XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario - A.C. n. 4636-bis-B - Iter al Senato (AS 1296 e abb.) - Esame in Assemblea (parte III)
Serie: Progetti di legge    Numero: 535    Progressivo: 1
Data: 11/11/04
Abstract:    La documentazione predisposta in occasione dell'esame del disegno di legge recante la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario (A.C. 4636-bis-B e abb.) si articola nei seguenti volumi: - dossier n. 535: contiene la scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa, le schede di lettura ed il disegno di legge C. 4636 (parte I); contiene la normativa di riferimento (parte II); - dossier n. 535/1: contiene i lavori parlamentari alla Camera e al Senato (suddiviso in otto parti): Prima lettura al Senato (AS 1296 e abb.) - Parte I: testo dei disegni di legge; - Parte II: esame in commissione; - Parte III: esame in Assemblea. - Prima lettura alla Camera (AC 4636 e abb.) - Parte IV: testo dei disegni di legge; - Parte V: esame in Commissione e in Assemblea - Seconda lettura al Senato (AS 1296-B e abb.) - Parte VI: testo dei disegni di legge e esame in Commissione - Parte VII: esame in Assemblea: sedute dal 20 settembre al 2 novembre 2004 - Parte VIII: esame in Assemblea: sedute dal 3 al 10 novembre 2004). dossier n. 535/2: contiene le schede di lettura, la normativa di riferimento e l’A.C. 4636-bis-B .
Descrittori:
GIUDICI E GIURISDIZIONE   MAGISTRATURA
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO   RIFORME
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AS n.1296/14   AC n.4636/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario

A.C. n. 4636-bis-B

Iter al Senato (AS 1296 e abb.)
Esame in Assemblea

n. 535/1

Parte III

(seconda edizione)

 

xiv legislatura

11 novembre 2004

 

 

 


Camera dei deputati


La documentazione predisposta in occasione dell'esame del disegno di legge recante la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario (A.C. 4636-bis-B e abb.) si articola nei seguenti volumi:

                                                 

-          dossier n. 535: contiene la scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa, le schede di lettura ed il disegno di legge C. 4636 (parte I); contiene la normativa di riferimento (parte II);

-          dossier n. 535/1: contiene i lavori parlamentari alla Camera e al Senato (suddiviso in otto parti)

-          Prima lettura al Senato (AS 1296 e abb.)

-       Parte I: testo dei disegni di legge;

-       Parte II: esame in commissione;

-       Parte III: esame in Assemblea.

-          Prima lettura alla Camera (AC 4636 e abb.)

-     Parte IV: testo dei disegni di legge;

-     Parte V: esame in Commissione e in Assemblea

-          Seconda lettura al Senato (AS 1296-B e abb.)

-     Parte VI: testo dei disegni di legge e esame in Commissione

-     Parte VII: esame in Assemblea: sedute dal 20 settembre al 2 novembre 2004

-     Parte VIII: esame in Assemblea: sedute dal 3 al 10 novembre 2004).

-          dossier n. 535/2: contiene le schede di lettura,  la normativa di riferimento  e l’A.C. 4636-bis-B .

 

DipartimentoGiustizia

SIWEB

 

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File: GI0284a3.doc


INDICE

 

Iter al Senato

Relazione della 2a Commissione (Giustizia)

§      A.S. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259,1260, 1261, 1367, 1426 e 1536-A, (Governo), Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità  5

Esame in Assemblea

Seduta del 25 novembre 2003  139

Seduta del 25 novembre 2003 (pomeridiana)158

Seduta del 4 dicembre 2003  208

Seduta del 17 dicembre 2003  221

Seduta del 17 dicembre 2003 (pomeridiana)281

Seduta del 18 dicembre 2003  368

Seduta del 21 gennaio 2004  430

Seduta del 21 gennaio 2004 (pomeridiana)485

 


Iter al Senato

 


Relazione della 2a Commissione (Giustizia)

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XIV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

Nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259,1260, 1261, 1367, 1426 e 1536-A

Relazione orale

Relatore Bobbio Luigi

TESTO PROPOSTO DALLA 2ª COMMISSIONE PERMANENTE

(GIUSTIZIA)


Comunicato alla Presidenza il 14 novembre 2003

PER IL

 

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

presentato dal Ministro della giustizia

di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 MARZO 2002

 

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CON ANNESSI TESTI DEI

 

DISEGNI DI LEGGE

 

 

Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità (1050)

d’iniziativa dei senatori MARINI, CREMA, DEL TURCO, MANIERI, LABELLARTE e CASILLO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 24 GENNAIO 2002

 

 

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Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti (1226)

d’iniziativa dei senatori FASSONE, CALVI, AYALA e MARITATI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 MARZO 2002

 

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Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere (1258)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali (1259)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonchè di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura (1260)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità (1261)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni
di professionalità (1367)

d’iniziativa dei senatori FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI Massimo e MARITATI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 MAGGIO 2002

 

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Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi (1426)

d’iniziativa dei senatori CALVI, AYALA, FASSONE e MARITATI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 MAGGIO 2002

 

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Separazione delle carriere dei magistrati (1536)

d’iniziativa dei senatori ALBERTI CASELLATI, SERVELLO, DEL PENNINO, CASTAGNETTI, FRAU, IANNUZZI, NOVI, MEDURI e RAGNO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 GIUGNO 2002

dei quali la Commissione propone
l’assorbimento nel disegno di legge n. 1296

 

 


PARERI DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)

 

(Estensore: Boscetto)

sui disegni di legge

nn. 1296, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261 e 1367

17 settembre 2002

La Commissione, esaminato il disegno di legge n. 1296, rileva che l’articolo 1 non dà luogo a rilievi di ordine costituzionale. Al riguardo evidenzia che il disegno di legge riguarda materie di esclusiva competenza statuale, non contrasta con fonti di livello comunitario, né con competenze regionali, né di altri enti locali. Non si ravvisa inoltre la necessità di una legislazione organica, ai sensi della VII disposizione transitoria della Costituzione, come già chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 184 del 1974, ove si afferma che «le norme sull’ordinamento giudiziario, ex articolo 108 della Costituzione, non esprimono una posizione differenziata e sono modificabili in tutto o in parte, direttamente o indirettamente». La riserva di cui all’articolo 108, primo comma, poi, è soddisfatta anche da una legge delega.

Per quanto concerne l’articolo 2 appare congruo l’aver previsto qualificazioni particolari, rappresentative di situazioni che vanno oltre il semplice conseguimento della laurea in giurisprudenza, con avvenuta esperienza «sul campo». Desta perplessità la non omogeneità delle tre qualificazioni indicate, soprattutto quella dell’aver conseguito l’idoneità in qualsiasi concorso bandito dalla Pubblica amministrazione: la soglia per la qualificazione potrebbe elevarsi prevedendo l’avvenuto superamento del concorso con conseguente attività lavorativa di almeno due anni alle dipendenze della Pubblica amministrazione. Non sembra, tuttavia, che la disomogeneità crei problemi di compatibilità costituzionale trattandosi di stabilire qualificazioni di accesso al concorso, come tali sufficientemente ragionevoli ex articolo 3 della Costituzione. Pare, da ultimo, utile non dimenticare, previa attenta valutazione della sperimentazione in corso, la Scuola di specializzazione per le professioni legali. Nulla rileva, sotto il profilo costituzionale, per quanto riguarda la lettera b).

Quanto all’articolo 3, si osserva che l’unico punto che possa implicare problemi di rilevanza costituzionale è quello che prevede la nomina di magistrati componenti del comitato direttivo della Scuola da parte del CSM, di concerto con il Ministro della giustizia (ai sensi della lettera c)). Occorre verificare se tale disposizione violi la previsione di cui all’articolo 105 della Costituzione e, previamente, se l’ambito normativo possa essere completamente sussunto nell’articolo 110 della Costituzione, potendosi ipotizzare che l’istituzione e il funzionamento della Scuola rientrino fra le competenze di organizzazione spettanti al Ministero della giustizia. Purtuttavia, la previsione di cui al comma 1, lettera g), impinge nello status dei magistrati. Il concerto è, tuttavia, costituzionalmente compatibile, come ha affermato, in materia di incarichi direttivi, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 379 del 9 luglio 1992 e nei limiti di essa.

L’articolo 4 non dà luogo a rilievi costituzionali: appare congruo nel merito e stabilisce princìpi e criteri direttivi plurimi e specifici.

Si osserva, inoltre, che la norma di cui all’articolo 5 non affronta esplicitamente il problema se l’imparzialitità del giudice ex articolo 111 della Costituzione sia garantita laddove egli sia comunque intercambiabile con il pubblico accusatore. Non potendosi approfondire nella presente sede delibativa l’enorme problema a monte, si esprime un parere di nulla osta riguardo alla soluzione adottata che fornisce una risposta implicita. Quanto all’attestato di idoneità rilasciato dalla Scuola, si rinvia a quanto espresso a proposito dell’articolo 3.

Rilevato che l’articolo 6 non dà adito a rilievi costituzionali, si osserva che i princìpì e criteri direttivi recati dall’articolo 7 appaiono troppo generici, per cui la norma risulta in contrasto con l’articolo 76 della Costituzione. Se poi si intendesse avvalersi dei criteri di cui agli articoli 17 e seguenti del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, la norma dovrebbe, comunque, essere riformulata.

Si osserva altresì che la disposizione di cui all’articolo 8 non appare in linea con l’oggetto del disegno di legge, per cui sarebbe preferibile affidare la particolare materia a un separato disegno di legge che tenga conto, fra l’altro, degli altri disegni di legge in materia, i quali, peraltro, non sono suscettibili di rilievi sotto il profilo costituzionale. Si propone, in ogni caso, di integrare la delega con l’espressa previsione del ricorso all’istituzione di sezioni distaccate di Corte d’appello, tenendo presente che il secondo grado di giurisdizione è stato interessato significativamente, ma indirettamente, dalla riorganizzazione del primo grado (giudice unico) acquisendo nuove attribuzioni giurisdizionali senza che la distribuzione sul territorio venisse minimamente modificata per cui si ritiene necessario che gli strumenti previsti dalla delega siano completi e fortemente flessibili, un’esigenza confermata dalle numerose iniziative legislative in materia, che evidentemente sono espressione di un disagio diffuso di cui i proponenti si sono fatti interpreti.

Con riguardo agli articoli 9, 10 e 11, si rileva che la Commissione speciale per le funzioni di legittimità risulta composta da membri nominati dal CSM che li sceglie fra più concorrenti proposti dal Ministro della giustizia. La Corte costituzionale ha rilevato al riguardo la necessità di un rapporto di collaborazione fra Consiglio superiore della magistratura e Ministro al fine di assicurare il coordinamento dell’articolo 110 con le disposizioni di cui agli articoli 105, 106 e 107, secondo comma, della Costituzione. Vi sono, infatti, competenze ministeriali riconosciute costituzionalmente compatibili che comunque si ripercuotono sulla posizione dei magistrati: ad esempio la proposta, concertata con l’apposita commissione «Uffici» del CSM, per il conferimento di incarichi direttivi, da sottoporre al plenum, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, della legge n. 195 del 1953. Si tratta di comprendere se le norme in esame attengono strettamente allo status dei magistrati di cui all’articolo 105 della Costituzione, ovvero si pongono nell’ambito dell’articolo 110 della Costituzione. Una soluzione analoga a quella adottata per gli incarichi direttivi (proposta concertata) non aprirebbe spazi a ipotesi di incostituzionalità.

Nulla avendo da rilevare a proposito dell’articolo 12, si osserva che l’indennità di trasferta di cui all’articolo 13 sembra ricollegabile solo all’attività dei magistrati non residenti nel distretto giudiziario del Lazio, visto che diversamente opinando si rischierebbe di violare l’articolo 3 della Costituzione sotto il profilo dell’eguaglianza e della ragionevolezza. Si sottolinea, peraltro, che la normativa non appare tale da giustificare una diversità di trattamento fra magistrati (ordinari e speciali) che esercitano funzioni di legittimità e quelli che esercitano funzioni centralizzate non giurisdizionali. Si segnala, in proposito, la contrarietà espressa dalla Corte dei conti circa la discriminazione che si verificherebbe tra i consiglieri assegnati a sezioni giurisdizionali e quelli assegnati a sezioni di controllo o consultive. Analoghe considerazioni valgono a proposito dei giudici amministrativi.

Sui disegni di legge in titolo, esaminati congiuntamente, la Commissione esprime, pertanto, parere favorevole con le suddette osservazioni riferite, in quanto compatibili, a tutti i provvedimenti connessi al disegno di legge n. 1296.

La Commissione chiede, ai sensi dell’articolo 40, comma 7, del Regolamento, la pubblicazione del presente parere.

su emendamenti al disegno di legge n. 1296

2 ottobre 2002

La Commissione, esaminati gli emendamenti riferiti al disegno di legge n. 1296, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con osservazioni sui seguenti emendamenti:

in relazione all’emendamento 1.10 si osserva l’opportunità di precisare se la Commissione speciale cui si fa riferimento sia quella istituita dall’articolo 10;

in relazione all’emendamento 1.37, ricordando le osservazioni espresse lo scorso 17 settembre a proposito della genericità dei princìpi e criteri direttivi recati dall’articolo 7, si sottolinea l’esigenza di precisare i princìpi e criteri direttivi della delega da esso disposta, ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione;

in relazione agli emendamenti 1.38 e 1.40 si rileva l’inopportunità di sopprimere il termine di riferimento per l’espressione di pareri parlamentari sugli emanandi schemi di decreti legislativi;

in relazione all’emendamento 3.1 si esprime apprezzamento per il recepimento delle osservazioni formulate dalla Commissione lo scorso 17 settembre sull’articolo 3, circa la previsione del concerto con il Ministro della giustizia nella nomina dei magistrati componenti del comitato direttivo della Scuola da parte del CSM, ma si osserva che alla lettera c), come risulta modificata dall’emendamento, si prefigura la nomina di due magistrati da parte del Consiglio superiore della magistratura su proposta, rispettivamente, del primo Presidente della Corte di cassazione e del Procuratore generale della Corte di cassazione, proposta che potrebbe costituire un vincolo per la decisione da assumere da parte del CSM, in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale del 12 dicembre 1963, n. 168; in relazione allo stesso emendamento si osserva inoltre che alla lettera l) si prevede che il CSM operi delle verifiche di professionalità senza tuttavia specificare le conseguenze di tali verifiche le quali, invece, nella formulazione della lettera l) proposta dall’emendamento 3.50, vengono precisate con riferimento all’avanzamento economico;

in relazione agli emendamenti 4.35, 4.36 e 4.51, si osserva che si configura un’inopportuna differenziazione fra i rappresentanti del Consiglio regionale nei consigli giudiziari nei quali prestano servizio oltre 350 magistrati ordinari, che, ai sensi della lettera h) dell’articolo 4, comma 1, come novellata dall’emendamento 4.51, dovrebbero essere eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo Consiglio, ed i rappresentanti del Consiglio regionale degli altri distretti, di cui alla lettera f), come risulterebbe modificata dagli emendamenti 4.35 e 4.36, per i quali non si applicherebbero invece le suddette condizioni; si segnala al riguardo che l’emendamento 4.50 propone un’integrazione della lettera g) volta a fissare un quorum esclusivamente per l’elezione dei rappresentanti supplenti dei Consigli regionali;

si osserva che l’emendamento 4.68 avrebbe maggiore senso logico sopprimendo la parola «non»;

si rileva che l’emendamento 4.193, sebbene ampli la portata delle materie in merito alle quali possono intervenire i rappresentanti dei Consigli regionali, non appare per questo in contrasto con la ripartizione delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia di ordinamento civile e penale e giurisdizione, che è riservata allo Stato;

in relazione agli emendamenti 5.2, 5.3 e 5.9 si ribadiscono le osservazioni espresse nel parere del 17 settembre a proposito dell’attestato di idoneità rilasciato dalla Scuola, che in base alla citata sentenza costituzionale n. 168 del 1963 non può costituire un vincolo formale all’autonomia del CSM nelle decisioni che esso è chiamato ad assumere in materia di incarichi; si rileva al riguardo che non osta all’autonomia del CSM la previsione dell’acquisizione di pareri come quello prefigurato dall’emendamento 5.8;

in relazione all’emendamento 6.10 si invita la Commissione di merito a valutare se l’automaticità della proroga nei casi ivi previsti non possa determinare il rischio di un uso strumentale del conferimento dei processi.

La Commissione esprime, infine, parere non ostativo sui rimanenti emendamenti.

La Commissione chiede, ai sensi dell’articolo 40, comma 7, del Regolamento, la pubblicazione del presente parere.

su ulteriori emendamenti

9 ottobre 2002

La Commissione, esaminati gli ulteriori emendamenti riferiti al disegno di legge in titolo, da 1.100 a 1.108 e da 8.1 a 8.0.107, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.

su ulteriori emendamenti

6 maggio 2003

La Commissione, esaminato l’emendamento 1.1000 ed i relativi subemendamenti riferiti al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.

su ulteriori emendamenti

27 maggio 2003

La Commissione, esaminati gli emendamenti ed i relativi subemendamenti sotto indicati, riferiti al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, i seguenti pareri:

parere non ostativo sugli emendamenti 1.2000/1 e 1.2000/2 e sugli emendamenti dal 2.100 al 2.1000/28;

parere non ostativo sull’emendamento 2.1000/29, osservando tuttavia che sarebbe preferibile non fissare un limite d’età per l’accesso alla magistratura;

parere favorevole sull’emendamento 2.1000/30, che consente di tutelare la posizione di coloro i quali si siano laureati anteriormente all’anno accademico 1998/99, evitando così che questi siano penalizzati;

parere non ostativo sull’emendamento del Governo 2.1000 fino alle parole «per non più di 3 volte».

su ulteriori emendamenti

Roma, 11 giugno 2003

La Commissione, esaminati l’emendamento del Governo 2.1000, nella parte che inserisce un nuovo comma dopo l’articolo 2, comma 1, il subemendamento del Governo 2.1000/41 e gli altri subemendamenti, manifesta perplessità sulla natura immediatamente precettiva di alcune disposizioni contenute negli emendamenti in un contesto di delegazione legislativa ed esprime comunque un parere favorevole sull’emendamento 2.1000, nella parte indicata, che modifica la disciplina di accesso al Consiglio di Stato valorizzando le procedure concorsuali: segnala, in proposito, l’opportunità di qualificare meglio l’anzianità professionale dei partecipanti, con particolare riguardo ai magistrati dei TAR, che fruiscono della riserva della metà dei posti messi a concorso. La Commissione, inoltre, condivide la scelta di mantenere, nel Consiglio di Stato, il ruolo unico dei magistrati, senza distinzione tra le funzioni esercitate, consultive o giurisdizionali, e condivide la nuova composizione della Commissione chiamata a formulare il parere sulle nomine a consigliere di Stato dal ruolo dei magistrati dei TAR, che tiene nella dovuta considerazione anche i componenti non togati.

Quanto al subemendamento del Governo 2.1000/41, la Commissione esprime un parere non ostativo invitando tuttavia a valutare se sia opportuno introdurre una differenza tra le funzioni esercitate nella Corte dei conti, attraverso l’individuazione di funzioni superiori giurisdizionali e di controllo, che comunque non sembra in contrasto con il sistema delle norme costituzionali riguardante la Corte dei conti, in particolare con l’articolo 135 della Costituzione.

La Commissione, infine, esprime un parere di nulla osta sugli altri subemendamenti riferiti all’emendamento 2.1000.

 

su ulteriori emendamenti

Roma, 8 luglio 2003

La Commissione, esaminati gli emendamenti 2.2 (ulteriore nuovo testo) e gli emendamenti e subemendamenti riferiti all’articolo 3 del disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.


PARERI DELLA 5ª COMMISSIONE PERMANENTE

(PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO)

 

(Estensore: Nocco)

sul disegno di legge n. 1296

6 febbraio 2003

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge, per quanto di propria competenza, esprime parere di nulla osta alle seguenti condizioni rese ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione:

a) all’articolo 8 aggiungere, in fine, il seguente comma: «1-bis. Per le finalità di cui alle lettere e) e h) è autorizzata la spesa massima di 5.784.318 euro per l’anno 2003 e di 11.568.635 euro a decorrere dall’anno 2004, a cui si provvede con i risparmi derivanti dalle norme di attuazione delle lettere a) e b).»;

b) sostituire l’articolo 14 con il seguente: «1. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola della magistratura, di cui all’articolo 3, lettera a), è autorizzata la spesa massima di 2.519.276 euro per l’anno 2003 e di 5.038.552 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 60.219 euro per l’anno 2003 e 120.438 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi al funzionamento del Comitato direttivo di cui all’articolo 3, lettera c).

2. Per le finalità di cui all’articolo 4 è autorizzata la spesa massima di 244.850 euro per l’anno 2003 e di 489.700 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 8.522 euro per l’anno 2003 e 17.044 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi alla lettera a), 236.328 euro per l’anno 2003, e 472.656 euro a decorrere dall’anno 2004 per gli oneri connessi alla lettera f).

3. Dalle disposizioni di cui all’articolo 8, lettera b), non devono derivare maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

4. Per gli oneri connessi alle spese di allestimento degli uffici giudiziari da istituire ai sensi dell’articolo 8, lettere e) ed h), è autorizzata la spesa massima di 816.000 euro, a decorrere dall’anno 2003.

5. Per le finalità di cui all’articolo 10, comma 6, è autorizzata la spesa massima di 9.422 euro per l’anno 2003 e 18.843 euro a decorrere dall’anno 2004.

6. Per le finalità di cui all’articolo 13 la spesa prevista è determinata in 2.096.840 euro per l’anno 2003 e 3.844.206 euro a decorrere dall’anno 2004. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, comma 2, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

7. Agli oneri indicati nel presente articolo, pari a 5.686.388 euro per l’anno 2003 e 10.207.301 euro, a decorrere dall’anno 2004, si provvede:

a) quanto a 5.257.546 euro, per l’anno 2003, e 9.421.091 euro, a decorrere dall’anno 2004, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

b) quanto a 428.842 euro, per l’anno 2003, e a 786.210 euro, a decorrere dall’anno 2004, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 27 dicembre 2002, n. 289.

8. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

(Estensore: Ferrara)

su emendamenti

19 febbraio 2003

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi, ad eccezione degli emendamenti 1.14, 1.19, 3.1 (limitatamente al comma 1, lettera l)), 3.50, 8.30, 8.31, 8.32, 8.67, 1.37 e 8.0.1, per quanto di propria competenza, esprime parere di nulla osta, ad eccezione degli emendamenti 3.1 (limitatamente al comma 1, lettera c)), 3.12, 3.16, 3.36, 3.42, 3.46, 4.35, 4.51, 4.193, 4.195, 8.73, 8.7, 8.8, 8.9, 8.10, 8.11, 8.12, 8.13, 8.14, 8.15, 8.16, 8.17, 8.18, 8.19, 8.20, 8.21, 8.28, 8.29, 8.39, 8.42, 8.43, 8.74 (nuovo testo), 8.68, 10.4, 10.6, 10.7, 10.17, 1.13, 3.2, 3.4, 3.5, 3.11, 3.13, 3.33, 3.34, 13.4, 2.2, 3.7, 8.0.100, 8.0.101, 8.0.102, 8.0.103, 8.0.104, 8.0.105 e 8.0.106, sui quali il parere è contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.


 

DISEGNO DI LEGGE N. 1296

DISEGNO DI LEGGE

D’iniziativa del Governo

Testo proposto dalla Commissione

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Capo I

Capo I

DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTOGIUDIZIARIO

DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Art. 1.

Art. 1.

(Contenuto della delega)

(Contenuto della delega)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7, uno o più decreti legislativi diretti a:

1. Identico:

a) modificare la disciplina per l’accesso alla carriera in magistratura ordinaria e stabilire l’accesso alle funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione anche mediante concorso;

a) modificare la disciplina per l’accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;

b) razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari e di aggiornamento professionale dei magistrati;

b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari;

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;

d) regolare il passaggio dall’esercizio delle funzioni giudicanti a quello delle funzioni requirenti e viceversa;

soppressa

e) stabilire la temporaneità degli incarichi direttivi;

soppressa

 

d) riorganizzare l’ufficio del pubblico ministero;

 

e) modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati e le relative sanzioni.

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati e le relative sanzioni, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 7, uno o più decreti legislativi diretti a rideterminare le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari.

2. Proposta di stralcio.

 

2-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l’istituzione dell’ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario dello stesso, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 8-bis.

3. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui ai commi 1 e 2 divengono efficaci dal centoventesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

3. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal centottantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

4. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai commi 1 e 2, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio delle deleghe di cui ai medesimi commi con le altre leggi dello Stato e la necessaria disciplina transitoria, diretta anche a regolare il trasferimento degli affari ai nuovi uffici, fissando i termini massimi entro cui occorre provvedere.

4. Il Governo è delegato ad adottare, entro i centoventi giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e la necessaria disciplina transitoria, diretta anche a regolare il trasferimento degli affari ai nuovi uffici, fissando i termini massimi entro cui occorre provvedere, prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 3.

5. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti un motivato parere entro il termine di quarantacinque giorni dalla data della trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

5. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2-bis sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti un parere entro il termine di sessanta giorni dalla data della trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

6. Entro due anni dalla data di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi, il Governo può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei criteri di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, con la procedura di cui al comma 5.

6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 5, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 ovvero dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2-bis, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8-bis.

Art. 2.

Art. 2.

(Concorsi per uditore giudiziario e per le funzioni di legittimità)

(Concorsi per uditore giudiziario. Disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati. Competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

1. Identico:

a) prevedere che a sostenere le prove del concorso per uditore giudiziario siano ammessi soltanto coloro i quali abbiano conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense ovvero l’idoneità in qualsiasi concorso bandito dalla pubblica amministrazione per il quale è necessario il possesso della laurea in giurisprudenza ovvero abbiano conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

soppressa

b) prevedere che annualmente, per la metà dei posti resisi disponibili, sia bandito un concorso per titoli ed esami di accesso alle funzioni di legittimità, riservato a magistrati ordinari immessi da almeno dieci anni nell’esercizio delle funzioni, stabilendo altresì le modalità del concorso e disponendo che la composizione della commissione esaminatrice sia per due terzi costituita da magistrati ordinari con almeno venti anni di esercizio delle funzioni e per un terzo da professori ordinari universitari ovvero da un presidente di Sezione del Consiglio di Stato o da avvocati con anzianità professionale di almeno venti anni. La presidenza della commissione è assunta dal Primo Presidente della Corte di cassazione o da un Presidente di Sezione da lui delegato, ovvero da un Avvocato generale presso la stessa Corte;

soppressa

 

a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

 

1) che sia bandito un concorso per l’accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all’atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intende accedere;

 

2) che il concorso sia articolato in distinte prove di esame, scritte ed orali, con materie in parte comuni e in parte diverse, in relazione alla specificità della funzione prescelta;

 

3) che le commissioni di concorso siano distinte, eventualmente con un unico presidente, disciplinandone la composizione e le modalità di nomina dei componenti;

 

b) prevedere che siano ammessi ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che:

 

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; prevedere che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

 

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

 

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;

 

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

 

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno superato il concorso per la professione di notaio;

 

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito;

 

7) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;

 

c) prevedere che:

 

1) la commissione esaminatrice di cui all’articolo 125-ter dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, abbia facoltà di circoscrivere le prove scritte a due delle materie indicate dall’articolo 123-ter, comma 1, dell’ordinamento giudiziario di cui al citato regio decreto, mediante sorteggio effettuato nelle ventiquattro ore antecedenti l’inizio della prima prova, quando il numero dei candidati sia superiore a millecinquecento; prevedere che in tale caso particolare attenzione sia dedicata in sede di prova orale alla materia che il sorteggio ha escluso;

 

2) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;

 

3) il concorso possa essere sostenuto per non più di tre volte;

 

d) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

 

1) funzioni giudicanti di primo grado;

 

2) funzioni requirenti di primo grado;

 

3) funzioni giudicanti di secondo grado;

 

4) funzioni requirenti di secondo grado;

 

5) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado;

 

6) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado;

 

7) funzioni direttive di primo grado;

 

8) funzioni direttive di secondo grado;

 

9) funzioni giudicanti di legittimità;

 

10) funzioni requirenti di legittimità;

 

11) funzioni direttive di legittimità;

 

12) funzioni direttive superiori di legittimità;

 

e) prevedere:

 

1) che, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura, possano essere svolte funzioni requirenti o giudicanti di primo grado; che, dopo gli otto anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, dopo i quindici anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni di legittimità;

 

2) che le funzioni di secondo grado, di legittimità e direttive siano attribuite dal Consiglio superiore della magistratura, previo concorso per titoli ed esami, e che quelle semi direttive giudicanti siano attribuite previa valutazione dei titoli;

 

3) le modalità del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, nonché i criteri di valutazione;

cfr. in diversa formulazione l’articolo 5.

f)

 

1) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

 

2) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 1);

 

3) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera i), numero 6), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

 

4) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni requirenti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

 

5) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 4);

 

6) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata lettera i), numero 5), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

 

7) prevedere che i corsi di cui ai numeri 1) e 4) debbano essere espletati esclusivamente in occasione del primo passaggio a funzioni diverse;

 

8) prevedere che il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti, e viceversa, debba essere richiesto per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

 

g) prevedere che:

 

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

 

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

 

3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

 

4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello;

 

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

 

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

7) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

8) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

9) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale, di presidente del tribunale di sorveglianza e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

10) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

 

11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A) allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché quelle di procuratore generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

 

h) prevedere che:

 

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

 

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

 

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

 

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di procuratore generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno dieci anni;

 

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

 

i)

 

1) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti;

 

2) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti;

 

3) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti;

 

4) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti;

 

5) prevedere, ai fini di cui al numero 2), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni giudicanti, costituita da tre magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

6) prevedere, ai fini di cui al numero 4), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni requirenti, costituita da tre magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

7) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

 

8) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

 

8.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti di secondo grado;

 

8.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni giudicanti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

 

9) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado;

 

10) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

 

10.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

 

10.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni requirenti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

 

11) prevedere, ai fini di cui al numero 8), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

12) prevedere, ai fini di cui al numero 10), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

13) prevedere che annualmente per la copertura del 75 per cento dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno sette anni le funzioni di secondo grado oppure con una anzianità di almeno quindici anni, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

 

14) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni diverse funzioni di legittimità. È fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 agosto 1998, n. 303;

 

15) prevedere l’istituzione di una commissione di concorso alle funzioni di legittimità composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

16) prevedere che i posti di cui ai numeri precedenti, messi a concorso e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura; che i posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura di cui ai numeri precedenti, e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota destinata a concorso; che i posti di cui al numero 13) messi a concorso e non coperti vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire ai sensi del numero 14) e viceversa;

 

l) prevedere che:

 

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, nella valutazione della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa e in un successivo colloquio;

 

2) il conferimento degli incarichi semi direttivi sia preceduto da una valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici; la commissione comunica l’esito delle valutazioni dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che sceglie tra quelli valutati positivamente, tenendo altresì conto della laboriosità e della capacità organizzativa dei magistrati;

cfr. in diversa formulazione l’articolo 6, comma 1, lettera a).

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera h), e gli incarichi semidirettivi abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di anni quattro, rinnovabili a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di anni due;

cfr. in diversa formulazione l’articolo 6, comma 1, lettera b).

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

cfr. in diversa formulazione l’articolo 6, comma 1, lettera c).

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive e semidirettive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

 

6) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive, composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di secondo grado e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura; prevedere che la commissione comunichi gli esiti del concorso al Consiglio superiore della magistratura che forma la graduatoria e propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; prevedere il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni;

 

m) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo avvenga nella medesima sede e nelle medesime funzioni, anche in soprannumero. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

 

n) prevedere che:

 

1) le commissioni di cui alle lettere i) e l) siano nominate per tre anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

 

2) i componenti delle predette commissioni non siano immediatamente confermabili;

 

o) prevedere che:

 

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

 

I. prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

 

II. seconda classe: da sei mesi a due anni;

 

III. terza classe: da due a cinque anni;

 

IV. quarta classe: da cinque a tredici anni;

 

V. quinta classe: da tredici a venti anni;

 

VI. sesta classe: da venti a ventotto anni;

 

VII. settima classe: da ventotto anni in poi;

 

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso di cui alla lettera i), numeri 8.2) e 10.2), conseguono la quinta classe stipendiale;

 

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera i), numero 13), conseguono la sesta classe stipendiale;

 

p) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio;

 

q)

 

1) attribuire al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

 

2) indicare i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

 

3) assegnare al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo ed attribuirgli l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

 

4) prevedere che, entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; prevedere che il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; prevedere che, nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.

c) abrogare le norme incompatibili con quanto previsto nel decreto legislativo da adottarsi.

soppressa
cfr. in diversa formulazione l’articolo 1, comma 4.

Art. 3.

Art. 3.

(Tirocinio e formazione degli uditori
giudiziari ed aggiornamento professionale dei magistrati)

(Scuola superiore della magistratura. Tirocinio e formazione degli uditori giudiziari ed aggiornamento professionale e formazione dei magistrati)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

1. Identico:

a) prevedere l’istituzione presso la Corte di cassazione di una Scuola della magistratura, struttura didattica stabilmente preposta all’organizzazione delle attività di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari e di aggiornamento professionale dei magistrati, che si avvalga delle esperienze e delle professionalità dell’Ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione, anche ai fini della progressione in carriera;

a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari;

2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati;

b) prevedere che la Scuola della magistratura sia fornita di autonomia organizzativa ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia ovvero comandato da altre amministrazioni con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

c) prevedere che la Scuola della magistratura sia diretta da un Comitato direttivo composto da due magistrati designati dal Primo Presidente della Corte di cassazione tra i magistrati della Corte di cassazione, sentito il Procuratore Generale, e da tre componenti, scelti tra avvocati con non meno di venti anni di esercizio della professione, e magistrati con non meno di venti anni di servizio, nominati dal Consiglio superiore della magistratura, di concerto con il Ministro della giustizia, per quattro anni, nell’ambito di tutti i quali è eletto un presidente;

soppressa
cfr. in diversa formulazione la lettera
l)

d) prevedere che nella programmazione dell’attività didattica, il Comitato direttivo di cui alla lettera c) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e di quelle dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

soppressa
cfr. in diversa formulazione la lettera
n)

e) prevedere, presso la Scuola, la programmazione annuale di corsi per magistrati di durata non superiore a due mesi, formulando i criteri generali per la partecipazione ad essi da parte degli interessati;

soppressa

f) prevedere, compatibilmente alle comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari, ed a richiesta dell’interessato, il diritto del magistrato partecipante al corso di cui alla lettera e) ad un periodo di congedo retribuito pari alla sua durata;

soppressa
cfr. in diversa formulazione la lettera
o)

g) stabilire che, al termine del corso, sia rilasciato un parere che contenga elementi di verifica attitudinale, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura concernenti la progressione in carriera dei magistrati, nonché i tramutamenti ed i conferimenti di incarichi direttivi e semi-direttivi;

soppressa
cfr. in diversa formulazione la lettera
p)

h) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato al corso di cui alla lettera e) possa nuovamente parteciparvi trascorsi almeno tre anni;

soppressa
cfr. in diversa formulazione la lettera q)

i) prevedere che il parere di cui alla lettera g) abbia validità per un periodo non superiore ai sei anni.

soppressa
cfr. in diversa formulazione la lettera r)

 

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

 

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di diciotto mesi e che sia articolato in sessioni tendenzialmente di uguale durata presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari;

 

e) prevedere che nelle sessioni presso gli uffici giudiziari gli uditori possano effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocato, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari ed altre sedi formative, secondo quanto previsto dal regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998;

 

f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari siano seguiti da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;

 

g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;

 

h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla base di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso del tirocinio;

 

i) prevedere che, in caso di valutazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a sei mesi, e che in caso di ulteriore valutazione negativa l’uditore possa essere, a sua domanda e salvo controindicazioni assolute, destinato ad un ufficio della pubblica amministrazione, anche in soprannumero, da assorbire con successive vacanze;

cfr. in diversa formulazione la lettera c)

l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

 

m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);

cfr. in diversa formulazione la lettera d)

n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

cfr. in diversa formulazione la lettera f)

o) prevedere il diritto del magistrato a partecipare, a sua richiesta e se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare soltanto la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

cfr. in diversa formulazione la lettera g)

p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia rilasciato un parere che contenga elementi di verifica attitudinale, modulato secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

cfr. in diversa formulazione la lettera h)

q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

cfr. in diversa formulazione la lettera i)

r) prevedere che il parere di cui alla lettera p) abbia validità per un periodo non superiore a sei anni;

 

s) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

 

t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dai pareri di cui alla lettera p); prevedere che tali valutazioni debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera o), della presente legge;

 

u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.

Art. 4.

Art. 4.

(Riforma dei consigli giudiziari
ed istituzione del Consiglio direttivo
della Corte di cassazione)

(Riforma dei consigli giudiziari
ed istituzione del Consiglio direttivo
della Corte di cassazione)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

1. Identico:

a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto per due terzi da magistrati con effettive funzioni di legittimità in servizio presso la medesima Corte e la relativa Procura generale, e per un terzo da componenti nominati tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio della professione che siano iscritti nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;

a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto per due terzi da magistrati con effettive funzioni di legittimità in servizio presso la medesima Corte e la relativa Procura generale, e per un terzo da componenti nominati tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione che siano iscritti da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;

b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;

b) identica;

c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il Primo Presidente ed il Procuratore generale della medesima Corte;

c) identica;

d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal Primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice-presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

d) identica;

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r) ed s) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere o), p), s) e t) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da tre magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto e da quattro componenti non togati di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggior estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto;

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da tre magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

 

g) prevedere che nei distretti nei quali prestano servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da cinque magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

g) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alla lettera f), riservandosi un posto per un componente designato dal consiglio regionale;

h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);

h) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale siano eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio;

soppressa

i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei Consigli dell’Ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;

i) identica;

 

l) prevedere che i componenti nominati dal consiglio regionale non possano svolgere, o aver svolto nei cinque anni precedenti, la professione di avvocato nell’ambito del distretto;

l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente ed il procuratore generale della corte d’appello;

m) identica;

m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice-presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

n) identica;

n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni;

o) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;

o) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per la nomina dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire due seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti ed un seggio ad un magistrato che esercita funzioni requirenti;

p) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire due seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti ed un seggio ad un magistrato che esercita funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;

p) prevedere che dei due componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’ anzianità di carriera non inferiore a venti anni;

q) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di carriera non inferiore a venti anni;

q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;

r) identica;

r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite, oltre quelle già previste, le seguenti competenze:

s) identica;

1) approvazione delle tabelle su proposta dei titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;

 

2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, in occasione della progressione in carriera e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica;

 

3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;

 

4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;

 

5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

 

6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;

 

7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

 

s) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera r), numero 1);

t) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera s), numero 1);

t) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 4) e 5).

u) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera s), numeri 4) e 5);

 

v) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.

Art. 5.

Soppresso

(Passaggio dall’esercizio delle funzioni
giudicanti a quello delle funzioni
requirenti e viceversa)

 

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

cfr. in diversa formulazione l’articolo 2, comma 1, lettera f)

a) prevedere che l’idoneità a concorrere per il conferimento di un ufficio inerente l’esercizio di una funzione diversa da quella allo stato svolta si consegua previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale organizzato dalla Scuola della magistratura di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), e con applicazione di quanto previsto dalla lettera f) del comma 1 del medesimo articolo;

 

b) prevedere che siano legittimati a concorrere per il conferimento di un ufficio inerente l’esercizio di una funzione diversa da quella svolta soltanto i magistrati in possesso dell’attestato di idoneità rilasciato a conclusione del corso di qualificazione professionale di cui alla lettera a) e conclusosi non oltre tre anni prima della data di presentazione della domanda;

 

c) prevedere che l’idoneità conseguita ai sensi della lettera a) abbia validità per un periodo non superiore ai tre anni;

 

d) prevedere che l’esercizio di una funzione diversa da quella precedentemente svolta avvenga necessariamente in un ufficio appartenente ad un diverso distretto, con esclusione di quello di cui all’articolo 11, comma 1, del codice di procedura penale.

 

 

Art. 5.

 

(Riorganizzazione dell’ufficio
del pubblico ministero)

 

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua personale responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

 

b) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa delegare, sulla base di criteri predeterminati, uno o più magistrati del proprio ufficio al compimento di singoli atti o alla trattazione di uno o più procedimenti;

 

c) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa determinare i criteri cui i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri;

 

d) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica presso il tribunale;

 

e) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso;

 

f) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

g) prevedere l’attribuzione al procuratore generale presso la corte di appello di poteri sostitutivi e di avocazione:

 

1) nei casi di accertata violazione dei termini di durata delle indagini preliminari, fermo altresì quanto previsto dagli articoli 412, comma 2, 413 e 421-bis del codice di procedura penale;

 

2) nei casi di accertata e grave violazione di norme processuali, anche non tutelate da sanzioni processuali;

 

3) nel caso di accertata e grave violazione delle disposizioni, delle procedure e dei provvedimenti in materia di coordinamento nell’ipotesi di indagini collegate o particolarmente complesse e che investano più circondari.

cfr. in diversa formulazione l’articolo 12.

Art. 6.

 

(Modifiche all’organico della Corte di cassazione e alla disciplina relativa ai magistrati applicati presso la stessa)

 

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;

 

b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;

 

c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;

 

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c), dopo almeno otto anni di servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo, possano essere nominati a posti vacanti nelle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera i), numero 13), in seguito a valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura espressa previa acquisizione del parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, e sempre che tali magistrati abbiano un’anzianità non inferiore a quindici anni;

 

e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole «di appello e».

Art. 6.

Soppresso

(Temporaneità degli incarichi direttivi)

 

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) prevedere la temporaneità degli uffici direttivi per una durata non superiore ad anni quattro, con possibilità di rinnovo dell’incarico per ulteriori due anni e con esclusione degli incarichi direttivi svolti presso la Corte di cassazione, la Procura generale presso la stessa Corte, nonché presso il Tribunale superiore delle acque pubbliche;

cfr. in diversa formulazione l’articolo 2, comma 1, lettera l), numero 3).

b) prevedere che alla scadenza del termine di cui alla lettera a) il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive possa concorrere per il conferimento di un ufficio direttivo presso un diverso distretto;

cfr. in diversa formulazione l’articolo 2, comma 1, lettera l), numero 4).

c) prevedere che, alla scadenza del termine di cui alla lettera a), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze.

cfr. in diversa formulazione l’articolo 2, comma 1, lettera l), numero 5).

Art. 7.

Art. 7.

(Norme in materia disciplinare)

(Norme in materia disciplinare nonché
in tema di situazioni di incompatibilità,
dispensa dal servizio e trasferimento
d’ufficio
)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

1. Identico:

a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni.

a) identica;

 

b) prevedere:

 

1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio;

 

2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;

 

3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che ne compromettano la credibilità o il prestigio;

 

4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);

 

c) salvo quanto stabilito dal numero 10), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

 

2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con l’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato, attuata mediante l’esercizio delle funzioni; ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza;

 

3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti, e sempre che ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità; ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza;

 

4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; l’abituale e ingiustificata esenzione dal lavoro giudiziario, compresa la redazione dei provvedimenti, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o del presidente di un collegio; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione dell’organo competente; ogni altra rilevante violazione del dovere di laboriosità;

 

5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui;

 

6) il tenere rapporti con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste dall’articolo 5, comma 1, lettera e);

 

7) l’adozione di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

 

8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dar luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

 

9) l’attività di interpretazione di norme di diritto che palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volontà della legge o abbia contenuto creativo;

 

10) fermo quanto previsto dai numeri 3) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di valutazione del fatto e delle prove;

 

d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:

 

1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;

 

2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale o aver subìto condanna per gravi delitti non colposi o una misura di prevenzione, ovvero il trattenere rapporti di affari con una di tali persone;

 

3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente; lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento del dovere di laboriosità;

 

4) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nell’esercizio delle funzioni giudiziarie;

 

5) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;

 

6) l’iscrizione o l’adesione a partiti politici comunque gli stessi siano organizzati, ivi inclusi movimenti o associazioni o enti che perseguono finalità politiche o svolgono attività di tale natura, nonché la partecipazione a loro attività o iniziative di carattere interno ovvero ad ogni altra che non abbia carattere scientifico, ricreativo, sportivo o solidaristico;

 

7) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste e ogni altro comportamento tenuto in pubblico idoneo a compromettere in modo grave la credibilità della funzione giudiziaria, anche sotto il profilo dell’indipendenza, dell’imparzialità e della terzietà;

 

e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:

 

1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

 

2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

 

3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

 

4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;

 

f) prevedere come sanzioni disciplinari:

 

1) l’ammonimento;

 

2) la censura;

 

3) la perdita dell’anzianità;

 

4) l’incapacità perpetua o temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;

 

5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

 

6) la rimozione;

 

g) stabilire che:

 

1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;

 

2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;

 

3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni; il conseguente spostamento in ruolo non possa essere inferiore ad un quarantesimo né superiore a un decimo dei posti in organico della relativa qualifica;

 

4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione semi direttiva sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;

 

5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo;

 

6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;

 

7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;

 

8) le sanzioni di cui ai numeri 3) e 6) siano eseguite mediante decreto del Presidente della Repubblica;

 

h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti;

 

2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

 

3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);

 

4) ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

 

5) i comportamenti previsti dal, numero 2), primo periodo, della lettera c);

 

6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

 

7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;

 

8) la scarsa laboriosità, se abituale;

 

9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

 

10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale o grave;

 

11) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);

 

i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti, se gravi;

 

2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

 

l) stabilire che:

 

1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione direttiva l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se abituale o grave;

 

2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione di incarichi ed uffici vietati dalla legge o non autorizzati;

 

3) sia rimosso il magistrato che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;

 

m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;

 

n) integrare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che il trasferimento ad altra sede, o la destinazione ad altre funzioni, ivi previsti, avvengano secondo le norme procedurali che regolano il procedimento disciplinare di cui agli articoli 28 e seguenti dello stesso regio decreto legislativo, in quanto compatibili; prevedere altresì che, in caso di particolare urgenza, il trasferimento possa essere disposto anche in via cautelare e provvisoria; prevedere infine che la causa, anche incolpevole, legittimante l’intervento sia tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità;

 

o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;

 

p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato.

 

Art. 8.

Art. 8.

(Revisione delle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari)

(Revisione delle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 2, il Governo, al fine di razionalizzare la distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio dello Stato, si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

Proposta di stralcio

a) ridefinire i confini dei distretti delle Corti d’appello, dei circondari dei tribunali e delle circoscrizioni territoriali degli uffici del giudice di pace;

 

b) istituire, ove necessario, nuove Corti d’appello, nuovi tribunali ovvero nuovi uffici del giudice di pace, attraverso la fusione totale o parziale del territorio ricompreso negli attuali distretti, circondari o circoscrizioni territoriali e dei relativi uffici, ovvero la sottrazione di parte del territorio di due o più distretti, circondari o circoscrizioni territoriali limitrofi, ovvero mediante l’accorpamento di una o più Corti d’appello, e l’accorpamento o la soppressione di tribunali o uffici del giudice di pace già esistenti;

 

c) tenere conto, ai fini indicati alla lettera b), dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, delle caratteristiche dei collegamenti esistenti tra le varie zone e la sede dell’ufficio, nonché del carico di lavoro atteso, in materia civile e penale;

 

d) finalizzare gli interventi di cui alle lettere a) e b) alla realizzazione di un’equa distribuzione del carico di lavoro e di una adeguata funzionalità degli uffici giudiziari;

 

e) prevedere, anche in deroga alle disposizioni della legge 24 aprile 1941, n. 392, e delle altre norme di edilizia giudiziaria, la possibilità, con decreto del Ministro della giustizia, di dislocare immobili dell’ufficio giudiziario al di fuori del distretto, circondario ovvero circoscrizione territoriale;

 

h) prevedere, limitatamente ai tribunali il cui circondario è stato oggetto di revisione da parte del decreto legislativo 3 dicembre 1999, n. 491, la possibilità di istituire, nel medesimo comune, più uffici di tribunale, ciascuno con esclusiva competenza per una parte del territorio.

 

 

Art. 8-bis.

 

(Istituzione in via sperimentale
dell’ufficio del giudice)

 

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 2-bis, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:

 

1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;

 

2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;

 

3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;

 

4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice, successivi alla pronuncia della sentenza;

 

5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;

 

b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l’attività dell’ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;

 

c) prevedere che l’organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;

 

d) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari avvenga, per la Corte di cassazione, in ragione di un’unità per ogni presidente di sezione e di un’unità ogni due consiglieri di cassazione; prevedere che la restante parte degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;

 

e) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d) sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;

 

f) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;

 

g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l’assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta, per la Corte di cassazione, dal primo presidente della stessa e, per gli altri uffici giudiziari, dai presidenti di corte d’appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che il primo presidente della Corte di cassazione possa delegare tali funzioni ad altro magistrato membro del Consiglio direttivo della Corte e che i presidenti di corte d’appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;

 

h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 105/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;

 

i) prevedere che il primo presidente della Corte di cassazione e i presidenti delle corti d’appello provvedano, mediante affissione nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l’assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso; il primo presidente della Corte di cassazione e i presidenti delle corti d’appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:

 

1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;

 

2) il conseguimento di lauree in altre discipline;

 

3) le pubblicazioni prodotte dall’interessato al momento della presentazione della domanda;

 

4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;

 

5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;

 

6) l’aver eventualmente svolto la pratica forense o frequentato una delle scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

 

l) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonché costituisca titolo preferenziale per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie;

 

m) prevedere le caratteristiche di atipicità dei contratti di cui alla lettera g), anche in relazione alla loro durata massima, alla loro non rinnovabilità oltre la prima volta, all’orario di lavoro, alla trasferibilità da un ufficio all’altro con attribuzione della relativa facoltà ai soggetti di cui alla medesima lettera g), al vincolo di segretezza in relazione agli atti conosciuti e alle notizie apprese nel corso dello svolgimento dell’attività, alle condizioni di risoluzione o di recesso dai contratti stessi;

 

n) prevedere, anche mediante attribuzione al Ministro dell’obbligo di provvedervi con proprio decreto, che i criteri di valutazione dei titoli preferenziali, a parità dei quali vigerà il principio della priorità della domanda, siano definiti preventivamente in via generale;

 

o) prevedere che i contratti di cui alla lettera g) contemplino la previsione di una retribuzione annua articolata su tredici mensilità ciascuna di importo pari a euro 1.032, al netto delle imposte e degli oneri previdenziali, e che la stessa non sia soggetta a scatti in relazione all’anzianità per l’intera durata dei contratti stessi, ma solo a rivalutazione su base annua in misura pari alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati; prevedere che gli stessi contratti contemplino altresì la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.

 

2. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante l’istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell’anno.

 

3. La somma derivante dal gettito dell’imposta di cui al comma 2, versata all’entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.

 

4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 entrano in vigore contestualmente al decreto legislativo di cui al comma 2-bis dell’articolo 1 e cessano di avere efficacia allo scadere del periodo sperimentale ivi previsto.

 

Art. 9.

 

(Disciplina transitoria)

 

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 4, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 2 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998/1999;

 

b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera f) e dai numeri 8.2), 10.2) e 13) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui all’articolo 3;

 

c) prevedere che i magistrati, in servizio alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, possano richiedere entro un anno dalla predetta data, nei limiti dei posti vacanti, il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura;

 

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c) possano partecipare al concorso di cui ai numeri 2) e 4) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2, anche in assenza del requisito di esercizio per almeno cinque anni delle diverse funzioni;

 

e) prevedere che le norme di cui ai numeri 8.2) e 10.2) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dal decreto di nomina ad uditore giudiziario;

 

f) prevedere che le norme di cui al numero 13) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dal decreto di nomina ad uditore giudiziario;

 

g) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere e) e f) continuino ad applicarsi le norme in vigore anteriormente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 2 per il conferimento delle funzioni di appello e di quelle di legittimità, nonché per il conferimento degli uffici semi direttivi e direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera g), numeri 7), 8), 9), 10), 11) e 12). Le assegnazioni sono disposte nell’ambito delle quote previste dall’articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 7), 9) e 14). È fatta salva la facoltà per i magistrati di partecipare ai concorsi;

 

h) prevedere che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, esercitano funzioni direttive mantengano le loro funzioni sino al compimento del termine di cui all’articolo 2, comma 1, lettera l), numero 3) e, nel caso abbiano raggiunto il detto termine, per l’ulteriore periodo di due anni decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

 

i) prevedere che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, esercitano funzioni semi direttive requirenti mantengano le loro funzioni per due anni dalla predetta data, decorsi i quali, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

 

l) prevedere che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera p), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi per un ulteriore biennio; prevedere che coloro i quali, alla medesima data, non abbiano compiuto il periodo di dieci anni lo completino e possano permanere nell’incarico per un ulteriore biennio;

 

m) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 6 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:

 

1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;

 

2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;

 

n) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 6 per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera m).

Capo II

Capo II

MODIFICHE ALLE NORME PER IL CONFERIMENTO E L’ESERCIZIO DELLE FUNZIONI DI LEGITTIMITÀ

MODIFICA DELLA DISCIPLINA
PER L’ACCESSO ALLE FUNZIONI PRESSO ORGANI DI GIURISDIZIONE SUPERIORE AMMINISTRATIVA

Art. 9.

Soppresso

(Conferimento delle funzioni di legittimità)

 

1. Il conferimento delle funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale è disposto, nei limiti dei posti disponibili e pubblicati, dal Consiglio superiore della magistratura previo parere della Commissione speciale di cui all’articolo 10. È fatta salva la riserva di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), a decorrere dall’anno successivo dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della relativa delega.

 

2. Il Consiglio superiore della magistratura procede alla pubblicazione dei posti vacanti presso la Corte di cassazione, distinguendo quelli delle sezioni civili da quelli delle sezioni penali.

 

Art. 10.

Soppresso

(Commissione speciale per le funzioni
di legittimità)

 

1. Presso il Consiglio superiore della magistratura è istituita la Commissione speciale per le funzioni di legittimità, di seguito denominata «Commissione».

 

2. La Commissione è composta da due magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione, uno che esercita tali funzioni presso la Procura generale della Corte di cassazione, nonché due professori universitari di ruolo di prima fascia.

 

3. I componenti della Commissione sono nominati dal Consiglio superiore della magistratura che li sceglie tra più concorrenti proposti dal Ministro della giustizia.

 

4. Nell’ambito della Commissione è eletto il Presidente. Le funzioni di Segretario sono assunte dal più giovane in età.

 

5. I componenti della Commissione durano in carica quattro anni e non possono essere immediatamente confermati nell’incarico.

 

6. Ai componenti della Commissione compete un gettone di presenza per la partecipazione alle sedute a carico del bilancio del Consiglio superiore della magistratura, che provvede, con propria determinazione, a quantificarne l’ammontare nel limite massimo della misura del gettone spettante ai componenti per le sedute plenarie.

 

Art. 11.

Soppresso

(Valutazione da parte della Commissione)

 

1. La Commissione procede all’esame delle specifiche attitudini degli aspiranti all’esercizio delle funzioni di legittimità, a tale fine valutando l’attività svolta negli ultimi cinque anni, la qualità del lavoro svolto, il rispetto dei doveri inerenti all’ufficio ed alle funzioni, esaminando i provvedimenti redatti, i dati statistici ed ogni altro fatto o elemento concernente l’attività professionale e scientifica.

 

2. In esito alle verifiche operate ai sensi del comma 1, la Commissione esprime un parere in merito all’attitudine all’esercizio di funzioni di legittimità, che è comunicato all’interessato, trasmesso al Consiglio superiore della magistratura e inserito nel fascicolo personale.

 

Art. 12.

Soppresso

(Modifiche all’organico della
Corte di cassazione)

cfr. in diversa formulazione l’articolo 6.

1. L’organico dei magistrati della Corte di cassazione è modificato secondo quanto previsto dal presente articolo.

 

2. Quindici posti di magistrato di appello destinato alla Corte di cassazione, nonché tutti i posti di magistrato di appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione, sono soppressi; in loro vece, sono istituiti altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici.

 

3. Quindici posti di magistrato di appello destinato alla Corte di cassazione sono soppressi e, in loro vece, sono istituiti altrettanti posti di magistrato di tribunale destinato alla Corte di cassazione. La tabella B annessa al decreto-legge 20 novembre 1991, n. 367, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8, da ultimo sostituita dall’articolo 1, comma 2, della legge 13 febbraio 2001, n. 48, è sostituita dalla tabella allegata alla presente legge.

 

4. L’articolo 115 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

«Art. 115. - (Magistrati di tribunale destinati alla Corte di cassazione) – 1. Della pianta organica della Corte di cassazione fanno parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale, destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo».

 

5. L’articolo 116 del citato regio decreto n. 12 del 1941, è abrogato.

 

6. All’articolo 117, comma 1, del regio decreto n. 12 del 1941, sono soppresse le parole: «di appello e».

 

7. Ai posti soppressi presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale sono trattenuti i magistrati in servizio. Il Consiglio superiore della magistratura dispone il conferimento ad essi delle funzioni di legittimità mediante inquadramento nei posti di cui al comma 2, previo accertamento del possesso della necessaria idoneità precedentemente conseguita e purché siano state svolte, nei sei mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, le funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza, nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio presso la Corte.

 

8. Ai posti soppressi di cui al comma 3 sono trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi del comma 7.

 

 

Art. 10.

 

(Modifica della disciplina per l’accesso alle funzioni presso organi
di giurisdizione superiore amministrativa)

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a modificare i numeri 1) e 3) del primo comma dell’articolo 19 della legge 27 aprile 1982, n. 186, stabilendo che i posti che si rendono vacanti nella qualifica di consigliere di Stato siano conferiti:

 

a) in ragione di un quarto, ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale che ne facciano domanda e che abbiano almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica. La nomina ha luogo previo giudizio favorevole espresso dal consiglio di presidenza a maggioranza dei suoi componenti, fermo restando il disposto di cui all’articolo 12, primo comma, della citata legge n. 186 del 1982, previo parere di una commissione presieduta dal presidente dello stesso consiglio di presidenza e formata dai componenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 7 della medesima legge, nonché dai due presidenti di sezione del Consiglio di Stato e dai due presidenti di tribunale amministrativo regionale più anziani nelle rispettive qualifiche; il parere è reso in base alla valutazione dell’attività giurisdizionale svolta e dei titoli, anche di carattere scientifico, presentati, nonché dell’anzianità di servizio. I magistrati dichiarati idonei sono nominati consiglieri di Stato, conservando, agli effetti del quarto comma dell’articolo 21 della legge n. 186 del 1982, l’anzianità maturata nella qualifica di consigliere di tribunale amministrativo regionale;

 

b) in ragione della metà, mediante concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici, al quale possono partecipare i magistrati dei tribunali amministrativi regionali con almeno un anno di anzianità, i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità, i magistrati della Corte dei conti, nonché gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità, i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, appartenenti a carriere per l’accesso alle quali sia richiesta la laurea in giurisprudenza. Il concorso è indetto dal presidente del Consiglio di Stato nei primi quindici giorni del mese di gennaio. I vincitori conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso stesso. La metà dei posti disponibili annualmente messi a concorso è riservata ai magistrati dei tribunali amministrativi regionali con la qualifica di consigliere; in tale quota riservata non possono essere nominati altri candidati, salva l’applicazione dell’articolo 20 della citata legge n. 186 del 1982 per i posti eventualmente rimasti vacanti.

 

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’accesso alle funzioni giudiziarie superiori presso la Corte dei conti, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che i magistrati della Corte dei conti si distinguano, secondo le funzioni, in: presidente, procuratore generale, presidente di sezione e procuratori regionali, consiglieri delle sezioni centrali e vice procuratori generali, consiglieri delle sezioni regionali e vice procuratori regionali, primi referendari, referendari;

 

b) prevedere che le promozioni a consigliere delle sezioni centrali di controllo ovvero delle sezioni regionali o a vice procuratore regionale siano conferite, a scelta, ai primi referendari che abbiano prestato, con la qualifica di primo referendario, almeno sei anni di effettivo servizio, ivi compresi quelli prestati con la qualifica di referendario antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge;

 

c) prevedere che nell’ambito della Corte dei conti le funzioni superiori giudiziarie e di controllo siano esercitate dai magistrati in servizio presso le sezioni riunite, le sezioni giurisdizionali centrali di appello, la procura generale, la sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, la procura generale presso la sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana;

 

d) prevedere che la disposizione dell’articolo 11, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, continui ad applicarsi ai magistrati della Corte dei conti in servizio alla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo emanato nell’esercizio della delega di cui al presente comma;

 

e) prevedere che al concorso pubblico, per titoli ed esami teorico-pratici, per il conferimento delle qualifiche di consigliere delle sezioni giurisdizionali centrali e di vice procuratore generale, possano partecipare:

 

1) i magistrati delle sezioni e delle procure regionali della Corte dei conti con almeno un anno di anzianità, nonché i magistrati delle sezioni centrali di controllo;

 

2) i magistrati dei tribunali amministrativi regionali e gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità;

 

3) i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità;

 

4) i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, appartenenti a carriere per l’accesso alle quali sia richiesta la laurea in giurisprudenza;

 

f) prevedere che le promozioni alle qualifiche di cui alla lettera a) siano disposte con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri, previo parere di promovibilità del consiglio di presidenza della Corte dei conti;

 

g) prevedere che con regolamento approvato dal Consiglio dei ministri, sentito il consiglio di presidenza della Corte dei conti, siano stabilite le norme di attuazione e le modalità di svolgimento del concorso di cui alla lettera e);

 

h) apportare alla tabella B allegata alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345, le modifiche derivanti dalle disposizioni di cui al presente comma;

 

i) prevedere che i magistrati della Corte dei conti, in servizio alla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo emanato nell’esercizio della delega di cui al presente comma, mantengano l’idoneità all’esercizio delle funzioni superiori;

 

l) prevedere che i magistrati della Corte dei conti in servizio alla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo emanato nell’esercizio della delega di cui al presente comma, disponibili allo svolgimento delle funzioni giudiziarie superiori, possano farne istanza al consiglio di presidenza che formerà un apposito elenco; prevedere che i relativi posti di funzione che si rendano disponibili vengano assegnati a seguito di concorso per titoli ed anzianità tra gli iscritti all’elenco; prevedere che, esaurito il predetto elenco, i posti di funzione che si rendano disponibili vengano conferiti per il 50 per cento ai consiglieri delle sezioni centrali di controllo, delle sezioni regionali ed ai vice procuratori regionali che ne facciano richiesta e, per il restante 50 per cento, ai vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici di cui alla lettera e);

 

m) prevedere che dall’attuazione della delega di cui al presente comma non possano derivare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere sarà compensato mediante la riduzione, nella dotazione organica del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero di posti che si renda necessario, determinato con decreto del presidente della Corte dei conti sentito il consiglio di presidenza.

 

3. Ai fini dell’esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 1.

 

CAPO III

 

DISPOSIZIONI IN MATERIA
DI INDENNITÀ DI TRASFERTA, FINANZIARIE E PER L’EMANAZIONE DI UN TESTO UNICO

Art. 13.

Art. 11.

(Indennità di trasferta)

(Indennità di trasferta)

1. Ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale, a quelli in servizio presso le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e presso le sezioni giurisdizionali centrali della Corte dei conti e la relativa procura generale compete, per ciò solo, l’indennità di trasferta per venti giorni al mese, escluso il periodo feriale.

1. Ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale, a quelli in servizio presso le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e presso le sezioni giurisdizionali centrali della Corte dei conti e la relativa procura generale compete l’indennità di trasferta per venti giorni al mese, escluso il periodo feriale, ove residenti fuori dal distretto della Corte di appello di Roma.

Capo III

 

DISPOSIZIONI FINANZIARIE

 

Art. 14.

Art. 12.

(Copertura finanziaria)

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, valutati complessivamente in euro 12.716.278,00 per l’anno 2002 e in euro 8.556.462,00 a decorrere dall’anno 2003, si provvede:

a) quanto a euro 8.263.310,00 per l’anno 2002 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

b) quanto a euro 4.024.126,00 per l’anno 2002 e a euro 7.770.252,00 a decorrere dall’anno 2003 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

c) quanto a euro 428.842,00 per l’anno 2002 e a euro 786.210,00 a decorrere dall’anno 2003, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004 nell’ambito dell’unità previsionale di base 3.1.5.2 – Presidenza del Consiglio dei ministri – dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, intendendosi conseguentemente ridotta l’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come determinata nella tabella C della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

1. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui all’articolo 3, è autorizzata la spesa massima di 2.519.276 euro per l’anno 2003 e di 5.038.552 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 60.219 euro per l’anno 2003 e 120.438 euro a decorrere dall’anno 2004 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato di cui all’articolo 3, comma 1, lettera l).

2. Per le finalità di cui all’articolo 4 è autorizzata la spesa massima di 244.850 euro per l’anno 2003 e di 489.700 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 8.522 euro per l’anno 2003 e 17.044 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi alla lettera a) del comma 1 del predetto articolo 4, 236.328 euro per l’anno 2003 e 472.656 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi alle lettere f) e g) del medesimo comma.

3. Per le finalità di cui all’articolo 11 la spesa prevista è determinata in 2.096.840 euro per l’anno 2003 e 3.844.206 euro a decorrere dall’anno 2004. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978.

4. Agli oneri indicati nel presente articolo, pari a 4.860.966 euro per l’anno 2003 e a 9.372.458 euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

5. Identico.

 

Art. 13.

 

(Testo unico)

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

 

2. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del comma 5 dell’articolo 1.

 

 

 

 

 


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1050

D’iniziativa dei senatori Marini ed altri

 

 

Art. 1.

1. È istituita la Scuola nazionale della magistratura, quale Scuola superiore per la formazione dei magistrati, di seguito denominata «Scuola».

2. La Scuola è dotata di personalità giuridica e gode di autonomia amministrativa, finanziaria e contabile. Essa è soggetta alle regole di bilancio e di rendiconto previste dalla legislazione vigente.

3. La dotazione economica annuale della Scuola è iscritta in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia.

4. L’attività di formazione professionale della Scuola è esercitata nel quadro ed in conformità degli indirizzi definiti annualmente dal Consiglio superiore della magistratura.

Art. 2.

1. Sono compiti primari della Scuola:

a) organizzare e gestire il tirocinio degli aspiranti uditori giudiziari;

b) curare l’aggiornamento e la formazione professionale dei magistrati durante l’esercizio delle funzioni giudiziarie;

c) contribuire alla formazione di magistrati stranieri o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;

d) organizzare incontri di studio e ricerche, o comunque promuovere iniziative culturali su argomenti giuridici e sull’organizzazione di sistemi e di uffici giudiziari.

Art. 3.

1. Costituiscono entrate della Scuola:

a) la dotazione annuale di cui all’articolo 1, comma 3, ed eventuali dotazioni supplementari alla stessa assegnate a carico del bilancio dello Stato;

b) eventuali somme ad essa destinate dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministero della giustizia per l’espletamento di compiti di interesse dell’istituzione richiedente;

c) donazioni o legati fatti a suo favore;

d) gli utili derivanti da pubblicazioni curate dalla Scuola o dalla prestazione di servizi;

e) ogni altra risorsa ad essa attribuita dalla legge o da atto avente forza di legge.

Art. 4.

1. Costituiscono uscite della Scuola:

a) le spese necessarie al suo funzionamento;

b) le remunerazioni, le borse di studio od i sussidi dovuti a docenti, ausiliari, partecipanti alle sessioni ed uditori giudiziari;

c) il rimborso di spese di viaggio e di trasferta inerenti le attività di formazione, incluse quelle del proprio personale per missioni strettamente attinenti i compiti di istituto;

d) le spese di pubblicazione di atti e di gestione dei servizi sussidiari.

Art. 5.

1. La Scuola è articolata in due sezioni.

2. La prima sezione della Scuola si occupa dei compiti elencati alle lettere b), c) e d) del comma 1 dell’articolo 2, nonchè della formazione complementare degli uditori giudiziari ai sensi dell’articolo 18, comma 8.

3. La seconda sezione della Scuola si occupa del tirocinio ai sensi della lettera a) del comma 1 dell’articolo 2.

Art. 6.

1. Sono organi della Scuola:

a) il consiglio scientifico;

b) il consiglio di amministrazione;

c) il direttore;

d) il direttore del tirocinio;

e) i comitati di gestione di ciascuna sezione di cui all’articolo 5;

f) il servizio di segreteria di ciascuna sezione.

Art. 7.

1. Il consiglio scientifico svolge le seguenti funzioni:

a) predispone il piano annuale delle attività teorico-pratiche e le relative modalità di esecuzione, nel quadro degli indirizzi enunciati annualmente dal Consiglio superiore della magistratura e nel rispetto dei vincoli di bilancio;

b) redige il regolamento interno e approva le eventuali modifiche;

c) nomina i componenti dei comitati di gestione delle due sezioni della Scuola;

d) approva la relazione annuale sulle attività della Scuola e la trasmette al Consiglio superiore della magistratura con le sue eventuali osservazioni;

e) delibera su ogni questione attinente il funzionamento della Scuola, che non sia di competenza di altri organismi o che sia ad essa sottoposta dal direttore o dal Consiglio superiore della magistratura.

Art. 8.

1. Il consiglio scientifico opera presso la sezione di formazione permanente di cui all’articolo 5, comma 2, ed è costituito da:

a) il direttore della Scuola, che lo presiede;

b) il vicedirettore;

c) tre componenti del Consiglio superiore della magistratura, di cui due togati;

d) tre magistrati ordinari, di cui uno dell’ufficio del pubblico ministero, ed almeno uno avente qualifica non inferiore a quella di magistrato di Cassazione;

e) due professori ordinari di università in materie civilistiche;

f) due avvocati patrocinanti in Cassazione, con almeno dieci anni di esercizio;

g) un rappresentante del Ministero della giustizia.

2. I componenti di cui al comma 1, lettere c) e d), sono designati dal Consiglio superiore della magistratura, fra i magistrati in servizio od in quiescenza da non più di due anni.

3. I professori di cui al comma 1, lettera e), sono designati da un apposito collegio formato da tutti i presidi delle facoltà di giurisprudenza.

4. Gli avvocati di cui al comma 1, lettera f), sono designati dal Consiglio nazionale forense.

5. L’incarico di componente del consiglio scientifico dura quattro anni e non può essere rinnovato.

6. I componenti del Consiglio superiore della magistratura, di cui al comma 1, lettera c), cessano dall’incarico con la scadenza del Consiglio dal quale sono stati nominati.

7. Il consiglio scientifico si riunisce almeno una volta ogni tre mesi, ed ogni volta che il direttore della Scuola lo convochi ovvero ne facciano richiesta almeno cinque componenti.

8. Il consiglio scientifico delibera validamente con la presenza di almeno nove componenti. Le risoluzioni sono adottate a maggioranza dei presenti e, in caso di parità di voti, prevale quello espresso dal direttore della Scuola.

Art. 9.

1. Il consiglio di amministrazione:

a) redige il bilancio annuale di previsione;

b) presenta il rendiconto annuale;

c) organizza la contabilità e controlla la sua tenuta;

d) esercita le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge o dai regolamenti.

Art. 10.

1. Il consiglio di amministrazione opera presso la sezione di formazione permanente di cui all’articolo 5, comma 2, ed è costituito da:

a) il direttore della Scuola, che lo presiede;

b) il segretario;

c) un rappresentante del Ministero della giustizia;

d) un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze.

2. Il consiglio di amministrazione si riunisce ordinariamente una volta ogni tre mesi, ed in via straordinaria quando è convocato dal direttore della Scuola ovvero ne fanno richiesta almeno due componenti.

3. Il consiglio di amministrazione delibera validamente con la presenza di almeno tre componenti. Le delibere sono adottate a maggioranza dei presenti e, in caso di parità di voti, prevale quello espresso dal direttore della Scuola.

Art. 11.

1. Il direttore della Scuola:

a) rappresenta la Scuola all’esterno a tutti gli effetti;

b) dirige e coordina le attività della Scuola, indirizzandole ai fini ad essa assegnati, e compie tutto quanto è necessario per il loro perseguimento;

c) sovrintende alla sezione di formazione permanente, di cui all’articolo 5, comma 2, e ne dirige il relativo comitato di gestione;

d) provvede all’esecuzione delle delibere del consiglio scientifico e del consiglio di amministrazione;

e) adotta le delibere d’urgenza, con riserva di ratifica se esse rientrano nella competenza di un altro organo;

f) redige la relazione annuale sull’attività della Scuola, con l’ausilio, ove lo ritenga, dei comitati di gestione;

g) esercita le competenze a lui eventualmente delegate dal consiglio scientifico o di amministrazione;

h) si avvale del personale addetto alla scuola;

i) esercita ogni altra funzione conferitagli dalle leggi o dai regolamenti.

Art. 12.

1. Il direttore della Scuola è nominato dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro della giustizia, fra i magistrati ordinari aventi qualifica non inferiore a magistrato di Cassazione.

2. Il direttore è collocato fuori del ruolo organico della magistratura e dura in carica quattro anni.

3. L’incarico di direttore può essere rinnovato per una sola volta e può essere revocato dal Consiglio superiore della magistratura, con provvedimento motivato, nel caso di grave inosservanza degli indirizzi definiti dallo stesso Consiglio ai sensi dell’articolo 1, comma 4.

Art. 13.

1. Il direttore del tirocinio opera presso la sezione addetta al tirocinio, di cui all’articolo 5, comma 3, ed ha funzione di vice direttore della Scuola.

2. Il direttore del tirocinio opera nella sezione di sua competenza con lo stesso grado di autonomia del direttore della Scuola.

3. Il direttore del tirocinio, nella qualità di vice direttore della Scuola, esercita le seguenti funzioni:

a) sostituisce il direttore nel caso di sua assenza od impedimento;

b) dirige la sezione preposta al tirocinio e compie quanto occorra al perseguimento dei fini ad essa assegnati;

c) partecipa alle attività del consiglio scientifico;

d) svolge i compiti corrispondenti a quelli assegnati al direttore della Scuola, in quanto applicabili alla sezione di sua competenza.

4. Al direttore del tirocinio si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12.

Art. 14.

1. Presso ciascuna delle due sezioni di cui all’articolo 5 è costituito un comitato di gestione.

2. I comitati di gestione, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, provvedono a:

a) dare attuazione alle direttive didattico-scientifiche enunciate dal Consiglio superiore della magistratura e dal consiglio scientifico;

b) programmare, per quanto di rispettiva competenza, le sessioni di formazione e le attività di tirocinio, sia presso la Scuola sia presso gli uffici giudiziari e le altre sedi;

c) definire il contenuto analitico di ciascuna sessione o fase di tirocinio ed individuare i relativi docenti;

d) organizzare momenti di coordinamento fra i docenti e reperire ogni materiale utile al miglior funzionamento delle attività di formazione;

e) fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, informare i magistrati, ammettere i richiedenti;

f) offrire ogni sussidio didattico che si riveli utile e sperimentare formule didattiche, di intesa con il consiglio scientifico;

g) seguire costantemente lo svolgimento delle sessioni e presentare relazioni consuntive sull’esito di ciascuna di esse; seguire direttamente il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola, e, con le adeguate modalità, nelle fasi svolte all’esterno della stessa;

h) adempiere ogni altro compito ad essi affidato dal Consiglio superiore della magistratura o dal consiglio scientifico.

Art. 15.

1. Il comitato di gestione è composto da:

a) il direttore della rispettiva sezione, che lo presiede;

b) cinque magistrati nominati dal Consiglio superiore della magistratura e collocati fuori ruolo.

2. In seguito alla prima nomina effettuata dopo la data di entrata in vigore della presente legge, i magistrati di cui al comma 1, lettera b), cessano dall’incarico uno dopo tre anni, due dopo quattro anni e due dopo cinque anni. L’individuazione del momento di cessazione di ciascuno dei magistrati, in caso di mancato accordo, è effettuata per sorteggio.

3. Dopo la prima nomina effettuata ai sensi del comma 2 l’incarico dura quattro anni. In nessun caso esso può essere rinnovato.

Art. 16.

1. Presso ogni sezione della Scuola, di cui all’articolo 5, è costituito un servizio di segreteria.

2. Il servizio di segreteria provvede:

a) al disbrigo degli affari, di rispettiva competenza, relativi al consiglio scientifico, al consiglio di amministrazione, al direttore ed al comitato di gestione;

b) a dare esecuzione ad ogni delibera concernente l’attività della rispettiva sezione;

c) a gestire l’archivio, le installazioni, la biblioteca e le altre dotazioni della sezione;

d) ad effettuare le ricerche ad esso demandate dal direttore di sezione;

e) ad assolvere ad ogni altro compito ad esso demandato dalla legge o dai regolamenti.

Art. 17.

1. Il servizio di segreteria è composto da:

a) un segretario, con qualifica non inferiore a quella di dirigente di cancelleria, con funzione di coordinamento dell’intero servizio, e con responsabilità della sezione di formazione permanente;

b) un vicesegretario, con qualifica non inferiore a quella di direttore di cancelleria, responsabile della sezione addetta al tirocinio;

c) un assistente giudiziario per ciascuna sezione;

d) due coadiutori di cancelleria per ciascuna sezione;

e) quattro operatori amministrativi per ciascuna sezione;

f) quattro commessi giudiziari per ciascuna sezione.

2. Al reperimento del personale di cui al comma 1 si provvede con decreto del Ministro della giustizia, nelle forme e nei modi disciplinati dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 19.

Art. 18.

1. Il tirocinio degli aspiranti uditori giudiziari effettuato ai sensi della presente legge ha una durata di due anni.

2. Il tirocinio di cui al comma 1 inizia il 16 settembre di ogni anno e si articola in quattro sessioni semestrali, svolte alternativamente presso la Scuola e presso gli uffici giudiziari od altre sedi individuate nel programma di tirocinio.

3. Il tirocinio si conclude con un esame sostenuto davanti al consiglio scientifico.

4. Le modalità di svolgimento dell’esame sono stabilite nel regolamento di attuazione, di cui all’articolo 19.

5. Entro il termine di due mesi dalla data dell’esame, il candidato deve comunicare alla commissione d’esame la propria opzione per il ruolo della magistratura giudicante ovvero per il ruolo della magistratura inquirente.

6. L’opzione di cui al comma 5, se confermata al momento in cui si sostiene l’esame, risulta vincolante per lo svolgimento della carriera di magistrato.

7. L’attestato di abilitazione è rilasciato dal consiglio scientifico, tenendo conto del tirocinio e dell’esito dell’esame, e reca l’indicazione dell’opzione vincolante di cui al comma 6.

8. Nei primi cinque anni successivi all’assunzione delle funzioni giudiziarie i magistrati devono partecipare ad almeno una sessione all’anno di formazione professionale, per essi predisposta dalla sezione di formazione permanente della Scuola, di cui all’articolo 5, comma 2.

9. Ulteriori disposizioni sul tirocinio di cui al presente articolo sono dettate dal Consiglio superiore della magistratura.

10. L’articolo 129 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 19.

1. Il Ministro della giustizia adotta, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il parere del Consiglio superiore della magistratura, il relativo regolamento di attuazione che prevede, in particolare, le norme regolamentari attinenti lo stato giuridico del personale della scuola, le procedure amministrative, la contabilità ed il bilancio.

Art. 20.

1. L’articolo 123 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art. 123. - (Concorso per uditore giudiziario). – 1. La nomina ad uditore giudiziario si consegue mediante concorso per esame al quale sono ammessi, in numero triplo rispetto ai posti da coprire, i candidati che conseguano il maggiore punteggio sulla base del voto del diploma di laurea e del voto conseguito nell’esame di abilitazione sostenuto presso la Scuola nazionale della magistratura.

2. Al fine di procedere alla selezione per l’ammissione alle prove scritte il punteggio si calcola in proporzione al voto conseguito nel diploma di laurea e al voto conseguito nell’esame di abilitazione.

3. L’eventuale lode del diploma di laurea è valutata due punti. È, comunque, ammesso a sostenere le prove scritte un numero maggiore di candidati rispetto al triplo dei posti messi a concorso se si verificano situazioni di parità di punteggio con l’ultimo dei candidati utilmente collocato in graduatoria.

4. La valutazione è effettuata dal Ministero della giustizia. L’esame per gli ammessi consiste in tre prove scritte di contenuto teorico-pratico sulle seguenti materie:

a) diritto civile, diritto romano e procedura civile;

b) diritto penale e procedura penale;

c) diritto amministrativo.

5. La prova orale verte sulle materie previste per le prove scritte nonchè sul diritto costituzionale, diritto internazionale, diritto ecclesiastico, diritto del lavoro, legislazione sociale e normativa comunitaria.

6. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di 12/20 dei punti in ciascuna prova scritta. Conseguono l’idoneità i candidati ammessi alla prova orale e che la superino con un punteggio non inferiore a 6/10; i candidati sono classificati e dichiarati vincitori sulla base del punteggio ottenuto».

Art. 21.

1. L’articolo 124 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art. 124. - (Requisiti per l’ammissione al concorso). – 1. Al concorso per uditore giudiziario sono ammessi i laureati in giurisprudenza che abbiano conseguito l’abilitazione rilasciata dalla Scuola nazionale della magistratura e che siano in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 8 e dalle altre leggi vigenti.

2. Non sono ammessi al concorso coloro che, per le informazioni raccolte, non risultano, a giudizio insindacabile del Consiglio superiore della magistratura, di moralità incensurabile».

Art. 22.

1. Gli uditori giudiziari, dichiarati vincitori di concorso, devono compiere un periodo di tirocinio della durata di almeno due anni presso i tribunali; in tale periodo, essi non possono essere destinati a svolgere funzioni giurisdizionali autonome.


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1226

D’iniziativa dei senatori Fassone ed altri

 

 

Art. 1.

1. Il comma 2 dell’articolo 190 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, di seguito denominato «ordinamento giudiziario», e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:

«2. Il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti alle requirenti e viceversa può essere disposto, a domanda dell’interessato, solo quando il Consiglio superiore della magistratura abbia accertato la sussistenza di specifiche attitudini alla nuova funzione. Il giudizio è formulato su parere del Consiglio giudiziario, il quale può acquisire le valutazioni del presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati.

2-bis. L’immissione nelle nuove funzioni, anche se conseguente a promozione, deve essere preceduta da appositi periodi di formazione, nei modi e nei termini stabiliti dal Consiglio superiore della magistratura. La partecipazione a tali periodi di formazione non è richiesta se l’interessato ha svolto, negli ultimi otto anni, funzioni corrispondenti a quelle richieste».

 

Art. 2.

1. Dopo l’articolo 190 dell’ordinamento giudiziario, è inserito il seguente:

«Art. 190-bis. - (Passaggio a funzioni diverse da quelle esercitate) – 1. Gli accertamenti e la partecipazione a periodi di formazione, previsti dal comma 2-bis dell’articolo 190, sono disposti altresì quando il magistrato chiede di essere destinato, anche nell’ambito della stessa sede, a funzioni specializzate, quali la magistratura minorile, di sorveglianza, del lavoro, ed eventuali altre, definite tali dal Consiglio superiore della magistratura.»

Art. 3.

1. Dopo il sesto comma dell’articolo 192 dell’ordinamento giudiziario sono inseriti i seguenti:

«Il magistrato che chiede di essere assegnato da funzioni requirenti a funzioni giudicanti, o viceversa, non può essere destinato, rispettivamente, a funzioni giudicanti o requirenti di primo grado nell’ambito dello stesso circondario, nè a quelle di componente della corte d’appello o della procura generale del distretto. Egli non può tornare a svolgere le nuove funzioni nell’ambito del circondario di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.

Ogni domanda di trasferimento che comporti il passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, o da queste a quelle, può essere presentata solamente previo decorso di almeno cinque anni nelle funzioni in precedenza esercitate».

Art. 4.

1. Dopo l’articolo 194 dell’ordinamento giudiziario è inserito il seguente:

«Art. 194-bis. - (Incentivi alla mobilità) – 1. Il Consiglio superiore della magistratura definisce ed applica criteri atti ad incentivare la pluralità delle esperienze professionali ed a valorizzarla in occasione di trasferimenti e di promozioni».

Art. 5.

1. All’articolo 121 dell’ordinamento giudiziario, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Nel corso del tirocinio, e anteriormente alla scelta della sede di esercizio delle prime funzioni, il Consiglio superiore della magistratura, sentito il Consiglio giudiziario, dichiara l’idoneità dell’uditore all’esercizio della funzione giudicante o requirente o di entrambe. L’eventuale giudizio di inidoneità ad una funzione rende inammissibile la domanda all’esercizio della medesima».


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1258

D’iniziativa del senatore Cossiga

 

Art. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di ruoli, funzioni e carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, nel rispetto dei seguenti principi e interi direttivi:

a) prevedere che l’accesso alle professioni di giudice e pubblico ministero avvenga mediante concorsi separati, da esplicarsi in modo da garantire una selezione attitudinale e professionale in relazione alle specifiche esigenze delle funzioni da svolgere;

b) prevedere che il 90 per cento delle vacanze annuali nel ruolo dei giudici sia coperto con concorsi basati su prove scritte ed orali riservate ai laureati in giurisprudenza in possesso del diploma di specializzazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398;

c) prevedere che il 90 per cento delle vacanze annuali nel ruolo dei pubblici ministeri sia coperto con concorsi basati su prove scritte ed orali riservate ai laureati in giurisprudenza in possesso del diploma di specializazione di cui alla lettera b);

d) prevedere che il 10 per cento delle vacanze annuali nel ruolo dei giudici sia coperto con concorsi riservati ad avvocati con almeno cinque anni di effettiva pratica forense. Tali concorsi dovranno basarsi su prove scritte ed orali di carattere prevalentemente pratico. I posti che eventualmente non dovessero coprirsi con questi concorsi verranno coperti con gli idonei in eccedenza dei concorsi di cui alla lettera b);

e) prevedere che il 10 per cento delle vacanze annuali nel ruolo dei pubblici ministeri sia coperto con concorsi riservati ad avvocati con almeno cinque anni di effettiva pratica forense ed ai componenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di finanza con almeno cinque anni di esperienza nelle funzioni di polizia giudiziaria. I posti che eventualmente non dovessero coprirsi con questi concorsi verranno coperti con gli idonei in eccedenza dei concorsi di cui alla lettera c);

f) prevedere che gli uditori reclutati con i concorsi di cui alle lettere b) e c) svolgano un periodo di formazione professionale, prevalentemente pratica, organizzato dalla Scuola superiore delle professioni legali, della durata minima di due anni;

g) prevedere che le varie esperienze formative seguite nel corso del periodo di formazione vengano valutate anche con riferimento alle attitudini a svolgere le funzioni peculiari per le quali i candidati sono stati reclutati;

h) prevedere che al termine del periodo di formazione iniziale gli uditori vengano scelti sia sulla base di esami scritti ed orali di tipo pratico sia tenendo conto delle valutazioni ottenute nel corso delle varie fasi del periodo di formazione;

i) prevedere che gli uditori reclutati con i concorsi di cui alle lettere d) ed e) svolgano un periodo di formazione non inferiore ai sei mesi e che al termine vengano valutati con modalità simili a quelle indicate alla lettera h);

l) prevedere che nel caso i pubblici ministeri dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare al ruolo di giudici possano farlo con il concorso previsto alla lettera d);

m) prevedere che nel caso i giudici dopo cinque anni di effettivo servizio vogliano passare al ruolo di pubblici ministeri possano farlo partecipando al concorso di cui alla lettera e).


DISEGNO DI LEGGE

N. 1259

D’iniziativa del senatore Cossiga

 

Art. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, aventi ad oggetto l’istituzione della Scuola superiore delle professioni legali, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere la costituzione di una Scuola superiore delle professioni legali, di seguito denominata «Scuola», per gli avvocati, i giudici, i notai, i pubblici ministeri, con sede a Roma;

b) prevedere che la Scuola abbia un direttore nominato dal Ministro della giustizia di concerto col Consiglio superiore della magistratura;

c) prevedere che la Scuola abbia un consiglio scientifico composto da sedici membri, di cui quattro magistrati nominati dal Consiglio superiore della magistratura, tre professori od esperti di processi formativi nominati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, tre funzionari amministrativi o tecnici dell’amministrazione giudiziaria nominati dal Ministro della giustizia, tre avvocati nominati dall’Ordine degli avvocati e tre notai nominati dal Consiglio dell’Ordine dei notai;

d) prevedere che il consiglio scientifico della Scuola abbia la responsabilità di programmare l’attività formativa della Scuola e di verificarne l’efficacia;

e) prevedere che il consiglio scientifico della Scuola predisponga annualmente per il Ministro della giustizia un rendiconto delle attività svolte;

f) prevedere strutture interne della Scuola che siano in grado di progettare ed attuare gli interventi formativi di livello nazionale e locale, di predisporre il materiale didattico necessario per le singole iniziative, di sviluppare e gestire programmi di autoformazione e di formazione interattiva a distanza basati sull’uso delle moderne tecnologie telematiche;

g) prevedere che annualmente la Scuola organizzi incontri dei direttori delle Scuole di specializzazione forense e notarile al fine di stimolare la uniformità di programmi e di assicurare l’effettuazione di verifiche sulla efficacia dei programmi in atto;

h) creare all’interno della Scuola strutture in grado di garantire che le operazioni di reclutamento del personale della magistratura, amministrativo e tecnico vengano effettuate entro termini temporali predeterminati da commissioni aventi un mandato pluriennale e che il rinnovo di tali commissioni venga effettuato progressivamente per quote dei loro componenti.


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1260

D’iniziativa del senatore Cossiga

 

 

Art. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a riformare la normativa vigente in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le promozioni non possano eccedere il numero delle vacanze che si determinano annualmente ai livelli superiori della giurisdizione (appello e cassazione);

b) prevedere che, oltre alle valutazioni ai fini delle promozioni, vengano comunque effettuate ogni quattro anni verifiche sulla adeguatezza e diligenza con cui giudici e pubblici ministeri svolgono le loro funzioni e che venga decisa la dispensa dal servizio nel caso questa valutazione riveli la perdita della capacità di svolgere adeguatamente le funzioni giudiziarie. La dispensa dal servizio dovrebbe comunque avvenire a seguito di due valutazioni negative consecutive;

c) prevedere che la progressione nel trattamento economico sia collegata alle valutazioni di cui alla lettera b);

d) prevedere la temporaneità nella titolarità degli uffici direttivi per una durata non superiore a tre anni, con possibilità di rinnovo dell’incarico per altri due anni;

e) prevedere che il pubblico ministero o il giudice che ha esercitato le funzioni direttive possa concorrere per il conferimento di incarico per ufficio direttivo di un distretto diverso;

f) prevedere forme di reclutamento per posti di magistrato a tutti i livelli della giurisdizione riservate ad avvocati, mediante selezione basata sull’accertamento delle capacità professionali effettive, con prove che accertino la capacità di esercitare le varie funzioni giudiziarie sia nella forma scritta che orale in condizioni per quanto possibile simili a quelle reali;

g) prevedere una composizione del Consiglio superiore della magistratura con prevalenza di magistrati delle giurisdizioni superiori che abbiano superato effettivi vagli professionali e che siano eletti solo dai loro pari grado;

h) prevedere che i componenti laici del Consiglio superiore della magistratura vengano eletti dal Parlamento in seduta comune con la maggioranza di tre quinti nelle prime due votazioni e con la maggioranza assoluta a partire dalla terza votazione;

i) prevedere che il Ministro della giustizia costituisca all’interno del Ministero una unità composta in maggioranza da professori universitari di diritto per svolgere con efficacia il compito affidatogli dalla legge di esprimere con competenza il suo avviso al Consiglio superiore della magistratura nelle promozioni dei magistrati;

l) prevedere che alle sedute del plenum del Consiglio superiore della magistratura il Ministro possa farsi rappresentare da un Sottosegretario.


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1261

D’iniziativa del senatore Cossiga

 

Art. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, aventi ad oggetto il codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri, la disciplina e le incompatibilità, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere un codice di etica giudiziaria che disciplini i comportamenti dei giudici e dei pubblici ministeri in ufficio e fuori ufficio in modo da assicurare che essi non ledano la dignità della funzione esercitata e ispirino nei cittadini piena fiducia nella imparzialità del giudice e nella correttezza dei comportamenti dei magistrati;

b) prevedere che le attività non giudiziarie rispondano a criteri che tutelino l’immagine di indipendenza del giudice e della correttezza dei comportamenti dei magistrati;

c) prevedere che la deontologia giudiziaria costituisca materia di insegnamento e discussione nel periodo della formazione iniziale dei giudici e dei pubblici ministeri;

d) prevedere che l’azione disciplinare sia esercitata dal Ministro della giustizia e che le attività inquirenti e requirenti ad essa collegate siano esercitate sotto la sua diretta responsabilità;

e) prevedere che nella relazione annuale al Parlamento sull’amministrazione della giustizia il Ministro riferisca anche sulla attività della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

f) prevedere efficaci strumenti a mezzo dei quali il Ministro venga informato delle violazioni del codice di etica giudiziaria;

g) prevedere l’autorizzazione per lo svolgimento di attività intellettuali e scientifiche da parte dei magistrati, la individuazione delle attività stesse, nonchè l’indicazione delle attività, come la titolarità di interi corsi universitari o l’alta frequenza di partecipazione a convegni nazionali ed internazionali, che non sono compatibili con il rendimento nel lavoro giudiziario.


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1367

D’iniziativa dei senatori Fassone ed altri

 

 

Art. 1.

(Funzioni giudiziarie)

1. I magistrati ordinari si distinguono unicamente secondo le funzioni conferite ai sensi dei commi 2, 3, 4 e 5.

2. Le funzioni di magistrato di tribunale sono conferite ai magistrati, compresi gli uditori giudiziari che hanno completato il tirocinio. Tali funzioni sono:

a) giudice presso il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni;

b) magistrato di sorveglianza presso il tribunale e gli uffici di sorveglianza;

c) sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale, ivi compresa la direzione distrettuale antimafia, ove costituita, e il tribunale per i minorenni.

3. Le funzioni di magistrato di appello, nonchè quelle direttive e semidirettive corrispondenti, sono conferite ai magistrati i quali abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità. Tali funzioni sono:

a) consigliere presso la corte di appello;

b) sostituto procuratore generale presso la corte di appello e sostituto procuratore presso la direzione nazionale antimafia;

c) applicato presso la corte di cassazione e la procura generale presso la medesima corte, ai sensi della legge 13 febbraio 2001, n. 48;

d) presidente del tribunale, ivi compreso quello per i minorenni, procuratore della Repubblica presso il tribunale e presso il tribunale per i minorenni, presidente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, salvo quanto previsto dal comma 4, lettera g);

e) presidente di sezione del tribunale e procuratore della Repubblica aggiunto.

4. Le funzioni di magistrato di cassazione, nonchè quelle direttive e semidirettive corrispondenti, sono conferite ai magistrati i quali abbiano conseguito la quinta valutazione di professionalità. Tali funzioni sono:

a) consigliere presso la corte di cassazione;

b) sostituto procuratore generale presso la corte di cassazione;

c) procuratore presso la direzione nazionale antimafia;

d) presidente di sezione presso la corte di appello;

e) avvocato generale presso la procura generale della corte di appello;

f) presidente del tribunale di sorveglianza;

g) presidente del tribunale, procuratore della Repubblica presso il tribunale, presidente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, in relazione agli uffici aventi sede nelle città di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia.

5. Le funzioni direttive superiori sono conferite a magistrati i quali abbiano conseguito la settima valutazione di professionalità. Tali funzioni sono:

a) primo presidente della corte di cassazione;

b) procuratore generale della Repubblica presso la corte di cassazione, presidente aggiunto presso la corte di cassazione, presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche;

c) presidente di sezione presso la corte di cassazione e avvocato generale presso la corte medesima;

d) presidente di corte d’appello;

e) procuratore generale presso la corte d’appello.

 

Art. 2.

(Modalità di conferimento delle funzioni giudiziarie)

1. Le funzioni giudiziarie di appello, di cassazione e direttive superiori sono conferite dal Consiglio superiore della magistratura ai magistrati che hanno conseguito le valutazioni di professionalità di cui all’articolo 1, e nei limiti di cui all’articolo 13, a domanda degli interessati o d’ufficio secondo l’ordine di ruolo in caso di mancanza o di inidoneità delle candidature proposte.

2. Per attribuire le funzioni il Consiglio superiore della magistratura procede a valutazioni comparative dei candidati, che abbiano presentato domanda o che siano esaminati in vista del conferimento d’ufficio, sulla base delle risultanze delle valutazioni di professionalità e di ogni altro elemento di conoscenza di cui il Consiglio è in possesso, secondo criteri stabiliti con i provvedimenti di cui all’articolo 18, che tengono conto della specificità delle singole funzioni.

3. I magistrati di tribunale, di appello, di cassazione e di cassazione titolari di funzioni direttive superiori sono collocati nel ruolo di anzianità della magistratura in separati raggruppamenti, ciascuno corrispondente alle funzioni ad essi conferite, e in quest’àmbito prendono posto nell’ordine di data in cui le hanno conseguite.

 

Art. 3.

(Valutazione di attitudine e di

professionalità)

1. I magistrati sono sottoposti a valutazione di attitudine e di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente.

2. Continuano a trovare applicazione gli articoli 1 e 5 della legge 2 aprile 1979, n. 97, per quanto attiene alla valutazione cui deve essere sottoposto l’uditore giudiziario dopo il primo anno di svolgimento delle funzioni giudiziarie.

3. La valutazione di professionalità deve riguardare la eapacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno.

4. La valutazione di professionalità riguarda anche l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano specifici elementi.

5. Con i provvedimenti di cui all’articolo 18, comma 1, sono specificati gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari, nonchè i parametri per consentire l’omogeneità delle valutazioni.

 

Art. 4.

(Capacità)

1. La capacità è riferita all’equilibrio del magistrato, alla sua preparazione giuridica ed al suo aggiornamento, alle metodologie di analisi delle questioni da risolvere e al possesso delle tecniche di argomentazione e di valutazione delle prove, e, secondo le funzioni esercitate, alla conoscenza e padronanza delle tecniche di indagine, alla conduzione dell’udienza, all’efficacia nel dirigere, utilizzare e controllare l’apporto dei collaboratori ed ausiliari.

 

Art. 5.

(Laboriosità)

1. La laboriosità è riferita alla qualità ed al numero degli affari trattati, in relazione al tipo di ufficio e alla sua condizione organizzativa e strutturale, nonchè ai tempi di smaltimento del lavoro, con particolare attenzione alla cura dedicata agli affari più impegnativi.

Art. 6.

(Diligenza)

1. La diligenza è riferita all’assiduità e alla puntualità di presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti o comunque necessari per l’adeguato espletamento del servizio, al rispetto del termine per l’emissione, la redazione e il deposito dei provvedimenti, o comunque per il compimento di attività giudiziarie.

Art. 7.

(Impegno)

1. L’impegno è riferito alla partecipazione al buon andamento dell’ufficio, nonchè alla disponibilità per sostituzioni, applicazioni e supplenze necessarie per il miglior funzionamento del medesimo.

Art. 8.

(Attitudine alla dirigenza)

1. L’attitudine alla dirigenza è riferita alla capacità organizzativa, di programmazione e di gestione, in relazione al tipo di ufficio e alle relative dotazioni. È riferita altresì alla capacità di valorizzare le attitudini di magistrati e funzionari, e di responsabilizzarli nei rispettivi compiti; alla capacità di controllo amministrativo sull’andamento generale dell’ufficio e alla capacità di ideare, programmare e realizzare con tempestività gli adattamenti organizzativi e gestionali convenienti, avvalendosi delle professionalità necessarie.

2. La valutazione dell’attitudine alla dirigenza tiene conto delle esperienze direttive anteriori, ove esistenti, dell’enunciazione degli obiettivi e dei risultati conseguiti. Nella predetta valutazione, si considerano positivamente la pluralità delle esperienze nelle diverse funzioni, gli incarichi svolti, la frequenza dei corsi di formazione per la dirigenza ed ogni altra esperienza ritenuta utile.

Art. 9.

