XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario - Lavori preparatori della Legge 25 luglio 2005, n. 150 - Iter al Senato (A.S. 1296-B/Bis) terza lettura: Esame in Assemblea: sedute dal 26 gennaio 2005 al 15 giugno 2005 (Parte XI)
Serie: Progetti di legge    Numero: 535    Progressivo: 1
Data: 17/10/05
Descrittori:
LEGGE DELEGA   ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
RIFORME     
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AC n.4636/14   L n.150 del 25/07/05
AS n.1296-B/Bis/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario

Lavori preparatori della
Legge 25 luglio 2005, n. 150

Iter al Senato: terza lettura
Esame in Assemblea:
sedute dal 26 gennaio 2005 al 15 giugno 2005

n. 535/1

parte XI

xiv legislatura

17 ottobre 2005

 


Camera dei deputati

 

 


La documentazione predisposta in occasione dell'esame del disegno di legge recante la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario (A.C. 4636) si articola nei seguenti volumi:

-          dossier n. 535:contiene la scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa, le schede di lettura ed il disegno di legge A.C. 4636 (parte I); contiene la normativa di riferimento (parte II)

-          dossier n. 535/1: contiene i lavori parlamentari alla Camera e al Senato (suddiviso in tredici parti)

-          Prima lettura al Senato (A.S. 1296 e abb.)

-        Parte I: testo dei disegni di legge

-        Parte II: esame in Commissione

-        Parte III: esame in Assemblea

-          Prima lettura alla Camera (A.C. 4636 e abb.)

-     Parte IV: testo dei disegni di legge

-     Parte V: esame in Commissione e in Assemblea

-          Seconda lettura al Senato (A.S. 1296-B e abb.)

-     Parte VI: testo dei disegni di legge e esame in Commissione

-     Parte VII: esame in Assemblea: sedute dal 20 settembre al 2 novembre 2004

-     Parte VIII: esame in Assemblea: sedute dal 3 al 10 novembre 2004

-          Seconda lettura alla Camera (A.C. 4636-bis-B e abb.)

-     Parte IX: testo dei disegni di legge, esame in sede referente e consultiva, esame in Assemblea

-          Terza lettura al Senato (A.S. 1296-B-bis)

-     Parte X: messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, testo del disegno di legge, esame in sede referente e consultiva

-     Parte XI: esame in Assemblea: sedute dal 26 gennaio al 15 giugno 2005

-     Parte XII: esame in Assemblea: sedute dal 22 al 28 giugno 2005

-          Terza lettura alla Camera (A.C. 4636-bis-D e abb.)

-     Parte XIII: Esame in Commissione e in Assemblea

-          dossier n. 535/2:contiene le schede di lettura, la normativa di riferimento e l’A.C. 4636-bis-B

-          dossier n. 535/3:contiene le schede di lettura e l’A.C. 4636-bis-D.

Dipartimento Giustizia

SIWEB

 

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File: GI0284am.doc


 

INDICE

Parte XI

Iter al Senato - terza lettura

Esame in Assemblea

Seduta del 26 gennaio 2005  3

Seduta del 10 marzo 2005  39

Seduta del 15 marzo 2005  67

Seduta del 13 aprile 2005  83

Seduta del 14 aprile 2005  103

Seduta del 1° giugno 2005  123

Seduta del 15 giugno 2005 (antimeridiana)207

Seduta del 15 giugno 2005 (pomeridiana)265

 

 


Iter al Senato - terza lettura

 


Esame in Assemblea

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

726a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDI' 26 GENNAIO 2005

Presidenza del vice presidente MORO

 

Deliberazione ai sensi dell’articolo 136, comma 2, secondo periodo, del Regolamento in ordine al disegno di legge:

 

(1296-B/bis) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione ai sensi dell’articolo 136, comma 2, secondo periodo, del Regolamento in ordine al disegno di legge n. 1296-B/bis.

Ricordo che il disegno di legge, a norma dell’articolo 74 della Costituzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione.

 

Richiamo al Regolamento

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo in particolare con riferimento all’articolo 136, che testualmente prevede: "1. Se il Presidente della Repubblica, a norma dell’articolo 74 della Costituzione, chiede alle Camere, con messaggio motivato, una nuova deliberazione sopra un disegno di legge già approvato, questo viene riesaminato dalle Camere con lo stesso ordine seguito nella prima approvazione.

2. Il messaggio comunicato al Senato è trasmesso alla Commissione competente. Questa riferisce sul disegno di legge all’Assemblea, la quale può limitare la discussione alle parti che formano oggetto del messaggio. Il disegno di legge è sottoposto a votazione articolo per articolo, e, quindi, nel suo complesso.".

La lettura dell’articolo 136 ci consente di comprendere in quale fase attualmente ci troviamo. In particolare, signor Presidente, voglio riferirmi al secondo comma testé letto, nel quale è prevista la possibilità di limitare la discussione alle sole parti che formano oggetto del messaggio. Siamo sostanzialmente di fronte ad una scelta affidata all’Assemblea di esercitare o no una opzione circa la possibilità di delimitare l’ambito della discussione e quindi del riesame del provvedimento, sulla scorta del messaggio che il Capo dello Stato ha fatto pervenire alle Camere.

Allora mi chiedo, signor Presidente, e chiedo a lei: chi altri, dopo l’applicazione dell’articolo 136, quindi dopo quella verifica da parte dell’Assemblea, ha la possibilità di modificare, integrare o ridurre la delimitazione e quindi l’esame del provvedimento?

A mio avviso nessun altro, perché l’Assemblea è chiamata a pronunziarsi su un aspetto particolare e, una volta che decide, essa è sovrana e la decisione rimane assolutamente insindacabile.

Di fronte a questa possibilità di esercitare o meno l’opzione, che ribadisco, di scegliere di limitare l’ambito di discussione, oppure ritenere di poter rimodulare complessivamente il disegno di legge rispetto alle osservazioni contenute nel messaggio del Capo dello Stato, mi chiedo se sia possibile scegliere di limitare la discussione e, nello stesso tempo, lasciare una porta aperta; cioè, o si ritiene che esista un oggetto specifico del messaggio del Capo dello Stato che limita conseguentemente la discussione, oppure si ritiene che tale messaggio operi a tutto campo rispetto all’intero corpo normativo contenuto nel disegno di legge che è stato oggetto del messaggio.

Signor Presidente, rispetto alle quattro proposte di deliberazione sottoposte al nostro esame, verifichiamo che quelle a firma dell’opposizione prevedono un riesame complessivo di tutto l’impianto normativo e quindi, rispetto alle due opzioni, chiedono all’Aula di privilegiare quella più larga, che consenta in Commissione e poi, di nuovo, in Aula, con l’esame degli emendamenti, di rivisitare complessivamente l’intero disegno di legge. Mentre l’opposizione ha scelto questo tipo di percorso, la maggioranza, con la proposta QP1 a firma della Commissione, che verrà illustrata dal relatore Luigi Bobbio, sceglie una strada diversa e cioè di esercitare l’altra opzione, il che è legittimo. La maggioranza propone cioè di verificare quale sia l’oggetto specifico del messaggio del Capo dello Stato e limitare soltanto a quella parte del disegno di legge l’esame, prima in Commissione e poi in Aula.

Allora, signor Presidente, il quesito che le pongo è il seguente. In effetti, la proposta QP1 presentata dalla Commissione ai sensi dell’articolo 136, comma 2, prevede un oggetto diretto quando propone che l’Assemblea limiti la discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis ad una serie di norme, che poi vedremo. Subito dopo, però, recita "In ogni caso devono comunque intendersi indirettamente oggetto del messaggio, (…)" ed indica un’altra serie di disposizioni, elencate analiticamente in modo da consentire all’Aula, comunque, di sapere qual è il percorso che viene proposto. E fin qui, nulla quaestio.

I problemi, a mio avviso, nascono con l’ultima parte del dispositivo della deliberazione proposta dalla Commissione allorché, invece, si fa riferimento ad un oggetto non solo indiretto, ma addirittura eventuale. Infatti, si dice: "la Commissione propone altresì che siano da intendersi indirettamente oggetto del messaggio tutte le disposizioni aventi rilievo finanziario (...) nonché tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente la cui modifica potrebbe risultare necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica.".

Signor Presidente, le chiedo allora se questa proposta di deliberazione, che come abbiamo detto esercita l’opzione di limitare l’oggetto, sia ammissibile. Infatti, da una parte indichiamo una serie di norme rispetto alle quali è possibile esercitare un’attività di rimodulazione, rivisitazione e adeguamento ai contenuti e ai precetti costituzionali indicati dal Capo dello Stato (esercitando quindi l’opzione secca di limitare), dall’altra parte, però, e a mio avviso da questo nasce il problema, c’è un allargamento surrettizio ad una serie di norme indirettamente oggetto del messaggio del Capo dello Stato, che però non vengono individuate, né delimitate.

Anche nella seconda parte del dispositivo, all’inizio, c’è un richiamo ad un oggetto indiretto che però, correttamente, viene espressamente codificato, in modo da chiarire all’Aula su quale parte del disegno di legge ricade la limitazione della rivisitazione. In quest’altro caso, invece, signor Presidente, esiste un allargamento, una delega surrettizia che non si capisce come e a chi venga fatta.

Ecco perché, signor Presidente, chiedo che lei verifichi, con i poteri dei quali sicuramente dispone, l’ammissibilità di questa seconda parte della proposta di deliberazione presentata dalla maggioranza.

Infatti non comprendiamo, qualora dovesse passare questa proposta, chi abbia il potere di riferire che quella norma che si propone eventualmente di modificare sia riferibile effettivamente a modifiche finanziarie, o sia teoricamente riferibile all'altro richiamo astratto che viene fatto, cioè alla possibilità che ci siano termini in scadenza.

Ed allora, signor Presidente, noi abbiamo due opzioni che possono essere esercitate. Una è rigida: limitare precisamente l'oggetto della discussione; l'altra è elastica: allargarlo a tutto il provvedimento. Secondo me non esiste alcuna possibilità di adire ad una terza ipotesi di interpretazione, che si collocherebbe esattamente a metà di quelle due che invece l'articolo 136, secondo comma, del nostro Regolamento correttamente prevede.

Non è una questione di poco conto, signor Presidente, perché io non riesco a comprendere chi possa poi decidere che quell'estensione di valutazione del disegno di legge rispetto ai rilievi oggetto del messaggio del Capo dello Stato sia legittima. E allora, questo lo può fare secondo me soltanto l'Aula. O l'Aula decide di allargare l'esame a tutto il contenuto del disegno di legge, oppure occorre correttamente limitarne l'oggetto soltanto a delle norme prevedibili, prefigurate e concretamente riconoscibili già in questa sede. Ogni delega e ogni rinvio, a mio modesto avviso, appaiono assolutamente surrettizi ed illegittimi.

Ecco perché le chiedo di dichiarare, per quanto riguarda l'ultima parte della proposta della Commissione, l'inammissibilità della proposta di deliberazione. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

PRESIDENTE. Senatore Manzione, devo dirle che, anche in occasione dell'esame di un analogo provvedimento ai sensi dell'articolo che lei richiamava - mi riferisco in particolare alla cosiddetta legge Gasparri sulla riforma del sistema radiotelevisivo -, vi era nel dispositivo analoga disposizione, che non è stata contestata. Ritengo perciò che la possibilità da parte della Presidenza di ammettere la proposta da lei indicata sia legittima, e perciò non ritengo di dover accogliere le sue richieste.

MANZIONE (Mar-DL-U). Mi permetto, signor Presidente, di non essere d'accordo con la valutazione della Presidenza, perché ricorrere alla prassi parlamentare è possibile soltanto quando ci troviamo al cospetto di zone d'ombra che non hanno una precisa previsione nel Regolamento. Nel caso di specie, l'articolo 136, secondo comma, prevede espressamente due sole possibilità. Signor Presidente, mi sembra che nessun precedente possa colmare una situazione del genere, che trova nel Regolamento una previsione puntuale. Quindi, rifarsi a precedenti o alla prassi appare assolutamente illegittimo.

PRESIDENTE. Prendiamo atto, senatore Manzione, delle sue dichiarazioni.

 

Ripresa della discussione sulla deliberazione ai sensi dell’articolo 136, comma 2, secondo periodo, del Regolamento in ordine al disegno di legge n.1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Bobbio per illustrare la proposta QP1.

BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, colleghi, sono qui per illustrare la proposta votata dalla 2a Commissione permanente relativa all'applicazione, come ci diceva un attimo fa il collega Manzione, della norma di cui all'articolo 136, comma secondo, del nostro Regolamento. Articolo in relazione al quale mi piacerebbe dare, proprio per offrire una preliminare indicazione di tipo procedurale e regolamentare circa la proposta di deliberazione che sto per illustrare, una valutazione di tipo interpretativo.

Infatti, bene ha fatto la Presidenza, sulle osservazioni del collega Manzione, a richiamare un precedente, posto che se vi è questione circa la portata e il contenuto di una norma del Regolamento, ben possa occorrere il precedente per chiarire le conclusioni da trarsi circa la necessità di applicare questa norma regolamentare. È altresì vero, tuttavia, che, proprio in riferimento alla specifica vicenda parlamentare in questione, il testo della norma all'articolo 136, comma secondo, è a mio avviso assolutamente chiaro.

La norma regolamentare, stabilendo che il messaggio è trasmesso alla Commissione competente, la quale riferisce sul disegno di legge all'Assemblea, che può limitare la discussione alle parti che formano oggetto del messaggio, indica in maniera chiara la via da percorrere nel prosieguo dei nostri lavori. È del tutto evidente che, nella fattispecie, la proposta approvata dalla Commissione invita l'Assemblea a votare una deliberazione che vincoli la valutazione di merito - qui siamo in una fase procedurale - limitatamente "alle parti che formano oggetto del messaggio", per usare l'espressione testuale dell'articolo 136. Ma è altrettanto vero, che per prassi, per un normale canone interpretativo, il significato dell’espressione "parti che formano oggetto del messaggio" non può essere limitato al senso strettamente letterale.

Non c'è dubbio che alcune parti formano oggetto del messaggio in maniera diretta, altre in maniera indiretta o, se preferite, derivata. La diretta riferibilità di parti del messaggio a singoli articoli o a singole norme del disegno di legge, per la tecnica stessa di costruzione di una normativa complessa come quella sull'ordinamento giudiziario, comporta un'inevitabile conseguenza: andando ad incidere su una specifica norma oggetto del messaggio, in sede di riesame da parte della Commissione e poi da parte dell'Aula, si può provocare un effetto a catena sull'architettura complessiva del disegno di legge.

Sarà perciò dovere precipuo dell'Assemblea, e prima ancora della Commissione, dopo avere esaminato la specifica norma oggetto del messaggio, verificare - per alcune di esse l'indicazione nella proposta di deliberazione è puntuale - le altre norme contenute nel testo che dalla prima norma derivino la loro portata, il contenuto concreto o la forza di applicazione.

Essendo queste le premesse regolamentari, quindi procedurali, della questione si può ritenere conforme al Regolamento la proposta di deliberazione che mi avvio ad illustrare.

L'iter parlamentare del disegno di legge è noto a tutti: lo stesso fu approvato in ultima lettura dalla Camera dei deputati il 1° dicembre 2004. Il Presidente della Repubblica con proprio messaggio, in data 16 dicembre 2004, ai sensi della norma di cui all'articolo 74 della Costituzione ha rinviato il disegno di legge di cui sopra. Il rinvio, peraltro, è articolato in maniera estremamente puntuale.

A differenza del rinvio cui ha fatto riferimento la Presidenza, relativo alla cosiddetta legge Gasparri, che presentava profili di non eccessiva specificità, il rinvio di cui ci occupiamo nella seduta odierna è assai analitico e puntuale. Esso riguarda quattro specifici punti, quattro specifiche norme del disegno di legge recante la riforma dell'ordinamento giudiziario.

Il rinvio risulta motivato (perdonatemi se farò qualche brevissima premessa perché poi si possa comprendere meglio da parte di tutti il contenuto e la portata in termini di efficacia della proposta QP1) in riferimento all’asserita, palese incostituzionalità di quattro specifici aspetti dell’articolato, dei quali tre afferenti al riconoscimento al Ministro della giustizia di attribuzioni ritenute non compatibili, sotto vari profili, con il dettato costituzionale, ed uno - il quarto - concernente la dedotta compressione di ruolo e funzioni del CSM, come disegnati dalla norma di cui all’articolo 105 della Costituzione medesima.

Specificamente, il primo punto del messaggio presidenziale riguarda la norma di cui all’articolo 2, comma 31, lettera a) del disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario nella parte in cui la stessa recita: "(Relazioni sull’amministrazione della giustizia). - 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso".

Questo specifico passaggio, cioè l’inserimento nella comunicazione del Ministro di una parte di un capitolo relativo alle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso, viene ritenuto dal Presidente della Repubblica in evidente contrasto con varie disposizioni costituzionali (articoli 101, 104 e 110 della Costituzione).

Il secondo punto di palese incostituzionalità, secondo il contenuto del messaggio presidenziale, riguarda la norma di cui all’articolo 2, comma 14, lettera c), nel punto in cui la stessa recita: "istituzione presso ogni direzione generale regionale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria dell’ufficio per il monitoraggio dell’esito dei procedimenti, in tutte le fasi o gradi del giudizio, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza giudiziariamente accertata della pretesa punitiva manifestata con l’esercizio dell’azione penale o con i mezzi di impugnazione ovvero di annullamento di sentenze per carenze o distorsioni della motivazione, ovvero di altri situazioni inequivocabilmente rivelatrici di carenze professionali".

Anche questa norma viene ritenuta di palese incostituzionalità per contrasto con le norme di cui agli articoli 101, 104 e 110 della Costituzione, rilevando nella norma stessa, da un lato, la sua portata attributiva al Ministro di poteri non compatibili con ruolo e poteri del Ministro come sarebbero disegnati dalla Costituzione; dall’altro la norma introduce ed introdurrebbe, in questo violando ulteriormente la Costituzione, un momento di grave condizionamento dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni.

Il terzo punto oggetto del messaggio è quello relativo alla facoltà di impugnativa attribuita al Ministro all’articolo 2, comma 1, lettera m), a mente della quale lo stesso Ministro è "legittimato a ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere" (del Consiglio superiore della magistratura) concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi adottate in contrasto con il concerto o con il parere previsto al numero 3)".

Nel messaggio questa previsione viene ritenuta in contrasto con l’articolo 134 della Costituzione, nella parte in cui andrebbe a violare la disposizione che disciplina i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato individuandosi, in questa specifica previsione, un momento costituzionalmente non previsto, e perciò solo illegittimo, di ulteriore possibilità di intervento del Ministro sull’esercizio di altro potere costituzionale.

Il quarto punto oggetto del messaggio è relativo all'articolo 2, comma 1, lettera l), numeri 3.1 e 3.2, norma in tema di assegnazioni, e quindi in tema di promozioni, secondo la quale il Consiglio superiore della magistratura deve assegnare i posti messi a concorso ai magistrati giudicanti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, o nel concorso per titoli previsti dalla lettera f), numero 2, prima e seconda parte.

Va precisato anche, ad illustrazione della proposta di deliberazione, che nello stesso senso si muovono e dispongono le norme contenute nei numeri 4.1, 4.2, 7.1, 7.2, 9.1 e 9.2 della lettera l), nonché, come recita sempre il messaggio presidenziale, per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa nei numeri 1 e 3 della lettera g) e, per le funzioni direttive, nel numero 17 della lettera h) e nel numero 6 della lettera i).

In sintesi, il messaggio fa riferimento alla illegittimità costituzionale per contrasto in particolare con l'articolo 105 della Costituzione, evidenziando che l'aver disegnato un meccanismo di progressione in carriera puntato sul principio del concorso, un meccanismo che nella sua concreta articolazione vede ruoli e della Scuola superiore della magistratura e della commissione esterna al Consiglio superiore della magistratura, individua momenti gravi e importanti di rottura dell'assetto costituzionale e, in particolare, di forte invasività nell'ambito delle prerogative e dei poteri in materia di assegnazioni che lo stesso articolo 105 conferisce al Consiglio superiore della magistratura come organo di autogoverno.

Come è di tutta evidenza, questi quattro punti in qualche maniera ricostruiscono una lettura di questa parte del disegno di legge sulla riforma dell'ordinamento giudiziario che va a centrare la sua attenzione su quattro specifiche disposizioni che, nella lettura del messaggio presidenziale, avrebbero la valenza di arrecare un vulnus rilevante, in specifici punti e in specifici settori, al complesso dei poteri del Consiglio superiore della magistratura.

La proposta di deliberazione votata dalla Commissione tiene conto ovviamente, da un lato, della norma di cui al comma secondo dell'articolo 136 del Regolamento, e altrettanto ovviamente della lettera del messaggio presidenziale, nonché di quella che deve essere una lettura organica dello stesso messaggio presidenziale in riferimento alle certe ricadute in termini di complessiva architettura normativa che l'accoglimento e comunque la trattazione di ciascuno dei punti oggetto del messaggio può avere su altri punti, alcuni espressamente richiamati nel medesimo messaggio presidenziale altri facilmente individuabili sulla base di una lettura organica, del testo del disegno di legge nel suo complesso.

Giova, a mio avviso, sottolineare ulteriormente che nella genericità - perché questo è un dato che non possiamo non valutare - della formulazione della norma di cui all'articolo 74 della Costituzione non risultano disciplinate ex professo né le conseguenze in punto di diritto del messaggio presidenziale, né le eventuali ricadute in termini di dovere di accoglimento o meno nel merito delle indicazioni del Presidente della Repubblica da parte del Parlamento.

Tuttavia, al di là della congruità della norma di cui all’articolo 74 della Costituzione in termini contenutistici, è prassi consolidata che in analoghe fattispecie il Parlamento riesamini il disegno di legge adeguandosi ovviamente al messaggio presidenziale.

Siffatto riesame però, nella fattispecie, non può e non deve, ad avviso della Commissione, travalicare i limiti ed il contenuto del messaggio, posto che, come accennavo all’inizio del mio intervento, la puntualità dello stesso, cioè la sua analiticità, illustra e in qualche maniera impone una sua valutazione da parte dell’Assemblea in termini di tassatività. La Commissione ritiene cioè che il messaggio presidenziale, proprio in ragione e in virtù della sua analiticità, specificità, minuziosità, debba essere considerato dall’Assemblea in termini di tassatività dei contenuti, quindi in termini di tassatività e di stretta limitazione delle possibilità di intervento da parte della stessa Assemblea del Senato e, pertanto, di preclusione di ogni ipotesi di ampliamento analogico. Potremmo dire che, in qualche misura, il messaggio presidenziale del quale oggi siamo chiamati ad occuparci si autolimita e, quindi, limita il potere-dovere di riesame da parte del Parlamento.

Non credo che tale argomentazione potrebbe essere "resistita" da argomentazioni legate, per esempio, a una del tutto ipotetica illegittimità costituzionale di sistema, che vorrebbe farsi ricadere in via di deduzione, da parte di alcuni, sull’intero disegno di legge e non solo sulle specifiche parti dell’articolato oggetto del puntuale messaggio presidenziale, posto che, del resto, non è prevista, a mio avviso, né configurabile una illegittimità costituzionale derivata, ma solo l’eventuale illegittimità di singole disposizioni contenute nel testo normativo suscettibile di ampliamento.

Un’ultimissima notazione va fatta al secondo capoverso della proposta di deliberazione. (Richiami del Presidente). Ho quasi concluso, signor Presidente.

Il riferimento alle disposizioni aventi rilievo finanziario, nonché a tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente, non poteva e non può che essere fatto in questi termini, sia perché quelli in materia finanziaria sono dipendenti dalla concreta deliberazione che sarà fatta e quindi dal concreto eventuale accoglimento dei punti di modifica oggetto del messaggio presidenziale, sia perché, soprattutto in relazione alle disposizioni connesse con termini di scadenza, è del tutto evidente che, in presenza di norme che prevedono taluni termini di scadenza, il fatto che l’iter parlamentare che era giunto a conclusione subisca una retromarcia (mi si perdoni l’espressione impropria) a seguito del messaggio presidenziale, non può non portarci a tenere conto della necessità di fare in modo che talune scadenze, quindi l’individuazione di taluni termini, venga soddisfatta anche e soprattutto in questa sede di nuova deliberazione in ordine al disegno di legge che ci occupa.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Calvi per illustrare la proposta QP2.

*

CALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’articolo 74 della nostra Carta costituzionale definisce con grande linearità e rigore quali sono i poteri del Presidente della Repubblica nella funzione di controllo della legge e ci avverte che prima di promulgare la legge egli può chiedere, con messaggio motivato alle Camere, una nuova deliberazione.

La dottrina si è a lungo affannata per definire i limiti e l’oggetto di questo suo potere. Non ricordo tutte le discussioni dottrinali, perché a me basta ricordare ciò che affermò il presidente Luigi Einaudi, il quale, fin dal messaggio di insediamento del 12 maggio 1948, ebbe a dire che la legge fondamentale della Repubblica "lo aveva fatto tutore della sua osservanza". Ecco la sua funzione, in questo caso: il rinvio della legge alle Camere è una delle modalità con cui egli esercita la funzione di tutore dell’osservanza della norma costituzionale.

Tutti sanno che è uno strumento che è stato usato raramente. Il rinvio della legge alle Camere è stato usato quattro volte dal presidente Einaudi, tre volte dal presidente Gronchi, otto volte dal presidente Segni, mai dal presidente Saragat, una volta dal presidente Leone, quattro volte dal presidente Pertini; comunque, sono state rare le occasioni nelle quali il Presidente della Repubblica ha ritenuto di dovere intervenire. Evidentemente, se il Presidente della Repubblica ritiene di dovere interloquire con il Parlamento circa la discrepanza che si è creata tra una norma voluta dal Parlamento e il disegno costituzionale nel suo complesso, si è di fronte ad eventi particolarmente significativi.

Attenzione, non ci riferiamo all’intervento di incostituzionalità, la cui competenza appartiene alla Corte costituzionale, ma al Presidente della Repubblica il quale, per l’appunto, nella sua funzione (che aveva indicato il presidente Einaudi) interloquisce con il Parlamento, avvertendo che su questa legge bisognerà ritornare. Oggi siamo quindi nel momento in cui dobbiamo decidere come e in che misura intervenire.

La prima osservazione che propongo (credo che il Senato ne debba prendere atto con compiacimento) attiene all’assunto dottrinario che le Camere non possono eludere il dovere di esaminare le norme censurate quando la censura afferisce a questioni di ordine costituzionale ed è esattamente quello che stiamo facendo.

Il secondo problema sul quale dobbiamo riflettere è che il messaggio è la causa e non l’oggetto esclusivo del riesame; vale a dire che quando il Presidente della Repubblica ci invita a rileggere la normativa su alcuni punti (in questo caso, quattro) le Camere hanno la titolarità di rivederla nel suo complesso, appunto perché il rinvio è la causa della rilettura e non costituisce l’oggetto intorno al quale limitare l’intervento del Senato e delle Camere.

Il Presidente si è soffermato su quattro punti e credo che essi siano assai significativi. Se dovessi sintetizzare il significato di questo messaggio e indicare il punto che congiunge le quattro osservazioni del Presidente della Repubblica, direi che egli è intervenuto sui rapporti tra i poteri giudiziario ed esecutivo: tale è il tema, che è di straordinaria delicatezza.

Onorevoli colleghi, non per quanto sto dicendo, ma per il tema che stiamo trattando, che è di assoluta delicatezza istituzionale, forse vi dovrebbe essere una maggiore attenzione. (Brusio in Aula. Richiami del Presidente). Infatti, non stiamo parlando di una qualsiasi legge, ma del messaggio del Presidente della Repubblica attinente l’ordinamento giudiziario e i rilievi di costituzionalità che egli ha formulato, e che hanno ad oggetto i rapporti fra i poteri giudiziario ed esecutivo. Mi sembra che questa disattenzione sia un segno pessimo per la cultura istituzionale del nostro Paese.

Come dicevo, nel formulare la legge sull’ordinamento giudiziario (che, come sappiamo, in effetti non è mai stata discussa, nel senso che ne abbiamo discusso per due anni, ma ogni volta il provvedimento è stato modificato con un maxiemendamento su cui è stato apposto il voto di fiducia) ci siamo trovati di fronte ad una espropriazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura, vale a dire dell’organo di autogoverno della magistratura, da parte del potere esecutivo.

Tutti abbiamo avvertito e ben sappiamo quanto sia necessaria la riforma dell’ordinamento giudiziario, del Consiglio superiore della magistratura: sappiamo tutti che si tratta di temi delicatissimi, che devono essere affrontati con grandi capacità politica e culturale.

Ma questo non è stato fatto. Si tratta di occasioni perdute più che per carenza di interesse politico, per una carenza di cultura istituzionale nell’affrontare questi temi di così ampio respiro e di così ampia portata.

Il Presidente della Repubblica indica alcuni momenti, forse i più significativi, dove il Ministro ha tentato di appropriarsi di poteri che costituzionalmente sono propri dell’organo di autogoverno della magistratura. Quando la legge sostiene che il Ministro "rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso", cosa significa se non che il Ministro dà le indicazioni di quelle che dovranno essere le politiche giudiziarie cui la magistratura dovrebbe assoggettarsi? Il Ministro farà benissimo a venire in Parlamento e aprire un dibattito sul programma del Governo in tema di giustizia, ma mai egli potrà dare indicazioni di politica giudiziaria tramite un messaggio a cui la magistratura dovrà adeguarsi.

Lo stesso ragionamento vale per il punto 2, dove il Ministro si arroga il potere di indire un monitoraggio al fine di verificare "l’eventuale sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza giudiziariamente accertati della pretesa punitiva". Il Ministro può fare tutto ciò che vuole; i monitoraggi li può fare tranquillamente, quanti ne vuole, ma stabilire per legge che egli può organizzare un monitoraggio riguardante "l’eventuale sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza giudiziariamente accertata della pretesa punitiva manifestata con l’esercizio dell’azione penale" è indubbiamente un modo per delimitare l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario e quindi giustamente il Presidente della Repubblica ha sollevato una censura.

Terzo punto: il Ministro si arroga un potere veramente stravagante. Coloro i quali non seguono le vicende giudiziarie non sanno, per esempio, quanti procuratori della Repubblica, a cominciare dal procuratore di Bergamo, non si sono potuti insediare perché il Consiglio superiore della magistratura ha conferito l’incarico, ma il Ministro non ha dato il suo parere. Quindi vi è stato un contrasto nel concerto tra Ministro e Consiglio superiore della magistratura. Cosa accade in questo caso? Prevale appunto il parere del Consiglio superiore della magistratura.

In questo caso il Ministro - e debbo dire che vi è una sorta di svilimento della sua stessa funzione - propone che egli possa ricorrere al giudice amministrativo. A questo punto, in un conflitto tra organi di rilevanza costituzionale (Consiglio superiore della magistratura e Ministro), si proponeva di rivolgersi al magistrato del TAR del Lazio per risolvere il conflitto, quando dal punto di vista dell’ordinamento costituzionale un conflitto tra poteri dello Stato si risolve avanti la Corte costituzionale. Dalla Corte costituzionale il Ministro scende fino al giudice amministrativo, ma ciò solo nella speranza (e non si capisce come e perché!) che il suo parere possa avere maggiori possibilità di accoglimento.

L’ultima questione concerne il punto forse decisivo sul quale ci siamo soffermati nella nostra mozione, il punto 4. In questo caso il Presidente della Repubblica credo non lasci nulla di non chiarito quando afferma che la questione è di fondamentale importanza perché attiene alla menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura risultante appunto da diverse disposizioni di legge. Ricorda che l’articolo 105 della Costituzione recita che "Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati". Ciò significa che la riforma dell’ordinamento giudiziario ha totalmente rovesciato le prerogative dell’uno e dell’altro, ha svuotato il Consiglio superiore della magistratura, ha attenuato l’autonomia e l’indipendenza della magistratura per conferire poteri al Ministro, per conferire poteri all’Esecutivo.

È questo il punto di maggiore delicatezza. Dobbiamo tutti elevare un grande ringraziamento al Presidente della Repubblica che ha avuto la forza, il coraggio e la cultura di sollevare una questione così delicata. I rapporti tra Esecutivo e magistratura non possono essere regolati dalle norme sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, votate dal Parlamento. Andrà ridiscussa e magari anche riletta la Carta costituzionale; siamo pronti a discutere tutto purché, però, ci siano un livello di cultura istituzionale adeguato ed una riforma che renda finalmente la giustizia italiana garante dei diritti dei cittadini, ma anche efficace nel suo operare.

Noi - e concludo, signor Presidente - siamo di fronte ad una legge sull’ordinamento giudiziario che abbiamo giudicato pessima; ad un messaggio del Presidente della Repubblica assolutamente elevato per cultura e dignità costituzionale. A questo punto non possiamo non cogliere l’occasione per ridiscutere l’intera legge. Non lo dico perché la legge possa non essere approvata o per guadagnare tempo o creare intralcio. Lo dico perché il Presidente della Repubblica al punto quattro ci dice che dobbiamo ridiscutere i rapporti tra potere giudiziario e potere esecutivo nel suo complesso. Se è così, non potremmo rileggere la legge sull’ordinamento giudiziario in tutte quelle parti su cui il punto quattro del Presidente della Repubblica incide e consente al Parlamento di intervenire e di interloquire, ma si rende doveroso il nostro impegno a rileggere l’intera normativa.

Per questo, signor Presidente, onorevoli colleghi, chiedo che i senatori vogliano leggere con attenzione la nostra Proposta che riassume i concetti che vi ho or ora illustrato e vogliano esprimere il loro consenso con un voto favorevole. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U e del senatore Sodano Tommaso).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Dalla Chiesa per illustrare la proposta QP3.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo anch’io che dobbiamo avvicinarci alla discussione di oggi con il rispetto che merita il Presidente della Repubblica e l’attenzione che merita una legge che, come dice lo stesso Presidente, ha un alto rilievo costituzionale.

Credo, dunque, che questa non sia una discussione di routine alla quale possiamo avvicinarci con l’atteggiamento di chi deve difendere una posizione di schieramento o di chi deve ottenere la rapida approvazione della legge. Ritengo occorra una meditazione approfondita sul senso di questo messaggio, sulle ragioni per cui il Presidente della Repubblica ha ritenuto di intervenire, laddove più volte aveva fatto notare, attraverso quelli che vengono definiti giornalisticamente gli ambienti del Quirinale, che a lui spetta intervenire soltanto nel caso in cui vi sia una palese incostituzionalità della legge.

In questo caso, il Presidente ha ritenuto dunque che vi fosse palese incostituzionalità e non su un punto solo. Non ci ha detto, il Presidente della Repubblica, che vi è un passaggio nella legge nel quale per fretta di legiferare, per rispondere sollecitamente a una domanda proveniente dall’opinione pubblica o per qualsiasi altra ragione che spinge normalmente il Parlamento a procedere in modo veloce si sia violato un articolo della Costituzione. Come sappiamo, non siamo andati velocemente su questa legge.

È vero che non l’abbiamo discussa molto nelle forme in cui ci è arrivata alla fine; è vero che abbiamo avuto una stratificazione di proposte nel corso del tempo, per cui abbiamo esaminato più leggi. Dunque, siamo di fronte al paradosso di una legge che non è stata discussa in poco tempo o che è stata sottoposta a quest'Assemblea sulla spinta di un’emergenza, il che giustificherebbe che quel singolo passaggio non sia stato sufficientemente meditato: ci troviamo dinanzi ad una legge sulla quale la maggioranza ha lavorato e rilavorato per due anni, ma che poi non è stata sufficientemente discussa in quest'Aula.

Non è stata, però, in questo caso, la fretta ad aver fatto nascere i gattini ciechi; c’è stato un intento generale che si è trasfuso nella legge approvata da quest’Aula; quello di spostare i rapporti tra potere politico e potere giudiziario, tra potere esecutivo (molto più che potere legislativo) e potere giudiziario.

Signor Presidente, l’intento era quello di spostare gli equilibri costituzionali. Dunque, non c’è, come nel caso della legge Lunardi, un passaggio nel quale siamo stati inavvertiti; c’è, piuttosto, una filosofia generale che entra in questo provvedimento e gli imprime un timbro, gli dà una cifra. Questo è così vero che il Presidente della Repubblica è intervenuto richiamando l’osservanza non di un articolo della Costituzione, bensì di cinque. Cinque articoli della Costituzione che rappresentano quasi la metà degli articoli dedicati alla magistratura e all’ordinamento giudiziario, che lo riguardano, lo investono e danno indirizzi ad una possibile futura legge - che viene auspicata - sull’ordinamento giudiziario.

Vengono richiamati dal Presidente della Repubblica cinque articoli, non uno solo. È un pezzo di Costituzione, dunque, che viene richiamato e mi domando - di fronte al Presidente della Repubblica che sottopone alla nostra attenzione la palese incostituzionalità di una legge, perché va a colpire un pezzo di Costituzione - come si possa pensare di intervenire chirurgicamente su quel provvedimento, come se si trattasse di accomodamenti, di aggiustamenti da poco, delimitati, di singoli punti di un testo che - torno a dire una volta di più - è lungo e difficilmente leggibile e sul quale, dunque, è ancora più difficile compiere interventi chirurgici, perché la sua formulazione non è affatto chiara.

Di fronte all’importanza di questo messaggio e della materia, di fronte alla vastità delle indicazioni che ci vengono fornite e alla quantità di articoli della Costituzione richiamati alla nostra attenzione, credo che non possiamo pensare di rispondere con piccoli accorgimenti tecnici. Forse questo sarebbe possibile su uno dei rilievi che vengono dal Presidente, ma sicuramente non su tutti e quattro i rilievi che ci vengono introdotti, perché tra loro collegati.

Non penso soltanto alla difficoltà tecnica - richiamata da molti colleghi, me compreso, in Commissione - di intervenire sul rilievo del Presidente della Repubblica che riguarda le funzioni precipue del Consiglio superiore della magistratura, al quale la Costituzione demanda - e solo adesso - la trattazione delle carriere, delle promozioni e della selezione dei magistrati. Si tratta di un tema complesso, che agisce e interferisce con un’altra serie di previsioni contenute nel testo. Vorrei sapere come si può intervenire velocemente per sistemare la questione quando il provvedimento ha deliberatamente scelto di sottrarre competenze fondamentali al Consiglio superiore della magistratura e di spostarle in altra sede. Non si può intervenire con un aggiustamento, con un intervento chirurgico.

Non penso solo a questa difficoltà, ma anche, in generale, all’ispirazione di questa legge. Un’ispirazione che è stata esplicitamente spiegata dal Ministro, quando ha detto che finalmente abbiamo approvato una legge contro gli interessi, contro la volontà della magistratura. Egli ha dato una spiegazione di quale sia l’orientamento generale: questa è una legge per piegare i magistrati, indipendentemente dal valore e dal giudizio che si possa dare sui singoli magistrati e sul loro operato.

È una legge che sposta gli equilibri costituzionali e noi da qui, e solo da qui, dobbiamo partire. Non riprenderò i singoli rilievi che il senatore Calvi ha già illustrato.

Il problema non è impiegare il nostro tempo per ripetere tesi che sono state sostenute in Commissione, pubblicamente, e che alcuni di noi hanno già esposto in questa sede. Però, la preoccupazione che nasce dagli stessi rilievi del Presidente della Repubblica fa sorgere la domanda: signor Presidente, ma noi possiamo trattare così un messaggio del Presidente della Repubblica? Ricordiamo anche qualche commento che ci fu in Aula quando il presidente Pera diede lettura del testo del messaggio, qualche espressione di dileggio che vi fu indirizzata, qualche commento anche poco rispettoso della sua funzione, venuto da lettori diversi dell'Assemblea.

Ebbene, quei commenti e quelle grida spiegano abbastanza bene il modesto rispetto che stiamo dimostrando in quest'Aula nel momento in cui ci accingiamo a dare una risposta a rilievi che riguardano - lo ripeto - non un singolo passaggio, un singolo articolo, un singolo comma di un articolo della Costituzione al quale inavvertitamente non si è prestato il giusto peso. Stiamo parlando di cinque articoli della Costituzione e se mi permette, signor Presidente (al riguardo interverrà poi il collega Manzione) il Presidente della Repubblica ci ha invitati a rispettare la Costituzione anche con riferimento al modo in cui legiferiamo, ossia al modo in cui trattiamo le leggi dentro quest'Aula; e i Regolamenti delle Camere sono parte integrante della Costituzione.

Allora, mi domando come possiamo affrontare un messaggio del Presidente della Repubblica che ci richiama al nostro dovere di legiferare e di attenerci, nel nostro lavoro, alla Costituzione, e dire che i Regolamenti delle Camere, che sono parte integrante della Costituzione, possono essere ignorati in nome di un precedente e della prassi.

Anche nel modo di agire di oggi (le chiedo scusa: probabilmente, sarà stato anche consigliato circa la risposta che ci ha fornito), anche nel modo in cui si risponde ad obiezioni profondamente di metodo, sollevate all'inizio del dibattito, si è richiamato il precedente. Guardi, non esiste violazione del Regolamento che possa giustificarne un’ulteriore violazione successiva. Il Regolamento, parte integrante della Costituzione, non può essere violato richiamandosi ad alcun precedente.

Questa Camera non può continuare a giustificare violazioni del Regolamento richiamandosi a precedenti. È il modo peggiore in cui possiamo rispondere al richiamo del Presidente della Repubblica. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Calvi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Manzione per illustrare la proposta QP4.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, in questa fase della nostra discussione - cioè quella prevista dall'articolo 136, secondo comma, del nostro Regolamento, che recita: "Il messaggio, comunicato al Senato è trasmesso alla Commissione competente (…), la quale può limitare la discussione alle parti che formano oggetto del messaggio (…) - noi senatori del Gruppo della Margherita desideriamo lanciare un monito e lasciare una puntuale testimonianza che esprimano tutta la nostra preoccupazione su quanto avvenuto al Senato in occasione dell'esame del provvedimento e su quello che purtroppo sta ancora per accadere.

Le nostre puntuali critiche sul merito del disegno di legge e le nostre proteste sui modi dell'esame parlamentare, sono affidate, nella loro completezza, ai resoconti del dibattito in Commissione e in Aula. Dopo l'alto richiamo del Presidente della Repubblica contenuto nel messaggio alle Camere del 16 dicembre 2004, riteniamo però che possa essere utile rivisitarle nuovamente, per consentire una maggiore diffusione della nostra posizione.

Sentiamo, signor Presidente, il bisogno di far risaltare il nostro dissenso, che non è più un dissenso meramente politico, ma palesa viva preoccupazione per un offuscamento di taluni principi cardine dello Stato di diritto costituzionale fissati nella nostra Carta fondamentale, che devono indurre il Senato della Repubblica a decidere per una rivisitazione complessiva, e non limitata, come propongono il relatore e la maggioranza della Commissione giustizia, di tutto il complesso normativo varato per riformare l'ordinamento giudiziario.

Signor Presidente, i colleghi che mi hanno preceduto, i senatori Calvi e Dalla Chiesa, hanno già toccato il merito pieno del messaggio del Presidente della Repubblica, messaggio che rappresenta innegabilmente una situazione che potremmo definire di incostituzionalità di impianto, che travolge cioè tutto il corpo normativo della riforma.

Ecco perché preferisco invece soffermarmi, per illustrare la quarta proposta di deliberazione prevista nel nostro ordine del giorno, sull'inciso finale contenuto nel messaggio del presidente Ciampi, che evidenzia in maniera chiara come "(…) l'analisi del testo sia resa difficile dal fatto che le disposizioni in esso contenute sono condensate in due soli articoli, il secondo dei quali consta di 49 commi e occupa 38 delle 40 pagine di cui si compone il messaggio legislativo", il che "(…) non appare coerente con la ratio delle norme costituzionali (…) con l'articolo 72 della Costituzione, secondo cui ogni legge deve essere approvata "articolo per articolo e con votazione finale".

A tal proposito anche noi, come il Capo dello Stato, dubitiamo fortemente della rispondenza del procedimento seguito alle prescrizioni dell'articolo 72 della Costituzione e chiediamo di adeguarlo.

In presenza di un disegno di legge delega, che rinvia alle determinazioni del Governo dando ad essa un ampio spazio di disciplina della materia, e in presenza, oltretutto, di una delega a riformare l'intera materia dell'ordinamento giudiziario, l'esame parlamentare avrebbe dovuto essere ampio, meditato e approfondito. Almeno i princìpi e i criteri direttivi della delega avrebbero dovuto essere adeguatamente considerati e dibattuti dal Parlamento.

Va segnalato come, invece, nel periodo compreso tra il 15 luglio e il 10 novembre dello scorso anno, il Senato si sia trovato a dover esaminare in seconda lettura un testo completamente diverso da quello fatto oggetto di prima approvazione. Ciò, come è noto, a seguito dell'approvazione presso la Camera dei deputati di un maxiemendamento sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia e che ha stravolto - anche da un punto di vista testuale - il provvedimento nel contenuto licenziato dal Senato.

Su tale testo, sostanzialmente nuovo, la Commissione giustizia del Senato non ha potuto misurarsi, poiché, come altre volte è accaduto in questa legislatura, una decisione della Conferenza e Presidenti di Gruppo, adottata a maggioranza, è intervenuta a trasferire all'Assemblea il provvedimento.

Vorremmo sottolineare sul punto che nessun invito sollecitatorio, al limite nessuna diffida a concludere i propri lavori è stata rivolta alla Commissione, come pure sarebbe stato possibile ai sensi dell'articolo 44, comma terzo, del nostro Regolamento. Trascorsi i due mesi previsti dall'articolo 44, comma primo, del Regolamento, il disegno di legge è stato trasferito all'Aula, senza nemmeno la possibilità di nominare un relatore.

A questo punto ci chiediamo legittimamente e chiediamo a lei, signor Presidente, cosa è rimasto oggi, nel diritto parlamentare vigente, della previsione costituzionale dell'articolo 72, primo comma, della Costituzione, che impone l'esame dei provvedimenti in Commissione, in presenza di un sempre più frequente esautoramento della Commissione di merito anche su provvedimenti di fondamentale rilevanza per l'impalcatura dello Stato.

E non è finita qui. Dopo che si era incardinata la discussione in Aula su un determinato testo, quello approvato dalla Camera, e si era svolta l'attività di studio, di riflessione e di intervento emendativo dei senatori, è intervenuto, per l'ennesima volta, un altro maxiemendamento del Governo, approvato inopinatamente e inconsapevolmente con un solo voto, benché contenesse disposizioni che toccavano materie e argomenti diversi e modificavano punti rilevanti del disegno di legge.

Non dovrebbe sorprendere allora la sensazione di scoramento e, talvolta, di frustrazione che traspare dalla lettura dei resoconti parlamentari di fronte ad un andamento dei lavori che sembra considerare il dibattito parlamentare niente altro che un rito inutile e consunto, del quale occorre cercare di liberarsi il più rapidamente possibile, ricorrendo a tutte le alchimie interpretative dei Regolamenti e della prassi parlamentare. Un'ulteriore riprova purtroppo - lo dico con pacatezza - l'abbiamo avuta quando la questione sollevata ai sensi dell'articolo 136 del Regolamento è stata respinta con una motivazione incomprensibile e assolutamente inadeguata.

Desideriamo rilevare, infine, che un siffatto modo di procedere espone tutti ad errori e scelte discutibili. È accaduto così che in più di un caso l’emendamento del Governo (mi riferisco al maxiemendamento presentato in Aula qui in Senato) ha modificato parti del provvedimento sulle quali si era già avuta la doppia lettura conforme delle Camere, con una violazione, pertanto, del fondamentalissimo principio secondo cui, in presenza di una doppia lettura conforme del testo, la funzione legislativa è da considerarsi resa e su quella parte non è più possibile intervenire nel prosieguo del procedimento.

Avrei voluto davvero che il Senato si dimostrasse il miglior giudice di se stesso e dei propri atti, come una gloriosa tradizione del passato ci ha tramandato.

Di fronte, però, alla perdita di questo senso del limite e della soggezione alle prescrizioni desumibili dalla lettera e dallo spirito della Costituzione, ci auguriamo che - dopo il presidente Ciampi - altri organi garanti della legalità costituzionale intervengano, consentendo il recupero dei caratteri garantistici del procedimento di decisione parlamentare.

Voglio aggiungere due notazioni: nella relazione distribuita in occasione della riunione della Giunta per il Regolamento del 27 dicembre 2004, il presidente Pera ha sostenuto che la Corte costituzionale avrebbe confermato - con alcune sue pronunzie - la legittimità costituzionale della prassi dei maxiemendamenti, quella prassi che non consente assolutamente né l’esame specifico delle singole questioni, né la possibilità di esprimere un voto effettivamente consapevole perché quando veniamo chiamati a votare su un unico emendamento che prevede fattispecie non omogenee e che interviene rispetto ad argomenti completamente diversi non vi è la possibilità di comprendere che tipo di valutazione facciamo, bisogna affidarsi a quella trasposizione fiduciaria che molto spesso il Governo ha chiesto, ingiustamente, alla sua maggioranza.

A mio avviso, l’interpretazione esposta dal presidente Pera nel relazionare alla Giunta per il Regolamento non è condivisibile, giacché la sentenza n. 391 del 1995 - richiamata espressamente - ha semplicemente affermato la legittimità del ricorso all'articolo unico in sede di conversione dei decreti-legge ed allorché viene posta la questione di fiducia, a condizione che l'intervento emendativo sia omogeneo quanto al suo oggetto (cosa che non è ravvisabile nella fattispecie che ci interessa); mentre la sentenza n. 398 del 1998, anch’essa richiamata dal presidente Pera, dichiara inammissibile la censura operata dalle Regioni, giacché tale rilievo esula dalle competenze regionali e non perché infondato, come si è voluto far credere.

La seconda questione è di ordine sistematico. Invito tutti i colleghi a valutare con me questa considerazione: non esiste, nella tecnica legislativa, unità di misura inferiore all'articolo. La stessa indicazione dell'articolo 72 della Costituzione espressamente lo prevede. Ecco perché, nel tentativo di delimitare le parti della legge da modificare, in quanto oggetto del messaggio presidenziale, la maggioranza non può che parlare di articoli e mai dei singoli commi. Aver inserito nell'articolo 2 del disegno di legge tutta la riforma comporterà la necessità anche tecnica di riesaminare almeno tale articolo nella sua interezza.

Non è possibile ragionare di una delimitazione della parte del disegno di legge sull’ordinamento giudiziario facendo riferimento a dei commi. I commi non rappresentano una unità tecnicamente considerabile se è vero, come è vero, che la nostra Costituzione prevede l’approvazione articolo per articolo. Un'eventuale limitazione non potrà che essere fatta con riferimento all’articolo 2. Ecco perché, signor Presidente, mi auguro che alla fine di questo percorso illustrativo ci sia da parte della maggioranza, del senatore Caruso e del collega senatore Bobbio, la capacità di comprendere che non dobbiamo immaginare di aver messo in campo un’altra recita inutile; stiamo seguendo un percorso che è rigido nei contenuti, importante nella forma e che è essenziale per la vita della nostra Repubblica nella loro realtà concreta.

Vogliamo che questo percorso sia realmente partecipato e ci auguriamo che alla fine di esso la maggioranza abbia la capacità di comprendere che quando reclamiamo ad alta voce la possibilità di rivisitare tutto l’impianto dell’ordinamento giudiziario, così come modificato, alla luce delle osservazioni puntuali formulate dal Presidente della Repubblica, non lo facciamo perché vogliamo guadagnare del tempo o perché esiste nel nostro animo la volontà precostituita di esercitare un potere di interdizione rispetto alla maggioranza, ma perché siamo consapevoli che tante illegittimità sono state consumate.

Ancora una volta, quindi, dichiariamo la nostra incondizionata disponibilità, non nel merito politico - che non condividiamo - ma rispetto, per lo meno, all’astratta configurabilità di una compatibilità con quella Carta costituzionale nella quale, signor Presidente, noi ancora crediamo. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Misto-RC).

PRESIDENTE. Ricordo che nella discussione sulle varie proposte può prendere la parola non più di un rappresentante per ogni Gruppo parlamentare, per non più di dieci minuti.

BATTISTI (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BATTISTI (Mar-DL-U). Signor Presidente, le questioni finora trattate rispetto al provvedimento, che oggi torna alla nostra discussione dopo il messaggio del Capo dello Stato, sono di non poca rilevanza: se limitarsi ad una discussione pedissequa, direi ragionieristica, di alcune delle norme che si ritengono interessate dal messaggio del Capo dello Stato, o se avere una interpretazione e una visione certamente più ampia ma anche più attenta del contenuto del messaggio stesso rispetto al lavoro che dobbiamo compiere.

Non starò certo qui a ripetere le argomentazioni svolte dai colleghi Bobbio, Calvi, Dalla Chiesa e Manzione, ma, per sistematicità di ragionamento, ricordo a me stesso le quattro questioni poste dal Capo dello Stato: la prima, sulle linee politico-giudiziarie relative all'anno in corso che - afferma il Capo dello Stato - contrastano evidentemente con gli articoli 101, 104 e 110 della Costituzione (le materie che attengono al rilevato contrasto con gli elementi della Costituzione sono di primaria importanza: l'autonomia dei giudici, l'indipendenza e l'autonomia da ogni altro potere e le competenze del Consiglio superiore della magistratura); la seconda questione, sull'istituzione dell'ufficio per il monitoraggio, che - afferma il Capo dello Stato - si pone ancora una volta in contrasto con gli articoli 101, 104 e 110 della Costituzione, anche questi elementi importanti dell'autonomia e del funzionamento della magistratura; la terza, sulla facoltà di impugnativa del Ministro che si pone - afferma sempre il Capo dello Stato - palesemente in contrasto con l'articolo 134 della Costituzione e quindi con i poteri di importanti organi dello Stato; la quarta questione, infine, relativa alla menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura che si pone in contrasto con l'articolo 105 della Costituzione e quindi sempre con la libertà, l’autonomia e i poteri del Consiglio superiore della magistratura.

Si tratta di questioni - afferma il Capo dello Stato - di fondamentale importanza, contenute in un atto normativo di grande rilievo costituzionale e di notevole complessità.

È evidente, quindi, che come metodo, dal punto di vista sistematico, affrontare questa discussione avendo presente soltanto - ripeto - in maniera ragionieristica alcune questioni, alcuni articoli del provvedimento di cui stiamo parlando mina l'interpretazione che si deve dare al messaggio del Capo dello Stato.

Questo ha un suo rilievo e un suo riscontro nel merito del provvedimento e delle censure che in quella sede abbiamo operato, attenti al dettato lapidario della VII disposizione transitoria e finale della Costituzione: una "nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione".

Era esattamente questo lo spirito dei nostri rilievi, che sono già stati approfonditi e che quindi non starò a ripetere; mi riferisco ai punti relativi all’articolo 72 della Costituzione e al metodo che da parte della maggioranza si è voluto seguire.

Rimane l’aspetto che noi abbiamo rilevato nella discussione qui in Senato e che ci fa piacere e anche onore che il Capo dello Stato riprenda nel suo messaggio: che il limite per tutti noi, maggioranza ed opposizioni, resta quello della Costituzione e che se si finisce, per divisioni di carattere politico, per compromettere l’edificio della Costituzione, si finisce evidentemente per compromettere lo Stato di diritto.

Nel merito, come dicevo, avevamo sollevato alcune questioni. In primo luogo, quella della previsione di colloqui psico-attitudinali per le prove di concorso di accesso alla magistratura; avevamo sottolineato come quel criterio di assoluta indeterminatezza della previsione in ordine al tipo di valutazione, ai criteri, ai soggetti che vi dovrebbero procedere non poteva non farci rilevare lesioni di carattere anche costituzionale sulla ragionevolezza della norma in questione e sulla sua totale indeterminatezza, senza scendere nel carattere più politico e quindi sul possibile od eventuale uso strumentale di questi colloqui.

Avevamo sottolineato come l’intera macchina concorsuale prevista da questa legge rischiava non solo di distogliere energie lavorative di commissari e candidati in quel tipo di lavoro, ma ledeva anche quel criterio della buona amministrazione costituzionalmente garantito.

Abbiamo fornito numeri e dati per non scendere in una polemica che poteva essere generica: negli ultimi quattro anni sono stati messi a concorso 233 incarichi direttivi e 399 incarichi semidirettivi, con un numero di domande presentate rispettivamente pari a 6.100 e a 3.100. Questi numeri e dati, questa imponente macchina ci obbliga a fare due considerazioni. La prima - ripeto - sul canone costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione: quanti magistrati, quante risorse umane saranno destinate non al lavoro che compete alla magistratura, ma all’esame di concorsi e di testi? Qual è la copertura finanziaria? Qual è il costo di tutta questa macchina? Era evidente che ciò destasse in noi parecchie perplessità.

Avevamo sollevato problemi, anche in questo caso prima di tutto ed eminentemente di carattere costituzionale, sulla riforma degli uffici del pubblico ministero, su quegli elementi di sovraordinazione, direi, gerarchica, che secondo noi contrastavano in maniera palese con la Costituzione.

Scendendo più in particolare nel merito, nei procedimenti sugli illeciti disciplinari, riscontravamo anche in questo ambito indeterminatezza, vaghezza delle norme e possibilità da qualsiasi parte politica di sfruttamento dell’ordinamento giudiziario.

Ricordo alcuni passi della legge. Si fa riferimento ad un appannamento della figura del magistrato: che vuol dire? Si parla di coinvolgimento in centri di potere politici o affaristici: che vuol dire in termini di illeciti amministrativi? Quale la valenza normativa di queste dichiarazioni così generiche e del tutto vaghe?

È evidente che c’era una visione costituzionale da noi non condivisa, ma c’era anche il desiderio di sfruttare alcune di queste norme.

Concludo, signor Presidente, ricordando la violazione della previsione costituzionale che esclude la partecipazione del ministro ai lavori del CSM. Non ho tempo per proseguire ancora, perché ci sarebbe molto da dire. (Richiami del Presidente).

Io credo quindi che noi dobbiamo necessariamente arrivare ad una rivisitazione complessiva di tale testo proprio in virtù di quei rilievi che il Capo dello Stato ci ha voluto offrire, per essere aderenti al suo messaggio. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U e del senatore Michelini).

*BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, la relazione che è stata presentata qui si attiene rigidamente alla lettera dei rilievi contenuti nel messaggio del Presidente della Repubblica. La proposta di maggioranza si sforza di delimitare al massimo i confini della incostituzionalità e del nuovo esame al quale siamo chiamati. Viene respinta la nostra proposta, che corrisponde al punto di vista espresso da numerosi giuristi, dalla parte migliore della cultura giuridica italiana oltre che dalla magistratura associata.

L’espediente seguito dalla maggioranza per sfuggire al riesame complessivo del provvedimento, che abbiamo proposto, è duplice. Da un lato vi è una segmentazione, una considerazione atomistica dei rilievi inclusi nel messaggio, dall’altro vi è una interpretazione restrittiva delle valutazioni formulate dal Capo dello Stato.

Ma c’è una sfasatura, che io voglio segnalare, tra l’oggetto specifico dei rilievi esemplificati nel messaggio e l’oggetto del rinvio. È la legge nel suo insieme ad essere rinviata. Questo deve indurci ad una valutazione del rinvio alle Camere, in base alla quale non può limitarsi il riesame (con una interpretazione così restrittiva qual è quella sostenuta dal collega Bobbio) allo specifico oggetto dei rilievi coi quali il Presidente della Repubblica rinvia, nel suo insieme, il provvedimento all’esame delle Camere.

Del resto, questo testo di legge ha una sua organicità ed esprime una linea politica circa il rapporto tra potere politico e giurisdizione, e circa il tema cruciale del governo autonomo della magistratura. Anche per questo, il riesame deve essere complessivo.

È questa linea politica, che si manifesta esplicitamente ed organicamente nel testo di legge, che noi respingiamo. La consideriamo ingiusta, signor Presidente, poiché in questo provvedimento si mette in discussione, con una serie di norme convergenti, il principio dell’indipendenza della magistratura, che è posto non a guarentigia, dei singoli magistrati, dei singoli giudici, ma piuttosto per garantire il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la tutela dei diritti dei cittadini.

Secondo una sentenza della Corte costituzionale (la n. 86 del 1982), proprio l’affermazione della indipendenza è centrale nella seconda parte del Titolo IV della Costituzione. Alla luce di questo principio, e la Costituzione prevede l’istituzione del Consiglio superiore della magistratura e riserva a tale organismo, tra l’altro, assegnazioni, trasferimenti e promozioni, sicché è necessario che il CSM conservi, in ordine a questi ambiti così indicati, un effettivo potere decisorio; e non basta - chiarisce la sentenza della Corte - l’intervento deliberativo del Consiglio superiore della magistratura, se esso è determinato da un decisivo condizionamento che sia comunque esterno alla valutazione dell’organo di governo autonomo della magistratura.

Ciò avviene in tutto il sistema delle promozioni, che è tracciato dalla legge cui si riferisce il messaggio del Presidente della Repubblica, determinando quella che viene definita dal Capo dello Stato come una "menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura".

Questo primo capoverso del punto 4 del messaggio del Capo dello Stato è il centro ideale di tutte le considerazioni che il Presidente propone all’attenzione delle Camere. Non vi è dubbio che una menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura derivi da varie norme del testo di legge, non solo da quelle che attribuiscono a commissioni esterne la valutazione e la decisione in materia di promozioni, determinando un farraginoso ed inefficiente meccanismo concorsuale, ma anche da norme che prevedono, in materia di conferimento degli incarichi direttivi, un potere del Ministro di impugnare la decisione del Consiglio superiore della magistratura davanti ai tribunali amministrativi regionali, facendo in modo che si eluda, si aggiri la norma costituzionale sul conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato.

Del resto, una invadenza del Ministro, un’attribuzione al Ministro di poteri che non sono suoi secondo il disegno costituzionale, si ricava da un’altra norma censurata dal Capo dello Stato, quella che prevede l’enunciazione delle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso, fatta all’inizio dell’anno dal Ministro, e quindi prevede un potere di indirizzo del Ministro, che è in contrasto con il disegno costituzionale. Ma non vi è una estensione dei poteri del Ministro anche nelle norme che si riferiscono al monitoraggio dei provvedimenti giudiziari? Non vi è nell’istituzione di un monitoraggio sui provvedimenti giudiziari una illegittima attribuzione al Ministro del potere di svolgere indagini ed accertamenti sull’esercizio della giurisdizione e sul contenuto dei provvedimenti giudiziari?

Tutto ciò mette in discussione l’indipendenza dell’ordine giudiziario, la sua autonomia. I costituenti hanno voluto il sistema del Governo autonomo della magistratura a garanzia dei diritti dei cittadini, secondo il modello pluralistico proprio della Costituzione repubblicana, che non assegna il primato, la funzione, il ruolo di vertice del sistema istituzionale al potere esecutivo, né al potere legislativo, né ad altra struttura che da sola possa dirsi al vertice dell’ordinamento costituzionale, poiché la Repubblica è un insieme articolato di autonomie territoriali e funzionali e non vi è un centro di comando unico.

Invece questo testo di legge si ispira all’idea di un primato dell’Esecutivo, che naturalmente deve fare i conti con tanti vincoli, deve fare i conti con la Costituzione, e quindi si determina attraverso l’aggiramento dei princìpi costituzionali. Siamo perciò di fronte a norme di legge che contrastano con il disegno costituzionale e cercano di svuotarlo. L’intero sistema disciplinare, cui non si riferiscono specificamente le esemplificazioni proposte dal Capo dello Stato nel suo messaggio, è pesantemente segnato dallo stesso indirizzo: estensione dei poteri del Ministro, menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura; basti pensare alla elasticità di norme assai vaghe ed alla ampia discrezionalità del Ministro in campo disciplinare.

Signor Presidente, ho concluso: l’identità, le finalità fondamentali di questa legge devono essere poste radicalmente in discussione se si accetta e si condivide la logica del messaggio, se si rispetta il suo spirito.

Comprendo che alcuni colleghi della maggioranza, affezionati ad un testo di legge sbagliato e ingiusto, vogliano fortemente limitare e restringere l’impatto che questo rinvio alle Camere ha sul nostro lavoro. Noi siamo invece per assumere in pieno le considerazioni, la logica, lo spirito del messaggio del Capo dello Stato. Perciò chiediamo il riesame complessivo e spregiudicato dell’intera legge. Si proceda ad istituire un Comitato ristretto ed in tempi rapidi a riscrivere questo testo di legge. L’opposizione darà il suo contributo. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U e del senatore Michelini).

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, non posso anch’io non sottolineare in premessa l’estrema importanza sul piano della valenza istituzionale della discussione odierna; certamente una delle più alte ed importanti dall’inizio della legislatura.

Credo che questa discussione debba partire da due premesse: la prima - e non riesco a dirlo meglio di quanto ha già detto il senatore Calvi, riportando il testo della nostra proposta che riprendeva tutto il travaglio della dottrina sul punto - è che il messaggio del Presidente è la causa, non l’oggetto del riesame del Parlamento; la seconda premessa indispensabile, che dobbiamo sempre aver presente, è che il Parlamento può certamente limitare la discussione, ma non può elidere e strozzare una votazione che deve avvenire in ogni caso articolo per articolo sulla legge nel suo complesso.

Se questo è, come certamente lo è, quali sono i punti da affrontare? Il primo è il seguente: è possibile sul piano della tecnica legislativa limitare la discussione? La risposta viene fornita dalla proposta della maggioranza che surrettiziamente, tentando di limitare la discussione ad alcuni specifici articoli, in realtà deborda, sconfina con una formula generica di articoli connessi o indirettamente coinvolti; finisce per debordare dal campo degli articoli specifici e quindi dà la prima risposta alla impossibilità tecnico-giuridica di limitare ad articoli la nostra discussione.

Se poi andiamo all’interno del messaggio del Presidente della Repubblica e verifichiamo quale è stata la sostanza di questo messaggio, troviamo che non già il Presidente della Repubblica si è limitato a censurare sotto il profilo costituzionale determinati aspetti, ma attraverso la censura costituzionale ha nuovamente richiamato il Parlamento a non toccare, a non delimitare in modo incostituzionale i poteri di due straordinari ed importanti enti, indispensabili in materia di ordinamento giudiziario, per l’appunto il Ministro di giustizia, quell’unico Ministro che non potrà mai essere cancellato dal Governo perché previsto dalla Costituzione, ed il Consiglio superiore della magistratura.

Allora, questo straordinario metronomo quale è il Presidente della Repubblica, valutando le norme, ha detto di fare attenzione perché queste due figure, così come sono disegnate nel testo di legge, suonano sbagliate rispetto alla Costituzione. Non sono in sincrono con la Costituzione; quindi, gli appunti che il Presidente della Repubblica fa sono specifici ma rispetto ad una valutazione complessiva di queste due figure istituzionali.

Il Presidente della Repubblica dice che vi è un eccesso di poteri nella figura del Ministro disegnata dal provvedimento. Vi è un eccesso di poteri perché questi non può relazionare sulle linee di politica giudiziaria né può avere un interesse autonomo e ricorrere contro le nomine del Consiglio superiore della magistratura, che sono andate in disaccordo rispetto al parere espresso dal Ministro stesso.

Il Presidente della Repubblica dice ancora che il monitoraggio delle sentenze, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza, tocca, da parte del Ministro, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura (ma voi comprendete, colleghi, che ciò significa ridisegnare attraverso le reintroduzioni di limiti) con uno strabordare dei poteri dello stesso Ministero. E così pure, verificando la concordanza con la Costituzione delle norme sul Consiglio superiore della magistratura, il Presidente Ciampi richiama l’attenzione sul fatto che ci troviamo di fronte ad un affievolimento indebito dei poteri del Consiglio superiore della magistratura in forza di commissioni esterne ad esso e, soprattutto, in forza di valutazioni decisive da parte della Scuola superiore della magistratura.

Che cosa chiede allora, se andiamo nella sostanza il Presidente della Repubblica? Chiede che si provveda ad un nuovo equilibrio di questi poteri: Ministro della giustizia e Consiglio superiore della magistratura; nuovo equilibrio che deve tener conto dell’equilibrio superiore offerto dalla Carta costituzionale. Noi dobbiamo quindi "por mano all’opra" - se posso usare questa espressione - come orologiai puntuali e precisi per ritrovare questo equilibrio. Ma, colleghi, il punto di equilibrio non può essere previsto e delimitato in anticipo e veramente non c’è alcuna possibilità di rispondere a questa obiezione perché, trattandosi di un punto di equilibro, abbisogna che si valutino, da una parte, il Ministro di giustizia e, dall’altra, il Consiglio superiore della magistratura in un’ottica di superiore equilibrio, che è - ripeto - offerta dalla Carta costituzionale. Come facciamo a metterci a lavorare e a ricercare un equilibrio a priori prefissato? Questo significa veramente essere non rispettosi del messaggio del Presidente della Repubblica, perché, già prima, si vuole togliere lì e aumentare là, con un modo di lavorare che è assolutamente improprio.

In secondo luogo, è possibile una limitazione, su un piano di alta valutazione politica? Signori colleghi, se posso, vorrei rivolgere alla maggioranza non una mozione degli affetti, ma un richiamo al fatto che quando si parla di problemi di valenza istituzionale non esistono più maggioranza ed opposizione, ma dovrebbe esistere solo un’estrema attenzione al dato istituzionale. (Brusio in Aula. Richiami del Presidente).

Stiamo decidendo rispetto ad una discussione in cui l’opposizione ha fatto presenti determinate censure di costituzionalità che la maggioranza non ha accolto. Dico questo senza iattanza, perché qualsiasi legge che esca dal Parlamento in modo contrasto con la Costituzione è una sconfitta sia della maggioranza sia dell’opposizione, che non ha saputo tenere la maggioranza stessa al rispetto della Costituzione. Allora, se questo è, vi sembra, su un piano di alta politica, che sia giusto fare come un allievo di scuola elementare che, corretto da un altissimo maestro, si limiti a riscrivere sopra le correzioni e non si impegni invece a redigere nuovamente il testo che è stato corretto, così come un buon compito vuole?

Infine, e da ultimo, il terzo argomento che, a mio giudizio, è ancora più importante degli altri due. È assolutamente giusto quel che dicono tutti coloro che si sono occupati di questa cooperazione anomala del Presidente della Repubblica all’attività legislativa. Tutti coloro che se ne sono occupati, studiosi di ogni parte e tendenza politica, hanno detto che è una cooperazione anomala e preziosa, ma che rimane integro al Parlamento, nella sua autonomia e indipendenza, la decisione finale.

E allora io vi chiedo: vi sembra corrispondente a questa autonomia certa del Parlamento in materia legislativa che noi ci limitiamo ancor prima di cominciare? Vi sembra che questa limitazione sia degna di un Parlamento che vuole recuperare la sua autonomia e indipendenza con un esame, cutis et in cute, in ogni punto e in ogni interezza del testo di legge che il Presidente della Repubblica ci ha chiesto di riesaminare?

Per questa ragione, in nome dell'autonomia e indipendenza del Parlamento, vi chiedo di accogliere la proposta che prevede una valutazione complessiva dell'intero testo di legge. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, Mar-DL-U e DS-U e del senatore De Paoli).

