pertanto, ai sensi dell'articolo 105 della Costituzione, non vi è alcuna lesione delle prerogative e del Consiglio superiore stesso (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, colgo l'occasione per salutare il Presidente dell'Assemblea nazionale del Camerun, presente in tribuna, in visita presso la Camera dei deputati (Applausi).
Avverto che è stata chiesta la votazione mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità Pisapia ed altri n. 1, Finocchiaro ed altri n. 2, Mantini ed altri n. 3 e Zaccaria ed altri n. 4.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 528
Votanti 527
Astenuti 1
Maggioranza 264
Hanno votato sì 229
Hanno votato no 298).
Prendo atto che gli onorevoli Ricciotti, Degennaro e Palmieri non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Passiamo all'esame della questione sospensiva Zaccaria n. 1.
Ricordo che a norma del comma 3 dell'articolo 40 del regolamento, la questione sospensiva può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà, altresì, intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare la sua questione sospensiva n. 1.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei illustrare, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento, la richiesta di sospensione dell'esame del provvedimento di riforma dell'ordinamento giudiziario.
Intendo svolgere rapide considerazioni che attengono essenzialmente alla struttura della norma inserita al Senato, il nuovo comma 45 dell'articolo 2, con cui si introduce una disposizione volta a bloccare le procedure per il conferimento degli incarichi direttivi. Tale disposizione, più volte richiamata ha effetti in larga misura devastanti perché assume un carattere transitorio retroattivo e un'efficacia che si inserisce, bloccandoli, in una serie complessa di procedure concorsuali.
In merito, dovrei fare due ordini di considerazioni, ma credo che già ad una prima lettura del pur complesso provvedimento non sia difficile notare che in una stessa delega legislativa si trova un castello di disposizioni fatto di provvedimenti sostanziali, di norme transitorie a regime e di norme transitorie di immediata applicazione.
Quindi, sarà estremamente difficile per l'interprete riportare ad un filo coerente questa sequenza singolare di norme. Non c'era alcuna logica organizzativa che potesse giustificare un disegno di questo tipo, se non quella di procurare gravi instabilità in tutta una serie di procedure concorsuali, ormai giunte verso il loro epilogo. Dunque, si è dato vita ad un intreccio di norme di assoluta e difficile comprensione, che naturalmente darà vita ad altrettanti contenziosi.
In sede di Commissione si è giunti a dire che in questa materia il contenzioso è auspicabile. Ebbene, devo dire che, se realmente il legislatore avesse l'obiettivo di dar vita a contenziosi, denoterebbe un comportamento schizofrenico, visto che la riforma tende almeno in teoria a disciplinare l'ordinamento giudiziario ai fini dell'efficienza del processo. Tuttavia, il Comitato per la legislazione, in un'osservazione molto puntuale, ha rilevato la necessità di mettere ordine nell'interpretazione di queste norme transitorie. Inoltre vorrei fare una seconda e conclusiva valutazione in ordine all'impatto sia potenziale sia effettivo sull'ordinamento giudiziario di questa norma. Scorrendo le pagine del parere rimasto nel cassetto della VI Commissione della Consiglio superiore della magistratura e mai giunto alla deliberazione finale a causa della mancanza del quorum (circostanza di cui si è parlato e si parla ancora oggi sui giornali), vorrei dire che, secondo una valutazione in esso riportata, risulta che al 31 luglio prossimo il numero dei magistrati, compresi tra i 66 e i 72 anni di età, è di circa 600, 323 dei quali avranno compiuti 68 anni al 31 luglio e perderanno, quindi, la possibilità di partecipare ai concorsi per uffici direttivi di legittimità.
Dunque, più della metà dei magistrati si troverà priva dei requisiti per partecipare ai concorsi per gli incarichi direttivi. Ciò è grave, in quanto andiamo a colpire, con l'effetto devastante di questa disposizione, decine di concorsi in atto, che verrebbero di fatto annullati e dovrebbero ripartire da zero.
Da una prima stima, risulta che circa il 62 per cento delle domande presentate ai concorsi per uffici di legittimità decadrebbe per il venir meno dei requisiti soggettivi. È possibile, nonostante i numerosi uffici di monitoraggio e i numerosi uffici che valutano l'impatto sulla legislazione, che non ci si sia posti il problema di fornire informazioni precise sull'effetto devastante sui procedimenti concorsuali, che verrebbero annullati, ad un anno dalla scadenza del CSM? Tale circostanza evidenzia un disinteresse totale per la situazione di vacanza delle sedi. L'emendamento proposto dall'onorevole Cola, rapidamente ritirato, quanto meno tentava di ridurre l'impatto della norma in esame sui procedimenti concorsuali in atto. Saggezza vorrebbe dunque che si sospendesse l'esame del provvedimento, nell'attesa di poter valutare esattamente i rischi potenziali ed effettivi della normativa in esame.
È stato più volte sottolineato, in sede di Commissione e nel corso della discussione sulle linee generali, che la norma è palesemente incostituzionale, in quanto non soltanto è retroattiva senza alcun apparente fondamento razionale - il legislatore, infatti, non si è neppure fatto carico di spiegare, forse per pudore, perché si sia ritenuto di anticipare così bruscamente gli effetti della norma - ma va anche a ledere il principio fondamentale dell'affidamento del cittadino, in questo caso del magistrato, che in buona fede crede nella sicurezza e nella stabilità dell'ordinamento. A seguito dell'annullamento delle procedure concorsuali si determinerà un rilevantissimo contenzioso amministrativo e costituzionale.
Tali considerazioni, a mio avviso, sono sufficienti per invitare alla riflessione. Tale invito non sarà accolto, ma intendiamo fare comunque in modo, a futura memoria, che qualcuno possa porsi tali dubbi (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo e Misto-SDI-Unità socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, la norma è nota: si tratta del comma 45 dell'articolo 2. Su di essa si è soffermato esaustivamente il collega Zaccaria, e mi limiterò dunque ad alcune ulteriori riflessioni.
L'onorevole relatore ha tentato di difendere l'indifendibile, vale a dire la legittimità di tale norma, e lo ha fatto con un argomento molto semplice. La disciplina è comunque contenuta - egli ha sostenuto - nella legge delega; fa già parte dei principi di delega; tali principi di delega sono stati ritenuti pienamente legittimi dal Presidente della Repubblica; ergo, non possiamo muovere rilievi al comma 45 dell'articolo 2, che sostanzialmente rende prescrittivi i principi di delega. Si tratta di un argomento che mostra tutta la sua debolezza, giacché il principio di delega, proprio perché non è immediatamente precettivo, consente la predisposizione di tutte le condizioni di tempo, di luogo e di persone per un'applicazione «morbida» e graduale del principio stesso.
Viceversa, nel caso specifico denunciamo il contenuto precettivo del comma, che, proprio in quanto immediatamente efficace, comporterà conseguenze devastanti sull'organizzazione giudiziaria e sugli uffici giudiziari.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 13,43)
FRANCESCO BONITO. Il principio di delega non comporta tali conseguenze immediate; la norma precettiva invece le determina immediatamente, in quanto incide, con effetto immediato, sulle procedure in corso.
Nel momento in cui questo disegno di legge, una volta approvato, sarà pubblicato divenendo legge dello Stato, in quel preciso momento verranno sospese decine e decine di procedure amministrative in corso, condotte e istruite dal Consiglio superiore della magistratura per l'individuazione dei capi dei maggiori uffici giudiziari del paese. Questo significa compromettere in modo insensato e scriteriato il buon andamento dell'amministrazione in uno dei suoi gangli vitali, in uno dei suoi aspetti più importanti: l'organizzazione degli uffici.
A ciò si aggiunga, come opportunamente scritto nella nostra questione sospensiva, che il Consiglio superiore della magistratura è giunto ormai al termine della sua consiliatura. Ciò determinerà un ulteriore prolungamento dei tempi necessari per coprire le vacanze attualmente esistenti e quelle che, nel tempo, si verranno a creare. Gli effetti dunque non possono essere ignorati.
Credo che un buon legislatore abbia, prima di tutto, proprio questo dovere, ossia verificare l'impatto che le proprie decisioni normative, le norme approvate, provocheranno sul tessuto sociale, sull'organizzazione degli uffici, sulla struttura della pubblica amministrazione. È proprio ciò che, con la nostra questione sospensiva, chiediamo di fare.
Di tutto ciò il ministro Castelli è perfettamente cosciente e consapevole. Se è vera la notizia che circola... Dovrebbe corrispondere al vero, ma ne chiediamo conferma al signor ministro, al quale chiediamo un po' di attenzione: lo vedo tutto preso dalla lettura...
Signor Presidente, vorrei un attimo di attenzione da parte del ministro della giustizia, giacché è a lui che mi sto rivolgendo.
PRESIDENTE. Onorevole, lei merita l'attenzione di tutti, compreso il ministro.
FRANCESCO BONITO. La ringrazio.
Vorrei concludere il mio intervento, signor ministro, chiedendole conferma della notizia apparsa su un importante quotidiano nazionale, secondo la quale nei suoi uffici sarebbe già stato predisposto un decreto-legge, che dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri immediatamente dopo l'approvazione del disegno di legge sull'ordinamento giudiziario. Con tale decreto-legge ella proporrebbe al Consiglio dei ministri di modificare il contenuto normativo del comma 45.
Le chiedo conferma se ciò sia vero; giacché se ciò corrispondesse a realtà sarebbe un ulteriore elemento di valutazione politica importante, da sottoporre all'attenzione del Parlamento, ma anche del Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-SDI-Unità Socialista).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione sospensiva Zaccaria ed altri n. 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 539
Maggioranza 270
Hanno votato sì 234
Hanno votato no 305).
(Esame degli articoli - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezioni 3 e 4).
Ricordo che nella seduta del 6 luglio 2005 l'Assemblea ha deliberato, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del regolamento, di limitare la discussione alle sole parti del disegno di legge che formano oggetto del messaggio di rinvio del Presidente della Repubblica.
Conformemente ai precedenti, tale delibera comporta che la discussione sarà limitata alle partizioni del testo oggetto del rinvio del Presidente della Repubblica, come individuati dalla citata delibera dell'Assemblea. Per quanto riguarda l'articolo 1, non oggetto di rilievi nel messaggio di rinvio, l'Assemblea procederà pertanto direttamente alla relativa votazione, previo svolgimento di eventuali dichiarazioni di voto, come previsto dall'articolo 71, comma 2, del regolamento.
Informo inoltre l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. Tuttavia, in considerazione dell'ampiezza dell'articolo 2, la Presidenza applicherà in via equitativa l'articolo 85-bis del regolamento, consentendo in particolare che siano ammessi alla discussione e al voto un numero di emendamenti pari al doppio di quelli consentiti dal richiamato articolo.
A tal fine, i gruppi dei Democratici di Sinistra, della Margherita, di Rifondazione comunista e il gruppo Misto (per le componenti politiche dei Comunisti italiani, Verdi, UDEUR e SDI) sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, sono le 13,50 e, poiché vi sono colleghi iscritti a parlare per dichiarazione di voto sull'articolo 1 e la votazione di tale articolo deve seguire alle dichiarazioni di voto, sommando i tempi a disposizione dei gruppi per gli interventi, andremmo oltre le 14. Ciò si porrebbe «fuori» dalla prassi vigente per i lavori parlamentari, che prevede che questi siano sospesi alle 13,30 o, eccezionalmente, alle 14. Poiché in questo caso si andrebbe oltre le 14, si affermerebbe, nel caso in cui la Presidenza decidesse di continuare i lavori, un principio secondo il quale l'inizio e la fine dei lavori dell'Assemblea sarebbero meramente al servizio della maggioranza che, in tal modo, finirebbe per condizionare, in base alle proprie necessità, la Presidenza in ordine ai tempi dei lavori dell'Assemblea.
È vero che, nel corso di questi quattro anni e mezzo di legislatura, vi è stato un andazzo tale per cui di queste trasgressioni ne sono avvenute di frequente; tuttavia, non vorrei che oggi la Presidenza ne aggiungesse un'altra. Ciò detto, le chiedo, signor Presidente, di sospendere, in base alla prassi richiamata, i lavori e di riprenderli nel primo pomeriggio con le dichiarazioni di voto e, a seguire, con le operazioni di voto.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, potrei essere d'accordo con quanto detto dal collega Boccia, che fa riferimento alle «regole sindacali» secondo le quali si dovrebbero sospendere i lavori dell'Assemblea alle 14, qualora però la seduta fosse iniziata questa mattina alle 9 o alle 9,30; ma oggi i lavori sono iniziati alle 13. Che senso ha iniziare i lavori alle 13 per poi sospenderli alle 14?
In questo caso, poiché si tratta di effettuare una sola votazione, quella dell'articolo 1, si potrebbe votare tale articolo e poi sospendere la seduta. Non vedo perché dovremmo sospendere ora i lavori dal momento che, ripeto, la seduta è iniziata alle 13. Ritengo pertanto che la prassi a cui si riferiva il collega Boccia non sia, in questo caso, richiamabile (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Colleghi, anch'io ho della prassi un'idea che consenta un excursus per un tempo ragionevole, tale da permettere, ad un certo momento, la pausa necessaria per poi riprendere i lavori. In questo caso, non mi pare vi sia l'esigenza che è stata poc'anzi richiamata.
L'onorevole Antonio Leone ha rilevato che la seduta è iniziata alle 13 ed ora non sono ancora neanche le 14. Per quanto mi riguarda, ritengo che si possa votare l'articolo 1 e, subito dopo, sospendere la seduta (Commenti del deputato Giovanardi)... Ministro Giovanardi, lei che cura i rapporti con il Parlamento ed anche con il Presidente, se desidera prendere la parola, lo può fare. Io non glielo impedisco (Commenti)...
(Votazione dell'articolo 1 - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'articolo 1 (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezione 5).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, colgo l'occasione dell'esame dell'articolo 1 per denunciare, come già molti colleghi hanno fatto, il disagio profondo che avverto, come legislatore, nel vedere oggi svilito il ruolo del Parlamento, relegato a funzione secondaria, e vilipesa l'autonomia di giudizio dei parlamentari e la libertà degli stessi nell'esercizio della loro funzione, attraverso un modo di affrontare un tema così delicato che non è possibile condividere.
L'importanza del provvedimento in esame è a tutti nota e da tutti più volte evocata, soprattutto dal Presidente della Repubblica, il quale, nel rinviare la legge alle Camere, ebbe modo di rilevare testualmente che: «La legge in esame - preordinata com'è a dare attuazione alla VII disposizione transitoria, primo comma, della Costituzione - rappresenta un atto normativo di grande rilievo costituzionale e di notevole complessità, come è confermato anche dalla ampiezza del dibattito cui ha dato luogo (...)»; e che: «La riforma tocca punti cruciali e nevralgici dell'ordinamento giurisdizionale», il che aveva imposto al Presidente medesimo «un attento confronto con i parametri fissati dalle norme e dai princìpi costituzionali».
Né la cosa era ignota al ministro della giustizia, il quale, forse per enfatizzare il proprio ruolo, costantemente messo in discussione all'interno della sua stessa maggioranza, aveva più volte definito questa legge come un provvedimento epocale.
A fronte di una così grande rilevanza del provvedimento, voi - questa maggioranza - avete tenuto un atteggiamento deprecabile, negando valore al confronto parlamentare, all'approfondimento dialettico, alla discussione, al ruolo della minoranza, invocando, di volta in volta, un confronto solamente interno alla maggioranza ed utilizzando il Parlamento come sede di mera illustrazione acritica di soluzioni già prese e chiuse al dibattito.
La gravità del metodo è evidente sol che si ricordi l'iter del provvedimento. Ricordo al Governo, ed a lei, ministro, che la proposta del Governo fu stravolta al Senato, sede della prima lettura, proprio dalla stessa maggioranza, non da altri. Fu poi nuovamente stravolta alla Camera, nelle modifiche apportate dal relatore Nitto Palma, il quale la vide a sua volta stravolgere, per la terza volta, dalla lettera e dalla filosofia del maxiemendamento presentato la mattina stessa della fiducia in un testo che neppure la maggioranza conosceva e che i deputati furono costretti a votare al buio. La dialettica fu solo interna alla maggioranza, la quale negò, in questo modo, ruolo e dignità al Parlamento, a fronte di un provvedimento che, per la sua capacità di incidere sul modello organizzativo e funzionale dell'intera giurisdizione, avrebbe necessitato di un apporto culturale e di intelligenze diverse, che non si può avere la presunzione di ritenere che alberghino solo all'interno della maggioranza.
Oggi, questa logica giunge al suo sacrale compimento, perché voi, tra qualche momento, porrete una nuova questione di fiducia, emblema, al tempo stesso, della vostra arroganza e della vostra debolezza. Avete deciso di utilizzare ancora una volta il voto di fiducia perché avete paura di voi stessi, di quelle coscienze libere che albergano in silenzio anche al vostro interno, perché avete paura del confronto e perché avete l'habitus parlamentare a soffocare il dissenso, così come avete fatto, amici dell'UDC, con gli emendamenti che avete presentato e poi ritirato, frettolosamente ed inopportunamente, a fronte di un impegno verbale del relatore secondo il quale dei principi in essi enunciati si sarebbe tenuto conto in seguito (come se il relatore avesse il potere di vincolare il Governo a modificare un decreto legislativo in termini diversi dalla delega che veniva approvata).
Ma l'offesa più grave oggi la arrecate al Capo dello Stato: non ho mai visto porre la questione di fiducia e, in tal modo, evitare la discussione ed il confronto parlamentare su un provvedimento oggetto di rinvio alle Camere! Non so se il Parlamento nell'accettare il voto di fiducia in maniera così supina, abbia riflettuto a fondo sul problema.
Non avete capito che il Presidente della Repubblica ha rinviato il provvedimento al Parlamento e non alla maggioranza di esso; e non potete avere la presunzione di sostituirvi al Parlamento negando, al tempo stesso, dignità ad esso e rilevanza al messaggio del Capo dello Stato!
Noi ci sentiamo sviliti nel nostro ruolo, offesi e tentati di non discutere il contributo emendativo che avevamo seriamente avanzato per migliorare la legge.
Ma voi, oggi, lo negate ed il nostro voto, che chiaramente sarà contrario poiché non condividiamo il provvedimento nel merito, è rafforzato nella sua censura, perché tra la vostra concezione della funzione parlamentare e del rapporto tra le istituzioni dello Stato e la nostra concezione c'è un abisso incolmabile.
Il voto che esprimeremo sull'articolo 1 è un voto contro questo provvedimento nel suo insieme, contro questo modo di procedere e contro questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, ho provato a leggere il provvedimento sull'ordinamento giudiziario alla luce di quello che mi hanno insegnato sui principi dello Stato di diritto.
Poco fa, il relatore Nitto Palma ha sostenuto che questa opposizione non ha inteso illustrare la quarta questione pregiudiziale, quella che, a mio avviso, contiene il richiamo al principio di ragionevolezza.
Orbene, partendo da una lettura del provvedimento, alla luce di quei principi sullo Stato di diritto, mi è venuto in mente il De Cive di Hobbes.
Non pretendo che il ministro della giustizia fondi la sua cultura giuridica su quell'antico testo del XVII secolo. Mi auguro che l'abbia fatto Nitto Palma, che è entrato in magistratura prima di sedere in questi banchi.
Ebbene, in quel testo, risalente al lontano 1600, si tracciano le linee di demarcazione fra lo Stato assoluto che, allora imperava, e il nascente Stato di diritto e si sottolineava che in uno Stato del cittadino, in cui è rispettato il nucleo di cittadinanza del cittadino, ciò che caratterizza il potere legislativo è la razionalità rispetto all'arbitrio, la certezza dei diritti rispetto all'incertezza dei diritti, l'affidamento del cittadino al potere rispetto alla soggezione del suddito al sovrano, l'assenza per il potere legislativo dell'assolutezza delle decisioni e la presenza, al contrario, di vincoli, di limiti allo stesso potere legislativo. Dunque, si segna nello Stato di diritto il passaggio dal suddito al cittadino.
Questo testo, letto controluce rispetto a questi principi, cosa esprime? Una condotta di arbitrio della maggioranza. E badate, si può vivere in uno Stato di diritto e, comunque, far retrocedere lo Stato di diritto allo Stato assoluto, quando, come in questi eventi, la maggioranza si esprime come un tiranno che non ascolta, che non dialoga, che non si confronta, che respinge la dialettica delle idee che si esprime in Parlamento.
E, d'altra parte, questi capannelli di parlamentari, i tre ministri che parlano, l'aula completamente distratta, segnano un processo di degradazione di questa democrazia, un processo nel quale intrighi di poteri, di parti, di scambi di leggi fanno in modo che non si ascolti la voce dell'opposizione.
Al relatore vorrei dire che, se un ordinamento giudiziario (cioè il cuore dell'organizzazione di uno dei poteri dello Stato, uno dei poteri più terribili, quello di fare giustizia) viene ad ispirarsi a princìpi di incertezza, tali per cui nel comma 45 dell'articolo 2 (e questa è la quarta questione ed è il tema che attraversa la proposta di legge all'esame) si dice che non si è più legittimati a percorrere un proprio cursus honorum al servizio dei cittadini, in quanto si modificano le regole in corso di procedimento, e se, nel momento in cui al Consiglio superiore della magistratura viene ad essere sottratto il potere costituzionale di verificare il percorso e il cammino dei magistrati nell'esercizio della loro funzione e a questi si dice che saranno subordinati agli accertamenti di una commissione di concorso ad essi estranea, che potrebbe rispondere ad altre logiche, ad altri princìpi e ad altri criteri, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura verrebbero ad essere annullate!
È a queste domande che la maggioranza doveva e deve rispondere: doveva risponderne in quest'aula, ma dovrà risponderne dinanzi al paese.
Noi avremo allora bisogno di una lunga stagione in questo paese che ripristini lo Stato costituzionale di diritto e l'ammonimento viene anche a noi...
PRESIDENTE. Onorevole Soda, io, a differenza di altri, l'ascolto molto volentieri, però dovrebbe concludere il suo intervento...!
ANTONIO SODA. Concludo, Presidente. Noi certamente cresciamo nella fiducia del paese e siamo consapevoli di poter rappresentare la parte migliore di esso; noi per primi dovremo stare attenti in quella fase di governo a non imporre a noi stessi una tirannia della maggioranza e ad ispirarci a quei princìpi che voi, senza riflettere, senza dialettica, calpestate, accingendovi a dare una fiducia ad un Governo che non vi lascia discutere, che non vi lascia riflettere, che non vi lascia esprimere liberamente le vostre coscienze (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Soda, però vorrei farle notare che, purtroppo, la disattenzione non è un fatto di maggioranza o di opposizione: essa opera piuttosto erga omnes e anche questo fa parte dello Stato di diritto...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, intervengo brevemente, prendendo spunto dalla votazione dell'articolo 1, per confermare e ribadire le valutazioni ed i giudizi espressi dai deputati dei Verdi nel corso dei lavori parlamentari sia in sede di Commissione che nella discussione generale in aula ed anche per denunciare ciò che, senza ipocrisia, tutti sanno accadrà tra qualche ora, quando il Governo si presenterà in quest'aula a porre la questione di fiducia sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, questione che rappresenta l'ennesima forzatura nel dibattito parlamentare e del modo in cui in questa Camera ed in questo Parlamento ci si è confrontati sulla riforma medesima.
L'articolo 1 rappresenta, in termini di contenuti e di proposte effettuate anche attraverso gli emendamenti presentati, uno degli architravi di questa riforma sull'ordinamento giudiziario e dell'incapacità da parte della maggioranza e del Governo di costruire una relazione di confronto idonea al dibattito parlamentare.
Certo, non esprime né forza né solidità la circostanza che la maggioranza si appresti ad approvare la riforma dell'ordinamento giudiziario sotto il ricatto della votazione fiduciaria; infatti, la quantità, oltre alla qualità, degli emendamenti presentati dall'opposizione era tale da consentire una discussione che tenesse insieme rapidità dei tempi di esame ed approfondimento dei punti contenuti nel messaggio di rinvio del provvedimento alle Camere molto opportunamente disposto dal Presidente della Repubblica (punti poi, a nostro avviso, elusi dal testo approvato dal Senato).
Quindi, è portando tali argomenti che i deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione voteranno contro l'approvazione dell'articolo 1 confermando, nell'ambito di questo confronto parlamentare «strozzato», tutta la contrarietà al provvedimento di riforma dell'ordinamento giudiziario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, anche noi, molto brevemente, esprimiamo una profonda insoddisfazione rispetto al testo proposto all'esame dell'Assemblea che non ha affrontato, in maniera compiuta e seria, quanto messo in rilievo dal Presidente della Repubblica nel messaggio inviato alle Camere. Ma, nel percorso parlamentare del provvedimento, contraddittorio e problematico per le posizioni via via assunte dalla maggioranza, qualcosa stride in maniera inaccettabile e mette francamente in discussione anche gli elementi più innovativi di una riforma che, pure, francamente, ci aspettavamo più coraggiosa e più profonda. Mi riferisco al metodo, al fatto che si sia voluta affrontare la riforma di un settore tanto delicato e strategico per il paese attraverso il ricorso ripetuto al voto di fiducia e, quindi, sostanzialmente bloccando la discussione in una sede che, invece, dovrebbe costituire l'ambito principale nel quale affrontare questioni tanto delicate quali l'organizzazione giudiziaria nel nostro paese.
Siamo, pertanto, contrari all'approvazione dell'articolo 1 sia per il contenuto normativo recato sia, anche, per il metodo seguito; metodo verso il quale eleviamo la più forte critica possibile.
Ribadisco, peraltro, come, sui contenuti, poteva instaurarsi un confronto più approfondito; ma è inaccettabile che si blocchi la discussione sulle posizioni espresse dalla maggioranza e, in particolare, dal Governo, che non consente alcun tipo di confronto dialettico tra le componenti fondamentali di una democrazia, maggioranza ed opposizione.
Pertanto, annuncio il voto contrario del gruppo Misto-SDI-Unità Socialista sull'articolo 1 (Applausi dei deputati del gruppo Misto-SDI-Unità Socialista).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 514
Votanti 513
Astenuti 1
Maggioranza 257
Hanno votato sì 291
Hanno votato no 222).
Prendo atto che l'onorevole Cicala non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Dovremmo ora passare all'articolo 2. Sospendo tuttavia la seduta, che riprenderà alle 15.
(omissis)
Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta è stato approvato l'articolo 1.
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezione 6).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, il complesso degli emendamenti che la mia parte politica ha presentato replica il complesso degli emendamenti che abbiamo, a suo tempo, depositato presso la Commissione, nel corso dell'esame in sede referente.
Tale complesso di emendamenti tende, sostanzialmente, a riportare il testo della riforma dell'ordinamento giudiziario licenziato dal Senato nei confini posti dal messaggio del Presidente della Repubblica. Infatti - a nostro avviso - il Senato stesso non ha tenuto adeguatamente conto dei rilievi formulati dal Presidente e del contenuto sostanziale del messaggio di quest'ultimo. Giova ricordare, signor Presidente, onorevoli colleghi, che, noi, in questa sede, stiamo vivendo un momento di grande solennità istituzionale. Non stiamo esprimendo solo la nostra funzione - alta - di legislatori; stiamo interloquendo con la più alta carica dello Stato; stiamo interloquendo con il Presidente della Repubblica, il quale ha rivolto alle Camere un messaggio assai importante, per i suoi contenuti e per il suo contesto.
Il Presidente della Repubblica ha lamentato, infatti, che il testo a suo tempo approvato da Camera e Senato sulla materia dell'ordinamento giudiziario viola ben sei norme della nostra Carta costituzionale e, con estrema precisione e lucidità di ragionamento, ha esposto le ragioni del suo alto opinamento.
Ebbene, signor Presidente, la mia tesi di fondo è che il Senato - e, fino questa fase la Camera dei deputati - non abbiano espresso il dovuto rispetto istituzionale nei confronti del Capo dello Stato e del suo messaggio. Cerco di dare fondamento a tale mia tesi, con un semplice passaggio logico e dialettico. Signor Presidente, l'ordinamento giudiziario che stiamo per approvare altro non è che una legge di grande importanza, con la quale il Parlamento dà risposta ad una norma transitoria della Costituzione: la VII disposizione di attuazione della nostra Carta costituzionale.
In quella norma i costituenti dissero al Parlamento democratico e repubblicano che occorreva ridisciplinare l'ordinamento giudiziario e che occorreva farlo nel rispetto dei principi costituzionali appena approvati, che delimitavano e disciplinavano un modello molto democratico di ordinamento giudiziario, un modello che riguardava i poteri e i doveri della magistratura italiana.
Ebbene, quella norma di attuazione, che richiamava al rispetto della Costituzione, si è poi concretizzata attraverso un testo rispetto al quale il Presidente della Repubblica afferma che vi è palese violazione delle norme costituzionali. Infatti, questo ha detto il Presidente della Repubblica: che vi è palese violazione delle norme costituzionali!
Allora, vogliate seguirmi nel mio ragionamento: una disposizione di attuazione in calce alla Costituzione stabilisce che si dia attuazione ad un nuovo ordinamento giudiziario nel rispetto della Costituzione; il Parlamento viola sei norme della Costituzione e, rispetto al messaggio che denuncia questa circostanza di gravità inusitata, lo stesso Parlamento risponde, dapprima, eludendo e contraddicendo i principi evidenziati ed illustrati dal messaggio presidenziale e, poi (accadrà di qui a poco), ponendo la questione di fiducia. Ebbene, tutto ciò, a mio avviso, mostra una palese contraddizione di fondo delle regole istituzionali: il Presidente della Repubblica formula un alto messaggio, le Camere si adeguano e rispondono all'esortazione presidenziale, ponendo una questione di fiducia!
Giova ricordare che i Presidenti della Repubblica che si sono avvicendati ed hanno scandito la storia repubblicana si sono avvalsi dell'istituto costituzionale del messaggio del Presidente alle Camere con grande parsimonia. E ciò è accaduto, quasi sempre, perché il Presidente rimetteva i testi di legge, giudicando insufficienti le coperture finanziarie. Assai di rado è accaduto che il Presidente della Repubblica abbia sottoposto alle Camere questioni cosiddette ordinamentali. Se escludiamo la Presidenza Cossiga, verificheremo che i messaggi dal contenuto ordinamentale non sono stati più di dodici o tredici.
Dico ciò per sottolineare l'importanza del messaggio, come strumento voluto dalla Costituzione per disciplinare il rapporto tra l'organo massimo di garanzia, il Presidente della Repubblica, e il potere legislativo attribuito al Parlamento.
Ciò significa anche che, se l'espressione popolare della politica, ossia i partiti rappresentati in Parlamento, intendono rafforzare e rispettare le istituzioni, devono valutare con la dovuta importanza e con la dovuta attenzione il messaggio del Presidente, soprattutto un messaggio come quello di cui stiamo discutendo in questa sede. In esso - come ho già ricordato nel corso della discussione sulle linee generali - il Presidente della Repubblica ha parlato di tutte le più alte istituzioni della democrazia del nostro paese, giacché ha evocato i poteri del Consiglio superiore della magistratura, ha richiamato i poteri della Corte costituzionale, ci ha ricordato i poteri del ministro della giustizia e del Governo, ha evocato i poteri delle Camere depositarie della potestà legislativa.
Insomma, egli ha parlato del modello democratico e costituzionale del nostro paese. Allora, quale avrebbe dovuto essere la risposta? A nostro e a mio avviso, la risposta avrebbe dovuto essere quella di una rispettosissima attenzione ai rilievi importantissimi fatti dal Presidente e quella di una modifica del modello di ordinamento giudiziario proposto dal ministro Castelli e dalla maggioranza di centrodestra nel senso più rispettoso possibile di quelle alte esortazioni e di quegli importanti ammonimenti.
Viceversa, come prima dicevo, abbiamo una proposta francamente elusiva di quel messaggio e che, alcune volte, contrasta con lo stesso.
Inoltre - non è cosa di poco conto - dobbiamo altresì discutere di un emendamento, l'emendamento Bobbio, che costituisce un quid novi rispetto all'esame primieramente operato dalla Presidenza della Repubblica. Non vi è dubbio che, se il Presidente della Repubblica avesse avuto la possibilità di esaminare e valutare altresì il testo dell'emendamento Bobbio, non soltanto di sei violazioni delle norme costituzionali avrebbe discettato, ma avrebbe denunciato ben altre e più numerose violazioni costituzionali. Infatti, quell'emendamento contraddice numerose e importanti norme della nostra Costituzione
Da qui nasce il nostro sforzo emendativo complessivo, importante ancorché contenuto nel suo ambito di applicazione, giacché la Camera dei deputati e il Senato hanno consumato questo ulteriore sberleffo ai danni della Presidenza della Repubblica.
Il Presidente ci ammoniva sulla violazione di sei norme della Costituzione, evocando le più alte istituzioni della Repubblica e sottoponendo alla nostra attenzione la necessità di un modello democratico dell'ordinamento giudiziario, e noi, invece, ci siamo avvalsi di una norma regolamentare per limitare addirittura il nostro dibattito in ordine all'esame del testo proveniente dal Senato. Ci siamo avvalsi, in altre parole, di una deroga e di una eccezione al principio generale che pur ci imporrebbe, come legislatori, di discutere e dibattere a tutto campo rispetto al testo normativo che con il messaggio viene restituito alle Camere.
Viceversa, ci siamo avvalsi di una norma eccezionale e derogatoria, ossia di quella norma regolamentare che, presso la Camera e il Senato consente, con voto della maggioranza, di limitare il dibattito alle parti che formano oggetto del messaggio presidenziale. Si tratta di una norma derogatoria che fu pensata e concepita, peraltro, non già per contrastare il messaggio del Presidente della Repubblica, ma per disciplinare le ipotesi e i casi più numerosi, in cui il messaggio contiene rilievi di copertura finanziaria. Soltanto allora è legittimo utilizzare la norma regolamentare eccezionale che limita il nostro dibattito.