(Procedimento per la valutazione

di attitudine e di professionalità)

1. Entro il mese successivo alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce:

a) la relazione del magistrato valutando il lavoro svolto nel periodo oggetto di valutazione, unitamente a quant’altro egli ritenga di allegare, compresi atti e provvedimenti da esaminare;

b) le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio, secondo i criteri stabiliti nel provvedimento di cui all’articolo 18 comma 1;

c) i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali ha partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi, stabiliti dal provvedimento di cui all’articolo 18 comma 1;

d) l’indicazione degli incarichi extragiudiziari svolti dal magistrato nel periodo valutato;

e) il rapporto ed ogni eventuale segnalazione proveniente dai capi degli uffici, le segnalazioni eventualmente pervenute dal consiglio dell’ordine degli avvocati, sempre che si riferiscano a fatti concreti incidenti sulla professionalità del magistrato, con particolare attenzione a fatti indicativi di esercizio non indipendente della funzione o di mancanza di equilibrio. Il rapporto del capo dell’ufficio è trasmesso al consiglio giudiziario dal presidente della corte d’appello o dal procuratore generale con le proprie considerazioni.

2. Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti segnalati da suoi componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell’ordine degli avvocati, dando tempestiva comunicazione all’interessato, del quale può procedere all’audizione. L’audizione è sempre disposta se l’interessato ne fa richiesta.

Art. 10.

(Parere del consiglio giudiziario)

1. Sulla base delle acquisizioni di cui all’articolo 9 il consiglio giudiziario formula, se si tratta delle valutazioni relative al terzo, quinto e settimo periodo oggetto di valutazione, un parere motivato, che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e ai verbali delle audizioni.

2. Copia del parere è comunicata all’interessato e al Ministro della giustizia, per le osservazioni di cui all’articolo 11 della legge 24 marzo 1958 n. 195, e successive modificazioni.

3. Il magistrato, entro dieci giorni dalla comunicazione del parere, può fare pervenire al Consiglio superiore della magistratura le sue osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente.

4. Il consiglio giudiziario può essere delegato dal Consiglio superiore della magistratura ad effettuare, sulla base dei criteri dallo stesso indicati all’atto del suo insediamento, le valutazioni di professionalità relative ai periodi diversi dal terzo, quinto e settimo. In tal caso il consiglio giudiziario, se ritiene di esprimere un giudizio positivo, adotta la relativa delibera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai magistrati della corte di cassazione, della procura generale della Repubblica presso la corte di cassazione e del tribunale superiore delle acque pubbliche.

5. La delibera è comunicata al magistrato interessato, che può proporre ricorso al Consiglio superiore della magistratura entro trenta giorni e può chiedere di essere ascoltato personalmente.

6. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisite le osservazioni del consiglio giudiziario, decide sul ricorso entro novanta giorni e, in caso di accoglimento, sostituisce, integra o modifica la delibera del consiglio giudiziario.

7. Qualora il consiglio giudiziario ritenga di dover esprimere un giudizio non positivo o negativo, trasmette il proprio motivato parere al Consiglio superiore della magistratura, che decide direttamente, in applicazione dei commi 2 e 3 del presente articolo.

Art. 11.

(Consigli giudiziari)

1. Il primo e il secondo comma dell’articolo 6 del regio decreto 31 maggio 1946, n. 511, come sostituito dall’articolo 1 della legge 12 ottobre 1966, n. 825, sono sostituiti dai seguenti:

«Presso ogni corte d’appello è costituito un consiglio giudiziario.

Il consiglio giudiziario è presieduto dal presidente della corte d’appello ed è composto dal procuratore generale della Repubblica, nonchè, a seconda che l’organico dei magistrati del distretto sia inferiore a duecento unità, sia compreso fra duecento e quattrocento unità, o sia superiore alle quattrocento unità, rispettivamente da:

a) otto membri, di cui tre supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: un componente effettivo ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio;

b) tredici membri, di cui cinque supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; tre componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; tre componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio;

c) sedici membri, di cui cinque supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: tre componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; quattro componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; quattro componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio.

Nei distretti nei quali non è possibile eleggere i magistrati alla quinta valutazione di attitudine e di professionalità, i posti sono attribuiti ai magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione.

Presso la corte di cassazione è istituito un consiglio giudiziario, del quale fanno parte il presidente aggiunto, che lo presiede, e l’avvocato generale più anziano della procura generale della Repubblica presso la corte medesima, nonchè altri cinque membri effettivi e due supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati, in servizio presso la corte di cassazione, la procura generale e il tribunale superiore delle acque pubbliche, con voto personale e segreto, fra i magistrati aventi le seguenti qualifiche: un componente effettivo presidente di sezione o avvocato generale; tre componenti effettivi ed uno supplente, tra i magistrati con funzioni di consigliere o di sostituto procuratore generale; un componente effettivo ed uno supplente tra i magistrati di appello o di tribunale destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario o del ruolo.

Il consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma è competente anche per i magistrati della Direzione nazionale antimafia.

In ogni consiglio giudiziario il presidente della corte d’appello e il procuratore generale della Repubblica, in caso di mancanza o di impedimento, sono sostituiti rispettivamente dal magistrato che ne esercita la funzione».

2. L’istruttoria dei pareri e delle valutazioni di cui all’articolo 10 è distribuita tra tutti i componenti, anche supplenti, del consiglio giudiziario. A tal fine i componenti possono avvalersi, oltre che dei magistrati distrettuali secondo quanto previsto dall’articolo 7 della legge 13 febbraio 2001, n. 48, degli uffici amministrativi della corte d’appello.

Art. 12.

(Individuazione dei magistrati legittimati a determinate funzioni)

1. All’inizio di ogni anno giudiziario, il Consiglio superiore della magistratura individua quanti posti concernenti funzioni di appello, di cassazione e di uffici direttivi superiori sono stati messi a concorso nell’anno precedente. Quindi, definisce a quanti magistrati possono essere attribuite le corrispondenti funzioni nell’anno in corso, in base al numero dei posti così individuati, incrementato del 50 per cento.

2. Il Consiglio superiore della magistratura procede quindi alla valutazione di attitudine e di professionalità, sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario e della relativa documentazione, nonchè sulla base dei risultati delle ispezioni ordinarie; può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza.

3. La valutazione di attitudine e di professionalità consiste in un giudizio motivato, il quale, se positivo, si accompagna all’attribuzione di un punteggio da 1 a 5 per ciascuno dei parametri di cui agli articoli 4, 5, 6, 7 e 8. Il giudizio è inserito nel fascicolo personale del magistrato.

4. Il Ministro della giustizia adotta il relativo provvedimento, ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195, entro trenta giorni dalla ricezione della delibera del Consiglio superiore della magistratura.

5. Il consiglio giudiziario e il Consiglio superiore della magistratura possono avvalersi di sistemi informatizzati per raccogliere i dati concernenti le valutazioni di attitudine e di professionalità secondo sistemi e modelli uniformi.

6. Del giudizio di attitudine e di profesionalità si tiene conto, oltre che ai fini di cui all’articolo 13, al fine dei tramutamenti, del conferimento di incarichi direttivi e di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione connesso alla valutazione del magistrato.

Art. 13.

(Giudizio positivo e legittimazioni)

1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è positivo quando ricorrono in modo sufficiente tutti i parametri di valutazione.

2. Le funzioni di appello, di cassazione e direttive superiori possono essere conferite solamente ai magistrati che, oltre ad avere ottenuto un giudizio positivo, sulla base del punteggio complessivo a ciascuno attribuito siano classificati, nella terza, quinta o settima valutazione, in posizione non inferiore al numero definito ai sensi del comma 1 dell’articolo 12.

3. I magistrati che, valutati positivamente, siano classificati in posizione inferiore al numero definito secondo le modalità richiamate al comma 2, possono essere nuovamente classificati nel quadriennio successivo.

Art. 14.

(Giudizio non positivo)

1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è non positivo quando risultano deficienti uno o più parametri di valutazione.

2. Se il giudizio è non positivo, il Consiglio superiore della magistratura procede a una nuova valutazione di attitudine e di professionalità dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. La nuova valutazione può concludersi solamente con un giudizio positivo o negativo.

3. In caso di giudizio positivo il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di anzianità sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell’anno.

4. Al fine del conferimento di funzioni più elevate, il magistrato può essere classificato solamente dopo un quinquennio dal conseguimento del giudizio positivo.

Art. 15.

(Giudizio negativo)

1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri di valutazione.

2. Se il giudizio è negativo, il magistrato è sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio. Il Consiglio superiore della magistratura può disporre che il magistrato partecipi ad uno o più corsi di qualificazione, indicando le specifiche carenze riscontrate; può anche assegnare il magistrato, previa sua audizione, ad una diversa funzione nella medesima sede, o escluderlo dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o semidirettivi o a funzioni specifiche. La nuova valutazione può concludersi solamente con un giudizio positivo o negativo.

3. Il giudizio negativo comporta la perdita del diritto all’aumento periodico di stipendio.

4. Se al giudizio negativo consegue un giudizio positivo, il magistrato, al fine del conferimento di funzioni più elevate, che non siano state escluse ai sensi del comma 2, può essere classificato solamente dopo sei anni dal giudizio positivo.

5. Se il Consiglio superiore della magistratura formula, previa audizione del magistrato, un secondo giudizio negativo, questi è dispensato dal servizio.

6. Prima dell’audizione il magistrato deve essere informato della facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Tra l’avviso e l’audizione deve intercorrere un termine non inferiore a trenta giorni. Il magistrato ha facoltà di depositare atti e memorie fino a sette giorni prima dell’audizione e di farsi assistere da un altro magistrato o da un avvocato del foro libero. Non può, comunque, essere concesso più di un differimento dell’audizione per impedimento del magistrato designato per l’assistenza.

7. Resta fermo quanto previsto dall’ordinamento giudiziario per i fatti costituenti illecito disciplinare.

Art. 16.

(Valutazione di attitudine e di professionalità per i magistrati fuori ruolo)

1. La valutazione di attitudine e di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo è compiuta sulla base della capacità, laboriosità, diligenza, impegno e attitudine alla dirigenza, riferiti alla funzione esercitata.

2. Il Consiglio superiore della magistratura esprime il giudizio:

a) quanto ai magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, previa acquisizione del parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai membri che rivestono la qualità di magistrato, redatto sulla base del rapporto informativo del capo dell’ufficio al quale il magistrato appartiene;

b) quanto agli altri magistrati collocati fuori ruolo, compresi quelli in servizio all’estero, previo parere del consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma, redatto sulla base della relazione dell’autorità presso la quale i magistrati prestano servizio, illustrativa dell’attività svolta.

3. È fatta salva in ogni caso la facoltà dell’interessato di produrre ogni utile documentazione, purchè attinente ai parametri di valutazione.

 

Art. 17.

(Trattamento economico. Misura delle retribuzioni)

1. Continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di trattamento economico del personale della magistratura, secondo quanto previsto dalla tabella annessa alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, e successive modificazioni. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 5 della legge 6 agosto 1984, n. 425, in relazione ai livelli retributivi previsti dalla predetta tabella, non si considerano i periodi temporali di cui agli articoli 14 e 15 della presente legge.

 

Art. 18.

(Norme transitorie e finali)

1. Il Consiglio superiore della magistratura, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplina i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali di udienza di cui all’articolo 9, definisce le modalità per la redazione dei pareri dei consigli giudiziari secondo i modelli tipo e per la gestione informatizzata di cui all’articolo 12 ed enuncia i criteri di valutazione comparativa per i casi in cui la stessa è richiesta.

2. Con uno o più decreti, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia disciplina le modalità per la raccolta dei dati ai fini dell’articolo 9.

Art. 19.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con quelle della presente legge, ed in particolare gli articoli da 2 a 32 della legge 4 gennaio 1963, n. 1, la legge 25 luglio 1966, n. 570, e successive modificazioni, la legge 20 dicembre 1973, n. 831, e successive modificazioni, gli articoli 2, 3 e 4 della legge 2 aprile 1979, n. 97.

 

Art. 20.

(Entrata in vigore ed efficacia di singole disposizioni)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Le funzioni elencate nei commi 3, 4 e 5 dell’articolo 1 sono rispettivamente conferite ai magistrati che, secondo la normativa previgente, abbiano già ottenuto la nomina a magistrato di appello, la dichiarazione di idoneità ad essere nominati magistrati di cassazione o quella di idoneità alle funzioni direttive superiori. Per il conferimento di tali funzioni trovano applicazione le disposizioni dell’articolo 2.

3. Nei confronti dei magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, le valutazioni periodiche operano alla scadenza del primo periodo utile successivo alla predetta data, determinata utilizzando quale momento iniziale la data del decreto di nomina ad uditore giudiziario. Tale corrispondenza regola anche la misura delle retribuzioni determinate ai sensi dell’articolo 17.

4. Nei casi previsti dall’articolo 211 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, la corrispondenza viene operata tenendo conto del servizio effettivo prestato a decorrere dal decreto di nomina a magistrato ordinario. La eventuale maggiore retribuzione in godimento viene conservata ai sensi dell’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1426

D’iniziativa dei senatori Calvi ed altri

 

 

 

TITOLO I

 

Capo I

NATURA E FUNZIONI DELLA SCUOLA

 

Art. 1.

(Denominazione e ubicazione)

1. È istituita la Scuola nazionale della magistratura, di seguito denominata «Scuola».

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo individua le sedi della Scuola e la rispettiva articolazione, secondo le disposizioni della presente legge.

Art. 2.

(Autonomia della Scuola)

1. La Scuola è dotata di personalità giuridica e gode di autonomia amministrativa, finanziaria e contabile.

Art. 3.

(Compiti della Scuola)

1. Sono compiti primari della Scuola:

a) organizzare e gestire il tirocinio degli uditori giudiziari;

b) curare l’aggiornamento e la formazione professionale permanente dei magistrati durante l’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche mediante esperienze formative condotte, tra l’altro, presso pubbliche amministrazioni, istituti di credito, grandi imprese, confederazioni sindacali ed enti analoghi.

2. La Scuola può, altresì:

a) contribuire alla formazione di magistrati stranieri, o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;

b) organizzare incontri di studio e ricerche, o comunque promuovere iniziative culturali su argomenti giuridici e sull’organizzazione di sistemi e di uffici giudiziari.

3. L’azione di formazione professionale della Scuola è esercitata nel quadro ed in conformità degli indirizzi stabiliti annualmente dal Consiglio superiore della magistratura.

Art. 4.

(Dotazioni e gestione della Scuola)

1. La Scuola provvede alla gestione delle spese per il proprio funzionamento, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato.

2. Lo stanziamento di cui al comma 1 è collocato in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

3. Costituiscono altresì entrate della Scuola:

a) eventuali dotazioni supplementari alla stessa assegnate nel bilancio dello Stato;

b) eventuali risorse ad essa destinate dal Consiglio superiore della magistratura o dal Ministero della giustizia per l’espletamento di compiti di interesse di tali istituzioni;

c) gli utili derivanti da pubblicazioni curate dalla Scuola o dalla prestazione di servizi;

d) contributi, donazioni o legati di enti pubblici o privati a suo favore.

4. Costituiscono uscite della Scuola:

a) le spese necessarie al suo funzionamento;

b) le remunerazioni, le borse di studio od i sussidi dovuti a docenti, ausiliari, partecipanti alle sessioni ed uditori giudiziari;

c) il rimborso di spese di viaggio e di trasferta inerenti le attività di formazione, incluse quelle del proprio personale per missioni strettamente attinenti i compiti di studio;

d) le spese di pubblicazione di atti e di gestione dei servizi sussidiari.

5. La Scuola adotta, ai sensi del comma 1 dell’articolo 9, un proprio regolamento di amministrazione e contabilità.

6. Il rendiconto della gestione della Scuola è presentato alla Corte dei conti alla chiusura dell’anno finanziario.

Capo II

ORGANI

 

Art. 5.

(Sezioni della Scuola)

1. La Scuola è articolata in due sezioni.

2. La prima sezione della Scuola si occupa dei compiti di formazione permanente, di cui al comma 1, lettera b), e al comma 2 dell’articolo 3, nonchè della formazione complementare degli uditori giudiziari ai sensi dell’articolo 19.

3. La seconda sezione della Scuola, avente sede in città diversa da quella della prima sezione, si occupa del tirocinio ai sensi della lettera a) del comma 1 dell’articolo 3.

Art. 6.

(Organi della Scuola)

1. Sono organi della Scuola:

a) il consiglio scientifico;

b) il consiglio di amministrazione;

c) il direttore;

d) i comitati di gestione di ciascuna sezione di cui all’articolo 5;

e) il segretario generale.

Art. 7.

(Competenze del consiglio scientifico)

1. Il consiglio scientifico:

a) elabora il piano annuale delle attività teorico-pratiche e ne orienta l’esecuzione, nel quadro degli indirizzi definiti annualmente dal Consiglio superiore della magistratura e nel rispetto dei vincoli di bilancio;

b) redige ed approva il regolamento interno per l’organizzazione e il funzionamento della Scuola e le eventuali modifiche;

c) approva la relazione annuale sulle attività della Scuola e la trasmette al Consiglio superiore della magistratura con le sue eventuali osservazioni;

d) delibera su ogni questione attinente il funzionamento della Scuola, che non sia di competenza di altri organismi o che sia ad esso sottoposta dal direttore della Scuola o dal Consiglio superiore della magistratura.

Art. 8.

(Composizione del consiglio scientifico)

1. Il consiglio scientifico opera presso la sezione di formazione permanente, di cui all’articolo 5, comma 2, ed è costituito da:

a) il direttore della Scuola, che lo presiede;

b) il vicedirettore;

c) tre componenti del Consiglio superiore della magistratura, di cui due togati;

d) tre magistrati ordinari, di cui uno del pubblico ministero, ed almeno uno avente qualifica non inferiore a quella di magistrato di cassazione;

e) due professori universitari;

f) due avvocati;

g) un rappresentante del Ministero della giustizia.

2. I componenti del Consiglio superiore della magistratura sono designati dal Consiglio stesso e cessano dall’incarico con la scadenza del Consiglio da cui sono stati nominati.

3. I magistrati sono designati dal Consiglio superiore della magistratura, fra quelli in servizio ovvero in quiescenza da non più di due anni. Non possono essere designati i magistrati che nell’ultimo biennio hanno svolto incarichi continuativi di formazione professionale presso il Consiglio superiore della magistratura.

4. I professori sono designati, fra gli ordinari di materie giuridiche, da un apposito collegio formato da tutti i presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università statali.

5. Gli avvocati sono designati dal Consiglio nazionale forense, fra gli abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, con almeno dieci anni di esercizio dell’attività.

6. L’incarico dura quattro anni e non può essere rinnovato.

7. Il consiglio scientifico si riunisce almeno una volta ogni tre mesi, ed ogni volta che il direttore lo convoca, o ne fanno richiesta almeno cinque componenti.

8. Il consiglio scientifico delibera validamente con la presenza di almeno nove componenti. Le sue risoluzioni sono adottate a maggioranza dei presenti; in caso di parità di voti prevale quello espresso dal direttore.

Art. 9.

(Compiti del consiglio di amministrazione)

1. Il consiglio di amministrazione:

a) elabora ed approva il regolamento di amministrazione e contabilità di cui al comma 5 dell’articolo 4;

b) elabora il bilancio annuale di previsione;

c) presenta il rendiconto annuale;

d) organizza la contabilità e controlla la sua tenuta;

e) esercita le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge o dai regolamenti.

 

Art. 10.

(Composizione del consiglio di amministrazione)

1. Il consiglio di amministrazione opera presso la sezione di formazione permanente, di cui all’articolo 5, comma 2, ed è costituito da:

a) il direttore della Scuola, che lo presiede;

b) il segretario generale della Scuola;

c) un rappresentante del Ministero della giustizia;

d) un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze.

2. Il consiglio di amministrazione si riunisce ordinariamente una volta ogni tre mesi ed in via straordinaria quando è convocato dal direttore, ovvero ne fanno richiesta almeno due componenti.

3. Esso delibera validamente con la presenza di almeno tre componenti. Le sue delibere sono adottate a maggioranza dei presenti; in caso di parità di voti prevale quello espresso dal direttore.

Art. 11.

(Compiti del direttore della Scuola)

1. Il direttore della Scuola:

a) rappresenta la Scuola all’esterno a tutti gli effetti;

b) dirige e coordina tutte le attività della Scuola, indirizzandole ai fini ad essa assegnati, e compie tutto quanto è necessario per il loro perseguimento;

c) sovrintende alla sezione di formazione permanente, di cui all’articolo 5, comma 2, e ne dirige il relativo comitato di gestione;

d) provvede all’esecuzione delle delibere del consiglio scientifico e del consiglio di amministrazione;

e) adotta le deliberazioni di urgenza, con riserva di ratifica se esse rientrano nella competenza di altro organo;

f) redige la relazione annuale sull’attività della Scuola, con l’ausilio, ove lo ritenga, dei comitati di gestione;

g) esercita le competenze a lui eventualmente delegate dal consiglio scientifico o dal consiglio di amministrazione;

h) si avvale del personale addetto alla Scuola;

i) esercita ogni altra funzione conferitagli dalla legge o dai regolamenti.

Art. 12.

(Designazione, durata e revoca del direttore)

1. Il direttore della Scuola è nominato dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro della giustizia, fra i magistrati ordinari aventi qualifica non inferiore a magistrato di cassazione. Si applica la disposizione in materia di incompatibilità, di cui all’articolo 8, comma 3.

2. Il direttore è collocato fuori del ruolo organico della magistratura. Il periodo di svolgimento dell’incarico vale a tutti gli effetti come esercizio delle funzioni giudiziarie.

3. Il direttore dura in carica quattro anni.

4. L’incarico può essere rinnovato per una sola volta e può essere revocato dal Consiglio superiore della magistratura, con provvedimento motivato adottato previo ascolto dell’interessato, nel caso di grave inosservanza degli indirizzi stabiliti dal Consiglio stesso.

 

 

Art. 13.

(Direttore della sezione di tirocinio)

1. Il direttore della sezione di tirocinio, di cui all’articolo 5, comma 3, opera presso la sezione stessa ed ha funzione di vicedirettore della Scuola.

2. Il direttore della sezione di tirocinio opera nella sezione di sua competenza con lo stesso grado di autonomia del direttore della Scuola.

3. Al direttore della sezione di tirocinio, nonché vicedirettore della Scuola, sono attribuite le seguenti funzioni:

a) sostituire il direttore nel caso di sua assenza od impedimento;

b) dirigere la sezione preposta al tirocinio e compiere quanto occorra al perseguimento dei fini ad essa assegnati;

c) partecipare alle attività del consiglio scientifico;

d) svolgere i compiti corrispondenti a quelli assegnati al direttore della Scuola, in quanto applicabili alla sezione di sua competenza.

4. Si applicano al direttore della sezione di tirocinio le disposizioni previste dall’articolo 12.

Art. 14.

(Comitati di gestione)

1. Presso ciascuna sezione della Scuola, di cui all’articolo 5, è costituito un comitato di gestione.

2. Ciascun comitato di gestione, per quanto di rispettiva competenza, provvede a:

a) dare attuazione alle direttive didattico-scientifiche enunciate dal Consiglio superiore della magistratura e dal consiglio scientifico;

b) programmare le sessioni di formazione e le attività di tirocinio, sia presso la Scuola sia presso gli uffici giudiziari e le altre sedi;

c) definire il contenuto analitico di ciascuna sessione o fase del tirocinio, ed individuare i relativi docenti;

d) organizzare momenti di coordinamento fra i docenti e reperire ogni materiale utile al miglior funzionamento delle attività di formazione;

e) fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, informare i magistrati, ammettere i richiedenti;

f) offrire ogni sussidio didattico che si riveli utile e sperimentare formule didattiche, d’intesa con il comitato scientifico;

g) seguire costantemente lo svolgimento delle sessioni e presentare relazioni consuntive sull’esito di ciascuna di esse;

h) curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola e seguirne lo svolgimento, con adeguate modalità, nelle fasi effettuate all’esterno della Scuola;

i) adempiere ad ogni altro compito ad esso affidato dal Consiglio superiore della magistratura o dal consiglio scientifico.

Art. 15.

(Composizione del comitato di gestione)

1. Il comitato di gestione, costituito presso ciascuna sezione della Scuola, è composto da:

a) il direttore della rispettiva sezione, che lo presiede;

b) otto magistrati nominati dal Consiglio superiore della magistratura e collocati fuori ruolo.

2. In seguito alla prima nomina effettuata dopo la data di entrata in vigore della presente legge, i componenti di ciascun comitato di gestione, ad eccezione del direttore, cessano dall’incarico, rispettivamente, in numero di due dopo tre anni, di tre dopo quattro anni e di tre dopo cinque anni. L’individuazione del momento di cessazione di ciascuno dei componenti, ove non sia concordata fra loro, è effettuata per sorteggio.

3. A decorrere dalla seconda nomina dei componenti di ciascun comitato, il loro incarico dura quattro anni e non può essere rinnovato.

Art. 16.

(Segretario generale della Scuola)

1. Il segretario generale della Scuola svolge le funzioni di coordinamento e di direzione dell’intero servizio di segreteria della Scuola ed ha la responsabilità amministrativa della sezione di formazione permanente, di cui all’articolo 5, comma 2.

Art. 17.

(Servizio di segreteria della Scuola)

1. Presso la Scuola è istituito un servizio di segreteria che si articola nelle due sezioni di cui all’articolo 5.

2. Il servizio di cui al comma 1 provvede:

a) al disbrigo degli affari, di rispettiva competenza, relativi al consiglio scientifico, al consiglio di amministrazione, al direttore ed al comitato di gestione;

b) a dare esecuzione ad ogni delibera concernente l’attività della rispettiva sezione;

c) a gestire l’archivio, le installazioni, la biblioteca e le altre dotazioni di ciascuna sezione;

d) ad effettuare le ricerche ad esso demandate dal direttore della sezione;

e) ad assolvere ogni altro compito ad esso assegnato dalla legge o dai regolamenti.

Art. 18.

(Composizione del servizio di segreteria)

1. Il servizio di segreteria è costituito da:

a) il segretario generale, con qualifica non inferiore a quella di dirigente di cancelleria;

b) un vice-segretario, con qualifica non inferiore a quella di direttore di cancelleria, responsabile amministrativo della sezione di tirocinio;

c) due assistenti giudiziari per ciascuna sezione;

d) tre coadiutori di cancelleria per ciascuna sezione;

e) quattro operatori amministrativi per ciascuna sezione;

f) quattro commessi giudiziari per ciascuna sezione.

2. Il Ministro della giustizia provvede alla designazione del personale di cui al comma 1, nelle forme e nei modi stabiliti con il regolamento di cui all’articolo 20.

Capo III

TIROCINIO

 

Art. 19.

(Durata e disciplina del tirocinio)

1. L’articolo 129 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di seguito denominato «ordinamento giudiziario», è sostituito dal seguente:

«Art. 129. – (Tirocinio giudiziario). – 1. Gli uditori debbono compiere un periodo di tirocinio della durata di due anni, da effettuarsi presso la Scuola nazionale della magistratura e presso tutti gli uffici giudiziari di primo grado, secondo le direttive stabilite dal Consiglio superiore della magistratura.

2. Il tirocinio inizia il 15 settembre di ogni anno e si articola in sessioni di pari durata, svolte alternativamente presso la Scuola e presso gli uffici giudiziari. Gli uditori giudiziari non possono assumere le funzioni prima del completamento positivo del periodo di tirocinio.

3. In esito al tirocinio, il Consiglio superiore della magistratura, sentito il consiglio giudiziario, e sulla scorta del giudizio pronunciato dalla Scuola, formula un giudizio di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie, il quale, se positivo, deve contenere uno specifico riferimento all’attitudine dell’uditore allo svolgimento delle funzioni giudicanti o requirenti.

4. Nell’assegnazione delle sedi si tiene conto, per quanto possibile, del giudizio di cui al comma 3; a tal fine ogni uditore deve formulare richiesta, eventualmente graduata, di uffici sia giudicanti che requirenti.

5. Nei primi cinque anni successivi all’assunzione delle funzioni giudiziarie i magistrati devono partecipare ad almeno una sessione di formazione professionale ogni anno, predisposta per le loro specifiche esigenze da parte della sezione di formazione permanente della Scuola.

6. Il Consiglio superiore della magistratura emana ulteriori norme sul tirocinio».

 

Capo IV

DISPOSIZIONI FINALI

 

 

Art. 20.

(Regolamenti di attuazione)

1. Il Governo adotta, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e previo parere del Consiglio superiore della magistratura, i regolamenti attinenti lo stato giuridico di tutto il personale della Scuola, i procedimenti di designazione, le norme di attuazione ed ogni necessaria disposizione di coordinamento con le altre leggi in materia di ordinamento giudiziario.

 

Art. 21.

(Regime transitorio)

1. Costituita la Scuola, il Consiglio superiore della magistratura adotta le disposizioni transitorie per regolare il trasferimento alla Scuola stessa delle competenze in materia di tirocinio e di formazione permanente.

 

Art. 22.

(Copertura finanziaria)

1. All’onere derivante dall’attuazione del presente titolo, valutato in euro 3 milioni per l’anno 2002 ed euro 7 milioni per ciascuno degli anni 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

TITOLO II

Art. 23.

(Passaggio dalle funzioni requirenti alle giudicanti e viceversa)

1. Il comma 2 dell’articolo 190 dell’ordinamento giudiziario è sostituito dai seguenti:

«2. Il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti alle requirenti e viceversa può essere disposto, a domanda dell’interessato, solo quando il Consiglio superiore della magistratura abbia accertato la sussistenza di specifiche attitudini alla nuova funzione. Il giudizio è formulato su parere del Consiglio giudiziario, il quale può acquisire le valutazioni del presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati.

2-bis. L’immissione nelle nuove funzioni, anche se conseguente a promozione, deve essere preceduta da appositi periodi di formazione, nei modi e nei termini stabiliti dal Consiglio superiore della magistratura. La partecipazione a tali periodi di formazione non è richiesta se l’interessato ha svolto, negli ultimi otto anni, funzioni corrispondenti a quelle richieste».

Art. 24.

(Passaggio a funzioni diverse da quelle esercitate)

1. Dopo l’articolo 190 dell’ordinamento giudiziario, è inserito il seguente:

«Art. 190-bis. – (Passaggio a funzioni diverse da quelle esercitate) – 1. Gli accertamenti e la partecipazione a periodi di formazione, previsti dal comma 2-bis dell’articolo 190, sono disposti altresì quando il magistrato chiede di essere destinato, anche nell’ambito della stessa sede, a funzioni specializzate, quali la magistratura minorile, di sorveglianza, del lavoro, ed eventuali altre, definite tali dal Consiglio superiore della magistratura».

Art. 25.

(Trasferimento di sede in caso di passaggio di funzioni)

1. Dopo il sesto comma dell’articolo 192 dell’ordinamento giudiziario, sono inseriti i seguenti:

«Il magistrato che chiede di essere assegnato da funzioni requirenti a funzioni giudicanti, o viceversa, non può essere destinato, rispettivamente, a funzioni giudicanti o requirenti di primo grado nell’ambito dello stesso circondario, nè a quelle di componente della corte d’appello o della procura generale del distretto. Egli non può tornare a svolgere le nuove funzioni nell’ambito del circondario di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.

Ogni domanda di trasferimento che comporti il passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, o da queste a quelle, può essere presentata solamente previo decorso di almeno cinque anni nelle funzioni in precedenza esercitate».

Art. 26.

(Incentivi alla mobilità)

1. Dopo l’articolo 194 dell’ordinamento giudiziario, è inserito il seguente:

«Art. 194-bis. – (Incentivi alla mobilità) – 1. Il Consiglio superiore della magistratura definisce ed applica criteri atti ad incentivare la pluralità delle esperienze professionali ed a valorizzarla in occasione di trasferimenti e di promozioni».

 

Art. 27.

(Giudizio di idoneità dell’uditore giudiziario)

1. All’articolo 121 dell’ordinamento giudiziario, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nel corso del tirocinio, e anteriormente alla scelta della sede di esercizio delle prime funzioni, il Consiglio superiore della magistratura, sentito il Consiglio giudiziario, dichiara l’idoneità dell’uditore all’esercizio della funzione giudicante o requirente o di entrambe. L’eventuale giudizio di inidoneità ad una funzione rende inammissibile la domanda all’esercizio della medesima».

 

TITOLO III

Art. 28.

(Funzioni giudiziarie)

1. I magistrati ordinari si distinguono unicamente secondo le funzioni conferite ai sensi dei commi 2, 3, 4 e 5.

2. Le funzioni di magistrato di tribunale sono conferite ai magistrati, compresi gli uditori giudiziari che hanno completato il tirocinio. Tali funzioni sono:

a) giudice presso il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni;

b) magistrato di sorveglianza presso il tribunale e gli uffici di sorveglianza;

c) sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale, ivi compresa la direzione distrettuale antimafia, ove costituita, e il tribunale per i minorenni.

3. Le funzioni di magistrato di appello, nonchè quelle direttive e di collaborazione direttiva corrispondenti, sono conferite ai magistrati i quali abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità. Tali funzioni sono:

a) consigliere presso la corte di appello;

b) sostituto procuratore generale presso la corte di appello e sostituto procuratore presso la direzione nazionale antimafia;

c) destinato alla corte di cassazione ed alla procura generale presso la medesima corte, ai sensi dell’articolo 2 della legge 13 febbraio 2001, n. 48;

d) presidente del tribunale, ivi compreso quello per i minorenni, procuratore della repubblica presso il tribunale e presso il tribunale per i minorenni, presidente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, salvo quanto previsto dal comma 4, lettera g);

e) presidente di sezione del tribunale e procuratore della Repubblica aggiunto.

4. Le funzioni di magistrato di cassazione, nonchè quelle direttive e di collaborazione direttiva corrispondenti, sono conferite ai magistrati i quali abbiano conseguito la quinta valutazione di professionalità. Tali funzioni sono:

a) consigliere presso la corte di cassazione;

b) sostituto procuratore generale presso la corte di cassazione;

c) procuratore presso la direzione nazionale antimafia;

d) presidente di sezione presso la corte di appello;

e) avvocato generale presso la procura generale della corte di appello;

f) presidente del tribunale di sorveglianza;

g) presidente del tribunale, procuratore della Repubblica presso il tribunale, presidente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, in relazione agli uffici aventi sede nelle città di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia.

5. Le funzioni direttive superiori sono conferite a magistrati i quali abbiano conseguito la settima valutazione di professionalità. Tali funzioni sono:

a) primo presidente della corte di cassazione;

b) procuratore generale della Repubblica presso la corte di cassazione, presidente aggiunto presso la corte di cassazione, presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche;

c) presidente di sezione presso la corte di cassazione e avvocato generale presso la corte medesima;

d) presidente di corte d’appello;

e) procuratore generale presso la corte d’appello.

Art. 29.

(Modalità di conferimento delle funzioni giudiziarie)

1. Le funzioni giudiziarie di appello, di cassazione e direttive superiori sono conferite dal Consiglio superiore della magistratura ai magistrati che hanno conseguito le valutazioni di professionalità di cui all’articolo 28, e nei limiti di cui all’articolo 39, a domanda degli interessati o d’ufficio secondo l’ordine di ruolo in caso di mancanza o di inidoneità delle candidature proposte.

2. Per attribuire le funzioni il Consiglio superiore della magistratura procede a valutazioni comparative dei candidati, che abbiano presentato domanda o che siano esaminati in vista del conferimento d’ufficio, sulla base delle risultanze delle valutazioni di professionalità e di ogni altro elemento di conoscenza di cui il Consiglio è in possesso, secondo criteri stabiliti con i provvedimenti di cui all’articolo 44, che tengono conto della specificità delle singole funzioni.

3. I magistrati di tribunale, di appello, di cassazione e di cassazione titolari di funzioni direttive superiori sono collocati nel ruolo di anzianità della magistratura in separati raggruppamenti, ciascuno corrispondente alle funzioni ad essi conferite, e in quest’àmbito prendono posto nell’ordine di data in cui le hanno conseguite.

Art. 30.

(Valutazione di attitudine e di

professionalità)

1. I magistrati sono sottoposti a valutazione di attitudine e di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente.

2. Continuano a trovare applicazione gli articoli 1 e 5 della legge 2 aprile 1979, n. 97, per quanto attiene alla valutazione cui deve essere sottoposto l’uditore giudiziario dopo il primo anno di svolgimento delle funzioni giudiziarie.

3. La valutazione di professionalità deve riguardare la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno.

4. La valutazione di professionalità riguarda anche l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano specifici elementi.

5. Con i provvedimenti di cui all’articolo 44, comma 1, sono specificati gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari, nonchè i parametri per consentire l’omogeneità delle valutazioni.

Art. 31.

(Capacità)

1. La capacità è riferita all’equilibrio del magistrato, alla sua preparazione giuridica ed al suo aggiornamento, alle metodologie di analisi delle questioni da risolvere e al possesso delle tecniche di argomentazione e di valutazione delle prove, e, secondo le funzioni esercitate, alla conoscenza e padronanza delle tecniche di indagine, alla conduzione dell’udienza, all’efficacia nel dirigere, utilizzare e controllare l’apporto dei collaboratori ed ausiliari.

Art. 32.

(Laboriosità)

1. La laboriosità è riferita alla qualità ed al numero degli affari trattati, in relazione al tipo di ufficio e alla sua condizione organizzativa e strutturale, nonchè ai tempi di smaltimento del lavoro, con particolare attenzione alla cura dedicata agli affari più impegnativi.

 

Art. 33

(Diligenza)

1. La diligenza è riferita all’assiduità e alla puntualità di presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti o comunque necessari per l’adeguato espletamento del servizio, al rispetto del termine per l’emissione, la redazione e il deposito dei provvedimenti, o comunque per il compimento di attività giudiziarie.

Art. 34.

(Impegno)

1. L’impegno è riferito alla partecipazione al buon andamento dell’ufficio, nonchè alla disponibilità per sostituzioni, applicazioni e supplenze necessarie per il miglior funzionamento del medesimo.

Art. 35.

(Attitudine alla dirigenza)

1. L’attitudine alla dirigenza è riferita alla capacità organizzativa, di programmazione e di gestione, in relazione al tipo di ufficio e alle relative dotazioni. E’ riferita altresì alla capacità di valorizzare le attitudini di magistrati e funzionari, e di responsabilizzarli nei rispettivi compiti; alla capacità di controllo amministrativo sull’andamento generale dell’ufficio e alla capacità di ideare, programmare e realizzare con tempestività gli adattamenti organizzativi e gestionali convenienti, avvalendosi delle professionalità necessarie.

2. La valutazione dell’attitudine alla dirigenza tiene conto delle esperienze direttive anteriori, ove esistenti, dell’enunciazione degli obiettivi e dei risultati conseguiti. Nella predetta valutazione, si considerano positivamente la pluralità delle esperienze nelle diverse funzioni, gli incarichi svolti, la frequenza dei corsi di formazione per la dirigenza ed ogni altra esperienza ritenuta utile.

Art. 36.

(Procedimento per la valutazione di attitudine e di professionalità)

1. Entro il mese successivo alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce:

a) la relazione del magistrato valutando il lavoro svolto nel periodo oggetto di valutazione, unitamente a quant’altro egli ritenga di allegare, compresi atti e provvedimenti da esaminare;

b) le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio, secondo i criteri stabiliti nel provvedimento di cui all’articolo 44, comma 1;

c) i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali ha partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi, stabiliti dal provvedimento di cui all’articolo 44, comma 1;

d) l’indicazione degli incarichi extragiudiziari svolti dal magistrato nel periodo valutato;

e) il rapporto ed ogni eventuale segnalazione proveniente dai capi degli uffici, le segnalazioni eventualmente pervenute dal consiglio dell’ordine degli avvocati, sempre che si riferiscano a fatti concreti incidenti sulla professionalità del magistrato, con particolare attenzione a fatti indicativi di esercizio non indipendente della funzione o di mancanza di equilibrio. Il rapporto del capo dell’ufficio è trasmesso al consiglio giudiziario dal presidente della corte d’appello o dal procuratore generale con le proprie considerazioni.

2. Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti segnalati da suoi componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell’ordine degli avvocati, dando tempestiva comunicazione all’interessato, del quale può procedere all’audizione. L’audizione è sempre disposta se l’interessato ne fa richiesta.

 

Art. 37.

(Parere del consiglio giudiziario)

1. Sulla base delle acquisizioni di cui all’articolo 36 il consiglio giudiziario formula, se si tratta delle valutazioni relative al terzo, quinto e settimo periodo oggetto di valutazione, un parere motivato, che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e ai verbali delle audizioni.

2. Copia del parere è comunicata all’interessato e al Ministro della giustizia, per le osservazioni di cui all’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni.

3. Il magistrato, entro dieci giorni dalla comunicazione del parere, può fare pervenire al Consiglio superiore della magistratura le sue osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente.

4. Il consiglio giudiziario può essere delegato dal Consiglio superiore della magistratura ad effettuare, sulla base dei criteri dallo stesso indicati all’atto del suo insediamento, le valutazioni di professionalità relative ai periodi diversi dal terzo, quinto e settimo. In tal caso il consiglio giudiziario, se ritiene di esprimere un giudizio positivo, adotta la relativa delibera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai magistrati della corte di cassazione, della procura generale della Repubblica presso la corte di cassazione e del tribunale superiore delle acque pubbliche.

5. La delibera è comunicata al magistrato interessato, che può proporre ricorso al Consiglio superiore della magistratura entro trenta giorni e può chiedere di essere ascoltato personalmente.

6. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisite le osservazioni del consiglio giudiziario, decide sul ricorso entro novanta giorni e, in caso di accoglimento, sostituisce, integra o modifica la delibera del consiglio giudiziario.

7. Qualora il consiglio giudiziario ritenga di dover esprimere un giudizio non positivo o negativo, trasmette il proprio motivato parere al Consiglio superiore della magistratura, che decide direttamente, in applicazione dei commi 2 e 3 del presente articolo.

Art. 38.

(Consigli giudiziari)

1. Il primo e il secondo comma dell’articolo 6 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come sostituito dall’articolo 1 della legge 12 ottobre 1966, n. 825, sono sostituiti dai seguenti:

«Presso ogni corte d’appello è costituito un consiglio giudiziario.

Il consiglio giudiziario è presieduto dal presidente della corte d’appello ed è composto dal procuratore generale della Repubblica, nonchè, a seconda che l’organico dei magistrati del distretto sia inferiore a duecento unità, sia compreso fra duecento e quattrocento unità, o sia superiore alle quattrocento unità, rispettivamente da:

a) otto membri, di cui tre supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: un componente effettivo ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio;

b) tredici membri, di cui cinque supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; tre componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; tre componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio;

c) sedici membri, di cui cinque supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: tre componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; quattro componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; quattro componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio.

Nei distretti nei quali non è possibile eleggere i magistrati alla quinta valutazione di attitudine e di professionalità, i posti sono attribuiti ai magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione.

Presso la corte di cassazione è istituito un consiglio giudiziario, del quale fanno parte il presidente aggiunto, che lo presiede, e l’avvocato generale più anziano della procura generale della Repubblica presso la corte medesima, nonchè altri cinque membri effettivi e due supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati in servizio presso la corte di cassazione, la procura generale e il tribunale superiore delle acque pubbliche, con voto personale e segreto, fra i magistrati aventi le seguenti qualifiche: un componente effettivo presidente di sezione o avvocato generale; tre componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati con funzioni di consigliere o di sostituto procuratore generale; un componente effettivo ed uno supplente tra i magistrati di appello o di tribunale destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario o del ruolo.

Il consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma è competente anche per i magistrati della Direzione nazionale antimafia.

In ogni consiglio giudiziario il presidente della corte d’appello e il procuratore generale della Repubblica, in caso di mancanza o di impedimento, sono sostituiti rispettivamente dal magistrato che ne esercita la funzione».

2. L’istruttoria dei pareri e delle valutazioni di cui all’articolo 37 è distribuita tra tutti i componenti, anche supplenti, del consiglio giudiziario. A tal fine i componenti possono avvalersi, oltre che dei magistrati distrettuali secondo quanto previsto dall’articolo 7 della legge 13 febbraio 2001, n. 48, degli uffici amministrativi della corte d’appello.

Art. 39.

(Giudizio positivo e legittimazioni)

1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è positivo quando ricorrono in modo sufficiente tutti i parametri di valutazione.

2. Le funzioni di appello, di cassazione e direttive superiori possono essere conferite solamente ai magistrati che abbiano ottenuto un giudizio positivo, sulla base del risultato del procedimento per la valutazione di attitudine e professionalità ottenuto nella terza, quinta o settima valutazione.

Art. 40.

(Giudizio non positivo)

1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è non positivo quando risultano deficienti uno o più parametri di valutazione.

2. Se il giudizio è non positivo, il Consiglio superiore della magistratura procede a una nuova valutazione di attitudine e di professionalità dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. La nuova valutazione può concludersi solamente con un giudizio positivo o negativo.

3. In caso di giudizio positivo il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di anzianità sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell’anno.

4. Al fine del conferimento di funzioni più elevate, il magistrato può essere classificato solamente dopo un quinquennio dal conseguimento del giudizio positivo.

 

Art. 41.

(Giudizio negativo)

1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri di valutazione.

2. Se il giudizio è negativo, il magistrato è sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio. Il Consiglio superiore della magistratura può disporre che il magistrato partecipi ad uno o più corsi di qualificazione, indicando le specifiche carenze riscontrate; può anche assegnare il magistrato, previa sua audizione, ad una diversa funzione nella medesima sede, o escluderlo dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o di collaborazione direttiva o a funzioni specifiche. La nuova valutazione può concludersi solamente con un giudizio positivo o negativo.

3. Il giudizio negativo comporta la perdita del diritto all’aumento periodico di stipendio.

4. Se al giudizio negativo consegue un giudizio positivo, il magistrato, al fine del conferimento di funzioni più elevate, che non siano state escluse ai sensi del comma 2, può essere classificato solamente dopo sei anni dal giudizio positivo.

5. Se il Consiglio superiore della magistratura formula, previa audizione del magistrato, un secondo giudizio negativo, questi è dispensato dal servizio.

6. Prima dell’audizione il magistrato deve essere informato della facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Tra l’avviso e l’audizione deve intercorrere un termine non inferiore a trenta giorni. Il magistrato ha facoltà di depositare atti e memorie fino a sette giorni prima dell’audizione e di farsi assistere da un altro magistrato o da un avvocato del foro libero. Non può, comunque, essere concesso più di un differimento dell’audizione per impedimento del magistrato designato per l’assistenza.

7. Resta fermo quanto previsto dall’ordinamento giudiziario per i fatti costituenti illecito disciplinare.

Art. 42.

(Valutazione di attitudine e di professionalità per i magistrati fuori ruolo)

1. La valutazione di attitudine e di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo è compiuta sulla base della capacità, laboriosità, diligenza, impegno e attitudine alla dirigenza, riferiti alla funzione esercitata.

2. Il Consiglio superiore della magistratura esprime il giudizio:

a) quanto ai magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, previa acquisizione del parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai membri che rivestono la qualità di magistrato, redatto sulla base del rapporto informativo del capo dell’ufficio al quale il magistrato appartiene;

b) quanto agli altri magistrati collocati fuori ruolo, compresi quelli in servizio all’estero, previo parere del consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma, redatto sulla base della relazione dell’autorità presso la quale i magistrati prestano servizio, illustrativa dell’attività svolta.

3. E’ fatta salva in ogni caso la facoltà dell’interessato di produrre ogni utile documentazione, purchè attinente ai parametri di valutazione.

Art. 43.

(Trattamento economico e misura delle retribuzioni)

1. Continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di trattamento economico del personale della magistratura, secondo quanto previsto dalla tabella annessa alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, e successive modificazioni. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 5 della legge 6 agosto 1984, n. 425, in relazione ai livelli retributivi previsti dalla predetta tabella, non si considerano i periodi temporali di cui agli articoli 40 e 41 della presente legge.

 

Art. 44.

(Norme transitorie)

1. Il Consiglio superiore della magistratura, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplina i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali di udienza di cui all’articolo 36, definisce le modalità per la redazione dei pareri dei consigli giudiziari secondo modelli tipo o attraverso sistemi informatizzati ed enuncia i criteri di valutazione comparativa per i casi in cui la stessa è richiesta.

2. Con uno o più decreti, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia disciplina le modalità per la raccolta dei dati ai fini dell’articolo 36.

Art. 45.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con quelle della presente legge, ed in particolare gli articoli da 2 a 32 della legge 4 gennaio 1963, n. 1, la legge 25 luglio 1966, n. 570, e successive modificazioni, la legge 20 dicembre 1973, n. 831, e successive modificazioni, gli articoli 2, 3 e 4 della legge 2 aprile 1979, n. 97.

Art. 46.

(Efficacia di singole disposizioni)

1. Le funzioni elencate nei commi 3, 4 e 5 dell’articolo 28 sono rispettivamente conferite ai magistrati che, secondo la normativa previgente, abbiano già ottenuto la nomina a magistrato di appello, la dichiarazione di idoneità ad essere nominati magistrati di cassazione o quella di idoneità alle funzioni direttive superiori. Per il conferimento di tali funzioni trovano applicazione le disposizioni dell’articolo 29.

2. Nei confronti dei magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, le valutazioni periodiche operano alla scadenza del primo periodo utile successivo alla predetta data, determinata utilizzando quale momento iniziale la data del decreto di nomina ad uditore giudiziario. Tale corrispondenza regola anche la misura delle retribuzioni determinate ai sensi dell’articolo 43.

3. Nei casi previsti dall’articolo 211 dell’ordinamento giudiziario, la corrispondenza viene operata tenendo conto del servizio effettivo prestato a decorrere dal decreto di nomina a magistrato ordinario. La eventuale maggiore retribuzione in godimento viene conservata ai sensi dell’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

 

TITOLO IV

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 47.

(Doveri del magistrato)

1. Il magistrato deve esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo.

2. In ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato deve rispettare la dignità della persona.

3. Anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non deve tenere comportamenti che ne compromettano la credibilità.

4. La violazione dei doveri costituisce illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dagli articoli 48, 49 e 50.

Art. 48.

(Illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni)

1. Costituiscono illecito disciplinare:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all’articolo 47, arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di cui all’articolo 74; l’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

b) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con l’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato, attuata mediante l’esercizio delle funzioni; ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza;

c) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti, e sempre che ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità; ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza;

d) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; l’abituale e ingiustificata esenzione dal lavoro giudiziario, compresa la redazione dei provvedimenti, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o del presidente di un collegio; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione dell’organo competente; ogni altra rilevante violazione del dovere di laboriosità;

e) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonchè la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui;

f) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o del presidente di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 73 e 74 o di una delle fattispecie di cui agli articoli 76 e 77.

2. Fermo quanto previsto dalla lettera c) del comma 1, non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto nè quella di valutazione del fatto e delle prove.

Art. 49.

(Illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni)

1. Costituiscono illecito disciplinare:

a) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sè o per altri;

b) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale o aver subìto condanna per gravi delitti non colposi o una misura di prevenzione, ovvero il trattenere rapporti di affari con una di tali persone;

c) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente; lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento del dovere di laboriosità;

d) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nell’esercizio delle funzioni giudiziarie;

e) la partecipazione ad associazioni i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;

f) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste e ogni altro comportamento tenuto in pubblico idoneo a compromettere in modo grave la credibilità della funzione giudiziaria.

Art. 50.

(Illeciti disciplinari conseguenti al reato)

1. Costituiscono illecito disciplinare:

a) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva, sola o congiunta alla pena pecuniaria;

b) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

c) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

d) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita.

 

Art. 51.

(Sanzioni disciplinari)

1. Le sanzioni disciplinari sono:

a) l’ammonimento;

b) la censura;

c) la perdita dell’anzianità;

d) l’incapacità perpetua o temporanea ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione direttiva;

e) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

f) la rimozione.

2. L’ammonimento consiste nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso.

3. La censura consiste in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione.

4. La sanzione della perdita dell’anzianità è inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni; il conseguente spostamento in ruolo non può essere inferiore ad un quarantesimo nè superiore a un decimo dei posti in organico della relativa qualifica.

5. La sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione direttiva è inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna.

6. La sospensione dalle funzioni comporta altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo.

7. La rimozione determina la cessazione del rapporto di servizio.

8. Quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applica altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile.

9. Le sanzioni di cui ai commi 4 e 7 sono eseguite mediante decreto del Presidente della Repubblica.

Art. 52.

(Sanzioni per determinati illeciti disciplinari)

1. Sono puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all’articolo 47, arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti;

b) l’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

c) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui all’articolo 73;

d) ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

e) i comportamenti previsti dall’articolo 48, comma 1, lettera b), primo periodo;

f) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

g) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;

h) la scarsa laboriosità, se abituale;

i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

l) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale o grave;

m) i comportamenti previsti dall’articolo 49, comma 1, lettera b).

2. Sono puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all’articolo 47, arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti, se gravi;

b) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave.

3. È punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione direttiva l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se abituale o grave.

4. Sono puniti con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’esercizio di attività o l’assunzione di impieghi vietati ai sensi dell’articolo 73, nonchè l’accettazione di incarichi ed uffici vietati dalla legge o non autorizzati.

5. È rimosso il magistrato che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice.

Art. 53.

(Sanzione accessoria del trasferimento ad altra sede o ad altro ufficio)

1. Nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura può disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia.

2. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dall’articolo 48, comma 1, lettera a), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, e dall’articolo 49, comma 1, lettera a), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni.

Art. 54.

(Competenza e composizione della sezione disciplinare)

1. La cognizione dei giudizi disciplinari a carico dei magistrati è attribuita alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, composta di sette componenti effettivi e di sette supplenti.

2. Sono componenti effettivi della sezione disciplinare: il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, che la presiede, due componenti eletti dal Parlamento, un componente eletto quale magistrato di cassazione con effettivo esercizio di funzioni di legittimità e tre componenti eletti quali magistrati con funzioni di merito.

3. Sono componenti supplenti della sezione disciplinare: tre componenti eletti dal Parlamento, uno dei quali è designato a sostituire il vicepresidente, un componente eletto quale magistrato di cassazione con effettivo esercizio di funzioni di legittimità e tre componenti eletti quali magistrati con funzioni di merito.

4. Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura è componente di diritto della sezione disciplinare. Gli altri componenti, effettivi e supplenti, sono eletti dal Consiglio superiore della magistratura tra i propri membri; nella elezione deve essere indicato il componente non magistrato designato a sostituire il vicepresidente. L’elezione ha luogo per scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio. In caso di parità di voti tra gli appartenenti alla stessa categoria, è eletto il più anziano di età.

Art. 55.

(Sostituzione dei componenti della sezione disciplinare)

1. In caso di assenza, impedimento, astensione o ricusazione, il vicepresidente del Consiglio superiore è sostituito nella presidenza della sezione disciplinare dal componente effettivo eletto dal Parlamento designato a tale funzione ai sensi dell’articolo 54, comma 4.

2. Ciascuno dei componenti effettivi eletti dal Parlamento è sostituito dal componente supplente a ciò designato nell’elezione prevista dal comma 4 dell’articolo 54; se la sostituzione non è possibile, il componente effettivo è sostituito dall’altro componente supplente della medesima categoria.

3. I componenti effettivi magistrati sono sostituiti dai supplenti della medesima categoria.

4. Sulla ricusazione di un componente della sezione disciplinare decide la stessa sezione, previa sostituzione del componente ricusato con il supplente corrispondente.

Art. 56.

(Composizione della sezione disciplinare per la cognizione del giudizio di rinvio)

1. Per la cognizione del giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte delle Sezioni unite della Corte di cassazione, la sezione disciplinare è composta dai sette componenti supplenti ovvero dai componenti supplenti e da quei componenti effettivi che, a causa di loro impedimento, siano stati eventualmente sostituiti da componenti supplenti nell’originario giudizio disciplinare.

Art. 57.

(Pubblico ministero ed attività d’indagine)

1. Le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, salvo quanto previsto dall’articolo 61, comma 7.

2. All’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare provvede il pubblico ministero.

Art. 58.

(Termini)

1. L’azione disciplinare è promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata.

2. Entro un anno dalla data di inizio del procedimento deve essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; la sezione disciplinare deve pronunciarsi entro un anno dalla data della richiesta. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di sei mesi e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta.

3. Il corso dei termini è sospeso:

a) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza pronunciata in giudizio o il decreto penale di condanna;

b) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

c) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

d) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato.

Capo II

PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Art. 59.

(Esercizio dell’azione disciplinare e inizio del procedimento)

1. Il Ministro della giustizia promuove l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede.

2. L’azione disciplinare può essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, il quale ne dà comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini.

3. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbono comunicare al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare.

4. La richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del comma 2 determinano a tutti gli effetti l’inizio del procedimento.

5. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione può contestare fatti nuovi nel corso delle indagini anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al comma 2, ultimo periodo.

Art. 60.

(Comunicazioni all’incolpato ed atti di indagine)

1. Dell’inizio del procedimento deve essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione deve essere data per le ulteriori contestazioni di cui all’articolo 59, comma 5. L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonchè, se del caso, da un consulente tecnico.

2. Gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, sono nulli ma la nullità non può essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare.

3. Per l’attività di indagine si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 372 e 373 del codice penale.

4. Per gli atti da compiere fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero può richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della Corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto.

5. Al termine delle indagini, il procuratore generale, con le richieste conclusive di cui all’articolo 61, invia alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dà comunicazione all’incolpato; il fascicolo è depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti.

Art. 61.

(Chiusura delle indagini)

1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formula l’incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto.

2. Il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione, può chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

3. Il presidente della sezione disciplinare fissa, con decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti.

4. Il decreto di cui al comma 3 è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonchè al difensore di quest’ultimo se già designato.

5. Nel caso in cui il procuratore generale ritiene che si debba escludere l’addebito, fa richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto.

6. Il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 5, può richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione.

7. Decorsi i termini di cui al comma 6, sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decide in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, procede nei modi previsti dai commi 3 e 4. Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si procede nei modi previsti nei commi 3 e 4 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate da un magistrato in servizio presso il Ministero della giustizia, designato dal Ministro.

Art. 62.

(Discussione nel giudizio disciplinare e decisione)

1. Nella discussione orale, un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolge la relazione.

2. L’udienza non è pubblica, tranne diversa richiesta dell’incolpato; tuttavia, anche in questo caso, la sezione disciplinare, sentito il pubblico ministero, può disporre che la discussione non sia pubblica a tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa.

3. La sezione disciplinare può assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, può disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonchè delle prove acquisite nel corso delle indagini; può consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero e dell’incolpato. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372 e 373 del codice penale.

4. La sezione disciplinare delibera immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero e la difesa dell’incolpato; questi deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio.

5. Se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiara esclusa la sussistenza.

6. I motivi della decisione sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione.

7. Dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare è data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 66. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento.

Art. 63.

(Rapporti con altri giudizi)

1. L’azione disciplinare è promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 58, comma 3.

2. Hanno autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, la sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione e quella irrevocabile di proscioglimento pronunciate perchè il fatto non sussiste o perchè l’imputato non lo ha commesso.

Art. 64.

(Sospensione cautelare necessaria)

1. A richiesta del Ministro della giustizia o del procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospende dalle funzioni e dallo stipendio e colloca fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale.

2. La sospensione permane sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione deve essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorchè la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione può essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare.

3. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo.

4. Il magistrato riacquista il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile o se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione.

Art. 65.

(Sospensione cautelare facoltativa)

1. Quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il procuratore generale presso la Corte di cassazione possono chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare.

2. La sezione disciplinare convoca il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provvede dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare.

3. La sospensione può essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio.

4. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 6, e all’articolo 64, commi 3 e 4.

Art. 66.

(Ricorso per cassazione)

1. Contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli articoli 64 e 65 e contro le decisioni della sezione disciplinare l’incolpato, il Ministro della giustizia e il procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Il ricorso ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

2. La Corte di cassazione decide a Sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.

Art. 67.

(Reintegrazione a seguito di sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento)

1. Il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso ha diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti.

 

 

Art. 68.

(Corresponsione degli arretrati al magistrato sospeso)

1. La sospensione cautelare cessa di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento.

2. Se è pronunciata decisione di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione delle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare.

Art. 69.

(Revisione)

1. In ogni tempo è ammessa la revisione delle decisioni divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

a) i fatti posti a fondamento della decisione risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

b) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;

c) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile.

2. Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio.

Art. 70.

(Istanza di revisione)

1. La revisione può essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale.

2. L’istanza di revisione è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

3. Nei casi previsti dall’articolo 69, comma 1, lettere a) e c), all’istanza deve essere unita copia autentica della sentenza penale.

4. La revisione può essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui all’articolo 69 e con le modalità di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo.

Art. 71.

(Provvedimenti sull’istanza di revisione)

1. La sezione disciplinare acquisisce gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiara inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al comma 2 dell’articolo 69, o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 70 ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, dispone procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare.

2. Contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione è ammesso ricorso alle Sezioni unite penali della Corte di cassazione.

Art. 72.

(Giudizio di revisione)

1. In caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revoca la precedente decisione.

2. Il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione ha diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonchè a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, rilevata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

 

Capo III

INCOMPATIBILITÀ

Art. 73.

(Incompatibilità di funzioni e ineleggibilità per i magistrati)

1. I magistrati non possono assumere impieghi od uffici pubblici o privati. Possono assumere l’ufficio di senatore, deputato, ministro, sottosegretario di Stato, deputato al Parlamento europeo, consigliere regionale, provinciale, comunale, circoscrizionale, presidente della provincia, sindaco, componente della giunta regionale, provinciale o comunale, alle condizioni e con i limiti stabiliti nei commi 2, 3 e 4. I magistrati non possono esercitare libere professioni, anche se non ordinate in albi professionali, nè attività industriali, commerciali o comunque imprenditoriali.

2. I magistrati, esclusi quelli in servizio presso la Corte di cassazione, non possono essere eletti senatore, deputato, deputato al Parlamento europeo, consigliere regionale, provinciale, comunale, circoscrizionale, presidente della provincia o sindaco, nelle circoscrizioni elettorali sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali si sono trovati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni in un periodo compreso nei due anni antecedenti la data di accettazione della candidatura. Non possono altresì essere eletti alle suddette cariche nè essere nominati componenti di una giunta regionale, provinciale o comunale se all’atto dell’accettazione della candidatura o della nomina non si trovano in aspettativa.

3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche nel caso di scioglimento anticipato dell’assemblea elettiva.

4. I magistrati in servizio presso la Corte di cassazione, il tribunale superiore delle acque pubbliche, la procura generale presso la Cassazione possono essere eletti alle cariche di cui al comma 2 solo se si trovano in aspettativa almeno novanta giorni prima della data di convocazione dei comizi elettorali e, nel caso di scioglimento anticipato dell’assemblea elettiva, entro sette giorni dalla data del decreto di scioglimento, semprechè non si tratti di circoscrizione elettorale presso la quale abbiano esercitato giurisdizione negli ultimi due anni. Non possono essere nominati componenti di una giunta regionale, provinciale o comunale se non si trovano in aspettativa all’atto della nomina.

5. Sono abrogati il primo comma dell’articolo 8 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e ogni altra norma incompatibile con le disposizioni del presente articolo.

Art. 74.

(Incompatibilità per vincoli di parentela, coniugio o affinità)

1. Il magistrato non può essere assegnato o trasferito o comunque prestare servizio in un ufficio giudiziario nel quale il coniuge, un parente o un affine fino al secondo grado esercita le funzioni di magistrato. Il Consiglio superiore della magistratura può tuttavia derogare al divieto se, tenuto conto anche del numero delle sezioni che compongono l’ufficio, ritiene che non sussistono motivi di intralcio al corretto e regolare svolgimento dell’attività giudiziaria e che non è compromessa la credibilità della funzione giudiziaria.

2. Il magistrato non può esercitare le funzioni:

a) nell’ufficio dinanzi al quale svolge abitualmente la professione forense il coniuge o un parente in linea retta, o collaterale fino al secondo grado, salvo che il Consiglio superiore della magistratura accerti, anche in relazione al numero dei componenti l’ufficio, che le rispettive attività si svolgono in ambiti assolutamente distinti;

b) nel territorio del distretto ove è compreso l’ufficio innanzi al quale il coniuge o un parente in linea retta o in linea collaterale fino al secondo grado ovvero un affine in linea retta o in linea collaterale fino al secondo grado è imputato di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o è sottoposto a procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione, sempre che, avuto riguardo ai suoi rapporti con l’imputato, alla funzione da lui esercitata e al numero dei componenti l’ufficio, possa risultare gravemente compromessa la fiducia nel regolare svolgimento della funzione giudiziaria. L’incompatibilità permane sino a quando il procedimento pende dinanzi ad uno degli uffici del distretto;

c) nella sede del suo ufficio quando il coniuge o un parente in linea retta o collaterale fino al secondo grado ovvero altro parente o affine con lui convivente tenga ivi una condotta che, per la natura riprovevole e la notorietà, anche in relazione alla dimensione territoriale dell’ufficio, comprometta gravemente la fiducia nella imparzialità o nella correttezza della funzione giudiziaria.

3. Agli effetti del presente articolo al rapporto di coniugio è parificata la convivenza di fatto.

Art. 75.

(Destinazione ad altre funzioni o trasferimento ad altra sede per incompatibilità o per inettitudine)

1. Salvo quanto disposto dagli articoli 52 e 53, il magistrato, anche senza il suo consenso, è destinato ad altre funzioni o è trasferito ad altra sede quando si trova in uno dei casi di incompatibilità previsti dall’articolo 74 o quando per qualsiasi causa, anche indipendentemente da sua colpa e prescindendo da ogni valutazione in ordine a provvedimenti emessi nell’espletamento dell’attività giurisdizionale, non può, nella sede o nell’ufficio che occupa, amministrare la giustizia nelle condizioni richieste per la credibilità della funzione.

2. Il magistrato dirigente dell’ufficio è destinato, anche senza il suo consenso, ad altre funzioni non direttive quando risulti oggettivamente inidoneo all’incarico ricoperto.

Art. 76.

(Norme procedimentali)

1. Quando ricorre una delle situazioni previste dagli articoli 74 e 75, il magistrato interessato o il dirigente dell’ufficio ovvero il magistrato cui compete il potere di sorveglianza che abbia avuto comunque notizia di una delle predette situazioni ha l’obbligo di denunciarla al Consiglio superiore della magistratura entro il termine di quindici giorni dalla data in cui ne è venuto a conoscenza. Il Consiglio superiore può anche attivarsi su richiesta del Ministro della giustizia ovvero d’ufficio.

2. La competente commissione del Consiglio superiore della magistratura, compiuti tempestivamente eventuali accertamenti preliminari, se non ritiene di proporre al Consiglio superiore della magistratura l’archiviazione, dispone l’apertura della procedura di trasferimento dandone immediatamente avviso all’interessato ed avvertendolo che potrà essere sentito, anche a sua richiesta, con l’eventuale assistenza di altro magistrato. Le indagini debbono essere svolte entro il termine di tre mesi dalla comunicazione dell’avviso di cui al presente comma.

3. Esaurite le indagini, gli atti della procedura sono depositati nella segreteria della commissione; del deposito è dato immediato avviso all’interessato che, nei venti giorni successivi alla ricezione dell’avviso, ha facoltà di prendere visione degli atti, di estrarne copia e di presentare controdeduzioni scritte.

4. Trascorso il termine di cui al comma 3, la commissione, se non debbono essere compiuti ulteriori accertamenti, propone al Consiglio superiore della magistratura, entro i successivi trenta giorni, il trasferimento d’ufficio del magistrato o l’archiviazione degli atti.

5. La data della seduta fissata dal Consiglio superiore della magistratura per la decisione è comunicata almeno venti giorni prima all’interessato, che ha diritto di essere sentito personalmente con l’assistenza di altro magistrato o di un avvocato. Il Consiglio decide con provvedimento motivato entro tre mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 4. La seduta del Consiglio non è pubblica.

6. La procedura di trasferimento d’ufficio non può essere iniziata o proseguita se il magistrato è stato, a domanda, trasferito ad altra sede o destinato ad altre funzioni, con cessazione della situazione di incompatibilità.

7. Nel caso previsto dalla lettera b) del comma 2 dell’articolo 74 il magistrato deve essere trasferito ad altro distretto. Quando il procedimento penale che ha determinato l’incompatibilità si conclude con sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento o quando la proposta per l’applicazione della misura di prevenzione viene rigettata, il magistrato che ne fa domanda è destinato all’ufficio di provenienza o ad altro della stessa sede, anche in soprannumero.

 

Art. 77.

(Dispensa dal servizio, collocamento in aspettativa o destinazione ad altre funzioni per infermità)

1. Il magistrato è dispensato dal servizio se per qualsiasi infermità permanente o per sopravvenuta inettitudine non può adempiere convenientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio.

2. Se l’infermità ha carattere temporaneo, il magistrato può essere di ufficio collocato in aspettativa fino al termine massimo consentito dalle vigenti disposizioni. Decorso tale termine, il magistrato che ancora non si trova in condizioni di essere richiamato dall’aspettativa è dispensato dal servizio.

3. Il magistrato può essere destinato ad altre funzioni senza il suo consenso quando le sue condizioni di salute pregiudicano in modo grave lo svolgimento della specifica funzione giudiziaria di cui è investito.

4. Si applicano le disposizioni contenute nei commi da 1 a 5 dell’articolo 76. Nel corso della procedura il magistrato può farsi assistere anche da un perito di fiducia.

5. Nel caso previsto dal comma 3, la procedura non può essere iniziata o proseguita se il magistrato, a domanda, è stato destinato ad altre funzioni compatibili con il suo stato di salute.

6. La sezione disciplinare, se pronuncia non luogo a procedere per infermità di mente dell’incolpato, trasmette gli atti alla competente commissione referente perchè venga attivato immediatamente il procedimento di dispensa dal servizio.

 

Art. 78.

(Divieto di iscrizione a partiti politici)

1. Ai magistrati è fatto divieto di iscriversi a partiti politici.

2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 è punita con sanzione non superiore alla censura.

 

TITOLO V

Art. 79.

(Uffici direttivi)

1. Sono considerati direttivi i seguenti uffici:

a) primo presidente della corte di cassazione;

b) procuratore generale della Repubblica presso la corte di cassazione, presidente aggiunto presso la corte di cassazione, presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche;

c) presidente di sezione presso la corte di cassazione e avvocato generale presso la corte medesima;

d) presidente di corte d’appello e procuratore generale presso la stessa corte;

e) presidenti di tribunale, presidente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, procuratore della Repubblica e procuratore nazionale antimafia, presidente di tribunale di sorveglianza e presidente del tribunale per i minorenni.

 

Art. 80.

(Nomina)

1. Gli uffici direttivi sono conferiti, a domanda, dal Consiglio superiore della magistratura, il quale nel deliberare, tiene conto anche delle valutazioni e dei pareri espressi dai consigli giudiziari ai sensi dell’articolo 37.

2. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni.

Art. 81.

(Durata dell’ufficio)

1. I titolari degli uffici direttivi durano in carica quattro anni.

2. Il termine di cui al comma 1 può essere prorogato per altri quattro anni, su richiesta del titolare dell’ufficio direttivo, se il Consiglio superiore della magistratura, sulla base del parere del consiglio giudiziario e degli elementi comunque acquisiti, ritiene che egli abbia svolto le funzioni direttive con particolare merito. La proroga prevista dal presente comma può essere concessa per una sola volta.

3. La proroga dell’incarico è ammessa anche nel caso in cui pendano processi particolarmente rilevanti e complessi nei quali il titolare dell’ufficio direttivo sia direttamente impegnato e sino alla conclusione di essi.

4. Allo scadere del quarto anno o della proroga concessa ai sensi dei commi 2 e 3, ovvero qualora non sia accolta la richiesta formulata ai sensi del comma 2, il magistrato può fare domanda di acquisire la titolarità di un ufficio direttivo presso una sede giudiziaria diversa da quella nella quale ha esercitato l’ultimo incarico direttivo.

5. Fino alla decorrenza del termine previsto dall’articolo 194 dell’ordinamento giudiziario, il titolare di un ufficio direttivo non può chiedere di essere assegnato a funzioni diverse o trasferito ad altra sede, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia.

 

Art. 82.

(Revoca dell’incarico)

1. Il Consiglio superiore della magistratura, qualora, acquisito ogni utile elemento e previa audizione dell’interessato, accerti la palese inidoneità ad esercitare le funzioni direttive, può revocare le predette funzioni prima della scadenza del termine di legge. In tal caso, si applicano le disposizioni dell’articolo 84.

Art. 83.

(Condizioni per la nomina)

1. Gli uffici direttivi della magistratura di merito non possono essere conferiti ai magistrati il cui collocamento a riposo deve avere luogo entro il successivo biennio.

2. Restano fermi gli altri requisiti previsti dalla legge per la nomina ad uffici direttivi.

 

Art. 84.

(Cessazione dall’ufficio per scadenza dell’incarico)

1. Alla scadenza dell’incarico il magistrato che ha esercitato funzioni direttive ha diritto di essere assegnato, con precedenza su chiunque, alle funzioni ed alla sede di provenienza se vi sono posti vacanti, ovvero se non ve ne sono di essere assegnato in sovrannumero ad uno degli uffici giudiziari del comune in cui ha sede l’ufficio al quale egli era preposto.

 

Art. 85.

(Funzioni giurisdizionali)

1. Il presidente della corte d’appello e il presidente del tribunale possono esercitare funzioni giurisdizionali soltanto presso la sezione dei rispettivi uffici indicata, a tal fine, nella tabella annuale.

Art. 86.

(Funzioni di collaborazione direttiva)

1. Esercitano funzioni di collaborazione direttiva, insieme alle altre funzioni giudiziarie, i titolari dei seguenti uffici:

a) presidente di sezione della corte di cassazione;

b) presidente di sezione di corte d’appello;

c) procuratore generale aggiunto presso la corte di cassazione e presso la corte d’appello;

d) presidente di sezione di tribunale;

e) procuratore della Repubblica aggiunto;

g) presidente aggiunto della sezione dei giudici per le indagini preliminari.

Art. 87.

(Nomina e durata dell’ufficio)

1. Gli uffici di collaborazione direttiva sono conferiti dal Consiglio superiore della magistratura su domanda e su proposta del consiglio giudiziario, formulata in base alle competenze ad esso attribuite dagli articoli 36 e seguenti.

2. I titolari degli uffici di cui all’articolo 86 durano in carica cinque anni.

3. L’incarico di cui al comma 2 può essere prorogato nei casi previsti dai commi 2 e 3 dell’articolo 81.

4. Gli uffici di collaborazione direttiva della magistratura di merito non possono essere conferiti a magistrati il cui collocamento a riposo deve avere luogo entro il biennio successivo.

Art. 88.

(Modifica alla legge 24 marzo 1958, n. 195)

1. All’articolo 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Il Consiglio superiore della magistratura emana, per l’assegnazione degli affari giudiziari ai magistrati, direttive improntate a criteri obiettivi e predeterminati».

Art. 89.

(Distribuzione degli affari giudiziari)

1. Nella distribuzione degli affari giudiziari, i titolari degli uffici previsti negli articoli 79 e 86 devono attenersi alle direttive emanate dal Consiglio superiore della magistratura e dal consiglio giudiziario, alle quali possono derogare solo in casi eccezionali e con provvedimento motivato.

2. In caso di deroga ai sensi del comma 1, il capo dell’ufficio deve informarne entro dieci giorni il Consiglio superiore della magistratura. Se non interviene un provvedimento di revoca entro i successivi dieci giorni, la deroga si intende confermata. Restano validi in ogni caso gli atti compiuti.

3. La revoca dei provvedimenti di assegnazione e la sostituzione anche per il compimento di singoli atti sono ammesse, con provvedimento motivato, soltanto nei casi di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio.

4. Il magistrato cui si riferisce il provvedimento di revoca o di sostituzione, entro sette giorni, può proporre reclamo al consiglio giudiziario, che decide nei successivi sette giorni.

5. Il reclamo non sospende l’efficacia del provvedimento. L’accoglimento del reclamo non incide sulla validità degli atti compiuti, salva la facoltà di rinnovarli.


 

DISEGNO DI LEGGE

N. 1536

D’iniziativa dei senatori Alberti Casellati

ed altri

 

 

Art. 1.

1. All’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) all’articolo 190, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti alle requirenti e viceversa è vietato in ogni caso»;

b) l’articolo 191 è abrogato;

c) all’articolo 192, sesto comma, le parole: «, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura» sono soppresse;

d) all’articolo 198, il secondo periodo è soppresso.

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XIV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

Nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259,1260, 1261, 1367, 1426 e 1536-A-bis

 

RELAZIONE DI MINORANZA DELLA 2ª COMMISSIONE PERMANENTE


(GIUSTIZIA)

 

(Relatori FASSONE, CALVI, DALLA CHIESA, ZANCAN, AYALA, BRUTTI Massimo, CAVALLARO, MANZIONE, MARITATI, ZANDA)

Comunicato alla Presidenza il 14 novembre 2003

 

PER IL

 

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

presentato dal Ministro della giustizia

di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 MARZO 2002

 

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CON ANNESSI TESTI DEI

 

DISEGNI DI LEGGE

 

 

Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità (1050)

d’iniziativa dei senatori MARINI, CREMA, DEL TURCO, MANIERI, LABELLARTE e CASILLO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 24 GENNAIO 2002

 

 

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Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti (1226)

d’iniziativa dei senatori FASSONE, CALVI, AYALA e MARITATI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 MARZO 2002

 

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Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere (1258)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali (1259)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonchè di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura (1260)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità (1261)

d’iniziativa del senatore COSSIGA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MARZO 2002

 

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Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni
di professionalità (1367)

d’iniziativa dei senatori FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI Massimo e MARITATI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 MAGGIO 2002

 

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Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi (1426)

d’iniziativa dei senatori CALVI, AYALA, FASSONE e MARITATI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 MAGGIO 2002

 

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Separazione delle carriere dei magistrati (1536)

d’iniziativa dei senatori ALBERTI CASELLATI, SERVELLO, DEL PENNINO, CASTAGNETTI, FRAU, IANNUZZI, NOVI, MEDURI e RAGNO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 GIUGNO 2002

dei quali la Commissione propone
l’assorbimento nel disegno di legge n. 1296

 

 



 

La legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario

La riforma dell’ordinamento giudiziario potrebbe ben definirsi (se l’espressione non fosse ormai un po’ logora) la madre di tutte le riforme, nella materia della giustizia. L’ordinamento, infatti, è qualcosa di più di una legge, e qualcosa di più degli stessi codici. È la costituzione della magistratura, lo statuto dei giudici e dei pubblici ministeri, l’assetto fondamentale del potere giudiziario. Persino i regolamenti parlamentari – che pure hanno dignità costituzionale, ex articolo 64 della Costituzione – non hanno una rilevanza pari al predetto ordinamento, poiché disciplinano piuttosto il funzionamento delle Camere che lo statuto e le prerogative dei loro componenti.

Una riforma di questa portata esige competenza e ampiezza di vedute e assenza di finalità od obiettivi particolari, tanto più se a sfondo reattivo. Deve essere figlia di un progetto complessivo, toccare organicamente tutte le problematiche, e non solo taluna di esse. Deve essere frutto dell’apporto di tutti gli operatori e di tutte le forze politiche, e non il prodotto di un’improvvisazione, e tanto meno di velleità punitive occasionali. Non per nulla essa è attesa da oltre mezzo secolo, e non la si vede ancora all’orizzonte, posto che nemmeno la legge delega, proposta dal Governo con l’Atto Senato n. 1296, può dirsi una vera riforma dell’ordinamento.

L’obbligo costituzionale e le modifiche intervenute

La VII disposizione transitoria e finale della Costituzione («Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente») enuncia alcune proposizioni molto chiare: essa dice che l’ordinamento vigente (il regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12) non è conforme alla Costituzione; che, conseguentemente, occorre vararne un altro, conforme alla Carta; e che questo varo deve avvenire in tempi brevi, come si conviene a tutte le materie investite da una disposizione transitoria.

Nonostante questo invito perentorio, per vari decenni si è preferito procedere attraverso rappezzi occasionali, piuttosto che con un disegno organico. In alcuni momenti si è cercato, prevalentemente a livello di dottrina, di mettere in moto la riforma: la Commissione Mirabelli, negli anni 1982-’85, produsse una proposta di notevole spessore; il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), nel 1991, recependo essenzialmente un elaborato del professor Pizzorusso, presentò al Parlamento la sua relazione annuale dedicata specificamente a questo tema. E altre proposte sono state elaborate a diverso titolo. Ma in concreto un lavoro parlamentare non è mai stato seriamente avviato.

In compenso l’ordinamento del 1941 ha subito modifiche di enorme rilevanza. Figure tradizionali sono scomparse, come il pretore, il giudice istruttore, il giudice conciliatore. Altre sono emerse, come il magistrato di sorveglianza, il giudice delle indagini preliminari, e soprattutto il giudice di pace e la magistratura onoraria in genere (esperto di sorveglianza, giudice onorario aggiunto, giudice onorario di tribunale, vice procuratore onorario), che oggi costituiscono un corpo numericamente quasi eguale alla magistratura togata. Altre figure ancora sono affiorate e presto sparite, come il procuratore della repubblica presso la pretura. Quasi tutto il quadro è cambiato, mentre la cornice restava formalmente immutata, per l’enorme difficoltà tecnico-politica di mettervi mano.

Problemi immensi

Problemi giganteschi si sono nel frattempo stagliati ed accumulati. Per citarne solo alcuni fra i più importanti, basta ricordare la definizione dei nuovi compiti e del ruolo dei dirigenti, essendo nel frattempo maturata la consapevolezza che la magistratura deve farsi portatrice anche di un’inedita cultura dell’organizzazione; la necessità di un robusto codice deontologico, condiviso ed osservato, quale antidoto alla forte crescita del senso di autonomia individuale dei magistrati; l’esigenza di una più accurata formazione professionale, come momento imprescindibile e costante dell’indipendenza; il ruolo del CSM, dilatato proprio dall’assenza di una legislazione esauriente, e produttore di fatto di un’ampia normativa secondaria bisognosa di sistemazione (si ricorda al riguardo la relazione Paladin del 1991, sollecitata dall’allora presidente Cossiga); la presenza di una magistratura onoraria, di dimensioni numeriche ormai quasi pari alla magistratura togata, e perciò anch’essa in urgente attesa di un suo peculiare statuto.

E ancora, si è fatta sempre più stringente la necessità di disciplinare la progressione nella carriera, tesaurizzando i pregi ma superando i limiti delle leggi 25 luglio 1966, n. 570, e 20 dicembre 1973, n. 831, le cosiddette «leggi Breganze». Si è imposta la necessità di regolare la strutturazione interna delle Procure della Repubblica, in difficile equilibrio tra l’esigenza di una piena autonomia di ogni sostituto, e quella di un coordinamento con il vertice dell’ufficio, più stretto di quanto accade per gli uffici giudicanti. È mutata, e quindi richiede un prudente intervento, la stessa funzione della Corte di cassazione, in bilico fra una nozione di «Corte suprema» (come la definisce l’articolo 65 dell’ordinamento vigente, che la vede come un supremo regolatore delle questioni generali di diritto), e una nozione di terza istanza del giudizio, quale l’ha modellata la pressione empirica della prassi. E mille altre tematiche si dibattono nella materia, e attendono un’opera di sapiente orchestrazione, che sappia guardare in profondità i fenomeni, con mente scevra da obiettivi ritorsivi o contingenti.

Nonostante l’esistenza di problemi di questa dimensione, il Governo non ha avuto soggezione di fronte alla vastità del compito, ed ha varato due testi normativi in sequenza (l’uno come testo-base, l’altro come emendamento, ma in realtà come vera e propria riscrittura del primo), che si caratterizzano per la fragilità tecnica, per lo scarso senso del reale e per la trasparente strumentalità, e che rischiano di sferrare alla magistratura un colpo dal quale non si sa se e quando potrà riprendersi.

La stessa sequenza delle date rivela le motivazioni e gli obiettivi. Il 29 marzo 2002 il governo presenta il disegno di legge Atto Senato n. 1296, che si intitola «Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità». È un testo curioso, disorganico ed anomalo. Curioso perché si presenta in parte sotto forma di delega, in parte con contenuto direttamente normativo. È disarmonico perché, ad esempio, una stessa materia – l’accesso alla Corte di cassazione – è affidata un poco alla delega ed un poco alle norme dirette. È disorganico, perché nella delega compare una materia estranea all’ordinamento, quale la revisione delle circoscrizioni giudiziarie (che sarà poi stralciata), e non vi figura invece una materia, quale la progressione in carriera, che dovrebbe essere uno dei perni dell’ordinamento stesso. Ed è anomalo, infine, perché nella delega compaiono, da un lato, norme di estrema analiticità, tali che il Governo delegato non potrà fare altro che trascriverle in articoli (come, ad esempio, a proposito dei Consigli giudiziari), ma dall’altro lato si leggono norme di una genericità impressionante e probabilmente incostituzionale, come nella materia disciplinare, liquidata con poche vaghe parole.

Gli obiettivi della prima delega

Pignolerie tecniche? No, perché questo modo di procedere, incompleto e sbrigativo, rivela quale sia stata la volontà politica di fondo sottesa da questa prima stesura. La finalità non è quella di riformare davvero l’ordinamento giudiziario, poiché troppa è la parzialità e la casualità delle materie toccate. In realtà si tratta semplicemente di una «novella», che investe soltanto sei o sette temi, e che ha come trasparente obiettivo quello di costruire un assetto gerarchico della magistratura, con vertice nella Cassazione e con incisivo controllo della Cassazione da parte del Ministro. Facendo della Cassazione non più il «giudice delle sentenze» ma il «giudice dei giudici», e mettendo le mani sulla composizione di questo organo supremo, il potere politico si assicura un’influenza rilevante su tutto il corpo giudiziario, senza grandi contrasti ed anzi catturando la benevolenza dello strato più alto della magistratura.

È la tecnica, tutt’altro che inedita, del primo ventennio post-Costituzione, la formula morbida dei Governi anni ’50 –’70 e dei vari «porti delle nebbie». Ferreo controllo sui capi e, tramite questi, sui processi che davvero importano. Di più non occorre. Non per nulla il ministro Castelli ha espressamente dichiarato alla Commissione giustizia del Senato che il ritorno all’indietro può essere un bene, se la magistratura funzionava allora molto meglio di oggi.

Ciò non toglie che il disegno di legge sia così sconsiderato in certi punti, da avere suscitato numerose critiche, da parte della stessa Corte di Cassazione. Ne sono esempio la pretesa di incardinare un organismo, complesso e pluralistico come la Scuola della magistratura, presso una Cassazione che non può assolutamente essere attrezzata a gestirla, ma che, tramite la Scuola, viene ad esprimere pareri determinanti sui magistrati che la frequentano. Ovvero la pretesa di espropriare il CSM della sua competenza a promuovere i magistrati alla Cassazione, affidando invece la cernita a una commissione speciale, i cui componenti sono bensì nominati dal CSM, ma all’interno di una rosa proposta dal ministro. O ancora – perla di rara luminosità – l’attribuzione di una considerevole indennità di trasferta ai magistrati delle giurisdizioni superiori, a prescindere dal fatto che essi debbano o meno trasferirsi davvero per assolvere il loro lavoro, ed in spregio del disposto generale, che fa obbligo ai magistrati di avere la residenza presso la sede del loro ufficio.

Questo assetto «cassazion-centrico», con cordone ombelicale tra il centro e il Ministro, spiega perché il crocevia di tutte le battaglie politiche, la separazione delle carriere, abbia avuto nel disegno-base una risposta misurata e per nulla eversiva, vale a dire si sia espressa con la semplice esigenza che i magistrati che vogliono mutare funzione conseguano un attestato di idoneità a conclusione di un corso di formazione, e vadano ad esercitare la nuova funzione in un distretto diverso. È una formula soft, molto simile a quanto sostenuto dall’opposizione.

Sembra potersi dedurre che, a fronte di una prevedibile battaglia politica dai costi elevati e dai risultati modesti, il Governo abbia ritenuto preferibile una soluzione meno appariscente ma più sostanziosa, vale a dire il controllo indiretto non solo sui pubblici ministeri, ma su tutta la magistratura, realizzato attraverso le valutazioni su ogni progressione di carriera, affidate ad una Cassazione benevolente e, prima ancora, ai Consigli giudiziari che rilasciano i pareri, e che sono destinati ad essere infarciti di magistrati di alto grado, di avvocati e di soggetti designati dai consigli regionali, e cioè da organi politici.

L’andamento dei lavori

Questo è, dunque, il primo testo governativo, e su di esso il 12 giugno 2002 inizia nella Commissione giustizia del Senato l’esame relativo. Il clima non è pesante, la maggioranza dichiara di voler cercare un’intesa sin dove è possibile, il Ministro segue assiduamente i lavori, e alcune proposte dell’opposizione sono prese in considerazione dal relatore. Ancora in una seduta di luglio il Ministro si compiace per l’«atteggiamento costruttivo dell’opposizione» e sollecita una spedita conclusione dei lavori, essendo vivo desiderio del Governo concludere l’iter parlamentare entro l’anno 2002. Viene fissato il termine per gli emendamenti al 26 luglio, e sia il relatore sia il Governo propongono variazioni al testo muovendosi nella linea della ricerca di convergenze con l’opposizione. Quella che sembrava dover essere una navigazione tempestosa pare stranamente diventata una felice crociera.

Ma a fine luglio scoppia la battaglia sul «legittimo sospetto», e la sequenza dei fatti che da allora si susseguono si fa rivelatrice. L’allargamento delle maglie dell’istituto della rimessione, che tante polemiche ha suscitato per la sua evidente finalità personale, fa della Cassazione l’arbitro della sorte di un delicato processo dai forti risvolti politici, poiché l’eventuale accoglimento della richiesta di spostamento del processo, ed il suo rifacimento ab imis, alla luce delle nuove norme, ne sanciranno la morte per prescrizione. Le blandizie alla Cassazione, di cui è intessuta la legge delega, e che riceveranno un ulteriore implemento nella legge finanziaria con l’assurdo regalo del trattenimento in servizio dei magistrati fino a 75 anni, suggeriscono in modo irresistibile l’idea di una ricerca di benevolenza.

Ma al di là delle interpretazioni, sono i fatti a parlare. Tutta la sollecitudine del Ministro a concludere l’iter sull’ordinamento giudiziario entro il 2002 è svanita nel nulla. Durante l’autunno non si muove foglia, ad onta di tutti gli inviti precedenti ad una sollecita conclusione. Ma il 28 gennaio 2003 si verifica l’evento atteso, per il quale si era combattuta l’aspra battaglia sul «legittimo sospetto»: la Cassazione a sezioni unite respinge l’istanza di rimessione nel noto processo. Il giorno dopo riprende la discussione sull’ordinamento giudiziario in Commissione giustizia. Contestualmente si diffonde la voce che il Governo sta preparando un maxi-emendamento che riscriverà da cima a fondo il testo della delega. In Commissione si trascinano alcune sedute, poi il sottosegretario chiede espressamente una pausa di qualche settimana perché, appunto, il Governo sta riesaminando l’intera materia. Il 7 marzo il Consiglio dei ministri vara il cosiddetto «maxi-emendamento», che cala come una mazzata su tutto il lavoro precedente.

Il cosiddetto maxi-emendamento del Governo

La moderazione è abbandonata, le carte sono scoperte. Se prima si è usata la mano leggera perché ci si aspettava qualche cosa, ora che il qualche cosa non è arrivato la replica è pesante. La centralità della Cassazione si attenua notevolmente e viene sostituita – per quel che riguarda il nodo politico cruciale – da una sostanziale separazione delle carriere, da una riorganizzazione degli uffici di Procura in termini gerarchici e burocratici, nonché da un riassetto dell’intera carriera dei magistrati attraverso una sequenza di concorsi che assicurano il potenziale controllo dell’intero corpo.

Quali sono le caratteristiche di quello che per economia continueremo a chiamare maxi-emendamento? (In realtà si tratta di quattordici emendamenti, di cui quattro di particolare rilevanza ed ampiezza). Innanzitutto colpiscono alcuni dati formali, che collocano la manovra al limite della correttezza regolamentare. Il maxi-emendamento ha una dimensione fisica, o grafica, circa tre volte superiore all’intero testo sul quale intende innestarsi come modifica emendativa. Il solo emendamento n. 1 si snoda per undici cartelle, ed introduce una materia (la progressione in carriera) totalmente inesistente nel testo-base. È nuova altresì la materia della «Riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero» (articolo 5), e tutta la disciplina transitoria, a sua volta resa necessaria dalle due radicali innovazioni di cui si è detto ora.

Questo significa, a tacere d’altro, che l’intera materia più vistosamente innovativa e nevralgica (la separazione delle carriere e la progressione meritocratica) ha in tal modo «saltato» tutta la fase della discussione, innestandosi direttamente nella fase della illustrazione e votazione degli emendamenti. È un «prendere o lasciare» che brucia la fecondità di un confronto, la possibilità di mediazioni costruttive o di intese parziali tra maggioranza e opposizione, i tempi stessi della riflessione. Quello che hanno deciso i cosiddetti «quattro saggi» è ormai, negli snodi cruciali, un fortilizio inespugnabile. Lo stile è quello di Brenno, spada sul piatto della bilancia e «guai ai vinti» (anche se poi la sorte di Brenno non fu esaltante).

I concorsi di accesso separati....

Il primo punto qualificante è costituito dalla previsione che si diventa magistrati attraverso «un concorso per l’accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all’atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intende accedere». Distinte sono le prove, distinte le Commissioni d’esame. Decorsi almeno cinque anni, il magistrato potrà sottoporsi ad un nuovo concorso per accedere alla diversa funzione.

Questa previsione suscita preoccupazioni sia di ordine costituzionale, sia di ordine pratico. Sotto il primo profilo, occorre ricordare che il primo comma dell’articolo 106 della Costituzione dispone che «le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso», e questa formula significa che il concorso abilita all’esercizio di tutte le funzioni magistratuali, e non solo di taluna di esse. Lo conferma il rilievo che il comma successivo, il quale attiene ai magistrati onorari, specifica che gli stessi possono svolgere «tutte le funzioni attribuite a giudici singoli». Ed il comma terzo del medesimo articolo 106, relativo ai professori ed avvocati dotati di meriti insigni, ritaglia ancora tra le varie funzioni, precisando che essi possono essere «chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione». Quindi è corretto dedurre che il primo comma, il quale non distingue tra le funzioni, è la porta di ingresso per tutte, ed il concorso non può legittimare il candidato che lo supera ad esercitare solo taluna di esse.

Sul piano empirico, poi, è difficile concepire un concorso distinto per pubblici ministeri, che non comprenda tutte le materie di esame destinate ai giudici, e viceversa. Il pubblico ministero è presente per legge in numerose cause civili, e quindi deve conoscere a fondo anche questa materia; egli è chiamato ad esprimere pareri in numerosi settori extra-penali, opera pienamente nella tematica minorile, deve conoscere il diritto amministrativo in tutte le ipotesi di reato che intersecano la pubblica amministrazione; deve, insomma, possedere all’incirca le stesse competenze del giudice. E quest’ultimo, dal canto suo, non può certo avere una conoscenza minore del pubblico ministero in tutte le materie e le problematiche del diritto penale e processual-penale. È pertanto profondamente errato (oltre che rispondente ad un’infelice visione parcellizzata della cultura giuridica) richiedere nei due concorsi distinti una conoscenza di diversi e parziali àmbiti del diritto.

L’ultimo rilievo critico attiene all’idoneità dei candidati agli uffici prescelti. Il concorso di accesso, costituito dalle canoniche prove scritte ed orali, misura del candidato unicamente il livello di preparazione tecnica. Avremo quindi dei pubblici ministeri o dei giudici che saranno tali, superato il concorso, unicamente in séguito alla scelta personale, senza alcun vaglio attitudinale fondato sulla conoscenza specifica del soggetto, sul come opera e come esprime le sue competenze tecniche e la sua qualità umana nell’attività quotidiana. Se oggi è criticabile che la scelta tra le due funzioni avvenga talora per motivi di interesse o di avvicinamento, non sarà certo migliore l’opzione prevista dalla delega, frutto di scelte soggettive, destinate di fatto a durare per tutta la carriera senza possibilità di correzione.

Non si sottovaluta l’intenzione addotta da chi propone questa riforma, e cioè – come da più parti dichiarato – l’intento di staccare il pubblico ministero dal giudice, al fine di rendere quest’ultimo davvero «terzo ed imparziale». Ma in relazione all’obiettivo, la formula prospettata è da un lato troppo, dall’altro troppo poco.

Troppo perché un pubblico ministero che non avrà, o che raramente avrà, anche l’esperienza della funzione giudicante sarà, se così si può dire, «un pubblico ministero al quadrato», il quale vedrà esaltarsi proprio le qualità che si dice di voler contrastare. E troppo poco, perché il pubblico ministero continuerà ad essere un collega del giudice, e continuerà ad incarnare un ruolo di parte imparziale.

... e le nostre proposte

Poiché è doveroso non limitarsi alla critica, ma esporre delle proposte alternative, noi riteniamo che il problema dell’omogeneità tra giudice ed ufficio dell’accusa sia un problema reale, ma che esso possa trovare una risposta solamente attraverso una delle due seguenti strade: o si espunge radicalmente il pubblico ministero dalla giurisdizione, trasformandolo in un alto funzionario dello Stato, responsabile dell’esercizio dell’azione penale, in qualche modo assimilabile all’Avvocato dello Stato che dello Stato tutela gli interessi patrimoniali; o ci si adatta alla ineliminabile differenza ontologica tra l’organo dell’accusa e la difesa, rappresentata dal carattere pubblico e disinteressato del primo, e si cerca di rendere il pubblico ministero quanto più possibile partecipe della «cultura della giurisdizione», e quindi sensibile alla tutela dei diritti e attento non alla logica del risultato ma a quella delle regole.

Poiché la prima strada non sembra riscuota consensi neppure nei fautori della distinzione, conviene riconoscere che una separazione delle carriere in senso debole, come quella prospettata dalla legge delega, gioverà assai poco all’obiettivo dichiarato (rendere il giudice veramente «terzo» di fronte a due parti eguali ed equidistanti, che tali invece continueranno a non essere), e spingerà comunque, in qualche misura, il pubblico ministero ad una maggiore sottolineatura del suo ruolo e ad una maggiore vicinanza all’universo ed alle categorie della polizia.

Per questo riteniamo che l’esigenza addotta dai fautori della separazione sia meglio soddisfatta rendendo l’organo dell’accusa un po’ «meno pubblico ministero» che non spingendolo ad essere «più pubblico ministero» di quello che è. E pertanto auspichiamo che sia mantenuto un unico concorso di accesso, un comune tirocinio, un unico ruolo ed unico organo di autogoverno; ma che ogni futuro pubblico ministero debba trascorrere un certo periodo (di due o tre anni) in un ufficio giudicante, possibilmente in formazione collegiale, e sia ammesso ad esercitare le funzioni requirenti soltanto dopo un accurato vaglio attitudinale, anche personologico, ed un appropriato corso di formazione.

Auspichiamo altresì che il pubblico ministero, il quale sia ammesso a transitare alle funzioni giudicanti, non possa ricoprire, come primo ufficio, quello di giudice per le indagini preliminari; che il periodo di stabilità nella funzione giudicante o requirente sia maggiore di quello prescritto dall’articolo 194 dell’ordinamento giudiziario (ad esempio, cinque anni); e che il mutamento di funzioni comporti il necessario trasferimento in altro circondario, o sia pure – come sostiene la legge delega – in altro distretto.

Noi pensiamo, così come affermato da autorevole dottrina, che il nuovo articolo 111 della Costituzione, nell’enunciare l’eguaglianza delle parti, sancisca bensì la parità di diritti delle parti nel processo, e cioè la titolarità di eguali potestà allorché le stesse contendono davanti al giudice; ma non postuli affatto la loro eguaglianza di statuto e di ruolo, che gli stessi articoli 107 e 112 rivelano impossibile. Riteniamo perciò convintamente che attraverso gli interventi da noi proposti si raggiunga assai meglio l’obiettivo di fronteggiare quegli inconvenienti che la delega intende risolvere in modo drastico e chirurgico, ma, a nostro giudizio, poco efficace.