ANDREOTTI (Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI (Aut). Signor Presidente, chiedo ai colleghi un momento di attenzione, dato che in cinquantanove anni di attività parlamentare non ho mai preso la parola in materia di ordinamento giudiziario o di problemi della magistratura. Ciò non perché in un certo periodo ho vissuto una certa esperienza (sarebbe un argomento meschino), ma perché non ho una preparazione né accademica, né professionale per interloquire in un settore di estrema delicatezza e del quale nell'Assemblea Costituente noi concordemente volemmo accentuare, con una dizione che esiste solo per questo, l'indipendenza: indipendenza da tutto.

Senatore Brutti, non dica, ad esempio, "la parte migliore della magistratura", perché questo è già un modo di differenziare".

BRUTTI Massimo (DS-U). Ho detto "della cultura giuridica"; era una valutazione sui giuristi.

ANDREOTTI (Aut). Io parlo proprio dell'indipendenza. Ma perché nacque? Forse anche perché, a parte giuste osservazioni che possiamo chiamare filosofiche, nessuno sapeva, in quell’Assemblea, quale sarebbe stata la composizione del Parlamento che sarebbe stato eletto di lì a breve. Avevamo la preoccupazione che, se avesse vinto una certa parte, nonostante la buona volontà degli uomini, potesse accadere ciò che era avvenuto in Cecoslovacchia ed altrove.

Viceversa, qualcuno considerava noi democristiani, come pure altri non della sinistra, più o meno dei fascisti, degli aspiranti fascisti o degli ex fascisti. Quindi, fu introdotto quel concetto rigoroso dell'indipendenza della magistratura, che fu però al tempo stesso inquadrato in una certa disciplina interna, in una certa gerarchia che esisteva, da cui forse - è vero - si trassero poi conseguenze esagerate. Fu giusto quando si tolse l'avocazione dei processi da parte della Corte d'appello, perché si poteva prestare a qualche valutazione non obiettiva. C'è sempre stato questo rigore.

Qual è oggi la difficoltà che incontriamo? Siamo dinanzi ad una delle poche occasioni in cui una legge è rinviata alla Camera dal Presidente della Repubblica. Con molta abilità il Presidente del Consiglio, il quale certamente nel presentare i problemi è ineguagliabile, ha rilasciato ai giornali una dichiarazione - forse qualcuno di voi l'ha letta - in cui diceva: in fondo, quanto sono cretini questi, che non sanno nemmeno scrivere le leggi; l'ha quindi buttata in una specie di cornice di carattere tecnico. Qui però non è questione di saper scrivere le leggi o di non saperle scrivere: è questione, a mio avviso, di cercare di uscire (solo per questo prendo la parola, altrimenti avrei continuato, non so per quanto altro tempo ancora, a non interloquire in materia) da una situazione estremamente grave.

Speravo che la presenza in Parlamento - qui e a Montecitorio - di un certo numero di magistrati ci aiutasse nella comprensione reciproca. All'inizio si trattò di casi isolati: dopo l'uscita dal servizio attivo, persone come Azzara o Pafundi vennero a far parte delle Assemblee legislative come canonici onorari. Per qualche contatto avuto, ho verificato che ciò non è possibile perché da parte di alcuni magistrati coloro che hanno scelto una via politica sono considerati magistrati usciti dal seminato e, viceversa, qualcuno di noi, sbagliando, considera i colleghi magistrati diversi dagli altri parlamentari.

Il relatore di maggioranza e il senatore Fassone hanno difeso con convinzione tesi opposte nella valutazione della legge. Ho preso la parola perché la situazione odierna è di un'estrema gravità; anche in altri campi per la verità, ma oggi ci occupiamo di questo. Mi riferisco alla rigida contrapposizione delle tesi, per cui o si sta da una parte o dall'altra. Noi siamo un piccolissimo Gruppo, non siamo né carne né pesce, anche se le uova, non essendo né carne né pesce, rappresentano talvolta un fatto positivo, ma non voglio sopravvalutare il mio Gruppo.

Oggi c'è un equivoco grave nell'opinione pubblica e negli interessati. Abbiamo visto uno schieramento compatto, abbiamo riscontrato un'ampiezza di partecipazione dei magistrati all'astensione del lavoro che si verifica raramente nel lavoro pubblico dipendente. Dovremmo cercare di uscire dalla contrapposizione tra politica e magistratura. Non si tratta di una questione di Regolamento, se dobbiamo cioè limitare l'esame ai punti specifici indicati dal Presidente della Repubblica. Considerata la situazione così grave ed eccezionale, mi chiedo se non si debba procedere ad una riconsiderazione e il mio non è un invito a non legiferare.

Se, a differenza di tanti altri casi, in qualche punto della legge fosse stato accolto un emendamento delle opposizioni e se le opposizioni avessero votato qualcuno degli articoli, forse non si sarebbe determinata questa identificazione pericolosissima tra un giudizio di schieramento politico di carattere generale ed una opinione del Parlamento nei confronti dei problemi della magistratura.

Mi guardo bene dal fare lo storico, non ne avrei né la capacità né la volontà, sappiamo, però, che in alcuni momenti del passato ci sono state polemiche sulla giustizia, magari non molto altisonanti perché allora sia il settore sia la circostanza non lo consentivano. In una discussione del 1954 Togliatti richiamò un articolo di un decreto luogotenenziale del 1945 dicendo che egli stesso lo aveva scritto, in qualità di Guardasigilli, parola per parola: quell’articolo prevedeva che il Guardasigilli ha l'alta sorveglianza della magistratura e dei magistrati, sia giudicanti che requirenti. È vero, non era ancora stata approvata la Costituzione. Questo argomento può essere addotto, ma è estremamente capzioso.

Se il ministro Castelli avesse riprodotto questo testo, forse sarebbe stato meglio, piuttosto che parlare, come in fondo si è fatto; ciò, d’altronde, si presta a critiche di politica giudiziaria e ad altre formule che sono certamente di carattere equivoco e che vanno corrette.

A mio parere, non dobbiamo limitarci ed indulgere, peraltro, in una riconsiderazione che poi voglia dire non far niente, perché la necessità esiste.

Recentemente, una persona che non credo sia oriundo-democristiana, l’ex procuratore generale Borrelli, in un’intervista (forse qualcuno di voi l’ha letta), a parte il fatto che tratta malissimo un ex magistrato che per un certo periodo è stato nostro collega (ma sono affari loro), criticando la legge, afferma che ci sono due punti che veramente non vanno: parla della lunghezza dei processi e del funzionamento degli organi disciplinari.

Questo lo afferma Borrelli ed io - non dico mi avvio alla conclusione perché è un modo retorico per non farlo - vorrei ricordare una discussione che abbiamo fatto in quest’Aula quando si è cambiato il meccanismo elettorale del Consiglio superiore della magistratura.

PRESIDENTE. Senatore Andreotti, la prego di concludere il suo intervento.

ANDREOTTI (Aut). Signor Presidente, mi sto accingendo a concludere. Parlo piuttosto raramente, ma obbedisco.

Un collega che certamente si intende della materia (a differenza di me), Guido Calvi, ricordo che disse: avete pensato bene a quello che state facendo? Prevedendo candidature non più locali, ma nazionali, favorite, in fondo, le organizzazioni. (Cenni di assenso del senatore Calvi). Il senatore Calvi aggiunse anche di dare un’occhiata alla disciplinare; c’è il Resoconto stenografico che lo conferma. Qualcuno commentò che il senatore Calvi è comunista. Non so se dicendolo dispiaccio qualcuno, ma credo che il senatore Calvi sia comunista quanto lo sono io, da questo punto di vista. (Ilarità).

Signor Presidente, non so in che modo, però oggi non ci troviamo ad affrontare una discussione di ordinaria amministrazione; siamo ad una svolta importante della nostra vita nazionale e del costume. Se non recuperiamo il reciproco rispetto tra il potere politico (Governo o Parlamento che sia, non è molto importante questa distinzione) e la magistratura - ma anche il dovere di pretendere altrettanto rispetto dalla magistratura come tale per coloro che sono scelti dal popolo in nome del quale si esercita la giustizia - rischiamo di entrare in un vicolo terribilmente cieco. (Applausi dai Gruppi Aut, UDC, Mar-DL-U, Verdi-U, DS-U, FI e AN. Molte congratulazioni).

SEMERARO (AN). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SEMERARO (AN). Signor Presidente, credo che alcune delle affermazioni testé fatte dal senatore Andreotti, il quale ci ha sostanzialmente invitato ad un maggiore dialogo, ad un maggiore scambio e ad un confronto più produttivo, siano da condividere.

In realtà, noi questo avremmo voluto; saremmo stati disponibili ad un confronto serio, obiettivo e sereno se vi fosse stata dall’altra parte una chiara disponibilità in questo senso.

La verità è, invece, che sin dalle prime battute, cioè da quando si è iniziato a parlare di ordinamento giudiziario, è stato da parte dell’opposizione un atteggiamento di assoluta chiusura. Infatti, nel nostro intento di procedere ad una riforma e nella volontà di incidere in maniera determinata sull’andamento dell’attività giudiziaria si è vista una forma di attentato alla indipendenza della magistratura, come pure è stato riferito qualche minuto fa in quest’Aula. Personalmente, ritengo che nulla di tutto questo sia ravvisabile; vi è stata e vi è soltanto la volontà di intervenire in maniera legislativamente corretta per disciplinare sotto certi aspetti anche l’attività dei magistrati.

Diceva bene il senatore Andreotti: è necessario che venga rispettata l'attività della magistratura. Però è altrettanto necessario che vengano rispettati l'equilibrio e l'attività di chi è preposto in un determinato momento allo svolgimento dell'attività legislativa.

Detto questo, non ritengo sia il caso di entrare nel merito delle osservazioni del Presidente della Repubblica. Intendo soltanto evidenziare che l'intervento del Capo dello Stato è direttamente consequenziale ad una attività legislativa di grande respiro e di grande portata: il Presidente della Repubblica è intervenuto allorquando ci siamo adoperati per attuare una riforma del sistema radiotelevisivo perché si trattava di una normativa di grande portata e di grande ricaduta sociale; il Presidente della Repubblica è intervenuto allorquando ci siamo attivati per una riforma dell'ordinamento giudiziario.

Certo, in assenza di riforme concludenti, ovvero in assenza di un impegno deciso e determinato del Parlamento ad affrontare questioni di particolare rilevanza e, come dicevo prima, di grande ricaduta sociale, un intervento del Presidente della Repubblica non si giustificherebbe e forse è questa la ragione per la quale nella passata legislatura non vi sono stati, se non ricordo male, interventi del Capo dello Stato: non vi sono state riforme e in ogni caso non vi è stata un'attività legislativa che suonasse come attività di riforma vera e propria.

Come dicevo, non intendo entrare nel merito di quanto evidenziato nel messaggio del Presidente della Repubblica, questione di cui tratteremo nel momento in cui prenderemo in esame i riferimenti precisi evidenziati dal Capo dello Stato. Desidero soltanto far presente che in questa presa di posizione della maggioranza e nell'esposizione precisa del relatore non può essere ravvisato un atteggiamento di chiusura completa ad una forma di riesame della legge che è stata approvata. Si consideri che nell'articolo 74 della Costituzione, che prevede la possibilità per il Presidente della Repubblica di inviare un messaggio motivato alle Camere, è altresì prevista, al secondo comma, la possibilità per le Camere di approvare nuovamente la legge; e in tale ultima ipotesi la legge deve essere promulgata, non vi è diversa possibilità.

Questo atteggiamento rifugge dalla nostra volontà, che è invece quella, precisa e determinata, di esaminare le questioni oggetto di rilievo nel messaggio del Presidente della Repubblica; non perché abbiamo paura di riesaminare l'intero testo legislativo o perché vogliamo sottrarci al confronto, ma perché riteniamo che le parti della legge non richiamate dal Presidente della Repubblica siano e debbano essere considerate assolutamente rispondenti al dettato costituzionale e, se così è, non v'è effettiva ragione per un riesame di tali disposizioni.

Peraltro, circa quelle parti della legge richiamate dal Presidente della Repubblica (in riferimento alle quali - si badi - non vi è da parte nostra la convinzione assoluta che trattasi di norme che vanno, sia pure in diversa misura, a ledere il dettato costituzionale) non siamo del tutto convinti che le osservazioni del Capo dello Stato siano da condividere, tuttavia coscienziosamente e responsabilmente riteniamo che su quegli argomenti debba aprirsi una discussione, che essi debbano essere oggetto di una attenta valutazione a livello di attività parlamentare.

Ecco perché riteniamo che il nostro esame debba limitarsi a quelle parti specifiche richiamate dal Presidente della Repubblica. Ovviamente cogliamo questa occasione per evidenziare che non vi è da parte nostra alcuna volontà di chiuderci a riccio, nella conferma di una riforma che sia assolutamente intoccabile; vi è, al contrario, la volontà di aprire un dibattito libero e franco che possa rendere al meglio il frutto legislativo. (Applausi dai Gruppi AN, FI e UDC).

CENTARO (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, è vero ciò che paventava il senatore Andreotti: corriamo il rischio, ogni qualvolta mettiamo mano ad una riforma in tema di ordinamento giudiziario, di un processo, di una corsa all’appropriazione, da parte di chi è contrario, di battaglie periodicamente e costantemente condotte da parte dell’Associazione nazionale magistrati, della magistratura o di alcuni magistrati, ciò che si è verificato anche in questa occasione, con un’appropriazione culturale e una rivendicazione della difesa di modelli di autonomia e indipendenza che non possono che essere patrimonio di tutti gli schieramenti politici; sarebbe infatti suicida la forza di Governo che intendesse aggiogare al proprio carro la magistratura in un regime di alternanza come quello previsto dal sistema maggioritario.

La verità, però, è anche un’altra: riscontriamo una ritrosia culturale ad ogni novità, ad ogni forma di riforma, da parte della magistratura. L’abbiamo riscontrata anche nella scorsa legislatura: ricordo le dichiarazioni apocalittiche di un procuratore della Repubblica il quale sosteneva sui giornali che la riforma dell’articolo 513 del codice di procedura penale significava che il Parlamento abrogava per legge la mafia; ricordo le battaglie aspre contro la riforma costituzionale dell’articolo 111, che avrebbe comportato che terroristi, mafiosi, pedofili e quant’altro sarebbero usciti dal carcere facilmente. Tutto ciò, alla fine, non si è verificato.

Ricordo anche che nel dibattito sulla riforma dell’ordinamento giudiziario non è mai stato proposto, anche dalla stessa Associazione nazionale magistrati, nessun modello alternativo a quello predisposto e variamente modificato dal Governo e dal Parlamento. Sono state date indicazioni che spesso sono state recepite (e in quest’Aula ne sono state recepite tante), ma nulla di più.

Allora, nel momento in cui ci si scontra con questa forma di ritrosia culturale contro ogni tipo di riforma, evidentemente il potere politico deve riappropriarsi della supremazia che gli spetta in virtù dell’investitura popolare e deve, ovviamente verificando la migliore possibile delle riforme, cambiare uno stato di cose che va necessariamente modificato. Infatti, non è pensabile che una categoria di dipendenti dello Stato possa opporsi ai rappresentanti del popolo, per il motivo semplicissimo che costoro si riproporranno al termine della legislatura proprio a coloro che li hanno eletti e, se avranno sbagliato la ricetta, se avranno formulato una novità, una modifica che non risponde alle esigenze popolari, saranno inevitabilmente bocciati. È quindi interesse di chi propone una riforma ipotizzare un modello che funzioni o che comunque superi i problemi dell’esistente.

D’altra parte, far rientrare in questa riforma tutte le problematiche della lunghezza dei processi, quelle strutturali, significa introdurre argomenti che nulla hanno a che vedere con essa e che verranno trattati successivamente, in altra riforma.

Oggi il Parlamento si trova di fronte a due opzioni: esaminare complessivamente tutto il testo dell’ordinamento giudiziario o limitarsi alle indicazioni contenute nel messaggio del Capo dello Stato.

Se si riaprisse la discussione - qualcuno lo ritiene possibile - sull’ipotesi di incostituzionalità complessiva, evidentemente si rimetterebbe in ballo tutto un sistema su cui comunque vi sono stati vari confronti e lunghe discussioni e al quale sono state introdotte modifiche complessive, mentre ipotizzare di rimettere in discussione i soli punti indicati dal Capo dello Stato come palesemente incostituzionali porta ad un confronto su questioni che legittimamente il Presidente della Repubblica ha sollevato e posto all’attenzione del Parlamento.

D’altra parte (per rispondere anche alle obiezioni avanzate dal collega Manzione), ipotizzare che vi possano essere collegamenti a norme eventuali nel momento in cui c’è un sistema che si regge su un equilibrio complessivo non significa aprire la discussione a 360 gradi anche, per esempio, sulla tipicizzazione dell’illecito disciplinare, che ovviamente non è norma connessa a quella indicata dal Capo dello Stato, o al sistema della separazione delle funzioni, che altrettanto ovviamente non è norma connessa a quelle indicate dal Capo dello Stato.

Oggi ci dobbiamo interrogare sulla validità e sul fondamento del messaggio del Presidente della Repubblica, indicando anche una serie di modifiche che possano far venir meno i timori paventati dal Capo dello Stato. Parlare di una relazione al Parlamento sulla politica giudiziaria da parte del Ministro non poteva significare e non aveva altro significato se non parlare delle linee di indirizzo della politica del Governo nei confronti del Parlamento, per un doveroso rispetto alle prerogative del Parlamento, per informarlo delle linee di riforma che l’Esecutivo, annualmente o nel corso della legislatura, intende portare avanti. Non poteva essere diversamente, perché si sarebbe creata una distonia assolutamente inconciliabile con gli attuali princìpi.

Ipotizzare il ricorso alla giustizia amministrativa da parte del Ministro introduce evidentemente una novità nel nostro ordinamento, che prevede solo un ricorso da parte dell’interessato; non dimentichiamo può anche la novità di una evoluzione giurisprudenziale della Corte costituzionale, che crea una sorta di Costituzione vivente nel momento in cui prevede la possibilità che il Consiglio superiore della magistratura vada comunque avanti anche in caso di concerto negativo nei confronti di un candidato da parte del Ministro. Se parliamo di concerto, ci riferiamo ad una convergenza di volontà espresse da organismi diversi: senza tale convergenza il concerto non c’è e l’uno non può andare avanti senza che si realizzi la convergenza con l’altro.

La problematica, poi, del depotenziamento del Consiglio superiore della magistratura attraverso la costituzione delle commissioni non ha alcun fondamento, se non, in lieve margine, con riferimento alla Scuola, perché già nell’assunzione in magistratura, che è uno dei compiti attribuiti al CSM, abbiamo una commissione nominata dal Ministro e dal CSM che decide sugli esami. E, d’altra parte, le valutazioni espresse dalla commissione in tema di conferimento di incarichi direttivi, di funzioni diverse vengono comunque rimesse al CSM, che può andare in contrario avviso e che quindi mantiene assolutamente intonso il proprio potere.

La valutazione della scuola, probabilmente, più che essere un momento preclusivo che impedisce l’avvio, la valutazione del CSM, è utile che diventi elemento anch’esso che va riconsiderato ai fini della rivalutazione complessiva del magistrato che partecipa al concorso.

Il monitoraggio degli esiti dei procedimenti probabilmente era più un problema di statistica eventualmente propedeutico alla problematica disciplinare, la quale esce dal caso concreto, e sicuramente la conoscenza di vari casi concreti da parte del Ministro avrebbe potuto agevolare, ma soprattutto avrebbe consentito al Ministro di ipotizzare riforme al sistema. (Brusio in Aula. Richiami del Presidente).

Ecco perché, a mio parere, quella che è l’indicazione complessiva proveniente dalla Commissione non può che essere accolta - e sotto questo profilo dichiaro il voto favorevole del Gruppo Forza Italia - con una avvertenza per tutto il mondo politico: attenzione, è pericoloso dare sfogo a chi vuole mantenere ad ogni costo il potere utilizzando questa volontà per momento di confronto politico. Un magistrato all’orecchio tempo fa mi disse: tutto sommato ci sta andando anche bene, perché la riforma proposta dal ministro Flick era veramente peggiore di questa.

Allora, consideriamo questo proprio ai fini di quella valutazione, di quella ritrosia culturale che ci ritroviamo quando la magistratura è posta di fronte a un mutamento dell’esistente. (Applausi dai Gruppi FI e UDC).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Valentino. Ne ha facoltà.

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevoli senatori, ho ascoltato con grande attenzione gli interventi che si sono succeduti e ho apprezzato sempre la passione e l’intelligenza con la quale i temi sono stati proposti.

Devo dire che il messaggio del Presidente della Repubblica… (Diffuso brusìo in Aula).

CALVI (DS-U). Signor Presidente, io voglio ascoltare il sottosegretario Valentino. Non è possibile svolgere una discussione in un’Aula che continua ad essere disattenta e a vociare in questo modo. Non intendo più partecipare ad una seduta in cui non si riesce ad ascoltare il Sottosegretario.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, raccolgo la sua indicazione e chiedo all’Assemblea l’attenzione dovuta agli argomenti che stiamo trattando.

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. In questo momento c’è il sottosegretario Valentino e il senatore Calvi vuole ascoltare il Governo ogni qualvolta esso interviene. Quindi l’invito a un brusìo minore è determinato da questa esigenza comprensibilissima e lo ringrazio.

Il messaggio del Capo dello Stato non ha assolutamente stravolto o censurato l’impianto fondamentale della riforma dell’ordinamento giudiziario, di questo documento legislativo che tanto ci ha impegnato, del quale abbiamo discusso per anni. Era inevitabile che ciò accadesse perché le regole che presiedevano alle condotte della magistratura erano datate, sia pure modificate nel corso degli anni in maniera che maggiori privilegi fossero conferiti alla categoria, però, ripeto, erano regole datate. La società si è evoluta, è cambiata, il mondo cambia. Bisogna che un’importante struttura della vita pubblica, essenziale nella regolazione dei rapporti fra gli uomini e la magistratura si adegui al mondo in evoluzione. I processi legislativi - come quelli della società - sono dinamici. Era inevitabile modificare l’ordinamento giudiziario.

Di questo devo dire che il Capo dello Stato si è reso autorevole e prestigioso interprete, perché il suo messaggio, pur ribadendo i princìpi fondamentali, che non possono essere posti in discussione, sull’indipendenza e l’autonomia del giudice, e sottolineando quanto importante sia stato il travaglio legislativo che poi ha prodotto il provvedimento che oggi è tornato alla nostra discussione, ha indicato i punti che devono essere rivisitati, ma che certamente non turbano i profili fondamentali della innovazione che con il nuovo ordinamento giudiziario sono introdotti.

Non ho letto, perché non è segnalata, alcuna censura all’esigenza di gararchizzazione delle procure, alla necessità di temporaneità degli incarichi direttivi, esigenza che peraltro, anche nel passato, il Consiglio superiore della magistratura aveva avvertito reiteratamente. Non ho sentito, perché non ci sono, note critiche a questa riconsiderazione degli illeciti disciplinari, la loro tipicizzazione. Finalmente sappiamo quali sono le condotte che devono essere censurate.

Certo, si poteva fare molto di più; faccio mie le proposte che, sia pure in sede non ufficiale, sono state avanzate da autorevoli esponenti della Sinistra politica, cito per tutti l’onorevole Violante, quando ha immaginato che si potesse costituire, con una modifica costituzionale, un organismo che autonomamente si occupasse della disciplina, proprio per evitare che la stessa categoria di magistrati, nell’ambito di una giustizia domestica, desse luogo poi a quelle vicende, a quei risultati che sono ahimè sotto gli occhi di tutti.

Quindi, vi è un apprezzamento sostanziale da parte del Capo dello Stato per questo lavoro impegnativo e faticoso che ha visto una contrapposizione - consentitemi a tale proposito una nota di sostanziale imbarazzo - prevalente tra il Governo, le forze che lo sorreggono e la magistratura e non già l’opposizione politica. Sarebbe stato fisiologicamente più corretto che la sinistra politica, invece di acquietarsi sulle indicazioni che giungevano da questa sia pur autorevolissima e provveduta corporazione, vivesse questa fase legislativa così complessa e problematica con una maggiore autonomia.

Ebbene, signori, i quattro punti - ne ha parlato con dovizia di particolari il relatore - devono essere riconsiderati: il Parlamento, nella sua sovranità, proporrà le soluzioni che meglio si acconciano alle richieste che così autorevolmente sono giunte.

Voglio replicare, però, in maniera molto garbata e rapida, ad alcune enfatizzazioni fatte in ordine a questi quattro punti, quando si è sostenuto che la trattazione del Parlamento delle linee di politica giudiziaria potesse significare una sorta di obbligo imposto alla magistratura nell’ambito di quell’autonomia che certamente nessuno intende censurare nemmeno per un attimo, quasi che si fossero indicate delle linee direttrici alle quali la magistratura, nell’espletamento della sua funzione giurisdizionale, dovesse adeguarsi.

Ebbene, chi dice questo dice qualcosa che mi pare non coincida con lo spirito sostanziale di quel punto del provvedimento che comunque modificheremo. Voglio ricordare a me stesso innanzitutto che l’articolo 110 della Costituzione pone in capo al Ministro della giustizia il potere, di assoluta significazione, dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Ma la politica della giustizia non può essere solo quella della giurisdizione. La politica della giustizia è anche quella che decide la realizzazione di manufatti, l’organizzazione degli uffici nella loro quotidianità.

La giurisdizione, concetto alto e nobile, che afferisce in via esclusiva all’autonomia ed all’indipendenza, certamente non può essere posta in discussione. Mi si replicherà: ma perché mai allora questa sottolineatura è stata posta nell’ordinamento, visto che la Costituzione ne parla? (Commenti del senatore Passigli). Il punto innovatore consisteva nel fatto che per la prima volta il Ministro sarebbe venuto in Parlamento a tracciare queste linee (Reiterati commenti del senatore Passigli) nella ufficialità di una prescrizione normativa.

Nessuno, signori, metta in discussione l’autonomia dei magistrati. Se avessimo voluto discutere di autonomia della magistratura in termini diversi rispetto a quelli che ci sono imposti dal rispetto per questa fondamentale prerogativa, forse proprio oggi - giornata singolare - all’indomani di una bizzarra iniziativa (la voglio definire soltanto così) di un provvedimento giudiziario milanese che ha stupito, per tacer d’altro,…

MANZIONE (Mar-DL-U). E’ appellabile!

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Non vi è dubbio che vi sia il grado d’appello!

MARITATI (DS-U). Discutiamone nella sede opportuna.

PRESIDENTE. Per favore colleghi, lasciate parlare il sottosegretario Valentino.

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Interpretiamo per un momento il sentimento di sconcerto dell’opinione pubblica di fronte ad iniziative di questo genere, a decisioni che turbano e sconvolgono. Pensiamo un momento all’opinione pubblica. Certamente vi saranno i gradi successivi, il gravame, le valutazioni ulteriori!

Ci auguriamo che una maggiore serenità nell’approccio a questa vicenda determini poi un risultato più coerente con un’esigenza che l’opinione pubblica ha fortemente avvertito in queste giornate.

Quindi, l’indipendenza è un patrimonio assoluto della magistratura che certamente nessuno intende porre in discussione.

Per quanto riguarda l’ufficio di monitoraggio, il Ministro lo può fare; egli aveva deciso, con grande lealtà istituzionale, che questo aspetto potesse essere ricompreso nel provvedimento che riguardava l’ordinamento giudiziario; il Capo dello Stato, nella sua valutazione, ha ritenuto che tale momento dovesse essere riconsiderato.

In punto di ricorso al TAR, le scuole di pensiero si avvicendano. Nel momento in cui il Ministro fornisce il concerto, assume una legittimazione alla nomina, quindi potrebbe esservi una sorta di interesse legittimo da dedurre non già nella sede costituzionale, ma nella sede alla quale si rivolge l’altra parte (il magistrato che per esempio veda frustrata la sua aspettativa di una promozione, perché anch’egli è portatore di un interesse legittimo che, a mio avviso, si radica nel Ministro nel momento in cui egli deve dare il concerto). Comunque, il punto certamente è meritevole di attenzione, i giuristi si spenderanno su questo tema e le soluzioni saranno senza dubbio trovate.

Quello della Scuola della magistratura è un problema antico e sono certo che il Parlamento individuerà le soluzioni più acconce. Il dato che mi preme sottolineare è che vi è un’attesa antica a proposito della Scuola della magistratura; abbiamo esempi europei importanti e dobbiamo adeguarci. C’è bisogno della Scuola perché essa è lo strumento attraverso il quale il magistrato affina la sua attività, che deve essere costante, di studio e ricerca, all’esito della quale si impongono poi verifiche che debbono consentire di valutare se egli abbia tutti i requisiti necessari per poter accedere a funzioni superiori, che sono sempre più impegnative.

Ciò che mi preme sottolineare, onorevoli colleghi, e mi avvio alla conclusione, è che il Capo dello Stato ha sostanzialmente apprezzato le linee fondamentali di questo provvedimento legislativo. Il Parlamento, in ossequio alle sue indicazioni, certamente darà corso a quei cambiamenti che sono indispensabili perché nemmeno il sospetto del vulnus costituzionale possa essere individuato in questo corpo normativo e il provvedimento che sarà licenziato finalmente consentirà un primo passo verso la modernizzazione.

Infatti, questa è l’aspirazione sostanziale: la modernizzazione della magistratura, una magistratura diversa da quella che fino ad ora c’è stata, perché le regole hanno determinato uno stato di cose particolare. Per amore del cielo, nessuno discute l’onestà intellettuale degli uomini, che è sempre limpidissima; ma i conflitti loro, i raids nella politica, atteggiamenti che sono certamente distonici rispetto a quelle che debbono essere le regole che presiedono ai princìpi cui debbono uniformarsi i magistrati, tutto ciò forse potrà essere attenuato con questo provvedimento legislativo. Avremo strumenti per meglio orientare la funzione dei magistrati, che è funzione nobilissima e alla quale tutti ci dobbiamo inchinare.

Vorrei sommessamente replicare all’onorevole Andreotti: l’auspicio è comune. Il conflitto tra politica e magistratura certamente rappresenta una pagina cupa nella storia più recente della nostra Repubblica. Un’ultima notazione e poi mi avvierò alla conclusione. Sono entrati in questa carriera, negli ultimi anni, migliaia di magistrati.

Credo che il 70 per cento dei magistrati italiani siano entrati negli ultimi quindici anni. Sono giovani che hanno vissuto quell’atmosfera, quel clima che noi ogni giorno denunciamo in Parlamento e dalle tribune che abbiamo a disposizione. Io mi auguro che questo provvedimento serva anche a questi giovani per capire qual è sia l'importanza della loro funzione, per capire che la vita del magistrato non è esigenza di contrapposizione o esigenza di apparizione, per capire che il loro ruolo è un altro, è un ruolo alto, nobile e importante, per il quale debbono meritarsi il rispetto del popolo italiano. (Applausi dai Gruppi AN, FI e UDC).

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta QP1, presentata dalla Commissione.

È approvata.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, dei senatori sono entrati dopo che lei ha ordinato la chiusura delle porte!

PRESIDENTE. Non è entrato nessuno.

GARRAFFA (DS-U). È entrato il senatore Calderoli.

PRESIDENTE. No, il senatore Calderoli era già in Aula.

È approvata.

Risultano pertanto precluse le restanti proposte.


 

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B/bis) (*)

________________

(*) Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato in data 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione.

 

PROPOSTE PRESENTATE AI SENSI DELL'ARTICOLO 136, COMMA 2, SECONDO PERIODO, DEL REGOLAMENTO

QP1

LA COMMISSIONE

Approvata

Agli effetti di quanto previsto dall’articolo 136, comma 2, del Regolamento del Senato, la Commissione giustizia propone che l’Assemblea limiti la discussione del disegno di legge n.1296-B/bis alle seguenti parti che sono oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica con cui il medesimo disegno di legge è stato rinviato alle Camere: l’articolo 2, comma 1, lettera g), numeri 1) e 3); lettera h), numero 17); lettera i), numero 6), primo periodo; lettera l), numeri 3.1), 3.2), 3.5), 4.1), 4.2), 4.5), 5), 6), 7.1), 7.2), 7.5), 8), 9.1), 9.2), 9.5) e 10); lettera m), numeri 1, 2), 9) e 10); articolo 2, comma 2, lettere l), m) e t); articolo 2, comma 14, lettera c); articolo 2, comma 31, lettera a).

In ogni caso devono comunque intendersi indirettamente oggetto del messaggio, nei limiti di eventuali interventi di coordinamento, le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1: lettera f), numeri 2), 3), 4), 5) e 6); lettera g), numeri 2) e 4); lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16); lettera i), numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 6) relativamente al solo secondo periodo; lettera l), numeri 1) e 2), 3.3) e 3.4), 4.3) e 4.4), 7.3) e 7.4), 9.3) e 9.4); lettera m), numeri 3) e 11); lettere n), p) e q), numeri 2 e 3; nonché le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 2, lettere o) ed s); all’articolo 2, comma 9, lettere b), d), e) ed f), e all’articolo 2, comma 11.

Ferma restando infine la possibilità di interventi di coordinamento ulteriori in relazione alle modifiche che risultassero apportate a seguito della discussione dei punti sopra indicati, la Commissione propone altresì che siano da intendersi indirettamente oggetto del messaggio tutte le disposizioni aventi rilievo finanziario, quantomeno ai fini dell’adeguamento della copertura per il triennio 2005-2007, nonché tutte le disposizioni comunque connesse con termini di scadenza previsti dalla legislazione vigente la cui modifica potrebbe risultare necessaria in conseguenza del rinvio disposto dal Presidente della Repubblica.

 

QP2

CALVI, DALLA CHIESA, ZANCAN, SODANO TOMMASO, MARINO, CREMA, LEGNINI, CAVALLARO, MAGISTRELLI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, FASSONE, FORCIERI

Preclusa

Considerato:

che il disegno di legge delega afferente la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12 è stato approvato in ultima lettura il 1º dicembre 2004 dalla Camera dei deputati;

che il 16 dicembre 2004 il Presidente della Repubblica, a norma dell’articolo 74 della Costituzione, ha inviato un messaggio alle Camere rilevando alcuni profili di palese incostituzionalità;

che l’atto da sottoporre alla valutazione delle Camere è pertanto ancora allo stato di disegno di legge delega e ne deve dunque seguire la relativa disciplina procedurale;

che a fronte di rilievi d’ordine costituzionale contenuti nel messaggio presidenziale le Camere, anche secondo la dominante dottrina, non possono eludere il dovere di riesaminare le norme censurate;

che il messaggio e i rilievi in esso contenuti costituiscono la causa ma non l’oggetto esclusivo del riesame e che, benché l’Assemblea possa limitare la discussione alle sole parti della legge che formano oggetto del messaggio, la votazione dovrà avvenire comunque singolarmente su ogni suo articolo e nel complesso dell’intero disegno di legge;

che nel rilevare i profili di incostituzionalità relativi alla menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura, il Presidente della Repubblica al punto 4 del suo messaggio scrive: «il sistema sopra delineato sottopone sostanzialmente il Consiglio superiore della magistratura a un regime di vincolo che ne riduce notevolmente i poteri definiti nel citato articolo 105 della Costituzione»;

che tale ultima considerazione in realtà deve essere considerata pervasiva dell’intero sistema normativo prefigurato dal disegno di legge, nel quale ogni sua parte rimane esposta al rilievo di incostituzionalità indicato dal punto 4 del messaggio presidenziale;

che il Presidente della Repubblica ha posto in rilievo gli aspetti nei quali la complessiva filosofia anticostituzionale della normativa si è espressa nel modo più dirompente;

che qualora si volesse circoscrivere l’intervento delle Camere soltanto ad alcune parti del disegno di legge non si eviterebbe la «instabilità sistematica» dell’intera riforma, che rischierebbe di essere ancor più suscettibile di valutazioni critiche sulla conformità ai princìpi indicati dalla nostra Carta Costituzionale.

Si chiede che il Senato disponga un riesame complessivo dell’intero disegno di legge delega presentato dal Governo.

 

QP3

DALLA CHIESA, MANZIONE, CAVALLARO, MAGISTRELLI

Preclusa

Il Senato,

premesso che:

in data 16 dicembre 2004 il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione per una nuova deliberazione, la legge di riforma dell’ordinamento giudiziario;

che nel messaggio di rinvio il Presidente della Repubblica ha formulato ampie e severe censure di legittimità costituzionale nei confronti di una serie di punti «qualificanti» della riforma;

che il numero rilevante di norme incise dai rilievi di costituzionalità del Capo dello Stato ed il loro carattere tutt’altro che marginale impongono un ripensamento politico sull’intero provvedimento;

che le innegabili connessioni sistematiche esistenti tra le varie parti di una disciplina come quella dell’ordinamento giudiziario rendono assolutamente incongrua la scelta di «resecare» solo alcuni aspetti - quelli oggetto dei rilievi di costituzionalità - per limitare ad essi la discussione in sede di nuova deliberazione, anziché procedere ad una nuova ed approfondita analisi dell’intera materia,

delibera:

di estendere la discussione a seguito del rinvio presidenziale della legge al complesso delle disposizioni della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario.

 

QP4

MANZIONE, DALLA CHIESA, CAVALLARO

Preclusa

Il Senato,

premesso che:

in data 16 dicembre 2004 il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione, per una nuova deliberazione, la legge di riforma dell’ordinamento giudiziario;

nel messaggio di rinvio alle Camere una severa censura finale è formulata sulla non conformità del modo di approvazione della legge alle prescrizioni dell’articolo 72 della Costituzione;

che, in particolare, tale disposizione costituzionale, come ricordato dal Presidente della Repubblica, impone l’approvazione dei testi legislativi «articolo per articolo e con votazione finale», mentre la legge di riforma dell’ordinamento giudiziario consta di due soli articoli, il secondo dei quali è composto di ben 49 commi;

che appare evidente la violazione del precetto costituzionale dell’articolo 72 della Costituzione operata in occasione dell’approvazione della legge in questione;

che non vale invocare, a giustificazione di tale prassi, alcuni precedenti della Corte costituzionale (in particolare la sentenza n.391 del 1995), i quali non appaiono pertinenti, in quanto aventi oggetto la diversa questione dell’articolo unico (ed omogeneo) di conversione di un decreto-legge sul quale era stata posta la questione di fiducia e non l’ipotesi di maxi articoli disomogenei quanto al loro contenuto;

che l’unico caso in cui la Corte ha sfiorato il problema è stata la sentenza n.398 del 1998 nella quale ha soltanto affermato che non spettava alle Regioni denunciare vizi come quelli della disomogeneità dei maxi articoli, frutto di maxi emendamenti;

che resta, pertanto, fondatamente sostenibile la contrarietà all’articolo 72 della Costituzione del modo di procedere adottato in occasione della legge sull’ordinamento giudiziario e, quindi, l’esigenza di riaprire integralmente il procedimento legislativo affinché tale vizio sia sanato;

che al di là dei rilievi sul procedimento di formazione della legge, va rilevato come molte delle censure del Capo dello Stato – quali ad esempio quelle sullo svuotamento delle attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura per ciò che concerne l’avanzamento in carriera dei magistrati – si ripercuotono su aspetti diversi (ad esempio la materia del potere disciplinare) ed impongono quindi una riconsiderazione complessiva delle disposizioni del provvedimento;

delibera:

di estendere la discussione a seguito del rinvio presidenziale della legge al complesso delle disposizioni della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario.

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

760a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDI' 10 MARZO 2005
(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente SALVI,
indi del vice presidente FISICHELLA

 

 

Discussione del disegno di legge:

(1296-B/bis) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis.

Ricordo che il disegno di legge, a norma dell’articolo 74 della Costituzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione.

Il relatore, senatore Luigi Bobbio, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, colleghi, c’è motivo di ritenere che siamo all’ultima verifica di questo testo da parte della nostra Assemblea. Esso giunge oggi in Aula dopo l’approvazione in Commissione di emendamenti conseguenti alla valutazione attenta e approfondita dei rilievi contenuti nel messaggio di rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica.

Vorrei dare ormai per acquisiti all’Aula il contenuto letterale e la portata costituzionale del messaggio del Presidente della Repubblica, per quello che concerne il testo dello stesso e i rilievi in esso contenuti, dal momento che ne abbiamo già discusso approfonditamente in sede di approvazione della deliberazione dell’Aula che ha poi ritrasmesso il provvedimento in Commissione per la presentazione degli emendamenti e la loro votazione.

Desidero solo segnalare all’attenzione dei colleghi due profili. Un profilo riguarda il grande rilievo istituzionale e anche politico di questo disegno di legge recante delega al Governo, trattandosi di un provvedimento che, mettendo dopo più di sessant’anni mano alla riforma dell’ordinamento giudiziario, rappresenta un momento riformatore molto importante, direi fondamentale, per il nostro Paese.

Non era e non è più sostenibile né accettabile avere in vigore un ordinamento giudiziario vecchio di più di sessant’anni, stravolto da numerosi interventi susseguitisi nel corso degli anni, che mai hanno contribuito ad innovarlo realmente, e spesso strumentalizzato. Un ordinamento giudiziario, peraltro, di enorme rilievo se solo si considera che la Carta costituzionale, all’articolo 105, richiama espressamente le norme dell’ordinamento giudiziario stesso, laddove dichiara che i poteri del CSM sono dallo stesso esercitati in conformità con la legge sull’ordinamento giudiziario.

Si tratta, quindi, di una normativa strettamente correlata alla Costituzione, di una normativa di fondamentale importanza, perché detta il modello di magistrato e regola la professionalità dei magistrati e la collocazione della funzione giudiziaria all’interno del nostro sistema ordinamentale.

La Commissione ha doverosamente ed approfonditamente valutato il messaggio del Presidente della Repubblica. Si sarebbe potuto scegliere, stante la lettera dell’articolo 74 della Costituzione, la strada di una conferma, pura e semplice, del testo originariamente approvato… (Brusìo in Aula). Signor Presidente, se si potesse avere un po’ di silenzio…

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il relatore sta illustrando una legge molto delicata per le ragioni che sappiamo. Prego quindi chi non ritiene di ascoltare di consentire almeno agli altri di farlo.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, la ringrazio.

Dicevo, si sarebbe potuta scegliere la strada di una conferma sostanziale e letterale del testo varato dal Parlamento, rinviandolo nuovamente al Presidente della Repubblica per la promulgazione. Si sarebbe potuta scegliere, altresì, la via alternativa del totale e acritico accoglimento del messaggio del Presidente della Repubblica.

Da parte della Commissione si è responsabilmente preferito scegliere una via di approfondita valutazione e di totale considerazione del messaggio presidenziale, varando delle modifiche che, a mio avviso, sono state in grado di conseguire un risultato che non esiterei a definire esemplare. Infatti, da un lato, le stesse hanno pienamente risposto allo spirito, alla ratio e al contenuto letterale del messaggio, facendosi carico dei rilievi esposti nello stesso; dall’altro, sono risultate tali da mantenere inalterate le linee portanti e le scelte di fondo, politiche ed istituzionali, dell’originario testo di riforma. Ciò che è importante ancora sottolineare è che la decisione e quindi la modifica… (Brusìo in Aula).

CALVI (DS-U). Signor Presidente, ho interesse ad ascoltare ciò che il relatore sta dicendo. Vorrei che insistesse nel richiedere ai colleghi di essere silenziosi oppure di uscire dall’Aula. Insisto: abbiamo interesse ad ascoltare ciò che dice il senatore Bobbio.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, lei ha ragione.

Colleghi, questa voce che viene dall’opposizione - ma anche se venisse dalla maggioranza sarebbe lo stesso - mi costringe, a maggior ragione, a ripetere che quella alla nostra attenzione è una delicata questione dell’ordinamento giudiziario, che riguarda profili di costituzionalità.

Il senatore Bobbio, molto scrupolosamente, sta spiegando le ragioni della Commissione. Pertanto, vi invito davvero a mantenere un basso tono di voce o, in caso contrario, ad uscire dall'Aula, anche perché si fa sempre in tempo a rientrare al momento del voto.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, ringrazio anche il senatore Calvi per le sue parole.

PRESIDENTE. Comunque, la votazione non avrà luogo prestissimo perché numerose sono le questioni pregiudiziali e sospensive che verranno avanzate.

BOBBIO Luigi, relatore. Le modifiche apportate dalla Commissione non devono far pensare - e lo dico senza distinzione tra componenti di maggioranza e di opposizione all'interno della Commissione, ma in relazione all'intera Aula del Senato e in generale al Parlamento - ad un legislatore disattento o peggio sciatto sul piano costituzionale, che abbia consapevolmente licenziato un testo, mi riferisco a quello originario, conoscendone le ragioni o i profili palesi di incostituzionalità.

Vorrei dare invece una lettura ben diversa di quanto è accaduto in Commissione con riferimento alle modifiche che ci si accinge ad esaminare in Aula. Il messaggio del Presidente della Repubblica, pur usando espressioni come "palese incostituzionalità", in realtà, ha posto all'attenzione del Parlamento alcune questioni di costituzionalità del testo.

Egli ha posto all'attenzione del Parlamento dei profili, delle letture del testo in rapporto al dettato costituzionale tali da porre degli obiettivi problemi, delle questioni di legittimità costituzionale, senza però dare una patente di incostituzionalità al testo che, all'indomani delle modifiche introdotte dalla Commissione, avrebbe potuto suonare come una sorta di ammissione di responsabilità da parte del Parlamento quanto all'aver varato delle leggi conoscendone o ammettendone l'incostituzionalità.

Mi piace pensare e sottolineare, in qualità di relatore, che le modifiche introdotte dalla Commissione sono state il frutto di una profonda elaborazione, di un'attenta discussione in relazione alle questioni prospettate dal Presidente della Repubblica, tanto da arrivare alle stesse modifiche non in una prospettiva di accettazione di un comportamento "colpevole" sul piano della costituzionalità, ma per predisporre un testo ancora più validamente in grado di reggere a quello che un domani potrà essere il vero vaglio di legittimità costituzionale previsto dal nostro ordinamento, ossia quello che eventualmente dovesse essere richiesto nelle sedi proprie alla Corte costituzionale.

Siamo dunque convinti di aver varato un testo migliore, ma che in ogni caso conferma le scelte di fondo operate con l'approvazione del disegno di legge originario che prevedeva quella modifica normativa.

Con riferimento al contenuto delle modifiche introdotte cercherò di essere molto breve. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non mi costringete a fare richiami nominativi, sempre sgradevoli. Ribadisco la precedente richiesta, se proprio si deve scambiare qualche opinione, di tenere basso il tono di voce.

BOBBIO Luigi, relatore. Le questioni, come ricorderanno i colleghi, attenevano innanzitutto alla previsione, presso il Ministero della giustizia, di una struttura di monitoraggio dei provvedimenti giudiziari.

La questione era stata sollevata dal Presidente della Repubblica in relazione al fatto che un simile organo istituzionalizzato e avente determinate finalità avrebbe potuto rappresentare un momento di attacco ai princìpi e alle garanzie di autonomia ed indipendenza dei singoli magistrati.

La Commissione, con l’accordo del Governo che ha presentato il relativo emendamento, ha ritenuto che il mantenimento della previsione in questione non rappresentasse, tout court, un momento di grande o di significativa importanza all’interno della complessiva trama normativa; si è quindi deliberato di procedere alla soppressione di questa norma all’interno della riforma dell’ordinamento giudiziario.

Altra successiva questione riguardava il profilo del ruolo del Ministro della giustizia in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario. Anche da questo punto di vista la Commissione, sempre sulla base di un emendamento del Governo, ha ritenuto di intervenire operando una modifica del testo tale da tranquillizzare pienamente e da fugare ogni seppur labile sospetto di illegittimità costituzionale della norma, così come originariamente varata, riconducendo pienamente il ruolo del Ministro della giustizia all’interno di poteri letteralmente allo stesso conferiti in tema di amministrazione della giustizia da parte della Carta costituzionale.

Come potete leggere, a pagina 82 dello stampato (considerata la sua articolazione, è preferibile utilizzare come riferimento per i colleghi le pagine dello stampato distribuito in Aula, piuttosto che ad articoli, commi, numeri e lettere), "Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascuno anno giudiziario, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno" - ed è questa la modifica proposta dalla Commissione - "nonché sugli interventi da adottare ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia" - quindi, prosegue il testo - "per l’anno in corso".

Come si vede, si tratta di una rielaborazione del testo che sgombra totalmente il campo dalle dedotte questioni problematiche di legittimità costituzionale, riconducendo la materia, come si suol dire, assolutamente a sistema.

Il terzo profilo di illegittimità costituzionale rilevato nel messaggio del Presidente della Repubblica riguardava, e riguarda, la tematica dell’attribuzione al Ministro della giustizia del potere di adire la giustizia amministrativa in caso di conferimento o di proroga di incarichi direttivi.

Nel messaggio del Capo dello Stato si era ritenuto che l’attribuzione espressa di questa possibilità al Ministro della giustizia confliggesse con la normativa costituzionale, in particolare in relazione all’articolo 134 che regola i conflitti di attribuzione.

Vorrei ricordare ai colleghi che la materia del conferimento e della proroga degli incarichi direttivi è regolata dalla normativa con l’istituto del concerto, prevedendosi che quello che potremmo definire il momento di contatto tra i due poteri, l’esecutivo, rappresentato dal Ministro della giustizia, e il giudiziario, attraverso l’organo di autogoverno rappresentato dal Consiglio superiore della magistratura dovesse esclusivamente risolversi nel concerto, ovverosia in quella fase nella quale il Consiglio superiore della magistratura, individuato il nome o i nomi cui conferire l’incarico direttivo o la proroga di tale incarico, lo o li sottoponga al Ministro, affinché la questione fornisca il suo concerto.

Si è ritenuto che conferire in questa materia al Ministro il potere anche di agire davanti agli organi di giustizia amministrativa avrebbe significato violare la materia del concerto (materia di rilievo costituzionale) e modificare, in maniera costituzionalmente inaccettabile, la materia che dovrebbe essere regolata soltanto dal conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato, che vede nella Corte costituzionale il giudice esclusivo.

In relazione a questa tematica, la modifica si è mossa nella direzione di chiarire, in maniera assoluta, i reali contorni del problema e in maniera netta, nitida, quale sia la sistematica che deve regolare la materia. Infatti, la lettera m), punto 1), comma 12, dell'articolo 2, dispone che: "(…) il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione e il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga al Ministro della giustizia per il concerto le nomine nell'ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n.195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall'articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi;".

Dico che la modifica di cui ho dato appena lettura risponde, anche in questo caso, pienamente al rilievo del Presidente della Repubblica, sgombrando il campo da ogni possibile, anche teorica, questione di illegittimità costituzionale, perché il nuovo testo varato dalla Commissione chiarisce e ribadisce che nella materia in questione la linea guida nella dialettica fra il Ministro e il Consiglio superiore della magistratura rimane quella del concerto, restando esaurito - come da sentenza della Corte costituzionale - il momento dialettico fra il Ministro e il Consiglio superiore della magistratura con la manifestazione del concerto da parte del Ministro della giustizia.

Ciò significa che il conflitto di attribuzioni resta lo strumento di fondo - e non poteva e non doveva essere diversamente - per regolamentare quei casi in cui l'uno o l'altro dei soggetti chiamati in causa abbia a dolersi del mancato rispetto delle regole e delle procedure che disciplinano il rapporto, o nel caso in cui, per esempio, si sia proceduto alla nomina senza richiedere il previo concerto da parte del Ministro ad opera del Consiglio superiore della magistratura, o nei casi nei quali si sia conferita la nomina o la proroga a soggetto diverso da quelli sottoposti per il concerto al Ministro, ma non nei casi nei quali il Ministro abbia fornito eventualmente il concerto.

Resta da chiarire che la modifica, avendo ribadito la centralità del conflitto di attribuzioni in questa materia, nel confermare al Ministro il potere di adire la giustizia amministrativa ha introdotto e limitato in maniera palese questa potestà, questa facoltà ai soli casi nei quali l'atto amministrativo - perché tale è e tale resta il provvedimento del Consiglio superiore della magistratura di conferimento dell'incarico o di proroga dello stesso - presenti vizi di legittimità.

Ciò si è fatto perché si è voluto legittimamente - a questo punto è bene ribadirlo e dichiararlo con forza - conferire e riconoscere al Ministro della giustizia il potere di intervenire nei confronti di quegli atti che fossero viziati di illegittimità, nel senso cioè di dare al Ministro il potere di manifestare in maniera concreta quello che è uno dei compiti conferitigli dalla Costituzione.

Non v’è dubbio, infatti, che ben potrebbe darsi il caso che il Consiglio superiore della magistratura abbia svolto la prescritta procedura per arrivare all’individuazione del magistrato cui conferire l’incarico direttivo, lo abbia sottoposto per il concerto al Ministro, abbia ottenuto il concerto stesso, e lo abbia quindi insediato; restandosi però in questa eventualità totalmente fuori del conflitto di attribuzioni perché, rispettata la procedura, potrebbe ben darsi altresì il caso che il Consiglio superiore della magistratura, per esempio, sia arrivato all’individuazione del nome del magistrato cui conferire l’incarico direttivo sulla base di una procedura amministrativa illegittima o addirittura adottando un atto viziato, per esempio, per violazione di legge o eccesso di potere.

Allora, in questo caso, lasciare (e qui viene la considerazione politica alla quale non ci possiamo sottrarre come Parlamento) esclusivamente nelle mani del controinteressato eventuale, ossia del magistrato o dei magistrati concorrenti con quello poi designato, la titolarità del potere di intervenire per rimuoverlo avverso l’atto amministrativo, quindi nei confronti della delibera del CSM, avrebbe significato lasciare nell’ordinamento una mina vagante, cioè lasciare pienamente vigente un provvedimento amministrativo viziato sol perché il controinteressato allo stesso potrebbe avere ricevuto, attraverso vie non trasparenti, adesempio diversa soddisfazione dal Consiglio superiore della magistratura.

Si tratta di un’ottica che tendiamo ad escludere in concreto, ma che in quanto legislatori non possiamo purtroppo escludere in via astratta, meramente ipotetica, cioè nell’ottica di un governo esclusivamente interno al Consiglio superiore della magistratura e ai magistrati interessati nella vicenda del conferimento di incarico direttivo in una materia che è invece di interesse generale dei cittadini.

Allora, riconoscere al Ministro il potere di adire la giustizia amministrativa nei confronti di un provvedimento, non in relazione all’assetto del rapporto fra Ministro e CSM, ma in relazione al vizio eventuale di illegittimità dell’atto stesso, significa, ad avviso mio e della Commissione, utilmente modificare il panorama normativo introducendo uno specifico potere del Ministro che non promana dal suo rapporto con il CSM, ma dalla necessità di predisporre un ulteriore strumento a tutela dell’interesse della collettività a che gli atti amministrativi abbiano una loro congruità in relazione alla legge.

L’ultimo profilo riguarda la tematica dei concorsi. È inutile che io stia qui adesso a riferire punto per punto i vari passaggi nei quali il testo è stato modificato, visto che si tratta di un argomento che ricorre in vari punti del disegno di legge.

Anche da questo punto di vista la Commissione ritiene di aver varato una serie di modifiche la cui sostanza muove nella direzione di aver riconosciuto la necessità, quando si verte in tema di concorsi all’interno dell’ordine giudiziario, di lasciare al Consiglio superiore della magistratura un momento finale forte di valutazione, che ne recuperi in maniera piena e integrale il potere, ai sensi dell’articolo 105 della Costituzione.

Ciò significa che, rispetto all’originario schema, legato alla forza in qualche modo cogente di questo meccanismo nei confronti del CSM e alla concatenazione necessaria dei passaggi (frequenza del corso di formazione da parte del candidato con esito favorevole e superamento dell’esame dinanzi alla commissione esterna al CSM, per poter poi consegnare a quest’ultimo un prodotto che pure nel testo originario avrebbe potuto essere valutato diversamente dal CSM medesimo, ma con modalità che lasciavano più di qualche dubbio circa la complessiva tenuta costituzionale del testo), si è scelto di introdurre passaggi che vedono esaltato il concetto di idoneità. Infatti, sia per quanto riguarda la frequenza del corso di formazione che il sostenimento dell’esame dinanzi alla commissione, si sostituisce al giudizio o all’esito positivo - e quindi ad ipotetiche graduatorie - il concetto di idoneità, restando quest’ultimo rimesso in via finale alla valutazione del CSM.

Ciò, a nostro avviso, restituisce pienamente e totalmente al Consiglio superiore della magistratura il suo ruolo, non scardina assolutamente, anzi conferma, l’impianto politico-istituzionale originario, perché mantiene l’essenza e il ruolo sia della Scuola di formazione sia della commissione esterna nel confezionamento dell’iter per la progressione in carriera, e lascia comunque in capo al CSM un preciso, forte potere-dovere di motivare in maniera congrua e legittima la propria deliberazione finale in ordine al provvedimento di progressione in carriera o di cambiamento delle funzioni del magistrato.

Si mantiene, quindi, fermo il caposaldo della ricorribilità, da parte degli interessati, del provvedimento finale, qualora lo stesso sia scarsamente motivato, o motivato in maniera tale da superare al di fuori delle possibilità previste i giudizi di idoneità maturati all’interno della Scuola di formazione, nonché nell’ambito dell’esame sostenuto dinanzi alla commissione di concorso.

ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare una questione pregiudiziale.

Come è stato più volte ricordato dal Presidente della Repubblica, la questione oggi al nostro esame riveste straordinaria delicatezza e importanza. Debbo anzitutto dire, in premessa, che l’alto e puntuale messaggio del Capo dello Stato meritava ben altra risposta. L’indicazione formulata dal Presidente della Repubblica, secondo cui all’interno nel testo della legge sussistevano motivi di palese incostituzionalità (l’espressione "palese incostituzionalità" è ripetuta per tre volte nel messaggio del Presidente della Repubblica!), meritava un’operazione di pulizia costituzionale ed istituzionale ben diversa e ben più penetrante.

Qui, al contrario, siamo di fronte ad una pulizia molto abborracciata, molto sommaria, molto approssimata. Si sono messi gli errori dentro i cassetti - purtroppo, ahimè, è un modo di procedere abbastanza solito - si sono nascoste le violazioni costituzionali sotto i tappeti, ma non si è affatto affrontata quella necessaria pulizia che il richiamo alto, preciso e puntuale del Presidente della Repubblica imponeva.

Allora, limito il mio intervento a due punti, dicendo da subito, in premessa, che rimangono assolutamente integre le censure di contrasto con la Corte costituzionale. Noi sappiamo che nel messaggio del Presidente della Repubblica si era sostanzialmente detto che bisognava riportare, come recita l’articolo 105 della nostra Carta costituzionale, al Consiglio superiore della magistratura quei poteri che, al contrario, il testo di legge delega, inammissibilmente e impropriamente, alla Scuola superiore della magistratura e delega, ancor più impropriamente, a delle commissioni esterne al Consiglio superiore stesso. Questa delega esterna è chiaramente in contrasto con il dettato costituzionale.

Era pertanto necessario riportare in capo al Consiglio superiore della magistratura ciò che gli era stato sottratto in base ad una valutazione assolutamente inaccettabile ed assolutamente incostituzionale.

Qual è stata dunque l’operazione di restyling, di lifting del testo? Altri lifting sono stati più efficaci in questa stagione politica che non quello operato su questo testo. Si è detto che il Consiglio superiore della magistratura dovrà tener conto del giudizio finale di idoneità formulato al termine dell’apposito corso, nonché del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso.

Con una ipocrisia legislativa degna di miglior causa si è detto che questi due giudizi di idoneità, quello della commissione di concorso e quello della Scuola superiore della magistratura, non sono ancora decisivi perché sono rimessi alla valutazione finale del Consiglio superiore della magistratura.

Non scherziamo con le parole, signori della maggioranza e signori del Governo. Non scherziamo con le parole! (Commenti dai banchi della maggioranza). Vi chiedo di spiegarmi come è possibile che, quando un magistrato sia duplicemente dichiarato inidoneo (non so quale sia la valutazione più sfavorevole sull’idoneità), dalla Scuola superiore della magistratura e dalla commissione di esame, sarebbe ancora possibile ripescarlo attraverso una valutazione che supera questa duplice inidoneità.

Voi capite bene l’ipocrisia di tutto questo. (Commenti dai banchi della maggioranza). Certo, perché non è possibile affermare che una decisione del Consiglio superiore della magistratura può superare un giudizio di inidoneità. Posso capire che il Consiglio superiore della magistratura faccia diventare primo quello che era terzo in un concorso, ma non posso capire - perché contrario a qualsiasi principio di retta valutazione - che chi è duplicemente dichiarato inidoneo possa essere recuperato attraverso una valutazione finale complessiva del Consiglio superiore della magistratura.

Pertanto, attraverso questo meccanismo, voi ingannate l’operazione di pulizia costituzionale a cui vi ha invitato il Presidente della Repubblica. Pensate di salvarvi l’anima attraverso un marchingegno che è a dir poco truffaldino. Vorrei poi vedere chi mai sarà dichiarato magistrato dopo un duplice giudizio di inidoneità.

Rimettete dunque a quegli organi esterni, Scuola superiore della magistratura e commissione di esame, ciò che il Presidente della Repubblica vi aveva giustamente invitato a rimettere in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura, come stabilisce l’articolo 105 della Costituzione.

Di pari gravità, poi, è la possibilità per il Ministro, che voi confermate, di poter impugnare le decisioni del Consiglio superiore della magistratura.

Il punto riveste particolare delicatezza, perché voi avete operato nel testo un distinguo, dicendo che non è possibile per il Ministro impugnare gli atti del CSM per contrasto di interessi; infatti, alla luce della giurisprudenza assolutamente costante della Corte costituzionale, la decisione sui conflitti tra poteri dello Stato e sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato spetta esclusivamente alla Corte costituzionale. Ma voi dite che il Ministro ha la possibilità di ricorrere all’autorità amministrativa se nell’iter del concorso si sono verificate delle illegittimità.

Debbo formulare una premessa: il Ministro della giustizia ha un ruolo super partes; è l’unico Ministro che non può partecipare alla lotta politica perché ha dei compiti di amministrazione dell’attività giudiziaria che è certamente al di fuori delle polemiche di parte. Questo Ministro, che dovrebbe rimanere fuori dalle contese di parte e che (mi dispiace non dirlo in sua presenza, ma lo leggerà nel Resoconto) invece ama moltissimo essere di parte, ama moltissimo entrare nell’arengo e nella lizza, come fa poi a pretendere di poter impugnare le decisioni del Consiglio superiore della magistratura, che l’articolo 105 della Costituzione dice esclusive in materia di assunzioni, assegnazioni, trasferimenti e promozioni? Ma perché mai ci tiene, il signor Ministro, a questo ruolo di parte? Perché mai vuole scendere nell’arengo delle parti quando la Costituzione gli attribuisce un ruolo ben più alto, di essere super partes nell’amministrazione e nella gestione della giustizia?

Credo sia frutto di un mal riposto prestigio istituzionale; credo che il signor Ministro si ritagli un ruolo che non è assolutamente…

PRESIDENTE. Senatore Zancan, il tempo a suo disposizione sta terminando.

ZANCAN (Verdi-Un). Sì, grazie, Presidente, sto concludendo. Credo che il Ministro si ritagli un ruolo non corrispondente all’alto prestigio che gli attribuisce la Costituzione.

Voglio terminare dicendo che una riforma attesa da quasi sessant’anni, al di là degli errori e dell’inefficienza che andrete a praticare con questa riforma, meritava almeno che non fosse in contrasto, che non ferisse la legge superiore del nostro Stato, la Costituzione repubblicana! (Applausi dai Gruppi Verdi-Un, DS-U e Mar-DL-U).

TURRONI (Verdi-Un). Ma dov’è il Ministro?

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare la questione pregiudiziale QP1a. Le questioni che stiamo sollevando non sono formali o pretestuose; sono questioni sostanziali che rinviano alla qualità ed al contenuto del messaggio che il Capo dello Stato ha fatto pervenire al Parlamento.

La legge relativa all’ordinamento giudiziario è stata rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica sulla base di quattro ordini di considerazioni. Non siamo qui a svolgere una convenzionale funzione di opposizione che contesta il modo in cui su tutti e quattro i punti è intervenuto di nuovo il Parlamento attraverso lo strumento della Commissione giustizia, perché a nostro avviso (almeno ad avviso di chi parla e del Gruppo della Margherita, come è emerso nella discussione in Commissione) due di quei quattro punti possono ritenersi ragionevolmente superati: quello relativo alle comunicazioni del Ministro al Parlamento, per cui con la nuova formulazione non si prefigura più la possibilità da parte del Governo di intervenire sulle priorità che singolarmente i pubblici ministeri della Repubblica dovranno perseguire, e quello relativo al monitoraggio che, nella forma con cui viene riportato all’attenzione di quest’Assemblea, non prefigura più, a sua volta, una possibilità, o meglio una volontà di interferenza da parte del Ministro sull’azione degli uffici giudiziari.

Sono però rimasti due punti sostanziali non superati, forse quelli che più rinviano direttamente alla nostra Costituzione, e soprattutto all’articolo 105, di cui do lettura, perché su questo vi è stato un confronto che si è pensato di superare con artifici terminologici: "Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati". Ossia, spettano al Consiglio superiore della magistratura e solo ad esso.

Il fatto che qui sia inserita la frase parentetica "secondo le norme dell’ordinamento giudiziario" non sta a significare che, modificando le norme dell’ordinamento giudiziario, si possa poi prevedere che al Consiglio superiore della magistratura spetteranno meno le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, o le promozioni e i provvedimenti disciplinari. Questo inciso sta ad indicare un quadro subordinato di riferimento, che non può incidere sull’assoluta autonomia del Consiglio superiore della magistratura nel governare le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari.

Ed è esattamente questa assunzione teorica, che è stata proposta in Commissione, che noi rigettiamo, nel senso che il modificare le norme dell’ordinamento giudiziario o il proporne delle nuove non autorizza alcuno a modificare il senso e la lettera della Costituzione. Nuove norme potranno solo indirizzare in modo differente, più acconcio ai tempi e ai problemi dell’ordinamento giudiziario, i princìpi costituzionali intangibili.

Noi stiamo toccando questi princìpi costituzionali, perché il Consiglio superiore della magistratura si troverà a svolgere una funzione, oserei dire, vassalla nei confronti di organi esterni, quali le commissioni concorsuali e la Scuola superiore della magistratura, che agiscono all’esterno del Consiglio superiore ed esprimeranno giudizi che riguardano magistrati.

È vero che il Consiglio superiore della magistratura poi valuterà quei giudizi, ma essi intanto saranno stati forniti, come ha ricordato poc’anzi il senatore Zancan, e di fronte ad essi il Consiglio superiore svolgerà, di fatto, una funzione dipendente e accessoria, ossia potrà intervenire in casi estremi, ma non potrà essere l’arbitro delle carriere o delle assunzioni, così come invece è prescritto che sia dalla nostra Costituzione. Il trasferimento di queste funzioni all’esterno di un organo a rilevanza costituzionale rappresenta un vulnus nei confronti della Costituzione, e vorrei sottolinearlo.

Non stiamo respingendo il lavoro compiuto dalla Commissione, nè affermando che tutti e quattro i punti rimangono esattamente come li ha rilevati nel suo messaggio il Capo dello Stato. A nostro avviso, è possibile sostenere che due di quei quattro punti oggi siano stati superati, ma due non lo sono stati e sono quelli che pesano di più, così come la possibilità da parte del Ministro di ricorrere nei confronti di decisioni del Consiglio superiore della magistratura che riguardino l’assegnazione a cariche o incarichi direttivi.

D’altra parte, la volontà di intervenire nell’indicazione dei responsabili degli incarichi e degli uffici direttivi l’abbiamo già vissuta in diretta attraverso quel passaggio, che ritengo un pessimo precedente per un libero Parlamento, che ha riguardato la proroga dei termini per l’esercizio delle funzioni di Procuratore nazionale antimafia.

Si è così dimostrata la volontà del Ministro di interferire sull’assegnazione degli incarichi direttivi, ossia la volontà del potere politico di controllare le responsabilità apicali nell’ordinamento giudiziario. E noi questo, in base allo spirito della Costituzione, non lo possiamo accettare.

Due grandi questioni restano irrisolte: il rapporto tra il potere politico e l’ordinamento giudiziario e la salvaguardia delle funzioni del CSM. Come veniva giustamente ricordato, bisognerebbe capire in quale misura quest’ultimo potrà liberamente valutare i giudizi già formulati dalle commissioni concorsuali o presso la Scuola superiore della magistratura. Potrà muovere un’eccezione, due eccezioni, esponendosi comunque a rischi di ricorsi.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci pare di svolgere responsabilmente la nostra funzione indicando come due punti cruciali del messaggio del Capo dello Stato si ripresentino intatti. Non credo affatto che il Presidente della Repubblica sarà tenuto a promulgare la legge nella forma in cui arriverà, perché è un’altra legge, non è più la stessa di prima, è cambiata e continua ad avere vizi di costituzionalità. Penso che il problema di un conflitto di attribuzioni, come è stato autorevolmente sottolineato da una robusta dottrina giuridica, si potrà riproporre.

Per queste ragioni, colleghi della maggioranza, vi invitiamo ad un’ulteriore fase di riflessione affinché il tormentato iter di questa legge, che si è voluto fosse tale, assuma una direzione più consona ai rilievi mossi dal Capo dello Stato. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e dai senatori Zancan e De Zulueta).

*CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei avanzare una questione pregiudiziale.

Muovo da una considerazione di ordine generale. Abbiamo criticato in modo molto severo il disegno di legge. Anche se potrà apparire assurdo, perché sono tre anni che lo esaminiamo, lamentavamo di non aver sufficientemente discusso questa legge.

In realtà, le osservazioni critiche riguardavano non tanto il fatto che noi, il senatore Bobbio, il presidente Caruso Antonino e i colleghi dell’opposizione, abbiamo discusso, anche con forte passione, quanto piuttosto il fatto che il disegno di legge ha subito variazioni continue nel suo impianto complessivo. Pertanto, ogni volta si doveva ricominciare da capo con nuove impostazioni, suggerite non dall’interesse di migliorare il provvedimento e quindi l’efficienza del sistema, ma delle contingenze processuali che spesso si verificavano nel nostro Paese. L’abbiamo riscritta quattro volte e questa è la quinta.

L’osservazione critica che abbiamo mosso con più forza, e il relatore ce ne potrà dare atto, è nell’erroneità del progetto. Critichiamo la legge perché secondo noi è profondamente errata.

Soprattutto vorrei sottolineare che noi abbiamo definito questa legge insufficiente, carente, errata e particolarmente debole, una legge che non affronta i grandi temi della riforma Grandi, che da tutt'altra ottica, ancorché certamente censurabile, aveva trovato una sistemazione complessiva del processo di elaborazione dottrinaria che dalla metà dell'Ottocento in poi aveva portato a rafforzare il sistema di autonomia ed indipendenza della magistratura.

Ebbene, noi riteniamo in primo luogo che la legge sia assolutamente insufficiente. Porto due esempi di carattere generale. In primo luogo la riforma delle circoscrizioni. Quale strumento è più proprio della riforma dell'ordinamento per affrontare la distribuzione geografica e razionale delle energie? Oggi i tribunali sono sparsi ovunque e mi sembra che a Torino siano addirittura 17 o 18 perché l'impianto sabaudo è rimasto identico, inalterato da allora.