Viceversa, quando si discute a tutto campo della democrazia del nostro paese e degli strumenti democratici del nostro ordinamento costituzionale, credo che la discussione dovrebbe essere di più ampio respiro e di più ampio contenuto, anche per un doveroso rispetto - torno a ribadirlo - per la posizione del Presidente della Repubblica.
Il voto di maggioranza, invece, ci ha costretti a limitare la nostra discussione e oggi ci costringe, altresì, a limitare l'ambito della nostra proposta emendativa, che riteniamo assai più rispettosa degli alti ammonimenti presidenziali di quanto non abbia saputo fare la maggioranza al Senato e di quanto non si accinga a fare la maggioranza in questo contesto.
Con un primo rilievo il Presidente della Repubblica contestava il testo normativo laddove esso riconosceva, in capo al ministro della giustizia, la possibilità di ricorrere al tribunale amministrativo regionale al fine di impugnare importanti deliberazioni del CSM in materia di incarichi direttivi e di proroghe di tali incarichi.
Il Presidente della Repubblica ci ha insegnato - anche se crediamo che di tale insegnamento non avessimo bisogno - che il ministro della giustizia è titolare non di un interesse legittimo, ma di una posizione pubblicistica e deve tutelare un interesse pubblico. Quando l'interesse pubblico del ministro si contrappone all'interesse pubblico ed alle funzioni pubblicistiche del Consiglio superiore della magistratura, il relativo conflitto non può trovare soluzione se non davanti al giudice dei conflitti di attribuzione, che nel nostro ordinamento è la Corte costituzionale.
La modifica apportata dal Senato per rispettare tale elementare rilievo del Presidente della Repubblica deve essere considerata assai peggiore della prima stesura. Infatti il Senato, per «rispettare» l'ammonimento e la denuncia presidenziale, ha proposto un nuovo testo in cui, fatte salve - bontà vostra - le norme che disciplinano il conflitto di attribuzione, rimane la possibilità di ricorso al TAR da parte del ministro. La soluzione è assai peggiorativa rispetto alla prima formulazione, giacché nella prima formulazione, quanto meno, si lasciava un margine di indeterminatezza rispetto alla questione del conflitto di attribuzione; viceversa, con la nuova formulazione si delinea accanto al conflitto di attribuzione una nuova strada. In altri termini, quando il ministro vedrà contraddetto il concerto dato al Consiglio superiore della magistratura per la nomina degli uffici direttivi avrà due possibilità: ricorrere alla Corte costituzionale e sollevare il relativo conflitto di attribuzioni, ovvero rivolgersi al tribunale amministrativo e chiedere davanti al giudice amministrativo non già la tutela dell'interesse legittimo, bensì la tutela di un interesse pubblico. Il TAR non potrà obiettare nulla in contrario giacché vi è una norma positiva che concede al ministro tale possibilità. Tutt'al più il giudice amministrativo potrà sollevare questione di legittimità costituzionale, cosa che credo sarà fatta al primo caso in cui tale norma troverà infausta applicazione.
Vi è un'altra parte rispetto alla quale alto è stato l'ammonimento ed importanti sono stati i rilievi da parte della Presidenza della Repubblica. In merito alla disciplina di formazione e selezione della magistratura italiana il Presidente della Repubblica ha detto che un sistema rispettoso delle norme costituzionali vigenti non può consentire che l'attività di formazione, di selezione e di sostanziale individuazione dei magistrati meritevoli sia assegnata ad un organismo come la Scuola superiore della magistratura pensato, concepito ed organizzato del tutto al di fuori del Consiglio superiore della magistratura, cioè dell'organo di governo autonomo della magistratura italiana. Si tratta di un sistema baricentrico che sposta dal Consiglio superiore alla Scuola superiore della magistratura tutto ciò che è importante rispetto alla carriera del magistrato, alla sua formazione, alla sua valutazione ed all'individuazione di coloro che dovranno ricoprire importanti incarichi nell'ambito dell'organizzazione giudiziaria.
Questo ha detto, con prosa assai più paludata, incisiva e tecnicamente più corretta il Presidente della Repubblica nel suo messaggio. In che modo il Senato si è adeguato ed in che modo la Camera intende adeguarsi a questa fondamentale problematica democratica sollevata dalla Presidenza della Repubblica? Voglio ricordare che la Presidenza della Repubblica è, nel nostro sistema, l'istituzione di garanzia per antonomasia, la massima istituzione di garanzia dei diritti dei cittadini e del corretto funzionamento delle istituzioni democratiche del nostro paese. Il messaggio presidenziale è stato rispettato eludendolo.
Nel testo del Senato, che noi ci accingiamo ad approvare - o per meglio dire che la maggioranza si accinge ad imporre al paese -, accade che la Scuola della magistratura rimane in tutta la sua carica antidemocratica e nel pieno delle sue funzioni, mentre al Consiglio superiore della magistratura viene riconosciuto il potere - udite, udite! - di valutare le valutazioni della Scuola della magistratura. Ciò che andrebbe deciso nell'ambito del Consiglio superiore della magistratura si trasforma, si svilisce, si attenua, si rinsecchisce, svanisce in questo: valutare le valutazioni!
Credo che ciò sia irrispettoso nei confronti del Presidente della Repubblica. Né vale dire che verso il Presidente si ha grande rispetto, perché è nel concreto atteggiarsi delle istituzioni dello Stato che quel rispetto si esprime. Noi pensiamo che una democrazia sia vieppiù rafforzata, se tra le alte istituzioni vi sia il rispetto imposto in una democrazia moderna. Invece, è accaduto quello che ho appena detto.
Ma vi è di più. Un altro rilievo della Presidenza della Repubblica attiene a quella strana possibilità, che nella prima versione il testo riconosce in capo al ministro della giustizia, di riferire annualmente alla Camera sulle linee di politica giudiziaria che si intende promuovere nell'anno successivo. Il Presidente della Repubblica ci ha ricordato che, in forza della Costituzione, ben altri e assai diversi sono i poteri che la Carta suprema riconosce in capo al ministro della giustizia. Questi si deve preoccupare, come non si preoccupa ormai da anni, di fare funzionare la giustizia, di reperire le risorse, di curare l'organizzazione degli uffici, di mettere a disposizione degli utenti palazzi confortevoli, di dare le penne, di fornire i codici, di consentire alla macchina giudiziaria di avere il propellente per poter andare avanti e corrispondere alle esigenze e alla domanda di giustizia provenienti dalla collettività.
La politica giudiziaria è altra cosa e, nell'ambito dell'equilibrio tra i poteri dello Stato, il ministro della giustizia non può usurpare i poteri dell'organo di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura. Poiché assai spesso i principi costituzionali sono più alti e più importanti, quanto più sono semplici, cosa c'è di più semplice del principio di eguaglianza tra i cittadini e al tempo tesso cosa c'è di più importante, per una democrazia, se non il rispetto di quel principio di eguaglianza? Ebbene, siamo qui in analoga situazione concettuale e dialettica. Il ministro della giustizia - ha quindi ammonito il Presidente - non può avere quel potere. Il Senato ha corretto quella norma, ma anche in questo caso ha semplicemente aggirato il principio costituzionale. Il Senato ha richiamato infatti la norma costituzionale che elenca in maniera precisa i poteri del ministro; dopodiché, ha mantenuto la previsione di quella relazione da rendere annualmente alla Camera, affermando il principio che il ministro dovrà relazionare in ordine a quelle materie elencate dalla Carta costituzionale. Che cosa avverrà poi in concreto? E, soprattutto, che cosa non impedisce quella norma (da ciò la nostra critica e la nostra riflessione negativa sulla bontà di quell'intervento senatoriale)? Quella norma non impedirà al ministro Castelli di recarsi alla Camera e al Senato e di superare quei limiti che il Presidente della Repubblica gli ha ricordato e che dovrebbero essere ben presenti nella sua mente, perché scolpiti nella Carta costituzionale. Nulla gli impedirà di recarsi in Parlamento, di criticare le sentenze dei magistrati, di aprire un dibattito politico sul modo in cui si formulano le sentenze, se sono fatte bene o meno bene, se vi è una giurisprudenza «creativa» che sta dilagando nel paese e così via, secondo le antiche e ormai consolidate polemiche che il nostro paese conosce da due lustri a questa parte.
Avremmo voluto, viceversa, che quella norma, oltre ad indicare la materia dell'intervento, semmai dovesse esservi (dubitiamo molto della sua utilità), avesse posto alcuni paletti costituzionali, individuando i limiti ed i confini costituzionali entro cui far svolgere il dibattito, al fine di dare, altresì, la possibilità alle parti politiche, al Presidente della Camera di richiamare il ministro disattento ai suoi doveri ed ai limiti del suo intervento.
Che dire, infine, dell'emendamento Bobbio! Che dire, infine, di questa norma provvedimento! Che si tratti di una norma provvedimento ce lo ha confessato il senatore che ha voluto, proposto e concepito quella norma! Il senatore Bobbio, dopo averla formulata, ha fatto sapere alla pubblica opinione, nonché ai giornalisti, che quella norma rispondeva all'esigenza di frenare le aspettative di carriera di un magistrato, di un magistrato soltanto! Si viene meno all'obbligo di legiferare con norme generali ed astratte, trasformando la legge da comando generale ed astratto in provvedimento pensato e concepito contro qualcuno.
Tuttavia, la gravità di questa norma, la cui incostituzionalità è sotto gli occhi di tutti, a mio avviso, sta poi nella disciplina transitoria giustapposta alla norma stessa. Infatti, non contento del misfatto consumato, il predetto senatore ha ritenuto di introdurre una disciplina transitoria che applicasse a tutti quel principio, quel precetto contenuto nell'emendamento.
Conseguentemente, una volta approvato il provvedimento in esame, come questa mattina hanno ricordato molti colleghi, le procedure importanti tese alla individuazione di capi degli uffici e di giudici di legittimità saranno sospese, mentre i ricorsi al tribunale amministrativo regionale saranno presentati in numero cospicuo. Ne conseguirà la paralisi del sistema!
Come ricordato dall'onorevole Soda nel suo intervento, che norma è quella disposizione che, dall'oggi al domani, senza alcun principio di gradualità e senza alcuna volontà di attenuarne le conseguenze, stabilisce che circa mille magistrati, arrivati all'apice della loro anzianità di carriera, perdano ogni legittimazione a concorrere per uffici direttivi o semidirettivi? Che norma è questa? Come giustamente ricordato, vi è un principio costituzionale, in forza del quale il legislatore può certo promulgare norme retroattive, ma, quando lo fa, deve rispettare l'affidamento della collettività, dei soggetti che da quella norma retroattiva vedono travolte le proprie aspettative ed annullati i propri diritti.
Tutto questo è rispettato nella norma transitoria dell'emendamento Bobbio? No!
Tutto ciò non è stato realizzato né rispettato nella norma transitoria dell'emendamento Bobbio. Mille magistrati, dopo 40 anni di carriera, dopo aver presentato domande per questo o quell'incarico direttivo di un ufficio giudiziario, oggi si vedranno rispondere che il legislatore li ha ritenuti troppo anziani per aspirare a quell'incarico. Peraltro, ciò avviene nell'ambito di una disciplina pensionistica che consente ai magistrati di andare in pensione a 75 anni; una norma assurda, voluta e concepita da questa maggioranza.
Tra l'altro, in una organizzazione giudiziaria nella quale, all'interno di una legge finanziaria - alla quale abbiamo dato corso attraverso una norma di attuazione ordinaria -, abbiamo consentito ad un solo giudice - il consigliere Carnevale - di rimanere in carica fino a circa ottant'anni, che senso ha, in tale contesto, dire ad un magistrato di 68 anni ed un giorno che, pur essendo il giudice più bravo del mondo, non può diventare presidente di sezione della Cassazione né presiedere una procura o un ufficio giudiziario?
Siamo all'iniquità di fondo, siamo alla contraddittorietà manifesta di ogni principio di ragionevolezza, siamo alla consumazione di un «delitto politico». Ebbene, tutto ciò si realizza discettando di ordinamento giudiziario, di una materia cioè eminentemente costituzionale rispetto alla quale avremmo dovuto collaborare, delineando insieme regole condivise, trattandosi di disposizioni che disciplinano uno dei tre poteri tradizionali dello Stato moderno. Non lo abbiamo fatto, abbiamo consumato procedure di fiducia, abbiamo imposto maggioranze blindate ed oggi, quale ultimo atto, di fronte al messaggio del Presidente della Repubblica, la risposta della Camera è un voto di fiducia. C'è da vergognarsi con noi stessi e verso la storia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il gruppo parlamentare della Margherita, unitamente agli altri gruppi del centrosinistra, ha sempre affrontato il tema della riforma dell'ordinamento giudiziario con il massimo dell'impegno e con la convinzione che la riforma sia un'opportunità necessaria. Siamo dinnanzi ad un impianto del 1941, anche se successivamente aggiornato, dunque non abbiamo mai manifestato tabù, al contrario abbiamo espresso proposte in sede legislativa su tutti i punti più rilevanti, ad iniziare dalla necessità di sostituire l'automatismo della progressione di carriera per anzianità con criteri adatti a valutare l'effettiva professionalità, il merito e la qualità del lavoro senza attingere al metodo del «concorsificio», che è stato oggetto delle nostre critiche.
Si tratta di critiche fondate, in quanto tale metodo distoglie energie e risorse dall'esercizio della giurisdizione e crea anche una gerarchizzazione delle funzioni che non corrisponde alla realtà della giustizia italiana, nella quale il processo viene impostato per lo più nel primo grado di giudizio. Dunque, non è certo vero che il magistrato di appello o di legittimità deve considerarsi più bravo del magistrato che esercita in primo grado.
Pertanto, non abbiamo fatto mancare le nostre proposte per modernizzare la progressione e l'avanzamento delle carriere nonché in tema di introduzione del manager della giustizia, che peraltro sono state parzialmente ed inadeguatamente recepite solo per i distretti più importanti di corte d'appello, creando così «figli e figliastri» e situazioni differenziate, senza che ne sia chiaro il motivo.
Quindi, con le nostre proposte abbiamo sottolineato nuovamente l'assoluta necessità di introdurre misure innovative in tema di amministrazione e di buon funzionamento della macchina giudiziaria, affiancando risorse specifiche per la managerialità pubblica ai responsabili degli uffici giudiziari che, in tal modo, possono dedicarsi meglio al coordinamento delle attività di tipo giudiziario e giurisdizionale.
Anche noi abbiamo proposto misure per la tipizzazione degli illeciti disciplinari, onde evitare abusi o eccessi di discrezionalità, ovviamente evitando i «voli pindarici» della maggioranza di centrodestra, arrivata a prevedere come illecito persino l'erronea interpretazione della legge ed altre «amenità» del genere.
Abbiamo proposto misure per la distinzione delle funzioni tra pubblici ministeri e giudici, convinti come siamo che non possa esservi alcuna commistione tra le due funzioni, anche se ovviamente la separazione netta delle carriere, contraria alla Costituzione, probabilmente sarebbe anche meno garantista, perché un pubblico ministero trasformato semplicemente in avvocato di accusa per tutta la vita disporrebbe di mezzi senz'altro superiori a quelli della difesa, soprattutto in caso di imputati poco abbienti, apportando un elemento di disparità tra le parti, piuttosto che di parità sostanziale.
Dunque, su questi altri punti abbiamo avanzato le nostre proposte di riforma, convinti come siamo che la modernizzazione anche dell'ordinamento giudiziario possa essere un obiettivo utile per la causa della giustizia e per quella del nostro paese. Tuttavia, nutriamo una convinzione di fondo assai diversa dalla vostra; infatti, siamo convinti che questa riforma vada fatta nell'interesse della giustizia e nella massima considerazione dei magistrati. Quindi, va fatta «con» i magistrati e non «contro» gli stessi, come invece l'avete pensata, detta ed anche scritta sin dall'inizio.
E l'avete scritta in questo modo senza preoccuparvi minimamente di entrare in contrasto, in modo evidente e palese, con i princìpi della nostra Costituzione. Questo è stato ricordato dal Capo dello Stato con il messaggio di rinvio, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione; per tutta risposta, il Senato della Repubblica ha ritenuto di accogliere a malapena una delle quattro censure di palese incostituzionalità formulate dal Presidente della Repubblica, ovvero quella concernente l'eliminazione degli uffici e degli osservatori sugli esiti dei procedimenti giudiziari.
Sostanzialmente, il Senato ha inoltre eluso l'osservazione relativa al potere del ministro di illustrare le linee di politica giudiziaria, peraltro prevista senza porre particolare attenzione affinché le stesse non possano intendersi e tradursi in indicazioni precettive nei confronti delle procure e del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale e, quindi, in sostanza, nei confronti dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura.
Il Senato, soprattutto, ha rigettato esplicitamente, expressis verbis, le due censure più rilevanti di palese incostituzionalità contenute nel messaggio, riguardanti il sistema dei concorsi e il potere attribuito al ministro della giustizia di ricorrere dinanzi alla giurisdizione amministrativa nei confronti dei provvedimenti di nomina o di proroga degli incarichi da parte del CSM.
Sul sistema dei concorsi, molto è stato detto. Resta il fatto che le modifiche introdotte dal Senato comportano la necessità, per il Consiglio superiore della magistratura, di dover tener conto degli idonei, e pongono il Consiglio stesso nella difficoltà, non facile da sormontare, di motivare in tutti i casi in cui vi sia un discostamento dalla graduatoria proposta dalle commissioni esterne o dalla Scuola. Si prevede dunque la motivazione del discostamento, soggetto peraltro all'impugnazione da parte del ministro della giustizia dinanzi al giudice amministrativo, con un notevole aumento del contenzioso, dell'instabilità e dell'incertezza, e con la violazione esplicita dell'articolo 105 della Costituzione, che affida interamente al Consiglio superiore della magistratura la materia delle assegnazioni e dei conferimenti degli incarichi.
Non si risponde dunque in alcun modo alle censure di palese incostituzionalità formulate dal Capo dello Stato. Ritengo che di ciò sia cosciente più di un esponente del centrodestra, se è vero che su questo tema sono state presentate proposte emendative da parte del gruppo dell'UDC, successivamente ritirate in uno degli strani giochi illiberali che si svolgono nella maggioranza su materie costituzionalmente così delicate, sulle quali peraltro, di qui a pochi minuti, sarà posta la questione di fiducia. Infatti, per risolvere le censure di palese incostituzionalità contenute nel messaggio di rinvio alle Camere del Capo dello Stato, non utilizzate gli ordinari strumenti parlamentari - il confronto, l'approfondimento, l'ascolto, la presa di coscienza delle proposte emendative della stessa maggioranza - bensì il voto di fiducia, togliendo la parola al Parlamento e ai vostri alleati di Governo e sanando in questo modo le contraddizioni e le divisioni. Preferite mantenere una finta unità di questa finta maggioranza, che ancora per poco governerà il paese, piuttosto che risolvere le questioni di incostituzionalità denunciate dal Capo dello Stato.
Avete adottato, e state per adottare, lo stesso metodo per quanto riguarda il potere conferito al ministro della giustizia nei confronti del CSM di ricorrere dinanzi al giudice amministrativo. Comprendo che tale vicenda è anche il frutto - mi rivolgo al ministro Castelli - di una riflessione quasi personale (le esperienze fanno parte della conoscenza, e dunque della formazione dell'opinione e della volontà). Mi riferisco al caso da cui ha tratto origine il conflitto sfociato nella sentenza della Corte costituzionale n. 380 del 2003, vale a dire alla nomina del procuratore Galizzi a Bergamo, su cui vi fu un profondo contrasto.
Probabilmente, in quella occasione il ministro ritenne di disporre di poteri limitati rispetto alla procedura adottata. Ma, come testimonia la sentenza della Corte costituzionale del 2003, esistono regole e criteri precisi per esercitare la procedura di concerto. Infatti, la legge italiana vigente, che è legge ordinaria (mi rivolgo al collega Nitto Palma, che ogni tanto usa ricordarmelo)...
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore, Te lo ricordo perché non lo sai...
PIERLUIGI MANTINI. È legge ordinaria, certamente, e quindi è modificabile.
Anzitutto, va evidenziato che tale normativa non è stata finora modificata.
Credo si voglia farlo artatamente, secondo quella migliore prassi che questa maggioranza sembra rivendicare tra i propri meriti, ossia nascondere nelle pieghe normative l'esercizio, l'uso e l'abuso dei poteri. Mi riferisco al fatto che il testo prevede una delega al Governo per il coordinamento dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958. Presumo dunque che in sede di coordinamento si vogliano introdurre delle modifiche.
In ogni caso, il principio scolpito nella nostra legislazione in materia di concerto tra la commissione competente ed il ministro della giustizia, per la formulazione della proposta di nomina al plenum del CSM, si sviluppa alla luce dell'interpretazione della Corte costituzionale e, naturalmente, sulla base dei principi costituzionali, in particolare sulla base di due articoli della Costituzione: gli articoli 105 (sui poteri del CSM) e 110 (sui compiti del ministro della giustizia di curare l'organizzazione dei servizi della giustizia). Nessuno nega queste ultime attribuzioni.
Il metodo di concerto è stato interpretato con criteri e parametri che definirei rigorosi, stabilendo che questo confronto tra commissione competente e ministro della giustizia debba svolgersi in modo non stereotipo. Nella sentenza n. 379 del 1992 della Corte costituzionale, si afferma esplicitamente che la commissione concertante è tenuta a formulare una valutazione preliminare da comunicare al ministro, la quale deve essere basata su motivazioni non rituali o stereotipe, ma dirette a evidenziare i reali motivi della scelta proposta e la non incidenza sulla stessa di logiche estranee alla valutazione obiettiva e imparziale dei candidati.
Si dice ancora, nella stessa sentenza, che il confronto sugli argomenti e sulle valutazioni fra commissione e ministro della giustizia deve essere serio, approfondito, esauriente e costruttivo. In caso di divergenze, inoltre, si precisa che deve esserci un serio tentativo, volto a superare tali controversie attraverso le necessarie fasi dialogiche, quanto meno articolate nello schema «proposta-risposta, replica-controreplica». In pratica, si dettano le condizioni e i criteri volti a far sì che il metodo di concerto non sia un mero parere obbligatorio, ma non vincolante e sia, invece, qualcosa di più: come la ricerca di una proposta concertata, anche se nell'autonomia dei singoli soggetti.
In pratica, la Costituzione fa prevalere il potere assegnato al Consiglio superiore della magistratura di definire le assunzioni, le nomine, gli incarichi direttivi, le proroghe; quindi, la materia dell'autorganizzazione.
Questo impianto è assolutamente chiaro. È evidente che ogni vizio di tale procedura di concerto, che può essere anche cagionato da un eccesso di potere, da un vizio di motivazione, deve esser fatto valere nell'ambito di uno scorretto rapporto tra poteri dello Stato e, quindi, in sede di conflitto di attribuzione ex articolo 134 della Costituzione.
Questo ha chiesto, a buon diritto, perché scritto nella nostra Costituzione, il Capo dello Stato. A ciò voi vi opponete in virtù di qualche capricciosa volontà - perché, certo, questa non è materia così rilevante per l'ordinamento giudiziario - e, quindi, voi volete mantenere il potere in capo al ministro della giustizia, trasformando il TAR in un giudice dei conflitti tra poteri dello Stato, negando implicitamente, ma anche esplicitamente, al CSM di essere un potere dello Stato, senza riconoscergli questo status, alterando così completamente il sistema della giurisdizione sancito dall'articolo 113 della Costituzione, trasformando il ministro della giustizia nel titolare di un interesse legittimo all'annullamento di un atto di nomina, come se il ministro ne avesse un vantaggio diretto, sostanziale e persino risarcibile nella forma, ormai imposta anche per la lesione degli interessi legittimi, dalle nostre norme più recenti.
A queste incostituzionalità avete aggiunto anche quelle del noto emendamento Bobbio relativamente al comma 45 dell'articolo 2, su cui non mi soffermo a lungo anche perché i dati parlano da sé: in modo retroattivo il Parlamento entra nelle procedure in corso per l'assegnazione degli incarichi, nelle procedure concorsuali, che riguardano decine di dirigenti, anche di Cassazione, e centinaia (oltre seicento) di concorsi in atto e concernenti soggetti di età compresa tra 66 e 68 anni. Così facendo, si aggiungono incostituzionalità sia per i motivi già richiamati che comportano una lesione dell'articolo 105 della Costituzione, sia per la irragionevolezza e per la disparità di trattamento, la lesione del principio di affidamento e di sicurezza giuridica, così come più volte riaffermato dalla Corte costituzionale in materia di retroattività o di limiti alla retroattività delle leggi.
Aggiungete anche una grave lesione diretta dell'articolo 97 della Costituzione, del principio di buon andamento della giustizia e dell'amministrazione della stessa, perché quanto previsto nel provvedimento ha, come detto, effetti irragionevolmente lesivi e tali da ingenerare un vastissimo contenzioso su centinaia di concorsi in atto, finendo così per dare un contributo non alla certezza, alla funzionalità e alla efficienza, ma all'esatto contrario.
In conclusione, desidero precisare al collega Palma - che ieri, durante la discussione sulle linee generali del provvedimento in esame, mi contestava la citazione di un messaggio del Presidente della Repubblica in materia di giustizia - che il messaggio cui facevo riferimento nel mio intervento è quello rivolto dal Capo dello Stato al paese il 31 dicembre 2002. Questo, a dire il vero, lo avevo già detto ieri, ma la vis polemica ha indotto l'onorevole Palma a non ascoltare l'esatto riferimento e a sostenere che io volessi in qualche modo alterare il messaggio di rinvio alle Camere del provvedimento in esame con affermazioni che il Presidente della Repubblica non ha incluso nel suo messaggio di rinvio.
Non è poi senza importanza la frase che citavo perché ritengo sia scolpita nella coscienza, nella razionalità e, se vogliamo, anche nella speranza dei cittadini del nostro paese e di noi tutti. Ha affermato il Presidente Ciampi: «L'azione in materia di giustizia deve ispirarsi a due principi: tutela dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura e ricerca dell'efficienza e della ragionevole durata dei processi». Anche noi la pensiamo così.
Questi due principi voi li avete disattesi o, peggio, contraddetti nel corso di tutta la legislatura: è una responsabilità gravissima, che vi lasciamo tutta intera dinanzi al paese!
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, possiamo ritenere conclusa la fase degli interventi sulle proposte emendative riferite all'articolo 2 del disegno di legge e, quindi, passare ai pareri, che invito dunque il relatore ad esprimere.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 2 (Una voce: «Bravo!»). Grazie!
(Posizione della questione di fiducia - A.C. 4636-bis-D)
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Onorevoli colleghi, considerata l'importanza che il Governo annette al provvedimento oggi al nostro esame, a nome del Governo, a ciò espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi (Applausi polemici dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-SDI-Unità Socialista e Misto-Verdi-l'Unione), ...
GIOVANNI RUSSO SPENA. Vergogna!
LUIGI OLIVIERI. Vergogna!
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. ... dell'articolo 2 del disegno di legge relativo all'ordinamento giudiziario (A.C. 4636-bis-D), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Vergogna!
PRESIDENTE. Colleghi, per favore!
A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo 2 del disegno di legge n. 4636-bis-D, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, il dibattito proseguirà secondo le modalità previste dall'articolo 116 del regolamento.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, ovviamente, noi prendiamo atto, ancora una volta, della decisione del Governo ...
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Amareggiati...!
ANTONIO BOCCIA. ... di porre la fiducia. Ormai, ha battuto tutti i record!
ANTONIO LEONE. Non ancora!
ANTONIO BOCCIA. Il ministro Giovanardi (Commenti) ...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore!
ANTONIO BOCCIA. ... ci manderà il prospetto di fine legislatura, da cui vedremo che questo Governo ha battuto tutti i record.
Signor Presidente, concludendo su questo punto - dovrò porre, dopo, un altro problema -, la questione di fiducia sull'ordinamento giudiziario chiude in modo conforme una legislatura che, su questi temi, è stata connotata dalla protervia e dalla difesa degli interessi di alcune persone, il che, ovviamente, segna una delle pagine più vergognose della vita parlamentare del nostro paese (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia). Signor Presidente, penso che colleghi anche più autorevoli avranno l'opportunità, nella giornata di domani, di sviluppare compiutamente l'argomento, ma è evidente che questo voto di fiducia sull'ordinamento giudiziario mette la parola fine - almeno, me lo auguro - a tutta una serie di provvedimenti che hanno caratterizzato la maggioranza di centrodestra in questa legislatura.
Ho chiesto la parola sull'ordine dei lavori, signor Presidente, per chiederle di intervenire in maniera puntuale - e, direi, anche un po' energica, essendovi una tendenza a non rispettare il regolamento e gli indirizzi della Presidenza - nei confronti dei presidenti delle Commissioni, i quali già prevedono di poter svolgere attività nelle prossime ventiquattr'ore.
Signor Presidente, in assenza di un Governo o, quanto meno, in presenza di un Governo privo della fiducia parlamentare, le attività della Camera devono essere sospese e devono esserlo anche le audizioni.
Infatti, non si capirebbe a nome di chi i rappresentanti del Governo verrebbero a parlare, atteso che il Governo stesso ha posto la questione di fiducia.
Per questo pomeriggio e per la giornata di domani sono previste importanti audizioni alle quali teniamo. Tuttavia, sarebbe necessario avere un interlocutore credibile, la cui presenza sia rafforzata da un eventuale voto favorevole di fiducia. Quindi, le chiedo con molta serenità, ma anche con fermezza, di fare rispettare le disposizioni regolamentari in base alle quali, durante le prossime ventiquattr'ore, non si potranno svolgere attività alla Camera dei deputati.
Signor Presidente, poiché la posizione della questione di fiducia produce i suoi effetti anche sulle Commissioni bicamerali, le chiederei di intervenire, affinché le stesse interrompano i propri lavori. Infatti, tali Commissioni sono solite continuare la propria attività, nonostante il Governo abbia posto la questione di fiducia. Capisco che, in determinate circostanze, la presenza del Governo non è dovuta né necessaria, ma, in questo caso, sarebbe assolutamente improprio proseguire l'attività delle suddette Commissioni.
Dunque, le chiedo di intervenire con serenità, ma con fermezza, affinché ciò non accada.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, riferirò al Presidente Casini la sua puntuale osservazione. Peraltro, alle 18 avrà luogo la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, nel corso della quale la questione potrà essere utilmente riproposta. Trovo le sue osservazioni legittime, in quanto corrispondenti al dettato dell'articolo 116 del regolamento.
Sento, comunque, il dovere di farle notare che non siamo in presenza di una crisi di Governo; l'esecutivo ha posto la questione di fiducia: il che determina una situazione diversa da quella in cui può trovarsi un Governo «latitante», per così dire, avendo subìto una sfiducia. È una cosa, lo ripeto, molto diversa.
Prendo comunque atto delle sue osservazioni, che riferirò al Presidente della Camera.
Sospendo la seduta.