Quale modello di giudice

Proseguendo nell’esame dei punti che destano le più forti obiezioni, il secondo riguarda quella che potremmo chiamare la «concursualità permanente», sancita dall’articolo 1 del maxi-emendamento.

A scanso di fraintendimenti, è bene ribadire che nessuno – non i passati Governi dell’Ulivo, non l’attuale opposizione, non i magistrati, non qualsivoglia persona ragionevole – sostiene che l’attuale assetto della progressione in carriera della magistratura sia soddisfacente. Esso, al contrario, esige dei profondi correttivi. Ne è prova il fatto che, nella scorsa legislatura, molti mesi di lavoro furono dedicati al disegno di legge del Ministro Flick, noto come «le pagelle dei giudici», che si proponeva di sottoporre tutti i magistrati a stringenti valutazioni periodiche di professionalità. Queste «pagelle», che ancor oggi costituiscono, con limitate variazioni, l’ossatura della proposta dell’opposizione nella materia (si veda l’Atto Senato n. 1367), muovevano dalla corretta messa in sequenza delle due domande di fondo che nessun legislatore dovrebbe trascurare quando affronta questo tema: qual è il modello di magistrato che vorremmo emergesse dalla riforma? e quali sono gli strumenti adatti per cercare di realizzare, o almeno avvicinare quel modello?

Il modello non è facilmente descrivibile, ma è possibile delinearlo ascoltando quelle invocazioni elementari che sono nell’anima di qualsiasi persona la quale pensi di dover affrontare un giudice, e si auguri di trovarne uno/una vicino all’ideale. Il giudice dovrebbe essere laborioso, ma non attento soltanto a «fare statistica». Tecnicamente preparato, ma non fanatico del «combinato disposto». Capace di ascoltare, più che di esprimere subito le sue convinzioni. Portatore di opinioni, anche ferme, ma disposto a cambiarle dopo avere ascoltato. Osservante del codice deontologico non meno dei quattro codici. Prudente nel discostarsi da ciò che è consolidato, ma coraggioso nel sottoporre a verifica ciò che è pacifico. Consapevole che ogni fascicolo non è una «pratica», ma un destino umano. Paziente nell’approfondire, indipendente nel giudicare, rispettoso nel trattare.

Forse questo modello è poco realistico. Ma è legittimo chiedere che i magistrati tendano ad esso, se si premiano coloro che più gli si avvicinano. Ed è quello che si cercava di realizzare attraverso le «pagelle», tarando i premi e le sanzioni su determinati criteri, quali, appunto, la laboriosità, l’indipendenza di giudizio, la disponibilità alle esigenze dell’ufficio, l’equilibrio, il tratto con i vari soggetti, oltre che, beninteso, la capacità sul piano tecnico. Si voleva aumentare il numero delle verifiche per scrivere una storia continua del singolo magistrato, e non solo tre scrutini nell’intera carriera. Si voleva accrescere il numero dei parametri, cercare quelli più significativi, espandere il numero dei soggetti chiamati ad esprimere le valutazioni.

Nessuno può dire se questo tipo di verifica avrebbe funzionato poco o tanto. Ma ci avremmo almeno provato, utilizzando le elaborazioni maturate in vari lustri, aggiustando il tiro con l’esperienza, e, se mai, giungendo anche ad un sistema di «numero chiuso», o semi-chiuso, per gli avanzamenti, modellato tuttavia su questi criteri e su queste aspirazioni (si confronti, volendo, il citato disegno di legge n. 1367, dello scrivente). Quello che invece si può pronosticare con elevatissima probabilità è che dal modello ideale si discosterà sicuramente, e molto, il tipo di giudice che scaturirà dalla riforma.

Un concorso dopo l’altro

Il testo governativo, infatti, opera in tutt’altra direzione. «Abbiamo voluto – ha dichiarato il ministro Castelli nel presentare il maxi-emendamento – rendere universale il principio di meritocrazia». Di qui la prima scansione tra la progressione economica, che è affidata alla sola anzianità senza demerito, vale a dire a tre valutazioni di professionalità, non dissimili da quelle attuali, collocate al 13º, al 20º ed al 28º anno dall’ingresso (e su questo si può convenire); e la progressione nella carriera o nel grado, che invece è subordinata al superamento di vari concorsi, disseminati lungo tutto l’arco della carriera, e propedeutici a qualsiasi tipo di aspirazione del singolo magistrato.

Ma se è certamente opportuno correggere l’assetto vigente (secondo il quale l’anzianità produce di fatto il grado, con selezione minima, e il grado è spesso disgiunto dall’esercizio della funzione corrispondente), sono invece preoccupanti le modalità secondo cui si vuole attuare la correzione, vale a dire la previsione di una serie impressionante di concorsi «per titoli ed esami», che conduce ad un modello ben diverso da quello che si è cercato di tratteggiare.

Il magistrato, infatti, se vuole cambiare funzione, deve affrontare un concorso dopo cinque anni. Se desidera passare a svolgere funzioni di secondo grado, si sottopone ad un altro concorso dopo otto anni dall’inizio. Se ambisce svolgere funzioni semidirettive, incrocia una «valutazione» (per titoli) dopo ulteriori tre anni da questo. Per le funzioni direttive lo aspetta un altro concorso (fatto di valutazione e colloquio) dopo due anni. Se aspira ad esercitare funzioni di legittimità, affronta un diverso concorso dopo quindici anni dall’inizio, e cioè dopo altri due dall’ultimo. Decorsi altri dieci anni, potrà affrontare il concorso per le funzioni direttive di secondo grado.

Tralasciando quest’ultimo passaggio, che interviene in età matura, si constata che tra il quinto ed il quindicesimo anno di carriera, cioè nel periodo che combina la maggior energia, creatività e dinamismo della persona con un’esperienza ormai consistente, il magistrato trova sulla sua strada ben cinque occasioni concorsuali. Se è mediamente ambizioso, come è umano che sia, le affronta. E non è difficile pensare quale sacrificio subirà il suo lavoro d’ufficio, se si considera che il magistrato si sarà quasi sempre specializzato in uno o pochi settori, mentre il concorso è «generalista» e lo obbliga a rispolverare l’intero scibile giuridico: di modo che il magistrato che è diventato espertissimo nelle tecniche di contrasto alla criminalità organizzata, dovrà cimentarsi con le separazioni coniugali, le locazioni e i brevetti, per poi magari non doversene mai occupare nella funzione che il concorso lo abilita ad assumere; e quello che è diventato un vero asso nella materia fallimentare si metterà a studiare il riciclaggio o l’abuso d’ufficio, con il rischio di scivolare proprio su quelli e con la certezza di dover trascurare per un certo tempo i fascicoli fallimentari.

Nocività dei concorsi plurimi...

Il concorso è, per sua natura, dispendioso quanto alle energie richieste e poco significativo quanto alla bontà della verifica. Non è inutile ricordare che il sistema dei concorsi è esistito (peraltro in forma molto meno esasperata) sino al 1966, e che esso fu abbandonato proprio per la serie di conseguenze negative che comportava. Nei lavori preparatori della legge n. 570 del 1966 (nota come «legge Breganze») si legge infatti che «il concorso per esami costituisce un sistema di selezione a) ingiusto, in quanto favorisce nei fatti coloro che sono meno impegnati ed oberati nel lavoro giudiziario; b) inadeguato, perché permette di accertare la (...) cultura tecnica, ma non anche tutte le altre doti attitudinali, di laboriosità, di equilibrio, di imparzialità, di relazione, che pure sono fondamentali nella professione; c) controproducente, atteso che turba la serenità e il prestigio del magistrato, distogliendolo dal lavoro giudiziario e creando disservizi negli uffici».

Questo giudizio rimane attuale. E può essere completato aggiungendo che il concorso è anche: d) nocivo alla complessità del servizio, poiché produrrà la fuga dagli uffici più impegnativi, per poter disporre di maggior tempo per la preparazione; e) ulteriormente nocivo per il servizio, poiché il magistrato medio cercherà di evitare gli uffici che non offrono la possibilità di precostituirsi i «titoli»: l’esecuzione, i tribunali minorili, la sorveglianza, il fallimento, lo stesso ufficio di giudice per le indagini preliminari e l’ufficio di procura. Nella materia civile scanserà l’infortunistica stradale, in quella penale i decreti e i reati della quotidianità. Se assegnato a quelli, cercherà di lasciarli al più presto. Se non riuscirà a lasciarli, si ingegnerà di costruirsi dei titoli, inventandosi provvedimenti dotti e motivati anche dove la situazione non lo richiede. Se invece riuscirà a farsi assegnare ad un ufficio dove i titoli sono fisiologicamente prodotti (tipicamente un ufficio giudicante specializzato), destinerà tempo ed energie a levigare sentenze e pitturare ordinanze, abbassando quella «produttività» che sembra stare a cuore al Governo, ma che in realtà gli è assai meno cara della funzione di controllo; f) pericoloso, perché foriero di conformismo giudiziario, siccome i «titoli» eccentrici o innovativi o in qualche modo coraggiosi saranno esposti a rischio di riprovazione da parte degli autori di quella giurisprudenza che viene da essi contraddetta. Quale alunno non cerca di svolgere il tema come pensa che debba piacere all’insegnante? Quanti giudici redigeranno sentenze in difformità dalla giurisprudenza consolidata (beninteso quando il dissenso è fondatamente sollecitato da mutamenti sociali o di sensibilità)? Quanti magistrati effettueranno un sequestro rischioso, adotteranno una misura cautelare ad alta esposizione mediatica, apriranno inchieste di difficile esito, sapendo che questo potrà compromettere la carriera o anche l’avvicinamento alla famiglia? Un conto è il sanzionare gli errori o le avventatezze, un conto è lo scoraggiare l’innovazione, anche quella che nasce come apparente eresia ma diventa ius receptum dopo qualche anno; g) infine poco conforme allo spirito della Costituzione, posto che, secondo la Carta, i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni, e non pare coerente prevedere un concorso per passare alle funzioni di secondo grado, come se queste fossero più elevate di quelle.

Il modello che accenna a profilarsi ha già, dunque, questo primo connotato negativo: o viene esaltato il magistrato ambizioso, che pone in secondo piano le esigenze del suo lavoro, o viene incoraggiata una figura di magistrato sedentario, che rifiuta di sottoporsi ad esami a ripetizione (anche per il discredito che gli verrebbe da una eventuale riprovazione), e quindi viaggia verso una maturità scontenta e accidiosa.

... e le nostre proposte

Anche a questo riguardo, non sottacciamo la necessità di modificare l’attuale sistema che regola la carriera dei magistrati, ed affacciamo proposte di elevata incisività.

Riteniamo infatti necessario: a) distinguere la progressione economica, che può essere legata semplicemente all’anzianità senza demeriti, dalla progressione in carriera, che deve essere conseguente a rigorose valutazioni di professionalità; b) moltiplicare queste valutazioni, che oggi sono soltanto tre (al 13º, 20º e 28º anno di anzianità), rendendole quadriennali, e operanti anche ad anzianità molto avanzata; c) aumentare notevolmente gli elementi di giudizio, includendovi non solo i provvedimenti ed il volume statistico del lavoro svolto, ma anche tutti quei parametri di cui si è detto sopra (tempestività, capacità organizzativa, tratto con gli utenti, disponibilità al servizio, equilibrio e sensibilità, ecc.) che contribuiscono a delineare il modello di giudice ideale; d) aumentare le voci che concorrono a descrivere le qualità del singolo magistrato nel suo operare quotidiano, inserendovi tutti gli operatori di giustizia; e) prevedere che solo il superamento di determinate valutazioni di professionalità (la terza, la quinta, la settima) legittima a concorrere a posti-funzione di un certo tipo e livello, mentre il mancato superamento comporta penalizzazioni anche sul piano economico; f) introdurre – ed è questa la novità più incisiva – una tecnica di «ruoli semi-aperti», anziché totalmente aperti come oggi accade, e cioè individuare ogni anno il numero di posti che saranno messi a concorso in quel determinato livello, addizionare tale numero di una certa quota (ad esempio il 50 per cento), e stabilire che la legittimazione di cui al punto e) sarà conseguita non da tutti coloro che superano la corrispondente valutazione, ma soltanto da coloro che si classificheranno all’interno del valore sopra ottenuto (per una migliore illustrazione si confronti il citato disegno di legge n. 1367).

In questo modo riteniamo che si ottenga una forte mobilitazione dell’intero corpo magistratuale, combinata però non con lo strumento poco espressivo del concorso per titoli ed esame, ma con una valutazione attenta al reale e concreto modo di operare dell’interessato nella quotidianità.

L’ufficio del pubblico ministero

Un altro punto critico, quello dell’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, rappresenta uno sgradevole ritorno al déja vu, il disinvolto recupero di un arsenale autoritario di ieri, volutamente cieco di fronte al fatto che sono gli uomini di oggi a doverlo impiegare. L’emendamento sostitutivo dell’articolo 5 rilancia l’avocazione del procuratore generale e il suo potere di sostituzione, e attribuisce al capo dell’ufficio di procura il potere di «determinare i criteri cui i magistrati delegati devono attenersi nell’adempimento della delega» (il che è cosa diversa dalla enunciazione delle linee di indirizzo comuni – come tale plausibile – alle quali devono attenersi i sostituti, per uniformare la condotta dell’ufficio; e nel momento in cui diventa direttiva nella trattazione del singolo affare, viene messa in grave crisi l’indipendenza del sostituto).

La norma impone inoltre al capo dell’ufficio di «vistare» previamente una grandissima quantità di atti dei sostituti, affidandogli un’occhiuta supervisione che, nei piccoli e medi uffici, sarà assorbente di ogni altra funzione, e rallenterà oltre misura lo svolgimento delle indagini; e negli uffici di grande dimensione sarà di fatto insostenibile dal dirigente, il quale sarà costretto a delegarne il merito a qualche sostituto riservandosi la sola firma, con prevedibili tensioni. Inoltre l’articolo 5 priva il capo della preziosa figura dell’«aggiunto», attribuendogli quindi un potere di scelta insindacabile dei suoi più stretti collaboratori, ai quali, come si è anticipato, non potrà fare a meno di delegare alcune attribuzioni: fatto che accentuerà il carattere monarchico degli uffici e le tensioni inter pares, posto che tra i pari grado qualcuno avrà in concreto più poteri di altri.

È ragionevole prevedere che né i sostituti né, salve poche eccezioni, gli stessi capi delle procure gradiranno un assetto del genere: l’esodo verso gli uffici giudicanti è già incominciato, per evitare di rimanere intrappolati in funzioni deprivate di autonomia. E non si vede quanti giovani magistrati saranno indotti, nei prossimi concorsi, a scegliere un mestiere gerarchizzato e poco indipendente, dal quale sarà poi molto difficile «scappare». Sullo sfondo si staglia lo svuotamento degli uffici di procura e l’indebolimento della funzione inquirente. Che forse non dispiace poi molto all’attuale Governo, il quale potrà o rallegrarsi di questa presa allentata delle Procure, o, se la pressione della «sicurezza» si facesse forte, trarre spunto per una radicale riforma costituzionale, e puntare ad un pubblico ministero diversamente collocato e strutturato.

Lo svuotamento del CSM

Gli spunti critici sarebbero tanti, ma è necessario limitarsi agli snodi nei cui confronti il giudizio deve essere più recisamente negativo. Fondamentale – perché anch’esso in forte tensione con il dettato costituzionale – è lo svuotamento di fatto del ruolo e dei compiti del Consiglio Superiore della Magistratura. Tutte le promozioni e buona parte dei trasferimenti conseguono non più ad un suo giudizio, ma a quello delle commissioni di esame, che nella delega pullulano quasi ad ogni capoverso. Per giunta, tutte le commissioni, compresa quella per le funzioni direttive, determinano direttamente ed in via esclusiva l’esito del concorso, del quale il CSM si limita a prendere atto.

È vero che le nomine dei componenti di tali commissioni sono effettuate dal CSM, ma è altrettanto vero che l’articolo 105 della Costituzione attribuisce direttamente al Consiglio le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni: di modo che la delega ad un organismo esterno, per quanto nominato dal Consiglio stesso, deve intendersi come strumento eccezionale, adottato solo quando – come accade nel concorso per uditore giudiziario e per la selezione dei magistrati onorari – l’impegno organizzativo e la durata delle prove sono oggettivamente incompatibili con la struttura ed il funzionamento dell’organo costituzionale.

Si realizza in questo modo un vero e proprio prosciugamento delle competenze dell’organo di autogoverno, il quale di fatto verrà ad occuparsi unicamente dei trasferimenti di sede di tipo orizzontale, senza tramutamento di funzioni, e di poche altre materie, con alta probabilità di diventare il crocevia di immaginabili querelles nella formazione delle commissioni d’esame. Le quali, a loro volta, rappresenteranno un problema di non facile gestione pratica, posto che assommano a otto, e, se si considera anche a quella già esistente per il concorso da uditore giudiziario, impegnano complessivamente ben (89+32) 121 membri, di cui almeno 18 magistrati della Cassazione e 26 professori universitari di prima fascia, senza contare i magistrati segretari ed il personale ausiliario.

Aggiungiamo che queste commissioni lavoreranno taluna (quella per il concorso da uditore) a tempo pieno, molte con ritmo comunque intenso, poiché si tratterà di vagliare i titoli e di esaminare i candidati in numero presumibile di 150-200 l’anno. Diviene inevitabile prevedere che la presenza assidua e convinta dei professori universitari, già oggi difficoltosa per intuitive ragioni, sarà una pia illusione quando dovrà diventare massiccia e relativa a còmpiti non esaltanti; che la Corte di Cassazione sarà dissanguata da questo dirottamento perenne dei suoi migliori componenti; e che la trasferta ed il compenso di tutte queste persone scaveranno una voragine nei bilanci del Ministero, costretto a tagliare risorse da destinazioni ben più meritorie.

Architetture barocche: la riserva di posti

Anche a volersi calare nella infelice logica della legge delega, vi sono poi delle formule che lasciano sconcertati per la loro barocca architettura, che induce fondatamente a prevedere delle gravissime disfunzioni nella pratica concreta della gestione del personale magistratuale.

Una prima considerazione di ordine generale rileva per intanto che nella delega è stato introdotto un meccanismo profondamente diverso da quello vigente non solo per la scelta del concorso come strumento di selezione, ma anche per l’abbandono della tecnica dei due tempi. Oggi gli scrutini previsti dalle cosiddette leggi Breganze producono una legittimazione astratta del magistrato a concorrere agli uffici rispettivamente di secondo grado e di legittimità, o equiparati. A questa legittimazione astratta segue, poi, il concorso al singolo posto-funzione, al quale possono partecipare tutti i magistrati legittimati per avere superato il relativo scrutinio. A prescindere da ogni valutazione sulla validità del primo filtro (che in effetti va rivisto), il pregio di questa tecnica consiste nel fatto che: a) il singolo posto-funzione sarà sicuramente coperto (salva un’improbabile dichiarazione di inidoneità di tutti gli aspiranti), poiché tutti i richiedenti desiderano accedere ad esso; b) il singolo posto viene messo a concorso appena si rende vacante, e viene coperto (salvo il caso di complicazioni specifiche: ma qui consideriamo la situazione fisiologica) dopo il solo tempo necessario all’espletamento del concorso relativo.

La formula adottata dalla delega (a quanto è dato intendere, giacché sul punto non vi è un’indicazione analitica, ma si parla genericamente di «posti vacanti») è in buona parte diversa, poiché – almeno per il passaggio dalle funzioni giudicanti alle requirenti o viceversa, per il conferimento delle funzioni di secondo grado e per l’assegnazione delle funzioni direttive – i due tempi si fondono in uno solo, e il superamento del concorso relativo da parte dell’aspirante produce la sua legittimazione a ricoprire non il singolo posto-funzione da lui richiesto, ma un posto nel paniere di tutti i posti vacanti, e cioè quello che corrisponderà alla sua posizione in graduatoria. Vale a dire, per esempio, che il giudice di Milano, il quale ha affrontato il concorso per diventare consigliere d’appello, sperando di collocarsi nella Corte di Milano, potrà vedersi scavalcato da altri quanto a detta sede, ed essere legittimato a ricoprire il posto presso la Corte di Bari, alla quale potrebbe non avere alcun interesse a trasferirsi. Il risultato sarà la frustrazione del singolo e, quel che più conta, nel probabile caso di una rinuncia, la perdurante vacanza del posto sino al concorso dell’anno successivo.

Ma c’è di più, perché la delega adotta anche, a più riguardi, un’inspiegabile ed improvvida tecnica di «riserva di posti». Consideriamo, a titolo di esempio, il percorso previsto per coprire gli organici delle Corti di appello. Il punto 11, lettere g) e seguenti del «maxi-emendamento», prevede per intanto che l’individuazione dei posti vacanti sia fatta annualmente: il che discende dal fatto che le numerose commissioni d’esame non possono essere istituite con cadenza più ravvicinata, ma significa che ogni posto rimarrà scoperto anche assai più di un anno, se la vacanza si forma poco dopo l’indizione del concorso precedente, e se si aggiunge il lungo tempo necessario all’espletamento dell’intera procedura. E questo non gioverà certo all’efficienza del sistema.

Il testo prevede poi che il 25 per cento dei posti vacanti sia assegnato ai magistrati che già svolgono le medesime funzioni di appello: e la cosa non è per nulla razionale, perché l’analisi delle domande di trasferimento dimostra che sono pochissimi i magistrati i quali, a 40-50 anni, chiedono di mutare distretto per andare a svolgere le stesse funzioni che stanno esercitando attualmente. A quell’età, di regola, ci si sposta solo per cambiare esperienza. Dunque, è altamente probabile che questa quota del 25 per cento abbia a rimanere in gran parte scoperta.

Del restante 75 per cento, un quarto, pari a circa il 19 per cento del totale, è ulteriormente riservato ai magistrati che già svolgono funzioni di appello, però diverse, cioè ai sostituti procuratori generali che vogliono diventare consiglieri di corte o viceversa. E qui davvero il senso del realefa totalmente difetto, perché già oggi è rarissimo un passaggio del genere, e tanto più lo sarà domani, quando, ad un’età matura, con famiglia radicata e pesante lavoro, il magistrato dovrà sobbarcarsi un concorso ed un trasferimento in un altro distretto. È del tutto realistico prevedere che quasi nessuno si avvarrà di questa riserva di posti. Dunque avremo un 46 per cento dei posti (25 + 19) che non sarà coperto se non per una quota irrisoria, e creerà vuoti paurosi negli uffici di secondo grado.

Ma non basta. Anche il restante 54 per cento, e cioè l’accesso «verticale», che oggi rappresenta l’alimentazione normale e fisiologica delle Corti, è fortemente a rischio. Infatti il magistrato, che si è sobbarcato un non facile esame e lo ha superato, confidando di poter accedere alla sua Corte d’appello o comunque a quella da lui prescelta, non ha alcuna garanzia che così vada a finire. Questo perché – come si è detto – egli concorrerà non al posto singolo ma all’intero «pacchetto» di quel 54 per cento dei posti vacanti, e se si sarà classificato ai primi posti della graduatoria, le sue speranze saranno esaudite, in caso contrario potrà vedersi assegnato ad un ufficio anche molto lontano, e quindi potrà essere indotto a rinunciare.

Né varrebbe obiettare che la delega prevede (articolo 1, punto 11/q) che «i posti messi a concorso e non coperti vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire previa valutazione da parte del CSM» e viceversa. Questo infatti significa che i posti non coperti del primo lotto (nell’esempio fatto: i posti di consigliere d’appello non richiesti da altri consiglieri, cioè i trasferimenti orizzontali omologhi, che sono assegnati «previa valutazione del CSM») vanno ad incrementare il secondo lotto, assegnato su concorso (cioè, nell’esempio fatto, i trasferimenti orizzontali dalla funzione diversa, ed i trasferimenti verticali, o promozioni), il quale però, nella prognosi fatta, ha già di per sé una quota interna priva di domande, che quindi sarà inutile accrescere se nessuno la chiede, e una quota ricca di rinunce, che dall’aumento trarrà solo un modestissimo beneficio. Il risultato di questo meccanismo inutilmente complesso è una sicura estensione dei tempi di copertura, e un verosimile aumento delle mancate coperture.

Una simile prospettiva può rendere molto problematica la funzionalità soprattutto delle Corti d’appello in genere (già oggi difficoltosa, come prova la legge 19 febbraio 1981, n. 27, che ne prevede la copertura d’ufficio), e tanto più ardua la presenza nelle sedi a basso indice di richiesta: con quali benefici per la funzionalità del servizio è facile intravedere. L’enfasi meritocratica, come medicina per migliorare il sistema-giustizia, assai probabilmente avrà la sorte delle medicine sbagliate, che generano l’aggravamento del malato. Esiti, questi, che non si produrrebbero con la formula proposta dal ricordato disegno di legge n. 1367 dell’opposizione.

Le funzioni semi-direttive

Sempre muovendoci nel quadro del corposo articolo 1 del maxi-emendamento, non minore sconcerto suscitano altri spunti, che hanno il sapore dell’astrazione lontana dalla realtà. Un inopportuno emendamento alla delega, maturato in commissione, prevede la temporaneità nell’esercizio non solo delle funzioni direttive (sul che si può convenire, sia pur solo in parte, poiché la delega in realtà permette la perpetuità di tali funzioni, sol che alla scadenza si accetti di cambiare sede), ma anche delle funzioni semi-direttive.

Le ragioni addotte (evitare le sedimentazioni troppo lunghe nelle funzioni che raccolgono un accumulo pericoloso di potere) non sono convincenti, ove si pensi che gli incarichi semi-direttivi consistono unicamente nella presidenza di una sezione di tribunale o di corte, e che i poteri del presidente di un collegio giudicante si limitano all’organizzazione del lavoro di quel limitato segmento giudiziario. Ma, ammesso che qualche opportunità vi sia, essa avrebbe un peso certamente molto minore delle gravissime disfunzioni che in concreto si originerebbero dall’estendere la temporaneità forzata anche a questi uffici.

Non si dimentichi che la delega già prevede la temporaneità decennale di ogni incarico (articolo 1, punto 13), e la temporaneità quadriennale degli incarichi direttivi (che attualmente assommano a 444, oltre le vacanze). Se a questi si aggiungono i posti di collaborazione direttiva (ammontanti attualmente a 716, oltre le vacanze), ne consegue che ogni quattro anni il Consiglio dovrà esaminare, solo a questo proposito, una media di circa 300 posizioni, oltre al lavoro di cui già oggi è investito; e, quel che è peggio, ognuno dei magistrati in scadenza dovrà avere a disposizione un posto di almeno pari livello al quale chiedere di essere trasferito: cosa affatto impossibile, se non a prezzo di mantenere un gigantesco «pacchetto» di posti semidirettivi, conservati vacanti ad hoc, entro i quali assestare questo tourbillon di nomadi giudiziari (ricordiamo che non è ammesso lo «scambio» consensuale di posti, ma ciascuno deve essere messo a concorso, e perciò essere, appunto, vacante).

A ciò si aggiunge il ritardo con il quale il CSM (oltretutto diminuito nell’organico dalla legge 28 marzo 2002, n. 44), potrà espletare un simile cumulo di lavoro additivo; ed il probabile epilogo di questo universale movimento coatto, cioè quello di molti magistrati che, a fronte delle difficoltà anzidette e proprio per l’inesistenza di un altro posto ritenuto accettabile, si asterranno dal chiedere qualsivoglia trasferimento e obbligheranno il CSM ad aprire una pletora di procedure di trasferimento d’ufficio, con disparità di situazioni ed esiti nefasti per la funzionalità del servizio.

La Scuola superiore delle professioni giuridiche

La Scuola della magistratura, o, secondo l’articolo 3 della delega «Scuola superiore delle professioni giuridiche», sogno di generazioni di magistrati e punta di lancia di ogni programma governativo da alcuni lustri in qua, accenna a diventare realtà, e su questo non si può che esprimere apprezzamento; ma il modo con cui verrà realizzata è malinconicamente grigio, al punto che viene da dubitare dell’opportunità di attuarla in questi termini.

Una Scuola della magistratura non può non fare i conti con una premessa di rango costituzionale. Una scuola, qualsiasi scuola, ha nella sua natura ed essenza quella di insegnare qualche cosa; quindi una scuola della magistratura dovrebbe insegnare ai magistrati come si interpreta e come si applica la legge. Ma questo ai magistrati non si può «insegnare», perché la loro indipendenza ed autonomia pretende che nessuno rivolga loro indottrinamenti di qualsiasi genere.

D’altro canto, l’altissima professionalità che si richiede ai magistrati, la vastità e la complessità dello scibile che essi devono padroneggiare, e l’approfondita riflessione su tutte le conseguenze delle loro decisioni e del loro operare, esigono una formazione rigorosa, accurata e continua, sia sul piano tecnico («sapere»), sia sul piano operativo («saper fare»), sia sul piano deontologico («saper essere»).

L’incrocio tra queste opposte esigenze si risolve nel costruire bensì una struttura che impartisca un «insegnamento», ma nel fare in modo che questo insegnamento, per non diventare indottrinamento, sia il più possibile auto-prodotto, vale a dire provenga dalle esperienze di punta sviluppatesi all’interno della magistratura, e dal complementare apporto delle voci della dottrina e del foro, secondo programmi elaborati dalla magistratura stessa e dal suo organo di autogoverno.

La legge delega, nella sua formulazione originaria, si è mossa in tutt’altra direzione. Essa, innanzi tutto, ha sovraccaricato la Scuola di una congerie di compiti assolutamente eccedenti le possibilità di qualsiasi struttura del genere: oltre al tirocinio degli uditori ed alla formazione dei magistrati, essa avrebbe dovuto provvedere anche all’aggiornamento professionale degli avvocati (circa 140.000 iscritti agli Albi!), nonché alla smisurata preparazione al concorso di ammissione nella magistratura, al quale si indirizzano ogni anno molte migliaia di neolaureati.

Il dibattito in Commissione ha fortunatamente alleggerito la Scuola, sia pure non senza contrasti, delle ultime due incombenze, restituendola ai suoi compiti essenziali (di tal che non pare possa più denominarsi Scuola superiore delle professioni giuridiche, atteso che una sola di tali professioni ne fruirà); ed ha disegnato con utile analiticità le modalità di svolgimento del tirocinio. Ma rimangono alcuni motivi di grave insoddisfazione, che così si possono riassumere.

Innanzitutto, anche a questo riguardo, si è perseguito un pesante ridimensionamento del Consiglio superiore della Magistratura. La Scuola non agisce secondo gli indirizzi di tale organo, ma si avvale delle proposte del medesimo, così come, paritariamente, delle proposte di altri organismi, quale il Ministro, il Consiglio nazionale forense, il Consiglio universitario nazionale, i Consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Questo ulteriore svuotamento del CSM collide con la legislazione che si è, sino ad ora, occupata di formazione professionale, e che l’ha sempre affidata al CSM (si confrontino l’articolo 5 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, a proposito della formazione e aggiornamento dei magistrati ordinari e onorari addetti agli uffici minorili; l’articolo 4-bis della legge 21 novembre 1991, n. 374, quale inserito dalla recente legge 24 novembre 1999, n. 468, relativamente all’organizzazione del tirocinio e della formazione dei giudici di pace; e il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 17 luglio 1998 che assegna al CSM, e solo ad esso, la materia del tirocinio degli uditori giudiziari, la quale più di ogni altra esige una stretta correlazione tra gli indirizzi dell’organo di autogoverno e gli uffici decentrati che la gestiscono in concreto). Un simile arretramento del CSM, parificato ad altre voci che hanno assai poco titolo per pronunciarsi sulla formazione dei magistrati (segnatamente, si ripete, in materia di tirocinio) rivela un disegno punitivo nei confronti di detto organo, e una dissonanza rispetto allo spirito del dettato costituzionale.

Ma oltre a ciò, la struttura della Scuola è stata disegnata, almeno nella stesura originaria, con scarsa aderenza alla realtà. Il prevedere che un ente di simile complessità fosse diretto da un comitato di sette membri, due dei quali costituiti dai vertici della cassazione, ed altri due da un professore universitario e da un avvocato, significava affidare le sorti della Scuola ad un organismo di rappresentanza, che si sarebbe riunito poche volte all’anno, ed avrebbe trasformato la medesima in un banale «lezionificio», ripetitivo di tematiche più o meno conosciute ed avulse dalla realtà giudiziaria.

Opportunamente la Commissione ha recepito il suggerimento di articolare la Scuola in due distinte sezioni (l’una destinata al tirocinio, l’altra alla formazione permanente dei magistrati); di affiancare a tale comitato un secondo organo assai più agile e con compiti di gestione continuativa; e di rimuovere l’incredibile limite di partecipazione ad un corso ogni tre anni (diventati uno), che avrebbe tolto alla Scuola ogni carattere di sollecita trasmissione di saperi, di prassi e di esperienze.

È però rimasto invariato il comitato di vertice ed il senso di pesantezza burocratica e di distacco che l’insieme produce (a parte l’impropria formulazione del punto 1.e, dovuta a malaccorta votazione in commissione). Per cui si può confidare che sia in sede di attuazione della delega, sia nell’assestamento della prassi, sia colta l’occasione di fare della Scuola una vera e vitale palestra di formazione continua, e non un’ulteriore accademia.

Gli illeciti disciplinari

Anche nella materia disciplinare, che pur sembrava rappresentare un punto di tranquilla convergenza, la tecnica non inedita del «colpo di mano» dell’ultima ora ha avvelenato una riforma che poteva essere salutata con apprezzamento. Dopo una formulazione iniziale infelice per la sua estrema genericità, e per questo quasi certamente incostituzionale, il secondo testo, introdotto con il noto maxi-emendamento, non era molto migliore perché aggiungeva qualche disposizione ma lasciava del tutto immutata la parte nodale, e cioè la (mancata) tipizzazione degli illeciti.

Finalmente, il 30 luglio 2003 il relatore presentava un testo analitico, che riprendeva quasi alla lettera la parte «sostanziale» (non quella procedurale) di un disegno di legge del già ministro Flick, a sua volta frutto di un’ampia elaborazione concordata con il mondo della magistratura e di varia dottrina. Poteva essere l’occasione per un testo, almeno in questa parte, concordato ed efficace: ma a poche ore dal voto piovevano due emendamenti che ne alteravano profondamente l’impianto.

Essi infatti inserivano tra gli illeciti disciplinari, da un lato, «l’attività di interpretazione di norme di diritto (avente) contenuto creativo», dall’altro lato la partecipazione del magistrato ad ogni attività o iniziativa (escluse quelle a carattere scientifico, ricreativo, sportivo o solidaristico) promosse da partiti, movimenti, enti o associazioni che perseguono finalità politiche o svolgono attività di tale natura.

L’opposizione a questa parte del testo non può che essere ferma e netta. Nessun Governo, nessuna norma aveva mai pensato di sottoporre a sanzioni l’interpretazione delle leggi fatta dai giudici. Persino la legge 13 aprile 1988, n. 117, sulla responsabilità civile dei magistrati, che pure nasceva a seguito della forte sollecitazione di un referendum popolare, si era fermata, eccettuate ipotesi macroscopiche, di fronte al perimetro invalicabile dell’interpretazione delle norme e della valutazione delle prove. Di fronte alle inevitabili lacune dell’ordinamento giuridico, l’interpretazione delle norme – ora analogica, ora estensiva, ora addirittura creativa della regola necessaria per decidere il caso – è attività non solo permessa, ma necessaria.

Il cosiddetto «vuoto normativo» è espressamente codificato dall’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale («Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i princìpi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato»). Dunque il giudice normalmente applica la legge, ma talora è costretto a crearla: e il sanzionare genericamente un’attività formalmente legittimata (anche se si può presumere che l’intenzione dell’emendamento sia quella di colpire errori interpretativi ritenuti gravi) introduce una forte distorsione nel sistema, perché questa attività interpretativa, qualora sia impropriamente esercitata, trova il suo confine ed il suo rimedio solamente in via giurisdizionale, attraverso lo strumento delle impugnazioni, e non può essere sindacata in via disciplinare, neppure da parte dell’organo di autogoverno, che in effetti da ciò si è sempre sistematicamente astenuto.

Ma per questo Governo e questa maggioranza tali principi non hanno peso: l’essenziale è mettere in soggezione quei giudici che volessero ripetere il deprecato exploit che ha visto la giurisprudenza (anche a livello di Cassazione e di Corte costituzionale!) disattendere le aspettative riposte nella legge sulle rogatorie. Certo, ci sarà sempre – si spera – un Consiglio superiore che dirà che in questo comportamento non ci sono estremi di illecito. Ma purtroppo ci sarà anche un Ministro che promuoverà una o cento azioni disciplinari ritenendo il contrario: e non è detto che qualche giudice, per risparmiarsi la pena di doversi difendere, rinunci a pronunciare ciò che in piena indipendenza avrebbe pronunciato (quante interpretazioni, apparentemente «eretiche» nel loro nascere, sono diventate ius receptum pochi anni dopo, contribuendo all’irrinunciabile capacità evolutiva dell’ordinamento, che proprio dalla giurisprudenza più sensibile si alimenta).

Non meno grave è l’altra previsione, che sottrae ai magistrati, e solo ad essi, una quota non lieve di diritti politici. L’articolo 98 della Costituzione prevede che la legge possa vietare ai magistrati, ed a talune altre categorie, l’iscrizione ai partiti politici: e dunque questo tipo di restrizione può essere ammessa. Ma il limite si ferma qui, ed oltre non è consentito andare, giacché i diritti politici sono riconosciuti dalla Costituzione a tutti i cittadini, e quindi ogni limitazione deve trovare nella Costituzione stessa la sua legittimazione.

L’emendamento, invece, si spinge assai più in là, vietando ai magistrati la partecipazione ad attività di vario genere, che, sia pure al netto di quelle consentite (scientifiche, ricreative, sportive, solidaristiche) comprendono ancora una vasta fascia di estrinsecazioni della libertà di pensiero, di associazione e di manifestazione. Un magistrato non potrà più marciare per la pace, aderire a una manifestazione per la difesa dell’ambiente, assistere a un comizio. Potrà partecipare ad un convegno promosso su un tema scientifico (ad esempio l’imminente riforma del diritto minorile, o, appunto, la legge delega sull’ordinamento giudiziario), ma con il rischio che una parola di troppo, al di fuori del recinto del «combinato disposto», lo tramuti da interlocutore tecnico a contestatore del governo. È augurabile che da «illeciti» del genere egli venga assolto, ma per intanto il Ministro lo incolperà, mettendolo in forte difficoltà di immagine nell’esercizio dei suoi compiti.

La restrizione delle libertà fondamentali non è mai una buona medicina, anche nei confronti di veri o supposti malesseri.

Conclusioni

Nel testo vi sono anche aspetti positivi, come è naturale che avvenga in una normativa di ampio raggio. È apprezzabile la nuova disciplina del tirocinio degli uditori e l’articolazione della Scuola in due sezioni, una delle quali dedicata al tirocinio medesimo, secondo i suggerimenti dell’opposizione accolti dalla Commissione (anche se forse uno sforzo maggiore andrebbe fatto per estendere la durata del tirocinio a due anni). È condivisibile l’introduzione della temporaneità degli uffici direttivi (non invece, come si è detto, anche quella degli uffici semidirettivi). Va approvato lo sforzo di tipizzare gli illeciti disciplinari, anche se gli interventi di cui sopra annullano la parte positiva. E la costituzione della Scuola della magistratura rappresenterà una grande benemerenza del Governo se riuscirà, attraverso i decreti delegati, ad infonderle lo spirito del quale si è detto, che non nasce da orientamenti politici ma dalla sincera necessità che una Scuola del genere, nella quale committenza e fruitori coincidono, sia profondamente partecipata.

Ma, se è doveroso riconoscere gli aspetti positivi, è inevitabile ribadire che gli elementi negativi illustrati nella relazione sono numerosi e di gravità determinante. La riforma è nata sotto l’impulso di una volontà di reazione e di contenimento, e si è sviluppata, nei suoi snodi più qualificanti, contro l’opposizione, contro il CSM e contro la magistratura, che ne sarà la destinataria. Un buon legislatore non opera in questo modo, perché le riforme, specie quelle di grande impegno e portata, non possono essere varate senza concertazione (si potrebbe mai concepire una riforma della scuola o della sanità contro gli insegnanti o contro i medici?), né devono rispondere a finalità particolari o contingenti, e in via suppletiva, né possono svilupparsi in assenza di un chiaro ed illuminato progetto complessivo.

L’effetto di questa riforma non sarà né un giorno in meno nella durata dei processi, né un errore giudiziario in meno, né un grammo in meno del pesante disservizio della giustizia. Sarà, probabilmente, una magistratura un po’ più tecnica e un po’ meno indipendente, un po’ più ossequiente e un po’ meno «innamorata» del proprio compito, cioè partecipe di quel forte e comune sentire che è il vero motore per assolverlo degnamente.

Fassone, Calvi, Dalla Chiesa, Zancan, Ayala, Brutti Massimo, Cavallaro, Manzione, Maritati, Zanda, relatori di minoranza


 


 

Esame in Assemblea

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

494a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDÌ 25 NOVEMBRE 2003

(Antimeridiana)

Presidenza del presidente PERA

 

Discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Il relatore, senatore Luigi Bobbio, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, signor Sottosegretario, signori rappresentanti del Governo, colleghi, il disegno di legge n. 1296 e quelli ad esso collegati rappresentano un importante sforzo per giungere alla tanto auspicata e, fino ad oggi, mai realizzata riforma dell’ordinamento giudiziario italiano.

Un punto va chiarito subito a mio avviso: le riforme proposte non mettono in discussione, né direttamente, né indirettamente, i princìpi di indipendenza e autonomia della magistratura, che sono e restano imprescindibili conquiste della Costituzione italiana e di oltre cinquant’anni di storia repubblicana e che rappresentano un patrimonio collettivo la cui titolarità, peraltro, non è in capo ai singoli magistrati, ma a tutti i cittadini, il cui precipuo interesse sono destinati a realizzare.

Negli ultimi anni si è avvertita sempre più impellente, fino a divenire improcrastinabile, la necessità di riorganizzare il sistema giudiziario italiano, e certamente non nel senso di un suo smantellamento o di volontà di ingerenza del potere politico in quello giudiziario, come si evince chiaramente, del resto, dalla lettera del disegno di legge in esame.

I problemi da affrontare sono molti, anzi moltissimi, e forse non sarà sufficiente neanche il disegno di legge in argomento a risolverli tutti. Ci si trova infatti dinanzi a ritardi sedimentatisi e cristallizzatisi nel corso di decenni, rispetto ai quali in passato i correttivi sono stati apportati quasi sempre in maniera frammentaria e disorganica.

In questo senso, è opinione comune che sia venuto il momento di voltare pagina. Le riforme contenute nel disegno di legge n. 1296, tanto urgenti quanto indefettibili, sono così animate, innanzi tutto, dalla volontà di intervenire organicamente al fine di giungere ad un miglioramento della macchina giudiziaria e, inevitabilmente, del rapporto cittadino-giustizia. Ciò anche in considerazione delle critiche avanzate a livello nazionale e comunitario nei confronti del sistema giudiziario italiano per la sua lentezza, la sua farraginosità e per i numerosi casi di cosiddetta malagiustizia.

Non è peraltro possibile tacere o ignorare il fatto che buona parte delle gravi difficoltà dell’apparato di amministrazione della giustizia civile e penale nasce da problemi e carenze processuali. Allo stesso modo, è bene evidenziare che anche l’attuale insoddisfacente assetto dell’apparato giudiziario condiziona in maniera pesantemente negativa la situazione.

Questo punto è estremamente delicato e destinato ad acquisire una sempre maggiore centralità. Non bisogna infatti dimenticare che, volenti o nolenti, ci si avvia inevitabilmente verso un comune spazio giuridico europeo. Pertanto, in attesa e prima che il processo di integrazione si sviluppi ulteriormente, è opportuna la riorganizzazione della macchina della giustizia in Italia. Una riorganizzazione che intende muoversi su diverse linee, innanzi tutto puntando ad una decisa e sistematica riqualificazione professionale dei magistrati.

Il tema dell’aggiornamento professionale dei magistrati è estremamente sentito dal Governo, dalla maggioranza e, credo di poter dire, da tutto il Parlamento che, oltre ad investire al riguardo ingenti risorse, intende far sviluppare un meccanismo virtuoso, e soprattutto senza qualsivoglia tipo di ingerenza, finalizzato a far emergere e valorizzare i magistrati che dimostrino effettivamente particolari meriti come laboriosità, produttività, qualità del lavoro svolto e preparazione.

Si intende di fatto dar vita ad un meccanismo in cui gli automatismi di carriera, che sono e restano un naturale disincentivo dei migliori elementi della magistratura, cessino e siano sostituiti da un’effettiva meritocrazia.

Da un punto di vista - mi si permetta - più tecnico, l’ormai perdurante e annosa crisi della giustizia possiamo certamente dire presenti due aspetti, uno strutturale ed uno funzionale. L’aspetto strutturale riguarda il momento ordinamentale della magistratura e quindi, in particolare, riguarda, come è ovvio, la tematica dell’ordinamento giudiziario ed in special modo i temi dell’accesso alla carriera, della progressione in carriera, della professionalità dei magistrati e tutto ciò che, in qualche maniera, è collegabile a questi temi.

L’aspetto funzionale, invece, riguarda il momento di applicazione pratica del sistema giudiziario ed è legato al momento procedurale, sia civile che penale, e al diritto sostanziale.

La riforma dell’ordinamento giudiziario cerca di dare una risposta all’aspetto strutturale della crisi dell’amministrazione della giustizia, cioè al nodo legato in senso ampio alla professionalità dei magistrati italiani ed alla migliore utilizzazione di tale risorsa dello Stato.

Si tratta di riformare i criteri che regolano l’ingresso in carriera, la separazione delle funzioni, la professionalità dei magistrati e la loro progressione in carriera. Occorre quindi rimodulare la normativa vigente e giungere ad un recupero di efficienza e di professionalità dei magistrati italiani.

Per troppo tempo ci si è adagiati sul falso mito che l’assoluta uguaglianza e l’assoluto automatismo dell’avanzamento in carriera potessero essere la forma migliore di garanzia dell’imparzialità dei magistrati. Poche scelte si sono rivelate, invece, più falsate e più dannose di queste.

Come in tutti i settori della vita professionale, e lavorativa in genere, anche la magistratura ha assoluto bisogno, invece, di un recupero di professionalità anche attraverso la creazione di stimoli e di occasioni di aggiornamento professionale che in qualche modo impongano di continuare la formazione culturale e professionale anche nel corso dell’attività e come condizione per la progressione in carriera. A questo scopo, il disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario prevede forme di verifica interna all’ordine giudiziario per la progressione in carriera; ciò avverrà attraverso passaggi quasi obbligatori di verifica professionale a scadenze temporali prefissate.

Nel disegno di legge si prevedono inoltre concorsi, esami e valutazioni affinché si possa passare da un ufficio ad un altro e da un livello di carriera all’altro nella ricerca del mezzo per fare in modo che l’automatismo fino ad oggi vigente per la progressione in carriera non si consolidi come alibi per una sostanziale indifferenza nei confronti dell’aggiornamento professionale.

Certo, non ci si nasconde che lo schema concorsuale proposto presenta una certa qual complessità, ma esso appare, per vero, l’unico strumento possibile per assicurare il conseguimento del risultato.

Lo schema nuovo che il disegno di legge delinea per le modalità di accesso al concorso è poi uno schema che tende a valorizzare, da un lato, il serbatoio cui attingere per la selezione dei concorrenti, più qualificato di quello attuale, dall’altro, l’obiettivo della riduzione del numero ormai insostenibile di coloro che intendono affrontare il concorso in magistratura.

Ma con il presente disegno di legge, chiaramente improntato al recupero in senso ampio della professionalità dei magistrati italiani, si cerca anche di sciogliere un altro nodo della crisi della giustizia, ossia quello della complessiva perdita di credibilità del sistema giudiziario agli occhi dei cittadini.

Si tratta di un aspetto centrale, in quanto un sistema giudiziario che sia credibile costituisce l’antecedente necessario di un corretto approccio della collettività al tema del rispetto delle leggi. Anche sotto questo angolo prospettico, professionalità, autonomia, indipendenza e imparzialità dei magistrati costituiscono temi di assoluta rilevanza.

È infatti necessario, perché il sistema giudiziario torni ad essere credibile, che non si verifichino più casi, oggi continuamente all’ordine del giorno, di magistrati che veicolino con l’esercizio della funzione giudiziaria le più varie convinzioni e le più varie valutazioni anche di tipo ideologico, tali da indurli troppo spesso, nel valutare il caso concreto, a riscrivere la norma di cui (giova ribadirlo) dovrebbero fare solo - e non è poco - concreta applicazione.

In questo contesto si è così giunti al momento in cui si deve intervenire sulle modalità di progressione delle carriere, nel rispetto della trasparenza assoluta e della premialità per i magistrati migliori. Per raggiungere tali obiettivi, il disegno di legge n. 1296 (e provvedimenti collegati) non solo agisce sui meccanismi di valutazione interna, migliorandoli e potenziandoli, ma tende a valorizzare ruoli e funzioni dei consigli giudiziari, destinati a svolgere compiti di sempre maggiore supporto (senza dare vita a sovrapposizioni) al Consiglio superiore della magistratura.

La valutazione del magistrato, di fatto, dovrà partire in piena autonomia dal territorio ove lo stesso ha svolto la propria attività; un sistema, questo, tale da garantire un giudizio in loco sereno e soprattutto corrispondente ai dati emersi a livello locale, dati che non sempre traspaiono nella loro integrità quando le decisioni sono prese solo a livello centrale.

Ma il disegno di legge affronta e risolve, ancor prima, un’altra questione: quella della disciplina dell’accesso al concorso in magistratura, che richiede l’introduzione di meccanismi nuovi, più snelli e che soprattutto permettano l’immissione in magistratura di personale con una valida esperienza giuridica maturata, per così dire, sul campo, ovviando finalmente al problema, sempre più grave, dell’immissione in carriera di giovani magistrati ricchi di nozioni tecniche, ma del tutto privi di esperienze pratiche, in una condizione che, peraltro, li espone a pericolosi meccanismi di autoreferenzialità e di strumentalizzazione formativa anche nel corso dell’uditorato.

Un neomagistrato solido anche sul piano delle esperienze professionali pratiche resisterà più facilmente a quelle zone oscure, che, ahimè, esistono anche nel tirocinio, che taluni affidatari intendono, purtroppo, anche come momento di reclutamento correntizio.

Nel disegno di legge n. 1296 si è scelta la strada di una preselezione di fatto dei concorrenti. Limitare la partecipazione al concorso (lo dico a titolo di mero esempio, visto che le categorie sono certamente più di una) a coloro che abbiano già superato l’esame di abilitazione per la professione di avvocato meglio si adatta ai parametri italiani e, oltre a snellire le lungaggini concorsuali ed i tempi tecnici di correzione e svolgimento delle prove, permetterà di individuare ab initio elementi di salda preparazione e valore, già dotati di esperienza professionale.

Questa scelta inoltre va anche nella direzione della metabolizzazione definitiva del rito penale di tipo accusatorio che solitamente si accompagna al concetto di serbatoio professionale unico ed a quello di osmosi tra le carriere giudiziaria e forense.

Lo stesso criterio, quello meritocratico, viene previsto in tema di accesso alle funzioni di legittimità per il quale sono previsti criteri nuovi. In particolare, per il conferimento delle funzioni di magistrato di Cassazione si prevede che il 75 per cento dei posti annualmente disponibili sia assegnato mediante apposito concorso per titoli ed esami a magistrati ordinari selezionati attraverso diversi meccanismi individuati dal testo normativo, ultimo dei quali la clausola residuale di essere stati immessi nelle funzioni da almeno 15 anni.

Si tratta di una scelta che vuole fare affluire nell’organico della Suprema Corte forze "giovani", particolarmente qualificate e in grado di apportare un contributo scientifico e giuridico di alto profilo.

La Suprema Corte sta infatti subendo da anni - è doloroso dirlo - un duplice processo involutivo: da un lato sono stati e sono sempre più frequenti atecnicismi, contraddizioni fra sentenze, derive "di merito" o, addirittura, l’adozione di vere e proprie decisioni "normative"; dall’altro, l’approdo alla Cassazione viene spesso visto come semplice momento di progressione nella carriera da parte di magistrati stanchi o delusi da altre scelte professionali.

Negli intenti del disegno di legge n. 1296 la Cassazione deve tornare ad essere un luogo centrale del meccanismo giustizia in Italia. Per ottenere questo importantissimo e, sotto molti aspetti, strategico risultato si intende operare in molteplici direzioni: in primis, quella di restituire alla Cassazione il ruolo di giudice "di legittimità", nel senso più pieno del termine e, quindi, anche la dignità di luogo in cui si svolge una reale attività giuridica e scientifica. Di qui l’esigenza di immettere nell’organico, con una graduale progressione, magistrati anche giovani anagraficamente ma che abbiano dato prova di capacità e di alta professionalità.

Ulteriore tema affrontato nel disegno di legge è anche quello dell’aggiornamento professionale dei magistrati. È evidente la natura estremamente delicata di questo tema. Il sistema normativo italiano è in continua mutazione; costantemente si registrano interventi e provvedimenti comunitari che incidono - e sono destinati sempre più ad incidere - sull’ordinamento interno; esistono inoltre nuovi segmenti del diritto da studiare, da approfondire e da applicare in una visione dinamica ed internazionale (basti pensare, a titolo di esempio, a tutte le problematiche giuridiche connesse alla materia di Internet).

Si comprende così perché diventi necessaria, per non dire indispensabile, la creazione di un polo destinato funzionalmente all’aggiornamento professionale dei magistrati. In questo senso si è pensato alla creazione della Scuola superiore per la formazione dei magistrati e non c’è dubbio che a tutt’oggi sul tema si è consolidata nel sistema di formazione professionale dei magistrati una forma di autoreferenzialità all’interno della magistratura in quanto, nel silenzio della legge, il Consiglio superiore della magistratura, assumendo interamente su di sé la materia della formazione professionale dei magistrati, è andato ad occupare uno spazio da affidare ormai ad un soggetto ad hoc.

Infatti, il tema della formazione non può e non deve continuare ad essere un momento di affermazione e di esaltazione di autoreferenzialità da parte dell’organo di autogoverno dei magistrati cui la Costituzione assegna cinque funzioni ben precise che rappresentano, nell’interesse generale del sistema, un elenco tassativo.

Il disegno di legge sull’ordinamento giudiziario prevede quindi che il momento della formazione recuperi tutta intera, nell’interesse dei cittadini, la sua neutralità, affidandola ad una scuola che nascerà nelle forme di un soggetto dotato di autonomia giuridica, funzionale ed organizzativa, riportando la nostra Nazione in linea con gli altri Paesi europei di migliore tradizione giuridica.

In particolare, alla Scuola verranno affidati non solo il momento di formazione degli uditori, cioè di coloro che hanno superato il concorso, ma anche i momenti di formazione dei magistrati in carriera.

Tra gli elementi di forte innovazione previsti dal disegno di legge n. 1296 vi sono poi le nuove funzioni che verranno ad essere attribuite ai consigli giudiziari. Sul punto vanno fatte solo alcune riflessioni che sgombrino preliminarmente il campo da equivoci e da interpretazioni distorte. Rafforzare i consigli giudiziari non significa in alcun modo voler sminuire ruolo e funzioni del Consiglio superiore della magistratura ma, al contrario, rafforzarne l’operatività grazie ad un lavoro di filtraggio e di intervento su base territoriale.

Si è resa necessaria anche la revisione della composizione dei consigli giudiziari che vengono ad essere integrati dalla presenza di figure esterne alla magistratura, altamente esperte di diritto, e comunque in grado di dare significativi apporti cui andranno ad aggiungersi anche i componenti designati dalle Regioni.

Su quest'ultimo punto va subito chiarito che non si rischia in alcun modo di provocare ingerenze da parte del mondo politico a livello locale. I membri designati dai Consigli regionali e gli avvocati, infatti, potranno prendere parte solo ed esclusivamente a riunioni, discussioni e deliberazioni relative alla vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari nel distretto e alla formulazione di proposte e pareri sull'organizzazione e sul funzionamento degli uffici del giudice di pace.

Come si può vedere in maniera chiarissima, i membri esterni nominati dal Consiglio regionale, gli avvocati, i professori universitari e i rappresentanti dei giudici di pace non avranno alcun potere di intervento - e quindi nessuna ingerenza sarà ipotizzabile - in quelli che sono i compiti delicati conferiti ai consigli giudiziari.

In questa stessa prospettiva si è anche prevista l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione che avrà funzioni analoghe a quelle dei consigli giudiziari.

Altro argomento delicato è quello della riforma della struttura e del funzionamento delle procure, condensata nella previsione dell'articolo 5 del disegno di legge. La scelta operata è stata quella di imprimere una decisa svolta in senso gerarchico agli uffici inquirenti per realizzare un duplice obiettivo: per un verso il recupero di unità e di efficienza investigativa anche nell'ambito della creazione di un sistema di individuazione delle priorità nell'esercizio dell'azione penale; per altro verso, l'accentuazione come contraltare all'innegabile aumento di potere gestionale del momento di responsabilità per i capi degli uffici inquirenti.

Il disegno di legge affronta e risolve anche il delicato tema del rapporto tra funzione giudicante e requirente. La separazione delle funzioni, al di là della scelta definitoria e terminologica e dell'impropria espressione comunemente usata fino ad oggi per farvi riferimento, in base alla quale la materia del testo attuale veniva indicata come "separazione delle carriere", è infatti una doverosa forma di adeguamento dell'ordinamento giudiziario non solo ai sistemi europei ma anche allo stesso codice di procedura penale, che è stato concepito e strutturato prevedendo da un lato la rigida terzietà del giudicante e dall'altro la natura di parte del requirente.

Tale impostazione è stata del resto consacrata nel nuovo testo dell'articolo 111 della Costituzione e per altro una netta distinzione dei ruoli si impone oggi anche in attuazione dei principi di autonomia e di indipendenza della magistratura. Questi ultimi, infatti, sono valori costituzionali di garanzia dettati a tutela dei cittadini; i magistrati sono i meri recettori funzionali di tali valori affinché svolgano il loro lavoro, per l'appunto, in modo autonomo e indipendente, a suprema garanzia dei cittadini stessi.

La separazione delle funzioni si iscrive così in un sistema che vede in fatto e in diritto l'inquirente parziale rispetto al giudicante imparziale, con la connessa esigenza che entrambi si propongano al pubblico e alla collettività con immagini e ruoli chiari, non soggetti, per quel che concerne il giudicante, neanche al benché minimo sospetto di propensione culturale per una parte e/o di sovrapposizione ad essa.

Proprio a tali finalità risponde il disegno di legge in argomento che si incentra sui punti della netta differenziazione già all'atto dell'accesso in carriera - cosiddetto concorso a doppia commissione - della qualificazione professionale finalizzata al conseguimento di un livello tecnico e di una cultura confacenti alla nuova e diversa funzione che si intende ricoprire, della periodicità di tale adeguamento professionale, nonché dello scardinamento territoriale dal luogo nel quale si è svolta la precedente funzione, nel caso si voglia mutare funzione, con un ulteriore e ben preciso limite temporale per il ritorno allo stesso distretto.

È chiaro, per altro, che la funzione inquirente mantiene tutta intera la sua natura magistratuale e che pertanto inquirenti e giudicanti costituiscono la giurisdizione. La scelta di separazione funzionale così operata fa certamente giustizia di svariati luoghi comuni sui quali domina per tutti quello secondo il quale per essere un buon magistrato si dovrebbe aver fatto la sommatoria di tutte le esperienze giudiziarie.

Il disegno di legge risulta, al contrario, strutturato sul punto nel senso sostanzialmente opposto, per cui per essere un buon magistrato non è necessario essere dei sincretisti del diritto, avendo percorso in una sorta di genericità tutte le strade dell'attività giudiziaria e della giurisdizione.

Al contrario, nel disegno di legge si afferma il principio secondo il quale in un'epoca che va fortemente nella direzione della specializzazione, in un contesto processuale di tipo accusatorio che vede la netta distinzione tra giudicante ed inquirente, l'unica scelta coerente, tecnica, accettabile dal punto di vista normativo è ormai solo quella della netta distinzione della professionalità dell'inquirente rispetto alla professionalità del giudicante, e solo la frequenza di un apposito corso di formazione ed il superamento di un momento di nuova verifica attitudinale potranno consentire il passaggio da una funzione ad un'altra.

Nel disegno di legge si tiene fermo il principio secondo il quale il pubblico ministero deve comunque essere un magistrato, che abbia quindi un approccio giurisdizionale al suo lavoro, continuando ad essere soggetto partecipe della cultura giudiziaria.

Del resto, va anche detto che il tema della separazione delle funzioni è tanto più importante se solo si considera che esso, prima ancora del tema della collocazione del pubblico ministero, riguarda quello della definizione dell'immagine del magistrato giudicante. I cittadini hanno infatti il diritto costituzionalmente garantito, varcando la soglia di un'aula di tribunale, di sapere che si troveranno, per essere giudicati, dinanzi ad un magistrato formalmente e sostanzialmente altro rispetto alle due parti processuali.

Per far sì che il magistrato giudicante recuperi agli occhi dei cittadini immagine e sostanza di imparzialità rispetto al pubblico ministero, il disegno di legge di riforma ha operato la scelta di una netta separazione funzionale, tale da recidere il comune sentiero culturale, professionale e di carriera fino ad oggi esistente per inquirenti e giudicanti.

Il disegno di legge poi affronta il delicato tema della riforma dell'illecito disciplinare. Essa nasce dalla necessità di fare applicazione, anche in materia disciplinare, del principio di tassatività delle fattispecie di illecito e costituisce una necessità imposta dalle stagioni che le sezioni disciplinari del CSM hanno vissuto negli ultimi anni, in cui si è assistito al progressivo scadimento della funzione disciplinare.

Quest'ultima infatti è risultata, con il passare del tempo, sempre più legata a valutazioni correntizie, e quindi latu senso politiche, che hanno di fatto costituito il principale punto di scollamento del sistema costituzionale, che vorrebbe in primo luogo il CSM organo di controllo attraverso l'azione disciplinare per rispetto dei limiti che la Costituzione impone ai singoli magistrati, nell'esercizio delle loro funzioni in relazione al potere legislativo ed al potere esecutivo.

Se è ben vero infatti che il CSM viene concepito dalla Costituzione come soggetto di autogoverno dei magistrati, titolare del delicatissimo potere disciplinare attraverso il quale il CSM stesso è chiamato a regolare il corretto andamento della funzione giudiziaria, mantenendone l'equilibrio con gli altri poteri dello Stato, in concreto tale ruolo è stato largamente disatteso.

L'attuale struttura dell'ordinamento giudiziario in materia disciplinare, con la sostanziale mancanza di tipicità degli illeciti disciplinari, e quindi, con la connessa, eccessiva discrezionalità dell'organo di autogoverno in materia, ha invero consentito per troppo tempo allo stesso organo di autogoverno di gestire in maniera assolutamente insoddisfacente la propria funzione di cerniera tra i poteri costituzionali, consentendo di fatto l'instaurarsi di una prassi degenerativa sotto il profilo costituzionale, con il non sanzionare con provvedimenti disciplinari quei comportamenti concretamente eccentrici dal sistema costituzionale della separazione dei poteri di quei singoli magistrati che con provvedimenti, esternazioni e comportamenti di varia natura hanno reiteratamente violato il principio costituzionale della separazione dei poteri.

Il disegno di legge oggi all'esame dell'Assemblea, con una decisa svolta verso la tipizzazione degli illeciti disciplinari, tende ad evitare che nel futuro possa perpetuarsi tale situazione, in particolare modo per ciò che concerne forme di esercizio di prerogative riservate ad altri poteri costituzionali o manifestazioni comunque tali da pregiudicare l'apparenza oltre che la sostanza di imparzialità di ogni singolo magistrato. (Applausi dai Gruppi AN e FI).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, senatore Fassone, per integrare la relazione scritta.

 

FASSONE, relatore di minoranza. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, la riforma dell'ordinamento giudiziario potrebbe ben dirsi (se l'espressione non accennasse a diventare abusata e logora) la madre di tutte le riforme nella materia della giustizia. È dunque necessario essere consapevoli, profondamente consapevoli, del significato e dell'importanza della legge che ci accingiamo a discutere e a varare.

La riforma dell'ordinamento giudiziario non è una legge qualsiasi; è più importante di qualsiasi legge ordinaria in materia di giustizia, più importante addirittura del varo di un nuovo codice, perché rappresenta la costituzione della magistratura, lo statuto dei giudici e dei pubblici ministeri, il modo in cui intendiamo regolare un potere dello Stato.

Una riforma di questa portata, che è attesa da cinquantatré anni, esige competenza e ampiezza di vedute; pretende di non essere dettata da finalità particolari e tanto meno da finalità reattive; pretende di non essere una riforma per mettere in riga la magistratura.

Questa riforma deve essere figlia di un progetto complessivo, avere la capacità e la forza di toccare tutte le problematiche della giustizia e non solo alcune, deve essere frutto dell’apporto di tutti gli operatori e di tutte le forze politiche e non il prodotto di un atteggiamento - come è stato definito dal Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura - rancoroso.

Questo è in parte avvenuto nel corso dei lavori di Commissione, che sono durati circa un anno e mezzo, e sono lieto di darne atto al Presidente della Commissione, al rappresentate del Governo e al relatore. Ma su certi punti, e sono quelli nodali della riforma, questo atteggiamento di dialogo non c’è stato e mi auguro ci sia in futuro.

Ricordiamo che la VII Disposizione transitoria e finale della Costituzione è quella che ci impone da tempo di intervenire. Essa dispone che: "Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente", segno che quello non è conforme alla Costituzione e quello che ci accingiamo a varare invece deve esserlo e, su taluni punti, signor Presidente, non lo è.

L’ordinamento del 1941, in questi sessanta e più anni, ha subìto modifiche di eccezionale rilevanza. Sono scomparse figure tradizionali come il pretore, il giudice istruttore, il giudice conciliatore. Altre sono emerse, come il magistrato di sorveglianza, il giudice delle indagini preliminari, il giudice di pace e la magistratura onoraria in genere. Altre figure sono affiorate e subito dopo sparite, come il procuratore della Repubblica presso la pretura.

Quasi tutto il quadro è cambiato. Problemi giganteschi si sono nel frattempo accumulati. Basta ricordare la definizione dei nuovi compiti dei dirigenti, essendo nel frattempo maturata la consapevolezza che la magistratura deve farsi portatrice anche di una cultura dell’organizzazione.

È emersa la necessità di un robusto codice deontologico, condiviso ed osservato, quale antidoto alla forte crescita del senso di autonomia individuale dei magistrati. Il ruolo del Consiglio superiore della magistratura è stato dilatato proprio a causa dell’assenza di una legislazione esauriente e ha quindi prodotto di fatto un’ampia normativa secondaria che necessita di sistemazione. La magistratura onoraria ha assunto dimensioni ormai pari, se non superiori numericamente, alla magistratura togata ed è in urgente attesa di una disciplina del suo stato peculiare.

Si è fatta stringente la necessità di disciplinare la progressione nella carriera, superando i limiti delle cosiddette leggi Breganze, ma conservando e tesaurizzando i loro pregi.

Si è imposta la necessità di regolare la strutturazione interna delle procure della Repubblica e la stessa funzione della Cassazione continua ad essere in bilico tra una nozione di "Corte suprema" (come la definisce l’articolo 65 dell’ordinamento vigente, che la vede come un supremo regolatore delle questioni generali di diritto) e una nozione di terza istanza di giudizio, quale l’ha modellata la pressione empirica della prassi. Mille altri sono i temi di cui un ordinamento giudiziario deve occuparsi, non esclusi il tribunale militare ed altre forme nuove o comunque esigenti una nuova ottica nel quadro della giustizia. Tutto questo non è avvenuto.

La riforma è nata con uno spettro estremamente ridotto. Non dimentichiamo che il primo disegno di legge del marzo 2002 si occupava appena di quattro o cinque grandi temi, a dimostrazione di un intervento specifico e mirato e non di un’organica consapevolezza dell’ampiezza dell’orizzonte giudiziario.

Cosa ci dice questa riforma? Essa contiene alcune parti positive. Non sono così fazioso da disconoscerlo e quindi, come sempre, riconosco che una legge ad ampio spettro come questa non può non avere alcuni capitoli che vanno apprezzati. In particolare, la regolamentazione nuova e diversa dell'accesso al concorso per la magistratura, anche se è un'obiezione insuperabile da parte nostra la previsione di concorsi distinti per giudici e pubblici ministeri.

È positiva l'opzione relativa al tirocinio e alla Scuola superiore della magistratura, anche se lo sganciamento totale dal Consiglio superiore rischia di farne semplicemente un lezionificio. È positiva la temporaneità degli incarichi direttivi, anche se è negativa l'estensione della medesima agli uffici semidirettivi. È positiva la tipizzazione degli illeciti disciplinari anche se gli emendamenti dell'ultima ora hanno introdotto punti di assoluta inaccettabilità.

Ma, accanto a questi elementi positivi che non fatico a riconoscere, ve ne sono alcuni che non possono non incontrare la nostra opposizione ferma e assoluta. Torniamo indietro per un attimo. Che cos'è l'ordinamento giudiziario? È la legge dalla quale scaturisce il modello di giudice; è la legge che plasma il magistrato. Senza dirlo espressamente, ma attraverso la connotazione del suo statuto, della sua carriera, delle sue aspettative, si plasma il modello di magistrato. E qual è il modello di giudice dal quale noi vorremmo essere giudicati? E qual è, per converso, il modello di giudice che esce da questa riforma?

Il modello non è facilmente descrivibile, ma lo possiamo ricavare facilmente se ascoltiamo i desideri elementari che noi stessi abbiamo nel profondo quando ipotizziamo di dover comparire davanti ad un magistrato. Il giudice che noi sogniamo - credo tutti - dovrebbe essere: laborioso, ma non attento solo a fare statistica; tecnicamente preparato, ma non fanatico del combinato disposto; capace di ascoltare, più che esprimere subito le sue convinzioni; portatore di opinioni anche ferme, ma disposto a cambiarle dopo avere ascoltato; osservante del codice deontologico, non meno che dei quattro codici; prudente nel discostarsi da ciò che è consolidato, ma coraggioso nel sottoporre a verifica ciò che è pacifico; consapevole che ogni fascicolo non è una pratica, ma un destino umano; paziente nell'approfondire, indipendente nel giudicare, rispettoso nel trattare.

Forse questo modello è poco realistico, forse è soltanto un sogno, ma noi dobbiamo quanto meno cercare di far sì che i magistrati tendano ad essere vicini a questo modello. Che cosa fa, invece, la riforma in questione? Ci propone un modello tutt'affatto diverso, il modello che scaturisce da quella che possiamo definire la concorsualità permanente.

Noi siamo del tutto consapevoli che è necessario intervenire su quella che il relatore ha chiamato la progressione automatica nella carriera; siamo consapevoli che le "leggi Breganze" del 1966 e del 1973 rispondevano alle esigenze di quel periodo, e giustamente lo superarono; siamo consapevoli che il loro uso concreto esige oggi un nuovo intervento, alla luce delle esperienze e del nuovo costume maturati in questi trent'anni. Lo abbiamo proposto con determinazione nella scorsa legislatura, attraverso quel disegno di legge noto come "le pagelle dei giudici", e torniamo a proporlo anche ora.

Non ha alcun senso logico, né giuridico, né pratico, egregi colleghi, la previsione di una serie ininterrotta di concorsi per titoli ed esami. Il concorso per esami - riflettiamo un momento - significa accertare il sapere del giudice; ma questo sapere è stato verificato al momento dell'ingresso e non c'è alcun bisogno di verificare ancora oggi se egli conosca le categorie e le fattispecie che gli furono chieste quando entrò in magistratura.

Oggi, a carriera in corso, è necessario verificare non quel che sa il giudice, ma come fa il magistrato: è necessario accertare la solerzia nel depositare i provvedimenti, il tratto con gli avvocati, i testimoni e gli imputati, la disponibilità alle esigenze dell'ufficio, la preparazione tecnica nel suo specifico ambito.

Questo è necessario accertare e per questo invito fortemente ad abbandonare questo infelice ritorno ai concorsi, che furono dichiarati negativi da tutta la dottrina e da tutte le forze politiche a cavallo degli anni Settanta, per tornare invece ad una serie di valutazioni di professionalità accurate e molteplici.

Noi abbiamo formulato delle proposte che illustreremo ancora più chiaramente in sede emendativa e che sono concordi con quelle della maggioranza nella pretesa di una rigorosa ed attenta verifica di professionalità. Ma siamo contrari ad una prospettiva concorsuale per titoli ed esami che produrrà fatalmente due inconvenienti non negabili.

Il primo è che il concorso per titoli determinerà, appunto, la ricerca dei titoli, la ricerca di quei mestieri di magistrato in cui si possono formare i titoli preziosi, levigati e dotti e l’abbandono, quindi, di quegli uffici nei quali i titoli non si formano: l’esecuzione, i decreti penali, la sorveglianza, la magistratura minorile, persino gli uffici GIP; questi uffici saranno fortemente disertati e saranno quindi a rischio, mentre saranno ricercati, invece, gli uffici che permettono le pronunce levigate e il magistrato dedicherà molto tempo a questa levigatezza, molta cura a questa ricercatezza e dottrina, sottraendo tempo prezioso alle esigenze dell’ufficio.

Il secondo inconveniente, che difficilmente potete negarmi, è quello di una magistratura conformista, perché il magistrato che sa che le sue sentenze saranno scrutinate e vagliate, qualunque passo in carriera intenda compiere (sia per una promozione, sia per un passaggio di funzioni, sia per un trasferimento), se non ha una saldissima struttura etico-morale, sarà inevitabilmente portato a compiacere il pensiero di coloro che domani saranno i suoi giudici. E noi di tutto abbiamo bisogno fuorché di una magistratura conformista.

Questo quindi è il punto sul quale mi auguro vi sia una congrua riflessione e una disponibilità a dialogare con l’opposizione, che non è affatto attestata su un no pregiudiziale, ma ha offerto delle precise, analitiche, specifiche e incisive proposte.

L’altro aspetto che ci inquieta profondamente, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, è quello dei concorsi separati per l’accesso alla magistratura. Il relatore ne ha illustrati i pregi, consentite a me di illustrarne i difetti.

Innanzitutto, un difetto consiste nella assai probabile incostituzionalità della normativa: l’articolo 106 della Costituzione, sotto il Titolo concernente la magistratura, stabilisce che alla magistratura si accede per concorso e il concorso quindi abilita e legittima a svolgere tutti i mestieri di magistrato e non soltanto qualcuno.

Non solo, ma i cultori del diritto dovranno spiegarmi com’è possibile una parcellizzazione del diritto per cui a taluno si chiedano certe materie e a talaltro materie diverse. Dovranno dirmi quali sono le materie che un giudice può ignorare, perché sono di esclusiva competenza del pubblico ministero e viceversa. Dovranno spiegarmi quali benefici credono di ricavare da questa separazione delle carriere in senso debole, perché tale è questa: la distinzione delle funzioni è un pleonasmo, in quanto le funzioni sono già distinte, nel nostro processo non c’è un solo attimo in cui una funzione possa sovrapporsi all’altra nel corso del medesimo procedimento.

Quindi, questa è la separazione delle carriere in senso debole. Forse è un punto di mediazione, come è stato detto; forse è l’unico punto di equilibrio possibile tra opposte tensioni, ma come mediazione è un punto che raccoglie non i pregi degli opposti, bensì soltanto i difetti, tanto più se combinato con quella struttura fortemente gerarchica dell’ufficio del pubblico ministero.

Anche su questo punto noi non ci limitiamo a dire dei no. Siamo consapevoli che l’ufficio di procura della Repubblica esige un profondo ripensamento a fronte del principio di autonomia diffusa che è penetrato profondamente nel costume della magistratura; siamo consapevoli che l’ufficio di procura, a differenza del tribunale, ha esigenze di una sua linea, di una sua uniformità di condotte, di linee guida che non possono non far capo al dirigente dell’ufficio, ma lo strumento apprestato dall’articolo 5 di questa delega è pesante e di infelice memoria.

Tra l’altro, mi direte perché, se non per quel motivo rancoroso di cui dicevo all’inizio, la delega iniziale non prevedeva affatto tutto questo e si limitava a chiedere quello che nella sostanza chiediamo anche noi oggi, cioè che il transito dall’una all’altra funzione sia preceduto da un corso di formazione, da una valutazione attitudinale seria e rigorosa e sia accompagnato dalla migrazione territoriale (noi sosteniamo in altro circondario, il Governo allora sosteneva in altro distretto: non è su questo che ci si può scontrare a fondo, ma questa era l’impostazione corretta).

Questa era l’impostazione corretta, alla quale ne aggiungiamo un’altra: che il pubblico ministero, prima di assumere le funzioni requirenti, transiti obbligatoriamente, per un certo periodo, attraverso l’esperienza giudicante. Ci sembra necessario per avere un pubblico ministero un po’ meno pubblico ministero, mentre con questa riforma avremo - se così posso esprimermi - un pubblico ministero al quadrato, e non sarà un vantaggio per i cittadini.

Ma non sarà un vantaggio nemmeno il passo successivo che, volendolo o no, dovrà essere fatto quando, a fronte di un corpo di 2.400 magistrati altamente professionalizzato, fornito di grandissimi poteri sulla polizia giudiziaria, nascerà l’esigenza, non tanto latente e nascosta, di assoggettarlo al controllo del potere esecutivo. Non è un processo alle intenzioni: è semplicemente la previsione di una sequenza ineluttabile.

Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Ci sarebbero ancora moltissime osservazioni da fare, ma le chiedo sin d’ora una certa disponibilità a consentircene l’illustrazione in sede emendativa.

Qui conviene procedere soltanto per scorci, indicando i punti più significativi, a partire dallo svuotamento profondo del ruolo del Consiglio superiore della magistratura attraverso l’attribuzione della grandissima parte delle sue competenze a commissioni esaminatrici che, per quanto da esso nominate, non sono la stessa cosa. Al Consiglio superiore della magistratura la Costituzione assegna una serie di funzioni direttamente ex articolo 105 e non mediatamente, come la delega si accinge a prevedere.

Ancora, ci sembra altamente criticabile la temporaneità applicata anche agli uffici semidirettivi, che sono oltre 700, e che quindi produrrà, cumulandosi con la temporaneità degli uffici direttivi, un vortice di spostamenti che né il Consiglio superiore della magistratura potrà gestire tempestivamente, né il pacchetto di disponibilità di posti permetterà di offrire ai magistrati costretti a spostarsi.

Vi è tutta una serie di altri aspetti tecnici che esigerà una profonda riflessione, ma a noi preme soprattutto affacciare l’ultima e definitiva considerazione. Leggo sui giornali che autorevolissimi esponenti di partiti della maggioranza auspicano una convergenza dell’opposizione su questa riforma. Noi siamo pronti a fornirla, ma convergenza vuol dire disponibilità hic et inde ad ascoltarsi.

Ripeto: i problemi che questo disegno di legge affronta sono da noi percepiti come reali ed effettivi. Su ciascuno di essi non ci limitiamo a dire dei no: abbiamo affacciato delle controproposte, alcune delle quali sono così poco eccentriche che furono le stesse avanzate dal Governo all’origine di questo percorso parlamentare. Noi le richiamiamo e chiediamo che l’iter che seguirà dopo la discussione abbia cadenze non frettolose e ci consenta quindi la ricerca di un’ulteriore convergenza di vedute.

In difetto, il testo così com’è, di cui ho cercato spassionatamente di illustrare pregi e difetti, è fortemente infelice. Non è una buona riforma. Per cambiare bisogna essere sicuri di cambiare in meglio e molto, perché ogni cambiamento ha di per sé un costo; in questo caso, il cambiamento avrà un costo molto più elevato della struttura intrinseca di un’innovazione.

Noi speravamo - e continuiamo a sperare - che dalla riforma potesse uscire un modello di magistrato vicino a quello dal quale accetteremmo di essere giudicati. Vorremmo che fosse figlio di quel giudice di Berlino, qualora ci trovassimo nella situazione del mugnaio che voleva resistere all’Imperatore: un giudice tecnicamente preparato, ma capace di ascoltarci e di difenderci. Avremo invece un giudice timoroso di discostarsi da ciò che è consolidato, prudente nel toccare certe posizioni, conformista nel decidere, timido nel difenderci.

Forse voi volete sottomettere la magistratura: siate consapevoli che renderete più poveri i cittadini. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com e del senatore De Paoli. Congratulazioni).

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, signori colleghi, intervengo per avanzare una questione pregiudiziale. Vi sarò grato della vostra attenzione, perché debbo condensare nel tempo prescritto due tra le questioni costituzionali più delicate e difficili.

La prima concerne quanto segue. L’articolo 101 della Costituzione recita: "I giudici sono soggetti soltanto alla legge". La dottrina è unanime nel dire che l’ictus della frase sia sull’avverbio "soltanto", il quale sta a significare che i giudici godono di assoluta autonomia di giudizio, nel senso che il loro convincimento può essere determinato soltanto dalla loro coscienza e dalla loro preparazione professionale, senza vincoli di precedenti, né di giudizio da parte di altri enti o persone. L’errore, terribile in materia di giustizia, sia in diritto che nella valutazione della prova, ha un correttivo istituzionale, ovverosia l’impugnazione.

Se il testo di legge che ci accingiamo ad esaminare all’articolo 7, comma 1, lettera c), stabilisce che gli errori, di fatto e di diritto, nelle condizioni previste da quella stessa norma, possono essere causa di sanzione disciplinare, il principio di un giudice soggetto soltanto alla legge subisce un vulnus di particolare gravità.

Noi ci auguriamo e faremo - dobbiamo farlo - tutto il possibile affinché gli errori siano eccezionali e rarissimi; non possiamo però stabilire che chi sbaglia è sanzionato: il giudice che sbaglia non può essere punito, pena la sua indipendenza.

La seconda questione trova invece il suo aggancio normativo nell’articolo 98, terzo comma, della Costituzione, il quale sancisce che: "Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero".

Il legislatore costituente ha avuto ragione nel dire in determinati momenti storici - e questo momento storico può anche essere giusto - che si può limitare l’iscrizione ai partiti politici delle categorie previste nella norma costituzionale citata. Tuttavia, dai lavori dell’Assemblea costituente si evince che il divieto di iscrizione ai partiti politici ha una sua ratio nel vincolo della disciplina di partito; tale ratio non può estendersi e limitare, anzi sanzionare, la partecipazione attiva alla vita politica.

Signori colleghi, nel testo in esame si vieta la partecipazione ad ogni attività dei partiti che non abbia carattere scientifico, ricreativo, sportivo o solidaristico. Ciò sta a significare che il magistrato potrà partecipare ad una gara ciclistica organizzata da un partito politico, ma non ad una marcia della pace, magari organizzata da più partiti politici. (Commenti del senatore Agogliati). Per favore, senatore Agogliati, stia tranquillo. Io non la interrompo; lei non interrompa me.

Il magistrato - dicevo- non potrà partecipare ad una marcia della pace, né ad un comizio elettorale, perché ciò certamente non è consentito dalla norma proposta. Nè può essere richiamata al riguardo la disciplina valida per le Forze armate, perché essa prevede il divieto di partecipare alle manifestazioni dei partiti solo quando il soggetto è in attività di servizio, ovvero in divisa.

Non può neppure essere richiamato l’articolo 8 della legge 11 marzo 1953, n. 87: questa sì vieta ai giudici costituzionali la partecipazione alla vita dei partiti o delle associazioni, perché, come sanciscono unanimemente la dottrina e l’interpretazione, nel concetto di magistrato non possono essere ricompresi i giudici costituzionali.

D’altra parte, signori colleghi, già nel 1944, l’anno in cui si cominciava a vedere l’alba della libertà, l’allora guardasigilli Arangio Ruiz affermava che la partecipazione alla vita politica non è una discrezionalità, ma un dovere per ogni cittadino, così escludendo la sanzione rispetto alla manifestazione pubblica di appartenenza politica.

Ma soprattutto mi piace citare il parere certamente non sospettabile dell’attuale vice presidente della Corte costituzionale, dottor Zagrebelsky, il quale ha scritto diversi anni fa nel suo manuale che sarebbe inammissibile trarre occasione da un’eventuale introduzione in via legislativa del divieto di iscrizione ai partiti politici per inibire altra forma di impegno politico che non comporti l’assunzione di vincoli.

Allora, il significato della norma di legge, della limitazione eccezionale che il legislatore costituente ha rimesso al legislatore ordinario, ovverosia noi, ha una sua ratio: voglio garantire - dice il legislatore costituente - l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.

Allora, se la suddetta indipendenza e autonomia, nell’iscrizione ai partiti politici, in un certo periodo storico ben può essere limitata, ciò non significa però che la persona che viene chiamata all’altissimo compito di giudicare non abbia quei diritti politici che spettano a tutti i cittadini. Sarebbe non solo una distorsione, ma un’offesa al sistema pretendere che dei cittadini rinunzino ai loro diritti politici, chissà perché, in nome di chissà cosa, comunque contro quella limitazione eccezionale prevista dall’articolo 98, comma 3, della Costituzione.

Dunque, dobbiamo confrontarci su che giudice vogliamo; dobbiamo chiederci se vogliamo un giudice integro nei suoi diritti, nella sua autonomia ed indipendenza, che sappia perfettamente quali sono i suoi diritti e i suoi doveri; un giudice, in buona sostanza, che non sia tenuto al guinzaglio di sanzioni, ma applichi nella sua coscienza quel principio di indipendenza al quale si è richiamato all’inizio il relatore.

Per queste ragioni, verificati questi due punti, verificato il contrasto patente con questi principi che mi sembrano elementari non soltanto in termini di aderenza alla Costituzione, ma soprattutto rispetto ai diritti civili che in qualsiasi ordinamento democratico sono attribuiti a tutti i cittadini, chiedo al Senato della Repubblica di voler accogliere le proposte questioni di costituzionalità.

 

CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, vorrei sottoporre all’attenzione dell’Assemblea alcune osservazioni critiche che attengono al rispetto di quelli che sono i princìpi vincolanti del nostro sistema costituzionale. Nel merito discuteremo poi, quando si valuteranno gli emendamenti e mi auguro (voglio dirlo fin d’ora), proprio perché vi è un interesse generale del Paese a che l’ordinamento giudiziario, che risale ormai al 1941, possa essere riformato, che vi sia un confronto leale, serio, concreto e produttivo.

In questa fase però vorrei porre all’attenzione dell’Assemblea alcune questioni. La prima attiene proprio al meccanismo, al processo formativo della legge, che a me appare uno strumento difficile da definire; si tratta di una sorta di terzo genus che improvvisamente - anche se non così improvvisamente perché è stato già sperimentato in questa legislatura in occasione di altri provvedimenti - vìola gli argini complessivi entro cui il Governo deve rimanere nell’esercizio della funzione legislativa in via eccezionale per mezzo di strumenti riservati al Governo stesso.

Sappiamo che nell’ambito del sistema di formazione delle leggi, così come previsto dalla nostra Carta costituzionale, la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere in base ad una procedura definita in modo molto rigido dagli articoli 70, 71, primo comma, 72, 73 e 74 della Costituzione; sappiamo anche che può essere esercitata in via del tutto eccezionale dal Governo con modalità stabilite dagli articoli 76 e 77: il decreto-legge e la legge delegata.

Signor Presidente, solitamente quando abbiamo sollevato problemi di costituzionalità dei provvedimenti presentati abbiamo eccepito la genericità della formulazione del disegno di legge delega e, di converso, l’eccesso di potere conferito allorquando il provvedimento diveniva legge.

Ora ci troviamo di fronte ad un meccanismo del processo di formazione normativa assolutamente estraneo al nostro sistema costituzionale. Innanzitutto, è stata presentata una richiesta di legge delega su cui la 1a Commissione si è espressa nei seguenti termini (leggo il parere dell’11 giugno 2003): "La Commissione (…) manifesta perplessità sulla natura immediatamente precettiva di alcune disposizioni contenute negli emendamenti in un contesto di delegazione legislativa".

In sostanza, il problema ha caratteristiche esattamente opposte a quelle della questione che noi tradizionalmente solleviamo all’inizio della discussione dei provvedimenti più importanti, cioè la genericità della delega. In questo caso ci troviamo in una situazione esattamente contraria: siamo di fronte ad un disegno di legge delega non generico ma che contiene aspetti immediatamente precettivi.

È chiaro che questo strumento non è previsto dal nostro sistema costituzionale; esso infatti consente al Governo di legiferare attraverso una sorta di decreto, ovviamente non esecutivo ed applicabile nell’immediato, che purtuttavia, proprio perché precettivo, viola i presupposti dell’urgenza. A questo punto lo strumento da adottare dovrebbe essere o il decreto-legge o il disegno di legge ordinaria.

Fin da ora, quindi, propongo che tutte le parti del provvedimento che contengono disposizioni immediatamente precettive siano stralciate. Vorrei che il relatore riflettesse su questo e che l’Assemblea decidesse di conseguenza; si tratta infatti di questioni che attengono non tanto alla tipica formazione normativa di una legge delega ma ad uno strumento non previsto dalla nostra Carta costituzionale. Peraltro, la 1a Commissione ha espresso le sue perplessità in modo serio, pur essendo il suo parere favorevole.

Ritengo che a questo punto gli stessi esponenti della Commissione affari costituzionali del Senato potranno convenire sulla proposta di stralciare dal provvedimento le norme immediatamente precettive, a meno che non siano dichiarate certamente incostituzionali dal momento che - ripeto - ci troviamo di fronte ad un processo di formazione normativa totalmente estraneo ai canoni previsti dagli articoli 76 e 77 della Costituzione.

Non è un episodio nuovo. Il relatore ricorderà che in merito alla riforma del diritto societario fu presentato un disegno di legge delega così minuzioso nella sua formulazione che fu sufficiente eliminare le parole "prevedere che" per tradurlo immediatamente in legge.

Questo credo sia un modo scorretto, un modo assolutamente estraneo al nostro sistema costituzionale che non può e non deve essere consentito perché vìola uno dei processi fondanti il nostro sistema democratico, quello di delegare il Parlamento alla formazione e alla produzione della legge.

Vi sono altre questioni che illustrerò nel tempo che mi è concesso in modo veloce e sommario e me ne scuso fin d'ora. Il primo problema è stato già ricordato dal relatore e riguarda l'articolo 106 della nostra Carta costituzionale, ove si afferma che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. Il tema della separazione delle carriere, della definizione delle funzioni o quella che in modo ambiguo, non corretto e un po' furbesco viene chiamata l'istituzione dei ruoli, sarà affrontato quando discuteremo gli articoli e gli emendamenti.

In questa fase a me sembra di poter rilevare che allorquando nel testo si afferma "che sia bandito un concorso per l'accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all'atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intenda accedere", si sia in contrasto con la previsione dell'articolo 106 della Costituzione, ove si stabilisce che i magistrati sono nominati attraverso concorso.

Sul fatto che questo concorso consenta di accedere a tutte le funzioni giurisdizionali non vi sono dubbi, basta leggere in particolare il terzo comma dello stesso articolo 106 della Costituzione, ove si dice che l'accesso per avvocati e professori è riservato all’ufficio di consiglieri di Cassazione. Ciò significa che nella specificità si potrà accedere ad una funzione della magistratura, ma il concorso riguarda tutte le funzioni.

Nel merito valuteremo in concreto quanto questa proposta sia stravagante, assurda, ambigua e rappresenti, come il collega Fassone ha correttamente detto, un compromesso nel quale non si è preso il meglio delle varie proposte ma purtroppo si è preso il peggio delle sollecitazioni venute dalle varie categorie e dai diversi interessi e pertanto siamo di fronte ad una norma non accettabile. Soprattutto - questo è il punto che mi interessa sottolineare in questa fase - siamo di fronte ad una violazione dell'articolo 106, primo comma, della Costituzione, alla quale l'Assemblea dovrà porre attenzione.

Vorrei evidenziare ancora un elemento. L'articolo 105 della nostra Carta costituzionale attribuisce al Consiglio superiore della magistratura direttamente le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni. Questa legge delega produce un vero e proprio svuotamento delle funzioni del Consiglio superiore e ciò significa indebolire il principio di autonomia e di indipendenza.

Onorevole relatore, su questo dovrà riflettere: non è vero che questa legge mantiene fermo come caposaldo il principio dell'autonomia e dell'indipendenza. Nel momento in cui si vanno ad intaccare i poteri del Consiglio superiore della magistratura, certamente si crea un momento lesivo del principio dell'autonomia e dell'indipendenza. In questo caso addirittura vedremo che l'unica funzione che in questo settore rimarrà al CSM sarà quella di occuparsi dei trasferimenti di sede di tipo orizzontale senza cambiamento di funzioni. A questo punto, quindi, si tratterà di un'attività meramente burocratica e amministrativa, il che lede il principio di centralità del Consiglio superiore della magistratura e quindi della sua autonomia e indipendenza.

Tratterò molto brevemente la terza ed ultima questione, già illustrata dal collega Zancan con considerazioni che condivido. L'articolo 98 della Costituzione prevede che la legge possa vietare ai magistrati e ad altre categorie, come ad esempio i militari di carriera in servizio attivo e gli agenti di polizia, l'iscrizione a partiti politici.

Ora, l'intervento normativo che ci viene sollecitato commette due errori: in primo luogo, vieta ai magistrati la partecipazione ad attività e manifestazioni in cui si estrinsecano la libertà di pensiero e di associazione, che sono diritti costituzionali incomprimibili. Al di là del divieto di intervenire su processi politici in corso e su processi di propria appartenenza, credo che la previsione del divieto per i magistrati di partecipare a talune attività comporti una violazione non soltanto dell'articolo 98 ma anche dell'articolo 3 della Costituzione.

Si tratta il magistrato come un soggetto al quale si attribuisce una qualifica minore rispetto agli altri cittadini, prevedendo l'impedimento di talune funzioni, tra l'altro non contemplato dalla nostra Carta costituzionale che al contrario garantisce tali diritti incomprimibili.

In secondo luogo, vi è un errore materiale consistente nell'aver individuato l'oggetto della sanzione disciplinare non già nella condotta del magistrato bensì nei luoghi ove dovesse partecipare. È un grave errore perché, se in questo momento un magistrato partecipasse ad un dibattito sull'ordinamento giudiziario - e credo che i magistrati possano legittimamente e debbano interloquire trattandosi del loro ordinamento oltre che del funzionamento complessivo del sistema giudiziario - non si capirebbe più se egli possa essere o meno soggetto a sanzioni disciplinari.

Io credo che non possa esserlo, ma il tema genera di per sé una forza di intimidazione nei confronti dei magistrati, inammissibile nel nostro sistema democratico. Chiedo pertanto all'Assemblea di accogliere la questione pregiudiziale.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per proporre una questione pregiudiziale.

Mi consenta in premessa di sottolineare che, su espressa richiesta venuta dai banchi dell'opposizione, lei ha deciso di non sconvocare l'8a Commissione che sta esaminando un altro provvedimento. Noi siamo però nella fase dell'illustrazione delle questioni pregiudiziali e, affinché possa determinarsi una libera scelta al momento del voto, tutti i colleghi dovrebbero seguire tale momento della discussione. La contestualità della convocazione della Commissione lavori pubblici, comunicazioni impedisce, al di là di libere scelte sempre legittime, che questa fase procedurale possa essere seguita, minando in qualche modo la concreta capacità di esprimere un voto consapevole nella fase immediatamente successiva. Le rassegno una questione che sarà lei a valutare.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo una fase istruttoria in Commissione in sede referente, durata oltre un anno e mezzo, che potremmo definire simbolicamente "istruttoria ad orologeria", giacché si colloca elasticamente fra il legittimo sospetto e una decisione assunta dalla Corte di cassazione il 28 gennaio 2003, ricevendone un'accelerazione chiaramente ritorsiva (basterà leggere al riguardo la mirabile relazione di minoranza), il provvedimento sull'ordinamento giudiziario arriva finalmente in Aula, collocandosi, ancora una volta strategicamente, fra la decisione già assunta dalla Cassazione il 17 novembre scorso, sul famoso processo di Milano, e l'altra, sul lodo Schifani, di competenza della Corte costituzionale, prevista per il prossimo 9 dicembre. In merito a tali coincidenze ogni ulteriore commento è chiaramente inutile.

Il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, proposto e più volte modificato dal Governo, si espone a molteplici rilievi critici, anche se ha il pregio, che non voglio disconoscere, di affrontare organicamente un tema per troppo tempo trascurato.

In questa sede non mi soffermerò in modo particolare sui vizi di natura formale dell’impianto, il quale alternando in modo disordinato disposizioni recanti princìpi e criteri direttivi e disposizioni di dettaglio, assolutamente non suscettibili di specificazione ulteriore dei decreti, spezza la configurazione unitaria dello strumento della delega legislativa. Ma di questo aspetto ha già parlato il collega Calvi e mi riporto quindi alle cose da lui dette.

Allo stesso modo, non intendo analizzare in questa sede in maniera puntuale evidenti problematicità, quali la proliferazione di esami e valutazioni di titoli nella progressione di carriera dei magistrati, che rischiano di distogliere gli stessi da un proficuo esercizio della loro attività professionale e che soprattutto creano rischi di condizionamenti esterni, né dell’assetto assolutamente gerarchizzato degli uffici del pubblico ministero, che riporta indietro di decenni l’organizzazione di tali uffici ben oltre i limiti che la Costituzione pone.

Vorrei invece, signor Presidente, affrontare alcune questioni pregiudiziali, ai sensi dell’articolo 91 del nostro Regolamento, circa la compatibilità costituzionale di alcune norme contenute nel provvedimento al nostro esame.

Prima questione. Il disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario contiene al suo interno, all’articolo 7, comma 1, lettera d), numero 6, un divieto di iscrizione o adesione a partiti politici comunque organizzati, "ivi inclusi movimenti o associazioni o enti che perseguono finalità politiche o svolgono attività di tale natura, nonché la partecipazione a loro attività o iniziative di carattere interno ovvero ad ogni altra che non abbia carattere scientifico, ricreativo, sportivo o solidaristico".

La farraginosità dell’esposizione nasce dalla farraginosità del testo, così come proposto all’Assemblea. È evidente come una fattispecie di illecito disciplinare così configurata trascenda ampiamente i limiti di legittima restrizione del diritto di associazione dei cittadini magistrati, limite individuato dall’articolo 98 della Costituzione nella iscrizione a partiti politici.

È appena il caso di notare come, vertendosi in materia di restrizioni di diritti di libertà costituzionalmente garantiti, un’impostazione autenticamente liberale imporrebbe una lettura rigorosamente restrittiva del limite: assolutamente insostenibile, e inestensibile ad ipotesi genericamente affini a quelle considerate nella norma costituzionale.

Non si può tacere, poi, onorevole relatore, come il confine, la linea di demarcazione tra associazione ed enti che svolgono attività di natura politica ed associazioni che svolgono attività in ambito più genericamente sociale o culturale, sia tutt’altro che facilmente individuabile.

Addirittura, nel caso di "movimenti che perseguono finalità politiche" (previsione assolutamente generica ed indefinibile) c’è da chiedersi se siamo ancora all’interno di fattispecie associative, ovvero non si tratta di mere manifestazioni del pensiero, in quanto tali non certo comprimibili per il magistrato come per qualunque altro soggetto dell’ordinamento.

Tale confusione è incrementata dalla stessa disposizione in esame, la quale esclude dal divieto la partecipazione a non meglio definite e definibili iniziative di carattere scientifico.

Emerge chiaramente, quindi, onorevoli colleghi, come l’unica limitazione chiara, l’unico elemento incontrovertibile, sicuramente in grado di evitare spinosissimi conflitti interpretativi ed abusi, resti quello di ordine formale del divieto di iscrizione ad un partito politico costituito e strutturato ai sensi dell’articolo 49 della Costituzione. Ogni deviazione creativa da questo sicuro argine si presenta costituzionalmente illegittima e foriera di conflitti istituzionali futuri.

Seconda questione. A non minori censure di costituzionalità si espone la fattispecie di illecito disciplinare del numero 9) della lettera c) del comma 1 dell’articolo 7 del disegno di legge, in tema di "interpretazione di norme di diritto".