Si può consentire, con le modifiche che ha vissuto questo Paese, che quello che valeva nel 1850 o nel 1860 e prima ancora agli inizi dell'Ottocento valga oggi? Questo era l'impegno che l'attuale maggioranza, il Governo e il Ministro avrebbero dovuto assumere. All'inizio lo avevano previsto, ma si sono subito chiamati fuori stralciando questo passaggio.

In secondo luogo, e qui affronto invece una questione molto circoscritta, voglio fare riferimento ad un problema che è stato sollevato ieri dal vice presidente del Consiglio superiore della magistratura. Non è mia intenzione certamente entrare nel merito di questi problemi, ma credo che sia un tema ordinamentale stabilire quando, dove, come e in che misura sia possibile la candidabilità di un magistrato. Si può presentare nel luogo in cui ha esercitato le sue funzioni? Dopo essere stato eletto può ritornare nel luogo in cui ha esercitato le sue funzioni?

Voglio subito chiarire al Ministro e ai colleghi che è nostra intenzione presentare disegni di legge specifici, come del resto abbiamo fatto nel corso della scorsa legislatura. Li ripresenteremo ora perché si tratta di temi essenziali. In realtà, questo disegno di legge, che avrebbe dovuto trattare questi temi, li ha completamente elusi. Di qui la nostra censura su una legge errata ed insufficiente, una legge carente e debole nei confronti di un sistema che invece va riformato profondamente. A chiederlo non siamo soltanto noi, non è l'opposizione. È la magistratura a chiedere di essere messa nelle condizioni di lavorare con più efficacia e capacità di rispondere alle esigenze del Paese e alle domande di giustizia che vengono dai cittadini.

Ecco perché la prima delle nostre osservazioni è di carattere generale. Voglio proporla di nuovo perché, pur avendola già posta nella precedente discussione d’Aula, ora avverto che si può con più forza reiterarla. Mi riferisco a quella che viene definita una "incostituzionalità di impianto" o di carattere globale e strutturale. Lo abbiamo già fatto quando si discusse in quest'Aula del provvedimento originario, prima che fosse inviato alle Camere il messaggio del Presidente della Repubblica.

Tale messaggio mi consente di ritornare con più forza su tale questione che pone molti problemi di ordine generale, di teoria generale del diritto. Mi rendo anche conto che sollevare un problema di incostituzionalità di impianto assume connotati che possono far debordare una questione così squisitamente giuridica in termini vagamente politici. Così non è. Mi accorgo però che quasi nessuno ascolta, tranne i senatori Bobbio e Iannuzzi e qualcuno di coloro che siedono ai banchi del Governo. C'è una profonda distrazione.

PRESIDENTE. Anche qualcun altro, senatore Calvi.

CALVI (DS-U). La ringrazio, signor Presidente, ma non avevo dubbi che lei fosse così attento alla questione.

PRESIDENTE. Non mi riferivo a me stesso, ma ad altri colleghi.

CALVI (DS-U). Questo tema, questo problema non è marginale, non riguarda la carriera del magistrato né come selezionarlo o farlo progredire in carriera. Questo è un tema che tutti noi parlamentari possiamo verificare quotidianamente, quando andiamo sul territorio: il problema della crisi della giustizia attiene soprattutto all’inefficacia del sistema giudiziario e l’ordinamento giudiziario è lo strumento attraverso cui questa inefficienza può essere corretta. Quindi, incostituzionalità di impianto o di carattere globale e strutturale in relazione, come ricordava il presidente Leopoldo Elia, a quesiti che investono l’intero modello costituzionale.

Soprattutto c’è il fatto che questo disegno di legge determina una perdita di poteri del Consiglio superiore della magistratura variamente distribuiti fra i vari soggetti. "Fino a che punto", si domandava appunto il professor Elia, "ciò consente di salvaguardare il disegno del Titolo IV?" Credo che il problema ci sia. È un problema che dobbiamo porci e che purtroppo maggioranza e Governo non si sono posti. È un tema che ha anche radici, per così dire, teorico-generali lontane nel tempo, se volete. Il primo, se non ricordo male, fu il professor Paladin, nella commissione Paladin del 1991, che fece emergere il problema del disegno costituzionale in conflitto complessivo con un disegno di legge.

Credo - il quesito è questo - che l’intero disegno di legge nel complesso, la sua filosofia complessiva, la filosofia di politica del diritto confligga con l’impianto costituzionale e, in particolare, con il Titolo IV. Se dovessi titolare questo mio intervento, lo titolerei come segue: "conflitto tra Titolo IV e disegno di legge".

Farò due rapidissimi esempi.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, devono essere davvero rapidissimi, perché il tempo a sua disposizione sta per scadere.

CALVI (DS-U). D’accordo, signor Presidente.

Il primo esempio riguarda la Scuola superiore della magistratura, che è stata sviata. Deve essere ricondotta al suo ruolo proprio di struttura formativa, escludendo ogni impropria funzione valutativa vincolante per il CSM, così come lo stesso Consiglio superiore della magistratura ci ha ricordato.

Il secondo esempio (e mi avvio a concludere, signor Presidente) riguarda il test di idoneità psico-attitudinale. Per essere molto breve, leggerò solo poche righe che hanno scritto e sottoscritto i più illustri esperti italiani in materia, i più illustri giuristi, grandi professori di procedura penale del nostro Paese. (Richiami del Presidente).

Ne leggerò poche righe, signor Presidente, con le quali concluderò il mio intervento. "Il disegno di legge sembra infatti proporre una forma di valutazione predittiva psicologico-psichiatrica del futuro magistrato, nella presupposizione di una capacità "scientifica" e tecnica di discriminare, attraverso test e colloqui, la specifica "idoneità psico-attitudinale" degli aspiranti magistrati, addirittura "in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione".

È doveroso chiarire che nessun tecnico, anche soltanto minimamente competente in materia, saprebbe in coscienza avallare una simile supposizione o presunzione; e questo non per un’attuale insufficienza dei nostri strumenti di indagine, ma in ragione di più cogenti criteri metodologici, che impediscono la costruzione di griglie riduttive attendibili, atte a testare funzioni così complesse, che coinvolgono ideali, motivazioni, passioni, interessi, come se si trattasse di mere capacità oggettivamente standardizzabili". (Applausi dal Gruppo DS-U. Congratulazioni).

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, intervengo per presentare una questione pregiudiziale.

I colleghi mi daranno atto che sono quasi quattro anni che ci occupiamo periodicamente di questa riforma dell’ordinamento giudiziario e devo registrare con amarezza ancora oggi, malgrado il fatto che questa lettura consegua ad un rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione, la presenza, l’immanenza all’interno del disegno di legge di grave, a mio parere, vulnus di carattere costituzionale.

Vorrei chiarire, anche per cercare di dare più chiarezza al mio pensiero, un punto fondamentale. Non è vero che questo disegno di legge ha superato un esame di costituzionalità, nel senso che il Presidente della Repubblica ha competenze e ruolo istituzionali ben diversi rispetto a quelli che competono alla Corte costituzionale. Quindi, il fatto che gli appunti contenuti nel messaggio riguardassero quattro aspetti del disegno di legge non vuol dire che gli altri siano tutti in regola con la Carta costituzionale. Questo è di una chiarezza solare, ma lo voglio precisare per cercare di chiarire maggiormente il mio ragionamento.

Lasciamo perdere come stati affrontati e risolti i quattro punti, non è questo l'oggetto del mio intervento. Vediamo invece se permangono altri aspetti di sofferenza costituzionale all'interno del disegno di legge. La mia risposta è sì, innanzitutto per le osservazioni che ha fatto da ultimo il collega Calvi per via di questa sorta di incostituzionalità di impianto, di incostituzionalità diffusa che si annida in tutta una serie di norme del disegno di legge in questione.

Dovendo, però, scegliere un aspetto che, a mio parere, va ritenuto davvero di difficile compatibilità costituzionale, desidererei soffermarmi sul ruolo del Ministro della giustizia in seno al procedimento disciplinare e sulla vexata quaestio della separazione delle carriere o distinzioni delle funzioni.

Prima, però, di parlare di questo, signor Presidente (l'ho detto già ai colleghi in commissione, che lo ricorderanno), intendo evidenziare che questa maggioranza si è annunciata agli elettori, penso in perfetta buona fede, come una maggioranza fortemente innovativa e riformatrice. Tralascio gli altri settori dei quali notoriamente non mi occupo, limito la mia osservazione a quello della giustizia.

Bene, la caratteristica fondamentale dei pochi provvedimenti, a parte quelli di carattere personalistico, le cosiddette leggi fotografia, che hanno visto la maggioranza impegnata su questo fronte hanno tutti una caratteristica comune: sanno di vecchio, c'è un grande tanfo di vecchio in Commissione giustizia. È inutile portare per l'ennesima volta l'esempio della legge Cirami: ripristinare cioè un istituto che nel 1939 il Ministro della giustizia fascista riteneva pericoloso e tale da essere adoperato con grande cautela.

Dopodiché, all'interno di questo disegno di legge - ecco perché, anche per questa ragione non può che esserci una incostituzionalità diffusa - si ripristinano due meccanismi per i quali mi chiedo dove stia l'innovazione, la forza riformatrice. In primo luogo, si gerarchizza, in maniera rigidissima, l'ufficio del pubblico ministero, cosa che aveva un senso quando il pubblico ministero, nella fase prerepubblicana, dipendeva dal Ministro della giustizia, ma oggi, a Costituzione vigente, la gerarchia evidentemente non è che sia propriamente in sintonia con la riconosciuta autonomia e indipendenza, giusta o sbagliata che sia, del pubblico ministero. Inoltre, si ripristina il meccanismo dei concorsi, che fu abrogato dal Parlamento italiano a larghissima maggioranza alcuni decenni fa sul presupposto che si trattava - cito testualmente - di un meccanismo dannoso e controproducente.

Ebbene, voi fate (starei per dire gli archeologi, ma così nobiliterei la vostra attività) i rigattieri: prendete quanto di più vecchio, obsoleto e superato c'è stato nella storia dell'ordinamento italiano e ce lo riproponete arricchito da una supposta forma riformatrice. Questa è la ragione di fondo per cui complessivamente il disegno di legge al nostro esame non può che urtare, anche pesantemente sotto alcuni profili la Carta costituzionale.

Ad esempio, nella precedente legislatura tutti noi, me compreso, riteniamo di aver avuto sicuramente un merito; qualcuno può pensare di averne avuti anche altri, ma uno ci accomuna tutti, maggioranza e opposizione: il varo del nuovo articolo 111 della Costituzione, che sancisce tra l'altro - è una norma di grande civiltà, di grande avanzamento civile - l'assoluta parità tra le parti all'interno del processo.

Ebbene, un magistrato che ha a suo carico un procedimento disciplinare si troverà ora ad avere due pubblici ministeri. E' incredibile ma vero, prego i colleghi di controllare queste norme. Infatti, in caso di archiviazione, il Ministro può porre in essere una sorta di contraddittorio davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nel quale intanto interviene il pubblico ministero istituzionalmente previsto, che è il procuratore generale della Corte di cassazione o un magistrato da lui delegato, ed interviene anche un rappresentante del Ministro della giustizia, quindi avremo l'unico caso nella storia giudiziale italiana - mi auguro il primo e l'ultimo - in cui ci sarà un incolpato che si troverà a dover contrastare due pubblici ministeri.

Vi rendete conto della grossolanità di una previsione di questo genere? Potrà mai la Corte costituzionale ritenere una previsione del genere conforme al dettato costituzionale, ed in particolare alla previsione di cui all'articolo 111 della Costituzione? Io penso che quest’aspetto del disegno di legge sarà riscritto dalla Corte costituzionale.

Cercando di procedere per sintesi, vengo all’altra questione, quella che, ripeto, ho definito la vexata quaestio della separazione delle carriere.

Sappiamo tutti di cosa si tratta, è inutile che io mi soffermi se non sull’aspetto surrettizio dell’intervento che questo disegno di legge prevede. Fermo restando che di separazione delle carriere, a Costituzione immutata, non si può parlare, surrettiziamente si è costruito un meccanismo di distinzione delle funzioni talmente rigido che di fatto determina proprio la separazione tra le carriere.

Intendo dire che un aspirante magistrato sin dalla domanda di partecipazione al concorso per l’accesso alla carriera dovrà indicare la funzione preferita, cioè se vuole andare a fare il pubblico ministero dirà: requirente; se vuole andare a fare il giudice dirà: giudicante.

Ma questa opzione, per i vincitori del concorso (per chi il concorso l’ha perso non si pongono problemi), potrà essere accolta, ovviamente, in base al limite dei posti disponibili. Allora perché dico che quest’intervento surrettizio (perché in pratica determina la separazione delle carriere) è incostituzionale? Proprio muovendomi nell’ottica di colui il quale decida di fare quel mestiere, anziché un altro, perché vuole fare il pubblico ministero oppure il giudice, e lo indica nella domanda di partecipazione al concorso; ma, anche qualora lo vincesse, se non ci sono posti disponibili, a tre anni dall’inizio della carriera non potrà mai più cambiare funzione.

E poiché vi è un orientamento, presso i giovani magistrati, a spostarsi verso la funzione giudicante, perché quella del pubblico ministero, a seguito anche della fortissima gerarchizzazione dell’ufficio del pubblico ministero che proprio questo disegno di legge prevede, interessa molto meno, accadrà che moltissimi che hanno scelto di fare i magistrati per giudicare si ritroveranno per tutta la quarantennale carriera a fare un altro mestiere, quello del pubblico ministero, sempre il pubblico ministero, comunque il pubblico ministero.

Esiste un principio di rango costituzionale che la Corte costituzionale non si stanca mai di ricordarci e del quale bisogna tenere conto, cioè il principio di ragionevolezza, e allora mi pongo una domanda: quanta ragionevolezza c’è in questa costruzione normativa? Io francamente la trovo, se non inesistente, prossima allo zero.

E poi, l’articolo 97 della Costituzione, sul principio del buon andamento della pubblica amministrazione, come viene rispettato nell’ipotesi che ho testé citato di chi fa un concorso e lo vince per fare un mestiere e poi, per un meccanismo interno, si ritrova invece per tutta la vita lavorativa a dover fare un altro mestiere? Senza parlare poi del combinato disposto degli articoli 104 e 106 della Costituzione.

Signor Presidente, non voglio approfittare della sua nota cortesia in termini di concessione di tempo, mi avvio rapidamente… (Il microfono si disattiva automaticamente. Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. Il tempo è esaurito, senatore Ayala, quindi non ha potuto usufruire della mia cortesia, che peraltro non ha spazio in questa materia.

AYALA (DS-U). Mi riservo per il futuro.

PRESIDENTE. La prossima volta senz’altro.

MARITATI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per illustrare una questione sospensiva.

Anche grazie al suo intervento, signor Presidente, è stato possibile, nonostante il brusìo e il disordine dell’Aula, ascoltare il relatore e io ritengo che sia stato quanto mai utile. Egli infatti ha affermato nella sua relazione che il Presidente della Repubblica, al di là delle espressioni usate, cioè "palese violazione", "contrasto con la Costituzione", avrebbe voluto solo dare delle indicazioni.

Io ritengo singolare questa lettura del messaggio del Presidente della Repubblica da parte del relatore, in quanto le espressioni chiare utilizzate dal Presidente della Repubblica sono state suffragate da un’esauriente motivazione e da richiami espliciti - come vedremo - a decisioni già assunte dalla Corte costituzionale in merito.

Ma il senatore Bobbio continua e afferma candidamente: abbiamo perciò varato un testo migliorativo, ma confermativo delle decisioni in precedenza assunte dalla maggioranza. Questa è una evidente - starei per dire politicamente arrogante - dichiarazione della maggioranza di non voler deflettere dalle decisioni che il Presidente della Repubblica ha già censurato, in quanto proprio in violazione di precise disposizioni e princìpi costituzionali.

Dice ancora il relatore: abbiamo mantenuto e rispettato i casi in cui si deve riconoscere il conflitto di attribuzioni. Io non penso che sarebbe stato possibile fare diversamente. Aggiunge, però: noi riteniamo di riconoscere e conservare al Ministro il potere di adire la giustizia amministrativa, limitandolo tuttavia ai soli casi in cui l’atto amministrativo - perché tale è la decisione del Consiglio superiore della magistratura - presenti vizi di legittimità.

Bene, io ritengo che questa sia un’affermazione giuridicamente ovvia in linea di principio, ma errata perché contraria ai princìpi della Costituzione nel caso di specie. Infatti, conferire al Ministro il potere di intervenire nei confronti degli atti del CSM in una materia in cui la Costituzione ha limitato la competenza esclusiva del Consiglio superiore significa, in sostanza, violare i princìpi e i valori di indipendenza e di autonomia protetti dalla Costituzione, per le ragioni che sono state più volte evidenziate dal Presidente della Repubblica nel messaggio citato.

Il messaggio, signor Presidente, colleghi (il messaggio del Presidente della Repubblica, non una lettera di indicazioni o di consigli), è quanto mai chiaro, al punto di non consentire ulteriori digressioni, né furberie pseudogiuridiche.

Nel messaggio leggiamo che l’altra questione è quella del Ministro, a cui viene riconosciuta la facoltà di impugnativa. Il Ministro non è legittimato, invece, a ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le decisioni del CSM, perché questa previsione contrasta pienamente con l’articolo 134 della Costituzione, che sostanzialmente limita la possibilità del conflitto di attribuzioni tra Consiglio superiore della magistratura e Ministro relativo alle procedure per il conferimento o la proroga degli incarichi.

Sul punto la Corte costituzionale, come lo stesso collega Bobbio ha riconosciuto, è stata quanto mai chiara: ha ribadito in molte decisioni che il Ministro non ha un potere generale di sindacato intrinseco, né tanto meno di riesame, sul contenuto degli apprezzamenti e delle scelte discrezionali del Consiglio superiore.

Quindi, una volta che il confronto tra CSM e Ministro sia avvenuto a seguito di un esame effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto, il Ministro non può assolutamente assumere altre iniziative, ma deve dare corso al procedimento, non essendo investito di particolari poteri di rinvio e di riesame, ricadendo su di lui il dovere di adottare l’atto di propria competenza. Dunque, c’è una violazione patente dell’articolo 105, come è detto nel messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere.

Ora, oltre che per ammissione diretta dello stesso relatore, da un esame sia pure succinto per motivi di tempo della proposta emendativa formulata dal Governo e dalla maggioranza sul punto in questione, noi siamo in grado di dimostrare che ciò è palesemente in violazione dell’articolo 105 della Costituzione.

In base agli articoli 10 e 11 della legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura (la n. 195 del 1958), il Ministro, in sostanza, dispone di tre facoltà: esprime il concerto sul conferimento degli uffici direttivi; formula richieste sulle assunzioni, assegnazioni, trasferimenti e promozioni; formula osservazioni sui provvedimenti relativi alla magistratura onoraria e sulle designazioni alla Cassazione per meriti insigni.

La proroga nell’esercizio delle funzioni direttive, vista la dizione di cui all’articolo 10 ("ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati") rientra, quindi, nelle ipotesi di cui al n. 2, vale a dire tra i provvedimenti per cui il Ministro può avanzare delle richieste.

Ora, l'emendamento - che noi riteniamo sia in violazione della Costituzione - prevede che si debba sollevare il conflitto di attribuzioni "in relazione a quanto previsto dall’articolo 11". Siccome questo articolo contempla tutte e tre le ipotesi sopra menzionate, è verosimile che qui si intenda riferire ai casi di concerto, nei quali il Consiglio superiore della magistratura disattenda la volontà del Ministro. Pertanto, io ritengo che sarebbe più utile e necessario precisare che il richiamo è soltanto al comma 3 dell’articolo 11.

Siccome così non è, perché il testo non è in questa direzione, la norma viene così a configurare un potere di contrasto ai provvedimenti del Consiglio superiore in un ambito nel quale il Ministro non ha - ripeto - alcuna legittimazione, trattandosi di sue semplici osservazioni e richieste, non afferenti la potestà di cui egli è titolare ai sensi dell’articolo 110. In questo articolo sono indicati tassativamente i poteri del Ministro.

Il ricorso al TAR, infatti, presuppone un vizio del provvedimento impugnato che, o viene ipotizzato in quanto il Consiglio superiore non ha tenuto conto della richiesta o delle osservazioni del Ministro (ma allora queste dovrebbero equivalere ad un parere vincolante, in chiaro contrasto con le competenze del Consiglio superiore), oppure non può essere rilevato in alcun modo, atteso che l’eventuale violazione dei criteri di comportamento che il Consiglio superiore si è dato per l’adozione dei suoi provvedimenti potrà ledere al più l’interesse del magistrato e non quello del Ministro. In altre parole, il ricorso al TAR o si presenta invasivo, o è del tutto inutile.

Per giunta, se mai si volesse ipotizzare un ricorso ammissibile, ne potrebbe conseguire, a termini di legge, una sospensiva del provvedimento del Consiglio superiore, e con ciò il Ministro eserciterebbe una illegittima interferenza in una materia di competenza del Consiglio superiore, senza che ciò sia giustificato, ripeto, in forza dell’articolo 110 della Costituzione.

Pertanto, è anche sotto questo aspetto, signor Presidente, che la norma mantiene tutti i profili di incostituzionalità e noi ci rivolgiamo all’Assemblea perché la nostra proposta sia accolta e condivisa. (Applausi del senatore Marino).

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, intendo porre, ai sensi dell’articolo 93 del Regolamento, una questione di natura sospensiva, anche se il Regolamento, per la verità, associa le questioni pregiudiziali e sospensive in un’unica fattispecie procedurale, anche se occorre, per correttezza, dire che si tratta di questioni sostanzialmente analoghe, in quanto è difficile individuare una differenza sostanziale tra la richiesta di non discutere un argomento e la richiesta di sospenderne o rinviarne la discussione.

Credo che si tratti, tuttavia, non soltanto di una differenziazione lessicale, nel senso che la mia richiesta di sospensiva, in specie di rinviare la discussione, ovviamente rinviandola nel tempo, non è soltanto formale, ma anch’essa motivata da una serie di ragioni sostanziali che cercherò molto brevemente di riassumere, alcune di carattere generale e sistematico, altre più puntuali, in particolare con riferimento alla questione della impugnabilità da parte del Ministro dei provvedimenti relativi alla magistratura e al rapporto tra poteri, diritti e interessi del Ministro in questa materia e prerogative del Consiglio superiore della magistratura.

Come è stato da molte parti affermato, secondo me giustamente, e come del resto fa intendere in maniera assai garbata e istituzionalmente corretta il messaggio del Capo dello Stato, la verità è che noi abbiamo mancato - dico noi in quanto attori dell’attività parlamentare, sebbene, ovviamente, come opposizione possiamo dire di non avere la responsabilità di aver promosso questo disegno di legge - un’occasione storica.

Dovendo applicare gli articoli 101 e 102 della nostra Costituzione, come è noto non applicati dal legislatore post costituzionale, certamente abbiamo fatto un lavoro che, al di là degli aspetti di più specifica incostituzionalità, mi permetto di definire, senza offesa, gravemente mediocre, nel senso che abbiamo delineato una magistratura arretrata (l’ho detto più volte), una magistratura tendenzialmente burocratica.

Non abbiamo colto in nessun modo l’esigenza di dare una risposta a quella che è, in molti Paesi, la problematica della cosiddetta democrazia giudiziaria, cioè dell’obiettivo irrompere sulla scena dei soggetti istituzionali della funzione giurisdizionale che, come è noto, è una importante funzione nelle grandi democrazie e deve essere regolata in maniera alta, in un’ottica di prospettiva, in un’ottica strategica.

Abbiamo invece fatto l’esatto contrario, cioè si può dire che, pur essendo un legislatore post costituzionale, abbiamo fatto una parafrasi negativa dell’ordinamento giudiziario degli anni precostituzionali. Questo, quindi, è un punto di merito che - si potrebbe dire - non attiene alla Costituzione. Secondo me, invece, riguarda pienamente la Costituzione, perché concerne il sistema complessivo della Costituzione. È vero che il legislatore, anche costituzionale, in materia di giustizia non è stato brillante. Basti solo dire che ci vantiamo di aver introdotto l’articolo 111 della Costituzione, la cosiddetta disciplina del giusto processo, come se fosse ammissibile che un processo in un regime democratico sia ingiusto.

A parte il paradosso lessicale, resta il fatto che comunque abbiamo mancato una grande occasione; l’abbiamo mancata per inclusione e anche omissione, perché è stato già ricordato, e su questo non mi dilungo, che tutti i nodi, anch’essi fondamentali, dell’organizzazione reale della magistratura di un grande Paese (dalla magistratura onoraria, ai rapporti con le articolazioni territoriali e le circoscrizioni), sono stati trascurati perché era difficile districarvisi.

Pertanto, abbiamo depotenziato gli effetti, la portata e l’interesse di questo stesso disegno di legge per estremizzare persino un nodo che, secondo me, in alcuni casi è stato enfatizzato, ma che comunque resta ancora da sciogliere all’interno delle dinamiche dell’ordinamento giudiziario: il principio di separazione o meno fra carriere, o meglio di separazione radicale fra chi è portatore dell’accusa e chi è portatore della giurisdizione non è risolto, se non in termini che definire ipocriti è poco.

Quello che è più grave è che, una volta intervenuto il messaggio del Capo dello Stato, che fra l’altro ha solo individuato con puntualità alcuni - neanche tutti e neanche gli essenziali - vizi di incostituzionalità del provvedimento, almeno su un punto - mi permetto di ritenere - abbiamo fatto esattamente il contrario di quanto, in maniera letterale, si evince dal testo del messaggio del Presidente.

Quest’ultimo fra l’altro, sul punto specifico, non si limita a dire qual è la sua opinione costituzionale, ma riferisce con molta puntualità e precisione delle pronunzie della Corte costituzionale, le quali hanno già focalizzato - e non potrebbe essere diversamente - il rapporto fra Ministro e Consiglio superiore della magistratura in materia di assegnazione degli incarichi direttivi. Dal che addirittura mi sembra una furbata o un paradosso, direi al peggio, quello che abbiamo introdotto come ipotetico correttivo e ipotetica accettazione della opinione costituzionale del Presidente della Repubblica.

Mi spiego brevemente: il Presidente della Repubblica, in base ad un’interpretazione già resa dalla Corte costituzionale, e in base al fatto che il cosiddetto concerto non è esso stesso un valore costituzionale, ma segna solo - come dice la Corte - un limite di metodo nei rapporti fra Ministro e Consiglio superiore della magistratura, restando in capo a quest’ultimo tutti i poteri sostanziali di organizzazione in questa materia, ha già più volte detto, addirittura nei conflitti di attribuzione già sollevati, che il Ministro non può intervenire in questa materia.

Tutto questo va letto, fra l’altro, alla luce di un altro articolo della Costituzione, l’articolo 113, che stabilisce con chiarezza che, per poter ricorrere al giudice amministrativo, occorre essere portatori o di diritti o di interessi legittimi.

In questo caso è palese che, per l’interpretazione già data dalla Corte costituzionale, il Ministro non è portatore di alcun interesse legittimo, e ciò è comprensibile, perché il procedimento individua un organo che emana un provvedimento e gli eventuali controinteressati. Peraltro, non c’è nulla di male, caro senatore Bobbio, che siano soltanto i controinteressati, eventualmente, a dolersi di quello che accade, perché non c’è un interesse del Ministro, se non quello che vi sia un regolare procedimento di nomina.

Questa garanzia è data dal meccanismo complessivo costituzionale che è stato posto in essere dalla legge, quindi semmai la legge ordinaria deve comunque tutelare e rispettare il potere del Consiglio superiore della magistratura. Questo è quanto. E il Ministro, sotto questo aspetto (non lo dico io e non lo dice neanche il Capo dello Stato, ma lo dice già la Corte costituzionale), è un quivis de populo in riferimento all’interesse alle nomine dei magistrati, persino quelle dove deve esprimere il concerto.

Detto questo e comprensibilmente (perché vi deve essere radicale separatezza tra l’Esecutivo e la magistratura essendo odioso, addirittura, il pensare che l’Esecutivo voglia ingerirsi - come ahimè invece vuol fare! - nelle nomine concrete dei singoli uffici di magistratura, dal momento che non è questo il suo potere, il suo interesse e il suo diritto), resta dunque il fatto che la dizione che ci viene proposta è l’esatto contrario.

Infatti, addirittura aggiunge (e paradossalmente manca proprio un "non") in merito al conflitto di attribuzione, che è appunto l’unico rimedio, del resto già praticato e già iscritto nel nostro ordinamento, e che è lo strumento per far valere gli eventuali vizi di merito: quindi non attraverso il ricorso al TAR, ma attraverso il conflitto di attribuzione, qualora siano violate le norme da parte dell’organo che ha il potere di farlo, al di fuori di questo caso non esiste alcun’altra possibilità.

In conclusione, questo elemento particolarmente invasivo e forte, e soprattutto questa contraddizione persino letterale con le finalità della norma, dei pronunciamenti del Presidente nel messaggio e di quelli della Corte costituzionale, rende a mio parere assolutamente necessaria una fase di ripensamento ed una sospensione della discussione e votazione del provvedimento in titolo. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e del senatore Zancan).

PRESIDENTE. Ricordo che ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, sulle questioni pregiudiziale e sospensiva può prendere la parola un rappresentante per ogni Gruppo parlamentare per non più di dieci minuti.

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, ho l’impressione che a volte in quest’Aula si svolga un dialogo fra sordi. Il fatto stesso che non ci sia nessun collega della maggioranza che chieda di parlare dopo l’illustrazione di una serie nutrita di questioni pregiudiziali di costituzionalità e sospensive, testimonia come molto spesso il lavoro che svolgiamo in quest’Aula risulti sterile.

Ho sempre accusato questo Governo, specialmente con riferimento a problematiche come quelle complesse, difficili ed articolate relative alla giustizia, di avere una condotta extraparlamentare, nel senso di decidere l’impostazione dei problemi fuori delle Aule del Parlamento e di bloccare poi ogni forma di dibattito, discussione e confronto, proprio perché la logica delle decisioni che vengono assunte è più politica che concreta e di merito.

Tuttavia, se questa valutazione generale andava bene prima dell’approvazione del disegno di legge di delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, dopo il rinvio da parte del Presidente della Repubblica è evidente che tale atteggiamento preconcetto debba essere superato. Quel che però siamo costretti a riscontrare ancora quest’oggi in Aula ci testimonia che così non è.

È evidente allora che l’intervento che svolgerò sarà a supporto delle questioni sollevate dai colleghi, per illustrare le motivazioni che indurranno il Gruppo parlamentare della Margherita ad esprimersi favorevolmente rispetto alle proposte illustrate.

Voglio fare una serie di osservazioni, evitando di ripetere le considerazioni già sviluppate dai colleghi, sperando così che, introducendo qualche tema nuovo, si riesca a scalfire questa acritica ed imperturbabile certezza che la maggioranza pone in essere anche rispetto a provvedimenti così complessi, difficili e fondamentali come quello di cui stiamo discutendo.

Il Presidente della Repubblica ha esercitato le prerogative previste dall’articolo 74 della nostra Costituzione, che prevede espressamente che egli, prima di promulgare la legge, possa chiedere una nuova deliberazione con messaggio motivato alle Camere. Nell’illustrazione delle questioni pregiudiziali, i colleghi hanno dimostrato come sostanzialmente non ci sia stato alcun tipo di recepimento, da parte della maggioranza e del Governo, delle osservazioni che il Presidente della Repubblica aveva formulato. Ma rispetto a questa consapevolezza, che è assoluta, quale scenario potrebbe ancora verificarsi? Secondo alcuni, essendo stato modificato il testo, sarebbe ancora possibile l’esercizio del potere ex articolo 74, cioè un nuovo rinvio alle Camere.

È vero, infatti, che il Presidente della Repubblica è obbligato a promulgare la legge quando il messaggio non venga recepito e ci sia un'identica approvazione del testo uscito precedentemente dalle Camere, che in questo caso disattendono completamente il messaggio. Lo stabilisce proprio il secondo comma dell’articolo 74, che recita: "Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata".

È anche vero però che, secondo un’accreditata giurisprudenza costituzionale e secondo una parte autorevole della dottrina, qualora ci sia stato un tentativo di recepimento e siano state introdotte modifiche concrete al testo approvato nuovamente dalle Assemblee, sarebbe originariamente intatto, rispetto alle parti modificate, il potere del Presidente della Repubblica di operare un nuovo rinvio del provvedimento alle Camere.

Sottopongo ai colleghi, in particolar modo a quelli della Lega, questa perplessità, che deve riguardare non solo maggioranza e Governo, ma le istituzioni, perché parliamo di una materia indisponibile, di rango istituzionale, che dovrebbe indurre l’intero Parlamento ad adottare scelte condivise e condivisibili.

E’ facile sostenere che in sede di prima lettura, sia alla Camera sia al Senato, ci sia stato un atteggiamento preconcetto da parte dell’opposizione, che aveva tentato di fare interdizione rispetto alle proposte che il Governo e la maggioranza avevano articolato con il provvedimento che stiamo discutendo.

Ma questo assunto, che è stato più volte speso in Aula, collide con il messaggio che il Presidente della Repubblica ha inviato alle Camere, che lascia intendere non come siano recepibili le osservazioni dell’opposizione (perché sono diversificate, variegate, addirittura ultronee a quelle del capo dello Stato) ma che occorre un minimo di ragionevolezza e di consapevolezza in più.

Ho l’impressione purtroppo che questa istanza, che dovrebbe appartenere a tutti, a maggior ragione ai parlamentari, non sia stata presa in considerazione. Dico questo perché, proprio nella mia ansia di immaginare scenari diversi, non già preventivamente illustrati dai colleghi, voglio soffermarmi sul quinto punto che il Presidente della Repubblica ha trattato nel momento in cui ha inviato il messaggio alle Camere.

Infatti, la chiosa contenuta nel messaggio del Presidente della Repubblica testualmente recita: "Con l'occasione ritengo opportuno rilevare quanto l'analisi del testo sia resa difficile dal fatto che le disposizioni in esso contenute sono condensate in due soli articoli, il secondo dei quali consta di 49 commi ed occupa 38 delle 40 pagine di cui si compone il messaggio legislativo".

Il Presidente della Repubblica afferma poi che "Non appare coerente con la ratio delle norme costituzionali che disciplinano il provvedimento legislativo e segnatamente con l'articolo 72 della Costituzione, che prevede espressamente l'approvazione articolo per articolo, questo tipo di tecnica legislativa".

Non è un'osservazione minimale o marginale, perché dà conto anche dell'incapacità sostanziale, quanto al contenuto esterno, di questa maggioranza di immaginare un confronto ed un dibattito. È evidente, infatti, che quando vengono assemblati in un unico articolo 49 commi che occupano 38 pagine su 40, si tenta di imporre un messaggio bloccato, quello che - come ho detto prima - nasce fuori del Parlamento e non dal confronto e dal dibattito dialettico, e questo senza salvare neanche la forma.

Allora, anche rispetto a questo dato espressamente censurato dal Presidente della Repubblica, occorre rilevare che questa maggioranza ha disatteso complessivamente le altre indicazioni che erano state rivolte al Parlamento.

L'ultima questione che voglio trattare è molto semplice. Signor Presidente, mi sono sempre chiesto come mai all'interno della maggioranza non si fosse manifestato un barlume di ravvedimento e di consapevolezza, che aprisse la strada non all'affermazione di un percorso da condividere per forza con l'opposizione, ma ad un percorso che avesse nel complesso una compatibilità astratta con quell'alveo costituzionale all'interno del quale tutti i provvedimenti legislativi devono muoversi.

Proprio per non essere ingeneroso o ingiusto, voglio dare atto ad una parte, che io considero autorevole, di Alleanza Nazionale di aver recepito alcune di tali osservazioni. Pertanto, mi chiedo se queste dinamiche interne, questi fiumi carsici istituzionali non meritino un'attenzione maggiore da parte dei colleghi. È evidente l’intento di disattendere il messaggio del Presidente della Repubblica e le indicazioni che sono venute da tutta l'opposizione che, con una serie di argomentazioni tangibili, concrete ed illustrate in maniera chiara, ancora una volta ha rappresentato un quadro complessivo incompatibile con la Costituzione.

Abbiate per lo meno la capacità di accogliere quelle critiche che nascono al vostro interno. Sono l'espressione di una verità che fate finta di non vedere, ma che è inesorabilmente presente in tutta la nostra società.

TURRONI (Verdi-Un). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TURRONI (Verdi-Un). Signor Presidente, molti autorevoli colleghi sono intervenuti prima di me, certamente con un linguaggio più appropriato, essendo essi cultori della materia. Sono moltissimi in questo Parlamento nell'attuale legislatura non già perché essi rispondano ad una particolare esigenza, se non quella di dover affrontare - soprattutto, anzi certamente in modo particolare in questo caso, quelli della maggioranza - questioni che riguardano, guarda caso, le vicende della Presidenza del Consiglio, raffigurata nella persona stessa del Presidente e di taluni componenti della maggioranza che hanno problemi con la giustizia.

Quei tanti autorevoli colleghi presenti in Parlamento a ciò si sono dedicati con numerose leggi e leggine, che hanno consentito a taluni di liberarsi di gravi processi a loro carico. Costoro avrebbero dovuto sottoporsi alla giustizia, signor Presidente, ritenendola capace di mandare assolti coloro che non fossero stati ritenuti colpevoli dei reati loro ascritti. Invece, hanno preferito sottrarsi alla giustizia attraverso leggi e leggine ad hoc, come abbiamo detto più volte in Parlamento.

Non solo: alcuni autorevoli colleghi della maggioranza hanno affermato che avrebbero dovuto avere maggiore coraggio e riformare l’ordinamento giudiziario attraverso un’attività di tipo parlamentare, non delegandola cioè ad un Governo che, come abbiamo visto, opera, sostanzialmente e sempre, per sé e per i propri sodali.

Non posso fare altro, quindi, signor Presidente, che deprecare il fatto che anche in materia di riforma dell’ordinamento giudiziario si intervenga con un provvedimento di delega; un provvedimento che il Capo dello Stato ha rinviato alle Camere.

Con questo suo rinvio alle Camere, non avendo promulgato la legge in questione, il Capo dello Stato stesso esplicita, nel suo messaggio del 16 dicembre 2004, taluni rilievi costituzionali, sottolineando che essi sono consistenti e riguardano un atto normativo di grande rilievo costituzionale (così egli lo definisce) e di notevole complessità.

Il collega Manzione si è soffermato poco fa sui poteri che il Governo, e soprattutto la maggioranza, avrebbe potuto esercitare secondo quanto previsto dalla Costituzione. Avrei capito se il Governo (che è il dominus di questa vicenda, essendo essa tanto vicina al Capo di questo Governo e ai principali uomini del suo entourage, perché è questo il termine più appropriato, o del suo collegio di difesa, ancor più precisamente) e la sua maggioranza avessero tenuto duro, come prevede e consente la Costituzione, mantenendo inalterata la legge che avevano approvato l’anno scorso e non avessero in alcun modo accettato di rispondere positivamente ai rilievi del Capo dello Stato.

Signor Presidente, non solo ciò non è avvenuto, ma si è verificato, a mio avviso, qualcosa di intollerabile, addirittura di offensivo nei confronti del Capo dello Stato. I rilievi puntuali che il Presidente della Repubblica ha formulato nel messaggio alle Camere indicano, infatti, con precisione gli articoli della Costituzione che sono violati: l’articolo 101, l’articolo 104, l’articolo 110 (in relazione all’articolo 2, comma 31, lettera a), che tratta di relazioni sull’amministrazione della giustizia).

Avrei capito se indicazioni così chiare, così nette, avessero ottenuto risposte coerenti con il dettato costituzionale; in questo caso, invece, si è aggirato quel che il Presidente della Repubblica proponeva e richiedeva con aggiustamenti che non rispondono in alcun modo alle questioni sollevate.

Si tratta non già di una risposta del Parlamento, convinto delle proprie buone ragioni, ad un Presidente della Repubblica che, nell'esercizio del suo potere, non riconosce talune decisioni del Parlamento, e quindi il Parlamento, convinto delle sue buone ragioni, risponde negativamente alle obiezioni e ai rilievi sollevati dal Capo dello Stato; no, qui si è trattato di qualcosa di molto, molto peggio: si è fatto finta di rispondere, si è mantenuta nella sostanza la vecchia impostazione precedente, si è fatto uno sgarbo istituzionale assai consistente, poiché si toccano questioni rilevanti come quelle che riguardano i giudici, che dovrebbero essere sottoposti solamente alla legge, pretendendo che essi siano sottoposti ai poteri di indirizzo del Ministro.

Pensando a questo Ministro, egli forse potrebbe dare l'indirizzo di casa, oppure l'indirizzo del Ministero, inteso come strada o viale nel quale il Ministero si trova; potrebbe sicuramente assicurare indirizzi nel campo dei rumori, ma non certo in materia di ordinamento giudiziario, visto quello che è stato capace di fare fino ad oggi: coprire, coprire e coprire tutto ciò che ha riguardato manomissioni dell'ordinamento giudiziario, impedire ai giudici di svolgere il loro lavoro, sottoporli a ripetute e ripetute indicazioni, richieste, ispezioni tutte le volte che, nell'esercizio delle loro funzioni autonome e indipendenti da ogni altro potere, soggetti solamente alla legge, iniziavano ad operare in un determinato senso.

Ebbene, signor Presidente, riteniamo che ai rilievi del Capo dello Stato la maggioranza e il Governo cui essa è sottoposto, violandosi così la stessa indipendenza del Parlamento nei confronti dell'Esecutivo, non abbiano risposto, ma anzi abbiano manifestato il proprio disprezzo nei confronti di quegli stessi rilievi e continuato a manifestare il proprio disprezzo nei confronti della Costituzione repubblicana. (Applausi dal Gruppo Verdi-Un e dei senatori Bonfietti e Righetti).

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, pur chiedendo all'Aula di respingere tutte le questioni sollevate, mi sembra di non aver ascoltato delle vere questioni pregiudiziali. Si tratta di questioni certamente di merito, che verranno utilmente discusse nel dibattito che seguirà in sede di esame degli emendamenti e, prima ancora, in discussione generale.

Faccio presente al collega Calvi che il vero problema a me non sembra essere oggi - e purtroppo non da oggi - il percorso attraverso il quale i magistrati accedono alla politica, ma come evitare che i magistrati facciano politica da magistrati.

CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, faccio mie le osservazioni del relatore.

Faccio, inoltre, notare all'Aula - potrei dimostrarlo, ma non è il caso - che da semplici calcoli possiamo stabilire che oggi è la cinquantacinquesima volta che tra Camera e Senato discutiamo di questa materia.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della questione pregiudiziale.

 

Verifica del numero legale

TURRONI (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, presentata, con diverse motivazioni, dai senatori Zancan, Dalla Chiesa (QP1a), Calvi, Ayala e Maritati.

Non è approvata.

Passiamo alla votazione della questione sospensiva.

 

Verifica del numero legale

TURRONI (Verdi-Un). Signor Presidente, riprovo con la richiesta di verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione sospensiva, presentata dal senatore Cavallaro.

Non è approvata.

Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.

Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE (*)

 

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B/bis)

 

________________

(*) Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato in data 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione

 

PROPOSTA DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE

 

QP1aDALLA CHIESA, CAVALLARO

Respinta (*)

Il Senato

Premesso che:

- il rinvio presidenziale della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario conferma quanto fondate fossero le censure di legittimità costituzionale in più occasioni avanzate in occasione del dibattito parlamentare relativo alla prima approvazione del provvedimento; censure che si erano tradotte in specifiche pregiudiziali di costituzionalità presentate (e respinte dalla maggioranza) anche in questo ramo del Parlamento;

- l’iter relativo al riesame del disegno di legge da parte del Senato non si è svolto in aderenza a rilievi presidenziali, in conseguenza della decisione della maggioranza di limitare in modo estremamente restrittivo l’oggetto della discussione;

- in particolare, le gravi censure di legittimità costituzionale relative al sistema dei concorsi per la progressione in carriera ed alle competenze della Scuola superiore della magistratura implicava necessariamente la riapertura della discussione sull’impianto del disegno di legge, che nel sistema dei concorsi e dell’«esternalizzazione» della formazione dei magistrati aveva uno dei suoi cardini;

- in questi termini si configura una violazione dell’articolo 74 della Costituzione per ciò che concerne la procedura di riesame del d.d.l. di riforma dell’ordinamento giudiziario;

- al di là della censurabile decisione procedurale, le modifiche apportate in sede di (ri)esame del provvedimento da parte della 2 Commissione permanente non superano in alcun modo le critiche di legittimità costituzionale del Presidente della Repubblica, in quanto conservano un sistema dualistico fondato, da un lato, su di un giudizio dei magistrati ai fini della loro progressione di carriera da parte di organi diversi dal Consiglio superiore della magistratura (commissioni di concorso o Scuola superiore della magistratura) e, dall’altro, su di una (mera) valutazione di tale giudizio da parte del C.S.M.;

- è evidente come la valutazione del C.S.M. si pone in termini dipendenti ed accessori rispetto alla valutazione delle commissioni di concorso o della Scuola superiore e che, quindi, tale ultima valutazione costituisce il vero provvedimento in ordine alla carriera del magistrato;

- un eventuale scostamento da parte del C.S.M., rispetto alle valutazioni delle commissioni di concorso o della scuola, espone l’atto del C.S.M. a forti rischi di impugnazione giurisdizionale per eccesso di potere, risultando infatti difficile, per il C.S.M., fondare su elementi sufficientemente certi la propria differente decisione, in un sistema che conferisce peso determinante alle risultanze di prove concorsuali;

- in questo modo è flagrante l’inosservanza dei rilievi del Presidente della Repubblica nel punto n. 4 del Suo messaggio, che non casualmente definisce «questione di fondamentale importanza» quella della salvaguardia delle competenze del C.S.M. di cui all’articolo 105 della Costituzione;

- occorre evitare in ogni modo la perdurante violazione di tale disposizione costituzionale che potrebbe legittimare il Capo dello Stato ad un nuovo rinvio della legge alle Camere, sulla base della considerazione che il testo è comunque cambiato, anche se i suoi vizi non sono stati sanati, oppure, come è stato autorevolmente ipotizzato, ad un conflitto di attribuzione ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione sollevato dal Presidente della Repubblica stesso nei confronti del Parlamento;

- la gravità estrema di tale ipotesi – che vedrebbe sicuramente il Parlamento soccombente in base ai principi dello Stato di diritto costituzionale e garanzia dell’indipendenza della magistratura dovrebbe spingere il Senato (o meglio la maggioranza) ad una presa di coscienza del problema e finalmente – ad un resipiscenza che determini l’abbandono dell’impostazione di questa riforma dell’ordinamento giudiziario ed una scelta a favore di un modello rispettoso della Costituzione e non animato da intenti punitivi nei confronti della magistratura italiana;

delibera:

di non procedere all’esame del d.d.l. A.S. 1296-B.

 

________________

 

(*) Su tale proposta e su quelle presentate in forma orale dai senatori Zancan, Calvi, Ayala e Maritati è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, un'unica votazione .

 

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

762a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDI' 15 MARZO 2005
(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(1296-B/bis) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis.

Ricordo che il disegno di legge, a norma dell’articolo 74 della Costituzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione.

Ricordo che nella seduta antimeridiana del 10 marzo il relatore ha svolto la relazione orale, sono state respinte alcune questioni pregiudiziali e una questione sospensiva ed è stata dichiarata aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Maritati. Ne ha facoltà.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, il ministro Castelli, mostrando un’evidente insofferenza, ha lamentato, anche nell’ultima seduta del Senato, che questo disegno di legge è al nostro esame da troppo tempo e che noi dell’opposizione torniamo a ripetere sempre le stesse cose e a formulare le stesse critiche, quasi che volessimo fargli perdere tempo.

Ora, ministro Castelli - mi rivolgo ovviamente a lui anche se oggi abbiamo il piacere di avere solo il Sottosegretario ma, lo ripeto, per me è un piacere -, questo è un disegno di legge che voi della maggioranza nell’opinione collettiva tentate da tempo di far passare come riforma della giustizia. Invece, non solo non inciderà minimamente sulle non poche e assai gravi disfunzioni del sistema giudiziario italiano ma, se varato, avrà solo l’effetto di incidere ancor più negativamente sull’assetto della magistratura con una non lieve limitazione dei valori dell’indipendenza e dell’autonomia della stessa.

Per queste ragioni, noi siamo ancora qui, ministro Castelli, a tentare di evitare l’ennesimo danno istituzionale e costituzionale che lei e la sua maggioranza intendente perpetrare ai danni della democrazia.

Il disegno di legge in esame non merita, a mio avviso, neppure il titolo di "riforma dell’ordinamento giudiziario", perché il termine "riforma" secondo i princìpi della civiltà giuridica vuol dire cambiare, migliorare in un processo di evoluzione e nel rispetto dei princìpi costituzionali.

Al contrario, il disegno di legge in esame mira a cambiare l’azione e l’operare della magistratura, facendola arretrare ad un compito che voi pretendete essere l’unico e il solo possibile: applicare il diritto riducendo al massimo ogni spazio interpretativo.

Questo chiaro obiettivo politico, peraltro, è presente in altri disegni di legge, taluni già varati da quest’Assemblea. Penso alle presunzioni iuris et de iure del testo che ha modificato l’istituto della legittima difesa e agli aumenti di pena previsti dal disegno di legge sulla prescrizione recidiva che la Commissione giustizia si appresta a licenziare.

La riforma dell’ordinamento, che voi sostenete e che vi accingete a varare con la solita oramai sperimentata prepotenza dei numeri, ripropone in sostanza schemi e previsioni del precedente ordinamento giudiziario - quello originario, s’intende - non a caso concepito e varato in epoca fascista, che sostanzialmente conteneva un sistema di gerarchizzazione e verticismo degli uffici giudiziari, soprattutto quelli requirenti: il sistema dei concorsi per selezionare magistrati sulla base di un concetto di meritocrazia, che per voi coincide sostanzialmente con quello di affidabilità del magistrato rispetto ai desiderata e ai programmi di chi è al governo del Paese.

Volete imporre la cancellazione dell’interpretazione evolutiva e creativa del diritto che rappresenta, al contrario, un aspetto ineliminabile e qualificante della funzione giudiziaria.

Intendete poi allargare pericolosamente i confini dell’ambito della responsabilità disciplinare - facendovi rientrare attività certamente comprese fra quelle coperte e garantite dagli articoli 21 e 18 della Costituzione - facendoli invece rientrare nel concetto di politica attiva, inibita per legge ai magistrati.

In sostanza, volete codificare con un messaggio inequivoco regole ferree, in forza delle quali in magistratura potrà fare carriera solo chi sarà disposto a rispettare rigorosamente le direttive del capo, chi prepari concorsi cui dovrà sottoporsi con estenuante periodicità, chi non crei problemi, emettendo sentenze e provvedimenti troppo evolutivi, e non partecipi ad associazioni, in particolare a gruppi come Magistratura democratica. Chi non vorrà adattarsi a questo regime dovrà prepararsi a vedersi superare nella carriera da colleghi anche più giovani di vent'anni.

So bene, Ministro e colleghi della maggioranza, che questo è un punto che voi non intendete più neppure discutere, che a tale fine, con la sola forza dei numeri e contro ogni criterio di ragionevolezza, avete scelto la via che, nel solo rispetto apparente del dettato costituzionale, vi consente di restringere al minimo indispensabile la discussione ai soli quattro punti indicati dal Presidente della Repubblica nel messaggio con cui ha rimandato alle Camere il testo viziato da palesi violazioni dei principi costituzionali.

Eppure io ritengo sia quanto mai necessario richiamare e ribadire i princìpi sopra illustrati perché sia chiaro che il nostro atteggiamento di attenzione e disponibilità è verso coloro, tra voi, che decidessero di differenziarsi rispetto alla posizione di chi, per errore o per conformità alle direttive politiche di gruppo, insiste nell'affermare che questo disegno di legge sarebbe comunque rispettoso della cultura e dei confini costituzionali e che con esso si realizzerebbe un sistema grazie al quale il Paese potrebbe contare su una magistratura più preparata, più efficiente ed in grado di assicurare un alto livello di garanzia e di diritti dei cittadini.

Voi, colleghi della maggioranza, sapete bene invece che questa è una solenne bugia, perché ciò che volete e che ostinatamente state tentando di realizzare, è un sistema di norme che potrà solo offrire al Paese magistrati nella sostanza privati dei valori fondamentali dell'indipendenza e dell'autonomia, e pertanto assai facilmente inclini a seguire gli indirizzi politici e gli interessi delle classi dominanti al Governo.

Forse riuscirete, al momento, a varare questo disegno di legge per tentare di realizzare il fine indicato, e che io ritengo politicamente e giuridicamente scellerato, ma non potrete certo sottrarvi al giudizio di condanna della storia per avere in tal modo inferto uno dei più gravi vulnus alla civiltà giuridica e ad uno Stato democratico moderno.

Avete voluto limitare la discussione e l'esame del disegno di legge ai soli quattro punti su cui il Capo dello Stato ha maggiormente affondato la critica di incostituzionalità. E sia, ma non è concepibile trattare quei punti come se fossimo in presenza di una materia tecnica strutturata in compartimenti stagni. Ed infatti, il Presidente della Repubblica ha chiaramente criticato le gravi limitazioni dei poteri e delle prerogative del Consiglio superiore della magistratura, richiamandovi all'osservanza del ruolo primario ed alla rilevanza costituzionale dell'organo di autogoverno; eppure voi insistete con la riproposizione di norme che, anche dopo gli interventi emendativi apportati, continuano chiaramente a violare i princìpi costituzionali.

Come sarebbe possibile, infatti, ritenere il contrario, ad esempio nel settore del riordino degli uffici dei procuratori della Repubblica, che con questo disegno di legge sono ridotti ad una sorta di distretti militari, all'interno dei quali il capo ha il potere assoluto, ha tutti i poteri, dalla assegnazione delle indagini, senza il rispetto del benché minimo criterio obiettivo e predefinito, alla indicazione persino delle singole attività di indagine che il sostituto (ridotto a rango di mero dipendente amministrativo) potrà o meno compiere, al potere di conferire deleghe e revocarle senza obbligo garantito di motivazione, e quindi senza possibilità alcuna per il Consiglio superiore della magistratura di intervenire al fine di verificare la legittimità e la giustezza di quelle decisioni che sono concretamente idonee a ledere la indipendenza interna dei singoli magistrati.

Un capo ufficio che, dopo avere dettato ed imposto l'iter delle singole attività di indagine (a parte la obiettiva impossibilità di attuare un simile sistema se non per particolari processi), in caso di reale o asserita inosservanza da parte del sostituto procuratore lo potrà deferire agli organi disciplinari, con l'automatico inserimento nel fascicolo personale dello stesso magistrato di quell'atto di deferimento disciplinare, con le prevedibili conseguenze negative per la carriera, quanto meno per l'intero periodo in cui si svolgerà l'iter disciplinare!

Dove è il controllo del CSM, sull'indipendenza del singolo magistrato, all'interno dell'organizzazione giudiziaria? Questo è un valore primario che la Corte costituzionale ha riconosciuto in più occasioni come degno di tutela, in particolare, ricordo, con le sentenze che affrontarono il caso degli atti lesivi dell'indipendenza interna, sin dal tempo in cui vigevano i pretori mandamentali, proprio a proposito dei rapporti tra pretore e procuratore della Repubblica.

Ed ancora, mi chiedo come può ritenersi soddisfatta l'esigenza del rispetto del dettato costituzionale, correttamente evidenziata dal Presidente della Repubblica, nella parte del disegno di legge relativa al sistema di progressione in carriera con i concorsi, atteso che le commissioni di concorso continuano a restare autonome rispetto al CSM. Ancora peggio per la Scuola superiore della magistratura, che rappresenta chiaramente un soggetto del tutto distinto dall'organo di autogoverno della magistratura ed il cui ruolo appare fortemente condizionante rispetto alle stesse procedure concorsuali, che presuppongono la frequenza di un corso di formazione e, conseguentemente, finiranno per menomare il ruolo del CSM e le funzioni cardine che la Costituzione gli ha conferito.

E che dire a proposito del persistente potere riconosciuto al Ministro di impugnare dinanzi agli organi della giustizia amministrativa i provvedimenti del Consiglio superiore in materia di promozioni e trasferimenti dei magistrati?

Questo è uno dei quattro problemi rilevati con il suo messaggio alle Camere dal Presidente della Repubblica ed a tale proposito, in modo assai evidente, la maggioranza ha attuato quel sistema di aggiramento che in maniera esplicita, peraltro, il relatore ha illustrato nella sua relazione introduttiva. Secondo voi, in sostanza, il Presidente della Repubblica si sarebbe limitato a comunicare sue impressioni e mere indicazioni di massima ed in particolare, come ha detto esplicitamente il relatore (cito testualmente), il Presidente "al di là delle espressioni usate come contrasto o palese violazione della Costituzione", avrebbe voluto solo fornire delle indicazioni?!

È veramente singolare, quanto inaccettabile, questa versione interpretativa del messaggio del Capo dello Stato, atteso che, a parte le ovvie considerazioni sulla natura del messaggio del Capo dello Stato alle Camere, egli con l'atto solenne di rimessione del testo ha fornito, in questo caso come non mai, precise ed ampie motivazioni in ordine alle denunziate violazioni della Costituzione (altro che osservazioni e raccomandazioni, collega Bobbio!).

Nonostante ciò, voi della maggioranza vi limitate oggi a ripresentare un testo che lo stesso relatore definisce "migliorativo ma confermativo" delle decisioni in precedenza varate dalla maggioranza. Siamo dinanzi ad una protervia ed arroganza politica che penso abbia pochi precedenti nella storia di questa Repubblica.

Ne prendiamo atto, come sono sicuro ne prenderà atto anche il popolo italiano tra poche settimane.

Ed ancora, a proposito del persistente potere riconosciuto al Ministro di impugnativa degli atti del Consiglio superiore dinanzi agli organi della giustizia amministrativa. Fuori delle ipotesi di conflitto di attribuzione, che resta l'unico rimedio riconosciuto al Ministro per contrapporsi alle decisioni del Consiglio superiore della magistratura, ogni altra forma di ricorso alla giurisdizione amministrativa deve ritenersi inibita.

Ogni ricorso al TAR, infatti, presuppone un vizio del provvedimento impugnato, che può ricorrere o quando il Consiglio superiore non abbia tenuto conto della richiesta o delle osservazioni del Ministro, ma in tal caso queste diventerebbero equivalenti ad un parere vincolante che la legge non prevede e non consente, perché in palese contrasto con le competenze costituzionali dell'organo di autogoverno della magistratura, ovvero il presunto vizio dell'atto che si intende impugnare non può essere rilevato dal Ministro, atteso che l'eventuale violazione dei criteri di comportamento che il Consiglio superiore si è dato per l'adozione dei suoi provvedimenti potrà al più ledere un interesse del singolo magistrato (per lo più quello che si ritenga danneggiato dall'atto) e giammai un interesse legittimo del Ministro.

Nonostante queste insuperabili e da voi mai discusse osservazioni, persistete nel difendere una proposta normativa che dovrà evidentemente passare al vaglio e quindi essere censurata al più presto dalla Corte costituzionale.

Per finire, sembra utile evidenziare che, sia pure alla fine di questo estenuante braccio di ferro tra maggioranza e opposizione, una sia pur minima parte di voi pare essersi resa conto della gravità di ciò che sta per realizzarsi a danno della nostra democrazia e quindi vi è stata la presentazione di emendamenti realmente correttivi del testo in esame.

In Commissione questo fastidioso incidente di percorso, quale è stato ritenuto dalla gran parte della maggioranza, è stato evitato con il ricorso ad un brutto espediente procedurale: l'emendamento è stato superato, ritenuto non ammissibile.

Oggi, gli stessi singoli componenti della maggioranza hanno riproposto l'emendamento. Staremo a vedere quale espediente verrà trovato ancora per neutralizzarlo. Ci auguriamo sinceramente che non si ricorra ancora una volta a simili espedienti, che si rifletta e si eviti un ulteriore danno alle istituzioni e al nostro assetto costituzionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Calvi. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, voglio innanzitutto ringraziare il sottosegretario Valentino ed il relatore Bobbio qui presenti, in un’Aula però deserta non vedo nessun senatore presente della maggioranza. Credo che sia un segno di disinteresse grave, di irrispettosità nei confronti non tanto di noi o di voi - ci mancherebbe - ma di un problema così serio e drammatico, quale quello della riforma dell’ordinamento giudiziario.

Vedo, però, che tra il pubblico vi è una folta schiera di giovani studenti che ci stanno ascoltando. Vorrei, pertanto, rivolgergli un saluto osservando che se qualcuno di loro un domani dovesse partecipare ad un concorso in magistratura, dovesse diventare magistrato, sappia che quello che stiamo discutendo oggi si riverbererà sul loro futuro e sulla loro carriera.

Abbiamo discusso per lungo tempo, mesi e mesi, questo disegno di legge, lamentando il fatto di non aver discusso in realtà il provvedimento, ma di essere stati ogni volta, di fronte ai rinnovamenti totali che la maggioranza ed il Governo ci imponevano, costretti a ricominciare daccapo.

La prima lettura fu forse più positiva: essa vide un serio, serrato, rigoroso confronto che portò anche a modifiche di atteggiamenti e di scelte da parte della maggioranza. Ma, come tutti sappiamo, eventi non politico-parlamentari, ma politico-giudiziari, chiamiamoli così i noti processi di Milano, hanno determinato radicali cambiamenti.

Senatore Bobbio, con quanta attenzione abbiamo atteso il suo famoso emendamento, che sapevamo già redatto e pronto, anch’esso travolto da una nuova formulazione complessiva che ha radicalmente cambiato l’impostazione, risultante appunto, dal confronto parlamentare il testo è stato poi nuovamente ed integralmente modificato; medesima sorte ha subito alla Camera, mutando il risultato della votazione del Senato.

Insomma, è un provvedimento assai tormentato, che presenta una caratteristica sulla quale dobbiamo dare una valutazione complessiva, dato che siamo in fase di discussione generale: si tratta di un provvedimento sostanzialmente inutile e di fatto gravissimo nelle poche parti in cui interviene.

Credo che nessuno possa affermare che non fosse necessario intervenire, che l’ordinamento giudiziario non fosse un tema rispetto al quale il Parlamento - l’ho detto in modo molto netto - aveva una gravissima responsabilità; il Parlamento dal 1948 aveva il dovere (così la VII Disposizione transitoria della nostra Carta costituzionale imponeva) di cambiare radicalmente l’ordinamento giudiziario per il fatto assai semplice che quest’ultimo era modellato su un sistema statuale totalmente diverso rispetto a quello introdotto dalla nostra Carta costituzionale.

E giustamente la VII Disposizione transitoria prevedeva che quell’ordinamento, pur dichiarato evidentemente incostituzionale, sarebbe rimasto in vigore fino a quando non fosse stata modificato completamente. Esso era il risultato di una lunga storia di modifiche e - voglio dirlo con forza - era stato oggetto di attenzione soprattutto da parte della dottrina.

Gli studiosi più importanti della seconda metà dell'Ottocento avevano affrontato il problema dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura. Il Mortati innanzitutto aveva condotto una grande battaglia sul piano dottrinale perché si prendesse consapevolezza che in uno Stato liberale, per rispondere ai princìpi generali, sia pure configurati in un modello astratto, sia pure configurati in quel modello segnato a grandi linee da Montesquieu e da tanti altri in seguito, anche da Locke, se vogliamo, dall'esperienza inglese, era necessario adottare il principio della separazione tra i poteri e del controllo reciproco tra i vari poteri. Questo era il meccanismo su cui si fondava l'idea e la cultura liberale del secolo decimonono.

Forti di questi princìpi, la battaglia fu proprio per garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e la separazione tra i vari poteri. Il punto era quello di istituire un luogo, un momento istituzionale ove ciò si realizzasse, ed era il Consiglio superiore della magistratura.

Fu una lunga battaglia condotta nella seconda metà del secolo, tra il 1870 e il 1880, e l'intelligenza politica di allora - Orlando - recepì questa grande battaglia e, attraverso piccole riforme, si riuscì ad istituire il Consiglio superiore della magistratura. Il punto dolente, tuttavia, era quello della nomina, perché se il Consiglio superiore della magistratura fosse stato di nomina regia certamente l'autonomia non si sarebbe mai potuta configurare. In realtà, questa battaglia portò all'elettiva dei membri del Consiglio superiore della magistratura, una grande conquista che poteva tranquillamente progredire fino a quando, nel 1942, intervenne l'ordinamento Grandi.

Ho già detto più volte delle sistemazioni organiche che furono fatte nel Ventennio, quando l'Italia aveva una sistemazione istituzionale che era - come affermava Rocco - dominata dalla filosofia del diritto fascista, così ci fu il codice del 1930 e l'ordinamento Grandi del 1942. Tutto si può dire di quelle sistemazioni - lo dico io che certamente non ho alcun possibile apprezzamento per esse - pur tuttavia erano grandi sistemazioni.

Come si può negare che il codice Rocco non sia stato una pietra miliare nella storia europea? Un grande codice, certo non condiviso, un sistema inquisitorio, un sistema di rito processuale inaccettato, e anche di diritto sostanziale poi iniquo, che certamente però aveva una completezza ed una organicità esemplari, non c'è dubbio, altrimenti non avrebbe resistito tanti anni.

Lo stesso si deve dire del disegno Grandi: aveva una sua organicità e il numero così grandi di articoli sta a dimostrare quanto impegno ci fosse stato allora. Debbo aggiungere che anche se vi era un regime autoritario così forte, una dittatura, tuttavia in quel periodo e in quegli anni fu fatto un codice di procedura civile a cui parteciparono Redenti, Calamandrei e altri ancora. Voglio dire che la cultura e la dottrina giuridica riuscivano in qualche modo a penetrare nelle dinamiche politiche.

Che cosa è accaduto da allora ad oggi? Una cosa che io ritengo assai grave e che oggi viene concretata con questo pessimo disegno di legge: non è stato fatto alcunché. Vi è stata una sistemazione progressiva operata da alcune leggi, sentenze della Corte costituzionale, sentenze della Corte di cassazione, ma, soprattutto, circolari del Consiglio superiore della magistratura.

Questa è la storia dell’ordinamento giudiziario nel nostro Paese. Le modifiche che oggi intervengono, la sistemazione del nostro ordinamento giudiziario è soprattutto determinata dalle circolari del Consiglio superiore della magistratura. Per fortuna, devo dire, perché quelle circolari hanno fatto sì che in qualche modo l’intero sistema si adeguasse ai princìpi costituzionali.

Perfino quattro giorni fa il Consiglio superiore della magistratura ha dato prova di quanto fosse esemplare il suo intervento e quanto grave fosse il ritardo del Parlamento. Il caso ha voluto che a Venezia si sia candidato alla carica di sindaco un magistrato. Il problema non è la candidabilità, sia chiaro: i magistrati non sono persone a cui può essere vietato di candidarsi. Il problema che stride con la nostra coscienza civile era quello del rientro, cioè se quel magistrato candidato a sindaco di Venezia non fosse stato eletto, che cosa sarebbe accaduto? Sarebbe tornato a fare il sostituto procuratore nella medesima città, nel luogo dove egli era stato candidato ed era stato dichiarato non vincitore per cui, appunto, non era diventato sindaco?

Credo sia davanti a tutti l’enormità di questa condizione; eppure questa era una condizione possibile e, così sarebbe stato se non fosse intervenuto il Consiglio superiore della magistratura, il quale con una circolare ha disposto che quel magistrato, qualora non dovesse vincere le elezioni, non potrà più ritornare nella circoscrizione dove esercitava le funzioni di controllo giurisdizionale.

Allorquando ho sollevato le pregiudiziali di costituzionalità, mi sono lamentato con il Ministro, che era qui presente, dicendo: ma, signor Ministro, si rende conto della modestia, dell’insufficienza, dell’incapacità culturale della quale è intessuto questo suo provvedimento, che neppure questo aveva previsto? In altre parole, oggi, ancora una volta, di fronte ad un Parlamento che da tre anni discute di ordinamento giudiziario, sarebbe stato possibile a un magistrato requirente candidato ritornare, dopo le elezioni, nel posto in cui egli esercitava le funzioni prima delle elezioni. È stupefacente.

Il Consiglio superiore della magistratura è intervenuto con una circolare; del Parlamento, che pure discute di ciò (e oggi ne stiamo discutendo), avendo di fronte un disegno di legge al quale sono stati presentati centinaia di emendamenti (a suo tempo noi abbiamo predisposto addirittura un disegno di legge), vi era un’assenza totale.

Questa è la prova dell’incapacità dell’attuale Governo e dell’attuale maggioranza, lasciatemelo dire (naturalmente non è certo rivolto a voi questo tipo di apprezzamento, signor Sottosegretario e signor relatore; la frequentazione ormai pluriennale, non dico secolare, ma sicuramente almeno decennale, ci ha consentito di apprezzare le qualità del sottosegretario Valentino), i quali non hanno saputo interpretare la necessità di cambiamento, di rinnovazione che da più di cinquant’anni ormai grava sul sistema ordinamentale della nostra giustizia. Tutto si è risolto in una piccola, modesta e pur tuttavia gravissima legge, che ha una sorta di funzione punitiva nei confronti dei magistrati.

Io non mi appassiono al sistema concorsuale. Naturalmente i senatori Maritati e Fassone, in qualità di magistrati, hanno capacità più penetranti per cogliere i momenti di distonia, le ingiustizie proprie di questo sistema, però ancora una volta mi domando se sia mai possibile che i giovani oggi presenti in tribuna, se in futuro dovessero fare un concorso in magistratura, dopo aver studiato, aver concluso gli studi liceali ed universitari, ed essersi preparati per un concorso difficile e complesso, una volta superatolo si trovino di fronte ad uno psicologo o forse uno psichiatra - non è ancora chiaro perché la legge non lo indica - il quale dovrà decidere se svolgeranno la funzione di pubblico ministero o di giudice.

Trovo che sia francamente un affronto innanzitutto alla nostra intelligenza. Nella precedente discussione generale dissi che, se per caso si fosse voluto accertare la serenità del magistrato, sarei stato ugualmente contrario ma tutto sommato avrei potuto anche discuterne. In questo caso invece, tale accertamento è finalizzato alla scelta che egli dovrà fare rispetto all’intraprendere la strada del pubblico ministero o del giudice.

Questa scelta sarà poi definitiva perché dopo tre anni egli non potrà più cambiare, in considerazione del fatto che vige una separazione delle carriere surrettizia che lo sbarramento costituzionale non avrebbe consentito. Di fatto, però, questo è avvenuto e dunque il giovane in questione, il quale vuole intraprendere la carriera del giudice e sente di averne la vocazione - io avevo la vocazione di diventare avvocato, ma altri possono avere quella del giudice - di fatto, pur avendo vinto il concorso in magistratura, è sottoposto alla valutazione di un signore che decide quale carriera può intraprendere.

Passati tre anni egli avverte l’insufficienza, la difficoltà, l’incapacità di proseguire; comprende anche che in effetti avrebbe voluto svolgere una funzione diversa da quella del pubblico ministero, avendo capito di non averne le capacità, l’intelligenza di indagine o altro ancora, ma non potrà comunque più fare il giudice per tutta la vita.