DISEGNO DI LEGGE: S. 1296-B - DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO DI CUI AL REGIO DECRETO 30 GENNAIO 1941, N. 12, PER IL DECENTRAMENTO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PER LA MODIFICA DELLA DISCIPLINA CONCERNENTE IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA CORTE DEI CONTI E IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, NONCHÉ PER L'EMANAZIONE DI UN TESTO UNICO (RINVIATO ALLE CAMERE DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA) (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4636-BIS-D)
(A.C. 4636-bis-D - Sezione 1)
QUESTIONI PREGIUDIZIALI PER MOTIVI DI COSTITUZIONALITÀ
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, alla lettera a), comma 4 dell'articolo 2, prevede che il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell'azione penale;
tale disposizione si pone in aperto contrasto con l'articolo 112 della Costituzione per cui «il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale»;
anche sulla base dell'interpretazione data dalla Corte costituzionale all'articolo 112 della Costituzione, l'esercizio obbligatorio dell'azione penale, quando evidentemente ve ne siano i presupposti, non può comportare limitazioni da parte del procuratore della Repubblica rispetto alle valutazioni del singolo pubblico ministero, in quanto - in caso contrario - ne deriverebbe un'inammissibile limitazione dell'autonomia e dell'indipendenza del pubblico ministero con riferimento ad un obbligo espressamente assegnatogli dalla Costituzione;
come ribadito in più occasioni dalla Corte costituzionale, l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale ad opera del pubblico ministero «concorre a garantire, da un lato l'indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale»;
la norma in oggetto, quindi, oltre a porsi in contrasto con l'articolo 112 della Costituzione lederebbe anche il principio, supremo e intangibile, di cui all'articolo 3 della Costituzione (cfr. tra le tante, le sentenze della Corte costituzionale n. 84 del 1979, n. 1146 del 1988, n. 88 del 1991);
in particolare, poi, come affermato nella sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 1991, il principio di obbligatorietà dell'azione penale e la correlativa indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione che verrebbero meno con la norma in oggetto rappresentano necessari ed insostituibili strumenti per l'attuazione del suddetto principio supremo di eguaglianza, tanto è vero che, la stessa Corte, con la medesima sentenza, ha sottolineato perentoriamente che «il principio di obbligatorietà è, dunque, punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale, talché il suo venir meno ne altererebbe l'assetto complessivo»;
a nulla rileva, rispetto alla incostituzionalità di tale norma, quanto previsto dalla lettera b) del comma 4 dell'articolo 2, per cui il procuratore della Repubblica può delegare un procuratore aggiunto alla funzione di vicario ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di singoli procedimenti o nella gestione di un settore di affari, in quanto, come previsto dalla lettera c), tale delega può essere revocata dal procuratore della Repubblica «in caso di divergenza e inosservanza» delle indicazioni del procuratore capo;
alla lettera c) del medesimo comma prevede, infatti, che il procuratore della Repubblica possa determinare i «criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi cella lettera b) devono attenersi nell'adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri»;
quanto previsto dalla lettera c) conferma la limitazione dell'autonomia del singolo pubblico ministero in relazione all'esercizio dell'azione penale, il che incide - evidentemente - sull'obbligatorietà dell'azione penale sancito dall'articolo 112 della Costituzione;
pertanto, tale norma - al di là delle valutazioni di merito - si pone in contrasto con gli articoli 112 e 3 della Costituzione,
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 1. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Cusumano, Maura Cossutta, Bonito, Kessler, Zaccaria, Mantini, Siniscalchi, Carboni, Mancini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 105 della Costituzione prevede che spettino al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati;
nel testo del disegno di legge rinviato alle Camere risultava di ogni evidenza la lesione dei poteri spettanti in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell'articolo 105 della Costituzione, e la questione era stata oggetto di puntuale rilievo nel messaggio del Presidente della Repubblica, che evidenziava: «L'invasione della sfera di competenza riservata al Consiglio è particolarmente evidente nell'ipotesi in cui i candidati siano stati esclusi nell'ambito delle predette procedure. Infatti, allorché manchino il favorevole giudizio conseguito presso la Scuola superiore o la positiva valutazione nel concorso da parte della commissione, il Consiglio non può neppure prendere in considerazione la posizione dei candidato escluso»;
le modifiche apportate dal Senato continuano ad imporre al Consiglio superiore della magistratura di prendere in considerazione solo i candidati positivamente valutati dalle commissioni esterne o dalla Scuola superiore, prevedendosi ad esempio che il Consiglio superiore della magistratura possa scegliere per l'assegnazione degli incarichi semi-direttivi o direttivi solo «nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso» (articolo 2, comma 1, lettera m), numeri 1 e 2);
tale disciplina continua a configurare un grave ridimensionamento dei poteri spettanti al Consiglio superiore della magistratura, con conseguente lesione dell'articolo 105 della Costituzione,
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 2. Finocchiaro, Innocenti, Montecchi, Bonito, Zaccaria, Boccia, Leoni, Fanfani, Mantini, Buemi, Cento, Pisapia, Maura Cossutta, Annunziata, Ruta, Marino, Bressa, Sinisi, Amici, Soda, Carboni, Lucidi, Magnolfi, Siniscalchi, Cusumano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede all'articolo 2, comma 1, lettera m), numero 1, che «il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall'articolo 11» della legge 24 marzo 1958, n. 195 «possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi»;
il testo in esame, nella formulazione approvata dalla Camera dei deputati il 1o dicembre 2004, è stato oggetto dei rilievo di manifesta incostituzionalità nel messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica trasmesso i1 16 dicembre 2004, a norma dell'articolo 74 della Costituzione, ove si evidenzia che «in tema di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi, il rapporto tra Consiglio e Ministro implica soltanto un "vincolo di metodo". Tale vincolo impedisce il ricorso agli ordinari mezzi di impugnazione, una volta che il "confronto" - per usare l'espressione della Corte costituzionale - sia avvenuto "a seguito di un esame effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto". In caso contrario, il Ministro assumerebbe il ruolo di titolare di un interesse legittimo contrapposto a quello del Consiglio superiore, parificabile a quello del contro interessato che si dolga di essere stato escluso»;
la Corte costituzionale nelle sentenze n. 379 del 1992 e n. 380 del 2003 ha affermato che il Ministro deve dare corso al procedimento non essendo investito di particolari poteri di rinvio o di riesame, ricadendo su di lui il dovere, di adottare l'atto di propria competenza; ed ancora, che «non spetta al Ministro della giustizia non dare corso alla controfirma dei decreto del Presidente della Repubblica di conferimento di ufficio direttivo [ed ora anche di proroga] sulla base di deliberazione dei Consiglio Superiore della Magistratura»;
l'emendamento approvato dal Senato, non recependo il rilievo di palese incostituzionalità formulato dal Presidente della Repubblica, si è limitato ad aggiungere alla previsione normativa l'espressione «fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni» in relazione all'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, conservando in capo al Ministro della giustizia la potestà di ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere dei Consiglio superiore della magistratura concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi;
il testo in esame si pone pertanto in contrasto con l'articolo 134 della Costituzione che stabilisce la competenza della Corte costituzionale a giudicare i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato;
si pone, inoltre, in contrasto con l'articolo 113 della Costituzione che stabilisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione amministrativa poiché non è configurabile in capo al Ministro della giustizia alcuna posizione di interesse legittimo che, nel caso di specie, verrebbe a coincidere con un generico e indistinto interesse alla legittimità degli atti in assenza di una situazione sostanziale e concreta di vantaggio derivante dall'annullamento dell'atto da parte del giudice amministrativo;
in proposito occorre evidenziare che le competenze proprie dei Ministro della giustizia, in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi, ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione, si svolgono, in materia di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi, nell'ambito della procedura del concerto con la commissione competente, ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, concerto che non si sostanzia in un mero parere obbligatorio ma non vincolante e neanche in un accordo tra i diversi soggetti bensì in «un'attività di concertazione finalizzata alla formulazione di una proposta comune» (in tal senso, si veda la sentenza n. 379 del 1992 della Corte costituzionale) sicché ogni relativo vizio procedurale non può che essere eccepito nell'ambito del conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale,
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 3. Mantini, Boccia, Innocenti, Fanfani, Zaccaria, Finocchiaro, Leoni, Buemi, Cento, Pisapia, Maura Cossutta, Annunziata, Ruta, Marino, Bressa, Sinisi, Montecchi, Amici, Soda, Bonito, Carboni, Lucidi, Magnolfi, Siniscalchi, Cusumano.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge recante delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico, trasmesso dal Senato dopo il rinvio del Presidente della Repubblica, introduce al comma 45 dell'articolo 2 una norma transitoria volta a bloccare le procedure per il conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi per i magistrati che abbiano, rispettivamente, meno di due e meno di quattro anni di servizio prima dell'ordinario collocamento a riposo, fino a quando il Governo non eserciti la delega relativa alla disciplina del conferimento dei suddetti incarichi;
tale norma è destinata ad avere efficacia retroattiva, poiché è volta ad incidere su fasi endoprocedimentali già concluse, senza che vi sia a tal fine alcuna esigenza strutturale, pregiudicando irragionevolmente le aspettative legittime di magistrati che aspirano a tali incarichi;
sebbene il giudice di legittimità non individui, fuorché in materia penale (articolo 25 della Costituzione), un generale divieto costituzionale per l'inserimento di norme ad efficacia retroattiva, è reso palese che ciò possa verificarsi unicamente quando «la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti» (in tal senso, si veda la Cassazione Civile, sezione Lavoro, 3 dicembre 2003, n. 18486), mentre nel caso di specie la retroattività della norma in esame si configura irragionevole e contrastante con il principio del legittimo affidamento;
tale principio del legittimo affidamento è inserito dalla Corte costituzionale tra i «fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento» (in tal senso, si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 311 del 1995), che «non può essere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti» (sentenza della Corte costituzionale n. 525 del 2000),
delibera
di non procedere oltre nell'esame di tale disegno di legge.
n. 4. Zaccaria, Boccia, Innocenti, Fanfani, Mantini, Finocchiaro, Leoni, Buemi, Cento, Pisapia, Maura Cossutta, Annunziata, Ruta, Marino, Bressa, Sinisi, Montecchi, Amici, Soda, Bonito, Carboni, Lucidi, Magnolfi, Siniscalchi, Cusumano.
(A.C. 4636-bis-D - Sezione 2)
La Camera,
premesso che
il disegno di legge recante delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico, trasmesso dal Senato dopo il rinvio del Presidente della Repubblica, introduce al comma 45 dell'articolo 2 una norma transitoria volta a bloccare le procedure per il conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi per i magistrati che abbiano, rispettivamente, meno di due e meno di quattro anni di servizio prima dell'ordinario collocamento a riposo, fino a quando il Governo non eserciti la delega relativa alla disciplina del conferimento dei suddetti incarichi;
il suddetto articolo 2, comma 45, avendo un contenuto immediatamente precettivo, è destinato ad incidere sulle legittime aspettative già costituitesi in ordine alle procedure in corso per l'assegnazione di detti incarichi, non adeguatamente individuate e circoscritte, ma solo genericamente richiamate;
la formulazione del comma in esame, non essendo giustificata da motivazioni di carattere sostanziale, è suscettibile di produrre un rilevante aumento di contenziosi in sede amministrativa, nonché di pregiudicare il funzionamento di numerosi uffici, direttivi e semidirettivi che risulteranno vacanti, con evidenti conseguenze sui cittadini e sul funzionamento del sistema;
il numero delle procedure di assegnazione che verrebbero bloccate, qualunque sia lo stadio di avanzamento delle stesse, è stato individuato da fonti giornalistiche nell'ordine di 400 nomine, cui il Consiglio superiore della Magistratura dovrebbe provvedere nei prossimi mesi;
in tali procedure di nomina sono coinvolti, tra gli altri, oltre 600 magistrati che hanno superato la soglia dei 66 anni d'età prevista dalla norma in esame per il concorso all'assegnazione di incarichi direttivi di merito, 323 dei quali si trovano oltre quella dei 68 anni, per cui non potrebbero concorrere agli incarichi direttivi di legittimità;
i dati appena segnalati costituiscono aspetti di estrema rilevanza, sia per la natura apicale degli incarichi coinvolti, sia per l'incidenza sulla funzionalità degli uffici, soprattutto alla luce del rinnovo integrale del Consiglio superiore della Magistratura che avverrà nel prossimo luglio 2006 e che, verosimilmente, comporterà un nuovo arresto nelle procedure di assegnazione;
da ciò deriva una intrinseca irragionevolezza della norma, che porterebbe l'apparato giudiziario a privarsi delle personalità con maggiore esperienza, senza offrire una opportuna valutazione d'impatto della legislazione in discussione, rendendo impossibìle, allo stato attuale, una compiuta ponderazione delle ricadute sul sistema e sulle possibilità alternative di conferimento degli incarichi, qualora si avvertisse una inerzia del Governo nell'emanazione dei decreti attuativi che ridisciplinerebbero le procedure concorsuali;
delibera
di sospendere l'esame del disegno di legge fino a quando non verrà eseguita una compiuta valutazione di impatto della regolazione per quanto riguarda gli effetti immediati descritti dall'articolo 2, comma 45, del presente disegno di legge, ponendo come termine per tale valutazione il 31 dicembre 2005.
n. 1. Zaccaria, Boccia, Innocenti, Fanfani, Mancini, Finocchiaro, Leoni, Buemi, Cento, Pisapia, Maura Cossutta, Annunziata, Ruta, Marino, Bressa, Sinisi, Montecchi, Amici, Soda, Bonito, Carboni, Lucidi, Magnolfi, Siniscalchi, Cusumano.
(A.C. 4636-bis-D - Sezione 3)
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.
(A.C. 4636-bis-D - Sezione 4)
PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:
NULLA OSTA
Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:
PARERE CONTRARIO
sull'emendamento 2.126, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.
(A.C. 4636-bis-D - Sezione 5)
ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 1.
(Contenuto della delega).
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, uno o più decreti legislativi diretti a:
a) modificare la disciplina per l'accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;
b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;
c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;
d) riorganizzare l'ufficio del pubblico ministero;
e) modificare l'organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;
f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio;
g) prevedere forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado.
2. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2.
3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, uno o più decreti legislativi recanti le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e, con l'osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 9, la necessaria disciplina transitoria, prevedendo inoltre l'abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti legislativi previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 2.
4. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Entro i trenta giorni successivi all'espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate, esclusivamente con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
5. Le disposizioni previste dal comma 4 si applicano anche per l'esercizio della delega di cui al comma 3, ma in tal caso il termine per l'espressione dei pareri è ridotto alla metà.
6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 4, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8.
(A.C. 4636-bis-D - Sezione 6)
ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi, nonché disposizioni ulteriori).
1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere per l'ingresso in magistratura:
1) che sia bandito annualmente un concorso per l'accesso in magistratura e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente;
2) che il concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie indicate dall'articolo 123-ter, commi 1 e 2, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché nelle materie attinenti al diritto dell'economia;
3) che la commissione di concorso sia unica e che sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e che sia composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto, e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità; che il numero dei componenti sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell'esigenza di rispettare le scadenze indicate al numero 1) della lettera d); che il numero dei componenti professori universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;
4) che, al momento dell'attribuzione delle funzioni, l'indicazione di cui al numero 1) costituisca titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione e che tale scelta, nei limiti delle disponibilità dei posti, debba avvenire nell'ambito della funzione prescelta;
b) prevedere che siano ammessi al concorso per l'accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti coloro che:
1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;
2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;
3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense;
4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;
5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;
6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
c) prevedere che, nell'ambito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all'esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione;
d) prevedere che:
1) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l'intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio il 15 settembre dell'anno successivo;
2) non possano essere ammessi al concorso coloro che sono stati già dichiarati non idonei per tre volte;
e) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:
1) funzioni giudicanti di primo grado;
2) funzioni requirenti di primo grado;
3) funzioni giudicanti di secondo grado;
4) funzioni requirenti di secondo grado;
5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;
6) funzioni semidirettive requirenti di primo grado;
7) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;
8) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado;
9) funzioni direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;
10) funzioni direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;
11) funzioni giudicanti di legittimità;
12) funzioni requirenti di legittimità;
13) funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità;
14) funzioni direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;
15) funzioni direttive superiori apicali di legittimità;
f) prevedere:
1) che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura, fino al compimento dell'ottavo anno dall'ingresso in magistratura debbano essere svolte effettivamente le funzioni requirenti o giudicanti di primo grado;
2) che, dopo otto anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado;
3) che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per titoli, ovvero dopo diciotto anni dall'ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità; che al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per le funzioni di legittimità possano partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado;
4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità all'esito dei concorsi di cui ai numeri 2) e 3) e le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli;
5) le modalità dei concorsi per titoli e di quelli per esami, scritti e orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove scritte consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti alternativamente o congiuntamente la risoluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari, relative alle funzioni richieste e stabilendo, altresì, che le prove orali consistano nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta;
6) che i magistrati che in precedenza abbiano subìto una sanzione disciplinare superiore all'ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 2), 3) e 4) dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva, comunque non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dai numeri 1), 2) e 3) e dalle lettere h) e i);
g) prevedere che:
1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;
2) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera l), numero 6);
3) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;
4) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera l), numero 5);
5) il Consiglio superiore della magistratura individui, con priorità assoluta, i posti vacanti al fine di consentire il passaggio di funzione nei casi indicati ai numeri 1) e 3);
6) fuori dai casi indicati ai numeri 1) e 3), e, in via transitoria, dal comma 9, lettera c), non sia consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;
7) il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa debba avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale;
h) prevedere che:
1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;
2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;
4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;
5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;
6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;
7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica aggiunto, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
9) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
11) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
12) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
13) funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
14) funzioni direttive requirenti di primo grado elevato siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
15) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
16) funzioni direttive requirenti di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
17) le funzioni indicate ai numeri 11), 12), 13), 14), 15) e 16) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, abbiano frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
18) i magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità possano partecipare ai concorsi per le funzioni semidirettive e direttive indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14); che l'avere esercitato funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi indicati rispettivamente al numero 13) e al numero 14);
i) prevedere che:
1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;
2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;
3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione e di Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità;
5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
6) le funzioni indicate ai numeri 1) e 2) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte, ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511; le funzioni indicate ai numeri 3), 4) e 5) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
l) prevedere che:
1) annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell'esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l'anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 3), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l'accesso in magistratura;
2) annualmente i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell'esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, vengano assegnati, secondo l'anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l'accesso in magistratura;
3) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
3.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
3.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
3.3) i posti di cui al numero 3.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per soli titoli indicato al numero 3.2) ed espletato nello stesso anno;
3.4) i posti di cui al numero 3.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 3.1) ed espletato nello stesso anno;
3.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 3.1), 3.2), 3.3) e 3.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;
3.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
3.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
3.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 3.6) e 3.7);
4) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
4.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
4.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
4.3) i posti di cui al numero 4.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 4.2) ed espletato nello stesso anno;
4.4) i posti di cui al numero 4.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 4.1) ed espletato nello stesso anno;
4.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 4.1), 4.2), 4.3) e 4.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;
4.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
4.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
4.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 4.6) e 4.7);
5) ai fini di cui al numero 3), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero le funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
7) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell'incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
7.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado e che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
7.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni giudicanti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, e che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
7.3) i posti di cui al numero 7.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 7.2) ed espletato nello stesso anno;
7.4) i posti di cui al numero 7.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 7.1) ed espletato nello stesso anno;
7.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 7.1), 7.2), 7.3) e 7.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;
8) ai fini di cui al numero 7), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
9) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all'esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell'incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
9.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
9.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni requirenti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l'idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso;
9.3) i posti di cui al numero 9.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 9.2) ed espletato nello stesso anno;
9.4) i posti di cui al numero 9.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 9.1) ed espletato nello stesso anno;
9.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 9.1), 9.2), 9.3) e 9.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;
10) ai fini di cui al numero 9), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, si tenga conto prevalentemente, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, dell'attività prestata dal magistrato nell'ambito delle sue funzioni giudiziarie, desunta da specifici e rilevanti elementi e da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti dallo stesso adottati nonché dell'eventuale autorelazione e, in particolare, della complessità dei procedimenti trattati, degli esiti dei provvedimenti adottati, delle risultanze statistiche relative all'entità del lavoro svolto, tenuto specificamente conto della sede e dell'ufficio presso cui risulta assegnato il magistrato, con loro proiezione comparativa rispetto a quelle delle medie nazionali e dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio; i titoli vengano valutati in modo tale che, ove possibile, i componenti della commissione esaminatrice non conoscano il nominativo del candidato; nei concorsi per titoli ed esami si proceda alla valutazione dei titoli solo in caso di esito positivo della prova di esame e la valutazione dei titoli incida in misura non inferiore al 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l'ordine di graduatoria; nella valutazione dei titoli ai fini dell'assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall'articolo 76-bis, comma 4, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
12) l'esito dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e alle funzioni di legittimità abbia una validità di sette anni, salva la facoltà per il magistrato di partecipare in detto periodo ad un nuovo corso;
m) prevedere che:
1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga al Ministro della giustizia per il concerto le nomine nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall'articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi;
2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari, assegni l'incarico semidirettivo nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo;
3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera i), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;
4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale; ai fini di quanto disposto dal presente numero si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato;
5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
6) gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di sei anni;
7) il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al numero 6), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonché di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale;
8) alla scadenza del termine di cui al numero 6), il magistrato che abbia esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
9) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
10) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive; fermo restando il possesso dei requisiti indicati dalle lettere h) ed i) per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive costituisce titolo preferenziale; in ogni caso si applichino le disposizioni di cui alla lettera l), numero 11); per le funzioni semidirettive giudicanti si tenga adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso; nella valutazione dei titoli ai fini dell'assegnazione delle funzioni direttive di Procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall'articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
n) prevedere che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 10) della lettera m) si applichino anche per il conferimento dell'incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale;
o) prevedere che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avvenga nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto; prevedere che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare e per i magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura, il collocamento fuori ruolo non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
p) prevedere che:
1) le commissioni di cui alle lettere l) e m) siano nominate per due anni e siano automaticamente prorogate sino all'esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;
2) i componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità, non siano immediatamente confermabili e non possano essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell'incarico;
q) prevedere che:
1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:
1.1) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;
1.2) seconda classe: da sei mesi a due anni;
1.3) terza classe: da due a cinque anni;
1.4) quarta classe: da cinque a tredici anni;
1.5) quinta classe: da tredici a venti anni;
1.6) sesta classe: da venti a ventotto anni;
1.7) settima classe: da ventotto anni in poi;
2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui alla lettera f), numero 2), prima parte, conseguano la quinta classe di anzianità;
3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera f), numero 3), conseguano la sesta classe di anzianità;
r) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine; prevedere che non possano essere assegnati ai magistrati per i quali è in scadenza il termine di permanenza di cui sopra procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di scadenza; prevedere che la presente disposizione non si applichi ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità;
s) prevedere che:
1) siano attribuite al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;
2) siano indicati i criteri per l'assegnazione al dirigente dell'ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l'espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;
3) sia assegnata al dirigente dell'ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e con il programma annuale delle attività e gli sia attribuito l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
4) entro trenta giorni dall'emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell'anno; il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell'anno; nell'ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze;
t) prevedere che:
1) presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, l'organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale siano affidate a un direttore tecnico, avente la qualifica di dirigente generale, nominato dal Ministro della giustizia, al quale sono attribuiti i compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonché di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia;
2) per ciascuna corte di appello di cui al numero 1):
2.1) sia istituita una struttura tecnico-amministrativa di supporto all'attività del direttore tecnico, composta da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2 e che, nell'ambito di dette posizioni economiche, in sede di prima applicazione, sia possibile avvalersi di personale tecnico estraneo all'Amministrazione;
2.2) le strutture di cui al numero 2.1) siano allestite attraverso il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.
2. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l'istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:
1) all'organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
2) all'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;
4) all'offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;
b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell'organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero non superiore a cinquanta unità, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;
c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l'una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l'altra all'aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;
d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di ventiquattro mesi e che sia articolato in sessioni della durata di sei mesi quella presso la Scuola superiore della magistratura e di diciotto mesi quella presso gli uffici giudiziari, dei quali sette mesi in un collegio giudicante, tre mesi in un ufficio requirente di primo grado e otto mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;
e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;
f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della Scuola;
g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell'uditore giudiziario;
h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull'uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all'assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;
i) prevedere che, in caso di deliberazione finale negativa, l'uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un'ulteriore deliberazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;
l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo Presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell'ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;
m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all'esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, comunque non superiore a cinque, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);
n) prevedere che, nella programmazione dell'attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;
o) prevedere l'obbligo del magistrato a partecipare ogni cinque anni, se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori il cui esito abbia la validità prevista dal comma 1, lettera l), numero 12), con facoltà del capo dell'ufficio di rinviare la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;
p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale e di proficua partecipazione del magistrato al corso, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;
q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;
r) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;
s) prevedere che, al settimo anno dall'ingresso in magistratura, i magistrati che non abbiano effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa, previsto dal comma 1, lettera g), numeri 1) e 3), debbano frequentare presso la Scuola superiore della magistratura il corso di aggiornamento e formazione alle funzioni da loro svolte e, all'esito, siano sottoposti dal Consiglio superiore della magistratura, secondo i criteri indicati alla lettera t), a giudizio di idoneità per l'esercizio in via definitiva delle funzioni medesime; che, in caso di esito negativo, il giudizio di idoneità debba essere ripetuto per non più di due volte, con l'intervallo di un biennio tra un giudizio e l'altro; che, in caso di esito negativo di tre giudizi consecutivi, si applichi l'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, dopo aver frequentato l'apposito corso di aggiornamento e formazione presso la Scuola superiore della magistratura, il cui esito è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano sottoposti da parte di quest'ultimo a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall'attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall'equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera p); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall'ingresso in magistratura e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta ed alla settima classe stipendiale possa essere disposto solo in caso di valutazione positiva; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l'intervallo di un biennio tra una valutazione e l'altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l'elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.
3. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), da un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità in servizio presso la Corte di cassazione, da un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità in servizio presso la Procura generale della Corte di cassazione, da un professore ordinario di università in materie giuridiche e da un avvocato con venti anni di esercizio della professione che sia iscritto da almeno cinque anni nell'albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all'articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;
b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;
c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente, il Procuratore generale della medesima Corte e il Presidente del Consiglio nazionale forense;
d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r) e v) per i consigli giudiziari presso le corti d'appello;
f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d'appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
g) prevedere che nei distretti nei quali prestino servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da sette magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);
i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;
l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente, il procuratore generale della corte d'appello ed il presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d'appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;
o) prevedere che l'elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l'elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati, quattro seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;
p) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un'anzianità di servizio non inferiore a venti anni;
q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d'appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;
r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:
1) parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;
2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull'attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell'equilibrio nell'esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dal comma 1 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica. Ai fini sopra indicati, il consiglio giudiziario dovrà acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell'azione disciplinare;
4) vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;
5) formulazione di pareri e proposte sull'organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;
6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;
7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all'adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall'impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;
s) prevedere che i consigli giudiziari formulino pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;
t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;
u) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5);
v) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.
4. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell'azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;
b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un procuratore aggiunto alla funzione del vicario, nonché uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell'attività di un settore di affari;
c) prevedere che il procuratore della Repubblica determini i criteri per l'organizzazione dell'ufficio e quelli ai quali si uniformerà nell'assegnazione della trattazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti o ai magistrati del proprio ufficio, precisando per quali tipologie di reato riterrà di adottare meccanismi di natura automatica; di tali criteri il procuratore della Repubblica deve dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell'adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione il provvedimento di revoca della delega alla trattazione di un procedimento e le eventuali osservazioni formulate dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui è stata revocata la delega; che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri generali cui i magistrati addetti all'ufficio devono attenersi nell'impiego della polizia giudiziaria, nell'utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell'ufficio e nella impostazione delle indagini;
d) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), sia abrogato l'articolo 7-ter, comma 3, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall'articolo 6 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;
e) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell'arresto o del sequestro ovvero, limitatamente alle misure cautelari reali, nelle ipotesi che il procuratore della Repubblica, in ragione del valore del bene o della rilevanza del fatto per cui si procede, riterrà di dovere indicare con apposita direttiva;
f) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell'ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero 3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra;
g) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale, nonché il rispetto dell'adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.
5. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d'appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d'appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;
b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d'appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;
c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l'ufficio del massimario e del ruolo;
d) prevedere che il servizio prestato per almeno otto anni presso l'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell'attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità;
e) prevedere l'abrogazione dell'articolo 116 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e prevedere che all'articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n. 12 del 1941 siano soppresse le parole: «di appello e».
6. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l'esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all'individuazione delle relative sanzioni;
b) prevedere:
1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio;
2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;
3) che anche fuori dall'esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell'istituzione;
4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);
c) salvo quanto stabilito dal numero 11), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; l'omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato; l'omessa comunicazione al capo dell'ufficio delle avvenute interferenze da parte del magistrato destinatario delle medesime;
3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l'adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l'indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio, se manca l'autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;
4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario; per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti; l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell'organo competente;
5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato;
6) il tenere rapporti in relazione all'attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste al comma 4, lettera f); il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l'utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati; il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura;
7) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;
8) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio; l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);
9) l'adozione di provvedimenti abnormi ovvero di atti e provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;
10) l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;
11) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l'attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale;
d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell'esercizio delle funzioni:
1) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;
2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l'intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;
3) l'assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell'organo competente;
4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all'assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);
5) l'ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere indagati, parti offese, testimoni o comunque coinvolti in procedimenti penali o civili pendenti presso l'ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di corte d'appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro;
6) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo;
7) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l'esercizio delle funzioni giudiziarie;
8) l'iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o affaristici che possano condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque appannare l'immagine del magistrato;
9) ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza;
10) l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste;
e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:
1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;
2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;
3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell'arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;
4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non può essere iniziata o proseguita;
f) prevedere come sanzioni disciplinari:
1) l'ammonimento;
2) la censura;
3) la perdita dell'anzianità;
4) l'incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;
5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
6) la rimozione;
g) stabilire che:
1) l'ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all'osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all'illecito commesso;
2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;
3) la sanzione della perdita dell'anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;
4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l'esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l'ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;
5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;
6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;
7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;
8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;
h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
3) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);
4) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;
5) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera c);
6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;
7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni;
8) la scarsa laboriosità, se abituale;
9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;
10) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;
11) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l'entità e la natura dell'incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità;
i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell'anzianità:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano grave ed ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
3) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);
l) stabilire che:
1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l'interferenza nell'attività di altro magistrato da parte del dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;
2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l'accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l'accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l'entità e la natura dell'incarico il fatto si appalesi di particolare gravità;
3) sia rimosso il magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dalla lettera d), numero 5), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso codice;
m) stabilire che, nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell'inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell'inosservanza dell'obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;
n) prevedere che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, possa essere disposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma dell'articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera m) e dalla prima parte della presente lettera, in sede di procedimento disciplinare, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni possano essere disposti con procedimento amministrativo dal Consiglio superiore della magistratura solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità; prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), i procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dal presente comma siano trasmessi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all'azione disciplinare;
o) prevedere la modifica dell'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;
p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all'entità dell'organico nonché alla diversità di incarico, l'incompatibilità per il magistrato a svolgere l'attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;
q) equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni.
7. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all'attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;
b) stabilire che:
1) l'azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia;
2) entro un anno dall'inizio del procedimento debba essere richiesta l'emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l'incolpato vi consenta;
3) il corso dei termini sia sospeso:
3.1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;
3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;
3.3) se l'incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;
3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore;
c) prevedere che:
1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;
2) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al Procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;
3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;
4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest'ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l'inizio del procedimento;
5) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;
d) stabilire che:
1) dell'inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all'incolpato con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L'incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;
2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all'incolpato o dall'avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;
3) per l'attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti; si applica comunque quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale; prevedere che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritenga necessario ai fini delle sue determinazioni sull'azione disciplinare, possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto; prevedere altresì che nel caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica comunichi motivatamente che dalla loro pubblicizzazione possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale disponga con decreto che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo periodo;
4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d'appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto;
5) al termine delle indagini, il Procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all'incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell'incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;
e) prevedere che:
1) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l'incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale; il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell'atto;
2) il Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero abbia chiesto l'integrazione della contestazione, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di proporre opposizione entro dieci giorni, presentando memoria. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti;
3) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 1), possa chiedere l'integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
4) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;
5) il decreto di cui al numero 4) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonché al difensore di quest'ultimo se già designato e al Ministro della giustizia;
6) nel caso in cui il Procuratore generale ritenga che si debba escludere l'addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, con invio di copia dell'atto;
7) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 6), possa richiedere copia degli atti del procedimento nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione;
8) decorsi i termini di cui al numero 7), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 4) e 5). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 4) e 5) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;
9) della data fissata per la discussione orale sia dato avviso al Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, il quale può esercitare la facoltà di partecipare all'udienza delegando un magistrato dell'Ispettorato generale;
10) il delegato del Ministro della giustizia possa presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l'incolpato;
f) prevedere che:
1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;
2) l'udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all'ufficio che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;
3) la sezione disciplinare possa assumere anche d'ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell'incolpato e del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti; resta fermo quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;
4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l'assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero, del delegato del Ministro della giustizia e della difesa dell'incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;
5) se non è raggiunta prova sufficiente dell'addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;
6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;
7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;
g) stabilire che:
1) l'azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall'azione civile di risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);
2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso;
h) prevedere che:
1) a richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;
2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d'ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d'ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;
3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 6;
4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell'articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);
i) prevedere che:
1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l'esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell'inizio del procedimento disciplinare;
2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l'interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;
3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d'ufficio;
4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4);
l) prevedere che:
1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l'incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;
2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;
m) prevedere che:
1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l'assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;
2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;
3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l'incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;
n) prevedere che:
1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:
1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;
1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l'insussistenza dell'illecito;
1.3) il giudizio di responsabilità e l'applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;
2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l'addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d'ufficio;
3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;
4) l'istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;
5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all'istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;
6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);
7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l'osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;
8) contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;
9) in caso di accoglimento dell'istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;
10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati.
8. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera g), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che semestralmente, a cura del Consiglio superiore della magistratura, sia reso noto l'elenco degli incarichi extragiudiziari il cui svolgimento è stato autorizzato dal Consiglio stesso, indicando l'ente conferente, l'eventuale compenso percepito, la natura e la durata dell'incarico e il numero degli incarichi precedentemente assolti dal magistrato nell'ultimo triennio;
b) prevedere che analoga pubblicità semestrale sia data, per i magistrati di rispettiva competenza, dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dal Consiglio di presidenza della Corte dei conti, dal Consiglio della magistratura militare e dal Ministero della giustizia relativamente agli avvocati e procuratori dello Stato;
c) prevedere che la pubblicità di cui alle lettere a) e b) sia realizzata mediante pubblicazione nei bollettini periodici dei rispettivi Consigli e Ministero.
9. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 3, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 1998-1999;
b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3.1), 3.2), 4.1), 4.2), 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l'entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2;
c) prevedere che i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), entro il termine di tre mesi dalla predetta data, possano richiedere il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa; l'effettivo mutamento di funzioni, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, si realizzerà nel limite dei posti vacanti individuati annualmente nei cinque anni successivi; che, ai fini del mutamento di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura formerà la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell'eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali si chiede il mutamento e, a parità o in assenza di anzianità, sulla base dell'anzianità di servizio; che la scelta nell'ambito dei posti vacanti avvenga secondo l'ordine di graduatoria e debba comunque riguardare un ufficio avente sede in un diverso circondario nell'ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado e un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, nell'ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado; che il rifiuto del magistrato richiedente ad operare la scelta secondo l'ordine di graduatoria comporti la rinuncia alla richiesta di mutamento nelle funzioni;
d) prevedere che le norme di cui ai numeri 3.1), 3.2), 4.1) e 4.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
e) prevedere che le norme di cui ai numeri 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
f) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere d) ed e), per un periodo di tempo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), e fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l'effettivo conferimento rispettivamente delle funzioni di appello giudicanti o requirenti e di quelle giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte nell'ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda previsti dal comma 1, lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9), e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell'accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, decorso tale periodo, ai magistrati di cui alla lettera e), fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi per titoli ed esami, le assegnazioni per l'effettivo conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte, previo concorso per titoli ed a condizione che abbiano frequentato l'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, nell'ambito dei posti vacanti di cui al comma 1, lettera l), numeri 7.1) e 9.1); prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto dal comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alle lettere d) ed e) il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado; prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alla lettera e) il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità; prevedere che i magistrati di cui alla lettera e) per un periodo di tempo non superiore a cinque anni e fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, possano ottenere il conferimento degli incarichi direttivi di cui al comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità rispettivamente previsti nei predetti numeri;
g) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), esercitano funzioni direttive ovvero semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l'assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadano restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell'organico complessivo della magistratura;
h) prevedere che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera r), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell'incarico nello stesso ufficio, possano permanervi, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente e dai commi 27 e 28, fermo restando che, una volta ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento eventualmente richiesto, si applicano le norme di cui al citato comma 1, lettera r);
i) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 5 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:
1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;
2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;
l) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera i) del presente comma;
m) prevedere per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultino fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a):
1) che i magistrati in aspettativa per mandato elettorale vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o);
2) che i magistrati fuori ruolo che, all'atto del ricollocamento in ruolo, non abbiano compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
3) che i magistrati fuori ruolo che, all'atto del ricollocamento in ruolo, abbiano compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo la disciplina in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
4) che resta fermo per il ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
n) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a):
1) ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, lettera m), numeri 5) e 8), e lettera o), e in via transitoria dalla lettera m) del presente comma, numeri 1), 2) e 3), non sia consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale;
2) che la disposizione di cui al numero 1) non si applichi in caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza;
3) che nel caso in cui venga disposto il tramutamento per le ragioni indicate al numero 2) non sia consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.
10. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all'entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i), numero 6), del comma 1, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista all'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;
b) prevedere che detta disciplina sia adottata sulla base delle ordinarie vacanze di organico dei medesimi uffici direttivi e, comunque, entro il limite di spesa di euro 9.750.000 per l'anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall'anno 2006.
11. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 10 si applica la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 1.
12. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia. Nell'attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria;
b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;
c) riserva all'amministrazione centrale:
1) del servizio del casellario giudiziario centrale;
2) dell'emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;
3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;
4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;
5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;
6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;
7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;
8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;
9) dei provvedimenti disciplinari superiori all'ammonimento e alla censura;
10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.
13. Per gli oneri di cui al comma 12 relativi alla locazione degli immobili, all'acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa massima di euro 2.640.000 per l'anno 2005 e di euro 5.280.000 a decorrere dall'anno 2006, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
14. Per gli oneri di cui al comma 12 relativi al personale, valutati in euro 3.556.928 per l'anno 2005 e in euro 7.113.856 a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del presente comma, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
15. In ogni caso, le disposizioni attuative della delega di cui al comma 12 non possono avere efficacia prima della data del 1o luglio 2005.
16. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 12 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell'articolo 1.
17. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell'articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell'articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;
b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;
c) prevedere che per l'elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.
18. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 17 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell'articolo 1.
19. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.
20. Per l'emanazione del decreto legislativo di cui al comma 19 si applicano le disposizioni del comma 4 dell'articolo 1.
21. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 19, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.
22. Il trasferimento a domanda di cui all'articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell'articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari compatibilmente con quanto previsto dal comma 6, lettera p), con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell'appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.
23. Le disposizioni di cui al comma 22 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 1.
24. Le disposizioni di cui al comma 22 si applicano anche se, alla data della loro entrata in vigore ovvero successivamente alla data del matrimonio, il magistrato, esclusivamente in ragione dell'obbligo di residenza nella sede di servizio, non è residente nello stesso luogo del coniuge ovvero non è con il medesimo stabilmente convivente.
25. Il trasferimento effettuato ai sensi dei commi 22 e 24 non dà luogo alla corresponsione di indennità di trasferimento.
26. Dalle disposizioni di cui ai commi 22 e 24 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
27. All'articolo 7-bis, comma 2-ter, primo periodo, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall'articolo 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
28. All'articolo 57, comma 3, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, e successive modificazioni, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
29. All'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 86 è sostituito dal seguente:
«Art. 86. (Relazioni sull'amministrazione della giustizia). - 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull'amministrazione della giustizia nel precedente anno nonché sugli interventi da adottare ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l'anno in corso. Entro i successivi dieci giorni, sono convocate le assemblee generali della Corte di cassazione e delle corti di appello, che si riuniscono, in forma pubblica e solenne, con la partecipazione del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, dei procuratori generali presso le corti di appello e dei rappresentanti dell'avvocatura, per ascoltare la relazione sull'amministrazione della giustizia da parte del primo Presidente della Corte di cassazione e dei presidenti di corte di appello. Possono intervenire i rappresentanti degli organi istituzionali, il Procuratore generale e i rappresentanti dell'avvocatura»;
b) l'articolo 89 è abrogato;
c) il comma 2 dell'articolo 76-ter è abrogato.
30. Nella provincia autonoma di Bolzano restano ferme le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare il titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
31. Ai magistrati in servizio presso gli uffici aventi sede nella provincia autonoma di Bolzano, assunti in esito a concorsi speciali ai sensi degli articoli 33 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni contenenti le previsioni sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché sulla durata massima dello svolgimento di un identico incarico presso il medesimo ufficio, in quanto compatibili con le finalità dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, anche tenendo conto delle esigenze di funzionamento degli uffici giudiziari di Bolzano. I predetti magistrati possono comunque concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi e semidirettivi, di uguale o superiore grado, nonché mutare dalla funzione giudicante a requirente, e viceversa, in sedi e uffici giudiziari posti nel circondario di Bolzano alle condizioni previste dal comma 1, lettera g), numeri da 1) a 6).
32. Alle funzioni, giudicanti e requirenti, di secondo grado, presso la sezione distaccata di Bolzano della corte d'appello di Trento, nonché alle funzioni direttive e semidirettive, di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, presso gli uffici giudiziari della provincia autonoma di Bolzano, si accede mediante apposito concorso riservato ai magistrati provenienti dal concorso speciale di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
33. Nella tabella A allegata al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, alla voce relativa alla corte di appello di Trento - sezione distaccata di Bolzano/Bozen - tribunale di Bolzano/Bozen:
a) nel paragrafo relativo al tribunale di Bolzano, le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis» sono soppresse;
b) nel paragrafo relativo alla sezione di Merano, sono inserite le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis».
34. Dopo l'articolo 1 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 133, è inserito il seguente:
«Art. 1-bis. - 1. È istituita in Bolzano una sezione distaccata della corte d'assise di appello di Trento, con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Bolzano».
35. Per le finalità di cui al comma 1, lettera q), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in euro 1.231.449 per l'anno 2005 ed euro 2.462.899 a decorrere dall'anno 2006; per l'istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui al comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), nonché lettera m), numeri 9) e 10), è autorizzata la spesa massima di euro 323.475 per l'anno 2005 ed euro 646.950 a decorrere dall'anno 2006.
36. Per le finalità di cui al comma 1, lettera t), è autorizzata la spesa massima di euro 1.500.794 per l'anno 2005 e di euro 2.001.058 a decorrere dall'anno 2006, di cui euro 1.452.794 per l'anno 2005 ed euro 1.937.058 a decorrere dall'anno 2006 per il trattamento economico del personale di cui al comma 1, lettera t), numero 2.1), nonché euro 48.000 per l'anno 2005 ed euro 64.000 a decorrere dall'anno 2006 per gli oneri connessi alle spese di allestimento delle strutture di cui al comma 1, lettera t), numero 2.2). Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
37. Per l'istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2, lettera a), è autorizzata la spesa massima di euro 6.946.950 per l'anno 2005 ed euro 13.893.900 a decorrere dall'anno 2006, di cui euro 858.000 per l'anno 2005 ed euro 1.716.000 a decorrere dall'anno 2006 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, euro 1.866.750 per l'anno 2005 ed euro 3.733.500 a decorrere dall'anno 2006 per le spese di funzionamento, euro 1.400.000 per l'anno 2005 ed euro 2.800.000 a decorrere dall'anno 2006 per il trattamento economico del personale docente, euro 2.700.000 per l'anno 2005 ed euro 5.400.000 a decorrere dall'anno 2006 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, euro 56.200 per l'anno 2005 ed euro 112.400 a decorrere dall'anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lettera l), euro 66.000 per l'anno 2005 ed euro 132.000 a decorrere dall'anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui al comma 2, lettera m).
38. Per le finalità di cui al comma 3, la spesa prevista è determinata in euro 303.931 per l'anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall'anno 2006, di cui euro 8.522 per l'anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall'anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettera a), ed euro 295.409 per l'anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall'anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettere f) e g).
39. Per le finalità di cui al comma 5, la spesa prevista è determinata in euro 629.000 per l'anno 2005 ed euro 1.258.000 a decorrere dall'anno 2006.
40. Per le finalità di cui al comma 10 è autorizzata la spesa di euro 9.750.000 per l'anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall'anno 2006. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a euro 9.750.000 per l'anno 2005, l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e quanto a euro 8.000.000 a decorrere dall'anno 2006, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
41. Agli oneri indicati nei commi 35, 37, 38 e 39, pari a euro 9.434.805 per l'anno 2005 ed euro 18.869.611 a decorrere dall'anno 2006, si provvede:
a) quanto a euro 9.041.700 per l'anno 2005 ed euro 18.083.401 a decorrere dall'anno 2006, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia;
b) quanto a euro 393.105 per l'anno 2005 ed euro 786.210 a decorrere dall'anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 30 dicembre 2004, n. 311.
42. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione dei commi 1, 2, 3 e 5, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
43. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
44. In ogni caso, le disposizioni attuative dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, lettere l), m) e q), 2, 3 e 5 non possono avere efficacia prima della data del 1o luglio 2005.
45. Nelle more dell'attuazione della delega prevista dal comma 10, non possono essere conferiti incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e non possono essere conferiti incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista dal citato articolo 5 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946. Tale disposizione si applica anche alle procedure per il conferimento degli incarichi direttivi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
46. Nelle more dell'attuazione della delega prevista al comma 17, per l'elezione dei componenti del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente; i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli.
47. Il Governo trasmette alle Camere una relazione annuale che prospetta analiticamente gli effetti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati in attuazione della presente legge.
48. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE
ART. 2.
(Principi e criteri direttivi, nonché disposizioni ulteriori).
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).
2. 1. Buemi.
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 1) con il seguente:
1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura.
2. 2. Fanfani.
Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole da: entro il terzo anno di esercizio fino a: Consiglio superiore della magistratura, per con le seguenti: i magistrati possano richiedere.
2. 3. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 1), sopprimere le parole da: nella funzione requirente fino alla fine del numero.
2. 4. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 3).
2. 5. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 3), sopprimere le parole: entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio,
2. 6. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole: entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio con le seguenti: decorsi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni requirenti.
2. 7. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera g), numero 3), aggiungere, in fine, le parole: , ferma restando la competenza del Consiglio superiore della magistratura ad esprimere la valutazione finale di idoneità al passaggio alle funzioni giudicanti.
2. 8. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 17).
2. 9. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera h), numero 17), dopo le parole: 31 maggio 1946, n. 511, aggiungere le seguenti: ovvero ancora due anni se la domanda è accompagnata dalla dichiarazione di voler permanere in servizio per i due ulteriori anni previsti dall'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503,
Conseguentemente, al medesimo comma, lettera i), numero 6), dopo le parole: 31 maggio 1946, n. 511, aggiungere le seguenti: ovvero ancora due anni se la domanda è accompagnata dalla dichiarazione di voler permanere in servizio per i due ulteriori anni previsti dall'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503.
2. 10. Buemi.
Al comma 1, lettera h), numero 17, sopprimere le parole: il cui giudizio finale è.
2. 11. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 6).
2. 12. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera i), numero 6), sopprimere le parole da: , abbiano frequentato fino a: Consiglio superiore della magistratura.
2. 14. Cusumano.
Al comma 1, lettera i), numero 6), sopprimere le parole: il cui giudizio finale è.
2. 13. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3).
2. 15. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.1), sopprimere le parole: per il 30 per cento,
Conseguentemente, alla medesima lettera:
al numero 3.2), sostituire le parole: per il 70 per cento, i con le seguenti: i restanti;
sopprimere le parole: 3.3) e 3.4);
al numero 3.5) sopprimere le parole: 3.3) e 3.4);
al numero 4.1), sopprimere le parole: per il 30 per cento,
al numero 4.2), sostituire le parole: per il 70 per cento, i con le seguenti: i restanti;
sopprimere le parole: 4.3) e 4.4);
al numero 4.5) sopprimere le parole: 4.3) e 4.4).
2. 16. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.1), sostituire le parole: 30 per cento con le seguenti: 50 per cento.
Conseguentemente, alla medesima lettera, numero 3.2), sostituire le parole: 70 per cento con le seguenti: 50 per cento.
2. 17. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.1), dopo le parole: prima parte, aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 18. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.1), sopprimere le parole da: , tenuto conto fino alla fine del numero.
2. 19. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.1), dopo le parole: giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 20. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), numero 3.2) sostituire le parole da: che abbiano conseguito fino alla fine del numero con le seguenti: , tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere i numeri 3.3) e 3.4).
2. 21. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 3.2), dopo le parole: seconda parte aggiungere le seguenti: nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 22. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.2), sopprimere le parole da: tenuto conto fino alla fine del numero.
2. 23. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.2), sopprimere le parole da: del giudizio finale fino a: di cui al comma 2 e.
2. 24. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 3.2), sostituire le parole: del giudizio finale formulato con le seguenti: della relazione conclusiva formulata.
2. 25. Cento.
Al comma 1, lettera l), numero 3.2), sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 26. Maura Cossutta.
Al comma 1, lettera l), numero 3.3), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 27. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.4).
2. 188. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), numero 3.4), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 28. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.5).
2. 189. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4).
2. 29. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), sopprimere le parole: ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte,
2. 31. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), dopo le parole: prima parte aggiungere le seguenti: , nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 32. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), sopprimere le parole da: tenuto conto del fino alla fine del numero.
2. 33. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 4.1), sostituire le parole: del giudizio finale formulato al termine con le seguenti: dell'esito finale.
2. 34. Bonito.
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), dopo le parole: giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 35. Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 36. Finocchiaro.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sostituire le parole da: che abbiano conseguito fino alla fine del numero con le seguenti: , tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere i numeri 4.3) e 4.4).
2. 38. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sostituire le parole da: abbiano conseguito fino alla fine del numero con le seguenti: risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte.
2. 37. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sopprimere le parole: per soli titoli.
2. 39. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), dopo le parole: seconda parte aggiungere le seguenti: , nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento non soggetto ad impugnativa del Consiglio superiore della magistratura.
2. 40. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 4.2), sopprimere le parole da: tenuto conto del fino alla fine del numero.
2. 41. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sostituire le parole: del giudizio finale formulato al termine con le seguenti: dell'esito finale.
2. 42. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), dopo le parole: giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 43. Annunziata.
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 44. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.3), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 45. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.4).
2. 191. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), numero 4.4), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 46. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.5).
2. 192. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), numero 4.5), sopprimere le parole da: , acquisito il parere motivato fino a: requirenti di secondo grado,
2. 47. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.5), sopprimere le parole: e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado.
2. 48. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.5), sopprimere le parole da: ai candidati risultati idonei fino alla fine del numero.
2. 49. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 4.5), sopprimere le parole: , scritti ed orali.
2. 50. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 5).
2. 51. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 6).
2. 52. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7).
2. 53. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 7) con il seguente:
7) annualmente il Consiglio superiore della magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell'ordine con le seguenti modalità:
7.1) ai magistrati che esercitino o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
2. 55. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sostituire i numeri 7), 7.1) e 7.2) con i seguenti:
7) annualmente il Consiglio superiore della magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell'ordine con le seguenti modalità:
7.1) ai magistrati che esercitino o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2;
7.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3).
Conseguentemente, alla medesima lettera:
sopprimere i numeri 7.3) e 7.4);
al numero 7.5), sopprimere le parole: 7.3) e 7.4);
sostituire i numeri 9), 9.1) e 9.2) con i seguenti:
9) annualmente il Consiglio superiore della magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell'ordine con le seguenti modalità:
9.1) ai magistrati che esercitano o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
9.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3).
sopprimere i numeri 9.3) e 9.4);
al numero 9.5), sopprimere le parole: 9.3) e 9.4).
2. 54. Mantini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.1).
2. 56. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sostituire le parole da: ai magistrati che esercitino fino alla fine del numero con le seguenti: , prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3).
2. 57. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sopprimere le parole da: e che abbiano conseguito fino alla fine del numero.
2. 58. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l) numero 7.1), sostituire le parole da: e che abbiano conseguito fino alla fine del numero con le seguenti: , tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 7.3).
2. 59. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sopprimere le parole: per soli titoli.
2. 60. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), dopo le parole: giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio superore della magistratura.
2. 61. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 62. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), sostituire le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso con le seguenti: con deliberazione del Consiglio superiore della magistratura.
2. 63. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.1), aggiungere, in fine, le parole: , ferma restando la competenza del Consiglio superiore della magistratura ad esprimere la valutazione finale di idoneità al passaggio alle funzioni superiori.
2. 64. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.2).
2. 65. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), sopprimere le parole da: ovvero ai magistrati fino alla fine del numero con le seguenti: tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 7.4).
2. 66. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), sostituire le parole: tre anni con le seguenti: cinque anni.
2. 67. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), sopprimere le parole da: , e che abbiano conseguito l'idoneità fino alla fine del numero.
2. 68. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2) sopprimere le parole da: tenuto conto del fino alla fine del numero.
2. 69. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), dopo le parole: tenuto conto del giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 70. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.2), aggiungere, in fine, le parole: , ferma restando la competenza del Consiglio superiore della magistratura ad esprimere la valutazione finale di idoneità al passaggio alle funzioni giudicanti.
2. 71. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.3).
2. 193. Pisapia.
Al comma, lettera 1), numero 7.4), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 72. Cusumano.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.5).
2. 73. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.5), sopprimere le parole da: , acquisito il parere motivato fino a: delle funzioni giudicanti di legittimità,
2. 74. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 7.5), sopprimere le parole: e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità.
2. 75. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 8).
2. 76. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 8), sostituire le parole: di prima fascia con la seguente: ordinari.
2. 77. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9).
2. 78. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9), sostituire le parole da: con le seguenti modalità fino alla fine del numero, con le seguenti: ai magistrati requirenti che abbiano frequentato un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura.
2. 79. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.1).
2. 80. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sopprimere le parole da: e che abbiano conseguito l'idoneità sino alla fine del numero.
2. 82. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sostituire le parole da: e che abbiano fino alla fine del numero con le seguenti: , tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 9.3).
2. 81. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sopprimere le parole: per soli titoli.
2. 83. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), dopo le parole: lettera f), numero 3), prima parte aggiungere le seguenti: , nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento del Consiglio superiore della magistratura non soggetto ad impugnativa.
2. 84. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), dopo le parole: tenuto conto del giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 85. Carboni.
Al comma 1, lettera l), numero 9.1), sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 86. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.2.
2. 87. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), sostituire le parole da: ovvero ai magistrati che fino alla fine del numero con le seguenti: , tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 9.4).
2. 88. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), sopprimere le parole da: e che abbiano conseguito l'idoneità fino alla fine del numero.
2. 89. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), dopo le parole: seconda parte aggiungere le seguenti: , nonché siano giudicati idonei all'incarico con provvedimento del Consiglio superiore della magistratura non soggetto ad impugnativa.
2. 90. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), sopprimere le parole da: tenuto conto del fino alla fine del numero.
2. 91. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), dopo le parole: tenuto conto del giudizio finale formulato aggiungere le seguenti: dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 92. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.2), sopprimere le parole: e del giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso.
2. 93. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.3).
2. 195. Pisapia.
Al comma 1, lettera l), numero 9.3), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 94. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.4), sopprimere le parole: ed espletato nello stesso anno.
2. 95. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.5).
2. 96. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.5), sopprimere le parole da: , acquisito il parere motivato fino a: delle funzioni requirenti di legittimità,
2. 97. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.5), sopprimere le parole: e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità.
2. 98. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 9.5), sopprimere le parole: per soli titoli o.
2. 99. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 10.
2. 100. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 10), sostituire le parole: di prima fascia con la seguente: ordinari.
2. 101. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 12).
2. 102. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera l), numero 12), sostituire le parole: sette anni con le seguenti: nove anni.
2. 103. Maura Cossutta, Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere i numeri 1) e 2).
2. 104. Zaccaria.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1).
2. 105. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 1), sostituire le parole da: consistono fino alla fine del numero 2) con le seguenti: e semidirettivi consistono nella valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa;
2. 106. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 1), sopprimere le parole: dei titoli,
2. 107. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 1), dopo le parole: dei consigli giudiziari aggiungere le seguenti: , nei casi di competenza,
Conseguentemente, alla medesima lettera, numero 2), dopo le parole: dei consigli giudiziari aggiungere le seguenti: , nei casi di competenza,
2. 108. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 1), sopprimere le parole da: il Ministro della giustizia fino alla fine del numero.
2. 109. Siniscalchi.
Al comma 1, lettera m), numero 1), sostituire le parole da: il Ministro della giustizia fino alla fine del numero con le seguenti: è esclusa la legittimazione del Ministro della giustizia all'impugnazione delle delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi.
2. 110. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 1), dopo le parole: in relazione a quanto previsto dall'articolo 11 della predetta legge, aggiungere la seguente: non.
2. 111. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 2).
2. 113. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sopprimere le parole: , dei titoli.
2. 114. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sostituire le parole da: il Consiglio superiore delle magistratura fino alla fine del numero con le seguenti: la valutazione è operata dal Consiglio superiore della magistratura.
2. 115. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sostituire le parole: acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed con la seguente: acquisito.
2. 116. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m) numero 2), dopo le parole: consigli giudiziari aggiungere le seguenti: , ove previsto.
2. 117. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 2), sopprimere le parole: , tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo.
2. 118. Kessler.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 9).
2. 119. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 9), sostituire le parole: direttive giudicanti di legittimità con le seguenti: direttive giudicanti;
Conseguentemente, al numero 10):
sostituire le parole: direttive requirenti di legittimità con le seguenti: direttive requirenti superiori;
sostituire le parole: funzioni requirenti di legittimità con le seguenti: funzioni direttive requirenti.
2. 120. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 9), sostituire le parole: di prima fascia con la seguente: ordinari.
2. 121. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 10).
2. 122. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 1, lettera m), numero 10), sostituire le parole: di prima fascia con la seguente: ordinari.
2. 123. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera l), dopo le parole: Presidente della Corte di cassazione aggiungere le seguenti: , che la presiede,
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere le parole: ; prevedere che, nell'ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente;
2. 124. Maura Cossutta.
Al comma 2, lettera m), sostituire le parole: un comitato di gestione con le seguenti: un comitato di coordinamento.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sostituire le parole: il comitato di gestione con le seguenti: il comitato di coordinamento.
2. 125. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera m), sostituire le parole: non superiore a cinque con le seguenti: non inferiore a quattro e non superiore a sette.
2. 126. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: , garantendo, comunque, che la maggioranza dei componenti di ciascun comitato sia costituita da magistrati ordinari e che, comunque, al suo interno siano rappresentate tutte le componenti del comitato direttivo di cui alla lettera l).
2. 127. Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera o), sostituire le parole: l'obbligo del magistrato a con le seguenti: la possibilità per il magistrato di.
2. 198. Pisapia.
Al comma 2, lettera o), sopprimere le parole: il cui esito abbia la validità prevista dal comma 1, lettera l), numero 12),
2. 128. Fanfani, Finocchiaro, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, sopprimere la lettera t).
2. 129. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera t) sopprimere le parole: , i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità,
2. 130. Cento, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera t), sopprimere le parole: , dalla disponibilità alle esigenze del servizio.
2. 131. Maura Cossutta, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Pisapia, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 2, lettera t), sostituire la parola: biennio con la seguente: triennio.
2. 132. Pisapia, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Sopprimere il comma 29.
2. 133. Cusumano, Finocchiaro, Fanfani, Buemi, Cento, Maura Cossutta, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 29, sopprimere la lettera a).
2. 134. Finocchiaro.
Al comma 29, lettera a), capoverso Art. 86, primo periodo, sopprimere le parole da: , il Ministro fino a: Entro i successivi dieci giorni.
2. 136. Buemi, Finocchiaro, Fanfani, Cento, Maura Cossutta, Cusumano, Mantini, Bonito, Zaccaria, Kessler, Annunziata, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 29, lettera a), capoverso Art. 86, primo periodo, sostituire le parole da: , il Ministro della giustizia fino alla fine del capoverso con le seguenti: si riuniscono in forma pubblica le assemblee generali della Corte di cassazione e delle corti di appello. Il Procuratore Generale rivolge una relazione sull'amministrazione della giustizia nel proprio ambito di competenza nel decorso anno. Alla discussione possono in ogni caso intervenire i rappresentanti degli organi istituzionali e i rappresentanti dell'avvocatura.
2. 135. Fanfani.
Sopprimere il comma 45.
2. 137. Zaccaria.
Al comma 45, primo periodo, sopprimere le parole da: non possono essere conferiti fino a: 31 maggio 1946, n. 511, e.
2. 139. Finocchiaro, Cento, Buemi, Maura Cossutta, Pisapia, Cusumano, Bonito, Kessler, Carboni, Siniscalchi, Mancini.
Al comma 45, sopprimere il secondo periodo.
2. 138. Cento.
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
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659.
Seduta di MERCOLEDì 20 LUGLIO 2005
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI
indi DEI VICEPRESIDENTI PUBLIO FIORI E FABIO MUSSI
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, già approvato dal Senato: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo, dopo la votazione dell'articolo 1 e l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 2, ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo 2 del disegno di legge n. 4636-bis-D, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A della seduta del 19 luglio 2005 - A.C. 4636-bis-D sezione 6).
(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo 2 - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, i deputati Verdi voteranno contro la fiducia al Governo. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una decisione dell'esecutivo che tende a mettere il bavaglio alla normale e ordinaria dialettica parlamentare per nascondere le proprie divisioni, i propri fallimenti e l'incapacità di affrontare e risolvere le emergenze che pure esistono sul terreno dell'amministrazione della giustizia.
Questa volta, peraltro, la richiesta di fiducia ha un significato politico e istituzionale ancora più grave. Con questo atto del Governo decade, infatti, la possibilità da parte del CSM di esprimere pareri sull'insieme di questa riforma e, in particolare, sul cosiddetto emendamento Bobbio. Le stesse polemiche di questi giorni contro l'autonomia del CSM sono il segno di un nervosismo crescente e inaccettabile che caratterizza il centrodestra anche nelle polemiche con gli altri poteri di rilevanza costituzionale.
Preoccupa il crescente tentativo da parte del Governo e di esponenti della maggioranza di centrodestra di coinvolgere nella polemica lo stesso Presidente della Repubblica. Basta vedere la discussione che si è aperta sulla possibile data delle elezioni politiche del 2006.
Come non sottolineare, inoltre, che la richiesta di fiducia del Governo sulla riforma dell'ordinamento giudiziario giunge dopo che la Presidenza della Repubblica aveva rinviato alle Camere il primo testo approvato dal Parlamento, sottolineandone, in almeno quattro punti che condizionano tutta la riforma, gli aspetti di incostituzionalità?
La riforma dell'ordinamento giudiziario, che è all'esame del Parlamento dopo il rinvio del Presidente della Repubblica, non ha trovato risposte adeguate ai rilievi ad essa formulati. Anzi, il lavoro parlamentare di questi giorni non solo non ha risolto i problemi di incostituzionalità ma, semmai, ne ha evidenziati altri, come dimostrano anche le pregiudiziali che i rappresentanti dell'opposizione avevano portato all'attenzione di questa Assemblea.
La riforma dell'ordinamento giudiziario è sbagliata e inutile nell'affrontare le vere questioni dell'emergenza giustizia. Tale riforma mette a rischio l'autonomia e l'indipendenza della magistratura ed è stata utilizzata come una clava nei confronti di un corpo dello Stato su cui, invece, era necessario intervenire con riforme meditate, condivise e capaci di segnare una crescita nel sistema di garanzie del nostro paese.
La volontà autoritaria del Governo e della maggioranza nel chiudere ogni spiraglio di discussione ha anche reso impossibile un confronto sereno, che pure i Verdi avevano sollecitato, sulla necessità di affrontare il tema della separazione delle funzioni e delle carriere dei magistrati. Anche su quel tema avete preferito chiudere il confronto, utilizzare quello strumento come elemento di forza nel rapporto tra maggioranza ed opposizione e, sostanzialmente, sacrificarlo alla volontà del Governo di un uso politico e strumentale della stessa riforma dell'ordinamento della giustizia.
Noi avevamo sollecitato altre priorità. Il paese ha bisogno di interventi legislativi, che in questi quattro anni il Governo non ha saputo mettere in campo, atti a rendere celere il processo nel nostro paese ed a garantire un equilibrato e certo sistema delle sanzioni penali.
PRESIDENTE. Onorevole Cento...
PIER PAOLO CENTO. Concludo, signor Presidente.
Il paese ha bisogno di interventi legislativi atti a tutelare un nuovo sistema di garanzie per il cittadino, sia quando si trova nella veste di imputato, sia quando si trova nella veste di parte offesa.
Insomma, vi è stato un fallimento del Governo. Noi Verdi voteremo contro la fiducia per segnalare ancora una volta il fallimento sulla giustizia ed il fallimento complessivo delle politiche del Governo e per ribadire la necessità di andare al più presto ad elezioni politiche per ridare la parola ai cittadini e consentire loro di scegliere un Parlamento ed un Governo adeguati alle emergenze di questo paese (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione e Misto-SDI-Unità Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voteremo contro la fiducia posta da un Governo che, evidentemente, non si fida neppure della propria maggioranza. La fiducia è stata posta su un provvedimento la cui incostituzionalità e le cui aberrazioni sono state più volte ricordate in quest'aula. Non ci tornerò, se non per ribadire che l'indipendenza della magistratura non è principio a tutela della magistratura medesima, ma a tutela del più sacro dei principi costituzionali: quello dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Una magistratura umiliata e subalterna di fronte al potere politico non è certo in grado di assolvere a tale principio.
In fondo è proprio questo il vostro disegno: colpire ulteriormente, anche attraverso questo provvedimento di controriforma dell'ordinamento giudiziario, l'impianto della Costituzione, non a caso in via di complessivo smantellamento per la vostra iniziativa controriformatrice.
Attraverso un garantismo fasullo - nel quale ogni tanto casca, a dir la verità, anche qualche esponente della sinistra - avete più volte colpito il principio di eguaglianza. Tutte le vostre leggi sulla giustizia sono ispirate al medesimo criterio: ipergaranzie per i potenti, per la gente comune tolleranza zero, la marginalità, il dissenso sociale. Forti con i deboli e deboli con i forti.
Il falso in bilancio, le rogatorie internazionali, il rientro dei capitali illegalmente esportati all'estero, la brusca frenata sulla cooperazione internazionale in campo giudiziario, la Cirami, il lodo Schifani, la cosiddetta legge salva Previti, gli attacchi al CSM sono tutte misure che hanno a che fare con processi ai cosiddetti colletti bianchi, alla classe dirigente. Per gli altri, viceversa, tolleranza zero. Ricordate l'emendamento sulla tortura? Poi è stato ritirato, ma fu approvato da una sciagurata maggioranza parlamentare. Inoltre, vi sono state le richieste di taglie, quelle di armare i privati cittadini, la castrazione, da ultimo i controlli sulla saliva per gli immigrati, sino alle recenti ipotesi di raddoppio del fermo di polizia giudiziaria ed ai controlli a poste e telefoni in palese violazione della privacy, quella di tutti, indiscriminatamente.
A tutto ciò si affiancano leggi già approvate o in itinere: la Bossi-Fini, la legge Fini sulle tossicodipendenze, ma anche la ripresa delle schedature dei sindacalisti nelle fabbriche e l'obbrobrio di Bolzaneto e della scuola Diaz, che non dobbiamo dimenticare.
Nulla, ripeto, nulla è stato fatto per la giustizia dei comuni cittadini, per ridurre le lungaggini, drasticamente aumentate, i ritardi, le carenze negli organici, le esigenze del processo civile, di quello fallimentare e delle esecuzioni. Non è stato fatto niente che possa aiutare in questa direzione: solo protezioni per i ricchi ed i potenti, ed attacco e delegittimazione, sino all'intimidazione, della magistratura, che è una vera e propria ossessione del premier, come tutti sappiamo.
Allora, cari colleghi dell'opposizione, spero che a nessuno sfugga la gravità del momento. Nessuna apertura da parte nostra a tentazioni cosiddette bipartisan, ad accordi o «accordicchi». Tutto ciò ci è già costato carissimo in altre epoche, anche recenti. Nessuna scorciatoia rispetto a presunti pacchetti sicurezza, con l'alibi del terrorismo: misure del tutto inutili contro il terrorismo e gravemente limitatrici della libertà personale di ciascuno di noi e delle garanzie costituzionali. Questa volta sì che parliamo di garanzie, perché riguardano tutti i cittadini e non solo una parte di essi. E quanto inefficaci siano queste misure lo dice proprio l'orrendo attentato di Londra, ove era stato approvato un pacchetto di modifiche legislative limitatrici appunto della libertà personale, ma che non hanno certo impedito l'attentato.