Il riferimento in esso contenuto a concetti quali "la palese ed inequivocabile contrarietà alla lettera e alla volontà della legge od il carattere creativo dell’interpretazione giudiziaria" presenta contorni così ambigui da determinare, con ragionevole certezza, sicuri sconfinamenti nell’arbitrio da parte dell’organo che eserciterà la potestà disciplinare. La disposizione appare ispirata, inoltre, ad una visione ottocentesca e miopemente positivistica dell’attività di interpretazione della legge, che ignora del tutto le moderne risultanze della teoria dell’interpretazione giuridica.

Già il Kelsen, a metà del secolo scorso, evidenziava come nell’attività interpretativa del giudice sia insito un elemento di concretizzazione del comando normativo astratto.

Pertanto, oltre ad essere frutto di provincialismo culturale, la disposizione in esame, per la sua vaghezza, eccede i ragionevoli confini di elasticità delle fattispecie di illecito disciplinare, e costituisce una concreta minaccia alla soggezione esclusiva del giudice alla legge prevista dall'articolo 101 della Costituzione.

Terza questione, prima di concludere. La previsione di concorsi differenziati per l'accesso alle funzioni di giudice e di pubblico ministero appare, oltre che incongrua, anche censurabile sul piano della legittimità costituzionale. È incongrua rispetto al fine di realizzare una reale distinzione tra le due categorie. La possibilità di passaggi da una funzione all'altra non giustifica in alcun modo le prove concorsuali differenziate.

Essendo consentita, seppure a certe condizioni, l'interscambialità delle funzioni, resta priva di logica che "la porta di accesso" ad entrambe le funzioni sia differenziata. Dal punto di vista della legittimità costituzionale, rifacendomi anche a quanto diceva il collega Fassone, il riferimento dell'articolo 106 della Costituzione a nomine dei magistrati effettuate per il concorso impone come unica interpretazione ammessa l'unicità del concorso per tutti i magistrati (e, quindi, giudici e pubblici ministeri).

Non è un caso, signor Presidente, che la Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, costituita in forza di legge costituzionale n. 1 del 1997, avesse seguito la via maestra della revisione costituzionale per innovare la disciplina della status dei magistrati, per ciò che concerne l'esercizio delle funzioni.

Voglio qui ricordare come la Commissione bicamerale - che pure aveva pienezza di poteri in materia, vista la natura costituzionale del procedimento - non abbia optato per una separazione iniziale, in sede di concorso, cioè, tra giudici e pubblici ministeri, ma avesse, invece, previsto: un accesso comune, l'esercizio per almeno tre anni di funzioni giudicanti e, solo successivamente, il possibile transito alle funzioni di pubblico ministro.

È questo, a mio avviso, l'approccio equilibrato e corretto che forma un pubblico ministero dotato di una "cultura della giuridizione" - che è garanzia innanzitutto per gli indagati - e non di una cultura "poliziesca", invevitabilmente destinata a prevalere se si coltiva la separatezza del pubblico ministero rispetto al giudice che, in maniera non motivata, viene introdotta dal disegno di legge in discussione. Resta molto dubbio, quindi, che l'obiettivo - peraltro incoerentemente perseguito - della separazione e della distinzione possa essere perseguito per via legislativa ordinaria.

Sulla scorta delle considerazioni svolte, signor Presidente, le chiedo di sottoporre al voto dell'Aula le questioni pregiudiziali illustrate, rinnovandole la richiesta di sconvocare la riunione dell'8a Commissione permanente.

PRESIDENTE. Ricordo che sulle questioni pregiudiziali può intervenire un rappresentante per ciascun Gruppo e per non più di dieci minuti.

 

*ALBERTI CASELLATI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTI CASELLATI (FI). Signor Presidente, signori senatori, ma chi vorrebbe essere giudicato da un soggetto che ha sostenuto fino a poco prima le ragioni della sua accusa? Come si garantisce al cittadino l'imparzialità, la terzietà, la neutralità del giudice, se c'è la possibilità che chi lo accusa possa diventare arbitro del suo destino, se c'è la possibilità che chi lo giudica militi addirittura in un partito opposto al suo? Sono queste le domande alle quali noi tutti dobbiamo rispondere.

Le questioni pregiudiziali svolte dall'opposizione, contro le quali Forza Italia voterà, assumono che la riforma dell'ordinamento giudiziario sia frutto di un atteggiamento rancoroso che condizioni l’indipendenza della magistratura - come dice il senatore Fassone - che metta in riga la magistratura. E questo là dove si stabilisce la separazione delle funzioni, là dove si impedisce che siano rese sentenze "creative", là dove si impedisce l'iscrizione dei magistrati ai partiti politici.

È un impianto - si afferma - che va contro la Costituzione, che la viola, che lede i diritti dei cittadini, le loro garanzie. A quest’analisi purtroppo fa eco anche l’Associazione nazionale magistrati, che su questi punti proclamerà uno sciopero.

Io credo che sia necessario smettere di creare suggestioni che mistificano la realtà: la separazione delle funzioni è un’esaltazione dell’indipendenza della magistratura, è un’esaltazione delle garanzie dei cittadini; il divieto di iscrizione dei magistrati ai partiti politici è esaltazione del principio di terzietà.

Allora, smettiamola una volta per tutte di creare falsi pretesti per bloccare le riforme, che - si è detto - sono attese da ben 53 anni. In politica il dialogo non cessa mai, anzi ci sono delle materie, degli argomenti che richiedono sempre forme di mediazione; ma ci sono scelte che fanno la differenza: una di queste è la separazione delle funzioni.

Dobbiamo capire che oggi non ci sono poteri da salvaguardare, non ci sono categorie da privilegiare o da emarginare: oggi c’è solo da prendere atto che il servizio giustizia non ha dato risposte, e quindi occorre che il cittadino riacquisti fiducia nelle istituzioni, perché creda che valga la pena di rivolgersi alla giustizia dello Stato. Occorre che si faccia avanti la cultura della legalità, dello Stato di diritto, del rispetto delle istituzioni.

Noi vogliamo che la magistratura - e l’abbiamo sempre sostenuto - sia organo autonomo ed indipendente. Ci mancherebbe altro! Ma non vogliamo che sia un potere indipendente dalla legge.

La magistratura non è libera nelle scelte dei valori e degli interessi da tutelare, perché priva di legittimazione popolare. La magistratura deve operare attraverso processi che seguano le regole imposte dal diritto e non attraverso processi che vogliano ricercare una propria verità, magari riscrivendo la storia politica del nostro Paese.

La magistratura non può delegittimare la politica, i suoi rappresentanti, con sentenze creative, come se fosse una sorta di terza Camera, senatore Calvi, perché questo ha un’incidenza pericolosa per la democrazia e per lo Stato di diritto, così come lo sciopero proclamato dall’Associazione nazionale magistrati, che genera conflitti istituzionali, che rappresenta un deficit di democrazia.

Non si può invocare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura in nome della Costituzione, e in nome della stessa Costituzione violare l’indipendenza e l’autonomia del potere politico, del potere legislativo, invitando perfino - come hanno fatto i magistrati - a "neutralizzare" le leggi dello Stato e perciò a non applicarle.

Autonomia e indipendenza dei magistrati, ma anche autonomia e indipendenza della politica, perché, questo sì, significa rispetto della Costituzione, rispetto dei cittadini, rispetto della volontà popolare rappresentata dal Parlamento, rispetto di quei princìpi su cui è nata e si è sviluppata la nostra civiltà giuridica, rispetto di quei princìpi sui quali si erige l’identità politica e l’identità sociale della nostra Nazione. (Applausi dai Gruppi FI, AN,e UDC e del senatore Carrara).

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.

 

Verifica del numero legale

 

BOCO (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOCO (Verdi-U). Signor Presidente, prima di passare alla votazione, vorrei che fosse verificato il numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 12,30, è ripresa alle ore 12,51).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1296,

1050,1226,1258,1259,1260,1261,1367,1426 e1536

 

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori, passando nuovamente alla votazione delle questioni pregiudiziali

 

Verifica del numero legale

 

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, prima di passare al voto, chiedo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

495a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDI' 25 NOVEMBRE 2003

(pomeridiana)

Presidenza del presidente PERA,
 indi del vice presidente SALVI,

Su un episodio di non corretta informazione

in tema di riforma dell'ordinamento giudiziario

 

FALOMI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FALOMI (DS-U). Signor Presidente, sollecito un suo intervento di fronte ad un episodio di scorretta informazione… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente) che peraltro ha investito il tema della riforma dell’ordinamento giudiziario che noi stiamo discutendo proprio in queste ore.

Circa mezz’ora fa, nel corso della trasmissione televisiva di intrattenimento "La vita in diretta", è stato intervistato, senza contraddittorio, il ministro Castelli che ha potuto parlare ai telespettatori e rappresentare il suo punto di vista sul tema della riforma dell’ordinamento giudiziario.

L’episodio è grave anzitutto perché è in aperta violazione di una delibera della Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi che preclude, di norma, la partecipazione di esponenti politici e di Governo a trasmissioni di intrattenimento e, qualora si aprano eccezionalmente finestre informative, in esse deve essere garantito il contraddittorio.

Non è la prima volta che ciò accade e considero particolarmente grave che un simile episodio si sia verificato in ordine ad un argomento delicatissimo che in questo momento è oggetto di discussione in Parlamento.

Si dà la possibilità di esporre il proprio punto di vista al rappresentante del Governo, ma non si garantisce lo stesso diritto a chi non la pensa come il ministro Castelli. Questo accade - ripeto - in violazione di una delibera della Commissione parlamentare di vigilanza votata - lo ricordo - all’unanimità.

Inoltre, l’episodio ha un suo rilievo anche rispetto ai molti appelli che lei stesso, presidente Pera, sta rivolgendo in queste ore perché si discuta del tema della giustizia, e non solo, affrontandolo come una questione di grande rilievo istituzionale.

Non mi sembra dunque corretto affrontare un argomento come questo consentendo che il Governo goda di un privilegio inaccettabile e del tutto illegittimo.

Chiedo pertanto al Presidente del Senato di intervenire perché nella trasmissione televisiva "La vita in diretta" sia ripristinata una condizione di parità e non si continui ad applicare la logica delle forzature e degli strappi. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

 

PRESIDENTE. Senatore Falomi, non ho visto la trasmissione alla quale lei si riferisce. Naturalmente la sede più opportuna per questo genere di osservazioni è la Commissione parlamentare di vigilanza sulla RAI, della quale ella è componente e la inviterei quindi a rappresentare in quella sede le sue obiezioni.

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Ricordo che nella seduta antimeridiana i relatori hanno svolto la relazione orale e sono state presentate delle questione pregiudiziale.

Passiamo pertanto alla votazione.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, già questa mattina è mancato due volte il numero legale sul voto relativo alla pregiudiziale. Le chiedo pertanto, anche in questo caso, di verificare preventivamente se c'è il numero legale in Aula, anche se so che esso ora c'è.

Quello che mi interessa è che risulti a verbale che il ministro Castelli preferisce ancora una volta andare in televisione…

PRESIDENTE. Senatore Manzione…

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi faccia completare l'intervento.

PRESIDENTE. Lei mi ha chiesto la parola per avanzare la richiesta di verifica del numero legale.

MANZIONE (Mar-DL-U). Sono d'accordo con lei, mi consenta però pochi secondi per concludere. Il ministro Castelli preferisce andare in televisione, anziché venire in Aula dal momento che il numero legale è mancato due volte questa mattina.

Chiedo pertanto che prima della votazione sia verificato il numero legale.

Verifica del numero legale

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, avanzata, con diverse motivazioni, dai senatori Zancan, Calvi e Manzione.

Non è approvata.

 

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Compagna. Ne ha facoltà. (Brusìo in Aula).

Colleghi, chi desidera uscire lo faccia, ma il senatore Compagna ha diritto di parlare. Intorno al vice presidente Calderoli c'è un capannello, prego chi non è interessato di uscire.

 

COMPAGNA (UDC). Signor Presidente, dalle relazioni che abbiamo ascoltato questa mattina da parte dei colleghi Bobbio e Fassone, mi pare emerga nitidamente quali siano la portata e l'importanza del disegno di legge al nostro esame.

Con qualche enfasi da parte del senatore Fassone si parla della madre di tutte le leggi per la definizione del profilo di quel giudice con cui i cittadini si augurano di avere a che fare.

Più concretamente e riassumendo…(Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Prego i senatori Schifani e Azzollini di uscire dall'Aula o comunque di fare, per cortesia, silenzio.

COMPAGNA (UDC). Più concretamente, sintetizzando le linee del disegno di legge, il senatore Bobbio afferma che si è cercato soprattutto di ricostruire, rendendoli visibili e tangibili, profili di gerarchia in seno alla magistratura, in seno all'esercizio dell'azione penale.

Da parte del senatore Fassone si denunzia invece lo svuotamento sostanziale delle prerogative del Consiglio superiore della magistratura, quale risultato dell'articolato illustrato dal collega Bobbio.

Ma può esservi anche un'altra posizione, per esempio la mia. Condivido nei punti essenziali l'ispirazione del relatore Bobbio ma, rispetto alle considerazioni del senatore Fassone, ritengo che lo svuotamento delle prerogative e dell'identità del Consiglio superiore della magistratura non sia sufficiente nel provvedimento al nostro esame.

Mi permetto di contestare un rilievo dei colleghi dell'opposizione, i quali legittimamente sostengono che se si accogliesse questo disegno di legge si tornerebbe indietro di cinquant'anni. Può darsi che sia così, ma è egualmente legittimo che vi sia chi vuole tornare indietro di cinquant'anni.

Il collega Del Pennino ed io presenteremo nei prossimi giorni un disegno di legge di natura costituzionale che intende tornare al profilo della magistratura tracciato all'Assemblea costituente da Calamandrei e Leone. La parte più importante del dibattito costituente riguardò proprio la nomina dei vertici, dei capi delle corti giudiziarie, cioè il tema in relazione al quale il collega Bobbio attribuisce all'attuale disegno di legge ordinaria della maggioranza il merito di aver ridisegnato profili di gerarchia e di responsabilità.

Nelle sedute del gennaio 1947 un giurista come Calamandrei disse che sulla nomina dei vertici era in gioco uno dei princìpi più importanti non della sola giurisdizione bensì della Costituzione, che è qualcosa di più, collega Fassone, della giurisdizione nella Costituzione. Secondo Calamandrei era in gioco l'indipendenza dei giudici, non già come corpo di fronte agli altri poteri dello Stato, bensì come individui rispetto alle possibili influenze di qualsiasi superiore. È significativo che Calamandrei non escludesse allora il criterio elettivo per i vertici; criterio elettivo dal quale si discostava invece Giovanni Leone per preoccupazioni ancora attuali sotto molti aspetti.

Senatore Fassone, lei ha giustamente insistito, con le meritorie armi della retorica, sull'idealtipo di magistrato che il cittadino auspica di trovarsi di fronte; non ha mai usato l'espressione lessicale "indipendente e autonomo" rispetto alla quale si fa un'orgia di retorica nei confronti della corporazione. Allora, riteniamo che occorra tornare allo spirito della Costituente per affermare il principio secondo cui indipendente e autonomo è il singolo magistrato; l'indipendenza e l'autonomia della magistratura sono al servizio di quella concreta indipendenza e autonomia.

Se si segue però la pista di Calamandrei e di Leone, costoro pensavano ad un Consiglio superiore della magistratura che non fosse l’asilo politico della corporazione medioevale e ne prevedevano una composizione ben diversa da quella che è poi venuta fuori e che fu voluta da un giovane parlamentare, l’onorevole Scalfaro, suo concittadino, senatore Fassone, il quale, in nome dell’indipendenza e dell’autonomia della toga, rivendicò una maggioranza di togati contro i cosiddetti laici all'interno del Consiglio superiore della magistratura.

Quest’ultimo, che lei teme venga svuotato, senatore Fassone, è quell’organismo rappresentativo in cui il dottor Caselli ha potuto sostenere, cinque anni fa, che fosse utilizzazione dinamica del fenomeno del pentitismo l’attività criminale (sono parole dello stesso dottor Caselli) cui si era consentito al pentito Brusca di dedicarsi in cambio della deposizione sul bacio fra il senatore Andreotti e un altro gentiluomo di quella geopolitica.

Da questo punto di vista, con il pieno rispetto e l’attenzione per la linea del disegno di legge in esame, domando - mi piace domandarlo ad un Sottosegretario attento - se non sia questa un’occasione perduta per andare sui rami alti della Costituzione. Senza una profonda modifica della composizione, dell’identità e delle prerogative del Consiglio superiore della magistratura, mi sembra difficile conseguire quegli obiettivi cui auspica il relatore Bobbio.

Nel concreto, il senatore Fassone dice che troppi sono i concorsi e troppo poche le valutazioni. Potrei chiedere al Governo, che è rappresentato dal sottosegretario Valentino e che ha come Ministro un senatore di una parte politica che più volte ha fatto riferimento a Calamandrei, a Gullo e a tante altre nobili figure, se non si sia perduta, senatore Fassone, e non si perda in questo modo un'occasione riformatrice.

La verità è che il nostro sistema soffre, da un lato, di una condizione di conflittualità tra l’ordine giudiziario e gli altri poteri dello Stato e, dall’altro, di una situazione di congenita inefficienza, rappresentate tanto dagli interventi del senatore Fassone quanto da quelli del senatore Bobbio con parole di buonsenso e attraverso concetti appropriati.

La disputa sulla interpretazione e sulla lettura creativa da parte del magistrato non è soltanto di natura filosofica. E’ una disputa che evoca riferimenti ad una tipologia di magistrati diversi, di ieri e di oggi. Senatore Fassone, lei è piemontese ed onora un grande magistrato come Alessandro Galante Garrone, ma i Galante Garrone sono due. C’è il Galante Garrone degli anni Sessanta, quello del libro sull’Acropoli di Omodeo, che è girondino (tra l’altro, sono gli anni in cui Galante Garrone come storico studia i girondini). Poi c’è l’altro Galante Garrone, il mite giacobino che è all’inseguimento dell’esercizio dell’azione penale, così come ha preso piede dalla metà degli anni Settanta.

Allora, l’indipendenza della magistratura e del singolo magistrato - ha ragione Bobbio, senatore Fassone - non può che essere strumentale all’imparzialità. Una indipendenza della magistratura come corpo che serve a fornire protezione alla parzialità dei magistrati (penso a Caselli e penso a Violante, penso a Torino e penso - lo consenta a me che, in questi banchi, sono stato senatore liberale - ad Edgardo Sogno, odiosamente perseguitato per le sue idee e per il suo passato), un'indipendenza della magistratura di questo tipo è invece una sciagura per una Costituzione e per una democrazia.

Ed è quella che abbiamo avuto, proprio perché è avvenuto che alla massima indipendenza della magistratura in diritto, come corporazione, si è abbinata di fatto la massima dipendenza del singolo magistrato, dal corpo, dalla corporazione della magistratura: associazioni, CSM, correnti organizzate, dottrine politiche; in nome dell'indipendenza di tutti i magistrati si è abdicato a quella indipendenza che garantisse l'imparzialità di ogni magistrato.

È allora evidente che la tipologia che si vuole esorcizzare, il magistrato degli anni Cinquanta, quello che leggeva e che non interpretava, è una tipologia probabilmente non riproducibile intervenendo soltanto per legge ordinaria. E poi, la storia non consente riproduzioni e restaurazioni. Allora si entrava in magistratura perché l'interpretazione fosse lettura; oggi l'interpretazione è invece diventata il momento e l'esercizio di politica del diritto. È una testata che nasce alla metà degli anni Settanta, guarda caso quando le norme per il Consiglio superiore della magistratura inventano la proporzionale, che è legge di corpi politici.

Nascono le correnti della magistratura, e le correnti della magistratura sono infinitamente più forti e più illiberali di quei partiti politici dai quali il Costituente aveva invitato a prendere le distanze.

Su molti degli articoli avremo da discutere e da emendare nei prossimi giorni, però l'idea che l'interpretazione debba andare al di là della lettura e al magistrato sia consentito, sia necessario, sia perfino doveroso diventare attore di politica del diritto è una concezione odiosa, tipica della concezione etica della giustizia e del diritto. Ed è una condizione perniciosa, a causa della quale il nostro Paese ha sofferto moltissimo e per cui è necessario ridisegnare profili di neutralità. Bisogna ritornare al potere neutro.

Lei considera potere neutro - magari! - l'intervista della Boccassini sui giornali di Carlo De Benedetti, senatore Fassone, lei ha ammonito, e ha fatto bene, il centro-destra a non essere rancoroso. Mi è sembrato che lei abbia usato più volte il termine "rancoroso"; gliene siamo grati, è giusto. Noi non dobbiamo essere rancorosi, non vogliamo esserlo. Nelle parole e nell'articolato che ci ha presentato, il senatore Bobbio non ha nessuna intenzione di esserlo, però non possiamo abdicare.

Lei ci invita, senatore Fassone, a non essere rancorosi, ma poi nel testo scritto della sua relazione di minoranza viene evocato il professor Pizzorusso, membro del Consiglio superiore della magistratura nel 1991.

Quel nome evoca quanto accaduto tre settimane fa, ma è un nome che dà abbastanza ragione all’iniziativa del senatore Del Pennino, mia e forse di qualche altro di risalire alla Costituzione e di svuotare il Consiglio superiore della magistratura per quello che ha preteso di diventare e quindi di tornare - consentitecelo, colleghi - a prima degli anni Cinquanta, alla Costituente.

Voi invocate un clima non rancoroso, lo invochiamo anche noi; e perché non volete tornare alla Costituente? E perché della Costituente rivendicate la granitica vittoria medievaleggiante - consentitemelo - dell’onorevole Scalfaro in nome delle toghe e la sconfitta di Giovanni Leone e di Piero Calamandrei? Io credo che alla Costituente vi sia libertà di tornare e, proprio perché non vogliamo un clima rancoroso, discuteremo questa legge in tale spirito. Se invece vi piace Pizzorusso, tenetevelo, ci rivedremo allora in occasioni di riforma costituzionale. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e dei senatori Carrara e Del Pennino. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Centaro. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Senato affronta la riforma dell’ordinamento giudiziario, una riforma attesa da decenni, perché, al di là di alcune parziali e minime modifiche, l’ordinamento giudiziario risale ai primi anni Quaranta.

È una riforma di particolare necessità, perché era indispensabile adeguare la struttura ordinamentale della magistratura e delle altre figure che concorrono all’attività giudiziaria all’evoluzione dei tempi, all’esperienza maturata nelle aule giudiziarie, alle riforme processuali approvate nel corso degli ultimi decenni.

Tuttavia, come è accaduto anche nella scorsa legislatura, ogni qualvolta si muove qualcosa, ogni qualvolta vi è una riforma, si verifica una levata di scudi da parte della magistratura e di settori del mondo politico; probabilmente per una forma di ritrosia culturale all’approccio verso il nuovo, probabilmente per la paura dell’ignoto, probabilmente anche per il timore di perdere posizioni di potere.

È stata subito sollevata la critica secondo la quale a noi serve una riforma che acceleri i processi; è di tutta evidenza però che la riforma di un ordinamento giudiziario è tutt’altra cosa rispetto a quelle che saranno, prossimamente, le riforme di accelerazione del processo civile e di quello penale. Allora, chi leva questa critica sa perfettamente di parlare di altra cosa.

Si sbandiera il solito spauracchio del condizionamento della magistratura da parte del potere politico, in forma diretta o indiretta, ma in questo testo non vi è alcuna norma che possa far pensare, neppure lontanamente, ad alcuna forma di condizionamento e di venir meno dell’indipendenza della magistratura.

Malgrado questa riforma contenga un’elencazione notevole di novità, volute dalla stessa Associazione nazionale magistrati e mai attuate in precedenza, ugualmente questa elencazione, notevole anche per la rilevanza qualitativa, viene messa da parte e si evocano spettri, o comunque si punta il dito verso discrasie o distonie che porterebbero allo sfascio l’attività del magistrato.

Questa riforma non nasce per portare allo sfascio l’attività giudiziaria, ma, al contrario, per cercare di qualificare e adeguare meglio ai tempi il magistrato, affinché possa svolgere la propria funzione e rendere il proprio servizio nei confronti dei cittadini nel migliore dei modi.

D’altra parte, sarebbe suicida una parte politica che pensasse di tarpare le ali o mozzare le dita alla magistratura, perché è attraverso essa, attraverso la sua indipendenza, che si attua l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e si dà sicurezza ai cittadini.

E allora ci si dimentica della temporaneità degli uffici direttivi, che è una vecchia battaglia dell’Associazione nazionale magistrati, e si crea il problema della funzionalità della gestione da parte del CSM per il turn over negli uffici semidirettivi, anch’essi divenuti temporanei, dimenticando che queste stesse critiche erano state sollevate in occasione della riforma che riduceva il numero dei componenti del CSM, critiche che poi si sono sciolte come neve al sole di fronte alla circostanza che il CSM continua a funzionare regolarmente e senza intralci di alcun tipo.

Si dimentica che oggi questi uffici direttivi sono praticamente a vita e che il permanere degli uffici semidirettivi senza un vincolo di temporaneità creerebbe, anche lì, una serie di incrostazioni che contrasterebbero con la temporaneità della titolarità dell’incarico dell’ufficio direttivo. E’ una vecchia battaglia dell’ANM, della quale ci si dimentica.

Si è realizzato, ancorché in via sperimentale e non del tutto completa, il cosiddetto ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario, che lo potrà coadiuvare fornendogli il materiale indispensabile alla decisione, in modo che non perda tempo nella sua attività di ricerca, ma avendo già il materiale pronto possa deliberare e stendere la decisione. Anche questa è una vecchia battaglia dell’ANM.

Si istituisce la Scuola superiore della magistratura, già oggetto di disegni di legge nella scorsa legislatura, presentati non soltanto dal Governo del centro-sinistra, ma anche da esponenti della maggioranza di centro-sinistra.

Si prevede un intervento che finalmente fa venir meno quell’attività di supplenza fino ad oggi svolta meritoriamente dal Consiglio superiore della magistratura nel tirocinio dei magistrati, in analogia ad un dettato già esistente in altre Nazioni, come la Francia, dove c’è la possibilità di provvedere all’istruzione da parte degli operatori del diritto tutti insieme, magistrati ed avvocati, quindi con una preparazione ed un’ampiezza di vedute molto più ampia, con la partecipazione del mondo dell’università. Il tirocinio, ma anche i corsi di aggiornamento, sono indispensabili a consentire che il magistrato possa adeguatamente rendere ai cittadini un servizio al passo con i tempi, che qualifica maggiormente la magistratura.

Si è poi tipicizzato l’illecito disciplinare, rispetto a cui la stessa Associazione nazionale magistrati denunciava un’eccessiva genericità e quindi la circostanza che fosse soggetto alla giurisprudenza della sezione disciplinare del CSM. Si tratta di una tipicizzazione alla quale certamente potranno essere apportate modifiche. Più che di giurisprudenza creativa, parliamo di provvedimenti abnormi, perché evidentemente era questo il senso dell’aggettivo "creativo", cioè riferito a un qualcosa che andava ben oltre l’interpretazione più estensiva possibile.

Vi era però anche la necessità di far sì che, attraverso il divieto di una serie di atti e di comportamenti, il magistrato dovesse apparire, oltre che essere, assolutamente indipendente ed imparziale. La tipicizzazione si rende ancor più necessaria nel momento in cui, a fronte di un processo che si svolge con le stesse sequenze e modalità del rito processuale penale, bisognava ipotizzare e disciplinare un diritto sostanziale anch’esso tipicizzato.

Ma l’attenzione a questo punto, dimenticando tutta questa serie di riforme richieste dai magistrati, che non erano mai state neppure lontanamente attuate, si appunta sulla vicenda del concorso separato. In realtà, oggi, con un processo squisitamente accusatorio, in cui ci sono due parti che si pongono sullo stesso piano e che vedono il giudice ancor più lontano, in posizione di terzietà e di imparzialità, una separazione delle carriere si impone.

Oggi attuiamo una separazione accentuata delle funzioni, attraverso un concorso unico che poi si biforca in relazione alle indicazioni del candidato, con la necessità e considerando di particolare rilievo ed importanza la specializzazione e la qualificazione del tipo particolare e diverso delle funzioni requirenti rispetto alle funzioni giudicanti, e viceversa.

Dalla necessità di una particolare qualificazione rispetto alla diversità di funzioni nascono la frequenza di corsi in occasione di mutamento di funzioni, ma anche i cosiddetti concorsi. Non condivido le ragioni addotte dal collega Fassone quando osserva che un magistrato non deve fare un concorso perché nel momento in cui ha superato l’esame di ammissione si dà per scontato che egli sappia, e quindi non vi è necessità di ulteriori prove di esame.

Ma allora perché prevediamo una prova d’esame scritta e orale per nominare i primari o comunque i dirigenti di prima fascia, come oggi si chiamano? In teoria, sfruttando lo stesso argomento, anch’essi dopo la laurea in medicina e chirurgia ed il superamento dell’esame di Stato dovrebbero essere, per presunzione, in grado di svolgere questo tipo di attività.

In realtà, il tipo di funzione diversa porta alla necessità di una valutazione ulteriore, ancor più quando si parla di passaggio dalle funzioni di merito a quelle di legittimità, assolutamente diverse tra loro.

Troppe volte in Corte di cassazione si richiede di dare un’occhiata ad una consulenza tecnica di ufficio. Come i colleghi sanno, la Corte di cassazione non esamina le consulenze tecniche di ufficio perché giudica in punto di legittimità e non di merito; tuttavia, troppe volte si procede anche a quel tipo di esame in Camera di consiglio.

Vi è quindi la necessità di una mentalità diversa tra giudizio di merito e di legittimità, tra funzione giudicante e requirente, nonché nello svolgimento degli incarichi di natura direttiva.

Sotto questo profilo, la stessa ANM ha sempre manifestato perplessità sotto il profilo dell’attribuzione degli incarichi e delle stesse valutazioni che portano all’attribuzione di tali incarichi; tuttavia, mai si è peritata di dare indicazioni specifiche da cui trarre spunto per arrivare a modifiche di carattere legislativo che tutti invocano, ma rispetto alle quali poi tutti si ritraggono nel momento della concretezza.

Si è parlato anche di un pubblico ministero che rischia di essere sotto il giogo dell’Esecutivo: nulla di tutto ciò. Non c’è una sola norma da cui si possa trarre un controllo, seppure indiretto, del pubblico ministero da parte del potere politico.

Tuttavia, vi è la necessità di una univocità di indirizzo da parte degli uffici del pubblico ministero, che frequentemente vedono un procuratore della Repubblica che la pensa in un modo e sostituti che la pensano in un altro e sostituti procuratori che la pensano diversamente tra loro, con una disparità di indirizzo assolutamente pericolosa e perniciosa, che getta nell’assoluta sfiducia il cittadino nella valutazione del comportamento istituzionale.

Quante volte un procuratore della Repubblica, anche in articoli pubblicati da organi di stampa, ha criticato richieste provenienti dal proprio ufficio, spesso al vaglio del Tribunale per il riesame? Ciò evidentemente non è più possibile: ci deve essere un capo dell’ufficio che si assume la responsabilità, con le dovute conseguenze, della gestione dell’azione penale e dell’attività, con particolare riferimento al momento più delicato della richiesta di custodia cautelare, che deve svolgersi secondo un indirizzo costante da parte di chi si assume la responsabilità della direzione dell’ufficio. Di qui, a cascata, l’indicazione e la delega a magistrati di fiducia che coadiuvino il titolare dell’ufficio nello svolgimento di tale attività.

Certamente si porrà mente anche alla necessità che i grandi uffici abbiano la possibilità di un’attività rapida, che non si blocchi tutto sulle parole "unico titolare" o "delega per singoli atti" o "per singoli provvedimenti" o "responsabilità personale". Togliamo questi aggettivi, perché è indispensabile far sì che vi sia la possibilità di coordinamento e di delega quanto più ampia, ancorché controllabile da parte del capo dell’ufficio, ma manteniamo un impianto che comunque dà univocità di indirizzo giurisprudenziale.

Certo, è un impianto che può essere anche non condivisibile da chi crea posti di piccolo potere attraverso la presenza dei procuratori aggiunti, spesso in dissonanza tra loro e rispetto all’indirizzo del procuratore capo. Da ciò discende tutta una serie di contrasti interni che hanno già provocato ombre, veleni, dubbi spesso anche in procure in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata.

Da ciò deriva spesso anche la richiesta di gestire gli uffici attraverso l’assemblearismo (cosa che è assolutamente fuori di ogni considerazione), cioè non in termini manageriali o di applicazione uniforme della legge, ma secondo gli umori dei più o di alcuni capipopolo. Ciò non poteva assolutamente più fare ingresso nell’ordinamento giudiziario di un Paese moderno, che vuole una giustizia rapida, con un responsabile che risponda degli errori compiuti nella gestione del proprio ufficio.

Si è parlato anche di svuotamento del ruolo del CSM. In realtà, non si è tolto alcun potere al CSM, che invece continua a svolgere la propria attività attraverso commissioni referenti che poi riferiscono al plenum ai fini della decisione. Le commissioni di esame che verranno nominate dal CSM per i vari concorsi che dovrebbero essere svolti saranno comunque emanazione del Consiglio superiore della magistratura e non certamente estranee ad esso.

Tali commissioni riferiranno al plenum del CSM, che quindi non è assolutamente spogliato del potere di modificare, revocare o approvare l’indicazione proveniente dalle varie commissioni, ma rimane sempre il titolare del potere che gli viene attribuito dalla Costituzione.

In conclusione, è necessario varare questa riforma e non per ragioni di rancore, di rivincita o di rivalsa nei confronti della magistratura. Nulla di tutto ciò; non credo assolutamente a questo tipo di impostazione. Vi è, invece, la necessità di avere magistrati più qualificati, che possano svolgere meglio il loro ruolo, attraverso una serie di controlli che oggi in teoria ci sono, ma che nella sostanza non sono attuati.

Attualmente, il fascicolo personale di un magistrato è ricco di superlativi assoluti; quando viene usato un superlativo relativo, il Consiglio superiore della magistratura comincia a guardare bene le carte perché forse c’è qualcosa che non va. È un problema che gli stessi magistrati hanno sollevato più volte, ma non si è indicata mai una soluzione.

Mi rendo conto che riesce difficile arrivare ad una soluzione quando si tratta di giudicare il collega con il quale si divide lo stesso banco nel collegio del tribunale. Tuttavia, era necessario arrivare ad un superamento di questa situazione, che creava carriere considerate pressoché automatiche: non lo erano nella forma, ma lo erano nella sostanza.

Discuteremo certamente la problematica delle cosiddette - per usare un termine volgare - pagelle dei giudici. Sul problema delle valutazioni, ci impegniamo a discutere, a svolgere un dialogo accurato ed approfondito, proprio nell’ottica di una maggiore qualificazione del magistrato che, deve svolgere le proprie funzioni senza che ciò porti ad un controllo nel merito della sua attività, a meno che non si tratti, ovviamente, di provvedimenti abnormi, che hanno già una loro classificazione giurisprudenziale e dottrinaria consolidata e che quindi non creano nulla di nuovo nel panorama dell’ordinamento giudiziario.

Siamo quindi disponibili ad instaurare, su alcuni punti che non stravolgono l’impianto, un dialogo con tutti coloro che hanno a cuore una riforma che, a mio parere, interessa tutte le forze politiche. Avere una magistratura qualificata, in grado di svolgere al meglio il proprio compito è un problema che si pone ogni forza politica, di centro-sinistra o di centro-destra.

Solo attraverso l’attività qualificata della magistratura si può dare una risposta rapida e adeguata alle istanze di giustizia del cittadino, si può garantire la sicurezza dei cittadini, si può assicurare la certezza che le leggi approvate dal Parlamento non rimangano lettera morta, ma divengano qualcosa di concreto, che non vive soltanto nei dibattiti, ma anche nell’attività quotidiana dei magistrati. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e dei senatori Ayala, Carrara e Magistrelli).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Dalla Chiesa. Ne ha facoltà.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, ci troviamo a discutere un disegno di legge particolarmente corposo e complesso, passato attraverso una serie di rifacimenti e che visibilmente - ce ne rendiamo conto anche oggi nel rileggerlo - ha una stratificazione logica che consente di cogliere le preoccupazioni che di momento in momento si sono dimostrate dominanti.

Per parlare in modo puntuale e completo su tale provvedimento occorrerebbe poter intervenire diffusamente almeno su tutti gli emendamenti che presenteremo. Credo però che già in occasione della discussione generale possano essere individuati alcuni punti critici, probabilmente un po’ diversi da quelli espressi fino a questo momento.

Ritengo più che sensato e doveroso intervenire nel merito di alcune indicazioni che riguardano questo o quell’aspetto della carriera dei magistrati, questo o quell’aspetto della deontologia professionale dei magistrati.

Per quanto il nostro atteggiamento sarà negativo nei confronti del provvedimento in esame, alcuni dei temi sollevati in Commissione ed anche in questa prima parte di discussione generale non sono argomenti ai quali per definizione si debba rimanere insensibili. Sono state sollevate questioni vere, da ultimo anche nell’intervento del collega Centaro, con le quali sarà giusto confrontarsi.

Vorrei esaminare per prime le tematiche che sono state offerte come le grandi finalità del disegno di legge in titolo, che per la prima volta presenta un impianto di sistema che riguarda la giustizia con la quale siamo portati a misurarci. Le finalità erano quelle di offrire al cittadino un servizio; si trattava cioè di trascrivere in questo primo provvedimento di sistema l’idea guida che ha campeggiato nelle dichiarazioni del Ministro, del Governo e della maggioranza di Governo, cioè una giustizia al servizio del cittadino.

Si è indicata come finalità quella di garantire a tale servizio un di più considerevole di efficienza, di agilità, di velocità e si è anche dichiarato più volte, in forme persino brutali, soprattutto a ridosso di singole sentenze giudiziarie, di voler offrire una garanzia di imparzialità del servizio stesso al cittadino.

Ritengo allora molto utile osservare il tutto dall’ottica del cittadino. Ci si dovrebbe chiedere che vantaggio possa egli trarre in termini di efficienza, di agilità, di velocità di questo servizio, quale sforzo sia stato compiuto per rendere più efficiente la macchina della giustizia, nei limiti consentiti dal provvedimento in esame, e come si sia intervenuti sull’organizzazione della giustizia, aspetto che credo sia venuto meno anche nel dibattito interno all’Associazione nazionale magistrati.

Abbiamo di fronte un grande "corpaccione" della giustizia italiana e dobbiamo chiederci se il disegno di legge in esame incida sul modo di essere di questo grande corpo farraginoso, disordinato, in tanti punti inefficiente. Dovremmo poi prendere la lente di ingrandimento del consulente aziendale (e non solo quella dell’avvocato, del magistrato o dell’imputato) che si trova davanti un’immensa organizzazione e cerca di capire, qualora il provvedimento venga approvato, se funzionerà meglio o peggio. Ritengo che questo sia il contributo che alcuni di noi dovranno fornire in questo dibattito.

Bisognerà poi capire se la logica organizzativa è moderna o arcaica; se è una logica che è al passo con i tempi e con i progressi compiuti in diversi rami delle attività produttive e di servizio nell'individuazione e realizzazione dei modelli organizzativi, oppure se sta al di qua dei progressi compiuti.

Si tratta di capire se la giustizia che avremo davanti è ancorata a princìpi organizzativi superati dai fatti, dalla prassi, dalla letteratura in tutti gli altri rami della produzione di beni e di servizi, se pensiamo che questo servizio particolarmente pregiato e delicato, quale è la giustizia, debba essere reso al cittadino.

Se sposiamo il punto di vista del cittadino che chiede un servizio, se sposiamo il punto di vista non della professione forense ma del consulente di organizzazione, abbiamo risposte un po’ diverse da quelle ottenute fino a questo momento.

Presidenza del vice presidente SALVI

(Segue DALLA CHIESA). Questo è un dibattito assolutamente autoreferenziale, perché parlano magistrati e avvocati, ognuno invocando le proprie professionalità, le proprie convinzioni e le proprie dottrine. Ma in questo dibattito c'è un convitato di pietra suo malgrado, che è il cittadino che si rivolge alla giustizia.

Questo tipo di servizio esce dal provvedimento che stiamo discutendo, da questo grandioso e ambizioso disegno di legge (se non altro, per la quantità di normative che introduce): più gerarchizzato, dotato di una struttura più verticale, più ingessato, laddove tutti i servizi che si fondano su professioni ad alto contenuto intellettuale tendono invece a realizzare strutture piatte.

Mi rendo conto che introdurre queste categorie di analisi in un dibattito giuridico-giudiziario possa sembrare blasfemo. Ma dobbiamo farlo perché stiamo parlando di una struttura organizzativa che deve avere un livello di coerenza con le acquisizioni più avanzate proprio in tema di cultura organizzativa.

Se osserviamo tutte le produzioni di servizi che impegnano professioni ad alto contenuto intellettuale e alle quali si assegna un'alta indipendenza che a maggior ragione vale per una figura come quella del magistrato, che riceve questa indipendenza dalle norme costituzionali, andiamo verso strutture che hanno una verticalità molto bassa, dove il grado di gerarchizzazione è molto basso, perché si è sperimentato che ciò garantisce una migliore qualità nel raggiungimento degli obiettivi.

Non è casuale che esista una mole enorme di ricerche, che vanno dalla produzione di servizi all'industria aerospaziale, nella quale si prende in considerazione il modello organizzativo migliore se bisogna gestire delle professionalità ad alto contenuto intellettuale e ad alta indipendenza, la cui efficienza viene misurata in relazione al soddisfacimento di obiettivi dati e la cui attuazione viene verificata.

Abbiamo una struttura che lievita, come se facessimo lievitare una torta infilando nel forno del nostro Parlamento l'organizzazione della giustizia. Cresce la sua altezza, cresce la verticalità, crescono le distanze e si ingessa anche questa struttura, perché i canali di autorità tendono a diventare più forti, più cogenti; tendono a stabilirsi forme di comunicazione tra l'alto e il basso fondate su sistemi autorizzativi; tende ad accentrarsi nelle mani di poche persone un insieme di provvedimenti, decisioni e autorizzazioni.

Allora, il ragionamento che dobbiamo fare verte sulle modalità dell'organizzazione, prescindendo dall'interesse di questo o quel magistrato, di questa o quella figura. Il problema, al di là di ciò che desiderano i magistrati e gli avvocati, è il modello e come esso funzioni.

Oggi ci lamentiamo delle lentezze della struttura, ma esse aumenteranno con l'adozione di questo provvedimento. Pensiamo soltanto alla grande procura nella quale il procuratore capo debba decidere personalmente tutti i provvedimenti riguardanti restrizioni della libertà o interventi sul patrimonio di un cittadino: in tutti questi casi dovrà conoscere prima di autorizzare, a meno che non pensiamo che debba autorizzare da un punto di vista meramente formale, senza nulla conoscere. Se il Parlamento delega soltanto a questa figura tale potere di intervento, i tempi della decisione saranno inevitabilmente allungati, anche a rischio di sottrarre qualcuno al corso della giustizia.

Penso che la maggiore ingessatura e verticalizzazione della struttura sia un danno, al di là di tutti i discorsi, nei quali non mi addentro per questioni di tempo, sulla sottrazione di potere, in termini di competenza e di titolarità, al Consiglio superiore della magistratura. Per il taglio che ho voluto assumere, il problema in questo momento non riguarda tale sottrazione, bensì le modalità con le quali sarà gestito e funzionerà questo potere, una volta sottratto al Consiglio superiore della magistratura.

Come garantire che il raggiungimento degli obiettivi sia più importante della salvaguardia dei canali di autorità? È questo il dilemma nel quale sono incappate tutte le organizzazioni: è più importante raggiungere gli obiettivi o salvare molti e forti canali di autorità? Stiamo compiendo questa prima scelta: è più importante certificare l'esistenza e rafforzare canali di autorità. Naturalmente il legislatore non pone il dilemma in termini così espliciti, ma lo esplicita nelle decisioni che assume.

Mi perdoneranno coloro che hanno introdotto a piene mani questo istituto, ma vorrei sottolineare la maniacalità del concorso, l'idea che dentro questa organizzazione si possa progredire soltanto con un concorso dietro l'altro. Ciò è perfettamente coerente con il tipo di struttura verticale e inefficiente che si sta inventando.

Alla valutazione della qualità del lavoro svolto dovrebbero sovrintendere diversi organismi, dal Consiglio superiore della magistratura al Consiglio giudiziario; essi dovrebbero già garantire che siano monitorate l'efficienza, la qualità del lavoro svolto, la credibilità dei magistrati operanti in un certo distretto. Non bastano forse i criteri propri di tutte le valutazioni moderne e funzionanti? Il collega Centaro ha menzionato il concorso dei primari; ebbene, in quel caso il concorso è uno, non ve ne sono tanti in successione per una pluralità di livelli gerarchici, nei quali si sta pensando di irreggimentare il funzionamento della giustizia.

Nel corso degli ultimi decenni abbiamo demolito le strutture burocratiche. Con la fine del taylorismo sono scomparse strutture burocratiche che hanno dimostrato un livello molto elevato di disfunzionalità. Ora noi le ripristiniamo per uno dei servizi più delicati, del quale tutti diciamo che funziona troppo lentamente e in modo farraginoso.

Per questo motivo affermo che molti problemi sollevati dai colleghi della maggioranza sono veri e seri, ma non c’entrano nulla con le risposte che vengono fornite, o c’entrano molto poco con le soluzioni che stiamo esperendo con il disegno di legge in esame.

Anche per questa ragione, noi della Margherita proporremo - lo annuncio perché sarà oggetto di un emendamento che riteniamo qualificante rispetto al tipo di ordinamento cui vogliamo arrivare, ed è un nostro modo di collaborare per risolvere i problemi di efficienza dell’Amministrazione della giustizia - qualcosa che per gli avvocati e i magistrati ha certamente del rivoluzionario, ma per chiunque ha dimestichezza con modelli organizzativi complessi è assolutamente normale.

Mi riferisco all’introduzione di un manager giudiziario, cioè la figura di un direttore generale dell’organizzazione della giustizia che abbia specifiche competenze organizzative, dialoghi con l’autorità professionale, che non può che essere il giudice, il presidente del tribunale, ma che ha sue competenze, sappia come gestire i flussi di input e di output che passano per quell’organizzazione e come garantire la migliore e più efficace utilizzazione delle risorse, dei mezzi e delle strutture. Tutto questo è stato già fatto nelle università e negli ospedali, ma non nei palazzi di giustizia, anche quelli dove lavorano 5.000 persone.

A mio giudizio, questo cambiamento deve essere introdotto nella nostra riflessione e nel disegno di legge attraverso opportuni emendamenti. Dobbiamo capire che si sdoppiano le autorità e le loro forme, non i livelli; quando i servizi diventano molto complessi, si sdoppiano le forme e si riducono i livelli. Noi unifichiamo le forme e moltiplichiamo i livelli.

Infine, anche sulla questione dell’imparzialità - e i colleghi della maggioranza ce ne daranno atto - noi senatori della Margherita abbiamo spesso cercato di portare il nostro contributo non prevenuto, perché crediamo - non si tratta di un atteggiamento - che il magistrato, oltre ad essere indipendente, debba essere anche imparziale.

Tuttavia, possiamo notare come si ripeta quanto già si verificò nel dibattito sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura. Siamo contro la politicizzazione, ma aumentiamo la quota dei membri del CSM di nomina politica. Siamo contro la politicizzazione e pensiamo addirittura che nei consigli giudiziari ci possano essere persone nominate dai consigli regionali.

Ritengo allora - per ragioni di tempo non vado oltre - che in realtà, con il disegno di legge in esame, si tende a ridurre la partecipazione dei magistrati alla vita politica del Paese. Noi siamo a favore dell’incompatibilità con l’iscrizione ai partiti. Si riduca questa partecipazione, ma si alzi l’influenza della politica sul funzionamento della giustizia: meno partecipazione alla vita politica dei magistrati, maggiore influenza della politica sul funzionamento della magistratura; non ci sembra che la giustizia possa guadagnare da questa tendenza.

Per questa ragione, proponiamo ciò che non è stato proposto dalla maggioranza, ossia che si limiti la possibilità di accedere alla magistratura e alle sue carriere a coloro che hanno vestito casacche di partito nei consigli comunali, provinciali o regionali o nel Parlamento. Se un giudice deve essere e sembrare imparziale, quando ha vestito quelle casacche difficilmente può essere creduto tale dal normale cittadino. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ayala. Ne ha facoltà.

 

AYALA (DS-U). Signor Presidente, inizio il mio intervento raccogliendo, non dico con entusiasmo ma comunque con sentimenti molto positivi, l’appello, l’ultimo in ordine di tempo, del presidente Pera riportato dai giornali: "Ora un'intesa sulla giustizia. E’ arrivata l’ora di chiudere il decennio tribolato nei rapporti tra politica e magistratura con delle riforme. Serve dialogo".

Come non essere d'accordo da parte di chi, come me e come molti altri colleghi, ha a cuore in realtà una riforma della giustizia che non sia finalizzata a risolvere al meglio questo o quel processo, ma che sia finalizzata a garantire ai cittadini, agli utenti finali di questo servizio, una giustizia efficiente, trasparente e giusta?

Certo, si fa un po' fatica oggi a limitarsi a raccogliere l'appello del presidente Pera dimenticando quanto accaduto nel corso dei lavori che questo ramo del Parlamento ha dedicato a tale riforma. Per capirci meglio e per renderci conto di che cosa discutiamo, vale la pena ripercorrere sinteticamente questo percorso lungo e laborioso, devo dire per tutti.

Questa non è la riforma del ministro Castelli, il quale fa bene oggi a non essere presente in quest'Aula. La riforma del ministro Castelli c'era ed era una riforma che personalmente non mi sentivo di condividere fino in fondo ma che, tolti alcuni aspetti sui quali un approfondimento e una riflessione andavano fatti, era una riforma su cui si poteva trovare quel dialogo a cui oggi ci richiama con la sua autorevolezza il presidente Pera.

Ma cosa accade mentre la Commissione giustizia del Senato già lavora sul disegno di legge Castelli? Il Parlamento vara la legge Cirami e le sezioni unite della Corte di cassazione vengono chiamate a stabilire se un certo processo debba essere celebrato dai giudici di Milano, o se invece non debba, in forza di quella legge, essere trasferito davanti ai giudici di Brescia. Le sezioni unite della Cassazione non ritengono che quel processo dovesse essere spostato da Milano.

La reazione politica di esponenti della maggioranza, a cominciare dal Presidente del Consiglio dei ministri, cui va dato atto di essersi esposto in prima persona è stata la seguente: ah sì? Allora adesso riscriviamo la riforma dell'ordinamento giudiziario, e così i giudici impareranno! Basta andare a rileggere le rassegne stampa del tempo per trovare conferma di quello che io oggi trovo giusto ricordare a tutti noi.

E cosa accade? Vengono individuati i famosi quattro saggi, sui quali - ripeto ancora una volta - l'unica certezza di cui disponiamo è che sono quattro, per il resto lasciamo perdere. I quattro saggi (li continuo a chiamare così per comodità di espressione, ma non perché ne condivida la qualifica, a parte quella numerica) partoriscono un maxiemendamento che in sostanza riscrive completamente - ripeto in chiave dichiaratamente ritorsiva nei confronti della magistratura - il disegno di legge Castelli.

Quindi, stiamo discutendo della riforma dell'ordinamento giudiziario, non della riforma Castelli, ragion per cui quei colleghi che oggi si stupiscono dell'assenza in Aula (per la verità il Governo è assai ben rappresentato dal sottosegretario Valentino) del ministro Castelli in fondo sbagliano, perché il ministro Castelli non c'entra niente. Infatti, per l'ennesima volta la sua maggioranza ha stravolto i suoi provvedimenti, ed è inutile fare l'elenco dei casi precedenti.

Quindi, noi ci troviamo di fronte ad una proposta di riforma offertaci dalla maggioranza che è dichiaratamente determinata e animata da uno spirito ritorsivo, tra l'altro inutilmente speso. Infatti, la sentenza SME è arrivata: ma valeva la pena fare tutte le leggi che si sono fatte per un processo al primo grado del quale l'affare SME è stato ritenuto immune da sanzioni penali?

Ci avete ammannito la legge sulle rogatorie, che ci ha coperto di ombre sul piano internazionale; ci avete ammannito la legge Cirami, che ha reinserito nel nostro ordinamento una previsione che il Ministro della giustizia di Mussolini nel 1939, con una circolare ai procuratori generali, aveva ritenuto assai pericolosa; non l’avevamo più da tanti anni, dal 1989, l’abbiamo dovuta reintrodurre per spostare "quel" processo ad altri giudici. Ma ne valeva la pena?

Allora, fermiamo le bocce e, se ci riusciamo, almeno oggi (forse la sentenza SME ci aiuta) vediamo un po’ come possiamo rimediare al disastro - sottolineo disastro - che in esito ai lavori della Commissione giustizia ci troviamo ad esaminare in Aula.

Vede, signor Presidente, vedete colleghi, la riforma dell’ordinamento giudiziario può essere una grande occasione per questa maggioranza, perché è una riforma che è prevista, anzi, direi meglio auspicata già nella VII disposizione transitoria della Carta costituzionale. Quindi, già nel 1948 i Padri costituenti ritennero di inserire in una disposizione transitoria la necessità di operare un intervento profondamente riformatore dell’ordinamento giudiziario.

Questo perché l’ordinamento giudiziario che si trovavano davanti era legato ad un assetto precostituzionale del nostro Paese, non solo alla monarchia o al fascismo, ma a princìpi fondamentali che la Carta costituzionale aveva profondamente trasformato. Occorreva pertanto procedere accompagnando le importanti novità che la Costituzione ci elargiva anche con la riforma dell’ordinamento giudiziario.

Nessun Governo se ne è mai curato più di tanto - questo va detto con grande obiettività - e quindi questa è una grande occasione per l’attuale Governo e per l’attuale maggioranza. Cinquantacinque anni dopo finalmente una maggioranza si qualifica perché ha la forza politica e istituzionale di metter mano ad una riforma fondamentale: riscrive cioè dopo cinquantacinque anni lo statuto del giudice italiano, identifica chi vogliamo che in Italia sia il magistrato. Non è una cosa da niente.

Questo tentativo va quindi salutato in termini rispettosi anche da parte dell’opposizione. Confrontiamoci, prendiamo atto di questo coraggio istituzionale che vi anima e cerchiamo di costruire una riforma che (mi sembra quasi scontato doverlo sottolineare) ci porti in avanti e non ci faccia precipitare indietro.

Invece, cari colleghi, questa riforma, se fosse legata all’immagine dell’orologio, direi che non si limita a fermare le lancette in relazione all’andamento dei processi di Milano, ma le porta indietro, quasi beffandosi di quella VII disposizione transitoria della Carta costituzionale, esattamente ad un’epoca precedente all’avvento della Costituzione repubblicana italiana.

Sono molti gli aspetti che confermano questa mia affermazione. Per ragioni di tempo so bene, sin d'ora, che sarò costretto a illustrarne soltanto alcuni. Dirò subito che non nego (anche se non mi convincono fino in fondo) che alcuni aspetti positivi in questa riforma ci sono, li rinveniamo anche noi: penso alla riscrittura della disciplina del tirocinio, della formazione professionale dei magistrati (era tempo che vi si mettesse mano); penso alla nascita della tanto auspicata figura dell’assistente del giudice; penso all’altra nascita auspicata da tempo della scuola della magistratura.

Una riforma che non mi piace e che non condivido fino in fondo per come è prevista, ma non nego che alcuni aspetti positivi vi siano. Penso anche agli interventi in tema di responsabilità disciplinare: la tendenza a tipicizzare l’illecito disciplinare è questione che da decenni occupa tutti i dibattiti attorno al giudice, alla magistratura e all’andamento della giustizia in Italia. In questo campo ritengo che si potrebbe ricercare più facilmente una possibilità di dialogo e di correzione dell’impostazione attuale.

Mi chiedo, però, come si possa trovare un terreno di confronto sulla progressione in carriera prevista nel testo varato dalla Commissione e ancor di più sulla riforma dell’ufficio del pubblico ministero.

Andiamo per ordine. La progressione in carriera attualmente vigente, della quale - lo dico con grande franchezza e con un cedimento all’ovvietà - anch’io personalmente mi sono avvalso (perché negarlo?) non è più adeguata. Io mi ritrovo ad essere già da diversi anni, non fosse altro che per ragioni anagrafiche, consigliere di Cassazione avendo lasciato le funzioni giudiziarie nel 1992.

La legge così prevede e non mi è dispiaciuto affatto, ma ciò non mi ha mai impedito di rendermi conto (qualche collega lo ricorderà, perché ne abbiamo parlato) che una progressione in carriera legata esclusivamente al fatale ed inesorabile incedere dell’età anagrafica e al non demerito - non al merito - ha fatto il suo tempo. Ebbe un senso quando spezzò la logica dei vecchi concorsi, ma da anni siamo tutti convinti che sia necessario andare oltre.

Si sono dunque ripristinati i concorsi, ma in una maniera veramente paradossale. Quale sarà lo status del magistrato dopo questa riforma, se malauguratamente dovesse passare? La magistratura sarà divisa in due squadre: i candidati e gli esaminatori del concorso. Gli uni si preoccuperanno di studiare per superare il concorso, gli altri di valutare gli elaborati dei colleghi concorrenti. Chi scriverà le sentenze? Non si sa.

Il magistrato, spinto da una legittima aspirazione a progredire in carriera, passerà la vita più che a fare il giudice - magari nella maniera migliore possibile - a studiare, anche perché (e questo è l’incredibile nell’incredibile) la natura del concorso è tecnicistica. Egli non dovrà offrire ai colleghi giudici del suo operato la prova della sua laboriosità e tempestività nel garantire una risposta di giustizia, che sono le caratteristiche fondamentali dell’attività svolta; no, dovrà far vedere che conosce bene nozioni tecnico-giuridiche, e ciò per tutta la sua carriera, ad intervalli inesorabili e regolari.

Chi crede in questa riforma vuole un magistrato bacchettone, pavido e preoccupato, che vive nell’angoscia dell’incombente concorso, superato il quale ne seguirà un altro. Io, nella mia vita, di concorsi ne ho fatto solo uno e ho avuto anche la ventura di superarlo, ma l’incubo me lo ricordo ancora. Figuratevi se la legittima aspirazione a progredire in carriera debba essere sempre subordinata alla necessità di affrontare un concorso e poi un altro e un altro ancora! E’ una follia.

Occorre, certo, superare il sistema della progressione in carriera per anzianità e non demerito. Inventiamoci qualcos’altro, mettiamoci attorno a un tavolo e troviamo un modo per cui possa progredire in carriera chi merita, ma non massacrandogli l’esistenza con una serie di concorsi, fra l’altro a scadenze abbastanza ravvicinate. Ripeto, è una follia. In questa maniera noi vogliamo - e mi piace che quanto dico rimanga agli atti - un magistrato bacchettone e pavido.

Per quanto riguarda la rivisitazione dell’ufficio del pubblico ministero, innanzitutto va sottolineato, cari colleghi, che nel disegno di legge originario del Governo avente ad oggetto la riforma dell’ordinamento giudiziario, a firma del ministro della giustizia Roberto Castelli, la questione non era nemmeno sfiorata.

Andatela a cercare: ricerca inutile, perché non c’è. Anche questa è figlia dei quattro!

MANCINO (Mar-DL-U). Giusto!

AYALA (DS-U). Ed è agghiacciante. Perché usare aggettivi morbidi? Lo ripeto: agghiacciante. Si ricostruisce l’ufficio del pubblico ministero sul parametro fondamentale di una verticalizzazione gerarchizzata, non solo all’interno del singolo ufficio, ma addirittura sul piano nazionale, che fa capo al vertice massimo, che si individua, ovviamente, nel procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Ciò rappresenta un reperto di archeologia ordinamentale, dal momento che si torna indietro, ma non al periodo fascista (che io cito per le connotazioni politiche che lo contrassegnavano), affatto! Rispetto a quel periodo, insieme a tante altre, vi è una differenza fondamentale: il pubblico ministero, sino all’avvento della nostra Carta costituzionale, dipendeva gerarchicamente dal Ministro della giustizia.

Vedo già il collega Valentino sorridere in una discesa nostalgica…

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Non più!

AYALA (DS-U). Non lo può più fare: dopo le ultime prese di posizione del presidente Fini, non lo può fare più! Tuttavia, l’istinto talvolta è più forte del calcolo.

In un sistema fondato sull’azione penale discrezionale gestita da un pubblico ministero al cui vertice siede una responsabilità politica, che è quella del Ministro, la gerarchia è scontata. Infatti, come potrebbe dirigere i pubblici ministeri se essi non fossero gerarchicamente da lei dipendenti e in tal maniera organizzati? (Richiami del Presidente).

La Costituzione repubblicana ha introdotto l’azione penale obbligatoria e da quel momento - per estrema sintesi, signor Presidente - si sono spesi non so quante parole e fiumi di inchiostro per stabilire che al pubblico ministero deve essere assicurata l’indipendenza non soltanto esterna, rispetto agli altri poteri dello Stato, ma anche interna, posto che ogni singolo pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale e non dispone, giustamente a mio parere, di alcuna discrezionalità. Tant’è vero che il nuovo codice - che non chiamiamo più nuovo, perché ormai è in vigore dal 1989 - stabilisce e garantisce che le funzioni del pubblico ministero in udienza debbano essere esercitate in piena autonomia, ma rispetto al capo dell’ufficio, non rispetto a terzi esterni! Peraltro, tutti sappiamo che con il termine "udienza" non si indica solo l’udienza dibattimentale. (Richiami del Presidente).

Concluderò, signor Presidente, dicendo che il mio contributo l’ho dato; come mi capita dall’inizio di questa legislatura, definisco anche questo contributo una testimonianza, che rimarrà agli atti parlamentari ma non servirà a nulla. Credo infatti alla genuinità dell’appello del presidente Pera, ma di appelli ne possiamo fare una collezione: nessuno è servito a indurre questa maggioranza a confrontarsi sulle cose serie e vere, a ragionare assieme e a riformare sul serio la giustizia. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U e Misto-Com).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Magistrelli. Ne ha facoltà.

 

MAGISTRELLI (Mar-DL-U). Signor Presidente, oggi in Aula iniziamo a ragionare su una questione controversa, che ha visto impegnato il mondo politico in una discussione assidua, costante nel corso dei mesi, lontana nelle posizioni politiche sia tra i due poli, sia all’interno delle singole coalizioni; spesso gli stessi partiti, al loro interno, esprimono valutazioni e sensibilità molto diverse.

È un problema, quello dei giudici e della giustizia, che attraversa i singoli partiti, anche i più piccoli. Abbiamo semplificato forse un po’ troppo, cercando di conchiudere dentro due parole, garantismo e giustizialismo, due posizioni politiche opposte.

Il problema vero credo sia evitare lo sbandamento continuo tra queste due posizioni, che servono solo a definire delle categorie politiche in negativo e non servono a rappresentare la complessità dei problemi. Chi non ama definirsi garantista? Chi, quando si parla dell’altro, non eccede con il giustizialismo? Gli esempi li abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

Oggi questo ramo del Parlamento è chiamato a legiferare in modo che diventi sempre più raro il ricorso al sistema giudiziario come strumento di lotta politica. Onestamente credo che si tratti di questo. Se volessi sintetizzare l’assunto, direi: liberiamo il sistema giudiziario dall’uso improprio che ne fa la politica.

Per questo oggi dovremmo essere capaci di arrivare alla delega sull’ordinamento giudiziario in modo condiviso tra centro-destra e centro-sinistra, per evitare che ogni volta chi vince le elezioni tenti di piegare le regole di un sistema alla logica particolare.

Intanto, possiamo convenire che parlare oggi di ordinamento giudiziario vuol dire parlare di giustizia, della giustizia con la G maiuscola. Vuol dire parlare della madre di tutte le questioni: quale giustizia, amministrata da quali giudici, con quale ruolo, con quali responsabilità e libertà? Con questa delega noi definiamo nel sistema giustizia un assetto strutturale che, a cascata, inciderà nel sistema Paese in modo diretto, immediato, con una ricaduta sul fronte sociale che evidentemente non riguarderà solo l’amministrazione della giustizia, ma toccherà l’intero sistema di relazioni sociali e strutturali del nostro Paese.

Noi sappiamo che in una civiltà giuridica come la nostra non è indifferente quello che stiamo facendo, ma vorrei che ci sentissimo tutti addosso la responsabilità delle decisioni che siamo chiamati a prendere, perché poi non potremmo più dare la colpa ad altri. Dopo, nel bene e nel male, i meriti e i demeriti avranno nomi e cognomi. Questo è vero per ogni provvedimento o disegno di legge, ma sappiamo che in tema di giustizia questo è ancora un po’ più vero.

La storia recente, con Tangentopoli, ha segnato in modo indelebile la vita politica del Paese. I giudici oggi rischiano di diventare, in una visione tutta a difesa e solo a difesa della vicenda politica, i capri espiatori di una degenerazione politica che la politica non ha saputo correggere in tempo.

Ma ricordiamo (tanto per chiamare le cose con il loro nome) che l’errore c’è stato, il vizietto c’era e quando il delirio di onnipotenza è diventato consuetudine, il sistema giudiziario, proprio perché separato e autonomo dal sistema politico, è intervenuto per correggere una situazione che ormai, anche a livello di percezione sociale, era divenuta intollerabile.

Adesso dobbiamo lavorare perché il delirio di onnipotenza non si trasferisca dal politico al giudice. Siamo già in ritardo. La guerra in atto non aiuta. Il varo di una buona legge sull’ordinamento giudiziario, senza esagerazioni, può aiutare a mettere a posto i ruoli che a ciascuno competono, nel pieno adempimento della Costituzione e dell’idem sentire del popolo italiano.

La magistratura deve accettare il controllo sulla qualità e la quantità del lavoro assegnato. Dobbiamo pensare ad un sistema che garantisca il Paese da rivalse di categoria e da ruoli egocentrici che non le competono. Dobbiamo essere certi che la persona che ci giudica sia psicologicamente equilibrata, adeguatamente preparata e che, al di sopra di ogni pensiero politico, che non dobbiamo reprimere, sia lontana da comportamenti politicizzati che possano anche solo apparire di appoggio a questa o a quella parte. Pertanto, più autonomia chiama un maggiore controllo.

Dobbiamo essere capaci di individuare e selezionare quei meccanismi che aiutino i giudici a non sentirsi intoccabili. Noi sappiamo che l’ordinamento attuale non è sufficiente a garantirlo e dovremo apportare correzioni. Solo chi ostinatamente nega l’evidenza dei fatti può dire che va tutto bene. Non è vero.

Come possiamo correggere l’ordinamento giudiziario? Certo non come sta facendo l’attuale Governo di destra. Questa riforma parte male. E’ chiaro il retropensiero che guida la proposta.

Il disegno di legge d’iniziativa del Governo ha evidenziato l’intento punitivo che nel corso degli anni è stato reso manifesto in ogni occasione. Il lavoro della Commissione giustizia è riuscito a comporre alcune delle contraddizioni, o meglio alterazioni sistemiche esistenti, ma non basta. Provo a richiamare alcuni punti ancora non accettabili; altri verranno evidenziati dai senatori della Margherita e dell’Ulivo, come ha già fatto il collega Dalla Chiesa.

Uno dei punti che più caratterizzano il nuovo assetto giudiziario proposto è quello relativo all’accesso in magistratura. E’ un aspetto importante non solo perché disciplina l’ingresso nel mondo giudiziario, e dunque i primi passi che si muovono al suo interno, ma anche perché, nell’ottica innovativa del disegno di legge, contiene in sé un primo elemento forte e caratterizzante: la distinzione dei posti messi a concorso tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti e l’onere per i candidati di scegliere sin dall’inizio a quale funzione intendono accedere.

E’ evidente che la scelta è forte e va nella direzione della separazione delle carriere, anche se il provvedimento non contiene una specifica disposizione sul tema. In ogni caso, non la si può condividere, non solo per tutte le ragioni che sono state più volte espresse nel dibattito politico che ha accompagnato l’argomento, ma soprattutto perché crediamo che la separazione sin dal momento del concorso sia dannosa soprattutto per la magistratura requirente, oltre che per il sistema giustizia in generale.

Infatti, presenta il rischio gravissimo di far perdere al pubblico ministero la cultura della giurisdizione e della legalità, appiattendola sulla cultura dell’investigazione e della polizia. Un pubblico ministero sempre più distinto dal giudice, anche nel momento della formazione (perché concorsi distinti significano necessariamente prove diverse e diversi studi di preparazione) concentrerà su di sé tutte le caratteristiche negative che l’esperienza ha fatto a volte rilevare e che si vorrebbero evitare: giustizialismo esasperato, ricerca delle prove solo a carico, analisi pregiudiziali delle situazioni di illegalità.

Diventerà un pubblico ministero superpoliziotto, che della polizia giudiziaria assumerà sempre più il modo di agire e di ragionare, senza però possedere gli stessi strumenti tecnici e le stesse risorse umane. Quello che serve, invece, è accentuare nelle indagini penali la distinzione tra gli investigatori che con i loro mezzi tendono all’accertamento dei fatti e la magistratura requirente, che deve supervisionare e coordinare le indagini mantenendole sotto lo stretto controllo di legalità e di giurisdizionalizzazione.

Permettetemi un esempio calzante solo come termine di paragone. Non siete voi che volete rimettere in discussione i tribunali per i minorenni perché sostenete che la troppa specializzazione ha chiuso quei magistrati in un circuito autoreferenziale troppo lontano da una ragionevolezza delle decisioni? Adesso ripetete l’errore? Cosa vogliamo davvero? Dei giudici indipendenti e non appiattiti sulle posizioni dei pubblici ministeri solo per ragioni di colleganza o anche una legalità garantita non solo nel processo penale ma in tutte le fasi precedenti?

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

(Segue MAGISTRELLI). La soluzione non può essere quella della separazione. Deve essere, invece, quella di prevedere non solo un unico concorso ed un’unica formazione iniziale, ma anche una continua commistione di esperienze, in modo che le funzioni requirenti possano essere svolte solo dopo un congruo periodo (magari tre-cinque anni) di svolgimento delle funzioni giudicanti, e comunque per un periodo temporaneo (magari dieci anni), dopo il quale svolgere per un altro periodo minimo (tre-cinque anni) nuovamente funzioni giudicanti.

E’ certo, infatti, ed è nella comune esperienza degli operatori del diritto, che ciò che si apprende nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali in chiave di analisi critica e di giudizio tecnico-giuridico sull’operato altrui, sia di avvocati che di pubblici ministeri, è un patrimonio che aumenta molto la formazione del magistrato e può essere utile non solo per svolgere meglio la funzione di giudice, ma anche per migliorare lo svolgimento di quella di pubblico ministero.

D'altra parte, la temporaneità delle funzioni in qualche modo specializzate costituisce uno strumento indispensabile per evitare sempre che l'attività giudiziaria si trasformi da servizio in potere: per questo siamo invece favorevoli ad altri istituti che applichino questo principio, come ad esempio quello della temporaneità delle funzioni direttive.

Siamo favorevoli anche ad aumentare i requisiti di preparazione ed equilibrio richiesti sin dall'inizio a chi vuole entrare in magistratura, proprio perché consapevoli della delicatezza di questa funzione. Non riteniamo, però, che sia una soluzione adeguata l'aggiunta dei requisiti indicati nel testo: le esperienze lì elencate, da una parte comportano una maggiore preparazione non solo teorica, ma dall'altra non solo non sono in grado di garantire tale maggiore preparazione, ma soprattutto allungano ingiustificatamente i tempi di accesso al concorso, ostacolando maggiormente chi ha minori opportunità economiche e non può permettersi di studiare fino a trent'anni senza alcuno stipendio.

Piuttosto, si può prevedere una rigorosità ancora maggiore nelle prove da sostenere, una valutazione psicologica iniziale in termini di motivazioni o qualità personali, simile a quella spesso applicata nella moderna psicologia del lavoro, un tirocinio ampio, completo e mirato, anche con riferimento alle qualità psicologiche personali.

Sempre in tema di formazione, non ci trova d'accordo il Governo quando disciplina l'organizzazione della istituenda Scuola superiore della magistratura, istituto che di per sé potremmo salutare con favore se dovesse costituire un'emanazione del CSM esclusivamente e stabilmente dedicata alla formazione degli uditori e dei magistrati di ruolo, eventualmente in luogo dell'attuale IX commissione, che potrebbe essere soppressa.

Invece, nella visione del disegno di legge governativo, la scuola è completamente sottratta al CSM e collegata invece strettamente - anche se "raccontata" come ente autonomo - al Ministero della giustizia e dunque al Governo. Infatti, caduta la previsione di un legame particolare con la Corte di Cassazione, ora si vorrebbe un ente autonomo, non del tutto indipendente, però, dal punto di vista scientifico e organizzativo, perché caratterizzato da pesanti sconfinamenti da parte del Ministro.

Innanzitutto, non possiamo concordare con la prevista composizione del comitato direttivo della Scuola: ne farebbero parte solo due magistrati, peraltro nominati dai vertici della Corte di cassazione, e tre componenti - scelti tra magistrati e avvocati - nominati dal CSM di concerto con il Ministro della giustizia. Il concerto costituisce un canale privilegiato per consentire al Ministro, influendo sulla nomina di ben tre su cinque membri del comitato direttivo, di incidere pesantemente sulla formazione dei magistrati.

Voglio appena ricordare che la materia della formazione professionale attiene strettamente a quella dell'indipendenza della magistratura, della sua soggezione solo alla legge, dello status del magistrato, che la nostra Costituzione, piaccia o no, riserva ancora al CSM.

Quello che si teme, anche se solo indirettamente connesso a queste norme, è che attraverso il suo potere di influenzare la nomina di parte del comitato direttivo della scuola, il Ministro e quindi il Governo di volta in volta in carica, possa determinare le linee guida della formazione dei magistrati italiani, che la Carta costituzionale vuole invece del tutto autonomi ed indipendenti e soggetti solo alla legge.

Ancora, si vuole consentire al Ministro di incidere sulla nomina della Commissione speciale per le funzioni di legittimità (quella che valuta gli aspiranti all'esercizio di tali funzioni, nell'ambito della metà dei posti disponibili con questa modalità, vale a dire, in parole più semplici, che determina la scelta di metà dei magistrati di Cassazione). Tali componenti possono essere scelti solo tra una rosa di nomi proposti dal Ministro: anche qui, con un meccanismo indiretto, che opera sulla scelta dei "giudici dei giudici (supremi)", si condiziona da parte del Governo la composizione del supremo organo giurisdizionale.

Non possiamo accogliere questa visione esasperatamente verticistica. Non possiamo non ribadire che il dettato della nostra Costituzione va salvaguardato e rispettato. Possiamo riflettere sul ruolo e sulla composizione del CSM, ma non siamo per nulla legittimati a sottrargli competenze, men che meno in tema di formazione e progressione in carriera dei magistrati.

Tanto si può dire sulle funzioni del CSM e sulla validità di un organo di autogoverno. Qui il tempo ci consente solo di ricordare che l'eliminazione di tale organo può passare solo attraverso una modifica della Carta costituzionale, così come occorre una modifica alla Costituzione per eliminare o diminuire l'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo.

Non c'è dubbio, invece, che tali princìpi sono decisamente sconvolti dalle previsioni del disegno di legge anche là dove toglie al CSM le sue prerogative in materia di formazione e attribuisce al Ministro della giustizia sensibili competenze nello stesso tema e riguardo alla composizione della Corte di cassazione.

Ma c'è un discorso più generale da affrontare: la storia del nostro ordinamento giudiziario è storia di applicazione dei nostri princìpi costituzionali, storia di soppressione di un ordinamento gerarchico e verticale, con giudici inferiori soggetti a giudici superiori e giudici superiori soggetti, di fatto e talvolta di diritto, al Ministro o al Governo. È storia di un ordinamento orizzontale e diffuso, di soppressione dell'avanzamento in carriera in ruoli chiusi, previo concorso gestito dai magistrati superiori, per attuare un ordinamento in cui tutti, dall'uditore al Presidente della Corte di cassazione, hanno identico status e si distinguono solo per funzioni. L'attuale disegno di legge mette in discussione tutte queste conquiste, modifica radicalmente gli assetti, propone un ordinamento nuovamente gerarchico e verticistico.

Siamo anche noi consapevoli della necessità di cambiamenti; l'ho detto all'inizio del mio intervento. Non è in questo modo, tuttavia, che intendiamo migliorare il sistema. Siamo d'accordo, ad esempio, sul fatto che la progressione in carriera dei magistrati non possa prescindere dalla bontà del loro lavoro, dalla loro efficienza, laboriosità e affidabilità, oltre che da capacità organizzative o da competenze tecnico-scientifiche.

Siamo anche consapevoli che l'attuale sistema è a volte troppo generoso nel concedere promozioni quasi automatiche solo in assenza di errori o di mancanze serie, più che in presenza di meriti effetti, ma non riteniamo che il sistema proposto dal disegno di legge che stiamo discutendo conduca a una soluzione positiva del problema.

Nel progetto, infatti, c'è un aspetto positivo, là dove si prevede una progressione economica legata all'anzianità senza demeriti, distinta dalla progressione in carriera. Ciò su cui non possiamo concordare è il metodo applicato per quest'ultima: una serie lunga e complicata di concorsi e valutazioni, disseminati lungo tutto l'arco di storia professionale del magistrato e soprattutto negli anni della sua maggiore maturità umana e professionale.

Siamo preoccupati da questa previsione, e non certo perché vogliamo consentire ai magistrati di sfuggire a controlli e verifiche, né perché crediamo che ciascuno di loro possieda una sorta di "scienza infusa" che gli deriverebbe dall'aver superato un concorso, per quanto difficile.

Siamo preoccupati perché quel che vogliamo dai giudici, quel che la società, i cittadini, le istituzioni vogliono dai giudici è un'opera che, velocemente ed efficacemente, risolva le controversie, risarcisca i danni, accerti gli illeciti, condanni i responsabili, ripristini, insomma, il diritto là dove esso è violato; un'opera che sarà tanto più efficace quanto più rapida e al tempo stesso accurata e consapevole, affidabile e sensibile ai mutamenti sociali e alle esigenze storiche. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e del senatore Zancan).

Signor Presidente, avendo esaurito il tempo a disposizione, le chiedo l'autorizzazione affinché la restante parte del mio intervento sia pubblicata in allegato al Resoconto della seduta odierna.

PRESIDENTE. L’autorizzo in tal senso.

È iscritto a parlare il senatore Maritati. Ne ha facoltà.

 

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, penso che qualsiasi riforma razionale dovrebbe partire da un'attenta analisi dei problemi reali e valutare, altrettanto attentamente, i rimedi idonei a risolvere tali problemi, non certo a crearne di maggiori.

Viviamo in una fase in cui i cittadini, gli avvocati, gli studiosi, i magistrati sono ormai consapevoli che la situazione del sistema giudiziario è gravissima; la qualità complessiva del servizio giustizia rispetto alla sua credibilità e alla fiducia dei cittadini è terribilmente in crisi.

Non poche le ragioni, ma prima fra tutte è l’abnorme durata dei processi. Se - come ha ricordato di recente il presidente Ciampi - la giustizia costituisce il valore fondamentale di ogni società democratica, non può esservi dubbio che la crisi del settore giudiziario incide su tutto l’ordinamento, creando un intollerabile deficit di sicurezza e legalità.

In base a queste premesse, in teoria da nessuno poste in dubbio, l’azione di Governo, per risultare efficace, dovrebbe tendere ad incidere sull’organizzazione del settore giudiziario per eliminare le cause della crisi. L’articolo 111 della Costituzione, tante volte richiamato non solo dalla maggioranza ma da tutti noi, nell’attuale formulazione da tutti condivisa, attribuisce espressamente al legislatore un compito grave, importante, quello di assicurare che i processi abbiano una durata ragionevole. L’importanza di questa riforma sta proprio nella previsione costituzionale di un obbligo per il legislatore di attuare una strategia legislativa diretta essenzialmente ad accrescere l'efficacia del sistema processuale.

Ora, amici della maggioranza, fino ad oggi non avete fatto queste leggi. Purtroppo oggi, nel valutare l’azione di Governo come finora attuata in materia giudiziaria ed ora il disegno di legge sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, dobbiamo aggiungere in maniera desolante che si sta tracciando una linea esattamente opposta rispetto a quella indicata dalla Costituzione.

E’ sufficiente al riguardo considerare che sin dall’inizio dell’attuale legislatura - lo abbiamo ripetuto più volte, ma mai come in questo caso è indispensabile richiamare alla memoria quanto è accaduto - sono state approvate leggi tutte inutili per risolvere il problema dell’efficacia del sistema giudiziario.

La legge sulle rogatorie internazionali, quella sul falso in bilancio, la legge Cirami, il cosiddetto lodo Schifani, fino ad arrivare ad altre materie, come il cosiddetto patteggiamento allargato, leggi tutte pensate per realizzare interessi specifici, hanno semmai contribuito a rallentare ancora di più il corso quotidiano complessivo della giustizia.

Con il disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario - ne sono sicuro - si intende ora sferrare un duro attacco allo Stato su ogni magistrato, con un equivoco intento punitivo e di conseguente negazione delle garanzie dei diritti connessi alla giurisdizione.

L’attuale maggioranza, con la riforma dell’ordinamento giudiziario che propone, spreca un’occasione storica per dare al Paese una vera riforma. Il senatore Centaro ricorda che sono passati 40 anni ed i magistrati ancora aspettano e chiede come mai non siamo contenti.

Collega Centaro, non basta dire che dopo 40 anni finalmente si fa una riforma, non basta dire che dopo 40 anni finalmente si accettano le richieste della Associazione nazionale magistrati - per esempio - sulla progressione in carriera o sulla tipicizzazione degli illeciti disciplinari o sulla temporaneità degli uffici, per farci affermare che siamo contenti. Bisogna valutare il contenuto di queste riforme che oggi voi ci propinate.

Non priva di significato è la sequenza con cui si sono svolti i lavori della Commissione, dove il Governo ha presentato, per la prima volta il 29 marzo 2002, il disegno di legge; un disegno di legge il cui intento chiaro era comunque quello di realizzare un nuovo assetto gerarchico della magistratura con al vertice la Corte di cassazione, a sua volta controllata dal Ministro. Dimostreremo il perché.

Ulteriore obiettivo concorrente allo stesso fine era evidentemente quello di indebolire l’organo di autogoverno della magistratura, privandolo della sua competenza specifica di valutare e promuovere i magistrati alle funzioni di Cassazione, affidando tale delicato compito ad una commissione esterna proposta sì da membri nominati dal Consiglio superiore della magistratura, ma scelti all’interno di una rosa fornita dal Ministro. Anche in questo caso il collega Centaro e la maggioranza negano che vi sia un attacco all’autonomia o alle funzioni costituzionali del Consiglio superiore della magistratura.

Nonostante l’inaccettabilità del nucleo centrale della riforma, in questa prima fase della discussione abbiamo avuto la sensazione che la maggioranza volesse procedere con cautela e che avesse persino apprezzato l’atteggiamento costruttivo della nostra opposizione.

La seconda fase dei lavori - è importante essere chiari fino in fondo - è purtroppo la chiara conseguenza di avvenimenti successivi alla presentazione e al varo a tappe forzate della legge Cirami, ma soprattutto della decisione della Cassazione a sezioni unite, che ha respinto l’istanza di remissione del processo a carico dell’onorevole Previti ed altri allora in corso dinanzi al tribunale di Milano. Inutile negare che non ci sia rancore. E’ veramente inutile, perché i fatti vi danno torto.

Il cosiddetto maxiemendamento varato dal Consiglio dei ministri nel 2002 modifica radicalmente, in senso addirittura peggiorativo, l’impostazione originale del disegno di legge. Mira, senza esitazioni ad una separazione di fatto delle carriere, ad una ristrutturazione degli uffici di procura, fortemente gerarchizzati e burocratizzati (cercheremo poi di dimostrare che cosa significa gerarchizzare l'ufficio di procura), determina il sistema della progressione in carriera dei magistrati attraverso una incredibile - un vero reperto archeologico, come è stato definito - sequela di concorsi il cui effetto è solo e sempre quello di porre un controllo sull'intero corpo giudiziario; determina il concreto rischio di annullare la libertà del giudice nel momento più cruciale della decisione e, attraverso l'ipotesi dell'illecito disciplinare, per una non meglio identificata "interpretazione creativa" delle sentenze.

Funzionale a questo disegno eversivo è, quindi, l'intervento sul Consiglio superiore della magistratura, che viene svilito ad organo di "bassa amministrazione", perché privato delle competenze di valutazione delle professionalità e delle conseguenti nomine dei magistrati della formazione.

È una riforma che parte da una più volte proclamata volontà di "depurare" il corpo giudiziario da influenze politiche, ma che punta in modo inequivoco a sottoporre la magistratura ad un controllo consistente e invasivo del potere politico di governo.

Va, pertanto, denunziato con forza il tentativo di condizionamento del potere giudiziario, che ha come unico fine l'eliminazione di uno dei cardini essenziali della nostra Costituzione e dell'assetto democratico dell'ordinamento: il principio della separazione e dell'indipendenza reciproca dei poteri dello Stato.

Tale prospettiva è la conseguenza di una visione pericolosamente contingente che l'attuale Governo ha del problema giustizia; una visione miope che collega la riforma, con spirito questa volta sì rancoroso, a fatti ed avvenimenti particolari, ritenendo illusoriamente che questa maggioranza dovrà governare il Paese nei secoli a venire.

Solo così si spiega come la riforma tenda ad introdurre in modo surrettizio una separazione ordinamentale tra giudici e pubblici ministeri, certamente estranea e contraria al dettato costituzionale, che indistintamente indica i magistrati, senza differenziare tra giudici e pubblici ministeri, quali titolari della funzione giurisdizionale.

Ma, oltre a violare lo spirito della Costituzione, questa riforma produrrà un grave danno per i cittadini che, comunque, continueranno a subire l'inefficienza del sistema giudiziario: questo è il punto. Non vi è dubbio, infatti, che un pubblico ministero separato, e quindi estraneo alle logiche culturali proprie delle funzione giurisdizionale, a parte le prevedibili ipoteche sul futuro della sua indipendenza rispetto al potere politico, non potrà che generare gravi pregiudizi per il rispetto delle garanzie fondamentali dei cittadini, ed in primo luogo dell'uguaglianza di tutti davanti alla legge.

Non è facile, poi, comprendere il senso delle misure prospettate in ordine al concorso di ingresso in magistratura; un concorso sdoppiato "per l'accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente", con la previsione perfino di distinte commissioni di concorso.

Oltre ad un istintivo senso di disagio per gli intuibili aggravi di spesa in relazione allo svolgimento dei concorsi, per l'incomprensibile finalità di tale previsione, e per la sua utilità rispetto alle esigenze dell'ordinamento giudiziario, viene spontaneo chiedersi in che cosa dovrebbero differire le prove scritte di esame per l'accesso a funzioni requirenti rispetto a quelle per l'accesso a funzioni giudicanti penali.

Si chiedeva giustamente il collega Fassone: com'è possibile concepire un concorso distinto per pubblici ministeri che non comprenda tutte le materie di esame destinate ai giudici e viceversa, a meno di non volere riformare anche il processo, civile e penale? Allora coordiniamole queste riforme.

L'attuale sistema prevede, infatti, la partecipazione obbligatoria del pubblico ministero in non poche cause civili, in materia che i rappresentati della pubblica accusa sono tenuti naturalmente a conoscere; lo stesso rilievo riguarda la necessaria conoscenza del diritto amministrativo (pensiamo ai reati contro la pubblica amministrazione), del diritto minorile, civile e penale, nonché di altri settori extra penali in cui è richiesta al pubblico ministero la stessa competenza del giudice. D'altro canto, non sarebbe logico attribuire alla funzione giudicante una cultura giuridica inferiore a quella del pubblico ministro nel settori penale e processuale.

L'articolo 5 del disegno di legge, alla già grave distinzione, che in qualche modo risulta più nociva della chiara separazione di carriere, tra pubblici ministeri e giudici, aggiunge un sistema di accentramento e irrigidimento gerarchico degli uffici di procura, dove nessuna autonomia è più riconosciuta ai singoli magistrati, mentre viene istituito un rapporto di subordinazione gerarchica tra i singoli magistrati del pubblico ministero ed i procuratori della Repubblica nonché tra le procure della Repubblica e le procure generali e tra queste ultime e il procuratore generale presso la Cassazione.

Assolutamente inspiegabile risulta poi la posizione gerarchica attribuita al procuratore generale presso la Corte di cassazione, proprio per l'assoluta differenza di ruoli e funzioni esistente tra i pubblici ministeri di merito e quelli di legittimità.

È bene affermare sin d’ora e chiaramente che appare evidente l'intento perseguito attraverso la gerarchizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, che non riguarda un aspetto meramente organizzativo, come tentate di contrabbandarlo, perché questo incide pesantemente sul valore della indipendenza interna dei magistrati delle procure.

Una riforma in tal senso ha un acre sapore revisionista, in quanto è noto a tutti come l'attuale assetto degli uffici di procura costituisce il risultato di un lungo e non facile processo di democratizzazione della funzione giudiziaria, accompagnato da una adeguata evoluzione normativa che ha inteso conformare la funzione e il ruolo della pubblica accusa al precetto costituzionale di autonomia e di indipendenza dei magistrati.

Questo risultato si è potuto realizzare anche con il rilevante contributo fornito dalla Corte costituzionale, che ha delineato in più tempi una figura di pubblico ministero pienamente inserito nella giurisdizione e come tale indipendente e autonomo da ogni altro potere dello Stato.

In base al vigente ordinamento, dunque, il pubblico ministero gode delle garanzie costituzionali dell'indipendenza interna ed esterna; la Corte costituzionale ha chiarito il significato e l'ambito della garanzia di indipendenza che deve essere assicurata anche ai magistrati del pubblico ministero in quanto parte della magistratura e, pertanto, ad ogni singolo magistrato addetto a quell'ufficio e non al procuratore capo soltanto.

In questo contesto di autonomia ed indipendenza, la Corte costituzionale ha ribadito in più occasioni che secondo l'articolo 112 della Costituzione ogni singolo magistrato del pubblico ministero è titolare diretto ed esclusivo delle attività di indagine finalizzate all'esercizio dell'azione penale.

L'indipendenza interna attiene ai rapporti tra il procuratore capo e i singoli sostituti ed è una dimensione organizzativa dell’ufficio di procura che non può essere riformata, a meno che non vogliate determinare gravi discrasie e incoerenze nel sistema.

È vero, infatti, che l'articolo 107 della Costituzione rimette la determinazione del contenuto della garanzia di indipendenza alla legge ordinaria sull'ordinamento giudiziario, ma è bene rammentare che già la direttiva n. 68 della legge delega n. 81 del 1987 ha stabilito che le funzioni di pubblico ministero in udienza devono essere esercitate in piena autonomia.

Non si tratta di una disposizione riduttiva, in quanto il concetto di udienza è stato da tempo esteso dalla giurisprudenza in ogni stato e grado e a quasi tutti i momenti salienti della fase delle indagini preliminari, durante le quali pertanto non può certo negarsi certo la necessità che il pubblico ministero svolga le sue funzioni in piena autonomia. Altrimenti dovremmo pensare ad un pubblico ministero costretto a ricevere direttive dal capo dell'ufficio prima di poter esprimere pareri su richieste di libertà e di adottare provvedimenti urgenti, quali sequestri probatori od altro.

D'altro canto, il sistema vigente non ha mai mortificato né limitato il ruolo e i poteri del capo dell'ufficio di procura, atteso che l’articolo 70 del vigente ordinamento giudiziario prevede che "I titolari degli uffici del pubblico ministero dirigono l’ufficio cui sono preposti, ne organizzano l’attività ed esercitano personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, quando non designino altri magistrati addetti all'ufficio".

Torneremo nella fase della discussione degli emendamenti sulla grave distinzione tra designazione e delega. Ora, proprio per dare piena e corretta attuazione alle norme su richiamate, il Consiglio superiore della magistratura, nel corso degli anni, ha introdotto un sistema in base al quale, con la formazione delle tabelle, il capo dell'ufficio predetermina i criteri oggettivi in base ai quali egli distribuisce i vari affari giudiziari, con la ovvia possibilità di procedere alla revoca della designazione per altrettanti giusti motivi.

Questo criterio è costato impegni e lotte democratiche di anni e anni per dare un assetto democratico agli uffici di procura; questo è un sistema che garantisce l’indipendenza interna di ogni magistrato di procura e lo difende rispetto alle capacità invasive, di condizionamento, dei poteri forti e del potere esecutivo; un potere esecutivo che cambia con il cambiare del tempo: questo è un errore gravissimo, storico, che l’attuale maggioranza oggi sta compiendo - l’ho già detto prima - nell’illusione forse di restare a governare per anni o per secoli.

Quando si fanno riforme di questo genere bisogna avere ben presente l’incidenza nella storia, nel successivo svolgersi degli avvenimenti, non il contingente.

Nella prospettiva di una seria riforma dell’ordinamento giudiziario, può discutersi (siamo pronti a farlo e lo abbiamo fatto, dando dimostrazione della nostra disponibilità a tale riguardo) dell’opportunità di meglio definire i poteri e le funzioni del capo dell’ufficio di procura, riconoscendo allo stesso la potestà direttiva, l’organizzazione ed il potere di emanare "linee di indirizzo" per garantire un’opportuna uniformità delle indagini. Ma è certo che mai prima dell’attuale disegno di legge era stata ventilata la possibilità che il procuratore capo potesse impartire direttive specifiche afferenti la conduzione del singolo processo, potere non limitato solo alle fasi cruciali delle indagini preliminari.

Prevedere che il procuratore capo possa determinare in modo vincolante i criteri a cui i magistrati "delegati" debbono attenersi sempre, durante le indagini come in udienza, equivale a violare il principio di indipendenza del magistrato nell’esercizio delle funzioni dell’accusa.

D’altro canto, anche a voler ritenere che il singolo sostituto, nella prospettiva del disegno di legge in discussione, mantenga la sua indipendenza ed autonomia nel corso della sola udienza, restrittivamente individuando questa fase processuale nel dibattimento, si porrà comunque il grave quesito di cosa accadrebbe, o di cosa accadrà, in tutti i casi in cui il magistrato fosse stato "costretto" a svolgere atti di indagine da lui non condivisi: quali gli effetti nel corso dell’udienza?

Ed allora è chiaro che, con la riforma, che si sta tentando di imporre senza riflettere adeguatamente, si torna indietro nel tempo secondo una logica in base alla quale il processo di subordinazione del pubblico ministero all’Esecutivo deve essere attuato a tutti i costi.

Il Governo ha solo adottato una politica dei piccoli passi, scegliendo di procedere per gradi, inserendo modifiche e correttivi all’attuale istituto del pubblico ministero, apparentemente innocui ma in effetti idonei ad introdurre un limite alla sua indipendenza, sia pure all’interno dell’ufficio, così realizzando un vero e proprio movimento culturale - anche della classe politica - verso l’obiettivo finale rappresentato dalla sua subordinazione all’Esecutivo.

Quale senso avrebbe infatti la prevista abolizione dell’indipendenza interna all’ufficio di procura, per i singoli sostituti nell’esercizio delle attività di indagine, se non quello di concentrare tutto il potere nelle sole mani di poche decine di capi ufficio, destinati così all’apparenza a diventare tra i soggetti più potenti del sistema istituzionale (ed evidentemente non solo di quello giudiziario) ma nella sostanza ad essere meri esecutori delle direttive impartite dal potere politico?

Come si concilia tutto ciò con il vostro programma, amici della maggioranza, che si proponeva di limitare i poteri della magistratura inquirente? Se la mia analisi fosse sbagliata e, quindi, non ci fosse quale fine ultimo della riforma la subordinazione del pubblico ministero all’Esecutivo, la modifica dell’assetto organizzativo degli uffici di procura perseguirebbe un obiettivo opposto.

Si tratta quindi di un’apparente contraddizione. Purtroppo sarebbe auspicabile immaginare un’ingenua incoerenza del Governo; la realtà è che si vuole prima concentrare il potere nelle mani di pochi magistrati, i capi degli uffici, perché poi, proprio per effetto di questo elemento destabilizzante per l’intero sistema, sarà avvertito come un dovere, da tutti (anche forse da coloro che oggi invitano a porre regole coerenti con la Costituzione), stabilire rigidi controlli e profili di responsabilità per chi fosse investito di tali poteri.

A quel punto il gioco diventerebbe facile perché sarebbe quasi automatico stabilire un rapporto di concreta e pregnante subordinazione degli uffici di procura al Ministro, dotato di poteri di governo ed in quanto tale "responsabile politicamente". (Il Presidente invita il senatore Maritati a concludere). Mi rendo conto, signor Presidente, che il tempo a mia disposizione è quasi terminato. Le chiedo di poter allegare agli atti la parte residua del mio intervento.

La dimostrazione più evidente che il disegno di legge in discussione non tende a realizzare il principio costituzionale del giusto processo, ma di fatto una totale paralisi del sistema di giustizia, può trarsi dall’esame delle norme stabilite per la progressione in carriera dei magistrati.

In base a questo nuovo ordinamento, il magistrato italiano sarà obbligato per tutta la sua vita professionale a sostenere concorsi. Basta verificare in concreto la lunga serie di ipotesi in cui verrà chiamato ad affrontare lo stress del concorso. In proposito è stato detto abbastanza da parte dei colleghi che mi hanno preceduto: è veramente un sistema da superare.

Ancora una volta deve ribadirsi con chiarezza che non è in discussione la necessità di fare in modo che i magistrati siano sottoposti a periodiche verifiche… (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-RC e Misto-Com).

PRESIDENTE. Senatore Maritati, la Presidenza la autorizza ad allegare la restante parte del suo intervento.

È iscritto a parlare il senatore Zancan. Ne ha facoltà.

 

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, colleghi, in questa atmosfera un po’ rarefatta ma di happy few, come dice Stendhal (un vero maestro), vorrei porre al rappresentante del Governo e al signor relatore una sola domanda. Mi piacerebbe cedere loro un po’ del mio tempo, ma le forme del colloquio diretto, giustamente, non si usano nell’Aula del Senato.

La mia domanda è la seguente: perché questa riforma non piace agli avvocati, all’università, ai magistrati, agli operatori di giustizia, ai preziosissimi operatori di giustizia che, malpagati e veramente maltrattati, mandano avanti una macchina asfittica ma molto importante per il nostro Paese? Perché non piace a nessuno? Una congiura dei rossi?

La conoscete la struttura di queste categorie: è una struttura liberal borghese, nella quale spesso i ruoli si tramandano di padre in figlio; nella quale chi parla, come il sottoscritto, a sessantacinque anni, non parla per sé, ma per suo figlio o per i giovani di studio; nella quale i magistrati a sessant’anni parlano per i loro allievi.

Perché non piace? Vi siete domandati perché le critiche serrate, documentate, moderate non trovano in questo testo una risposta? Credo sia questo il punto di partenza.

Non è vero che non cerchiamo il dialogo. Non è vero. Abbiamo cercato il dialogo sino all’umiliazione. Infatti, il percorso di questo disegno di legge attesta che siamo venuti dietro alle vostre proposte; il senatore Fassone ha trascorso un’intera estate a scrivere emendamenti che si sono rivelati assolutamente inutili, perché avete presentato - in quella stratificazione di cui bene ha detto il senatore Fassone questa mattina - testi via via sovrapposti, l’uno in direzione contradditoria rispetto all’altro.

Siete voi che non siete andati avanti con il dialogo, che avete operato sulla base di un diktat: "adesso cambiamo il testo!". E avete cambiato il testo - in questo forse sono in disaccordo anche con i colleghi dell’opposizione - non per merito nostro. Infatti, vi siete fatti baffi di maresciallo, si sarebbe detto cinquant’anni fa, delle nostre obiezioni! Voi avete agito in modo scollato dalle critiche pur giuste, corrette e rispettose.

E allora vediamo che cosa questo modo di procedere, molto poco dialogico, ha partorito: un concorso per titoli ed esami.

Vorrei impiegare il tempo residuo - quanti desideri ho, questa sera! - per spiegare al Governo e al signor relatore, nel deserto della maggioranza (ma è un accidente che comunque mi rende lieto, sempre seguendo Stendhal), come una sentenza non possa mai essere un titolo.