Per quale motivo? Quale interesse ha il nostro Paese a frustrare per tutta la vita le aspettative di un giovane per una surrettizia volontà di separazione delle carriere? Non riesco proprio a comprenderlo.

Il nostro disegno di legge prevedeva una procedura molto più semplice rispetto alla separazione delle carriere. So che si tratta di un tema importante. Sono pronto a discuterne perché so bene quanto i miei colleghi avvocati tengano alla questione. Reputo che non sia un problema decisivo per la sistemazione della giustizia, anche se certamente importante. Rispetto ad esso avevamo trovato la soluzione della distinzione delle funzioni, nel senso che un magistrato, una volta scelto di fare il giudice, doveva rimanere in quell’incarico per almeno otto anni. Successivamente, qualora avesse voluto cambiare, avrebbe potuto farlo dopo un percorso formativo presso la Scuola della magistratura, pur impegnandosi a svolgere il suo incarico al di fuori dell’ambito della circoscrizione o addirittura della Corte d’appello del luogo in cui aveva svolto il suo precedente incarico.

Ora, quante volte si può fare questo passaggio nella vita professionale? Una o al massimo due volte. È vero che i magistrati sono uomini eccezionali, ma anche la loro carriera è difficile che superi i trent’anni. Dunque, qual era il danno? C’era una prospettiva diversa, ma in tal caso si poteva discuterne. Si vuol fare del pubblico ministero una categoria a parte? Altri Paesi civilissimi, tra cui la Francia, hanno una sistemazione diversa e addirittura il pubblico ministero dipende dall’Esecutivo. Sono totalmente contrario, ma non si può certo dire che la Francia sia un Paese in cui vige un sistema dittatoriale. Ha una storia di grandissima civiltà.

Io credo che da questo punto di vista la nostra storia sia superiore; la nostra storia ci ha consentito, attraverso il progresso della civiltà giuridica del nostro Paese, di giungere ad alcune conclusioni di ordine scientifico, di teoria generale, ma certamente non si può dire che la Francia abbia un sistema autoritario. Discutiamone. Così non è avvenuto, non si può discutere. Non ho visto, dalla prima fase in poi, approvare un nostro emendamento; stiamo andando avanti a blocchi che umiliano tutti e mi rivolgo in particolare al relatore, che è un magistrato: quando lei stava per presentare quel famoso emendamento, noi eravamo in attesa perché volevamo vedere … (Il microfono si disattiva automaticamente). Ancora un minuto, signor Presidente.

PRESIDENTE. Un altro minuto, senatore Calvi, perché uno c’è già stato: questo è il secondo.

BOBBIO Luigi, relatore. L’argomento è molto interessante.

CALVI (DS-U). La ringrazio, signor Presidente, è un discorso così lungo e complesso che meriterebbe naturalmente una lunga e più appassionata discussione da parte mia, ovviamente.

Mi accingo, quindi, a concludere, anche perché su questo abbiamo discusso più e più volte e sappiamo tutto. Naturalmente ci misureremo sugli emendamenti e valuteremo poi, in concreto, quanto questa legge potrà realizzare circa le aspirazioni di modernizzazione e di razionalizzazione del nostro sistema. Io credo che così non avverrà.

Mi auguro che questa legge non giunga in porto perché poi, magari, in una prossima legislatura, se dovessero cambiare gli equilibri politici forse si potrebbe mettere a punto un sistema ordinamentale più efficace, che dia quella giustizia che i cittadini attendono e vogliono. (Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Legnini. Ne ha facoltà.

LEGNINI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, la discussione già svolta in Commissione e in Aula sull’estensione e sui contenuti del nuovo esame del disegno di legge in questione, dopo il motivato e puntuale rinvio alle Camere del Presidente della Repubblica con il messaggio del 16 dicembre scorso, hanno palesato fin dall’inizio un intento della maggioranza di adottare un comportamento sostanzialmente elusivo dei puntuali ed estesi rilievi presidenziali.

Inutilmente abbiamo sostenuto, sino ad oggi, l’inaccettabilità di tale posizione sia sotto il profilo metodologico (come è noto, il riesame occasionato dal messaggio di cui all’articolo 74 della Costituzione, implica, per pacifico orientamento costituzionale, una nuova approvazione della legge e quindi una revisione complessiva dell’impianto normativo) che sotto quello di merito, considerando che il messaggio del Presidente della Repubblica, pur essendo articolato su rilievi specifici e puntuali, conteneva, in particolare al punto 4, una forza pervasiva sull’intero progetto di riforma involgendo l’intero sistema dei concorsi e l’invocazione del ruolo e della funzione del CSM, come prefigurato dalla Costituzione, ruolo in più aspetti inciso dalla legge in esame.

Speravamo, quindi, che il Governo e la maggioranza cogliessero l’opportunità offerta con il rinvio alle Camere per affrontare non soltanto i rilievi contenuti nel messaggio del Presidente ma gli ulteriori profili di costituzionalità, rispetto ad un testo di legge che, come è stato autorevolmente sostenuto, presenta una sostanziale "incostituzionalità di impianto", oltre che di inefficacia, irrazionalità ed impraticabilità delle misure ordinamentali previste.

La posizione da voi assunta è stata, invece, di segno esattamente contrario a quella non soltanto da noi auspicata, ma insita nella filosofia, nel filo conduttore dei rilievi contenuti nel messaggio, quella cioè dell’invadenza del potere esecutivo sull’ordine giudiziario e sulla funzione giurisdizionale, invadenza prevista con molteplici modalità, tutte analiticamente contestate nel corso delle precedenti due letture.

L’opposizione parlamentare, gli studiosi, la magistratura associata, tutti, tranne voi della maggioranza, hanno fornito una lettura di questa brutta e dannosa riforma dell’ordinamento nel senso del sovvertimento dell’equilibrio costituzionale della ripartizione dei poteri e gravemente lesiva dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura.

L’ispirazione di fondo della riforma, l’intento palesemente punitivo nei confronti della magistratura, la chiara volontà di minare le garanzie costituzionali, da voi espressa in modo reiterato prima e durante il lungo iter di questa riforma, non ci lasciano certamente sperare in un vostro ripensamento, trattandosi di affermare, come più volte sostenuto dal Ministro e da autorevoli esponenti della maggioranza, questioni di principio.

Purtuttavia, era lecito sperare che il coro pressoché unanime di critica motivata registrato nel corso degli ultimi due anni e poi l’incisivo e autorevole intervento del Presidente potessero indurvi ad una maggiore riflessione, ad una apertura più volte conclamata, ma mai neanche minimamente praticata, ad un confronto costruttivo per apportare modifiche incisive all’impianto della riforma.

Tale cieca ed ingiustificata chiusura si va manifestando persino di fronte all’iniziativa di vostri parlamentari - parlamentari della maggioranza - che hanno inteso cogliere l’opportunità offertavi per un ripensamento più esteso sui contenuti del provvedimento.

Vedremo quale sarà la vostra posizione sull’emendamento presentato dal senatore Salerno e da altri senatori, che, seppur in modo insufficiente rispetto a quanto da noi proposto, comunque costituisce un’apertura, un terreno di confronto più effettivo anche se limitato.

Vedremo se nel corso dei lavori dell’Aula ci sarà un recupero di ragionevolezza in extremis, se si alzerà qualche voce tra i banchi della maggioranza per tentare di recuperare quella responsabilità e serietà nell’affrontare temi così importanti, che finora sono chiaramente difettati. Vedremo. Noi lo speriamo ancora per il bene della giustizia italiana e nell’interesse dei cittadini che reclamano non vendette, ma una giustizia più efficiente e veloce, magistrati più preparati, sentenze più giuste.

Coltiveremo questo filo di speranza per tenere fede al nostro senso di responsabilità che ci ha portato, durante le precedenti due letture, non ad affermare un pregiudizio ostruzionistico, ma a farci carico di proporre innumerevoli modifiche migliorative e financo a cooperare nella correzione di evidenti errori tecnici, come è avvenuto più volte in Commissione e in Aula.

Per intanto, non ci rimane che richiamare, insistere e insistere ancora non soltanto sui profili di incostituzionalità della riforma (sui quali numerosi colleghi più autorevoli di me sono più volte intervenuti in occasione delle due precedenti letture e nella discussione sulle pregiudiziali di costituzionalità), ma anche su quelli di merito che riguardano i numerosi aspetti di irrazionalità e di impraticabilità della riforma, sui quali abbiamo provveduto a riproporre specifici emendamenti, seppur nell’ambito ristretto che ci è stato imposto dall’iter di riesame fissato dalla maggioranza.

Non ci stancheremo mai di evidenziarvi e contestarvi: che il sistema dei concorsi prefigurato dalla riforma è pletorico, dannoso, preclusivo della necessità di assicurare una celere copertura dei posti messi a concorso, inefficace in rapporto alla necessità di assicurare al sistema un magistrato preparato e motivato a svolgere il suo lavoro; che tale inefficacia e macchinosità del sistema riguarda sia i concorsi per l’accesso, che quelli per le promozioni dei magistrati, con gravi rischi di arbitrio connessi all’introduzione dei famosi test di idoneità psico-attitudinale; che la cosiddetta distinzione delle funzioni di giudice e pubblico ministero altro non è che un modo per determinare una separazione di fatto delle carriere, che, oltre a porsi in contrasto con la Costituzione, produrrà gravi storture al sistema di accesso alle distinte carriere (con la possibile perdurante vacanza dei posti di magistrato requirente, come è immaginabile conoscendo le preferenze di moltissimi magistrati) e soprattutto un giudice non motivato perché costretto, a volte per 35-40 anni, a svolgere sempre la stessa funzione; che la gerarchizzazione dell’ufficio del pubblico ministero e l’attribuzione alla Corte di cassazione di un'impropria posizione di supremazia ordinamentale e di vertice della magistratura, oltre a contrastare con il principio dell’indipendenza interna dei magistrati, produrrà un pericoloso conformismo nell’interpretazione del diritto, a danno dell’autorevolezza culturale e della persuasività delle sentenze della Suprema corte; che nessuna, dico nessuna norma in questa riforma è stata introdotta per accrescere le capacità di lavoro dei magistrati e quindi l’efficienza del sistema.

Queste e molte altre norme, dunque, rendono il disegno di legge che esaminiamo in terza lettura assolutamente incongruo rispetto alla riconosciuta necessità di ammodernamento dell’ordinamento giudiziario, che dovrebbe essere finalizzato non ad accrescere le difficoltà ma a consegnarci un giudice più professionalizzato, più motivato e più indipendente.

Il maquillage che avete voluto apportare al corpo del testo normativo elude il contenuto e il senso del messaggio presidenziale e non risolve gran parte degli incisivi rilievi di incostituzionalità.

La volontà, che anche in questa fase del già tortuoso iter di approvazione della legge al nostro esame avete voluto esprimere, rende ancor più insopportabile l’ispirazione che la sorregge e ancor più vulnerabili le confuse disposizioni che, ad onta della espressa pretesa di innovazione sistemica, saranno di difficile attuazione.

La fase attuativa della riforma, se mai avrà corso, si incaricherà di dimostrare che le misure che avete immaginato saranno impraticabili e dannose, certamente sufficienti a dare al nostro Paese non un ordinamento giudiziario più moderno ed efficiente ma più farraginoso e più irrazionale del pur vecchio ordinamento oggi vigente, che almeno garantisce il rispetto dei principi costituzionali.

Non è difficile immaginare che la complessità insita nel decollo della riforma, i più che probabili interventi della Corte costituzionale, i contenziosi che inevitabilmente accompagneranno l’attuazione del sistema dei concorsi (si pensi soltanto a quanti e quali ricorsi potranno originare le modalità tuttora oscure con le quali saranno somministrati e valutati i test psico-attitudinali oppure il pasticcio dell’esercizio del potere attribuito al CSM di valutare il giudizio finale della Scuola di formazione e delle commissioni di concorso, una sorta di valutazione di secondo grado), tutte queste più che probabili difficoltà attuative faranno morire la testarda riforma prima che essa veda la luce; oppure si determinerà una situazione caotica nel sistema delle carriere, delle promozioni, della copertura dei posti in organico tale da costringere nel futuro il legislatore ad un nuovo intervento.

È anche per queste ragioni che non riusciamo a comprendere perché non si voglia riflettere, perché non si voglia far prevalere le ragioni del confronto e dell’apertura quanto meno alle proposte che risultano idonee a prevenire i guasti al sistema che da tante parti, e non solo dalla nostra, sono state ripetutamente e fondatamente prefigurati.

Noi insistiamo con i nostri emendamenti ad invocare almeno un netto miglioramento dell’impianto normativo, pur inemendabile in molti punti. Se voi insisterete a volere una riforma sbagliata e dannosa, dovrete rispondere non a noi ma al popolo italiano che chiedeva e chiede un sistema giudiziario più efficace ed aderente alla non più rinviabile domanda di efficienza del sistema.

In questo periodo stiamo discutendo anche di riforma della legge fallimentare e del codice di procedura civile. Su tali provvedimenti e su altri stiamo esercitando la nostra funzione di opposizione, con proposte costruttive finalizzate a migliorare i testi presentati, proposte che spesso trovano accoglimento in Commissione.

Lo stesso faremo sui pezzi di riforma che prossimamente esamineremo, contenuti nel decreto-legge e nel disegno di legge di recente licenziati dal Governo, che anticipano parte dei suddetti disegni di legge in itinere con un metodo peraltro molto opinabile, perché lesivo di un corretto rapporto tra Governo e Parlamento nello svolgersi della formazione della volontà legislativa.

In questi casi si è dimostrato e si potrà dimostrare, quando si discute di riforme idonee ad ammodernare il sistema giustizia nel nostro Paese, che l’opposizione parlamentare non si sottrae al confronto ma si batte per far passare le proprie istanze nell’esclusivo interesse della giustizia.

Con questa legge, invece, avete impedito qualunque apporto emendativo e migliorativo, avete rifiutato il confronto, avete abbassato la testa e chiuso occhi e orecchie per non ascoltare ciò che tutti hanno tentato di dirvi: la riforma è incostituzionale, sbagliata, dannosa, inattuabile, impraticabile.

È per questo che, mentre riproponiamo emendamenti migliorativi su molti punti, seppur negli angusti limiti del riesame da voi imposti, continueremo nella nostra ferma e decisa opposizione, convinti come siamo che il tempo darà ragione a quanto siamo andati sostenendo nel corso di questi anni. (Applausi del senatore Pizzinato).

PRESIDENTE. Non essendo presenti in Aula i senatori Cavallaro, Zancan e Manzione, si intende che abbiano rinunziato ad intervenire.

Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Bobbio.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, signor Sottosegretario, colleghi, direi che siamo rimasti in pochi. Abbiamo iniziato in pochi e siamo rimasti ancora in meno, ma tutti noi che siamo qui presenti (tranne chi ricopre determinati ruoli istituzionali) siamo troppo attenti a questa materia per non renderci conto della sua importanza.

Vorrei cominciare questa breve replica - riservandomi di trattare altri argomenti in sede di espressione del parere sugli emendamenti - prendendo le mosse proprio dell’intervento del collega Legnini.

Il senatore Legnini ha giustamente fatto riferimento - nel passaggio finale del suo intervento - ad un aspetto che interessa la collaborazione dell'opposizione politica, in questo ramo del Parlamento, nell’elaborazione di disegni di legge attinenti la materia della giustizia in senso lato.

Si tratta di disegni di legge - egli stesso ne ha citati alcuni, ma altri se ne potrebbero richiamare - rispetto ai quali il rapporto fra maggioranza e opposizione è stato, sul piano politico-parlamentare, più sereno di quanto non si sia verificato in occasione della discussione sull'ordinamento giudiziario, come pure, per la verità, in altre, avendo altri disegni di legge di iniziativa governativa e parlamentare presentati dalla maggioranza sul tema della giustizia in senso lato incontrato la ferma, radicale opposizione del centro-sinistra.

Tutto ciò, però, a mio avviso, in una chiave di lettura diversa da quella che propone oggi il senatore Legnini. Una chiave di lettura che va nella direzione di una presa d'atto del motivo per cui, come già su altri, ma in particolare su questo disegno di legge l'opposizione ha espresso una così radicale e netta contrarietà. Per la verità, è una contrarietà che in molti passaggi, in questi lunghi anni di discussione, è apparsa addirittura di rincalzo e non di primo piano, di prima fila, rispetto alla radicale contrarietà manifestata dall'Associazione nazionale magistrati.

Dal punto di vista politico, devo dire che l'opposizione si è spesso mostrata quasi subalterna a iniziative assunte dall'Associazione nazionale magistrati, quasi disinteressata. Allora, perché questa radicale opposizione?

A mio avviso, è tutto molto chiaro: questa radicale contrarietà nasce dal fatto che si prende atto, da parte dell'opposizione, che si tratta di un disegno di legge troppo importante, perché mira a ricondurre la magistratura, il potere giudiziario, nei limiti, nei canali costituzionali, nel binario segnato dalla Costituzione, nel rispetto della Costituzione. L'opposizione politica non vuole perdere quella che per troppi anni è stata la sua stampella giudiziaria.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, ho ascoltato con grande attenzione gli interventi che oggi si sono susseguiti. Ne ho apprezzato i toni e la passione, anche se non posso condividerne i contenuti.

Devo subito replicare al senatore Maritati, il quale, parlando di questo disegno di legge su cui tanto si sta lavorando e che ha impegnato molto del tempo del Parlamento repubblicano, ha ritenuto di invocare per esso addirittura la condanna della storia. Ora, francamente, le condanne della storia debbono riguardare ben altre vicende, di ben altra portata, non un disegno di legge atteso da tempo, certamente opinabile come tutte le leggi, ma che non incide in maniera deflagrante sulle vicende della società. Ben altre sono dunque le vicende per le quali si possono invocare condanne di questa portata.

Non condivido, inoltre, il giudizio che egli stesso ha espresso sulla gerarchizzazione dell'ufficio del pubblico ministero. Lamentiamo da tempo la disinvoltura eccessiva dei protagonisti di un ufficio che, invece, dovrebbe far capo a persone di esperienza e capacità, il cui valore professionale e la cui idoneità a svolgere tale funzione siano stati valutati dal Consiglio superiore della magistratura.

Lamentiamo da tempo il protagonismo di alcuni giovani, che, forse dovrebbero porsi, con maggiore sobrietà di fronte a vicende importanti come quelle che afferiscono la materia penale; tutti gli osservatori hanno sempre auspicato questa gerarchizzazione, con un capo capace che possa intervenire e dettare le direttive alle quali poi i sostituti dovranno uniformarsi. Così, finalmente, sarà se il provvedimento diventerà legge dello Stato e se questa parte non dovesse essere modificato, come è auspicabile.

Parole altrettanto dure - sempre nel rispetto dei ruoli, con grande garbo e con la maestria che gli riconosciamo - ha usato il senatore Calvi, rammentando, però, che l’obbligo di modificare l'ordinamento giudiziario ha una data lontana: il 1948. Cosa è successo dal 1948 ad oggi? Perché non è stato modificato? Forse, perché la magistratura è una struttura talmente forte ed incidente che mai si sono create le condizioni per intervenire su quelli che nel corso degli anni, fatalmente, sono divenuti privilegi. Questa è la realtà.

Se si volesse per un attimo pensare con un pizzico di malizia, a ciò che è accaduto in questi anni, ci si renderebbe conto che per tanto, tanto tempo qualche disinvoltura operativa della politica è stata tollerata e i processi non sono stati celebrati. Forse è questa la ragione per cui non sono state modificate le regole che presiedono alla vita magistratuale, all'organizzazione dei magistrati? Forse perché i processi per troppi anni non si sono celebrati? Certo, è invincibile il sospetto che anche una considerazione del genere possa essere portata per giustificare inerzie antiche.

Credo si debba essere assolutamente celeri in questa fase dei nostri lavori, per cui limiterò il mio intervento. Tuttavia, proprio oggi non posso non richiamare una vicenda che ha interessato gli organi di stampa, ossia la sentenza del tribunale di Milano che, nel negare il diritto di asilo ad alcuni profughi cubani, ha scritto l'apoteosi, l'exegi monumentum del regime castrista.

Per l'amor del Cielo, è legittimo. Ognuno, se autonomo e indipendente, ha il diritto di portare alla sua autonomia e alla sua indipendenza le pulsioni della propria cultura; però, francamente, trovo un po' distonico, rispetto alla sensibilità della pubblica opinione italiana, che oggi si esalti il regime castrista in un provvedimento giudiziario e che ieri, invece, si sia mantenuto in Italia il terrorismo sulla base di valutazioni sempre autonome, indipendenti (e censurabili), soltanto attraverso il meccanismo delle imputazioni.

Sono momenti della vita della magistratura in conflitto - ahimè - con le aspirazioni, le attenzioni, le osservazioni più semplici dell'opinione pubblica italiana e sono queste le ragioni sostanziali per le quali si è imposto il cambiamento. Forse, non sarà stato il cambiamento che tutti auspicavano, forse non sarà stata la riforma epocale che tutti avremmo voluto, ma quante difficoltà abbiamo incontrato - nel momento in cui ci siamo accostati a questa materia - per cercare di renderla più moderna e coerente con le esigenze della società!

Concluderò citando un episodio datato 1820: il Governo piemontese, presieduto dall'onorevole Balbo, decise di metter mano all'ordinamento giudiziario; cadde il Governo, ma l'ordinamento giudiziario restò.

La storia si ripete: il Governo e il Parlamento della Repubblica avranno il merito, se faremo questa riforma, di aver portato finalmente a compimento un cambiamento, l’avvio di un procedimento che deve essere rielaborato ed integrato, ma comunque un passo avanti verso la modernizzazione della magistratura italiana.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Valentino per il suo intervento.

Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

780a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDI' 13 APRILE 2005
(Pomeridiana)

Presidenza del presidente PERA,
indi del vice presidente FISICHELLA

 

 

Presidenza del presidente PERA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,34).

Si dia lettura del processo verbale.

CALLEGARO segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,40).

Presidenza del vice presidente FISICHELLA(ore 18,39)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(1296-B/bis) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (ore 18,39)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis.

Ricordo che il disegno di legge, a norma dell’articolo 74 della Costituzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione.

Ricordo altresì che nella seduta antimeridiana del 15 marzo si è svolta la discussione generale ed hanno avuto luogo le repliche del relatore e del rappresentante del Governo.

Invito il senatore segretario a dare lettura dei pareri espressi dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti.

CALLEGARO, segretario. "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta".

"La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta, ad eccezione delle proposte 2.500, 2.33 (limitatamente alle parole "anche in sovrannumero" di cui al comma e-bis), 2.502 (limitatamente alla lettera p), 2-514, 2-527, 2-155, 2-196, 2.228, 2.264, 2.364, 2.363, 2.776, 2.217, 2.218, 2.219, 2.220, 2.254, 2.685, 2.286, 2.741, 2.331 e 2.334, sulle quali il parere è contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione".

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, ai sensi dell’articolo 96 del Regolamento, chiedo di non passare all’esame degli articoli.

Il disegno di legge sull’ordinamento giudiziario non può proseguire nel suo esame in considerazione di alcuni difetti strutturali che vorrei illustrare all’Aula - chiedo pertanto al Governo, ai colleghi ed in particolare al relatore, senatore Bobbio, di prestare un po’ di attenzione - e per delle motivazioni politiche che subito dopo illustrerò.

La disciplina dell’ordinamento giudiziario vigente prevede che la competenza sostanziale e formale ad adottare i provvedimenti di nomina ed assegnazione dei magistrati alle sedi vacanti spetti al Consiglio superiore della magistratura, in piena aderenza al disposto dell’articolo 105 della Costituzione. Ogni intervento di altro organo si presenta in questo contesto come meramente preparatorio e si inserisce in una fase istruttoria che non ha alcun rilievo esterno.

Il provvedimento al nostro esame, così come configurato a seguito del rinvio presidenziale, distingue in modo confuso tra giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso (dalle commissioni) e giudizio finale formulato al termine del corso presso la Scuola superiore della magistratura, da un lato, e, dall’altro, prevede invece il provvedimento di assegnazione del Consiglio superiore della magistratura.

Ma qual è l’ambito sostanziale di decisione che spetta al CSM per potersi considerare rispettato il precetto dell’articolo 105 della Costituzione, ribadito dal messaggio presidenziale di rinvio? È impossibile, colleghi, capirlo dal testo e quindi il legislatore delegato si troverà di fronte ad una missione sostanzialmente inattuabile.

Se, infatti, si intende la competenza del Consiglio superiore della magistratura come vera potestà decisionale piena, come sembrerebbe costituzionalmente corretto, tale organo si troverà di fronte a giudizi di natura tecnico-attitudinale (purtroppo a rilievo esterno) di altri soggetti che finiranno per esercitare un condizionamento quasi insuperabile sulla sua decisione. È facile ritenere che ogni scostamento dalle decisioni delle commissioni di concorso si esporrebbe ad un forte rischio di impugnazione innanzi al giudice amministrativo per eccesso di potere.

Di fronte a giudizi espressione di discrezionalità tecnica, quali sono quelli delle commissioni di concorso, diverrebbe arduo per il CSM argomentare diversamente; arduo, anche perché la legge non offre sul punto alcun aiuto.

In ogni caso, anche a ritenere che le commissioni di concorso si autolimitino al massimo e forniscano al CSM elenchi di idonei per le sedi disponibili, quindi senza alcuna graduazione, il Consiglio superiore della magistratura si troverebbe di fronte ad insormontabili difficoltà nella formazione delle graduatorie, essendo privo di tutti i necessari elementi conoscitivi proprio perché non ha curato la fase preliminare istruttoria.

Se poi si incentrasse nelle commissioni di concorso il potere di formazione delle graduatorie, è chiaro che i poteri del CSM si ridurrebbero ad una mera ratifica e torneremmo alla situazione originaria del disegno di legge di esautoramento del Consiglio superiore della magistratura dalle sue sostanziali attribuzioni, cosa che ha provocato il messaggio del Capo dello Stato.

E allora? Il problema è che l’impianto del provvedimento va radicalmente modificato sul punto. Non si può prevedere un duplice livello di intervento formale (commissioni e CSM) perché in questo modo non si trova la quadratura del cerchio. Il potere sostanziale non può che coincidere con quello formale di adozione della decisione, e questi non possono che competere entrambi al CSM. L’intervento di altro soggetto non può che essere interno e servente rispetto al procedimento di decisione.

Fino a che non si prenderà coscienza di ciò, questo Parlamento si avvilupperà sempre più in un groviglio inestricabile di incoerenze e contraddizioni. Questo è il rilievo tecnico che mi permetto di sottoporre all’Assemblea a conferma della richiesta di non passaggio all’esame degli articoli.

Esiste, però, cari colleghi, anche una motivazione politica, che voglio sottoporre all’Assemblea per fare in modo che essa esprima una valutazione ed un voto tenendo conto complessivamente di entrambi i livelli.

Sappiamo benissimo, colleghi, che tutti i provvedimenti in materia di giustizia che questa maggioranza ha adottato nella presente legislatura sono stati contraddistinti da un segno meno. Sono il frutto, cioè, di un atteggiamento che potremmo definire livoroso o di microinteresse: la legge Cirami serviva a modificare il regime delle competenze per un processo ed era contro un pezzo della magistratura; il lodo Schifani nella parte additiva, aggiunta qui in Senato, doveva affrancare il Presidente del Consiglio dai suoi guai giudiziari ed era contro un pezzo della magistratura; la ex Cirielli, in gestazione adesso in Commissione al Senato, serviva e serve ad affrancare qualche personaggio del centro-destra dai suoi problemi ed è contro la magistratura.

Anche la riforma dell’ordinamento giudiziario tenta un’opera di normalizzazione e burocratizzazione della magistratura che è contraddistinta da un segno negativo.

La valutazione politica che vi sottopongo è allora la seguente: non mi sembra che in un momento come quello che stiamo vivendo esistano le condizioni generali per affrontare un tema così complesso, dopo il tracollo elettorale che ha visto la Casa delle libertà uscire sconfitta dalle ultime elezioni regionali. Sarebbe opportuno, a mio avviso, aspettare il chiarimento politico di domani, sperando che il Governo trovi il coraggio per presentarsi in Parlamento ed esporre così il suo nuovo programma.

Questa valutazione di mera opportunità politica non è soltanto mia, ma è condivisa anche da alcuni esponenti della vostra maggioranza. Il sottosegretario Vietti, ad esempio, ha avuto modo di dichiarare al quotidiano "La Stampa", in una intervista dell'8 aprile 2005, che in politica le elezioni non sono soltanto un sondaggio, ma una indicazione della volontà popolare. Mi chiedo: quante nostre iniziative in materia di giustizia sono state condivise dal nostro elettorato? In democrazia non vale mai l'alibi che l'elettore non ha capito la nostra proposta: il problema è che l'ha capita e non l'ha condivisa.

Ne siamo consapevoli? Ne siete consapevoli? Da qui al voto delle prossime politiche - aggiunge il sottosegretario Vietti - dobbiamo lavorare per recuperare un consenso elettorale che si è ridotto. La riforma dell'ordinamento giudiziario e la ex Cirielli non possono essere le priorità in tema di giustizia.

Siamo convinti, per le cose affermate dal punto di vista tecnico e politico, che in questo momento non vi siano le condizioni, neanche al vostro interno, per affrontare un provvedimento così particolare e delicato, e siamo altresì convinti che occorre fare in modo che in materia di giustizia non venga scritta un'altra pagina nera in questo Parlamento.

Sono queste le ragioni per le quali sottopongo all'Aula la mia richiesta di non passaggio agli articoli. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta di non passare all’esame degli articoli.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, il Gruppo Democratici di Sinistra-l'Ulivo si associa alla richiesta di non passaggio agli articoli, che non è assolutamente pretestuosa e che ritengo di poter argomentare con tre ordini di considerazioni.

La prima considerazione, anch'essa di natura politica, è diversa da quella affacciata dal senatore Manzione. Non ne faccio una questione di legittimazione di questo Governo e della sua maggioranza. Questa legittimazione formalmente c'è e io non la disconosco minimamente. Ne faccio, però, una questione di successivo percorso del disegno di legge delega in esame.

Da almeno una settimana, si ventila come possibile l'ipotesi di elezioni anticipate; non perché lo dica io o l'opposizione, ma perché autorevoli esponenti del Governo e della maggioranza la considerano possibile. Se così fosse, l'esercizio della delega in presenza di una tornata elettorale nel prossimo autunno non sarebbe fattibile.

Pur riconoscendo tutta la volontà e tutta la competenza al Governo e ai suoi uffici - e faccio qualche fatica a formulare questo riconoscimento - è materialmente impossibile, infatti, esercitare una delega così complessa, frastagliata, articolata e ricca di appendici in presenza di un percorso parlamentare non ancora concluso e di altre gravissime incombenze entro l'autunno. Questo che significato avrebbe? Già oggi sono in corso numerosi, diffusi movimenti all'interno della magistratura nella prospettazione di una entrata in vigore dei decreti legislativi delegati. Se questi non vi fossero, avremmo tutta una serie di scompensi negli uffici dovuti al nulla.

Ecco perché ritengo quantomeno necessaria una breve sospensiva, anche se so di non poterla richiedere a termini di Regolamento; ma, in effetti, l'istanza non era fattibile quando i termini c'erano perché ancora non erano maturate le situazioni messe in evidenza dalla consultazione elettorale. Pertanto, la ritengo necessaria al fine di sciogliere questa incertezza e rendere tutti persuasi che, con ogni ragionevolezza, questa legislatura andrà a compimento.

La seconda considerazione è ancora più incisiva. Checché se ne dica, gli emendamenti, le correzioni apportate dalla maggioranza e dal Governo al testo licenziato a suo tempo dalle Camere per effetto del messaggio presidenziale non soddisfano quest’ultimo completamente.

Il messaggio presidenziale, nel punto terzo, dichiarava non conforme a Costituzione la previsione di una potestà del Ministro della giustizia di ricorrere alla giustizia amministrativa in materia di conferimento degli uffici direttivi e di proroga dei medesimi. Il Governo e la maggioranza hanno fatto vista di accogliere il rilievo prevedendo in questo caso la situazione del conflitto di attribuzione e, peraltro, mantenendo la possibilità di un ricorso ai tribunali amministrativi al di fuori di casi di conflitto di attribuzione.

Questo però non è possibile giuridicamente. Infatti, o c'è stata lesione delle prerogative e delle attribuzioni del Ministro, quali definite dall'articolo 110 della Costituzione e - vorrei aggiungere - dagli articoli 11 e 14 della legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura che tassativamente le elencano, e allora il rimedio è e non può essere altro che il conflitto di attribuzioni previsto dall'articolo 134 della Costituzione; o non c'è stata lesione di quelle attribuzioni e di quelle prerogative ministeriali, e allora non c'è spazio per altro, perché ciò che può essere invocato davanti alla giustizia amministrativa è la lesione di un interesse legittimo di cui il Ministro non è portatore.

Il mantenimento della facoltà di ricorso ai tribunali amministrativi, sia pure in aggiunta all'altro, non ottempera alla richiesta del Presidente della Repubblica, rende, sotto questo profilo, manchevole tale ulteriore passaggio parlamentare e rende opportuno un ripensamento al quale è funzionale il non passaggio agli articoli.

Il terzo e ultimo profilo che affaccio ed è ancora più determinante degli altri - prego il rappresentante del Governo di farsene carico poiché non lo affaccio minimamente con spirito fazioso - è che il sistema disegnato per effetto dell'accoglimento, questo sì, del quarto punto del messaggio presidenziale del 16 dicembre, ha portato un'obiettiva impraticabilità del meccanismo posto in essere attraverso la combinazione dell'antico testo e della novità introdotta per effetto del messaggio. Non posso diffondermi oltre perché il tempo non me lo consente e comprendo che la discussione, essendo strettamente tecnica, esigerebbe parecchi minuti, mi limito però ad affacciare le coordinate essenziali.

Il sistema attuale di promozione e avanzamento dei magistrati è a due stadi: il primo stadio attribuisce una generica legittimazione al magistrato che supera lo scrutinio; il secondo stadio è il concorso per il singolo posto-funzione. Buono o cattivo che sia, ha una sua necessità e una sua razionalità. Il sistema introdotto dalla legge delega, prima della variante conseguente al messaggio presidenziale, capovolgeva l'ordine, nel senso che introduceva un meccanismo a un solo stadio e cioè l'indizione di un concorso per l'individuato numero di posti vacanti e l'attribuzione di quei posti ai vincitori del concorso in esatta corrispondenza. Non condividevamo quel sistema che aveva però una sua coerenza interna.

Oggi si è fatto un mix dei due sistemi perché si è continuato a prevedere la messa a concorso di posti tassativamente individuati, ma i concorsi per esami e titoli ovvero i concorsi per titoli attribuiscono semplicemente una generica idoneità, si concludono con una dichiarazioni di idoneità. È stata eliminata, coerentemente con il messaggio presidenziale, la formazione di una graduatoria da parte delle commissioni esterne; ma a questo punto, come si opererà la selezione all'interno di coloro che hanno ottenuto la dichiarazione di idoneità? Non possono farla gli organi esterni perché è stata espressamente rimossa questa facoltà, non può farla il Consiglio superiore della magistratura perché ad esso non è attribuita.

Avremo, dunque, una situazione di impasse anche perché, volendo ipotizzare - e la cosa mi starebbe anche bene - che sia il CSM a operare la graduatoria, la legge tutto fa meno che definire i criteri in base ai quali può operare. Siamo in una situazione di impasse e, a prescindere dalle opzioni politiche per questa o per quella soluzione, a prescindere quindi dalla opposizione in quanto opposizione, ci si limita a denunciare la concreta ed effettiva impraticabilità del sistema derivante dalla commistione di due diverse esigenze che non hanno potuto trovare una sintesi.

A mio giudizio, il signor Ministro dovrebbe prendere in seria considerazione questa istanza che - ripeto - non proviene dall’opposizione in quanto tale (potrei forse lucrare un dividendo politico proprio dal varo di una legge disfunzionale), ma viene dall’esigenza di cittadino e di magistrato, attento alla necessità che l’amministrazione della giustizia non venga messa in una situazione di vera e propria impossibilità di funzionare.

Per questo ritengo fortemente opportuno l’accoglimento dell'istanza avanzata dal senatore Manzione. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Misto-Com. Congratulazioni).

ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, farò qualche considerazione sperando di indurre alla meditazione l’Assemblea (scusate se uso il termine "meditazione").

Ci accingiamo ad incidere sull’ordinamento giudiziario, il collante per il quale in qualsiasi Stato democratico debbono trovare soluzione le violazioni del patto sociale. Non stiamo dunque discutendo aspetti di scarsa importanza. Occorre, per fare un paragone chirurgico, che tutti abbiamo la mano molto salda per evitare di creare guasti in una funzione dello Stato così delicata da coinvolgere lo stesso assetto democratico.

Onorevoli senatori, siamo qui a discutere a seguito di un alto ed assolutamente opportuno messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica ed è bene tenere la barra ben dritta sul principio fissato dall’articolo 105 della Costituzione, secondo il quale i poteri di nomina e promozione dei magistrati sono affidati, in via esclusiva, al Consiglio superiore della magistratura.

Avete trovato una soluzione - sul merito della quale dovremo discutere - particolarmente difficile, che impone una navigazione tra Scilla e Cariddi. Dobbiamo, infatti, conservare l’autonomia del Consiglio superiore della magistratura avendo da un lato Scilla, ovverosia il giudizio di idoneità all’esito del concorso, e dall’altro Cariddi, ovverosia il giudizio finale formulato all’esito del concorso. Una navigazione che qualsiasi tecnico affronti o si avvicini al problema con animo sgombro da ideologie di parte comprende essere assolutamente difficile e abbisognosa della assoluta meditazione di tutti.

Possiamo dire, signor Presidente, che nel momento storico in cui siamo abbiamo la tranquillità di ricercare una soluzione condivisa, facendo ancora una volta nostro l’alto insegnamento del Presidente della Repubblica, il quale ha detto più volte che le riforme istituzionali debbono essere introdotte attraverso una soluzione condivisa.

Possiamo noi accettare che una riforma condivisa si introduca - scusatemi il bisticcio - quando non c’è condivisione all’interno della stessa maggioranza? Non si deve trovare un accordo tra minoranza e maggioranza, tra opposizione e maggioranza; si deve, prima di tutto, trovare un accordo nella maggioranza, se sono vere le voci levatesi su questo specifico argomento e già ricordate da parte di qualificati esponenti della maggioranza.

Aggiungo l'osservazione (che non è stata fatta nei perspicui interventi che i colleghi hanno voluto svolgere prima di me) che la discussione di una modifica ordinamentale non rimane chiusa nell'Aula del Senato, ma ha un’eco sull'attività e sull'organizzazione dell'ordinamento che si vuole modificare.

Come possiamo non pensare che nell'ordinamento della magistratura, per il quale sono previste modifiche straordinarie (basti pensare, ad esempio, alla sostanziale separazione delle funzioni tra l'ufficio del pubblico ministero e l’ufficio giudicante, che comporta anticipati spostamenti negli uffici), queste non abbiano conseguenze ed echi rispetto alla nostra discussione? Come possiamo dire che tutto ciò che diciamo e facciamo in quest'Aula sia privo di conseguenze? Possiamo accettare che queste conseguenze si verifichino in un quadro politico che definirlo poco chiaro è un eufemismo?

Allora, si abbia rispetto per quegli uffici che quotidianamente reggono il peso di un servizio allo Stato importante, prezioso, meritevole, con gli errori, gli sbandamenti, le infedeltà che in ogni servizio si verificano, ma che ha tenuto, signori senatori, il modo serio e importante per la nostra democrazia.

Se questa tenuta ci sta a cuore, se non parliamo di cose astratte ma di cose concrete, se parliamo - ripeto - di un servizio allo Stato, possiamo dire: proviamo a discutere, proviamo a vedere se si rappezza la maggioranza e se la maggioranza rappezzata trova un punto di incontro su un tema così importante con una minoranza che rispetto ad un incontro ha sempre prestato attenzione, voce e desiderio? Possiamo farlo in questo modo, un po’ di nascosto, alle ore 19, sperando che poi la navigazione funzioni e non si vada a finire sugli scogli? Possiamo discutere una riforma attesa da sessanta anni in queste condizioni?

Si può dire questo soltanto per orgoglio di Ministro, un orgoglio che comprendo ma che non condivido, perché l'orgoglio deve lasciare il passo all'interesse dei cittadini, i quali debbono avere la consapevolezza che quei loro rappresentanti che hanno mandato alla Camera o al Senato siano a loro volta consapevoli dell'estrema importanza del compito che si assumono in una certa giornata e con la dovuta serenità, serietà, sgombrati da quelle tensioni ideologiche proprie di una campagna elettorale, si accingono a ben operare, si accingono ad emendare, si accingono a dare esecuzione?

Attenzione: il nostro compito è ancora più delicato, difficile, importante dei soliti compiti del legislatore, perché siamo legislatori che hanno ricevuto un alto messaggio, che hanno avuto alte indicazioni da seguire, sia pure nell'autonomia e indipendenza del Parlamento.

Allora, vi prego, per cortesia, non ci sia iattanza, non ci sia fretta. Non dobbiamo piantare una bandierina e comunque non è piantando delle bandierine che serve a qualche cosa.

Abbiamo visto succedersi leggi durate lo spazio di un mattino. Ciò che conta è che una legge sia valida, condivisa, accettata ed approvata dai cittadini, i quali non sono in un momento molto approvativo della politica di questa maggioranza e del Governo.

Allora forse (o senza forse), proprio perché è estremamente importante tutto questo, fermiamoci un attimo. Guardate… (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Ancora un minuto, senatore Zancan.

ZANCAN (Verdi-Un). L’attesa, la meditazione, quando la materia è così importante e delicata, è atto di superiore saggezza, al quale io chiedo all’intera Aula di aderire attraverso un voto a favore sulla proposta di non passare all’esame degli articoli. (Applausi dai Gruppi Verdi-Un e DS-U).

AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, il mio è un dissenso che, come i colleghi sanno, definisco tecnico e preannunzio quindi sin d’ora il mio voto di astensione.

Desidero aggiungere alcune osservazioni a quanto egregiamente detto dai colleghi che mi hanno preceduto in ordine all’opportunità di fermarci, di non passare all’esame di questo articolato e di restituirlo ai lavori della Commissione.

Questa richiesta, che si può anche non condividere (come sono convinto molti colleghi della maggioranza non condivideranno), certamente fonda sulla ragionevolezza il fatto di essere stata avanzata. Ripeto, non è obbligatorio condividerla, ma nessuno potrà dire, ragionando laicamente e in buona fede, che sia una richiesta strumentale, ostruzionistica o, peggio ancora, irragionevole.

Vi sono due ordini di questioni che credo dovrebbero indurre a una riflessione seria e profonda, com’è loro costume, i colleghi della maggioranza.

Il primo ha una natura squisitamente tecnica, direi tecnico-giuridica, di rango anche costituzionale. Non dimentichiamo che oggi siamo chiamati a riesaminare un disegno di legge che il Parlamento aveva già varato, ma che ci è tornato perché il Presidente della Repubblica ha ravvisato in esso alcuni punti di palese incostituzionalità. Né il Presidente della Repubblica poteva andare oltre: si è limitato al rispetto delle competenze che in materia gli vengono conferite dalla Costituzione.

Sottolineo questo perché è chiaro ed evidente che vi sono ben altri profili di incostituzionalità all’interno di questo provvedimento e sono talmente tanti e legati fra loro che autorevoli studiosi, assai più autorevoli di me, hanno addirittura parlato di una incostituzionalità "diffusa", termine che per la verità non mi era mai capitato di riscontrare in passato.

Questi illustri costituzionalisti non possono certamente essere annoverati nella solita lista dei comunisti, perché se tutti quelli che non sono d’accordo con questa maggioranza fossero comunisti scopriremmo che in Italia c’è il partito comunista più forte, anche più di quanto lo era quello esistente quando il comunismo c’era veramente.

Dunque, si tratta di illustri costituzionalisti, studiosi della materia scevri da condizionamenti politici, i quali, analizzando questo provvedimento, hanno ravvisato, al suo interno, una diffusa incostituzionalità, che non poteva essere colta - lo ribadisco - dal Presidente della Repubblica, perché Carlo Azeglio Ciampi è un uomo che sa fare assai bene il suo mestiere, quindi figurarsi se mai avrebbe potuto travalicare i limiti del suo intervento. Comunque, ci portiamo dietro un provvedimento che ancora è oberato da questo grave vulnus.

Non entro nel dettaglio, signor Presidente, giacché non voglio svolgere assolutamente un intervento ostruzionistico. Sono state dette cose egregie sia dal collega Manzione che dal collega Fassone che dal collega Zanzan, quindi non entro nello specifico.

Voglio però illustrare il secondo ordine di questioni che si pone e che è di carattere squisitamente politico. Non dobbiamo dimenticare che qui siamo in un’Aula parlamentare, dove siamo spessissimo chiamati - com’è giusto che sia - ad esaminare, calibrare, cercare di esitare al meglio questioni tecnico-giuridiche.

Quando i colleghi ci dicono che noi della Commissione giustizia siamo tra i più noiosi di tutti hanno perfettamente ragione, perché il diritto impone le sue regole e il legislatore deve cercare di osservarle al meglio, cosa che per la verità non sempre si riesce a fare (questa, però, è un’altra questione).

Il problema di ordine politico attiene al momento storico che sta vivendo il nostro Paese. (Brusìo in Aula). Signor Presidente, prego i colleghi, non di ascoltarmi, ma quanto meno di non parlarmi sopra.

Avendo buona memoria, potrei affermare che il momento attuale, se volessi sintetizzarlo, è molto simile a quello che, a ruoli invertiti, abbiamo vissuto nella precedente legislatura dall’indomani del voto delle regionali del 2000 sino alla fine della legislatura. Dai banchi egregiamente abitati allora, come oggi, da quella che attualmente è la maggioranza parlamentare - non c’è dubbio che lo sia ancora - ma che all’epoca era la minoranza parlamentare, non vi era provvedimento su cui ci fosse una presa di posizione del Governo o della maggioranza in ordine al quale qualcuno degli autorevoli colleghi dell’allora minoranza non si alzasse per ricordarci che ci dovevamo fermare perché non eravamo più maggioranza nel Paese.

Chi ha voglia di consultare i Resoconti parlamentari troverà centinaia - non esagero - di inviti rivolti all’allora maggioranza da esponenti, anche autorevoli, dell’allora minoranza che ci esortavano, non sempre con particolare delicatezza (si intende dal punto di vista verbale), a tenere presente che dopo l’esito delle elezioni regionali non eravamo più maggioranza nel Paese e che di questo non potevamo politicamente e parlamentarmente non farci carico.

Signor Presidente, cari colleghi, noi abbiamo perso quelle elezioni otto a sei; voi le avete già perse undici a due e da lunedì prossimo - assumo un impegno personale in quest’Aula perché sono sicuro che anche la Basilicata darà il suo Presidente al centro-sinistra - perderete dodici a due.

Chiedo, allora, se possiamo dirvi che siete voi ora a dover tenere presente che siete minoranza nel Paese, che con il voto di 40 milioni di italiani si scopre che oggi la volontà elettorale assegna al centro-sinistra oltre il 52 per cento dei voti e tiene voi fermi a poco più del 44 per cento: otto punti di differenza non ci sono mai stati fra i due schieramenti da quando vige il sistema maggioritario!

Questo è il quadro. Oggi (mi voglio limitare all’oggi), 13 aprile 2005, il Governo è in fibrillazione come mai si poteva neanche immaginare potesse ritrovarsi. Ciò è comprensibile perché la batosta elettorale è tale che non può non comportare prese di posizione da parte del vicepresidente Fini per un verso, del vicepresidente Follini per un altro verso e della Lega per un altro ancora.

Ieri il Presidente del Consiglio è salito al Quirinale, credo anche per rassicurare il Presidente della Repubblica sulle ultime novità provenienti dall’Europa nei nostri confronti, che certamente rappresentano un ulteriore fattore di inquietudine non soltanto per noi, ma anche per il Paese.

Non si sa se ci saranno elezioni anticipate: queste potranno forse tenersi a giugno o forse ad ottobre; anzi, non credo ad ottobre perché non si è mai votato in quel periodo. Nella migliore delle ipotesi, si potrà arrivare alla prossima primavera: non so come farete, ma questo è un vostro problema, dal punto di vista parlamentare. Immagino, però, che le refluenze sul Paese saranno molto forti.

Si tratta, quindi, di un momento di particolare difficoltà che potrebbe avere - voglio essere estremamente cauto e misurato come è mio costume - un primo punto di chiarimento, a mio parere assai relativo, nella vicina riunione dei leader della maggioranza, nella scelta di un rimpasto di Governo e di un mutamento dei punti fondamentali del programma da realizzare da qui alla fine della legislatura e in un passaggio parlamentare.

Qui c’è un Governo che nella migliore delle ipotesi (per voi, si intende) deve sottoporsi la settimana prossima ad un passaggio parlamentare per il rinnovo della fiducia, e voi mi tirate fuori oggi una riforma di questa portata, che ci è tornata perché marcata di incostituzionalità da parte del Capo dello Stato e che contiene ancora una serie di norme palesemente incostituzionali, non a livello da poter consentire di dichiararlo al Presidente! (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

BEVILACQUA (AN). Ma stai parlando in dissenso da chi?

AYALA (DS-U). Vedi, collega, se io mi spogliassi da quel senso delle istituzioni che possediamo e che ci accomuna e dovessi ragionare egoisticamente, come parte politica che si contrappone alla tua, io vi inviterei a varare questa riforma.

Siccome di comizi ne abbiamo fatti tutti, e ne ho fatti molti anch’io… (Commenti del senatore Pontone). Senti, con la botta che avete beccato forse è meglio che mi lasci parlare.

PONTONE (AN). Ma non dire sciocchezze!

AYALA (DS-U). Avremo modo di parlarne quanto prima, non ti preoccupare.

Dicevo che appena nei comizi si parla di giustizia e si fa l’elenco di quello che avete fatto, viene il momento degli applausi più elevati. Quindi, non c’è dubbio che questa roba ha inciso negativamente anche sul vostro risultato elettorale.

Per questo vi dico che se mi spogliassi dal senso delle istituzioni e ragionassi come uomo di parte, vi inviterei a varare questa riforma, ad andare avanti. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

CONSOLO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONSOLO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, da ieri assisto ad un nuovo sport in quest’Aula che non mi sembra sia rispettoso, se non altro, del precetto costituzionale. Lo sport è iniziato con le dichiarazioni del senatore Angius, cui ha fatto seguito il senatore Bordon e oggi è continuato con una proposta di non passaggio all’esame degli articoli da parte del senatore Manzione, seguito da altri colleghi quali il senatore Fassone e il senatore Zancan.

Il ragionamento che viene portato avanti è il seguente: non bisogna passare agli articoli della riforma dell’ordinamento giudiziario perché abbiamo perso le elezioni regionali. Il senatore Manzione, infatti, consiglia di non portare un ulteriore danno al Paese e di aspettare un passaggio parlamentare richiamato anche - non so da dove attingano queste notizie - dal senatore Ayala.

Non capisco poi che cosa questo abbia a che vedere con la costituzionalità o meno di un provvedimento che, mi permetto di ricordarlo, è stato legittimamente rinviato ai sensi dell’articolo 74 della nostra Carta costituzionale dal Capo dello Stato ed emendato rispettosamente in quel senso dalla maggioranza che ancora governa quest’Aula.

Ora bisogna fare dei piccoli richiami alla scarsa memoria dell’opposizione. Infatti, la riforma del Titolo V con soli quattro voti di differenza è stata fatta quando già erano avvenute quelle elezioni regionali che vi avevano visto nel 2000 soccombere, nessuno di voi però ha pensato a dimettersi. Per piacere, il parallelo tra l’onorevole D’Alema e il presidente Berlusconi è totalmente fuori luogo, non va fatto perché non è rispettoso, cari colleghi, della verità storica.

L’onorevole D’Alema non è stato votato e voi forse ormai omologate in toto e confondete il professor Prodi con l’onorevole D’Alema. Fu l’onorevole Prodi a ricevere la maggioranza dei voti nel 1996. L’onorevole D’Alema, che aveva preso il posto del professor Prodi, si dimise dopo essere subentrato a se stesso, perché ricordiamo che c’era stato un Governo Prodi, un D’Alema, un D’Alema-bis, un Amato, e poi un Rutelli.

Ma tutte queste argomentazioni mi chiedo e vi chiedo cosa hanno a che vedere con il passaggio alla discussione degli articoli di questo provvedimento. L’unico collega che, per un attimo, ha fatto rilievi tecnici (rispettosamente lo ricordo) è il senatore Fassone, il quale però poi ha fatto sue le argomentazioni del senatore Manzione, che comunque erano di natura politica e non tecnica.

Io mi domando quale danno rappresenti per il Paese la separazione delle funzioni tra chi sostiene l’accusa e chi giudica, se già i padri costituenti ne parlarono come una cosa che sarebbe dovuta accadere da lì a poco? L’introduzione della meritocrazia nell’avanzamento di carriera dei magistrati e il conferire maggiori poteri al procuratore capo della Repubblica, che non mi sembra, signor Presidente, essere altro che un magistrato, in relazione ai suoi sostituti, sono da considerare scelte tecniche che potranno essere condivise o no ma non sono scelte che possono in qualche modo, neanche lontanamente, portare questa maggioranza a non votare un disegno di legge che comunque ha rispettato le indicazioni del Capo dello Stato.

In conclusione, cari colleghi, se pensate di qui in avanti di avere a che fare con una maggioranza a passo ridotto vi sbagliate. Noi rappresentiamo la maggioranza in Parlamento e ci auguriamo di esserlo ancora nel 2006. In ogni caso, andremo avanti secondo quanto previsto dalla Costituzione.

La Costituzione non prevede un limite alla possibilità di governare, nel senso che il risultato derivante da elezioni regionali non può, dopo quattro anni, annullare la durata quinquennale del mandato parlamentare previsto dalla Costituzione. Il mandato parlamentare dura cinque anni!

MARITATI (DS-U). Senatore Consolo, perché non risponde alle osservazioni tecnico-giuridiche del senatore Fassone?

BRUNALE (DS-U). Elezioni, elezioni!

CONSOLO (AN). Non prendete spunto da un insuccesso elettorale - per quanto rilevante esso sia stato, senatore Maritati - per chiedere elezioni anticipate. Lasciate giudicare a noi la situazione. Se nel 2006 dovessimo pagare per gli errori fatti ne prenderemo atto, ma per il momento dei vostri consigli non abbiamo bisogno. (Applausi dai Gruppi AN, FI e UDC).

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’intervento del senatore Consolo, da cui dissento, pone comunque a tutti dei problemi di carattere generale, anche se in questo momento è in corso l’esame di un disegno di legge che ci impegna da diversi anni.

Esiste il problema di non trasferire un eccesso di trionfalismo nella discussione delle leggi in corso di esame e anche di non metterci noi i panni che sono stati vestiti da alcuni leader della maggioranza in quest’Aula, che hanno sostituito per anni la discussione con l’indicazione e la memoria della loro vittoria elettorale, ripetendo all’infinito alla volta dell’opposizione: "voi siete stati sconfitti, tacete, perché gli italiani sono con noi"… (Proteste dai banchi del centro-destra).

Se avete la cortesia di ascoltare e non solo di interrompere, vorrei chiarire che per anni, soprattutto dal banco vicino al senatore Malan, ci siamo sentiti dire come massima argomentazione "gli italiani sono con noi e siamo la maggioranza", finché non è più stato così. Bisogna dunque evitare questo errore.

Se il collega Consolo voleva anche implicitamente invitarci ad evitare e a non ripetere questo errore, con me sfonda una porta aperta; ma raccolgo lo stesso volentieri l’invito perché ritengo che nessuno in politica quando diventa maggioranza sia mai vaccinato abbastanza rispetto ad errori di questo tipo. Dunque, ben vengano queste sollecitazioni implicite. Il problema non è che se si perdono le elezioni regionali, avendo la maggioranza in Aula, si perdono anche la possibilità e la legittimità di legiferare: non è sicuramente questo il problema!

Il fatto è che non stiamo discutendo di una legge non dico come le altre, di una legge semplicemente importante, bensì di una legge che ha implicazioni fondamentali dal punto di vista costituzionale, tanto che il Presidente della Repubblica ci ha costretto a ridiscuterne. Non stiamo quindi discutendo solo di una legge importante, che credo una maggioranza legittimamente eletta fino al momento in cui rimane in carica, sia autorizzata a produrre: non è questo il caso.

Il problema è che quella al nostro esame è una legge che tocca elementi di costituzionalità, che il Presidente della Repubblica ci ha rinviato ritenendo che presentasse almeno quattro punti di incostituzionalità, e noi siamo convinti - e lo abbiamo già detto - che, nonostante il dibattito svoltosi in Commissione ed i ritocchi apportati, persistano due elementi di incostituzionalità.

Proprio la settimana scorsa, siamo stati chiamati a votare sul diritto di questo Senato e del Parlamento in generale di costituirsi in giudizio dinanzi alla Corte costituzionale contro il Consiglio superiore della magistratura per decidere nel merito di una norma che, all’interno della legge finanziaria, aveva usurpato poteri che spettano al CSM e che riguardano le nomine e le carriere dei magistrati (il caso Carnevale). Ne abbiamo discusso qui perché la Corte costituzionale si troverà comunque il Senato o il Parlamento nella veste di "imputato" per essersi appropriato di funzioni che non gli spettano.

Ci ritroviamo in una situazione analoga, cosa che vorremmo evitare sia pure all’esito di un percorso che è effettivamente stato molto lungo. Questo romanzo della riforma dell’ordinamento giudiziario è ormai infinito; esso è scritto in pessimo italiano, come ho avuto modo più volte di dire, ma è davvero infinito e a volte viene perfino lo scrupolo o il pudore di continuare a parlarne e, in questo caso, di chiederne il ritorno in Commissione.

Tuttavia, credo che, se riteniamo che il Senato e il Parlamento debbano difendere il loro prestigio di fronte a se stessi, alla Corte costituzionale e, soprattutto, ai cittadini, debbano essere consapevoli che legiferano nell’ambito e nell’alveo della Costituzione. Questa è la ragione per cui chiediamo che ci si fermi ancora.

Non potremmo fare diversamente. Infatti, cosa dovrebbe fare l’opposizione, convinta che questa legge presenti ancora elementi di incostituzionalità, se non chiedere alla maggioranza un’ulteriore riflessione? La maggioranza sarà libera di non voler svolgere questa riflessione, ma noi dobbiamo porre il problema, abbiamo il dovere politico ed istituzionale, oserei dire morale, di porlo.

Dobbiamo porre questo tema e penso che ognuno se lo dovrebbe porre, ancorché sia maggioranza in un ciclo politico favorevole o sfavorevole, nel momento in cui si tocca la Costituzione, che è la Carta in cui si dovrebbero riconoscere tutti gli italiani, essendo minoranza nel Paese, magari proprio per effetto delle riforme realizzate in quest’Aula, e si ritiene, nonostante il giudizio espresso dagli elettori, di andare avanti.

Ritengo questo obiettivamente inopportuno, lasciatemi usare questo aggettivo. È stato inopportuno per noi in una situazione più favorevole e penso che, a maggior ragione, sia inopportuno politicamente. È inopportuno anche dal punto di vista istituzionale, proprio perché la Costituzione non è materia che possa essere scritta da rappresentanti di minoranze politiche del Paese.

Si è fatto l’esempio dell’approvazione del Titolo V nella scorsa legislatura. Appunto, abbiamo svolto tutti una riflessione adeguata al riguardo e mi sembra che ormai ci siano veramente poche persone disposte a sostenere che allora si fece bene, anche in quel caso dopo elezioni regionali che avevano indicato esistere una maggioranza ormai rappresentante di una minoranza politica nel Paese.

Tuttavia, affinché non si equiparino due situazioni diverse, voglio ricordare che allora su quel tema si era realizzata una convergenza pressoché unanime di vedute in sede di Bicamerale e si dissentiva piuttosto sul metodo.

Da anni si è manifestata una differenza aspra di vedute su quel tema, su quell'oggetto e sull'intera materia. Non si tratta di ripetere qualcosa che è già stato, perché lo scontro su materie di rilevanza costituzionale, come in questo caso, cioè a chi spetti governare le carriere e le assegnazioni dei magistrati - secondo la Carta costituzionale questi poteri spettano al Consiglio superiore della magistratura mentre secondo la legge che siamo chiamati a discutere la gran parte di questi poteri andrebbe trasferita in altro luogo - e quindi su un tema relativo ai rapporti tra politica e magistratura, vi è stato fin dall'inizio. Questa situazione non è paragonabile a quella dell'altra legislatura.

Dunque, l'appello finalizzato a riflettere non è vano, strumentale e ripetitivo, non mette in discussione i diritti della maggioranza a legiferare, ma pone una volta di più il problema se la Carta costituzionale possa rappresentare, nei suoi principi di fondo (rapporti politica-magistratura), la maggioranza, o addirittura la stragrande maggioranza degli italiani, o possa, anche alla prova di un passaggio elettorale, rappresentarne una minoranza.

Questo è il tema: può una minoranza politica, non dal punto di vista della legittimità formale, ma da quello della legittimità storica e sostanziale, produrre una Costituzione, intervenire sulla Costituzione? Credo di no. Anche il riferimento fatto al passaggio parlamentare - a mio avviso - non è insensato. Poiché non sappiamo ancora se si andrà a votare il prossimo aprile o in autunno, ad ottobre, è evidente che abbiamo meno garanzie sul modo in cui questa delega potrà essere esercitata.

Infatti, se tale delega dovrà essere esercitata nel giro di due o tre mesi produrrà un ulteriore, affannoso disastro legislativo che ricadrà sulle spalle della nostra macchina amministrativa e giudiziaria. Se invece, per attuare questa delega, vi sarà un anno di tempo, è ragionevole pensare che tale disastro, per quanto dissentiamo sulla questione cruciale di cui stiamo discutendo, in termini legislativi sarà più contenuto.

Pertanto, non è indifferente sapere se stiamo dando una delega ad un Governo che l'attuerà nel giro di tre o quattro mesi, o ad un Governo che avrà davanti dieci o undici mesi. Non è una strumentalizzazione politica, ma un problema di responsabilità. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-Un e del senatore De Paoli).

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, dichiaro il voto di astensione sulla proposta avanzata dal senatore Manzione. Quello che esprimo è un dissenso tecnico e, al riguardo, vorrei sviluppare alcune brevi considerazioni, stimolate dall'intervento del collega Consolo.

Senatore Consolo, da parte nostra non c'è mai stata l'affermazione, da lei riportata, secondo cui la vostra maggioranza non sia più legittimata a rappresentare il Paese e conseguentemente il Governo che la sua maggioranza esprime non sia più legittimato nella sua azione.

Nessuno ha mai sostenuto, in linea di principio costituzionale, questo assunto; anzi, tutti coloro che, osservatori ed esponenti politici, hanno ipotizzato l'opportunità di elezioni anticipate - e ciò è avvenuto anche da parte vostra - non hanno mai inteso dire che queste si rendessero necessarie per un deficit di legittimità del Governo o della maggioranza, ma hanno sempre inteso che si rendessero opportune in quanto la maggioranza, indebolita nei suoi rapporti e nelle sue dinamiche politiche, poteva essere incapace o comunque inefficace nell'azione di Governo.

È questo l'elemento in discussione ed è, di fatto, oggetto della riflessione che voi stessi state facendo all'interno della maggioranza. Il problema è il seguente: avete ancora quella coesione programmatica necessaria a guidare il Paese, nello scorcio di legislatura che ci separa dalle prossime elezioni politiche? È la domanda che vi ponete legittimamente e responsabilmente in virtù del risultato elettorale, che avete sperimentato come risultato negativo.

Questa specificazione mi dà modo di proporre un'altra riflessione al collega Malan, una riflessione che proporrei al senatore Schifani se fosse presente in Aula: dobbiamo smetterla di immaginare che vi sia una parte politica legittimata a rappresentare gli italiani. Questa legittimità non spetta né a voi, né a noi; soltanto noi e voi, tutti insieme, rappresentiamo gli italiani in questa Assemblea.

Se aveste avuto ben presente questo concetto tutte le volte che abbiamo fatto opposizione alla vostra azione di Governo, se aveste immaginato che in quella opposizione non c'era esclusivamente preconcetto od opportunismo politico, ma anche una rappresentanza politica e aveste cercato, quindi, un elemento di mediazione fra la vostra azione politica e la nostra legittima rappresentanza politica, oggi forse non vi sareste trovati di fronte ad una dura realtà elettorale.

Spero che questo elemento sia ben presente e sono certo che lo è all'interno della forza politica che rappresento. Quando ho cercato di esprimere questi concetti nell'Aula del Senato durante il dibattito sulla riforma costituzionale, ho trovato soltanto, forse anche per mia incapacità, la vostra distrazione.

È questo il tema fondamentale che abbiamo sempre omesso di considerare: il Governo non è legittimato dall'una o dall'altra parte politica perché non è il Governo degli italiani che hanno vinto le elezioni, bensì il Governo di tutti gli italiani, quelli che hanno vinto e quelli che hanno perso, e ha perciò un dovere di rappresentanza globale, non può riferirsi esclusivamente alla parte politica di cui è espressione. Ciò è stato troppo spesso dimenticato e anche oggi in questa circostanza si rischia di dimenticarlo.

Stiamo compiendo un passaggio legislativo di particolare delicatezza perché investe aspetti costituzionali. Non è una riforma costituzionale, ma è come se lo fosse perché, come ha evidenziato il Presidente della Repubblica, è un'interpretazione legislativa che risulta lesiva di alcuni princìpi e restrittiva di alcuni concetti costituzionali.

Avete rivisto alcune espressioni legislative, ma il problema rimane e su questo problema dobbiamo interrogarci. Questa legge interpreta i princìpi costituzionali o li contraddice? In questo momento, di fronte alla delicatezza del quesito, non potete pensare che si possa continuare senza un chiarimento politico di ciò che rappresenta questo Parlamento.

Noi vogliamo sapere se c'è ancora una maggioranza, se tale maggioranza sostiene ancora il Governo e se la dinamica fra la vostra maggioranza e la nostra opposizione sia ancora costruttiva. Su questo ci interroghiamo e ciò è banale perché si tratta dello stesso interrogativo che vi state ponendo. Dateci prima quella risposta e potremo poi affrontare una fisiologica, naturale dinamica parlamentare; farlo prima è estremamente pericoloso e dannoso ai fini di quella produzione legislativa di cui dobbiamo essere responsabili.

Per questo motivo, non credo sia particolarmente dannoso riconoscere da parte vostra questa situazione e posticipare il dibattito ad altro momento e ad altra sede temporale.

Questo è l’invito che noi vi rivolgiamo e per questo motivo abbiamo presentato la proposta di non passare all’esame degli articoli sulla quale io, per motivi tecnici, mi asterrò. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, Verdi-Un e DS-U).

TURRONI (Verdi-Un). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Intende avanzare una richiesta?

TURRONI (Verdi-Un). Signor Presidente, lei ritiene che io intervenga in Aula solamente per chiedere qualcosa e che io non possa esprimermi in dissenso rispetto alle pur apprezzabilissime opinioni appena espresse dal mio autorevole collega Zancan?

PRESIDENTE. Certo, senatore Turroni. Ha pertanto facoltà di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal suo Gruppo.

TURRONI (Verdi-Un). Credo che la contingenza politica - mi consenta di utilizzare un'espressione romagnola in Aula, seppur in lingua italiana, legata alla tradizione ed alla cultura popolare della mia terra, così orgogliosa, Presidente, di cui lei sa perché la visita spesso - avrebbe richiesto che soprattutto il Governo, ma comunque la maggioranza intera "abbassasse le orecchie" (è questa l’espressione romagnola), nel senso che prendesse atto che il clima in questo Paese (e non sto parlando di quello atmosferico, il cui cambiamento peraltro è stato da voi sempre negato), il clima politico è profondamente mutato.

I cittadini hanno voltato le spalle non solo alla vostra maggioranza, al vostro Governo ma, come hanno avuto modo di dire autorevolissimi colleghi prima di me, anche alle vergognose leggi ad personam che avete approvato in questi quattro anni, perché altro questo Governo non ha saputo fare: leggi in favore di sé e dei suoi; sibi et suis ho avuto modo di dire anche a proposito della modifica della Costituzione.

Ebbene, signor Presidente, quello in cui più e più volte la maggioranza e il Governo si sono impegnati erano leggi che riguardavano la giustizia, ma per modo di dire; per negarla piuttosto; per garantire a qualcuno di uscire dai vincoli cui la legge lo avrebbe assoggettato se fosse stato possibile celebrare i processi, mantenere i tempi e così via; aspetti che invece sono stati modificati nel tempo proprio per consentire a qualcuno, a pochi, a pochissimi di poter sfuggire alle proprie responsabilità, a quello che avrebbe potuto significare la giustizia per queste poche persone.

Signor Presidente, io non mi occupo di questioni di giustizia ma, nei numerosi dibattiti ai quali ho partecipato, quando si affrontano questi temi i cittadini italiani - come giustamente ha detto il collega Ayala poco fa - alzano la testa e cominciano ad applaudire. Lasciatelo dire a me che sono un assoluto garantista! Voglio ricordare in questa sede di essere stato, infatti, l’unico, durante i lavori della Commissione bicamerale, ad avere presentato la riproposizione dell’articolo 68, così com’era prima, perché stanco dell’ondata giustizialista che ha travolto il nostro Paese!

Ebbene, lasciatelo dire a me che sono un garantista: quei cittadini, in mezzo ai quali tanti sono garantisti quanto lo sono io, applaudono tutte le volte che indichiamo la vergogna dei provvedimenti che avete voluto adottare a tutti i costi.

Quindi, signor Presidente, richiamando i colleghi ad "abbassare le orecchie", ci dovrebbe essere un maggior rispetto non solo di quella che oggi è la maggioranza nel Paese, ma soprattutto della necessità di non respingere - perché di questo si tratta - la richiesta del Presidente della Repubblica.

Sono già intervenuto in questa Aula, signor Presidente, a proposito del messaggio che il Presidente della Repubblica ha inviato al Parlamento sostenendo, allora come ora, che le modifiche che la maggioranza e il Governo - l'ingegner Castelli - pretendono di introdurre contraddicono quel messaggio che il Presidente della Repubblica ha scritto alle Camere rinviando il provvedimento di delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario.

Proprio l'atteggiamento protervo che il Governo vuole avere in questa circostanza, l'atteggiamento della maggioranza, che pretende di respingere nei fatti gli importanti rilievi costituzionali che il Presidente della Repubblica ha fatto, indicando alcuni dei punti - ma sappiamo che ce ne sono numerosissimi altri, i punti indicati dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio sono esemplificativi - che sono in conflitto con la nostra Costituzione, portano a compiere un atto assai negativo nei confronti della stessa Presidenza della Repubblica, un vero e proprio sgarbo istituzionale.