Da qui alle elezioni, il nostro dovere è quello dell'opposizione. Sulla giustizia abbiamo le carte in regola, perché quando abbiamo governato noi furono approvate leggi solo nell'interesse dei cittadini e della giustizia comune, per migliorare il servizio giustizia, ma anche perché fummo noi ad approvare la modifica costituzionale del cosiddetto giusto processo, nella direzione di una vera politica di garanzie, quelle di tutti.
Opposizione, dunque, rigorosa e, al contempo, costruttiva, indicando cosa dovremo fare noi quando, spero tra breve, torneremo a governare, a cominciare dall'impegno, quando ci saremo di nuovo noi - dopo il disfacimento di questi ultimi cinque anni! -, che questa controriforma dell'ordinamento giudiziario non ci limiteremo blandamente a correggerla. No, noi questa legge la dovremo drasticamente abrogare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Socialisti democratici italiani negheranno la loro fiducia a questo Governo. Ciò sia in ragione di un giudizio complessivo del suo operato in questi quattro lunghi, travagliati, contraddittori e spesso irresponsabili anni, sia per le scelte di contenuto e sia per le modalità, spesso inaccettabili, con cui i problemi sono stati affrontati, in particolare in materia giudiziaria. Oggi la nostra posizione è ancor più determinata nel giudizio negativo per il metodo utilizzato e per il contenuto del provvedimento in esame.
Si tratta di un provvedimento confuso e contraddittorio, che non ha risolto i problemi posti dal Presidente Ciampi con il messaggio di rinvio alle Camere, mantenendo così aperte varie questioni di costituzionalità; nel contempo, tale provvedimento non ha neanche avuto il coraggio di affrontare i nodi storici dell'ordinamento giudiziario italiano.
Se non fosse stato imposto con arroganza e chiusura, con voti di fiducia e tempi contingentati, sia in Commissione sia in Assemblea, un disegno di legge sostanzialmente vendicativo nei confronti della magistratura - giacché non affronta il problema di una corretta impostazione dei percorsi formativi unitari degli operatori giudiziari (siano essi avvocati, pubblici ministeri o giudici), così come non affronta quello di una separazione netta delle carriere fra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti, né quello di un'impostazione della dinamica delle carriere dei magistrati in grado di valorizzare crescita professionale, qualità e quantità delle prestazioni, senza burocratizzarne l'attività (che di tutto ha bisogno, fuorché di burocratismi!), così come non predispone una regolamentazione definitiva della magistratura onoraria (che non è giusto escludere da una legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, perché sappiamo quanta urgenza esista in questo ambito della giurisdizione) - e se si fosse accettato e promosso un confronto vero su tutti questi aspetti, con magistrati, avvocati e mondo scientifico, con un particolare rispetto per la dialettica parlamentare fra maggioranza e opposizione, che è la condizione indispensabile per dare il necessario equilibrio alla regolazione di un settore così delicato ed importante, come quello della giustizia, ebbene in tal caso non solo avremmo potuto dare al paese un moderno ordinamento giudiziario, ma avremmo anche potuto evitare imbarazzanti invasioni di campo da più parti, compresa quella dell'organo di autogoverno della magistratura.
Si sarebbe potuto evitare uno scontro frontale con la magistratura associata, le cui scelte di sciopero continuiamo a ritenere inopportune, seppure legittime e motivate da un'arroganza del legislatore inaccettabile su argomenti di questa natura, ma anche con l'avvocatura associata, da sempre attenta ed aperta alle esigenze di riforma. Di certo, comunque, non si sarebbero esposte le più alte cariche dei due rami del Parlamento a critiche per le prese di posizione a difesa dell'autonomia delle Camere.
Di forzatura in forzatura, di lesione in lesione, la maggioranza ed il Governo, con questi comportamenti, stanno squilibrando il nostro sistema istituzionale ed esponendo a critiche le più alte responsabilità di garanzia per le prese di posizione spesso necessarie, ma non sempre prive di quel distacco che, invece, è indispensabile per il loro ruolo.
Per tali ragioni, signor Presidente, che sinteticamente abbiamo voluto evidenziare, i Socialisti democratici italiani ribadiscono che negheranno la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-SDI-Unità Socialista - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oricchio. Ne ha facoltà.
ANTONIO ORICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo, ancora una volta, pone la questione di fiducia sul disegno di legge delega in materia di riforma dell'ordinamento giudiziario, all'esame della Camera. Una riforma che, da tempo, il paese attende, ma che, sicuramente, non si attendeva in questo modo.
L'aver stroncato per l'ennesima volta ogni forma di dibattito - anche a svantaggio dei deputati delle forze politiche di maggioranza - nella sede istituzionale più congrua, ovvero in Parlamento, fa ripiegare nel disagio più profondo quanti, per molteplici motivazioni, pensano che una giusta riforma dell'ordinamento giudiziario costituisca un'ineludibile necessità per tutto il nostro paese e per la modernizzazione dello stesso, anche sotto il profilo dell'organizzazione giudiziaria.
L'atteggiamento del Governo appare ancor più ingiustificabile dopo la nota vicenda del rinvio alle Camere disposto dal Presidente della Repubblica proprio per il provvedimento oggi in esame, sebbene vi sia la necessità che, su provvedimenti così impegnativi per gli equilibri istituzionali e per la stessa coesione degli organismi costituzionali, si legiferi con la saggezza e la sensibilità di chi ha a cuore l'interesse generale d'Italia e non, invece, a furia di rozzi colpi di maglio. Ma tutto questo non è evidentemente riuscito in questi anni a divenire patrimonio culturale comune, prima ancora che politico, dell'attuale Governo e del suo capo.
Nonostante ciò, il Governo insiste nel porre e riproporre questioni di fiducia che, come quella in esame, mortificano questo Parlamento.
Anche per tale motivo, i Popolari-Udeur voteranno contro la richiesta fiducia. Ma ulteriori aspetti sotto il profilo sia tecnico che, soprattutto, politico giustificano ancora di più questa contrarietà.
L'articolato della legge delega, inalterato a seguito del blocco dell'esame degli emendamenti di oggi e di ieri, per effetto delle reiterate posizioni della questione di fiducia, condensa in sé numerose approssimazioni e soluzioni errate. Si pensi, ad esempio, alla problematica degli incarichi direttivi, all'irrisolta questione del valore degli atti di concertazione, alla ricorribilità al giudice amministrativo, incongruamente attribuita al ministro della giustizia, ed, infine, alla poco chiara ed insufficiente normativa in tema di temporaneità degli incarichi e delle funzioni.
Si ha netta l'impressione che, per questo provvedimento, che il legislatore non potrà non tornare ad esaminare nel corso della prossima legislatura, salvo ulteriori interventi istituzionali nelle more in materia, i suoi fautori, mossi probabilmente da input imperativi, abbiamo agito senza ascoltare nessuno, con una furia non richiesta né consigliabile nella fattispecie e paragonabile a quella di un elefante impazzito, trovatosi in una stanza piena di cristalli.
Quanto all'aspetto politico - e, soprattutto, con riferimento a quest'ultimo -, le ragioni del «no» dei Popolari-Udeur alla questione di fiducia di oggi brillano anche con riferimento agli errori ed ai torti di una maggioranza oggi attinta dall'esplosione delle proprie contraddizioni interne, sempre più assottigliata già prima delle scorse elezioni regionali per effetto dell'abbandono della stessa da parte di un significativo gruppo di parlamentari: fatto, quest'ultimo, non sottovalutabile sotto il profilo della motivazione politica, specie al cospetto del valore dell'adesione non già alla maggioranza, ma a gruppi di minoranza; il che non è usuale nella storia del nostro paese, anche se è quasi passato sotto silenzio su televisione e stampa.
L'aver voluto, per questo importante provvedimento come per altri - si pensi, ad esempio, al sistema dell'emittenza -, procedere senza la necessaria condivisione del Parlamento ha, di fatto, isolato, come dimostrato dal dato emerso dalle recenti elezioni regionali, l'attuale maggioranza dal paese reale e da intere categorie professionali (non già da una sola categoria professionale), che oggi non reputano più questo Governo e il suo capo all'altezza della difficile situazione che vive il paese.
Prendere atto di tutto ciò è un coraggioso gesto di rispetto e di saggezza verso il paese. Gli elettori del 2001, avevano affidato agli eletti di questa legislatura fra i tanti compiti, anche quello di procedere a riforme incisive sulla struttura del paese come quella dell'ordinamento giudiziario. Tuttavia, gli stessi elettori, compresi quelli del centrodestra - e soprattutto quella parte non insignificante, moderata e riformista di quest'ultimo -, non volevano e non vogliono lacerazioni istituzionali, né concessero con il loro voto una sorta di illimitata licenza di stravolgimento di modi, forme, condivisioni, tradizioni e rispetto istituzionali, vale a dire di tutti quei valori che, dalla Costituzione in poi, hanno costituito il comune patrimonio ideale che ha fatto grande il nostro paese, oggi purtroppo gestito con logiche e squadre di Governo di valore inversamente piccolo.
Quindi, proprio il voto di oggi segna quasi come una sorta di conclusione di una illusione ormai tramontata, l'epilogo di un sogno, quello del 2001, fallito per gli errori della dirigenza del centrodestra, da cui gli italiani hanno giustamente già preso le distanze e che, sulla scorta di quanto avvenuto in altri paesi - come ricordato recentemente dal direttore di origine italiana del noto quotidiano tedesco Die Zeit -, avrebbe dovuto indurre a procedere subito ad elezioni, al fine di evitare al paese il costo dell'ulteriore perdita di tempo di un anno e, nel corso di questo anno, inutili e sbagliati provvedimenti come quello in esame su cui è stata riproposta la fiducia.
I Popolari-UDEUR esprimeranno dunque un convinto voto contrario sulla fiducia oggi chiesta da questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, il gruppo di Rifondazione comunista si appresta a negare, con profonda convinzione, la fiducia a questo Governo che, in oltre quattro anni, non ha realizzato alcuna riforma nell'interesse del paese, facendo approvare dalla sua maggioranza non solo numerosi provvedimenti tesi a favorire i soggetti più forti a scapito dei più deboli e degli emarginati, ma anche un progetto di modifica di gran parte della Costituzione che stravolge alcuni principi fondanti del sistema democratico, creando uno squilibrio tra i poteri dello Stato a favore dell'esecutivo e ai danni del Parlamento e che creerebbe ancora più profonde diseguaglianze tra le regioni del nostro paese, incidendo quindi negativamente anche sulla prima parte della Costituzione.
Esprimeremo dunque un voto contrario sulla fiducia non solo perché non condividiamo il provvedimento sull'ordinamento giudiziario, ma anche e soprattutto in quanto, in tutta la legislatura - ormai finalmente al termine -, il Governo non è stato capace o, meglio, non ha dolosamente voluto fornire alcuna risposta alle aspettative di quei milioni di cittadini che, da anni, attendono una giustizia più celere ed efficiente, che sia garantista per tutti e non solo per pochi.
Il Governo Berlusconi ha di fatto vanificato, con vari provvedimenti che avevano il chiaro obiettivo di favorire alcuni imputati eccellenti, le riforme approvate nella scorsa legislatura, che erano riuscite a creare i presupposti e le condizioni per una positiva inversione di tendenza nel campo della giustizia civile e penale, com'è stato ricordato dai procuratori generali nella relazione di apertura dell'anno giudiziario.
Tuttavia, il motivo della nostra sfiducia va ben oltre i temi della giustizia e deriva dalla constatazione e dal giudizio complessivo su ciò che il Governo ha fatto e, in molti casi, non ha fatto in questi anni e su quanto intende realizzare nei pochi mesi che ancora restano prima dello scioglimento delle Camere.
Non vi è tema sul quale sia possibile esprimere un giudizio positivo: dalle pensioni alla lotta alla disoccupazione; dalla scuola alla sanità; dall'università al mondo delle telecomunicazioni; dalla giustizia alla sicurezza dei cittadini.
Il risultato di quattro anni di malgoverno è che sono sempre più numerose le famiglie ormai sotto la soglia della povertà. Circa 8 milioni di persone sono costrette a vivere con un reddito familiare tra i 300 e gli 800 euro mensili.
Il salario ha perso potere d'acquisto in misura variabile, colpendo soprattutto i ceti più bassi, le retribuzioni dei dipendenti sono diminuite di oltre il 30 per cento, a fronte di un aumento della produttività del 18 per cento. Contemporaneamente, però, come ha ricordato recentemente un articolo del Corriere della Sera, i profitti dei primi venti gruppi industriali compiono un balzo del 50 per cento, in presenza di ricavi che migliorano di non più del 9 per cento e di un'occupazione che cala del 2,2 per cento.
Del resto, l'essere stati costretti a porre la fiducia per non rischiare, come avvenuto spesso nel corso di questa legislatura, di essere messi in minoranza, non è altro che la conferma di quanto avvenuto in tutte le recenti competizioni elettorali, che hanno dimostrato come la maggioranza parlamentare sia oggi minoranza nel paese.
È ormai incontrovertibilmente provato il fallimento irreversibile di questo Governo e la crescente sfiducia degli elettori nei confronti di Berlusconi e dei suoi ministri. Con il voto di fiducia su un provvedimento così importante e delicato, come quello relativo all'ordinamento giudiziario, si è consumato un ulteriore, grave strappo alle regole democratiche, in quanto si è impedito il libero confronto e la necessaria dialettica parlamentare su un disegno di legge che riguarda lo status di un organo di garanzia democratica, dimostrando chiaramente la volontà di far approvare con la forza dei numeri, ma contro ogni senso di ragionevolezza, un testo criticato in gran parte, non solo dall'opposizione, ma anche dalla cultura giuridica e da tutti gli operatori della giustizia.
Si tratta di un provvedimento che non solo non inciderà positivamente sull'organizzazione della giustizia, ma che determinerà una situazione negativa per tutti coloro che da tempo chiedono riforme tese ad una giustizia civile e penale realmente al servizio dei cittadini. L'abbiamo sempre detto e continueremo a ripeterlo: un nuovo ordinamento giudiziario era non solo necessario, ma anche urgente per garantire una maggiore professionalità della magistratura e per eliminare gli avanzamenti di carriera automatici senza un effettivo controllo rispetto alla capacità e alla professionalità dei singoli magistrati, così come era opportuna una tipizzazione degli illeciti disciplinari, anche per evitare l'arbitrarietà o l'eccessiva discrezionalità dell'azione disciplinare, pur in presenza di comportamenti deontologicamente o professionalmente censurabili.
Con rammarico, con forte rammarico, abbiamo dovuto prendere atto che il testo approvato dal Senato e blindato per l'ennesima volta alla Camera non fornisce risposte adeguate alle aspettative degli operatori della giustizia e, soprattutto, alle richieste dei cittadini che chiedono una giustizia più equa, un giudice effettivamente al di sopra delle parti, ma anche processi celeri e rispettosi delle garanzie individuali. Su una riforma così importante era necessario e doveroso ascoltare le opinioni, i suggerimenti e le proposte alternative, modificative e migliorative che arrivavano da più parti e pervenire ad un testo il più condiviso possibile nell'interesse di tutti, opponendosi con forza alle spinte e alle resistenze corporative, ma tenendo conto dei rilievi di chi ha realmente interesse ad una giustizia degna di un paese civile. Ed era, altresì, indispensabile intervenire su altri aspetti determinanti per rendere almeno dignitoso il funzionamento della giustizia.
Si doveva contemporaneamente lavorare per approvare leggi tese ad accelerare i tempi, vergognosamente lunghi, dei nostri processi, per contrastare efficacemente la piccola e grande criminalità, per garantire a tutti, anche ai meno abbienti, una difesa effettiva e non solo virtuale. Invece, il nuovo codice penale è rimasto nel cassetto; la giustizia civile è sempre più sull'orlo di un collasso irreversibile; nulla è stato fatto per rendere più vivibili le carceri, dove sono detenuti anche decine di migliaia di cittadini presunti non colpevoli e dove è ormai quasi annullata ogni opera tesa al reinserimento di chi ha sbagliato. Non si è voluto capire che ogni detenuto reinserito nella società comporta una diminuzione della recidiva e, quindi, del numero dei reati, con intuibili effetti positivi sulla sicurezza dei cittadini.
Oggi, di fronte alla tracotanza di chi ci governa non possiamo, quindi, che dare la nostra totale sfiducia. La nostra sfiducia a questo Governo, tuttavia, si sta sempre più trasformando in fiducia nel futuro. Fiducia nell'opposizione parlamentare che ha già dato la dimostrazione, nelle ultime competizioni elettorali, di essere passata nel paese da minoranza a maggioranza e che ha già dimostrato di essere in grado di proporre agli elettori un progetto ed un programma alternativi capaci di restituire a tutti i cittadini la speranza di una società più giusta. Abbiamo riconquistato elettori che avevamo perso ed abbiamo fatto capire a numerosi elettori del centrodestra che sono stati ingannati da promesse che non sono state e non potranno essere mantenute.
Ebbene, prima che possiate stravolgere la Costituzione, la nostra Costituzione, la Costituzione più bella del mondo, prima che la precarietà e la disoccupazione, che continuano ad essere alimentate dalla politica di questo Governo, avanzino, vi sarà, anche nel Parlamento, un'altra maggioranza.
Pertanto, oggi non ci limitiamo a dire «no» alla richiesta di fiducia, ma la nostra risposta sarà doverosamente anche quella di rafforzare l'unità dell'opposizione, per restituire al paese gli strumenti della dialettica democratica e per predisporre un programma organico di riforme, che possa restituire al nostro paese, ai suoi cittadini, agli immigrati che fuggono dalla fame, dalla miseria, dalla guerra e dalla violenza e che ci chiedono assistenza, ospitalità e integrazione, una giustizia senza aggettivi, in quanto effettivamente degna di questo nome (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'odierno voto di fiducia non costituisce soltanto un passaggio procedurale, ma assume i connotati di una vera e propria fiducia politica all'azione riformatrice del Governo, che si concretizza nel disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario.
Si può riformare questo paese? Si possono modificare alcune delle regole, che risalgono ad oltre sessanta anni fa, sul funzionamento della giustizia? A tali domande la maggioranza del Parlamento intende rispondere «sì», in quanto vuole offrire una speranza di cambiamento al paese.
Il gap di competitività di sistema che ci divide dagli altri paesi europei è costituito dall'incapacità di progettare e di eseguire in tempi ragionevoli il cambiamento. In Spagna, al di là delle scelte di merito del Governo Zapatero, che la Lega Nord non condivide assolutamente, si è giunti in poco tempo, dopo le elezioni, ad adottare scelte importanti su temi di estrema rilevanza, quali la politica estera, i rapporti nella società e il modo in cui la società stessa deve essere strutturata. Ciò significa che la politica riesce ancora ad essere centrale nel processo decisionale ed a costituire la cinghia di trasmissione con la volontà popolare: e scusate se è poco, in un sistema democratico!
Nulla di tutto ciò accade nel nostro paese, vincolato dai veti incrociati, dagli interessi delle corporazioni, dalle necessità elettorali di breve e di brevissimo periodo, dai bizantinismi e dalle alchimie politiche che vengono contrabbandate per sapienza e saggezza, ma che invece condannano a morte la politica. I cittadini italiani ed europei non sanno cosa farsene di una politica che non sceglie, che non decide, che non innova: non dobbiamo quindi lamentarci se manca la partecipazione, se vi è disaffezione al voto, se la politica è avvertita come qualcosa di sempre più distante. Gli oltre tre anni di discussione sul provvedimento in esame, gli svariati passaggi parlamentari, i quattro scioperi della magistratura testimoniano tale incapacità, o meglio, tale enorme difficoltà, tipicamente italiana, di decidere. Per tali motivi, oggi è un giorno importante per il paese, perché vince la politica e vince la democrazia.
Occorre chiedersi il motivo di tanto accanimento, contro la volontà di cambiamento, da parte della magistratura italiana e, di riflesso, della minoranza parlamentare. La Costituzione del 1948 è nata in un preciso contesto politico, ed assegnava alla magistratura un'autonomia e un'indipendenza che costituivano la risposta al periodo autoritario e dittatoriale del regime fascista. Si intendeva attribuire notevole libertà, autonomia e indipendenza alla magistratura, in quanto si proveniva da tale esperienza. Si trattava di un'autonomia e di un'indipendenza che non avevano pari negli altri paesi europei: né in Francia, né in Gran Bretagna, né in Germania, in cui i pubblici ministeri, vale a dire coloro che esercitano l'accusa in nome e per conto dello Stato, non sono magistrati o comunque sono in collegamento organico con il Governo e con il ministro della giustizia. Non va dimenticato, infatti, che nel nostro paese il ministro della giustizia non può incidere minimamente su ciò che fanno i giudici: si tratta di un aspetto che va comunicato ai cittadini, in quanto spesso non è compreso bene.
Tanta autonomia e tanta indipendenza sarebbero, dunque, una cosa buona e giusta, sarebbero elementi molto utili in presenza di una magistratura molto autonoma e molto indipendente. Ciò non avviene in questo paese, perché a partire dagli anni Sessanta e Settanta (quando in Italia tutto è stato politicizzato), anche una parte importante della magistratura è stata politicizzata e inserita in un disegno molto preciso di cambiamento, in alcuni casi di sovvertimento della società tramite le vie non della politica, ma della magistratura: una concezione che non è mai democratica, ma che è sempre e comunque di carattere autoritario.
Ebbene, anche quando è mancato questo elemento di forte politicizzazione di sinistra, tipico degli anni Sessanta e Settanta, ossia negli anni Novanta, è sorta una volontà della magistratura di costituirsi come una sorta di contropotere, come una sorta di potere dello Stato che si è dato una finalità più che politica, direi metapolitica, mi si consenta di definirla come una finalità quasi da «guardiani della rivoluzione». I magistrati non si ritengono interpreti della legge, ma un potere metapolitico, che in alcuni momenti deve intervenire per salvare la patria, per salvare la Costituzione. Ben comprenderete come questa funzione poco abbia a che fare con le regole democratiche.
Questa mentalità, questa volontà di incidere sulla politica si è manifestata, ad esempio, con gli scioperi, con le censure, di natura prettamente politica, da parte del Consiglio superiore della magistratura nei confronti delle decisioni in itinere del Parlamento; si è manifestata con le censure nei confronti del Parlamento, nei confronti di ministri. Questo è avvenuto nel nostro paese.
Inoltre, si è tentato di disapplicare leggi importantissime. Pensiamo, ad esempio, a quanto accaduto in questa legislatura relativamente alla legge Bossi-Fini, legittimamente approvata dal Parlamento, la cui applicazione è stata avversata in ogni modo dalla magistratura ordinaria con oltre 500 ricorsi di costituzionalità alla Corte costituzionale. Questo ovviamente si inserisce in un disegno politico volto a tentare di bloccare la volontà del legislatore.
In questi anni, dunque, si è scambiata - più o meno consapevolmente - l'indipendenza con l'autocrazia, mettendo in crisi la tripartizione tipica del modello democratico occidentale, così come noi lo conosciamo: il Parlamento produce le leggi (è la fonte del diritto); il Governo porta avanti l'azione amministrativa di attuazione e la magistratura tenta di calare nella realtà, di applicare nel concreto quello che il Parlamento ha deciso. Questo modello è saltato.
Si pone allora un problema di democrazia, di rappresentatività, di impossibilità di legiferare. Nel nostro paese il Parlamento legifera, ma ogni legge deve passare nel «tritacarne» dell'interpretazione dei giudici ordinari, dei giudici di Cassazione, della magistratura amministrativa e della magistratura costituzionale. Una tale situazione disorienta e spaventa i cittadini, che avvertono di non aver più una rappresentatività politica.
Risulta perciò patetico e sostanzialmente antipolitico il punto di vista della minoranza, che si appiattisce sulle posizioni della magistratura pensando di ricavarne una rendita di posizione. Non sarà così: questa rendita non vi sarà. Si otterrà, invece, l'effetto esattamente opposto, contribuendo a sbilanciare l'equilibrio dei tre poteri poc'anzi citati, che è alla base di un corretto e ordinato sviluppo democratico in un paese occidentale come il nostro.
I contenuti del provvedimento al nostro esame saranno meglio illustrati dai miei colleghi che interverranno in fase di dichiarazioni di voto finali. Vi sono diverse innovazioni e riforme che spesso assumono contenuti tecnici a volte anche difficili da spiegare ai cittadini, ma che, in ogni caso, rientrano in quella ratio volta a tentare di rendere - si tenta: l'impresa non è facile - più agile e rispondente ai bisogni dei cittadini questa giustizia. È questo l'obiettivo che ci siamo posti.
Una di queste modifiche che desidero porre in rilievo, sempre nel solco della Costituzione, è quella di tentare di dividere le funzioni all'interno della magistratura italiana, tra chi giudica e chi accusa. Questa, a mio avviso, è una piccola, grande rivoluzione che avrebbe potuto essere realizzata in maniera più incisiva modificando la Costituzione. Ma è noto a tutti come in questo paese sia difficile modificare la Carta costituzionale e andare avanti nel processo riformatore: l'Italia viene da venticinque anni di «Bicamerali» e di tentativi di modificarla non andati a buon fine. Speriamo di riuscirci noi in questo scorcio di legislatura che rimane in modo da dare al paese un segnale.
Questa divisione di funzioni, tra chi giudica e chi accusa, sebbene sia di difficile comprensione per i cittadini, rappresenta, ripeto, una piccola, grande rivoluzione, proprio perché differenzia chi svolge l'importante funzione di giudicare e chi, invece, svolge quella di accusare, chi, cioè, deve portare le prove, che possono togliere la libertà ad un cittadino, e che, come tale, si deve confrontare con la controparte, vale a dire, con la difesa. Questo rappresenta un passaggio assolutamente importante in materia di giustizia.
Oggi, in ogni caso, e con convinzione, il gruppo della Lega Nord Federazione Padana rinnova la fiducia a questo Governo, e, soprattutto, rinnova la sua fiducia per il cambiamento di questo paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monaco. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MONACO. Signor Presidente, con il voto che stiamo per esprimere si mette il sigillo su un'altra delle pagine oscure di questa legislatura per il merito e per il metodo che si è seguito nel varare il provvedimento al nostro esame: una riforma dell'ordinamento giudiziario che è, in verità, una controriforma, che niente dà al servizio giustizia e molto toglie alla qualità e all'armonia dell'ordinamento giudiziario, alla funzionalità e all'efficienza dell'amministrazione della giustizia, nonché all'autonomia e all'indipendenza della magistratura che, com'è noto, è principio costituzionale cardine di uno Stato democratico e di diritto. Una controriforma che promette di «inceppare'» la macchina della giustizia e di comprometterne l'affidabilità e l'equilibrio. Non a caso, una riforma che ha inanellato stroncature un po' da tutti: da parte della comunità degli studiosi, del CSM, degli avvocati e dei magistrati. Questi ultimi hanno fatto ricorso, e non una volta soltanto, all'arma irrituale ed estrema dello sciopero, con una larghissima adesione.
Una riforma che è incappata nella censura del Presidente della Repubblica, che l'ha rinviata alle Camere per la manifesta incostituzionalità di suoi punti qualificanti. Una riforma che, seguendo una procedura offensiva per il Parlamento e per lo stesso Capo dello Stato, ci è stata qui riproposta in forma blindata sino alla provocazione di un nuovo secondo ricorso al voto di fiducia che ha stroncato ogni possibile dibattito; una procedura ancora più provocatoria e intollerante proprio perché a valle dei severi rilievi del Presidente della Repubblica e nel silenzio-assenso dei Presidenti delle Camere; questi ultimi solleciti a singhiozzo delle prerogative del Parlamento, che pure non si fanno scrupolo di opporle, tali prerogative, al CSM o persino al Capo dello Stato, ma che qui, appunto, girano la testa da un'altra parte.
Vogliamo dare voce qui non solo al nostro dissenso ma, di più, alla nostra indignazione. Dissenso e indignazione, ma non sorpresa. Davvero in questa legislatura, in tema di giustizia, si è superato ogni limite. Abbiamo assistito sgomenti alle più sfacciate forzature; il pensiero corre alla sequela delle leggi ad personam di cui non riusciamo quasi più a tenere il conto: dalle rogatorie internazionali mirate ad inibire precisi processi al lodo Schifani, poi puntualmente bocciato dalla Corte costituzionale, per mettere al riparo il Presidente del Consiglio dei ministri da situazioni imbarazzanti per lui e per noi, alla cosiddetta legge Cirami, concepita per mettere in mora giudici sgraditi ai soliti noti, sino alla cosiddetta salva-Previti che ancora in queste ore occupa le aule del Senato e che, in controtendenza rispetto al principio della certezza della pena e della domanda di sicurezza dei cittadini, azzera centinaia di processi. È tale l'abitudine, direi l'istinto, delle leggi su misura, che anche qui vi è riuscito di infilare una sfacciata norma contro un magistrato sgradito, con devastanti effetti di sistema.
Queste leggi ad personam sono e restano scolpite nella memoria dei cittadini come la metafora concreta della politica della giustizia di questo Governo e di questo ministro: un vero e proprio marchio di infamia sul fronte, appunto, della politica della giustizia!
Dicevo che, avendoci fatto l'abitudine - e, anzi, rischiando l'assuefazione, pericolo cui dobbiamo reagire, perché l'attitudine all'indignazione di fronte alle odiose ingiustizie è una virtù civile -, non proviamo tuttavia sorpresa. La sorpresa, semmai, sopravvive con riguardo ad un solo profilo: ci chiediamo come si possa, nonostante il discredito accumulato dalla Casa delle libertà ed il prezzo pagato, in termini di consenso, a tali vergognose forzature, a tali sfacciati privilegi, persistere così sfrontatamente, come si possa mostrarsi tanto ottusamente recidivi.
Mi chiedo se non vi sia un rapporto - mi rivolgo ai colleghi di Alleanza Nazionale - tra il travaglio che li affligge in queste ore, tra l'impressione che essa, Alleanza Nazionale, abbia smarrito la propria ragione sociale e, dall'altro, la vistosa, clamorosa contraddizione di un partito un tempo legalitario, che aveva il culto dell'ordine e della legge, unito anche ad una certa sensibilità sociale, e che, da quattro anni, predica «tolleranza zero» per i poveri cristi e pratica «tolleranza mille» verso i furbastri e tracotanti dei piani alti. Né più né meno dei colleghi di Forza Italia, dei quali non merita neanche fare parola. Ad Alleanza Nazionale dico: in politica si può anche perdere, ma altra cosa è perdersi, rinnegare se stessi!
Allo stesso modo, ci chiediamo come i sedicenti moderati dell'UDC, i quali si atteggiano a statisti ed hanno testé celebrato un congresso un po' furbastro, smarcandosi vistosamente da Berlusconi, fuori tempo massimo, soltanto perché Berlusconi è, oggi, politicamente perdente, ancora una volta, e come sempre, si apprestino a votare ciò che è «invotabile» e, come se non bastasse, ci propinino lo spettacolo ipocrita e un po' ridicolo di chi deposita quaranta emendamenti per poi ritirarli precipitosamente nell'arco di due ore, prima ancora che fosse annunciato il voto di fiducia!
In tema di giustizia, non dobbiamo soltanto denunciare ciò che è stato fatto, vale a dire questa controriforma dell'ordinamento e le «leggi fotografia», che violano il senso comune della giustizia e producono ferite, sbreghi nell'ordinamento; dobbiamo anche denunciare ciò che non è stato fatto e, invece, si sarebbe dovuto fare, in positivo, per far funzionare il servizio giustizia, l'unica cosa che conta davvero agli occhi dei cittadini comuni.
Non sono state fatte le attese riforme dei codici di procedura penale e civile; non è stato fatto nulla per ridurre la durata dei processi, che è la vera e propria emergenza della giustizia nazionale. Sono stati ridotti, invece, i mezzi e le risorse destinati alla giustizia!
In questa clamorosa contraddizione tra la sollecitudine per la giustizia domestica - qui intesa come giustizia del premier e dei suoi «domestici» e la noncuranza per la giustizia dei cittadini - sta la cifra di questo Governo, un Governo che si è segnalato, ahimè, anche presso l'opinione pubblica internazionale per la sua sistematica azione contro la legalità ed il senso della legalità.
Penso alla depenalizzazione del falso in bilancio, anche qui in controtendenza rispetto all'esigenza di un capitalismo regolato; penso ai condoni a raffica; penso ai vergognosi privilegi fiscali assicurati a chi aveva esportato illecitamente capitali all'estero; penso al conflitto di interessi che sta ancora lì, come un macigno che inquina la vita pubblica, sfacciatamente ignorato, quando non esibito come un non problema (si veda l'impasse della RAI, tenuta in scacco personalmente da Berlusconi, cioè dal proprietario dell'azienda concorrente).
Nello scenario che ho sommessamente evocato, fatto di giustizia negata, di privilegi ostentati e di illegalità predicata e praticata ai vertici dello Stato, sconcerta lo spettacolo cui ci tocca di assistere in queste ore.
Mi riferisco alla propaganda ed alla demagogia del partito in cui milita il ministro della giustizia.