È offensivo, per l’uomo che è stato giudicato, pensare che il giudizio su di lui sia un titolo. La sentenza è una risoluzione, mai un teorema. È una risoluzione di prove concrete che attengono ad una certa persona, nella quale entra tutto, compreso il sospiro del testimone, il tremore delle mani e, se volete, la bava alla bocca. Vi entra tutto; altro che un titolo!

Da ragazzo leggevo le sentenze dei grandi processi di mafia. Ne ricordo una in particolare che aveva un incipit stupendo; avrebbe vinto tutti i concorsi, ma era una sentenza sbagliata, perché chiudeva con una insufficienza di prove, il che dimostrava la non adeguatezza della sentenza alle prove.

Quella sentenza cominciava così (notate la prosa stupenda): "Molta era l’autorità di don Calogero Vizzini sulla piazza di Villalba". Chi potrebbe scrivere meglio di così? Ma la risposta di giustizia che dà una sentenza non si risolve facendo dei titoli! È molto semplice fare una bella sentenza dimenticando uno o due testimoni d’accusa, oppure scrivere bei motivi di appello dimenticando le prove a carico. È nell’onestà della risposta sulla prova che si giudica una sentenza.

Avete costruito una struttura piramidale, verticistica, dimentica del principio costituzionale della pari dignità delle funzioni. Qualcuno di voi ha conosciuto la giustizia dei pretori? Qualcuno di voi è andato in giro a verificare quanta saggezza e capacità di risoluzione del caso concreto hanno dimostrato i nostri pretori in quegli avamposti di giustizia che erano le vecchie preture, forse un po’ affrettatamente abolite? Non erano magistrati che vincevano i concorsi, però stavano vicino alla gente, rispondevano, andavano a vedere cosa succedeva nel loro paese.

Ricordo che nella pretura di Caluso si entrava attraverso un ballatoio e bisognava fare un inchino rispettoso a quelli che stavano nell’alloggio vicino, che magari stavano mangiando, prima di giungere alla stanza del pretore. Costui non dava concorsi, ma rispondeva al bisogno di giustizia del suo territorio.

Voi volete una defatigante, dispendiosa progressione meritocratica per formare dei burocrati impegnati a dare concorsi e poco occupati a tutelare i diritti dei cittadini. Questa riforma, signor Ministro, non farà fare un centimetro avanti, ma farà tornare indietro di quarant’anni.

Purtroppo, questa giustizia burocratica e gerarchica l’ho conosciuta. Quando venne scoperto che la FIAT aveva sul libro paga Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza per operare una schedatura degli operai, la giustizia burocratica e verticistica strappò il fascicolo del procedimento dalla città di Torino e lo portò a Napoli, dove dopo dieci anni - senza offesa per Napoli - il reato fu dichiarato prescritto nei confronti di tutti gli imputati.

La conosco questa giustizia. A volte mi si mandava a cercare un giudice e il cancelliere mi rispondeva che stava studiando. Ero giovane e mi stupivo del fatto che il giudice ancora studiasse, ma il cancelliere mi rispondeva che doveva fare il concorso. Ribattevo che avevamo presentato un’istanza di sollecita fissazione di udienza, ma il cancelliere insisteva che il giudice aveva il concorso, quasi rimproverandomi perché non capivo le regole dell’ecclesia.

Volete tornare a tutto questo? Con questa riforma non si riuscirà ad avere il giudice che tutti desideriamo, ovverosia un giudice puntuale nei propri impegni e nello stesso tempo rispettoso degli impegni altrui, un giudice attento alle ragioni dell’accusa e allo stesso modo a quelle della difesa, un giudice che decide con coraggio ma anche con timore e tremore. Questa riforma non farà fare un passo avanti rispetto a questo modello di giudice.

Avete voluto il concorso di accesso separato, con un surrettizio ed ipocrita inserimento della separazione non delle funzioni, ma delle carriere. Io non sono d’accordo con i miei colleghi avvocati. Mi piace ricordare quante discussioni ho avuto con il mio maestro, da poco defunto, avvocato Vittorio Chiusano, che come la gran parte dei penalisti era a favore della separazione delle carriere. Non condivido questa impostazione, perché la cultura della giurisdizione deve essere anche nel bagaglio tecnico e soprattutto in quello razionale del pubblico ministero.

Anche i più strenui sostenitori della separazione delle carriere, primo fra tutti il mio maestro, che ho appena ricordato in quest’Aula, erano però d’accordo su due punti. Innanzitutto, per procedere ad una separazione delle carriere occorre una modifica dell’assetto costituzionale e voi avete inserito una modifica costituzionale surrettiziamente. Inoltre, la separazione delle carriere non può mai avvicinare il magistrato all’asservimento al potere esecutivo.

Questo asservimento diventa un rischio fortissimo nella situazione attuale; basta valutare il nuovo ufficio del pubblico ministero in cui i sostituti procuratori non avranno autonomia. Sarà penoso, signor Ministro, vedere nel bel mezzo della concitazione di un dibattimento il pubblico ministero fermarsi per chiedere al suo capo che cosa deve fare; non avendo alcuna autonomia di delega, non potrà decidere in materia di libertà e di diritti reali di una qualche importanza. Sappiamo quante macchine sono sequestrate in un giorno e quante sono suscettibili di confisca? Abbiamo i dati relativi a tutte queste situazioni e non è possibile pensare che ciò sia un grave intralcio alla corretta amministrazione della giustizia.

Si prevede poi un ampio potere di avocazione e sostituzione da parte del procuratore generale anche per vizi di procedura non suscettibili di nullità; si tratta dei cosiddetti termini non perentori. Sarà un continuo avocare, sostituire. Si sta già verificando una fuga dalle procure. Dunque, è molto più vicino il rischio di un asservimento all’Esecutivo di fronte a 26 arconti procuratori generali, nominati con il concerto del Governo, che gestiranno le procure in quei termini autoritari e gerarchici di cui ho già parlato.

Voi avete creato un burocrate intimidito, piccolo piccolo, schiacciato dalle preoccupazioni. Nessun Governo, signor Ministro, ha mai pensato di sottoporre a sanzione l’interpretazione della legge, perché l’interpretazione è collegata e connessa al mestiere del magistrato.

Le raccomando un passo della relazione di minoranza dovuto all’intelligenza del senatore Fassone in cui si afferma che l’articolo 12 delle preleggi disciplina il vuoto normativo e se questo vuoto esiste il giudice deve interpretare ricorrendo ai casi analoghi o ai princìpi generali. Sanzionare la giurisprudenza creativa, quella giurisprudenza fatta attraverso il costante richiamo di quel diritto costituzionale vivente che ha trovato la sua positività in tante sentenze della Corte costituzionale, significa mettere il bavaglio alla magistratura. Non è ordinare né disciplinare la magistratura. Voi avete sottratto i diritti politici ai magistrati, non consentendo loro di partecipare alle attività connesse alla vita politica dei partiti e ciò si verificherà di nuovo.

Quante volte, signor Presidente, colleghi, citiamo Calamandrei! Mi auguro che i giovani che ci stanno ascoltando leggeranno i testi meravigliosi di Calamandrei. Egli dice che tra le sofferenze che attendono il giudice giusto vi è anche quella di sentirsi accusare, quando non si è disposti a servire una fazione, di essere al servizio della fazione contraria.

Voi avete creato un burocrate piccolo e ingobbito dagli esami e dalle preoccupazioni e in queste mani dovremmo mettere i diritti di giustizia dei cittadini.

C'è bisogno che il nuovo ordinamento faccia funzionare la giustizia. Voi avete creato un'architettura barocca, piena di anfratti, non concreta: una Sagrada Familia giuridica non compiuta e piena comunque di orpelli inutili.

Possiamo pensare cosa significa l'eliminazione degli aggiunti in procura? Possiamo immaginarci cosa significherà la rotazione dei posti semidirettivi dopo quattro anni? Possiamo immaginare cosa sarà la riserva dei posti, che significherà che dopo un concorso un magistrato che doveva andare presso la corte d'appello di Milano si troverà improvvisamente sbalestrato alla corte d'appello di Caltanissetta e rinuncerà al posto creando una continua riserva di posti? Sappiamo o non sappiamo che in questo tourbillon che dura quattro anni è umano che gli ultimi sei mesi si prepari la partenza e i primi sei mesi si prepari l'ufficio? È umano, anche se non dovrebbe succedere.

Siete andati contro un concetto di efficienza della giustizia che era l'unica cosa che vi chiedeva il Paese. È giusto, c'era un'attesa, su questo siamo d'accordo. Ma non è arrivando primi all'attesa che si risolvono con giustezza i problemi, perché il tempo è molto galantuomo e se le riforme non funzionano, se si accumulano ritardi, ho detto prima in sua assenza, signor Ministro, che nessuno dei tecnici che operano sul campo sarà contento di tutto questo. Non vi interessa? Avrete una risposta negativa da parte del Paese. (Applausi dai Gruppi DS-U, Misto-Com, Misto-RC e Mar-DL-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Battisti. Ne ha facoltà.

 

BATTISTI (Mar-DL-U). Signor Presidente, ci accingiamo a discutere un provvedimento che, come è stato già detto sia dal relatore di minoranza che da quello di maggioranza, è una riforma fondamentale della giustizia, la madre di tutte le riforme, come mi sembra abbia detto il senatore Fassone.

È evidente che così è e ci arriviamo, ritengo, dovendo avere bene in mente lo scopo da raggiungere, che non è solo quello di cui stiamo discutendo in quest'Aula, dopo il lavoro lungo e laborioso della Commissione giustizia (discussione certamente di alto valore): l'obiettivo sono i cittadini. Dobbiamo, cioè, raggiungere il fine di una giustizia che risponda alle attese dei cittadini.

La Corte di giustizia europea ha emesso 3.500 sentenze di condanna, per lo più in base all'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per irragionevole durata del processo; di queste, ben 2.400 sono contro l'Italia. Il secondo Paese è la Turchia, con poco più di 300 condanne; gli altri Paesi europei di cultura occidentale, più simili al nostro, come il Belgio, l'Olanda e la Germania, navigano tra le 15 e le 20 sentenze di condanna.

Le nostre 2.400 sentenze di condanna sono un macigno sulla nostra giustizia. È un macigno che dobbiamo rimuovere e di cui si rendono ben conto i cittadini quando, dinanzi al giudice civile, hanno per lo più una risposta di denegata giustizia. Quando la giustizia civile o penale emette sentenze a distanza di dieci o dodici anni dal fatto per cui la si chiama in causa, non è giustizia.

Contiamo ogni anno milioni di processi civili e penali che si accumulano nelle stanze dei nostri tribunali. Il primo obiettivo che dobbiamo raggiungere è rimuovere il macigno della disfunzione del sistema giustizia. Quando la giustizia non funziona, l'intero sistema Paese ne risente.

Dobbiamo sciogliere alcuni problemi, legati al rapporto tra giustizia e politica, che in questi anni, e soprattutto negli ultimi tempi, vive una contrapposizione netta, forte, a volte esagerata, che non giova né alla giustizia né al giudizio dei cittadini sulla stessa.

Massimo Severo Giannini era solito richiamare l'equilibrio tra libertà e autorità; a volte si difetta da un lato, a volte si difetta dall'altro. Credo che dovremmo levare la nostra voce in difesa di alcuni diritti di libertà, come quelli della privacy. Mi riferisco ai soggetti colpiti da un uso della stampa che ferisce più di quanto possa fare per curare una ferita a volte troppo profonda. Sono questi gli obiettivi che abbiamo di fronte.

La riforma giunge a distanza di più di cinquant'anni ed è un'occasione da non perdere. Parte della dottrina in questi anni ha cercato di mettere in moto la riforma dell'ordinamento giudiziario, ma non si è mai riusciti nell'intento, nonostante la VII disposizione transitoria sia stata dichiarata, da più di quarant'anni, non più conforme alla Costituzione.

È vero che in questi anni molte cose sono cambiate: il sistema è stato ritoccato, è cambiato il sistema dei giudici, con riferimento al pretore, al giudice istruttore, al giudice conciliatore, alla magistratura onoraria; è stata varata la riforma del codice di procedura penale; sono state introdotte nuove figure.

Il sistema della giustizia è cambiato fortemente, ma l'errore di fondo che abbiamo alle spalle è quello di aver modificato il sistema a macchia d'olio, con riforme intervenute di volta in volta senza avere una visione complessiva. Chi conosce la giustizia sa perfettamente che essa può essere paragonata ad una città. Qualsiasi sindaco, soprattutto di una grande città, sa che essa è un sistema: intervenendo su una parte, si modifica il complesso; mutando, ad esempio, la rete dei trasporti, si modificano tante altre parti. Lo stesso vale per la giustizia: quando si modificano alcune parti senza una visione complessiva e generale, si rischia di creare più danni che utilità.

Si è arrivati però in Aula con una serie di peccati originali, che temo ci porteremo sulle spalle. Primi fra tutti vi sono quelli di carattere costituzionale, messi in evidenza anche dal parere espresso dalla 1a Commissione permanente, che contiene rilievi non di poco conto proprio perché toccano il sistema costituzionale nel suo complesso.

La 1a Commissione ha espresso perplessità di ordine costituzionale sull’articolo 2, ossia sulla non omogeneità delle qualificazioni indicate, e le ha motivate. Ha sollevato perplessità anche in relazione all’articolo 3 e ha rilevato - sono parole della Commissione - che "occorre verificare se tale disposizione violi la previsione di cui all’articolo 105 della Costituzione".

Si è osservato e sottolineato che l’articolo 5 non affronta esplicitamente il problema se l’imparzialità del giudice ex articolo 111, come riformato, sia garantita laddove egli sia comunque intercambiabile con il pubblico accusatore. La Commissione ha rilevato che i princìpi e i criteri direttivi recati dall’articolo 7 sono troppo generici, per cui la norma risulta in contrasto con l’articolo 76 della Costituzione. Se così non fosse - ha detto la Commissione - e se ci si dovesse avvalere dei criteri di cui all’articolo 17 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946, la norma dovrebbe essere completamente riformulata. Anche l’articolo 8 ha destato alcune perplessità in sede di vaglio costituzionale.

Eppure, si è arrivati qui in Aula con gli stessi peccati originali, senza mutare quella impostazione che faceva nutrire perplessità di carattere costituzionale. In Aula sono state sollevate pregiudiziali di ordine costituzionale tendenzialmente non ostruzionistiche e non tese a far perdere tempo.

Mi riferisco alla pregiudiziale relativa al divieto di iscrizione ai partiti politici per i magistrati, che non è una valutazione da poco o di poco conto. Non c’è nella nostra legislazione, un altro limite o un’altra compressione di un diritto costituzionale così importante come il divieto di iscrizione ai partiti politici, neppure quella nei confronti degli aderenti alle Forze armate ai quali si applica il divieto solo quando esercitano quella funzione e vestono la divisa; nella veste di cittadini possono invece iscriversi a qualunque partito politico.

E’ stato detto che questa normativa o idea poteva avere una funzione molti anni addietro, quando il potere di disciplina dei partiti poteva investire anche la sfera personale e le attività diverse del cittadino al di fuori del proprio partito politico. Oggi non ha più senso e nessuna logica, se non quella di alzare la voce nei confronti della magistratura.

Si è anche parlato del metodo con cui si è arrivati a discutere di questo provvedimento in relazione all’articolo 106 della Costituzione; mi riferisco al fatto che il disegno di legge che stiamo discutendo reca in sé, in realtà, norme direttamente precettive. Sul principio della delega sono state sollevate più obiezioni e lo stesso discorso vale per l’articolo 106 della Costituzione.

Le osservazioni della Commissione affari costituzionali non sono state tenute in conto. Le pregiudiziali costituzionali non sono state prese in considerazione e stiamo andando avanti.

Io credo che ci sono punti qualificanti di questa legge su alcuni dei quali, se si aprirà un dialogo, probabilmente si potrà trovare una sintesi tra la proposta governativa e le obiezioni sollevate dall'opposizione.

Un primo tema è certamente quello della separazione delle funzioni e delle carriere. Io vorrei esprimere una mia opinione, o una mia sensazione, sempre di metodo, senza entrare nel merito (ci entreremo poi, quando esamineremo gli emendamenti) della questione della separazione delle funzioni.

Temo, però, che stiamo ripercorrendo la strada intrapresa dal 1989. Abbiamo oggi un sistema, quello processuale, che è un unicum; non è né un sistema accusatorio, né un sistema inquisitorio; spesso ha preso il peggio dell’un sistema e dell'altro. E credo che, anche in relazione a quanto si discute sulla separazione delle funzioni o delle carriere, siamo sulla stessa strada.

Capisco che c'è un sistema (l'ho anche vissuto professionalmente, e credo il Sottosegretario lo sappia, per sei mesi della mia vita negli Stati Uniti) totalmente diverso: la pubblica accusa non è magistratura, il pubblico accusatore è realmente alla pari del difensore, è esso difensore tanto dello Stato, quanto di un cittadino.

Vi è un solo magistrato, che è quello terzo, che giudica. Al di là del bene e del male, il sistema è quello, ed è un sistema certamente netto e chiaro, con tutte le difficoltà che gli sono proprie. C'è una difficoltà per i cittadini non abbienti a ricorrere al sistema della giustizia; c'è un sistema in cui l'azione penale non è obbligatoria. Comunque, è un sistema che regge; ha una sua specificità, ha una sua autonomia.

C'è un altro sistema, quello, invece, in cui il pubblico ministero è parte della magistratura. Si è discusso molto della cultura della giurisdizione, e credo sia un bene un pubblico ministero che deve rincorrere la verità e non essere solo accusatore. Un sistema in cui c'è parte di questo e parte di quello è un sistema che non funziona e non funzionerà nemmeno dopo. Non è separando le funzioni, o separando le carriere, che raggiungeremo la certezza di un sistema complessivo.

Dobbiamo fare una scelta. Certo, ci vuole coraggio per farla, ma va fatta. Non si può dire oggi che l'avvocato ed il pubblico ministero sono sullo stesso piano, perché non è vero. Non è realmente così nei processi, ma non possiamo nemmeno dire che l'evoluzione della figura del pubblico ministero non abbia prodotto anche tanti risultati positivi. E sono i risultati positivi che hanno portato le tante indagini difficili in questo Paese; i risultati che hanno visto sconfitta la paura del terrorismo che questo Paese ha vissuto, in cui sono stati sconfitti (qualche volta ritorna, ma speriamo sempre di meno) fenomeni di corruzione così gravi come quelli che abbiamo vissuto, in cui è stata combattuta e sconfitta in alcuni momenti - però dobbiamo essere sempre all'erta e al fronte - la mafia, con modifiche anche del sistema inquisitorio che hanno fatto discutere. Ma ci dobbiamo anche rendere conto delle difficoltà di indagare su fenomeni di questo tipo.

Ricordo che Carlo Levi, in un breve scritto intitolato "Mafia e politica", rilevava che la prima risposta alla domanda "Che cos'è la mafia?" era, ovviamente, "La mafia non esiste". Il dubbio - dice Levi - era insinuato dallo stesso don Calò. Successivamente, in un'intervista ad Indro Montanelli, però, osservando fino in fondo quel figuro, lo aveva subito risolto: "Esiste, esiste!", diceva. Era lo strumento dell’indagine che era difficoltoso.

Non dobbiamo nemmeno dimenticare il sacrificio di molte personalità esemplari che hanno segnato la storia delle indagini contro la mafia (e contro altro), come Emanuele Notarbartolo, Joe Petrosino, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Quante critiche e quante polemiche si sono fatte intorno alla loro attività e all’attività delle procure in genere.

È vero, è difficile, però credo che dovremmo trovare una sintesi che metta d’accordo la necessità dello Stato di indagare e perseguire i colpevoli dei reati con quei criteri di libertà e civiltà che ci devono comunque guidare.

C’è il problema dei concorsi. Credo che se normalizziamo la figura del magistrato, in particolare quella del pubblico ministero, contrassegnando la sua vita professionale con una serie di concorsi che si susseguono nel tempo e ai quali sarà soggetto, creeremo una sorta di burocrazia di serie B, normalizzeremo la magistratura e ne registreremo una serie di effetti negativi, anziché trarne quegli utili che dovremmo ricevere da un’amministrazione più sensata della giustizia.

Certo, eccessi o polemiche vi sono stati anche in relazione all’ipotesi di attività creativa dei giudici: è vero che c’è stata, in passato, un’attività creativa, senza dover ritornare a casi famosi e funesti come quello di Enzo Tortora (il nostro Paese ha anche vissuto episodi di tanti piccoli Enzo Tortora di cui noi non conosciamo il nome ed il cognome). Però, è vero che, se c’è uno strumento processuale, lo dobbiamo trovare all’interno del processo, con l’impugnazione e non certo con i procedimenti disciplinari, come è vero che la giustizia in questo Paese, senza una giusta legge sulla responsabilità civile dei magistrati, probabilmente proseguirà in quella serie di errori.

Credo quindi che dobbiamo trovare una sintesi tra esigenze che spesso sembrano opposte, ma che invece sono vere e aspettano da noi un lavoro serio. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pagliarulo. Ne ha facoltà.

 

PAGLIARULO (Misto-Com). Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, cercherò di arrivare subito a quella che, ad avviso dei Comunisti Italiani, è la sostanza politica del problema, e lo farò senza perifrasi, senza eufemismi: si tratta di una sostanza politica che rinvia prevalentemente all’emendamento punitivo su cui oggi si incardina la riforma, poiché, vedete, tutti siamo d’accordo sul fatto che nella magistratura e nella giustizia le cose non vanno bene, ma a mio avviso con questa riforma le cose andranno molto, ma molto peggio.

Noi non stiamo ragionando in astratto su di un’astratta riforma dell’ordinamento giudiziario, in un contesto astratto del Paese: stiamo ragionando in un contesto preciso, concreto, caratterizzato da due anni e mezzo di furibondi attacchi alla magistratura, causati, per la gran parte, dall’attualità o dalla potenzialità di processi nei confronti di alte personalità del Governo e della maggioranza.

Uno scontro così grave, esistente nei Paesi dell’attuale o futura Europa unita, solo in Italia ha portato a un conflitto istituzionale di portata deflagrante, tant’è che si arriva a discutere del provvedimento in oggetto - come è scritto nel documento approvato il 4 ottobre dal comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati - in un clima caratterizzato da "un susseguirsi di aggressioni verbali e di invettive nei confronti della magistratura da parte di esponenti di rilievo della maggioranza".

Noi Comunisti Italiani vogliamo ricordare questo, signor Presidente, perché è la realtà. Vorrei ricordare - fra le tante realtà - una delle tante frasi proferite dal Presidente del Consiglio (la conoscete già) sulla pretesa diversità antropologica dei giudici, diversi dal resto della razza umana. Questo è il clima.

Noi giungiamo perciò a decidere su una questione essenziale come la riforma dell'ordinamento giudiziario in un clima, per usare parole familiari proprio a questa maggioranza, di legittimo sospetto da parte della magistratura nei confronti di questo Governo, che da due anni e mezzo ha sferrato contro la magistratura il più violento attacco dal dopoguerra. Ma siccome è in discussione l'assetto di uno dei poteri dello Stato, e dunque il modo pratico che garantisce o meno la tutela dei propri diritti da parte di ciascun cittadino, la questione riguarda l'insieme della società e non solo la magistratura.

Questo avviene, signor Presidente, mentre nel palazzo di giustizia di Roma e di Milano vi sono zone e locali pericolanti e pericolosi, nei tribunali di Bari, Piacenza, Potenza, Varese e Parma si è tornati a verbalizzare a mano perché il Ministero non sta più pagando gli stenotipisti, mentre quest'anno sono mancati quasi 30 milioni di euro per realizzare progetti di informatizzazione già approvati e con questa finanziaria mancheranno altre enormi cifre per la gestione e l'innovazione.

Questo avviene quando mancano oggi 1.058 magistrati, ma non si bandiscono due nuovi concorsi già decisi, e manca l’11 per cento del personale amministrativo. Questo avviene - ed è la cosa più drammatica - quando proprio oggi una rivista carceraria rende noto il numero di morti nelle carceri dal gennaio 2002 al settembre 2003: 250 morti, di cui 83 suicidi accertati, signor Presidente. Dati agghiaccianti. Questo avviene proprio quando, a causa di questo provvedimento, si è arrivati al limite dello scontro fra i poteri dello Stato e l'ANM prende in considerazione l'ipotesi dello sciopero.

Signori della maggioranza, signori del Governo, Ministro della giustizia, voi avete la responsabilità di aver condotto l'Italia, nel pieno della più grave crisi economica dell'ultimo decennio e in una situazione internazionale gravida di rischi per il nostro Paese, sia per la presenza di militari italiani in Iraq sia per i sanguinari attacchi terroristici, alla soglia di uno scontro pesantissimo fra i poteri dello Stato - nonostante l'iniziale excusatio non petita del relatore - che di fatto modifica nella sostanza lo spirito dell'articolo 104 della Costituzione, che recita, come si sa: "La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere".

Non solo la proposta di riforma si ispira a un modello gerarchico e piramidale di magistratura che contrasta con l'articolo 107 della Costituzione, ove si afferma che "I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni", ma si prescrive una carriera di magistrato per titoli ed esami in cui si smarrisce il modo equilibrato attraverso cui questi esercitano le proprie funzioni e si torna allo strumento di un complesso percorso concorsuale che distoglie da alcuni uffici, invoglia ad altri uffici, predetermina un giudice ossequioso, conformista, timoroso, subalterno, il travet ingobbito, di cui parlava il senatore Zancan.

Si separano i concorsi di accesso fra magistratura giudicante e requirente. Eppure l'articolo 106 della Costituzione prevede che le nomine dei magistrati abbiano luogo per concorso, e cioè per l'esercizio di tutte le funzioni. Si svuotano le funzioni del CSM attribuendo promozioni e trasferimenti alle commissioni di esame. La Scuola della magistratura non agisce secondo gli indirizzi del CSM, ma di un organo pletorico ove è presente fra gli altri il rappresentante del Ministro di giustizia.

Ci si muove così nella direzione efficacemente disegnata dal senatore Maritati, nella direzione cioè della subordinazione del pubblico ministero all’Esecutivo. Ma, per perseguire questo obiettivo, occorre portare a compimento un disegno da tempo portato avanti da questo Governo, un disegno che ha come obiettivo lo svuotamento dei compiti del CSM disposti dall'articolo 105 della Costituzione. Quanto più si umilia l'organo di autogoverno della magistratura, tanto più si sposta all'esterno di questa il suo governo medesimo, cioè nella direzione delle stanze del Governo.

E arrivo alla prescrizione ove si afferma che, anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni, il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che ne compromettano la credibilità o il prestigio e che la violazione dei predetti doveri costituisce illecito disciplinare.

Ma di grazia, se i comportamenti sono "ancorché legittimi", e se tale legittimità è valutata ai sensi del non compromettere la credibilità, qual è il comportamento legittimo che può essere sanzionato disciplinarmente? Può apparire un paradosso, a meno che il comportamento, "legittimo ma illecito", per il guazzabuglio previsto da questa norma non sia quello politico. Ecco allora la superficialità e l’ipocrisia di un provvedimento che peraltro, che io sappia, è stato predisposto anche da magistrati di destra che fanno politica.

Parlare poi dell’illecito disciplinare a proposito dell’attività di interpretazione di norma del diritto che abbia contenuto creativo mi pare, come si suol dire dalle mie parti, cercare di raddrizzare le gambe ai cani, non solo perché l’interpretazione non è l’esercizio di un capriccio bensì un procedimento tecnico teso ad individuare la volontà della legge attraverso parametri storicamente dati di interpretazione, ma anche perché negare un’interpretazione che abbia contenuto creativo è sul piano lessicale una missione impossibile in quanto un’interpretazione non creativa non è un’interpretazione.

Anche in questo caso, al di là dei bizantinismi, si vuole mettere il morso alla magistratura, alla sua indipendenza e alla sua autonomia e si vuole così evitare un’interpretazione della legge sgradita. Sgradita non certo all’extracomunitario, al tossicodipendente, cioè alla maggioranza del popolo delle carceri del nostro Paese, ma ai signori del Governo, il quale vuole anche così sancire con il condizionamento dei giudici una legge diversa a seconda, ad esempio, del potere dell’inquisito. Una giustizia forte con i deboli e debole con i forti, in deroga permanente a quel principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge che tante volte abbiamo invocato in quest’Aula in questi anni. Infatti, quando sarà processato o - non sia mai - condannato un potente (ove potesse ancora avvenire in futuro con queste premesse), si potrà sempre accusare il giudice, se ha osato interpretare la legge, di comportamento illegittimo.

Ed infine la prigione definitiva è prevista al punto 6 della lettera d) dell’articolo 7 ove, come si sa, si inibisce la partecipazione ad attività od iniziative che non abbiano carattere scientifico, ricreativo, sportivo o solidaristico. Di nuovo si attenta al principio di eguaglianza dei cittadini (articolo 3 della Costituzione), alla libertà di associazione (articolo 18) alla libertà di manifestazione del pensiero (articolo 21).

Si esclude da parte del magistrato la possibilità di iscrizione o adesione non solo ai partiti ma anche a movimenti, enti od associazioni che perseguono finalità politiche o svolgono attività di tale natura. Ma quali sono questi movimenti, enti o associazioni? Chi decide che Greenpeace ha finalità politica e il circolo del bridge no, o viceversa? Chi decide cosa è politico?

C’è dietro la grossolana formulazione dell’ancor più grossolana esclusione una vecchia cosa, un antico tic reazionario che vede la politica ovunque, ne ha terrore, la vuole conculcare, rimuovere. Torna in auge l’antico adagio: qui si lavora, non si fa politica. Nessuna politica è ammessa, tranne una: quella dei padroni del vapore, quella dell’Esecutivo, dal quale dipenderà, nella sostanza, la magistratura.

E ancora: le attività consentite - bontà vostra - sono quelle scientifiche, ricreative, sportive o solidaristiche. Già, ma quali? Quali sono i confini? Dove scatta la soglia dell’illecito? Dov’è il discrimine, signori della maggioranza, fra il bene e il male? In quale momento dell’attività associativa avviene la straordinaria metamorfosi cromatica per cui la toga normale diviene toga rossa?

Insomma (e concludo, signor Presidente), noi Comunisti Italiani denunciamo nella proposta di riforma dell’ordinamento giudiziario un forte passo avanti nel processo di degenerazione della democrazia e di cambiamento del carattere delle istituzioni che da tempo il Governo sta perseguendo.

Una lunga marcia cominciata con i fatti di Genova, poi consolidatasi con l’attacco permanente ai magistrati, poi con la legge peraltro mai approvata sul conflitto d’interessi, poi con l’attacco alla libertà d’informazione, poi con il clima cupo e di paura che questo Governo ha introdotto in tanti settori della vita pubblica, poi con l’impoverimento, cioè la diminuzione dei salari, per essere chiari, di milioni di lavoratori, poi con le leggi ad personam, poi con la palese strumentalità delle Commissioni Telekom-Serbia e Mitrokhin, poi con l’entusiastica accettazione dell’invasione dell’Iraq ed il conseguente invio di militari italiani, poi con l’uso personale delle televisioni per messaggi al popolo a reti unificate, poi - come ben sa il Ministro della giustizia - con il rifiuto di sottoscrivere la normativa antirazzista dell’Unione Europea; oggi ancora con questa riforma dell’ordinamento giudiziario, domani con la riforma che si propone di modificare "soltanto" gli articoli dal 55 al 138 della Costituzione della Repubblica italiana.

Noi Comunisti Italiani pensiamo che tutto ciò, riforma dell’ordinamento giudiziario compresa, vada in una sola direzione: quella di un regime di tipo nuovo con forti caratteri autoritari.

Contro questa direzione, contro questo regime, contro di voi, signori del Governo, noi Comunisti Italiani combattiamo e combatteremo fino in fondo con le armi della Costituzione e della democrazia. (Applausi dai Gruppi DS-U, Misto-RC e del senatore Cavallaro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cavallaro. Ne ha facoltà.

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in quest’Aula echeggiano parole alte perché il tema è sicuramente di grande rilievo e merita un’attenzione particolare. Tra l’altro, è la prima volta, o comunque da molte legislature la volta più significativa, in cui approda in Aula un disegno di legge che ha la pretesa - devo dire, ahimè, soltanto la pretesa - di definire in maniera innovativa il complesso dell’ordinamento giudiziario manifestandosi poi, in realtà, cosa minore e meno efficace.

Tra tanti discorsi alti abbiamo sentito anche interventi meno chiari e nitidi, specialmente quelli che continuano ad esprimere o a suscitare il pensiero che il vero problema del nostro Paese sia quello di trovare un assetto della magistratura che in qualche misura la renda separata e ancella rispetto alla politica, come se ancora dovessimo avere a mente un modello di Stato come quello del rex, in cui il re del diritto romano assommava in sé i poteri religiosi, civili e della giurisdizione.

Sono realtà che affondano le loro radici nella notte dei tempi; è dai tempi dello Stato assoluto che il magistrato, che non è più quello che esercita acriticamente il potere essendo il funzionario del principe, deve essere inserito in un contesto democratico.

Egli deve trovare una sua collocazione in un sistema democratico che grandi studiosi della teoria comparatista del processo hanno definito in democrazia "della organizzazione paritaria dei poteri", cioè la necessità di coniugare l’esigenza di una risoluzione e di una mediazione dei conflitti con quella, appunto, di mantenere un assetto paritario e democratico del potere civile, che è conseguente alla democrazia.

Come abbiamo detto più volte, questo è un interrogativo reale, ma la strada che vuole percorrere la maggioranza è sicuramente una delle peggiori. Tra l’altro, essa nega l’esistenza e l’evidenza di una direzione degli ordinamenti democratici contemporanei che è consapevole del rischio della cosiddetta democrazia giudiziaria e tuttavia non nega la forza e il potere della giurisdizione.

Basti qui soltanto, incidentalmente, ricordare come lo stesso meccanismo elettorale degli Stati Uniti sia stato deciso con il massimo del consenso ed il minimo di rottura istituzionale da una Corte, tra l’altro di derivazione politica. Ovvero basti ricordare, a chi continua a stracciarsi le vesti per i processi di Tangentopoli, che nei Paesi a noi vicini, Paesi amici, democratici e civili come la Germania e la Francia sono stati, sono e saranno celebrati processi contro i capi storici delle forze politiche egemoni senza che questo abbia provocato alcun incrinamento della democrazia o soprattutto consentito l’evocazione di una crisi fra magistratura e politica.

Non c’è nessuna crisi nel momento in cui, come nel nostro ordinamento, perseguiamo la figura di un magistrato professionale, che nel nostro sistema è un organo dello Stato non nel senso che è proclive al potere politico e statale, ma nel senso che invera una funziona autonoma e libera dello Stato. Nella storia recente del nostro Paese questa è una conquista e quindi qualunque arretramento rispetto ad essa porterebbe ad un modello di magistrato subalterno al potere politico. Ciò è pericoloso per la giurisdizione e per la democrazia.

Il fatto che nel nostro Paese vi sia - come ricordava il collega Battisti - anche una forma di rafforzamento della funzione della giurisdizione, perché ad essa appartiene in senso ampio anche la funzione dell’accusa, in questo momento storico è una garanzia per il cittadino. Infatti ciò significa che, sia pure con funzioni differenti, la giurisdizione è anche la presentazione al giudice dell’eventuale dichiarazione di colpevolezza dell’imputato, ma è altresì la funzione sociale che il pubblico ministero svolge (qualcuno lo dimentica) in molti ed importanti giudizi civili nel nostro Paese; non si tratta di una funzione inquisitoria o poliziesca, ma di una delle forme di inveramento della giurisdizione.

Chiaramente questa funzione risente ora della storicità del nostro sistema, che potrà anche essere cambiato, come è stato fatto in altri Paesi che hanno scelto (sia pure non sempre con convinzione e riflettendo criticamente su tali decisioni) la strada dei sistemi delle corti elettive o delle accuse elettive. Non c’è dubbio però che l’inveramento, in un sistema di organizzazione paritaria dei poteri della funzione magistratuale, esige nel nostro Paese un magistrato unico, autonomo ed indipendente dal potere politico.

Non si illuda la maggioranza di poter delineare le linee del sistema processuale e la natura e la funzione del giudice attraverso la politica. Un grande comparatista ha già detto che la politica da sola non determina mai né le forme del processo, né la natura e la figura del giudice. Anche un legislatore che avesse carta bianca, come in qualche misura ce l’ha questo legislatore, quasi soffocato dalla sua stessa maggioranza, scoprirebbe che la politica come fonte di ispirazione dei meccanismi giudiziari ha fortissime limitazioni. Infatti, ricorrono nel disegno dell’architettura giudiziaria e nella figura del giudice l’esperienza, la cultura giuridica di un popolo, quella che si forma nelle università e nelle accademie, persino le credenze e le suggestioni popolari, che fanno premio sulla volontà di sopraffazione dell’ideologia.

L’amministrazione della giustizia, quindi, non può essere tradotta dalla poesia dell’ideologia alla prosa dei sistemi di organizzazione. Questo significa che anche una maggioranza che si compiacesse della propria forza (non so se questa lo faccia) dovrebbe essere comunque consapevole della necessità di raccogliere dalla società civile tutto quello che è necessario per disegnare un sistema giudiziario che sia un regolatore di conflitti democratico ed efficace.

Se volessimo procedere per paradossi, si potrebbe addirittura dimostrare che il procurator sovietico, il potente funzionario del PCUS è una derivazione, in qualche misura, del defensor fidei del processo canonico, il quale poi è rifluito nei modelli dello Stato assoluto francese o nel Fiscalrat regio della Prussia assolutista, che era l’occhio e l’orecchio del re, e poi è finito - tra l’ordinamento svedese e quello della Russia zarista - appunto nell’ordinamento sovietico.

Non per questo, però, dobbiamo sposare questi modelli, cioè dobbiamo ipotizzare di tornare all’antico, con un magistrato che sia non più soltanto funzionario (in senso ampio) e legato alla legge, ma piuttosto assoggettato nuovamente a qualunque forma di potere politico e di espressione dell’Esecutivo.

Abbiamo detto, e ripetiamo in questa sede, che molto manca in questo disegno del cosiddetto ordinamento giudiziario. Purtroppo manca quello che darebbe la misura della concreta, effettiva buona volontà della maggioranza.

Manca tutto il capitolo della giustizia onoraria benché noi sappiamo che nel nostro Paese essa sia tutt’altro che la dispensatrice ormai di giustizia bagatellare, dal momento che sostanzialmente amministra, sia nei numeri che nel merito, più della metà dell’intera giustizia italiana, civile e penale, concorrendo in maniera ormai pressoché paritaria alla giurisdizione. Non c’è traccia di questo.

Sarebbe stato necessario ed assai importante, anche e soprattutto per ricreare la figura del magistrato professionale, stabilire quali percorsi e, perché no, passaggi ed osmosi fra magistratura onoraria e magistratura togata noi avremmo voluto e vorremmo configurare a regime nel nostro Paese.

Allo stesso modo, manca un’altra possibile innovazione, che io stesso non negherei, che consiste nella necessaria contaminazione tra le forme del diritto continentale e quelle della Common law. Ad esempio, sarebbe stato auspicabile riconoscere più ampio spazio alle cosiddette giurie popolari intese secondo il sistema anglosassone, evitando le giurie ibride che conosce il nostro ordinamento.

Per chi si denuncia autore di una riforma che vuole sovvertire il potere burocratico dei magistrati questo sarebbe stato un terreno di confronto significativo, una cartina di tornasole. Al contrario, non c’è traccia di alcuna modifica ed ipotesi di inserimento; anzi, aliunde sappiamo che c’è una forte ostilità persino nei confronti dei giudici non togati professionali, come quelli che operano nei tribunali dei minori o nelle altre corti specializzate.

Ricordava poi il senatore Dalla Chiesa che manca ogni accenno all’organizzazione giudiziaria, non intesa nel senso stretto di ordinamento dei giudici. Si può obiettare che non è questo lo scopo del disegno di legge in esame ma io obietto ancora più fortemente che ormai tutti sono consapevoli del fatto che la disfunzione grave e lo stato comatoso della giustizia italiana certamente non dipendono soltanto dall’astratto status dei magistrati ma proprio dall’incrocio fra la loro attività e le forme di organizzazione attraverso le quali essi lavorano e svolgono concretamente il loro ruolo, soprattutto nel sistema italiano che si fonda sulla centralità del fascicolo.

Nel nostro sistema, che non è a magistratura libera, il fascicolo è il contenitore permanente nel quale, sia nel civile che nel penale, esiste immanente il procedimento e non è il magistrato che determina il corso del procedimento ma la storia, la struttura, la vita del fascicolo.

Badate che se non regoliamo anche nell’ordinamento giudiziario la vita dei fascicoli (non lo affermo io ma un esperto di organizzazione non giudiziaria, autore del recente libro "Fascicoli e tribunali") indipendentemente persino dall’opera del magistrato, nulla concluderemo con i decretali astratti sulle varie funzioni e forme di organizzazione puramente interne ed autoreferenziali alla magistratura.

Altri argomenti sono stati affrontati quasi compiutamente. Ad esempio, si è parlato del ruolo della Cassazione. È vero che non è più così preponderante ma, diciamoci la verità, traspare ancora l’idea di una Cassazione non come vera corte suprema del nostro Paese - come io sognerei - ma come giudice forte, burocratico, strutturato, dotato ora persino di un consiglio direttivo e, comunque, gratificato, seppure in misura minore rispetto a quella originaria, dal riconoscimento di una trasferta che non riesco a comprendere.

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

(Segue CAVALLARO).Anche questo, a mio avviso, può essere inserito nel capitolo delle occasioni mancate.

Sappiamo che nel nostro Paese è un problema gravissimo della giurisdizione il fatto che intorno alla Corte suprema si affollino e si affannino decine dei migliaia di istanze di giustizia, ovviamente non corrisposte perché, oltretutto, non è pensabile che essa giudichi migliaia di fascicoli quando quella degli Stati Uniti ne giudica poche centinaia all’anno.

Certamente però la questione merita una riflessione ben più approfondita, meno burocratica e, soprattutto, meno gerarchica, per individuare le soluzioni che comunque vengono fornite; la Corte di cassazione, inoltre, esercita una serie di controlli ampi, a maglie larghe, che si intersecano oramai stabilmente con quelli del Consiglio superiore della magistratura.

Si è affermato che sono stati indetti troppi concorsi e non mi voglio ripetere. Io sostengo solo che un magistrato deve avere i garretti di un Ribot per superare tutti gli ostacoli che gli si frappongono a che diventi qualcuno nella magistratura.

Sappiamo già che questo concorsificio fu abbandonato perché svuotava le stanze dei magistrati dal lavoro e le riempiva di scartoffie utili solo alla carriera: così come è stato in passato - facile e spero smentita profezia - sarà in futuro.

Sono contrario, anche a livello del tutto personale, alla Scuola della magistratura, quand'anche fosse come qualcuno ricordava un sogno della magistratura associativa, come sono contrario alle scuole che si fa da solo il Consiglio nazionale forense. Lo dico con chiarezza, perché le suggestioni e le lusinghe al piacere didattico dell'avvocato e del magistrato non sostituiscono la qualità, pur criticabile, dell'accademia, eventualmente supportata attraverso convenzioni o forme speciali anche dalle professionalità specifiche nelle singole materie e discipline che vogliamo arricchire.

Vorrei fare un breve cenno, poiché questo tema è stato poco trattato, all'assoluta mia contrarietà al fatto che si stabiliscano completamente fuor d'opera e in un solo articolo altre importanti norme sulla giustizia amministrativa, che, come è noto, a tutt'oggi non appartiene all'ordinamento giudiziario in senso stretto e che per la verità - non mi voglio dilungare su questo - manifesta anche qui come prima preoccupazione quella di creare gerarchie, controlli, verifiche, procedimenti di selezione.

Si tratta di tutta una serie di ritagli e inciampi burocratici che sembrano fatti apposta per scoraggiare i magistrati dallo svolgere serenamente il loro lavoro e fare una buona carriera con delle valutazioni di professionalità efficaci ma semplici, rendendoli piuttosto protagonisti rispetto alla loro vicenda e servili rispetto ad una organizzazione che sia in grado di mettere in campo verifiche, procedure concorsuali, nomine ed eventualmente distribuzione di gradi, sottogradi, subgradi, qualifiche e semiqualifiche.

Sono contrario soprattutto a che ciò si faccia con un unico articolo in una legge che non c'entra nulla, senza nessun dibattito né riferimento sotto il profilo del rapporto con la gerarchia, ad esempio con la Presidenza del Consiglio, alla quale (e non al Ministro della giustizia) a tutt'oggi (se non sono totalmente ignorante della materia) rispondono i magistrati dell'ordine amministrativo e di quello contabile. Anche in questo caso quindi si tratta di un'occasione mancata.

Vi è un'altra occasione mancata: non sono contrario in via pregiudiziale all'istituzione dell'ufficio del giudice che fra l'altro riecheggia modelli di Common law, ma non si può certamente discuterne in Parlamento nello stretto spazio di una norma che fra l'altro è stata progettata soltanto alla fine del percorso dell'ordinamento giudiziario, che è ancora confusa e non ben precisata e che viene essa stessa presentata come sperimentale.

Io stesso, ad esempio, ipotizzo che si possa concorrere alle forme di conciliazione o arbitrali perché sarebbe una deflazione rispetto all'impegno del giudice e peraltro risolverebbe quel problema di terzietà pura che il giudice avrebbe se avesse troppo incisivamente cooperato alla fase di conciliazione. Ritengo tuttavia che questa riforma sia così importante da meritare ben altro approfondimento piuttosto che essere una specie di ballon d'essai gettato tra le gambe del Parlamento che deve saperne rapidamente discutere e dare una risposta positiva o negativa.

Sull'ufficio del pubblico ministero sono state spese molte parole, non posso dimenticare anche la mia esperienza. Sono molto inquieto per gli ulteriori poteri che verrebbero da questo progetto alla figura del pubblico ministero, che vedrebbe aumentare la sua separatezza rispetto alla magistratura, ma non sarebbe certo depotenziata, perché addirittura il suo accesso avverrebbe per concorso specializzato i cui profili non bene si evincono; soprattutto l'obiettiva tendenza a chiudersi lo renderebbe sicuramente una figura del tutto ostile e contraria all'esercizio di un'attività attraverso la cosiddetta cultura della giurisdizione.

Inoltre, è giocoforza che questa visione fortemente gerarchizzata all'interno delle procure depotenzi e scoraggi - absit iniuria verbis - i più creativi fra gli investigatori, coloro che hanno un'attitudine particolare. Il timore che il capo dell'ufficio possa essere incisivamente condizionante, non nella giusta determinazione di criteri di carattere generale, bensì nelle informazioni da fornire a terzi e nel singolo fascicolo, è un altro aspetto che conduce completamente fuori strada.

Aggiungo un'ultima considerazione: dobbiamo metterci d'accordo sulla gestione delle informazioni. Se stabiliamo che il pubblico ministero è una parte, egli deve disporre dell'informazione così come il difensore, diversamente non possiamo strillare quando il pubblico ministero si fa davvero parte. Delle due l'una: o si lega il pubblico ministero alla cultura della giurisdizione e ad un certo vincolo informativo oppure, se predichiamo che il giudice divenga pure parte processuale, dovremmo offrirgli tutte le garanzie informative proprie della difesa.

Si è già parlato delle due perle disciplinari: la cosiddetta interpretazione creativa e quella relativa alle limitazioni della libertà costituzionali dei magistrati. Tutto ciò continua a far pensare che stiamo perdendo un'ottima occasione di riformare la magistratura. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Dentamaro. Ne ha facoltà.

 

DENTAMARO (Misto-Udeur-PE). Signor Presidente, il nostro orientamento è profondamente contrario ai contenuti di questa riforma, ma prima ancora al metodo seguito per arrivare alla presentazione di questo testo in Aula.

Il Governo e la maggioranza hanno lasciato credere a lungo di essere disponibili, pur nella notevolissima distanza delle posizioni di partenza - percorse, io credo, anche da venature ideologiche -, al confronto costruttivo, mirato al raggiungimento di soluzioni mediate, ma in Commissione si è solo perso del tempo e il bluff è stato presto scoperto.

Da un momento all'altro, con una coincidenza temporale che induce quanto meno un legittimo sospetto di collegamento con le vicende di un certo processo, è stato presentato quello che con orribile terminologia siamo ormai abituati a chiamare maxiemendamento: una riscrittura completa della delega di fronte alla quale non vi è stata alcuna possibilità di effettivo confronto, né all'interno del Parlamento né all'esterno (anzi, forse all'esterno vi è stata maggiore mobilitazione rispetto a quanto è stato consentito a noi in questa sede), e senza alcun approfondimento. Si è andati avanti, invece, con le votazioni a tamburo battente, come sempre accade in questo Parlamento quando "vuolsi così colà dove si puote", cioè tra palazzo Chigi, palazzo Grazioli e qualche altra abitazione privata.

Ne viene fuori una riforma che dell'ordinamento giudiziario cura esclusivamente un aspetto, la ridefinizione dello status dei magistrati, e lo fa cum ira ac studio perseguendo con accuratezza degna di miglior causa l'unico obiettivo di limitare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura.

In materia di giustizia siamo da sempre garantisti; siamo fermamente convinti che in magistratura esistano atteggiamenti che talvolta esorbitano dai limiti propri di quel potere. Siamo consapevoli delle distorsioni che possono derivare e sono derivate da forme di corto circuito giudiziario-mediatico. Non apprezziamo le forme di protagonismo personalistico che connotano l'attività di alcuni magistrati; non riteniamo funzionale all'efficienza e alla qualità del sistema un regime di assoluta irresponsabilità dei magistrati stessi.

E tuttavia, da alcuni anni a questa parte siamo anche convinti con altrettanta fermezza che la causa del garantismo, ammesso che nell'attuale contesto politico-giudiziario queste parole abbiano ancora un senso, non possa essere affidata a Berlusconi e alla sua maggioranza. Ne siamo convinti, perché la strumentalità non fa mai bene ai princìpi, anzi fa con essi a pugni.

Troppo spesso, da due anni a questa parte, abbiamo visto solo e soltanto strumentalità ispirare le proposte del Governo, purtroppo sempre approvate in queste Aule, in materia di giustizia. In effetti, la riforma in questa sede presentata è tutt’altro che ispirata all’idea di garanzia che - secondo noi - deve essere posta a fondamento dell’ordinamento giudiziario. Al contrario, mina in radice quel valore che per i cittadini rappresenta la garanzia fondamentale - per i cittadini e non per i magistrati, dico una banalità ma spesso si tende a farlo dimenticare - ossia l’indipendenza dei giudici.

La Casa delle Libertà fa passare per separazione delle funzioni quella che è una vera e propria separazione delle carriere, anticamera della sottoposizione dei giudici al potere politico. Già oggi nella delega prevede questa sottoposizione alla politica nella disciplina delle carriere dei magistrati, nella quale ciascuno è continuamente subordinato al giudizio di colleghi che sono di fatto selezionati dal Ministro della giustizia.

Qualcuno ha detto che anche il grande artista Edoardo De Filippo affermava che gli esami non finiscono mai. Credo che De Filippo alludesse a ben altro tipo di esami e non alle verifiche politiche che la delega in sostanza prevede per l’operato dei giudici.

Un altro aspetto, per noi clamoroso e di fondamentale importanza, che ci rende assolutamente ostili, avversi alla riforma in questione è rappresentato dalla totale mancanza di risposte ai problemi complessivi della giustizia, in particolare della giustizia civile che è, peraltro, quella che più interessa la stragrande maggioranza dei cittadini, per la certezza e l’efficienza dei rapporti economici e sociali in genere.

Non c’è nulla che vada effettivamente ad incidere sulla durata dei processi e la renda ragionevole; niente sull’organizzazione dei servizi; non vi è alcuna ipotesi di revisione delle circoscrizioni giudiziarie ed è del tutto trascurato il problema del personale amministrativo.

Non a caso - è già evidente nel dibattito esterno - questa riforma non piace ai magistrati, ma non piace neanche agli avvocati e noi siamo convinti che, se sarà approvata, con il tempo non piacerà nemmeno ai cittadini. Sono questi ultimi, infatti, i grandi assenti nello spirito della riforma, quelli che siamo abituati a chiamare con linguaggio forse in un certo senso riduttivo rispetto ad una idea di cittadinanza che comprenda anche il diritto ad una giustizia effettiva ed efficiente.

Chi ha lavorato a questo testo ha pensato alla giustizia come potere solo per sottoporlo al controllo e all’indirizzo di un altro potere. La giustizia, però, deve essere prima di tutto servizio. Rispetto a questa idea non c’è alcuna preoccupazione al fondo della riforma che oggi esaminiamo. Questa è per noi la preoccupazione fondamentale.

Per questo motivo la distanza tra le posizioni è talmente ampia e profonda che vedo davvero con difficoltà la possibilità di miglioramenti che possano rendere questa riforma per noi accettabile. Come sempre ci proveremo, faremo la nostra parte anche in Aula come tutti i colleghi l’hanno fatta in Commissione. Se non si addiverrà a modifiche davvero sostanziali e incisive del testo presentato, non potremo che confermare l’orientamento assolutamente e convintamente negativo. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Sodano Tommaso. Ne ha facoltà.

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, la proposta del Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario provoca in noi un senso di profonda preoccupazione per il futuro della giustizia nel nostro Paese. È vero che è attesa da cinquant'anni, ma è altrettanto vero che, data la rilevanza che investe, non può essere frutto di improvvisazione o, peggio ancora, ispirarsi a spirito di vendetta o di punizione.

Poco più di un anno fa veniva approvata la legge Cirami, la madre di tutte le leggi-vergogna, atto notorio con cui l'attuale classe dirigente del Paese formalizzava la propria determinazione a difendersi dai procedimenti ad ogni costo, fino in fondo.

Intanto, nemmeno l'ultimo anno è passato invano. Alla collezione, già ricca di perle (il falso in bilancio, le rogatorie, lo scudo fiscale per i capitali all'estero, la riforma del Consiglio superiore della magistratura), si è aggiunto un autentico capolavoro, il lodo ammazza-processi. E già si annunciano nuovi traguardi: l'immunità parlamentare, le modifiche sull'avviso di garanzia, la depenalizzazione della bancarotta fraudolenta e oggi, appunto, la controriforma dell'ordinamento giudiziario. Tutte leggi che autorizzano gravi dubbi sulla loro costituzionalità, sulla loro compatibilità con la separazione dei poteri, con i princìpi di eguaglianza, con la ragionevole durata dei processi, con l'obbligatorietà dell'azione penale, e con le stesse regole di revisione della Carta costituzionale.

Rientra ormai nel senso comune democratico del Paese la consapevolezza che, quando il Governo in carica legifera in materia di giustizia (ma lo stesso vale per le televisioni e per l'intera partita del conflitto di interessi), non solo la Costituzione subisce colpi di maglio che ne mettono seriamente a rischio la tenuta, ma la natura stessa della legge - in principio norma astratta e generale - viene stravolta in nome degli interessi particolari del Presidente del Consiglio e dei suoi stretti collaboratori. Il punto è che viviamo in una situazione di endemica crisi di legittimità, il cui connotato saliente è costituito dalla durevole compresenza, nel nostro ordinamento, di norme incompatibili tra loro e con la Carta fondamentale.

La riforma dell'ordinamento giudiziario, come è stato illustrato nelle pregiudiziali, solleva numerosi dubbi di costituzionalità. Sul piano generale, si tratta di un testo pervaso da una ispirazione punitiva nei confronti della magistratura (e in particolare del Consiglio superiore della magistratura, quale massima espressione della sua autonomia); ispirazione tanto più censurabile in quanto motivata da circostanze contingenti e dalla volontà di tutelare interessi particolari e in quanto realizzata mediante gravi forzature sul terreno dell'iter normativo, sia riguardo ai tempi, sia riguardo alla tipologia degli strumenti: non pago di fare massiccio ricorso a leggi delega, il Governo procede per autoemendamenti, che per contenuti e dimensioni stravolgono gli stessi testi base.

Nel merito, oltre che disorganica, la normativa è palesemente strumentale, intesa a introdurre un assetto gerarchico, burocratico e piramidale della magistratura, funzionale al suo controllo politico: sta in questo proposito la fonte del connotato autoritario che la informa.

Non è improprio attribuire all'estensore una manifesta nostalgia (del resto esplicitata di recente dallo stesso ministro Castelli) per un tempo, in cui la magistratura era politicamente omogenea ai poteri forti, conformista, attenta più che altro alla diligenza burocratica: ne fa fede il proposito di reintrodurre un'organizzazione degli uffici (in particolare la procura) che in passato consentiva la vergogna delle avocazioni e un sostanziale controllo politico sull'azione penale.

Si crea una pesante gabbia burocratica attraverso l'inquadramento dei magistrati in ben dodici tipologie funzionali distinte gerarchicamente, ponendo con ciò le premesse per il ripristino di un sistema che in tempi non lontani consentiva ai dirigenti degli uffici di interferire a proprio arbitrio nell'affidamento e nella conduzione dei procedimenti.

Si prevede, inoltre, un'inesauribile sequenza di concorsi che dovrebbe costellare la carriera dei magistrati: ove approvata, questa norma non sarebbe causa solo di distinzioni e sprechi, ma anche di grave regressione culturale e professionale, poiché alimenterebbe attitudini conformistiche e una concezione tecnicistica della giurisdizione. Ma non solo: distoglierebbe enormi energie dallo svolgimento dell'attività giurisdizionale, farebbe della carriera un'autentica ossessione e consegnerebbe alla commissioni d'esame illimitati poteri discrezionali, svuotando le competenze che la Costituzione riserva al Consiglio superiore della magistratura quale garante dell'autonomia della magistratura.

Ma anche quello della composizione e delle funzioni delle commissioni giudicatrici è uno dei casi in cui il Governo dichiara il proprio intento di svuotare il Consiglio superiore della magistratura delle sue prerogative, per ciò che attiene all'attività di controllo e alle decisioni in materia di progressione di carriera e di trasferimenti.

Quest'ultima considerazione vale anche per l'articolo 3, dove le attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura sono gravemente ristrette in forza della concorrenza di svariati altri soggetti istituzionali (ministro, Consigli giudiziari, Consiglio direttivo della Cassazione, Consiglio nazionale forense e Consiglio universitario nazionale) nella programmazione dell'attività didattica della Scuola della magistratura.

Il connotato autoritario del testo emerge con grande evidenza nella normativa connessa alla riorganizzazione degli uffici di procura, laddove ci si ripropone di resuscitare la pratica dell’avocazione del procuratore generale.

Ma è soprattutto dall’articolo 7 (sugli illeciti disciplinari) che è dato evincere la natura squisitamente restauratrice e controriformistica della norma, che pone rigidi vincoli alle libertà civili dei magistrati e all’autonomia della giurisdizione.

Si vieta ai magistrati di iscriversi a movimenti ed associazioni (forse anche alla stessa Associazione nazionale magistrati, ripetutamente accusata dal ministro Castelli di fare politica), di partecipare a convegni, di parlare con i giornalisti (ledendo così pesantemente anche la libertà di questi ultimi e i diritti dell’informazione).

Si censurano le cosiddette sentenze creative, negando in principio il diritto-dovere del giudice di interpretare la norma ed introducendo un elemento di pressante intimidazione nei confronti dei magistrati, sempre esposti all’accusa di abusare della propria funzione giurisdizionale.

Tanto il divieto di interpretazione creativa, quanto i limiti all’espressione del pensiero rivelano che ciò che sta a cuore a questo Governo è intimidire la magistratura, trasformare l’esercizio dell’indipendenza in un pericolo (mentre, al tempo stesso, si blandiscono pulsioni corporative ed istanze materiali), allo scopo di liberarsi di un ostacolo che la Costituzione repubblicana e antifascista ha inteso porre lungo la strada di una eventuale (e purtroppo oggi molto concreta) regressione autoritaria dello Stato.

Il risultato è che i magistrati non debbono pensare e tanto meno esprimere liberamente il proprio pensiero, dunque non sono cittadini come gli altri; per di più non possono esercitare la propria funzione, dal momento che tra loro e la legge (dalla quale, secondo la Costituzione, essi invece dipendono immediatamente) si frappone un giudice politico che valuterà la loro attività misurandone il grado di "creatività" (cioè di compatibilità con le aspettative, i desideri e gli interessi prevalenti).

Mai prima d’ora è emerso così chiaramente che l’attacco all’indipendenza e all’autonomia della magistratura non mette in discussione soltanto i diritti dei magistrati ma, insieme alla divisione dei poteri, anche i diritti di ciascuno di noi, che rischiamo di essere sottoposti a indagine e a giudizio da una magistratura sorvegliata e richiamata all’ordine. Non solo. Mai come oggi è apparso chiaro come tutta la partita sulla giustizia si inserisca in un gioco assai più vasto.

E ancora, l’articolato introduce di fatto, anche se in modo surrettizio, la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, snodo cruciale (insieme alla progettata abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale) verso il controllo politico sul pubblico ministero. Egli sarebbe destinato - secondo il disegno berlusconiano e già della P2 - a trasformarsi nel braccio armato dell’Esecutivo, cessando, al tempo stesso, di costituire un rischio per i potenti, oggi esposti alle insidie del controllo di legalità.

Non ci vuole una grande fantasia per capire che tutte queste misure obbediscono ad un fine preciso: ritornare ai "meravigliosi" anni Cinquanta, quando i magistrati - rampolli della buona borghesia - erano anche politicamente omogenei alle classi dominanti e al potere politico.

Nessun giudice si sognava di rompere le scatole se qualche operaio veniva schedato o ucciso dall’inosservanza delle norme sulla sicurezza nel lavoro. Nessun magistrato si intestardiva nella ricerca di fantomatiche collusioni tra mafia e politica (semplicemente perché era cognizione comune che la mafia non esisteva) e tantomeno si permetteva di indagare su presunti reati commessi da imprenditori e uomini politici.

La "guerra" contro la magistratura persegue, si diceva, due obiettivi fondamentali: garantire l’impunità dei potenti, trasformare il sistema giudiziario in un’arma a loro disposizione contro avversari e ostacoli di qualsiasi natura.

A ciò si aggiungano le violenze che questo Governo sta perpetrando sulla pelle di detenuti e migranti, la stretta repressiva annunciata contro tossicodipendenti e consumatori di spinelli, i minacciosi segnali lanciati dal ministro Pisanu alla procura di Genova che indaga sul G8.

Si aggiungano le minacce all’autonomia del Parlamento contenute nel progetto di "riforma" costituzionale concepito dai "saggi" di Lorenzago, il processo di concentrazione dei media in via di realizzazione grazie alla legge Gasparri, l’attacco sistematico alla scuola pubblica, all’autonomia dell’università e della ricerca. Quale quadro si ottiene se si tiene nel debito conto l’insieme di queste vicende? E quale principio consente di coglierne la ratio?

L’onorevole Berlusconi è persuaso di incarnare il Governo, considera che il Governo riflette la volontà della maggioranza parlamentare e crede fortemente che quest’ultima sia l’unica depositaria della legittimazione democratica. Egli pensa dunque che nella sua persona risieda lo spirito vivente della democrazia e non tollera che altri poteri, altri organi, altre articolazioni della sfera istituzionale e della società civile attraversino la sua strada e ostacolino i suoi propositi.

Ora, è indubbio che il suo Governo attraversi un momento di grave difficoltà. La rissa tra i Ministri è continua. Il Governo traballa, avverte la precarietà degli equilibri su cui si fonda e che considerava all’inizio saldissimi. Ma non per questo è disposto a rivedere i propri progetti, a riscrivere in termini meno ambiziosi i propri programmi.

Come un giocatore disperato, sceglie di rilanciare, pensando che nulla sia peggio della sua cacciata. Nulla, nemmeno lo sfascio delle istituzioni e il disastro del Paese. (Applausi dal Gruppo DS-U e dei senatori Magistrelli e Peterlini).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Callegaro. Ne ha facoltà.

 

CALLEGARO (UDC). Signor Presidente, signor Sottosegretario, l’ordinamento giudiziario è vecchio di decenni; sono cambiati i tempi e le istituzioni; sono cambiati soprattutto gli uomini. La riforma quindi è urgente e improcrastinabile.

Si parla da almeno un decennio di questa riforma; se ne parla e se ne riparla, e si sa che quando si parla troppo non si giunge mai ad agire. I problemi vanno affrontati e discussi ma, soprattutto, risolti; va bene discutere sulle premesse e sulle conseguenze di varie soluzioni, però una soluzione bisogna sceglierla e occorre accettarla.

Da una parte, una certa parte, si sono uniti senza conoscersi, convivono senza amarsi, sono tenuti assieme da un unico collante, quello di essere sempre e comunque contro: intanto siamo contro, la motivazione si troverà. Di questo passo, però, credo che prima o poi si divideranno anche senza rimpiangersi.

Da questa parte, peraltro, si è continuato per troppo tempo a sfiorare certezze senza mai toccarle. Ora, finalmente, una scelta è stata fatta; la si è proposta al dibattito dappertutto: attraverso i media, nelle Commissioni ed ora in Aula. Si potrà essere d’accordo su alcuni punti, si potrà dire che vi sono lacune, però sulle regole bisogna concordare.

Sul principio dell’assoluta divisione dei poteri occorre essere d’accordo, non si può cedere. Chi scalpita di fronte ad ogni proposta, tirando in ballo l’indipendenza della magistratura, deve anche rendersi conto che non si può cadere nella dipendenza dalla magistratura.

Tutti i problemi - sulla separazione delle carriere, sulla terzietà dei giudicanti, sui limiti delle interpretazioni delle leggi - sono nati proprio da uno sconfinamento dell’ordine giudiziario nel territorio del potere legislativo.

Siamo finalmente di fronte a un disegno di legge organico, che contempla un po’ tutto ciò che riguarda la magistratura, a cominciare dall’accesso. Già a questo proposito vi è un tocco importante e di novità: non ci si accontenta più di una preparazione meramente teorica e nozionistica, ma si pretende dal candidato anche una preparazione concreta e pratica.

Si passa alla progressione di carriera abbandonando l’automatismo, che tanti danni ha prodotto. A proposito dei concorsi, poc’anzi il senatore Zancan ha detto che quando, da giovane avvocato, era andato in cerca di un magistrato, il cancelliere gli aveva detto che stava studiando per un concorso facendo intendere che non fosse opportuno disturbarlo.

Se devo essere sincero, preferisco che mi si dica che il magistrato è occupato a studiare e a prepararsi per un concorso, piuttosto che non è venuto perché è andato a giocare a tennis o a sciare o perché ha altre amene occupazioni. Infatti, a questo porta una carriera automatica: ad una mancanza di sprint, di interesse, di incentivo, perché tanto si fa carriera lo stesso.

Farò riferimento soltanto ad alcuni temi particolari, quelli sui quali si è più parlato. In merito alla separazione delle funzioni tra magistrati requirenti e giudicanti, devo dire che non vedo cosa ci sia da stupirsi e meravigliarsi, dal momento che si tratta semplicemente di attuare la filosofia del nuovo codice di procedura penale del 1987 e le modifiche apportate nel 1999 all’articolo 111 della Costituzione.

Il pubblico ministero è una delle due parti ed è il capo della polizia giudiziaria; il giudicante, invece, deve essere terzo, deve essere al di sopra, o meglio equidistante (non si può pretendere un’imparzialità totale, che non è di questo mondo). Il giudicante deve essere ad uguale distanza dalle due parti: questo non mortifica, anzi esalta l’indipendenza e l’autonomia della magistratura ed è una garanzia per tutti i cittadini.

Altro argomento che ha fatto discutere in materia di tipicizzazione degli illeciti disciplinari è quello della cosiddetta interpretazione creativa. Già c’è una contraddizione in termini tra interpretazione e creatività. L’interpretazione consiste nel capire che cosa il legislatore ha voluto dire con una determinata legge e deve essere effettuata secondo le norme contenute nelle preleggi.

È giusto che l’interpretazione non debba essere inequivocabilmente o palesemente contraria alle norme, ma è anche giusto - e in questo caso non si può parlare di interpretazione, perché sarebbe una contraddizione - che il magistrato non ricorra alla creatività.

Creare vuol dire far nascere dal nulla; invece, il magistrato deve essere sottoposto alla legge, non ha il potere di far nascere dal nulla una norma. Pertanto, non si può parlare di interpretazione creativa. Il magistrato, quando interpreta, deve seguire le norme contenute nelle preleggi, non deve comportarsi in maniera palesemente contraria alle norme vigenti e non deve crearsi la norma. Ripeto: il magistrato deve applicare la legge, non crearla; è il Parlamento che fa le leggi.

Un altro argomento che ha fatto discutere, sempre in materia di tipicizzazione degli illeciti disciplinari, è il divieto di partecipazione ad attività politiche, ad iniziative di carattere interno di partiti o movimenti di natura politica e ad ogni altra manifestazione che non sia sportiva.

È un po’ superficiale dire che il magistrato è un uomo come tutti gli altri e quindi è un suo diritto avere delle idee, un modo proprio di pensare e di capire le cose. È vero, però dobbiamo sempre tener presente che l’esigenza è quella di difendere non i diritti dei magistrati, ma quelli dei cittadini.

Un cittadino in procinto di essere giudicato da un magistrato, se qualche giorno prima vede quello stesso magistrato partecipare ad un corteo, schierato con i partecipanti ad una manifestazione, comincia ad avere la tremarella, perché capisce che si troverà davanti un giudice non imparziale, non al di sopra delle parti, poiché partecipando a quel corteo egli ha già manifestato le sue idee.

Infine, si è parlato da più parti di gerarchizzazione della procura, di regresso, di ritorno all’antico. Mi chiedo se si preferisce l’unicità e l’efficienza dell’ufficio di un pubblico ministero o quei begli spettacoli che ci hanno propinato determinate procure (ad esempio quelle di Palermo, Napoli, Messina, Brescia ed altre). Io opto per l’unicità e per l’efficienza dell’ufficio del pubblico ministero.

Mi sono limitato ad affrontare soltanto i punti principali, i problemi maggiormente discussi, quelli che più hanno toccato l’opinione pubblica, che sta attraversando un periodo di scarsa fiducia nei confronti della magistratura.

Svolgo la professione di avvocato da quarant’anni e ricordo benissimo i tempi in cui il magistrato era portato in palmo di mano e del magistrato si aveva il massimo rispetto perché da lui usciva quella che può essere, se non la verità, almeno una certa approssimazione di verità, una certa approssimazione di giustizia. Oggi, purtroppo, non è più così.

Il disegno di legge in esame tenta di riportare nell’opinione pubblica tranquillità e fiducia nella magistratura, la convinzione che la magistratura è la garanzia di tutti i cittadini.

Considero, pertanto, epocale il provvedimento che stiamo discutendo e voterò convintamente a favore sperando che abbia vigore per tanto tempo quanto lo abbiamo atteso. (Applausi dei senatori Ziccone e Bobbio Luigi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Brutti Massimo. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, colleghe e colleghi, vorrei soffermarmi sul dibattito che ha accompagnato in questi giorni l’inizio dell’esame da parte dell’Aula del disegno di legge sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. Si tratta di un dibattito politico sollecitato anche da una fonte autorevole; mi riferisco ad un intervento - per la verità non il primo - del Presidente del Senato che invitava i Gruppi di questo ramo del Parlamento e le forze politiche ad un confronto e ad un dialogo per la riforma dell’ordinamento giudiziario.

Si è trattato di un invito tardivo, di un auspicio che non trova rispondenza nelle scelte e nei comportamenti della maggioranza parlamentare di centro-destra, qui al Senato, nella Commissione giustizia. Il confronto non è stato promosso dalla maggioranza; anzi, da questa è stato volutamente evitato ed impedito.

Noi siamo di fronte ad un disegno di legge pasticciato, per certi aspetti decisamente regressivo; soprattutto, abbiamo di fronte un provvedimento che si è venuto formando nel tempo attraverso una serie di innovazioni imposte dalla maggioranza mediante emendamenti, termine che però non esprime bene la portata delle norme che nei mesi venivano introdotte a sostituire la proposta originaria. Tali emendamenti riflettevano il modificarsi degli equilibri interni alla maggioranza e sembravano esprimere umori o preferenze di settori, di volta in volta prevalenti, per l’una o per l’altra soluzione.

E’ singolare che il testo originario del disegno di legge presentasse una visione che puntava a valorizzare il ruolo e la centralità della Corte di cassazione nell’ordinamento giudiziario e poi, nel prosieguo di tempo, tale visione sia stata abbandonata e lasciata cadere.

Coloro che ricostruiscono le vicende politiche con una qualche malizia hanno potuto ricollegare tali scelte, apparentemente di portata generale, alla delusione ingenerata entro settori della maggioranza di Governo da singole, specifiche, ma rilevanti per la vita pubblica del Paese, decisioni assunte dalla Corte di cassazione.

Attraverso questi emendamenti, che non erano preceduti da una discussione vera, da un confronto aperto, ma che venivano gettati sul tavolo con la logica, che abbiamo visto tante volte nella Commissione giustizia del Senato, del prendere o lasciare, siamo di fronte ad un testo che è il punto d'arrivo di questo faticoso e lungo itinerario. Il confronto con l'opposizione non è stato travagliato; è stato sereno, con una discussione nel merito, ma nei momenti nodali, quelli decisivi, è stato rifiutato dalla maggioranza.

Per questo motivo, in quest'Aula, utilizzando tutti gli spazi consentiti al dibattito parlamentare per arrivare al termine della discussione di questa legge, daremo battaglia contro il disegno di legge del Governo sull'ordinamento giudiziario. Se guardiamo oggi queste norme, se le leggiamo con attenzione, non ci sono margini di disponibilità, di trattativa o di accordo da parte dell'opposizione. Non so se riuscirete a condurle in porto; è possibile che le cambiate ancora in futuro e tuttavia, quale che sia l'andamento e l'esito di questo faticoso lavoro che state sostenendo, dovrete portare tutta intera la responsabilità di questa legge, che non condividiamo.

Torno rapidamente ad alcuni degli aspetti segnalati nella rigorosa e puntuale relazione di minoranza del collega Fassone. Hanno detto in molti, prima di me, quanto pesi negativamente sull'ordinamento che si viene a definire con questo disegno di legge la moltiplicazione dei concorsi per titoli ed esami che segnano la carriera, il cursus, l'attività lavorativa di tutti i magistrati.

Dopo cinque anni dal superamento del concorso per l'ingresso in magistratura c'è un primo concorso; dopo tre anni un secondo concorso; dopo altri tre anni un terzo concorso e dopo due anni un quarto concorso per le funzioni direttive; infine, dopo due anni, un quinto concorso. In quindici anni, cinque concorsi.

Il magistrato corre per superare le prove e gli esami che non finiscono e necessariamente dovrà compiere una scelta di volta in volta, per ciascuna di queste prove concorsuali, che sarà quella di dedicare meno tempo alla specializzazione, meno tempo all'impegno, che dovrebbe essere diuturno e continuo, per il proprio lavoro e più tempo ad una preparazione di tipo generale che gli è necessaria per superare ciascuno degli esami ai quali sarà sottoposto.

Inoltre, questo magistrato costretto a correre sarà indotto a trascurare gli uffici che non danno titoli o che danno meno titoli, anche se si tratta di uffici essenziali nell'organizzazione giudiziaria. Penso ai tribunali minorili, a quelli di sorveglianza, ai tribunali fallimentari, all'esecuzione, dove c'è meno spazio per guadagnare titoli, anche se si tratta di uffici essenziali. Mi domando poi se per passare alle funzioni di secondo grado sia proprio necessario un accertamento selettivo, perché allora vuol dire che tali funzioni sono più elevate. Questa è la concezione che emerge dalla norma del disegno di legge.

Inoltre, le promozioni e i trasferimenti, in questo complesso di norme, salvo i trasferimenti orizzontali, escono dalla sfera decisionale diretta del Consiglio superiore della magistratura.

Le valutazioni vengono affidate a organismi esterni. Il collega Fassone, nella relazione di minoranza, ha contato otto commissioni esterne, compresa la commissione per il concorso a uditore giudiziario, e 121 membri. Quanti magistrati di Cassazione, distolti dal loro lavoro, saranno impegnati in queste commissioni? Quale contributo potranno dare i professori universitari, che già oggi recano un contributo non adeguato al funzionamento delle commissioni per il concorso a uditore giudiziario? Certo, bisognerebbe elevare i compensi, ma dove si troveranno le risorse per compensi adeguati a tutti questi componenti di commissioni di esami?

In questo disegno di legge la Scuola superiore delle professioni giuridiche è concepita in modo tale da sottrarre una funzione rilevante, relativa alla formazione e all'aggiornamento dei magistrati, all'organo di governo autonomo della magistratura, che in questi anni, pur in assenza di norme adeguate, ha svolto un'opera meritoria di promozione della cultura dei magistrati e di educazione permanente.

Sottrarre la Scuola superiore al Consiglio superiore della magistratura, definire la funzione del CSM, per ciò che riguarda gli indirizzi della Scuola, aggiuntiva rispetto a quella di molti altri organi, contribuisce, insieme ad altre norme, a indebolire il ruolo di governo autonomo che nel nostro ordinamento, e già alla luce delle norme costituzionali, è proprio del Consiglio superiore della magistratura.

Inoltre, non siamo d'accordo con l'impostazione espressa dalla maggioranza riguardo al tema annoso della separazione delle carriere, né siamo d'accordo con la cultura giuridica che fa da fondamento alla proposta del Governo e della maggioranza.

La scelta di politica legislativa che occorre compiere a proposito di questo problema è la seguente: fare del pubblico ministero un organo che assomigli sempre più, per funzioni, cultura, abitudini mentali, ad un organo di polizia, ad un organo amministrativo, ad un organo che rappresenta esclusivamente un interesse di parte, oppure fare del pubblico ministero un organo di giustizia.

Mi ha colpito un passaggio di un intervento pronunziato, nell'ambito della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, il 26 marzo 1997, dall'onorevole Buttiglione. In quel passo con grande chiarezza viene sintetizzata una concezione del pubblico ministero esattamente opposta alla concezione che noi vorremo valorizzare nell'ordinamento giudiziario, cioè la concezione del pubblico ministero come organo di giustizia.

Buttiglione diceva allora: "Per garantire la tranquillitas ordinis", cioè la tranquillità nell'organizzazione della convivenza, "lo Stato ha un interesse ad ottenere comunque la condanna dell'accusato. La condanna infatti calma l'allarme sociale suscitato dal reato e ripristina la fiducia nello Stato e nella legge. Nel modello di processo accusatorio, cui si ispira da alcuni anni il nostro codice di procedura penale, il compito di garantire la tranquillitas ordinis spetta alla magistratura requirente e al pubblico ministero".

Noi crediamo che questa impostazione sia sbagliata, che il pubblico ministero debba essere un organo di giustizia e non un organo di tutela a tutti i costi di una tranquillitas ordinis che si risolverebbe sempre e comunque nella condanna dell'accusato.

No, il pubblico ministero non deve puntare sempre e soltanto alla condanna; non deve ignorare gli elementi di prova che possano scagionare l’accusato; non deve ritenersi sconfitto nel momento in cui l’imputato viene assolto. No, il pubblico ministero deve partecipare quanto più possibile alla cultura della giurisdizione e ad una funzione che non è soltanto quella di parte.

Per fare questo - a nostro avviso - bisogna seguire la via esattamente opposta a quella del consolidamento di una condizione separata e isolata del pubblico ministero. Bisogna potenziare l’interscambio delle funzioni, la mobilità e il passaggio dalla funzione requirente alla funzione giudicante e viceversa, da quest’ultima alla requirente.

L’ordinamento giudiziario al quale pensiamo, per quanto riguarda il rapporto tra funzioni requirenti e funzioni giudicanti, è quello che favorisce la mobilità, la temporaneità e punta ad evitare l’incrostazione, anche soltanto culturale, attorno ad una sola funzione per un lungo tratto della propria vita.

Bisogna evitare che, per un lungo tratto della vita, si svolga sempre e soltanto la stessa attività e, se è quella requirente, è facile che il suo consolidamento, l’identificazione tra il proprio modo di pensare e la funzione in questione faccia del pubblico ministero una specie di supersceriffo.

Mi soffermerò ora sull’ultimo aspetto che volevo evidenziare, lungamente affrontato in quest’Aula. Mi riferisco all'emendamento che, nell’ambito di una previsione degli illeciti disciplinari che punta a tipizzare le diverse categorie di illecito, introduce una previsione per la verità del tutto nuova, anche con l’uso di concetti e di una terminologia meritevoli di una certa attenzione. Si tratta, infatti, di concetti e parole del tutto nuovi per il nostro ordinamento.

Tra gli illeciti disciplinari viene inserita l’attività di interpretazione di norme di diritto avente contenuto creativo. In sostanza, si vuole bollare come illecito disciplinare l’interpretazione cosiddetta creativa. Se si legge questo emendamento, che credo sia stato meditato e scritto da un collega magistrato, non è difficile immaginare che ci si riferisce - come diceva prima con grande ingenuità il collega Callegaro - ad una interpretazione che crea ex nihilo la norma, la inventa dal nulla.

In verità, come potrebbe configurarsi concretamente una attività di interpretazione delle norme giuridiche che inventi una norma dal nulla? Non può configurarsi; stiamo parlando di un reato impossibile, di un illecito impossibile. La verità è che una creazione della norma c’è sempre nell’atto interpretativo, perché l’attività interpretativa non si limita ad esplicare il significato di un singolo enunciato normativo inserito in una legge o in altro atto avente forza di legge. L’attività interpretativa crea la norma leggendo i testi, i documenti normativi su cui deve formarsi il giudizio. Quindi, la norma viene sempre creata, ma non dal nulla.

Allora, se si parla di interpretazione creativa, invito il collega Luigi Bobbio a leggere un libro di notevole importanza nella storia dei nostri studi, che è "L’interpretazione della legge" di Giovanni Tarello. Quando si parla di interpretazione creativa, in realtà il più delle volte si vuole usare una formula retorica per sostenere che l’interpretazione di cui si sta discutendo è in realtà inaccettabile e da respingere.

La formula "interpretazione creativa" è una formula ad effetto, come a dire: togliti di mezzo tu, che sei scemo. Ha la stessa portata scientifica la categoria dell'interpretazione creativa e vederla trascritta in un testo di legge, anzi in un emendamento scritto da un magistrato, che dovrebbe avere cultura giuridica, ci colpisce, perché evidentemente questa, che è una norma malscritta, può prestarsi ad abusi gravi, può prestarsi all'ingerenza nell'attività interpretativa, può prestarsi alla coartazione del lavoro e dell'esercizio delle funzioni del magistrato.

Non si può rimediare alla "scioccheria" di questa norma cambiandola e mettendo al suo posto come illecito disciplinare l’interpretazione abnorme, perché anche il concetto di interpretazione abnorme non ha né capo né coda, non ha nessun senso.

Nella giurisprudenza disciplinare, come sapete, esiste la nozione, già fissata nel tempo, di provvedimento abnorme. Il provvedimento abnorme è quello che mette in discussione la gerarchia delle fonti, quello che in qualche modo tocca la norma fondamentale, l'edificio dell'ordinamento. Non a caso, l'espressione "provvedimento abnorme" non la troviamo nel linguaggio legislativo, perché ha un margine di suggestione, di evocazione, che ne restringe la capacità euristica, che la rende limitata.

Annuncio, quindi, che saremo fermamente contrari a qualsiasi mascheramento, a qualsiasi riedizione di questa norma sbagliata, che ha una semplice esclusiva funzione: quella, intimidatoria, di lanciare ai magistrati un messaggio di conformismo, il messaggio reiterato che abbiamo visto più volte in questi due anni e mezzo lanciare da parte del Governo e della maggioranza nei confronti della giurisdizione, vale a dire un messaggio di prepotenza.

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


Allegato B

 

Integrazione all'intervento della senatrice Magistrelli nella discussione generale sul disegno di legge n. 1296 e connessi

 

In quest'ottica, non crediamo davvero che un giudice che debba applicarsi ogni due o tre anni alla preparazione di un concorso, che voglia periodicamente produrre lavori scientifici per accrescere i suoi titoli, che ogni tanto desideri scrivere provvedimenti dotti e innovativi tenendo d'occhio la valutazione periodica di professionalità cui sarà sottoposto per soddisfare le sue (legittime!) aspettative di carriera... non crediamo che questo giudice risponda alle esigenze che ho detto prima, di giustizia certa, rapida ed efficace!

Preferiamo essere giudicati da una persona sapiente che tutto conosce sul reato di cui siamo accusati, o da una persona attenta che ci sottopone ad un processo giusto e veloce e valuta equamente le prove che possiede? Preferiamo che la nostra questione patrimoniale sia risolta in modo giusto ed in breve tempo o leggere alla fine del processo una sentenza di trenta pagine sul... contratto di leasing?

Ho letto di recente una citazione di Giuseppe Zanardelli (è un intervento che risale al 1903, in occasione di una proposta di riforma dell'ordinamento giudiziario). Scrive Zanardelli: "un sistema assoluto di promozioni per merito, quale taluno vagheggia, nuoce all'indipendenza del magistrato perché eccita in esso l'aspirazione a rapide ascensioni, lo studio a farsi largo a ogni costo a scapito dei propri colleghi, il tormento, la febbre di un'ambizione che mai non posa e repugna all'alta e serena dignità dell'ufficio...". (Non crediamo che il sistema di progressione pensato dal Governo possa far convivere i comprensibili desideri di carriera con il dovere di occuparsi di aspetti minori del diritto (pur sempre importanti, però, per chi li vive direttamente), di reati seriali, di settori appesantiti da un carico di lavoro pluriennale ma che non offrono possibilità di precostituirsi titoli scientifici…). Ma c'è dell'altro: c'è il pericolo che questo sistema spinga ad un ritorno alla struttura piramidale, che l'idea di essere periodicamente sottoposti al giudizio di colleghi "superiori" produca un appiattimento di idee e opinioni, nella tendenza - umanamente comprensibile - ad assecondare i possibili controllori del proprio operato. Invece la giustizia chiede decisioni anche coraggiose, che sappiano leggere i casi concreti, che sappiano rispondere alle esigenze della gente oltre che applicare in maniera asettica le norme, che sappiano agire con gli strumenti del diritto anche dove essi non sono ancora usati...

Per questo diciamo sì ad un controllo più severo, ad un'indagine più accurata sul lavoro dei giudici; siamo d'accordo su una valutazione periodica di questo lavoro, che tenga conto delle modalità con cui viene svolto, della città in cui si opera, degli strumenti che si hanno a disposizione, dei problemi dell'ambiente e della quantità di lavoro svolto e da svolgere, che tenga conto di una molteplicità di parametri; non più solo le nude statistiche, ma anche criteri di tempestività, equilibrio, disponibilità.

Ma diciamo no, un fermo no ad un sistema che non assicura risultati equi, mentre può moltiplicare i privilegi e danneggiare l'efficienza dell'ordinamento.

Infine, vorrei aggiungere poche parole su una parte del disegno di legge che pure contiene elementi innovativi positivi e anzi da tempo necessari: la normativa in tema di tipizzazione degli illeciti disciplinari. E' una normativa di cui effettivamente si sentiva il bisogno, anche per rafforzare tutto il sistema di vincoli e garanzie.

Siamo in effetti sostanzialmente d'accordo non solo sul fatto di tipizzare gli illeciti disciplinari commessi dai giudici, ma anche sulle figure che vengono individuate.

Ci sono però due o tre punti che costituiscono ampliamenti arbitrari ed ingiusti rispetto a comportamenti effettivamente indebiti: mi riferisco alla parte sui rapporti con gli organi di informazione, alla cosiddetta interpretazione creativa e al divieto di partecipare ad associazioni o iniziative a finalità politiche in senso lato.

Quanto al rapporto dei magistrati con gli organi di informazione e di stampa, siamo favorevoli a che essi vengano gestiti dai capi degli uffici, in quanto a volte è importante e opportuno illustrare non tanto sentenze e provvedimenti, ma situazioni, iniziative, attività. Tuttavia, non concordiamo col ritenere illecito punibile in via disciplinare la mancata osservanza di questa norma, perché non è così grave e lesiva del decoro della funzione, ed inoltre perché casi particolari possono sempre suggerire di applicare in maniera più elastica la regola generale.

Ancora, ci preme rilevare l'ingiustificato riferimento - tra gli illeciti puniti - alla "creazione" normativa nell'attività di interpretazione. Questa disposizione non ha ragione di essere.

La creazione di una norma adatta al caso concreto è da sempre consentita (anche da norme apposite, l'articolo 12 delle preleggi al codice civile) per colmare le inevitabili lacune dell'ordinamento; d'altra parte, l'eventuale errore nell'applicazione del principio di analogia è censurabile nei diversi gradi del giudizio.

Troppo evidente è la finalità nascosta della norma: quella di impedire letture "sgradite" di leggi che colpiscono situazioni che si vorrebbero immuni da sanzioni (si pensi al cosiddetto concorso esterno nell'associazione mafiosa, istituto "creato" - è il caso di dirlo - dalla giurisprudenza con riferimento a forme di vicinanza al fenomeno mafioso che non integrano una vera e propria partecipazione associativa ma comportano un'attività comunque di agevolazione e/o tolleranza) o di norme sin dall'inizio concepite a tutela di certi interessi (vedi la legge sulle rogatorie).

Infine, non possiamo condividere la parte relativa agli illeciti "di opinione".

Riteniamo costituzionalmente lecito limitare per i giudici la iscrizione o la partecipazione a partiti politici. Non è assolutamente possibile, invece, imbavagliarli togliendo loro la possibilità di partecipare a movimenti o iniziative che non siano scientifiche, ricreative, sportive o solidaristiche. Considerare illecito disciplinare non solo l'adesione ad un partito o lo schieramento politico espresso, ma anche l'espressione di opinioni è chiaramente un attacco gratuito alla libertà personale, evidentemente motivato dai rancori recenti e non ancora sopiti per indagini e condanne relative a esponenti di spicco della maggioranza. Questo non può trovarci d'accordo.

Questa limitazione è decisamente eccessiva ed inutile; nulla aggiunge alla indipendenza e autonomia anche esteriore del giudice e priva una intera categoria di cittadini di quei diritti che invece a tutti gli altri sono garantiti. Non possiamo e non vogliamo impedire ai magistrati, in quanto tali, di esprimere in qualche modo le loro opinioni, di marciare per la pace, di partecipare a convegni, iniziative, manifestazioni promossi da associazioni o movimenta su temi sociali o comunque di politica generale, fermo restando - lo ripetiamo - il giusto divieto di schierarsi apertamente con questo o quel partito.

La figura del giudice quale dovrebbe uscire da questa legge che stiamo discutendo ha già in sé le caratteristiche di indipendenza e terzietà, non c'è bisogno di ulteriori limitazioni.

Piuttosto, se davvero vogliamo tutelarci, e tutelare la collettività dal timore che abbia giudici di parte e non imparziali, dovremmo prevedere - sarà una proposta di emendamento - che il magistrato che abbia svolto attività politica in senso stretto o amministrativa, e sia stato eletto nelle fila di un partito, non possa riprendere, al termine del mandato, la sua attività giurisdizionale nel distretto dove prima operava, né in quello dove, eventualmente, avesse svolto attività politica: è un'ulteriore ipotesi di incompatibilità, ma su cui penso si possa concordare, anche da parte della magistratura, facendo un piccolo sforzo perché il magistrato continui ad apparire, oltre che ad essere, indipendente.

Sen. Magistrelli

 

 

Integrazione all'intervento del senatore Maritati nella discussione generale sul disegno di legge n. 1296 e connessi

 

In base al nuovo ordinamento giudiziario, infatti, il magistrato italiano sarà obbligato per tutta la sua vita professionale a fare concorsi. Basti verificare che sarà costretto a partecipare ad un concorso:

a) per poter, dopo cinque anni dalla fine dell'uditorato, passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti (il progetto peraltro non parla più di funzioni inquirenti) e viceversa;

b) per poter effettuare analogo passaggio in ciascun anno successivo al quinto (nell'ipotesi che sia stato bocciato al precedente concorso o abbia rifiutato il posto che gli sarebbe stato destinato sulla base della graduatoria);

c) per poter essere destinato alle funzioni di secondo grado giudicanti ovvero requirenti dopo l'ottavo anno dall'ingresso in magistratura;

d) per poter effettuare analogo passaggio in ciascun anno successivo all'ottavo (nell'ipotesi che sia stato bocciato al precedente concorso o abbia rifiutato il posto che gli sarebbe stato destinato sulla base della graduatoria o che comunque voglia acquisire la legittimazione a partecipare ad un concorso per posti semidirettivi o direttivi);

e) per passare da una sede all'altra restando nell'esercizio di funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado (i trasferimenti senza concorso vero e proprio sono consentiti solo nella misura del 25 per cento dei posti);

f) per passare dalle funzioni giudicanti di secondo grado alle funzioni requirenti di secondo grado;

g) per poter essere destinato alle funzioni di legittimità giudicanti ovvero requirenti dopo il quindicesimo anno dall'ingresso in magistratura;

h) per poter effettuare analogo passaggio in ciascun anno successivo nell'ipotesi che sia stato bocciato al precedente concorso o che comunque voglia acquisire la legittimazione a partecipare ad un concorso per posti semidirettivi o direttivi);

i) per accedere ad un posto semidirettivo;

l) per accedere ad un posto direttivo, che ha durata di quattro anni;

m) per potere accedere , trascorsi quattro anni, ad un nuovo posto direttivo.

Si tratta di una elencazione solo parzialmente esplicativa ma il conclusione che se ne trae implica che ciascun singolo magistrato, specialmente dopo i 35-40 anni di età, dovrà assoggettarsi a due-cinque concorsi all'anno, e ciò inevitabilmente determinerà solo disagi per l'amministrazione della giustizia come è fin troppo facile immaginare.

Va evidenziato, con un sentimento di profonda incredulità, che è previsto analogo concorso (con commissione esterna) anche per il conferimento delle funzioni di primo Presidente della Corte di cassazione e di procuratore generale presso la stessa.

Anche su questo delicato aspetto dell'ordinamento il progetto alimenta pericolosi equivoci.

Qui, ancora una volta, deve ribadirsi con chiarezza che non è in discussione la necessità di fare in modo che i magistrati siano sottoposti a periodiche verifiche sia sotto l'aspetto della produttività che dell'aggiornamento professionale, ma si discute il metodo, in quanto è fin troppo evidente che il sistema che si tenta di imporre è destinato non solo a fallire quanto all'obiettivo dichiarato ma a provocare effetti assai gravi sul piano della qualità dei magistrati e della loro operatività.

Gli effetti della carriera per concorso, così come delineati dalla riforma, non costituiscono neppure una incognita in quanto la fase che ha preceduto l'attuale assetto istituzionale ed ordinamentale era caratterizzata proprio dalla carriera per concorsi, sulla falsa riga del sistema che oggi si tenta di reintrodurre sia pure sotto mutate spoglie.

Le prove scritte d'esame che presumibilmente dovranno essere uguali per tutti i partecipanti (altrimenti il pubblico ministero non potrebbe mai diventare procuratore generale), determineranno un effetto essenzialmente ingiusto e dannoso per i magistrati e disfunzioni gravi per il loro rendimento.

È sufficiente pensare al magistrato che, dopo aver svolto per anni determinate, specifiche funzioni, dovrà prepararsi a redigere un bel tema su qualunque settore dello scibile giuridico.

Così, ad esempio, il giudice fallimentare sarà chiamato a dissertare sull'affidamento dei figli minori o sulla diffamazione a mezzo stampa; il magistrato da anni impegnato in processi di corruzione o di criminalità mafiosa, dovrà tenersi pronto a trattare la simulazione della quietanza, l'onere della prova in tema di inadempimento, la condotta antisindacale e simili.

La scelta del magistrato più idoneo ad assurgere alle funzioni "superiori" avverrà così sulla base di superficiali esercitazioni retoriche, di regola estranee al campo in cui si è accentrato il suo impegno professionale. Così faranno carriera non i magistrati più capaci ma quelli "più bravi". Dunque, saranno gratificati non più coloro che, con l'impegno quotidiano ed il valore della loro attività, godano della stima degli avvocati, dei colleghi e degli studiosi del diritto, ma coloro che avranno dimostrato la "capacità" di scrivere su tutto. In compenso - come premio per la loro dimostrata maggiore "bravura" e in corrispettivo per la lesione alla loro dignità - riceveranno qualche centinaio di euro in più nella busta paga.

La riforma sembra quasi ignorare l'evoluzione del sistema giudiziario che, ormai, da qualche decennio ha superato il sistema della carriera fondata sul concorso proprio perché la pratica e l'esperienza sperimentata sul campo ne aveva evidenziato tutti gli effetti negativi.

All'epoca, circa quarant'anni fa, l'eliminazione del concorso quale criterio di progressione in carriera non si era determinata solo per l'evidente contrasto con il principio costituzionale secondo cui i magistrati si distinguono solo per le funzioni esercitate e queste ultime sono tutte di pari dignità. La scelta era stata imposta dall'esigenza di rimuovere i gravi inconvenienti emersi nel concreto funzionamento della progressione in carriera per concorso.

Si è, dunque, già verificato che tale riforma imporrebbe inevitabilmente a ciascun magistrato di impiegare le sue migliori energie non sul carico di lavoro dell'ufficio, ma sulla sentenza o sull'atto che dovrà poi valere quale ''titolo" per il suo avanzamento in carriera; le decisioni del magistrato quindi subiranno una inevitabile trasformazione da risposta destinata al cittadino ad una sempre più ricercata esibizione di sapere dottrinario e giurisprudenziale destinata agli esaminatori ma totalmente inutile destinatari del servizio giustizia.

Ma v'è di più e di più grave se si pensa che il sistema non potrà offrire alcuna garanzia per quanto riguarda l'oggettività e l'imparzialità della valutazione dell'operato e del comportamento dei magistrati. Dunque, si andrà progressivamente e rapidamente realizzando un sistema destinato a premiare il conformismo di una giurisprudenza allineata al dettato vincolante della Corte di cassazione e si diffonderà, ancora di più, la tentazione per il magistrato di prediligere uffici comunque lontani dalla "prima linea", per potersi dedicare allo studio teorico e alla redazione dei provvedimenti-titolo.

Si tratta di effetti che inciderebbero sensibilmente sulla professionalità del magistrato, che è cosa ben diversa del nozionismo, reintroducendo i fattori negativi della subalternità e del conformismo che non si possono coniugare con la funzione giudiziaria che reclama un magistrato libero di adottare le decisioni ritenute le più giuste, senza il timore di conseguenze per sé negative e senza la speranza di potere trarre vantaggio personale (carriera) da una decisione anziché da un'altra.

Ciò detto, intendo ribadire che abbiamo sempre posto in evidenza la necessità di riformare il sistema attuale che vede la carriera dei magistrati ancorata alla sola anzianità senza demerito.

Già con il disegno di legge proposto dal ministro Flick, si ipotizzò il cosiddetto criterio della valutazione a pagelle, un sistema che, distinguendo la progressione economica, lasciata al criterio della mera anzianità senza demeriti, subordinava l'avanzamento in carriera ad una seria valutazione non più episodica ma sistematica e ben più frequente dell'attuale. Una moltiplicazione delle valutazioni da ancorare tuttavia oltre che all'esame dei provvedimenti ed al volume degli stessi, anche ad altri importanti parametri come la tempestività con cui il magistrato adotta le decisioni, la sua disponibilità al servizio ed altri elementi obiettivi che dovranno essere predeterminati.

Insomma un criterio nuovo per superare l'attuale sistema fondato prevalentemente sulla retorica di "pareri" tanto vuoti quanto stereotipi. E, se anche si volesse porre in discussione l'efficacia della soluzione appena indicata è certo che, solo su questa strada - oltre che su quella della formazione permanente -, va cercata una corretta ed adeguata soluzione all'esigenza di un innalzamento dei livelli di professionalità della magistratura e non certo lungo quella dei concorsi!

Il legislatore deve evitare in tutti i modi di realizzare un sistema di progressione in carriera che incentivi la corsa dei magistrati verso i gradi e gli onori, con un ritorno all'arcaica e deleteria opinione secondo cui ai gradi processuali corrisponda la maggiore capacità e preparazione dei magistrati ad essi destinati.

Senza dire che connesso alla moltiplicazione dei concorsi, l'attuale riforma prevede l'esautorazione totale del potere costituzionale del Consiglio superiore della magistratura che non è più organo sovrano per la vita di un magistrato.