Ebbene, una delle questioni che in modo particolare contrastiamo è il cosiddetto potere di indirizzo posto in capo al Ministro della giustizia. Ho avuto già modo di dire in quest'Aula che, per quello che conosco io delle competenze del Ministro della giustizia, l'unico potere di indirizzo che può esercitare è dire dove ha sede il suo Ministero; e lo abbiamo visto perché il potere di indirizzo in questo Parlamento, in questa legislatura lo hanno esercitato gli avvocati del Presidente del Consiglio e non altri, il potere di indirizzo al Parlamento lo hanno esercitato loro.

Allora, signor Presidente, non pensiamo che possa essere affidato al Ministro della giustizia - che per quello che ci riguarda dovrebbe essere ancora di grazia e giustizia, ma questa è un'altra questione - il potere di indirizzare l'attività giudiziaria, soprattutto perché essa non deve dipendere in alcun modo dal potere esecutivo, ritenendo noi fondamentale la divisione tra i poteri e la divisione che vi deve essere tra il potere esecutivo e il potere giudiziario, che devono essere entrambi autonomi e nella loro autonomia poter operare - soprattutto il potere giudiziario - nell'esclusivo rispetto della legge, senza guardare in faccia nessuno. (Commenti dal Gruppo FI).

Cosa succede? Avete la partita? Potete andare adesso, non ci sono problemi, se c'è la partita credo che…

PRESIDENTE. Senatore Turroni, anche se parla di altri temi il suo tempo scorre. Vada avanti, ha ancora un minuto e mezzo.

RONCONI (UDC). Stia al tema!

TURRONI (Verdi-Un). Sto al tema, collega, non abbia paura.

Sono stato interrotto, proprio come adesso, signor Presidente, da un irrispettoso collega che mi chiedeva di concludere in tempo perché doveva andare a vedere la partita. Ritengo che queste tematiche siano più importanti delle partite. (Ilarità del Presidente).

Tornando al messaggio del Presidente della Repubblica - la ringrazio per il suo cortese sorriso, signor Presidente - credo che non faccia altro che richiamare l'attenzione ad un maggiore rispetto nei confronti della nostra Costituzione, ad un maggiore rispetto nei confronti delle nostre istituzioni, ad un maggiore rispetto nella indipendenza della magistratura.

Non si può essere contenti della magistratura e dire che la si rispetta quando essa emette sentenze favorevoli a qualcuno e ritenere che essa invece opera male quando magari inquisisce, arresta o apre procedimenti nei confronti di qualcun altro. (Richiami del Presidente).

Signor Presidente, per questi motivi, credo di non poter accogliere le richieste che sono state presentate prima e mi asterrò, rispetto alla dichiarazione di voto fatta dal mio collega di Gruppo, senatore Zancan, dissentendo da lui in modo non certamente traumatico, ma deciso. (Applausi dai Gruppi Verdi-Un, DS-U e Mar-DL-U).

MARITATI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola. Mancano cinque minuti alla conclusione della seduta; vuole comunque prendere la parola, senatore Maritati?

MARITATI (DS-U). Sì, signor Presidente, a meno che non mi voglia consentire di intervenire nella seduta di domani mattina, alla ripresa dell’esame di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Intendiamoci bene, possiamo andare avanti anche per alcuni minuti oltre le ore 20, in ogni caso, poi, ha chiesto di intervenire il senatore Bobbio, nella sua veste di relatore. (Commenti). I colleghi che intendono intervenire sono d’accordo nel rinviare a domani mattina e tutti concordano al riguardo? (Coro di dissensi dai banchi della maggioranza). Visto che non c’è un consenso unanime, prenda la parola, senatore Maritati. Se vi fosse stato il consenso generale, non avrei avuto obiezioni, ma, non essendoci, ha facoltà di parlare ora, senatore Maritati, per il tempo previsto.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, anch’io parlo in dissenso, perché non condivido integralmente le ragioni esposte da quasi tutti i colleghi che mi hanno preceduto, con particolare riferimento alle motivazioni per cui essi ritengono che l’Assemblea dovrebbe non passare all’esame degli articoli.

Ho sentito ribadire l’argomento secondo il quale, avendo vinto noi le elezioni amministrative, la maggioranza non avrebbe più la possibilità di esaminare un testo così rilevante e importante. Il collega Consolo dice bene: questo non è un fatto giuridicamente rilevante, per così dire vincolante. La maggioranza resta, è legittimata, può andare avanti, indubbiamente; non è questione tecnico-giuridica o regolamentare. Però, al riguardo mi sia consentita una, sia pur breve, osservazione.

Ci troviamo davanti ad un responso elettorale così rilevante e così importante che non può essere considerato irrilevante dal punto di vista anche giuridico in questa sede, perché non c’è soltanto la volontà popolare a dire basta, a dire che non accetta questo tipo di riforme; nell’ambito di questa riforma abbiamo assistito ad una spaccatura all’interno della stessa maggioranza.

In Commissione, infatti, abbiamo visto che una parte dei rappresentanti della maggioranza ha presentato un maxiemendamento, articolato e complesso, che, se accettato, snaturerebbe o modificherebbe integralmente la linea politica della riforma o pseudoriforma dell’ordinamento giudiziario. Quell'emendamento, di cui è primo firmatario il senatore Salerno, non è stato esaminato in Commissione grazie ad un espediente procedurale, ma è oggi ripresentato in Aula.

Siete quindi di fronte ad un responso elettorale che vi richiama ad una più attenta osservanza del dettato costituzionale e ad un senso di responsabilità al quale non potete non dare ascolto; inoltre, siete di fronte ad un richiamo, al vostro interno, rappresentato dall’emendamento del senatore Salerno ed altri, che vi dice di non andare in quella direzione e di modificare il sistema, addirittura di modificarlo radicalmente.

Allora, è vero che il fattore elettorale di per sé non rappresenta un elemento giuridicamente sufficiente a determinare l’Assemblea a non passare all’esame degli articoli; tuttavia, la richiesta in tal senso è stata formulata sotto più aspetti. Finora l’unico intervento della maggioranza è stato quello del senatore Consolo. Sottolineo che davanti a tali richiami sarebbe più corretto e più coerente, con la vostra forza, almeno sbandierata, rispondere nei fatti.

Ciò, però, non è stato fatto neanche dall’unico collega intervenuto. Infatti, noi abbiamo prospettato ragioni che non sono solo di natura politica. L’intervento del senatore Fassone, come sempre magistrale, chiaro e trasparente, vi ha posti dinanzi ad una seria responsabilità: andare avanti con questo provvedimento significherebbe impedire, in pratica, che i vostri obiettivi siano realizzati e che funzioni l’intero sistema e, in particolare, l’assegnazione dei posti dopo l’esame e i vari concorsi che verranno svolti con il sistema da voi stessi indicato.

Quindi, ci troviamo davanti ad una situazione paradossale. Vi sono evidenti ragioni di inopportunità: questo - ripeto - non lo affermiamo soltanto noi, evidenziando il risultato eccezionale che si è avuto nell’ultima campagna elettorale, ma lo dite voi stessi con la presentazione di emendamenti che non fanno altro che negare o criticare alla base l’orientamento politico del disegno di legge in titolo.

Pertanto, dovete fare i conti al vostro interno con una posizione diametralmente opposta a quella indicata e sostenuta per tanti anni. Vi sono ragioni tecnico-giuridiche alle quali dovete avere la bontà (una volta tanto) di rispondere: non potete intervenire sostenendo che dal punto di vista politico, tecnico, giuridico e costituzionale siete abilitati a procedere.

Questo è certo, ma vorrei sapere se volete fornirci una risposta sul merito, sulle obiezioni formulate dal senatore Fassone, oppure se la vostra pervicace volontà non vuole tenere conto dei risultati elettorali, cioè della volontà popolare, così come non vuole tenere conto neanche del diritto delle parti più elementare e dell’evidente inefficacia ed erroneità di questo disegno di legge che a tutti i costi volete portare avanti.

Per tali ragioni, sono evidentemente d’accordo con la proposta di non passare all’esame degli articoli; tuttavia, mi asterrò per le motivazioni già espresse dai miei colleghi. (Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. In una successiva seduta proseguiremo con il parere del relatore, senatore Bobbio, sulla proposta di non passare all’esame degli articoli.

Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

La seduta è tolta (ore 20,02).

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

781a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDI' 14 APRILE 2005
(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente MORO,
indi del vice presidente DINI

 

Presidenza del vice presidente MORO

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).

Si dia lettura del processo verbale.

PACE, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,38).

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(1296-B/bis) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (ore 11)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis.

Ricordo che il disegno di legge, a norma dell’articolo 74 della Costituzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione.

Ricordo, altresì, che nella seduta pomeridiana di ieri hanno avuto luogo le dichiarazioni di voto sulla proposta di non passare all’esame degli articoli, avanzata dal senatore Manzione.

Richiamo al Regolamento

CALVI (DS-U). Domando di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, non farò un annuncio, né tanto meno una dichiarazione di voto, ma pongo un problema regolamentare all’attenzione sua e dell’intera Assemblea.

Vorrei, cari colleghi, che mi ascoltaste, se non altro perché sapete bene che non è mia abitudine sollevare questioni per guadagnare tempo o per ragioni strumentali. Se date atto di questa mia attitudine, vorrei che mi prestaste un attimo ascolto, perché pongo un problema regolamentare in relazione agli articoli 100 e 102 del nostro Regolamento, nonché all’articolo 72 della nostra Carta costituzionale.

Vorrei partire dalla lettura dell’ultima parte, di quelle poche righe che rimangono al termine del messaggio alle Camere…

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Calvi: devo capire quello che lei vuol rappresentare all’Assemblea, perché la fase delle dichiarazioni di voto è conclusa e i richiami al Regolamento in questa fase non credo possano essere accettati…

CALVI (DS-U). Ma come no?

PRESIDENTE. Perché siamo nella fase del voto.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, io sto sollevando (e credo possa sollevarlo in qualsiasi stato e grado del procedimento) una questione… (Proteste dal Gruppo AN).

SERVELLO (AN). Non è possibile, Calvi! (Richiami del Presidente).

CALVI (DS-U). Cari colleghi, potete opporvi, ma ogni volta questa sorta di opposizione ululata non mi fa capire perché vi opponete.

Sto dicendo semplicemente che non possiamo procedere oltre e dovremmo rinviare il testo alla Commissione; non per le ragioni che sono state dette (e non intendo interloquire), ma per un problema di carattere regolamentare legato agli articoli 100 e 102 del nostro Regolamento, nonché all’articolo 72 della Carta costituzionale.

Sto citando la Carta costituzionale e il messaggio del Presidente della Repubblica. Mi auguro che, appellandomi a quanto ha dichiarato il Presidente della Repubblica per sottolineare l’enorme gravità (in tribunale avrei detto la nullità) di quello che stiamo facendo (altrimenti vi esporrete a un’altra censura severissima), alcuni minuti di tempo mi possano essere concessi per sollevare una questione così delicata, la quale attiene semplicemente al fatto che il testo dev’essere sicuramente riformulato perché il Presidente della Repubblica con il suo messaggio, richiamando l’articolo 72 della Costituzione, ce lo impone e il nostro Regolamento (e in questo consiste il richiamo ad esso), agli articoli 100 e 102, ce lo consente.

Qual è il problema? Che il Presidente della Repubblica nel suo messaggio ci diceva: "Con l’occasione ritengo opportuno rilevare quanto l’analisi del testo sia resa difficile dal fatto che le disposizioni in esso contenute sono condensate in due soli articoli, il secondo dei quali consta di 49 commi ed occupa 38 delle 40 pagine di cui si compone il messaggio legislativo. A tale proposito, ritengo che questa possa essere la sede propria per richiamare l’attenzione del Parlamento su un modo di legiferare (…)".

Il presidente del Senato Pera - credo che tutti, e lei naturalmente per primo, gentilissimo presidente Moro, lo ricorderanno - accolse questa indicazione e ci sollecitò a legiferare in modo diverso.

Ma che cosa accade? Vedo il disegno di legge che ci viene riproposto e noto che consta di due articoli, il primo dei quali, l’articolo 1, reca il contenuto della delega, mentre il secondo, l’articolo 2, l’unico altro articolo, parte da pagina 8 e termina a pagina 87! Allora, cari colleghi, vogliamo veramente non disattendere, ma offendere il contenuto del messaggio, l’invito perentorio del Presidente della Repubblica e del Presidente della nostra Assemblea, formulando in tal modo questa legge? 85 pagine di un solo articolo: siamo di fronte a questo!

Vogliamo dunque consentire che la Commissione, il Governo, chiunque esso sia, riformuli il testo, dividendolo almeno in quattro o in cinque parti, a seconda dei punti più rilevanti, per consentire una discussione più sensata, più equilibrata, così come la Costituzione, il Presidente della Repubblica e il nostro Regolamento impongono doverosamente?

Ecco perché insisto nel dire che, a questo punto, è necessario non guadagnare tempo, ma far sì che, se la legge sull’ordinamento giudiziario deve essere approvata (io non sono affatto dell’opinione che, così formulato, questo sia un ordinamento giudiziario serio e rigoroso), se dobbiamo svolgere un lavoro parlamentare, ci si attenga al Regolamento, alla Costituzione e alla volontà espressa dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Senato.

Quindi, insisto, signor Presidente, che si ritorni in Commissione affinché questo disegno di legge sia riformulato in modo decente, rigoroso, serio e non offensivo per le istituzioni. (Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. Senatore Calvi, la questione è già stata sollevata anche in Giunta per il Regolamento ed è stata decisa nel senso della legittimità. Pertanto, non credo di dover accedere alla sua richiesta.

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunziarsi sulla proposta di non passare all’esame degli articoli.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, colleghi, credo di non dover intervenire sull’ultimo rilievo del senatore Calvi.

Mi piace solo evidenziare all’attenzione dell’Assemblea il fatto che le disposizioni richiamate ovviamente non sono precettive di una modalità di formazione delle leggi, ma si applicano a quei provvedimenti di legge che constino di più articoli. Sono norme che presuppongono e prevedono la loro applicazione nel caso in cui il disegno di legge sia composto di un articolato più complesso. (Commenti del senatore Calvi). Ovviamente non si possono applicare quando il disegno di legge, nella legittima disponibilità del Parlamento - o del Governo in questo caso - sia strutturato in un articolo che consta di più commi.

Quindi, l’obiter dictum del Presidente della Repubblica lo valuteremo per le prossime attività normative e lo terremo presente certamente, ma non credo… (Commenti del senatore Garraffa).

PRESIDENTE. Senatore Garraffa, lasci parlare il relatore.

BOBBIO Luigi, relatore. … non credo che sia impegnativo in questa fase, in relazione a questo disegno di legge.

Nell’esprimere il mio parere contrario sulla richiesta di non passare all’esame degli articoli, vorrei rispondere, sia pur brevemente, ad alcune osservazioni che sono state avanzate.

Ieri il senatore Maritati, se non ricordo male, ha lamentato il fatto che non siano state date risposte tecniche da parte dei colleghi della maggioranza intervenuti. Credo che qualche osservazione tecnica sia utile, proprio per favorire il miglior dibattito parlamentare su un tema così delicato.

Diceva il senatore Fassone, nel motivare il suo sostegno alla richiesta di non passare all’esame degli articoli, che continuare in questa sede di Aula nell’esame del disegno di legge sarebbe un atto pericoloso - è questa la sintesi, se non ricordo male - e comunque si andrebbe ad inserire in un momento di grandi movimenti in atto nella magistratura, relativamente alla presentazione di molteplici domande di trasferimento che metterebbero in pericolo la tenuta del sistema.

Ebbene, io credo che si tratti di un’obiezione che non può essere tenuta in considerazione nella misura in cui, a prescindere da una serie di altre valutazioni che non sto qui a fare, la tranquillità ci viene data da quel limite molto chiaro e netto costituito dall’entità, dalla quantità dei posti vacanti.

Non vi è dubbio che tutti gli 8-9.000 magistrati italiani potrebbero presentare domanda di trasferimento, ma quello che conta è la disponibilità dei posti nei quali essere trasferiti. E’ un argomento che in questo caso mi pare provi troppo; quindi, nulla quaestio da tale punto di vista.

Si è ancora una volta richiamato da parte di molti colleghi l’articolo 105 della Costituzione in relazione alla tematica delle promozioni dei magistrati. Io credo che, una volta di più, sia utile ricordare a tutti noi che l’articolo 105, nell’elencare i cinque ormai famosi poteri del CSM (che sono suoi, nessuno glieli vuole toccare, né si potrebbe ovviamente, se non con una legge costituzionale), contiene quel piccolo, ma non trascurabile inciso dal punto di vista del rapporto fra i poteri dello Stato che recita: "secondo le norme dell’ordinamento giudiziario".

Ora, l’ordinamento giudiziario è adottato con legge ordinaria dello Stato, che viene votata e varata dal Parlamento; stiamo facendo esattamente questo. Il limite è che le norme dell’ordinamento giudiziario non si risolvano in un esproprio costituzionalmente non accettabile dei cinque poteri del CSM, ma su questo credo che siamo tutti molto attenti e chiari: non solo non vi è esproprio dei poteri del CSM, ma la riformulazione del testo proposto oggi all’Aula tiene conto da questo punto di vista dei rilievi del Capo dello Stato.

Il CSM mantiene inalterato, nel testo che proponiamo da oggi all’Assemblea, il suo potere in relazione alla promozione dei magistrati. Gli si fornisce un plafond valutativo che in qualche maniera dà anche conto del potere-dovere del CSM di motivare in maniera congrua, tecnica ed accettabile dei provvedimenti così delicati quali sono le promozioni dei magistrati.

Non ci si può chiedere, dunque, cari colleghi dell’opposizione, sia che lo facciate direttamente, sia per interposta persona, che il Parlamento per tutelare i poteri del CSM in qualche maniera si privi delle proprie prerogative di legiferare. Questo vorrebbe dire che il CSM vuole espropriare il Parlamento del proprio potere di curare, essendone l’unico depositario, l’interesse dei cittadini italiani, che tende - lo abbiamo detto infinite volte - ad una magistratura autonoma, indipendente e imparziale. (Brusìo in Aula).

Chiedo scusa ai colleghi, ma credo che occorra dirle adesso queste cose, per cui un piccolo richiamo al senso di responsabilità e al senso della nostra presenza in quest’Aula è necessario per tutti, al di là della fretta o delle urgenze di altra natura. Termino, quindi, il mio intervento, però con un minimo di completezza. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

Per quanto riguarda il problema del ricorso amministrativo, poi, si tratta di una questione molto sfruttata, ma secondo me poco utile alle argomentazioni dell’opposizione di centro-sinistra. Il collega Fassone ed altri dicono che o si fa il conflitto di attribuzioni, o non c’è spazio per altro. Non è esatto e mi permetto di rilevarlo. E’ una vera e propria petizione di principio, è un assioma, non riuscirete a dimostrarlo, come non si potrebbe dimostrare in nessun altro modo. Il fatto di attribuire al Ministro il potere di ricorso amministrativo nasce direttamente dal riferimento ai principi generali del nostro ordinamento.

E’ potere del legislatore, in chiave di tutela della legittimità e della legalità dell’agire della pubblica amministrazione - e il CSM in qualche misura è parte del sistema della pubblica amministrazione - ribadire il limite della legittimità degli atti come limite fondante degli atti anche del CSM, e che il potere di eccepire la eventuale violazione di legge degli atti amministrativi del CSM venga conferito non solo al diretto interessato o al controinteressato, ma a quel soggetto che, per previsione costituzionale, è il garante del buon andamento (in questo caso l’Amministrazione della giustizia) nonché, essendo soggetto di Governo, dell’interesse generale dei cittadini italiani che atti così rilevanti come quelli del CSM in tema di promozione dei magistrati siano conformi alle previsioni di legge, per garantire che quella effettuata sia la scelta migliore secondo i criteri di legge e nell’interesse degli italiani. Quindi, anche da questo punto di vista, non credo che possiate andare oltre, tentando di sostenere l’insostenibile. Pertanto, sono contrario a questo approccio.

Ancora, sempre in estrema sintesi, è vero che vi sono in prospettazione due sistemi diversi di promozione, ma questo mix - come diceva il senatore Fassone - dei due sistemi per le promozioni proposto nel testo all’esame dell’Assemblea non è vero che genera un momento di impasse; anche questa mi sembra una affermazione apodittica, senza alcuna possibilità di dimostrazione. Comunque, questo ha voluto il messaggio presidenziale al quale noi rispondiamo con questo nuovo testo in maniera inoppugnabile ed irreprensibile.

Si sostiene ancora che in questo momento questa maggioranza non sarebbe legittimata a votare e andare avanti nella valutazione dell’ordinamento giudiziario. Si è sostenuto, con argomentazioni tutte politiche, che dovremmo prendere atto come maggioranza che l’esito del voto alle regionali ci avrebbe in qualche maniera depotenziati o delegittimati.

Mi sembra un’argomentazione alquanto pretestuosa e che deve fare i conti con la realtà dell’Aula, che è - vedremo se sarà così o meno - di una maggioranza assolutamente serena e compatta, che voterà questo testo e che continuerà, nelle previsioni, a svolgere il suo lavoro nell’interesse degli italiani.

Certo, richiamate l’esempio a voi riferibile delle elezioni regionali del 2000; richiamate l’esempio di un presidente del Consiglio, l’onorevole D’Alema, che succedette a se stesso praticamente, o a cui successe, nell’ambito di un gioco di maggioranza, l’onorevole Amato; richiamate un contesto nel quale noi non riteniamo di poterci calare, almeno come esponenti della maggioranza.

Certo, era necessario per voi rimanere comunque al Governo per altre ragioni che non le nostre ragioni di coerenza: dovevate preparare la finanziaria elettorale di spesa che creò la voragine di bilancio da noi ereditata, cosa che noi non faremo; bisognava cambiare in fretta e furia il Titolo V della Costituzione, con tutti i disastri che furono fatti; bisognava riempire le caselle delle nomine di Stato e di sottogoverno; bisognava fissare la sede del G8 a Genova. Credo che vi basti come elenco.

Questa è una riforma che noi intendiamo fare, è una riforma voluta dai cittadini, che non crea conflitti sociali. Non vi è alcuna ragione al mondo per fermare questa riforma. Voi ritenete sia inopportuno andare avanti; la maggioranza ritiene sia inopportuno fermare una riforma attesa da sessant’anni, cui voi siete contrari non nel merito, ma per ragioni di mera conflittualità politica.

BRUTTI Massimo (DS-U). No, siamo contrari nel merito!

BOBBIO Luigi, relatore. Esprimo il mio parere contrario alla richiesta di non passare all’esame degli articoli e chiedo all’Aula di andare avanti per il bene del Paese. Se aspettassimo il vostro placet, anche questa riforma, tra veti di poteri forti e corporativismi, non si farebbe mai. (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC e LP).

PRESIDENTE. Poiché il Governo non intende intervenire, procediamo alla votazione.

 

Verifica del numero legale

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

GARRAFFA (DS-U). Presidente, guardi le luci su quei banchi: è uno scempio!

PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale. (Proteste del senatore Garraffa).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di non passare all’esame degli articoli, avanzata dal senatore Manzione.

Non è approvata.

Dichiaro inammissibili, ai sensi dell’articolo 136, secondo comma, del Regolamento, sulla base della deliberazione approvata dall’Assemblea nella seduta del 26 gennaio scorso, in quanto non riferiti alle parti oggetto del messaggio di rinvio del Capo dello Stato, i seguenti emendamenti: 1.10, 2.500, 2.7, 2.501, 2.14, 2.19, 2.43, 2.514, 2.527, 2.528, 2.529, 2.530, 2.80, 2.85, 2.92, 2.95, 2.139, 2.138, 2.338, 2.339, 2.359, 2.360, 2.367, 2.370 e 2.371.

BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, vorrei segnalare che ci troviamo di fronte ad un provvedimento così articolato: c’è un primo articolo, e in rubrica è scritto "Contenuto della delega"; vi è poi un secondo articolo, ed in rubrica è scritto "Princìpi e criteri direttivi, nonché disposizioni ulteriori".

In realtà, il secondo articolo è davvero molto lungo e vi sono emendamenti ad esso nelle parti che conosciamo, cioè quelli che sono rimasti dopo la dichiarazione di inammissibilità.

Il nostro Regolamento, all’articolo 100, comma 9, prevede: "Su tutti gli emendamenti presentati ad uno stesso articolo" - leggo testualmente - "si svolge un’unica discussione, che ha inizio con l’illustrazione da parte dei presentatori e nel corso della quale ciascun Senatore può intervenire una sola volta, anche se sia proponente di emendamenti". Abbiamo quindi un presentatore che è proponente di più emendamenti e che può intervenire una sola volta.

Senonché, la materia trattata dall’articolo 2 è assai complessa e sarebbe opportuno, per un confronto che sia tale da entrare nel merito delle questioni che ci sono sottoposte, che vi fosse la possibilità di una illustrazione dei singoli aspetti cruciali toccati da questi emendamenti, che si riferiscono ad un articolo lungo e complesso.

Ebbene, lo stesso comma 9 dell’articolo 100 del Regolamento del Senato prevede: "(…) quando se ne manifesti l’opportunità per l’ordine della discussione, il Presidente può disporre che la discussione sia suddivisa in rapporto ai diversi emendamenti o alle diverse parti dell’articolo".

Signor Presidente, le chiederei di applicare il comma 9 dell’articolo 100 per suddividere la discussione come ella riterrà più opportuno, in modo che vi sia la possibilità che su aspetti distinti si svolga un intervento di illustrazione tale da entrare nel merito di ciascuna grande questione posta dagli emendamenti presentati sull’articolo 2.

Le saremmo molto grati, signor Presidente, se ella volesse venire incontro a questa nostra richiesta che - lei comprenderà bene - ci consentirebbe di esporre non solo al Parlamento, ma anche all’opinione pubblica le ragioni per le quali riteniamo che l’articolo 2 debba essere emendato.

Dirò di più: non chiediamo questo spazio per la illustrazione degli emendamenti soltanto per noi. Dico subito che tra questi emendamenti ve ne è uno firmato dal senatore Salerno, che è collega di altra parte politica. Tuttavia, tale emendamento, inserendosi in una legge che complessivamente critichiamo, rappresenterebbe a nostro avviso un mutamento circoscritto, particolare e che non cambia la natura della legge nel suo complesso, ma che però siamo pronti ad appoggiare e condividere.

Vorremmo si svolgesse un confronto in sede di illustrazione degli emendamenti tale da determinare eventuali convergenze o anche da verificare le divergenze che vi siano in ordine all’emendamento del senatore Salerno.

Non sfugge a nessuno che quell'emendamento, tra tutti quelli che discuteremo, è politicamente significativo, poiché viene dalla maggioranza e può essere considerato positivamente dall'opposizione.

Signor Presidente, per tutte queste ragioni, le chiedo di garantire una discussione che sia il più possibile articolata sulle singole questioni che affronteremo, in modo tale da consentirci di convergere - come in questo caso convergeremo, con ogni probabilità - su una proposta della maggioranza; ciò allo scopo di permetterci di illustrare a fondo i nostri emendamenti, nella speranza che qualcuno di essi possa convincere anche qualche collega della maggioranza.

PRESIDENTE. Senatore Brutti, le chiedo se ha qualche proposta in ordine al problema che ha sollevato.

BRUTTI Massimo (DS-U). Se posso disporre di qualche minuto, sono in grado di avanzare una proposta.

PRESIDENTE. Dobbiamo decidere subito.

BRUTTI Massimo (DS-U). Intanto, Presidente, si può subito iniziare con l'articolo 1, sul quale non ci sono problemi essendo stato presentato un solo emendamento.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, la ringrazio per la sua disponibilità ad accogliere la richiesta.

Vorrei proporre, proprio per non abusare del tempo e della sua cortesia, un frazionamento in tre parti, che sono precisamente le seguenti.

BRUTTI Massimo (DS-U). Collega Fassone, le questioni poste dal Presidente sono quattro!

PRESIDENTE. Senatore Brutti, il suo collega Fassone sta avanzando una proposta.

Prego il senatore Fassone di proseguire il suo intervento.

FASSONE (DS-U). Impregiudicate, ovviamente, altre proposte, la mia è la seguente. Si potrebbe prevedere una prima tranche che comprende gli emendamenti da illustrare in un solo blocco, incluso l'emendamento 2.553, fino a pagina 23 del fascicolo degli emendamenti; una seconda tranche potrebbe comprendere gli emendamenti che partono da quello anzidetto sino all'emendamento 2.743, compreso, riportato a pagina 71 del fascicolo; una terza tranche comprenderebbe tutti i restanti emendamenti.

MALAN (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FI). Signor Presidente, di fronte alle questioni sollevate dal senatore Massimo Brutti e alla proposta avanzata dal senatore Fassone, poiché, in effetti, l'articolo 2 del provvedimento è molto corposo, potremmo stabilire - con una deliberazione dell'Aula - di dedicare la seduta antimeridiana di martedì 19 aprile all'illustrazione degli emendamenti presentati all'articolo 2, con l'intesa che si passerà alla votazione solo nella seduta pomeridiana. In questo modo vi sarebbe un ampio spazio temporale per l'illustrazione di tutti gli emendamenti. Già da ora, tuttavia, potremmo iniziare l'esame degli articoli e votare l'articolo 1.

PAGANO (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAGANO (DS-U). Il senatore Malan continua a cambiare in Aula quanto è previsto nel calendario dei lavori.

MALAN (FI). Lo avete chiesto voi!

PAGANO (DS-U). Adesso parlo nella veste di responsabile del Gruppo, se me lo consente, e quindi con tutta l'autorevolezza che mi compete.

Senatore Malan, bisogna trovare un accordo, e la prego di tornare alle pratiche precedenti, sapendo quanto c'è - per così dire - in ballo. Le ricordo che martedì mattina la Commissione bilancio deve esaminare circa 2.000 emendamenti presentati sul provvedimento in materia di competitività. In effetti, qualcuno pensa che il lavoro della 5a Commissione verrà verificato dalla fiducia; tuttavia, nel momento in cui le Commissioni sono insediate, devono, in ogni caso, lavorare.

Capisco che avete problemi di rapporti all'interno della maggioranza (per questo provvedimento come per altri), ma non si può cambiare in questo modo il calendario dei lavori. Comprendo anche l'altro problema che lei ha, senatore Malan.

Mi rivolgo a lei, signor Presidente, che è sempre molto attento a certe questioni. Le comunico che nel Gruppo di Alleanza Nazionale hanno votato dieci persone in più rispetto a quelle che erano presenti; del Gruppo di Forza Italia hanno votato dodici senatori in più.

Siccome il numero legale si è ottenuto per soli due voti in più, capisco che il senatore Malan non voglia finire questa seduta con una sequela di richieste di verifica del numero legale. Allora, se vi è il problema sollevato dal senatore Brutti sull'articolo 2 e la questione è stata ammessa anche dalla maggioranza, e se consideriamo che la seduta si chiuderà con la verifica del numero legale che chiederemo a breve, vi è l'esigenza che il modo di procedere nell'esame del disegno di legge sull'ordinamento giudiziario sia deciso la prossima settimana da una nuova Conferenza dei Capigruppo. (Applausi dal GruppoVerdi-Un).

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei far osservare al collega Malan, il quale aveva avanzato la sua proposta con intento costruttivo, che non la ritengo sufficiente a risolvere il problema convenientemente posto dal senatore Brutti e giustamente raccolto dalla sensibilità della Presidenza.

Senatore Malan, il problema non è recuperare un tempo sufficientemente ampio, come potrebbe essere quello della seduta antimeridiana di martedì; il problema è organizzare la discussione in modo funzionale. Se martedì mattina ci trovassimo ancora nella necessità di illustrare globalmente gli emendamenti correlati all'articolo 2, ci troveremmo ugualmente nella situazione di dover affrontare in un unico intervento, e quindi con scarsa incisività, tutte le rilevanti questioni poste dal disegno di legge, con particolare riguardo ai quattro rilievi avanzati dal Presidente della Repubblica nel messaggio.

Il problema è di funzionalità: si tratta di svolgere la nostra discussione per compartimenti che non sono affatto stagni, dipendendo l'uno dalla soluzione che avrà trovato il problema precedente. Non si può pensare che siano l'uno indipendente dall'altro; vi è una consequenzialità nella discussione che può realizzarsi soltanto con una separazione fisica della discussione sui vari argomenti.

Signor Presidente, siccome lei ha mostrato di recepire la fondatezza del rilievo, noi riteniamo che la proposta avanzata non sia funzionale al problema posto e che una soluzione possa trovarsi soltanto attraverso una separazione degli argomenti da affrontare, della quale possiamo discutere in tempi sufficientemente brevi.

ANDREOTTI (Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI (Aut). Signor Presidente, mi scuso con i colleghi se ho chiesto la parola per sottolineare un aspetto che dovremmo tutti considerare. Non si tratta tanto di un problema tecnico da risolvere approvando le soluzioni che sono state prospettate o trovandone altre rispetto ai rilievi mossi, in sede di rinvio, dal Presidente della Repubblica; si tratta piuttosto della necessità di trovare una strada che ci faccia uscire da una situazione che non si era mai verificata nel passato e che è estremamente pericolosa, cioè uno stato di contrapposizione frontale tra la magistratura e i poteri politici, che sono visti in blocco: Parlamento e Governo.

Mi illudevo che nel dibattito in questione, fin dall'inizio, potessimo essere tecnicamente aiutati dai colleghi che sono magistrati; pensavo anzi che, essendo presenti magistrati in un numero discreto, sia al Senato sia alla Camera dei deputati, potessero loro indicarci una strada per attutire questo contrasto e per aiutarci a risolvere le difficoltà che ci sono. In qualcuno con cui ne ho parlato ho suscitato un sorriso, forse un apprezzamento anche sulle mie facoltà intellettuali, per l’illusione d'intraprendere tale strada.

Non possiamo però non tener conto del fatto che ci siamo trovati - e non è un dato di commento, ma una rilevazione - dinanzi ad un'astensione dal lavoro dei magistrati che ha registrato una partecipazione dell’86 per cento, evento che credo non accada più nemmeno con i metalmeccanici, che creavano momenti di grande disagio per i Governi in occasione delle loro manifestazioni romane.

Quindi, prendo la parola per evidenziare l’importanza della possibilità di usufruire di qualche giorno per riflettere e studiare. Una decina di giorni fa, vi è stata un’intervista di un appartenente alla magistratura che non è certamente catalogabile tra gli aderenti ad un gruppo o ad un altro: l’ex procuratore generale di Milano Borrelli. Egli, criticando questa legge ed in modo particolare la dizione "politica-giudiziaria", dice che due problemi essenziali, che devono essere risolti, non sono toccati dal provvedimento, e cioè la lunghezza dei processi e il disciplinare. E certamente costui non è nemico della magistratura.

Ricordo, inoltre, che quando era Guardasigilli l’onorevole Diliberto, fonte quindi non sospetta almeno da un certo punto di vista, costui rese noto di avere avviato - se non vado errato - circa 90 procedimenti disciplinari e che nemmeno in un caso vi era stato un esito favorevole.

Quindi, i due aspetti su cui Borrelli richiama la nostra attenzione sono importanti. Io veramente non so chi consigli il Governo in questa materia. Quando discutemmo la modifica della legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura e fu avanzata una proposta governativa paradossale, quella cioè di abbandonare il sistema delle candidature regionali e di prevedere una candidatura nazionale, ricordo che il nostro collega Calvi (del quale non parlerò più, perché non vorrei creargli dei problemi), aderendo a tesi di buon senso che a volte ci espone attraverso la sua esperienza, disse: vi rendete conto di cosa state facendo?

CALVI (DS-U). Ciò mi onora sempre!

ANDREOTTI (Aut). Di fatto, da allora, le correnti hanno preso un potere enorme. Prescindo dalle persone, per carità, però, per la prima volta dopo cinquant’anni, il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura è stato designato dall’opposizione.

Quindi, poter riflettere non è qualcosa che può disturbare gli uni o gli altri, anche perché, mentre purtroppo è diventata quasi norma che il dialogo non dia frutti perché ognuno rimane fermo ai numeri della propria scuderia politica o del gruppo di scuderie politiche, almeno in questo caso dovremmo evitare che si possa dire che si procede alla riforma dell’ordinamento giudiziario con una pregiudiziale sostanziale di carattere politico, di schieramento, da una parte o dall’altra. Credo che, se almeno su qualche punto potesse esserci una convergenza, renderemmo un servizio alla dignità del nostro lavoro di parlamentari e all’equilibrio sostanziale della nostra Nazione. (Applausi dai Gruppi Aut, DS-U, Mar-DL-U, Verdi-Un, Misto-Com, Misto-RC e UDC).

PRESIDENTE. Procediamo all'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Passiamo all'esame dell'articolo 1, sul quale è stato presentato un emendamento dichiarato inammissibile.

Passiamo pertanto alla votazione di tale articolo.

ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo 1 non è norma di poco conto, perché - come diziona la rubrica dell'articolo stesso - contiene il contenuto della delega. Pur senza entrare nel dettaglio, perché i criteri della delega sono poi esposti nel pantagruelico articolo 2, tuttavia il contenuto della delega già serve assai bene ad illustrare quelli che saranno i criteri della delega.

In particolare, fermo la mia attenzione sulle lettere a) e b) dell'articolo 1, che prevedono la modifica della disciplina dell'accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica per l'ingresso in magistratura, e prevedono altresì l'istituzione della Scuola superiore della magistratura.

Perché sono importanti, avendo sempre riferimento all'alto messaggio del Presidente della Repubblica, le lettere a) e b) dell'articolo 1? Perché sappiamo che il messaggio del Presidente della Repubblica, nell'esortare a tener salvo il dettato di cui all'articolo 105 della Carta costituzionale, ovverosia nel conservare l'esclusiva competenza del Consiglio superiore della magistratura per la fissazione dei criteri e per le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e la formazione dei magistrati, ha anche detto che tutto questo presenta rilievi di palese incostituzionalità - ripeto, colleghi, di palese incostituzionalità - perché determinati poteri che la Carta costituzionale lascia in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura sono stati indebitamente, impropriamente e incostituzionalmente trasferiti in altri organi esterni dalla legge approvata dal Parlamento.

In particolare, il messaggio del Presidente della Repubblica ha fatto riferimento all'indebito trasferimento alle commissioni di concorso e alla Scuola superiore della magistratura. Allora, se questo è il tema proposto dal messaggio del Presidente della Repubblica, se il contenuto della delega intende disciplinare in particolare l'accesso alla magistratura e la Scuola superiore della magistratura, comprendete, colleghi, che dall'articolo 1, ovverosia dal contenuto della delega, cominciamo ad entrare veramente a piedi giunti nella materia sulla quale il messaggio del Presidente della Repubblica ci chiama a ritornare, quindi non possiamo certamente lasciare in non cale e trascurare l'articolo 1 che fissa i contenuti della delega.

Presidenza del vice presidente DINI(ore 11,45)

(Segue ZANCAN). Dobbiamo, quindi, porci il problema sin da subito, ovverosia dall'articolo 1 (e poi rimane soltanto l'articolo 2, che ha quelle dimensioni mostruose di cui si è già detto), se la pulizia costituzionale alla quale ci invita il Presidente della Repubblica si sia realizzata attraverso questa modifica della disciplina dell'accesso e attraverso l'istituzione della Scuola superiore della magistratura.

A me sembra che sin da subito (cioè sin dal momento in cui si dice: attenzione che noi intendiamo delegare su questi punti, ovverosia quello dell’accesso concorsuale alla magistratura o alla Scuola superiore della magistratura) dobbiamo fermarci, meditare e affermare che la richiesta pulizia costituzionale non è avvenuta, ma è rimasto assolutamente integro quel vizio di incostituzionalità che è stato rilevato dal Presidente della Repubblica.

Dico questo perché nel testo si dice che in materia concorsuale si deve tener conto del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso, quando si dice, in materia di Scuola superiore della magistratura, che si deve tener conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso, non per disturbare sempre il signor de Lapalisse, che è veramente il più disturbato del mondo in questa legislatura. Ma se il Consiglio superiore della magistratura si trova schiacciato dal tener conto del giudizio di idoneità del concorso e del giudizio di idoneità finale della Scuola, mi domando come sia possibile, un domani, che il giudizio del Consiglio superiore della magistratura possa giudicare idonea una persona dichiarata non idonea a diventare magistrato.

Sotto il profilo amministrativo è una richiesta di palese e patente irrazionalità, è una contraddizione in termini che non può reggere al vaglio di nessuna verifica a livello amministrativo, perché nessun organo può dire idoneo ciò che un organo che precede nella formazione dell’iter amministrativo ha detto che non è idoneo.

Allora qui dobbiamo veramente fermarci e valutare che il contenuto della delega, che fissa i criteri per il concorso e che fissa l’attività della Scuola superiore della magistratura, pone veramente già da subito un vizio di incostituzionalità. Noi non possiamo gettare dalla finestra questo duplice giudizio di idoneità, di cui invece il testo di legge ci chiede di tenere conto rispetto a quei compiti di assunzione della magistratura che sono previsti dall’articolo 105 della Costituzione.

È per questo che, poiché il vizio incomincia da subito, poiché è dal contenuto della delega che incomincia quel vizio che il Presidente della Repubblica ha giustamente e con alto, puntuale insegnamento additato ai lavori parlamentari, poiché sin da subito, attraverso la strutturazione del contenuto della delega, ci troviamo a dover fare i conti con una progressione che non può che finire in modo certo in una violazione dell’articolo 105 della Carta costituzionale, allora dico: signori colleghi, per cortesia, fermiamoci sin da subito, non andiamo avanti, non perdiamo tempo, blocchiamo questo articolo 1, sul quale dunque dichiaro il fermo, convinto voto contrario mio personale e del Gruppo Verdi-l’Unione.

Concludo ripetendo che su questo punto - ahimè - il buongiorno non si vede dal mattino, ma dal mattino, ovverosia dall’articolo 1, si vedono invece quei vulnus di costituzionalità che il testo successivo non solo non contribuisce a riparare, ma anzi accentua, dilata, aggrava, creando una ferita assolutamente non rimarginabile! (Applausi della senatrice De Zulueta).

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, intendo intervenire sull’articolo 1, iniziando con l’esprimere le mie perplessità. Naturalmente, prendo atto delle decisioni della Presidenza e, quindi, so bene che l’emendamento proposto dal collega Zancan non può essere oggetto di discussione; pur tuttavia, considerato che stiamo valutando il complesso dell’articolo 1, una considerazione di carattere generale vorrei farla e ancora una volta vorrei richiamarmi all’indicazione del Presidente della Repubblica.

L’osservazione che ha consentito di dichiarare inammissibile e quindi di non avere come oggetto di discussione l’emendamento, bensì l’intero articolo, era proprio fondata sul fatto che il passaggio in Aula e poi in Commissione ha circoscritto la valutazione del Senato soltanto ai quattro punti sui quali il Presidente della Repubblica aveva interloquito e ne aveva dichiarato la palese incostituzionalità.

Orbene, se noi leggiamo i quattro punti sui quali il Presidente della Repubblica ha rinviato la legge alle Camere, constatiamo che i primi tre sono punti molto precisi, circoscritti ed individuati ed attengono ai poteri del Ministro, per esempio nel dare indicazioni sulla politica giudiziaria. Naturalmente, in termini penalistici, era un tentativo, non era un reato consumato, ma in termini romani potremmo dire che ci hanno provato: se fosse passato, a questo punto è chiaro che il Governo si sarebbe assunto naturalmente il potere di dare indicazioni sulla politica giudiziaria e non già sulla politica del diritto, come gli compete ed è suo dovere dare. Pertanto, i primi tre punti sono molto chiari e circoscritti.

Il quarto punto, invece, è quello sul quale noi abbiamo sempre posto la nostra maggiore attenzione, e che io ho definito a più ampio spettro diffusivo, nel senso che, partendo dal presupposto che vi è un conflitto istituzionale (così si definiva allora e almeno così lo definii in un intervento che feci qui in Aula) tra poteri dello Stato, tra CSM e Governo, il Presidente della Repubblica cercava di richiamare i princìpi costituzionalmente inderogabili circa i poteri del CSM in tema, appunto, di Scuola della magistratura e i poteri di Governo su tale Scuola, promozioni, trasferimenti ed altro e quindi la necessità di espungere da questo ordinamento tutte quelle parti in cui il Governo non solo si era appropriato indebitamente di poteri non propri e quindi, costituzionalmente, in maniera illegittima, ma aveva anche in qualche modo attenuato i poteri del Consiglio superiore fino a trasformare l’organo di autogoverno in una sorta di fantasma privo di qualsiasi consistenza.

Sia chiaro: il CSM va rivisto nel suo complesso, non c’è dubbio; siamo tutti insoddisfatti del modo in cui funziona o è costretto a funzionare, oppure funziona effettivamente male. Inoltre, dal momento in cui la Carta costituzionale è stata promulgata, è scritto nelle norme transitorie che in ogni caso l’ordinamento giudiziario sarebbe rimasto in vigore fino a quando non sarebbe stato sostituito da una nuova legge. Il Costituente voleva dirci: l'ordinamento è incostituzionale, ma in ogni caso, per il principio della continuità dello Stato, rimane in vigore; però, il Parlamento dovrà approvare un nuovo ordinamento conforme ai princìpi disposti dalla Carta costituzionale.

Questo non è mai avvenuto. Io ho sempre detto che la responsabilità primaria è del Parlamento, tanto è vero che il sistema ordinamentale si è strutturato sulle circolari del CSM - attenzione - giuste e conformi ai princìpi generali.

Il senatore Andreotti, poco fa, faceva alcuni riferimenti precisi di insufficienza, citando le dichiarazioni di Borrelli. Ricordo che la volta scorsa citai un caso che riguarda, per così dire, casa mia, cioè la vicenda del giudice Casson. Facevo rilevare come questo ordinamento giudiziario sia così inefficace, così inutile, così pervicacemente astioso nei confronti dei magistrati, ma assolutamente inadeguato, tant’è vero che non solo non ha fatto, per pavidità, la riforma delle circoscrizioni, ma nella vicenda della candidatura del giudice Casson ha mostrato anche tutta la sua inettitudine.

Il giudice Casson, giustamente, si è candidato perché è un cittadino a pieni diritti; il problema era quello del rientro nelle sue funzioni di sostituto procuratore, laddove fosse stato non apprezzato dai concittadini. È chiaro che nessuno di noi può accettare un fatto del genere, però, c’è un vuoto.

E allora mi domando: questo Ministro, questa maggioranza, questo Governo si vogliono porre problemi veri e seri quale questo, per esempio? È un tema tipico da ordinamento giudiziario, non c’è bisogno di una legge specifica: occorre che l’ordinamento giudiziario si occupi delle garanzie del cittadino rispetto alla funzione del magistrato e del controllo di giurisdizione.

Di tutto ciò, ovviamente, il Ministro si è ben guardato dall’interessarsi, credo anche (mi si perdoni, non voglio essere minimamente offensivo nei confronti di nessuno, tanto meno dei suoi consiglieri) per inettitudine culturale e per pavidità politica nell’affrontare tali problemi. Mi rendo conto che siamo alla fine della legislatura e che al redde rationem nessuno si vuol presentare, ma così è.

A questo punto, come vedete, l’ordinamento giudiziario avrebbe dovuto certamente essere rivisto radicalmente in modo più severo e critico, come non solo noi, ma gli stessi magistrati chiedono. Borrelli - lo ha ricordato il senatore Andreotti - chiede di intervenire su poteri che riguardano addirittura la sanzione disciplinare a carico dei magistrati. Benissimo; infatti, ciò è parzialmente introdotto in questo disegno di legge, ma solo nella misura in cui noi fummo in grado di affrontarlo nella scorsa legislatura.

Le parti accettabili di questo provvedimento sono il risultato soltanto del nostro lavoro, del lavoro del ministro Flick, del ministro Fassino, del ministro Diliberto, cioè di tutti quelli che si occuparono di tali questioni, con un rigore e con una serietà di gran lunga maggiore rispetto a quella dimostrata da questo Ministro, da questo Governo e da questa maggioranza.

Di fronte a tale incapacità e alla palese incostituzionalità di questo disegno di legge è intervenuto il Presidente della Repubblica. Il punto 4 del messaggio presidenziale affronta proprio il tema dell’articolo 1. La mia dichiarazione di voto attiene all’esigenza di ridisegnare i poteri della legge delega, che configurano un nuovo articolato conflitto di poteri che certamente vanno regolamentati, ma non come si fa con questo disegno di legge. Il Presidente della Repubblica ce lo dice in modo esplicito, il punto 4 del suo messaggio attiene proprio a questo tema.

Prendo atto che non è più possibile discutere e votare l’emendamento 1.10 da noi presentato, però rivendico il mio diritto politico e culturale di assumerlo perlomeno come asserzione che mi consente di giustificare il mio voto decisamente contrario, come lo è quello del mio Gruppo, all’articolo 1, che entra nel merito proprio di quelle decisioni, relative ai rapporti fra poteri dello Stato, che sono state censurate dal Presidente della Repubblica.

Noi avremmo voluto cambiarle con il nostro emendamento; non discutiamo la nostra proposta, ma l’articolo sì, perché esso, nel dare la delega al Governo… (Richiami del Presidente). Signor Presidente, ho concluso.

Dicevo che l’articolo, nel dare al Governo una delega certamente invasiva di poteri riguardanti il Consiglio superiore della magistratura, ritorna e ricade nei problemi di costituzionalità sollevati dal Presidente della Repubblica. Di qui la necessità assoluta che il Parlamento non cada in questa trappola…

PRESIDENTE. Senatore Calvi, il tempo a sua disposizione è terminato.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, ho veramente concluso. A nome del mio Gruppo, annuncio un voto decisamente contrario, per dignità politica istituzionale e costituzionale, nei confronti di questo articolo. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Verdi-Un).

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, cercherò di esprimere le ragioni del voto contrario sull’articolo 1 da parte del Gruppo della Margherita, rifacendomi ad argomentazioni che sono state già esposte nella giornata di ieri per sostenere i motivi per cui era poco opportuno o poco sensato passare alla discussione e alla votazione degli articoli.

Cari colleghi, farò della semplice aritmetica. Nel testo in esame è scritto che deleghiamo il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a modificare, istituire, disciplinare, riorganizzare e così via, una serie molto estesa di materie. Ammettiamo pure che il Governo faccia più in fretta di un anno, anche perché presumibilmente tra un anno ci saranno le elezioni. Ma abbiamo detto ieri che è possibile, stando al dibattito interno alla maggioranza, che queste elezioni si tengano prima: potrebbero esserci anche ad ottobre.

Atteniamoci, però, all’ipotesi migliore, ossia che le elezioni si tengano più o meno fra un anno, nell’aprile 2006. Diamo allora la delega al Governo ad adottare questi decreti entro un anno, dopodiché ci sono due mesi per l’espressione dei pareri da parte delle competenti Commissioni.

Devo ritenere che questi mesi saranno usati per intero, visto che il Parlamento dà una delega al Governo; sarebbe stupefacente che poi il Governo, avuta la delega, non volesse tener conto di un dibattito approfondito da parte delle Commissioni parlamentari competenti. Dopo questi due mesi, ci saranno tre mesi per elaborare le norme di coordinamento dei decreti che saranno stati nel frattempo emessi su tutte queste materie. Successivamente ci saranno tre mesi dalla data di pubblicazione dei decreti perché essi abbiano efficacia.

Quindi, abbiamo uno schema complessivo di un anno e otto mesi, previsto come termine massimo perché entrino in vigore i decreti che deleghiamo il Governo ad adottare, ma un anno e otto mesi vanno molto oltre l’anno, che è la data più ottimistica che possiamo prevedere in questo momento per l’indizione delle nuove elezioni. Allora, il Parlamento dura in carica al massimo un anno e noi diamo la delega al Governo per emanare provvedimenti che andranno in vigore un anno e otto mesi dopo. Mi sembra francamente troppo.

Si può obiettare che il Governo in realtà non userà tutto l’anno che gli mettiamo a disposizione e utilizzerà una media di cinque-sei mesi. In questo modo potrebbe arrivare borderline, per un soffio, alla data delle elezioni.

Signor Presidente, colleghi, abbiamo avuto un richiamo da parte del Presidente della Repubblica. Di questo richiamo abbiamo tenuto conto a metà nel lavoro della Commissione; non ne teniamo conto debitamente nel provvedimento che è venuto alla nostra discussione. Questi decreti come verranno preparati per poter essere licenziati in quattro o cinque mesi? Sono già pronti, forse? E sono già pronti a prescindere dai rilievi del Presidente della Repubblica e dal dibattito parlamentare? Sono già pronti a prescindere dai problemi operativi che sono stati sollevati anche ieri in quest’Aula? Io non lo credo.

Allora si tratta di decreti che richiederanno un minimo di tempo se non vorranno essere un disastro per l’amministrazione della giustizia; si tratta di provvedimenti che dovranno essere coordinati tra di loro. Allora non prenderà un anno e otto mesi di tempo la compiuta realizzazione della delega che stiamo dando.

Ma in base ad un po’ di aritmetica e di buon senso istituzionale, sicuramente non porterà via meno di un anno e due mesi; comunque, andremo oltre la scadenza delle elezioni.

Perché dobbiamo tenere impegnato il Parlamento su un provvedimento che non vedrà la luce? Questo chiedo. Per puro orgoglio di Governo? Per poter produrre - lo ripeto - eventualmente un disastro, una norma scritta in fretta?

È stato scritto male questo provvedimento e lo abbiamo detto. Il Presidente della Repubblica ce lo ha ridetto: lo avete scritto male - perché ha detto anche questo - e avete violato la Costituzione. E noi, allegramente, procediamo a tenere impegnato il Parlamento per un provvedimento così smisuratamente ampio, nel quale potremmo scegliere - e questa è, dall’inizio, la mia proposta, signor Presidente - uno o due punti sui quali realisticamente i decreti potrebbero essere prodotti senza violare la Costituzione, ad esempio sull’istituzione della Scuola superiore della magistratura e sugli illeciti disciplinari.

Basterebbe prendere due dei tanti e smisurati temi che vengono proposti e su quelli si avrebbe il tempo per legiferare, altrimenti è una presa in giro, nei confronti del Parlamento e del Paese, dire che quel che la stessa legge prevede possa essere realizzato in un anno e otto mesi sarà realizzato in sette mesi, con il macigno dei rilievi del Presidente della Repubblica.

Francamente, mi sembra si stia giocando con i tempi del Parlamento e con gli equilibri istituzionali. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei verificare la presenza del numero legale.

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

Prego tutti di prendere posto.

(Segue la verifica del numero legale. Commenti dei Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

Faremo togliere le schede disattese.

PAGANO (DS-U). Iervolino, dove sei?

PRESIDENTE. Prego tutti i colleghi di rimanere seduti, così potremo verificare la correttezza di questa votazione.

ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, sono una trentina le schede!

PAGANO (DS-U). All’ultimo banco, signor Presidente. All’ultima fila.

GARRAFFA (DS-U). Vergognatevi!

PRESIDENTE. Sì, bisogna togliere le schede che sono disattese. Su in ultima fila bisogna toglierne una. Chi è assente non può votare.

PAGANO (DS-U). Curto, togli quella scheda!

BAIO DOSSI (Mar-DL-U). L’ultima fila in alto!

GARRAFFA (DS-U). La Lega, signor Presidente!

PRESIDENTE. Dove sono gli assistenti parlamentari? Anche lassù dalla Lega.

GARRAFFA (DS-U). Bobbio, vota per te!

PRESIDENTE. Calma! Togliamo le schede disattese. Gli assenti non possono votare.

GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, non ha tolto una scheda!

PAGANO (DS-U). Non ci siete!

PRESIDENTE. Non gridi! Stiamo verificando. Togliete queste schede per favore.

Non ce ne sono altre. Dichiaro chiusa la votazione.

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 12,10, è ripresa alle ore 12,33).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. Passiamo nuovamente alla votazione dell'articolo 1.

 

Verifica del numero legale

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

MORANDO (DS-U). Se c'è il numero legale è un miracolo!

PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale.

Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

La seduta è tolta (ore 12,34).

 


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE (*)

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B/bis)

________________

(*) Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato in data 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.

(Contenuto della delega)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, uno o più decreti legislativi direttia:

a) modificare la disciplina per l’accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;

b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;

d) riorganizzare l’ufficio del pubblico ministero;

e) modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio;

g)prevedere forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado.

2. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 2.

3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, uno o più decreti legislativi recanti le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 9, la necessaria disciplina transitoria, prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti legislativi previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 2.

4. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate, esclusivamente con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

5. Le disposizioni previste dal comma 4 si applicano anche per l’esercizio della delega di cui al comma 3, ma in tal caso il termine per l’espressione dei pareri è ridotto alla metà.

6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 4, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8.

EMENDAMENTO

1.10

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, lettera b), dopo la parola: «magistrati», aggiungere l’espressione: «rimanendo in ogni caso di esclusiva competenza del CSM la fissazione dei criteri per le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le formazioni dei Magistrati».

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

815a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDI' 1° GIUGNO 2005
(Antimeridiana)

Presidenza del presidente PERA,
indi del vice presidente SALVI
e del vice presidente FISICHELLA

Presidenza del presidente PERA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,30).

Si dia lettura del processo verbale.

 

ROLLANDIN, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,37).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis (ore 11,12)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta antimeridiana del 14 aprile è mancato il numero legale sulla votazione dell'articolo 1.

Passiamo alla votazione dell'articolo 1.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiedo la verifica del numero legale, invitando espressamente il senatore Bongiorno a non votare per due.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 1.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti.

La Presidenza, accogliendo una richiesta del senatore Fassone, dispone, ai sensi dell'articolo 100, comma 9, del Regolamento, che la discussione dell'articolo 2 sia suddivisa in tre distinte parti: comma 1, dalla lettera f) alla lettera i); comma 1, lettera l); comma 1, dalla lettera m) alla fine dell'articolo.

Esamineremo dunque gli emendamenti secondo questi gruppi di materie.

Procediamo quindi all'illustrazione degli emendamenti riferiti alla prima parte dell'articolo 2 (comma 1, dalla lettera f) alla lettera i)). Ricordo che alcuni di questi emendamenti sono stati dichiarati inammissibili.

Invito pertanto i presentatori degli emendamenti riferiti a tale prima parte dell'articolo 2 ad illustrarli.

BISCARDINI (Misto-SDI-US). Signor Presidente, onorevoli colleghi, illustrerò gli emendamenti 2.503 e 2.515, che mi permetto di collegare a quelli dichiarati inammissibili. Non condivido, infatti, la dichiarazione di inammissibilità e, per onestà nei vostri confronti, devo dire che questi miei emendamenti avevano tutti un loro uno stretto collegamento, fondato sulla convinzione che questo nuovo ordinamento giudiziario, nonostante le dichiarazioni rese poc'anzi da alcuni colleghi della maggioranza, non risolve il problema di fondo, quello cioè del funzionamento della giustizia nel nostro Paese.

Né risolve il problema di fondo di uno snellimento delle procedure che siano di garanzia per il cittadino e consenta di avere una giustizia che funzioni dando risposte più celeri e quindi non aggravando anche i costi economici, come avviene quando la giustizia funziona in modo inefficace rispetto ai tempi di normale funzionamento di un organo dello Stato.

Soprattutto, a nostro avviso, questo ordinamento non è risolutivo dal punto di vista delle garanzie perché non affronta il problema fondamentale della separazione delle carriere. È una questione che si trascina da tempo. Alcuni emendamenti sul tema sono stati dichiarati inammissibili, ma quelli che non lo sono stati sono figli della nostra stessa convinzione e cioè che l'aspettativa - condivisa dai Gruppi di maggioranza e che lo stesso Presidente del Consiglio, in occasione della campagna elettorale del 2001, aveva indicato come punto fondamentale - di un moderno ordinamento della giustizia nel nostro Paese viene completamente esclusa da questo testo.

È vero che non solo la separazione delle carriere è garanzia di un diverso funzionamento della giustizia; non è solo questo e saremmo miopi se la pensassimo così. Dobbiamo però prendere atto che non sono gli altri Paesi in Europa, che hanno un ordinamento in cui è prevista la separazione delle carriere, ad essere un'anomalia; l'anomalia siamo noi, dal momento che in quasi tutti i Paesi d'Europa la giustizia è regolata con una netta separazione fra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti.

Allora, credo che questa mia nuova perorazione sia la dimostrazione che il vostro disegno di legge non vuole risolvere i problemi, ma rappresenta soltanto un aggiustamento imperfetto di questioni per la verità molto parziali, che in qualche modo si atteggi nei confronti dei giudici non per risolvere i loro problemi, come noi diciamo, ma con una sorta di accanimento verso la categoria che è sbagliato, perché il Paese ha bisogno di ricostruire un processo di fiducia fra Parlamento, politica e magistrati, anche avendo il coraggio di porre un problema che apparentemente è contrastato dall'Associazione nazionale magistrati.

Sono convinto che un rapporto chiaro dovrebbe venire proprio dalla politica, affrontando i problemi che la politica rileva come importanti e in qualche modo decisivi. Anzi, sono convinto che, se fosse stato più franco il dibattito fra il Governo e gli organi che sono preposti a discutere di questa materia, i diretti interessati, i magistrati, gli avvocati, forse non si sarebbe messa da parte la questione e la si sarebbe potuta affrontare non sul terreno dello scontro, ma sul terreno di un confronto civile e positivo.

È mancato, invece, il confronto anche a partire da una questione importante come questa; avete preferito metterla da parte, ma il problema si ripresenterà nei prossimi mesi.

Presidenza del vice presidente FISICHELLA(ore 11,18)

 

(Segue BISCARDINI). Sono e rimango convinto che il pilastro di una moderna riforma dell'ordinamento giudiziario e di una moderna riforma della giustizia non poteva che passare di qui, trovando le forme e i modi perché questa separazione potesse avere un suo corso, magari un corso condiviso tra tutti i soggetti interessati.

Ecco perché gli emendamenti alla lettera f) e alla lettera g) hanno un senso: non riteniamo che ciò che proponete sia sufficiente a risolvere i problemi che abbiamo di fronte. Ne siamo così convinti che tra un anno, quando ci sarà una nuova campagna elettorale, saremo tutti costretti ad affrontare una questione elementare, e cioè che si è persa questa legislatura senza risolvere il problema della giustizia nel Paese, che era stato posto all'inizio della legislatura come uno dei pilastri del programma del Governo e della vostra maggioranza.

Allora, vi chiediamo di prestare più attenzione agli emendamenti da noi proposti, in particolare quelli di cui sono firmatario, ritenendo che c'è ancora margine, anche se siamo prossimi alla conclusione della legislatura, per trovare un'intesa proficua affinché questo disegno di legge non sia un disegno di legge vuoto, non sia un disegno di legge inutile, non sia un disegno di legge contro qualcuno, non sia un disegno di legge, purtroppo, ancora nella visione di un Paese in cui la politica si mette contro i magistrati.

Credo che questo non s'ha da fare nemmeno quando si pongono questioni che, come dicevo prima, solo apparentemente possono essere presentate come questioni che non vanno incontro agli interessi di un funzionamento migliore del nostro sistema giudiziario.

Sono poi preoccupato, molto più banalmente, del fatto che in questo disegno di legge la lettera g) del comma 1 dell'articolo 2 vada proprio in questa direzione, non cogliendo la straordinaria difficoltà con cui i magistrati oggi sono obbligati a far funzionare la giustizia nel Paese.

Questo è il punto vero: abbiamo sedi giudiziarie che non funzionano, mancano le risorse per affrontare questioni elementari, i magistrati sono messi nella condizione di lavorare con estrema difficoltà. Quando li si incontra, raccontano le difficoltà operative semplici di far funzionare gli uffici, le cancellerie.

Gli emendamenti, presentati molto umilmente, al di là delle grandi questioni, si pongono il problema di dare risposte semplici, elementari, su singoli punti affinché chi è chiamato a far funzionare la giustizia in questo Paese possa farlo nelle condizioni minime necessarie per rispondere ai bisogni del cittadino e della Repubblica nel suo complesso.

Si tratta di emendamenti molto puntuali che hanno lo scopo di affrontare un fatto grave: non possiamo approvare un disegno di legge che brandirete nelle piazze quale soluzione dei problemi della giustizia del Paese, ma che risulterà essere un prodotto ideologico e inutile, frutto di un'iniziativa tutta di carattere politico, incapace di rispondere alle questioni drammatiche e concrete della nostra Repubblica.

Vi accanite nel varare il testo dell'ordinamento giudiziario così com'è, non avete voluto ascoltare i consigli di questa parte del Parlamento e per tre volte consecutive il vostro atteggiamento di chiusura impedisce il confronto perfino su emendamenti semplici e puntuali.

Vi apprestate a licenziare un provvedimento che non trova il consenso di nessuno, né dei magistrati né degli avvocati, e non incontra consenso nelle stesse Aule parlamentari. (Applausi dai Gruppi Misto-SDI-US, DS-U e del senatore Petrini. Congratulazioni).

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, onorevoli colleghi, le nostre proposte di modifica non possono non prendere le mosse da quell'alto rilievo che è stato il messaggio del Presidente della Repubblica, il quale aveva ravvisato, come diziona letteralmente il messaggio, motivi di palese incostituzionalità nella proposta di legge del Governo e della maggioranza.

A fronte di questo alto messaggio, a fronte di indicazioni precise e puntuali assolutamente convincenti e condivisibili, la maggioranza e il Governo propongono un nuovo testo i cui vizi di incostituzionalità sono nascosti sotto il proverbiale tappeto, sono nascosti dentro i cassetti, operandosi così una pulizia costituzionale abborracciata, sommaria, insufficiente.

La Presidenza ha stabilito una distinzione in ordine agli emendamenti; con un inciso rispettoso faccio notare che, essendo quattro i punti fissati dal messaggio, ci saremmo aspettati che la esposizione emendativa potesse essere divisa in quattro parti. E vengo al primo punto, quello di più complessa e articolata emendazione, ovverosia al tema dei concorsi.

Sappiamo che il testo proposto richiede un giudizio di idoneità formulato in esito al concorso e che si tenga conto del giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso, nella valutazione rimessa al Consiglio superiore della magistratura.

Vorrei soffermarmi anzitutto sul primo punto di riferimento, ovverosia il giudizio di idoneità formulato all'esito del concorso. Sappiamo che le commissioni di concorso sono organi esterni al Consiglio superiore della magistratura, alla cui nomina partecipa certamente il CSM che, peraltro, non fissa le valutazioni ed i criteri direttivi per l'operato della Commissione.

Allora, signori colleghi, disturbando ancora una volta il signor de Lapalisse, se una Commissione di concorso ha dato un giudizio attestando l'inidoneità del candidato, come può il CSM superare quel giudizio dando diverso avviso non rispetto alla valutazione di assunzione, ma addirittura rispetto ad un giudizio di inidoneità? Non c'è santo che tenga! Tertium non datur. È un argomento impossibile da superare. Qualsiasi organo amministrativo, investito della questione, non potrebbe altro che rilevare la mancanza o la contraddittorietà della motivazione perché se un candidato è inidoneo, non può essere assunto da chicchessia.

Come fa - ripeto - il Consiglio superiore della magistratura, specie in prima assunzione, a superare un giudizio di inidoneità? Dove si aggancia tutto questo? Dovrebbe forse agganciarsi ad un giudizio di inidoneità dato contra legem, in assenza dei requisiti previsti. Tutto questo, però, non è possibile perché saremmo in contrasto con l'esternalità propria della commissione d'esame. In prima battuta, impedisce l'autonomia di decisione del Consiglio superiore della magistratura il giudizio di idoneità o di inidoneità, che diventa momento decisionale precedente rispetto all'intervento del CSM. Quest'ultimo, poi, deve tenere conto del giudizio finale, formulato al termine dell'apposito corso.

Su tale aspetto ho cercato - cito per esempio l'emendamento 2.506, da me presentato - di attutire l'impatto del giudizio finale dell'apposito corso presso il CSM, prevedendo la redazione di schede attitudinali al termine del corso stesso affinché siano prese in considerazione dal CSM. Cosa significa giudizio finale? Significa che una persona è valutata nella sua interezza, non già nelle attitudini e nelle predisposizioni professionali specifiche, e si costituisca così un giudizio finale che diventa un macigno sulla decisione del Consiglio superiore della magistratura che - ricordiamocelo - non è dittatoriale, ma deve rispondere a criteri di motivazione e quindi reggere al vaglio di un eventuale ricorso all'autorità amministrativa competente.

Voi continuate a tenere una tenaglia con una duplice strozzatura dell'autonomia del CSM, costituita, appunto, dal giudizio finale formulato al termine dell'apposito corso ed il giudizio di idoneità formulato all'esito dei concorsi.

Debbo dirvi (non già per strategia politica e che non attiene, a mio dire, alle materie che mi stanno particolarissimamente a cuore, che sono, per l'appunto, quelle relative alla giustizia) che queste argomentazioni, che sono anche la sostanza delle mie proposte emendative, sono state recepite - qui non voglio attribuire patenti di paternità stabilendo se venga prima l'uno o prima l'altro - e sono contenute - questo, sì, lo posso dire - nell'emendamento 2.502, di cui è primo firmatario il senatore Salerno.

Tale emendamento sostanzialmente dà atto dell'impossibilità di muoversi del Consiglio superiore della magistratura se deve rispettare questo duplice giudizio di idoneità, che non è un giudizio di valutazione, ovverosia quello di idoneità è un giudizio tranchant, non c'è scampo: l'inidoneo non può far nulla, il Consiglio superiore della magistratura deve prenderne atto e dire che è inidoneo, non ha nessuna possibilità argomentativa.

Altro è tener conto di schede attitudinali, altro è tener conto di valutazioni e di parei, ma è cosa assolutamente contrastante con quel giudizio di idoneità sia al termine del corso ella Scuola, sia per il giudizio finale all'esito dei concorsi.

Aggiungo ancora che nulla noi sappiamo - e il testo non ce lo dice - rispetto alla Scuola superiore della magistratura, che deve ascoltare il parere addirittura di sei enti, una cornucopia di pareri, ma nessuno ci dice quali saranno i criteri direttivi che muoveranno la Scuola e che certamente influenzeranno quel giudizio finale che farà poi aggio sul giudizio di assunzione da parte del Consiglio superiore della magistratura.

Insomma, abbiate pazienza, ma il vostro - scusate il termine, ma rende il concetto - pasticcio è una non risposta al messaggio alto e puntuale del signor Presidente della Repubblica. (Applausi del senatore Ripamonti).

CALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, su questa prima parte ho presentato numerosi emendamenti a mia prima firma, ma ne illustrerò solo alcuni; gli altri saranno illustrati dai colleghi cofirmatari: il 2.51 e il 2.58 dal collega Fassone, il 2.43 dal collega Brutti e il 2.57 dal collega Ayala.

Se vi sono problemi di carattere formale, signor Presidente, molto semplicemente ritirerò la mia firma come primo presentatore, lasciando al secondo firmatario l'onere dell'illustrazione.

Illustrerò anzitutto l'emendamento 2.33, una norma che in qualche modo definisce la nostra posizione e affronta uno dei temi più delicati e complessi del disegno di legge la cosiddetta separazione delle carriere.

Credo, signor Presidente, che non vi sia alcuno che non ritenga che la separazione delle carriere sia un problema serio, da affrontare doverosamente, dovendo mutare il nostro sistema processuale da misto tendenzialmente inquisitorio, com'era una volta, a tendenzialmente accusatorio, qual è quello di oggi; è un problema reale, che però va affrontato con molta ragionevolezza, molta saggezza e molta cultura. Aggiungo questo perché mi sembra, invece, che il disegno di legge del Governo sia una prospettiva assolutamente impraticabile, che non a caso ha creato dissensi radicali sia negli avvocati che nei magistrati.