Come possa stare insieme l'ostentazione della faccia feroce con quattro anni nei quali la Lega e il suo ministro hanno tenuto il sacco a chi faceva strame della legalità e del rigore in un paese che già non brilla per senso dello Stato e della legge, francamente non riusciamo a comprenderlo, se non accedendo alla seguente conclusione: a costoro - intendo alla Lega e ai suoi pittoreschi ministri - non importa letteralmente nulla dell'efficacia delle misure da varare urgentemente contro la minaccia terroristica; a loro preme solo agitare una bandiera, proponendo ricette tanto incivili quanto inutili, con un solo risultato sicuro e certificato, quello di paralizzare il Governo, di inibirgli ogni iniziativa che pure ha incrociato la disponibilità delle opposizioni a cooperare positivamente contro una minaccia attuale ed incombente, che tutti ci interpella e che solo il premier ha potuto, con la sua irresponsabile leggerezza e per coprire le divisioni interne al suo Governo, rappresentare - udite! - come una minaccia statisticamente improbabile nell'immediato. Non ci sono parole a commento.
Un ultimo rilievo. La storia del provvedimento riguardante l'ordinamento giudiziario si segnala negativamente sotto un altro profilo, anche questo niente affatto nuovo. Alludo al conflitto tra gli organi costituzionali, un altro degli elementi che ha contrassegnato tutta intera la legislatura come mai nella storia della Repubblica, che ancora, nelle ultime ore, ha sfiorato lo scontro istituzionale ai vertici dello Stato, con un attacco indiretto, ma palese, dei Presidenti delle Camere al Capo dello Stato, indiretto, perché formalmente indirizzato contro il CSM, ma palese, perché dovrebbe essere noto ai Presidenti delle Camere che l'ordine del giorno del CSM è vagliato ed autorizzato dal Presidente della Repubblica.
Proprio il provvedimento sull'ordinamento giudiziario ha prodotto scontri tra Governo e magistrati, tra Governo e CSM, tra Governo e Presidenza della Repubblica e, da ultimo, tra Presidenti delle Camere e Quirinale. Scusate se è poco! Ecco un altro dato che ricorderemo di questo Governo: l'attitudine a lacerare non solo il tessuto sociale, ma anche quello istituzionale, ad alimentare conflitti, non solo dentro il corpo sociale, ma anche tra gli organi dello Stato.
Ci conforta il pensiero che questo Governo sia al suo epilogo. Non è solo una speranza. Molti sono gli indizi che la sua stagione politica si sta esaurendo. Dunque, è tempo di bilanci. Anche questa è un'occasione per anticipare un giudizio retrospettivo.
Grandi e profondi sono i danni che esso ha procurato all'economia nazionale e all'immagine del nostro paese nel mondo, ma personalmente rifletto spesso sulla circostanza che dei tanti danni prodotti da questo Governo uno svetta su tutti e resterà scolpito a lungo nella memoria collettiva: è il contributo che esso ha dato all'eclissi del senso della legalità, al depauperamento dell'etica civile, alla mortificazione dello spirito repubblicano e, più semplicemente, di ogni elementare senso del dovere verso il prossimo e verso la comunità. Qui sta la vera devastazione prodotta dall'anarchismo di questo Governo. Qui sta l'immane compito che sarà affidato a chi gli succederà. Ed ecco una ragione in più per prendere sul serio e nel senso giusto la questione morale anche da parte nostra. Sappiamo che sarà opera di lunga lena e che la politica da sola non ce la può fare.
PRESIDENTE. Onorevole Monaco...
FRANCESCO MONACO. Non siamo sicuri - sto per concludere, signor Presidente - di essere all'altezza di un'opera di ricostruzione morale, civile ed istituzionale di questa portata, perché di questo si tratta.
Ciò di cui siamo sicuri è che quella di oggi, per voi - mi rivolgo alla maggioranza -, è una vittoria di Pirro, e che sta per calare il sipario sull'avvilente spettacolo di cui il colpo di mano che si consuma oggi rappresenta solo uno degli ultimi atti (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, solo poche parole per confermare, se ancora ve ne fosse la necessità, l'assenso meditato e convinto - lo ripeto: meditato e convinto - di Alleanza Nazionale alla riforma dell'ordinamento giudiziario, senza indugiare, come ha fatto il collega che mi ha preceduto, in valutazione squisitamente elettoralistiche che inducono, per un interesse comprensibile anche se non apprezzabile, a dimenticare in quale misura siano state vittime esponenti del suo partito o della storia del suo stesso partito.
Inutile, dopo tante discussioni - non è vero che non si sia discusso -, commentare, chiarire, spiegare, giustificare le norme. Utile indicare il senso generale, la finalità della riforma da troppi anni attesa e del tutto necessaria.
La riforma intende realizzare una ancora maggiore professionalità e specializzazione tra i magistrati: sottolineo «ancora maggiore» giacché in Italia - non intendo fare raffronti, come ormai è diventato di moda, tra gli ordinamenti degli Stati esteri ché ciascuno di essi ha la propria peculiarità - abbiamo una magistratura di alto livello professionale, così come di alto livello sono l'Avvocatura dello Stato, le magistrature amministrative e contabili, un livello del quale il Parlamento deve essere attento e geloso custode. Attento anche nel correggere le distorsioni che il tempo e le incrostazioni della prassi (ahimé, uno dei pericoli sempre immanenti) possono avere creato, ed a quanto è accaduto nella magistratura. Delle distorsioni abbiamo esattamente individuato le cause.
La prima, principale radice di tutto quanto è accaduto è la suddivisione della magistratura in correnti di chiara, non negata, ispirazione politica, che ha avuto riflessi anche sull'organo di autogoverno e, di conseguenza, anche sui magistrati, la cui carriera molto spesso è stata regolata dalla iscrizione (che significa lottizzazione) all'una o all'altra corrente piuttosto che dal merito, dalla capacità, dalla laboriosità.
Di qui discende la necessità di puntuali regole, di indicazioni che, pur lasciando al CSM il giudizio definitivo, così come la Costituzione prevede, offrano allo stesso Consiglio parametri di riferimento dei quali dovrà tenere conto per valutare capacità e meriti.
Comprendo le ragioni di fondo del dissenso dell'Associazione nazionale magistrati trasferitosi nel CSM, comprendo meno la volontà dell'opposizione di sinistra di avere sposato, senza critiche e senza nemmeno chiedere la dote, le posizioni sindacali dell'Associazione nazionale magistrati.
Si tratta dell'affievolimento di un potere discrezionale e, perciò, assolutamente arbitrario ed incontrollato, potere dal quale le correnti si alimentano. È questo il fulcro centrale della riforma ed è questa la causa e la ragione del dissenso. Tale modifica porta ad un affievolimento del potere incontrollato, che ha quindi spinto la magistratura ad un miope conservatorismo all'insegna, come sempre, del «che tutto cambi perché nulla venga mutato».
Abbiamo inteso liberare i magistrati da una condizionamento non più accettabile, renderli effettivamente liberi ed indipendenti, e ci dispiace - lo diciamo con sincera dichiarazione - che molti magistrati non si siano resi conto - alcuni sì! - di questa libertà che la riforma porta loro.
Se guardiamo alla storia, molti nell'Assemblea Costituente guardarono con diffidenza al Consiglio superiore della magistratura. Taluno - l'onorevole Grassi - paventò che il CSM diventasse il despota dell'ordinamento; altri - l'onorevole Preti - che fosse creato uno Stato nello Stato, una casta chiusa e intangibile, separata e irresponsabile. Addirittura, l'onorevole Persico parlò di «mandarinato».
Queste preoccupazioni, piaccia o meno, si sono tradotte in realtà; lentamente negli anni, il Consiglio superiore della magistratura, con circolari e direttive, ha ampliato la propria sfera di competenza ben oltre la previsione della Costituzione. La responsabilità è di chi non ha voluto o non ha saputo evitarlo, ovvero non si è avveduto di come fosse necessario tagliare la degenerazione alle radici.
Lo scontro sulla riforma dell'ordinamento giudiziario - si tratta di disposizioni che in base alla Costituzione spetta al Parlamento varare con legge - ne è la prova: non soltanto vi è il tentativo del Consiglio superiore della magistratura di censurare il Parlamento - non sarebbe la prima volta - ma addirittura tale organo si predispone a denunciare dinanzi alla Consulta, con attività propria ed illegittima, la incostituzionalità della riforma stessa.
Infine, non commenterò, per un dovuto, sincero e non formale rispetto della decisione presa dal Presidente del Repubblica, i motivi del rinvio della legge al Parlamento; oso certamente affermare, però, che - ravvisando nella possibilità attribuita al ministro dal testo precedente di rendere al Parlamento una relazione sulla politica giudiziaria una lesione all'autonomia della magistratura - è stata prospettata l'incostituzionalità di una previsione normativa non per un pericolo reale, sibbene per uno futuro ed incerto. Il pericolo che la politica giudiziaria possa interferire con l'obbligatorietà dell'azione penale, sempre con il dovuto rispetto, è un assurdo logico.
Le modifiche apportate sono più che soddisfacenti; francamente, l'Associazione nazionale magistrati, e la sinistra che ne ha sposato le tesi, ricorderanno molto bene quel bambino che, privato della merendina, e nulla potendo fare, invoca, piangendo, la mamma!
Il Parlamento approva un legge, richiesta dall'articolo 108 della Costituzione; il nostro auspicio è che l'interpretazione sia conforme alla nostra volontà (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Dovremmo riflettere, Presidente e colleghi, approfonditamente sulle ragioni per le quali questa è stata una legislatura incapace di affrontare i problemi della modernizzazione e della competitività del paese. Sostenerlo mentre si discute la questione di fiducia su disposizioni che definiscono lo statuto dei magistrati non è fuori tema; un paese è oggi moderno e competitivo quando possiede un sistema di risoluzione dei conflitti tra i cittadini che abbia due caratteristiche: velocità ed affidabilità.
Le imprese, le famiglie, i cittadini hanno bisogno di sapere, nei tempi della vita, non in quelli della politica, quali siano i loro diritti e doveri, nonché, con certezza, quali saranno gli effetti giuridici delle loro decisioni e dei loro comportamenti. Questa è la moderna versione del principio di legalità che viene dal pensiero liberale dell'Ottocento, arricchito dall'esperienza contemporanea.
Non un atto, però, della vostra politica della giustizia si è preoccupato di affrontare tali nodi; anzi, numerosi vostri interventi hanno reso più incerte le regole e più difficile la conclusione dei processi.
Alcune vostre prese di posizione, anche a livello istituzionale elevato, hanno teso ad impedire la costruzione di un rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni giudiziarie; errore grave, perché ha tolto credibilità a voi stessi ed al prestigio internazionale del paese.
In tale opera, avete avuto, come validi alleati, anche alcuni magistrati, che hanno disinvoltamente e reiteratamente superato le barriere del riserbo e dell'anonimato, scudi tradizionalmente assai efficaci contro le intemperanze e gli abusi della politica.
È accaduto, a volte, che persino l'Associazione nazionale magistrati sia caduta nella trappola astutamente tesa da alcuni di voi, e si è trasformata in una sorta di controparte di questa maggioranza politica. Questi sono stati gli errori dei magistrati.
Ma la classe dirigente, di fronte ai problemi del rendere giustizia in una società moderna, non costruisce il proprio progetto politico sugli errori altrui, come non lo costruisce sulle particolari convenienze processuali di singoli esponenti politici. Una classe dirigente avrebbe dovuto porsi l'obiettivo di raggiungere quattro risultati: processi più veloci, diritti più garantiti, regole più certe, magistratura più rispettata.
Non siamo in questa situazione. Non ci saranno processi più veloci, perché questa riforma non riguarda i bisogni dei cittadini. Non ci saranno diritti più garantiti, perché non è previsto alcun criterio oggettivo ed automatico per escludere il magistrato che si sia rivelato incapace.
Il magistrato che segue una delicata inchiesta sul terrorismo internazionale, ad esempio, non potrà sperare che il suo lavoro nell'interesse della sicurezza degli italiani venga valutato positivamente per il suo futuro professionale. Dovrà fare un concorso, dove gareggerà con fini cesellatori di pandette che hanno messo da parte metà del lavoro giudiziario per poter destinare più tempo alla carriera. E farà carriera non chi ha difeso meglio i diritti dei cittadini, forse anche rischiando la vita, ma chi, trascurando il lavoro giudiziario, si è meglio preparato per il concorso.
Noi proponiamo, invece - e questa sarà una delle riforme che introdurremo, nella prossima legislatura, se i cittadini continueranno a darci il loro consenso, come fanno, con continuità ed in misura crescente, dal 2002 -, che tutti i magistrati, nessuno escluso, siano sottoposti a verifica del lavoro svolto ogni quattro anni, in modo che per ciascuno ci sia la possibilità di progredire professionalmente, se si è dimostrato capace nel concreto esercizio quotidiano dell'attività giurisdizionale.
La vostra riforma non mira a costruire una magistratura più rispettata: riduce i poteri costituzionali del Consiglio superiore della magistratura, non si occupa della qualità professionale, crea le premesse per un controllo politico, diretto ed indiretto, sul lavoro di tutti i magistrati. Eppure, l'ordinamento giudiziario è una delle grandi occasioni che può avere un Governo, davanti a sé, per dimostrare lungimiranza, senso delle istituzioni e capacità di visione politica.
Anche la recente presa di posizione di due autorevoli cariche istituzionali contro una deliberazione del CSM fondata su una inequivoca norma di legge, e comunque espressamente autorizzata dal Capo dello Stato, è parsa una non necessaria polemica, nella quale il terreno della giustizia è stato, ancora una volta, impropriamente scelto per definire il proprio ruolo nei futuri ed eventuali scenari politici.
La giustizia ha due dimensioni: una di servizio per i cittadini e l'altra di potere dello Stato. Non avete affrontato la dimensione del servizio, ed avete concentrato la vostra attenzione sulla dimensione di potere.
Nel centrodestra, accanto a visioni democratiche, liberaldemocratiche e moderatamente conservatrici, convive una minoranza numerica, ma assai potente quando si tratta di assumere delicate scelte di governo, che ha una cultura politica autoritaria, per alcuni aspetti populista, per altri intimidatoria. Siete voi che, con l'irruzione di questa visione nella politica della giustizia, siete andati a scontri istituzionali reiterati e senza costrutto e siete andati ad una visione vendicativa della riforma.
Il sistema politico italiano avrebbe potuto e dovuto prendere le distanze tanto dal giustizialismo quanto dall'illegalismo. Il giustizialismo è la cultura del ricorso all'apparato giudiziario per risolvere i problemi politici. Di essa furono espressione, tra gli altri, nella stagione di Tangentopoli, l'attuale Presidente del Senato, dirigenti politici della Lega e di Alleanza Nazionale.
È stato a volte confuso con il giustizialismo un altro fenomeno, del tutto distinto. Si tratta del legalismo, vale a dire l'idea che le regole e le leggi servano per affrontare e risolvere tutti i problemi, anche quelli che devono essere risolti con lo strumento della politica. Questo è stato a volte, nel passato - siamo pronti a riconoscerlo -, anche l'errore di alcuni di noi. Se si vuole, è l'errore che, a volte, hanno fatto nella storia i ceti subalterni e chi si è assunto la funzione storica di rappresentarli. Ma è una storia vecchia e superata, anche perché quei ceti non sono più oggi subalterni.
All'altro polo del giustizialismo sta l'illegalismo. L'illegalismo costituisce il ribaltamento della cultura costituzionale dell'Occidente ed una pericolosa adesione alle teorie del potere politico «costituzionalmente incontrollabile» proprie del diritto sovietico, o comunque asiatico.
Il costituzionalismo occidentale concepisce l'insieme delle regole e delle istituzioni cui è demandato il compito di applicarle come argini all'esercizio indiscriminato della forza della politica. La concezione rivelata, invece, dalle vostre azioni è ispirata al criterio inverso: quello per cui è la forza della politica che deve limitare l'applicazione delle regole e deve dirigere l'operato delle istituzioni che sono incaricate di applicarle.
Mi scuso per la sommarietà di queste proposizioni, dovuta a questa particolare occasione. Credo, comunque, onorevoli colleghi, che sarà necessario affrontare, nella riflessione politica dei prossimi mesi, il senso costituzionale di questa legislatura, alla luce di alcuni seri spunti critici - ed anche autocritici - rilevati, ad esempio, dalla relazione di Marco Follini al congresso del suo partito. Tra l'altro, noto per incidens che l'UDC non è ancora intervenuta in questo dibattito sulla fiducia e, se non interverrà, sarà la prima volta nella storia del nostro paese che un partito di maggioranza non partecipa ad un dibattito sulla fiducia.
Vi sono state innovazioni politiche e parlamentari, nell'esercizio del potere e nel rapporto tra Parlamento e Governo, che devono essere attentamente valutate, sia dal punto di vista del potere sia da quello delle regole, anche per non ricadere negli stessi errori e per riprenderne gli aspetti positivi, se ve ne sono stati.
Come dicevo, la maggioranza avrebbe potuto prendere le distanze tanto dal giustizialismo quanto dall'illegalismo. Non è stato così, perché è prevalsa l'idea dell'autosufficienza, dell'inutilità del confronto e del timore delle ragioni dell'avversario. Tale posizione ha portato al logoramento della maggioranza, alla crisi di consenso - anche interno - e, quindi, alla necessità di «tappare la bocca» agli stessi deputati di maggioranza tramite il ricorso al voto di fiducia. Avete già posto la questione di fiducia su questo provvedimento nel giugno dello scorso anno. Il Capo dello Stato rimandò la legge alle Camere ed oggi ci risiamo. Ma di cosa avete paura? I tempi sono contingentati; avete circa novanta deputati in più e, tuttavia, temete che il provvedimento sia discusso; temete che le idee si confrontino.
Avete già impedito, tramite la posizione della questione di fiducia, di discutere la manovra economica dello scorso anno. Le nostre analisi sulla vostra incapacità di risolvere i problemi economici e finanziari italiani si sono rivelate più corrette della vostra fiducia. Ora avete deciso che tutti i problemi - IRAP, pensioni, sfondamento del bilancio, debito pubblico, competitività - saranno risolti a partire dal 2006 quando, prevedibilmente, non sarete più al Governo. In quattro anni, avete messo l'Italia in ginocchio. Toccherà a noi aiutarla a riprendersi ed a farla correre.
Ma torniamo alla giustizia. Durante il governo di centrosinistra, tra l'altro, le risorse finanziarie sono aumentate del 40 per cento, sono state dimezzate le carenze di personale, è stato istituito il giudice unico di primo grado, è stato fissato il principio costituzionale del giusto processo. Oggi, con il vostro Governo, gli uffici giudiziari non possono neanche stenografare le udienze, perché avete consumato tutti i fondi disponibili in bilancio!
Come accade per i regimi al tramonto, diminuiscono le manifestazioni di consenso ed aumenta l'imposizione; si riduce il confronto, anche interno, ed aumentano le prove «muscolari». Avrete questa stanca fiducia; non da noi, certamente. Noi abbiamo oggi la fiducia del paese e contiamo su di essa per tornare al Governo e varare, tra l'altro, una riforma giudiziaria che garantisca i cittadini, assicuri magistrati capaci e dia certezze di regole ai cittadini stessi ed alle imprese. Ma tutto ciò cercheremo di farlo non da soli, perché sappiamo che non abbiamo ricette magiche e perché sappiamo che una classe dirigente è veramente tale quando gode della fiducia dei cittadini e quando è capace di individuare e stimolare anche i pregi e le competenze degli avversari (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e del gruppo Misto-SDI-Unità Socialista - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, questa riforma, che giunge finalmente al suo traguardo, ha avuto un iter fin troppo travagliato, ma bisogna anche rilevare che su di essa si è addensata e scaricata una serie di tensioni politiche e di interessi che vanno ben al di là del sacrosanto diritto che hanno tutti i cittadini ad avere a disposizione un servizio-giustizia degno di un paese moderno ed avanzato.
Ricordo che questa riforma rappresenta l'attuazione di un preciso impegno programmatico che la Casa delle libertà, nel suo complesso, aveva assunto di fronte agli elettori in occasione delle elezioni politiche del 2001. Ciò tanto per rispondere, ancora una volta, a quegli esponenti dell'opposizione, ed ai loro sostenitori, che accusano - un giorno sì e l'altro pure - la Casa delle libertà ed il Governo Berlusconi di non aver rispettato i propri impegni programmatici. Questo disegno riformatore, nel testo al nostro esame, tiene doverosamente conto dei quattro rilievi mossi dal Presidente della Repubblica e recepisce, in modo equilibrato ed esaustivo, le osservazioni presidenziali.
Quale segno di apertura al contributo dell'opposizione, ricordo che sono stati recepiti nel corso del dibattito in prima lettura circa dieci emendamenti, aventi come primi firmatari gli onorevoli Finocchiaro, Maura Cossutta, Kessler ed altri. Alcuni di tali emendamenti erano marginali, ma altri erano piuttosto significativi.
La fiducia posta sull'approvazione della riforma dell'ordinamento giudiziario ha suscitato, come al solito, da parte delle opposizioni e da parte di una certa magistratura, un clamore spropositato rispetto all'intento di questa maggioranza, che era ed è quello di andare, finalmente, a mettere in discussione un ordinamento che mai nessuno aveva avuto, finora, il coraggio di riformare.
Del resto, sulla solita e stanca polemica di rito, è bene rilevare che lo scopo della questione di fiducia era quello di evitare di vanificare circa tre anni di lavoro e di confronto a pochi giorni dalla conclusione dei lavori in vista della pausa estiva.
Quanto, poi, al presunto abuso del ricorso alla questione di fiducia, possiamo serenamente affermare che in questa legislatura se ne è fatto un uso che rientra assolutamente nella media delle passate legislature. In questo caso, dopo ben sette letture e numerosissime modifiche, la riforma dell'ordinamento giudiziario non poteva rischiare una battuta d'arresto proprio in una fase del lavoro parlamentare che vede, oltre che la già citata pausa estiva, soprattutto l'urgenza di concludere anche l'esame di altri provvedimenti di notevole importanza.
Lo scopo di questa maggioranza, all'indomani della vittoria delle elezioni del 2001, era - ed è, ancora adesso - proprio quello di realizzare alcune riforme rispetto alle quali mai nessuno nella storia di questo paese - e sottolineo: mai! - aveva avuto il proposito, il coraggio ed i numeri per farle.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 15,20)
ANTONIO LEONE. Sul merito di ogni singola riforma si può certamente discutere, data peraltro la strumentale ed abissale divergenza politica che separa gli schieramenti. Ma, di certo, si potrà dare atto al Governo ed alla maggioranza che lo sostiene di aver avuto la forza di porre mano a questioni che in questo paese si è sempre stentato anche solo a sfiorare.
Sono passati diversi anni da quando fu un referendum popolare a tentare lo scardinamento di un sistema giudiziario obsoleto e chiuso in se stesso, che non rispondeva nemmeno per gli errori commessi. Allora, i cittadini vennero chiamati ad esprimersi sulla responsabilità civile dei magistrati e, nonostante la vittoria di quel referendum, le cose sono cambiate di poco, anche grazie ai Governi di centrosinistra che hanno ulteriormente peggiorato la situazione, compiendo ulteriori passi indietro.
A tutt'oggi, i procedimenti disciplinari e soprattutto le condanne nei confronti dei magistrati che abbiano commesso errori sono pochissimi. Possiamo pensare che ciò sia dovuto al perfetto funzionamento del sistema giudiziario ed alla bravura impareggiabile dei magistrati italiani? Ci piacerebbe che fosse così; ma sappiamo benissimo - e lo sanno soprattutto i cittadini - che il sistema giudiziario del nostro paese si sta crogiolando drammaticamente, da troppi anni, in un decadimento che va a discapito del sistema stesso.
Impegnarsi per imprimere, per la prima volta, una nuova disciplina all'ordinamento della giustizia con l'obiettivo di farla funzionare meglio era un dovere da compiere da parte di un Parlamento che si deve occupare dei diritti universali dei cittadini. Ben vengano le critiche... Signor Presidente, non vorrei dar fastidio ai colleghi...
PRESIDENTE. Lei è molto gentile, onorevole Leone.
ANTONIO LEONE. Ben vengano le critiche ed anche le riflessioni degli addetti ai lavori. Ben venga il confronto con il CSM, se fosse stato costruttivo. Il Parlamento non può, accettare un atteggiamento di difesa corporativa, che si preoccupa della casta, ma non dei problemi che questa non può e, spesso, non vuole risolvere quando si tratta soltanto di mantenere vivi i privilegi ed un sistema che funziona meglio per gli addetti ai lavori che per i destinatari del diritto.
Da questo punto di vista, la pesante polemica di questi giorni con il Consiglio superiore della magistratura è servita solo a ribadire una ingiustificata e pericolosa distanza tra istituzioni che dovrebbero rispondere esclusivamente al bene comune del cittadino. Violare il dettato costituzionale che sancisce la separazione dei poteri, che è uno dei cardini fondamentali della nostra democrazia, è stato solo un superficiale quanto grave atto di irresponsabilità, che ha inutilmente avvelenato il clima e che si aggancia a quella idea di supplenza nei confronti della politica ed anche del Parlamento che la magistratura ha ritenuto di assumersi sul finire della prima Repubblica.
A proposito del dettato costituzionale, non è, per caso, ipotizzabile, attraverso il documento deliberato dal Consiglio superiore della magistratura, un'ennesima richiesta da parte del CSM di elevare un conflitto di attribuzione con le Camere, nel momento in cui si minaccia di adire la Corte costituzionale? E non è questo un travalicamento di poteri? È pur vero che l'ordine giudiziario è un potere dello Stato, ma non è certamente un contropotere. E non si è dimenticato che la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 284 del 2005, ha ribadito l'inammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dallo stesso CSM avverso una disposizione della legge finanziaria per il 2004. Lo ricorderete: ne abbiamo parlato anche in quest'aula. Il CSM, in quanto tale, non è titolare di un tale diritto: si deve solo attendere che altri, eventualmente, si assumano lo zelo di sollevare un incidente di costituzionalità, e non certo per ordini di scuderia.
Pertanto, il principio dell'indipendenza della magistratura deve essere sì tutelato, ma non deve avere un'interpretazione così ampia da consentire il travalicamento delle funzioni proprie dell'ordine giudiziario e l'invasione nelle competenze del potere legislativo, come invece sta avvenendo anche in questa occasione.
Il Parlamento fa le leggi e i magistrati devono applicarle e non debbono assolutamente interferire nella fase legislativa, anche perché le leggi, in particolare quella sull'ordinamento giudiziario, sono costruite nell'interesse della generalità dei cittadini e non degli addetti ai lavori, siano essi magistrati o avvocati. Questo - i magistrati dovrebbero ben saperlo - non è uno Stato corporativo.
Per quanto riguarda la polemica sollevata dalle dichiarazioni del Presidente del Senato Pera e dallo stesso Presidente della Camera Casini circa le interferenze del CSM nell'iter di questa legge, c'è da dire che la volontà dell'organo di autogoverno della magistratura di dare pareri non richiesti al ministro della giustizia su questo provvedimento è quanto meno discutibile e si configura come una forma di pressione, che certamente noi non apprezziamo. Una sana dialettica politica impone di ricondurre il dibattito nelle aule parlamentari, che ne sono il luogo deputato.
In questi giorni - e non solo, per la verità - abbiamo sentito sull'argomento tante parole in libertà. Quel che ci ha stupito è che un ex ministro della giustizia, in maniera opaca, imprecisa e palesemente strumentale, abbia parlato di un provvedimento che porterà ad una magistratura meno sicura, meno certa e meno indipendente. Tali affermazioni non sono supportate da nessun elemento concreto inteso ad individuare le conseguenze normative che questo provvedimento provocherebbe.
La verità e la differenza tra noi ed voi, cari amici oppositori di professione, è che noi vogliamo una magistratura solo meno politicizzata. Ma le leggi, come potete ben intuire, servono a ben poco su questo terreno. Sono le coscienze cui bisognerebbe mettere mano, le coscienze degli uomini, degli uomini magistrati e degli uomini legislatori. Voi non siete stati capaci di farlo e non ne sarete mai capaci.
È proprio il caso di dirlo: ai posteri l'ardua sentenza (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Falanga. Ne ha facoltà.
CIRO FALANGA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario dei due componenti Repubblicani europei di questa Assemblea.
Mi preme preliminarmente precisare che svolgo questo breve intervento con una straordinaria serenità d'animo, per la sintonia nella motivazione del «no» del Movimento Repubblicano europeo e il mio coscienzioso convincimento politico e culturale.
Onorevoli colleghi, signor Presidente, che fosse avvertita da tutte le parti politiche ed anche dai destinatari delle regole la necessità di una riforma dell'ordinamento giudiziario mi pare dato sicuramente per scontato. Il nostro «no» è motivato dal metodo che ha accompagnato l'iter del provvedimento in esame. Esso è all'esame del Parlamento da circa tre anni. Eppure, le modifiche al testo originario, sicuramente emblematiche, sono state apportate frettolosamente all'ultima ora.
Mi riferisco chiaramente al cosiddetto emendamento Bobbio. Esso affronta, ancora una volta in maniera distonica rispetto a precedenti disposizioni di questa stessa maggioranza di Governo, l'aspetto relativo all'età massima in servizio della magistratura, nella prospettiva, questa volta, non del congedo, ma dell'accesso ad incarichi direttivi.
La disposizione - come è noto - prevede che con il compimento del sessantaseiesimo anno di età, vale a dire quattro anni prima del collocamento a riposo ordinario, al magistrato non possano essere conferiti incarichi direttivi. Essa, come ho detto, è distonica e contraddittoria: con la legge finanziaria del 2001 si è elevato progressivamente il limite massimo di permanenza in servizio fino a 75 anni di età, e con l'originario progetto all'esame di questa Assemblea si è avuta una riduzione al settantaduesimo anno di età, ovviamente sempre a discrezionalità del soggetto interessato. Nel passaggio tra una Camera e l'altra, tale disposizione è stata stralciata e, quindi, l'età di collocamento in pensione straordinario è rimasta a 75 anni. Oggi, con l'intervento emendativo del senatore Bobbio, il limite di età per l'assunzione di cariche direttive viene ridotto a 66 anni. È chiaro, quindi, che il provvedimento ha uno scopo particolare, peraltro dichiarato dal suo stesso autore.
Ebbene, il «no» diviene ancora più convinto...
PRESIDENTE. Onorevole Falanga...
CIRO FALANGA. Pochi minuti ancora, signor Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Falanga, lei aveva due minuti a disposizione e ne ha già utilizzati tre...
CIRO FALANGA. Solo qualche secondo...
PRESIDENTE. Qualche secondo va bene... Prego, onorevole Falanga.
CIRO FALANGA. Il nostro «no» diviene ancora più convinto quando prendiamo atto che trattasi di provvedimento ad personam o contra personam: sono questi i provvedimenti di particolarissimo allarme sociale. Vedete, colleghi, si sconfessa la storia del Parlamento italiano quando, piuttosto che raggiungere lo scopo del bene comune, si persegue uno scopo particolare.
Per tale motivo, peraltro, il provvedimento stesso si presta a rilievi di incostituzionalità tanto per la violazione dell'articolo 3 della Costituzione quanto per quella dell'articolo 97 della stessa. Credo che il provvedimento all'esame della Corte costituzionale sicuramente ristabilirà il giusto equilibrio che ci deve essere ed il corretto esercizio della funzione legislativa di un Parlamento in un paese democratico ed in uno Stato di diritto.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Poiché la votazione per appello nominale sulla questione di fiducia avrà luogo a partire dalle ore 16,05, devo sospendere la seduta fino a tale ora.
Pertanto, la seduta è sospesa: riprenderà alle 16,05 con la votazione per appello nominale.
La seduta, sospesa alle 15,30, è ripresa alle 16,05.
PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta si sono svolti gli interventi per dichiarazione di voto sulla questione di fiducia.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,05).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Si riprende la discussione.
(Votazione sulla questione di fiducia - Articolo 2 - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Indico la votazione per appello nominale sull'articolo 2 del disegno di legge n. 4636-bis-D, in materia di ordinamento giudiziario, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che molti colleghi hanno chiesto di poter votare in anticipo. Ritengo che questo sistema non possa continuare e pertanto non consento ad alcuno di votare con precedenza, salvo alcuni membri del Governo, i quali hanno effettivamente rappresentato ragioni serie (Applausi).
RENZO INNOCENTI. No, Presidente!
PRESIDENTE. Il Presidente ha deciso che soltanto i membri del Governo possono votare con precedenza.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
La chiama avrà inizio dall'onorevole Ricciotti.
Invito i deputati segretari a dare inizio alla chiama.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE, Segretario, fa la chiama.
(Segue la chiama.)
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo 2 del disegno di legge n. 4636-bis-D, in materia di ordinamento giudiziario, sulla cui approvazione, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:
Presenti 538
Votanti 537
Astenuti 1
Maggioranza 269
Hanno risposto sì 312
Hanno risposto no 225.
(La Camera approva - Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
A norma dell'articolo 116, comma 2, del regolamento, sono così respinti tutti gli emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati.