Sono stati sottratti al Consiglio superiore della magistratura tutti i poteri di valutazione della professionalità oltre che la scelta dei presidenti e dei procuratori, compreso il primo Presidente e il procuratore generale della Cassazione. Anche il conferimento dei posti direttivi avverrà per concorso ad opera di una commissione esterna composta da tre presidenti di sezione della Cassazione, due avvocati generali presso la cassazione, tre presidenti di Corte d'appello, due procuratori generali, tre professori universitari di prima fascia. Questa commissione avrà il compito di selezionare tutti gli aspiranti agli uffici direttivi, dal presidente del micro-tribunale sub-provinciale al primo Presidente della Corte suprema di cassazione, sulla base dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, della laboriosità e della capacità organizzativa; ed all'esito di un colloquio.

Un simile sistema rasenta l'assurdo, ma rende chiaro qual è l'intento sotteso a tutta la proposta: esautorare il Consiglio superiore della magistratura dalle sue funzioni istituzionali.

Tale obiettivo è chiaramente in contrasto con Costituzione italiana che ha delineato un sistema di governo autonomo della magistratura incentrato sul Consiglio superiore come strumento e baluardo essenziale dell'autonomia della magistratura da ogni altro potere. Ed anche per questo profilo, quindi, il disegno di legge si traduce in un surrettizio tentativo di eludere il vigente modello costituzionale.

Tale obiettivo potrebbe realizzarsi anche attraverso un altro aspetto del progetto di riforma che risulta preoccupante. Si tratta della cosiddetta doppia dirigenza e cioè della previsione in base alla quale le funzioni di direzione, coordinamento e organizzazione dell'apparato e delle attività amministrative dell'ufficio giudiziario sono rimesse in via sostanzialmente esclusiva al dirigente amministrativo dell'ufficio.

Si tratta senza ombra di dubbio di un espediente ulteriore per limitare la indipendenza della magistratura, che, oggi, si realizza anche attraverso il potere dei magistrati di direzione dei loro uffici e la relativa autonomia finanziaria, in mancanza della quale non può che realizzarsi una forma grave di condizionamento da parte dell'Esecutivo.

La misura in esame appare oggi ancora più insidiosa dopo le recenti riforme della dirigenza amministrativa che ne hanno accentuato la condizione di dipendenza dal potere politico.

In conclusione, il disegno di legge in esame non risolve alcuno dei problemi che oggi ostacolano il diritto dei cittadini ad avere una giustizia ragionevolmente rapida, indipendente ed imparziale ed uguale per tutti, ma individua al contrario, modifiche di sistema che inciderebbero gravemente sulla indipendenza ed autonomia dell'intero corpo giudiziario, insomma ancora una legge di cui il Paese certamente non ha alcuna necessità.

Sen. Maritati


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

501a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDÌ 4 DICEMBRE 2003

(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente, FISICHELLA
indi del presidente PERA

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Ricordo che nella seduta pomeridiana del 25 novembre si è conclusa la discussione generale.

Ha pertanto facoltà di parlare il relatore.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo opportuno, in sede di replica, seguire la falsariga della sequenza, a partire dalla relazione di minoranza, degli interventi che si sono succeduti in discussione generale. Credo infatti che è da quegli spunti che si possono prendere le mosse per arrivare all'individuazione di alcuni aspetti che penso si possano definire problematici, almeno secondo l'angolo prospettico dell'opposizione di centro-sinistra.

Partendo dalla relazione di minoranza, che ritengo il riferimento primario nell’iniziare questa mia replica, su un solo punto possiamo concordare con il collega Fassone, e cioè che questa non è una legge qualsiasi. Non è - ripeto - una legge qualsiasi, ma tutti i rilievi mossi dai colleghi dell'opposizione al disegno di legge, nel testo licenziato dalla Commissione giustizia, non mi sembrano prendere atto delle reali necessità di fondo cui il provvedimento si ispira e che tende in qualche maniera a soddisfare.

Dobbiamo avere presente, nel valutare questo disegno di legge, che esso non è il prodotto di quello che da più parti è stato definito un atteggiamento rancoroso. Cari colleghi, voi non dovete, a mio avviso, fare confusioni con il contesto politico, temporale, nazionale in cui si viene ad inserire questo disegno di legge, un contesto fatto di scontri, di accesi dibattiti, di accuse reciproche.

Bisogna invece tener presente che, sebbene inserito in questo contesto, il disegno di legge tiene conto di una necessità superiore, immanente a tutto questo clima. La necessità cui esso profondamente e realmente si ispira, senza rancori, senza volontà di vendette è quella di arrivare al recupero delle regole e delle competenze fissate dalla Costituzione per i singoli poteri dello Stato. Nessun rancore, nessun intento vendicativo o di mortificazione di pezzi importantissimi dello Stato.

Certo, per far questo bisogna non far finta di credere che si vuole fare una riforma contro qualcuno. Questa, permettetemi di dirlo a tutti i colleghi dell'opposizione intervenuti, è la prospettazione che voi cercate in tutti i modi di far giungere all'opinione pubblica. Parlo in qualità di relatore, cioè come colui che in questo momento svolge una funzione di illustrazione e (perché no?), se volete, di difesa, se ve ne fosse bisogno, del testo della Commissione giustizia.

Nessun intento riformatore che abbia un oggetto come questo - e che oggetto! - può essere rivolto contro qualcuno: non è rivolto contro i magistrati italiani, non è rivolto, ovviamente, contro i cittadini italiani. E’ un disegno di legge che tenta un’opera riformatrice da lungo tempo necessaria, a favore dei cittadini italiani.

Non c’è nessuna dimensione negativa in questo disegno di legge; si è cercato e si crede di essere riusciti ad individuare in questa strada, nelle norme contenute in questo testo, la via migliore per giungere alla realizzazione dell’interesse generale, diffuso, globale dei cittadini del nostro Stato ad avere un potere giudiziario, una struttura giudiziaria e singoli magistrati tutti convintamente e pienamente operanti nel solco tracciato dalla Costituzione. Altro non può dirsi ed è ingeneroso fare certi rilievi sul provvedimento.

Indubbiamente, come si è detto e rilevato, questo disegno di legge contiene alcuni passaggi che vanno a incidere sul ruolo e sui compiti attualmente espletati dal Consiglio superiore della magistratura; è altresì indubbio, però, che, quando il collega Fassone (e mi piace citare queste poche righe), nella sua relazione di minoranza, dice: "È emersa la necessità di un robusto codice deontologico, condiviso ed osservato, quale antidoto alla forte crescita del senso di autonomia individuale dei magistrati. Il ruolo del Consiglio superiore della magistratura è stato dilatato proprio a causa dell’assenza di una legislazione esauriente (…)", mostra di non porre, a mio avviso, la dovuta attenzione sul fatto che proprio il Consiglio superiore della magistratura, come organo costituzionale, nelle composizioni dello stesso che si sono variamente alternate, è stato ben lieto di dilatarsi a dismisura - per usare il termine del collega Fassone - oltre e, a volte, contro la lettera della Costituzione.

Non possiamo, infatti, non osservare che quel passaggio, fra i tanti, che crea tanto scandalo nei colleghi dell’opposizione, ossia quella che da più parti è stata giudicata una sottrazione al CSM del compito di formare i magistrati, riguarda in realtà un compito presunto tale (permettetemi di dirlo). Infatti, fra i compiti istituzionalmente assegnati dall’articolo 105 della Costituzione al CSM, certamente non figura quello della formazione dei magistrati.

Nel momento in cui si individua un soggetto ad hoc per la formazione dei magistrati e si riconduce il CSM - nulla di più - nei binari fissati dalla Costituzione, non si fa altro dunque che tentare di porre rimedio a un grave atteggiamento di autoreferenzialità che, con le migliori intenzioni di questo mondo, il Consiglio superiore della magistratura ha finito per assumere quando, nel silenzio della legge (ma potremmo dire contro la legge, perché l’elenco dei compiti che la Costituzione assegna al CSM è tassativo), si è arrogato la funzione di formare i magistrati.

Se la formazione dei magistrati fosse lasciata in capo al CSM (ripeto: contro la lettera della legge), si determinerebbe il consolidarsi, dannoso sotto il profilo dell'equilibrio dei poteri individuati dalla Costituzione, di una forte autoreferenzialità. La titolarità della formazione non può quindi che essere individuata in capo a un soggetto formato, strutturato e destinato specificamente a questo compito.

Va poi detto che l’antidoto a quella che anche il collega Fassone individua come forte crescita del senso di autonomia individuale dei magistrati certamente non può essere trovato nel rafforzare e permettere il mantenimento dell’attuale forte senso di appartenenza corporativa alla categoria di tutti i magistrati, che in qualche maniera tutela, copre e protegge, dal proprio punto di vista, l’Associazione nazionale magistrati, e di un sistema che, per forza di cose, oggi vede il Consiglio superiore della magistratura troppo legato (uso un eufemismo) alla struttura di corrente, associativa, della quale finisce poi per essere espressione diretta.

Sicuramente questo disegno di legge tende a dare un’impronta, un’indicazione. Permettetemi di dire però che non mi sento di essere d’accordo con chi sostiene che l’ordinamento giudiziario sarebbe la legge dalla quale scaturisce il modello di giudice. Meglio sarebbe dire che è la legge che scandisce ed è destinata a regolare la vita giudiziaria del magistrato, perché il modello di magistrato - consentitemi - non lo detta l’ordinamento giudiziario: lo detta la Costituzione. E’ un modello di magistrato che deve avere tre semplici caratteristiche: indipendenza, autonomia, imparzialità.

Quindi, non cerchiamo di dipingere a fosche tinte questo disegno di legge solo perché tende - credo con grandi possibilità di successo - non ad attaccare la funzione del giudicare, il ruolo importantissimo dell’applicare la legge al caso concreto, bensì a riportare questo ruolo e questa funzione entro quei medesimi limiti, nell’interesse stesso della credibilità della funzione giudiziaria.

Si è criticato fortemente il modello concorsuale, ma credo che (malgrado tutte le critiche mosse a tale modello e fermo restando che, come qualunque scelta di tipo fortemente innovativo, sarà poi la pratica a dirci se avremo operato o meno una scelta realmente utile, cosa che ritengo vera) dovete convenire che, al di là di qualunque forma di approccio più o meno polemico o politico al tema, il modello concorsuale è l’unico, almeno sulla carta, che può reggere e regolare una progressione di carriera che - questa è poi l’ironia della politica - tutti noi, maggioranza e opposizione, concordiamo dover ormai essere riportata ai princìpi del merito e della qualità del lavoro svolto dal singolo magistrato.

E allora, cosa vogliamo per garantire che si torni a quei criteri di progressione di carriera? Vogliamo affidarci ancora una volta alle valutazioni di un Consiglio superiore della magistratura che, purtroppo (spiace dirlo, ma credo non si possa negare), quando negli ultimi tempi, in anni recenti, ha operato queste valutazioni si è lascito guidare non sempre e non solo dai criteri della qualità e del merito, ma troppo spesso anche da logiche interne dettate al CSM stesso nello svolgimento del proprio compito istituzionale e da regole che del CSM non sono? Mi riferisco al rapporto interno fra i soggetti componenti il CSM, a loro volta componenti dell’Associazione nazionale magistrati, della quale sono espressione.

E’ un sistema che, in qualche modo, richiede che nel momento della valutazione si introduca la messa alla prova del merito del magistrato e della qualità professionale del lavoro da lui svolto. Ebbene, la messa alla prova sta nell’individuazione del mezzo, che non può consistere nella mera valutazione in termini di più o meno lata discrezionalità, o più o meno irreggimentata secondo cosiddetti criteri predeterminati, che però sono predeterminati in maniera da consentire che la discrezionalità si possa espletare nella forma più ampia possibile.

Così come, permettetemi di dirlo, credo sia una petizione di principio e nulla più dipingere il sistema concorsuale come momento in cui i magistrati si dedicheranno a tutto fuorché al lavoro, perché si limiteranno a preparare questo o quel concorso.

Rendiamoci conto che già sulla base del testo oggi all’esame dell’Aula, e ancor più sulla base di alcuni emendamenti - se approvati - da me personalmente proposti, il momento valutativo concorsuale sarà quello che privilegerà, proprio perché orientato sul modello della prova teorico-pratica, chi ha lavorato e si è formato, lavorando, una vera professionalità. Altro che concorsificio! Altro che magistrati chiusi nei loro uffici non a lavorare ma a studiare e stendere bellissime sentenze preparandosi per il concorso! Sarà il lavoro sul campo la prova di concorso per la progressione di carriera del magistrato, che così potrà superarlo.

Ritengo il tema superato, per cui mi limito a citarlo. Non credo si possa tacciare questo disegno di legge di incostituzionalità per tentato o avvenuto spossessamento del ruolo e delle funzioni del Consiglio superiore della magistratura in relazione ai concorsi. Non è il caso di citare la giurisprudenza costituzionale e non c’è dubbio che il meccanismo dei concorsi costituisca l’iter di un procedimento che porta inesorabilmente a mantenere doverosamente nel CSM il momento decisionale finale complessivo nel quale si sublima la funzione attribuitagli dalla Costituzione.

Non dimentichiamo che le censure che oggi muovete ex articolo 106 della Costituzione a questo sistema in relazione ai poteri del CSM non sono state rivolte, fino ad oggi, al primo concorso, quello per l’accesso in magistratura. Se i vostri rilievi fossero veri, dovrebbero valere tanto per questi concorsi, quanto per il concorso per l’accesso in magistratura. Credo quindi che anche sotto questo profilo non si possano condividere i vostri pur lodevoli sforzi.

Vorrei fosse chiaro che, anche se non si riuscirà a lavorare fino in fondo su ogni singolo aspetto nello spirito sollecitato dalla Presidenza del Senato, si può comunque dare atto all’opposizione (e in particolare ai colleghi che hanno lavorato in Commissione, con me e con il presidente Caruso, su questo testo) della ferma intenzione di conseguire un risultato effettivamente utile per il Paese e per i cittadini italiani.

Cercherò ora di procedere a volo di uccello, visto che siamo in sede di replica. Si è criticato molto il sistema della separazione delle funzioni, dicendo, tra l’altro, che sarebbe anticostituzionale e che si creerebbe un super pubblico ministero, visto che attualmente il pubblico ministero, secondo il modello del codice di procedura penale, è il "capo" della polizia giudiziaria.

Ebbene, permettetemi di dire che non è vera né l’una, né l’altra proposizione. Non è vera la prima perché la Costituzione stabilisce che alla magistratura si accede per concorso, e noi prospettiamo non una nomina diretta, bensì le modalità attraverso cui, in relazione all’esercizio delle funzioni, saranno espletati o un concorso con doppia commissione, ovvero due concorsi per accedere alle due funzioni in cui viene giustamente divisa la l’attività giudiziaria.

Prospettiamo altresì una norma che tiene ferma la possibilità imprescindibile di passare da una funzione all’altra, anche in questo caso previo superamento di un esame, di una valutazione e di una verifica delle attitudini e delle professionalità. Non vi è quindi rottura, neanche sotto questo profilo, con le norme costituzionali.

Colleghi, teniamo presente che uno dei punti che vi è l’intenzione di modificare in sede di necessaria e non più rinviabile revisione del codice di rito penale è certamente quello che riguarda il rapporto tra pubblico ministero e polizia giudiziaria. Pertanto, se tale fosse uno dei timori dei colleghi dell’opposizione, credo di aver replicato anche sotto questo profilo.

Mi avvio a concludere affrontando il delicatissimo tema del disciplinare; vi sarebbero mille altri aspetti da toccare, ma mi limiterò a questo. Sul tema del disciplinare, sotto il duplice delicatissimo aspetto dell’illecito disciplinare in relazione all’attività di applicazione della legge e della politicizzazione - chiamiamola così, per parlare in sintesi e per slogan - dei singoli magistrati, vi sono state grandi critiche.

Credo che nel prosieguo dei nostri lavori dovremo tener presente una considerazione da cui dobbiamo partire. Se veramente tutti vogliamo raggiungere - e credo che il disegno di legge in esame per parte sua certamente lo voglia - il risultato di ridisegnare un magistrato che sia innanzitutto il fedele applicatore della legge, nel tormento di una funzione altissima e nobilissima, non vi possono essere equivoci.

Avrete già constatato, colleghi dell’opposizione, che su entrambi questi delicatissimi temi io stesso ho presentato due emendamenti che riscrivono la norma. Non si può deflettere dal perseguimento di un risultato che, in ordine all’appartenenza ai partiti politici o alla militanza politica del giudice, nell’interesse dei cittadini e dell’amministrazione della giustizia, non può dimenticare che il magistrato deve avere non solo la sostanza, ma anche l’apparenza dell’imparzialità, come è stato sostenuto anni fa dall’allora presidente della Repubblica Pertini e come è stato ripetuto recentemente dal presidente della Repubblica Ciampi intervenendo al CSM.

Ebbene, nell’attività giudiziaria, nessuno, neanche per un attimo, ha mai lontanamente ipotizzato di voler conculcare, comprimere, limitare la fondamentale attività di interpretazione come fissata nell’articolo 12 delle preleggi. Sarebbe stata una pura follia sul piano costituzionale.

Si intende solo dire a chiare lettere (perché questo è anche il momento della forza e della dignità della politica) che vi sono argini ben precisi, canali, binari fissati dalla Costituzione e l’unico limite alla doverosa attività d'interpretazione non può che essere il momento in cui il magistrato, travalicando l’attività interpretativa, può di fatto ricadere nello svolgimento di un altro potere costituzionale, di un’altra funzione costituzionale, sia essa legislativa, sia essa amministrativa. (Applausi dai Gruppi AN, FI e dei senatori Pedrazzini e Magistrelli).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, senatore Fassone.

 

FASSONE, relatore di minoranza. Signor Presidente, nella mia replica penso di dover appuntare le mie considerazioni essenzialmente sulle più significative proposizioni dei colleghi della maggioranza che si sono espressi in sede di discussione generale e sulle osservazioni più salienti del relatore. Per economia di tempo necessaria e doverosa, ne considero soltanto alcune.

Innanzitutto, intendo soffermarmi sulle considerazioni espresse ora dal relatore, secondo il quale la riforma che stiamo discutendo non è dettata da nessuno spirito rancoroso, non c’è alcuna intenzione di intaccare l’indipendenza della magistratura - l’hanno affermato in discussione generale il collega Centaro ed altri - e quindi è improprio il timore che ho affacciato.

Sono lieto di ricredermi, anche perché espressioni come quelle pronunciate dal senatore Compagna ("voi invocate un clima non rancoroso ma lo invochiamo anche noi") mi trovano completamente d’accordo.

Mi limito pertanto a rievocare, giusto per dare un minimo di plausibilità al timore che affacciai, alcune dichiarazioni di ben diverso contenuto. "Ora i giudici li sistemo io". È il titolo di un articolo apparso con grande risalto qualche mese fa, per bocca autorevolissima del Presidente del Consiglio.

Le stesse cadenze temporali della riforma stop and go, legate a vicende processuali a tutti note, confermano questo mio timore. Sono lieto ora di apprendere, sentire e vedere, possibilmente nei fatti, che tale timore è giustificato. In effetti, do atto con apprezzamento al relatore che alcuni emendamenti che si accinge a sottoporre all’esame dell’Aula vanno proprio nel senso di attenuare questa mia preoccupazione, che, in difetto, sarebbe sempre viva.

Guardiamo però alla sostanza. È vero o non è vero che questa legge non intacca minimamente il senso dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura?

Signor Presidente, signor Ministro, nell'ambito della dottrina giudiziaria si parla concordemente e diffusamente di due categorie di influenza sui giudici: si parla di influenza forte e di influenza debole.

L'influenza forte è a tutti nota. Si traduce in un'azione diretta sul contenuto di un provvedimento, come sarebbe l'ingiunzione di archiviare, non sconosciuta ad altri ordinamenti a noi vicini; ovvero, si traduce nel far dipendere la carriera del magistrato dal potere diretto del Ministro, o comunque dal potere politico. Questa è l'influenza forte e concordo senza fatica che di questa non c'è traccia.

Ma dottrina e sensibilità comune parlano anche di un'influenza debole, che è un atteggiamento suscettibile di interferire in misura apprezzabile sul processo decisionale, inclusa la decisione interna al magistrato se agire o non agire.

Noi che abbiamo lunga esperienza di aule giudiziarie sappiamo come sia delicato e difficilissimo il meccanismo psicologico e mentale del giudicare, come corra spesso un capello tra una decisione e quella ad essa contraria, tra l'acquisire efficacia convincente ad un certo paniere di prove o il rifiutargliela, tra aderire ad una certa interpretazione molto controversa e molto complicata o all'interpretazione opposta.

Chi ha giudicato sa come delicatissime e quasi impalpabili siano le emozioni che alla fine inducono ad una decisione piuttosto che ad un'altra anche nella più perfetta serenità e buona fede e quindi sa bene come siano innumerevoli i fattori di alterazione e di inquinamento di questo delicato processo decisionale. La prospettiva di un vantaggio o di una conseguenza negativa, le possibili ripercussioni sulla carriera o su aspettative del soggetto, una forte pressione psicologica dalla quale esca un'immagine negativa del magistrato qualora adotti una certa decisione.

Questo processo è molto delicato e la legge lo mette a repentaglio, signor Presidente, signor Ministro. D'altra parte, collega relatore, perché voi senatori della maggioranza vi siete tanto impegnati per ottenere una dilatazione del concetto di legittimo sospetto, cioè di quella situazione addirittura esterna che può influire sulla decisione? Perché nell'articolo 7, relativo all'illecito disciplinare, considerate - ed io concordo - che possa rappresentare illecito la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando sia idonea a condizionare la libertà di decisione? Perché concordemente in passato decidemmo, anche se non divenne legge, di chiedere che i magistrati andati in pensione non possano essere investiti di incarichi di tipo ministeriale per un certo tempo proprio per evitare che questa aspettativa si proietti sul loro agire negli ultimi anni dell'esercizio della funzione?

Tutto questo lo abbiamo fatto perché consapevoli che il magistrato deve operare sine spe ac sine metu: il suo agire non può dipendere né dall'aspettativa di un vantaggio, né dal timore di una difficoltà.

Qui le interferenze ci sono, onorevole collega relatore, beninteso nell'ambito di questa influenza debole che sottopongo alla riflessione di tutti, e i possibili fattori inquinatori sono, per l'appunto, la lunga stratificazione dei concorsi, perché il concorso, così com’era nella formulazione originaria e così come mi auguro sarà cambiato, produce fatalmente conformità. Se un soggetto sa che la sua decisione sarà vagliata da altri, è più difficile che si discosti dall'ortodossia, da ciò che altri desidera sia scritto.

Analogamente, la censura disciplinare ha un certo tipo di interpretazione che anche qui - apprendo - sarà corretta, ma questo giustifica la mia preoccupazione fino a quando non lo sarà. Anche questo è un potente fattore di inquinamento della libertà di giudizio.

E ancora: la pesante soggezione del sostituto al capo dell'ufficio in tutte le materie delle quali dovrà occuparsi, a prescindere - su questo che richiamo l'attenzione, signor Ministro - dalla correttezza e dalla legalità della richiesta. Tutore di questa legalità è già il giudice per le indagini preliminari: perché richiedere un ulteriore assenso, quando siamo fisiologicamente consapevoli che l'illegalità sarà rifiutata da un giudice? Perché ci sono altre forme di interferenza che voi volete consentire. E allora, comprendete che il mio primo timore, cioè che questa legge contempli un pulviscolo delicato di interferenze rispetto all'indipendenza del giudicare, del delicatissimo processo psicologico del giudicare, è indubbiamente confermato.

L'altro aspetto è quello dei concorsi. Il collega relatore ha dichiarato che non ci rendiamo conto dell'esigenza di verifiche di professionalità: mi permetto di contraddirlo. Egli sa bene che l'opposizione tutta ha presentato proposte che non si limitano a dire dei no. Personalmente, sono fautore di una rigorosissima verifica di professionalità, ma è lo strumento qui impiegato che non mi trova consenziente. E tanto poco sono ingiustificate le critiche da me sviluppate ampiamente nella relazione di minoranza che il relatore si accinge oggi a modificare lo strumento.

Il concorso per titoli ed esami ha tutte le debolezze da me più volte lamentate, essendo indirizzato alla verifica di ciò che il giudice sa anziché del modo in cui sta facendo il giudice, che tutti auspichiamo. Lo strumento inizialmente prescelto aveva queste debolezze, oltretutto produttive di pesanti effetti negativi sull'organizzazione giudiziaria, alla quale lei, signor Ministro, è certamente sensibile.

Un concorso per titoli ed esami produce la fuga dei magistrati da quelle funzioni nelle quali non si producono i titoli. Sebbene il collega cerchi di ridurlo, l'impatto che io lamento permane comunque sull'efficienza del servizio, perché una quota del tempo e delle energie dovrà essere dedicata ai concorsi. E voi avete disseminato lungo la carriera del giudice ben nove concorsi, di cui sei tra il quinto e il sedicesimo anno della carriera: nella stagione in cui migliore è la combinazione tra esperienze e forza fisica e psichica, il magistrato incontra ben sei possibili occasioni concorsuali che affronterà, se è mediamente ambizioso. Questa è una pesantissima distorsione delle energie dall’efficienza del servizio.

Un punto sul quale il collega ha accennato appena di scorcio, ma che sarà nodale nella discussione degli emendamenti, è quello dei concorsi separati, prologo alla separazione delle carriere. Il discorso sarebbe immenso e, dovendo essere breve, spero ci sarà concesso di svilupparlo con sobria ampiezza - mi sia scusato l'ossimoro - nel corso dell'illustrazione degli emendamenti. Un punto, però, va chiarito sin d'ora, perché sento troppe volte un'enunciazione incongrua.

Si afferma che il modello accusatorio esige la separazione delle carriere, e questo non è vero, colleghi. Le opinioni sono tutte rispettabili, ma devono essere fondate su argomenti rispettabili. Il modello accusatorio postula e pretende l'eguaglianza delle parti, quanto a titolarità di facoltà processuali, quando sono davanti al giudice. Questo è ciò che esige il modello processuale accusatorio, tant'è vero che in altri ordinamenti in cui è praticato è compatibile con l'unicità delle carriere.

L'assunto di cui sopra va quindi accantonato, dopo di che possiamo discutere se sia opportuna o meno la separazione debole che il relatore ha proposto e sulla quale mi pare di capire non vi siano spazi di mediazione.

Mi faccio carico dell'esigenza, affermata correttamente più volte, che il giudice sia terzo e imparziale, abbia cioè di fronte a sé parti equidistanti. Il collega relatore sa bene che ciò non avverrà; se vogliamo essere scrupolosi nel pretendere quanto sopra, evitando che il giudice, secondo quanto affermato comunemente, abbia orecchio più benevolo verso il pubblico ministero perché è un collega rispetto al difensore che collega non è, l'obiettivo non è raggiunto con lo strumento cui si intende ricorrere.

Sappiamo che la separazione delle carriere in senso forte, tecnico o compiuto esige cinque elementi: diverso concorso, diverso tirocinio, diverso ruolo di anzianità, diverso organo di autogoverno e possibilità di transito dall’una all’altra funzione solamente attraverso un concorso perfettamente omologo a quello per il quale si è acceduto alla prima funzione.

Questa è la separazione in senso forte ed io sono lieto che non l’abbiate voluta perseguire. Allora, però, la separazione in senso debole continuerà ad avere un pubblico ministero facente parte della giurisdizione e, quindi, comunque collega del giudice.

Dunque, come si suol dire, avete sciupato lo zucchero per salvare il sale, perché in questo caso non si realizzerà l’obiettivo voluto, ma un altro obiettivo attraverso quella famosa perversione dei fini che tante volte ci tocca constatare. Mi riferisco al fatto che un pubblico ministero che noi vorremmo - e credo anche voi vorreste - ancor più radicato nella cultura della giurisdizione, ancor più rispettoso delle regole e non soggetto alle logiche di risultato, sarà invece un po’ più pubblico ministero.

Lo vorremmo tutti un po’ meno pubblico ministero, tant’è vero che proponiamo un percorso previo di tre anni nella funzione giudicante, proprio perché faccia proprio il modulo del disinteresse istituzionale che è tipico del giudice. Proponiamo questo proprio per farci carico del problema, che è vostro ed è di tutti.

La soluzione da voi proposta, però, non darà un pubblico ministero un po’ meno pubblico ministero, ma, al contrario, un pubblico ministero - se così posso dire - al quadrato, cioè più sensibile alle logiche di risultato, più legato alle finalità degli organi della Polizia di Stato e un po’ meno partecipe della cultura della giurisdizione. Questo non è un vantaggio, mentre gli altri vantaggi sono altamente problematici.

Signor Presidente, se mi consente, la familiarità (almeno spero di poterla invocare) con i colleghi che mi ascoltano mi induce a spendere una manciata di secondi per un apologo. Nel Settecento sorse la questione - ringrazio l’onorevole Valentino per il sorriso di simpatia che come sempre mi rivolge - se i preti potessero andare a caccia. Da una parte, si sosteneva che un prete non può uccidere le creature del buon Dio proprio perché è un prete; dall’altra, si replicava che l’istinto della caccia è primordiale, è insito nell’uomo e, quindi, anche un prete vi è soggetto proprio perché è uomo. Dopo eleganti disquisizioni, la risposta gesuitica fu che il prete poteva andare a caccia, ma "paulo cumschiopeto",cioè con un fuciletto piccolo piccolo. Ebbene, voi state realizzando questa separazione "paulo cum schiopeto",cioè con un fuciletto piccolo piccolo, idoneo come tutti gli altri ad uccidere le starne, i beccaccini, le lepri e i caprioli.

In un recentissimo convegno a Verona, lo stesso signor Ministro si è reso conto che parecchi interventi sono ancora necessari su questo provvedimento e, in particolare, sulla macchinosità dei concorsi.

Ho già preso atto di alcuni emendamenti proposti dal relatore; vedremo quale sarà l’andamento della discussione. Anche il sottosegretario, onorevole Vietti, si è espresso nel senso della necessità di ulteriori ritocchi.

Noi siamo pronti a mantenere quello che lei, signor Ministro, in una seduta del luglio 2002 dichiarò e riconobbe come atteggiamento costruttivo dell’opposizione, ma siamo anche pronti ad essere fermi nel contrasto su alcuni punti che riteniamo di importanza nodale e dagli effetti probabilmente assai gravi.

Visto che parliamo di esami, consentitemi di concludere con una citazione di Plutarco: "Grave è il pericolo che possa fare ciò che non deve quegli che ha avuto il potere di fare ciò che vuole". Noi cercheremo di scongiurare questo pericolo. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e del senatore Zavoli).

 

PRESIDENTE. Senatore Fassone, la ringrazio anche per l’apologo. Se mi è consentito, nel clima di familiarità con cui si sta svolgendo questa discussione, vorrei citare un apologo altrettanto latino che mi è venuto in mente.

Ai tempi di mia nonna, per fare una cosa che doveva essere fatta assieme, congiunta, suppongo nella stessa carriera, ma anche un po’ separata, si diceva che la si faceva interposito lino. Non so se in quel caso mio nonno operasse "paulo cumschiopeto", ma così andava.

La ringrazio nuovamente perché l’apologo, è stato utilissimo.

Ha facoltà di parlare il Ministro della giustizia.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli senatori, non interverrò puntualmente su tutti gli aspetti della riforma, dato che è stato fatto in materia credo esaustiva e assolutamente efficace da parte del relatore. Vorrei aggiungere alcune considerazioni e soffermarmi su alcuni punti che vorrei portare alla vostra attenzione.

Innanzitutto, con questo tema entriamo finalmente - lasciatemelo dire - nel cuore della riforma della giustizia. Ricordo che non esiste una legge di riforma, ma un complesso di provvedimenti che il Governo sta cercando di portare avanti in maniera organica. Finalmente questo, che è sicuramente uno dei più importanti, approda in un'Aula parlamentare.

Ma perché c'è bisogno di una riforma? Cos'è - consentite anche a me una sorta di citazione latina - questa cupio reformandi che sembra abbia preso il Governo in materia di giustizia? Almeno per quanto riguarda il Governo, la questione è assolutamente chiara. Vedete, sono ormai diciotto-venti mesi, se la memoria non mi tradisce, che discutiamo intorno a questo provvedimento di legge. Ci sono state discussioni approfondite, dibattiti anche aspri, addirittura uno sciopero della magistratura; tutte questioni che però ritengo abbiano interessato ben poco il cittadino.

Cosa interessa al cittadino? Al cittadino interessa una giustizia equa, ma anche - come ricorda la nostra Costituzione, come ricorda la Carta europea dei diritti dell'uomo e come prescrivono anche il buon senso e la morale naturale - una giustizia rapida. E la giustizia in Italia - lo sappiamo, ce lo siamo detti molte volte - non è assolutamente rapida; anzi, ormai è patologicamente lenta.

Signor Presidente (lancio qui una piccola provocazione), se il Senato si adeguasse ai tempi, al Terzo millennio, e consentisse di svolgere questi dibattiti con il supporto dei moderni mezzi che la tecnica fornisce, potrei anche proiettare grafici e tabelle. Ma siccome non si può fare, cercherò di spiegarmi a parole.

Se andiamo a vedere la durata dei processi sia civili che penali dall'inizio della Repubblica ad oggi, notiamo una linea che inesorabilmente cresce e non si ferma mai; ogni tanto c'è qualche piccola flessione, ma cresce sempre. Non sono bastati - li ho contati - una ventina di provvedimenti assolutamente importanti e pregnanti in materia di giustizia per arrestare questo trend inesorabile. Non sono bastate nemmeno fortissime iniezioni di risorse finanziarie nel bilancio della giustizia. Il trend è sempre cresciuto, inarrestabile, senza fermarsi mai.

Qualcuno sostiene che ciò sia dovuto al fatto che sono poche le risorse destinate alla giustizia. Se però, poi, si va a fare un confronto con altri Paesi europei dove la giustizia, invece, funziona, si rileverà che, mentre in Italia la durata di una controversia in materia civile è di circa centosedici mesi, di cinquanta in Germania e di ottantanove in Francia, mentre la media europea è di sessantanove mesi. Quindi, da noi i processi durano quasi il doppio.

Se poi confrontiamo le risorse che il nostro Stato attribuisce al bilancio della giustizia rispetto a quelle di altri Paesi, vediamo che non è questione di risorse. Infatti, con la finanziaria dell'anno scorso abbiamo destinato alla giustizia lo 0,48 per cento del PIL, contro lo 0,44 del Regno Unito, lo 0,48 della Germania, lo 0,52 dell'Austria. Quindi, siamo in linea.

Qualcun altro sostiene che i nostri magistrati sono troppo pochi e bisogna aumentare gli organici. Anche qui, se andiamo a vedere i dati (vedete, per cultura personale, per tradizione, credo molto più ai numeri che alle parole in libertà, perché i numeri sono incontrovertibili), rileviamo che effettivamente la Germania ha 2,78 magistrati togati ogni 10.000 abitanti, però l'Italia è al terzo posto, con 1,39, contro l'1,25 della Francia, lo 0,89 della Spagna e addirittura lo 0,46 del Regno Unito. Quindi, non è vera neanche questa affermazione.

Allora, qual è il male oscuro che attanaglia la giustizia italiana per cui, malgrado tutti gli interventi fatti nell’arco di un cinquantennio, la durata dei processi aumenta inesorabilmente e costantemente, facendo sì che si sia creato un arretrato di ormai quasi dieci milioni di processi? Perché di tutti i Ministri, tutti i Governi e tutti i Parlamenti che hanno preceduto l’attuale Parlamento (peraltro ancora atteso alla prova), nessuno è riuscito a risolvere il problema e tutti hanno fallito? Sono domande che ritengo assolutamente necessario porsi.

La risposta del Governo (anzi, questi problemi ce li siamo posti addirittura prima della campagna elettorale, quando abbiamo stilato il programma di Governo, che allora era programma elettorale da sottoporre agli italiani e per il quale gli italiani stessi ci hanno dato l’onore e l’onere di governare) è consistita nell’individuazione di due questioni.

La prima è legata soprattutto all’eccessiva farraginosità delle norme; bisogna, quindi, intervenire sui codici, ed è quello che stiamo tentando di fare. La seconda riguarda un tema tra l’altro molto caro anche al Presidente della Repubblica, cioè quello della mancanza assoluta di efficienza del sistema; efficienza intesa in senso ingegneristico, come il rapporto tra risultati raggiunti e risorse destinate.

È chiaro che questo provvedimento non è risolutivo. Qualcuno ci ha rimproverato che fosse il primo e fosse come immagine in qualche modo punitivo nei confronti dei magistrati: assolutamente no. Esso fa parte di tutta una serie di provvedimenti che il Governo ha messo in cantiere e nessuno è precedente agli altri in ordine di importanza. Questo ne precede altri solo e semplicemente in termini cronologici.

Quindi, non vi è alcuna primazia rispetto ad altri provvedimenti che hanno richiesto un’elaborazione maggiore e che quindi sono arrivati dopo; alcuni, come la riforma del codice di procedura civile, sono già stati presentati al Consiglio dei ministri. Altri sono ancora all’esame mio, del Ministero della giustizia e del Governo, affinché possano essere poi presentati: cito tra tutti la riforma del codice penale e del diritto fallimentare, nonché la riforma (ormai sempre più improcrastinabile) del codice di procedura penale, uno dei punti che creano meccanismi assolutamente insuperabili e fanno diventare molto lunghi procedure e procedimenti.

Quali sono i punti fondamentali del disegno di legge? Li ha già ricordati molto bene il relatore. Rivediamo profondamente i criteri di accesso alla magistratura, e mi pare che al riguardo non vi siano grosse resistenze o grosse obiezioni; mi sembra che il meccanismo immaginato abbia trovato, tutto sommato, un certo consenso.

Altri punti invece sono oggetto di maggiori critiche. Circa la separazione delle funzioni, devo intanto ricordare al collega Fassone che una delle principali preoccupazioni del Governo è stata quella di formulare un testo che fosse al riparo da critiche di incostituzionalità, e ciò per varie ragioni che non starò ora a ricordare; ripeto che questa è stata una nostra forte preoccupazione. È quindi chiaro che, operando a Costituzione vigente, dobbiamo, per così dire, trovare uno schioppettino, perché il cannone che vorremmo va predisposto e costruito modificando la Costituzione.

Questa scelta minimalista, quindi, non è dovuta a mancanza di coraggio o di una visione precisa del modo in cui, a nostro parere, dovrebbe essere costruita una magistratura moderna, ma è dovuta al fatto che, quando si agisce, bisogna sempre farlo considerando le condizioni di contorno; e la condizione di contorno precisa che abbiamo tenuto presente è la Costituzione vigente, che non consente di andare oltre certi limiti.

Tuttavia, sotto questo punto di vista, la discussione che si porta avanti è abbastanza paradossale, perché c’è una difesa ferrea, ad oltranza, del sistema così com’è da parte praticamente di tutta la magistratura schierata e anche delle forze di opposizione (sul punto credo abbiate grande consonanza), non basata però sulla realtà dei fatti.

La realtà dei fatti ci dice qualcos’altro. Se oggi il mondo occidentale è arrivato a certi livelli, è perché è nato un signore, che si chiamava Galileo Galilei, che all’ipse dixit ha sostituito la scienza sperimentale. Si va avanti considerando i fatti e i fatti ci dicono cose molto semplici: ad esempio, che negli altri Paesi europei la giustizia funziona molto meglio.

Se potessi proiettare qui una mappa in cui siano colorati diversamente i Paesi dell’Unione Europea dove i pubblici ministeri sono in qualche modo sottoposti all’Esecutivo e i Paesi in cui i pubblici ministeri sono assolutamente indipendenti, vedremmo un’Unione Europea quasi tutta del colore che contrassegna i Paesi del primo tipo.

Debbo anche dire che è molto facile rispondere alle obiezioni del senatore Fassone su quale sia la struttura migliore per il processo accusatorio. Là dove il processo accusatorio ha grandi tradizioni, anche storiche e cronologiche, e funziona bene, vi è pubblico ministero che addirittura a volte è un funzionario dello Stato, non è nemmeno un magistrato. Quindi, senatore Fassone, è molto facile rispondere pragmaticamente alle sue obiezioni, che - mi consenta - sono solo teoriche. In Italia non c’è mai stata la controprova; non abbiamo mai sperimentato un modello in cui il pubblico ministero non fosse assolutamente indipendente … (Commenti dei senatori Petrini e Zancan).Almeno nella storia della Repubblica.

BRUTTI Massimo (DS-U). Neanche nello Stato liberale c’era questa indipendenza: è una novità della Repubblica.

CASTELLI, ministro della giustizia. Non mi avete lasciato finire il pensiero.

Per quanto riguarda la Scuola permanente, anche su di essa c’è stata qualche obiezione, ma il Governo, proprio nello spirito di eliminare qualsiasi fumus di incostituzionalità e qualsiasi fumus di intento punitivo nei confronti della magistratura, ha rinunciato ad interferire in ogni modo, anche in maniera indiretta, con la Scuola.

Credo però che ci sia bisogno di una scuola indipendente. Abbiamo elementi reali che ce lo fanno ritenere. La stessa questione nata recentemente riguardo al professor Pizzorusso mi pare sia paradigmatica, perché temi del genere sono talmente fuori luogo in una Scuola del Consiglio superiore della magistratura da aver costretto il Presidente ad un intervento realmente deciso, pesante ed inequivocabile in tal senso.

Non è grave questo fatto, perché, come si suol dire, errare humanum est. Secondo me, è stato molto grave il fatto che su uno dei principali quotidiani italiani un autorevole esponente del CSM, componente della Commissione che si occupa della Scuola, difendesse quel testo. Ciò è molto grave e ci fa pensare che forse ci sia bisogno di una Scuola realmente indipendente, non improntata a temi che - scusate - non riesco a capire cosa abbiano a che fare con l’educazione di un giovane magistrato, giacché prettamente politici.

Mi piace ricordare due aspetti che forse oggi non sono stati citati dal relatore, e se non è così chiedo scusa. Il primo è che apriamo i consigli giudiziari alla società civile. Credo sia un dato assolutamente fondamentale. Il secondo aspetto, che personalmente mi sta molto a cuore, è che siamo intervenuti in maniera più cogente sull’articolo 19 dell’ordinamento giudiziario (regio decreto n. 12 del 1941), riguardante le incompatibilità. Vi è un malcostume che purtroppo il CSM - in maniera credo poco accorta - ha consentito continuasse a proliferare. Ritengo veramente virtuoso da parte nostra intervenire in proposito.

Per quanto riguarda gli automatismi di carriera, mi sembra che la questione sia stata troppo enfatizzata soprattutto alla luce di un emendamento che, su accordo o iniziativa dei componenti della Casa delle Libertà, il Governo si appresta a presentare e che sfronda quello che sembrava un quadro troppo complesso, che alla fine si riduce semplicemente all’opportunità, data ad un giovane che intenda impegnarsi di più e che nel tempo libero, invece di scrivere romanzi - cosa che accade, basta navigare su Internet per rendersi conto che sono tantissimi i magistrati romanzieri - o andare a giocare a tennis, di dedicarsi allo studio e preparasi al concorso.

Si offre semplicemente la possibilità a giovani che vogliono impegnarsi di più di fornire un servizio al Paese, perché se avanzano in carriera più rapidamente e apprendono più velocemente recano un servizio prima a sé stessi e poi a tutto il Paese. Ricordo al riguardo - è un dato che non ho mai sottolineato - che la progressione di carriera attuale resta esattamente come prima. Non viene eliminata. La situazione resta esattamente quella di oggi. Semplicemente, offriamo una possibilità in più a chi voglia rendere un maggior servizio al Paese.

Il riconoscimento del Governo non è di carattere tecnico. Lo è in parte. Sicuramente, però, è un riconoscimento di carattere politico. Con questa proposta il Governo vuole dimostrarsi aperto al dialogo, attraverso un atto concreto, con l’opposizione e la magistratura organizzata. So che questo tema non piace molto neanche ad alcuni miei colleghi, ma si tratta di un onere che si assume il Governo - il Ministro, in particolare - per dimostrare che comunque, al di là di ogni ragionevole dubbio, la porta resta aperta al dialogo.

Questo credo sia il segnale politico che vogliamo dare con la nostra proposta, che spero venga apprezzata per ciò che è. In realtà, si tratta di uno sforzo che abbiamo voluto compiere superando anche obiezioni interne - peraltro, a mio avviso, perfettamente legittime, perché il quadro che avevamo tracciato era sì complesso, ma coerente con un preciso disegno - per dimostrare che siamo in grado di fare qualche passo indietro per tenere aperta la porta al dialogo e quindi per dimostrare nei fatti che la nostra non è assolutamente un’intenzione punitiva. Il nostro è un atteggiamento di apertura sulla falsariga della nostra concezione del funzionamento della magistratura, che così bene ha illustrato il relatore, senatore Luigi Bobbio.

Una norma molto importante introdotta dalla Commissione riguarda l’ausiliare del giudice. Purtroppo, devo darvi una cattiva notizia: la Tesoreria ci segnala l’assenza di copertura finanziaria. Dobbiamo dunque cercare di risolvere il problema, che sottopongo all’attenzione di tutti.

Lo stesso discorso vale per l’articolo 10, relativo alla Corte dei conti e al Consiglio di Stato, che determina maggiori oneri non adeguatamente quantificati, né coperti finanziariamente. Questo è quanto afferma la Ragioneria generale dello Stato. È un tema sul quale dovremo esercitarci. Se riusciremo ad introdurre l’ausiliare del giudice, avremo infatti compiuto sicuramente un passo avanti assolutamente significativo. Al riguardo, ricordo che si tratta di una richiesta unanime che proviene da tutte le forze politiche e da tutta la magistratura.

Concludo con alcune questioni che mi stanno a cuore. La prima riguarda la tipizzazione degli illeciti disciplinari. Cito un fatto concreto, perché credo che sui casi concreti si ragioni meglio che non sulle accezioni di carattere teorico.

Vi leggo la dichiarazione che un pubblico ministero ha rilasciato ad una radio di copertura nazionale il 2 agosto 2001 a proposito dei fatti di Genova: "È più difficile indagare su Genova che sulla strage di Bologna. È chiaro che ogni volta che pezzi dello Stato devono rispondere di episodi così rilevanti penalmente scattano protezioni e coperture anche perché non si sa mai dove finisce la catena di complicità e quindi l’omertà di Stato. Uno dei dati che si sono visti a Genova è questa sorta di violenza culturale dentro le forze di polizia contro i rossi, contro i diversi, contro coloro che non accettano le regole di questo gioco di uno Stato che vuole diventare sempre più regime. Questa è la cosa più allarmante da sconfiggere politicamente". Ripeto: "Questa è la cosa più allarmante da sconfiggere politicamente". La dichiarazione prosegue: "Questo rappresenta una delle più gravi responsabilità, un segnale della caduta di sensibilità democratica delle forze che ci governano".

Senatore Fassone, ascolto sempre attentamente quel che lei dice, perché da lei imparo sempre e molto, e mi piace dirlo pubblicamente. Lei ha detto che basta un capello per cambiare una sentenza, che il confine tra una sentenza di una certa natura e una di un’altra è questione delicatissima, a volte impalpabile. Quanto influisce questa ideologia su una decisione di questo pubblico ministero, che domani potrà tranquillamente fare il giudice? (Applausi dai Gruppi LP, FI, AN e UDC).

Ma vi è di più: ho attivato l’iniziativa di sanzioni disciplinari nei confronti di quel magistrato e il Consiglio superiore della magistratura lo ha assolto. Credo che questo sia il dato grave: questa autodifesa perenne.

BRUTTI Massimo (DS-U). Lei deve rispettare la decisione di un organo giurisdizionale!

PRESIDENTE. La prego, senatore Brutti!

CASTELLI, ministro della giustizia. Senatore Brutti, forse lei non mi ha capito: non ho detto che ha fatto male ad assolverlo, ho detto che lo ha assolto. È la verità dei fatti! Ho semplicemente reso edotta l’Assemblea …

BRUTTI Massimo (DS-U). Lei deve rispettare quella decisione; la impugni!

PRESIDENTE. Senatore Brutti, per cortesia, non interrompa. Signor Ministro, continui il suo intervento.

CASTELLI, ministro della giustizia. Non ho detto che ha fatto bene o male, ho detto che lo ha assolto. Però, evidentemente, anche lei ha interpretato in maniera negativa quella decisione, perché io ho semplicemente dichiarato che lo ha assolto. (Applausi dai Gruppi LP, FI, AN e UDC).

BUCCIERO (AN). Touché!

CASTELLI, ministro della giustizia. I colleghi mi avevano ascoltato.

Concludo affrontando un’ultima questione. Voglio dare atto di un aspetto che il senatore Fassone ha voluto ricordare e che io stesso ho citato molte volte e mi piace citare ancora oggi: quando ci siamo misurati in materia di giustizia abbiamo dato sempre un grande esempio di come dovrebbe funzionare un Parlamento, cioè con posizioni anche contrastanti, come si conviene in un sistema bipolare, ma sempre con grande rispetto, confrontandosi sulle cose.

Devo sottolineare anche, da parte di molti esponenti dell’opposizione in Commissione giustizia, lo sforzo sincero per migliorare il testo, anche se magari questo non era condiviso nella sua impostazione di fondo.

Proprio in questo senso vorrei rivolgere un invito amichevole ai colleghi dell’opposizione. Spesso, con grande sicurezza vi dedicate a previsioni e affermazioni circa il futuro; vorrei citarne qualcuna. Ad esempio: "Ciò denota l’incapacità della maggioranza e del Governo di centro-destra di prefigurare una riforma, seppure di stampo conservatore. Il risultato che si intende ottenere è quello di tornare alla cultura giuridica chiusa a contributo extracivile, espressione soltanto di interessi radicati, non convergenti in alcun modo con quelli del Paese".

E ancora: "Siete troppo ciechi in questo istinto di normalizzazione, in questo vostro tentativo ancora una volta non di rendere il Paese più moderno, competitivo, giusto ed equo, ma al contrario di renderlo più vecchio, inciampante in mille lacci che la modernità ci pone dinanzi, non competitivo rispetto alle grandi sfide di giustizia e ai diritti che la modernità ci rappresenta".

Oppure: "Questa è una legge di una classe al Governo che ritiene di dover andare brutalmente, in maniera molto spiccia e approssimativa, con la normalizzazione che - altro che cambiamento! - porta indietro il Paese di cinquant’anni"!

Inoltre: "Nella furia cieca o almeno miope non ci si è accorti che si sono introdotte norme che rischiano di creare guai veri". Oppure: "Il momento in cui vi troverete davanti il problema emanerete un decreto-legge per risolvere la questione". Infine: "Quella che state realizzando è una sorta di resa dei conti che, credete, non vi porterà bene perché ciò che avete previsto è troppo pasticciato, troppo confuso, troppo impreciso".

Si tratta di un quadro apocalittico della riforma del Governo, di toni che - ritengo - potremmo adattare, con piccolissime variazioni, a qualsiasi intervento di molti colleghi presenti ora in Aula rivolto ad ogni progetto di riforma presentato dal Governo.

Le frasi che ho citato si riferivano alla riforma del sistema di elezione del Consiglio superiore della magistratura. Credo che dopo un anno e mezzo possiamo affermare che, al di là dei contenuti sostanziali e delle decisioni assunte dal CSM, dal punto di vista puramente tecnico …

BRUTTI Massimo (DS-U). Sono state del tutto contrarie alle vostre previsioni.

PRESIDENTE. Senatore Brutti, la settimana prossima avrà molto tempo per esprimersi.

CASTELLI, ministro della giustizia. Sotto il profilo puramente tecnico, il Consiglio superiore della magistratura funziona molto bene e sicuramente meglio di prima.

Poiché questo era lo spirito del Governo quando ha voluto realizzare la riforma, vi pregherei di fare meno previsioni apocalittiche e forse sbagliate, come io spero, perché sono convinto che avete sbagliato anche in questo caso, in merito alla riforma dell’ordinamento giudiziario. (Applausi dai Gruppi LP,FI, AN e UDC).

 

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei disegni in titolo ad altra seduta.

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

510a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 17 DICEMBRE 2003

(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente SALVI,
indi del vice presidente FISICHELLA

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Ricordo che nella seduta antimeridiana del 4 dicembre hanno avuto luogo le repliche dei relatori e del rappresentante del Governo.

Onorevoli colleghi, non essendo ancora pervenuto il parere della 5a Commissione permanente, sospendo la seduta fino alle ore 10,15.

(La seduta, sospesa alle ore 9,34, è ripresa alle ore 10,15).

Onorevoli colleghi, non essendo ancora pervenuto il parere della 5a Commissione permanente, sospendo nuovamente la seduta fino alle ore 10,45.

(La seduta, sospesa alle ore 10,16, è ripresa alle ore 10,45).

Onorevoli colleghi, è pervenuto il parere della Commissione bilancio, la quale ha espresso parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sui seguenti emendamenti: 1.100, 1.103, 1.104, 2.187, 2.198, 2.202, 2.109a (testo corretto), 2.181a, 2.111, 2.116, 2.123, 2.129, 2.511, 2.196 e 2.197. Non vi sono osservazioni sull’articolo 1 del testo del Governo.

Sull'ordine dei lavori

 

*CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, intendo intervenire sull’ordine dei lavori. Nella seduta di ieri, al termine della Conferenza dei Capigruppo, è stato stabilito il nuovo calendario dei lavori - ovviamente non è questa la sede per metterlo in discussione - in base al quale è stata definita la ripartizione dei tempi della discussione relativamente al disegno di legge n. 1296 e connessi e al Gruppo dei Democratici di Sinistra-l’Ulivo è stato assegnato complessivamente il tempo di un’ora e 43 minuti.

Vorrei in proposito far osservare che stiamo discutendo di una riforma di straordinario rilievo e di grande impegno, una riforma che si attende addirittura dal 1941. La modifica dell’ordinamento giudiziario era stata considerata dai Costituenti così ovvia che si erano preoccupati di dettare una norma per stabilire che: "fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continueranno ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente". E fino ad ora così è stato.

Ciò significa, signor Presidente, in primo luogo che l’ordinamento giudiziario vigente alla data di approvazione della Costituzione era evidentemente in contrasto con la Carta costituzionale e, in seconda istanza, che se non fosse stata inclusa nella VII disposizione transitoria l’ordinamento giudiziario vigente a tale data non avrebbe potuto continuare ad essere osservato in quanto evidentemente incostituzionale.

Con ciò voglio dire che sicuramente stiamo discutendo di un provvedimento di altissimo profilo costituzionale. Ne abbiamo discusso ben due anni in Commissione con pacatezza o con asprezza, ma certamente con intelligenza e rigore. Ora siamo giunti all’esame di questo provvedimento da parte dell’Assemblea e dico con molta franchezza che allorquando si decise di presentare gli emendamenti, parlando anche con altri colleghi (e non dell’opposizione, ma della maggioranza), si disse che avremmo potuto discutere con grande pacatezza, larghezza e rigore delle nostre proposte di modifica. Ciò ci convinse - si trattava di una sorta di patto tra gentiluomini - a non presentare migliaia di emendamenti, come pure avremmo potuto fare qualora avessimo scelto un’altra via, bensì un numero limitato di emendamenti, particolarmente qualificati.

Con questa premessa intendo dire che qualora il nostro Gruppo, quello dei Democratici di Sinistra, dovesse usufruire solo di un’ora e 43 minuti per illustrare l’intero complesso delle sue proposte di modifica, certamente non riuscirebbe in alcun modo a far trasparire le ragioni della sua ferma e forte opposizione a questa proposta di legge delega al Governo.

Chiedo quindi, signor Presidente, che la Conferenza dei Capigruppo possa rivalutare la situazione nel prosieguo della discussione, verificando l’andamento della medesima, affinché questi tempi possano essere letti in modo non vincolante e quindi non ci sia uno sbarramento così fermo; chiedo che nel prosieguo della discussione si possa rivedere questo contingentamento dei tempi onde poter consentire a tutti di esprimere compiutamente, a fronte di una riforma di così ampio rilievo, il proprio pensiero che noi vorremmo trasmettere non soltanto all’Assemblea e al Parlamento, ma all’intero Paese. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

PRESIDENTE. Senatore Calvi, la Presidenza prende atto di questi rilievi non privi di fondamento, che verranno trasmessi all’unico organo competente a decidere in proposito, che è la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari.

 

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1296,

1050,1226,1258,1259,1260,1261,1367,1426 e1536

 

 

PRESIDENTE. Procediamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296, nel testo proposto dalla Commissione.

Do ora lettura integrale del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il testo del disegno di legge in titolo ed i relativi emendamenti, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo sul testo con le seguenti condizioni, rese ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione: a) che siano soppressi gli articoli 8-bis, 10 e 11; b) che all'articolo 2, comma I, lettera o) ai numeri 2) e 3) le parole "classe stipendiale" siano sostituite dalle seguenti: "classe di anzianità"; c) che all'articolo 9, comma 1, alle lettere h) e i), dopo le parole: "prevedere" siano inserite le seguenti: "senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato"; d) che venga approvato l'emendamento 12.800 sostituendo i commi con seguenti: "1. Per le finalità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera o) numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in 2.462.899 euro a decorrere dall'anno 2004; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 5), 6), 11), 12) e 15) nonché lettera l), numero 6) è autorizzata la spesa massima di 594.589 euro a decorrere dall'anno 2004.

2. Per l'istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), è autorizzata la spesa massima di 13.353.900 euro a decorrere dall'anno 2004, di cui 1.716.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, 3.733.500 euro a decorrere dall'anno 2004 per le spese di funzionamento, 2.800.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per il trattamento economico del personale docente, euro 4.860.000 a decorrere dall'anno 2004 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, 112.400 euro, a decorrere dall'anno 2004, per gli oneri connessi al funzionamento del Comitato direttivo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera l) e 132.000 euro, a decorrere dall'anno 2004, per gli oneri connessi al funzionamento dei Comitati di gestione di cui all'articolo 3 comma 1, lettera m).

3. Per le finalità di cui all'articolo 4, la spesa prevista è determinata in 489.700 euro a decorrere dall'anno 2004, di cui 17.044 euro, a decorrere dall'anno 2004, per gli oneri connessi al comma 1, lettera a), e 472.656 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al comma 1, lettere f) e g).

4. Per le finalità di cui all'articolo 6, la spesa prevista è determinata in 1.404.141 euro a decorrere dall'anno 2004.

5. Agli oneri indicati nel presente articolo, pari a 18.305.229 euro a decorrere dall'anno 2004, si provvede:

a) quanto a 17.519.019 euro, a decorrere dall'anno 2004, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

b) quanto a 786.210 euro, a decorrere dall'anno 2004, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge finanziaria.

Il Ministro dell'economia e delle finanze, provvede al monitoraggio dell’attuazione dei predetti articoli 2, 3, 4, 6, e 11, anche ai fini dell’applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978 n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2, della legge n. 468 del 1978.

7. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio".

La Commissione esprime inoltre parere di nulla osta sugli emendamenti, ad eccezione delle proposte 1.100, 1.103, 1.104, 2.187, 2.198, 2.202, 2.109a (testo corretto), 2.181a, 2.111, 2.116, 2.123, 2.129, 2.511, 2.196, 2.197, 3.100, 3.116, 3.120, 3.111, 3.502, 3.117, 3.123, 4.103, 4.107, 4.108, 4.113, 4.121, 4.123 (testo 2), 4.124, 4.125, 5,104, 7.512, 8-bis.103, 8-bis.l06, 10.102, 10.103, 10.105, 10.106, 10.106a, 10.110, 10,111, 10.112, 10.113, 10.115, 10.500, 11.101, 11.500, 11.0.500 (testo 2), 11.501, 13.0.500, sulle quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, e degli emendamenti 2.500, 2.107, 2.108, 3.106, 3.109 e 3.110, 4.101, sui quali il parere è contrario".

Passiamo all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti e un proposta di stralcio che invito i presentatori ad illustrare.

 

*CALVI (DS-U). Signor Presidente, ho presentato molti emendamenti ma colgo l'occasione dell'illustrazione di questo primo emendamento l'1.101, per indicare qual è il contrasto che abbiamo nei confronti del disegno di legge presentato, quali sono le ragioni di tale contrasto e della nostra ferma opposizione, ragioni che possono consentire una riflessione da parte della maggioranza e del Governo su una legge che noi reputiamo deleteria per il nostro sistema.

Abbiamo lavorato due anni in Commissione e abbiamo cercato in qualche modo di arginare gli effetti più deleteri della proposta normativa. Quali sono le ragioni che ci hanno indotto invece ad un atteggiamento così fermamente deciso di opposizione? Non si è trattato di singoli momenti o di singoli punti (si potrà anche convenire, per altro, che la gran parte di queste norme sono state prese da provvedimenti che noi stessi varammo la scorsa legislatura, quando in Aula giunse il provvedimento del ministro Flick, la cosiddetta pagella ai magistrati; molte norme quindi le avevamo elaborate noi nella scorsa legislatura e ovviamente non possiamo essere in dissenso su di esse), il dissenso vero è sulla politica del diritto del Governo e sulla filosofia che è sottesa a questa normativa. In sintesi cos'è che a noi non convince di questa normativa e perché vorremmo ostacolarne l'approvazione? In realtà, il Ministro ha più volte fatto riferimento alla necessità di rendere più efficiente il sistema giudiziario e credo che questa sia un'osservazione che nessuno può mettere in dubbio, così come non può essere messa in dubbio la necessità di affrontare il tema dell'ordinamento giudiziario. Non è questo, signor Ministro, il dissenso; la riforma va fatta, ma certamente non così. Dobbiamo trovare il sistema affinché la macchina giudiziaria sia più efficace nel controllo di giurisdizione.

Detto questo, affinché non vi siano equivoci sulla nostra posizione, vorrei indicare dove è il dissenso. È nel fatto che la maggioranza e il Governo reputano che la politica per giungere all’obiettivo dell'efficienza del sistema giudiziario sia legata ad una necessità di controllo della magistratura.

Farò solo un'osservazione al Ministro. Nella legge delega così come presentata inizialmente vi era una norma che sicuramente avrebbe reso più efficiente il nostro sistema: la riforma delle circoscrizioni giudiziarie. Era il punto essenziale, si trattava di una riforma della geografia della magistratura sul territorio che rappresentava il momento decisivo di partenza per far sì che il nostro sistema sia più razionale.

Questa norma è stata stralciata e ciò mostra non solo il basso profilo di questo provvedimento, ma come adesso sia stata negata ogni forma di finalità e di efficacia proprio eliminando questo punto.

Quale è stata invece la finalità perseguita? Non più quella dell'efficienza ma certamente quella del controllo. Lo vediamo, ad esempio, nella restaurazione di una norma che era desueta ed era stata cancellata dal nostro ordinamento, quale quella della avocazione da parte del procuratore generale. Si tratta di una norma di controllo assolutamente fuori del nostro Stato di diritto, che era stata espunta proprio perché era la norma attraverso cui alcuni capi di ufficio erano riusciti a bloccare iniziative ed indagini.

Questa è la storia del nostro Paese. Si vuole restaurare appunto questo meccanismo e per tali ragioni noi reputiamo che l'intera legge delega non sia tesa a rendere più efficace il controllo di giurisdizione, bensì a rendere controllabili gli atti della magistratura da parte del potere politico.

Noi siamo assolutamente contrari; noi vogliamo mantenere fermo il principio costituzionale della autonomia e dell'indipendenza; vogliamo modificare l'ordinamento giudiziario perché esso sia rispondente ai problemi effettivi della giustizia nel nostro Paese; reputiamo che l'ordinamento qui proposto sia deleterio, assolutamente devastante rispetto all'attuale situazione e debba essere quindi contrastato con una iniziativa che abbiamo già assunto attraverso il dibattito in Commissione e gli emendamenti che abbiamo presentato.

Ci auguriamo che si presti ascolto alla nostra posizione e che l'Assemblea possa recepire almeno alcune nostre proposte affinché il sistema giudiziario torni ad essere rispondente alle esigenze dei cittadini, tenendo fermo il quadro istituzionale del nostro Stato di diritto. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Zancan).

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, colgo l'occasione dell'illustrazione complessiva degli emendamenti riferiti all'articolo 1 per evidenziare l'incongruità dell’iter, anche organizzativo, dei nostri lavori in relazione a un tema tanto importante e tanto delicato.

L'argomento è stato oggetto di un lungo e approfondito esame nella competente Commissione giustizia, e tuttavia la quantità e soprattutto la qualità degli emendamenti dimostrano che la materia non è stata trattata compiutamente. Sarebbe stato necessario un ulteriore, approfondito dibattito che noi abbiamo più volte auspicato e sarebbe necessario, con un ripensamento della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, che il dibattito in Aula non fosse coartato dal contingentamento dei tempi, bensì lasciato alla disponibilità dei Gruppi nei limiti ordinari del nostro Regolamento.

Basta far riferimento al solo emendamento 1.100, che introduce la figura del direttore amministrativo degli uffici giudiziari, per capire la portata innovativa di quanto sosteniamo nelle forme dell'organizzazione giudiziaria e della nostra proposta volta a consentire una verifica della professionalità dei magistrati ben diversa da quella proposta dalla maggioranza. Quest'ultima è un percorso di concorsi abbastanza formalistici, la nostra proposta è coerente con una impostazione di merito più incisiva.

Devo rilevare, tra l'altro, come la verifica puramente concorsuale delle professionalità dei magistrati sia in odore di incostituzionalità in quanto è la stessa Costituzione ad affermare, con un termine comprensibile per l'epoca ma che oggi va interpretato, che anche le promozioni e la carriera dei magistrati sono oggetto di competenza - esclusiva, aggiungerei - dell'organo costituzionale a ciò deputato: il Consiglio superiore della magistratura. L'interposizione rispetto ai poteri autorganizzatori di quest’organo, che comprende le varie componenti istituzionali della vita del Paese, di una serie di commissioni che sarebbero altro rispetto alla competenza del CSM, finisce per produrre inevitabilmente forme di collisione evidente con la sostanza del dettato costituzionale.

Sempre nel quadro della verifica e a dimostrazione di quanto questo importante tema (che, come è stato richiamato, è ormai in discussione da cinquant'anni nella vicenda legislativa e parlamentare italiana) meriti ancora ulteriore approfondimento, basterà rilevare qui come non soltanto dai banchi dell’opposizione, ma anche da quelli della maggioranza siano stati proposti emendamenti assai sostanziosi, direi corposissimi.

Mi riferisco, per esempio, all’emendamento 1.0.100 (testo 2), presentato peraltro da autorevoli e qualificati rappresentanti della maggioranza (la senatrice Alberti Casellati e il senatore Ziccone), che addirittura prevede una delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia, il che produce un elemento di totale e assoluta novità; tale proposta modificativa, se approvata, cambierebbe, in buona sostanza, persino buona parte dell’impianto ordinamentale.

Ebbene, pur essendo ipotizzabile o probabile che la maggioranza bocci se stessa, come del resto ha fatto in altre occasioni, non vi è dubbio che l’argomento proposto da questo emendamento è sicuramente importante e incisivo. Si tratta, infatti, di stabilire entro quali limiti, certamente esistenti ma pure interessanti da approfondire, debba prospettarsi un decentramento del Ministero della giustizia.

Tra l’altro, faccio notare che, paradossalmente, nel disegno di legge costituzionale in questo momento all’esame della 1a Commissione, sarebbe stato invece soppresso - se non erro - il riferimento, in norme di rango costituzionale, ad una sorta di decentramento in materia di articolazione degli uffici del giudice di pace. Dunque, sostanzialmente, quello che sta facendo una mano del Parlamento l’altra mano lo ignora, perché mentre articoleremmo su base regionale il Ministero della giustizia non torneremmo indietro sull’articolazione territoriale e sui residui poteri regionali degli uffici dei giudici di pace.

Concludo osservando che la materia, come dimostra già l’esame degli emendamenti presentati all’articolo 1, è articolata e complessa, dunque meriterebbe un ben più ampio dibattito; considerata la corposità e la natura assolutamente non defatigatoria degli emendamenti presentati, vi sarebbe addirittura la necessità di un ritorno in Commissione di tutta la materia, al fine di operarne un ripensamento organico. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

 

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, poiché l’articolo 1 del provvedimento in esame disciplina il contenuto della delega, devo anch’io premettere all’illustrazione dell’emendamento 1.102 che ho presentato una risposta sul piano generale al signor Ministro.

Il contrasto articolo per articolo ed emendamento per emendamento non può far dimenticare che ci troviamo di fronte ad una riforma esiziale che, semmai dovesse essere approvata, si abbatterà come un uragano sulla terra, già molto desolata, dell’amministrazione della giustizia. Sarà difficile capire se questo uragano porterà il nome del Ministro o del relatore, ovvero il nome congiunto del relatore e del Ministro; certamente, un autentico uragano distruttivo che si abbatte su una corretta ed efficace amministrazione della giustizia.

Nell’iniziare la discussione di questa riforma (che, pur non essendo stata assunta attraverso norme costituzionali, ha certamente valenza costituzionale), credo di dover ricordare al signor Ministro, al signor relatore e alla maggioranza un appassionato intervento di Calamandrei alla Costituente, in cui questi sosteneva che le Costituzioni e le leggi costituzionali devono avere, semmai, un difetto: quello di essere presbiti, ovverosia di vedere lontano. Ebbene, questa norma non solo è miope, ma cieca rispetto alla realtà della concreta situazione dell’amministrazione della giustizia.

Non ci troviamo di fronte soltanto ad una norma rancorosa, ma ad una norma talmente inzeppata, inzuppata, piena di errori da evidenziare il vero ed effettivo problema che dobbiamo porci rispetto a questa legge delega, ovverosia se siamo in presenza di - scusatemi il termine da giuristi, ma stiamo dibattendo materia giuridica - una colpa grave, aggravata dall'aggravante della previsione, o ad un fatto doloso per cercare di non far funzionare l'amministrazione della giustizia.

Da un lato, infatti, non c'è nessuna volontà di conoscenza: questa delega non è stata preceduta dall'acquisizione dei pareri degli esperti, né si è tenuto conto di quanto hanno detto le camere penali, il Consiglio nazionale forense, il Consiglio superiore della magistratura, i consigli delle facoltà giuridiche delle Università. Non si è tenuto conto di nulla; anzi, meglio e di più, si è andati avanti in pieno contrasto con i pareri degli esperti ed ora si vorrebbe legiferare con cecità e miopia in una materia così delicata per gli interessi sostanziali del Paese.

Prendo ad esempio - e su questo insiste il mio emendamento 1.102 - la norma sull'ausiliario del giudice, novità che si vorrebbe introdurre e che certamente risponde ad un'esigenza di aiuto per il giudice, realizzata però in forza di una scelta errata che non rafforza le strutture già esistenti (cancellieri e uffici giudiziari), ma fissa un contrasto con le strutture preesistenti (e sappiamo come questi contrasti siano fortemente dannosi per una corretta amministrazione della giustizia).

Soprattutto, è una novità che si introduce in termini modesti, prevedendosi che l’ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile una sola volta. Ci chiediamo come si possa creare una categoria che avrà vita per quattro anni a 1.032 euro al mese. Questo giustifica il mio emendamento soppressivo del comma 2-bis; ad esempio, non si capisce come la pratica di ausiliario del giudice possa servire anche per la pratica forense, visto che si tratta di ruoli assolutamente distinti, separati ed autonomi. Ma non basta: rispetto a questa novità, il signor Ministro ha detto in sede di replica - e qui il discorso va dilatato di nuovo sul piano generale - che essa, peraltro, non ha la copertura della Tesoreria. Così, ci troviamo a discutere se si debba o meno introdurre una norma con la reale possibilità che possa mancare la relativa copertura.

E allora diciamo subito - visto che le riforme si discutono a parole, ma senza soldi certamente non si fanno - che si esprime a parole la volontà di fare le riforme, ma, al contrario, nel concreto, ovverosia nel campo delle previsioni economiche, questo Governo e questa maggioranza non vogliono una riforma; soprattutto, non vogliono far funzionare la macchina giudiziaria, l'Amministrazione della giustizia.

Il signor Ministro, cui piacciono molto i numeri, si è giustificato dicendo che se diamo uno sguardo in Europa vediamo che sostanzialmente lo stanziamento di risorse finanziarie per l'Amministrazione della giustizia è pressoché uguale e la nostra non è una situazione diversa da quella del resto d’Europa. Ma la nostra, signor Ministro, è una situazione eccezionale, in cui il mancato funzionamento dell'amministrazione della giustizia rende necessario uno sforzo eccezionale.

Quando il signor Ministro, ricordando ancora i numeri, dice che i magistrati in Germania sono 2,78 ogni 10.000 abitanti, mentre in Italia sono 1,39, ci ricorda che i magistrati in Germania sono il doppio di quelli italiani; quando invece cita il Regno Unito e parla di un numero di magistrati pari a 0,46 ogni 10.000 abitanti, dimentica, il signor Ministro, che il Regno Unito ha da almeno un secolo, per non dire due, una tradizione di giudici onorari che suppliscono, aiutano, collaborano con i magistrati e che sono la vera forza della macchina amministrazione della giustizia.

Allora, esaminando l’articolo 1, che fissa i criteri direttivi per la delega, cominciamo a dire che questa è una riforma cieca (e anche sorda, visto che si vuole contrarre un dibattito così importante) rispetto ai problemi del Paese. È una riforma che non affronta i problemi concreti dell’Amministrazione della giustizia, che sono, signor Ministro, anche in via teorica e generale, le fotocopie per fare gli atti giudiziari, le trascrizioni dei verbali d’udienza, gli straordinari per i cancellieri e per gli ufficiali giudiziari (che non risolviamo attraverso 1.032 euro al mese agli ausiliari, riconfermati fino a quattro anni al massimo), la carenza di personale, la carenza del numero dei magistrati, insufficiente rispetto alle esigenze del Paese.

È per queste ragioni di concretezza (che credo debbano essere le prime ad essere valutate dal Senato della Repubblica, prima anche di affrontare l’alta filosofia, gli alti temi) che noi, in forza del primo emendamento, ma anche dell’esame (Richiami del Presidente) del primo articolo del provvedimento, cominciamo a dire il nostro fermissimo no a una riforma che non è una riforma, ma una retrocessione rispetto ai problemi del Paese in tema di amministrazione della giustizia. (Applausi dai Gruppi Verdi-U e Mar-DL-U e del senatore Sodano Tommaso).

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, intendo solo fare quattro brevi notazioni tecniche che affido all’attenzione del relatore e del Governo.

In primo luogo, chiedo che sia accantonato l’emendamento 1.101, sul quale già si è soffermato il senatore Calvi, perché, a mio giudizio, rappresenta l’anticipazione di un merito che dovremmo votare in seguito, cioè dell’emendamento 7.144 o di quell’altro emendamento con il quale il relatore eventualmente affronterà il tema del procedimento disciplinare. Infatti, la delega a questo momento prevede soltanto la materia della tipizzazione dell’illecito e non quella della regolamentazione del processo. Ove venga approvato nel merito l’emendamento 7.144 o altro, ne conseguirà l’approvazione anche di quest’emendamento, che arricchisce l’epigrafe.

Per la stessa ragione deve, a mio giudizio, essere accantonato l’emendamento 1.104, a mia prima firma, perché interviene sul merito dell’articolo 8-bis, cioè l’istituzione dell’ufficio del giudice. Io propongo, con l’emendamento 8-bis.105, un intervento modificativo di questa disciplina, che, ove accolto, comporterà l’eventuale accoglimento dell’emendamento 1.104.

Per economia dei lavori, se lei, signor Presidente, consente, affronterei sin da questo momento l’emendamento 1.500 del relatore.

Quest’emendamento è senza dubbio condivisibile quanto alla necessità di introdurre un termine anche per quell’aspetto della delega, ma mi sembra che produca inconvenienti ai quali anche il Governo credo dovrà essere sensibile. La scansione nei termini previsti dall’articolo 1 è la seguente: un anno per l’adozione dei decreti legislativi delegati e la loro pubblicazione; da questo momento due termini corrono in parallelo: quello di centoventi giorni per adottare norme necessarie al coordinamento della delega con tutta la legislazione in materia di ordinamento giudiziario e quello di centottanta giorni, che aggetta di sessanta giorni rispetto al primo, per l’assunzione di efficacia di tutta la normativa, decreti delegati e norme di coordinamento.

Ora, la mia preoccupazione è la seguente: il termine di trenta giorni assegnato alle Camere per il parere sui decreti delegati e sulle norme di coordinamento è estremamente ristretto, anche perché non manco di ricordare al Governo e al relatore che questo termine non investirà soltanto le materie già estremamente complesse di cui ho detto, ma anche la materia di cui all’articolo 9, cioè tutto l’insieme delle disposizioni transitorie sui concorsi, sulla scuola, sui perdenti posto e sulla temporaneità degli incarichi e, quindi, tutta la sistemazione della magistratura che verrà investita dalle norme di merito eventualmente approvate.

Ne discende che, a mio giudizio, il termine di trenta giorni è estremamente ristretto, come è molto ristretto - e ciò dovrebbe preoccupare il Governo - anche il termine di centoventi giorni, al netto di quelli tecnici che in esso si inseriscono, cioè non solo i trenta giorni che già lo riducono a novanta, ma anche i tempi tecnici necessari per la valutazione del parere e per l’inoltro del medesimo.

In breve, il Governo disporrà di circa settanta giorni per l’attuazione di questo insieme di deleghe di estrema complessità. Se poi il termine di circa settanta giorni incorporerà - non lo possiamo prevedere, né escludere - le vacanze natalizie o la pausa estiva, diventerà praticamente impossibile per il Governo realizzare una delega così complessa. Come senatore dell’opposizione, posso anche essere contento se il Governo non riuscirà ad esercitare la delega, visto che la nostra opposizione a questo provvedimento è netta e ferma; tuttavia, come senatore tout court e come cittadino, la mia preoccupazione è che la delega sia esercitata frettolosamente e una materia del genere rende estremamente elevato tale pericolo.

Pertanto, per concludere, solleciterei un intervento correttivo che porti i termini di centoventi e di centottanta giorni, rispettivamente, a centottanta e a duecentoquaranta, proprio nell’interesse del Governo.

L’ultima brevissima notazione riguarda il comma 4 dell’articolo 1, su cui richiamo l’attenzione del relatore. Esso prevede una disciplina diretta a regolare il trasferimento degli affari ai nuovi uffici. Questa proposizione aveva un senso se ed in quanto fosse stata affrontata anche la materia della geografia giudiziaria, cioè l’articolo 8; poiché, però, sull’articolo 8 c’è una proposta di stralcio, tale proposizione diventa superflua ed anzi contrastante con il fatto che nel resto della delega non si ipotizza più alcun trasferimento di affari da un ufficio all’altro.

Conseguentemente, sollecito la Presidenza a verificare se non sia opportuno preliminarmente far approvare la proposta di stralcio e, ove questa venisse approvata, invito il relatore a proporre un emendamento soppressivo di tale proposizione. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, credo che il testo dell’emendamento 1.500 (che si illustra da sé, a contrario rispetto alle osservazioni svolte dal senatore Fassone) non risenta delle valutazioni in termini di prognosi negativa fatte dal medesimo senatore Fassone. Pertanto, credo che possa essere mantenuto nel testo attuale, senza procedere a modifiche di altro tipo.

 

ALBERTI CASELLATI (FI). Signor Presidente, l’emendamento 1.0.100 (testo 2) prevede un sistema di decentramento amministrativo dell’Amministrazione giudiziaria che ben si inserisce, a differenza di quanto ha affermato il senatore Cavallaro, nel grande alveo delle riforme costituzionali e istituzionali, sempre nel rispetto dei princìpi generali.

Il sistema di decentramento promuove un recupero di efficienza e di economicità perché realizza la costituzione di strutture ministeriali decentrate, articolate su base regionale o interregionale, esclusivamente dipendenti dal Ministero della giustizia. Inoltre, consente ai magistrati titolari di funzioni direttive di concentrarsi sulle attività riguardanti immediatamente la giurisdizione; decongestiona, ottimizzando i tempi e riducendo i costi, l’attività operativa ministeriale, sempre riservando alle Direzioni generali centrali compiti strategici di definizione delle direttive di indirizzo politico generale e di verifica dei risultati, coniugando quindi decentramento ed efficienza per dare ai cittadini una risposta di giustizia e direttive generali che possano garantire il rispetto del principio di eguaglianza. (Applausi dal Gruppo FI).

PRESIDENTE. I restanti emendamenti e la proposta di stralcio si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame, nonché sulla proposta di accantonamento avanzata dal senatore Fassone.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, per quanto riguarda l’emendamento 1.100 il parere è contrario.

Sull’emendamento 1.101, sarei favorevole all’accantonamento, e lo chiedo anche perché stiamo cercando di predisporre un testo relativo alla procedura del momento disciplinare, quindi una sostanziale riformulazione o, meglio, formulazione di norme procedurali in relazione all’espletamento e allo svolgimento del procedimento disciplinare. Pertanto, nell’ipotesi in cui si riuscisse a presentare in tempi rapidi un testo relativo all’articolo 7 circa la procedura in materia disciplinare, indubbiamente l’emendamento 1.101 come proposto dal senatore Fassone e da altri senatori avrebbe ingresso e quindi riceverebbe un parere favorevole.

Esprimo poi parere contrario sugli emendamenti 1.102 e 1.103; su quest’ultimo il parere è contrario anche e soprattutto in relazione al fatto che l’articolo 8-bis è fra quelli sui quali la Commissione bilancio ha espresso parere contrario. In ogni caso il parere è contrario anche nel merito, posto che viene sostanzialmente a confliggere con lo spirito e la lettera dell’articolo 8-bis.

Per quanto riguarda l’emendamento 1.104 valgono le stesse considerazioni: anch’esso infatti è riferito all’articolo 8-bis e quindi rimando al parere contrario della 5a Commissione.

Sull’emendamento 1.105 il parere è contrario, mentre sull’emendamento 1.0.100 (testo 2) il parere è favorevole.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore, ed è favorevole sull’emendamento 1.500, presentato dallo stesso relatore.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 1.100, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Ne chiediamo la votazione.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Dalla Chiesa, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.100, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori .

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. L’emendamento 1.101 viene accantonato, come richiesto dai presentatori, con il parere favorevole all’accantonamento del relatore e del rappresentante del Governo.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, condivido la proposta di accantonamento, essendo uno dei firmatari dell’emendamento 1.101, con il quale si pone in risalto la necessità di colmare alcune lacune presenti nell’originaria formulazione della lettera f) del comma 1 dell’articolo 1.

Prendo atto della dichiarazione del relatore, il quale si è impegnato a presentare una riformulazione complessiva su questa materia, cercando di intervenire nella fase della indicazione procedurale. Mi permetto allora di sollecitare il relatore a tentare di rivisitare complessivamente la lettera f), anche con riferimento all’ultimo inciso introdotto, che recita: "nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio". Sappiamo che nell’articolo 1 si determinano i limiti, i criteri e il contenuto della delega; in questa logica, tale dizione mi sembra abbastanza generica.

Pertanto, l’intervento di rimodulazione che il relatore si è impegnato a fare, sottoponendo poi il testo all’Assemblea, dovrebbe riguardare a mio avviso anche quest’ultimo inciso.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di stralcio S1.1, presentata dalla Commissione.

È approvata.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.102.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, la Commissione bilancio ha espresso parere contrario sull’articolo 8-bis, che prevede l’istituzione dell’ufficio ausiliario del giudice. Poiché con l’emendamento 1.102 si chiede che, tra i criteri della delega, sia eliminato il riferimento alla istituzione dell’ufficio ausiliario del giudice, credo che il parere contrario della Commissione bilancio si estenda anche all’indicazione dei criteri di cui all’articolo 1. In sostanza, se si abolisce l’articolo 8-bis che disciplina l’ufficio ausiliario del giudice, automaticamente il parere contrario rimbalza anche sulla previsione dei criteri della delega.

PRESIDENTE. Senatore Zancan, la sua osservazione non è priva di pregio e tuttavia nel parere della Commissione bilancio non è compreso questo emendamento.

ZANCAN (Verdi-U). Allora, in considerazione del parere della Commissione bilancio, chiedo che venga approvato il mio emendamento soppressivo, proprio perché sarebbe ultroneo stabilire un criterio generale che prevede un ufficio per il quale la Commissione bilancio ha stabilito che non vi è copertura finanziaria ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

 

PRESIDENTE. Senatore Zancan, non posso aggiungere altre considerazioni.

Metto ai voti l'emendamento 1.102, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla5a Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 1.103 è improcedibile.

Passiamo all'emendamento 1.104, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, avevo chiesto l’accantonamento di questo emendamento.

PRESIDENTE. Senatore Fassone, le faccio presente che il relatore non si era espresso in tal senso. In ogni caso chiedo nuovamente al relatore di pronunciarsi sulla sua richiesta.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, precedentemente ho espresso parere contrario sull’emendamento 1.104 anche in relazione al parere analogamente contrario espresso sull’emendamento 1.103.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 1.104.

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, prima di passare alla votazione dell’emendamento 1.105, considerato che siamo in fase di esame di emendamenti che riguardano il comma 2-bis sul quale è stato manifestato voto contrario, suggerirei di stralciare al comma 4 dell’articolo in esame le parole da "diretta" fino a "provvedere", posto che abbiamo già stralciato il comma 2 dell’articolo 1.

PRESIDENTE. Senatore Bobbio, la invito a far pervenire alla Presidenza una formulazione scritta della sua proposta.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.105.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Dalla Chiesa, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.105, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.500, presentato dal relatore.

È approvato.

Do lettura dell’emendamento 1.600, presentato dal relatore: "Al comma 4, sopprimere le parole da "diretta" a "provvedere"".

Come giustamente è ora riportato nel testo dell’emendamento, questo inciso può essere soppresso e non stralciato, perché non ha un autonomo contenuto normativo.

BOBBIO Luigi, relatore. Sì, signor Presidente, poiché si riferisce al comma 2-bis, che si riferiva al comma 2, che a sua volta faceva riferimento ai nuovi uffici e che è stato stralciato, pensavo si potesse procedere anche in questo caso a uno stralcio.

PRESIDENTE. Si sopprime e rimane come indicazione per il lavoro della Commissione, che ne potrà tener conto.

Chiedo al rappresentante del Governo di pronunciarsi sull'emendamento in esame.

CASTELLI, ministro della giustizia. Il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.600, presentato dal relatore.

È approvato.

Colleghi, non possiamo procedere alla votazione dell’articolo 1, essendo stato accantonato l'emendamento 1.101.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.100 (testo 2).

 

*CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, vorrei esprimere non solo il dissenso ma la sorpresa per la presentazione di questo emendamento e soprattutto per il parere favorevole espresso dal relatore.

Vorrei appellarmi ad un principio di pertinenza; mi domando quale rapporto potrà esservi mai tra una riforma ordinamentale quale è quella che stiamo discutendo e il decentramento del Ministero della giustizia. Si tratta di due questioni totalmente eterogenee, che non hanno assolutamente nulla a che fare tra loro. Una è una riforma ordinamentale, l'altra attiene al Ministero.

Voglio anche dire che la sorpresa nasce dal fatto che in qualche modo, per tener fermo non solo un principio di pertinenza ma pure una naturale divisione di poteri anche nel momento della riforma, mi sembra difficile inserire - e di qui la mia sorpresa - una riforma del Ministero della giustizia nella riforma del sistema riguardante le modalità di lavoro dei giudici.

Suggerirei a questo punto alla collega Alberti Casellati e al collega Ziccone di ritirare questo emendamento e presentare un disegno di legge. Si può discuterne, ma - ripeto - inserire insieme la riforma del Ministero all'interno della riforma ordinamentale, mi sembra una incongruenza grave, un segno di equivocità nella quale il Governo e la maggioranza si verrebbero a trovare o esprimendo parere favorevole o votando questo emendamento rispetto ad una posizione più corretta dal punto di vista costituzionale, che tenga ben separate le due questioni.

Sollecito quindi o il ritiro di questo emendamento oppure la sua trasformazione in un ordine del giorno, ma certamente invito i colleghi della maggioranza ad essere molto attenti e a non votare contestualmente all'interno della riforma dell'ordinamento giudiziario la riforma del Ministero della giustizia.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi rivolgo al Governo e al relatore. Come più volte ribadito, abbiamo cercato di presentare emendamenti puntuali nel merito proprio per immaginare su questo terreno una "competizione" che fosse legata alla capacità di incidere e per cercare di approvare una riforma accettabile.

È evidente che le valutazioni finali saranno della maggioranza; vorremmo però richiamarla al rispetto di quel patto di disponibilità ad essere vigile sui terreni che ci sembrano particolarmente insidiosi. Sicuramente è insidioso l'emendamento proposto dalla collega Alberti Casellati e dal collega Ziccone, che prevede in maniera additiva un supplemento di delega in una materia completamente estranea all'ordinamento giudiziario.

Signor Ministro, come lei ricorderà, nella scorsa legislatura si è molto discusso del decentramento del Ministero della giustizia. Sono stati fatti studi approfonditi, sono state svolte audizioni, ma alla fine non si è riusciti a partorire un provvedimento che assumesse cognizione delle problematiche e riuscisse a prospettare una soluzione.

L'emendamento in questione introduce una delega che non è stata valutata e discussa, rispetto alla quale non vi è stata nemmeno la capacità di immaginare un contraddittorio con le parti in campo, cioè con le organizzazioni sindacali, e di prospettare un provvedimento che, dopo aver fotografato la situazione esistente, tenesse conto di ciò che deve essere realizzato.

I contenuti della delega proposti dalla collega Casellati sono a dir poco generici: alla lettera c) si menzionano "altre eventuali competenze", ciò significa che non sappiamo in quale direzione si va e nemmeno di quali competenze si parli. L'astrattezza e la genericità della delega è talmente evidente da non richiedere ulteriori commenti. Introducendo un argomento che non fa parte dell'ordinamento giudiziario, l'emendamento, signor Ministro ed egregio relatore Bobbio, è ancora più pericoloso.

Per recuperare il terreno di ragionevolezza nell'affrontare un provvedimento così complesso, mi permetto di chiedere alla collega Casellati un ripensamento e al Governo e al relatore una revisione del parere precedentemente espresso. Diversamente, dovremmo ritenere che l'accordo non scritto sia venuto meno, che vi sia la volontà di imporre, senza alcun confronto effettivo, pregiudiziali specifiche e atteggiamenti forti; dovremmo prendere atto della qualità dei rapporti parlamentari e modificare di conseguenza il nostro comportamento. La mia non vuole essere una larvata minaccia, bensì una sollecitazione forte affinché si consideri effettivamente il tema decidendum.

La questione è molto complessa e, al di là dell'espressione del parere, dovrebbe esservi un pronunciamento non solo dei parlamentari dell'opposizione i quali sottolineano la gravità della situazione, ma anche del relatore, del Governo e della presentatrice. L'ordinamento giudiziario non è un problema dell'opposizione, è un problema del Paese; esso deve essere sicuramente riformato ma vorremmo sapere come la maggioranza, allo stato molto silente, si pronuncia su questo emendamento specifico, da noi considerato grave e pericoloso.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, esprimo il mio fermissimo convincimento che siamo di fronte ad una delle previsioni normative più sbagliate di un disegno di legge che è fondamentalmente errato. Come è possibile pensare ad una competenza regionale e decentrata in materia di giustizia? Come è possibile pensare che in Piemonte i problemi della giustizia sono diversi, debbono avere competenze funzionali diverse, con un trattamento economico e un'istruzione del personale differenti rispetto alla Sicilia? Come possiamo pensare che il principio fondamentale per cui la legge è uguale per tutti, scritto in tutti i tribunali, abbia una regolamentazione amministrativa diversa, regione per regione? Scusatemi, ma il criterio di una competenza regionale diversificata è un'autentica sciocchezza. (Commenti dal Gruppo AN).

Abbiate pazienza, ma se c’è una materia che impone una regolamentazione anche sotto il profilo ordinamentale, amministrativo, di valutazione delle risorse e del personale accentrato questa è proprio quella inerente all’amministrazione della giustizia. Ecco il motivo del mio fermissimo "no" ad un emendamento così marcatamente errato.

 

ZICCONE (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZICCONE (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel rispondere e precisare le ragioni per le quali Forza Italia voterà a favore dell’emendamento 1.0.100 (testo 2) - e dati i pareri favorevoli espressi dal signor relatore e dal signor Ministro, ritengo che analogamente farà anche l’intera maggioranza - voglio chiarire due punti che considero essenziali.

Il primo è il seguente. Questo emendamento è la risposta che si è ritenuto di inserire nel provvedimento per soddisfare una invocazione che non soltanto sento ripetere da anni, ma si è levata anche recentemente in relazione al dibattito svoltosi nel Paese sulla riforma dell’ordinamento giudiziario ed è sempre costantemente ripetuta su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una sorta di rimprovero costante, che viene soprattutto dalla magistratura e dagli operatori del diritto, poiché non abbiamo colto l’occasione della riforma dell’ordinamento giudiziario per preoccuparci di una delle questioni più importanti che riguardano i cittadini, il Paese e il funzionamento dell’amministrazione della giustizia, vale a dire una più efficiente ed organizzata distribuzione delle risorse.

Che tale esigenza sia stata già tenuta presente, in qualche misura, nella riforma dell’ordinamento giudiziario (se n’è già parlato in Commissione) risulta implicitamente dal fatto che nel provvedimento, nel corso dell’esame in Commissione, è stata inserita una norma importante, sulla quale oggi registriamo uno sbarramento da parte della Commissione bilancio, relativamente all’istituzione dell’ausiliario del giudice.

Attraverso l’introduzione dell’ausiliario del giudice, volevamo dare non soltanto un segnale, ma molto di più, dimostrando che, pur nelle difficoltà che ha il Paese in questo momento sul piano finanziario, operiamo per rendere più efficiente l’amministrazione della giustizia, e non soltanto attraverso l’ordinamento giudiziario in senso stretto o con provvedimenti che riguardano i magistrati. Quindi, di fatto rispondiamo ad un appello, ad una esigenza avvertita in tutto il Paese.

Con questo emendamento prevediamo un meccanismo che - questa è la nostra speranza e il nostro convincimento - senza comportare automaticamente e direttamente aumenti di risorse, come è stato per altri provvedimenti che hanno trovato poi lo sbarramento della Commissione bilancio, potesse in parte, attraverso modi diversi di funzionamento dell’organizzazione del Ministero, rendere più efficiente l’amministrazione della giustizia, mantenendo inalterate le dotazioni finanziarie.

Tutti sappiamo, infatti, che la spesa di un Ministero per investimenti nei servizi è determinata non solo dagli importi, ma anche e soprattutto dal modo in cui essi sono spesi e dal sistema attraverso cui si fa in modo che la spesa sia più efficiente possibile.

Non facciamo previsioni estranee al dibattito nel Paese. Tutti sanno che il Paese si sta muovendo nel preciso convincimento che attraverso una maggiore responsabilizzazione del territorio e la regionalizzazione di tutta una serie di attività sia possibile raggiungere maggiore efficienza, anche in presenza di somme inalterate relativamente agli impegni di spesa. Questo è quanto tentiamo e riteniamo di fare attraverso il citato emendamento.

Siamo infatti convinti che il decentramento di alcune funzioni dalla sede centrale, a volte non tempestiva e sufficientemente attenta al territorio (sono tutte affermazioni che ho sentito ripetere dappertutto per anni, anche negli ultimi mesi, soprattutto da parte di magistrati), possa trovare una migliore risposta attraverso questa regionalizzazione e interregionalizzazione, con riferimento alla dimensione ottimale del territorio. Proponiamo di affidare tale compito all’Esecutivo.

Di questo si tratta, non delle cose stravolgenti di cui qualcuno ha parlato, ricordando che la legge è uguale per tutti. Ma cosa c'entra la legge uguale per tutti? Non stiamo parlando né di diritto penale, né di procedura penale, né di magistrati; stiamo parlando soltanto del modo in cui alcune funzioni del Ministero della giustizia vengono decentrate, peraltro sotto il controllo, la spinta, l'efficienza dello stesso Ministero della giustizia. È molto semplice ed è ciò che prevediamo.

Ultima considerazione. Qualcuno si è chiesto cosa vogliano dire le parole "altre eventuali competenze". Cari colleghi, non è che abbiamo voluto prevedere in quali ambiti vi sia il decentramento aggiungendo "altre eventuali competenze"; abbiamo previsto, proprio per essere precisi, tutta una serie di funzioni - quelle dal punto 1 al punto 10 della lettera d) - che vengono invece mantenute e riservate al Ministero. È chiaro, quindi, che quell'espressione ha soltanto il significato di specificare che, se vi è qualche altra funzione, questa è riservata alla Regione.

Ribadisco dunque il voto favorevole del Gruppo Forza Italia sull’emendamento 1.0.100 (testo 2). (Applausi dal Gruppo FI).

 

TIRELLI (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIRELLI (LP). Signor Presidente, colleghi, dichiaro il nostro voto favorevole sull’emendamento 1.0.100 (testo 2). È evidente che avremmo voluto una maggior distribuzione a livello periferico di competenze, anche di competenze di tipo diverso.

Mi sembra che le spiegazioni della collega Alberti Casellati e del collega Ziccone siano piuttosto evidenti. Mi meraviglio, però, che proprio dall'opposizione venga contrarietà a questo emendamento, parzialmente simile alla modifica dell'articolo 117 della Costituzione, voluta nella scorsa legislatura, ma ancor più simile, negli intendimenti, alla riforma Bassanini, anch'essa approvata nella scorsa legislatura. Non si tratta di attribuire competenze dal punto di vista legislativo, ma di attribuire allo Stato centrale (non siamo d'accordo, ma accettiamo questo indirizzo), come previsto al punto 10 della lettera d), compiti di programmazione, indirizzo e coordinamento, lasciando dunque allo Stato centrale questo tipo di intervento.

Le funzioni gestionali, invece (nel perfetto spirito, da ciò che avevo capito, della riforma Bassanini della scorsa legislatura), vengono attribuite a livello periferico. Mi sembra che non si tratti di nulla di stravolgente; avremmo voluto molto di più, ma sappiamo anche accontentarci della politica del fare un passo alla volta, e rileviamo che questo è un passo in una linea di indirizzo avviata e portata avanti nella scorsa legislatura dal Governo dell'Ulivo. (Applausi dal Gruppo LP e della senatrice Alberti Casellati).

 

MICHELINI (Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELINI (Aut). Signor Presidente, esporrò la posizione del Gruppo per le Autonomie. Da un'attenta lettura, l’emendamento 1.0.100 (testo 2), ci sembra consegua l'obiettivo della regionalizzazione della giustizia, ma non anche quello della sua amministrazione, che rimane nella competenza autonoma dello Stato, proprio per la sua articolazione sia a livelli regionali, sia di competenze centrali.

Secondo noi questa proposta può imprimere maggiore efficienza all'azione giudiziaria, e dunque voteremo a favore.

 

CALLEGARO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALLEGARO (UDC). Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole dell'UDC sull’emendamento 1.0.100 (testo 2). A quanto ho sentito da parte dell'opposizione, siamo ancora in uno di quei casi in cui si dice no tanto per dire no, dato che non ho avvertito alcuna argomentazione su questo emendamento che non fosse generica e vasta.

Ora, è evidente come siano scrupolosamente indicate tutte le competenze che rimangono all’Amministrazione centrale e non vi sia assolutamente nulla di innovato rispetto alle competenze più importanti del Ministero. Siamo soltanto di fronte al decentramento di quell’attività di natura amministrativa che tutti hanno sempre ritenuto opportuno, affinché questa Amministrazione così importante sia condotta nel territorio in maniera tale da rispondere in modo più efficiente e più rapido alle esigenze dei cittadini.

Pertanto, non vedo nessuna obiezione fondata fra quelle avanzate e dunque esprimo, a nome del mio Gruppo, parere favorevole sull’emendamento in esame. (Applausi dal Gruppo UDC).

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, le questioni sollevate in ordine all’estraneità o meno dell’emendamento 1.0.100 (testo 2) all’oggetto della discussione, in ordine alla compiutezza dei criteri di delega direttivi, hanno un certo peso e intendo sottoporle al Presidente del Senato. Dispongo pertanto l’accantonamento di quest’emendamento, di cui è stata predisposta un'ulteriore versione.

Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati numerosi emendamenti.

Accogliendo una richiesta che è stata avanzata, dispongo, ai sensi dell’articolo 100, comma 9, del Regolamento, che la discussione dell’articolo 2 del disegno di legge sia suddivisa in rapporto alle seguenti parti: in primo luogo, le lettere da a) a c) del comma 1; in secondo luogo, le lettere da d) ad h); in terzo luogo, le lettere da i) a q). Quindi, ciascuno di questi corpi sarà considerato, ai soli fini dell’illustrazione e del voto degli emendamenti, come fosse un articolo a se stante.