Ricordo che quando feci questa osservazione, spiegando che era singolare che sullo stesso tema i due soggetti dell'ordinamento interessati si trovassero tutti e due, sia pure per ragioni diverse e opposte, su una posizione contraria (ed era chiaro che, sommandosi, davano il segno di un dissenso radicale nei confronti di quella soluzione, non del problema, ovviamente), il Ministro mi rispose, credo modificando un antico brocardo: «Senatore Calvi, in medio stat iustum». Io ebbi modo di rispondergli, con molta pacatezza e un po' di ironia, che probabilmente il Ministro ricordava come il problema fosse che in medio stat virtus, ma che la soluzione trovata non aveva la caratteristica né del giusto, né della virtuosità. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

Quello della separazione delle carriere, quindi, è un tema lacerante e di grande fascino culturale.

Innanzitutto, mi piace dire che non necessariamente, dal punto di vista della teoria generale, separazione delle carriere e sistema accusatorio sono congiunti. Un sistema di tipo inglese o di tipo statunitense vedono soluzioni radicalmente diverse. Per esempio, negli Stati Uniti la pubblica accusa è sostenuta da soggetti eletti, neppure da magistrati, quindi, non c'è una separazione delle carriere; vi sono avvocati che fanno una campagna elettorale, vengono eletti procuratori e assumono poi colleghi avvocati per sostenere la pubblica accusa. Naturalmente il sistema negli Stati Uniti funziona ed è apprezzabile, da noi non funzionerebbe di certo. Non necessariamente, quindi, dal punto di vista teorico generale, vi è congiunzione tra sistema accusatorio e separazione delle carriere.

Pur tuttavia, credo che abbiamo avvertito tutti nel nostro Paese come il sistema processuale vada totalmente riformato; e, tra le riforme, vi è anche quella di stabilire un cuneo, una separazione effettiva, reale, tra la funzione del pubblico accusatore e quella di colui invece che deve giudicare, sia GIP, sia GUP, sia giudice di tribunale.

Questo problema ha determinato una serie di osservazioni critiche, che sono partite da noi, quale quella che, pur prendendo atto della necessità di una separazione, bisognava contemperare quelle che erano, per così dire, le storie pregresse del nostro sistema, della nostra cultura e del nostro assetto istituzionale e costituzionale e individuare una soluzione adeguata.

Capisco che la maggioranza si è trovata di fronte a uno sbarramento di ordine costituzionale; credo però che, con molta trasparenza, avrebbe potuto porre il problema della costituzionalità di quello sbarramento, superarlo, avendone i numeri, e affrontare liberamente il tema della separazione delle carriere. (Brusìo in Aula).

 

PRESIDENTE. Colleghi, c'è un eccesso di brusìo. Vi pregherei di mettere chi vuole ascoltare (e la Presidenza è fra questi) nelle condizioni di farlo.

 

CALVI (DS-U). La ringrazio, signor Presidente.

Dicevo che il problema è d'ordine costituzionale, ma non vedo ragione per cui non si debba superare, qualora si voglia andare verso una separazione effettiva, quello sbarramento costituzionale. Si è trovata invece una soluzione equivoca, imbarazzante per tutti, tant'è vero che gli avvocati hanno denunciato la non realizzazione della separazione delle carriere e i magistrati, invece, hanno denunciato che questa finta separazione in realtà incide radicalmente sulle prospettive, di vita innanzitutto oltre che di carriera, della loro attività professionale.

Questo è vero e porterò un esempio, signor Presidente, guardando a questa che io non ho mai definito riforma in quanto tale non è: è un piccolo armamentario un po' schizofrenico e offensivo nei confronti dell'ordine della magistratura, che non incide radicalmente nei problemi che dovrebbero essere affrontati; non è una riforma dell'ordinamento giudiziario, ripeto: è un piccolo segnale che si vorrebbe dare alla magistratura; in realtà si crea soltanto uno stato di conflittualità permanente che non giova certamente a nessuno.

In base a tale sistema (faccio solo un esempio), una volta approvata questa legge, dopo tre mesi i magistrati dovranno scegliere se essere pubblici ministeri o magistrati del giudizio. Questa soluzione pone problemi immani all'ordine giudiziario: si creerà un caos totale, poiché tutti dovranno scegliere entro tre mesi cosa vorranno fare in futuro. Basti pensare ai problemi di carattere familiare, legati ai trasferimenti, all'organizzazione. Insomma, non si risolve nulla, ma si crea un caos assoluto.

Con l'emendamento da noi presentato - che mi accingo ad illustrare - proponiamo una soluzione molto più radicale: si stabilisce che i magistrati, trascorso un periodo di otto anni di permanenza nell'ufficio (di pubblico ministero, ad esempio), qualora vogliano cambiare funzione, possono fare domanda, ma solo dopo otto anni, e che debbano addirittura cambiare Regione o circoscrizione: in sostanza, non esercitare più all'interno dello stesso circondario o distretto.

Infatti, a nostro avviso, è inaccettabile che il magistrato che sia oggi pubblico ministero domani divenga giudice nella stessa circoscrizione, nello stesso tribunale. Certamente non potrà fare gli stessi processi - ci mancherebbe altro - ma certamente è una presenza che in qualche modo inquieta la serenità del cittadino, che si ritrova il suo pubblico ministero inquirente, magari nella stessa sezione in altro collegio, nelle funzioni di giudice. Ciò non deve accadere.

Quindi, a questo punto, se dopo una permanenza di almeno sei o otto anni il magistrato vorrà cambiare funzioni potrà fare domanda e passare da pubblico ministero a magistrato giudicante, ma dovrà esercitare in altro distretto di corte d'appello o in altra circoscrizione, in modo che non ci sia tale commistione.

Questa è una soluzione ragionevole (tenendo conto, fra l'altro, che i magistrati non hanno vita eterna, per cui se dopo otto anni vorranno cambiare funzioni credo che potranno farlo una volta o al massimo due nella vita), che non consentirà ciò che accade oggi, ossia un interscambio così frequente giacché non esiste questo sbarramento di ordine temporale e di ordine geografico.

La soluzione da noi proposta mi sembra più radicale rispetto a questo pasticcio indecoroso che è stato creato, che rasenta il nostro sistema costituzionale e rende ostili sia gli avvocati che i magistrati. Essa rappresenta un momento di maggiore equilibrio, ragionevolezza e saggezza giuridica e, anche se non otterrà il consenso di tutti, certamente sarà apprezzata da coloro che vogliono la separazione secondo quanto prevede il nostro disegno costituzionale, almeno fino a quando non sarà modificato, senza creare quelle lacerazioni che noi vorremmo non si verificassero mai.

SALERNO (AN). Signor Presidente, illustro l'emendamento 2.502, partendo dall'articolo 105 della Costituzione, che recita: «Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati». L'articolo 110, inoltre, dispone: «Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia».

L'emendamento da me presentato, signor Presidente, parte dalle osservazioni contenute nel messaggio del Capo dello Stato, che avevano intravisto elementi di incostituzionalità nel provvedimento, laddove, per quanto riguarda l'autonomia e le competenze del CSM, esso in qualche maniera erodeva quest'area di autonomia completa che la Costituzione prevede per il Consiglio superiore della magistratura.

Nel mio emendamento, quindi, oltre a restituire questa autonomia eliminando il vincolo dei pareri della Scuola superiore della magistratura e delle Commissioni esaminatrici (che sono, tra l'altro, un'innovazione, e pertanto va dato atto che nel provvedimento in esame abbiamo elementi di grande innovazione e di novità anche nel costume e nell'impianto della norma che regola questi rapporti), ho previsto l'adempimento del messaggio e delle osservazioni del Capo dello Stato e per questi due nuovi enti, questi due nuovi organismi che sono la Scuola superiore e le Commissioni esaminatrici ho sostanzialmente eliminato il vincolo, da parte del CSM, a rispettare quanto sia la Scuola che le Commissioni potevano esprimere con il proprio parere. Si tratta, quindi, di un emendamento che parte dalle osservazioni del Capo dello Stato e restituisce al CSM ciò che la Costituzione ha previsto.

Il secondo aspetto del mio emendamento, signor Presidente, parte da quella quota del 30 per cento prevista per le progressioni in carriera che viene riservata ai concorsi per esami. Nel mio emendamento si ritiene che il concorso per esami non possa essere elemento di valutazione congruo e adeguato per il tipo di funzione e per il tipo di compito che il magistrato deve svolgere. Noi crediamo, infatti, che esso non sia assolutamente idoneo a selezionare i magistrati migliori.

Vorrei che si ragionasse e si riflettesse su questo: non è sicuramente più meritevole chi, ad esempio dopo dieci anni di carriera, un certo giorno fa un esame meglio di un altro, perché ritengo sia sicuramente più meritevole e idoneo chi ha fatto meglio nei dieci anni di carriera precedenti.

In conclusione, signor Presidente, si richiede l'eliminazione della quota prevista nel concorso per esami perché riteniamo che non sia un elemento di valutazione congruo e obiettivo per la progressione in carriera dei giudici.

Mi riservo, in sede di dichiarazione di voto, di fare un intervento più politico.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, riprendere il filo della discussione sulla cosiddetta riforma dell'ordinamento giudiziario in un clima come questo, con un'Assemblea in evidente smobilitazione, con il Ministro della giustizia che si aggira per l'Aula discutendo di altre cose, dà un'impressione visiva, per le poche persone che sono in tribuna, anzi, mi correggo, per coloro i quali leggeranno il resoconto stenografico visto che in tribuna non c'è nessuno, di quanto il Paese sia affezionato ad un provvedimento che viene difeso strumentalmente solo da chi preferisce ancorare la possibilità della propria sopravvivenza all'immaginario di chi crede di risolvere i problemi senza affrontarli, senza discuterli e senza trovare una soluzione in maniera consapevole. È il solito conflitto tra un'apparente capacità di fare e la sostanziale consapevolezza di come bisogna affrontare i problemi.

Il problema che abbiamo di fronte per l'ennesima volta - lo voglio dire con grande chiarezza - è stato affrontato malissimo. Sappiamo che c'era stata, in maniera artificiosa e forzata, la doppia approvazione da parte di Camera e Senato, dico in maniera artificiosa e forzata consapevolmente, perché sappiamo benissimo come, pur di riuscire a risolvere con un voto di fiducia questo percorso, con l'approvazione delle due Assemblee, tutti gli articoli fossero stati accorpati in un unico articolo, sostanzialmente nell'articolo 2. Quanti avessero la possibilità di confrontarsi con il fascicolo degli emendamenti, potrebbero riscontrare che sostanzialmente non esistono emendamenti sull'articolo 1, ma che tutti sono stati presentati all'articolo 2, che accorpa tutti i precedenti articoli.

Mi chiedo se si tratti di un artificio legittimo della maggioranza che, accorpando e massificando il tutto, vuole evitare che vi sia consapevolezza nell'approvazione delle norme contenute nel provvedimento. La risposta, a mio avviso, è negativa. Ritengo che non si tratti di un artificio legittimo e che esso non appartenga a quegli strumenti parlamentari che possono essere utilizzati per vincere le resistenze.

Tra l'altro, le soluzioni indicate non provengono soltanto dalla maggioranza, che si è sempre espressa in maniera non facilmente intelligibile, giacché non ha mai affrontato il problema con la consapevolezza dell'importanza della sua soluzione, se non durante la fase di esame in Commissione giustizia, quando ha potuto riscontrare da parte dell'opposizione una convergenza su alcuni aspetti e una condivisione manifestata attraverso una serie di proposte emendative che - ripeto - solo nella prima fase della discussione obiettivamente è esistita. Subito dopo si è verificato uno stravolgimento complessivo.

Di qui la necessità per la maggioranza di accorpare il tutto per evitare, da un lato, che l'opposizione potesse esprimere compiutamente il proprio parere e, dall'altro, per evitare che coloro che all'interno della maggioranza iniziavano finalmente a comprendere il segno preciso di questa riforma potessero esprimere il proprio dissenso.

Adesso ci troviamo nella fase in cui, dopo il rinvio del provvedimento alle Camere da parte del Capo dello Stato, il dissenso si materializza anche nella maggioranza. Al riguardo, è utile ricordare le considerazioni espresse più volte pubblicamente dall'ex sottosegretario alla giustizia, onorevole Vietti, il quale ha affermato che l'impostazione della riforma dell'ordinamento giudiziario era sostanzialmente sbagliata.

Così come vanno menzionate alcune affermazioni di appartenenti anche al Gruppo di cui fa parte il relatore, senatore Bobbio e, da ultimo, l'esternazione del senatore Salerno che oggi in maniera molto chiara e significativa ha illustrato un emendamento che sostanzialmente riconosce come la proposta complessiva che questa parte della maggioranza vuole presentare al Paese sia ancora una volta una proposta che non riesce a mettere a fuoco il problema.

Avremo tempo di discutere nel merito dei singoli emendamenti. Per ora intendo soffermarmi su un aspetto delle osservazioni svolte dal Presidente della Repubblica con il messaggio inviato alle Camere e trasmesso alla Presidenza il 16 dicembre 2004, in particolare sull'annotazione contenuta nell'ultima parte laddove il Presidente afferma: «Con l'occasione ritengo opportuno rilevare quanto l'analisi del testo sia resa difficile dal fatto che le disposizioni in esso contenute sono condensate in due soli articoli, il secondo dei quali consta di 49 commi ed occupa 38 delle 40 pagine di cui si compone il messaggio legislativo». (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

Signor Presidente, è obiettivamente difficile intervenire con questo brusio. Non intendo impedire a nessuno di parlare, né obbligare ad ascoltarmi, ma almeno i capannelli dovrebbero allontanarsi.

 

PRESIDENTE. Ho scampanellato più volte, ho richiamato l'Aula all'esigenza di non eccedere nel brusìo. Di fronte a questa indisciplina cos'altro posso fare?

 

MANZIONE (Mar-DL-U). La ringrazio, signor Presidente. Chiederei solo che i senatori che stanno parlando si spostino un po' a sinistra, tanto da permettermi di esprimere le mie considerazioni.

L'osservazione fatta dal Presidente della Repubblica non è neutra. Egli aggiunge, infatti: «A tale proposito, ritengo che questa possa essere la sede propria per richiamare l'attenzione del Parlamento su un modo di legiferare - invalso da tempo - (…)». Con ciò voglio dire che il Presidente della Repubblica, con quattro osservazioni precise, è entrato nel merito concreto di una riforma dell'ordinamento giudiziario che non aveva né testa né coda e che collideva in maniera macroscopica con alcuni princìpi costituzionali che inutilmente l'opposizione ha evidenziato al relatore, alla maggioranza e a tutta l'Assemblea.

Questo è innegabile, perché c'è un messaggio che in quattro punti lascia comprendere l'insipienza, anche costituzionale, di una maggioranza che continua a tentare di legiferare in una maniera assolutamente non condivisibile.

E aggiungo: osservazioni puntuali non solo nel merito, ma anche osservazioni precise sul metodo adottato, cioè sul modo di legiferare che non risponde ai precetti costituzionali previsti dall'articolo 72, che prevede proprio come si debba concretamente mettere in campo il procedimento legislativo per far sì che sia intelligibile, che ci si possa pronunciare e che esista la consapevolezza del legislatore su quel che vota e concorre ad approvare.

Signor Presidente, che questa annotazione, peraltro disattesa come tutte le altre dalla maggioranza, sia una motivazione forte, lo dimostra il fatto stesso che siamo stati costretti ad utilizzare l'articolo 100 del nostro Regolamento, che prevede la possibilità di frazionare la discussione di un unico articolo in più fasi proprio quando gli emendamenti siano così tanti da rendere effettivamente impossibile lo svolgimento di un'illustrazione degli stessi con un unico intervento dei proponenti.

Quando abbiamo più volte indicato alla maggioranza un percorso per fare in modo che questa riforma, che non abbiamo motivo di disconoscere fosse importante realizzare, potesse essere condivisa dal Paese e complessivamente dal Parlamento, lo abbiamo fatto proprio perché sapevamo che questo era un percorso importante per il Paese, che poi avrebbe creato le condizioni perché il nostro sistema giustizia potesse finalmente decollare.

Queste osservazioni non sono state assolutamente prese in considerazione dalla maggioranza, che continua ad andare avanti a testa bassa rispetto ad un obiettivo che non basta realizzare, se non lo si realizza in maniera consapevole e nella convinzione che si produce un effetto positivo per il sistema giustizia del nostro Paese.

Le stesse osservazioni svolte dal senatore Salerno poco fa - un autorevole esponente di Alleanza Nazionale - testimoniano come questa maggioranza sia sulla strada sbagliata. Continueremo a profondere tutto il nostro impegno per fare in modo che questa strada non riesca ad essere, alla fine, realizzata, perché siamo convinti che non concorra a soddisfare le esigenze del nostro Paese. (Applausi del senatore Montagnino).

LEGNINI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sugli emendamenti 2.508, 2.520, 2.534, 2.535 e 2.542, di cui sono primo firmatario, che riguardano il tema dei concorsi, già affrontato dal senatore Zancan in modo puntuale ed efficace.

Gli emendamenti concernono un aspetto cruciale del disegno di legge, ovvero il ruolo della Scuola superiore della magistratura, assorbente e quasi esclusivo nel sistema di concorsi prefigurato dal disegno di legge, e quello del CSM, che invece è risultato essere di mera ratifica delle valutazioni riservate alla Scuola superiore della magistratura.

Orbene, tra i quattro punti oggetto dell'alto rilievo del Capo dello Stato, quello che investe numerose norme che configurano il sistema dei concorsi mi sembra il più puntuale: sul punto specifico dei concorsi il Capo dello Stato ha argomentato in modo assolutamente ineccepibile. Anche su altri, ma su questo ha avuto modo di precisare che l'articolo 105 della Costituzione, come è noto, riserva al CSM tutti i provvedimenti afferenti alla costituzione e alla modificazione dei rapporti dei magistrati, che il sistema configurato nel disegno di legge, invece, comporta un sensibile ridimensionamento dei poteri del CSM, dato che colloca al centro di ogni procedura concorsuale la Scuola superiore della magistratura; inoltre, che il sistema delineato dal provvedimento fa residuare in capo al CSM una competenza vincolata, il che sostanzialmente significa un potere burocratico, appunto, di mera ratifica.

Aggiunge, il Capo dello Stato, che la lesione del potere del CSM, in tal modo prefigurato, risulta particolarmente evidente nel caso di esclusione dei candidati - e qui l'argomentazione è alquanto chiara - dalla procedura concorsuale, allorquando, appunto, il CSM è totalmente spogliato di ogni potere, non potendo in alcun modo intervenire perché alla valutazione negativa della Scuola non segue alcuna fase ulteriore di spettanza del CSM.

La puntualità e l'incisività del messaggio avrebbe richiesto, signor Presidente, una profonda modifica del testo del disegno di legge in uno dei punti - come ho detto - essenziali dell'impianto della riforma. È evidente, infatti, che rimettere mano al sistema dei concorsi per ricondurre l'intervento normativo nell'alveo del precetto costituzionale avrebbe di necessità comportato radicali modifiche, ripristinando il potere violato, quello del CSM, con tutte le immaginabili conseguenze. Sostanzialmente, avremmo dovuto prefigurare ex novo un sistema di concorsi, riallineandolo, conformandolo, al precetto costituzionale.

Invece, la maggioranza ha preferito seguire una strada opposta. Ha preferito apportare modifiche di poco conto, di scarso rilievo, che prefigurano un percorso assolutamente elusivo - anzi, smaccatamente elusivo - del messaggio del Capo dello Stato. Si è chiesto, a ragione, il senatore Zancan cosa significhi affidare una seconda valutazione, una sorta di valutazione supplementare, al CSM, quando tutte le prove, il giudizio di idoneità, il giudizio conclusivo sul candidato è riservato alla Scuola superiore della magistratura.

Anche su questo punto, forse soprattutto su questo punto, non avete voluto ascoltare non soltanto l'opposizione, i giuristi, il mondo degli operatori del diritto, i magistrati e la loro Associazione, ma neppure il messaggio così chiaro del Capo dello Stato, sicché non è difficile immaginare che queste norme non sfuggiranno all'intervento della Corte costituzionale, che sarà inesorabile e vanificherà tutto l'impianto della riforma.

Naturalmente ce lo auguriamo e ci auguriamo che questo disegno di legge, questa brutta, pasticciata riforma dell'ordinamento giudiziario non veda mai la luce, perché è destinata a danneggiare il nostro sistema e a non risolvere nessuno dei problemi della giustizia italiana.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, nell'illustrare gli emendamenti di cui sono primo firmatario, vorrei fare ancora una volta alcune osservazioni di carattere più generale. La prima, se vogliamo così definirla, è di natura squisitamente politica. In un'Aula parlamentare mi pare che parlare di politica non sia certamente estraneo all'attività che svolgiamo, al di là poi del contenuto tecnico-giuridico delle norme di cui ci occupiamo in generale, e di questa in particolare.

La questione politica viene ancora una volta in evidenza perché, pur affrontando la valutazione con il massimo spirito laico di cui sono capace, questa riforma il cui percorso ha sostanzialmente occupato l'intera legislatura fino ad oggi, è stata condotta dalla maggioranza con atteggiamento di tipo muscolare, laddove mi piacerebbe che i rapporti tra maggioranza e opposizione non fossero mai di tipo muscolare bensì di altro genere e più costruttivi.

È stato ingaggiato un braccio di ferro non solo e non tanto con l'opposizione in sede parlamentare, ma anche nei confronti dell'intero mondo della giustizia italiana, di magistrati, di avvocati, di illustri costituzionalisti i quali, per la mia modesta esperienza, hanno rinvenuto la qualificazione di provvedimento a incostituzionalità diffusa: altro che i soli quattro punti di palese incostituzionalità rilevati dal presidente Ciampi!

Malgrado ciò, l'esame di questo provvedimento è stato ripreso come se la situazione politica del Paese non fosse radicalmente mutata rispetto a quattro anni fa. La mia affermazione non si fonda su un sondaggio, è un dato elettorale sicuro: in esito alle elezioni regionali questa maggioranza non è più tale nel Paese.

Non rivendico alcuna originalità a questa valutazione perché identica era la valutazione politica che l'allora minoranza, diventata purtroppo maggioranza, ricordava a noi, dopo le elezioni regionali del 2000 perdute dal centro-sinistra. Perdemmo quelle elezioni otto a sei e molti autorevoli colleghi dell'allora minoranza ci sollecitarono a cambiare strategia parlamentare, ci invitarono a stare attenti al nostro operato perché eravamo ormai in minoranza nel Paese.

Voi avete perso dodici a due e se otto a sei porta alla minoranza nel Paese, dodici a due porta alla dissoluzione. Se noi dovevamo tenere conto del dato elettorale su vostro invito, non capisco perché non debba valere la condizione reciproca. Non siamo di fronte a un decreto-legge in scadenza che tenta di affrontare un problema specifico di una determinata attività economica, siamo di fronte alla riforma dell'ordinamento giudiziario.

Credo di poter dire che con il ministro Castelli ci rispettiamo reciprocamente e non da ieri. Non so se in questa fase siamo di fronte alla riforma dell'ordinamento giudiziario o alla riforma Castelli. Avrete notato, infatti, che durante il lungo e travagliatissimo percorso di questa riforma, quando si intravede la possibilità di condurla in porto si parla di riforma dell'ordinamento giudiziario; quando in momenti diversi questa possibilità sembra allontanarsi e la difficoltà di condurla in porto aumenta diventa la riforma Castelli.

Io difendo il Ministro della giustizia: questa non dovrà mai essere la riforma Castelli. Se tale sarà, perchè fallirà, allora piegherò la testa e mi andrà benissimo, ma ricordo sempre che la riforma originaria proposta dal Ministro era tutt'altra cosa; personalmente non la condividevo fino in fondo, ma in quel caso eravamo sul terreno di un confronto ben diverso e, a mio parere, assai più agibile rispetto alla situazione venutasi a creare dopo l'intervento dei famosi quattro saggi, a proposito dei quali l'unica certezza di cui disponiamo è che sono quattro.

Nel merito, signor Presidente, volendo usare una terminologia di tipo medico, sul tavolo abbiamo il malato, che risulta tale ad opinione di tutti e chi opinasse diversamente ci stupirebbe assai: il malato è la giustizia italiana, profondamente ammalata. La diagnosi ci vede tutti d'accordo, anche in Europa; anche fuori dei confini del nostro Paese, ci sono luminari stranieri d'accordo con la diagnosi fatta da noi all'interno del Paese sulla sua vera malattia: la sua insopportabile lentezza.

Dobbiamo curare questo malato da una malattia che si chiama lentezza. Invece, da quattro anni lavoriamo ad una terapia, ammesso che tale si possa definire questo progetto di riforma, che non ha niente a che vedere con la cura della malattia, sulla quale siamo pur tuttavia tutti d'accordo. Sfido chiunque a trovare una sola norma, anche un comma di questa riforma, dalla cui applicazione possa conseguire un qualche miglioramento della condizione di insopportabile lentezza di cui ho testé parlato. Trovatemene una sola e rivedrò la mia posizione: non ci riuscirete mai, perché non c'è!

Stiamo curando un malato della cui malattia siamo certi, con una terapia che con essa non ha niente a che vedere, ma che anzi - questo è il paradosso rozzo, indegno di un'Aula parlamentare - la aggrava. Ci costringete a dover ripetere questo da quattro anni e lo farò finché avrò fiato in corpo!

Nel dettaglio, tre anni dopo l'ingresso in carriera, i magistrati dovranno decidere, una volta per tutte, se occuparsi di giudicante o se non, invece, di requirente - attenzione - in base ai posti disponibili; aspetto questo certamente non secondario.

Questo è l'aspetto da cui partire per un breve ragionamento contrario a questa impostazione: vi saranno dei magistrati che scelgono di partecipare ad un concorso, che per esso studiano, si sacrificano e riescono a vincerlo perché vogliono diventare pubblici ministeri e probabilmente non ci riusciranno mai. Se, infatti, con la rigidità che prevede la riforma dovranno compiere quella scelta - in sintonia con i loro desiderata - ma in quel momento non è previsto il posto di pubblico ministero, per tutta la vita svolgeranno un altro mestiere, pur avendo partecipato al concorso e avendolo vinto.

Vi rendete conto di quanto state facendo? Dobbiamo scomodare perfino la Costituzione? Questa osservazione parte molto dal basso, dalle esigenze fondamentali di uno che si affaccia al mondo del lavoro e che ci piacerebbe pensare potesse farlo scegliendo ciò che ritiene di sapere e di voler fare.

Francamente non so se la Corte costituzionale potrà mai occuparsi dell'introduzione surrettizia della separazione delle carriere e se mai potrà dichiararla conforme al dettato costituzionale. Si dice purtuttavia che il Presidente della Repubblica non si è occupato di tale tematica. Ma perché avrebbe dovuto farlo? Non è un caso di palese incostituzionalità ed il Presidente della Repubblica non può rubare il mestiere alla Corte costituzionale. Sicuro è che questa riforma, in molti dei suoi aspetti, sarà riscritta dalla Corte costituzionale. Complimenti per la maggioranza: un gran bel successo! (Applausi del senatore Calvi).

BRUTTI Massimo (DS-U). Si ha l'impressione, durante questo dibattito ed in altri momenti dell'itinerario parlamentare così tormentato del disegno di legge sull'ordinamento giudiziario, che ormai questo provvedimento stia a cuore soltanto ad alcune persone.

È un provvedimento che contiene norme contraddittorie: si è formato passando attraverso una serie di modificazioni non sempre decifrabili e oggi, mentre questo testo normativo viene bocciato e respinto non solo dalla magistratura associata, ma anche dall'insieme dell'avvocatura italiana nelle sue rappresentanze e dalla cultura giuridica, si manifesta una sorta di accanimento terapeutico.

Questa legge è morta e sta a cuore soltanto a quei pochi che hanno legato parte del proprio destino politico ad una legge sbagliata, ingiusta, tale da produrre inefficienza nel sistema giudiziario e da consentire alcune modeste manovre discriminatorie e intimidatorie, quelle che il Ministro è così bravo a porre in essere anche con l'ordinamento attuale.

Vorrei che il collega Bobbio - tra i più zelanti sostenitori di questa normativa - e il ministro Castelli facessero un confronto con la vicenda che ha riguardato un altro disegno di legge rinviato al Parlamento dal Capo dello Stato con rilievi assai precisi riferiti alla sua palese incostituzionalità: la legge Gasparri.

Vede, ministro Castelli, su quel provvedimento c'è stato un impegno straordinario del gruppo di comando del maggiore partito della coalizione di Governo e la legge, tornata in Parlamento dopo i rilievi del Capo dello Stato, con grande rapidità e con modificazioni discutibili e non tali da risolvere i problemi posti dal messaggio, è stata nuovamente approvata: là si vede la forza politica di chi ha interesse ad approvare un testo normativo, perché erano in gioco gli interessi del capo, quell'intreccio complesso di vantaggi, profitti, attività economiche, dominio dell'informazione che ha espresso il leader della vostra maggioranza di Governo, che sta più a cuore a coloro dai quali voi dipendete. Lei è un Ministro di rango assai inferiore, ministro Castelli, rispetto a quelli che più direttamente tutelano gli interessi del capo.

La legge sull'ordinamento giudiziario, se avrà effetto sulla magistratura per la previsione, che voi tenete ferma, che possa essere approvata in questa legislatura (previsione assai discutibile, e comunque vedremo), produrrà effetti con un certo ritardo, non darà subito il vantaggio e l'utilità che gli amici del Presidente del Consiglio oggi chiedono, né è tale da mettere subito in ginocchio i magistrati; se riuscirete ad approvarla - e tutto sommato non credo ci riuscirete tanto facilmente - ci vorrà del tempo, ci vorrà un impegno duro e protratto nel tempo.

Vede, signor Ministro, se anche riuscirete ad approvare questa legge, faremo in tempo noi ad azzerarla quando andremo al Governo nella prossima legislatura; quindi, è una speranza vana quella di condurre in porto un'operazione avviata con grande entusiasmo ed arroganza all'inizio della legislatura, la stessa arroganza che, del resto, manifestavate quando eravate all'opposizione.

Se - senza le smancerie di alcuni colleghi - posso riconoscere un elemento di continuità al ministro Castelli, che è nostro avversario, di cui siamo radicalmente avversari, è che lui è sempre uguale. Era così prima ed è così adesso: di giustizia non capisce nulla, e, tuttavia, tiene fermi alcuni punti che gli stanno a cuore perché sono i punti dell'aggressione alla magistratura, al sistema di governo autonomo, ai magistrati più scomodi. Queste sono le cose che stanno più a cuore al Governo e alla maggioranza e quindi stanno anche più a cuore al Ministro.

Stiamo combattendo contro questa legge: è una battaglia parlamentare lunga, complicata, e continueremo a combatterla.

Illustro un emendamento che considero direttamente connesso all'impostazione politica di fondo di cui ho parlato nella prima parte del mio intervento per ricordare il senso di questa fatica, che riproponiamo ogni volta facendovi perdere tempo, costringendovi a discutere.

L'emendamento è il 2.46, tendente ad abrogare la lettera g) del comma 1 dell'articolo 2 che stiamo esaminando, un punto cruciale nell'impianto della vostra legge, il punto che riguarda più norme e che ha dato luogo al rilievo più acuminato nel messaggio del Presidente della Repubblica: quello che segnalava come, nelle norme sulle procedure concorsuali, vi fosse una menomazione dei poteri del Consiglio superiore della magistratura, cioè dell'organo di governo autonomo che è chiamato a quella funzione specifica che la dottrina denomina amministrazione della giurisdizione e che non è del Ministro, non può spettare al Ministro, per la quale non può esservi interferenza del Ministro; non può esservi espropriazione dei poteri relativi a quell'amministrazione della giurisdizione a favore di organi o enti che si collochino al di fuori del Consiglio superiore della magistratura.

È quindi palesemente incostituzionale la norma di cui al numero 1) della lettera g), la prima che segnalo (poi ve ne sono varie altre). Questa norma, nel testo rinviato dal Presidente della Repubblica, diceva: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare» (questa è una norma di delega, come voi sapete bene, e quindi, prima di queste parole vi era la clausola «prevedere che:») «a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2».

In questo modo, il giudizio, la scelta venivano spostati al di fuori del Consiglio superiore della magistratura, che invece la Costituzione chiama a svolgere le funzioni tipiche di amministrazione della giurisdizione, tra le quali anche l'assegnazione di cui si parla nel numero 1) della lettera g).

Giunge il messaggio del Capo dello Stato e il Ministro, i saggi, la maggioranza, questi pensatori che stanno intorno al Ministro cambiano la norma e scrivono: «prevedere che: 1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l'espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2». Quindi, come prima innovazione, si elimina il riferimento al giudizio favorevole della Scuola; poi, come seconda innovazione, si introduce la frase finale: «il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura».

La stessa innovazione viene introdotta in altre norme successive che non si riferiscono più alle funzioni requirenti, ma ad altro tipo di funzioni, nelle quali c'è il giudizio, e poi si dice che il giudizio viene valutato dal Consiglio superiore della magistratura.

Ebbene, questa soluzione non viene incontro al rilievo del Presidente della Repubblica, non lo recepisce, non dà seguito al giudizio circa la palese incostituzionalità di un meccanismo che non mette il Consiglio superiore della magistratura, il suo plenum, nelle condizioni di formulare una piena, compiuta, autonoma valutazione sui magistrati che devono essere giudicati e prescelti.

Cosa significa che il Consiglio superiore della magistratura valuta? E come si esprime il giudizio della Scuola? Vi è una graduatoria, vi è una verbalizzazione delle prove? Il Consiglio superiore della magistratura può rivalutare, può ripetere l'esame di tutti gli elementi che hanno condotto al giudizio? Insomma, di chi è la scelta?

Qui siamo di fronte ad un gioco di parole. Quando si dice «il cui giudizio finale è valutato», il giudizio finale è già dentro una graduatoria, e in cosa consiste? Vi è una quantificazione relativa alle attitudini, alle capacità, alla scelta dei candidati, oppure no? Si tratta di una norma elusiva, che serve ad aggirare il rilievo del Presidente della Repubblica e che si ripete anche successivamente per le altre funzioni: una specie di gioco di parole.

Così il Ministro ed i suoi consiglieri pensano di cavarsela, ma si tratta di un testo ancora più sbagliato del precedente, che per lo meno aveva il pregio della chiarezza. Qui non c'è chiarezza e rimane l'incostituzionalità.

Sono queste le ragioni di merito che, accanto alle ragioni politiche di cui parlavo prima, ci spingono a continuare senza un attimo di tregua - voglio dirlo al Ministro della giustizia - la nostra ferma opposizione ad una legge ingiusta e sbagliata, che faremo il possibile affinché non entri in vigore e non funzioni mai. (Applausi del senatore Ayala).

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare la Presidenza per aver raccolto la nostra richiesta di frazionare l'illustrazione degli emendamenti a questo sterminato articolo 2.

Questo mi dà agio di dire in premessa che mi limiterò all'illustrazione dei soli emendamenti 2.51, 2.58, 2.63 e 2.64 e di affacciare una considerazione preliminare alla quale credo il Ministro dedicherà attenzione, considerazione che vorrei introdurre con un paragone, una sorta di similitudine.

Se un meteorologo pronostica per dieci volte che domani pioverà e il giorno dopo effettivamente l'acqua viene giù a scrosci egli acquista una certa credibilità, per cui se per l'undicesima volta pronostica pioggia è bene uscire con l'ombrello. Io credo che noi - senza false modestie e senza esibizioni - siamo un po' come quel meteorologo: abbiamo pronosticato per almeno dieci volte pioggia e per almeno dieci volte i fatti ci hanno dato ragione, nel senso che nostre osservazioni critiche e tecniche rivolte non alle opzioni politiche - ovviamente legittime e ovviamente diverse - ma a veri e propri errori non sono state tenute in conto e poi i fatti (vale a dire l'altro ramo del Parlamento, o lo stesso Governo, attraverso ripensamenti) hanno dimostrato che esse erano fondate.

Come sempre, signor Presidente, vorrei non restare nel vago e mi piace ricordare questi punti (mi duole un po' che il Ministro non sia presente, ma se vorrà leggerà il Resoconto) proprio per dare credibilità alle limitate osservazioni tecnico-costituzionali che ancora una volta, forse l'ultima, faremo.

Ricordo che nel primo testo di legge, varato niente meno che nel marzo 2002, era previsto l'accesso anticipato dei magistrati alla Corte di cassazione dopo soli dieci anni: una sorta di casta di bravissimi, di supermagistrati. Esponemmo tutta una serie di rilievi critici, che non furono tenuti in conto; nella seconda stesura del testo, cioè nel maxiemendamento del 2003, questa disposizione scomparve.

Analogamente lamentammo l'assoluta incondivisibilità dell'incardinare la Scuola della magistratura presso la Corte di cassazione, per tutta una serie di considerazioni logistiche e costituzionali: non ci fu dato ascolto; anche questo punto cadde nella seconda stesura.

Nel maxiemendamento del marzo 2003 si profilò un tema assolutamente ignoto nella prima stesura e cioè la pioggia di concorsi. Ben sedici concorsi puntellavano, e tuttora puntellano, la carriera della magistratura; sette di essi sono concentrati nella fascia di maggiore vitalità e rendimento del magistrato, cioè tra il quinto e il quindicesimo anno.

Lamentammo che in questo modo avremmo avuto metà magistrati che si preparava a concorsi e l'altra metà che si accingeva a scrutinarli nell'esito dei medesimi. Non fummo ascoltati. Nel prosieguo delle stesure, però, la stessa maggioranza, lo stesso Governo e lo stesso relatore addivennero a mitigazioni successive, prevedendo che i concorsi diventassero semplicemente la redazione di provvedimenti e la discussione dei medesimi e oggi, nell'ultima stesura, prevedendo addirittura che i concorsi conferiscono soltanto una generica idoneità e non il posto funzione.

Lamentammo la temporaneità degli incarichi semi-direttivi, che avrebbe prodotto un tourbillon gigantesco e ingovernabile. Furono fatte orecchie da mercante inizialmente, ma nel passaggio alla Camera questo testo fu eliminato.

Lamentammo e combattemmo a lungo l'improvvida previsione di una interpretazione creativa come costituente illecito disciplinare; anche questo punto nell'altro ramo del Parlamento cadde. Lamentammo come incostituzionale il doppio concorso di ingresso, distinto, perché l'articolo 106 della Costituzione non lo permette (non era una nostra opinione, era un dato costituzionale). Furono fatte orecchie da mercante anche allora, ma nell'altro ramo del Parlamento il testo fu modificato.

Lamentammo sin da allora che non era concepibile un ricorso del Ministro al TAR in materia di nomine ad uffici direttivi scavalcando ed elidendo il conflitto di attribuzioni e il Presidente della Repubblica ha sottolineato esattamente questa incongruenza.

Lamentammo e lamentiamo ancora l'avanzamento a ruoli chiusi, il concorso ad un solo stadio come foriero di tutta una serie di disfunzioni che abbiamo varie volte illustrato e anche questo è stato implicitamente accolto nell'ultima stesura, quella che ci accingeremo a discutere tra qualche ora o tra qualche giorno.

Ecco perché dico che quando noi oggi puntiamo il dito ancora su alcune mancanze, nell'ambito molto circoscritto in cui il messaggio presidenziale ci obbliga a intrattenerci, abbiamo la credibilità che ci viene dall'aver più e più volte segnalato degli errori che poi, bon gré, mal gré, siete stati costretti a riconoscere.

Allora io affido ancora una volta, anche se con speranze sempre più esigue, queste nostre considerazioni perché hanno la credibilità del meteorologo che per dieci volta ha pronosticato pioggia e pioggia è stata.

Gli emendamenti che mi sono riservato il compito di illustrare riprendono un tema già affacciato dai colleghi, quello della cosiddetta separazione debole delle carriere, sulla quale ben potrebbe esserci avanzata l'obiezione che il messaggio presidenziale non considera questo tema.

Mi sono posto questa riflessione. Il messaggio presidenziale evidenzia altre quattro incongruenze, tra le quali non c'è questa. Ma la replica credo sia legittima: il messaggio presidenziale doverosamente si è attenuto a quei profili di incostituzionalità che scaturivano oggi dalla proposizione normativa così com'è; non ha affrontato - e non poteva farlo - la situazione di fatto che questa normativa produrrà e che, una volta verificatasi, genererà quasi certamente una fortissima tensione con il disposto costituzionale.

Infatti, come è già stato detto, attraverso questa separazione delle carriere in senso debole l'aspirante magistrato deve indicare quale funzione giudiziaria vorrà esercitare. Ma questa sua indicazione non ha una piena tutela, perché rappresenta semplicemente un titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione, nei limiti delle disponibilità di posti, così recita il numero 4) della lettera a).

Ora, io ho invitato più volte il Ministro a fare una rilevazione che probabilmente avrà anche fatto e cioè accertare qual è stato in questi ultimi anni il movimento orizzontale di magistrati che hanno chiesto di passare dall'una all'altra funzione.

Dico in questi ultimi anni perché questo movimento ha assunto caratteristiche del tutto anomale proprio da quando si è prospettata fondatamente la separazione delle carriere.

Informalmente sono in grado di dire - il Ministro se vorrà lo accerterà - che questo movimento nella direzione dalla funzione requirente a quella giudicante è più e più volte multiplo del movimento nella direzione contraria. Ciò significa due cose: da un lato, che progressivamente si stanno sguarnendo le Procure della Repubblica in modo molto inquietante in un momento in cui almeno un obiettivo, a tacere di altri, sembra condiviso da maggioranza e opposizione, cioè l'azione di contrasto al terrorismo internazionale.

Quindi, una prima situazione è già in corso. Ma una seconda si produrrà sicuramente ed è questa che genererà il conflitto costituzionale. Mi riferisco al fatto che un numero sempre crescente di aspiranti magistrati chiederà di svolgere la funzione giudicante e non potrà essere accontentato per progressiva carenza di posti in questa funzione, visto che tutti i magistrati più anziani stanno recandosi ad occupare quei posti.

Ebbene, all'inizio il magistrato sarà destinato ad una funzione a lui non gradita; la possibilità che gli è stata accordata ex lege di chiedere il tramutamento nei tre anni successivi sarà a sua volta frustrata dal movimento continuo di magistrati più anziani, con la conseguenza che avremo non solo il pubblico ministero coatto (con tutto ciò che comporta, vale a dire con forte demotivazione e dequalificazione del rendimento di un magistrato che fa un mestiere che non vuole fare), ma soprattutto si produrrà una forte tensione - ed è questo il punto che rassegno in conclusione - con l'articolo 106 della Costituzione secondo il quale le nomine di magistrati avvengono per concorso.

In altri termini, il concorso produce la nomina a magistrato, non a giudice soltanto o a pubblico ministero soltanto. Quindi, l'aspirante che viene abilitato a svolgere solo una parte delle funzioni che costituiscono l'insieme del mestiere magistratuale si troverà privato di una facoltà che la Costituzione gli riconosce.

Questo è il vizio che abbiamo segnalato e continuiamo a segnalare, confidando che venga sanato prima che sia troppo tardi. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Cavallaro).

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, l'occasione per discutere in maniera più analitica dei temi rimasti da trattare credo non possa disgiungersi da una reiterata riflessione riguardante il momento generale nel quale si va ad iscrivere questo importante testo legislativo.

Senza voler fare una lunga digressione, oramai più storica che politica, rispetto alla genesi del testo, non possiamo non notare come esso sia sostanzialmente diverso da quello sottoposto al nostro esame all'inizio della legislatura e come ciò non dipenda da una qualche attività ostruzionistica dell'opposizione che, anzi, in questa materia ha più volte, reiteratamente, dato indicazioni e suggeriti indirizzi alternativi, spesso anche con spirito collaborativo.

Va rilevato che tale evoluzione dipende dalle incertezze e dal quadro politico ormai lacerato nel quale la maggioranza sta compiendo le sue ultime attività. I maxiemendamenti e le scansioni temporali di questo provvedimento sono stati talvolta collegati all'esito di alcuni processi eccellenti, altre volte sono stati legati a contrasti (non sempre sulla specifica materia) insorti nella maggioranza. Abbiamo assistito spesso a ripensamenti da parte dell'UDC o di AN o di frazioni interne alla maggioranza. Lo stesso Governo con il suo maxiemendamento ha voluto modificare il contenuto di questo disegno di legge, ma le modifiche sono persino peggiori del testo originario.

La caratteristica complessiva di questo provvedimento, del quale tutta intera la maggioranza deve assumersi la responsabilità politica, anche riguardo all'iter, è che esso si inquadrava in una non meglio specificata volontà di dare una sorta di regolata alla magistratura, si iscriveva in un fastidio che potremmo definire "antigiudiziario" di larghi strati della maggioranza che, non occorre negarlo, qualche anno fa incontrava negli umori del Paese forse un consenso maggiore di quanto non ne incontri oggi.

Si è capito che i ritardi del sistema giustizia, le sue inefficienze, il dilagare della criminalità, il peso della criminalità organizzata nel nostro Paese non dipendevano certo dall'opera dei magistrati, che anzi possiamo definire certamente, senza retorica, uno dei baluardi della democrazia e della legittimità nel nostro Paese, ma semmai dipendevano da un complesso articolato di disfunzioni e incapacità organizzative.

Disfunzioni e incapacità che questa maggioranza, se possibile, non ha fatto che acuire, non realizzando nulla di quello che aveva declamato, cioè né riforme generali e complesse (tant'è che alcune miniriforme sono state frettolosamente, quasi di nascosto, inserite nel decreto-legge sulla competitività), né alcun'altra di quelle riforme organizzative di sistema delle quali pure si era dichiarato il bisogno.

Questo vale anche per il provvedimento di modifica dell'ordinamento giudiziario che è stato costruito, sul piano sostanziale, come una sorta di adempimento formale della volontà di aggiornare necessitatamente le disposizioni sull'ordinamento giudiziario alla Costituzione, ma che nella sostanza è stato una sorta di pratica burocratica, perché, come cercherò in qualche minuto di argomentare, nei nodi veramente importanti e che avrebbero potuto essere significativamente innovativi della riforma dell'ordinamento giudiziario nulla è stato proposto, neppure nel testo che ci viene oggi da ultimo rassegnato, in cui tutt'al più si appalesa quella che è stata sovente definita una incostituzionalità diffusa e che ha suscitato, non certo casualmente, i rilievi del Capo dello Stato.

Per quanto concerne la magistratura, si è scelto di continuare sul modello continentale. Una maggioranza, o un'ex maggioranza nel Paese, che si è dichiarata e si dichiarava innovativa, avrebbe potuto e dovuto percorrere una coraggiosa innovazione e introdurre, ad esempio, una rinnovata attenzione per i processi di giuria e per la partecipazione popolare alle decisioni della giustizia, come modo per saldare gli interessi e l'attenzione dei cittadini con l'organizzazione giudiziaria. Peraltro, a mio avviso, questo potrebbe essere lo scopo della futura vera riforma dell'ordinamento giudiziario, che credo di poter dire faremo noi quando il Paese ci affiderà il Governo alla prossima scadenza elettorale.

Avrebbe potuto introdurre una riforma radicale e integrale della magistratura onoraria, qui totalmente dimenticata, che, come noto, copre circa il 50 per cento e forse più del fabbisogno di giustizia del nostro Paese, nonché un'articolazione moderna, pur nella scelta del magistrato continentale, cioè del magistrato togato, proprio dei criteri di accesso, di controllo periodico della professionalità e di una serie di controlli anche disciplinari che avrebbero dovuto delineare una figura innovativa e moderna di magistrato.

Segnalo - e questa è una mia posizione, che non vorrei definire personale, che certamente sottolinea le contraddizioni più evidenti anche delle posizioni nel tempo assunte dalla maggioranza - che proprio rispetto a quegli aspetti che più interpretano i desideri corporativi della magistratura - modesti, tutto sommato legittimi e ammissibili - ai quali questa maggioranza avrebbe dovuto opporsi, invece si è mostrata acquiescenza.

Mi riferisco, ad esempio, alla Scuola della magistratura, separata rispetto a quella che invece, secondo me, sarebbe stata più utile, cioè una scuola comune di formazione per tutte le professioni forensi, e che contraddice al criterio generale che avrei pensato dell'unicità non solo della giurisdizione, ma anche delle attività forensi nel nostro Paese.

Avrebbe fatto comodo, tutto sommato, soddisfare una vecchia aspirazione della magistratura, invece, nel sistema disciplinare alla fine, al di là del fatto che è stato necessitatamente introdotto il principio della tipicità delle violazioni, in cauda venenum, si sono introdotte quelle limitazioni, o quei tentativi di limitazione, che continuano a saldarsi con l'obiettivo principale, cioè dare una regolata alla magistratura; impedire in sostanza che la magistratura eserciti in totale autonomia, in totale libertà, il proprio ruolo e che quindi possa, come si è voluto dichiarare, invadere i campi della politica.

Sono campi assolutamente indipendenti: né la politica deve temere la giurisdizione, né la giurisdizione deve occuparsi in alcun modo direttamente di politica. La politica non si fa con i processi, ma neppure può pretendersi che la politica sia esentata dalle proprie responsabilità, come per qualunque altro cittadino.

Lo stesso è stato fatto per quanto riguarda il ruolo ed il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, già oggetto di altre incaute precedenti riforme. I punti sui quali tutti avremmo potuto e potremmo convenire sono debellare il correntismo, sconfiggere la burocraticità, l'inefficienza, i ritardi del Consiglio superiore, consentire il rafforzamento di quell'osmosi fra poteri che è il nodo fondamentale del rispetto del ruolo costituzionale del Consiglio superiore della magistratura.

Le proposte che qui da ultimo ci vengono rassegnate non prospettano nessuna soluzione; anzi, come se fosse un correttivo, si è tentato di proporre (in parte sconfitto anche dalla incostituzionalità palese e diffusa) un nuovo ruolo del Ministro che diventerebbe un Ministro attivo, parte attiva nei processi di selezione e di formazione della classe magistratuale. È questo palesemente un ruolo incostituzionale; il signor Ministro, del resto, ha tanto da fare nell'organizzazione dell'attività giurisdizionale che non credo proprio sia utile che egli ingerisca in scelte di tipo diverso.

Si doveva e si poteva definire una riarticolazione territoriale; anche qui la verità è che ciò non è stato fatto non solo per il pudore ed il timore che potesse provocare disarticolazioni sul piano locale, ma perché forse questo è un altro piccolo prezzo pagato ad uno dei pochi sentimenti che io non condivido della magistratura, che tende ad una giustizia concentrata in una maniera più efficiente. Io sono convinto che se si allegano la concentrazione al principio di efficienza la territorializzazione, anzi la prossimità del sistema giustizia, almeno di quello di tipo ordinario, sia essenziale.

Lo stesso vale per il ruolo della Corte di cassazione. Segnalo che oramai abbiamo perso ogni volontà riunificante del ruolo della Cassazione. Una parte delle disposizioni riguardanti la Cassazione, sotto il profilo ordinamentale, è qui contenuta in alcune norme; una parte, che comunque avrà un effetto ordinamentale, è addirittura contenuta in una delega inclusa in un decreto-legge, ma riguarda solo la funzione nomofilattica, e comunque la funzione di legittimità della Cassazione in sede civile. Nulla ancora è stato proposto nella materia in sede penale, quando il principio di unità, in materia di giudice di legittimità e nomofilattico dovrebbe essere essenziale.

Da ultimo - lo dico perché anche questo aspetto è oggetto di emendamenti specifici - sulla confusione ed incertezza fra separazione delle funzioni e separazione delle carriere è già stato ampiamente riferito dal collega Fassone. Soprattutto qui ancora si continua a voler costruire una funzione ibrida magistratuale; nel momento in cui si è fatta una scelta di magistrato continentale professionale la si faccia fino in fondo e non si creino figure ibride, fra l'altro impedite dagli inciampi all'osmosi ad esercitare compiutamente le loro funzioni giurisdizionali.

In conclusione, si tratta di un totale fallimento, signor Ministro, di cui non resta che prendere atto e a cui, secondo me, persino non dare più corso, perché oramai stanco ed inutile è persino questo dibattito. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, il mio parere è contrario a tutti gli emendamenti. Per l'emendamento 2.502 formulo un invito al ritiro, diversamente il parere è parimenti contrario.

Vorrei comunque affrontare questi emendamenti con una panoramica d'insieme per motivare il parere contrario.

MANZIONE (Mar-DL-U). Altrimenti si vota!

 

BOBBIO Luigi, relatore. Partirei dall'emendamento 2.502 del senatore Patrono, mi scuso, del senatore Salerno.

 

CALVI (DS-U). Non puoi concederti queste ironie, nominando una persona che non è parlamentare e non è in Aula.

 

BOBBIO Luigi, relatore. È stato un lapsus.

 

CALVI (DS-U). Non puoi nominare i magistrati. Il senatore Salerno al momento non è in Aula.

 

PRESIDENTE. Per favore, colleghi, il senatore Salerno farà le sue valutazioni.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Il parere contrario in difetto di ritiro nasce da una considerazione di tipo politico e di tipo generale. Da un punto di vista politico, non posso non rilevare con sincero rammarico e autentico dispiacere - e confido perciò in un ritiro - come un collega senatore, militante nel mio stesso partito e appartenente al mio stesso Gruppo parlamentare, sia il primo firmatario di un emendamento che, ove approvato, rappresenterebbe la demolizione di una delle linee portanti della riforma che la maggioranza e il Governo stanno portando avanti.

Rappresenterebbe la demolizione di una delle linee politiche - legittimamente politiche, non partitiche, come ho ribadito più di una volta - ispiratrici di un disegno riformatore che, con tutte le sue incompletezze, le sue mende e possibilità di miglioramento e affinamento, rappresenta comunque il primo, vero, serio, responsabile disegno riformatore per l'ordinamento giudiziario che - mi rivolgo ai colleghi presentatori di emendamenti - avete consentito fosse per sessant'anni un testo anticostituzionale.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Come il vostro!

 

BOBBIO Luigi, relatore. La stessa Carta fondamentale prevedeva il rapidissimo adeguamento del testo dell'ordinamento giudiziario all'entrata in vigore della Costituzione. Noi tentiamo, in primo luogo, di rimuovere una grave incostituzionalità che avete voluto, tollerato, avallato, ma stiamo cercando soprattutto - e il testo dell'emendamento Salerno è sbagliato anche dal punto di vista politico - di mettere un riparo come maggioranza a un problema di tipo politico che riguarda anche, e forse soprattutto, l'opposizione, la parte politica di centro-sinistra.

Credo che nessuno possa seriamente, onestamente, correttamente revocare in dubbio che, in un rapporto oggi non più ben chiaro se da strumentalizzante a strumentalizzato, o di reciproca strumentalizzazione, o partendo come strumentalizzati e poi finiti come vostri strumentalizzatori, i soggetti militanti nell'Associazione nazionale magistrati sono portatori di una incultura della giurisdizione che dovreste avversare.

 

CALVI (DS-U). Siamo in sede di parere sugli emendamenti, non puoi fare un attacco alla magistratura; stai facendo un comizio!

 

PRESIDENTE. Senatore Calvi, la prego.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Pensate di rendere un buon servizio ai vostri elettori avversando questo disegno di legge.

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Le ricordo che siete stati voi a perdere le elezioni.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Avversando questo disegno di legge per ragioni di mera contrapposizione politica, dovreste avallare il mantenimento di un sistema, di un approccio alla giurisdizione, palesemente debordante dai binari segnati dalla stessa Costituzione.

Nella parte relativa alla cosiddetta separazione delle funzioni non posso non rilevare - fui presentatore di un emendamento approvato dal Senato e modificato dalla Camera che ventilava la possibilità del doppio concorso - che l'emendamento 2.500, astrattamente valutato, potrebbe trovare aspetti di condivisione dal punto di vista della totale risistemazione.

L'emendamento 2.500 è sicuramente valutabile e discutibile sul piano del confronto. Oggi dobbiamo prendere atto che si è scelta una possibilità alternativa, altrettanto condivisibile, quella della separazione delle funzioni.

Non mi si venga a dire, però, come ha fatto il senatore Brutti Massimo nel corso dell'illustrazione dei suoi emendamenti, che oggi questo disegno di legge trova l'avversione unanime dell'Associazione nazionale magistrati - purtroppo la diamo corporativisticamente ed autoreferenzialmente per scontata - ed anche dell'avvocatura a livello nazionale.

Innanzitutto parliamo di due avversioni, se tali sono entrambi, completamente diverse per motivazioni e contenuti, posto che l'avvocatura italiana, che pure attende con ansia - diversamente da quanto ci dicono gli amici dell'opposizione - tale provvedimento, rimprovera a questo testo solo di non essersi incamminato su una chiara e netta separazione delle carriere e non delle funzioni. Soprattutto - lo dico ancora una volta - l'avvocatura italiana, piuttosto che assumere a volte posizioni o dichiarazioni di contrarietà un po' frettolose, farebbe bene a riflettere su come questo disegno di legge sia anche uno suo risultato, il veicolo di sue richieste e aspirazioni che trovano una compiuta realizzazione nel testo; quindi, farebbe forse meglio ad assumere una posizione di responsabile soddisfazione per lo sforzo che si sta compiendo con il provvedimento al nostro esame.

Quanto agli altri emendamenti, gli argomenti sono sempre gli stessi. Il parere contrario si motiva anche in relazione ai molteplici infiniti pareri contrari dati nel corso della legislatura. (Applausi dai Gruppi AN e FI).

PRESIDENTE. Chiedo al ministro Castelli se ritiene di svolgere il suo intervento nella seduta odierna o in altra, dato che il termine previsto per la conclusione dei lavori è alle ore 13, al fine di consentirgli di utilizzare tutto il tempo che ritiene necessario.

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, rivendico la par condicio: ho ascoltato anche con stoicismo alcune argomentazioni dell'Assemblea; chiedo, pertanto, che altrettanta cortesia mostrino gli eroici senatori rimasti. Credo che un malcostume dal quale nessuno può chiamarsi fuori - mi batto anch'io il petto e faccio mea culpa - è quello di fare dichiarazioni magari polemiche nei confronti del Governo e non restare ad ascoltare le repliche. Dato che qualcuno è rimasto, se mi è consentito, credo di fare cosa utile a non portare via tempo ad ulteriori sedute e replicare oggi, visto che si parla a braccio e quindi l'argomento è caldo.

Avrei voluto esprimermi sugli emendamenti, ma non posso fare altro che prendere atto che, nella stragrande maggioranza, sono stati svolti dei veri e propri interventi da discussione generale; non posso pertanto che ribattere anche in questa ottica, riservandomi alcune argomentazioni sugli emendamenti.

Richiamerei l'opposizione ad un minimo di coerenza: è stato, infatti, detto, raccogliendo, tra l'altro, argomentazioni nate fuori di qui, che su questo provvedimento non si è discusso abbastanza. Fortunatamente, mi accorgo che qualcuno si lamenta del fatto che ormai da quattro anni se ne discute: forse, finalmente, si riconosce che si è discusso abbastanza. Anche oggi si è dichiarato addirittura che la maggioranza e il Governo hanno assunto un atteggiamento muscolare.

Il senatore Fassone, che purtroppo non vedo, ha dichiarato che moltissime delle sue osservazioni sono state recepite alla Camera. Vorrei sommessamente ricordare al senatore Fassone che alla Camera vi sono ancora questa maggioranza e questo Ministro: finalmente, allora, prendiamo atto che anche l'opposizione dichiara che non è vero che non si è tenuto conto delle osservazioni sensate fatte da parte dell'opposizione.

Dico «sensate» perché, vede, senatore Brutti, di cosa posso tener conto del suo intervento? Lei è venuto qui, ha esternato livore e anche disprezzo nei confronti del Ministro che le parla: ne prendo atto, ma di cosa devo tener conto?

D'altra parte, se voi siete così bravi, se avete le soluzioni in tasca, come mai non avete avuto nemmeno il coraggio di affrontare questo tema nella scorsa legislatura? È una domanda alla quale qualche risposta varrebbe la pena dare. Come mai, se siete stati così bravi, non siete stati in grado di risolvere nessuno dei problemi della giustizia? Come mai, se siete stati così bravi, gli italiani vi hanno cacciati via?

Lei adesso si culla nella speranza che tornerete al Governo; per carità, nella mia posizione glielo auguro, dato che è talmente scomoda. Per adesso però si culli nella speranza, perché il dato di fatto è che gli italiani vi hanno mandati a casa.

 

AYALA (DS-U). Si chiama democrazia; usi la parola appropriata, anche le parole hanno un peso. È una questione di stile.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Appunto, si chiama democrazia, e il dato di fatto è che democraticamente gli italiani vi hanno mandati a casa: la vostra speranza è che manderanno a casa noi; cullatevi pure nella speranza e vedremo cosa accadrà.

È anche stravagante l'osservazione del senatore Ayala, secondo il quale, siccome abbiamo perso le elezioni regionali, non si può più approvare la riforma dell'ordinamento giudiziario: è un salto logico… (Commenti del senatore Ayala)… io non l'ho interrotta, senatore Ayala, e gradirei che lei facesse altrettanto con me. È un salto logico, direi, di natura acrobatica, di cui non riesco a capire la ratio, ma ne prendo atto e ne terremo conto.

Quanto agli emendamenti, credo - e al riguardo non ho sentito argomentazioni molto sensate - che abbiamo rispettato profondamente il messaggio presidenziale. Tengo ad evidenziare che il messaggio presidenziale è la dimostrazione che non è possibile forzare la Costituzione. Ci avete accusati in continuazione di voler approvare un disegno di legge addirittura incostituzionale; bene, questa è la dimostrazione che non è possibile farlo perché le garanzie di natura costituzionale sono tali e tante che, neanche volendo, il Governo potrebbe farlo.

Abbiamo commesso, forse, qualche errore (ma è tutto da vedere), però lo abbiamo sempre dichiarato, perché è del tutto ovvio che, quando si parla di magistratura si entra in questioni costituzionali e si lavora borderline e si può anche andare oltre.

Il Presidente della Repubblica è intervenuto su quelle che egli stesso ha ritenuto patenti violazioni di natura costituzionale (anche su questo ci sarebbe da discutere, ma data l'ora forse non è il caso): ne prendiamo atto, abbiamo corretto il testo recependo in pieno il messaggio quirinalizio, per cui non vedo quali ulteriori modifiche si possono apportare.

Se ci sono altre questioni di natura dubbia dal punto di vista costituzionale ci sarà la Corte: sono il primo ad auspicare che la Corte costituzionale intervenga dove sarà necessario, perché - vedete - credo che tutto si possa dire di questo Ministro, di questa maggioranza, tranne che non abbia una profondissima vocazione democratica. Quindi, siamo noi i primi ad auspicare che tutte le azioni di natura costituzionale che la nostra Carta prevede possano essere messe in atto.

Non vi è, allora, alcun pericolo che in nessun modo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura possano essere coartate. Tengo, però a, ribadire che voi parlate sempre di autonomia e indipendenza della magistratura come se fossero un fine: non sono un fine, ma un mezzo per giudicare imparzialmente. Questo è il dato che va richiamato, ma soprattutto condiviso da tutti, perché un magistrato autonomo e indipendente che giudica, però, in modo parziale credo non convenga a nessuno. È un dato da tenere assolutamente presente.

Dopo questa premessa, è evidente che non posso che essere d'accordo con i pareri resi dal relatore. Siamo cioè contrari agli emendamenti proposti perché riteniamo che le modifiche apportate in Commissione siano sufficienti per ottemperare al dettato del Quirinale.

Mi soffermo anch'io brevemente sull'emendamento 2.502. Invito i proponenti a ritirarlo, altrimenti esprimo parere contrario; però, visto che è proposto da una parte della maggioranza, la probabilità teorica che possa passare esiste e, se approvato (io auspico ovviamente di no), certamente andrebbe a creare un vulnus notevole nell'impianto del disegno di legge; non sarebbe però esiziale, a mio parere, in qualunque modo venga votato (se verrà votato e non verrà invece ritirato).

Ritengo comunque che in ogni caso si debba andare avanti nell'esame del provvedimento. Lo dico fin d'ora, in modo che sia ben chiaro e non possa essere strumentalizzato, eventualmente, il prosieguo della discussione. (Applausi dai Gruppi LP, FI e AN).

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

La seduta è tolta (ore 13,08).


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE (*)

 

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B/bis)

 

________________

(*) Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato in data 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

Approvato

(Contenuto della delega)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, uno o più decreti legislativi direttia:

a) modificare la disciplina per l’accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;

b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;

d) riorganizzare l’ufficio del pubblico ministero;

e) modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio;

g)prevedere forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado.

2. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 2.

3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, uno o più decreti legislativi recanti le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 9, la necessaria disciplina transitoria, prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti legislativi previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 2.

4. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate, esclusivamente con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

5. Le disposizioni previste dal comma 4 si applicano anche per l’esercizio della delega di cui al comma 3, ma in tal caso il termine per l’espressione dei pareri è ridotto alla metà.

6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 4, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8.

 

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

 

ART. 2.

(Princìpi e criteri direttivi, nonché disposizioni ulteriori)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che sia bandito annualmente un concorso per l’accesso in magistratura e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente;

2) che il concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie indicate dall’articolo 123-ter, commi 1 e 2, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, nonché nelle materie attinenti al diritto dell’economia;

3) che la commissione di concorso sia unica e che sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e che sia composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto, e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità; che il numero dei componenti sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell’esigenza di rispettare le scadenze indicate al numero 1) della lettera d); che il numero dei componenti professori universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;

4) che, al momento dell’attribuzione delle funzioni, l’indicazione di cui al numero 1) costituisca titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione e che tale scelta, nei limiti delle disponibilità dei posti, debba avvenire nell’ambito della funzione prescelta;

b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162;

c) prevedere che, nell’ambito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione;

d) prevedere che:

1) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;

2) non possano essere ammessi al concorso coloro che sono stati già dichiarati non idonei per tre volte;

e) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

1) funzioni giudicanti di primo grado;

2) funzioni requirenti di primo grado;

3)funzioni giudicanti di secondo grado;

4)funzioni requirenti di secondo grado;

5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;

6) funzioni semidirettive requirenti di primo grado;

7) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;

8) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado;

9) funzioni direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;

10) funzioni direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;

11) funzioni giudicanti di legittimità;

12) funzioni requirenti di legittimità;

13) funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità;

14) funzioni direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;

15) funzioni direttive superiori apicali di legittimità;

f) prevedere:

1) che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura debbano essere svolte effettivamente le funzioni requirenti o giudicanti di primo grado;

2) che, dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado;

3) che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per titoli, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità; che al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per le funzioni di legittimità possano partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado;

4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità all’esito dei concorsi di cui ai numeri 2) e 3) e le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli;

5) le modalità dei concorsi per titoli e di quelli per esami, scritti e orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove scritte consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti alternativamente o congiuntamente la risoluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari, relative alle funzioni richieste e stabilendo, altresì, che le prove orali consistano nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta;

6) che i magistrati che in precedenza abbiano subìto una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 2), 3) e 4) dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva, comunque non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dai numeri 1), 2) e 3) e dalle lettere h) e i);

g) prevedere che:

1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;

2) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera l), numero 6);

3) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;

4) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera l), numero 5);

5) il Consiglio superiore della magistratura individui, con priorità assoluta, i posti vacanti al fine di consentire il passaggio di funzione nei casi indicati ai numeri 1) e 3);

6) fuori dai casi indicati ai numeri 1) e 3), e, in via transitoria, dal comma 9, lettera c), non sia consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;

7) il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa debba avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

h) prevedere che:

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

3)funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

4)funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;

8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica aggiunto, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;

9) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;

10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;

11) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;

12) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;

13) funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;

14) funzioni direttive requirenti di primo grado elevato siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;

15) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;

16) funzioni direttive requirenti di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;

17) le funzioni indicate ai numeri 11), 12), 13), 14), 15) e 16) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, abbiano frequentato l’apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;

18) i magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità possano partecipare ai concorsi per le funzioni semidirettive e direttive indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14); che l’avere esercitato funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi indicati rispettivamente al numero 13) e al numero 14);

i) prevedere che:

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione e di Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità;

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;

6) le funzioni indicate ai numeri 1) e 2) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte, ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511; le funzioni indicate ai numeri 3), 4) e 5) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;

l) prevedere che:

1) annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 3), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;

2) annualmente i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;

3) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

3.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

3.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

3.3) i posti di cui al numero 3.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per soli titoli indicato al numero 3.2) ed espletato nello stesso anno;

3.4) i posti di cui al numero 3.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 3.1) ed espletato nello stesso anno;

3.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 3.1), 3.2), 3.3) e 3.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;

3.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;

3.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;

3.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 3.6) e 3.7);

4) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

4.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

4.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

4.3) i posti di cui al numero 4.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 4.2) ed espletato nello stesso anno;

4.4) i posti di cui al numero 4.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 4.1) ed espletato nello stesso anno;

4.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 4.1), 4.2), 4.3) e 4.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;

4.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;

4.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;

4.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 4.6) e 4.7);

5) ai fini di cui al numero 3), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero le funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

7) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

7.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

7.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni giudicanti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

7.3) i posti di cui al numero 7.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 7.2) ed espletato nello stesso anno;

7.4) i posti di cui al numero 7.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 7.1) ed espletato nello stesso anno;

7.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 7.1), 7.2), 7.3) e 7.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;

8) ai fini di cui al numero 7), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

9) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

9.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

9.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni requirenti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

9.3) i posti di cui al numero 9.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 9.2) ed espletato nello stesso anno;

9.4) i posti di cui al numero 9.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 9.1) ed espletato nello stesso anno;

9.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 9.1), 9.2), 9.3) e 9.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;

10) ai fini di cui al numero 9), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

11) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, si tenga conto prevalentemente, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, dell’attività prestata dal magistrato nell’ambito delle sue funzioni giudiziarie, desunta da specifici e rilevanti elementi e da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti dallo stesso adottati nonché dell’eventuale autorelazione e, in particolare, della complessità dei procedimenti trattati, degli esiti dei provvedimenti adottati, delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto, tenuto specificamente conto della sede e dell’ufficio presso cui risulta assegnato il magistrato, con loro proiezione comparativa rispetto a quelle delle medie nazionali e dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio; i titoli vengano valutati in modo tale che, ove possibile, i componenti della commissione esaminatrice non conoscano il nominativo del candidato; nei concorsi per titoli ed esami si proceda alla valutazione dei titoli solo in caso di esito positivo della prova di esame e la valutazione dei titoli incida in misura non inferiore al 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l’ordine di graduatoria; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 4, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12;

12) l’esito dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e alle funzioni di legittimità abbia una validità di sette anni, salva la facoltà per il magistrato di partecipare in detto periodo ad un nuovo corso;

m) prevedere che:

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga al Ministro della giustizia per il concerto le nomine nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall’articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi;

2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari, assegni l’incarico semidirettivo nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo;

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera i), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale; ai fini di quanto disposto dal presente numero si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato;

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

6) gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di sei anni;

7) il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al numero 6), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonché di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

8) alla scadenza del termine di cui al numero 6), il magistrato che abbia esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

9) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

10) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

11) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive; fermo restando il possesso dei requisiti indicati dalle lettere h) ed i) per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive costituisce titolo preferenziale; in ogni caso si applichino le disposizioni di cui alla lettera l), numero 11); per le funzioni semidirettive giudicanti si tenga adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni direttive di Procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;

n) prevedere che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 10) della lettera m) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

o) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avvenga nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto; prevedere che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare e per i magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura, il collocamento fuori ruolo non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n.916, e successive modificazioni;

p) prevedere che:

1) le commissioni di cui alle lettere l) e m) siano nominate per due anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

2) i componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità, non siano immediatamente confermabili e non possano essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell’incarico;

q) prevedere che:

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

1.1) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

1.2) seconda classe: da sei mesi a due anni;

1.3) terza classe: da due a cinque anni;

1.4) quarta classe: da cinque a tredici anni;

1.5) quinta classe: da tredici a venti anni;

1.6) sesta classe: da venti a ventotto anni;

1.7)settima classe: da ventotto anni in poi;

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui alla lettera f), numero 2), prima parte, conseguano la quinta classe di anzianità;

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera f), numero 3), conseguano la sesta classe di anzianità;

r) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine; prevedere che non possano essere assegnati ai magistrati per i quali è in scadenza il termine di permanenza di cui sopra procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di scadenza; prevedere che la presente disposizione non si applichi ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità;

s) prevedere che:

1) siano attribuite al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

2) siano indicati i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

3) sia assegnata al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività e gli sia attribuito l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165;

4) entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n.165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze;

t) prevedere che:

1) presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, l’organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale siano affidate a un direttore tecnico, avente la qualifica di dirigente generale, nominato dal Ministro della giustizia, al quale sono attribuiti i compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonché di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia;

2) per ciascuna corte di appello di cui al numero 1):

2.1) sia istituita una struttura tecnico-amministrativa di supporto all’attività del direttore tecnico, composta da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2 e che, nell’ambito di dette posizioni economiche, in sede di prima applicazione, sia possibile avvalersi di personale tecnico estraneo all’Amministrazione;

2.2) le strutture di cui al numero 2.1) siano allestite attraverso il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.