Hanno risposto sì:
Adornato Ferdinando
Airaghi Marco
Alemanno Giovanni
Alfano Angelino
Alfano Ciro
Alfano Gioacchino
Amato Giuseppe
Amoruso Francesco Maria
Anedda Gian Franco
Aprea Valentina
Aracu Sabatino
Armani Pietro
Arnoldi Gianantonio
Arrighi Alberto
Ascierto Filippo
Azzolini Claudio
Baccini Mario
Baiamonte Giacomo
Baldi Monica Stefania
Barbieri Antonio
Barbieri Emerenzio
Bellotti Luca
Benedetti Valentini Domenico
Berlusconi Silvio
Berruti Massimo Maria
Berselli Filippo
Bertolini Isabella
Bertucci Maurizio
Bianchi Clerici Giovanna
Biondi Alfredo
Blasi Gianfranco
Bocchino Italo
Bonaiuti Paolo
Bondi Sandro
Bono Nicola
Bornacin Giorgio
Borriello Ciro
Brancher Aldo
Bricolo Federico
Bruno Donato
Brusco Francesco
Buontempo Teodoro
Burani Procaccini Maria
Buttiglione Rocco
Caligiuri Battista
Caminiti Giuseppe
Cammarata Diego
Campa Cesare
Canelli Vincenzo
Cannella Pietro
Caparini Davide
Capuano Antonio
Cardiello Franco
Carlucci Gabriella
Carrara Nuccio
Caruso Roberto
Casero Luigi
Catanoso Basilio
Cè Alessandro
Cesaro Luigi
Cicala Marco
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Cola Sergio
Collavini Manlio
Colucci Francesco
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Contento Manlio
Conti Riccardo
Cosentino Nicola
Cossa Michele
Cossiga Giuseppe
Costa Raffaele
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Cuccu Paolo
D'Agrò Luigi
Dalle Fratte Paolo
de Ghislanzoni Cardoli Giacomo
De Laurentiis Rodolfo
Delfino Teresio
Dell'Anna Gregorio
Dell'Elce Giovanni
Delmastro Delle Vedove Sandro
Deodato Giovanni
Didonè Giovanni
Di Giandomenico Remo
Di Luca Alberto
Di Teodoro Andrea
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Drago Filippo Maria
Drago Giuseppe
Dussin Guido
Dussin Luciano
Ercole Cesare
Fallica Giuseppe
Falsitta Vittorio Emanuele
Fasano Vincenzo
Fatuzzo Fabio
Ferro Giuseppe Massimo
Fini Gianfranco
Floresta Ilario
Follini Marco
Fontana Gregorio
Foti Tommaso
Fragalà Vincenzo
Franz Daniele
Fratta Pasini Pieralfonso
Frigerio Gianstefano
Galati Giuseppe
Galli Daniele
Galli Dario
Gallo Giuseppe
Galvagno Giorgio
Garagnani Fabio
Gasparri Maurizio
Gastaldi Luigi
Gazzara Antonino
Geraci Giuseppe
Germanà Basilio
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Gianni Giuseppe
Gibelli Andrea
Gigli Nando
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Giovanardi Carlo
Gironda Veraldi Aurelio
Giudice Gaspare
Grillo Massimo
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Jacini Giovanni
Jannone Giorgio
La Grua Saverio
Lainati Giorgio
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Landi di Chiavenna Gian Paolo
Landolfi Mario
La Russa Ignazio
La Starza Giulio Antonio
Lavagnini Roberto
Lazzari Luigi
Leccisi Ivano
Lenna Vanni
Leo Maurizio
Leone Anna Maria
Leone Antonio
Lezza Giuseppe
Licastro Scardino Simonetta
Liotta Silvio
Lisi Ugo
Lo Presti Antonino
Lorusso Antonio
Losurdo Stefano
Lucchese Francesco Paolo
Lupi Maurizio Enzo
Lussana Carolina
Maceratini Giulio
Maggi Ernesto
Maione Francesco
Malgieri Gennaro
Mancuso Filippo
Mancuso Gianni
Maninetti Luigi
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Maroni Roberto
Marras Giovanni
Martinat Ugo
Martini Francesca
Martini Luigi
Martino Antonio
Martusciello Antonio
Marzano Antonio
Masini Mario
Massidda Piergiorgio
Matteoli Altero
Mauro Giovanni
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Erminia
Menia Roberto
Mereu Antonio
Meroi Marcello
Messa Vittorio
Miccichè Gianfranco
Michelini Alberto
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Guido
Milioto Vincenzo
Minoli Rota Fabio Stefano
Misuraca Filippo
Molgora Daniele
Mondello Gabriella
Moretti Danilo
Mormino Nino
Moroni Chiara
Muratori Luigi
Nan Enrico
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Naro Giuseppe
Nespoli Vincenzo
Nicotra Benedetto
Onnis Francesco
Orsini Andrea Giorgio Felice Maria
Pacini Marcello
Pagliarini Giancarlo
Palma Nitto Francesco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paoletti Tangheroni Patrizia
Paolone Benito
Parodi Eolo Giovanni
Paroli Adriano
Parolo Ugo
Patarino Carmine Santo
Patria Renzo
Pecorella Gaetano
Pepe Antonio
Pepe Mario
Peretti Ettore
Perlini Italico
Perrotta Aldo
Pescante Mario
Pezzella Antonio
Pinto Maria Gabriella
Pisanu Beppe
Pittelli Giancarlo
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Possa Guido
Prestigiacomo Stefania
Previti Cesare
Ramponi Luigi
Ranieli Michele
Riccio Eugenio
Ricciotti Paolo
Ricciuti Riccardo
Rivolta Dario
Rizzi Cesare
Rodeghiero Flavio
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Romoli Ettore
Ronchi Andrea
Rositani Guglielmo
Rossi Guido Giuseppe
Rossi Sergio
Rosso Roberto
Russo Antonio
Saglia Stefano
Saia Maurizio
Santelli Jole
Santori Angelo
Sanza Angelo
Saponara Michele
Savo Benito
Scajola Claudio
Scalia Giuseppe
Scaltritti Gianluigi
Scarpa Bonazza Buora Paolo
Scherini Gianpietro
Schmidt Giulio
Selva Gustavo
Sospiri Nino
Spina Diana Domenicantonio
Stagno d'Alcontres Francesco
Stefani Stefano
Sterpa Egidio
Stradella Francesco
Strano Nino
Stucchi Giacomo
Tabacci Bruno
Taborelli Mario Alberto
Taglialatela Marcello
Tamburro Riccardo
Tanzilli Flavio
Taormina Carlo
Tarantino Giuseppe
Tarditi Vittorio
Tassone Mario
Testoni Piero
Tortoli Roberto
Trantino Enzo
Tremaglia Mirko
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentino Giuseppe
Vascon Luigino
Ventura Giacomo Angelo Rosario
Verdini Denis
Verro Antonio Giuseppe Maria
Viale Eugenio
Viceconte Guido
Viespoli Pasquale
Vietti Michele Giuseppe
Vitali Luigi
Vito Alfredo
Vito Elio
Volontè Luca
Zacchera Marco
Zama Francesco
Zanetta Valter
Zanettin Pierantonio
Zorzato Marino
Zuin Michele
Hanno risposto no:
Abbondanzieri Marisa
Adduce Salvatore
Agostini Mauro
Albonetti Gabriele
Amici Sesa
Angioni Franco
Annunziata Andrea
Banti Egidio
Barbieri Roberto
Bellillo Katia
Bellini Giovanni
Benvenuto Giorgio
Bettini Goffredo Maria
Bianchi Dorina
Bianchi Giovanni
Bianco Gerardo
Bielli Valter
Boato Marco
Boccia Antonio
Bogi Giorgio
Bolognesi Marida
Bonito Francesco
Borrelli Luigi
Bottino Angelo
Bova Domenico
Bressa Gianclaudio
Buemi Enrico
Buglio Salvatore
Bulgarelli Mauro
Burtone Giovanni Mario Salvino
Cabras Antonello
Caldarola Giuseppe
Calzolaio Valerio
Camo Giuseppe
Capitelli Piera
Carbonella Giovanni
Carboni Francesco
Carli Carlo
Carra Enzo
Cazzaro Bruno
Cennamo Aldo
Cento Pier Paolo
Ceremigna Enzo
Chianale Mauro
Chiti Vannino
Cialente Massimo
Cima Laura
Colasio Andrea
Collè Ivo
Coluccini Margherita
Cordoni Elena Emma
Cossutta Armando
Cossutta Maura
Crisci Nicola
Crucianelli Famiano
Cusumano Stefano
D'Antoni Sergio Antonio
Deiana Elettra
Delbono Emilio
De Luca Vincenzo
De Simone Titti
Detomas Giuseppe
Diana Lorenzo
Di Gioia Lello
Diliberto Oliviero
Di Serio D'Antona Olga
Duca Eugenio
Duilio Lino
Falanga Ciro
Fanfani Giuseppe
Fassino Piero
Finocchiaro Anna
Fioroni Giuseppe
Fistarol Maurizio
Franceschini Dario
Franci Claudio
Frigato Gabriele
Fumagalli Marco
Galante Severino
Galeazzi Renato
Gambale Giuseppe
Gambini Sergio
Gasperoni Pietro
Gentiloni Silveri Paolo
Giacco Luigi
Giachetti Roberto
Gianni Alfonso
Giordano Francesco
Giulietti Giuseppe
Grandi Alfiero
Grignaffini Giovanna
Grillini Franco
Grotto Franco
Iannuzzi Tino
Innocenti Renzo
Intini Ugo
Kessler Giovanni
Labate Grazia
Ladu Salvatore
Leoni Carlo
Lettieri Mario
Loddo Santino Adamo
Loddo Tonino
Lolli Giovanni
Lucà Mimmo
Lucidi Marcella
Lulli Andrea
Lumia Giuseppe
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Maccanico Antonio
Magnolfi Beatrice Maria
Mancini Giacomo
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marcora Luca
Mariani Paola
Mariani Raffaella
Marini Franco
Marino Mauro Maria
Mariotti Arnaldo
Marone Riccardo
Martella Andrea
Mascia Graziella
Mastella Mario Clemente
Mattarella Sergio
Maurandi Pietro
Mazzarello Graziano
Mazzuca Poggiolini Carla
Meduri Luigi Giuseppe
Melandri Giovanna
Merlo Giorgio
Meta Michele Pompeo
Milana Riccardo
Minniti Marco
Molinari Giuseppe
Monaco Francesco
Mongiello Giovanni
Montecchi Elena
Morgando Gianfranco
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Nannicini Rolando
Nardini Maria Celeste
Nieddu Gonario
Nigra Alberto
Nuvoli Giampaolo
Oliverio Gerardo
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Olivieri Luigi
Oricchio Antonio
Ottone Rosella
Panattoni Giorgio
Papini Andrea
Pappaterra Domenico
Pasetto Giorgio
Pecoraro Scanio Alfonso
Pennacchi Laura Maria
Petrella Giuseppe
Pettinari Luciano
Pinza Roberto
Pisa Silvana
Pisapia Giuliano
Piscitello Rino
Pistone Gabriella
Potenza Antonio
Preda Aldo
Provera Marilde
Quartiani Erminio Angelo
Raffaldini Franco
Rainisio Giovanni
Ranieri Umberto
Rava Lino
Realacci Ermete
Reduzzi Giuliana
Ria Lorenzo
Rocchi Carla
Rosato Ettore
Rossi Nicola
Rotundo Antonio
Ruggeri Ruggero
Ruggieri Orlando
Rusconi Antonio
Russo Spena Giovanni
Ruta Roberto
Rutelli Francesco
Ruzzante Piero
Sandi Italo
Sandri Alfredo
Santulli Paolo
Sasso Alba
Sciacca Roberto
Sedioli Sauro
Sgobio Cosimo Giuseppe
Siniscalchi Vincenzo
Sinisi Giannicola
Soda Antonio
Soro Antonello
Squeglia Pietro
Stradiotto Marco
Stramaccioni Alberto
Susini Marco
Tanoni Italo
Tedeschi Massimo
Tidei Pietro
Tolotti Francesco
Trupia Lalla
Tuccillo Domenico
Turco Livia
Valpiana Tiziana
Ventura Michele
Vernetti Gianni
Vertone Saverio
Vigni Fabrizio
Villari Riccardo
Villetti Roberto
Violante Luciano
Visco Vincenzo
Volpini Domenico
Widmann Johann Georg
Zaccaria Roberto
Zanotti Katia
Zara Stefano
Zeller Karl
Zunino Massimo
Si sono astenuti:
Sgarbi Vittorio
Sono in missione:
Armosino Maria Teresa
Ballaman Edouard
Bianco Enzo
Castagnetti Pierluigi
Coronella Gennaro
D'Alia Giampiero
Fiori Publio
Fontanini Pietro
Lion Marco
Manzini Paola
Martinelli Piergiorgio
Mussi Fabio
Piglionica Donato
Romano Francesco Saverio
Rugghia Antonio
Russo Paolo
Tremonti Giulio
Tucci Michele
Zanella Luana
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4636-bis-D sezione 1).
Qual è il parere del Governo?
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, poiché affronta un problema assolutamente rilevante, di cui il Governo è conscio, l'ordine del giorno Cima n. 9/4636-bis-D/1 è accettato. Inoltre, il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Perlini n. 9/4636-bis-D/2.
Il Governo invita al ritiro degli ordini del giorno Magnolfi n. 9/4636-bis-D/3, Bonito n. 9/4636-bis-D/4, Carboni n. 9/4636-bis-D/5, Siniscalchi n. 9/4636-bis-D/6, Finocchiaro n. 9/4636-bis-D/7, Grillini n. 9/4636-bis-D/8 e Kessler n. 9/4636-bis-D/9, che altrimenti non accetta.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Lucidi n. 9/4636-bis-D/10, il Governo ha già espletato tutte le attività con riferimento a quanto auspicato dalla presentatrice; quindi ...
PRESIDENTE. Lo accetta?
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. No, non posso accettarlo, signor Presidente, perché abbiamo già fatto tutto: l'ordine del giorno è ultroneo, perché è volto ad impegnare il Governo a svolgere un'attività che il Governo ha già svolto completamente.
L'ordine del giorno Lucidi n. 9/4636-bis-D/10 potrebbe considerarsi, per così dire, assorbito; in ogni caso, il Governo non può accettarlo perché non vi è più alcuna azione da compiere.
PRESIDENTE. Si tratterebbe, in sostanza, di un invito al ritiro; poi sentiremo l'onorevole Lucidi ...
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Sì, signor Presidente, invito al ritiro dell'ordine del giorno in quanto ultroneo.
Infine, il Governo accetta l'ordine del giorno Taormina n. 9/4636-bis-D/11.
PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che l'onorevole Cima non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/4636-bis-D/1, accettato dal Governo.
Onorevole Perlini? Prendo atto che non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/4636-bis-D/2, accolto come raccomandazione dal Governo.
Chiedo all'onorevole Magnolfi se acceda all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/4636-bis-D/3, altrimenti non accettato dal Governo, ovvero se insista per la votazione.
BEATRICE MARIA MAGNOLFI. Signor Presidente, non ritiro il mio ordine del giorno ed insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico (Commenti).
Passiamo ai voti.
State tranquilli, colleghi, attendiamo che tutti possano munirsi della tessera di votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Magnolfi n. 9/4636-bis-D/3, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 411
Maggioranza 206
Hanno votato sì 173
Hanno votato no 238).
Prendo atto che gli onorevoli Ruta, Potenza e Mongiello non sono riusciti a votare.
Prendo atto inoltre che l'onorevole Di Virgilio non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario e che l'onorevole Cima non è riuscita a votare ed avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto altresì che i presentatori dell'ordine del giorno Bonito n. 9/4636-bis-D/4 non accedono all'invito al ritiro ed insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bonito n. 9/4636-bis-D/4, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 418
Maggioranza 210
Hanno votato sì 175
Hanno votato no 243).
Prendo atto che gli onorevoli Potenza, Mongiello e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto altresì che i presentatori dell'ordine del giorno Carboni n. 9/4636-bis-D/5 non accedono all'invito al ritiro ed insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Carboni n. 9/4636-bis-D/5, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 428
Votanti 427
Astenuti 1
Maggioranza 214
Hanno votato sì 180
Hanno votato no 247).
Prendo atto che gli onorevoli Potenza, Mongiello e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto altresì che i presentatori dell'ordine del giorno Siniscalchi n. 9/4636-bis-D/6 non accedono all'invito al ritiro ed insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Siniscalchi n. 9/4636-bis-D/6, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 437
Votanti 435
Astenuti 2
Maggioranza 218
Hanno votato sì 185
Hanno votato no 250).
Prendo atto che gli onorevoli Potenza, Mongiello e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto altresì che i presentatori all'ordine del giorno Finocchiaro n. 9/4636-bis-D/7 non accedono all'invito al ritiro ed insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Finocchiaro n. 9/4636-bis-D/7, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 438
Votanti 436
Astenuti 2
Maggioranza 219
Hanno votato sì 186
Hanno votato no 250).
Prendo atto che gli onorevoli Potenza, Mongiello e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto altresì che i presentatori dell'ordine del giorno Grillini n. 9/4636-bis-D/8 non accedono all'invito al ritiro ed insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Grillini n. 9/4636-bis-D/8, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 441
Astenuti 5
Maggioranza 221
Hanno votato sì 188
Hanno votato no 253).
Prendo atto che gli onorevoli Buontempo, Potenza, Giuseppe Gianni, Mongiello e Cima non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto altresì che i presentatori dell'ordine del giorno Kessler n. 9/4636-bis-D/9 non accedono all'invito al ritiro ed insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Kessler n. 9/4636-bis-D/9, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 443
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 253).
Prendo atto che gli onorevoli Potenza, Giuseppe Gianni, Mongiello e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Lucidi n. 9/4636-bis-D/10, il Governo ritiene che gli atti richiesti in questo ordine del giorno siano già stati espletati. Dunque, verrebbe a cessare la materia del contendere. Ciononostante, i presentatori non accedono all'invito al ritiro ed insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Lucidi n. 9/4636-bis-D/10, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 454
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato sì 198
Hanno votato no 256).
Prendo atto che gli onorevoli Potenza, Giuseppe Gianni, Mongiello e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo atto altresì che l'onorevole Taormina non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/4636-bis-D/11, accettato dal Governo.
ITALICO PERLINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ITALICO PERLINI. Signor Presidente, vorrei intervenire sul mio ordine del giorno n. 9/4636-bis-D/2.
PRESIDENTE. Onorevole Perlini, il suo ordine del giorno è già stato accolto dal Governo come raccomandazione. È stata questa la decisione del Governo.
ITALICO PERLINI. Signor Presidente, chiedo al Governo di accettare il mio ordine del giorno, considerato che al Senato è stato accettato un ordine del giorno di identico contenuto.
PRESIDENTE. Onorevole Perlini, quando siamo passati all'esame del suo ordine del giorno, su cui il Governo aveva già espresso il parere, lei non ha chiesto di intervenire; quindi, la Presidenza ha preso atto che non insisteva per la votazione.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, noi della componente delle Minoranze linguistiche del gruppo Misto non crediamo che il disegno di legge in esame sia sufficiente per guarire i mali della giustizia, ad iniziare dalla lentezza dei processi. Condividiamo la necessità di premiare i magistrati bravi, ma non crediamo che gli esami teorici, che non sempre sono indice di laboriosità, siano la strada giusta.
Siamo poi assolutamente contrari al cosiddetto emendamento Bobbio, che limita l'accesso agli incarichi direttivi, anche perché ha un po' il sapore di essere stato studiato ad hoc per bloccare la carriera di «certe» persone. Condividiamo però alcuni degli obiettivi fondamentali del disegno di legge. Anche noi guardiamo con favore alle norme che sanciscono una determinata separazione tra le carriere di giudice e di pubblico ministero, sul modello sperimentato in altri paesi dell'Unione europea.
Durante il dibattito svoltosi sul disegno di legge in prima lettura in questa Camera avevamo chiesto di tenere conto delle particolarità della provincia autonoma di Bolzano, legate ai concorsi speciali dei magistrati, alla proporzionale etnica ed al bilinguismo e tutte le nostre richieste sono state accolte. Con l'istituzione di una sezione distaccata della Corte d'assise d'appello a Bolzano viene risolto un annoso problema: a Trento non è infatti possibile garantire il bilinguismo nei procedimenti penali, mentre Bolzano è ben attrezzata a tale scopo. Si è risolto anche il problema dei comuni di Lauregno e Proves, che passano da Bolzano alla sezione distaccata di Merano.
Le innovazioni più importanti riguardano però la riserva delle funzioni direttive e semidirettive dei magistrati provenienti dal concorso speciale per Bolzano, la facoltà per i magistrati di Bolzano di concorrere, sempre all'interno del circondario di Bolzano, al conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi, nonché quella di passare dalla funzione giudicante alla requirente e viceversa.
L'applicazione pedissequa della riforma avrebbe comportato la paralisi della giustizia a Bolzano, vanificando le garanzie della proporzionale e del bilinguismo previste dallo Statuto di autonomia e dalle norme di attuazione.
Ringrazio pertanto l'opposizione e anche la maggioranza, in particolare il relatore Nitto Palma, il presidente Pecorella e il ministro Castelli, per la grande sensibilità dimostrata verso i problemi della giustizia in provincia di Bolzano ed annuncio il voto di astensione della componente delle Minoranze linguistiche del gruppo Misto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, col voto odierno si pone termine ad un lungo percorso parlamentare segnato da ampie discussioni nelle Commissioni e in Assemblea e da approfonditi confronti con i magistrati e con gli avvocati.
Nessuno può affermare di non aver avuto occasione in quattro anni di essere ascoltato dal Governo e dalla maggioranza. L'Associazione nazionale magistrati è scontenta, gli avvocati anche, ma purtroppo per ragioni opposte.
La riforma dell'ordinamento giudiziario faceva parte del programma della Casa delle libertà e, nei passaggi parlamentari di questi anni, è stata molte volte oggetto di miglioramenti, via via salutati da una parte dei magistrati e degli avvocati come ottimi e buoni - ma parziali - risultati positivi.
Oggi ognuno di loro avrebbe voluto un po' più recepite le proprie ragioni e noi, come lo stesso relatore Nitto Palma ci ha riconosciuto nelle scorse settimane, avremmo desiderato introdurre altri ulteriori miglioramenti, che la maggioranza stessa riteneva utili.
Il Governo ha posto però una questione importante e l'urgenza dei tempi, soprattutto per l'attuazione della riforma dell'ordinamento giudiziario, la fine della legislatura e gli anni trascorsi a discutere con grande apertura hanno indotto alla scelta del voto di fiducia.
Dopo quattro anni è ragionevole approvare questo testo, al quale nei vari passaggi tutti noi abbiamo dato un notevole contributo di miglioramento. I princìpi di fondo di questa riforma dell'ordinamento giudiziario sono da noi condivisi pienamente.
Il voto di fiducia è quindi un segno di buon senso, un voto che giunge a pochi giorni dall'improprio e surrettizio tentativo, tutto italiano, di introdurre nel nostro sistema una sorta di «tricameralismo».
Quindi, il voto di fiducia vuole anche ribadire la piena autonomia del potere legislativo, di tutto il Parlamento; sì, dopo quattro anni, approviamo la riforma dell'ordinamento giudiziario e, in fondo, con tale voto, vogliamo ribadire tutta la nostra responsabilità, autonomia ed indipendenza di organo parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i gruppi parlamentari dell'Unione (e quindi tutta l'opposizione) mi hanno dato l'incarico di esprimere la comune opinione - il che significa il comune dissenso - sul disegno di legge in esame. Sono grato ai colleghi e cercherò di esprimere, nei ristretti limiti di tempo consentiti dal regolamento, tale comune pensiero.
Siamo contrari, per ragioni di metodo e di sostanza; quanto alle prime, non possiamo tollerare che una questione di tanta importanza, certamente di rilievo costituzionale, sia stata risolta attraverso il ricorso al voto di fiducia, il che, del resto, è già avvenuto il 30 giugno dello scorso anno, quando sulla materia in esame si era egualmente proceduto all'approvazione tramite votazione fiduciaria. Ciò ha impedito, signor Presidente, quel concorso di idee e quel confronto aperto che sarebbero stati auspicabili in quanto, di una riforma - ma non di quella in esame - dell'ordinamento giudiziario il nostro paese ha certamente bisogno.
Presidente, appartengo alla categoria di quanti ritengono che tali provvedimenti non debbano essere varati «sudditi» dei giudici; ma, certamente, neppure devono essere approvati «contro» i giudici. Questa riforma è tutta pervasa da un sentimento contro la magistratura, specie quella penale; ciò, francamente, non è in alcun modo accettabile. Tenere conto del parere del Consiglio superiore della magistratura non significa - e mi rivolgo al Presidente della Camera ora facente funzioni - ritenere che il Consiglio superiore della magistratura sia una «terza Camera»; significa, piuttosto, approfondire un confronto che dovrebbe essere aperto con tutti gli operatori del diritto. Noi registriamo una palese contrarietà al provvedimento in esame da parte non solo dei giudici ma anche di tutta l'avvocatura, persino da esponenti delle camere penali che per tradizione non sono certamente uomini di destra.
Signor Presidente, quando il «sorridente» ministro Giovanardi - e, francamente, non so quali ragioni abbia per sorridere in un momento così triste - afferma, in televisione, che non si deve espropriare il Parlamento, espressione della sovranità popolare, rilascia una dichiarazione giusta. Eppure, quando poi viene in quest'aula, impone il voto di fiducia perché la maggioranza sa benissimo che altrimenti il provvedimento non sarebbe approvato, per le divisioni che la lacerano; ebbene, il ministro, allora, contraddice quanto prima ha affermato perché non è il Parlamento, in questo momento, detentore del potere sovrano: al contrario, la maggioranza parlamentare è succube di un Esecutivo che, a Dio piacendo, è in via di agonia.
Consideri, onorevole Presidente, che il pervasivo sentimento contro i giudici è giunto sino al varo di una misura ad personam contro un giudice noto per la sua alta professionalità. Mi stupisce non si disponga nulla contro la procura di Milano perché, data l'occasione - tant'è! - potevano arrivare anche a ciò...! Veda, signor Presidente, onorevoli colleghi, atteso che della procura di Milano sto parlando, vorrei ricordare una famosa commedia di Ferravilla, nella quale un imputato (un imputato «continuo»), Tecoppa, ogni volta che viene condannato, dichiara: Signor giudice, non accetto!
A me sembra che questa maggioranza, di fronte alle pronunce dei giudici, anche e soprattutto quelli di Milano, abbia assunto tale posizione: non accetto! Non potendo risolvere il problema con quelli che ci avevano insegnato, sui banchi dell'università, essere i metodi normali per contrastare una pronuncia del giudice (l'appello, il ricorso per Cassazione e via dicendo), segue la via più semplice - ma certamente indecente! - di approvare leggi che, in qualche modo, offendono la nostra cultura giuridica.
Ma scendiamo nell'esame del merito, oltre che nell'esame dell'indecoroso metodo. Ricordo che il Presidente della Repubblica rinviò il provvedimento alle Camere e, come venne giustamente notato dal collega Zaccaria, con un po' d'innovazione rispetto ai tradizionali rinvii, quasi sempre connotati da mancanza di copertura finanziaria, lo rinviò per notevoli ragioni di rilevata incostituzionalità.
I punti emergenti nel messaggio presidenziale erano quattro, ma, in verità, era l'intero sistema ad essere messo sotto accusa ed a dover essere riesaminato. Si è ristretto il dibattito al Senato della Repubblica, e lo si è ristretto anche in quest'aula. Esaminiamo, tuttavia, anche ciò che è stato fatto in ordine ai quattro punti segnalati dal Presidente della Repubblica.
Il primo concerne la relazione del ministro della giustizia sulle linee guida della futura politica giudiziaria; a Dio piacendo, è stata eliminata, ma fino ad un certo punto, poiché vi è pur sempre una relazione finale del ministro sull'attività giudiziaria svolta, e ciò non ha nulla a che fare con i poteri del ministro della giustizia in tale materia.
Era prevista, consequenzialmente, una forma di monitoraggio per osservare l'esito dei procedimenti giudiziari. Si trattava di una «invasione» così clamorosa che anche questa maggioranza ha dovuto fare marcia indietro. Non l'ha fatta, invece, su un altro punto, il quale, se non fosse una cosa seria, sarebbe addirittura ridicola. Infatti, il Presidente della Repubblica ha osservato che, in caso di dissenso tra l'opinione del CSM e quella del ministro della giustizia in ordine al conferimento o alla proroga degli incarichi direttivi, l'unica via consentita dal nostro ordinamento costituzionale vigente era quella di ricorrere dinanzi alla Corte costituzionale, e non al TAR.
Cosa ha fatto il Senato, e cosa stiamo facendo noi, in questo momento, al riguardo? Stiamo disponendo che si ricorra al tribunale amministrativo regionale al di fuori dei casi in cui non è previsto il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato!
Allora, questa norma è inutiliter scripta: non significa nulla, poiché non riesco a vedere quale interesse legittimo possa avere il ministro della giustizia nei confronti delle nomine direttive; o meglio, ne vedo, ed anche troppi, ma presumo che non possano essere scritti in un ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale. Ma se non sussiste un interesse personale del ministro nei confronti di una nomina, allora francamente non so quando vi sia un conflitto di attribuzione tra poteri!
Non parliamo, poi, di ciò che concerne il problema dei concorsi. È stato sostenuto che, attraverso questa pletora di concorsi, paralizzeremo l'attività giurisdizionale. Vorrei ricordare che, il 30 giugno dello scorso anno, un collega affermò, in questa Assemblea, che, se il disegno di legge delega in oggetto fosse divenuto legge dello Stato, sarebbe stata una cosa veramente strana riuscire ad emettere un giudizio. Infatti, tra giudici membri delle commissioni giudicatrici e magistrati sottoposti al giudizio delle medesime commissioni giudicatrici, non ci sarebbe stato più nessuno in grado, in qualche modo, di rendere giustizia!
Vorrei evidenziare che, anche se è stata soppressa la previsione di affidare la materia dei concorsi alla scuola di specializzazione, se considero lo stato della scuola di specializzazione della pubblica amministrazione, mi viene quasi timore nel pensare ad una scuola di specializzazione diversa da quella già esistente all'interno del Consiglio superiore della magistratura: infatti, si tratta un po' del refugium peccatorum di tutti i colleghi professori che non riescono a trovare una sede, ma desiderano rimanere a Roma.
Però, quando, si introduce tale previsione per un provvedimento che spetta al Consiglio superiore della magistratura - che peraltro deve valutare i risultati della scuola di specializzazione -, onorevoli colleghi, ogni promozione diviene un incarico direttivo ed ogni promozione importante avrà come conseguenza un ricorso al tribunale amministrativo regionale.
Non si sono, dunque, rispettati i punti oggetto di rinvio da parte del Presidente della Repubblica.
Vi è un eccesso di burocratizzazione; vi è un eccesso di gerarchia. Dubito che i poteri assegnati al procuratore capo possano essere compatibili con la norma costituzionale che impone l'esercizio dell'azione penale. Quindi, se si considera bene il testo, non vi è nulla di ciò che sarebbe servito per una seria riforma dell'ordinamento giudiziario.
Signor Presidente, se il signor ministro avesse la bontà di seguire il dibattito, mi vorrei permettere di consigliargli la lettura non - come ho fatto altre volte - di un libro forse per lui un po' ostico, ossia l'Esprit des lois di Montesquieu, ma di un libricino semplice semplice, di Piero Calamandrei sui buoni rapporti tra giudici ed avvocati. È un libricino semplice che, tuttavia, dà l'impressione e la sensazione netta che, pur essendo su posizioni contrapposte, si può comunque dialogare nell'interesse comune e nell'interesse della giustizia.
Questo provvedimento non fa nulla per porre rimedio ai mali endemici della nostra giustizia, quali la lentezza e la paralisi di molti suoi settori. Di ciò abbiamo bisogno. L'ordinamento giudiziario non è una riforma dei codici. L'ordinamento giudiziario è un istituto servente per far funzionare bene i codici nei vari settori. Di tutto ciò, nel provvedimento in esame, non vi è alcunché.
Pertanto, noi oggi voteremo contro l'approvazione di questo provvedimento, da un lato con tristezza e, dall'altro, con la grande speranza che tra pochi mesi tale provvedimento farà la fine che deve fare, ossia sarà cassato dal nostro ordinamento giuridico (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-popolari UDEUR, dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, di Rifondazione comunista, Misto-SDI-Unità Socialista e Misto-Verdi, l'Unione - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.
SERGIO COLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho letto con attenzione gli interventi del 30 giugno 2004, quando questo provvedimento giunse all'esame dell'Assemblea per la seconda lettura. Debbo dire che oggi sono state ripetute - da ultimo, dall'onorevole Acquarone - le stesse argomentazioni. Tali argomentazioni sono caratterizzate da un fuori tema, nel vero senso della parola. Si tratta solamente di proclami di principio; non vi è nessun esame concreto del contenuto del provvedimento e, quindi, nemmeno alcuna critica seria, perché vi sarebbero state difficoltà molto fondate nell'affrontare tale argomento. Me ne rendo perfettamente conto. Me ne sono reso altresì conto nell'ascoltare l'intervento dell'onorevole Violante, il quale ritiene che la riforma dell'ordinamento giudiziario possa tracciare la strada per risolvere i problemi atavici di crisi della giustizia. Egli, infatti, ha fatto richiamo ai provvedimenti approvati nella XIII legislatura che, a mio modo di vedere, nulla hanno a che fare con la riforma dell'ordinamento giudiziario. La riforma dell'ordinamento giudiziario non è, infatti, assolutamente finalizzata a risolvere la lentezza della giustizia italiana.
Onorevole Acquarone, la stimo moltissimo; tuttavia, quando si fanno determinate affermazioni, bisogna farle cognita causa. Non bisogna fare affermazioni di carattere demagogico senza il sostegno ed il cosiddetto riscontro. Se, infatti, l'onorevole Acquarone avesse prestato più attenzione nel seguire questo provvedimento, si sarebbe reso conto che, in seconda lettura, quanto approvato dal Senato è stato completamente stravolto dall'intervento della Camera dei deputati.
Infatti, proprio in omaggio all'esigenza di dar corso ad un dialogo e ad un contraddittorio serrato presso la Commissione giustizia, si sono svolte decine di audizioni (ANM, Consiglio nazionale forense, OUA, Camera penale, Camera civile, AIGA) e sulla base di esse - onorevole Acquarone, legga bene le carte! - è stato stravolto il provvedimento, proprio perché la Camera ha tenuto presente gran parte dei suggerimenti dell'Associazione nazionale magistrati. Mi sembra che questo sia un fatto indiscutibile, che elimina i dubbi e le perplessità che oggi sono espressi costantemente sulla stampa; stampa che, a dispetto e contrariamente a quanto si dice, non è assolutamente al servizio del centrodestra ma, forse, dell'Ulivo.