Passiamo quindi all'esame del primo gruppo di emendamenti presentati all’articolo 2, dalla lettera a) alla lettera c) del comma 1, che invito i presentatori ad illustrare.

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, ringrazio la Presidenza per aver accolto questa mia e nostra istanza, che dimostra la sensibilità al problema già affacciato all’inizio, cioè non solo all’enorme complessità di questa materia ma anche all’importanza dei temi, che esigono quindi un’illustrazione serena e distesa, del tutto incompatibile con l’infelice contingentamento dei tempi già lamentato.

Venendo al merito, mi soffermerò in particolare, anzi direi esclusivamente, sull’emendamento 2.100, che investe uno dei punti nodali dell’intero disegno di legge delega.

La delega infatti prevede che, per l’ingresso in magistratura "sia bandito un concorso per l’accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente", con diverse materie d’esame, diverse commissioni, diversi percorsi in seguito. È quella che in senso tecnico si può e si deve definire la separazione delle carriere in senso debole.

Ora, io ritengo, a prescindere dalle posizioni politiche, ovviamente tutte legittime, che questa formulazione costituisca un errore grave sotto tre profili: quello costituzionale, quello tecnico-pratico e quello politico, e desidero illustrare brevemente ciascuno di questi versanti.

Sotto il profilo costituzionale, è indispensabile ricordare che l’articolo 106 della Costituzione consta di tre commi che prevedono tre diverse forme di accesso alla magistratura: una è la forma eletta di cui al primo comma, secondo la quale "le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso", e ritengo, non da solo, che il concorso costituisca quindi uno scrutinio tecnico che abilita allo svolgimento di tutti i mestieri della magistratura (se posso usare questa parola); il concorso offre pertanto una legittimazione generalista a tutte le funzioni e le specializzazioni della magistratura.

Questa opinione è confortata dal fatto che il secondo comma del medesimo articolo 106 prevede le nomine di magistrati onorari per le funzioni attribuite a giudici singoli e quindi ne individua, nell’arco complessivo delle varie funzioni o specializzazioni, alcune ed alcune soltanto che possono essere attribuite ai giudici onorari.

Il terzo comma dell’articolo 106 prevede poi la chiamata per meriti insigni di professori universitari ed avvocati a svolgere le funzioni di consigliere di Cassazione e soltanto quello.

Vi è quindi una chiarissima contrapposizione tra due proposizioni normative che abilitano a svolgere soltanto alcune delle funzioni e la proposizione generale di cui al primo comma, che abilita allo svolgimento di tutte le funzioni.

La previsione di un concorso distinto, che quindi permette di accedere allo svolgimento solo di talune funzioni, a mio giudizio entra in forte tensione con il dettato costituzionale; tanto più - e questa è la seconda considerazione - che ove si accedesse, come malauguratamente temo si accederà, alla previsione dei concorsi distinti, prevedendo talune materie come specifiche di una funzione e talune come specifiche dell’altra, diventerebbe indispensabile, a quel punto, prevedere che il transito dall’una all’altra funzione sia assoggettato ad uno scrutinio di competenza tecnica analogo al primo concorso.

Quindi, anche la formula attuale e ancor più quella che il relatore propone di far approvare all’Assemblea, secondo la quale il tramutamento dall’una all’altra funzione sarà attuato unicamente previa redazione di un provvedimento e discussione orale sul medesimo, non producono quella verifica tecnica che è rimasta oscurata dalla limitatezza delle domande del primo concorso. Avremo, pertanto, una abilitazione ad un certo tipo di mestieri fatta sulla base di concorso e gli altri saranno invece non esplorati tecnicamente e quindi il concorso sarà una verifica parziale. Anche sotto questo profilo segnalo la pesante tensione con il dettato costituzionale.

C’è di più. Il secondo versante, quello tecnico-pratico, è veramente in palese contraddizione con la logica e l’esperienza giudiziarie. Quali materie si può pensare che un giudice sia esentato dal conoscere perché specifiche del pubblico ministero? Io non ne vedo. Forse la medicina legale o la balistica? Non ci sono materie che un pubblico ministero debba conoscere e un giudice sia dispensato dal conoscere. Anche reciprocamente il pubblico ministero non è certo dispensato dal conoscere la tematica civile, posto che il codice di procedura civile ne prevede la presenza obbligatoria in molte materie; né può certo essere dispensato dalla conoscenza del settore amministrativo, posto che ogni giorno gli accadrà di imbattersi in problematiche amministrative. Non esiste, quindi, la possibilità di prevedere una parcellizzazione del sapere giuridico, richiedendo competenze degli uni solo su una quota e degli altri solo sull’altra quota. Questo è un gravissimo errore di metodologia scientifica.

Inoltre, onorevoli colleghi, voi vi battete - e anche noi siamo consenzienti su questo punto - affinché il pubblico ministero sia reso il meno possibile proclive ad incorrere in certi eccessi, errori ed abusi nei quali talora accade incorrere. Vi rendete conto, però, che con questo strumento mancherà ogni verifica attitudinale al pubblico ministero? La scelta del candidato, confortata dal superamento del vaglio tecnico, produrrà, parafrasando il Manzoni, l’effetto della monaca di Monza che è detto "e fumonaca per sempre". Oggi un pubblico ministero non idoneo alle funzioni di pubblico accusatore può in qualche modo essere trasferito ad altri compiti e ivi in parte neutralizzato nelle sue inettitudini; domani il pubblico ministero che non commetterà eccessi così vistosi ed eccezionali da produrne la radiazione dall’ordine giudiziario sarà pubblico ministero per sempre e per sempre voi vi terrete quelle degenerazioni e quegli eccessi che eventualmente egli dimostrerà attraverso una non attitudine al ruolo. Questo è l’inconveniente al quale andate incontro con tale riforma.

Il terzo versante - e concludo, signor Presidente - è quello politico ed è veramente quello che richiederebbe un’analisi maggiore del tempo che mi è consentito. Signor Presidente, onorevoli colleghi, un luogo comune, invecchiando, diventa un mito. Il luogo comune è quello che la separazione delle carriere risolva il problema della cosiddetta maggiore attenzione che il giudice presta alle parole dell’accusa in quanto provengono da un collega. Non so se ciò sia fondato e non mi avventuro in giudizi di fatto; mi sento, però, di anticipare con nettezza che questa soluzione, ove sussistesse quel guaio, non porrebbe certamente rimedio al medesimo.

La colleganza non verrà meno: questa è una separazione delle carriere in senso debole. La separazione delle carriere in senso tecnico - è pur necessario che effettuiamo alcune stipulazioni linguistiche, per sapere se parliamo la stessa lingua - consta di cinque elementi dei quali solo parte sono qui presenti: distinto concorso, distinto tirocinio, distinto ruolo di anzianità, distinto organo di autogoverno, impossibilità di transito dall’una all’altra funzione se non attraverso un concorso omologo a quello tramite il quale si è acceduto alla prima funzione.

Questa è la separazione delle carriere che trasformerebbe il pubblico ministero in un alto funzionario dello Stato deputato alla tutela degli interessi penali dello Stato, come l’Avvocatura è deputata agli interessi patrimoniali. Questo produrrebbe la scissione tra giudici e pubblici ministeri; ma non volete farlo, e noi siamo ben contenti che ciò non accada. La separazione in senso debole, come prospettata, produrrà un unico risultato: la costruzione di un pubblico ministero ancor più pubblico ministero, che è esattamente l’obiettivo opposto a quello che tutti condividiamo. Pensiamo che questo corpo di magistrati altamente professionalizzato non solo avrà dei poteri di indagine e dei poteri giudiziari tout court estremamente ampi, ma produrrà fatalmente proprio l’effetto contrario a quello che volete e che anche noi vogliamo, cioè la costruzione di una deontologia tarata non più sull’insieme delle figure magistratuali (giudice e pubblico ministero), ma sulla figura del pubblico ministero parte. Pertanto, certe cose che oggi deploriamo saranno verosimilmente più accettate e tollerate nel momento in cui costruiamo un ruolo di pubblici accusatori che potranno fare inchieste di massa, potranno divulgare notizie, potranno assumere un ruolo… (Il microfono si disattiva automaticamente).

 

BOBBIO Luigi, relatore. L’emendamento 2.500 si illustra da sé: esso prevede semplicemente, per quanto riguarda l’indicazione del presidente della doppia commissione, l’eliminazione del riferimento all’eventualità che il presidente possa essere unico e la previsione che vi sia effettivamente un unico presidente, con l’indicazione, però, della necessità di un vice presidente per ciascuna commissione.

Gli emendamenti 2.501 e 2.502 sono conseguenti all’emendamento 2.500.

 

ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma all’emendamento 2.100 del senatore Fassone.

Prendo atto della dichiarazione del relatore che con il suo emendamento 2.500 sopprime la parola "eventualmente" al comma 1, lettera a), numero 3; con l’emendamento 2.105 da me presentato suggerisco al relatore e al Governo di procedere alla medesima pulizia, chiamiamola così, anche formale, aggiungendo, dopo le parole: "hanno svolto" l’altra: "positivamente" e sopprimendo le parole: "senza demerito". Mi sembra infatti una formulazione che dal punto di vista legislativo si presta ad un'interpretazione non corretta e non perfetta.

Illustrerò ora sommariamente alcuni emendamenti successivi da me presentati che riguardano le modalità delle prove di esame.

L’esame delineato da questo disegno di legge è un tipo di valutazione da cui emerge un profilo di magistrato che francamente pone molti interrogativi, sia dal punto di vista della funzionalità dell’esercizio della sua missione, sia dal punto di vista della sua qualifica professionale.

Attraverso la normativa prevista, immaginiamo un magistrato che passi la sua vita a raccogliere titoli e a studiare per gli esami di concorso, la cui funzione viene sostanzialmente burocratizzata, un magistrato - se vogliamo essere più generosi - accademico, il quale si adagia nell’esercizio della sua missione ad essere valutato molto più sugli aspetti formali che sugli aspetti sostanziali delle modalità di svolgimento del compito che gli è stato assegnato.

È un sistema di valutazione del giudice tutto incentrato su una serie di esami, che ha come conseguenza - è stato già rilevato poco fa - un esproprio sostanziale delle funzioni del Consiglio superiore della magistratura, che è l’organo costituzionale cui è stata demandata la valutazione del giudice.

Ritengo che tutto il sistema debba essere modificato e, avendo aggiunto la mia firma all’emendamento 1.100, ho anche indicato in quale direzione si debba procedere. Suggerisco però al Governo, ove si mantenesse l’impostazione che è stata adottata, di eliminare dai concorsi gli esami e prevedere soltanto una valutazione sui titoli, in modo da lasciare al giudice il tempo di fare il giudice, evitando che egli debba impiegare tutta la sua professionalità a preparare un esame dopo l’altro per poter avanzare nella sua carriera. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

ZANCAN (Verdi-U). L’articolo 2 è certamente il centro di questo progetto di riforma. Già dalla lettera a) alla lettera c), infatti, sono indicati due criteri distintivi, ovvero il concorso distinto per funzioni di magistrato giudicante e di magistrato requirente e la normativa sull’ingresso in magistratura, che non è affatto vero, signor Ministro, che non susciti critiche e censure e che non sia profondamente errata. Su questi due punti abbiamo presentato alcuni emendamenti, che ci apprestiamo ad illustrare, e attendiamo una risposta alle nostre doglianze.

In sede di replica, il relatore ha negato che da questa legge di riforma dell’ordinamento giudiziario scaturisca un nuovo modello di giudice. Egli ha messo le mani avanti, quasi per nascondere il parto della legge. Vorrei essere d’accordo con il relatore, ma purtroppo il parto ci sarà, se verrà approvata - Dio non voglia! - questa norma. In tal caso, ci sarà il parto assolutamente inconsistente di un magistrato piccolo piccolo, preoccupato di superare concorsi e di non incorrere in procedimenti disciplinari anche per fatti attinenti alla sua vita privata. Sarà insomma un magistrato che non risponderà alle esigenze di giustizia del Paese e dei cittadini, che non avrà né il coraggio né la statura morale per rispondere al suo altissimo compito; sarà un burocrate piccolo piccolo, limitato sin dal momento dell’ingresso in magistratura nelle sue aspirazioni di essere un servitore dello Stato con l’autorità, il prestigio e l’autorevolezza necessari per lo svolgimento della sua missione.

Allora, signor Presidente, signor Ministro, onorevoli senatori, per quanto riguarda l’accesso alla carriera di magistrato, è stato inventato e viene proposto in buona sostanza il criterio del doppio concorso che, tra l’altro, come primissimo risultato porterà all’introduzione e all’accesso in magistratura di persone certamente non più giovani che, se consideriamo i tempi dovuti al meccanismo del doppio concorso, sicuramente supereranno i trent’anni al momento dell’ingresso in magistratura. Si potrebbe trattare anche di una soluzione condivisibile, giacché certamente tra le doti del magistrato vi sono quelle della saggezza, della prudenza e dell’equilibrio, se però tutto questo non avesse luogo attraverso criteri assolutamente differenziati tra di loro, che finiscono per determinare un doppio accesso in termini non perequati e quindi inaccettabili visto che stiamo parlando di un concorso.

In particolare, signor Ministro, se mi è permesso utilizzare una espressione ormai entrata nel linguaggio comune, "che c’azzecca" rispetto alle possibilità di accesso il fatto che si siano esercitate per almeno tre anni funzioni direttive nell’ambito della Pubblica amministrazione? Perché il capo dei becchini comunali - senza alcuna offesa per questa nobilissima categoria - può accedere alla magistratura e non può farlo chi ha svolto altri incarichi che invece per tale normativa non hanno alcun significato? Come possiamo creare una tale confusione nel momento selettivo? Come possiamo elaborare criteri così assolutamente diversi che determinano pertanto accessi altrettanto differenziati?

A ciò si aggiunga che siccome per la gran parte si tratta di accessi che prevedono un doppio concorso, con l’impossibilità quindi per chi li sostiene di percepire una retribuzione prima dell’ingresso in magistratura, si finisce per consentire l’accesso esclusivamente a persone qualificate per censo e classe sociale. Si torna quindi a quanto accadeva un tempo quando l’ingresso in magistratura era riservato esclusivamente ai nobili; ossia un accesso differenziato in base alle possibilità economiche, che certamente non è la scelta più conveniente rispetto ai criteri di reclutamento per una funzione così delicata come quella del magistrato.

Vi è poi un altro tema cruciale da esaminare, sul quale si è già soffermato il collega Fassone in un suo intervento e che richiamo qui solo per aggiungere alcune brevi considerazioni. Questo concorso, distinto per le funzioni requirenti e le funzioni giudicati, si traduce nei fatti in una separazione delle carriere. Infatti, rappresenta un’utopia, o meglio un’ipocrisia (l’assonanza rende bene il concetto) il fatto che una persona che ha sostenuto un esame dopo cinque anni sia tenuta a sostenerne uno diverso, e quindi a frequentare corsi diversi per accedere ad una carriera diversa. Tutto questo è nei fatti una separazione delle carriere. Tra l’altro, ciò si traduce in una violazione del principio costituzionale perché la separazione delle carriere non potrebbe che essere introdotta attraverso una procedura di valenza costituzionale, pena la violazione del principio costituzionale sull’unico potere della magistratura.

Se dunque tutto ciò è, noi separando le due carriere finiamo per correre il gravissimo rischio di porre le funzioni requirenti in capo al potere esecutivo. Se abbiamo memoria storica di ciò che è stata la soggezione al potere esecutivo delle funzioni requirenti durante il regime fascista, se ricordiamo (signor Ministro, nel suo intervento in replica, lei se ne è dimenticato) che la magistratura requirente soggiogata al potere esecutivo è stata il braccio secolare esecutivo non di leggi di poco conto ma delle leggi razziali in Italia, dobbiamo fare il massimo sforzo per tenere separato il potere giudiziario requirente rispetto al potere esecutivo. Nella realtà invece i due esami separano definitivamente le carriere. Lei ci ha detto, signor Ministro, che avrebbe voluto intervenire in questa materia più massicciamente rispetto all'apologo ricordato in sede di relazione di minoranza dal senatore Fassone, non con lo schioppetto ma con il cannone. Abbiamo dunque delle preoccupazioni di natura costituzionale, e questo concorso separato rispetto alle due funzioni, che costituisce l'introduzione della separazione delle carriere, non può che trovare il nostro fermissimo rifiuto. (Applausi del senatore Dalla Chiesa).

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, vorrei sapere se l'emendamento 2.111 fa parte del blocco successivo.

 

PRESIDENTE. L’emendamento è stato già illustrato dal senatore Fassone. Se lei desidera può intervenire in sede di dichiarazione di voto o di discussione.

I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, esprimo sull'emendamento 2.100 un parere contrario che vorrei rapidamente motivare.

Gli argomenti addotti a sostegno di questo emendamento erano già stati esposti nella parte introduttiva di questo dibattito parlamentare. Nulla di nuovo o di più convincente ho ascoltato oggi che possa indurmi ad esprimere un parere diverso da quello contrario.

Vorrei soltanto far notare, anche per chi un domani avrà modo di leggere gli atti parlamentari relativi alla discussione di questo disegno di legge, che nessuna delle argomentazioni addotte può vincere l'evidente constatazione secondo la quale l'attuale condizione di serbatoio unico assolutamente indifferenziato è legata anche, circa la possibilità di passare nella stessa sede da una funzione all'altra, ai capricci a volte tardivi e spesso mutevoli del Consiglio superiore della magistratura. Quest’ultimo solo oggi, in presenza di questo disegno di legge e di questa specifica trattazione della materia, scopre la necessità di adottare una circolare che tardivamente e parzialmente prende atto di un problema che se non fosse stato sollevato dal Parlamento con questo disegno di legge difficilmente avrebbe ricevuto l'attenzione, benché tardiva, del Consiglio superiore della magistratura.

Ciò detto, va evidenziato che l'attuale situazione procedurale impone una modifica che tenga conto non già di quello che voi amate chiamare il mantenimento della cultura della giurisdizione, che è conservata nel disegno di legge, bensì della scelta della professionalità, la quale richiede la specializzazione. Un codice di procedura penale, in relazione al testo dell'articolo 111 della Costituzione, che settorializza e rende nette le figure del processo penale - giudice, difensore, pubblico ministero - pretende un giudice con una nitida identità professionale e un pubblico ministero con una altrettanto nitida identità professionale.

Ciò non significa assolutamente - devo sottolinearlo - che si abbandoni la figura del pubblico ministero in quanto partecipe della cosiddetta cultura della giurisdizione. Si mantiene una figura di pubblico ministero pienamente magistrato, non fosse altro che per la evidente necessità che il lavoro di indagine, come impone il codice di rito, sia finalizzato al suo svolgimento dibattimentale. Si richiede cioè un pubblico ministero che sia magistrato perché deve sapere cosa fare e in che modo riprodurre gli atti compiuti nella fase dell'indagine penale. Ecco perché non hanno ingresso le vostre critiche che non tengono conto di altre realtà, di nuove prospettive e di nuove necessità.

È poi indubbio che siamo di fronte a una scelta molto chiara e netta di separazione delle funzioni, che non ha il carattere di separazione delle carriere per la possibilità, prevista e mantenuta, di transitare da una funzione all'altra a condizione di essere verificati sul piano del possesso delle nuove attitudini e delle nuove condizioni di professionalità legate alla funzione che si vuole andare a svolgere.

Esprimo ovviamente parere favorevole sui miei emendamenti 2.500, 2.501 e 2.502; sono contrario agli emendamenti 2.101, 2.102, 2.103, 2.104, 2.105, 2.106, 2.107, 2.108, 2.109, 2.110 e 2.111.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Concordo con il parere espresso dal relatore. Mi sembra che il dibattito di oggi - lo dico rispettosamente a tutti i colleghi intervenuti - non aggiunga nuovi argomenti a quelli già affrontati prima in Commissione e poi in Assemblea, in fase di discussione generale.

Mi limito a rassegnare all'Assemblea un'osservazione. Il senatore Zancan critica legittimamente l'impianto del disegno di legge perché, a suo avviso, separa le carriere; ricordo che l'Unione delle camere penali critica fortemente, fino all'indizione di ripetuti scioperi, lo stesso impianto perché non separa le carriere. Ciò dimostra che la materia è oggetto del contendere e che il Governo e la maggioranza hanno scelto una linea mediana. Come si suole dire da queste parti, in medio iustum.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, desidero rettificare il parere precedentemente espresso sull'emendamento 2.107: non sono contrario alla proposta in esso contenuta, ma invito i presentatori a ritirarla.

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.100.

 

*CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, non credo che si possa affermare che il dibattito non abbia fornito novità.

In realtà, purtroppo, devo rilevare che il tema, straordinariamente delicato, della separazione delle carriere ha prodotto un dibattito che da anni affatica questo Parlamento. Purtroppo noi non abbiamo ascoltato risposte, e per tale ragione non vi sono stati passi in avanti; abbiamo riproposto ciò che da più di due anni abbiamo ripetutamente dichiarato, formulando un nostro disegno di legge che cristallizza il problema nella distinzione delle funzioni e presentando emendamenti che riteniamo ancora una volta migliorativi, che addirittura rovesciava l’impianto del Governo e che vedono dissenziente il relatore.

Prima che si proceda alla votazione, vorrei svolgere molto brevemente alcune osservazioni.

Ha ragione il relatore nell’affermare come il nuovo sistema codicistico e soprattutto di ordine costituzionale consigli una lettura diversa dei rapporti fra magistrato requirente e magistrato giudicante. Certamente tale sistema va riletto e rivisitato.

Noi abbiamo espresso una forte diffidenza nei confronti di questo disegno del Governo formulando una serie di osservazioni di carattere teorico-generale. Tuttavia, la critica più forte che vorrei fare (peraltro concretata nell’emendamento in votazione) consiste nel fatto che il Governo non ha scelto una posizione equilibrata, signor Ministro. Non è vero che in medio stat virtus, o, come per dire, iustum: questa soluzione non è giusta, né migliore, né virtuosa. Quella che avete scelto è una situazione equivoca che, per così dire, nel tentativo di non contrastare la posizione degli avvocati né quella dei magistrati vi ha creato una situazione di stallo che determinerà ancora più danni di quanti non se ne siano già prodotti.

Signor Ministro, se si fosse posto il problema della separazione delle carriere io e credo tutti noi l’avremmo affrontato con l’accortezza, la saggezza con cui un tema così delicato deve essere affrontato in un sistema accusatorio che non necessariamente porta alla separazione, ma certamente la prefigura. La verità, signor Ministro, è che non è un problema di costituzionalità ad avervi impedito di accedere alla tesi della separazione delle carriere, perché altrimenti, nel corso di due anni di discussione, la Costituzione poteva essere tranquillamente modificata se ci fosse stata la volontà di pervenire a tale risultato. È stata piuttosto una scelta equivoca, di ordine politico, volta a mantenere una posizione che non scontentasse né gli uni né gli altri; invece ciò ha prodotto una posizione che ha radicalmente scontentato tutti: gli avvocati, i magistrati e soprattutto noi, che avevamo prefigurato un disegno di tipo assolutamente diverso.

Vorrei concludere svolgendo un’osservazione di carattere politico: se così è, come credo, avete fatto un gran pasticcio e spero che se ne possa uscire rapidamente.

Il problema è un po’ diverso. Una scelta forse di carattere politico è sottesa a questo tema, scelta che vorrei esplicitare. Non abbiamo la separazione delle carriere, abbiamo una finta separazione delle carriere, forse più dannosa della separazione stessa. Non abbiamo la distinzione delle funzioni ma abbiamo, come dicevo poc’anzi, un grande pasticcio. In realtà questo pasticcio non prefigura la separazione delle carriere.

Non temo, come spesso si dice, che questo sia il passaggio necessario per giungere alla separazione delle carriere: temo qualcos’altro e di più devastante per il nostro sistema. Ciò che noi dobbiamo tenere a cuore sono le garanzie del cittadino quando entra in un meccanismo, come quello giudiziario, ed egli deve essere garantito nel modo più serio e rigoroso.

Oggi forse non lo è. Non so quale fine la distinzione delle funzioni o la separazione delle carriere possano prefigurare se non si riforma l'intero sistema.

Una cosa però so per certo, che questo passaggio è sicuramente pericoloso non per il magistrato, ma per il cittadino, in quanto se voi, come state facendo, non separate, ma isolate il pubblico ministero con i suoi poteri, due sono le vie: o questi poteri vengono aumentati, o vengono diminuiti. Se vengono aumentati, credo che tutti quanti noi saremmo molto preoccupati di questo passaggio in avanti circa i poteri del pubblico ministero. E allora facciamo l'altra ipotesi, che vengano diminuiti. Ma diminuiti a vantaggio di chi? A vantaggio di coloro che saranno i veri inquirenti, cioè la polizia giudiziaria. Sarà cioè la polizia giudiziaria, in un depotenziamento dei poteri del pubblico ministero, a governare l'indagine, e a governare soprattutto l'obbligatorietà dell'azione penale. Alla fine consegnerete all'Esecutivo, e cioè al Ministero degli interni, la scelta di quali processi fare e se attivare l'azione penale. Questo è il pericolo serio che intravedo. Il cittadino non sarà più garantito, come attualmente è, da un controllo di giurisdizione di un magistrato sull'azione penale, sull'inizio dell'azione penale. Bisogna essere molto attenti, perché stiamo parlando di garanzie fondamentali, addirittura garantite costituzionalmente.

Quindi, credo che bisogna valutare con molta prudenza quanto stiamo facendo, perché si tratta di beni costituzionalmente garantiti, cioè le garanzie del cittadino nel processo. Ed allora discutiamo. Anziché fare questo pasticcio, accogliete i nostri emendamenti che si fermano, invece, alla distinzione delle funzioni, che sono un punto molto più avanzato rispetto a quello che voi avete prefigurato con il vostro disegno.

Quindi, credo che i colleghi, i quali insorgono molto spesso nei confronti dei magistrati e dei pubblici ministeri, forse senza comprendere fino in fondo che cosa significhino queste proteste e quale vulnus procurano all'interno della cultura della giurisdizione del nostro Paese, debbano affrontare questo tema seriamente. E vi dico anche con molta franchezza che, se vogliamo affrontare il tema delle separazioni delle carriere, possiamo discuterne. Discutiamone con franchezza. Valutiamo fino in fondo se esso è un passo in avanti nella tutela delle garanzie. Leggete la relazione che accompagna il nostro disegno di legge, in cui abbiamo spiegato che non c'è un accrescimento di garanzie. Questo è l'unico obiettivo che ci ha guidato. Ma discutiamone. Discutiamone anche in termini di riforma costituzionale, se volete, ma attenzione: voi non lo avete fatto o per carenza di cultura, o per mancanza di volontà o, peggio ancora, perché il disegno che state prefigurando è un altro, è quello di depotenziare il pubblico ministero, potenziare la polizia giudiziaria e sottrarre al controllo di giurisdizione le garanzie della azione penale per il cittadino.

Per questo noi ci opporremo fermamente a questo disegno, perché è portatore di gravissimi pericoli per le garanzie del cittadino e quindi per il nostro Stato di diritto e per il nostro ordinamento costituzionale. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, il Gruppo della Margherita esprime il voto favorevole a questo emendamento con convinzione, ritenendo che sia uno degli emendamenti che nel modo più decisivo possono migliorare l'impianto di questa legge.

Il Ministro ha buon gioco a sostenere che ci sono due pareri diversi sull'orientamento effettivo del provvedimento: quello secondo cui la separazione delle carriere si presenta attraverso questa legge in forma surrogata, e quello che invece lamenta che la separazione delle carriere sia stata promessa e non venga realizzata con questa legge. Il fatto che esistano due pareri opposti non autorizza a dire che il Ministro ha scelto la via di mezzo.

Ci siamo confrontati in Commissione con una necessità autentica, che per quello che ci riguarda abbiamo anche condiviso, cioè quella di costruire dei profili professionalmente differenti tra il magistrato giudicante e quello requirente, profili che facciano appello a un bagaglio di formazione, di professionalità che non è uguale nell’uno e nell’altro caso. Quindi abbiamo non solo accolto, ma anche spinto nel confronto con l’Associazione nazionale magistrati proprio su questo terreno della necessità di articolare, come una domanda di qualità che viene rivolta alla magistratura, i propri profili professionali.

Io credo però che quello che viene previsto in questa legge vada oltre questa esigenza, e vada oltre in modo - come è stato già sottolineato dal collega Fassone e dagli altri colleghi che sono intervenuti - pericoloso, rischioso, sul piano costituzionale prima ancora che sul piano politico. Infatti, prevedere due forme di ingresso separate alla magistratura significa scindere l’unicità della funzione del magistrato, la quale è prevista ed è tutelata dalla Costituzione. Questa unicità della funzione del magistrato viene messa in discussione e io non so se questa sia separazione delle funzioni o separazione delle carriere; so che quella unicità di funzione magistratuale viene messa fortemente in discussione, anzi viene annullata attraverso la previsione che l’ingresso in magistratura avvenga attraverso due concorsi distinti.

Vede, signor Ministro (lo dico anche, se è permesso, al relatore, il quale sostiene che non ci sono degli elementi nuovi in questa discussione): io credo che gli elementi nuovi ci siano, perché si parte da una consapevolezza differente della necessità dei due profili di formazione.

Diceva per esempio il collega Fassone: che cosa si può chiedere di diverso nei due concorsi? Su cosa si può misurare, nel momento dell’ingresso in magistratura, da una parte e dall’altra, il differente tenore nei candidati magistrati che si presentano? Anche perché le materie che vengono insegnate nelle sedi ufficiali sono le stesse.

Noi possiamo immaginare che un pubblico ministero debba possedere delle qualità e delle competenze specifiche in tecnica investigativa, per esempio, soprattutto se non vogliamo che poi sia dipendente per le indagini dall’esperienza della polizia giudiziaria; lo possiamo prevedere, ma queste sono materie che ufficialmente non vengono insegnate, signor Ministro e signor relatore; non c’è un’università di giurisprudenza che insegni in modo accettabile e credibile le tecniche di investigazione; sono diverse le discipline che vengono insegnate. Non si può allora misurare un profilo diverso di competenze di coloro che escono dal sistema universitario e intendono accedere alla funzione di magistrato se queste materie non sono insegnate da nessuna parte. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente). Si immagina un concorso, una valutazione su materie che dovrebbero essere il frutto di un procedimento autodidatta da parte del candidato, ma non sarebbe serio.

Io credo sarebbe stato molto più confacente, rispetto alle attese di una più precisa e differente formazione professionale del magistrato requirente e di quello giudicante, prevedere un’unica valutazione, un unico concorso, un’unica forma di ingresso nella magistratura e poi utilizzare la Scuola superiore della magistratura per offrire dei percorsi di formazione specialistica differenti. Invece, quella che è una buona intuizione di questa legge, cioè la Scuola superiore della magistratura, viene giocata in una chiave minimalistica, cioè nel senso di fare i corsi di aggiornamento, di tutorare gli uditori, anziché prendere i magistrati che entrano attraverso un unico ingresso e poi offrire canali di formazione specialistica diversi al pubblico ministero e al magistrato giudicante. Questo, infatti, dovrebbe fare quella Scuola superiore, se effettivamente - come io credo - magistrati che svolgono l’una funzione o l’altra devono avere formazioni differenti, ma sulla base di un denominatore comune molto ampio e molto profondo.

Non trascurerei, signor Ministro, la proposta dell’Associazione nazionale magistrati di far passare in prima battuta tutti i magistrati attraverso la funzione giudicante affinché la cultura della giurisdizione venga pienamente acquisita e poi sulla base di questa acquisizione differenziare i percorsi di formazione professionale, e distinguere le funzioni.

Il nostro timore è che la scelta sia incoerente rispetto alle promesse fatte di arrivare ad avere magistrati che abbiano due modelli diversi di formazione professionale. Ciò non sarà vero perché costoro entreranno da due porte diverse partendo dagli stessi studi universitari. Non ci sarà una Scuola di formazione superiore dopo l’ingresso in magistratura che avvierà l’uno da una parte e l’altro dall’altra sulla base di una acquisizione comune di cultura della giurisdizione.

Allora, mi permetto di evidenziare al relatore che in Commissione non abbiamo svolto questo dibattito. Non è vero che stiamo proponendo le stesse cose esaminate in Commissione. (Il relatore Bobbio è impegnato a parlare con il senatore Fassone). Naturalmente, se si è sordi…! Il relatore in questo momento sta parlando con il senatore Fassone. Chiedo al Presidente se può pregare il relatore Bobbio di ascoltare: l’opposizione non ha le stesse competenze quando parla, ma ha gli stessi diritti di essere ascoltata!

Quello che volevo dire è che non è vero che in Commissione abbiamo sostenuto le medesime tesi che stiamo affrontando in questa sede. Il dibattito in Commissione, che è durato un certo numero di mesi (circa un anno e mezzo), ha messo tutti in condizione di elaborare una visione più avanzata della propria proposta. Ripeto (affinché rimanga agli atti parlamentari e non si affermi che la proposta è la stessa presentata in Commissione) che la proposta è quella di un’unica forma di ingresso, con il passaggio comune per tutti, volto all'acquisizione della cultura della giurisdizione, in una funzione giudicante in una prima fase, quindi con una differenziazione delle funzioni e delle formazioni professionali grazie alla Scuola superiore della magistratura.

Questa è una visione moderna, non anticostituzionale, che tiene conto delle tante osservazioni arrivate dalla pubblica opinione e anche dalla maggioranza, che è quindi coerente con le attese della stessa maggioranza; non è un pasticcio come quello che viene presentato in questo provvedimento. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.100, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.500, presentato dal relatore.

È approvato.

Risulta pertanto precluso l'emendamento 2.101.

Metto ai voti l'emendamento 2.501, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.102, presentato dal senatore Cavallaro, identico all’emendamento 2.103, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.104. (Dai banchi della maggioranza si chiede di conoscere il parere espresso sull’emendamento in votazione).Chiedo scusa, onorevoli colleghi, io sono arrivato solo adesso poiché sto presiedendo una commissione di concorso del Senato. Mi è stato riferito che il parere è stato comunicato ed è contrario su tutti gli emendamenti, salvo quelli del relatore. Quando si tratta di proposte modificative del relatore lo preciserò.

Mi si dice - lo ripeto - che su tutti gli altri emendamenti il parere è contrario e credo che l’Assemblea ne abbia già avuto conoscenza.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, noi abbiamo rappresentato le nostre proposte sperando di riuscire ad avere un momento di contraddittorio, magari aspro e forte, come accade quando non si riesce a ragionare allo stesso modo. Invece dobbiamo registrare, purtroppo, un silenzio che continua; non riusciamo ad interloquire, se non per pochissimo, con il signor Ministro, che non entra nel merito, né con il collega relatore, che si limita a riconfermare le cose che sono state fatte in Commissione e a dichiarare di essere contrario agli emendamenti che l’opposizione ha presentato. Ecco perché, signor Presidente, rispetto ad emendamenti che hanno tutti una motivazione forte e che rispondono ad una logica che abbiamo cercato di illustrare, sarebbe forse preferibile fare in modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità.

Pertanto su questo emendamento, come sugli altri, le chiederò di votare con il sistema elettronico in modo che quella volontà, quel pensiero o quella opinione che non viene espressa positivamente in un confronto dialettico in quest’Aula possa perlomeno essere ricavata, per coloro i quali saranno così bravi da cercare di interpretare anche il silenzio, attraverso l’espressione del voto.

Chiedo quindi a quindici colleghi di voler sostenere la mia richiesta di votazione elettronica su questo emendamento.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.104, presentato dal senatore Cavallaro.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.105.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.105, presentato dal senatore Zanda.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.106.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.106, presentato dal senatore Cavallaro.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Sull’emendamento 2.107 c’è un invito al ritiro da parte del relatore; domando ai presentatori se l’accolgono.

 

BATTAGLIA Antonio (AN). Signor Presidente, pur essendo convinto della validità dell’emendamento, consapevole che ci sono modifiche sostanziali per l’accesso in magistratura, ritengo che questo emendamento debba aspettare un po’ di tempo perché sia verificata l’ulteriore modifica di tutto il processo.

Per tali motivi, accolgo l’invito del relatore e ritiro l’emendamento 2.107.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.108.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, voterò a favore di questo emendamento del senatore Zanda, che chiedo di poter sottoscrivere.

Infatti, nello stesso momento in cui richiediamo un livello elevato di preparazione ai candidati magistrati, nella disposizione che si vuole sopprimere si fa, invece, la classica previsione che ha quasi ammazzato gli esami di Stato negli scorsi trent’anni nelle nostre scuole, e cioè che gli esami si svolgano su un numero più ristretto di materie, sia pure sorteggiate ventiquattr’ore prima dell’inizio della prima prova e che poi, naturalmente, in sede di orale, ci si prenda particolarmente cura delle materie che sono state escluse dal sorteggio.

Ora, dal momento che la motivazione di questa previsione è fondata sul numero dei candidati (nel caso in cui questo sia superiore a 1.500) e siccome tale elemento non può portare ad una valutazione meno approfondita della loro preparazione, perché si tratta comunque di candidati magistrati, ritengo che dovremmo dimostrare maggiore responsabilità di fronte all’eventualità che un numero particolarmente elevato di candidati richieda di entrare in magistratura.

Possiamo prevedere altre forme di filtro, eventualmente, ma non possiamo ridurre le prove scritte alle quali sono sottoposti i candidati. In tal modo, infatti, verrebbero negati alcuni dei princìpi su cui si fonda la riforma dell’ordinamento giudiziario, la quale presuppone - sulla scorta di una lunga esperienza - che ci sia un salto di qualità nella magistratura italiana dal punto di vista della sua formazione professionale.

Abbiamo evitato di considerare (credo giustamente, per le molte implicazioni che ciò avrebbe avuto) le vocazioni o le attitudini psicologiche ad un ruolo o all’altro, però sulla preparazione teorica chiediamo al Governo e alla maggioranza di tornare indietro rispetto a questa proposta e di prevedere una preparazione completa dei magistrati. Tra l’altro, se la prova si svolgesse soltanto su due materie e se venissero sorteggiate le stesse materie, come si potrebbe differenziare il concorso per pubblico ministero da quello per magistrato giudicante?

Mi sembra davvero incongruente questa conclusione, per cui ribadisco il mio invito alla maggioranza a rivedere tale proposta, al di là del fatto che si è innescato ormai un meccanismo automatico per cui tutti gli emendamenti presentati dall’opposizione sono considerati fuori luogo o irragionevoli.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Ancora una volta dobbiamo registrare che, al di là di una presenza soltanto formale, ci troviamo essenzialmente in un deserto. In un deserto, signor Ministro, si costruiscono soltanto castelli di sabbia. Questo è quello che state tentando di costruire. Noi vorremmo che perlomeno la responsabilità… (Commenti del ministro Castelli). Vedo che almeno riesco a farla parlare per una battuta, Ministro. Cercheremo allora di essere più spiritosi, così probabilmente lei risponderà, sperando che lo faccia in italiano e non con citazioni in latino che non sempre sono molto pertinenti.

Anche su questo emendamento, su cui è intervenuto il collega Dalla Chiesa e al quale nessuno ha risposto (sentiamo la voce dei colleghi della maggioranza solo quando intervengono per ritirare gli emendamenti), chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, innanzitutto tengo a sottolineare che la norma di riferimento conferisce una facoltà e non un obbligo. Rimane quindi sempre nell’ambito discrezionale la possibilità di una riduzione del numero delle prove scritte, in relazione al numero dei partecipanti, per evitare che la correzione si dilunghi eccessivamente nel tempo.

In secondo luogo, prendo atto che il centro-sinistra ha cambiato idea rispetto alla scorsa legislatura. Infatti, questa facoltà era stata inserita proprio nella passata legislatura, in occasione della previsione di un concorso per 1.000 posti che avrebbe comportato tempi biblici (già lo sono quelli attuali in concorsi per 250 e 300 posti!). Proprio per ovviare a questo problema si era prevista tale facoltà.

La circostanza poi che vi possa essere una separazione delle funzioni e che quindi vi siano prove scritte differenziate (non certamente quelle orali) rientra sempre nell’ambito di questa facoltà di valutazione da parte della commissione esaminatrice. È quindi utile che tale valutazione venga rimessa alla commissione stessa, da un lato per ragioni di tempo e dall’altro per ragioni di congruità complessiva.

 

GUBERT (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUBERT (UDC). Signor Presidente, intervengo a titolo personale.

Le considerazioni fatte dal collega Dalla Chiesa sono, a mio avviso, perfettamente accoglibili. Infatti, se è vero che si tratta di una facoltà, va però considerato che noi dobbiamo garantire la massima serietà di questi esami. In tal senso, affidarsi al caso nella selezione per la prova scritta, a fronte di concorsi che sono differenziati, e di fatto non garantire la differenziazione, perché il caso ovviamente non la garantisce, né garantire la preparazione dei candidati, perché per caso possono essere estratte materie non così fondamentali e centrali, mi pare del tutto inopportuno. Ritengo che a fronte di 1.500 candidati sarebbe meglio moltiplicare le commissioni e trovare altre formule per cercare una soluzione al problema pratico.

Mi sembra che il problema concreto che è stato segnalato esista e quindi inviterei, sempre a titolo personale, sia il relatore sia il rappresentante del Governo a tenerne conto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.108, presentato dai senatori Zanda e Dalla Chiesa.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.502, presentato dal relatore.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.109.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.109, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.110.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l’emendamento in questione tratta di una questione relativamente piccola, ma penso che in sede legislativa bisogna occuparsi anche de minimis, contrariamente a quello che dice il brocardo per quanto concerne la sede giudiziale.

Il problema, in soldoni, è il seguente. È pacifico che non si possa consentire di sostenere il concorso per accedere alla magistratura un numero illimitato di volte, tuttavia il numero delle volte mediante le quali si può tentare l’accesso deve essere conteggiato con riferimento alla presentazione all’esame, come sempre è avvenuto, consentendo così quell’autocensura del ritiro che tutto sommato toglie lavoro alle commissioni e che mi sembra debba essere resa possibile per il candidato, oppure si intende parametrare i tentativi in base al criterio dell’esito sfavorevole? Io, opinando sul fatto che fosse più opportuno parametrarlo all’esito sfavorevole dell’esame, con l’emendamento 2.110 ho previsto che l’accesso debba essere limitato non già al numero delle volte, ma al numero di quelle con esito sfavorevole.

Per tali ragioni chiedo l’accoglimento di questo emendamento.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, chiedo scusa per la distrazione e rettifico il parere sull'emendamento 2.110, che è favorevole. Effettivamente sembra giusto che la limitazione nel numero delle prove debba tener conto dell'esito delle prove già sostenute ed evidentemente una prova non portata a compimento non può essere considerata, come tutt'oggi accade, come pienamente sostenuta.

 

PRESIDENTE. Chiedo al ministro Castelli se intende pronunciarsi sull'emendamento in questione, ascoltato il relatore.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, a me sembra un emendamento ultroneo, perché mi chiedo chi ripete l'esame se non lo ha sostenuto con esito sfavorevole. Forse non ho ben compreso; mi adeguo comunque al parere espresso dal relatore.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, per verificare se quello che non è riuscito a comprendere il Ministro è stato compreso dai colleghi… (Applausi ironici dai Gruppi LP e FI). Lo ha dichiarato con grande onestà, mi meraviglio dei colleghi della Lega.

Poiché su questo emendamento che proviene dall'opposizione, anche se è de minimis, vi è un orientamento favorevole, vorremmo verificare con il voto elettronico qual è la valutazione dell'Assemblea.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.110, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 2.111, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, in molti interventi che mi hanno preceduto si è discusso della nota questione plurivisitata del ruolo del pubblico ministero nel nostro ordinamento. Poiché oggi, cari colleghi -, mi rivolgo soprattutto ai colleghi della maggioranza - non stiamo lavorando ad una legge come tante altre, perché questo provvedimento costituisce una riforma ordinamentale di un settore assai delicato che riguarda la nostra giustizia, ritengo che l'attenzione di tutti debba essere maggiore rispetto a quella sempre elevata che dedichiamo ai nostri provvedimenti.

Tra i quattro-cinque punti nodali di questa riforma non vi è dubbio che quello di cui stiamo discutendo sicuramente è uno dei più significativi. Come molti di voi forse sanno, si tratta di idee che da tempo sto esplicitando: non ho mai capito bene che senso abbia questa polemica sulla separazione delle carriere tra i magistrati requirenti rispetto a quelli giudicanti. Ritengo infatti che il problema non sia lì; il problema risiede invece in quella che ho sempre definito e che anche oggi definirò la vera anomalia costituzionale del sistema italiano, che è costituita dalla previsione di un pubblico ministero autonomo da qualunque potere, indipendente e con l'obbligo di esercitare l'azione penale. L'ho definita un'anomalia perché in nessun ordinamento occidentale si prevede qualcosa non dico di uguale ma neanche di simile.

In tutti i Paesi di democrazia più avanzata che hanno alle spalle percorsi storici diversi dai nostri, il pubblico ministero è, in un modo o nell’altro, collegato all'Esecutivo, nel senso che da esso dipende. Ciò comporta che al vertice dell'attività requirente esiste una responsabilità politica: il Ministro della giustizia è chiamato in Parlamento a rendere conto del lavoro - buono, cattivo, discutibile o encomiabile - dei pubblici ministeri. Ciò nel nostro Paese non può accadere, finché la Costituzione non sarà modificata; questa anomalia rende difficile l'approccio al problema. Spesso, in perfetta buona fede, si è portati a riguardare la questione perdendo di vista la vera madre di tutti i problemi, cioè l'anomalia che ho ricordato.

Sono contento, signor Ministro, che lei sia tornato in Aula; ero dispiaciuto del fatto che lei uscisse dall'Aula mentre prendevo la parola perché volevo chiosare la battuta del collega Manzione: il mio problema non è di quale materiale è fatto il castello, il mio problema è che il castello è duro e non riesco a convincerlo malgrado la bontà e la fondatezza dei miei argomenti. Al di là della facile battuta, mi fa piacere che lei ascolti.

Se questo è lo stato dell'opera, si pone un problema fondamentale: individuare la coordinata più significativa per garantire il cittadino, che incappa a torto o a ragione nelle maglie della giustizia, rispetto al pubblico ministero che, dal punto di vista costituzionale e ordinamentale, possiede le caratteristiche che ho ricordato.

È opinione diffusa, comune, indiscussa forse anche per la sua ovvietà, che il terreno fondamentale ove individuare questa coordinata è quello delle garanzie. Posto che abbiamo il pubblico ministero che i nostri Padri costituenti ci hanno elargito, come facciamo a vincere preoccupazioni, che possono nascere legittimamente, nei confronti dell'attività inquirente e requirente, assolutamente autonoma, indipendente, non controllabile da nessun altro potere? Dispensiamo maggiori garanzie, eleviamo il livello delle garanzie. Ciò è indiscutibile per chi ragiona laicamente e abbia una qualche competenza in materia.

Non voglio difendere il Ministro della giustizia, perché non ha bisogno di essere difeso, ma egli non è il principale colpevole di questo indegno progetto di legge. Non condividevo fino in fondo il disegno di legge originario del ministro Castelli, sul quale ci confrontammo, ma esso aveva aspetti che costituivano un terreno di confronto più praticabile da parte di chi abbia una qualche sensibilità e una qualche competenza su questi problemi.

Successivamente, per ragioni ben note, a seguito della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione che non spostò i processi di Milano, furono messi in campo i famosi quattro saggi, rispetto ai quali l'unica certezza è che sono quattro perché sul resto è meglio sorvolare. Essi si avventarono come pitbull sul disegno di legge Castelli, stravolgendolo senza pietà, e se posso attribuire una colpa al ministro Castelli la rinvengo nel fatto che non è stato capace di difenderlo fino in fondo; in ogni caso è colpa assai meno grave di quella originaria.

Bisogna capire questi argomenti, anziché affrontarli con la penna intinta nel livore e nel disprezzo per i pubblici ministeri e per la magistratura in genere, perché ciò non rende un buon servizio ad alcuno, forse neanche ai protagonisti. Per "difenderci" dal modello di pubblico ministero che abbiamo, dobbiamo lavorare sulle garanzie. Non vi è dubbio che la strada principale, anzi l'autostrada, è che il legislatore, il Consiglio superiore della magistratura, la scuola di formazione lavorino per far sì che i pubblici ministeri possiedano nel livello più alto possibile una cultura della giurisdizione.

Per quel poco che conta, cito un'esperienza personale che per ciascuno di noi è poi l'esperienza più importante. Per molti anni ho fatto il pubblico ministero e in maniera tale che qualcuno se ne è accorto; venivo da anni di funzione giudicante e non mi è mai venuto in mente di chiedere al giudice qualcosa che sapevo non potesse darmi. Avevo questa consapevolezza perché avevo fatto anch'io quel mestiere e lo conoscevo. Questo si traduceva in una garanzia per l’imputato al dibattimento o per l’indagato nella fase precedente.

L’emendamento cui mi riferisco, signor Presidente, il 2.111 (lo dico qualora vi fosse un generoso collega della maggioranza che lo voglia leggere: ne basterebbe anche solo uno, ma non ci sarà nemmeno quello), si fonda proprio su tale esigenza e capovolge l’approccio del Governo e della maggioranza: stabilisce che un magistrato intanto può fare il pubblico ministero in quanto all’inizio della carriera abbia fatto per almeno tre anni il giudice. Poi, se ne avrà voglia e se sarà ritenuto idoneo, sarà mandato a fare il pubblico ministero, ma con un bagaglio culturale e professionale per me dirimente: sa cosa significa fare il giudice. Questa è la precondizione per fare bene il pubblico ministero e per offrire le garanzie che ritengo debbano essere riconosciute ad ogni cittadino. Questo è l’approccio corretto, a Costituzione immutata.

Per cui torna il problema della separazione delle carriere, che si può affrontare ad una sola condizione: soltanto smuovendo la Costituzione e stabilendo che in Italia, come in tanti altri Paesi, si voglia un pubblico ministero che dipenda dall’Esecutivo. Allora il discorso sarebbe diverso e in quelle condizioni ritirerei l’emendamento in votazione. Ma nelle condizioni attuali, su questo emendamento si gioca una cultura laica e rispettosa non delle esigenze dei magistrati, ma di quelle dei cittadini. Rifletteteci, colleghi. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiediamo la votazione dell’emendamento 2.111.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Colleghi, l’appoggio necessario non risulta esserci.

MACONI (DS-U). Signor Presidente, il sistema non funziona.

PRESIDENTE. Il sistema funziona ed evidenzia che il numero dei colleghi che hanno appoggiato la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico non è sufficiente.

L'emendamento 2.111 è pertanto improcedibile.

Passiamo all’esame del secondo gruppo di emendamenti presentati all’articolo 2, dalla lettera d) alla lettera h) del comma 1, che invito i presentatori ad illustrare.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo di dovermi soffermare, in particolare, sull’emendamento 2.112, perché è anch’esso tra le proposte emendative che toccano la filosofia stessa del disegno di legge che stiamo discutendo.

Con tale emendamento proponiamo una semplificazione dei livelli gerarchici che vengono individuati all’interno della magistratura, così come sarà riformata da questo disegno di legge, anche perché forse è il caso di sottolineare che questo provvedimento non riforma l’ordinamento giudiziario, ma la magistratura. È una cosa diversa, è un’ambizione più piccola, forse politicamente più pregnante, ma di fatto parliamo soltanto dell’organizzazione interna della magistratura.

Credo che la nostra proposta, che tiene conto comunque sia della distinzione in funzioni giudicanti e requirenti, come è ovvio, ma anche delle distinzioni di merito e di legittimità, e pure della necessità di riconoscere delle funzioni direttive superiori di legittimità, non ricada in quella tendenza, che è propria della legge, di costruire una struttura piramidale della magistratura, con funzioni giudicanti di primo e di secondo grado, con funzioni semidirettive di primo e di secondo grado.

A noi sembra davvero che l’individuazione di tutti questi livelli gerarchici, connessa anche con l’accentramento dei poteri che fanno capo alle singole figure di responsabilità produca non soltanto una strozzatura funzionale all’interno della magistratura, ma anche una costruzione che finisce pure per fare torto alla figura del magistrato, così come viene delineata complessivamente nel nostro ordinamento costituzionale.

È vero che questo argomento è sempre stato usato in Commissione; ci torniamo con una certa testardaggine perché questo argomento è stato fatto proprio dalla gran parte degli osservatori e degli studiosi. Una magistratura che ha la stessa organizzazione gerarchica di un ministero è una magistratura destinata a non funzionare, è una magistratura che da un lato è poco agile, e dall'altra rispecchia poco il principio dell'unicità della funzione del magistrato. È una magistratura che viene imprigionata in una specie di camicia di forza, costruita da tutti questi livelli e da tutte queste definizioni di responsabilità gerarchiche, che a nostro avviso provocheranno inevitabilmente una caduta di funzionalità e di efficienza.

Abbiamo dunque cercato di andare incontro ad una esigenza che ci è stata sottoposta dal Governo e dalla maggioranza: che esista un minimo di struttura gerarchica. Abbiamo accettato questo minimo di struttura gerarchica e in tal senso va la nostra proposta, che cerca di contemperare questa indicazione con l'obiettivo di avere comunque sempre a disposizione - uso un brutto termine - una macchina capace di funzionare, e non una macchina che si ingrippi in ogni momento.

È questa la ragione per cui questo emendamento è stato firmato da tutti i responsabili per la giustizia dell'opposizione, del centro-sinistra. È un'esigenza largamente condivisa al di fuori del mondo politico; invitiamo di nuovo, anche se non siamo convinti che questo invito sarà accolto, la maggioranza ad un ripensamento. Ripeto: una magistratura organizzata come un vecchio ministero non credo interessi a nessuno.

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, mi soffermerò su due soli emendamenti, il 2.113 ed il 2.133, poiché il 2.116, al quale annettiamo molta importanza, sarà illustrato dal collega Ayala.

Signor Ministro, lei ha dichiarato poco fa che la discussione in quest'Aula non ha fatto emergere nulla di nuovo. E purtroppo devo darle ragione, ma in una direzione diversa da quella cui lei allude, nel senso che personalmente in Commissione ho sostenuto certe tesi con argomenti anche di livello costituzionale che ritenevo e ritengo - mi si passi la presunzione - non privi di una qualche dignità; l'unica risposta che ebbi allora è che i miei argomenti erano infondati, il che non mi sembra frutto di una grande dialettica confutativa.

Lo stesso è accaduto poc'anzi quando li ho ripetuti in Aula, e temo che lo stesso accadrà a proposito dell'emendamento 2.113, con il quale mi dolgo e ci doliamo che la delega sopprima le posizioni intermedie nella funzione requirente, e cioè, in particolare, la funzione di aggiunto nelle procure della Repubblica e la funzione di avvocato generale nelle procure generali.

Non ci è certamente ignota la ratio di questo vostro proposito: voi volete costruire una procura della Repubblica sostanzialmente monarchica, cioè con una forte gerarchizzazione che trova il suo vertice unicamente nella posizione apicale, senza strutture intermedie. Ora, riaffaccio interrogativi ai quali penso mi sarà data questa volta risposta. Chi rappresenta la procura generale della Repubblica nelle sezioni staccate di procura generale, posto che oggi tale ufficio è rappresentato dall'avvocato generale, che domani non ci sarà più? Sarà un sostituto procuratore generale che rappresenterà l’alto ufficio della procura generale a Bolzano, a Taranto e a Sassari? A questo interrogativo attendo risposta.

Chi celebrerà l’inaugurazione dell’anno giudiziario quando il procuratore generale sarà stato trasferito e non ancora supplito o momentaneamente impedito, posto che non c’è l’avvocato generale?

Chi reggerà gli uffici di procura, soprattutto quelli di grandi dimensioni e importanza, come possono essere quelli della Capitale o altri uffici di grande rilievo, quando il procuratore della Repubblica sarà momentaneamente assente perché non sostituito, perché il posto è vacante oppure è impedito, posto che non ci sono gli aggiunti?

Chi effettuerà il visto che voi pretendete su tutte le misure cautelari, in particolare sulle misure cautelari personali e reali, posto che non possiamo certo pensare che in un ufficio come quello di Roma, in cui quelle misure sono nell’ordine delle molte decine ogni giorno, lo faccia il capo? Deve delegare qualcuno: e chi delegherà? Un sostituto qualsiasi, magari di anzianità inferiore a quella di colui che chiede la misura?

Nessuna organizzazione imprenditoriale - lei, signor Ministro, lo sa bene - può fare a meno di uno staff strettamente sussidiario al capo: è come se nell’esercito si passasse dal sergente al colonnello, e non credo vada bene. Questo è un corollario della concezione monarchica della procura, ma con il rischio dei pretoriani scelti dal monarca, magari meno anziani, magari meno autorevoli, produttivi unicamente di tensioni nell’ufficio. Il potere va stemperato, non esaltato. Ecco perché proponiamo il ripristino di questa importante figura.

Sull’emendamento 2.116 ho detto che non mi soffermo: invito soltanto ad osservarlo come espressivo di una proposta alternativa. Noi - ripeto - non ci limitiamo a dire dei no: siamo consapevoli che tutti i problemi da voi evidenziati esistono e richiedono interventi; dissentiamo sugli strumenti. L’emendamento 2.116 si raccomanda quanto meno ad un’attenta lettura per riconoscere che ci siamo fatti carico del problema.

Sull’emendamento 2.133 spendo solo poche osservazioni, ribadendo che, una volta che voi introduciate l’incompatibilità di sede per il pubblico ministero che intende passare alla carriera giudicante o viceversa e questa incompatibilità di sede la estendiate alla dimensione del distretto, praticamente sancite la immutabilità della funzione scelta. Io penso quale mai sostituto di Sassari accetterà di spostarsi sul Continente a quaranta o cinquant’anni semplicemente per mutare funzioni.

Ma il punto critico che affaccio, oltre a quelli operativi che probabilmente rientrano nei vostri intenti, è che con l’articolo 8 della legge 21 novembre 1991, n. 374, quale modificato nel 1999, una incompatibilità di sede è stata sancita, ma su basi meramente circondariali, cioè l’incompatibilità secondo la quale un avvocato, che è parte così come lo è il pubblico ministero, può passare a fare il giudice di pace, che è giudice, in un circondario diverso da quello dell’ordine degli avvocati in cui è iscritto. Quindi, noi sanciamo per questa categoria di magistrati una disciplina molto più pesante di quella che abbiamo sancito per gli avvocati. Anche questo credo meriti qualche riflessione.

 

AYALA (DS-U). Signor Presidente, illustro l’emendamento 2.116 con qualche amarezza - lo devo riconoscere - perché in buona sostanza ripropone in questa veste un disegno di legge presentato alla fine del 1996 dal ministro Flick al quale avevo dato il mio contributo, essendo a quel tempo sottosegretario per la giustizia. Purtroppo, gli eventi di quella legislatura andarono in maniera tale che quel disegno di legge non ebbe la fortuna - perché tale sarebbe stata, a mio giudizio - di diventare legge. Lo ripropongo quindi oggi in veste di emendamento al disegno di legge che ci occupa.

Colleghi, quest’emendamento si riferisce a quella parte dell’articolo 2 caratterizzata da una vera orgia della parola "concorso"; c’è da ubriacarsi: concorsi da tutti i lati, per questo, per quello, sempre concorsi.

È una risposta - una scelta operata dal Governo e dalla maggioranza - ad un problema che esiste e che nessuno può negare debba essere risolto. Occorre dire basta all’attuale sistema della progressione di carriera dei magistrati che si fonda su due soli parametri: può sembrare incredibile, ma è così. Mi riferisco all’anzianità e al non demerito (neanche al merito). Chi vi parla ha cessato di esercitare funzioni giurisdizionali nel 1991 con il grado di consigliere di Corte d’appello, quello sì guadagnato facendo quel mestiere; oggi sono un anziano consigliere di Cassazione, ma da dodici anni non faccio il magistrato. Questo esempio personale, forse non piccolo, fa comprendere come indubbiamente il problema esista e vada affrontato.

La risposta dei concorsi, però, è sbagliata nel modo più clamoroso possibile, non fosse altro - signor Ministro, dobbiamo coltivare tutti un po’ di sana memoria - perché a suo tempo, oltre trent’anni fa, si pervenne, proprio come rottura, al meccanismo dell’automatica progressione in carriera che ho illustrato. Fu una grande rivolta culturale del mondo della magistratura contro una vecchia logica che subordinava il povero magistrato a continui concorsi. All’epoca si affermava - lo ripeto oggi, visto che lo rivolete - che quello era un magistrato che non garantiva nessuno, perché preoccupato soltanto di scrivere sentenze la cui motivazione doveva contenere quanto di più dotto possibile in dottrina o nei precedenti giurisprudenziali della Suprema Corte o addirittura della Corte costituzionale.

Per gli interessi delle parti in causa - sono uomini e donne anche i magistrati - fatalmente calava un’ombra. Inoltre, quello era un magistrato tendenzialmente non incoraggiato a liberare, se lo possedeva, il proprio coraggio (tante volte ha ragione don Abbondio, ma sono solo casi) perché preoccupato di dover affrontare continui concorsi per poter andare avanti in carriera.

Per spezzare questa logica, la cui negatività era largamente diffusa, si pensò a quella cura da cavallo molto reattiva rappresentata dal passaggio dai concorsi all’automatismo di progressione. Come ho evidenziato poc’anzi ed ora ripeto, questo automatismo ha fatto il suo tempo e quindi va corretto.

L'emendamento in esame propone un sistema - onorevoli colleghi, vi raccomando di ascoltare - per cui l’automatismo viene definitivamente sepolto (il generale Jean lo manderebbe a Scanzano Jonico con i rifiuti radioattivi), non lascia il magistrato privo di una periodica valutazione e, in esito alla positività di queste valutazioni professionali, il Consiglio superiore della magistratura, su sua domanda, può collocarlo in ruoli di carriera superiore.

Per spiegare il motivo per cui questo meccanismo si fa preferire in modo enormemente significativo a quello proposto dal Governo e dalla maggioranza, vi faccio due ipotesi che si riferiscono alla struttura voluta dal Governo e dalla maggioranza. Lo stipendio, o meglio la progressione retributiva, è - direi giustamente - staccata rispetto al grado che si ricopre. Quindi, l’anzianità garantisce che lo stipendio cresca. È un’esigenza elementare, ma chi vive di stipendio - il sottoscritto continua a farlo anche oggi - è sensibile a queste cose e comprende quanto sia giusta tale scelta. Su ciò nessuno dissente. Allora, cosa può succedere con il meccanismo che voi proponete? Innanzitutto, incredibilmente, tra i criteri selettivi di questi concorsi che servono a verificare se quel magistrato può proseguire in carriera o meno sono totalmente assenti quelli che dovrebbero essere i parametri fondamentali del giudizio.

Mi riferisco alla laboriosità, alla diligenza e all’impegno. Di questo il Governo e la maggioranza non si occupano; vogliono che quel magistrato sia bravo, che teoricamente abbia studiato il diritto civile, il diritto penale o scegliete voi quale diritto preferite, ma di quello che ha fatto - è una cosa incredibile, signor Presidente, l’ho letto e riletto cinquanta volte perché mi sembrava pazzesco, e lo è veramente - come magistrato e che quindi dovrebbe costituire la base su cui valutare la sua idoneità ad assumere responsabilità più significative non se ne occupa nessuno. Deve aver studiato e presentare buoni titoli.

Di talché, cosa può accadere? Ipotesi A: un magistrato matura anzianità, il suo stipendio si incrementa, teme la cattiva figura di non superare un concorso e rimane giudice di primo grado. Signor Presidente, nessuno lo valuterà mai. Ipotesi B: un magistrato, spinto legittimamente dalla voglia di fare carriera perché magari vede che quelli del suo concorso che sono entrati insieme a lui già hanno superato i concorsi e sono passati a fare i giudici di secondo grado, studia, trascura il lavoro, mette la sveglia la mattina alle cinque, come tutti abbiamo fatto, finisce di studiare a mezzanotte o all’una di notte, come tutti abbiamo fatto, supera il concorso e accede, ad esempio, alla responsabilità di secondo grado. Magari se non avesse avuto questo problema, essendo un bravo giudice che aveva maturato una bella esperienza, poteva continuare a fare il giudice di primo grado senza per questo soffrire, come accade oggi, nessuna frustrazione.

Quindi, noi con questo sistema, anzi voi con questo sistema, incentivate la dispersione di professionalità. Questi sono gli effetti elementari. Io ho fatto due ipotesi, ma ne potremmo fare altre ventidue. Non voglio approfittare ulteriormente della vostra pazienza; anzi, vi ringrazio perché vedo che mi ascoltate.

L’emendamento 2.116 (che, ribadisco, è una riedizione testualmente fedele del disegno di legge Flick) prevede periodiche valutazioni di professionalità che non si basano fondamentalmente sulla conoscenza del diritto civile, del diritto penale o del diritto che preferite (si deve dare per scontato che il magistrato li conosca, perché ha superato il concorso per entrare in magistratura), ma servono a verificare come svolge il mestiere di magistrato. È laborioso? È tempestivo nella risposta? È diligente sul lavoro? Questo interessa. (Richiami del Presidente).

E allora, a prescindere dal suono della campanella che mi induce a terminare il mio intervento, vorrei dire che non è un discorso tra esperti quello che si sta svolgendo in quest’Aula, ma un discorso tra uomini e donne di buonsenso. Io non vi chiedo altro che il buonsenso, che certamente possedete in dose sicuramente maggiore alla mia: su questo terreno, questo emendamento non potete non preferirlo al meccanismo che autorevolmente vi propone il vostro Governo. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, l’emendamento 2.503 si illustra da sé. Vorrei soltanto sottolineare come si tratti di un emendamento che in parte, peraltro, tiene conto di alcune delle osservazioni fatte finora dai colleghi, nel senso di voler improntare la materia dei concorsi per la progressione di carriera ad un taglio più eminentemente legato all’effettività del lavoro svolto; un taglio più pratico che consente anche di ovviare all’obiezione secondo la quale attraverso il meccanismo dei concorsi si relegherebbe di fatto il magistrato, sottraendolo al lavoro, nel chiuso dell’ufficio per studiare e prepararsi ai concorsi stessi.

La modifica, anche in questo senso, del testo di legge dà una volta di più conto che il risultato che si vuole conseguire non è certamente questo, ma che anzi sarà avvantaggiato nel sostenere una prova di esame improntata alla pratica quel magistrato che, invece di essersi chiuso a studiare per sostenere il concorso, abbia effettivamente lavorato per farsi quel bagaglio di esperienza giudiziaria che gli consentirà di superare il concorso.

Gli altri emendamenti si illustrano da sé.

 

MARITATI (DS-U). Credo non sia stato ancora posto adeguatamente in rilievo un aspetto di questo disegno di legge, e cioè che, se verrà varato, non una sola norma potrà incidere positivamente su un processo assai grave, quello di una vera e propria denegata giustizia. Nessuna norma di questo testo, infatti, si presenta utile.

In particolare, credo che la strategia e il modo di intendere la mutazione delle funzioni siano viziati alla base. Ho alle spalle più di trentacinque anni di magistratura e non posso comprendere come mai si sia appuntato tanto interesse sul cambio di funzioni. Se guardiamo le statistiche, verificheremo che questo problema non esiste, perché non vi è un numero rilevante di magistrati del pubblico ministero che passa alla funzione giudicante e viceversa.

Comunque, tornando al fenomeno in sé, a prescindere dall’entità dello stesso, ritengo che esso non possa minimamente incidere sulla terzietà del giudice. Credo sia questo il punto di vista della maggioranza, che si oppone strenuamente al libero interscambio tra la funzione giudicante e quella requirente, creando numerosi ostacoli. Credo vi sia un errore di fondo.

Il relatore, in maniera molto discutibile, continua ad affermare che non c’è la volontà di incidere sulla natura di magistrato del pubblico ministero, che essa viene mantenuta e che viene rispettata la cultura della giurisdizione. Mi chiedo come sia possibile affermare questo, a fronte di una serie di ostacoli frapposti e di una vera e propria strategia che punta ad isolare il ruolo del pubblico ministero.

È stato detto in maniera egregia da chi mi ha preceduto questa mattina che è interesse dei cittadini avere un pubblico ministero come oggi è delineato, anche se si possono e si devono introdurre dei miglioramenti (ne parleremo a proposito dell’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero).

Ricordo che, nel corso di un mio intervento in Commissione, il Ministro mi interruppe dicendo che parlavo sempre di magistrati e non facevo riferimento ai cittadini. Gli chiedo allora se è certo che una modifica del genere darà ai cittadini qualche vantaggio, con un pubblico ministero sempre più arroccato su posizioni accusatorie e staccato dal ruolo e soprattutto dalla cultura della giurisdizione, appiattito - come è stato già detto - su funzioni di polizia giudiziaria.

Alla luce di queste brevi considerazioni, sarebbe più opportuno ridurre il termine di cinque anni, posto come sbarramento, a tre anni. Il cambio di funzioni, ripeto, è importante, perché il pubblico ministero, attraverso le esperienze che potrà fare (lo vedremo anche in altri emendamenti, attraverso cui insistiamo che si debba iniziare dalla funzione giudicante), non potrà che arricchirsi e svolgere a più alti livelli il proprio ruolo, che non è una funzione di accusa a tutti i costi, ma un’azione diretta ad accertare la verità.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, senza nulla togliere agli altri emendamenti, considererò l’emendamento 2.1002, quello politicamente più significativo per illustrare il quale intendo soffermarmi sull’intera ratio dell’articolo 2.

Mi dispiace che il senatore Ayala non sia ora presente in Aula, giacché noi siamo disponibili a tutte le critiche, sia a quelle costruttive che a quelle di altra natura, però vorrei perlomeno che si leggesse il testo delle norme. Quando il senatore Ayala afferma che non vi è alcun riferimento alla professionalità dei magistrati dovrebbe prima leggere la lettera l) dell’articolo in esame là dove si fa riferimento nella valutazione dei magistrati proprio alla loro laboriosità e capacità organizzativa. Pertanto, quanto è stato detto sul fatto che il magistrato si troverebbe a passare il proprio tempo a studiare per preparare i concorsi, affermazione già in parte non vera, diverrà totalmente infondata dopo l’approvazione - che ovviamente auspico - dell’emendamento 2.1002. Infatti, quest’ultimo prevede di fatto la soppressione dei concorsi obbligatori per accedere alle funzioni direttive e semidirettive previsti invece dal testo originario. Con l’approvazione di questo emendamento un magistrato, se vuole, potrà decidere di non fare più concorsi per tutta la sua vita. Quindi tutto il castello di critiche basate sulla serie di concorsi posti in essere da questo disegno di legge decade completamente.

Il Governo non fa un passo indietro dal punto di vista tecnico, giacché riteniamo che sotto questo profilo il testo originario avesse un impianto assolutamente nobile. Perché non si vuole il concorso e per quale motivo il concorso risulta assolutamente inviso soprattutto alla magistratura organizzata? Perché il concorso è un dato oggettivo e quindi sottrae completamente l’avanzamento dei magistrati a quella che è oggi l’onnipotenza del Consiglio superiore della magistratura. Dobbiamo dirci questa verità, colleghi, questo è il dato fondamentale rispetto al problema del concorso. Si intendeva quindi creare un dato oggettivo rispetto alla completa soggettività delle valutazioni del CSM.

Proprio per un fatto assolutamente politico, e per dimostrare un’apertura verso la magistratura e verso le critiche e le istanze dell’opposizione, la maggioranza, con l’accordo del Governo, ha inteso presentare questo emendamento che, ripeto, fa cadere l’obbligatorietà di qualsiasi concorso (da affrontare ovviamente dopo quello effettuato per l’ingresso nella magistratura); credo che su questo punto non ci sia assolutamente questione.

Però ribadisco che non si tratta di una questione di carattere tecnico ma puramente politico; anzi personalmente ritengo che fosse sicuramente più razionale l’impianto del testo originario, però si sa che in politica, nell’amministrazione e quando si fanno le leggi bisogna essere aperti e duttili. Noi riteniamo con questo emendamento di compiere un importantissimo passo di apertura verso le istanze dell’opposizione e della magistratura.

Tengo ancora una volta a ribadire che con l’approvazione di tale emendamento tutte queste osservazioni critiche non avranno più ragione di essere, altrimenti si parla di altro. In ogni caso sottolineo ancora una volta che nei concorsi che avevamo previsto risultava assolutamente fondamentale la valutazione della laboriosità, della professionalità e della capacità organizzativa del magistrato. In tal senso i rilievi critici secondo i quali si pensava ad un magistrato chiuso nel suo ufficio che anziché lavorare studiava per i concorsi erano infondati prima ma oggi, con l’approvazione dell’emendamento 2.1002, non hanno più veramente ragione di essere.

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si danno per illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, esprimo parere contrario sull'emendamento 2.112; il parere è contrario anche sull'emendamento 2.113, facendo notare che la prospettazione del disegno di legge concerne la previsione di una struttura gerarchica responsabilizzata in capo al nuovo procuratore della Repubblica, con possibilità di nominare…(Brusìo in Aula). Consentitemi, colleghi di svolgere questo ultimo intervento, si tratta di un passaggio rilevante ed è breve.

Dicevo che ciò consente al procuratore della Repubblica di avere comunque dei magistrati di affiancamento che abbiano il ruolo e la funzione anche con la delega di settori d'affari dei vecchi procuratori aggiunti, ma che rimangano vincolati e vincolanti per il procuratore, in un rapporto di responsabilità gestionale che si riconduce direttamente alla persona del procuratore.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 2.114, 2.115 e 2.116; quest'ultimo ha il parere contrario anche della 5a Commissione permanente.

Il parere è contrario altresì sugli emendamenti 2.117, 2.118 e 2.119.

Esprimo parere favorevole sull'emendamento 2.1002, che ritengo assorba il 2.121 (testo 2), sul quale esprimo parere favorevole.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 2.120, 2.122 e 2.503/1 (testo 2). Il parere è ovviamente favorevole sull'emendamento 2.503 (che ritengo riassuma meglio le esigenze degli altri emendamenti) e sul 2.504.

Esprimo parere contrario sull'emendament0 2.123 (che ha anche il parere contrario della 5a Commissione permanente), nonché sugli emendamenti 2.124, 2.125, 2.126 e 2.127.

Il parere è ovviamente favorevole all'emendamento 2.505.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 2.128, 2.129 (che ha anche il parere contrario della 5a Commissione permanente), 2.130, 2.131, 2.132, 2.133, 2.134, 2.135, 2.136, 2.137, 2.138, 2.139, 2.141, 2.142, 2.143, 2.144, 2.145, 2.146, 2.147, 2.148, 2.149, 2.150, 2.151, 2.152, 2.153, 2.154, 2.155, 2.156, 2.157, 2.158, 2.159 e 2.160.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello testé espresso dal relatore.

 

PRESIDENTE. Colleghi, data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità (1296)

 

ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

Capo I

DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Art. 1.

(Contenuto della delega)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7, uno o più decreti legislativi diretti a:

a) modificare la disciplina per l’accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;

b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;

d) riorganizzare l’ufficio del pubblico ministero;

e) modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati e le relative sanzioni, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 7, uno o più decreti legislativi diretti a rideterminare le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari.

2-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l’istituzione dell’ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario dello stesso, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 8-bis.

3. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal centottantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

4. Il Governo è delegato ad adottare, entro i centoventi giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e la necessaria disciplina transitoria, diretta anche a regolare il trasferimento degli affari ai nuovi uffici, fissando i termini massimi entro cui occorre provvedere, prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 3.

5. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2-bis sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti un parere entro il termine di sessanta giorni dalla data della trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 5, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 ovvero dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2-bis, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8-bis.

 

EMENDAMENTI

1.100

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI

RESPINTO

AL COMMA 1, LETTERA A), AGGIUNGERE, IN FINE, LE SEGUENTI PAROLE: «, ISTITUENDO LA FIGURA DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO DELL’UFFICIO».

1.101

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Accantonato

Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «e le relative sanzioni», con le seguenti: «, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione».

 

PROPOSTA DI STRALCIO

S1.1

LA COMMISSIONE

Approvata

Stralciare il comma 2.

 

EMENDAMENTI

1.102

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Sopprimere il comma 2-bis.

1.103

MAGNALBÒ, TOFANI, PELLICINI, BALBONI, BEVILACQUA, BATTAGLIA ANTONIO, COZZOLINO, DE CORATO, DEMASI, MASSUCCO, MEDURI, PONTONE, SEMERARO, SERVELLO, TATÒ, ULIVI

Improcedibile

Sostituire il comma 2-bis con il seguente:

«2-bis. Il Governo è delegato ad adottare entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge un decreto legislativo diretto all’istituzione del ruolo del funzionario giudiziario con l’osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui al successivo articolo 8-bis.

1.104

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Ritirato

Al comma 2-bis, dopo la parola: «introducendo», inserire le seguenti: «nell’organico degli uffici giudiziari di merito», e conseguentemente sostituire le parole: «dello stesso», con le seguenti: «del giudice».

1.600

IL RELATORE

Approvato

Al comma 4,sopprimere le parole da: «diretta» fino a: «provvedere».

1.105

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 5, sostituire la parola: «sessanta», con la seguente: «novanta».

1.500

IL RELATORE

Approvato

Dopo il comma 5, inserire il seguente:

«5-bis. Le disposizioni previste dal comma 5 si applicano anche per l’esercizio della delega di cui al comma 4, ma in tal caso il termine per l’espressione del parere è ridotto alla metà».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 1

1.0.100

ALBERTI CASELLATI, ZICCONE

V. testo 3

Dopo l’articolo 1,inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

(Delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della Giustizia.

2. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

c) altre eventuali competenze;

d) riserva all’amministrazione centrale:

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

9) dei provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura;

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

1.0.100 (testo 3)

ALBERTI CASELLATI, ZICCONE

Accantonato

Dopo l’articolo 1,inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

(Delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della Giustizia.

2. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

c) riserva all’amministrazione centrale:

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

9) dei provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura;

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

3. Per gli oneri relativi alla locazione degli immobili, all'acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa annua massima di 5.610.000 euro a decorrere dall'anno 2004 cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2004-2006 nell'unità previsionale di base di parte corrente fondo speciale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

4. Per gli oneri relativi al personale valutati in 7.387.452 euro annui a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2004-2006 nell'unità previsionale di base di parte corrente fondo speciale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del presente comma, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, comma 2, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

5. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 1.

 

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 2.

(Concorsi per uditore giudiziario. Disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati. Competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che sia bandito un concorso per l’accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all’atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intende accedere;

2) che il concorso sia articolato in distinte prove di esame, scritte ed orali, con materie in parte comuni e in parte diverse, in relazione alla specificità della funzione prescelta;

3) che le commissioni di concorso siano distinte, eventualmente con un unico presidente, disciplinandone la composizione e le modalità di nomina dei componenti;

b) prevedere che siano ammessi ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; prevedere che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno superato il concorso per la professione di notaio;

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito;

7) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;

c) prevedere che:

1) la commissione esaminatrice di cui all’articolo 125-ter dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, abbia facoltà di circoscrivere le prove scritte a due delle materie indicate dall’articolo 123-ter, comma 1, dell’ordinamento giudiziario di cui al citato regio decreto, mediante sorteggio effettuato nelle ventiquattro ore antecedenti l’inizio della prima prova, quando il numero dei candidati sia superiore a millecinquecento; prevedere che in tale caso particolare attenzione sia dedicata in sede di prova orale alla materia che il sorteggio ha escluso;

2) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;

3) il concorso possa essere sostenuto per non più di tre volte;

d) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

1) funzioni giudicanti di primo grado;

2) funzioni requirenti di primo grado;

3) funzioni giudicanti di secondo grado;

4) funzioni requirenti di secondo grado;

5) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado;

6) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado;

7) funzioni direttive di primo grado;

8) funzioni direttive di secondo grado;

9) funzioni giudicanti di legittimità;

10) funzioni requirenti di legittimità;

11) funzioni direttive di legittimità;

12) funzioni direttive superiori di legittimità;

e) prevedere:

1) che, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura, possano essere svolte funzioni requirenti o giudicanti di primo grado; che, dopo gli otto anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, dopo i quindici anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni di legittimità;

2) che le funzioni di secondo grado, di legittimità e direttive siano attribuite dal Consiglio superiore della magistratura, previo concorso per titoli ed esami, e che quelle semi direttive giudicanti siano attribuite previa valutazione dei titoli;

3) le modalità del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, nonché i criteri di valutazione;

f)

1) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

2) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 1);

3) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera i), numero 6), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

4) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni requirenti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

5) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 4);

6) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata lettera i), numero 5), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

7) prevedere che i corsi di cui ai numeri 1) e 4) debbano essere espletati esclusivamente in occasione del primo passaggio a funzioni diverse;

8) prevedere che il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti, e viceversa, debba essere richiesto per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

g) prevedere che:

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello;

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

7) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

8) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

9) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale, di presidente del tribunale di sorveglianza e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

10) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A) allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché quelle di procuratore generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

h) prevedere che:

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di procuratore generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno dieci anni;

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

i)

1) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti;

2) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti;

3) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti;

4) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti;

5) prevedere, ai fini di cui al numero 2), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni giudicanti, costituita da tre magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

6) prevedere, ai fini di cui al numero 4), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni requirenti, costituita da tre magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

7) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

8) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

8.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti di secondo grado;

8.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni giudicanti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

9) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado;

10) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

10.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

10.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni requirenti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

11) prevedere, ai fini di cui al numero 8), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

12) prevedere, ai fini di cui al numero 10), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

13) prevedere che annualmente per la copertura del 75 per cento dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno sette anni le funzioni di secondo grado oppure con una anzianità di almeno quindici anni, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

14) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni diverse funzioni di legittimità. È fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 agosto 1998, n. 303;

15) prevedere l’istituzione di una commissione di concorso alle funzioni di legittimità composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

16) prevedere che i posti di cui ai numeri precedenti, messi a concorso e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura; che i posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura di cui ai numeri precedenti, e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota destinata a concorso; che i posti di cui al numero 13) messi a concorso e non coperti vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire ai sensi del numero 14) e viceversa;

l) prevedere che:

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, nella valutazione della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa e in un successivo colloquio;

2) il conferimento degli incarichi semi direttivi sia preceduto da una valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici; la commissione comunica l’esito delle valutazioni dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che sceglie tra quelli valutati positivamente, tenendo altresì conto della laboriosità e della capacità organizzativa dei magistrati;

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera h), e gli incarichi semidirettivi abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di anni quattro, rinnovabili a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di anni due;

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive e semidirettive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

6) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive, composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di secondo grado e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura; prevedere che la commissione comunichi gli esiti del concorso al Consiglio superiore della magistratura che forma la graduatoria e propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; prevedere il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni;

m) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo avvenga nella medesima sede e nelle medesime funzioni, anche in soprannumero. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

n) prevedere che:

1) le commissioni di cui alle lettere i) e l) siano nominate per tre anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

2) i componenti delle predette commissioni non siano immediatamente confermabili;

o) prevedere che:

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

I. prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

II. seconda classe: da sei mesi a due anni;

III. terza classe: da due a cinque anni;

IV. quarta classe: da cinque a tredici anni;

V. quinta classe: da tredici a venti anni;

VI. sesta classe: da venti a ventotto anni;

VII. settima classe: da ventotto anni in poi;

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso di cui alla lettera i), numeri 8.2) e 10.2), conseguono la quinta classe stipendiale;

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera i), numero 13), conseguono la sesta classe stipendiale;

p) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio;

q)

1) attribuire al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

2) indicare i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

3) assegnare al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo ed attribuirgli l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

4) prevedere che, entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; prevedere che il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; prevedere che, nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.

 

EMENDAMENTI DA 2.100 A 2.158

2.100

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera a), e conseguentemente nella lettera b) sostituire le parole: «per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti», con le parole: «per l’ingresso in magistratura».

2.500

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera a), al numero 3, sostituire le parole: «eventualmente con unico presidente» con le altre: «con unico presidente e un vice presidente per ciascuna di esse,» e aggiungere in fine le parole: «e stabilendo, in particolare, a tale fine che esse siano nominate con un unico decreto del Ministro della giustizia previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, che siano composte ciascuna da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, in un numero variabile fra un minimo di undici e un massimo di sedici, e da docenti universitari in materie giuridiche in un numero variabile fra un minimo di quattro e un massimo di sei, che la funzione di presidente e quelle di vicepresidente siano svolte da magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni direttive di legittimità indicate dalla lettera h), che il numero dei componenti di ciascuna commissione sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell’esigenza di rispettare le scadenze indicate nel numero 2) della lettera c), e, infine, che il numero dei componenti docenti universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;».

2.101

ZANDA

Precluso

Al comma 1, lettera a), numero 3), sopprimere la parola: «eventualmente».

2.501

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera a), dopo il numero 3), inserire il seguente:

«3-bis) che inoltre i componenti magistrati della commissione di concorso per i posti nella magistratura giudicante siano in prevalenza magistrati che esercitano funzioni giudicanti e che i componenti magistrati della commissione di concorso per i posti nella magistratura requirente siano in prevalenza magistrati che esercitano funzioni requirenti;».

2.102

CAVALLARO

Respinto

Al comma 1, lettera b), sopprimere il numero 4).

2.103

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Id. em. 2.102

Al comma 1, lettera b), sopprimere il numero 4).

2.104

CAVALLARO

Respinto

Al comma 1, lettera b), sopprimere il numero 5).

2.105

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera b), numero 6), dopo le parole: «hanno svolto», aggiungere la seguente: «positivamente», e sopprimere le parole: «senza demerito».

2.106

CAVALLARO

Respinto

Al comma 1, lettera b), sopprimere il numero 7).

2.107

BATTAGLIA ANTONIO, BEVILACQUA, MEDURI, PELLICINI

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

«b-bis) prevedere che ai concorsi per l’accesso alle funzioni superiori siano ammessi, altresì, i professori universitari, ordinari e associati, che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza, gli avvocati patrocinanti in Cassazione, i funzionari di Polizia con almeno 10 anni di anzianità e ogni altro funzionario dello Stato, in possesso della laurea in giurisprudenza e con almeno 10 anni di anzianità, che abbia espletato i propri compiti nei settori giuridici;».

2.108

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 1).

2.502

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera c), al numero 1), sostituire le parole: «la Commissione esaminatrice di cui all’articolo 125-ter dell’ordinamento giudiziario» con le altre: «le Commissioni di cui al numero 3) della lettera a)».

2.109

BRUTTI MASSIMO, CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera c), al numero 2), dopo la parola: «tirocinio» aggiungere la seguente:«entro».

2.110

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Approvato

Al comma 1, lettera c) numero 3), dopo la parola: «volte» aggiungere le seguenti: «con esito sfavorevole».

2.111

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Improcedibile

Nel comma 1, dopo la lettera c) inserire le seguenti:

«c-bis) prevedere che all’esito del tirocinio i magistrati esercitino obbligatoriamente funzioni giudicanti per almeno tre anni, dei quali almeno un terzo in organi collegiali, ed escludendo per i primi diciotto mesi le funzioni di giudice per le indagini preliminari;

c-ter) prevedere che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, ove sia espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura un giudizio attitudinale favorevole, la eserciti per almeno cinque anni;

c-quater) prevedere che, decorso tale periodo, il magistrato possa concorrere a uffici della funzione diversa da quella esercitata solamente previa partecipazione ad un apposito corso di formazione presso la Scuola della magistratura, in esito al quale sia espressa una favorevole valutazione attitudinale;

c-quinquies) prevedere che la domanda sia accoglibile solamente se l’ufficio richiesto è ubicato in un diverso circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado, e con esclusione del distretto competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nel caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;».

2.112

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Nel comma 1, lettera d) i numeri da 1 a 12 sono sostituiti dai seguenti:

«1) funzione giudicanti e requirenti di merito, distinte in funzioni di primo e secondo grado;

2) funzioni giudicanti e requirenti di legittimità;

3) funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità».

2.113

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Nel comma 1, lettera d), dopo il numero 5) inserire il seguente:

«5-bis. funzioni semidirettive requirenti di primo grado».

e dopo il numero 6 inserire il seguente:

«6-bis) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado».

Conseguentemente nella lettera g) del medesimo comma, dopo il numero 7) inserire il seguente: «7-bis) prevedere che le funzioni semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore aggiunto della Repubblica, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni, e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni»; e dopo il numero 8) inserire il seguente: «8-bis) prevedere che le funzioni semidirettive requirenti di secondo grando siano quelle di avvocato generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni, e che abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni».

Conseguentemente nell’articolo 9, comma 1, sopprimere la lettera i).

2.114

ZANDA

Al comma 1, lettera d), dopo il numero 5, aggiungere il seguente:

«5-bis) funzioni semi direttive requirenti di primo grado;».

2.115

ZANDA

Al comma 1, lettera d), dopo il numero 6, inserire il seguente:

«6-bis) funzioni semi direttive requirenti di secondo grado».

2.116

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1 sostituire la lettera e) con le seguenti:

«e) prevedere che i magistrati siano sottoposti a valutazioni di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente;

e-bis) prevedere che la valutazione di professionalità debba riguardare la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno, nonché l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano circostanze atte a dimostrarla, specificando gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari ed i parametri per conseguire omogeneità di valutazioni;

e-ter) prevedere che i magistrati i quali hanno superato la terza valutazione di professionalità, nei termini di cui alla successiva lettera e-quater), possono concorrere per l’accesso alle funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, alle funzioni semidirettive ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e i magistrati i quali hanno superato la quinta valutazione di professionalità, nei termini di cui alla successiva lettera e-quater) possono concorrere per l’accesso alle funzioni di legittimità ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di secondo grado;

e-quater) prevedere che all’inizio di ogni anno il Consiglio Superiore della Magistratura individui quanti posti concernenti funzioni di secondo grado, di legittimità, semidirettivi e direttivi siano stati messi a concorso nell’anno precedente; definisca a quanti magistrati possano essere attribuite le corrispondenti funzioni nell’anno in corso, in base al numero dei posti in tal modo individuati, incrementato del 50% e proceda quindi alla valutazione di professionalità, sulla base del parere espresso dal Consiglio giudiziario, dei risultati delle ispezioni e di ogni altro utile elemento, assegnando adeguato punteggio e formulando la conseguente graduatoria, nonché legittimi a concorrere alle funzioni di cui alla lettera e-ter) i magistrati che si sono classificati in posizione non inferiore al numero come sopra individuato e disponga che i magistrati, i quali siano stati valutati positivamente ma si siano classificati in posizione inferiore, possano essere di nuovo classificati nel quadriennio successivo;

e-quinquies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio non positivo quando risultino deficienti uno o più parametri di valutazione e che in tal caso il Consiglio proceda a nuova valutazione dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. Ove tale secondo giudizio sia positivo, prevedere che il nuovo trattamento economico decorra solo dalla scadenza dell’anno;

e-sexies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri; che in tal caso il magistrato sia sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio, previa partecipazione ad uno o più corsi di qualificazione; che ove segua un secondo giudizio negativo, il magistrato sia dispensato dal servizio, secondo quanto stabilito dall’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946 n. 511, così come modificato dalla presente legge».

Conseguentemente sopprimere tutte le disposizioni dell’articolo 2 che disciplinano i concorsi e le valutazioni diverse dalla valutazione di professionalità sopra descritta, nonché la lettera t).

2.117

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Nel comma 1, lettera e) al numero 1, sopprimere le parole: «previo concorso per titoli ed esami».

Conseguentemente sopprimere i numeri 2 e 3.

2.118

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera e), numeri 1) e 2), sostituire le parole: «previo concorso per titoli ed esami», ovunque compaiano, con le parole: «previi scrutinio e prova pratica»; e sostituire il numero 3) con il seguente:

«3) le modalità dello scrutinio, stabilendo che esso si fondi principalmente su tutti gli elementi acquisiti attinenti la capacità, la laboriosità, l’equilibrio, la diligenza, la disponibilità al servizio; e le modalità della prova pratica, stabilendo che essa sia costituita dalla redazione di uno o più atti giudiziari tipici del grado o della funzione ai quali il magistrato intende accedere;».

2.119

ZANDA

Al comma 1, lettera e), numero 1), sopprimere, ove ricorrenti, le seguenti parole: «ed esami».

2.1002

IL GOVERNO

Al comma 1, lettera e), il numero 2) è sostituito dal seguente:

«2) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità previo concorso per titoli ed esami e attribuisca tutte quelle direttive, nonché le semidirettive giudicanti, previo concorso per titoli».

2.121 (testo 2)

MONCADA, IERVOLINO

Al comma 1, lettera e), il numero 2), è sostituito dal seguente:

«2) che le funzioni di secondo grado e di legittimità siano attribuite dal Consiglio superiore della magistratura, previo concorso per titoli ed esami, quelle direttive e quelle semi direttive giudicanti previo concorso per titoli».

2.120

ZANDA

Al comma 1, lettera e), numero 2), sopprimere le seguenti parole: «ed esami».

2.122

ZANDA

Al comma 1, lettera e), numero 3), sopprimere le seguenti parole: «ed esami, scritti ed orali».

2.503/1 (testo 2)

FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

All’emendamento 2.503 sostituire le parole: «sui temi attinenti alle stesse» con le seguenti: «sulle questioni di diritto poste a fondamento degli stessi e sui precedenti giurisprudenziali».

2.503

IL RELATORE

Al comma 1, alla lettera e), al numero 3) dopo le parole: «criteri di valutazione» inserire le seguenti: «, stabilendo, in particolare, che le prove d’esame consistano nella redazione, anche con l’impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse e fatto salvo quanto diversamente previsto dalla successiva lettera l) per il conferimento delle funzioni direttive;».

2.504

IL RELATORE

Al comma 1, alla lettera e), dopo il numero 3) inserire il seguente:

«3-bis) prevedere che i magistrati che in precedenza abbiano subito una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi e alle valutazioni di cui ai numeri 1 e 2 dopo un maggiore numero di anni non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dal numero 1 della presente lettera e dalle lettere g) ed h)».

2.123

MARITATI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN

Al comma 1, lettera f), numero 1) sostituire la parola: «cinque» con la seguente: «tre».

2.124

ZANDA

Al comma 1, lettera f), numero 1) dopo le parole: «, i magistrati» inserire le seguenti: «ad eccezione dei Presidenti delle Corti d’Appello» e sopprimere le seguenti: «ed esami».

2.125

BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera f), numeri 1) e 4), sopprimere le parole: «partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per» con la seguente: «chiedere».

Conseguentemente sopprimere i numeri 2), 3), 5) e 6) della stessa lettera.

2.126

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera f), numeri 1) e 4), sostituire le parole da: «partecipare» a: «per» con la parola: «chiedere»; sopprimere i numeri 2, 3, 5, 6;».

2.127

ZANDA

Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 2).

2.505

IL RELATORE

Al comma 1, alla lettera f), ai numeri 2) e 5), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, stabilendo, in particolare, che le prove d’esame consistano nella redazione, anche con l’impiego di prospettazioni e materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse».

2.128

ZANDA

Al comma 1, lettera f), numeri 3), sopprimere le seguenti parole: «e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre».

2.129

MARITATI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, CALVI, AYALA, ZANCAN

Al comma 1, lettera f), numero 4), sostituire la parola: «cinque» con la seguente: «tre».

2.130

ZANDA

Al comma 1, lettera f), numero 4), dopo le parole: «i magistrati» inserire le parole: «, eccetto i Procuratori Generali», e sopprimere le seguenti: «ed esami».

2.131

ZANDA

Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 5).

2.132

ZANDA

Al comma 1, lettera f), numero 6), sopprimere le seguenti parole: «e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre,».

2.133

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera f), numeri 8), sostituire la parola: «distretto» con le seguenti: «circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado».

2.134

CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN

Al comma 1, lettera f), numero 8), sostituire la parola: «distretto», con la seguente: «circondario».

2.135

ZANDA

Al comma 1, lettera f), numero 8), sostituire la parola: «distretto» con la seguente: «circondario».

2.136

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera g), apportare le seguenti annotazioni:

a) al n. 7) sostituire le parole da «previa valutazione» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni»;

b) al n. 8 sostituire le parole da «previa valutazione» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuamente funzioni giudicanti in grado di appello negli ultimi sei anni»;

c) al n. 9 sostituire le parole da «previo concorso» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni»;

d) al n. 10 sostituire le parole da: «previo concorso» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni»;

e) sostituire il n. 11 con il seguente:

«11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte d’appello cui possono accedere magistrati che abbiano esercitato continuamente funzioni giudicanti in grado di appello negli ultimi otto anni»;

g) sostituire il n. 12 con il seguente:

«12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte d’appello cui possono accedere magistrati che abbiano esercitato continuamente funzioni requirenti in grado di appello negli ultimi otto anni».

2.137

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera g), numero 7) sopprimere le parole: «previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l)».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), sopprimere il numero 2.

2.138

BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), al numero 7), sostituire le parole da: «previa valutazione» sino a: «non meno di tre anni» con le parole: «magistrati che abbiano superato la terza valutazione di professionalità».

2.139

ZANDA

Al comma 1, lettera g), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

«7-bis. funzioni semi direttive requirenti di primo grado siano quelle di Procuratore aggiunto negli ultimi tre anni cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;».

2.141

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera g), numero 8) sopprimere le parole: «previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l)».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), sopprimere il numero 2.

2.142

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, BRUTTI MASSIMO, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 8) sostituire le parole: «previa valutazione» sino a: «non meno di otto anni» con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la quinta valutazione di professionalità».

2.143

ZANDA

Al comma 1, lettera g), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

«8-bis. funzioni semi direttive requirenti di secondo grado siano quelle di Avvocato Generale della Procura Generale presso la Corte d’Appello cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;».

2.144

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 9) sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la terza valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l);»

e correlativamente nella lettera l), sostituire il numero 1), con il seguente:

«1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistono nella valutazione, da parte Consiglio Superiore della Magistratura, dell’attitudine alla dirigenza, intesa come capacità organizzativa, di programmazione, di gestione e di valorizzazione delle attitudini dei magistrati e dei funzionari, nonché della capacità di controllo amministrativo sull’andamento generale dell’ufficio e della capacità di attuare tempestivamente i necessari adattamenti organizzativi e gestionali; prevedere altresì che nella valutazione si tenga conto dei corsi di formazione specifica frequentati, delle esperienze direttive anteriori, ove esistenti, dell’enunciazione degli obiettivi e dei risultati conseguiti,».

2.145

ZANDA

Al comma 1, lettera g), numeri 9), sopprimere le parole: «ed esami».

2.146

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 10), sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la terza valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l);»

2.147

ZANDA

Al comma 1, lettera g), numeri 10), sopprimere le parole: «ed esami».

2.148

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera g), numero 11) sopprimere le parole: «previo concorso per titoli ed esami».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), al numero 1, aggiungere, dopo le parole: «incarichi direttivi» le seguenti: «di primo grado».

2.149

BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera g), numero 11), sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine, con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l)».

2.150

ZANDA

Al comma 1, lettera g), numero 11), sopprimere le parole: «ed esami» ed, in fine, aggiungere le seguenti: «o siano procuratori generali».

2.151

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera g), numero 12) sopprimere le parole: «previo concorso per titoli ed esami».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), al numero 1, aggiungere, dopo le parole: «incarichi direttivi» le seguenti: «di primo grado».

2.152

MARITATI, CALVI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Nel comma 1, lettera g), numero 12), sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l)».

2.153

ZANDA

Al comma 1, lettera g), numero 12), sopprimere le parole: «ed esami» ed, in fine, aggiungere le seguenti: «o siano Presidenti di Corte d’Appello».

2.154

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera h), sostituire nei numeri da 1) a 5), le parole: «previo concorso per titoli», con le seguenti: «previa specifica valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, della capacità di direzione e di organizzazione dell’ufficio con particolare riguardo ai profili della giurisdizione di legittimità».

2.155

ZANDA

Al comma 1, lettera h), al numero 1), dopo le parole: «concorso per titoli» inserire le seguenti: «e su parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione,».

2.156

ZANDA

Al comma 1, lettera h), al numero 3), dopo le parole: «concorso per titoli», inserire le seguenti: «e su parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione,».

2.157

ZANDA

Al comma 1, lettera h), al numero 4), dopo le parole: «previo concorso per titoli», inserire le seguenti: «e su parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione,».