2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;

4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero non superiore a cinquanta unità, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di ventiquattro mesi e che sia articolato in sessioni della durata di sei mesi quella presso la Scuola superiore della magistratura e di diciotto mesi quella presso gli uffici giudiziari, dei quali sette mesi in un collegio giudicante, tre mesi in un ufficio requirente di primo grado e otto mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;

e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;

f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della Scuola;

g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;

h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;

i) prevedere che, in caso di deliberazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un’ulteriore deliberazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;

l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo Presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, comunque non superiore a cinque, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);

n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

o) prevedere l’obbligo del magistrato a partecipare ogni cinque anni, se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori il cui esito abbia la validità prevista dal comma 1, lettera l), numero 12), con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale e di proficua partecipazione del magistrato al corso, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

r) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

s) prevedere che, al settimo anno dall’ingresso in magistratura, i magistrati che non abbiano effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa, previsto dal comma 1, lettera g), numeri 1) e 3), debbano frequentare presso la Scuola superiore della magistratura il corso di aggiornamento e formazione alle funzioni da loro svolte e, all’esito, siano sottoposti dal Consiglio superiore della magistratura, secondo i criteri indicati alla lettera t), a giudizio di idoneità per l’esercizio in via definitiva delle funzioni medesime; che, in caso di esito negativo, il giudizio di idoneità debba essere ripetuto per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra un giudizio e l’altro; che, in caso di esito negativo di tre giudizi consecutivi, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;

t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, dopo aver frequentato l’apposito corso di aggiornamento e formazione presso la Scuola superiore della magistratura, il cui esito è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano sottoposti da parte di quest’ultimo a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera p); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta ed alla settima classe stipendiale possa essere disposto solo in caso di valutazione positiva; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;

u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.

3. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), da un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità in servizio presso la Corte di cassazione, da un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità in servizio presso la Procura generale della Corte di cassazione, da un professore ordinario di università in materie giuridiche e da un avvocato con venti anni di esercizio della professione che sia iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.36;

b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;

c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente, il Procuratore generale della medesima Corte e il Presidente del Consiglio nazionale forense;

d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r) e v) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

g) prevedere che nei distretti nei quali prestino servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da sette magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);

i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;

l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente, il procuratore generale della corte d’appello ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;

m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;

o) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati, quattro seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;

p) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di servizio non inferiore a venti anni;

q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;

r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:

1) parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;

2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dal comma 1 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica. Ai fini sopra indicati, il consiglio giudiziario dovrà acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;

3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;

4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;

5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;

7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

s) prevedere che i consigli giudiziari formulino pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;

t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;

u) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5);

v) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n.374.

4. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che il procuratore della Repubblica, quale preposto all’ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un procuratore aggiunto alla funzione del vicario, nonché uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari;

c) prevedere che il procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’ufficio e quelli ai quali si uniformerà nell’assegnazione della trattazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti o ai magistrati del proprio ufficio, precisando per quali tipologie di reato riterrà di adottare meccanismi di natura automatica; di tali criteri il procuratore della Repubblica deve dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione il provvedimento di revoca della delega alla trattazione di un procedimento e le eventuali osservazioni formulate dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui è stata revocata la delega; che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri generali cui i magistrati addetti all’ufficio devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e nella impostazione delle indagini;

d) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), sia abrogato l’articolo 7-ter, comma 3, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 6 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;

e) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto o del sequestro ovvero, limitatamente alle misure cautelari reali, nelle ipotesi che il procuratore della Repubblica, in ragione del valore del bene o della rilevanza del fatto per cui si procede, riterrà di dovere indicare con apposita direttiva;

f) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra;

g) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni.

5. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;

b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;

c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;

d) prevedere che il servizio prestato per almeno otto anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità;

e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: «di appello e».

6. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni;

b) prevedere:

1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio;

2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;

3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione;

4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);

c) salvo quanto stabilito dal numero 11), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato; l’omessa comunicazione al capo dell’ufficio delle avvenute interferenze da parte del magistrato destinatario delle medesime;

3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;

4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario; per il dirigente dell’ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l’omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell’organo competente;

5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato;

6) il tenere rapporti in relazione all’attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste al comma 4, lettera f); il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati; il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura;

7) l’adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dare luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

9) l’adozione di provvedimenti abnormi ovvero di atti e provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;

10) l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;

11) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale;

d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:

1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;

2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;

3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente;

4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);

5) l’ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere indagati, parti offese, testimoni o comunque coinvolti in procedimenti penali o civili pendenti presso l’ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di corte d’appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro;

6) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo;

7) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;

8) l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o affaristici che possano condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque appannare l’immagine del magistrato;

9) ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza;

10) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste;

e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:

1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;

f) prevedere come sanzioni disciplinari:

1) l’ammonimento;

2) la censura;

3) la perdita dell’anzianità;

4) l’incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;

5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

6) la rimozione;

g) stabilire che:

1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;

2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;

3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;

4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;

5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;

6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;

7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;

8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;

h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, come modificati ai sensi della lettera p);

4) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;

5) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera c);

6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;

8) la scarsa laboriosità, se abituale;

9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;

11) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità;

i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano grave ed ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

3) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);

l) stabilire che:

1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;

2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l’accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto si appalesi di particolare gravità;

3) sia rimosso il magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dalla lettera d), numero 5), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;

m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;

n) prevedere che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, possa essere disposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera m) e dalla prima parte della presente lettera, in sede di procedimento disciplinare, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni possano essere disposti con procedimento amministrativo dal Consiglio superiore della magistratura solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità; prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), i procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dal presente comma siano trasmessi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all’azione disciplinare;

o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;

p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;

q) equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni.

7. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;

b) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia;

2) entro un anno dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;

3) il corso dei termini sia sospeso:

3.1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

3.3) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;

c) prevedere che:

1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

2) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al Procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;

3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;

4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;

5) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;

d) stabilire che:

1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;

2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;

3) per l’attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale; prevedere che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritenga necessario ai fini delle sue determinazioni sull’azione disciplinare, possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto; prevedere altresì che nel caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica comunichi motivatamente che dalla loro pubblicizzazione possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale disponga con decreto che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo periodo;

4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;

5) al termine delle indagini, il Procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all’incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;

e) prevedere che:

1) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale; il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell’atto;

2) il Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero abbia chiesto l’integrazione della contestazione, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di proporre opposizione entro dieci giorni, presentando memoria. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti;

3) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 1), possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

4) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;

5) il decreto di cui al numero 4) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato e al Ministro della giustizia;

6) nel caso in cui il Procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, con invio di copia dell’atto;

7) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 6), possa richiedere copia degli atti del procedimento nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;

8) decorsi i termini di cui al numero 7), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 4) e 5). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 4) e 5) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;

9) della data fissata per la discussione orale sia dato avviso al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, il quale può esercitare la facoltà di partecipare all’udienza delegando un magistrato dell’Ispettorato generale;

10) il delegato del Ministro della giustizia possa presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l’incolpato;

f) prevedere che:

1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;

2) l’udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;

3) la sezione disciplinare possa assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell’incolpato e del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero, del delegato del Ministro della giustizia e della difesa dell’incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;

5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;

6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;

7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;

g) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);

2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso;

h) prevedere che:

1) a richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;

2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;

3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 6;

4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);

i) prevedere che:

1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;

2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;

3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;

4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4);

l) prevedere che:

1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l’incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;

2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;

m) prevedere che:

1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;

2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;

3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;

n) prevedere che:

1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;

1.3) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;

2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;

3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;

4) l’istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all’istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;

6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);

7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;

8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;

9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;

10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati.

8. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)prevedere che semestralmente, a cura del Consiglio superiore della magistratura, sia reso noto l’elenco degli incarichi extragiudiziari il cui svolgimento è stato autorizzato dal Consiglio stesso, indicando l’ente conferente, l’eventuale compenso percepito, la natura e la durata dell’incarico e il numero degli incarichi precedentemente assolti dal magistrato nell’ultimo triennio;

b) prevedere che analoga pubblicità semestrale sia data, per i magistrati di rispettiva competenza, dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dal Consiglio di presidenza della Corte dei conti, dal Consiglio della magistratura militare e dal Ministero della giustizia relativamente agli avvocati e procuratori dello Stato;

c) prevedere che la pubblicità di cui alle lettere a) e b) sia realizzata mediante pubblicazione nei bollettini periodici dei rispettivi Consigli e Ministero.

9. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 3, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999;

b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3.1), 3.2), 4.1), 4.2), 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2;

c) prevedere che i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), entro il termine di tre mesi dalla predetta data, possano richiedere il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa; l’effettivo mutamento di funzioni, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, si realizzerà nel limite dei posti vacanti individuati annualmente nei cinque anni successivi; che, ai fini del mutamento di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura formerà la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell’eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali si chiede il mutamento e, a parità o in assenza di anzianità, sulla base dell’anzianità di servizio; che la scelta nell’ambito dei posti vacanti avvenga secondo l’ordine di graduatoria e debba comunque riguardare un ufficio avente sede in un diverso circondario nell’ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado e un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nell’ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado; che il rifiuto del magistrato richiedente ad operare la scelta secondo l’ordine di graduatoria comporti la rinuncia alla richiesta di mutamento nelle funzioni;

d) prevedere che le norme di cui ai numeri 3.1), 3.2), 4.1) e 4.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

e) prevedere che le norme di cui ai numeri 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

f) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere d) ed e), per un periodo di tempo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), e fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l’effettivo conferimento rispettivamente delle funzioni di appello giudicanti o requirenti e di quelle giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte nell’ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda previsti dal comma 1, lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9), e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell’accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, decorso tale periodo, ai magistrati di cui alla lettera e), fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi per titoli ed esami, le assegnazioni per l’effettivo conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte, previo concorso per titoli ed a condizione che abbiano frequentato l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, nell’ambito dei posti vacanti di cui al comma 1, lettera l), numeri 7.1) e 9.1); prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto dal comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alle lettere d) ed e) il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado; prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alla lettera e) il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità; prevedere che i magistrati di cui alla lettera e) per un periodo di tempo non superiore a cinque anni e fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, possano ottenere il conferimento degli incarichi direttivi di cui al comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità rispettivamente previsti nei predetti numeri;

g) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), esercitano funzioni direttive ovvero semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadano restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell’organico complessivo della magistratura;

h) prevedere che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera r), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente e dai commi 29 e 30, fermo restando che, una volta ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento eventualmente richiesto, si applicano le norme di cui al citato comma 1, lettera r);

i) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 5 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:

1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;

2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;

l) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera i) del presente comma;

m) prevedere per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultino fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):

1) che i magistrati in aspettativa per mandato elettorale vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o);

2) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, non abbiano compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

3) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, abbiano compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo la disciplina in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

4) che resta fermo per il ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

n) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):

1) ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, lettera m), numeri 5) e 8), e lettera o), e in via transitoria dalla lettera m) del presente comma, numeri 1), 2) e 3), non sia consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale;

2) che la disposizione di cui al numero 1) non si applichi in caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza;

3) che nel caso in cui venga disposto il tramutamento per le ragioni indicate al numero 2) non sia consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.

10. In deroga ai vigenti limiti temporali di durata dell’incarico previsti dall’articolo 76-bis, comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della presente legge è prorogato fino al compimento del settantaduesimo anno di età nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite.

11. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i), numero 6), del comma 1, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511;

b) prevedere che detta disciplina sia adottata sulla base delle ordinarie vacanze di organico dei medesimi uffici direttivi e, comunque, entro il limite di spesa di euro 9.750.000 per l’anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006.

12. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 11 si applica la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 1.

13. Dall’attuazione del comma 10 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

14. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

c) riserva all’amministrazione centrale:

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

9) dei provvedimenti disciplinari superiori all’ammonimento e alla censura;

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

15. Per gli oneri di cui al comma 14 relativi alla locazione degli immobili, all’acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa massima di euro 2.640.000 per l’anno 2005 e di euro 5.280.000 a decorrere dall’anno 2006, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

16. Per gli oneri di cui al comma 14 relativi al personale, valutati in euro 3.556.928 per l’anno 2005 e in euro 7.113.856 a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

17. In ogni caso, le disposizioni attuative della delega di cui al comma 14 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.

18. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 14 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.

19. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n.117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n.186, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;

b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;

c) prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.

20. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 19 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.

21. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

22. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 21 si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 1.

23. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 21, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.

24. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n.266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n.100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari compatibilmente con quanto previsto dal comma 6, lettera p), con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

25. Le disposizioni di cui al comma 24 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 1.

26. Le disposizioni di cui al comma 24 si applicano anche se, alla data della loro entrata in vigore ovvero successivamente alla data del matrimonio, il magistrato, esclusivamente in ragione dell’obbligo di residenza nella sede di servizio, non è residente nello stesso luogo del coniuge ovvero non è con il medesimo stabilmente convivente.

27. Il trasferimento effettuato ai sensi dei commi 24 e 26 non dà luogo alla corresponsione di indennità di trasferimento.

28. Dalle disposizioni di cui ai commi 24 e 26 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

29. All’articolo 7-bis, comma 2-ter, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, introdotto dall’articolo 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n.479, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».

30. All’articolo 57, comma 3, della legge 16 dicembre 1999, n.479, e successive modificazioni, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».

31. All’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 86 è sostituito dal seguente:

«Art. 86. (Relazioni sull’amministrazione della giustizia). – 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno nonché sugli interventi da adottare ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l’anno in corso. Entro i successivi dieci giorni, sono convocate le assemblee generali della Corte di cassazione e delle corti di appello, che si riuniscono, in forma pubblica e solenne, con la partecipazione del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, dei procuratori generali presso le corti di appello e dei rappresentanti dell’avvocatura, per ascoltare la relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del primo Presidente della Corte di cassazione e dei presidenti di corte di appello. Possono intervenire i rappresentanti degli organi istituzionali, il Procuratore generale e i rappresentanti dell’avvocatura»;

b) l’articolo 89 è abrogato;

c) il comma 2 dell’articolo 76-ter è abrogato.

32. Nella provincia autonoma di Bolzano restano ferme le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare il titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n.752.

33. Ai magistrati in servizio presso gli uffici aventi sede nella provincia autonoma di Bolzano, assunti in esito a concorsi speciali ai sensi degli articoli 33 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni contenenti le previsioni sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché sulla durata massima dello svolgimento di un identico incarico presso il medesimo ufficio, in quanto compatibili con le finalità dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, anche tenendo conto delle esigenze di funzionamento degli uffici giudiziari di Bolzano. I predetti magistrati possono comunque concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi e semidirettivi, di uguale o superiore grado, nonché mutare dalla funzione giudicante a requirente, e viceversa, in sedi e uffici giudiziari posti nel circondario di Bolzano alle condizioni previste dal comma 1, lettera g), numeri da 1) a 6).

34. Alle funzioni, giudicanti e requirenti, di secondo grado, presso la sezione distaccata di Bolzano della corte d’appello di Trento, nonché alle funzioni direttive e semidirettive, di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, presso gli uffici giudiziari della provincia autonoma di Bolzano, si accede mediante apposito concorso riservato ai magistrati provenienti dal concorso speciale di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.

35. Nella tabella A allegata al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n.51, alla voce relativa alla corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano/Bozen – tribunale di Bolzano/Bozen:

a) nel paragrafo relativo al tribunale di Bolzano, le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis» sono soppresse;

b) nel paragrafo relativo alla sezione di Merano, sono inserite le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis».

36. Dopo l’articolo 1 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n.133, è inserito il seguente:

«Art. 1-bis. – 1. È istituita in Bolzano una sezione distaccata della corte d’assise di appello di Trento, con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Bolzano».

37. Per le finalità di cui al comma 1, lettera q), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in euro 1.231.449 per l’anno 2005 ed euro 2.462.899 a decorrere dall’anno 2006; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui al comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), nonché lettera m), numeri 9) e 10), è autorizzata la spesa massima di euro 323.475 per l’anno 2005 ed euro 646.950 a decorrere dall’anno 2006.

38. Per le finalità di cui al comma 1, lettera t), è autorizzata la spesa massima di euro 1.500.794 per l’anno 2005 e di euro 2.001.058 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 1.452.794 per l’anno 2005 ed euro 1.937.058 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale di cui al comma 1, lettera t), numero 2.1), nonché euro 48.000 per l’anno 2005 ed euro 64.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi alle spese di allestimento delle strutture di cui al comma 1, lettera t), numero 2.2). Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

39. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2, lettera a), è autorizzata la spesa massima di euro 6.946.950 per l’anno 2005 ed euro 13.893.900 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 858.000 per l’anno 2005 ed euro 1.716.000 a decorrere dall’anno 2006 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, euro 1.866.750 per l’anno 2005 ed euro 3.733.500 a decorrere dall’anno 2006 per le spese di funzionamento, euro 1.400.000 per l’anno 2005 ed euro 2.800.000 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale docente, euro 2.700.000 per l’anno 2005 ed euro 5.400.000 a decorrere dall’anno 2006 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, euro 56.200 per l’anno 2005 ed euro 112.400 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lettera l), euro 66.000 per l’anno 2005 ed euro 132.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui al comma 2, lettera m).

40. Per le finalità di cui al comma 3, la spesa prevista è determinata in euro 303.931 per l’anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 8.522 per l’anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettera a), ed euro 295.409 per l’anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettere f) e g).

41. Per le finalità di cui al comma 5, la spesa prevista è determinata in euro 629.000 per l’anno 2005 ed euro 1.258.000 a decorrere dall’anno 2006.

42. Per le finalità di cui al comma 11 è autorizzata la spesa di euro 9.750.000 per l’anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a euro 9.750.000 per l’anno 2005, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e quanto a euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

43. Agli oneri indicati nei commi 37, 39, 40 e 41, pari a euro 9.434.805 per l’anno 2005 ed euro 18.869.611 a decorrere dall’anno 2006, si provvede:

a) quanto a euro 9.041.700 per l’anno 2005 ed euro 18.083.401 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

b) quanto a euro 393.105 per l’anno 2005 ed euro 786.210 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 30 dicembre 2004, n. 311.

44. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione dei commi 1, 2, 3 e 5, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n.468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n.2), della legge n.468 del 1978.

45. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

46. In ogni caso, le disposizioni attuative dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, lettere l), m) e q), 2, 3 e 5 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.

47. Nelle more dell’attuazione della delega prevista al comma 19, per l’elezione dei componenti del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente; i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli.

48. Il Governo trasmette alle Camere una relazione annuale che prospetta analiticamente gli effetti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati in attuazione della presente legge.

49. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

EMENDAMENTI DA 2.500 A 2.553

 

2.500

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

«a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che vengano banditi annualmente due concorsi, uno per l’accesso alla magistratura giudicante ed uno per la magistratura requirente;

2) che ciascun concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie a contenuto, generale e specifico in relazione alla carriera prescelta;

3) che la commissione di ciascun concorso sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura e che sia composta:

a) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura giudicante, da giudici aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un minimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità;

b) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura requirente, da pubblici ministeri aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un minimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato del pubblico ministero che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato del pubblico ministero che eserciti le funzioni di pubblico ministero».

2.7

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, lettera a), numero 3), in fine, aggiungere la seguente: «che la Commissione si attenga nelle proprie valutazioni ai criteri prefissati dal Consiglio Superiore della Magistratura».

2.501

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:

«b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso alla magistratura giudicante coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed abbiano conseguito il diploma di idoneità presso la Scuola superiore delle professioni giudiziarie di cui al successivo articolo 3, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da arnmettere alla Scuola sia determinato in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per l’accesso alla carriera di giudice;

2) prevedere che ai concorsi banditi per l’accesso alla magistratura giudicante ed a quella requirente possano partecipare magistrati già nell’esercizio delle loro funzioni da almeno cinque anni ed avvocati con almeno cinque anni di professione previa frequentazione del corso di specializzazione di cui al secondo anno della S.S.P.G. ed il conseguimento del diploma di idoneità».

2.14

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

2.19

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, lettera d), numero 2), dopo le parole: «già dichiarati» aggiungere le seguenti: «dal Consiglio superiore della magistratura».

2.33

CALVI, AYALA, LEGNINI, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere le seguenti:

«e-bis) prevedere che all’esito del tirocinio i magistrati esercitino obbligatoriamente funzioni giudicanti per almeno tre anni, dei quali almeno un terzo in organi collegiali di primo e di appello ai quali sono assegnati anche in sovrannumero, ed escludendo per i primi diciotto mesi le funzioni di giudice per le indagini preliminari;

e-ter) prevede che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, ove sia espresso dal Consiglio superiore della magistratura un giudizio attitudinale favorevole, la eserciti per almeno otto anni;

e-quater) prevede che, decorso tale periodo, il magistrato possa concorrere a uffici della funzione diversa da quella esercitata solamente previa partecipazione ad un apposito corso di formazione presso la scuola della magistratura, in esito al quale sia espressa una favorevole valutazione attitudinale;

e-quinquies) prevede che la domanda sia accoglibile solamente se l’ufficio richiesto è ubicato in un diverso circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado, e con esclusione del distretto competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nel caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato».

Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere g) e h).

2.34

CALVI, AYALA, LEGNINI, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, sopprimere la lettera f).

Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere la lettera i).

2.502

SALERNO, BEVILACQUA, BONATESTA, FLORINO, PACE, MEDURI, PEDRIZZI

Apportare le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 lettera f) numero 2 sopprimere le parole «,dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero»;

b) al comma 1 lettera f) sostituire il numero 3 con il seguente: «che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni di legittimità»;

c) al comma 1 lettera f) numero 5 sopprimere le parole da: «e di quelli per esami» fino alla fine;

d) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 3 con il seguente: «periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, i posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati giudicanti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 2. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato all’esito dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 5. I magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni. Qualora abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado presso una sede indicata come disagiata e abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni, abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre.»;

e) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 4 con il seguente: «periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, i posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati requirenti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 2. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato all’esito dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 6. I magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni. Qualora abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado presso una sede indicata come disagiata e abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni, abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre.»;

f) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 7) con il seguente. « annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati giudicanti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 3. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere espresso dalla commissione di cui alla presente lettera numero8»;

g) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 9) con il seguente: «annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati requirenti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 3. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere espresso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 10»;

h) al comma 1 lettera l) numero 11) sopprimere dalle parole «nei concorsi, per titoli ed esami» alle parole: «»viene redatto l’ordine di graduatoria»;

i) al comma 1 lettera m) il numero 1 è sostituito dal seguente: «i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa, il Consiglio Superiore della Magistratura tenga conto del giudizio finale espresso dalla Scuola Superiore della Magistratura all’esito degli appositi corsi di formazione, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 9 per le funzioni direttive e semidirettive giudicanti e numero 10 per le funzioni direttive e semidirettive requirenti; tenga conto del parere del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga le nomine al Ministro della giustizia per il concerto, sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n.195 e successive modificazioni, il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall’articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi»;

j) al comma 1 lettera m) il numero 2 è sostituito dal seguente: «i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa, il Consiglio Superiore della Magistratura tenga conto del giudizio finale espresso dalla Scuola Superiore della Magistratura all’esito dei corsi di formazione a cui abbia partecipato il magistrato, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 9 per le funzioni direttive e semidirettive giudicanti e numero 10 per le funzioni direttive e semidirettive requirenti»;

k) al comma 1 lettera m) numero 9 sostituire le parole: «sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti» con le seguenti: «ai fini di cui ai numeri 1) e 2) sia istituita una commissione per l’esercizio delle funzioni direttive e semidirettive giudicanti»;

l) al comma 1 lettera m) numero 10 sostituire le parole: «sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti» con le seguenti: «ai fini di cui ai numeri 1) e 2) sia istituita una commissione per l’esercizio delle funzioni direttive e semidirettive requirenti»;

m) al comma 1) lettera q) n.1 sopprimere le parole: «salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e»;

n) al comma 1) lettera q) sopprimere i numeri 2) e 3);

o) al comma 9 sopprimere le lettere d) ed e);

p) al comma 9) sostituire la lettera f) con la seguente: «prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f) numero 4), ultima parte, il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario, prima della data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado, prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario, prima della data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 comma 1 lettera a), equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità».

2.43

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, lettera f), numero 5), premettere le seguenti parole: «Che il Consiglio Superiore della Magistratura determini».

2.46

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, sopprimere la lettera g).

2.47

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), sopprimere i numeri 1) e 2).

2.48

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).

2.49

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).

2.50

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), sostituire i numeri da 1) a 6) con il seguente:

«1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura».

2.51

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), sostituire i numeri da 1) a 4) con il seguente:

«1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura».

2.503

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 1) con il seguente:

«1) nel caso in cui i pubblici ministeri dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera dei giudici possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le fimzioni di pubblico ministero, che comunque non potrà coincidere con quello individuato a norma dell’articolo 11 codice di procedura penale».

2.57

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), numero 1), le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio,» sono soppresse.

2.58

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole da: «entro il terzo anno di esercizio» sino a: «Consiglio superiore della magistratura, per» con le seguenti: «i magistrati possano richiedere».

2.56

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «entro il terzo anno» con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, alle quali si viene necessariamente assegnati dopo l’espletamento del periodo di tirocinio».

2.52

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, lettera g), numero 1), sopprimere le parole da: «funzione requirente» sino al termine.

2.504

CALVI, LEGNINI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera g), punto 1, sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» fino alla fine del numero.

2.505

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, lettera g), numero 1), sopprimere le parole da: «il cui giudizio finale» fino alla fine del numero.

2.506

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «il cui giudizio finale» fino alla fine del numero con le seguenti: «la quale redige al termine del corso delle schede attitudinali che vengono prese in considerazione del Consiglio Superiore della Magistratura».

2.507

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 1), le parole: «il cui giudizio finale» sono sostituite dalle seguenti: «la cui relazione finale».

2.508

LEGNINI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «il cui giudizio finale è» con le seguenti: «con esito finale».

2.509

MARITATI, AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO

Al comma 1, lettera g), numero 1), dopo le parole: «il cui giudizio», aggiungere la seguente: «favorevole».

2.510

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), numero 1), dopo le parole: «il cui giudizio finale» inserire le seguenti: «salvo che non ostino ragioni di opportunità».

2.511

AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, lettera g), numero 1), dopo le parole: «il cui giudizio finale», aggiungere le seguenti: «previa apposita prova,».

2.512

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire la parola: «valutato» con la seguente: «espresso».

2.513

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, alla lettera g), numero 1), dopo le parole: «Consiglio superiore della magistratura» aggiungere le seguenti: «che assegna i posti ove non ostino motivi da indicare espressamente».

2.514

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).

2.69

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), sopprimere i numeri 3) e 4).

2.62

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 3).

2.515

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 3) con il seguente:

«3) nel caso in cui i giudici dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera di pubblici ministeri possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di giudice, che comunque non potrà coincidere con quello di cui all’articolo 11 del codice di procedura penale».

2.63

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), al numero 3) sopprimere le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio,».

2.64

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole da: «entro il terzo anno di esercizio» sino a: «Consiglio superiore della magistratura, per» con le seguenti: «i magistrati possano richiedere».

2.65

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio» con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni requirenti».

2.516

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, lettera g), n. 3), sopprimere le parole le parole da: «dopo aver frequentato» fino alla fine.

2.517

CALVI, LEGNINI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, sopprimere le parole da: «di cui al comma 2"» fino alla fine del numero.

2.518

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, sopprimere dalle parole: «di cui al comma 2"» fino alla fine del numero.

2.519

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, sostituire dalle parole: «ilcui giudizio» fino alla fine del numero con la seguente: «la quale redige al termine del corso delle schede attitudinali che vengono prese in considerazione dal Consiglio Superiore della Magistratura».

2.520

LEGNINI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, sostituire le parole: «il cui giudizio finale è» con le seguenti: «con esito finale».

2.521

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 3), le parole: «in cui giudizio finale» sono sostituite dalle seguenti: «la cui relazione finale».

2.522

MARITATI, AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, dopo le parole: «il cui giudizio» aggiungere la seguente: «favorevole».

2.523

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, dopo le parole: «il cui giudizio finale» inserire le seguenti: «, salvo che non ostino ragioni di opportunità,».

2.524

AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, dopo le parole: «il cui giudizio finale» aggiungere le seguenti: «, previa apposita prova,».

2.525

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 3, sostituire la parola: «valutato» con la seguente: «espresso».

2.526

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, alla lettera g), numero 3, dopo le parole: «Consiglio superiore della magistratura» aggiungere le seguenti: «che assegna i posti ove non ostino motivi da indicare espressamente».

2.71

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 3), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «,ferma restando la competenza del Consiglio superiore della Magistratura ad esprimere la valutazione finale di idoneità al passaggio alle funzioni giudicanti».

2.527

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 4.

2.528

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 5.

2.529

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 6), con il seguente:

«6) fuori dai casi indicati dai numeri 1 e 3 della lettera g) e, in via transitoria, dal comma 8, non sia consentito il passaggio dalla carriera giudicante a quella requirente e viceversa».

2.530

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 7).

2.531

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, sopprimere la lettera h).

2.80

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Inammissibile

Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 8).

2.85

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Inammissibile

Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 10).

2.92

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Inammissibile

Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 13).

2.95

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Inammissibile

Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 14).

2.101

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 17).

2.111

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera h), numero 17), sopprimere le parole: «11), 12), 13),».

2.112

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera h), numero 17), le parole: «14), 15) e 16)» sono soppresse.

2.106

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera h), numero 17), sopprimere le seguenti parole: «e 16)».

2.107

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera h), numero 17), sostituire le parole: «quattro anni di servizio», con le seguenti: «due anni di servizio».

2.104

CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera h), numero 17), e, alla lettera i), numero 6), dopo le parole: «31 maggio 1946, n.511», inserire le seguenti: «ovvero ancora due anni se la domanda è accompagnata dalla dichiarazione di voler permanere in servizio per i due ulteriori anni previsti dall’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.503».

2.103

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, lettera h), numero 17), sopprimere, le parole da: «abbiamo progettato» sino al termine del numero.

2.532

CALVI, LEGNINI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera h), numero 17, sopprimere le parole: «di cui al comma 2» fino alla fine del numero.

2.533

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, alla lettera h), numero 17, sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» fino alla fine del numero.

2.534

LEGNINI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera h), numero 17, sopprimere le parole: «il cui giudizio finale e».

2.535

LEGNINI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera h), numero 17, sostituire le parole: «il cui giudizio finale» con le seguenti: «con esito finale».

2.536

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, alla lettera h), numero 17, le parole: «il cui giudizio finale» sono sostituite dalle seguenti: «la cui relazione finale».

2.537

MARITATI, AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO

Al comma 1, alla lettera h) numero 17, dopo le parole: «il cui giudizio» aggiungere le seguenti: «favorevole».

2.538

AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera h) numero 17, dopo le parole: «il cui giudizio finale» aggiungere le seguenti: «,previa prova attitudinale,».

2.539

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, alla lettera h) numero 17, dopo le parole: «il cui giudizio finale» inserire le parole: «,salvo che non ostino ragioni di opportunità,».

2.540

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, alla lettera h) numero 17, sostituire la parola: «valutato» con la seguente: «espresso».

2.541

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, alla lettera h) numero 17, dopo le parole: «Consiglio superiore della magistratura» aggiungere le parole: «che assegna i posti ove non ostino motivi da indicare espressamente».

2.122

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera i), sopprimere i numeri 5) e 6).

2.125

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 6).

2.126

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera i), numero 6), sopprimere il primo periodo.

2.542

LEGNINI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, sopprimere le seguenti parole: «il cui giudizio finale è».

2.543

LEGNINI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, sostituire le parole: «il cui giudizio finale» con le seguenti: «con esito finale».

2.544

MARITATI, AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, dopo parole: «il cui giudizio» aggiungere le seguenti: «favorevole».

2.545

AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, dopo parole: «il cui giudizio finale» aggiungere le seguenti: «,previa apposita prova attitudinale,».

2.127

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera i), al numero 6), sopprimere le parole da: «le funzioni indicate ai numeri» sino alla parole: «31 maggio 1946, n.511».

2.133

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, lettera i), numero 6) primo periodo, sopprimere le parole: «, in possesso dei requisiti richiesti,».

2.129

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Al comma 1, lettera i), numero 6), sono soppresse le parole da: «,abbiano frequentato» fino a: «31 maggio 1946, n.511;».

2.546

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, lettera i), numero 6), sopprimere le parole: «abbiano frequentato» fino a: «Consiglio Superiore della Magistratura».

2.547

CALVI, LEGNINI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» fino alla fine del numero.

2.548

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, sostituire le parole: «di cui al comma 2» fino a: «della Magistratura» con le seguenti: «e le cui schede attitudinali redatte al termine del corso siano state prese in considerazione del Consiglio Superiore dalla Magistratura».

2.549

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, sopprimere le parole: «il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio Superiore della Magistratura».

2.550

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, le parole: «il cui giudizio finale» sono sostituite dalle seguenti: «la cui relazione finale».

2.551

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, dopo le parole: «il cui giudizio finale» inserire le parole: «,salvo che non ostino ragioni di opportunità,».

2.552

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, sostituire le parole: «valutato» con la seguente: «espresso».

2.553

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Al comma 1, alla lettera i) numero 6, dopo le parole: «Consiglio superiore della magistratura» aggiungere le seguenti: «che assegna i posti ove non ostino motivi da indicare espressamente».

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

818a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 15 GIUGNO 2005

Antimeridiana

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,

indi del vice presidente SALVI

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 11).

Si dia lettura del processo verbale.

 

PERUZZOTTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 11,03).

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(1296-B/bis) Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (ore 11,50)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis.

Ricordo che il disegno di legge, a norma dell'articolo 74 della Costituzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta antimeridiana del 1° giugno ha avuto luogo l'illustrazione degli emendamenti riferiti alla prima parte dell'articolo 2 e il relatore ed il rappresentante del Governo hanno espresso il loro parere.

Ricordo altresì che gli emendamenti 2.500, 2.7, 2.501, 2.14 e 2.19 sono inammissibili.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.33 (testo 2).

 

Verifica del numero legale

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 11,51, è ripresa alle ore 12,11).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 2.33 (testo 2).

 

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 12,11, è ripresa alle ore 12,31).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Procediamo alla votazione dell'emendamento 2.33 (testo 2).

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

PAGANO (DS-U). Presidente, il senatore Ulivi vota per cinque! (Proteste dai banchi dell'opposizione).

 

PRESIDENTE. Colleghi, lasciate fare alla Presidenza: il senatore segretario è pregato di controllare.

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.33 (testo 2), presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

L'emendamento 2.34 è inammissibile in quanto privo di portata normativa.

Sull'emendamento 2.502 è stato avanzato un invito al ritiro e c'è un parere contrario della 5a Commissione limitatamente alla lettera p).

SALERNO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALERNO (AN). Signor Presidente, mantengo l'emendamento e dissento dal parere contrario della 5a Commissione.

 

PRESIDENTE. Senatore Salerno, ci deve far sapere se mantiene la lettera p), perché in tal caso, avendo la 5a Commissione espresso parere contrario, l'emendamento può essere votato, ma con la particolare procedura della votazione elettronica.

 

SALERNO (AN). Mantengo la lettera p), signor Presidente, e chiedo la votazione dell'emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 2.502.

SALERNO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALERNO (AN). Signor Presidente, cari colleghi, ovviamente intervengo come primo firmatario dell'emendamento, che in questa dichiarazione di voto vorrei sostenere da un punto di vista non solo tecnico, ma anche politico.

Io credo, signor Presidente, cari colleghi, che non ci possano essere riforme totalmente condivise: di questo sono pienamente conscio. Le riforme talvolta modificano meccanismi ai quali si è abituati; molto spesso le riforme cambiano anche la filosofia di un assetto della pubblica amministrazione, di una parte rilevante del funzionamento della nostra società.

Quello che però non dovremmo fare, cari colleghi (mi permetto di fare questa osservazione, ed è questa la riflessione), è erigere muri, ossia creare divisioni oltre a quella che può essere la normale contrapposizione e contraddizione che una riforma o una norma può generare. Ciò che non dobbiamo fare, in realtà, è quello che talvolta abbiamo già fatto, cioè creare divisioni troppo forti; non vorrei chiamarle lacerazioni, ma ricordate anche cosa successe in altre situazioni, come quando forzammo sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, forse senza mediare un attimo in più, senza trovare una linea di colloquio, di dialogo sociale con le parti che sarebbero state toccate da quel provvedimento.

Come più volte ho detto, cari colleghi, c'è stato non un solo segnale, ma più di uno da tutta la categoria a cui si riferisce questo emendamento, la quale ha prospettato una netta contrarietà a taluni aspetti di questa riforma.

Io non intendo parlare di tutta la riforma, signor Presidente, ma soltanto di taluni suoi aspetti.

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di tenere basso il tono della voce se dovete fare conversazione.

 

SALERNO (AN). Signor Presidente, in conclusione, con questa riforma abbiamo realmente innovato. In considerazione del fatto che si è trattato di un lavoro durato tanti mesi, vorrei complimentarmi innanzitutto con il relatore, senatore Bobbio, con la Commissione giustizia, nonché con il Ministro.

In ogni caso, invito l'Assemblea a riflettere per evitare che in questa riforma, nella quale sono stati introdotti taluni strumenti di grande innovazione - come nel caso della Scuola superiore della magistratura e delle commissioni d'esame - siano contestualmente inserii elementi che, pur non rendendo vana la discussione, darebbero comunque luogo ad un contrasto con la categoria cui si riferiscono. Si rischierebbe di sciupare o comunque di realizzare una riforma che, anche quando non è condivisa totalmente (di questo ci si rende conto ma non può certo costituire un limite nell'andare avanti), in realtà porta realmente ad una divisione, ad un muro contro muro che francamente non si vorrebbe vedere.

Compito della maggioranza è innovare e riformare, e lo si sta facendo egregiamente. Si faccia però attenzione a non produrre dissenso, perché oltre al dovere di governare vi è anche quello di produrre consenso o, in alternativa, non produrre un totale e netto dissenso nelle categorie cui questa riforma si riferisce.

Questa dichiarazione di voto fa riferimento all'emendamento da me presentato. Ribadisco i miei complimenti all'Aula, ma soprattutto al relatore, alla Commissione e al Ministro per aver portato avanti un lavoro lunghissimo. Si faccia attenzione a non introdurre insieme ad una riforma ottima, assolutamente necessaria e attesa da molto tempo, elementi che portano ad una divisione, ad una lacerazione che in questo momento non ci si può permettere.

CARUSO Antonino (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Senatore Caruso, le chiedo, ai sensi del Regolamento, se interviene a nome del Gruppo, considerato che anche il senatore Salerno fa parte dello stesso Gruppo parlamentare.

 

CARUSO Antonino (AN). Signor Presidente, intervengo a nome del Gruppo di Alleanza Nazionale. Devo intendere che l'intervento del senatore Salerno, come peraltro lui stesso ha precisato, è nel senso di una dichiarazione di voto da parte del proponente.

Valuti la Presidenza se ritiene che tale intervento sia conforme al Regolamento.

 

PRESIDENTE. Senatore Caruso, lei mi insegna che in dichiarazione di voto non può parlare più di un oratore per Gruppo. Questo è il motivo per cui le ho rivolto la domanda. Se lei mi conferma che quell'intervento era a titolo personale…

 

CARUSO Antonino (AN). Il Gruppo di Alleanza Nazionale voterà contro questo emendamento. Pertanto, devo ritenere che la dichiarazione di voto svolta dal senatore Salerno sia in dissenso rispetto all'indicazione complessiva del Gruppo.

 

PRESIDENTE. In tal caso ha facoltà di parlare.

 

CARUSO Antonino (AN). Il senatore Salerno afferma di essere consapevole del fatto che le riforme non possono essere sempre totalmente condivise. Faccio osservare, con riferimento alla riforma in esame, che ci si è trovati, nel corso degli ultimi tre anni -tale è stato il tempo dedicato al dibattito - di fronte ad una riforma che è stata sempre sistematicamente non condivisa, qualsiasi cosa si dicesse o si proponesse e qualunque fosse la soluzione che veniva avanzata e poi praticata.

È stato affermato più volte nel corso della discussione che la maggioranza, sia in Commissione che in Aula, si è sottratta a qualsiasi dialogo con le parti della società che sono interessate da questa riforma.

Signor Presidente, mi permetta di dire, con grandissima serenità e con la consapevolezza di essere stato testimone oculare di quanto è accaduto in questi ultimi tre anni, che non c'è affermazione meno vera e più ingenerosa. Il testo finale, votato dal Senato e dalla Camera dei deputati prima della rimessione da parte del Capo dello Stato, non contiene solo alcune, ma numerosissime soluzioni che sono state frutto non solo del dibattito, ma proprio di indicazioni e richieste precise da parte di quegli operatori della società evocati dal senatore Salerno.

L'emendamento proposto dal collega Salerno non è né buono né cattivo; è un emendamento che propone delle soluzioni che sono state vagliate dalla Commissione giustizia del Senato e che sono state oggetto di dibattito interno ed esterno al Parlamento almeno due anni fa. Sono soluzioni che, in definitiva, sono state considerate non soddisfacenti, ovvero ad esse ne sono state preferite delle altre, quelle sulle quali poi si è consumato un voto del Parlamento che ha consacrato un indirizzo, un modello tutt'affatto diverso da quello che viene ora proposto, mentre il Parlamento stesso è impegnato in una operazione assolutamente diversa, quella, scelta dalla maggioranza, di dare puntuale risposta e adempimento alle indicazioni fatte pervenire dal Capo dello Stato su punti precisi e circoscritti.

Si tratta pertanto di un emendamento non buono né cattivo ma, per quanto ci riguarda, fuori tema rispetto al complesso lavoro riformatore che è stato portato avanti dalla maggioranza e dal Governo. Queste sono le ragioni per cui Alleanza Nazionale voterà contro l'emendamento in esame.

ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, onorevoli colleghi, utilizzerò qualche minuto dei 23 concessi al mio Gruppo, un tempo che offende la funzione del Parlamento, per manifestare il voto a favore dell'emendamento del senatore Salerno; non che - non me ne voglia il senatore Salerno - il suo emendamento sia un prodigio di tecnica giuridica, perché contiene numerose imperfezioni tecnico-giuridiche, ma ha un pregio, e cioè si muove sul piano dell'efficienza.

Allora, colleghi, consentitemi di dirvi che il piano dell'efficienza è l'unico che mi importa in questa discussione sull'ordinamento giudiziario. Lei, signor Ministro, ha detto nel suo intervento che con grande stoicismo ha ascoltato le argomentazioni dell'opposizione. Io utilizzerò questa sua virtù - appunto lo stoicismo - per dirle che lei ha creato, per intenderci, un pozzo del Maelstrom, con questo ordinamento giudiziario, e, all'interno di questo vuoto che lei ha creato, si aggireranno i magistrati, in forza di regole che non permettono fluidità alla loro carriera, ma ne determinano la rigidità perché non ci sono posti successivi nel meccanismo concorsuale che si è messo a punto.

Lei creerà una situazione - se mi passa il paragone geografico, ma è certamente in grado di comprenderlo - simile a quella delle vasche di Pamukkale (mi sembra che si chiamino così), dove la vasca superiore non comunica con quella inferiore: ebbene, i magistrati nuoteranno - quello che è peggio - senza far nulla in attesa che si crei il posto successivo attraverso questo meccanismo concorsuale dissennato perché contrario all'efficienza.

Allora, malgrado tutti gli errori tecnico-giuridici dell'emendamento Salerno, dichiaro, schierandomi a favore dell'efficienza e non dell'ideologia, (che domina il progetto di legge governativo), il voto a favore del mio Gruppo e mio su questo emendamento. (Applausi del senatore Rotondo).

CIRAMI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CIRAMI (UDC). Signor Presidente, per le ragioni esposte dal presidente Caruso, che condividiamo in pieno, siamo contro l'emendamento del senatore Salerno perché scardina tutta la materia dei concorsi che introduceva un criterio di obiettività teso a limitare la discrezionalità assoluta e clientelare del Consiglio superiore della magistratura.

AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AYALA (DS-U). Signor Presidente, intervengo brevemente, non fosse altro per non sottrarre troppo tempo a quello già contingentato.

Annuncio il voto favorevole a questo emendamento da parte del mio Gruppo parlamentare. È un voto favorevole che si ispira ad una sorta di azione di contenimento del danno. Non siamo entusiasti di tale emendamento (sul cui corpo tecnico non intervengo anche perché vi ha fatto cenno poc'anzi il senatore Zancan e prima ancora il senatore Salerno) ma, siccome ci sforziamo di avere una visione complessiva di questo provvedimento (visione che, peraltro, è totalmente contraria ai suoi contenuti e, quindi, assolutamente negativa), in qualche maniera ci vediamo ridotti a votare a favore dell'unico emendamento che, in qualche maniera, ci pare finalizzato a correggere e a contenere, sia pure in misura non determinante, il danno che complessivamente - a nostro giudizio - questo provvedimento comporterà nel mondo della giustizia.

Con la stessa serenità e pacatezza usata dal presidente Caruso, vorrei invitarlo ad una riflessione più attenta sul bilancio complessivo che egli ci ha illustrato in ordine al lungo travaglio parlamentare - perché di questo si è trattato - di questo provvedimento e al rifiuto da parte di un autorevole esponente della maggioranza - quale il presidente Caruso - dell'etichetta di provvedimento portato avanti a tutti i costi e insensibile a raccogliere indicazioni provenienti non soltanto dall'opposizione ma anche dalle categorie organizzate del mondo della giustizia, da illustri studiosi, da proceduralisti e costituzionalisti (ma è così, non è stato accolto nulla di significativo).

Dovendo rispettare i tempi contingentati - lo ripeto - devo rinunciare a svolgere un intervento più articolato, ma se fosse vero (e non lo è) ciò che ha sostenuto il presidente Caruso, rivolgerei una sola domanda ai colleghi, anzi la rivolgo: come mai ancora oggi, malgrado - sempre a sentire le asserzioni del presidente Caruso - la maggioranza abbia accolto una serie di indicazioni provenienti dalla società, dalle categorie organizzate del mondo della giustizia, dagli studiosi, dai proceduralisti e dai costituzionalisti, vi è ancora una ribellione in atto contro questo provvedimento?

Non mi riferisco al rifiuto politico da parte dell'opposizione, ma ad illustri costituzionalisti che hanno sottoscritto documenti, a decine e decine di firme autorevoli, all'Associazione nazionale magistrati che annuncia ulteriori proteste, al mondo dell'avvocatura che a sua volta è contrarissimo a questo provvedimento (ovviamente, per ragioni diverse ma questo poco importa), ad illustrissimi proceduralisti italiani, tra i più autorevoli, che sono ad esso contrarissimi e lo considerano devastante. Se questo è il bilancio finale, non vi ponete il problema che forse qualcos'altro dovevate recepire e che, forse, avete recepito soltanto indicazioni che sostanzialmente non hanno mutato la natura profondamente sbagliata di tale provvedimento? Questo è il ragionamento da fare.

Se poi ci si deve nascondere dietro l'accoglimento di questa o quella indicazione per alzare la bandiera della disponibilità dimostrata da questa maggioranza va bene, ma è un trucco.

La sostanza, il bilancio, sta lì, in ciò che ho ricordato. Il mondo giuridico italiano, in tutte le sue articolazioni, ritiene questo provvedimento devastante ancora oggi.

Finiamola, quindi, di raccontare che questa è una maggioranza che durante il lungo travaglio parlamentare non si può dire che non abbia accolto, avendo accolto; ha accolto ciò che non sta bene ad alcuno.

Il risultato, purtroppo, anche per noi è che oggi ci troviamo a dover votare un emendamento che non ci piace affatto ma che, in qualche modo e a nostro parere, contiene il danno. Questa è la ragione per cui voteremo a favore. (Applausi del Gruppo DS-U).

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che il senatore Zancan e il senatore Ayala abbiano già espresso le ragioni per le quali da parte dell'opposizione si ravvisa l'opportunità e la presenza di un forte significato politico nell'annunciare un voto a favore dell'emendamento 2.502.

Si tratta di un emendamento annunciato, presentato in Commissione, che ha avuto una presenza carsica nel nostro lungo dibattito sulla riforma dell'ordinamento giudiziario e che oggi si sottopone esplicitamente al giudizio dei senatori.

È un emendamento che ha una logica che non sposiamo del tutto, rispetto al quale possiamo esprimere alcune riserve, però dimostra come anche all'interno della maggioranza esistano perplessità sulla intelaiatura di questo provvedimento e sulla sua filosofia generale.

Mi sembra, soprattutto, che l'emendamento presentato dal senatore Salerno dimostri come alcuni obiettivi annunciati con questa riforma dell'ordinamento giudiziario potessero essere comunque resi compatibili con il dettato costituzionale.

Il Presidente della Repubblica ci ha richiamato sulla necessità di non manomettere il ruolo e il profilo che la Costituzione assegna al Consiglio superiore della magistratura e avremmo potuto perseguire alcuni degli obiettivi annunciati dallo stesso Ministro mantenendoci nell'alveo della Costituzione.

Abbiamo ("abbiamo" nel senso della maggioranza del Parlamento) invece deciso volutamente di fuoriuscire da quell'alveo; volutamente abbiamo inciso sul ruolo e sul profilo del Consiglio superiore della magistratura, trasformandolo in altro, depotenziandolo, svuotandolo, sfibrandolo rispetto alle previsioni della Costituzione.

Questo emendamento, che si fa carico comunque del ruolo del Consiglio superiore della magistratura pur accogliendo alcune indicazioni che provengono dal Governo, dimostra come il dibattito che si è svolto in questa sede sia stato ispirato dalla volontà di una contrapposizione, giocata semplicemente sui rapporti di forza anziché sulla ricerca del consenso.

L'emendamento 2.502 dimostra ancora - e questo diventa poi il punto rilevante della nostra discussione, che milita a favore dell'accoglimento di tale emendamento da parte dell'opposizione - come vi sia e gravi sulla legge di riforma, riscritta per l'ennesima volta, la questione costituzionale.

Infatti, che il senatore Salerno e gli altri firmatari di questo emendamento abbiano dovuto tenere presente la necessità di mantenere il ruolo costituzionale del CSM ci spiega che questa legge, quando l'Assemblea avrà respinto l'emendamento 2.502 (se l'Assemblea dovesse respingerlo, ma penso che lo respingerà) e gli emendamenti presentati dall'opposizione, si ritroverà da capo a fare i conti con i profili di incostituzionalità che il Presidente della Repubblica ha già sollevato.

Questo è un passaggio importante e siccome credo che non possa essere rivista la Costituzione con una legge ordinaria accogliamo la proposta di modifica del senatore Salerno e degli altri firmatari, pur essendo in dissenso su molti punti dell'articolato e, per il rilievo politico che presenta, voteremo a favore di essa.

Naturalmente, è bene che il Senato tenga conto che sta procedendo su una linea rispetto alla quale, opportunamente e doverosamente, il Presidente della Repubblica ha già posto ogni attenzione, indicandola come incostituzionale al legislatore. Il Senato procede tranquillamente su questa linea e, naturalmente, saranno poi gli organi previsti dalla Costituzione a stabilire se abbiamo il potere di emanare una legge che modifica la Costituzione pur essendo una legge ordinaria e non costituzionale.

Per queste ragioni voteremo a favore dell'emendamento 2.502 presentato dal senatore Salerno.

DONADI (Misto-IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DONADI (Misto-IdV). Signor Presidente, le rivolgerei preliminarmente una richiesta.

Vista la delicatezza del tema, sul quale già una volta il Presidente della Repubblica ha rinviato la legge alle Camere ritenendo violati i precetti costituzionali, considerata l'importanza di ogni intervento e prendendo atto che mancano ormai soltanto quattro minuti alla conclusione di questa seduta, le chiederei di poter fare la mia dichiarazione di voto nella seduta pomeridiana, al fine di poterla svolgere per intero.

PRESIDENTE. Senatore Donadi, per rispondere al suo quesito le devo porre anch'io una domanda. Lei ha dieci minuti di tempo a disposizione: intende utilizzarli tutti?

 

DONADI (Misto-IdV). Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. In tal caso, la sua richiesta mi sembra fondata. Comunque, non saremmo nelle condizioni di esprimere il voto al termine del suo intervento.

Rinvio, pertanto, il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Onorevoli colleghi, vi ricordo che, alle ore 13,30, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di due giudici costituzionali e che i senatori voteranno per primi.

 La seduta è tolta (ore 12,58).

 


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE (*)

 

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B/bis)

 

________________

(*) Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato in data 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi, nonché disposizioni ulteriori)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che sia bandito annualmente un concorso per l’accesso in magistratura e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente;

2) che il concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie indicate dall’articolo 123-ter, commi 1 e 2, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, nonché nelle materie attinenti al diritto dell’economia;

3) che la commissione di concorso sia unica e che sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e che sia composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto, e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità; che il numero dei componenti sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell’esigenza di rispettare le scadenze indicate al numero 1) della lettera d); che il numero dei componenti professori universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;

4) che, al momento dell’attribuzione delle funzioni, l’indicazione di cui al numero 1) costituisca titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione e che tale scelta, nei limiti delle disponibilità dei posti, debba avvenire nell’ambito della funzione prescelta;

b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162;

c) prevedere che, nell’ambito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione;

d) prevedere che:

1) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;

2) non possano essere ammessi al concorso coloro che sono stati già dichiarati non idonei per tre volte;

e) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

1) funzioni giudicanti di primo grado;

2) funzioni requirenti di primo grado;

3)funzioni giudicanti di secondo grado;

4)funzioni requirenti di secondo grado;

5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;

6) funzioni semidirettive requirenti di primo grado;

7) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;

8) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado;

9) funzioni direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;

10) funzioni direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;

11) funzioni giudicanti di legittimità;

12) funzioni requirenti di legittimità;

13) funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità;

14) funzioni direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;

15) funzioni direttive superiori apicali di legittimità;

f) prevedere:

1) che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura debbano essere svolte effettivamente le funzioni requirenti o giudicanti di primo grado;

2) che, dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado;

3) che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per titoli, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità; che al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per le funzioni di legittimità possano partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado;

4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità all’esito dei concorsi di cui ai numeri 2) e 3) e le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli;

5) le modalità dei concorsi per titoli e di quelli per esami, scritti e orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove scritte consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti alternativamente o congiuntamente la risoluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari, relative alle funzioni richieste e stabilendo, altresì, che le prove orali consistano nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta;

6) che i magistrati che in precedenza abbiano subìto una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 2), 3) e 4) dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva, comunque non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dai numeri 1), 2) e 3) e dalle lettere h) e i);

g) prevedere che:

1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;

2) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera l), numero 6);

3) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;

4) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera l), numero 5);

5) il Consiglio superiore della magistratura individui, con priorità assoluta, i posti vacanti al fine di consentire il passaggio di funzione nei casi indicati ai numeri 1) e 3);

6) fuori dai casi indicati ai numeri 1) e 3), e, in via transitoria, dal comma 9, lettera c), non sia consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;

7) il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa debba avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

h) prevedere che:

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

3)funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

4)funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;

8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica aggiunto, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;

9) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;

10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;

11) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;

12) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;

13) funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;

14) funzioni direttive requirenti di primo grado elevato siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;

15) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;

16) funzioni direttive requirenti di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;

17) le funzioni indicate ai numeri 11), 12), 13), 14), 15) e 16) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, abbiano frequentato l’apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;

18) i magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità possano partecipare ai concorsi per le funzioni semidirettive e direttive indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14); che l’avere esercitato funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi indicati rispettivamente al numero 13) e al numero 14);

i) prevedere che:

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione e di Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità;

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;

6) le funzioni indicate ai numeri 1) e 2) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte, ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511; le funzioni indicate ai numeri 3), 4) e 5) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;

l) prevedere che:

1) annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 3), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;

2) annualmente i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;

3) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

3.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

3.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

3.3) i posti di cui al numero 3.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per soli titoli indicato al numero 3.2) ed espletato nello stesso anno;

3.4) i posti di cui al numero 3.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 3.1) ed espletato nello stesso anno;

3.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 3.1), 3.2), 3.3) e 3.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;

3.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;

3.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;

3.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 3.6) e 3.7);

4) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

4.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

4.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

4.3) i posti di cui al numero 4.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 4.2) ed espletato nello stesso anno;

4.4) i posti di cui al numero 4.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 4.1) ed espletato nello stesso anno;

4.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 4.1), 4.2), 4.3) e 4.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;

4.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;

4.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;

4.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 4.6) e 4.7);

5) ai fini di cui al numero 3), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero le funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

7) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

7.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

7.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni giudicanti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

7.3) i posti di cui al numero 7.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 7.2) ed espletato nello stesso anno;

7.4) i posti di cui al numero 7.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 7.1) ed espletato nello stesso anno;

7.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 7.1), 7.2), 7.3) e 7.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;

8) ai fini di cui al numero 7), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

9) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

9.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

9.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni requirenti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

9.3) i posti di cui al numero 9.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 9.2) ed espletato nello stesso anno;

9.4) i posti di cui al numero 9.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 9.1) ed espletato nello stesso anno;

9.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 9.1), 9.2), 9.3) e 9.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;

10) ai fini di cui al numero 9), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

11) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, si tenga conto prevalentemente, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, dell’attività prestata dal magistrato nell’ambito delle sue funzioni giudiziarie, desunta da specifici e rilevanti elementi e da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti dallo stesso adottati nonché dell’eventuale autorelazione e, in particolare, della complessità dei procedimenti trattati, degli esiti dei provvedimenti adottati, delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto, tenuto specificamente conto della sede e dell’ufficio presso cui risulta assegnato il magistrato, con loro proiezione comparativa rispetto a quelle delle medie nazionali e dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio; i titoli vengano valutati in modo tale che, ove possibile, i componenti della commissione esaminatrice non conoscano il nominativo del candidato; nei concorsi per titoli ed esami si proceda alla valutazione dei titoli solo in caso di esito positivo della prova di esame e la valutazione dei titoli incida in misura non inferiore al 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l’ordine di graduatoria; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 4, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12;

12) l’esito dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e alle funzioni di legittimità abbia una validità di sette anni, salva la facoltà per il magistrato di partecipare in detto periodo ad un nuovo corso;

m) prevedere che:

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga al Ministro della giustizia per il concerto le nomine nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall’articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi;

2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari, assegni l’incarico semidirettivo nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo;

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera i), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale; ai fini di quanto disposto dal presente numero si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato;

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

6) gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di sei anni;

7) il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al numero 6), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonché di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

8) alla scadenza del termine di cui al numero 6), il magistrato che abbia esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

9) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

10) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

11) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive; fermo restando il possesso dei requisiti indicati dalle lettere h) ed i) per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive costituisce titolo preferenziale; in ogni caso si applichino le disposizioni di cui alla lettera l), numero 11); per le funzioni semidirettive giudicanti si tenga adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni direttive di Procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;

n) prevedere che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 10) della lettera m) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

o) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avvenga nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto; prevedere che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare e per i magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura, il collocamento fuori ruolo non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n.916, e successive modificazioni;

p) prevedere che:

1) le commissioni di cui alle lettere l) e m) siano nominate per due anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

2) i componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità, non siano immediatamente confermabili e non possano essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell’incarico;

q) prevedere che:

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

1.1) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

1.2) seconda classe: da sei mesi a due anni;

1.3) terza classe: da due a cinque anni;

1.4) quarta classe: da cinque a tredici anni;

1.5) quinta classe: da tredici a venti anni;

1.6) sesta classe: da venti a ventotto anni;

1.7)settima classe: da ventotto anni in poi;

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui alla lettera f), numero 2), prima parte, conseguano la quinta classe di anzianità;

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera f), numero 3), conseguano la sesta classe di anzianità;

r) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine; prevedere che non possano essere assegnati ai magistrati per i quali è in scadenza il termine di permanenza di cui sopra procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di scadenza; prevedere che la presente disposizione non si applichi ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità;

s) prevedere che:

1) siano attribuite al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

2) siano indicati i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

3) sia assegnata al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività e gli sia attribuito l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165;

4) entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n.165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze;

t) prevedere che:

1) presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, l’organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale siano affidate a un direttore tecnico, avente la qualifica di dirigente generale, nominato dal Ministro della giustizia, al quale sono attribuiti i compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonché di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia;

2) per ciascuna corte di appello di cui al numero 1):

2.1) sia istituita una struttura tecnico-amministrativa di supporto all’attività del direttore tecnico, composta da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2 e che, nell’ambito di dette posizioni economiche, in sede di prima applicazione, sia possibile avvalersi di personale tecnico estraneo all’Amministrazione;

2.2) le strutture di cui al numero 2.1) siano allestite attraverso il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.

2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;

4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero non superiore a cinquanta unità, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di ventiquattro mesi e che sia articolato in sessioni della durata di sei mesi quella presso la Scuola superiore della magistratura e di diciotto mesi quella presso gli uffici giudiziari, dei quali sette mesi in un collegio giudicante, tre mesi in un ufficio requirente di primo grado e otto mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;

e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;

f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della Scuola;

g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;

h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;

i) prevedere che, in caso di deliberazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un’ulteriore deliberazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;

l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo Presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, comunque non superiore a cinque, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);

n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

o) prevedere l’obbligo del magistrato a partecipare ogni cinque anni, se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori il cui esito abbia la validità prevista dal comma 1, lettera l), numero 12), con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale e di proficua partecipazione del magistrato al corso, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

r) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

s) prevedere che, al settimo anno dall’ingresso in magistratura, i magistrati che non abbiano effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa, previsto dal comma 1, lettera g), numeri 1) e 3), debbano frequentare presso la Scuola superiore della magistratura il corso di aggiornamento e formazione alle funzioni da loro svolte e, all’esito, siano sottoposti dal Consiglio superiore della magistratura, secondo i criteri indicati alla lettera t), a giudizio di idoneità per l’esercizio in via definitiva delle funzioni medesime; che, in caso di esito negativo, il giudizio di idoneità debba essere ripetuto per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra un giudizio e l’altro; che, in caso di esito negativo di tre giudizi consecutivi, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;

t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, dopo aver frequentato l’apposito corso di aggiornamento e formazione presso la Scuola superiore della magistratura, il cui esito è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano sottoposti da parte di quest’ultimo a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera p); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta ed alla settima classe stipendiale possa essere disposto solo in caso di valutazione positiva; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;

u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.

3. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), da un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità in servizio presso la Corte di cassazione, da un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità in servizio presso la Procura generale della Corte di cassazione, da un professore ordinario di università in materie giuridiche e da un avvocato con venti anni di esercizio della professione che sia iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.36;

b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;

c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente, il Procuratore generale della medesima Corte e il Presidente del Consiglio nazionale forense;

d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r) e v) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

g) prevedere che nei distretti nei quali prestino servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da sette magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);

i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;

l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente, il procuratore generale della corte d’appello ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;

m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;

o) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati, quattro seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;

p) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di servizio non inferiore a venti anni;

q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;

r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:

1) parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;

2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dal comma 1 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica. Ai fini sopra indicati, il consiglio giudiziario dovrà acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;

3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;

4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;

5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;

7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

s) prevedere che i consigli giudiziari formulino pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;

t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;

u) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5);

v) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n.374.

4. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che il procuratore della Repubblica, quale preposto all’ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un procuratore aggiunto alla funzione del vicario, nonché uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari;

c) prevedere che il procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’ufficio e quelli ai quali si uniformerà nell’assegnazione della trattazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti o ai magistrati del proprio ufficio, precisando per quali tipologie di reato riterrà di adottare meccanismi di natura automatica; di tali criteri il procuratore della Repubblica deve dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione il provvedimento di revoca della delega alla trattazione di un procedimento e le eventuali osservazioni formulate dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui è stata revocata la delega; che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri generali cui i magistrati addetti all’ufficio devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e nella impostazione delle indagini;

d) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), sia abrogato l’articolo 7-ter, comma 3, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 6 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;

e) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto o del sequestro ovvero, limitatamente alle misure cautelari reali, nelle ipotesi che il procuratore della Repubblica, in ragione del valore del bene o della rilevanza del fatto per cui si procede, riterrà di dovere indicare con apposita direttiva;

f) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra;

g) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni.

5. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;

b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;

c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;

d) prevedere che il servizio prestato per almeno otto anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità;

e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: «di appello e».

6. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni;

b) prevedere:

1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio;

2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;

3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione;

4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);

c) salvo quanto stabilito dal numero 11), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato; l’omessa comunicazione al capo dell’ufficio delle avvenute interferenze da parte del magistrato destinatario delle medesime;

3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;

4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario; per il dirigente dell’ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l’omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell’organo competente;

5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato;

6) il tenere rapporti in relazione all’attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste al comma 4, lettera f); il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati; il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura;

7) l’adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dare luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

9) l’adozione di provvedimenti abnormi ovvero di atti e provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;

10) l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;

11) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale;

d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:

1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;

2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;

3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente;

4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);

5) l’ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere indagati, parti offese, testimoni o comunque coinvolti in procedimenti penali o civili pendenti presso l’ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di corte d’appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro;

6) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo;

7) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;

8) l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o affaristici che possano condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque appannare l’immagine del magistrato;

9) ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza;

10) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste;

e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:

1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;

f) prevedere come sanzioni disciplinari:

1) l’ammonimento;

2) la censura;

3) la perdita dell’anzianità;

4) l’incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;

5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

6) la rimozione;

g) stabilire che:

1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;

2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;

3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;

4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;

5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;

6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;

7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;

8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;

h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, come modificati ai sensi della lettera p);

4) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;

5) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera c);

6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;

8) la scarsa laboriosità, se abituale;

9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;

11) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità;

i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano grave ed ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

3) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);

l) stabilire che:

1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;

2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l’accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto si appalesi di particolare gravità;

3) sia rimosso il magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dalla lettera d), numero 5), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;

m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;

n) prevedere che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, possa essere disposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera m) e dalla prima parte della presente lettera, in sede di procedimento disciplinare, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni possano essere disposti con procedimento amministrativo dal Consiglio superiore della magistratura solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità; prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), i procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dal presente comma siano trasmessi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all’azione disciplinare;

o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;

p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;

q) equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni.

7. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;

b) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia;

2) entro un anno dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;

3) il corso dei termini sia sospeso:

3.1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

3.3) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;

c) prevedere che:

1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

2) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al Procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;

3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;

4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;

5) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;

d) stabilire che:

1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;

2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;

3) per l’attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale; prevedere che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritenga necessario ai fini delle sue determinazioni sull’azione disciplinare, possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto; prevedere altresì che nel caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica comunichi motivatamente che dalla loro pubblicizzazione possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale disponga con decreto che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo periodo;

4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;

5) al termine delle indagini, il Procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all’incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;

e) prevedere che:

1) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale; il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell’atto;

2) il Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero abbia chiesto l’integrazione della contestazione, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di proporre opposizione entro dieci giorni, presentando memoria. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti;

3) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 1), possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

4) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;

5) il decreto di cui al numero 4) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato e al Ministro della giustizia;

6) nel caso in cui il Procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, con invio di copia dell’atto;

7) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 6), possa richiedere copia degli atti del procedimento nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;

8) decorsi i termini di cui al numero 7), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 4) e 5). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 4) e 5) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;

9) della data fissata per la discussione orale sia dato avviso al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, il quale può esercitare la facoltà di partecipare all’udienza delegando un magistrato dell’Ispettorato generale;

10) il delegato del Ministro della giustizia possa presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l’incolpato;

f) prevedere che:

1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;

2) l’udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;

3) la sezione disciplinare possa assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell’incolpato e del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero, del delegato del Ministro della giustizia e della difesa dell’incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;

5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;

6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;

7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;

g) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);

2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso;

h) prevedere che:

1) a richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;

2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;

3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 6;

4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);

i) prevedere che:

1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;

2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;

3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;

4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4);

l) prevedere che:

1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l’incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;

2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;

m) prevedere che:

1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;

2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;

3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;

n) prevedere che:

1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;

1.3) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;

2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;

3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;

4) l’istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all’istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;

6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);

7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;

8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;

9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;

10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati.

8. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)prevedere che semestralmente, a cura del Consiglio superiore della magistratura, sia reso noto l’elenco degli incarichi extragiudiziari il cui svolgimento è stato autorizzato dal Consiglio stesso, indicando l’ente conferente, l’eventuale compenso percepito, la natura e la durata dell’incarico e il numero degli incarichi precedentemente assolti dal magistrato nell’ultimo triennio;

b) prevedere che analoga pubblicità semestrale sia data, per i magistrati di rispettiva competenza, dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dal Consiglio di presidenza della Corte dei conti, dal Consiglio della magistratura militare e dal Ministero della giustizia relativamente agli avvocati e procuratori dello Stato;

c) prevedere che la pubblicità di cui alle lettere a) e b) sia realizzata mediante pubblicazione nei bollettini periodici dei rispettivi Consigli e Ministero.

9. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 3, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999;

b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3.1), 3.2), 4.1), 4.2), 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2;

c) prevedere che i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), entro il termine di tre mesi dalla predetta data, possano richiedere il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa; l’effettivo mutamento di funzioni, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, si realizzerà nel limite dei posti vacanti individuati annualmente nei cinque anni successivi; che, ai fini del mutamento di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura formerà la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell’eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali si chiede il mutamento e, a parità o in assenza di anzianità, sulla base dell’anzianità di servizio; che la scelta nell’ambito dei posti vacanti avvenga secondo l’ordine di graduatoria e debba comunque riguardare un ufficio avente sede in un diverso circondario nell’ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado e un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nell’ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado; che il rifiuto del magistrato richiedente ad operare la scelta secondo l’ordine di graduatoria comporti la rinuncia alla richiesta di mutamento nelle funzioni;

d) prevedere che le norme di cui ai numeri 3.1), 3.2), 4.1) e 4.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

e) prevedere che le norme di cui ai numeri 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

f) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere d) ed e), per un periodo di tempo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), e fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l’effettivo conferimento rispettivamente delle funzioni di appello giudicanti o requirenti e di quelle giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte nell’ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda previsti dal comma 1, lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9), e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell’accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, decorso tale periodo, ai magistrati di cui alla lettera e), fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi per titoli ed esami, le assegnazioni per l’effettivo conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte, previo concorso per titoli ed a condizione che abbiano frequentato l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, nell’ambito dei posti vacanti di cui al comma 1, lettera l), numeri 7.1) e 9.1); prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto dal comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alle lettere d) ed e) il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado; prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alla lettera e) il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità; prevedere che i magistrati di cui alla lettera e) per un periodo di tempo non superiore a cinque anni e fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, possano ottenere il conferimento degli incarichi direttivi di cui al comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità rispettivamente previsti nei predetti numeri;

g) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), esercitano funzioni direttive ovvero semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadano restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell’organico complessivo della magistratura;

h) prevedere che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera r), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente e dai commi 29 e 30, fermo restando che, una volta ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento eventualmente richiesto, si applicano le norme di cui al citato comma 1, lettera r);

i) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 5 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:

1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;

2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;

l) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera i) del presente comma;

m) prevedere per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultino fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):

1) che i magistrati in aspettativa per mandato elettorale vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o);

2) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, non abbiano compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

3) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, abbiano compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo la disciplina in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

4) che resta fermo per il ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

n) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):

1) ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, lettera m), numeri 5) e 8), e lettera o), e in via transitoria dalla lettera m) del presente comma, numeri 1), 2) e 3), non sia consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale;

2) che la disposizione di cui al numero 1) non si applichi in caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza;

3) che nel caso in cui venga disposto il tramutamento per le ragioni indicate al numero 2) non sia consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.

10. In deroga ai vigenti limiti temporali di durata dell’incarico previsti dall’articolo 76-bis, comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della presente legge è prorogato fino al compimento del settantaduesimo anno di età nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite.

11. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i), numero 6), del comma 1, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511;

b) prevedere che detta disciplina sia adottata sulla base delle ordinarie vacanze di organico dei medesimi uffici direttivi e, comunque, entro il limite di spesa di euro 9.750.000 per l’anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006.

12. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 11 si applica la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 1.

13. Dall’attuazione del comma 10 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

14. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

c) riserva all’amministrazione centrale:

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

9) dei provvedimenti disciplinari superiori all’ammonimento e alla censura;

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

15. Per gli oneri di cui al comma 14 relativi alla locazione degli immobili, all’acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa massima di euro 2.640.000 per l’anno 2005 e di euro 5.280.000 a decorrere dall’anno 2006, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

16. Per gli oneri di cui al comma 14 relativi al personale, valutati in euro 3.556.928 per l’anno 2005 e in euro 7.113.856 a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

17. In ogni caso, le disposizioni attuative della delega di cui al comma 14 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.

18. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 14 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.

19. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n.117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n.186, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;

b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;

c) prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.

20. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 19 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.

21. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

22. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 21 si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 1.

23. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 21, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.

24. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n.266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n.100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari compatibilmente con quanto previsto dal comma 6, lettera p), con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

25. Le disposizioni di cui al comma 24 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 1.

26. Le disposizioni di cui al comma 24 si applicano anche se, alla data della loro entrata in vigore ovvero successivamente alla data del matrimonio, il magistrato, esclusivamente in ragione dell’obbligo di residenza nella sede di servizio, non è residente nello stesso luogo del coniuge ovvero non è con il medesimo stabilmente convivente.

27. Il trasferimento effettuato ai sensi dei commi 24 e 26 non dà luogo alla corresponsione di indennità di trasferimento.

28. Dalle disposizioni di cui ai commi 24 e 26 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

29. All’articolo 7-bis, comma 2-ter, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, introdotto dall’articolo 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n.479, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».

30. All’articolo 57, comma 3, della legge 16 dicembre 1999, n.479, e successive modificazioni, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».

31. All’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 86 è sostituito dal seguente:

«Art. 86. (Relazioni sull’amministrazione della giustizia). – 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno nonché sugli interventi da adottare ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l’anno in corso. Entro i successivi dieci giorni, sono convocate le assemblee generali della Corte di cassazione e delle corti di appello, che si riuniscono, in forma pubblica e solenne, con la partecipazione del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, dei procuratori generali presso le corti di appello e dei rappresentanti dell’avvocatura, per ascoltare la relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del primo Presidente della Corte di cassazione e dei presidenti di corte di appello. Possono intervenire i rappresentanti degli organi istituzionali, il Procuratore generale e i rappresentanti dell’avvocatura»;

b) l’articolo 89 è abrogato;

c) il comma 2 dell’articolo 76-ter è abrogato.

32. Nella provincia autonoma di Bolzano restano ferme le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare il titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n.752.

33. Ai magistrati in servizio presso gli uffici aventi sede nella provincia autonoma di Bolzano, assunti in esito a concorsi speciali ai sensi degli articoli 33 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni contenenti le previsioni sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché sulla durata massima dello svolgimento di un identico incarico presso il medesimo ufficio, in quanto compatibili con le finalità dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, anche tenendo conto delle esigenze di funzionamento degli uffici giudiziari di Bolzano. I predetti magistrati possono comunque concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi e semidirettivi, di uguale o superiore grado, nonché mutare dalla funzione giudicante a requirente, e viceversa, in sedi e uffici giudiziari posti nel circondario di Bolzano alle condizioni previste dal comma 1, lettera g), numeri da 1) a 6).

34. Alle funzioni, giudicanti e requirenti, di secondo grado, presso la sezione distaccata di Bolzano della corte d’appello di Trento, nonché alle funzioni direttive e semidirettive, di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, presso gli uffici giudiziari della provincia autonoma di Bolzano, si accede mediante apposito concorso riservato ai magistrati provenienti dal concorso speciale di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.

35. Nella tabella A allegata al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n.51, alla voce relativa alla corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano/Bozen – tribunale di Bolzano/Bozen:

a) nel paragrafo relativo al tribunale di Bolzano, le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis» sono soppresse;

b) nel paragrafo relativo alla sezione di Merano, sono inserite le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis».

36. Dopo l’articolo 1 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n.133, è inserito il seguente:

«Art. 1-bis. – 1. È istituita in Bolzano una sezione distaccata della corte d’assise di appello di Trento, con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Bolzano».

37. Per le finalità di cui al comma 1, lettera q), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in euro 1.231.449 per l’anno 2005 ed euro 2.462.899 a decorrere dall’anno 2006; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui al comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), nonché lettera m), numeri 9) e 10), è autorizzata la spesa massima di euro 323.475 per l’anno 2005 ed euro 646.950 a decorrere dall’anno 2006.

38. Per le finalità di cui al comma 1, lettera t), è autorizzata la spesa massima di euro 1.500.794 per l’anno 2005 e di euro 2.001.058 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 1.452.794 per l’anno 2005 ed euro 1.937.058 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale di cui al comma 1, lettera t), numero 2.1), nonché euro 48.000 per l’anno 2005 ed euro 64.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi alle spese di allestimento delle strutture di cui al comma 1, lettera t), numero 2.2). Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

39. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2, lettera a), è autorizzata la spesa massima di euro 6.946.950 per l’anno 2005 ed euro 13.893.900 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 858.000 per l’anno 2005 ed euro 1.716.000 a decorrere dall’anno 2006 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, euro 1.866.750 per l’anno 2005 ed euro 3.733.500 a decorrere dall’anno 2006 per le spese di funzionamento, euro 1.400.000 per l’anno 2005 ed euro 2.800.000 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale docente, euro 2.700.000 per l’anno 2005 ed euro 5.400.000 a decorrere dall’anno 2006 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, euro 56.200 per l’anno 2005 ed euro 112.400 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lettera l), euro 66.000 per l’anno 2005 ed euro 132.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui al comma 2, lettera m).

40. Per le finalità di cui al comma 3, la spesa prevista è determinata in euro 303.931 per l’anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 8.522 per l’anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettera a), ed euro 295.409 per l’anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettere f) e g).

41. Per le finalità di cui al comma 5, la spesa prevista è determinata in euro 629.000 per l’anno 2005 ed euro 1.258.000 a decorrere dall’anno 2006.

42. Per le finalità di cui al comma 11 è autorizzata la spesa di euro 9.750.000 per l’anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a euro 9.750.000 per l’anno 2005, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e quanto a euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

43. Agli oneri indicati nei commi 37, 39, 40 e 41, pari a euro 9.434.805 per l’anno 2005 ed euro 18.869.611 a decorrere dall’anno 2006, si provvede:

a) quanto a euro 9.041.700 per l’anno 2005 ed euro 18.083.401 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

b) quanto a euro 393.105 per l’anno 2005 ed euro 786.210 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 30 dicembre 2004, n. 311.

44. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione dei commi 1, 2, 3 e 5, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n.468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n.2), della legge n.468 del 1978.

45. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

46. In ogni caso, le disposizioni attuative dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, lettere l), m) e q), 2, 3 e 5 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.

47. Nelle more dell’attuazione della delega prevista al comma 19, per l’elezione dei componenti del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente; i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli.

48. Il Governo trasmette alle Camere una relazione annuale che prospetta analiticamente gli effetti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati in attuazione della presente legge.

49. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

EMENDAMENTI DA 2.500 A 2.502

2.500

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

«a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che vengano banditi annualmente due concorsi, uno per l’accesso alla magistratura giudicante ed uno per la magistratura requirente;

2) che ciascun concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie a contenuto, generale e specifico in relazione alla carriera prescelta;

3) che la commissione di ciascun concorso sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura e che sia composta:

a) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura giudicante, da giudici aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un minimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità;

b) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura requirente, da pubblici ministeri aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un minimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato del pubblico ministero che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato del pubblico ministero che eserciti le funzioni di pubblico ministero».

2.7

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, lettera a), numero 3), in fine, aggiungere la seguente: «che la Commissione si attenga nelle proprie valutazioni ai criteri prefissati dal Consiglio Superiore della Magistratura».

2.501

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:

«b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso alla magistratura giudicante coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed abbiano conseguito il diploma di idoneità presso la Scuola superiore delle professioni giudiziarie di cui al successivo articolo 3, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da arnmettere alla Scuola sia determinato in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per l’accesso alla carriera di giudice;

2) prevedere che ai concorsi banditi per l’accesso alla magistratura giudicante ed a quella requirente possano partecipare magistrati già nell’esercizio delle loro funzioni da almeno cinque anni ed avvocati con almeno cinque anni di professione previa frequentazione del corso di specializzazione di cui al secondo anno della S.S.P.G. ed il conseguimento del diploma di idoneità».

2.14

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

2.19

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, lettera d), numero 2), dopo le parole: «già dichiarati» aggiungere le seguenti: «dal Consiglio superiore della magistratura».

2.33 (testo 2)

CALVI, AYALA, LEGNINI, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere le seguenti:

«e-bis) prevedere che all’esito del tirocinio i magistrati esercitino obbligatoriamente funzioni giudicanti per almeno tre anni, dei quali almeno un terzo in organi collegiali di primo e di appello ai quali sono assegnati , ed escludendo per i primi diciotto mesi le funzioni di giudice per le indagini preliminari;

e-ter) prevede che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, ove sia espresso dal Consiglio superiore della magistratura un giudizio attitudinale favorevole, la eserciti per almeno otto anni;

e-quater) prevede che, decorso tale periodo, il magistrato possa concorrere a uffici della funzione diversa da quella esercitata solamente previa partecipazione ad un apposito corso di formazione presso la scuola della magistratura, in esito al quale sia espressa una favorevole valutazione attitudinale;

e-quinquies) prevede che la domanda sia accoglibile solamente se l’ufficio richiesto è ubicato in un diverso circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado, e con esclusione del distretto competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nel caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato».

Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere g) e h).

2.34

CALVI, AYALA, LEGNINI, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Inammissibile

Al comma 1, sopprimere la lettera f).

Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere la lettera i).

2.502

SALERNO, BEVILACQUA, BONATESTA, FLORINO, PACE, MEDURI, PEDRIZZI

Apportare le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 lettera f) numero 2 sopprimere le parole «,dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero»;

b) al comma 1 lettera f) sostituire il numero 3 con il seguente: «che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni di legittimità»;

c) al comma 1 lettera f) numero 5 sopprimere le parole da: «e di quelli per esami» fino alla fine;

d) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 3 con il seguente: «periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, i posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati giudicanti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 2. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato all’esito dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 5. I magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni. Qualora abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado presso una sede indicata come disagiata e abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni, abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre.»;

e) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 4 con il seguente: «periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, i posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati requirenti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 2. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato all’esito dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 6. I magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni. Qualora abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado presso una sede indicata come disagiata e abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni, abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre.»;

f) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 7) con il seguente. « annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati giudicanti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 3. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere espresso dalla commissione di cui alla presente lettera numero8»;

g) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 9) con il seguente: «annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati requirenti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 3. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere espresso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 10»;

h) al comma 1 lettera l) numero 11) sopprimere dalle parole «nei concorsi, per titoli ed esami» alle parole: «»viene redatto l’ordine di graduatoria»;

i) al comma 1 lettera m) il numero 1 è sostituito dal seguente: «i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa, il Consiglio Superiore della Magistratura tenga conto del giudizio finale espresso dalla Scuola Superiore della Magistratura all’esito degli appositi corsi di formazione, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 9 per le funzioni direttive e semidirettive giudicanti e numero 10 per le funzioni direttive e semidirettive requirenti; tenga conto del parere del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga le nomine al Ministro della giustizia per il concerto, sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n.195 e successive modificazioni, il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall’articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi»;

j) al comma 1 lettera m) il numero 2 è sostituito dal seguente: «i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa, il Consiglio Superiore della Magistratura tenga conto del giudizio finale espresso dalla Scuola Superiore della Magistratura all’esito dei corsi di formazione a cui abbia partecipato il magistrato, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 9 per le funzioni direttive e semidirettive giudicanti e numero 10 per le funzioni direttive e semidirettive requirenti»;

k) al comma 1 lettera m) numero 9 sostituire le parole: «sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti» con le seguenti: «ai fini di cui ai numeri 1) e 2) sia istituita una commissione per l’esercizio delle funzioni direttive e semidirettive giudicanti»;

l) al comma 1 lettera m) numero 10 sostituire le parole: «sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti» con le seguenti: «ai fini di cui ai numeri 1) e 2) sia istituita una commissione per l’esercizio delle funzioni direttive e semidirettive requirenti»;

m) al comma 1) lettera q) n.1 sopprimere le parole: «salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e»;

n) al comma 1) lettera q) sopprimere i numeri 2) e 3);

o) al comma 9 sopprimere le lettere d) ed e);

p) al comma 9) sostituire la lettera f) con la seguente: «prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f) numero 4), ultima parte, il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario, prima della data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado, prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario, prima della data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 comma 1 lettera a), equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità».

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

819a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDI' 15 GIUGNO 2005

Pomeridiana

Presidenza del vice presidente DINI,
indi del vice presidente MORO

 

Presidenza del vice presidente DINI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,31).

Si dia lettura del processo verbale.

 

BETTONI BRANDANI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,36).

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(1296-B/bis) Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (ore 16,40)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis.

Ricordo che il disegno di legge, a norma dell'articolo 74 della Costituzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta antimeridiana hanno avuto inizio le dichiarazioni di voto sull'emendamento 2.502.

DONADI (Misto-IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DONADI (Misto-IdV). Signor Presidente, a nome d'Italia dei Valori, annuncio il voto favorevole sull'emendamento presentato dal senatore Salerno.

Si tratta di un voto favorevole che risponde ad una molteplicità di ragioni, alcune di carattere tecnico-giuridico, che stanno all'interno di quella che è la natura ed il contenuto dell'emendamento stesso; altre, immanenti rispetto a queste, che hanno prevalentemente un carattere politico di natura generale.

In primo luogo, vorrei soffermarmi su una serie di valutazioni di carattere tecnico-giuridico perché riteniamo che correttamente questo emendamento, pur non prefiggendosi di stravolgere l'impianto di una legge che, a nostro parere, è e resta profondamente ingiusta e sbagliata e che, anche nella sua formulazione attuale, non fa venir meno quei pesanti e chiari dubbi di legittimità costituzionale sollevati dal Presidente della Repubblica, ciononostante raggiunga, a nostro avviso, verosimilmente, un duplice obiettivo.

Innanzitutto quello di rendere questo disegno di legge, questa riforma dell'ordinamento giudiziario più efficace, più fungibile, più fruibile dal punto di vista della reale e concreta percorribilità del percorso della carriera dei magistrati che con questa norma si va a ridisegnare. Riteniamo che il garantire efficienza sia un elemento assolutamente prioritario e fondamentale, che grazie a questo emendamento riceve un importante e significativo contributo.

Riteniamo altresì che questo emendamento contribuisca in qualche misura, sicuramente insufficiente ma ugualmente significativa e per questo politicamente rilevante, a dare una risposta più incisiva (e mi permetterei di dire anche più adeguata e meritevole di quell'attenzione e di quel rilievo impliciti nell'osservazione del Capo dello Stato) rispetto alla lesione dei poteri e dell'autonomia del Consiglio superiore della magistratura che questa legge nel suo complesso comporta.

Questo emendamento, che restituisce al Consiglio superiore della magistratura una parte del potere decisionale e dell'autonomia rispetto al momento concorsuale, pur conservando quest'ultimo, è, a mio avviso e ad avviso del mio Gruppo, un elemento di grande importanza e di grande significato.

Non possiamo dimenticare, infatti, quanto pesantemente incide su quello che è l'equilibrio dei poteri disegnati dalla Costituzione il fatto che, nonostante le osservazioni del Capo dello Stato, il rinovellato disegno di legge presentato da questa maggioranza mantenga, con un carattere esterno rispetto al Consiglio superiore della magistratura, il ruolo e la funzione della Scuola della magistratura e delle commissioni di concorso. Questo incide, e pesantemente, sulla possibilità, sulla stessa realizzabilità dal punto di vista tecnico, da parte del Consiglio superiore della magistratura, di esprimere valutazioni, pareri e scelte contrastanti rispetto a precisi e puntuali giudizi di idoneità che questa Scuola, queste commissioni dovranno rilasciare.

Noi riteniamo che questo emendamento in parte corregga una legge sbagliata, una legge ingiusta, una legge che, a ragione, ha attirato su di sé gli strali di gran parte del mondo degli operatori del diritto (penso ai magistrati, penso ai costituzionalisti, penso anche a una gran parte del mondo dell'avvocatura). Ecco, credo che questo emendamento restituisca, almeno in parte, non solo dignità ed autonomia al Consiglio superiore della magistratura, ma consenta, se approvato, di dare una risposta vera, e non surrettizia, finta, menzognera, a quei rilievi di costituzionalità fatti propri dal Presidente della Repubblica.

Vi è poi un secondo ordine di motivazioni (che è di carattere più prettamente politico e che, in quanto tale, travalica il significato stesso dal punto di vista tecnico di questo emendamento), racchiuse tutte nella valutazione di completa, assoluta ed inemendabile inadeguatezza di questa legge. Una legge che, nonostante le modifiche introdotte in questo secondo passaggio parlamentare, a mio avviso, non riuscirà mai a scrollarsi di dosso un alone, un'ombra che su di essa grava dal primo momento, e cioè che non sia stata dettata tanto da una convinta, motivata, laica ed autonoma valutazione circa la necessità di un intervento che avesse la finalità di migliorare l'ordinamento giudiziario del nostro Paese, quanto piuttosto, se non esclusivamente, dalla volontà di questa maggioranza e di questo Governo di mandare forte e chiaro un segnale ai giudici di questo Paese: il sospetto, in altre parole, che questa maggioranza e questo Governo vogliano ridurre, limitare il potere, l'autonomia e la libertà dei magistrati.

Anche per questo ribadisco il voto favorevole di Italia dei Valori all'emendamento che vede il senatore Salerno quale primo firmatario. (Applausi dai Gruppi Misto-IdV e Mar-DL-U).

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, io penso che qualsiasi forza politica abbia interesse ad avere una magistratura qualificata professionalmente e che sia possibile valutare ai fini della progressione in carriera e del conferimento degli incarichi.

L'attuale sistema, che da molti impropriamente viene definito automatico, nella valutazione e nella progressione in carriera, tale in realtà non è. Potrebbe essere un ottimo sistema, se funzionasse, perché già oggi la progressione o la valutazione di un magistrato passano attraverso il parere del capo dell'ufficio, il parere del consiglio giudiziario, il provvedimento del Consiglio superiore della magistratura; tutti passaggi che potrebbero radiografare esattamente la valenza a qualsiasi titolo di un magistrato. In realtà, così non è, perché i fascicoli dei magistrati sono infarciti di superlativi assoluti e solo per gravi motivi si usano i superlativi relativi; il sistema, quindi, non funziona più.

Si è ipotizzato dunque altro tipo di sistema, condivisibile o meno, che vede la presenza di una Scuola (oggetto peraltro di indicazioni legislative del Ministro della giustizia della scorsa legislatura), la quale evidentemente rappresenta un momento di aggiornamento e di formazione che non può che esprimere una valutazione, un giudizio. Bene ha fatto il Presidente della Repubblica a rilevare come questo giudizio, nel momento in cui era preclusivo e ostativo alla partecipazione al concorso, depotenziasse i poteri del Consiglio superiore della magistratura. La modifica che è stata introdotta ci porta ad un giudizio che comunque lo stesso Consiglio superiore della magistratura può superare, ovviamente con le adeguate motivazioni.

Lo stesso dicasi per l'attività delle commissioni ipotizzate perché, a questo punto, ipotizzare una commissione di esame che esprime solo un parere, francamente, risulta a mio giudizio assolutamente inutile, un orpello assolutamente superfluo quando questa valutazione può essere espressa direttamente dal CSM. Tuttavia, nessuna spoliazione di poteri, in quanto comunque la commissione è nominata tutta dal Consiglio superiore della magistratura ed esprime una valutazione che può essere ribaltata dal CSM anche sulla base di motivazioni.

Quindi, nessuna spoliazione di poteri, nessuna voglia di depotenziare quelli che sono poteri riservati dalla Costituzione al Consiglio superiore della magistratura; semplicemente la volontà di ipotizzare un percorso che, attraverso valutazioni di soggetti diversi, possa finalmente dare un'indicazione, quanto più vicina alla realtà, della caratura del magistrato. Poi, certo, il percorso può essere anche non condivisibile, perché se ne possono ipotizzare altri, ma questo è quello che l'attuale maggioranza ha pensato di delineare.

Peraltro, eliminare anche le riserve che riguardano l'anticipazione nella progressione in appello o nel raggiungimento delle funzioni di legittimità significa di fatto depotenziare questo istituto, che invece consentirebbe a magistrati meritevoli di andare immediatamente a rimpinguare le file della Corte di cassazione. Al riguardo mi chiedo sempre: Andrea Torrente lo vogliamo far rimanere a scrivere decreti ingiuntivi o lo vogliamo mandare, forse con maggiore efficacia e utilità, nella prima sezione civile della Corte di cassazione?

Con questa anticipazione e queste riserve di posti, l'Andrea Torrente di turno può arrivare prima di quel periodo che è definito attraverso il trascorrere del tempo e il non demerito alle funzioni di legittimità.

Questo emendamento scardina, quindi, un sistema complessivo, lo depotenzia e sostanzialmente riduce a orpelli superflui quelli che da noi sono considerati passaggi decisivi ai fini di una valutazione obiettiva, serena e concreta del magistrato.

Non c'è nessuna voglia di togliere autonomia e indipendenza, c'è solo voglia di premiare chi merita e di avere certezza della caratura dei singoli magistrati. Ecco perché Forza Italia voterà contro l'emendamento in questione. (Applausi del senatore Demasi).

BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, chiedo a quindici colleghi di appoggiare la richiesta di votazione elettronica.

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, poiché una parte di questo emendamento è gravata del parere contrario della 5a Commissione, se fosse possibile, sarebbe preferibile procedere ad una votazione per parti separate: prima la parte su cui la 5a Commissione non ha sollevato obiezioni e poi quella su cui è stato espresso un parere contrario, che ovviamente bisognerebbe sottoporre a votazione con procedimento elettronico.

TIRELLI (LP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

TIRELLI (LP). Mi sembra che il Presidente di turno questa mattina abbia già chiesto al senatore Salerno se intendesse modificare l'emendamento, onde superare lo scoglio del parere contrario della 5a Commissione, ma il senatore Salerno ha dichiarato che non lo avrebbe modificato.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Proprio per questo!

PRESIDENTE. Ci sono opposizioni alla richiesta del senatore Manzione di procedere ad una votazione per parti separate?

 

CHIRILLI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CHIRILLI (FI). Signor Presidente, noi preferiamo votare l'emendamento per intero.

 

PRESIDENTE. Prevale, dunque, la proposta del senatore Brutti Massimo di procedere ad un'unica votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

Invito pertanto il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Brutti Massimo, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.502, presentato dal senatore Salerno e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione)

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento 2.43 è inammissibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.46.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Prego tutti i senatori di prendere posto, in modo che non ci siano schede disattese. Ne vedo qualcuna e quindi prego il senatore segretario di verificare. (Vengono tolte dal dispositivo di votazione alcune schede a cui non corrispondono senatori presenti).

Nonostante le schede disattese, il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 16,58, è ripresa alle ore 17,19).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 2.46.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.46, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.47.

ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, poiché nella penultima votazione ho verificato che risultava come presente un senatore che certamente non c'è, chiedo nuovamente la verifica del numero legale pregandola di verificare eventuali luci accese sul dispositivo cui non corrisponde alcun senatore.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.47, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, sino alle parole «numeri 1)».

Non è approvata.

 

Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 2.47 e gli emendamenti 2.48 e 2.49.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.50.

ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, torno a chiedere la verifica del numero legale perché stanno votando anche gli assenti. (Commenti dai Gruppi AN e UDC).

 

AYALA (DS-U). Vergogna!

 

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Cercheremo di essere più attenti, però mi pare che siamo stati attenti.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico. Prego i colleghi di essere corretti.

(Segue la verifica del numero legale).

 

LONGHI (DS-U). In prima fila! In prima fila e anche dietro.

 

PRESIDENTE. In prima fila? Sono in quattro.

 

PONTONE (AN). Signor Presidente, ma non è possibile! (Il senatore Pontone indica il senatore Ayala, il quale discute con il senatore Eufemi).

 

PRESIDENTE. Accanto al senatore Pastore, in prima fila, ci sono quattro schede e tre senatori. Ecco il senatore Contestabile. Forse c'è qualcun altro che si siede in prima fila? Chi siede in prima fila? Ci sono quattro schede.

 

AZZOLLINI (FI). Ci sono io, signor Presidente! (Commenti dai Gruppi Verdi-Un e DS-U).

 

PRESIDENTE. Allora, senatore Azzollini, tolga la scheda! (Il senatore Ayala si sposta verso i banchi di AN). Via la scheda, bisogna tirare su la scheda.

 

PAGANO (DS-U). Nocco, che fai? Di chi è quella?

 

PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.50, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.51.

ZANCAN (Verdi-Un). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiedo nuovamente la verifica del numero legale, segnalando che un senatore che è certamente assente sta votando fin dall'inizio! (Commenti dai Gruppi FI, UDC e AN).

 

PRESIDENTE. Calma!

 

PAGANO (DS-U). Fai il nome!

 

ZANCAN (Verdi-Un). Segnalo alla Presidenza - esclusivamente alla Presidenza - che il senatore Leonzio Borea sta votando pur essendo assente! (Commenti dai Gruppi FI, AN e UDC).

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

 

Metto ai voti l'emendamento 2.51, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.503.

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiedo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

 

Metto ai voti l'emendamento 2.503, presentato dal senatore Biscardini e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.57.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.57, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.58.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.58, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

L'emendamento 2.56 è inammissibile in quanto privo di portata normativa.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.52.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, guardi quella fila!

 

PRESIDENTE. È quella del senatore Azzollini, che non ha scheda. Questo lo avevamo verificato.

 

GARRAFFA (DS-U). No, signor Presidente, il senatore Fasolino vota per due.

 

PRESIDENTE. Non è vero.

 

GARRAFFA (DS-U). Come no, guardi la fila del senatore Fasolino!

 

PRESIDENTE. Ci sono tre schede inserite; bisogna toglierne una. Togliete una scheda perché il senatore Azzollini è nella prima fila.

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.52, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.504.

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

 

Metto ai voti l'emendamento 2.504, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.505.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale). (Commenti dai banchi dell'opposizione).

 

PAGANO (DS-U). Signor Presidente, nella terza fila c'è una scheda di troppo.

 

PRESIDENTE. Nella fila del senatore Asciutti forse c'è una scheda in più.

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.505, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.506, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.507.

 

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

PAGANO (DS-U). Signor Presidente, controlli la terza fila.

 

PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale. Eravamo sul filo del rasoio.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 17,33, è ripresa alle ore 17,54).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. Colleghi, riprendiamo i nostri lavori.

Procediamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 2.507.

 

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico, invitando tutti i colleghi a prendere posto e a togliere le schede disattese.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 17,55, è ripresa alle ore 18,15).

Presidenza del vice presidente MORO

 

Parlamento in seduta comune, convocazione

PRESIDENTE. Il Parlamento in seduta comune è convocato per domani, giovedì 16 giugno, alle ore 9, con il seguente ordine del giorno: «Votazione per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale». Voteranno per primi gli onorevoli senatori.

La seduta antimeridiana di domani avrà pertanto inizio alle ore 10.

BOREA (UDC). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BOREA (UDC). Signor Presidente, intervengo soltanto per chiarire, come ho fatto…

 

PRESIDENTE. Senatore Borea, per fatto personale potrà intervenire alla fine della seduta.

 

BOREA (UDC). Va bene, grazie, signor Presidente.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis (ore 18,16)

PRESIDENTE. Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 2.507.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, intervengo per chiedere la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Prego i senatori segretari di controllare la regolarità della votazione.

Senatore Ayala, ci sono i senatori segretari che svolgono attentamente il loro compito.

Nella seconda fila ci sono cinque luci accese e quattro senatori. Senatore Fasolino, accanto a lei chi c'è? Prego gli assistenti a ritirare quella tessera. (Il senatore Azzollini indica che la tessera in questione è la sua). Ne prendo atto, senatore Azzollini.

Dichiaro chiusa la verifica del numero legale.

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.507, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.508.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.508, presentato dal senatore Legnini e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.509.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale). (Commenti della senatrice Pagano).

 

Vedo tra i banchi alcune luci cui non corrispondono senatori presenti; prego gli assistenti parlamentari di ritirare le schede dalle relative postazioni di voto. (Proteste della senatrice Pagano). Senatrice Pagano, adesso provvediamo a ristabilire la regolarità. (Commenti del senatore Boco). Senatore Boco, gli assistenti parlamentari sono autorizzati a togliere le schede cui non corrispondono senatori presenti. (Reiterate proteste della senatrice Pagano). Senatrice Pagano, i senatori segretari stanno controllando.

 

PAGANO (DS-U). Allora dica al senatore segretario che sopra alla postazione del senatore Malan ci sono luci accese cui non corrispondono senatori presenti.

 

PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.509, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.510.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.510, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.511.

 

Verifica del numero legale

 

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Mi viene segnalato che sotto la postazione del senatore Guasti c'è una luce accesa cui non corrisponde un senatore presente. Prego gli assistenti parlamentari di ritirare quella scheda. (Commenti dai banchi dell'opposizione).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.511, presentato dal senatore Ayala e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.512.

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale. Prego la Presidenza di fare particolare attenzione al banco della prima fila della maggioranza dove c'è una luce cui non corrisponde alcun senatore.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 18,23, è ripresa alle ore18,43).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 2.512.

 

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 18,44, è ripresa alle ore 19,04).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.512.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.512, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.513, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Ricordo che l'emendamento 2.514 è inammissibile.

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.69.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Signor Presidente, chiedo a dodici colleghi l'appoggio per la richiesta di verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

PAGANO (DS-U). E basta!

 

PRESIDENTE. Chi c'è accanto al senatore Menardi? C'è il senatore Consolo?

Dichiaro chiusa la votazione.

 

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.69, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, fino alle parole «numeri 3)».

Non è approvata.

 

Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 2.69 e l'emendamento 2.62.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.515.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

PAGANO (DS-U). Presidente, controlli la terza fila del Gruppo di Forza Italia.

 

PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.515, presentato dal senatore Biscardini e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.63.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.63, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.64.

 

Verifica del numero legale

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale). (Proteste dai banchi dell'opposizione).

 

Nella fila del senatore Tarolli c'è una luce in più accesa. Chiedo agli assistenti parlamentari di ritirare tutte le schede che lampeggiano dalla parte sinistra. Nessuno è autorizzato a sfilare le schede se non gli assistenti parlamentari. (Gli assistenti parlamentari procedono a ritirare tutte le schede. Commenti della senatrice Pagano). Ripeto, solo gli assistenti parlamentari sono autorizzati a sfilare le tessere.

 

PAGANO (DS-U). Presidente, controlli la prima fila di Alleanza Nazionale.

 

PETRINI (Mar-DL-U). Qualche assistente parlamentare controlli anche nei banchi della maggioranza.

 

PRESIDENTE. Adesso facciamo questa operazione, poi facciamo l'altra.

 

PAGANO (DS-U). Verifichi, per piacere, anche nei banchi del Governo e della Lega.

 

PRESIDENTE. Con celerità, per cortesia, signori assistenti parlamentari. Ci sono ancora luci che lampeggiano nei banchi dell'opposizione. (Commenti del senatore Petrini). Poi passiamo dall'altro lato, non si preoccupi, senatore Petrini. (Commenti del senatore Ayala). Stiamo facendo un controllo, senatore Ayala; vedrà che alla fine arriveremo.

 

PETRINI (Mar-DL-U). Presidente, se gli assistenti parlamentari sono così timidi, gli dia coraggio.

 

PRESIDENTE. Ho già detto che solo loro sono autorizzati a togliere le tessere.

 

PETRINI (Mar-DL-U). Sì, ma li incoraggi.

 

PAGANO (DS-U). Controlli la prima fila di Alleanza Nazionale.

 

PRESIDENTE. Senatrice Pagano, non si preoccupi.

Senatore Malan, si sieda, per cortesia.

 

PETRINI (Mar-DL-U). Gli assistenti parlamentari sono qui a guardare!

 

PRESIDENTE. Io ho solo due occhi, senatore Petrini; un po' alla volta, abbia pazienza.

 

PAGANO (DS-U). Mettetevi ai vostri posti, non fate i furbi!

 

PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 19,14, è ripresa alle ore 19,35).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1296-B/bis

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.64.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.64, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.65.

 

Verifica del numero legale

 

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B/bis

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.65, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.516.

 

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

PAGANO (DS-U). Ulivi, per piacere, non votare per tre!

 

PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale.

Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

La seduta è tolta (ore 19,37).


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE (*)

 

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B/bis)

 

________________

(*) Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato in data 16 dicembre 2004 per una nuova deliberazione ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione

 

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

 

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi, nonché disposizioni ulteriori)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che sia bandito annualmente un concorso per l’accesso in magistratura e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente;

2) che il concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie indicate dall’articolo 123-ter, commi 1 e 2, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, nonché nelle materie attinenti al diritto dell’economia;

3) che la commissione di concorso sia unica e che sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e che sia composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto, e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità; che il numero dei componenti sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell’esigenza di rispettare le scadenze indicate al numero 1) della lettera d); che il numero dei componenti professori universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;

4) che, al momento dell’attribuzione delle funzioni, l’indicazione di cui al numero 1) costituisca titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione e che tale scelta, nei limiti delle disponibilità dei posti, debba avvenire nell’ambito della funzione prescelta;

b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162;

c) prevedere che, nell’ambito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione;

d) prevedere che:

1) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;

2) non possano essere ammessi al concorso coloro che sono stati già dichiarati non idonei per tre volte;

e) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

1) funzioni giudicanti di primo grado;

2) funzioni requirenti di primo grado;

3)funzioni giudicanti di secondo grado;

4)funzioni requirenti di secondo grado;

5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;

6) funzioni semidirettive requirenti di primo grado;

7) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;

8) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado;

9) funzioni direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;

10) funzioni direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;

11) funzioni giudicanti di legittimità;

12) funzioni requirenti di legittimità;

13) funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità;

14) funzioni direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;

15) funzioni direttive superiori apicali di legittimità;

f) prevedere:

1) che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura debbano essere svolte effettivamente le funzioni requirenti o giudicanti di primo grado;

2) che, dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado;

3) che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per titoli, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità; che al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per le funzioni di legittimità possano partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado;

4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità all’esito dei concorsi di cui ai numeri 2) e 3) e le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli;

5) le modalità dei concorsi per titoli e di quelli per esami, scritti e orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove scritte consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti alternativamente o congiuntamente la risoluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari, relative alle funzioni richieste e stabilendo, altresì, che le prove orali consistano nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta;

6) che i magistrati che in precedenza abbiano subìto una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 2), 3) e 4) dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva, comunque non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dai numeri 1), 2) e 3) e dalle lettere h) e i);

g) prevedere che:

1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;

2) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera l), numero 6);

3) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura;

4) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera l), numero 5);

5) il Consiglio superiore della magistratura individui, con priorità assoluta, i posti vacanti al fine di consentire il passaggio di funzione nei casi indicati ai numeri 1) e 3);

6) fuori dai casi indicati ai numeri 1) e 3), e, in via transitoria, dal comma 9, lettera c), non sia consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;

7) il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa debba avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

h) prevedere che:

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

3)funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

4)funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;

8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica aggiunto, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;

9) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;

10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;

11) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;

12) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;

13) funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;

14) funzioni direttive requirenti di primo grado elevato siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;

15) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;

16) funzioni direttive requirenti di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;

17) le funzioni indicate ai numeri 11), 12), 13), 14), 15) e 16) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, abbiano frequentato l’apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;

18) i magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità possano partecipare ai concorsi per le funzioni semidirettive e direttive indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14); che l’avere esercitato funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi indicati rispettivamente al numero 13) e al numero 14);

i) prevedere che:

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione e di Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità;

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;

6) le funzioni indicate ai numeri 1) e 2) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte, ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511; le funzioni indicate ai numeri 3), 4) e 5) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;

l) prevedere che:

1) annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 3), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;

2) annualmente i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;

3) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

3.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

3.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

3.3) i posti di cui al numero 3.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per soli titoli indicato al numero 3.2) ed espletato nello stesso anno;

3.4) i posti di cui al numero 3.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 3.1) ed espletato nello stesso anno;

3.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 3.1), 3.2), 3.3) e 3.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;

3.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;

3.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;

3.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 3.6) e 3.7);

4) annualmente tutti i posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

4.1) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

4.2) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

4.3) i posti di cui al numero 4.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 4.2) ed espletato nello stesso anno;

4.4) i posti di cui al numero 4.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 4.1) ed espletato nello stesso anno;

4.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 4.1), 4.2), 4.3) e 4.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per titoli ed esami, scritti ed orali, o per soli titoli;

4.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;

4.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;

4.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 4.6) e 4.7);

5) ai fini di cui al numero 3), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero le funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

7) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

7.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

7.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni giudicanti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

7.3) i posti di cui al numero 7.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 7.2) ed espletato nello stesso anno;

7.4) i posti di cui al numero 7.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 7.1) ed espletato nello stesso anno;

7.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 7.1), 7.2), 7.3) e 7.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;

8) ai fini di cui al numero 7), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

9) annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:

9.1) per il 70 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per soli titoli previsto dalla lettera f), numero 3), prima parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

9.2) per il 30 per cento, i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni requirenti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado e che abbiano conseguito l’idoneità nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3), seconda parte, tenuto conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e del giudizio di idoneità formulato all’esito del concorso;

9.3) i posti di cui al numero 9.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 9.2) ed espletato nello stesso anno;

9.4) i posti di cui al numero 9.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati dichiarati idonei nel concorso per soli titoli indicato al numero 9.1) ed espletato nello stesso anno;

9.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 9.1), 9.2), 9.3) e 9.4) ai candidati risultati idonei nei relativi concorsi per soli titoli o per titoli ed esami, scritti ed orali;

10) ai fini di cui al numero 9), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

11) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, si tenga conto prevalentemente, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, dell’attività prestata dal magistrato nell’ambito delle sue funzioni giudiziarie, desunta da specifici e rilevanti elementi e da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti dallo stesso adottati nonché dell’eventuale autorelazione e, in particolare, della complessità dei procedimenti trattati, degli esiti dei provvedimenti adottati, delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto, tenuto specificamente conto della sede e dell’ufficio presso cui risulta assegnato il magistrato, con loro proiezione comparativa rispetto a quelle delle medie nazionali e dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio; i titoli vengano valutati in modo tale che, ove possibile, i componenti della commissione esaminatrice non conoscano il nominativo del candidato; nei concorsi per titoli ed esami si proceda alla valutazione dei titoli solo in caso di esito positivo della prova di esame e la valutazione dei titoli incida in misura non inferiore al 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l’ordine di graduatoria; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 4, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12;

12) l’esito dei corsi di formazione alle funzioni di secondo grado e alle funzioni di legittimità abbia una validità di sette anni, salva la facoltà per il magistrato di partecipare in detto periodo ad un nuovo corso;

m) prevedere che:

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga al Ministro della giustizia per il concerto le nomine nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall’articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi;

2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano in una dichiarazione di idoneità allo svolgimento delle relative funzioni previa valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari, assegni l’incarico semidirettivo nell’ambito dei candidati dichiarati idonei dalla commissione di concorso, tenuto conto del giudizio di idoneità espresso al termine del medesimo;

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera i), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale; ai fini di quanto disposto dal presente numero si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato;

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

6) gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di sei anni;

7) il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al numero 6), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonché di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

8) alla scadenza del termine di cui al numero 6), il magistrato che abbia esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

9) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

10) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

11) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive; fermo restando il possesso dei requisiti indicati dalle lettere h) ed i) per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive costituisce titolo preferenziale; in ogni caso si applichino le disposizioni di cui alla lettera l), numero 11); per le funzioni semidirettive giudicanti si tenga adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni direttive di Procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;

n) prevedere che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 10) della lettera m) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;

o) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avvenga nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto; prevedere che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare e per i magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura, il collocamento fuori ruolo non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n.916, e successive modificazioni;

p) prevedere che:

1) le commissioni di cui alle lettere l) e m) siano nominate per due anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

2) i componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità, non siano immediatamente confermabili e non possano essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell’incarico;

q) prevedere che:

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

1.1) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

1.2) seconda classe: da sei mesi a due anni;

1.3) terza classe: da due a cinque anni;

1.4) quarta classe: da cinque a tredici anni;

1.5) quinta classe: da tredici a venti anni;

1.6) sesta classe: da venti a ventotto anni;

1.7)settima classe: da ventotto anni in poi;

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui alla lettera f), numero 2), prima parte, conseguano la quinta classe di anzianità;

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera f), numero 3), conseguano la sesta classe di anzianità;

r) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine; prevedere che non possano essere assegnati ai magistrati per i quali è in scadenza il termine di permanenza di cui sopra procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di scadenza; prevedere che la presente disposizione non si applichi ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità;

s) prevedere che:

1) siano attribuite al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

2) siano indicati i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

3) sia assegnata al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività e gli sia attribuito l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165;

4) entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n.165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze;

t) prevedere che:

1) presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, l’organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale siano affidate a un direttore tecnico, avente la qualifica di dirigente generale, nominato dal Ministro della giustizia, al quale sono attribuiti i compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonché di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia;

2) per ciascuna corte di appello di cui al numero 1):

2.1) sia istituita una struttura tecnico-amministrativa di supporto all’attività del direttore tecnico, composta da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2 e che, nell’ambito di dette posizioni economiche, in sede di prima applicazione, sia possibile avvalersi di personale tecnico estraneo all’Amministrazione;

2.2) le strutture di cui al numero 2.1) siano allestite attraverso il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.

2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;

4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero non superiore a cinquanta unità, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di ventiquattro mesi e che sia articolato in sessioni della durata di sei mesi quella presso la Scuola superiore della magistratura e di diciotto mesi quella presso gli uffici giudiziari, dei quali sette mesi in un collegio giudicante, tre mesi in un ufficio requirente di primo grado e otto mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;

e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;

f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della Scuola;

g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;

h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;

i) prevedere che, in caso di deliberazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un’ulteriore deliberazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;

l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo Presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, comunque non superiore a cinque, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);

n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

o) prevedere l’obbligo del magistrato a partecipare ogni cinque anni, se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori il cui esito abbia la validità prevista dal comma 1, lettera l), numero 12), con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale e di proficua partecipazione del magistrato al corso, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

r) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

s) prevedere che, al settimo anno dall’ingresso in magistratura, i magistrati che non abbiano effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa, previsto dal comma 1, lettera g), numeri 1) e 3), debbano frequentare presso la Scuola superiore della magistratura il corso di aggiornamento e formazione alle funzioni da loro svolte e, all’esito, siano sottoposti dal Consiglio superiore della magistratura, secondo i criteri indicati alla lettera t), a giudizio di idoneità per l’esercizio in via definitiva delle funzioni medesime; che, in caso di esito negativo, il giudizio di idoneità debba essere ripetuto per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra un giudizio e l’altro; che, in caso di esito negativo di tre giudizi consecutivi, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;

t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, dopo aver frequentato l’apposito corso di aggiornamento e formazione presso la Scuola superiore della magistratura, il cui esito è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, siano sottoposti da parte di quest’ultimo a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera p); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta ed alla settima classe stipendiale possa essere disposto solo in caso di valutazione positiva; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;

u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.

3. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), da un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità in servizio presso la Corte di cassazione, da un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità in servizio presso la Procura generale della Corte di cassazione, da un professore ordinario di università in materie giuridiche e da un avvocato con venti anni di esercizio della professione che sia iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.36;

b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;

c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente, il Procuratore generale della medesima Corte e il Presidente del Consiglio nazionale forense;

d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r) e v) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

g) prevedere che nei distretti nei quali prestino servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da sette magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);

i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;

l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente, il procuratore generale della corte d’appello ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;

m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;

o) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati, quattro seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;

p) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di servizio non inferiore a venti anni;

q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;

r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:

1) parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;

2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dal comma 1 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica. Ai fini sopra indicati, il consiglio giudiziario dovrà acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;

3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;

4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;

5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;

7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

s) prevedere che i consigli giudiziari formulino pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;

t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;

u) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5);

v) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n.374.

4. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che il procuratore della Repubblica, quale preposto all’ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un procuratore aggiunto alla funzione del vicario, nonché uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari;

c) prevedere che il procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’ufficio e quelli ai quali si uniformerà nell’assegnazione della trattazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti o ai magistrati del proprio ufficio, precisando per quali tipologie di reato riterrà di adottare meccanismi di natura automatica; di tali criteri il procuratore della Repubblica deve dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione il provvedimento di revoca della delega alla trattazione di un procedimento e le eventuali osservazioni formulate dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui è stata revocata la delega; che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri generali cui i magistrati addetti all’ufficio devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e nella impostazione delle indagini;

d) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), sia abrogato l’articolo 7-ter, comma 3, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 6 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;

e) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto o del sequestro ovvero, limitatamente alle misure cautelari reali, nelle ipotesi che il procuratore della Repubblica, in ragione del valore del bene o della rilevanza del fatto per cui si procede, riterrà di dovere indicare con apposita direttiva;

f) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra;

g) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni.

5. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;

b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;

c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;

d) prevedere che il servizio prestato per almeno otto anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità;

e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: «di appello e».

6. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni;

b) prevedere:

1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio;

2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;

3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione;

4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);

c) salvo quanto stabilito dal numero 11), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato; l’omessa comunicazione al capo dell’ufficio delle avvenute interferenze da parte del magistrato destinatario delle medesime;

3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;

4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario; per il dirigente dell’ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l’omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell’organo competente;

5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato;

6) il tenere rapporti in relazione all’attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste al comma 4, lettera f); il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati; il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura;

7) l’adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dare luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

9) l’adozione di provvedimenti abnormi ovvero di atti e provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;

10) l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;

11) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale;

d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:

1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;

2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;

3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente;

4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);

5) l’ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere indagati, parti offese, testimoni o comunque coinvolti in procedimenti penali o civili pendenti presso l’ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di corte d’appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro;

6) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo;

7) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;

8) l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o affaristici che possano condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque appannare l’immagine del magistrato;

9) ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza;

10) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste;

e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:

1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;

f) prevedere come sanzioni disciplinari:

1) l’ammonimento;

2) la censura;

3) la perdita dell’anzianità;

4) l’incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;

5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

6) la rimozione;

g) stabilire che:

1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;

2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;

3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;

4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;

5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;

6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;

7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;

8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;

h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, come modificati ai sensi della lettera p);

4) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;

5) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera c);

6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;

8) la scarsa laboriosità, se abituale;

9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;

11) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità;

i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano grave ed ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

3) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);

l) stabilire che:

1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;

2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l’accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto si appalesi di particolare gravità;

3) sia rimosso il magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dalla lettera d), numero 5), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;

m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;

n) prevedere che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, possa essere disposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera m) e dalla prima parte della presente lettera, in sede di procedimento disciplinare, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni possano essere disposti con procedimento amministrativo dal Consiglio superiore della magistratura solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità; prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), i procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dal presente comma siano trasmessi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all’azione disciplinare;

o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;

p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;

q) equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni.

7. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;

b) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia;

2) entro un anno dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;

3) il corso dei termini sia sospeso:

3.1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

3.3) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;

c) prevedere che:

1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

2) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al Procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;

3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;

4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;

5) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;

d) stabilire che:

1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;

2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;

3) per l’attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale; prevedere che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritenga necessario ai fini delle sue determinazioni sull’azione disciplinare, possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto; prevedere altresì che nel caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica comunichi motivatamente che dalla loro pubblicizzazione possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale disponga con decreto che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo periodo;

4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;

5) al termine delle indagini, il Procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all’incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;

e) prevedere che:

1) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale; il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell’atto;

2) il Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero abbia chiesto l’integrazione della contestazione, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di proporre opposizione entro dieci giorni, presentando memoria. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti;

3) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 1), possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

4) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;

5) il decreto di cui al numero 4) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato e al Ministro della giustizia;

6) nel caso in cui il Procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, con invio di copia dell’atto;

7) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 6), possa richiedere copia degli atti del procedimento nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;

8) decorsi i termini di cui al numero 7), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 4) e 5). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 4) e 5) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;

9) della data fissata per la discussione orale sia dato avviso al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, il quale può esercitare la facoltà di partecipare all’udienza delegando un magistrato dell’Ispettorato generale;

10) il delegato del Ministro della giustizia possa presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l’incolpato;

f) prevedere che:

1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;

2) l’udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;

3) la sezione disciplinare possa assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell’incolpato e del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero, del delegato del Ministro della giustizia e della difesa dell’incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;

5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;

6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;

7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione, con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;

g) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);

2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso;

h) prevedere che:

1) a richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;

2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;

3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 6;

4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);

i) prevedere che:

1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;

2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;

3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;

4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4);

l) prevedere che:

1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l’incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;

2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;

m) prevedere che:

1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;

2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;

3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;

n) prevedere che:

1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;

1.3) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;

2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;

3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;

4) l’istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all’istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;

6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);

7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;

8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;

9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;

10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati.

8. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)prevedere che semestralmente, a cura del Consiglio superiore della magistratura, sia reso noto l’elenco degli incarichi extragiudiziari il cui svolgimento è stato autorizzato dal Consiglio stesso, indicando l’ente conferente, l’eventuale compenso percepito, la natura e la durata dell’incarico e il numero degli incarichi precedentemente assolti dal magistrato nell’ultimo triennio;

b) prevedere che analoga pubblicità semestrale sia data, per i magistrati di rispettiva competenza, dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dal Consiglio di presidenza della Corte dei conti, dal Consiglio della magistratura militare e dal Ministero della giustizia relativamente agli avvocati e procuratori dello Stato;

c) prevedere che la pubblicità di cui alle lettere a) e b) sia realizzata mediante pubblicazione nei bollettini periodici dei rispettivi Consigli e Ministero.

9. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 3, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999;

b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3.1), 3.2), 4.1), 4.2), 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2;

c) prevedere che i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), entro il termine di tre mesi dalla predetta data, possano richiedere il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa; l’effettivo mutamento di funzioni, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, si realizzerà nel limite dei posti vacanti individuati annualmente nei cinque anni successivi; che, ai fini del mutamento di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura formerà la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell’eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali si chiede il mutamento e, a parità o in assenza di anzianità, sulla base dell’anzianità di servizio; che la scelta nell’ambito dei posti vacanti avvenga secondo l’ordine di graduatoria e debba comunque riguardare un ufficio avente sede in un diverso circondario nell’ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado e un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nell’ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado; che il rifiuto del magistrato richiedente ad operare la scelta secondo l’ordine di graduatoria comporti la rinuncia alla richiesta di mutamento nelle funzioni;

d) prevedere che le norme di cui ai numeri 3.1), 3.2), 4.1) e 4.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

e) prevedere che le norme di cui ai numeri 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

f) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere d) ed e), per un periodo di tempo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), e fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l’effettivo conferimento rispettivamente delle funzioni di appello giudicanti o requirenti e di quelle giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte nell’ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda previsti dal comma 1, lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9), e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell’accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, decorso tale periodo, ai magistrati di cui alla lettera e), fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi per titoli ed esami, le assegnazioni per l’effettivo conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte, previo concorso per titoli ed a condizione che abbiano frequentato l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, il cui giudizio finale è valutato dal Consiglio superiore della magistratura, nell’ambito dei posti vacanti di cui al comma 1, lettera l), numeri 7.1) e 9.1); prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto dal comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alle lettere d) ed e) il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado; prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alla lettera e) il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità; prevedere che i magistrati di cui alla lettera e) per un periodo di tempo non superiore a cinque anni e fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, possano ottenere il conferimento degli incarichi direttivi di cui al comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità rispettivamente previsti nei predetti numeri;

g) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), esercitano funzioni direttive ovvero semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadano restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazione dell’organico complessivo della magistratura;

h) prevedere che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera r), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente e dai commi 29 e 30, fermo restando che, una volta ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento eventualmente richiesto, si applicano le norme di cui al citato comma 1, lettera r);

i) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 5 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:

1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;

2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;

l) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera i) del presente comma;

m) prevedere per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultino fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):

1) che i magistrati in aspettativa per mandato elettorale vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o);

2) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, non abbiano compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

3) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, abbiano compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo la disciplina in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

4) che resta fermo per il ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

n) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):

1) ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, lettera m), numeri 5) e 8), e lettera o), e in via transitoria dalla lettera m) del presente comma, numeri 1), 2) e 3), non sia consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale;

2) che la disposizione di cui al numero 1) non si applichi in caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza;

3) che nel caso in cui venga disposto il tramutamento per le ragioni indicate al numero 2) non sia consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.

10. In deroga ai vigenti limiti temporali di durata dell’incarico previsti dall’articolo 76-bis, comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della presente legge è prorogato fino al compimento del settantaduesimo anno di età nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite.

11. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i), numero 6), del comma 1, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado e di secondo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511;

b) prevedere che detta disciplina sia adottata sulla base delle ordinarie vacanze di organico dei medesimi uffici direttivi e, comunque, entro il limite di spesa di euro 9.750.000 per l’anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006.

12. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 11 si applica la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 1.

13. Dall’attuazione del comma 10 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

14. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

c) riserva all’amministrazione centrale:

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

9) dei provvedimenti disciplinari superiori all’ammonimento e alla censura;

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

15. Per gli oneri di cui al comma 14 relativi alla locazione degli immobili, all’acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa massima di euro 2.640.000 per l’anno 2005 e di euro 5.280.000 a decorrere dall’anno 2006, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

16. Per gli oneri di cui al comma 14 relativi al personale, valutati in euro 3.556.928 per l’anno 2005 e in euro 7.113.856 a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

17. In ogni caso, le disposizioni attuative della delega di cui al comma 14 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.

18. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 14 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.

19. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n.117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n.186, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;

b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;

c) prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.

20. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 19 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.

21. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

22. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 21 si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 1.

23. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 21, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.

24. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n.266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n.100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari compatibilmente con quanto previsto dal comma 6, lettera p), con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

25. Le disposizioni di cui al comma 24 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 1.

26. Le disposizioni di cui al comma 24 si applicano anche se, alla data della loro entrata in vigore ovvero successivamente alla data del matrimonio, il magistrato, esclusivamente in ragione dell’obbligo di residenza nella sede di servizio, non è residente nello stesso luogo del coniuge ovvero non è con il medesimo stabilmente convivente.

27. Il trasferimento effettuato ai sensi dei commi 24 e 26 non dà luogo alla corresponsione di indennità di trasferimento.

28. Dalle disposizioni di cui ai commi 24 e 26 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

29. All’articolo 7-bis, comma 2-ter, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, introdotto dall’articolo 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n.479, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».

30. All’articolo 57, comma 3, della legge 16 dicembre 1999, n.479, e successive modificazioni, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».

31. All’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 86 è sostituito dal seguente:

«Art. 86. (Relazioni sull’amministrazione della giustizia). – 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno nonché sugli interventi da adottare ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione e sugli orientamenti e i programmi legislativi del Governo in materia di giustizia per l’anno in corso. Entro i successivi dieci giorni, sono convocate le assemblee generali della Corte di cassazione e delle corti di appello, che si riuniscono, in forma pubblica e solenne, con la partecipazione del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, dei procuratori generali presso le corti di appello e dei rappresentanti dell’avvocatura, per ascoltare la relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del primo Presidente della Corte di cassazione e dei presidenti di corte di appello. Possono intervenire i rappresentanti degli organi istituzionali, il Procuratore generale e i rappresentanti dell’avvocatura»;

b) l’articolo 89 è abrogato;

c) il comma 2 dell’articolo 76-ter è abrogato.

32. Nella provincia autonoma di Bolzano restano ferme le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare il titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n.752.

33. Ai magistrati in servizio presso gli uffici aventi sede nella provincia autonoma di Bolzano, assunti in esito a concorsi speciali ai sensi degli articoli 33 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni contenenti le previsioni sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché sulla durata massima dello svolgimento di un identico incarico presso il medesimo ufficio, in quanto compatibili con le finalità dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, anche tenendo conto delle esigenze di funzionamento degli uffici giudiziari di Bolzano. I predetti magistrati possono comunque concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi e semidirettivi, di uguale o superiore grado, nonché mutare dalla funzione giudicante a requirente, e viceversa, in sedi e uffici giudiziari posti nel circondario di Bolzano alle condizioni previste dal comma 1, lettera g), numeri da 1) a 6).

34. Alle funzioni, giudicanti e requirenti, di secondo grado, presso la sezione distaccata di Bolzano della corte d’appello di Trento, nonché alle funzioni direttive e semidirettive, di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, presso gli uffici giudiziari della provincia autonoma di Bolzano, si accede mediante apposito concorso riservato ai magistrati provenienti dal concorso speciale di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.

35. Nella tabella A allegata al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n.51, alla voce relativa alla corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano/Bozen – tribunale di Bolzano/Bozen:

a) nel paragrafo relativo al tribunale di Bolzano, le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis» sono soppresse;

b) nel paragrafo relativo alla sezione di Merano, sono inserite le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis».

36. Dopo l’articolo 1 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n.133, è inserito il seguente:

«Art. 1-bis. – 1. È istituita in Bolzano una sezione distaccata della corte d’assise di appello di Trento, con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Bolzano».

37. Per le finalità di cui al comma 1, lettera q), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in euro 1.231.449 per l’anno 2005 ed euro 2.462.899 a decorrere dall’anno 2006; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui al comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), nonché lettera m), numeri 9) e 10), è autorizzata la spesa massima di euro 323.475 per l’anno 2005 ed euro 646.950 a decorrere dall’anno 2006.

38. Per le finalità di cui al comma 1, lettera t), è autorizzata la spesa massima di euro 1.500.794 per l’anno 2005 e di euro 2.001.058 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 1.452.794 per l’anno 2005 ed euro 1.937.058 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale di cui al comma 1, lettera t), numero 2.1), nonché euro 48.000 per l’anno 2005 ed euro 64.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi alle spese di allestimento delle strutture di cui al comma 1, lettera t), numero 2.2). Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

39. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2, lettera a), è autorizzata la spesa massima di euro 6.946.950 per l’anno 2005 ed euro 13.893.900 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 858.000 per l’anno 2005 ed euro 1.716.000 a decorrere dall’anno 2006 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, euro 1.866.750 per l’anno 2005 ed euro 3.733.500 a decorrere dall’anno 2006 per le spese di funzionamento, euro 1.400.000 per l’anno 2005 ed euro 2.800.000 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale docente, euro 2.700.000 per l’anno 2005 ed euro 5.400.000 a decorrere dall’anno 2006 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, euro 56.200 per l’anno 2005 ed euro 112.400 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lettera l), euro 66.000 per l’anno 2005 ed euro 132.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui al comma 2, lettera m).

40. Per le finalità di cui al comma 3, la spesa prevista è determinata in euro 303.931 per l’anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 8.522 per l’anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettera a), ed euro 295.409 per l’anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettere f) e g).

41. Per le finalità di cui al comma 5, la spesa prevista è determinata in euro 629.000 per l’anno 2005 ed euro 1.258.000 a decorrere dall’anno 2006.

42. Per le finalità di cui al comma 11 è autorizzata la spesa di euro 9.750.000 per l’anno 2005 e di euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a euro 9.750.000 per l’anno 2005, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e quanto a euro 8.000.000 a decorrere dall’anno 2006, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

43. Agli oneri indicati nei commi 37, 39, 40 e 41, pari a euro 9.434.805 per l’anno 2005 ed euro 18.869.611 a decorrere dall’anno 2006, si provvede:

a) quanto a euro 9.041.700 per l’anno 2005 ed euro 18.083.401 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

b) quanto a euro 393.105 per l’anno 2005 ed euro 786.210 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 30 dicembre 2004, n. 311.

44. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione dei commi 1, 2, 3 e 5, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n.468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n.2), della legge n.468 del 1978.

45. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

46. In ogni caso, le disposizioni attuative dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, lettere l), m) e q), 2, 3 e 5 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.

47. Nelle more dell’attuazione della delega prevista al comma 19, per l’elezione dei componenti del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente; i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli.

48. Il Governo trasmette alle Camere una relazione annuale che prospetta analiticamente gli effetti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati in attuazione della presente legge.

49. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

EMENDAMENTI DA 2.502 A 2.516

2.502

SALERNO, BEVILACQUA, BONATESTA, FLORINO, PACE, MEDURI, PEDRIZZI

Respinto

Apportare le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 lettera f) numero 2 sopprimere le parole «,dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero»;

b) al comma 1 lettera f) sostituire il numero 3 con il seguente: «che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni di legittimità»;

c) al comma 1 lettera f) numero 5 sopprimere le parole da: «e di quelli per esami» fino alla fine;

d) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 3 con il seguente: «periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, i posti vacanti residuati nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati giudicanti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 2. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato all’esito dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 5. I magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni. Qualora abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado presso una sede indicata come disagiata e abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni, abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre.»;

e) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 4 con il seguente: «periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, i posti vacanti residuati nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati requirenti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 2. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato all’esito dell’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 6. I magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni. Qualora abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado presso una sede indicata come disagiata e abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni, abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre.»;

f) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 7) con il seguente. « annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati giudicanti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 3. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere espresso dalla commissione di cui alla presente lettera numero8»;

g) al comma 1 lettera l) sostituire il numero 9) con il seguente: «annualmente i posti vacanti residuati nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio Superiore della Magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura ai magistrati requirenti all’esito del concorso per titoli previsto dalla lettera f) numero 3. Il Consiglio Superiore della Magistratura debba tener conto del giudizio finale formulato al termine dell’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola Superiore della Magistratura, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere espresso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 10»;

h) al comma 1 lettera l) numero 11) sopprimere dalle parole «nei concorsi, per titoli ed esami» alle parole: «»viene redatto l’ordine di graduatoria»;

i) al comma 1 lettera m) il numero 1 è sostituito dal seguente: «i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa, il Consiglio Superiore della Magistratura tenga conto del giudizio finale espresso dalla Scuola Superiore della Magistratura all’esito degli appositi corsi di formazione, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 9 per le funzioni direttive e semidirettive giudicanti e numero 10 per le funzioni direttive e semidirettive requirenti; tenga conto del parere del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado, proponga le nomine al Ministro della giustizia per il concerto, sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n.195 e successive modificazioni, il Ministro della giustizia, fuori dai casi di ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione a quanto previsto dall’articolo 11 della predetta legge, possa ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi»;

j) al comma 1 lettera m) il numero 2 è sostituito dal seguente: «i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa, il Consiglio Superiore della Magistratura tenga conto del giudizio finale espresso dalla Scuola Superiore della Magistratura all’esito dei corsi di formazione a cui abbia partecipato il magistrato, del parere del Consiglio Giudiziario nonché del parere emesso dalla commissione di cui alla presente lettera numero 9 per le funzioni direttive e semidirettive giudicanti e numero 10 per le funzioni direttive e semidirettive requirenti»;

k) al comma 1 lettera m) numero 9 sostituire le parole: «sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti» con le seguenti: «ai fini di cui ai numeri 1) e 2) sia istituita una commissione per l’esercizio delle funzioni direttive e semidirettive giudicanti»;

l) al comma 1 lettera m) numero 10 sostituire le parole: «sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti» con le seguenti: «ai fini di cui ai numeri 1) e 2) sia istituita una commissione per l’esercizio delle funzioni direttive e semidirettive requirenti»;

m) al comma 1) lettera q) n.1 sopprimere le parole: «salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e»;

n) al comma 1) lettera q) sopprimere i numeri 2) e 3);

o) al comma 9 sopprimere le lettere d) ed e);

p) al comma 9) sostituire la lettera f) con la seguente: «prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f) numero 4), ultima parte, il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario, prima della data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado, prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario, prima della data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 comma 1 lettera a), equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità».

2.43

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Inammissibile

Al comma 1, lettera f), numero 5), premettere le seguenti parole: «Che il Consiglio Superiore della Magistratura determini».

2.46

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera g).

2.47

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Le parole da: «Al comma 1» a: «numeri 1)» respinte; seconda parte preclusa

Al comma 1, lettera g), sopprimere i numeri 1) e 2).

2.48

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Precluso

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).

2.49

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).

2.50

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, lettera g), sostituire i numeri da 1) a 6) con il seguente:

«1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura».

2.51

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, lettera g), sostituire i numeri da 1) a 4) con il seguente:

«1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura».

2.503

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Respinto

Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 1) con il seguente:

«1) nel caso in cui i pubblici ministeri dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera dei giudici possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di pubblico ministero, che comunque non potrà coincidere con quello individuato a norma dell’articolo 11 codice di procedura penale».

2.57

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio,» sono soppresse.

2.58

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole da: «entro il terzo anno di esercizio» sino a: «Consiglio superiore della magistratura, per» con le seguenti: «i magistrati possano richiedere».

2.56

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Inammissibile

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «entro il terzo anno» con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, alle quali si viene necessariamente assegnati dopo l’espletamento del periodo di tirocinio».

2.52

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), sopprimere le parole da: «funzione requirente» sino al termine.

2.504

CALVI, LEGNINI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Respinto

Al comma 1, alla lettera g), punto 1, sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» fino alla fine del numero.

2.505

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), sopprimere le parole da: «il cui giudizio finale» fino alla fine del numero.

2.506

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «il cui giudizio finale» fino alla fine del numero con le seguenti: «la quale redige al termine del corso delle schede attitudinali che vengono prese in considerazione del Consiglio Superiore della Magistratura».

2.507

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), le parole: «il cui giudizio finale» sono sostituite dalle seguenti: «la cui relazione finale».

2.508

LEGNINI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «il cui giudizio finale è» con le seguenti: «con esito finale».

2.509

MARITATI, AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), dopo le parole: «il cui giudizio», aggiungere la seguente: «favorevole».

2.510

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), dopo le parole: «il cui giudizio finale» inserire le seguenti: «salvo che non ostino ragioni di opportunità».

2.511

AYALA, LEGNINI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), dopo le parole: «il cui giudizio finale», aggiungere le seguenti: «previa apposita prova,».

2.512

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire la parola: «valutato» con la seguente: «espresso».

2.513

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, alla lettera g), numero 1), dopo le parole: «Consiglio superiore della magistratura» aggiungere le seguenti: «che assegna i posti ove non ostino motivi da indicare espressamente».

2.514

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Inammissibile

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).

2.69

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Le parole da: «Al comma 1» a: «numeri 3)» respinte; seconda parte preclusa

Al comma 1, lettera g), sopprimere i numeri 3) e 4).

2.62

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, LEGNINI

Precluso

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 3).

2.515

BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA

Respinto

Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 3) con il seguente:

«3) nel caso in cui i giudici dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera di pubblici ministeri possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di giudice, che comunque non potrà coincidere con quello di cui all’articolo 11 del codice di procedura penale».

2.63

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, lettera g), al numero 3) sopprimere le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio,».

2.64

CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, LEGNINI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole da: «entro il terzo anno di esercizio» sino a: «Consiglio superiore della magistratura, per» con le seguenti: «i magistrati possano richiedere».

2.65

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio» con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni requirenti».

2.516

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Al comma 1, lettera g), n. 3), sopprimere le parole le parole da: «dopo aver frequentato» fino alla fine.