Vorrei anche aggiungere che il provvedimento in esame è condiviso, per l'80 per cento del suo contenuto, da tutta la magistratura, anche da quella politicizzata. Ciò non emerge nel corso delle sue esternazioni; queste affermazioni, infatti, vengono rese sinceramente nell'ambito di un esame di coscienza che essa svolge con se stessa o quando colloquia con noi. Invece, all'esterno si fanno soltanto proclamazioni di principio, senza entrare assolutamente nel merito.
Onorevole Acquarone, sono due i punti importanti del provvedimento che in un certo senso sono contestati: la netta separazione delle funzioni e la disciplina dei concorsi. Ebbene, per quanto riguarda la netta separazione delle funzioni, onorevole Acquarone, lei è un avvocato e sa che le ragioni dell'avvocatura sono diametralmente opposte a quelle della magistratura (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana): la magistratura vuole che la situazione rimanga inalterata, mentre gli avvocati vogliono la separazione delle carriere. Qui, invece, sembra che vi sia un'armonica opposizione a questo provvedimento. Proprio perché vi è, a livello estremistico, tra magistratura e avvocatura, un'opposizione a quanto abbiamo stabilito, forse abbiamo imboccato la strada giusta.
Onorevole Acquarone, lei ricorderà il periodo di Tangentopoli e la commistione di funzioni che allora si registrava. Ricorderà i pubblici ministeri che, dopo qualche mese, svolgevano le funzioni di giudici terzi, giudicando sugli stessi filoni che avevano seguito e per cui avevano richiesto mandati di cattura o ordinanze di custodia cautelare poi emesse. Ricorderete il colloquio e la corrispondenza di amorosi sensi fra un pubblico ministero di Milano, Di Pietro, e un GIP di Milano, Ghitti. Quest'ultimo, di fronte a una richiesta di ordinanza cautelare, rispose con un bigliettino dicendo: se vuoi far arrestare questo soggetto, devi formulare la richiesta in modo diverso e ti dirò come fare. Mi sembra che questo sia veramente il presupposto per arrivare ad una netta separazione delle carriere. Vogliamo veramente scherzare? Vogliamo veramente dire come è gestito il CSM in questo momento?
Tante volte sono intervenuto per fare rispettare determinate regole, onorevole Violante, circa la capacità e la professionalità di una persona che avrebbe dovuto rivestire un incarico direttivo. Mi è stato risposto: ci dispiace, questa procura della Repubblica appartiene a Unicost, quest'altra appartiene a Magistratura democratica, questa ai Verdi e quest'altra a magistratura indipendente (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, della Lega Nord Federazione Padana)! Ma veramente vogliamo scherzare? Veramente vogliamo nascondere la realtà con un'ipocrisia senza precedenti?
Onorevole Violante, recentemente, i politologi e gli storici, anche quelli di sinistra, hanno acquisito un dato; la sinistra comunista nel 1990, 1991 e 1992, dopo la caduta del muro di Berlino, trovò una fonte di sopravvivenza: la via giudiziaria della politica. E la praticò molto bene (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo)!
ANDREA LULLI. Vergognati!
SERGIO COLA. Questa via la praticò distruggendo partiti politici (Commenti del deputato Alfonso Gianni), distruggendo la prima Repubblica, ma soprattutto facendo morire o di cancro o nel proprio intimo persone come Andreotti ed altri, nei cui confronti sono stati instaurati processi politici che si sono risolti come voi ben sapete.
Entrando nel merito, la riforma prevede l'accesso di secondo grado nella magistratura, la temporaneità degli incarichi giudiziari, la tassatività degli illeciti disciplinari, l'accoglimento della richiesta dell'ANM, la gerarchizzazione della procura della Repubblica, un aumento delle funzioni dei consigli giudiziari. Tutte queste proposte sono state accolte e fatte proprie su suggerimento dell'opposizione e dell'ANM.
Di che cosa, quindi, vogliamo discutere? Vogliamo discutere veramente del sesso degli angeli oppure vogliamo fare solamente delle esercitazioni di ipocrisia?
Non penso di dovermi dilungare oltre, perché, se effettivamente si guardasse la realtà cognita causa, non ci si lascerebbe andare ad affermazioni siffatte. Concludo dunque il mio intervento limitandomi ad una constatazione. Se vi è stata negli anni 1993, 1994 e 1995 un'invasione di potere da parte di certa magistratura - quella, sì, politicizzata - che è stata seguita - forse, questo sì -, a causa di intimidazioni, anche da altri magistrati, i quali sono assolutamente liberi e indipendenti, e se vi è stata un'invasione delle sfere degli altri poteri, violando in maniera chiarissima il principio del contratto sociale e quello della divisione dei poteri di Montesquieu, abbiamo il sacrosanto dovere di ristabilire questo principio, che sta alla base di una vera e completa democrazia. Tale principio, a tutt'oggi, non esiste proprio per questa caratterizzazione politica della magistratura.
Sì, quindi, a questo ordinamento giudiziario! Voi avete fatto un'opposizione esclusivamente per impedire il varo dei decreti legislativi. Noi abbiamo fatto ricorso alla fiducia affinché questo provvedimento fosse approvato entra la fine della legislatura.
Onorevole Acquarone, concludo il mio intervento con un richiamo: ricordo i volti dell'onorevole Violante e dell'onorevole Finocchiaro quando giunse il famoso rinvio del Capo dello Stato. Essi impallidirono, perché ritenevano che il provvedimento fosse stato rinviato alle Camere per una serie infinita di profili di illegittimità costituzionale. Invece, onorevole Acquarone, il provvedimento è stato rinviato per circostanze contingenti, che non hanno nessun rilievo nell'assetto e nella struttura di questo provvedimento. Diciamoci la verità: lei è un esperto di diritto e sa che gli argomenti rilevati dal Capo dello Stato sono delle inezie nel vero senso della parola (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo)!
MAURA COSSUTTA. Vergognati!
SERGIO COLA. Noi vi abbiamo posto riparo, perché è nostra ferma volontà riformare l'ordinamento giudiziario, affinché finalmente, con la divisione dei poteri, l'Italia riacquisti la via della democrazia completa e assoluta (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. È difficile intervenire dopo l'appassionato intervento dell'onorevole Cola. È chiaro, tuttavia, che, come Lega, vogliamo lasciare una traccia importante in questo dibattito.
Finalmente siamo arrivati all'atto conclusivo di un tormentato iter legislativo che ha avuto per oggetto la riforma dell'ordinamento giudiziario. Come più volte abbiamo evidenziato, l'ordinamento giudiziario attende di essere riformato da oltre cinquant'anni, visto che risale al 1941 ed è antecedente alla Costituzione repubblicana.
Da sempre si avvertiva l'esigenza, condivisa, di elaborare un disegno organico che lo riformasse, adeguandolo ai nuovi valori della democrazia, per la riconosciuta importanza di questa nell'ordinamento come la madre di tutte le riforme in materia di giustizia.
Nel corso di decenni di vita repubblicana, nonostante una lunga serie di tentativi settoriali e disorganici, non è mai stato avviato un lavoro parlamentare di intervento complessivo riguardante lo status dei giudici e dei pubblici ministeri per la riconosciuta enorme difficoltà di incidere su ciò che rappresenta l'assetto fondamentale del potere giudiziario e che non può essere risolto a livello di normativa secondaria.
Ebbene, dopo cinquantasei anni di colpevole omissione, grazie al ministro Castelli e alla Casa delle libertà, oggi stiamo approvando questa importante riforma, ottemperando a un preciso impegno sottoscritto con i nostri elettori.
È bene ricordare che questo provvedimento ha incontrato fortissime resistenze, soprattutto da parte dei principali destinatari: i magistrati, la magistratura associata, l'Associazione nazionale magistrati. Le loro tesi, però, sono state sposate da chi siede nei banchi dell'opposizione. Gli oppositori di questa coraggiosa riforma, lungi dal riconoscere i miglioramenti apportati al testo anche su loro richiesta, si sono mossi unicamente con l'obiettivo di contrastare comunque la riforma e hanno continuato a sollevare proteste massimaliste, funzionali all'unico scopo di bloccare tout court il cambiamento e conservare un assetto giudiziario vecchio, non più rispondente alle reali esigenze della giustizia vera.
Risulta chiaro a tutti come la materia dell'ordinamento giudiziario sia estremamente delicata perché carica di conseguenze non solo e non tanto per i diretti destinatari della riforma, quanto anche per gli utenti. Onorevole Acquarone, questa non è una riforma contro la magistratura, è una riforma per i magistrati, per quei magistrati che non sono politicizzati e vogliono essere apprezzati per i loro meriti professionali e non per le appartenenze o le simpatie politiche. Questa è una riforma per i cittadini che ci chiedono di rispondere alla domanda di giustizia, ed in questo i Governi che ci hanno preceduto sono stati totalmente inefficienti.
Si può non essere d'accordo sul merito delle scelte effettuate, ma riteniamo che la magistratura associata ed anche il CSM siano andati oltre, troppo. Si è arrivati al limite del volere alimentare uno scontro istituzionale, uno scontro tra poteri dello Stato dai toni inaccettabili. Sono ancora fresche le polemiche dello sciopero dello scorso 14 luglio, il quarto sciopero contro la riforma. A prescindere dalle opinioni sul fatto che quest'ultima astensione dal lavoro sia stata legittima o meno, è grave ed inaccettabile la motivazione che ha ispirato tale sciopero, l'intento per cui è stato posto in essere: non per rivendicazioni economiche e giuridiche, ma per condizionare o, peggio, minacciare il Parlamento che, in quanto direttamente eletto dal popolo, è sovrano ed esclusivo detentore della funzione legislativa.
Cari colleghi dell'opposizione, dell'Unione, così fervidi paladini della Costituzione, non è violazione materiale della Costituzione quella dei magistrati che interferiscono in una sfera ed in una funzione che non è loro propria come quella legislativa, che la Costituzione riserva al Parlamento? Autonomia ed indipendenza non possono essere sempre invocate a senso unico.
Sono state fatte molte polemiche, ieri dall'onorevole Bonito ed oggi dall'onorevole Acquarone, con riguardo al potere del ministro della giustizia di riferire in merito alle linee di politica giudiziaria. Si è detto che verrebbe violato l'equilibrio dei poteri dello Stato e che il ministro Castelli, addirittura in aula, potrebbe aprire un dibattito sulle sentenze. Questa è un'interpretazione creativa, onorevole Bonito. Avrei anche potuto tenerla in considerazione come possibile obiezione se lei fosse stato altrettanto chiaro nel denunciare l'ingerenza del potere giudiziario in quello legislativo, cosa che non ha fatto.
Nessuno in quest'aula si è unito al richiamo doveroso del Presidente Pera, che ha redarguito il CSM per aver travalicato i suoi compiti istituzionali. Capisco, colleghi, che molti di voi siano stati magistrati e, magari, torneranno a fare i magistrati. Però, adesso siete parlamentari e dovete difendere le prerogative del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Questo è doveroso!
Ripercorriamo alcuni aspetti della riforma. Innanzitutto, con tale riforma vogliamo dare un diverso accesso alla magistratura. Oggi un laureato in giurisprudenza vince un concorso e raggiunge il traguardo della vita. Noi vogliamo che vi siano alcuni paletti e che si valuti la meritocrazia. Ecco perché la preparazione di base del candidato, la richiesta di titoli aggiuntivi ed una valutazione permanente anche sull'operato e sulla professionalità del magistrato: questo dovrà fare la scuola della magistratura che verrà istituita. Non vi sarà alcuna ingerenza nei compiti del CSM. Di altre cose si deve occupare il CSM.
È giusto che un magistrato sia valutato! È giusto che il magistrato sia obbligatoriamente sottoposto, ogni cinque anni, ad una valutazione, della quale si dovrà tenere conto nel curriculum dei magistrati. Con questa riforma non sarà più possibile un avanzamento di carriera legato al mero criterio dell'automatismo e dell'anzianità! Abbiamo scelto lo strumento del concorso, ma non è certo «un concorsificio» quello che vogliamo realizzare, come pure ho sentito dire più volte dai banchi dell'opposizione. Cerchiamo di non essere ridicoli: si tratta di due concorsi in 45 anni di attività come magistrato! Il concorso è necessario per mandare avanti quei magistrati che sono più preparati e che svolgono al meglio il loro operato.
Per quanto riguarda la temporaneità degli incarichi direttivi, questa è necessaria affinché non si creino delle forme di potere precostituito. Anche la questione della tipicizzazione degli illeciti disciplinari è di interesse per i cittadini, perché questi vogliono sentirsi dire, nero su bianco, quali sono i comportamenti illeciti di un magistrato e quali invece non lo sono. Ebbene, noi abbiamo messo, nero su bianco, quando deve scattare obbligatoriamente la sanzione disciplinare. E voi invece ci dite che abbiamo limitato la libertà dei magistrati! Ma qual è la libertà dei magistrati? Per voi, ad esempio, è limitare la libertà di un magistrato se lo si sanziona perché ha omesso un provvedimento senza motivazione o perché si sottrae in modo abituale o ingiustificato al lavoro giudiziario? Pensiamo poi agli incarichi che un magistrato può svolgere al di fuori delle proprie funzioni: ebbene anche tali casi devono poter essere sanzionati disciplinarmente.
Avete detto che vogliamo comprimere le libertà costituzionali e politiche dei magistrati. Nulla di più falso! Certamente vogliamo impedire che un magistrato che si reca ad una manifestazione «girotondina» o no global, magari il giorno dopo debba decidere di un provvedimento cautelare, non a carico dei manifestanti ma a carico delle Forze di polizia, che hanno compiuto il loro sacrosanto dovere di difendere la sicurezza dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Per questo dico che si tratta di una riforma per la gente e sicuramente a favore della gente. E potrei andare avanti con gli esempi.
Si è detto che vi è una gerarchizzazione delle procure. No, colleghi, non si tratta di una gerarchizzazione! Il significato è piuttosto quello di voler dare un'omogeneità all'azione penale, pur nel rispetto del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Questo, perché oggi vi è purtroppo disomogeneità, che poi crea problemi per quanto riguarda l'attività investigativa. Allo stesso modo, è stato sacrosanto stabilire che il titolare dei rapporti con la stampa è il procuratore capo. Basta alla giustizia che spettacolarizza! Basta alle fughe di notizie per comparire sui media - perché magari si tratta di un'inchiesta più spettacolare rispetto alle altre - perché questo crea problemi in termini di violazione dei segreti d'ufficio!
Questi sono i motivi per cui noi difendiamo questa riforma. E siamo orgogliosi di essere riusciti a portarla a compimento come Governo della Casa delle libertà. Certo, ci rendiamo conto che essa non sarà esaustiva di tutte le problematiche che inficiano la nostra giustizia; tuttavia, noi abbiamo avuto il coraggio di vincere resistenze stratificate, contrarie al cambiamento e motivate da difese oltranziste di privilegi corporativi, che voi state difendendo in quest'aula!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 18,30)
CAROLINA LUSSANA. Si tratta di privilegi che non possono più essere giustificati! Questa riforma è un ottimo punto di partenza per risolvere la crisi della giustizia. È la prima grande vera riforma della storia repubblicana (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perlini. Ne ha facoltà.
ITALICO PERLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non voglio fare polemiche, perché oggi è un giorno importante per la storia della Repubblica e per la Casa delle libertà. Noi oggi manteniamo un altro impegno, che abbiamo assunto nel 2001 con i cittadini che ci hanno votato. Vorrei dire però che il nostro impegno va oltre il mandato dei nostri elettori, perché noi lo abbiamo assunto e rispettato nei confronti dell'intero paese.
Vedete, colleghi, personalmente ho vissuto in prima persona tutto l'iter legislativo di questo disegno di legge.
Se, per un momento, andassimo a vedere come siamo partiti e come siamo arrivati, si potrebbero cancellare tutte le accuse di antidemocraticità, di sopraffazione e di imposizione della nostra volontà, perché abbiamo accolto numerose obiezioni e numerose richieste dell'Associazione nazionale dei magistrati (sono state puntualmente e ripetutamente ascoltate in Commissione). Abbiamo, altresì, accolto molti sostanziali emendamenti presentati dall'opposizione, ma tutto ciò non è servito a niente, perché il vero intendimento dell'opposizione era quello impedirci di intervenire in una riforma così importante, quale quella dell'ordinamento giudiziario. Avremmo potuto accogliere tutto, ma avremmo continuato a ricevere dei «no» e delle gravi opposizioni.
I colleghi che mi hanno preceduto hanno puntualmente espresso i punti qualificanti della legge.
Vorrei aggiungere che siamo stati equilibrati; non abbiamo dato fondo a tutte le richieste che avrebbero determinato cambiamenti essenziali (mi riferisco alla categoria degli avvocati che avrebbero voluto l'affermazione decisa della separazione delle carriere). Tuttavia, abbiamo cercato, in tutti i modi, di conservare un impianto che modificasse il vecchio ordinamento giudiziario ormai non più rispondente alle necessità della nazione ma che, comunque, potesse avere una certa rispondenza nell'istanza generale dei cittadini, non di singoli settori della società. Ciò si contrappone nettamente allo spirito di opposizione corporativistica che - attenzione - non ha nulla a che vedere, come è stato sottilmente sostenuto dalla controparte, con una presunta opposizione, una presunta volontà di perseguire la categoria dei magistrati. Non è questo quindi il punto!
L'approvazione della legge sull'ordinamento giudiziario risponde ad una esigenza strutturale, di adattamento ai bisogni della società, perché l'ordinamento sia più rispondente alle sue necessità. Respingiamo, pertanto, le critiche e le accuse che ci sono state rivolte, confortati - come rilevato prima dall'onorevole Cola - dalle cosiddette obiezioni poste dal Capo dello Stato che non hanno riguardato gli elementi strutturali e fondamentali della legge, ma solo quelli marginali.
È per questo che siamo orgogliosi che il Governo Berlusconi abbia introdotto questa nuova riforma che si aggiunge alle altre e che ci proietta nel futuro del paese nella nostra opera di riforma. Preannunzio, pertanto, il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nicolosi. Ne ha facoltà.
NICOLÒ NICOLOSI. Signor Presidente, preannunzio il voto favorevole dei Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI sul provvedimento che ci accingiamo a votare.
Il provvedimento, che condividiamo, è stato portato avanti con coraggio, tenacia e razionale passione dal Governo e dalla maggioranza fino ad oggi. È un altro punto cardine del programma di Governo, merito del Presidente Berlusconi ed, in particolare, del ministro Castelli che, con determinazione e freddezza nordica, ha resistito, ribattendo con lucidità e fermezza agli attacchi subiti, meritando il nostro apprezzamento politico ed il mio personale.
Quindi, non avendo potuto esprimere la mia fiducia al Governo perché giunto in ritardo, colgo l'occasione di questo mio intervento per esprimerla ora al Governo e al ministro Castelli (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, ma anche nella veste di vicepresidente del gruppo di Alleanza Nazionale.
Il collega Cola ha riferito molte cose giuste e lo ringraziamo per il lavoro svolto in Commissione, ma durante il suo intervento, a mio avviso, nella foga oratoria, si è lasciato andare a considerazioni che non rispecchiano la posizione dell'intero gruppo di Alleanza nazionale.
Nutriamo profondo rispetto verso l'istituto della magistratura e siamo certamente critici nei confronti di coloro che hanno fatto un uso politico del potere della magistratura. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare l'altissimo prezzo che hanno pagato con vite umane non solo le forze dell'ordine, che ringraziamo, ma anche tanti magistrati che, per portare la moralizzazione nelle pubbliche amministrazioni, hanno pagato con la vita (Applausi). Infatti, in Sicilia, in Calabria e in molte altre regioni, il confine tra la malavita organizzata e la politica era molto labile e chi, in quei luoghi, ha avuto il coraggio di rappresentare lo Stato merita rispetto da parte di tutti noi (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Signor Presidente, solo per scrupolo, desidero far presente che nello stampato del disegno di legge in esame, A.C. 4636-bis-D, vi sono alcuni refusi tipografici, peraltro non presenti nell'allegato A al resoconto della seduta di ieri, ove il testo su cui è stata posta la fiducia è riportato correttamente.
In particolare, a pagina 13, seconda colonna, numero 6, seconda riga, deve leggersi: «possano» in luogo di: «possono», come stampato. Alla stessa pagina, stessa colonna e numero, alla diciottesima riga, deve leggersi: «requisiti richiesti, siano» in luogo di: «requisiti, siano», come stampato. Infine, a pagina 80, seconda colonna, comma 46, quinta riga, deve leggersi: «votare per un solo» in luogo di: «votare un solo», come stampato.
PRESIDENTE. Mi pare si tratti manifestamente di errori di stampa.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4636-bis-D)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4636-bis-D, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1296-B - «Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico» (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica) (Approvato dal Senato) (A.C. 4636-bis-D):
Presenti 507
Votanti 503
Astenuti 4
Maggioranza 252
Hanno votato sì 284
Hanno votato no 219.
(La Camera approva - Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega Nord Federazione Padana).
Prendo atto che gli onorevoli Giuseppe Gianni e Gerardo Bianco non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere voto contrario.
DISEGNO DI LEGGE: S. 1296-B - DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO DI CUI AL REGIO DECRETO 30 GENNAIO 1941, N. 12, PER IL DECENTRAMENTO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PER LA MODIFICA DELLA DISCIPLINA CONCERNENTE IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA CORTE DEI CONTI E IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, NONCHÉ PER L'EMANAZIONE DI UN TESTO UNICO (RINVIATO ALLE CAMERE DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA) (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4636-BIS-D)
(A.C. 4636-bis-D - Sezione 1)
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
la popolazione detenuta femminile in Italia oscilla da sempre tra il 4 e il 5 per cento del totale, non superando mai questa soglia;
le donne detenute in Italia si trovano allocate in sette istituti femminili (Trani, Pozzuoli, Rebibbia, Perugia, Empoli, Genova, Venezia) e in 62 sezioni all'interno di carceri maschili;
circa 70 bambini al di sotto dei tre anni di età si trovano in carcere con le loro madri, tanto in prigioni interamente femminili quanto in sezioni ospitate all'interno di prigioni maschili;
le donne detenute devono in media scontare pene di lunghezza molto inferiore a quelle degli uomini, la maggior parte non superando i cinque anni;
l'ordinamento penitenziario prevede una serie di strutture specifiche per le carceri e le sezioni femminili, come ad esempio gli asili nido laddove l'istituto o la sezione ospiti gestanti o madri con bambini;
l'associazione Antigone ha reso noti, attraverso una pubblicazione e alcuni seminari, i risultati di una ricerca transnazionale cui l'associazione stessa ha preso parte sul reinserimento socio-lavorativo delle donne ex detenute, dalla quale emergono i seguenti punti:
1) nonostante l'esiguo numero di donne detenute in Italia e negli altri Paesi europei, la maggior parte dei problemi che esse si trovano ad affrontare durante la detenzione e al momento del loro reingresso in società è diretta conseguenza del sovraffollamento di cui soffrono i sistemi penitenziari europei, sovraffollamento determinato in massima parte dalle presenze maschili e tuttavia subito anche dalle donne medesime a causa della gestione amministrativa unitaria di prigioni e sezioni maschili e femminili;
2) le donne detenute ed ex detenute presentano problematiche peculiari legate alla loro condizione di genere - prime fra tutte, ma non unicamente, quelle sanitarie e quelle legate alla maternità - per far fronte alle quali si rivelano inadeguati gli strumenti utilizzati per gli uomini;
3) la frammentazione della popolazione detenuta femminile, ospitata spesso in piccole sezioni all'interno di prigioni maschili (in molte delle quali si trovano non più di due o tre detenute), determina una tendenza a trascurare tali sezioni, destinando alla detenzione maschile la quasi totalità delle risorse economiche e umane. Tale problema non si risolve eliminando le sezioni femminili all'interno degli istituti maschili e contenendo l'intera popolazione detenuta femminile nelle poche prigioni interamente destinate ad essa, in quanto così facendo si costringerebbe la maggior parte delle donne a scontare la pena lontano dal luogo di residenza del proprio nucleo familiare,
impegna il Governo
nell'ambito della prevista riorganizzazione del Ministero della giustizia, ad adottare opportune iniziative volte ad istituire un apposito ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che si occupi specificamente del trattamento delle donne detenute.
9/4636-bis-D/1.Cima, Cento, Boato, Bulgarelli, Lion, Pecoraro Scanio, Zanella, Ciro Alfano, Angioni, Bandoli, Carboni, Calzolaio, Damiani, Folena, Grillini, Lucidi, Montecchi, Pistone, Rosato, Russo Spena, Trantino, Guido Giuseppe Rossi, Lussana, Benvenuto.
La Camera,
premesso che:
il Senato, in occasione dell'esame del disegno della legge finanziaria del 2003, ha approvato un ordine del giorno presentato da senatori di maggioranza ed opposizione volto ad impegnare il Governo a ritenere provvisoria l'elevazione da 72 a 75 anni dell'età per il mantenimento in servizio dei magistrati, in attesa dell'approvazione della riforma dell'ordinamento giudiziario;
pertanto, la facoltà di permanere in servizio a richiesta dell'interessato fino a 75 anni si correla ad una disposizione di natura provvisoria in ordine alla quale il Governo si è già impegnato ad adottare le iniziative volte alla sua abrogazione;
proprio in ragione di tale provvisorietà e del relativo impegno assunto dal Governo, il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, nel sancire la temporaneità degli incarichi direttivi, prevede che gli stessi, a seconda che siano di legittimità o di merito, possano essere conferiti soltanto a magistrati che, tenuto conto anche dell'eventuale esercizio della facoltà di permanere in servizio fino al settantaduesimo anno di età, abbiano prima della data di ordinario collocamento a riposo un periodo di servizio pari alla durata dell'incarico stesso;
ai fini di una corretta applicazione della riforma, occorre abrogare la disposizione provvisoria che ha consentito di permanere in servizio a richiesta dell'interessato fino al settantacinquesimo anno di età, anche in ragione del fatto che la carenza di organico che si trovava all'origine di detta norma è in via di definizione a seguito dell'espletamento di concorsi straordinari,
impegna il Governo
ad adottare tutte le misure idonee al fine di portare nuovamente a 72 anni il limite massimo di età per il mantenimento in servizio dei magistrati oltre l'età di ordinario collocamento a riposo.
9/4636-bis-D/2.Perlini.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
ad aumentare il ruolo organico del personale della magistratura complessivamente di mille unità, delle quali trecento da destinare alla trattazione delle controversie di cui alla legge 11 agosto 1973, n. 533, e successive modificazioni, così come previsto dall'articolo 1, comma 1, della legge 13 febbraio 2001, n. 48, «Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura».
9/4636-bis-D/3.Magnolfi.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all' articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
ad adottare eventuali ulteriori iniziative normative volte a prevedere che i magistrati ad ogni quadriennio dalla nomina siano sottoposti a valutazioni di professionalità.
9/4636-bis-D/4.Bonito.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
ad adottare eventuali ulteriori iniziative normative volte a prevedere valutazioni di professionalità quadriennali fondate su criteri di capacità organizzativa, diligenza, impegno e attitudine alla dirigenza.
9/4636-bis-D/5.Carboni.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
a prevedere che i concorsi per gli incarichi direttivi e semi direttivi si basino su una valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura.
9/4636-bis-D/6.Siniscalchi.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
a prevedere che la valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura per gli incarichi direttivi si basi sulla laboriosità del magistrato.
9/4636-bis-D/7.Finocchiaro.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
a prevedere che la valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura per gli incarichi direttivi si basi sulle capacità organizzative del valutato.
9/4636-bis-D/8.Grillini.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
a prevedere che la progressione economica dei magistrati avvenga sulla base dell'anzianità, con riferimento alle funzioni di merito e di legittimità.
9/4636-bis-D/9.Kessler.
La Camera,
premesso che all'articolo 2 sono previsti i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), deve attenersi nel disciplinare i concorsi per uditore giudiziario, la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati e le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari,
impegna il Governo
a dare finalmente completa attuazione alla legge 13 febbraio 2001, n. 48, «Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura».
9/4636-bis-D/10.Lucidi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 7, lettera m), n. 1, prevede che «il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione»;
la norma costituisce riaffermazione del generale principio contenuto nel decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 11 maggio 2004, n. 126, contenente «Interventi urgenti per i pubblici dipendenti sospesi o dimessisi dall'impiego a causa di procedimento penale, successivamente conclusosi con proscioglimento»;
nella relazione a detto decreto-legge ed in quella che accompagna il disegno di legge di conversione (A.S. n. 2841), in riferimento ai principi che hanno ispirato la novella legislativa, si precisa che «nei casi in cui il dipendente abbia diritto al ripristino o al prolungamento del rapporto [...] vada assicurato [...] il conferimento di qualifica e funzione corrispondenti a quella spettante al momento dell'interruzione del rapporto o che sarebbe spettata se tale interruzione non vi fosse stata» e che nei confronti dei magistrati ordinari, prosciolti con formula piena ai sensi del comma 57 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003 n. 350 («legge finanziaria 2004»), la misura riparatrice «ha la funzione di indennizzare almeno in parte il grave pregiudizio morale subito dagli interessati, che consiste soprattutto nell'essere stati scavalcati, senza alcuna colpa, da colleghi che erano a loro posposti nel ruolo organico»;
il riferimento contenuto nella norma in esame (articolo 2 citato) al «diritto» del magistrato «ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore» deve pertanto essere armonizzato - in sede di decreti attuativi - al detto principio: evitare lo scavalcamento di coloro che sono stati sospesi da parte di quanti «erano a loro posposti nel ruolo organico»;
tale armonizzazione è resa necessaria non soltanto dal valore di legge speciale del citato decreto-legge rispetto alla legge di delega per la riforma dell'ordinamento giudiziario, ma anche dall'esigenza di interdire prassi applicative, peraltro già inaugurate dal Consiglio superiore della magistratura che rischiano di sterilizzare la portata dell'iniziativa riformatrice;
la reintegrazione «nella situazione anteriore», nell'unica interpretazione razionale e conforme a Costituzione, deve tendere a rafforzare e rendere ancor più cogente il principio, indiscusso nel rapporto di pubblico impiego, secondo il quale l'Amministrazione ha il dovere di adottare - nei confronti del pubblico dipendente inquisito penalmente e riconosciuto innocente - tutti i provvedimenti idonei ad elidere le conseguenze di danno che egli abbia eventualmente subito ed a ristorarne le legittime aspettative di progressione in carriera;
tale norma non può pertanto significare che la riparazione si esaurisca nel restituire il magistrato sospeso nell'originaria posizione di ruolo, posizione che oltre tutto - già a normativa vigente - non subisce alcuna modificazione, dal momento che il magistrato, pur sospeso, continua ad «avanzare» nel ruolo, a mano a mano che ne escono - per le più diverse ragioni (raggiunti limiti di età, dimissioni, destituzione, morte) - coloro che lo precedono;
la sospensione incide invece - ed in maniera determinante - sulla progressione del magistrato nelle funzioni. A causa della sospensione, infatti, egli perde ogni chance di carriera, non può partecipare ad alcun concorso per il conferimento di funzioni più elevate e neppure soltanto diverse da quelle esercitate e subisce quegli «scavalcamenti» che la decretazione d'urgenza ha voluto impedire;
il «diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore», previsto dalla norma delegante (articolo 2 citato) non può dunque che significare che al magistrato sospeso e poi riconosciuto pienamente innocente deve essere garantita la stessa progressione di carriera e di funzioni goduta dai colleghi che lo seguivano nel ruolo;
tale risultato può agevolmente conseguirsi ancorando la misura reintegratrice ad un criterio oggettivo e di univoca interpretazione, quale il conferimento al magistrato danneggiato di funzioni di livello almeno pari alla funzione più elevata tra quelle assegnate agli altri magistrati che lo seguivano nel ruolo al momento della sospensione cautelare;
rilevato ancora che il comma 45 della legge di delega, destinato ad essere applicato anche alle procedure in corso all'entrata in vigore della legge stessa, nel fissare i requisiti per il conferimento degli incarichi direttivi di merito e di legittimità, fa riferimento alla data di ordinario collocamento a riposo prevista dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;
il citato decreto-legge, sancisce (articolo 1) il «diritto» del pubblico dipendente, sospeso dal servizio o dalla funzione a seguito di processo penale conclusosi in maniera ampiamente liberatoria, di ottenere il prolungamento del rapporto d'impiego «anche oltre i limiti di età previsti dalla legge, comprese eventuali proroghe per un periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita»;
ancorché non sia ragionevolmente dubitabile che quest'ultima norma, per il ricordato carattere di legge speciale, debba trovare comunque piena applicazione, appare nondimeno opportuno - per dirimere in radice ogni tentativo di eludere il preciso comando normativo, frutto di un complesso ed articolato dibattito parlamentare e di una ponderata scelta assunta dal Governo con la decretazione d'urgenza - che in sede di decreti applicativi sia reso esplicito che la data di «ordinario collocamento a riposo» indicata nel comma 45 deve essere calcolata, nei casi di prolungamento del rapporto d'impiego a mente della disposizione del citato articolo 1 del decreto-legge, aggiungendo al limite del settantesimo anno di età un «periodo pari a quello della sospensione ingiustamente subita» dal magistrato,
impegna il Governo
a provvedere, in attuazione della delega che gli è conferita per la riforma dell'ordinamento giudiziario, nei sensi di cui alle premesse.
9/4636-bis-D/11.Taormina.