2.158

ZANDA

Al comma 1, lettera h), al numero 5), dopo le parole: «funzioni giudicanti», inserire le seguenti: «o requirenti».

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

511a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDI' 17 DICEMBRE 2003

(Pomeridiana)

Presidenza del presidente PERA,
indi del vice presidente CALDEROLI
e del vice presidente DINI

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che, nella seduta antimeridiana, è stato accantonato l’emendamento 1.0.100 (testo 3), in merito ad una precedente versione del quale erano state sollevate alcune questioni di ammissibilità.

Ad avviso della Presidenza, l’emendamento 1.0.100 (testo 3), in quanto volto a disciplinare l’organizzazione giudiziaria, risulta funzionalmente connesso all’oggetto del disegno di legge in esame, la cui complessità ed ampiezza di temi ha fatto sì che anche in sede di esame in Commissione non si potesse non ampliarne il contenuto a materie nuove - ma sempre strettamente attinenti - quale quella presente nell’articolo 10, relativa agli organi di giurisdizione superiore amministrativa.

Quanto, infine, ai rilievi emersi in relazione ad una eventuale indeterminatezza dei principi e criteri direttivi della delega contenuta nella precedente versione dell'emendamento, essi sono superati dalla nuova formulazione proposta dai presentatori.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.100 (testo 3), presentato dalla senatrice Alberti Casellati e dal senatore Ziccone.

E’ approvato. (Proteste dai banchi dell’opposizione).

Onorevoli senatori, non ho visto alcuna mano alzata per chiedere di intervenire. In ogni caso, su tale emendamento sono state già svolte tutte le dichiarazioni di voto.

Ricordo che nella seduta antimeridiana ha avuto luogo l’illustrazione del secondo gruppo di emendamenti presentati all’articolo 2, dalla lettera d) alla lettera h), su cui sia il relatore che il rappresentante del Governo hanno espresso il loro parere.

Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.112.

 

Verifica del numero legale

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Chiedo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale). (Proteste dai banchi dell’opposizione per il prolungarsi della verifica del numero legale. Applausi ironici).

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 16,42, è ripresa alle ore 17,04).

 

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1296,

1050,1226,1258,1259,1260,1261,1367,1426 e1536

 

PRESIDENTE. Do lettura dell’ulteriore parere espresso dalla 5a Commissione permanente: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l'ulteriore emendamento 10.800, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo, segnalando, a parziale rettifica del parere reso in data odierna sul testo del disegno di legge in titolo, che risulta idoneo a recepire la condizione posta, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sull'articolo 10 del disegno di legge.".

Metto ai voti l'emendamento 2.112, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.113, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.114.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.114, presentato dal senatore Zanda.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.115.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.115, presentato dal senatore Zanda.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo all’emendamento 2.116, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, colgo l’occasione per esprimermi favorevolmente su questo emendamento che prospetta la valutazione periodica della professionalità come correttivo dell’automatismo di carriera rispetto al sistema che, invece, costituisce l’asse portante della struttura proposta dal Governo, vale a dire il concorso per titoli ed esami.

Oggi, dalle parole del Ministro, abbiamo appreso che tale asse si è modificato attraverso la proposizione, da parte del Governo, dell’emendamento 2.1002. Esso prevede che l’automatismo di carriera sia superato da una valutazione di concorso non più per titoli ed esami, ma esclusivamente per titoli.

Credo, però, che il rimedio sia ancor peggiore dell’iniziale proposta governativa. Sostenere che si realizzerà un sistema verticistico nella struttura della magistratura e che la parità e la distinzione di funzioni previste dalla nostra Carta costituzionale verrà sostituita dall’avanzamento in carriera per titoli è di gran lunga peggiore del concorso per titoli ed esami. Che cosa sono infatti i titoli? Sono, innanzitutto, le pubblicazioni.

Ora, nella sua risposta-relazione il Ministro della giustizia si è lamentato di aver appreso, indagando su Internet, che vi sono molti magistrati dediti a scrivere romanzi. Mi corre l’obbligo di rispondere al Ministro che da cittadino mi sarei fatto volentieri difendere in un processo davanti a quello straordinario magistrato che è stato Dante Troisi che con il suo "Diario di un giudice" ha scritto uno dei più bei romanzi del dopoguerra; molto meno, invece, da chi perde tempo a scrivere astruse pubblicazioni scientifiche che certamente non possono costituire un parametro per valutare la professionalità dei magistrati.

Ma, soprattutto, dal momento che i titoli non sono soltanto le pubblicazioni scientifiche, ma anche le sentenze, mi rifiuto di ritenere che una sentenza possa diventare un titolo perché essa non è altro che la risoluzione di un caso umano. E pensare che la risoluzione di un caso che riguarda un individuo, attraverso l’esame delle prove a suo carico e di quelle a sua difesa, diventi un titolo non per giudicare tale individuo bensì per l’avanzamento in carriera di un magistrato, facendo diventare quel lavoro di coordinazione della prova un esercizio di belle lettere o di bella prosa, è offensivo per la persona giudicata e per chi deve giudicare.

In sostanza, si tramuta la risoluzione di un problema che deve essere agganciato alla realtà (perché è chiaro che una sentenza può essere molto sintetica, ma al contempo perfetta perché risolve tutto il materiale probatorio attraverso un’apprezzabile sintesi) in un’esercitazione retorica ed estetica per fare avanzare il magistrato in carriera. Così, la risoluzione di una vicenda umana che - ripeto - deve essere ancorata al caso concreto si tramuta in un mestiere e una professione.

Sotto questo profilo la proposta del Ministro, secondo cui i magistrati saranno valutati per titoli, è il sistema peggiore per operare distinzioni di carriera e per scegliere chi deve dirigere gli uffici, considerato che scrivere una bella sentenza certamente nulla dice sulle capacità manageriali o di direzione di un ufficio o sull’essere un bravo magistrato. Pertanto, la scelta del Ministro è ancora più criticabile di quella iniziale che prevedeva l’avanzamento attraverso concorso per esami e titoli.

Per questa ragione, credo che l'emendamento in esame, che propone al contrario una valutazione della dimostrata professionalità di un magistrato e un giudizio complessivo sulla sua capacità di ben decidere, di organizzare un ufficio, di gestire il rapporto con i terzi, di essere puntuale con i propri impegni, e anche nei confronti di terzi, di essere capace di giudicare e di emettere una sentenza con rigore, ma anche con tremore, considerato che deve giudicare della vita delle persone, rappresenti un adeguato correttivo alla proposta del Governo.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non so se l'emendamento che ha proposto questa mattina il Ministro peggiori l'enunciato precedente, ma certamente si continua ad immaginare dei criteri di valutazione dei magistrati che si fondano su parametri che, per quanto apprezzabili, hanno qualcosa di astratto.

Credo che l'emendamento presentato dal centro-sinistra abbia il pregio di prevedere una valutazione nel merito dell'operato dei magistrati e anche di quei requisiti di professionalità che non possono essere trascritti né nel sapere che viene valutato nel momento dell'esame, né in un titolo quantificabile o qualificabile.

Ritengo che gran parte dell'azione dei magistrati, del loro operato, della loro affidabilità, della fiducia che riescono a dare nelle istituzioni, dipenda da requisiti non misurabili attraverso l'esame e il titolo. Quanto un magistrato rispetta i suoi interlocutori, siano costoro imputati o avvocati, quanto rispetta il proprio ruolo, in che misura sa rispettare anche gli obblighi ai quali è tenuto nelle relazioni con la stampa, quanto è capace di dare in termini di fiducia all'imputato, alla parte civile, nel momento in cui si avvia un procedimento, sul fatto che saranno assicurate tutte le dovute, equilibrate attenzioni nei confronti delle loro istanze e garanzie: come è possibile trascrivere tutto ciò nella valutazione di un esame o in un titolo?

Sappiamo benissimo che si sta parlando di una figura che è entrata nell'occhio del ciclone della polemica politica, di una figura che ha stimolato una serie di riflessioni di orientamento riformatore della materia (lo ripeto, non tanto l'organizzazione dell'ordinamento giudiziario quanto le caratteristiche della magistratura), a partire da fatti di cronaca che non avevano nulla a che fare con la competenza accademico-professionale e con i titoli che erano stati acquisiti con sentenze ben scritte.

Ora, se ci siamo trovati negli ultimi dieci anni a parlare di magistrati, a volte anche su fronti diversi e comunque ascoltando un complesso di motivazioni alle quali quasi nessuno di noi è rimasto insensibile, è perché siamo entrati nel merito di aspetti relazionali, di aspetti inerenti al rispetto del ruolo, alla capacità di essere fino in fondo magistrati.

Se si prescinde dagli accertamenti delle attitudini psicologiche, che sappiamo bene quante riserve possano sollevare e a quanti abusi, a volte persino con possibili risvolti di comicità, possono dare luogo, c'è un solo modo per valutare se il magistrato è un bravo magistrato, quello di valutare per gli aspetti che sono realmente importanti nelle vicende processuali, vale a dire di valutare concretamente cosa ha fatto il magistrato, quello che il suo ambiente, i suoi superiori, il Consiglio superiore della magistratura riescano a valutare quali sono i benefìci che ha conseguito l'ufficio dall'azione di quel magistrato.

È questo tipo di valutazione che diventa per noi particolarmente importante. Può esserci un magistrato che ha prodotto disastri nella sua azione professionale pur avendo un alto livello di competenze professionali specifiche, pur potendo vantare partecipazioni a convegni, a congressi, magari, pur avendo scritto libri di una certa diffusione; egli tuttavia può essere, nell’esercizio delle sue funzioni, un magistrato che non aiuta il cittadino ad avere fiducia nelle istituzioni.

Allora, io credo che quest’emendamento ci inviti a considerare in una chiave più matura il criterio di valutazione di questa figura. Non siamo davanti ad una persona che possiamo valutare come un dirigente d’azienda in base al fatturato che produce, ma siamo davanti a una figura che può essere valutata come un medico. Lei lo saprà, signor Presidente, un buon medico non viene valutato soltanto in base ai titoli e al suo sapere professionale: può avere un sapere professionale molto elevato ed infischiarsene dei problemi del paziente; può stabilire una pessima relazione con quest’ultimo; può non avere capacità organizzative del proprio lavoro; può non avere senso e rispetto del proprio ruolo.

Allora perché per i magistrati ci atteniamo a questi che sono dei criteri così isolati, perfino infantili, che trascurano la complessità delle valutazioni che bisogna compiere? Proprio per questa ragione a distanza di anni noi oggi interveniamo a riformare l’ordinamento giudiziario, infatti riteniamo di avere bisogno di magistrati più affidabili per il sistema e più aderenti al dettato costituzionale.

Non è per il loro sapere specifico e non è per i loro titoli: è sulla base di altre ragioni che dobbiamo farlo. Dunque, se dobbiamo garantire una promozione dei magistrati che sia coerente con le finalità che noi assegniamo a questo nostro intervento sul sistema della giustizia, altri devono essere i criteri ai quali rifarci.

Non torno su quello che è già stato detto. Credo che quest’emendamento indichi una procedura più matura.

Sono contento che il Ministro oggi abbia fatto un passo indietro, che considero un passo avanti, comunque, rispetto all’impianto originario; ma è certo che quello che rimane come l’impianto centrale di questa legge è largamente insoddisfacente.

 

PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 2.116 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 2.117, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.118, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.119, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1002 (testo 2).

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi scusi: l’emendamento 2.121 (testo 2) che fine fa?

PRESIDENTE. Viene votato dopo o eventualmente assorbito dall’approvazione dell’emendamento 2.1002 (testo 2).

MANZIONE (Mar-DL-U). Il problema è proprio questo: stiamo trattando della materia concorsuale e l’emendamento presentato dal rappresentante dell’UDC, senatore Moncada, riprendeva una richiesta che anche noi avevamo formulato. Il fatto strano è che l’emendamento presentato dal Governo, a mio modesto avviso, si sovrappone quasi integralmente al testo del senatore Moncada.

Non voglio fare una questione di fair play parlamentare perché dovrebbe farla il senatore Moncada, che ha - come dire - la primogenitura rispetto alla proposta; però, mi rendo conto che se questo Governo, pur di dimostrare di essere capace di modificare le norme, si appropria degli emendamenti dei senatori della maggioranza, evidentemente c’è poco da discutere: il fair play parlamentare, il rispetto delle funzioni specifiche e, nella specie, di quella che coincide con il diritto dei singoli senatori di presentare emendamenti e di pretendere che su quelli il Governo si misuri e si raffronti, è venuto meno.

La rappresento a lei, perché so che è molto attento a questioni che possono sembrare minori. Per il resto, su questo emendamento, che riprende, anche se in maniera parzialmente diversa, una battaglia che anche noi abbiamo fatto, le chiedo fin da adesso la votazione mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Vedo due possibilità, senatore Manzione: o il senatore Moncada ha una mentalità governativa, oppure il Governo ha una mentalità principesca.

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. È il Governo che ha una mentalità principesca.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare il Gruppo Alleanza Nazionale che ci ha regalato un po’ di minuti sottraendoli al suo tempo; mi impegno, pertanto, a non usarli male ma a spenderli con argomentazioni il più possibile tecniche e persuasive.

L’emendamento del Governo, che coincide con quello del senatore Moncada e di altri senatori, effettivamente rappresenta - se così posso esprimermi - un minor danno rispetto alla stesura precedente.

A parte tutte le obiezioni di contrarietà che conserviamo sulla struttura del concorso e il fatto che i titoli per accedere ad un incarico direttivo non possono essere le pubblicazioni scientifiche (perché uno può essere un finissimo giurista ma non essere in grado di organizzare un ufficio di quindici persone), per cui i titoli che si debbono assumere come rilevanti in questa valutazione devono attenere all’aspetto organizzativo, alla preparazione organizzativa, alla cultura dell’organizzazione che il magistrato abbia eventualmente dimostrato in questo specifico settore, un punto finora è rimasto in ombra ed è invece di importanza strutturale e non politica, e non è né di destra né di sinistra.

Per accedere a funzioni direttive o comunque di livello superiore oggi l’architettura è a due stadi: con il primo stadio si verifica la capacità del soggetto e gli si attribuisce la legittimazione a concorrere per tutta una serie di posti-funzione; con il secondo stadio si mette a concorso lo specifico posto-funzione al quale potranno aspirare soltanto coloro che hanno ottenuto la previa legittimazione.

Questa scansione in due tempi presenta sicuramente un primo stadio che ormai è oggetto di ampie critiche: la cosiddetta legittimazione o promozione al grado di appello alle funzioni di legittimità o ai livelli superiori oggi passa attraverso un filtro a maglie talmente larghe che non filtra quasi più niente, e quindi siamo d’accordo che occorre intervenire. Il sistema in questione, però, ha se non altro il vantaggio, aperta la questione di come rendere più penetrante il filtro del primo stadio, che nel concorso a posto-funzione concorreranno soltanto magistrati che desiderano quel posto; quindi, siamo sicuri che quel posto sarà coperto nei tempi brevi di una procedura concorsuale, tolto il caso del tutto marginale in cui tutti siano dichiarati inidonei.

Con l’architettura della delega, sulla quale non interviene l’emendamento in questione, abbiamo invece una costruzione del tutto diversa: un’individuazione preliminare di tutta la serie dei posti vacanti di quella categoria e una messa a concorso del pacchetto di quei posti, che potranno essere 50, 60, 80 o 100.

Ciò comporta due inconvenienti, Presidente, relatore e onorevole Sottosegretario: il primo, che l’individuazione dei posti vacanti è fatta - come dice la delega - una volta l’anno, perché le commissioni si costituiscono una volta l’anno, e quindi il posto che malauguratamente si sia reso vacante poco dopo la precedente individuazione dei posti vacanti rischia di restare vacante per undici mesi prima che sia soltanto indetto il concorso.

La seconda e determinante obiezione, di carattere tecnico-organizzativo, è che il vincitore del concorso non avrà affatto la certezza di poter raggiungere il posto al quale ambisce. Per fare un esempio banale, il giudice del tribunale di Milano che aspiri a diventare consigliere della Corte di Milano non ha affatto la certezza che avrà quel posto, ma eventualmente - secondo la graduatoria di cui parla la lettera l), n. 6 - potrà avere un posto in classifica tale che la sua destinazione è Bari, e in questo caso rinuncerà; e Bari, che per molti mesi è già stata vacante prima dell’indizione del concorso, della costruzione ed individuazione dei vincitori, rimarrà vacante un ulteriore anno.

Invito quindi a prendere seriamente in esame, a prescindere da ogni valutazione e polemica sulla struttura del concorso, questa architettura unitaria del concorso in un solo stadio, perché anche la legge del 1963, che era il modello dichiarato sul quale il Governo ha inteso predisporre la sua nuova struttura dei concorsi, diceva cosa affatto diversa, dal momento che evitava questa altissima probabilità che un gran numero di sedi rimanga vacante per non accettazione.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Una breve dichiarazione di voto…(Commenti dai banchi della maggioranza).

PRESIDENTE. Adesso qualcuno va fuori e ritorna a gennaio. Prego, senatore Zancan, continui pure. (Applausi dei senatori Cavallaro e Pascarella).

ZANCAN (Verdi-U). Volevo fare una breve dichiarazione di voto a favore. Forse i colleghi che hanno manifestato fastidio o disapprovazione non si rendono conto che l’errore fondamentale di questa legge non è tanto la scelta di una ideologia rispetto ad un’altra, ma il fatto che non farà funzionare la macchina della giustizia. Infatti, l’inconveniente della riserva di posti non coperti è tale - da solo - da non far funzionare la macchina della giustizia.

Allora, siccome non stiamo disciplinando il traffico in una zona limitata e periferica di un paesino di provincia, ma stiamo disciplinando il traffico dell’amministrazione della giustizia, che interessa tutti i cittadini, prime tra tutte le persone offese in attesa di giustizia, per cortesia, riflettiamo prima di stabilire un sistema pieno di buchi come una groviera, dato che i posti non potranno essere coperti.

Pertanto, voterò convintamente a favore. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e del senatore Vallone).

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1002 (testo 2), presentato dal Governo.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. L’emendamento 2.121 (testo 2) risulta pertanto assorbito.

Avverto che l’emendamento 2.120 è precluso dall’approvazione dell’emendamento 2.1002 (testo 2) e che l’emendamento 2.122 è precluso dalla non approvazione degli emendamenti 2.119 e 2.120.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.503/1 (testo 2).

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.503/1 (testo 2), presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.503, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.504, presentato dal relatore.

È approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 2.123 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 2.124, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.125, identico all'emendamento 2.126.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.125, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori, identico all’emendamento 2.126, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.127.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Anche l’emendamento 2.127, presentato dal senatore Zanda, a mio avviso, merita la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico. Chiedo, pertanto, il sostegno di 15 colleghi.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.127, presentato dal senatore Zanda.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.131, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.505.

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, in ordine all'emendamento 2.505, presentato dal relatore, vorrei richiamare l’attenzione dell’Assemblea sul fatto che la proposta formulata è assolutamente incongrua rispetto alle modalità con cui usualmente si verifica la professionalità di un magistrato che da anni svolge la sua attività.

Sostanzialmente, la dizione per cui "uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse" è un’espressione di assoluta genericità, che finisce per continuare, nonostante lo sforzo di dettagliare, a mantenere quell’assoluta "inconferenza" rispetto ad un procedimento di effettiva valutazione della professionalità, che più volte abbiamo richiamato.

Pertanto, esprimo un convinto parere contrario sull’emendamento in esame. (Applausi del senatore Bedin).

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, abbiamo rappresentato le motivazioni che ci inducono a votare contro l'emendamento 2.505, presentato dal relatore. Vorremmo, pertanto, cristallizzare tale decisione attraverso una votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.505, presentato dal relatore.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.128.

 

ZANDA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, l'emendamento 2.128, per il quale raccomando all’Assemblea il voto favorevole, prevede che al comma 1, lettera f), numero 3), vengano soppresse le seguenti parole: "e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre".

Stiamo discutendo su come deve essere articolata la prova del concorso. In sostanza, stiamo cercando di individuare il modo migliore attraverso il quale valutare i magistrati.

Il numero 3) prevede che la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera i), numero 6), e che la valutazione sia mirata alle materie inerenti la funzione per cui si concorre. Quindi, da tale previsione si desume una prova di concorso molto selettiva e in qualche modo specialistica.

Appare evidente che, per una funzione come quella del magistrato, ha molto più senso ricorrere ad una selezione vasta, nella quale le materie siano di carattere generale, e non ristretta ad una specialità specifica come quella richiesta al numero 3) del comma 1 dell’articolo 2.

Chiedo, quindi, all’Assemblea di approvare questo emendamento riportando alla giusta misura la prova di selezione prevista dal concorso.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.128, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo all'emendamento 2.129, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, proprio per superare il parere contrario della 5a Commissione, ne chiedo la votazione.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.129, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.130, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.132, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.133.

 

*CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, desidero soffermarmi sugli emendamenti 2.133 e 2.134, in quanto non molto diversi, e poi riprendere quanto ho affermato questa mattina in merito alle difficoltà che incontra il Governo nel prospettare le soluzioni di riforme vere.

Se il tema è l’efficacia del controllo di giurisdizione, non riesco davvero a comprendere, se non per un atto di debolezza politica da parte dell’Esecutivo, la rinuncia - o meglio lo stralcio - a provvedere alla riforma delle circoscrizioni.

Il primo problema che si incontra per rendere più efficiente il nostro sistema giudiziario è quello di redistribuire sul territorio i magistrati in modo razionale. Il problema della distribuzione sul territorio delle sedi giudiziarie ha radici storiche molto lontane, addirittura unitarie se non preunitarie. Nell’incapacità di porre mano ad una riforma delle circoscrizioni, abbiamo una distribuzione sul territorio irrazionale che porta soltanto ad una grave inefficienza del nostro sistema.

Credo che non ci sia operatore di giustizia o comunque persona attenta ai problemi di giustizia che non colga questo problema. Pensate soltanto che in Piemonte vi sono 17 tribunali, in quanto sono rimasti sempre gli stessi.

PELLICINI (AN). Manca Luino!

AYALA (DS-U). Grande Luino, ormai sede storica!

PRESIDENTE. Senatore Ayala, tralasciamo Luino, perché poi l’elenco è lungo.

CALVI (DS-U). Come dicevo, le radici storiche che hanno determinato l’assetto della geografia giudiziaria del nostro Paese sono molto lontane e non hanno più alcun rapporto con l’attualità. In Piemonte vi sono 17 tribunali.

Voglio riportare ancora un ulteriore esempio più legato all’emendamento in esame.

Se non teniamo conto della nuova configurazione della popolazione e dell'importanza delle varie città, continuiamo a ragionare come se fossimo ancora a 150 anni fa. La differenza tra circoscrizione e distretto è che la circoscrizione appartiene al tribunale e il distretto appartiene alla corte d'appello.

Mi dispiace fare sempre riferimento al Piemonte, ma ho accanto un principe della magistratura piemontese come il senatore Fassone. Tortona e Voghera appartengono a diversi distretti giudiziari, malgrado siano distanti tra loro soltanto 14 chilometri; da Tortona a Torino, nell'ambito dello stesso distretto vi sono 140 chilometri. Ciò naturalmente dipende da molti fattori.

Questo emendamento non risolve il problema ma certamente crea un'occasione di riflessione sulle carenze di questo provvedimento, che non avendo voluto affrontare la riforma delle circoscrizioni determina situazioni come il mantenimento dei tribunali laddove non hanno alcuna ragion d'essere (e vi è uno sperpero di denaro e di uomini) ed invece la carenza quasi totale in altre zone dove i tribunali e la magistratura avrebbero una funzione di contenimento e di contrasto alla criminalità organizzata. In queste zone o non vi sono tribunali o sono straordinariamente deboli, tanto è vero che abbiamo dovuto proporre incentivi affinché i magistrati si recassero in alcune zone disagiate proprio perché la distribuzione geografica è totalmente assurda e paradossalmente vincolata a quella che era la realtà italiana del 1960.

Per queste ragioni, nel rinnovare la critica al Governo per aver operato uno stralcio nei confronti del problema delle circoscrizioni, nel momento in cui stiamo discutendo della distinzione tra circoscrizione e distretto credo che questo emendamento possa consentire una soluzione più ragionevole a problemi così irragionevoli posti dall'attuale situazione e dal vuoto di volontà del Governo nel volerli affrontare.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, il mio è un dissenso tecnico finalizzato a prendere la parola.

Ho seguito con grande attenzione quello che ha detto il senatore Calvi ed è quasi superfluo sottolineare che lo condivido integralmente, anche se in tutta franchezza mi rendo conto, tenuto conto dell'esperienza fatta nella precedente legislatura, che affrontare la riscrittura della geografia giudiziaria nel nostro Paese non è opera semplice perché comporta l'esplosione in Aula, ma prima ancora in Commissione, di una sommatoria di campanilismi per cui occorrono coraggio e resistenza alle sollecitazioni che i vari territori avanzano.

Questi emendamenti si prestano anche ad un altro tipo di considerazione che personalmente mi sembra assai più rilevante.

PRESIDENTE. Senatore Ayala, come intende votare?

AYALA (DS-U). Mi asterrò, signor Presidente, il collega Calvi voterà a favore, ma la mia astensione è tecnica per poter parlare.

PRESIDENTE. E' difficile astenersi su un proprio emendamento.

AYALA (DS-U). Vorrei dire qualcosa a cui tengo; se lei mi suggerisce un altro strumento a quello farò ricorso, ma poiché non penso che non vi sia altra possibilità, devo fare questo.

La questione è delicata anche da un altro punto di vista, attinente ad un problema che ci portiamo dietro da tempo nell'affrontare il disegno di legge: il passaggio da una funzione all'altra, in particolare dalla funzione giudicante a quella requirente, e le condizioni cui sottoporre la possibilità di effettuare tale passaggio.

Volendo procedere per sintesi, questo aspetto è affrontato dal disegno di legge stabilendo che il passaggio è possibile a determinate condizioni ma, ove avvenga, deve riguardare un diverso distretto. Quando parliamo di diverso distretto parliamo di una diversa corte d'appello e ciò, nella maggioranza delle regioni italiane, significa addirittura un'altra regione.

Ritengo fortemente punitivo per il singolo magistrato, e comunque non funzionale ad una equilibrata valutazione degli interessi in campo, subordinare questo passaggio - possibile a determinate condizioni - al cambiamento di distretto. Mi sembra un eccesso di cautela, se così vogliamo chiamarlo, non giustificato in alcun modo, che di fatto si risolve in un pesante disincentivo per i magistrati che, dopo aver esercitato una funzione per un certo numero di anni, desiderino passare all'esercizio di altra funzione. Il riferimento al circondario mi sembra invece più equilibrato e più funzionale a contemperare gli interessi di cui stavo discutendo.

Per adoperare un linguaggio il meno tecnico possibile, tutto ciò nasce da una famosa osservazione avente un significato che non mi trova affatto indifferente: se un tizio, dopo aver subito un processo e aver visto un magistrato svolgere nei suoi confronti le funzioni di pubblico ministero, rientra in quel palazzo di giustizia, rimane sorpreso nel vedere lo stesso magistrato, che aveva svolto le funzioni di accusatore - così viene vissuto il pubblico ministero -, fare parte di un collegio giudicante. Rispetto a tale questione è difficile non avere una disponibilità a ragionare; personalmente ho questa sensibilità e ho svolto questo ragionamento.

Anche se ogni caso andrebbe esaminato con riferimento alla singola persona, non possiamo fare l'analisi di ciascun singolo magistrato italiano; mi rendo conto perciò che tale ipotesi suscita legittimamente forti perplessità. Credo sia sufficiente però stabilire che ove, a determinate condizioni, avvenga il passaggio da una funzione all'altra, questa non possa riguardare lo stesso palazzo di giustizia, lo stesso tribunale; determinare addirittura una differenza di distretto è davvero eccessivo.

Ognuno di noi ha un punto di osservazione naturalmente privilegiato; la Sicilia, ad esempio, è ricchissima di corti d'appello: ce ne sono quattro, è una cosa pazzesca. Non indagherò le ragioni storiche di questo dato di fatto, ma c'è una corte d'appello a Palermo, una a Caltanissetta, una a Catania e, come se non bastasse, anche una a Messina; chi più ne ha più ne metta.

Nella mia Regione la misura è dunque punitiva fino ad un certo punto, ma ci sono Regioni, dal mio punto di vista combinate meglio, in cui il distretto coincide con l'intero territorio o con la metà del territorio regionale. In questo caso è fortemente punitivo per il magistrato condizionare la possibilità di mutare funzione al cambiamento di distretto, mentre la previsione di un diverso circondario, cioè in pratica un diverso tribunale, soddisfa la legittima perplessità di vedere il magistrato, che una volta accusava, seduto al banco dei giudici nello stesso palazzo di giustizia, ma non è un disincentivo per i magistrati che vogliano cambiare funzione.

invito i colleghi a valutare la questione con attenzione. Non si tratta della semplice sostituzione della parola "distretto" con la parola "circondario"; è una differenza che comporta significative sensibilità e mi auguro che i colleghi della maggioranza vogliano recepirle.

PRESIDENTE. Lei sollecita dunque un voto di astensione!

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, in questo caso non si tratta di un dissenso tecnico. Concordo pienamente con il senso dell’emendamento che il senatore Ayala ha già spiegato.

La previsione secondo cui è necessario cambiare il distretto anziché il circondario credo sia piuttosto coerente con quello spirito punitivo che aleggia nel disegno di legge; spirito più volte negato come se fosse il frutto di un malevolo sospetto dell’opposizione che però, in certi passaggi, riemerge.

È come se si dicesse che si consente il passaggio da una funzione all’altra in un ordinamento che prevede una distinzione delle funzioni, ma che tale passaggio non solo deve subire il filtro, anche giustificato, di un accertamento, naturalmente con prova di esame, ma deve implicare anche una scomodità notevole dal punto di vista logistico e familiare per il magistrato che ne faccia richiesta.

Ora, l’emendamento tende a stemperare tale orientamento punitivo, riportando a una condizione fisiologica la previsione fatta. In sostanza, l’emendamento afferma che se un magistrato ritiene di passare da una funzione all’altra avrà sicuramente, per una questione complessiva di immagine e di garanzie, l’obbligo di cambiare il circondario senza per questo doversi trasferire con la famiglia in una località lontana oppure subire il disagio di un pendolarismo esasperato nei giorni di lavoro.

A mio giudizio, si tratta di una proposta emendativa di buon senso, pur recependo le preoccupazioni - a volte ingiustificate, altre volte fondate - che il passaggio da una funzione all’altra possa implicare delle distorsioni nei procedimenti decisionali che attengono a una singola o a più vicende giudiziarie - e quindi accettando l’eventualità di un tale rischio - oppure che il cittadino possa avere la sensazione che il magistrato rimasto sul posto, cambiando funzione, non garantisca un equilibrato e imparziale funzionamento della giustizia. Nonostante tutto questo, il passaggio ad un altro circondario mi sembra una misura sufficiente per prevenire possibili pregiudizi o distorsioni.

Il mutamento di distretto interviene, invece, pesantemente nella vita professionale del magistrato. Esso non rappresenta una garanzia in più, mentre scoraggia attivamente il magistrato dal richiedere il passaggio di funzione. Ed allora, mi ricollego al discorso di questa mattina.

È stato detto che è vero che gli avvocati si lamentano che non si è ottenuta una separazione delle carriere, ma noi riteniamo vi sia una fase propedeutica ad essa e questo, di fatto, emerge. Il Ministro può anche dire che non è vero e che gli avvocati contestano che si tratti di separazione delle carriere. Dal punto di vista formale - ripeto - tale separazione non c’è, ma nel momento in cui il passaggio da una funzione all’altra è accompagnato da costi molto elevati e non soltanto da un esame o da un accertamento, tale separazione che - ripeto - non esiste formalmente, nei fatti comincia ad esistere e a pesare, con tutti gli inconvenienti che ciascuno di noi è in grado di valutare pienamente.

 

PELLICINI (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLICINI (AN). Signor Presidente, colleghi ho ascoltato con molta attenzione le dichiarazioni ponderate dei senatori Ayala e Dalla Chiesa. È vero che non si possono generalizzare i singoli casi, ma qualche volta è importante farvi riferimento.

Sottolineo, ad esempio, quanto è accaduto in un piccolo tribunale di provincia, senza fare nomi. L'allora giudice istruttore divenne sostituto procuratore generale presso la Corte di appello di Milano per cui tutti i processi che aveva istruito, gli furono poi assegnati in qualità di sostituto procuratore generale in sede di appello da parte degli imputati.

È facile comprendere la gioia della difesa, la quale dovendo smantellare la tesi accusatoria del giudice istruttore se lo trovò poi in veste di pubblico ministero in corte d’appello. Anzi, un avvocato che osò dire che mancava una parte processuale, riscontrandosi un appiattimento tra il giudice istruttore e il pubblico ministero in appello, rischiò addirittura di essere incriminato per una sorta di pseudo oltraggio alla magistratura. Questo era il regime esistente fino a poco tempo fa!

Ora, colleghi, è bene capirsi: il distretto è Milano rispetto a Varese, è il tribunale di Prato rispetto alla corte d’appello di Milano. La funzione è talmente contigua ed è talmente facile lo scambio di funzioni, dal momento che non è in discussione il tema della separazione delle carriere, che è estremamente probabile che si determini una confusione di carattere ambientale. Basta mettersi nei panni di quell'imputato che rinviato a giudizio da un GIP o da un GUP in corte d'appello a Milano - cioè il distretto - si ritrova quella stessa persona come giudice o come procuratore generale. Vi sembra giusto?

Forse per evitare questo vero e proprio scandalo bisognerebbe che da parte del magistrato in questione vi fosse il diritto-dovere dell'astensione, ma ciò non capita spesso, anzi in pratica direi mai. Non ci si venga dunque a dire che se ci si sposta a Pavia da Varese il danno è gravissimo.

Vorrei ricordare a tutti i senatori che pur provenendo noi dalle parti più diverse dell'Italia, non ne facciamo un dramma. Inoltre, vorrei ricordare a tutti che non è una punizione uscire da un ambiente in qualche modo, non voglio dire connivente, vicino. Non è pensabile che la garanzia del cittadino ad un processo equo passi attraverso le forche caudine di un magistrato il quale è, è stato o sarà il magistrato che gli toccherà in grado d'appello. Pertanto, non resta altro da fare che spostare il magistrato che vuole cambiare funzione in un altro distretto.

Ora, il distretto di Milano è vicino a quello di Pavia, non sono distanze insormontabili. Se un magistrato meritevole vuole cambiare funzione e da Varese vuole trasferirsi in Sardegna lo può senz'altro fare, ma credo che sia assurdo che un magistrato, per comodità sua o della sua famiglia, non possa svolgere la funzione a 40 chilometri di distanza.

Sono pertanto totalmente contrario sull'emendamento in esame, che ritengo profondamente iniquo. (Applausi dal Gruppo AN).

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei rispondere brevemente al collega Pellicini.

PRESIDENTE. Senatore Manzione, il senatore Dalla Chiesa ha già parlato a nome del suo Gruppo.

MANZIONE (Mar-DL-U). In effetti, intervengo in parziale dissenso dal mio Gruppo. Preannuncio il mio voto favorevole sull'emendamento 2.133 e l'astensione sull'emendamento 2.134. È vero che saranno votati insieme, ma la funzione è diversa.

Il senatore Pellicini ha sollevato una questione che io condivido. Egli si poneva il problema del passaggio delle funzioni da un grado ad un altro e in questa logica poneva la differenza tra distretto e circondario.

L’emendamento 2.133, che io sostengo, collega Pellicini, si pone proprio questo problema, tant’è vero che immagina, con il mutare delle funzioni, un doppio regime: se restano funzioni di primo grado, da giudicanti a requirenti o viceversa, si resta nell’ambito del circondario, perché condivido tutto ciò che diceva il collega Ayala; se invece c’è il passaggio all’esercizio di funzioni diverse, di secondo grado (è il caso del giudice istruttore che diventava procuratore generale e quindi dal primo grado di giudice istruttore si trasformava in requirente e quindi in pubblico ministero accusatore in secondo grado), in questo caso (e prego il collega Pellicini di verificare l’emendamento 2.133) è previsto appunto il passaggio ad un distretto diverso.

Mi sembra quindi che quest’emendamento raccolga tutte e due le prospettazioni, entrambe meritevoli, quella che illustrava il collega Ayala e, prima di lui, i colleghi Calvi e Dalla Chiesa, e le perplessità del collega Pellicini, che io condivido.

Ecco perché mi sento di invitare l’Aula a votare a favore dell’emendamento 2.133 in questa doppia modulazione, che tranquillizza rispetto alle perplessità che sono state avanzate.

Questo voto, signor Presidente, vorrei che, come gli altri, venisse effettuato con il procedimento elettronico. (Applausi del senatore Fassone).

 

PRESIDENTE. Su quelle importanti è giusto fermarsi, però dopo bisogna farne un po’ di seguito di votazioni.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, della prima parte dell'emendamento 2.133, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori, fino alla parola "circondario".

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Forza colleghi, l’intervallo è finito, si torna a votare. Senatore Nocco, mi sembra un polipo quest’oggi.

Dichiaro chiusa la votazione.

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi la restante parte dell’emendamento 2.133 e gli emendamenti 2.134 e 2.135.

Metto ai voti l'emendamento 2.136, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.137, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.138, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

L’emendamento 2.139 è precluso dalla reiezione dell’emendamento 2.114.

Metto ai voti l'emendamento 2.141, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.142, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

L’emendamento 2.143 è precluso dalla reiezione dell’emendamento 2.115.

Metto ai voti l'emendamento 2.144, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.145, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.146, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.147.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, sarebbe preferibile votare quest’emendamento del collega Zanda con il sistema elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.147, presentato dal senatore Zanda.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.148.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, anche l’emendamento 2.148, a firma dei colleghi Dalla Chiesa ed altri, interviene nella stessa problematica, quindi sarebbe opportuno anche per esso un voto con il sistema elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.148, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.149.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest’emendamento rispecchia un po’ la filosofia con la quale abbiamo cercato di fronteggiare gli aspetti meno condivisi o più ostici, per la nostra visione, del disegno di legge in questione.

In questo caso, poiché si tratta dell’accesso a cariche apicali, di elevato livello nell’organizzazione dell’ordinamento giudiziario, trattandosi di persone che hanno già superato una serie di valutazioni, poiché i nostri emendamenti precedenti non sono stati approvati, quindi bisogna ritenere che i criteri di promozione rimangano quelli che sono indicati dalla legge, per queste ragioni proponiamo che le parole: "previo concorso" vengano sostituite dall’espressione: "magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l)".

Insomma, la nostra preoccupazione è di ridurre - come è già stato detto in varie occasioni - il numero dei concorsi per i quali bisogna passare e di garantire il maggior spazio possibile ad una responsabile valutazione delle capacità professionali, almeno per coloro che sono già passati attraverso ulteriori valutazioni (in questo caso si tratta di magistrati che hanno superato una settima valutazione di professionalità).

Questa è la ragione dell’emendamento, che si incardina in questo nostro approccio al tema della promozione e della valorizzazione delle qualità professionali del magistrato; lo proponiamo ancora una volta di fronte a quella che ci sembra una incomprensibile sordità da parte della maggioranza.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.149, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.150, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.151, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.152.

 

MARITATI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, proponiamo una modifica al numero 12), lettera g), del comma 1 dell'articolo 2 perché si tratta di un’espressione involuta suscettibile di equivoci e di interpretazione errata.

La formulazione che proponiamo è la seguente: "magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l)".

Siamo contrari ad una valutazione sulla base di pubblicazioni scientifiche e colgo l’occasione per porre un problema di grande rilievo. È errato richiamare tra i titoli le pubblicazioni scientifiche. Ricordo che costituisce tuttora un problema aperto quello degli incarichi extragiudiziari, osteggiati all’interno della magistratura (l’Associazione nazionale magistrati da tempo ha chiesto la radicale eliminazione dall’ordinamento della previsione degli stessi) e a cui sono contrari anche la classe politica e il mondo della cultura.

L’incarico extragiudiziario costituisce, da un lato, un serio e sperimentato pericolo per l’indipendenza dei magistrati sotto la forma del condizionamento, e, dall’altro, un’altrettanto pericolosa occasione per distogliere energie e tempo che il magistrato deve dedicare all’esercizio dell’attività e quindi alla produzione giudiziaria.

Allora, sembra a dir poco contraddittorio, oltre che pericoloso, porre alla base della carriera e quindi della valutazione titoli di carattere scientifico. La produzione scientifica significa che il magistrato deve dedicarsi alla ricerca, che avviene nelle università o negli studi superiori; da qui la necessità che egli riceva un incarico extragiudiziario. Ripeto: mi sembra contraddittorio, oltre che negativo, alimentare questo tipo di incarichi, che ingenera da tempo sospetti e contrasti, e su cui la discussione è aperta all’interno e all’esterno della magistratura.

Se è vero, amici della maggioranza, che con questo disegno di legge intendete dare al Paese un magistrato più libero, più capace, più incisivo, più in grado di produrre, cioè di dare una risposta sul piano del servizio giustizia, la via invocata dei titoli a carattere scientifico va in direzione opposta.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, dichiaro il voto a favore dell’emendamento 2.152.

Intendo aggiungere a quelle, assolutamente esatte, del collega Maritati l’osservazione che spesso le pubblicazioni scientifiche consistono non soltanto in pubblicazioni astratte, ma in commenti a sentenze. Il commento alla sentenza è una manifestazione di approvazione o disapprovazione di una decisione concreta.

Ciò significa, in buona sostanza, che quel magistrato che vorreste indipendente nelle sue pronunzie, così algido, così chiuso nella sua torre eburnea da vietargli qualsiasi manifestazione di opinione o di attività politica, lo volete invece impegnato nel commento in dissenso o in assenso rispetto alle altre decisioni, con il gravissimo inconveniente di pronunciarsi su casi concreti e quindi di anticipare un giudizio e un pregiudizio rispetto a decisioni che arriveranno poi sul suo tavolo di magistrato.

Mi sembra dunque che prevedere una valutazione per titoli, che tenga conto delle pubblicazioni scientifiche e dei commenti a sentenze, sia certamente sbagliato perché non c’è nessun obbligo morale né scientifico del magistrato di pubblicarne. Fra l’altro, ciò è molto pericoloso proprio per quell’indipendenza e autonomia di giudizio che deve avere il magistrato rispetto al caso specifico e concreto che arriverà al suo giudizio, perché è molto difficile che un magistrato abbia, per così dire, l’incoerenza di pronunziarsi prima commentando una sentenza e di cambiare poi opinione nel caso concreto al suo giudizio.

Sotto questo profilo, raccomando l’approvazione dell’emendamento 2.152.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.152, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.153, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.154.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, di fatto siamo sempre nello stesso solco, ma vale la pena di insistere non tanto perché si possa ragionevolmente sperare in una resipiscenza da parte della maggioranza, quanto perché è giusto che rimanga agli atti parlamentari la diversità di atteggiamento e di criteri di valutazione da parte di maggioranza ed opposizione su questioni così rilevanti per la funzionalità del nostro ordinamento giudiziario.

In questo caso il problema è ancora quello dell’alternativa tra i titoli e la valutazione della capacità di direzione e organizzazione dell’ufficio. In altra sede è già intervenuto su questo caso il senatore Fassone, per cui credo che ci siano capacità che prescindono da qualsiasi possibilità di valutazione attraverso titoli, ma devono essere valutate sul campo. Oppure, devono essere titoli strettamente legati agli studi sull’organizzazione e le discipline di organizzazione e direzione del personale e degli uffici.

In questo caso, allora, ci sentiamo vivamente di chiedere - probabilmente sarà inutile - ad una maggioranza che molte volte impropriamente ha sostenuto che bisogna introdurre capacità manageriali, di direzione aziendale, nelle organizzazioni pubbliche, fino ad identificare le organizzazioni pubbliche con un’azienda, che, piuttosto che attraverso una valutazione dei titoli, a incarichi di questa natura si acceda perché si è in grado di dimostrare sul campo e anche con titoli l’acquisizione di capacità di direzione e di organizzazione.

Su questa differenza di vedute credo che, alla fine, si misureranno gli effetti dei criteri che noi stiamo per varare con il nostro voto qui in Senato.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.154, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell’ultima parte dell’emendamento 2.155.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Dichiaro il voto favorevole all’emendamento 2.155, sul quale chiedo al senatore Zanda di apporre la firma perché lo ritengo da condividere e da approvare. Infatti, nel momento in cui il concorso avviene per titoli ed è relativo al giudizio di Cassazione (questo benedetto Consiglio direttivo della Cassazione, che una successiva norma istituisce e che non si capisce bene cosa dovrebbe fare, per cui se non altro, se si occupa di ciò almeno ha questa funzione, dato che la norma che lo disciplina non spiega cosa dovrebbe fare), siccome i titoli concernono sentenze di merito (e non possono che concernere sentenze di merito), visto che il giudice chiede di entrare in Cassazione, il Consiglio direttivo della Cassazione deve per forza dare la sua valutazione di legittimità rispetto alle sentenze di merito, altrimenti c’è una contraddizione in termini, perché faremmo giudicare l’ammissione in un giudizio di legittimità rispetto a titoli di merito.

Per cortesia, un po’ di estetica nelle riforme che proponete!

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l’ultima parte dell’emendamento 2.155, presentato dai senatori Zanda e Zancan, così formulata: "Al comma 1, lettera h), inserire le seguenti parole: "e su parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione,"".

Non è approvata.

Risultano pertanto preclusi la restante parte dell’emendamento 2.155 e gli emendamenti 2.156 e 2.157.

Metto ai voti l'emendamento 2.158, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo all’esame del terzo gruppo di emendamenti presentato all’articolo 2, dalla lettera i) alla lettera q) del comma 1, che invito i presentatori ad illustrare.

Presidenza del vice presidente DINI

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, con inguaribile ingenuità, continuo a pensare che quella giuridica sia una scienza e che anche quella del governo del personale sia una scienza, sia pure non esatta.

Ho sviluppato in precedenza alcune considerazioni sul sistema di avanzamento della carriera, che a mio avviso - approvato ormai l'emendamento 2.1200 (testo 2), presentato dal Governo - ha preso un assetto che sicuramente non sarà funzionale.

L'emendamento 2.159, sul quale mi soffermo brevemente, avvalora il giudizio di totale assenza di razionalità. Vorrei che il signor Ministro mi credesse se affermo che, ferme restando le opposizioni di principio e politiche a certe opzioni e muovendomi esclusivamente nella logica del Governo, ci sono strutture tali che porteranno sicuramente a disfunzionalità di grande rilievo e danno.

Per quanto riguarda la lettera i) - che non sto evidentemente a ripetere - il concetto è quello della riserva dei posti, cioè mantenuto, come ha fatto il Governo, il principio che alle funzioni di secondo grado e di legittimità si accede attraverso un concorso per titoli ed esami, l’architettura della delega prevede a questo punto una ripartizione di posti con riserva.

Quindi, assumendo come caso da esaminare quello dell’accesso alle funzioni di secondo grado ovverosia d’appello, si prevede che il 25 per cento dei posti sia riservato ai cosiddetti trasferimenti orizzontali omologhi, cioè quello di un consigliere d’appello che chieda di andare a svolgere le stesse funzioni in un'altra corte d’appello. Nel restante 75 per cento, un ulteriore quarto, cioè circa il 19 per cento del complesso, è riservato ai trasferimenti orizzontali non omologhi, cioè quelli secondo cui un sostituto procuratore generale chiede di andare a svolgere funzioni di consigliere di corte o viceversa. Il restante 54 per cento è assegnato alle cosiddette promozioni, cioè all’accesso verticale alla corte d’appello, che normalmente è il bacino che le alimenta quasi per intero.

Non chiedo di essere creduto sulla parola, ma chiedo che si effettui una verifica sugli ultimi cinque - o, meglio, dieci - anni: si constaterà, signor Ministro, che le prime due ipotesi di trasferimento, cioè quelle orizzontali, omologhe o differenti di funzioni, sono pressoché inesistenti.

Infatti, è constatato ormai da esperienza ripetuta che non ci sono consiglieri di corte d’appello che, ad una certa età (che non sarà certamente inferiore ai quaranta anni), chiedono di trasferirsi a centinaia di chilometri per andare a svolgere la medesima funzione, cioè continuando la stessa esperienza. Ancor meno vi saranno consiglieri di corte o sostituti procuratori generali che, oltre a sobbarcarsi un concorso, andranno a svolgere funzioni diverse in un distretto lontano, perché questa è l’incompatibilità di sede che avete sancito.

Il risultato è che le prime due quote di riserva che avete previsto, cioè il 25 per cento sommato al 19 per cento, pari al 44 per cento, saranno quasi deserte.

Signor Ministro, non finisce qui l’inconveniente, perché anche le cosiddette promozioni o salite verticali, con il sistema del paniere complessivo e non dei due stadi, registreranno una grande quantità di rinunce. Nell’esempio che ho citato e che evidentemente non ha suscitato attenzione, il giudice del tribunale di Milano che chiede di andare a svolgere le funzioni di consigliere nella medesima corte rischierà di non poter essere accontentato e rinuncerà al posto. Il risultato sarà che una larghissima parte dei tre panieri che avete individuato resterà incompleta, con problemi di vera e propria desertificazione della corte d’appello.

Conosco l’obiezione che mi ha fatto il Ministro, ma, se avrà la bontà di ascoltarmi, constaterà che non è convincente. La formula che avete affacciato, ossia che i posti non coperti vanno ad accrescere quelli delle altre categorie, non risolvono infatti il problema. Se uno di questi panieri rimane largamente incompiuto e va ad accrescere la quantità dei posti disponibili nell’altro paniere a sua volta incompiuto, è inutile averne 50 in più se non ci sono domande.

Per questo motivo suggerisco, mantenendomi nella logica affacciata dal Ministro, che la riassegnazione non avvenga nei termini proposti dalla lettera i), numero 16), ma accresca le altre quote riservate sino ad esaurimento delle domande per ciascuna di esse.

L’emendamento 2.179, se non altro, permetterà la soddisfazione del bacino di alimentazione normale delle Corti di appello, ossia il bacino in salita, verticale, quello delle promozioni che rischia, attraverso la falcidia di quasi metà dei posti assegnati al nulla, di essere incapiente rispetto a quelle che saranno le uniche vere domande.

Signor Ministro, quando svolsi queste argomentazioni in Commissione, lei mi rispose che, se ci fossero stati degli errori, li avreste corretti. Evidentemente ha ritenuto che errori non siano. Non ho argomenti matematici per dimostrare il contrario, ma semplicemente una prognosi che nasce dall’esperienza. I fatti diranno chi dei due ha ragione. Se per mala sorte avessi ragione io, sarà l’amministrazione della giustizia a pagarne il prezzo.

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei illustrare l’emendamento 2.198 perché, unitamente all’emendamento 1.100 che ho illustrato all’inizio, individua le modalità organizzative innovative all’interno degli uffici giudiziari. Mi sembra non una alternativa, ma una maggiore specificazione rispetto all’emendamento proposto dai colleghi Ziccone e Alberti Casellati, che propone tout court una - a mio parere - abbastanza generica forma di decentramento amministrativo, fra l’altro - mi permetto di rilevare - incongrua nell’organizzazione del Ministero della giustizia. Quest’ultimo, infatti, non è articolato per sedi regionali, ma per distretti. Quindi, sovrapporre ad una organizzazione funzionale distrettuale una amministrativa di carattere regionale mi sembra poco sensato.

Inoltre, non si tratta tanto del problema dell’efficacia ed efficienza dell’azione pratica del Ministero della giustizia, nella pur possibile eventuale organizzazione della macchina burocratica del Ministero e delle sue articolazioni periferiche.

La problematica vera è quella di dotare, secondo criteri di efficacia, ciascun singolo ufficio di una unità di management, capace di organizzare il lavoro pratico in modo indipendente ed autonomo rispetto ai magistrati. Di qui abbiamo ipotizzato la figura del direttore amministrativo vero e proprio dell’ufficio, il quale, fatta salva la titolarità dell’ufficio giudiziario del magistrato nominato suo titolare, è invece competente ad adottare tutti gli atti della gestione.

Inoltre, va tenuto conto del fatto che si inquadra in una ulteriore fase di passaggio, quella della previsione del direttore generale nelle sedi dei capoluoghi di regione. Si tratta di misure concrete di articolazione della cosiddetta macchina giudiziaria sul territorio, direttamente e strettamente funzionali a garantire un’attività amministrativa ed una organizzazione efficace.

Raccomando, pertanto, all’Aula l’approvazione di questo emendamento.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento 2.506, esso è destinato ad attribuire un ruolo e una funzione, o meglio ancora a dare un concreto sbocco pratico alla presenza istituzionale del Consiglio giudiziario, che non solo viene mantenuta ferma nel disegno di legge, ma viene addirittura sostanzialmente ridisegnata e in qualche misura meglio definita.

Se non si introducesse questa ulteriore previsione, la figura istituzionale del Consiglio giudiziario non avrebbe un concreto sbocco operativo perché mancherebbe l'occasione nella quale sarebbe chiamato ad esprimere il suo parere, a dare cioè un fine concreto ad un'attività che resterebbe puramente teorica.

Per quanto riguarda l'emendamento 2.507, esso parte dalla considerazione che le funzioni requirenti e giudicanti di legittimità sono considerate nel testo in esame in modo sostanzialmente unitario. Basta guardare, ad esempio, il precedente numero 13 della lettera i), che prevede un concorso unico per accedere indistintamente alle une e alle altre provenendo dalle funzioni di primo e secondo grado, mentre i precedenti numeri 8 e 10 prevedono concorsi separati per accedere alle funzioni di secondo grado requirenti o giudicanti e, correlativamente, i numeri 11 e 12 prevedono due distinte commissioni per i concorsi relativi ai numeri 8 e 10.

Appare allora evidente che è opportuno prevedere la necessità del concorso per il passaggio dalle funzioni requirenti di legittimità alle giudicanti e viceversa, ma se lo facessimo si potrebbe parlare di una previsione eccessiva. Si suggerisce quindi, con questo emendamento, una procedura più snella, fondata sulla valutazione del Consiglio superiore della magistratura, da effettuarsi - questo è il punto di novità - sulla base del parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, di nuova istituzione nel disegno di legge.

Per quanto riguarda l'emendamento 2.508, la proposta riprende, specificandolo ulteriormente, un modello già previsto dalla normativa vigente. Si tratta, in particolare, del disposto di cui al comma 2-bis dell'articolo 7 della legge n. 374 del 1991, che disciplina le modalità per la conferma dell'incarico dei giudici di pace, richiedendo l'esame a campione dei provvedimenti e la quantificazione statistica del lavoro svolto.

Quanto all'emendamento 2.509, va detto che il testo licenziato dalla Commissione prevede un concorso e una commissione ad hoc per il conferimento degli incarichi direttivi e invece una valutazione dei titoli da parte della medesima commissione, seguita da una valutazione del CSM per il conferimento degli incarichi semidirettivi. L'emendamento intende creare un meccanismo che ai fini del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi consenta, in via aggiuntiva, di tenere comunque conto anche della precedente esperienza del magistrato.

L'emendamento 2.510 si illustra da sé. In relazione all'emendamento 2.512, stavo predisponendo una riformulazione. In particolare, il testo dell'emendamento 2.512, nella parte finale, in riferimento al distretto per il trasferimento, così recita: "escluso quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell'interessato;".

La riformulazione, che sto per presentare agli Uffici in forma scritta, mira a predisporre un testo che possa evitare che vengano sporte denunce strumentali o vengano comunque avviate indagini strumentali tese ad evitare nella previsione di questa esclusione che un magistrato possa ambire ad essere insediato in quel distretto di corte d'appello.

Faccio un esempio: visto che è competente, ex articolo 11, per i magistrati operanti in Napoli, la città di Roma, basterebbe avviare un procedimento penale o che fosse comunque strumentale - bisogna pensare anche alla patologia del funzionamento delle istituzioni - per fare in modo che il magistrato aspirante al trasferimento non potesse chiedere di essere trasferito in quel distretto.

Con la riformulazione, nell'ipotesi in cui il magistrato chieda di essere trasferito in quel distretto di corte d'appello, l'eventuale procedimento penale pendente, avviato nel distretto competente ex articolo 11, verrebbe spostato ad altro distretto territorialmente competente o, meglio ancora, al distretto competente su quello che sarebbe già individuabile ex articolo 11.

 

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, le gravissime disfunzioni dell'articolo che stiamo esaminando, in particolare della lettera i) del comma 1, sono state evidenziate in modo chiaro, come di consueto, dal collega Fassone.

Desidero soffermarmi sull'emendamento 2.163, con il quale intendiamo sostituire la parola "cinque" con la parola "tre". Non si tratta di due parole o di due numeri, bensì di una questione ben più importante.

Ancora una volta, dalla strutturazione dell'articolo 2 emerge una strategia, una politica della maggioranza, che è diretta a scoraggiare il passaggio di funzioni dei magistrati. È un errore di fondo, come abbiamo evidenziato più volte. In questo caso la tendenza stride ancor più: per quale ragione un magistrato che esercita funzioni requirenti deve attendere ben cinque anni prima di poter partecipare ad un concorso, per titoli, esami scritti e orali, al fine di passare alla funzione giudicante?

Ancora una volta si assume una posizione preconcetta; non si tratta, infatti, di consentire ad un magistrato di partecipare ad un concorso per salire di grado, nel qual caso si potrebbe comprendere la necessità di una permanenza di cinque anni o anche più, per acquisire una maggiore esperienza e una maggiore qualificazione; in questo caso si tratta di un passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante.

Richiamo sinteticamente considerazioni già espresse: questi passaggi, lungi dall'essere negativi e dal dover essere quindi osteggiati, dovrebbero essere favoriti perché attraverso l'interscambio si diffonde e si approfondisce la cultura della giurisdizione.

In questo caso non esiste alcuna ragione per imporre al magistrato di permanere per cinque anni nello svolgimento delle funzioni requirenti prima di partecipare ad un concorso, per titoli ed esami scritti e orali, anziché consentirgli in qualsiasi momento di parteciparvi. Non vi è una ragione che giustifichi una permanenza così prolungata; la strutturazione dei numeri 2) e 4) della lettera i) è espressione di una cultura ostile al passaggio dalla magistratura requirente a quella giudicante.

 

MUGNAI (AN). Signor Presidente, ritiro i miei emendamenti 2.109a (testo corretto) e 2.181a.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, l'emendamento 2.1003 è di notevole importanza in quanto sopprime la fattispecie degli incarichi semidirettivi.

Ciò semplifica in maniera sostanziale il quadro. È una proposta da apprezzare in un'ottica di apertura verso le osservazioni, che in questo caso abbiamo ritenuto fondate, venute da alcuni esponenti dell'opposizione e da parte della magistratura.

Credo che anche questo sia una prova di come il Governo abbia voluto affrontare in maniera assolutamente aperta questo provvedimento. Mi dispiace che l’opposizione continui a dichiarare che il Governo è sordo alle istanze portate all’attenzione dell’Aula. Questo caso dimostra esattamente il contrario.

 

MONCADA (UDC). Signor Presidente, visto quanto affermato dal Governo, ritiro l’emendamento 2.182, di cui sono primo firmatario.

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 2.159, 2.160, 2.162, 2.163, 2.165, 2.166, 2.167, 2.169, 2.170, 2.171, 2.172, 2.600, 2.174, 2.176, 2.178 e 2.179. Su quest’ultimo il parere è contrario perché una formulazione di questo tipo, a mio avviso, violerebbe il principio della compartimentazione delle quote. La trasferibilità delle quote andrebbe a ledere la coerenza del sistema.

Esprimo altresì parere contrario sugli emendamenti 2.509/1, 2.183, 2.185, 2.186 e 2.187.

Esprimo, invece, parere favorevole sugli emendamenti 2.506, 2.507, 2.508, 2.509, 2.1003 e 2.510.

Prendo atto che sull’emendamento 2.511 la 5a Commissione ha espresso parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione. Faccio tuttavia presente che questo parere contrario sembra non prendere in considerazione il fatto che l'emendamento in questione tende semplicemente a dare una configurazione espressa ad un conferimento di funzioni che già nella normale operatività dei trasferimenti tiene conto di una qualifica specifica per accedere a quel tipo di funzione. Sono quindi favorevole a questa proposta emendativa.

In relazione all'emendamento 2.512, per il quale avevo preannunciato una riformulazione, resto favorevole al testo attuale, in quanto la riformulazione non può essere operata in relazione a questa specifica ipotesi riguardante il Procuratore nazionale antimafia.

Esprimo, infine, parere contrario sugli emendamenti 2.188, 2.189, 2.190, 2.191, 2.192, 2.193, 2.194, 2.195, 2.196, 2.197, 2.198, 2.199, 2.200, 2.201 e 2.202.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore, ad esclusione dell'emendamento 2.511 sul quale il Governo si rimette all'Aula, stante il parere contrario della Commissione bilancio.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei far notare al relatore e al Governo un'anomalia in merito ai pareri che sono stati espressi.

Erano già stampati nel nostro fascicolo, a pagina 28, gli emendamenti 2.182, presentato dai senatori Moncada e Iervolino, e 2.183, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori. Successivamente è intervenuto, ancora una volta con poco rispetto del fair play parlamentare, l'emendamento 2.1003 del Governo, identico ai predetti emendamenti.

Ed è veramente strano che sull'emendamento 2.183, che non è stato ritirato a differenza dell'emendamento 2.182, e che è identico a quello del Governo, sia stato espresso, sia dal relatore che dal Governo, un parere contrario, fermo restando il parere favorevole espresso sull'emendamento 2.1003, presentato poc'anzi dal Governo, perfettamente identico - ripeto - a quello di cui è primo firmatario il senatore Fassone.

Vorrei che il relatore ci spiegasse qual è l'alchimia che giustifica questo diverso trattamento.

 

*CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, anch'io vorrei intervenire sulla questione anzidetta e non soltanto per ribadire la sorpresa con la quale ho ascoltato la circostanza che si esprima un parere favorevole su un emendamento del Governo e uno contrario su quello da noi presentato, pur essendo gli emendamenti identici.

Sottolineo poi anche un altro problema. Dal momento che l'emendamento 2.183 è stato presentato nei termini prescritti, mi domando per quale motivo questa mattina sia stato presentato dal Governo un emendamento identico al nostro e perché il relatore esprima un parere favorevole a quello del Governo e contrario al nostro.

Credo sia un’occasione per dichiarare il totale disagio mio e della intera opposizione, la quale vede che un emendamento viene copiato solo per esprimere parere favorevole all’emendamento del Governo e parere contrario al nostro.

Signor Presidente, non vi è neppure il problema di intervenire, da parte del relatore e del Governo, per superare lo sbarramento temporale, perché l’emendamento esiste già.

Che cosa si vuol dire, allora? Che su un emendamento che è profondamente giusto e sul quale si conviene, addirittura viene espresso un parere contrario, mentre viene presentato invece un emendamento nuovo del Governo per poi approvarlo. Voglio censurare questa condotta! (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

 

PRESIDENTE. Quando arriveremo a quell’emendamento, prenderemo atto di ciò.

Signor Ministro, non so se lei desidera fare un commento in questo momento.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che, se fossi stato nei panni del senatore Calvi, avrei fatto esattamente la stessa dichiarazione. Tuttavia, è ovvio che nella confusione dell’Aula si è trattato di una svista: questo è evidente, senatore Calvi.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, indubbiamente anche la quantità delle carte, la concitazione del momento e la presentazione dell’emendamento del Governo hanno un attimo fuorviato l’attenzione. Certamente, se il parere è favorevole per l’emendamento del Governo, non può che essere favorevole anche per l’emendamento 2.183. (Applausi del senatore Izzo).

Credo che il senatore Calvi potrebbe riservare il suo focoso risentimento, considerata l’evidenza della svista, ad altra circostanza.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Senatore Ayala, un collega del suo Gruppo è già intervenuto su tale questione.

AYALA (DS-U). Lo so, ma devo assolutamente…

PRESIDENTE. Interviene su un’altra materia? Prego, senatore Ayala.

AYALA (DS-U). No, signor Presidente, intervengo su tale questione, ma per prendere atto con soddisfazione di quanto ha detto il Ministro, e cioè che si è trattato di una svista, e di quanto ha detto il relatore correggendo una sua precedente valutazione.

PRESIDENTE. Va bene.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, a questo punto, però, coerenza vorrebbe che il Governo, che è arrivato dopo a presentarlo, ritirasse il suo emendamento e si votasse il 2.183, che era presente già agli atti perché presentato nei termini previsti.

Infatti, non si capisce perché il Governo "scopiazzi" un emendamento: solo perché non si debba dire che è stato approvato un emendamento dell’opposizione. È inutile, ritiratelo e non copiate più il nostro lavoro! (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

PRESIDENTE. Senatore Ayala, quando arriveremo alla votazione dell’emendamento 2.183 e di quello presentato dal Governo…

AYALA (DS-U). È una "pierinata" che non vi fa onore. Gli ultimi "pierini" li ho visti a scuola, non li voglio vedere in questa sede. Qui siamo persone serie.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, credo che il senatore Ayala abbia detto ciò che doveva dire per conto dell’opposizione.

Dato l’andamento della discussione, che si è svolta con grande fair play, se viene mantenuto l’emendamento 2.183 dell’opposizione, il Governo ritira il suo. (Applausi dai Gruppi LP, Verdi-U, DS-U, Mar-DL-U e del senatore Betta). (Il senatore Moncada fa cenno di voler intervenire).

PRESIDENTE. Su che cosa, senatore Moncada? Quando arriveremo all’emendamento 2.183 discuteremo questo punto, in modo da non prolungare ora il dibattito su di esso.

 

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, mi sembra addirittura comico che i presentatori dell’emendamento 2.182, i senatori Moncada e Iervolino, che per cortesia verso il Governo lo avevano ritirato, si vedano ora costretti a votare un emendamento dell’opposizione, perché il Governo, per cortesia, ritira il suo. È semplicemente grottesco. (Proteste dal Gruppo DS-U).

MARITATI (DS-U). Come è grottesco?

D'ONOFRIO (UDC). Pertanto, faccio mio l’emendamento 2.182, affinché venga votato. (Applausi dal Gruppo UDC).

 

CALDEROLI (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALDEROLI (LP). Signor Presidente, intervengo per far mio l’emendamento 2.1003.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.159.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, con riferimento alla precisazione del vice presidente Calderoli, che nella specie parlava in qualità di senatore, vorrei dire che essa è intempestiva tant’è vero che c’era stato già da parte del Governo il ritiro dell’emendamento e correttamente… (Commenti dai Gruppi FI e UDC)… da parte del presidente del Gruppo UDC c’era stata una protesta formale, segno evidente che il ritiro da parte del ministro Castelli era già operante, se è vero come è vero che aveva determinato - dal mio punto di vista - le legittime recriminazioni da parte del presidente D’Onofrio. Quindi, su questo vorrei vi fosse chiarezza perché sarebbe antipatico vedere che l’Aula, nella persona di singoli senatori, interviene per far proprio un emendamento.

Per quanto riguarda l’emendamento 2.159, con il quale si propone la soppressione della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2, dichiaro il mio voto favorevole e ne chiedo la votazione a scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.159, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.160.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, quest’emendamento è sulla falsariga di quello precedente, sia pure in una formulazione più contenuta, rifiutando il sistema estremamente complicato per quote, riserve e concorsi che viene previsto per la copertura dei posti vacanti nelle diverse funzioni giudiziarie.

Esso introduce altresì criteri che appaiono più semplici, probabilmente meno esclusivi e più capaci di valorizzare il meglio dell’offerta di professionalità interna alla magistratura per quei posti, proprio evitando che vi siano delle riserve assegnate a un tipo o ad un altro tipo di categoria.

Si tratta di criteri di natura generale che, secondo norme e princìpi di trasparenza, sono quelli delle attitudini, della cultura, della laboriosità, dei precedenti e dell’anzianità, non casualmente indicata come ultimo requisito.

Si parte, dunque, dalle attitudini, si prendono in considerazione altri criteri che abbiamo più volte indicato in sostituzione dei titoli o delle prove di esame. Ci sembra che la lettera i) del comma 1 sia una di quelle più pesantemente burocratiche contenute nel disegno di legge.

Colgo l’occasione anche per rendere omaggio - credo sia doveroso - alla disponibilità che il ministro Castelli ha mostrato oggi in un paio di occasioni, visto che lamentava l’accusa di sordità riferita ad un’altra batteria di emendamenti a nostro avviso molto importanti. Gli rendiamo anche merito per il fatto che, diversamente da altri Ministri, in occasione di riforme decisive, è qui presente ad affrontare - non parlando molto per la verità - la discussione che lo coinvolge e ad ascoltare. Credo che questo in una discussione così fitta come quella di oggi sia un riconoscimento anche formale che è giusto fare.

Ripeto, però, che in questo caso il nostro emendamento riguarda una parte del testo in esame che sembra scritta da una mente non particolarmente brillante e non particolarmente votata all’individuazione di criteri di utilità. Anzi, mi sembra che l’indicazione di tutte queste riserve, di tutte queste percentuali, di queste quote che vengono previste per coprire i posti vacanti rispecchi una mentalità che è il contrario di quella che il Ministro dichiara di voler introdurre nel nostro ordinamento giudiziario. Una volta gli scappò detto in Commissione: questa legge l’ha scritta un magistrato di Cassazione.

Ebbene, dev’essere un magistrato di Cassazione poco incline a garantire alla propria amministrazione, e all’ordinamento giudiziario nel suo complesso, scioltezza di funzionamento e criteri utili e condivisibili da una cittadinanza intelligente.

Sono sicuro che qualsiasi cittadino, leggendo questi criteri e queste percentuali si metterebbe le mani nei capelli.

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.160, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.506.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, vorrei procedere a una molto limitata riformulazione di questo emendamento. Laddove esso recita "su parere motivato del Consiglio giudiziario" vorrei sostituire le parole "su parere motivato" con le altre "acquisito il parere motivato".

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sulla riformulazione dell’emendamento 2.506, testé operata dal relatore.

CASTELLI, ministro della giustizia. Il Governo è d’accordo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 2.506 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

 

Sull'ordine dei lavori

 

*CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, vorrei avanzare la seguente richiesta sull’ordine dei lavori: il Gruppo dei DS-U ed altri ancora questa sera hanno una riunione che per un verso è politica, ma anche conviviale in prossimità delle feste natalizie. (Commenti dai banchi della maggioranza).

Signor Presidente, noi abbiamo questa riunione alle ore 21. Quello che le sto chiedendo - e mi auguro che i colleghi siano d’accordo e non abbiano interrotto per fare ironia su quello che sto chiedendo - è di anticipare, se possibile, di quel che sarà necessario la chiusura di questa seduta per consentirci di essere alle ore 21 nel luogo della riunione, che è fuori dai palazzi del Senato.

Valuti quindi la Presidenza se si può anticipare la chiusura di questa seduta quanto meno di trenta minuti.

 

PRESIDENTE. Senatore Calvi, il calendario con questo orario è stato approvato ieri dalla Conferenza dei Capigruppo all’unanimità. Quindi, dovrei chiedere al Presidente del Senato se eventualmente accetta questa sua richiesta, altrimenti credo che dovremo concludere alle ore 21, così come previsto dalla Conferenza dei Capigruppo. (Commenti dai banchi dell’opposizione).

 

MALAN (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FI). Signor Presidente, vorrei dire che, come Gruppo Forza Italia, non abbiamo nulla in contrario ad accedere alla richiesta del senatore Calvi se c’è accordo generale. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Zancan).

 

PRESIDENTE. Senatore Calvi, dal momento che non vi sono obiezioni, la Presidenza accoglie la sua richiesta di anticipare la chiusura dei lavori alle ore 20,30. (Generali applausi). Mi pare che il senatore Calvi abbia riportato una grande vittoria.

Cerchiamo ora di procedere rapidamente con i nostri lavori.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1296,

1050,1226,1258,1259,1260,1261,1367,1426 e1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.162.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Proprio per accelerare i tempi, signor Presidente, le chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, in modo che tutti i colleghi tornino al posto e si possa procedere celermente.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 2.162, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.163.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei riprovare perché poc’anzi c’è stato un momento di distrazione. Chiediamo, pertanto, la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.163, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.165.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.165, presentato dal senatore Zanda.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.166, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.167.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.167, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Risulta pertanto precluso il successivo emendamento 2.169.

Metto ai voti l'emendamento 2.170, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.171.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, scelgo di intervenire su questo emendamento tra i tanti presentati aventi lo stesso orientamento. Si tenta di combattere il sistema delle quote e delle riserve disposte dal provvedimento per ricoprire i posti che devono essere assegnati.

Come in altri emendamenti sui quali per brevità non sono intervenuto, anche in questo caso si tratta di rimuovere una delle percentuali fissate e di aprire a tutti coloro che abbiano i requisiti utili per l’amministrazione giudiziaria a ricoprire i posti previsti, secondo i criteri che poc’anzi ho già cercato di illustrare.

Quindi, non interverrò sugli emendamenti successivi, che sono distribuiti in diversi passaggi della struttura della legge, i quali ribadiscono questo stesso principio.

La nostra posizione è di rifiuto della compartimentazione dell’amministrazione giudiziaria e del principio delle percentuali dei posti.

Non ho altro da aggiungere, se non ribadire il nostro parere negativo all’impostazione delineata.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.171, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Risulta pertanto precluso l’emendamento 2.172.

Metto ai voti l'emendamento 2.600, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.174.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.174, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Risulta pertanto precluso l’emendamento 2.176.

Metto ai voti l'emendamento 2.507, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.178, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

L'emendamento 2.179 risulta precluso dall’approvazione dell’emendamento 2.507.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.508.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, desidero fare una dichiarazione di voto contraria all'emendamento 2.508 per la straordinaria importanza che potrebbe acquistare.

Poiché il meccanismo di progressione in carriera ormai si riferisce esclusivamente ai titoli - come ci ha spiegato oggi il Ministro - e non più agli esami, definire quali sono i titoli stessi diventa di rilevante importanza.

Leggendo l'emendamento in questione, intanto si constata che si dovrà tenere conto in prevalenza dell’attività prestata dal magistrato. E’ chiaro che il termine attività è estremamente generico e si presta ad una pluralità di interpretazioni. L’attività del magistrato, infatti, prevede una serie di atti (l’istruttoria, gli interrogatori), di provvedimenti (le sentenze e le ordinanze), e quant’altro, per cui riesce difficile capire come essa possa essere posta quale parametro di un giudizio e formare la sostanza del titolo stesso.

Se poi andiamo a vedere come la norma esemplifica (non in via tassativa, ma meramente semplificativa cosicché rimane valida la critica ad un parametro assolutamente generico rispetto all’attività) rileviamo che essa parla di esame a campione dei provvedimenti adottati e delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto.

Per espungere il concetto di una qualsivoglia valutazione dell’attività ricavata attraverso la statistica, mi fa piacere ricordare che il senatore Fassone, allorquando svolgeva l’attività di magistrato (e credo che nessuno possa dubitare della serietà e dell’impegno con i quali egli svolgeva tale funzione, vista la serietà e l’impegno con cui svolge l’attività di senatore della Repubblica), depositò una sola sentenza in tre anni. Si trattava del famoso procedimento Cartagine nei confronti di 250 uomini "d’onore" che si concluse, dopo tre anni di duro lavoro, con una sentenza dall’esito ovvio, vista la natura delle imputazioni, e quindi costellata da ergastoli.

Il senatore Fassone in base a questa statistica, avendo depositato una sola sentenza in tre anni sarebbe stato bocciato a qualsiasi concorso per titoli, essendo il risultato del tutto insufficiente.

Poiché il magistrato non svolge un'attività di vendita ortofrutticola dove si possono contare i prodotti venduti, ma svolge un'attività intellettuale dove conta l'impegno e l'intelligenza con cui si risolvono processi delicatissimi e gravissimi, che assorbono anni di lavoro, il riferimento al rilievo statistico è del tutto fuori posto.

Dopo questa perla del rilievo statistico, inaccettabile nella valutazione della carriera di magistrato, la bontà del nostro proponente legislatore ci parla anche delle eventuali pubblicazioni di carattere scientifico. È molto sintomatico il modo pudibondo con il quale si parla delle pubblicazioni scientifiche. Il legislatore dice in buona sostanza ai magistrati di fare delle pubblicazioni, ma se non le fanno pazienza.

Intanto io tengo conto di chi sprecherà il suo tempo a scrivere libri, libretti e opuscoli di pubblicazioni scientifiche, andando a convegni, tavole rotonde, quadrate (dove peraltro i relatori sono pagati e questo è un altro problema che dovremo affrontare), dimenticando i doveri d'ufficio, dimenticando quel lavoro quotidiano di risposta alla domanda di giustizia dei cittadini che dovrebbe essere l'unico parametro per valutare la carriera dei magistrati. Fa invece aggio scrivere 600 pagine su un astruso reato commesso dai marittimi in navigazione nelle acque territoriali straniere (abbiamo visto anche pubblicazioni di questo tipo da parte di esimi magistrati).

Scusate, colleghi, nessuno di voi ha mai fatto il commissario di esame? Quando vengono prodotti i titoli nelle pubblicazioni vediamo cose davvero risibili: abbiamo esperienza di tutto questo. Allora perché non cerchiamo di dare una valutazione su come il magistrato agisce, su come si confronta con il lavoro che deve svolgere, su come si comporta nei confronti dei cittadini, sull'educazione, sulla puntualità nell’orario di ufficio. Eliminiamo questi vetusti criteri utilizzati negli anni Sessanta, che vigevano quando io ho iniziato la professione di avvocato e che ora mi vedo costretto a ridiscutere alle soglie del 2004 nel Senato della Repubblica.

Vi prego di meditare su questa valutazione dei titoli che rappresenta un incredibile passo indietro, che fa tornare ad una magistratura assai poco preoccupata delle esigenze dei cittadini e molto preoccupata di fare carriera sulla testa dei problemi dei cittadini. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e del senatore Cavallaro).

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, apprezzo lo sforzo che sicuramente il relatore ha fatto per concepire l'emendamento 2.508 e ne posso intuire anche le finalità. Purtroppo, non lo posso affatto condividere; devo rilevare tra l'altro che questo emendamento ha una caratteristica peculiare e significativa. Anch’esso, come tutta l'impostazione di questo disegno di legge costituisce un reperto dell'archeologia giudiziaria italiana.

Ho detto in precedenti occasioni, e lo ripeto questa sera ai colleghi, che nella scelta di impostazione del Governo e della maggioranza - non mi riferisco all'emendamento specifico, bensì all'intero disegno di legge - non ci si è limitati a fermare le lancette dell'orologio, ma le si è riportate indietro di decenni. Tanti faticosi, e spesso contraddittori, progressi per una modernizzazione della struttura nel suo complesso vengono totalmente cancellati, e non è questo l'unico effetto negativissimo del disegno di legge. L'emendamento si inserisce coerentemente in questo quadro, ma presenta accenni difficilmente comprensibili.

Mi rendo conto che la maggioranza dei colleghi ha poca dimestichezza con la quotidianità della vita giudiziaria, anche se c'è dimestichezza e dimestichezza, mi suggerisce giustamente il collega Novi.

Occorre rilevare telegraficamente che l'emendamento si riferisce anche ai magistrati requirenti, non soltanto a quelli giudicanti. Mi chiedo quale sia la mole dei provvedimenti depositati in cancelleria da chi ha fatto il pubblico ministero; qualcuno mi sovvenga. Questa potrebbe essere quasi una battuta, l'aspetto più incredibile è il ripristino del rilevamento statistico. Il collega Zancan ha ricordato un precedente che riguarda personalmente il collega Fassone.

Anch'io sono portatore - sano, s'intende - di un precedente che deve far riflettere i colleghi della maggioranza. Ho istruito un processo in qualità di pubblico ministero e, come tale, avrei avuto difficoltà a rientrare negli altri criteri di riferimento perché non depositavo provvedimenti in cancelleria con la frequenza di un giudice. Il processo è durato due anni: avevo di fronte 475 imputati, cui venivano contestati oltre 2000 capi di imputazione, ma il dato statistico di due anni di lavoro, svolto con dignità e impegno - non auguro a nessuno di vivere un'esperienza del genere - mi assegnava una sola unità. Pur avendo vissuto per due anni in un'aula bunker, giorno e notte, e avendo affrontato una requisitoria durata otto udienze e quasi 50 ore, il mio dato statistico era pari a uno.

Credo che il relatore sia stato mosso da un'apprezzabile sforzo di individuare criteri di riferimento, e forse anche di dare trasparenza alle scelte, ma non è questa la strada. Pur apprezzando lo sforzo del relatore annuncio un voto rispettoso ma fermamente contrario. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, credo che i colleghi finora intervenuti, i senatori Zancan e Ayala, abbiano infierito troppo sul collega Bobbio, il quale non poteva che mettere nel suo paniere questi indicatori.

Come si fa a valutare se un magistrato lavora? Si tiene conto anche del numero di sentenze; si ricerca, nell'arco di tempo indagato, qualche indice approssimativo e grezzo della sua produttività. Come si fa a verificare se è preparato? Si indaga se esiste qualche pubblicazione scientifica alla quale abbia contribuito, qualche convegno a cui abbia partecipato, qualche relazione con dignità scientifica e spessore culturale che abbia svolto. Come si fa a verificare se è scrupoloso? Si assumono dei provvedimenti a campione, come afferma il collega Bobbio.

Credo che quest’ultimo, in realtà, non abbia i torti che gli sono stati rimproverati e che, piuttosto, abbia cercato di individuare degli indicatori che il buon senso induce a ricercare: la quantità di lavoro, la qualità scientifico-professionale e la capacità di affrontare i problemi che un magistrato normalmente è tenuto ad affrontare, considerando anche un arco di tempo sufficientemente ampio.

Ritengo, dunque, che la colpa non sia del collega Bobbio che è andato a ricercare gli indicatori che rendono attendibile il giudizio sui titoli. Il male sta alla radice, vale a dire nella scelta dei titoli come criterio base, insieme - in altri casi - agli esami, per valutare le capacità del magistrato che deve essere giudicato. È il concetto stesso dei titoli che diventa una trappola per chi deve andare ad indagare.

Credo che per una sorta di modestia e di pudore il collega Ayala si sia limitato a ricordare che in due anni produsse una sola requisitoria. Cari colleghi, nel valutare la capacità di un magistrato bisogna considerare anche il coraggio. E questo chi lo valuta?

Bisogna considerare la capacità di sfidare l’ostilità ambientale e quell’unica requisitoria cui ha fatto riferimento il senatore Ayala si tenne in una condizione di assedio del Palazzo di giustizia di Palermo. Ora, quale è l’indicatore in grado di valutare il coraggio? Non esiste. Il coraggio significa essere profondamente leali alle istituzioni; significa saper spingere la propria lealtà fino al momento in cui ci si deve interrogare sulle conseguenze per sé della propria azione.

Ed allora arrivo a sostenere che il collega Bobbio non va criticato in modo aspro o demonizzato (per usare un linguaggio oggi molto in voga) per aver fornito questo indicatore. Penso che se avessi scelto la strada dei titoli avrei fatto la stessa cosa. Il guaio è che tutto il provvedimento è incentrato sulla valutazione di titoli formali e quantificabili, sugli esami, quindi su degli accertamenti e non su quei procedimenti di valutazione qualitativa che le organizzazioni progressivamente in questi decenni hanno messo a punto per definire i criteri più utili per promuovere o per bocciare coloro che devono assumere al loro interno funzioni di responsabilità.

Ho voluto dire questo per onestà perché effettivamente anch’io, se avessi intrapreso la strada dei titoli, probabilmente mi sarei regolato come il collega Bobbio. È la strada dei titoli ad essere sbagliata. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, Verdi-U e DS-U).

 

SEMERARO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SEMERARO (AN). Signor Presidente, il Gruppo di Alleanza Nazionale, contrariamente a quanto affermato dai senatori Zancan, Ayala e Dalla Chiesa, voterà convintamente a favore dell’emendamento proposto dal relatore, non già per un’avversione di carattere politico, ma per profondo convincimento.

Riteniamo, infatti, che i criteri individuati dal relatore e inseriti nell’emendamento siano gli unici possibili. È facile affermare che è ormai superato ed anacronistico il riferimento ai titoli. È anche vero che, al fine di individuare dei criteri oggettivi seri, occorre far riferimento ad elementi che siano il meno possibile opinabili. Se, viceversa, facciamo riferimento a criteri che possono essere e sono oggettivamente opinabili il discorso diventa davvero poco serio, cioè una farsa (mi sia consentita l’espressione); non già una valutazione obiettiva che tenga conto delle effettive capacità professionali dell’individuo, ma soltanto una valutazione discrezionale.

E non è assolutamente vero che nell'emendamento sia stato fatto riferimento soltanto ed esclusivamente ai titoli. Devo dissentire apertamente con quanto diceva il senatore Ayala perché se si legge con attenzione l'emendamento ci si rende conto che il riferimento è in via prevalente all'attività svolta dal magistrato e non già soltanto ed esclusivamente ai provvedimenti emessi, alle ordinanze, alle sentenze.

AYALA (DS-U). Lei non ha ascoltato con attenzione il mio intervento. Io ho detto una cosa completamente diversa; di quanto lei mi attribuisce non ho assolutamente parlato.

SEMERARO (AN). Nell'emendamento si legge: "prevedere che nell'individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera si tenga conto prevalentemente dell'attività prestata dal magistrato nell'ambito delle sue funzioni, anche mediante esame a campione dei provvedimenti dallo stesso adottati".

Quindi, non vi è un riferimento esclusivo all'esame dei provvedimenti adottati, ma al complesso della valutazione riferita all'attività del magistrato. Ciò vuol dire che potrebbe anche darsi il caso di un magistrato che in un certo numero di anni, per necessità particolari o ambientali, abbia fatto soltanto un provvedimento, ma non per questo quel magistrato deve essere valutato negativamente perché il riferimento prevalente che viene richiamato nell'emendamento è relativo all'attività complessiva del magistrato.

Pertanto, è evidente che se un magistrato è stato chiamato ad operare in una situazione ambientale di particolare ed oggettiva difficoltà, quale potrebbe essere ad esempio quella relativa al tribunale di Palermo poc'anzi richiamata, non sarà necessario fare riferimento al numero dei provvedimenti emessi, ma ci si potrà soffermare in via prevalente sull'attività complessivamente svolta, che terrà naturalmente conto della complessità dell'operazione, dell'operato e della situazione di particolare difficoltà.

Da un attento esame dell'emendamento proposto, mi sembra che esso vada proprio nella direzione auspicata e voluta dal senatore Zancan e dagli altri colleghi intervenuti. Ecco perché, se lo si valuta con maggiore attenzione, ci si può render conto del fatto che i criteri individuati in tale emendamento non solo sono tutt'altro che opinabili, ma anzi sono criteri che oggettivamente consentono di valutare appieno e nella completezza l'attività svolta dal magistrato. (Applausi dal Gruppo AN. Congratulazioni).

 

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Signor Presidente, Forza Italia voterà a favore di questo emendamento, anche perché già oggi la statistica è uno dei metodi di valutazione del magistrato e non mi risulta che chi abbia redatto la sentenza di un maxiprocesso, che frequentemente dura anche un anno, sia mai stato penalizzato rispetto a chi ha fatto centinaia di processi per piccoli reati. Pertanto, già questa considerazione fa venir meno i timori avanzati da tanti colleghi.

D'altra parte, la scelta del sorteggio del periodo al quale riferirsi fa venire meno l'altra obiezione che era stata sollevata su periodi in cui il magistrato si concentra e produce monumenti di sapere giuridico ed altri periodi in cui invece si lascia andare. Il sorteggio all'ultimo momento da parte della Commissione deve indurre comunque ad un trend costante nell'attenzione al provvedimento.

Io non guardo all'ambiente. Quando un magistrato entra in magistratura ha l'obbligo e il dovere del coraggio. Chi non riesce ad esercitare questo dovere ed obbligo deve essere buttato fuori dalla magistratura. A mio parere, l'ambiente non può e non deve influire perché quel dovere e quell'obbligo vanno comunque esercitati fino in fondo e in qualsiasi condizione ambientale.

Rimango molto meravigliato delle considerazioni espresse dal senatore Zancan perché la partecipazione del magistrato attraverso le pubblicazioni scientifiche al dibattito dottrinario e giurisprudenziale può solo far accrescere e rendere più interessante questo dibattito per arrivare a una giurisprudenza che si evolva di pari passo con l'evoluzione della società e per le partecipazione di una parte particolarmente importante, qual è la magistratura, all'evoluzione del diritto.

È evidente che non sono solo le pubblicazioni scientifiche a rappresentare titolo, ma se nei momenti di tempo libero il magistrato si dedica ad una pubblicazione scientifica o alla partecipazione ad un dibattito, credo che ciò non tolga nulla all'attività di risposta alle esigenze di giustizia dei cittadini. (Applausi dai Gruppi FI e LP).

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.508, presentato dal relatore.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.509/1.

 

MARITATI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, questo è un subemendamento, presentato da me e dai colleghi Ayala, Fassone, Brutti Massimo e Calvi, all’emendamento 2.509 del relatore, esattamente al comma 1, lettera l), numero 2). Noi, dopo un attento esame, melius re perpensa, decidiamo di ritirare tale subemendamento.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.509, presentato dal relatore.

È approvato.

Ricordo che gli emendamenti 2.109a (testo corretto) e 2.181a sono stati ritirati.

Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.182, identico agli emendamenti 2.183 e 2.1003.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, intervengo solo per ribadire, anche in vista di questa votazione congiunta, che ovviamente il parere favorevole si estende a tutti e tre gli emendamenti.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.182, presentato dai senatori Moncada e Iervolino, successivamente ritirato e fatto proprio dal senatore D’Onofrio, identico agli emendamenti 2.183, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori, e 2.1003, presentato dal Governo, successivamente ritirato e fatto proprio dal senatore Calderoli.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.185, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.186, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo all'emendamento 2.187, su cui la 5ª Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’emendamento che ho presentato con il collega Cavallaro prevede che venga allargato il numero dei professori universitari che compongono la commissione prevista al numero 6).

Questo per una ragione che credo sia intuibile dai colleghi: nel momento in cui si introduce in linea generale un criterio di valutazione che viene fondato anche sull’esame dei titoli e, come ricordato in precedenza, anche dei titoli scientifici, credo sia ampiamente auspicabile una maggiore presenza della componente che tendenzialmente ha maggiore titolarità ad esprimere questo tipo di giudizi, cioè dei rappresentanti del mondo dell’accademia e della ricerca.

Si tratta, quindi, di allargare da tre a cinque il numero dei professori universitari che fanno parte di questa commissione, di rafforzare questa componente, che rimane comunque minoritaria rispetto a quella del mondo togato, ma immette, a nostro avviso, un di più di capacità di valutazione di quei titoli scientifici che sono stati più volte richiamati come non decisivi, ma comunque importanti per una considerazione generale delle qualità professionali dei magistrati in questione.

Questa è la ragione dell’emendamento 2.187, che chiedo al Presidente di mettere in votazione, chiedendo il relativo sostegno al numero prescritto di senatori per superare il parere contrario della 5a Commissione permanente ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Dalla Chiesa, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.187, presentato dai senatori Dalla Chiesa e Cavallaro.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.510, presentato dal relatore.

È approvato.

Passiamo all'emendamento 2.511, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

CARUSO Antonino (AN). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARUSO Antonino (AN). Signor Presidente, ho il dubbio che la Commissione bilancio nell’esprimere questo pesante parere, a norma della Costituzione, abbia equivocato sulla portata intrinseca della proposta di modifica, ovvero più ragionevolmente che si sia attinto a fonti che hanno equivocato sulla portata dell’emendamento.

Devo sottolineare come proprio la norma in discussione, cioè il numero 12) della lettera g) del comma 1 dell’articolo 2 e i numeri che seguono, ridisegna e rimodella il sistema di organizzazione della magistratura. Finora abbiamo avuto magistrati con la "qualifica di", ad esempio di consigliere di corte d’appello, di consigliere di Corte di cassazione; secondo il nuovo modello abbiamo quindi il magistrato che esercita le "funzioni di". Questo è lo scenario di fondo in cui si colloca l’emendamento.

Ciò premesso, ai sensi dell’articolo 76-bis dell’ordinamento giudiziario il procuratore nazionale antimafia è un magistrato di cassazione e dunque, a norma della legge n. 392 del 1951, al magistrato di cassazione è equiparato il procuratore generale della corte d’appello e quindi ancora per relazione il presidente dei tribunali compresi nella tabella L (per dirla in maniera semplice dei tribunali delle grandi sedi giudiziarie).

Dunque, l’emendamento serve semplicemente a trascinare il procuratore nazionale antimafia da tale qualifica, che era ed è ancora oggi identica, quindi senza il minimo nuovo fabbisogno finanziario, verso la funzione così come rimodellata nel sistema. Stesso identico discorso vale per i magistrati addetti alla Direzione nazionale antimafia in relazione al numero 4) della lettera g).

Quindi, signor Presidente, le chiedo che la Commissione bilancio riconsideri la questione e muti il proprio parere sull’emendamento oppure, in via subordinata, visto che parliamo di ordinamento giudiziario, che venga accantonato questo emendamento in modo che la Commissione bilancio, se lo ritiene, possa assumere nuove e più compiute informazioni, perché il non approvare l’emendamento genererebbe uno scollamento tra il sistema della Direzione nazionale antimafia e tutto il resto; quindi sarebbe proprio un lavoro non buono.

 

CENTARO (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Signor Presidente, alle considerazioni svolte dal collega Caruso aggiungo che nel testo sull’ordinamento giudiziario che viene presentato all’Aula nell’elenco delle funzioni requirenti non è inserita la funzione della Procura nazionale antimafia, anch’essa da considerare funzione requirente, non foss’altro in virtù del potere di avocazione che compete alla Procura nazionale antimafia.

L’istituto della Procura nazionale antimafia è disciplinato da una legge diversa rispetto al testo complessivo dell’ordinamento giudiziario. Allora, da una parte, questo inserimento era indispensabile anche per ricomprendere i magistrati sostituti della Procura nazionale antimafia e il Procuratore nel novero dell’attività requirente, dall’altra non vi è alcun aggravio di spesa perché già oggi il Procuratore nazionale antimafia deve avere almeno la qualifica di magistrato di cassazione, esattamente come il procuratore della Repubblica di Roma o di Milano, cioè delle grandi sedi.

Si tratta, quindi, di una equiparazione e di un cambiamento rispetto a quanto operato dalla riforma, con un passaggio dalla qualifica alla funzione, per far sì che non si arrivi alla nomina a questo incarico prima di un certo momento.

Ripeto, non c’è alcun aggravio di spesa. Ecco perché chiederei l’accantonamento dell’emendamento o comunque che la Commissione bilancio riveda la sua posizione.

 

MARITATI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per esprimere il nostro consenso a questo emendamento. Quello che è stato detto dal presidente Caruso e dal collega Centaro è ampiamente condiviso da noi.

Si tratta di un ufficio che ha carattere nazionale; un ufficio che per le sue funzioni è portato a coordinare anche altri magistrati e quindi magistrati di livello superiore. Però, ha spiegato bene il presidente Caruso, si tratta semplicemente di passare da quello che una volta era chiamato il grado, cioè il livello, alle funzioni dello stesso.

Quindi, noi riteniamo che questo emendamento sia fondato e preannunciamo il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Invito il presidente della Commissione bilancio, senatore Azzollini, a svelare l’arcano.

 

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, sono in grado di svelare l'arcano, riservandomi comunque di rivedere la questione.

Devo in primo luogo rivolgere due domande ai colleghi per poter poi eventualmente riconsiderare il parere. La prima è se l’equiparazione della funzione del magistrato addetto alla Direzione antimafia alle funzioni direttive comporti un aumento stipendiale. Innanzitutto, mi si deve chiarire questo punto.

La seconda questione che mi deve essere chiarita è la seguente: ove un magistrato non abbia il grado di cui all’articolo 2, lettera g), numero 12 (in questo caso ha funzioni requirenti direttive di secondo grado, eccetera) se surrettiziamente ricopre un altro incarico, ad esempio quello di procuratore antimafia, lo acquisisce di diritto? Anche in questo caso, purtroppo, non vi sarebbe copertura finanziaria.

Ricordo a tutti i colleghi che la nostra non è mai una questione di merito. Riteniamo spesso che si tratti di emendamenti altamente qualificati, il problema però è che hanno bisogno di una copertura. Se questa copertura non esiste, sono soggetti alla procedura del parere contrario della 5a Commissione.

Se queste due questioni verranno chiarite, allora io potrò riconsiderare il parere. Se me le chiarite de plano le riconsidero in Aula, altrimenti sarò costretto a riconsiderarle in Commissione.

 

CARUSO Antonino (AN). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARUSO Antonino (AN). Come ho detto, il Procuratore nazionale antimafia oggi è e non può essere altro che un magistrato di Cassazione a norma dell’articolo 76-bis dell’ordinamento giudiziario. Essendo un magistrato di Cassazione può anche essere un procuratore generale di corte d’appello, quindi anche presidente di un grande tribunale: ciò in forza della qualificazione che vi è fra queste cariche in base alla legge n.392 del 1951.

La nostra riforma sostituisce al concetto di qualifica il concetto di funzione. Non avremo più magistrati con la qualifica di consigliere di Corte di cassazione ma avremo magistrati che svolgono le funzioni di magistrato di Corte di cassazione. Questo credo che sia chiaro.

Dunque, il Procuratore nazionale antimafia, che oggi è magistrato con qualifica di Corte di cassazione, domani dovrà essere - se verrà accolto, come spero, questo emendamento - un magistrato che esercita le funzioni di Corte di cassazione.

Identico discorso, come prima ho detto, riguarda la soglia più bassa, non me ne vogliano i magistrati addetti alla Direzione nazionale antimafia, ma il concetto è esattamente identico.

Peraltro, devo dire che ai magistrati che svolgono funzioni direttive non è corrisposto un extracompenso, quindi questo sarebbe argomento, credo risolutivo, della questione, se la questione stessa non fosse da risolvere nei termini che prima ho detto.

 

CENTARO (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Vorrei aggiungere un’ulteriore argomentazione per fugare i dubbi che ancora vedo aleggiare sul viso del Presidente della Commissione bilancio.

Come ha detto il presidente Caruso, ad un incarico direttivo non corrisponde un extracompenso. Oggi si arriva all’incarico direttivo di Procuratore nazionale antimafia avendo almeno la qualifica di magistrato di Cassazione. Domani si arriverà a questo ufficio direttivo avendo almeno la fascia di anzianità che dovrebbe corrispondere oggi alla fascia di anzianità per ottenere la qualifica di magistrato di Cassazione.

Quindi, c’è un livello che va raggiunto, dal quale si può aspirare a ricoprire questo tipo di ufficio. Non è, pertanto, un modo surrettizio in virtù del quale qualsiasi magistrato, anche meno anziano, può aspirare a quel grado e a quel tipo di funzione. Vi possono arrivare soltanto coloro che con il nuovo sistema hanno acquisito un certo numero di anni, che oggi corrisponde a quelli necessari per avere la qualifica di magistrato d’appello per il sostituto o di magistrato di cassazione per il titolare dell’ufficio.

Di conseguenza, non si tratta di un ingresso surrettizio, ma semplicemente di una equiparazione del vecchio sistema a quello attuale.

PRESIDENTE. Senatore Azzollini, intende replicare?

 

AZZOLLINI (FI). Ho ascoltato le osservazioni svolte. Le analisi sono state molto accurate ed io concordo con il senatore Antonino Caruso sul fatto che - come al solito - le norme si accavallano.

Chiedo, pertanto, di accantonare l’emendamento 2.511 affinché possa essere esaminato dalla Commissione bilancio domani mattina. A tal fine, convoco la Sottocommissione pareri della 5a Commissione permanente; non vi è, infatti, alcun intendimento da parte nostra - penso di parlare a nome di tutti i commissari - di rallentare i lavori dell’Assemblea.

 

PRESIDENTE. Il relatore è d’accordo?

BOBBIO Luigi, relatore. Sono d’accordo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Gli emendamenti 2.511 e 2.512 sono accantonati.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.188.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, vorrei svolgere solo una breve considerazione a sostegno del voto favorevole sull’emendamento 2.188. Esso riguarda una materia tutto sommato marginale rispetto ai grandi temi sinora toccati, ma non priva di significato.

La lettera m), nella quale si innesta l'emendamento in esame, prevede che, quando un magistrato trascorra un certo periodo di tempo fuori del ruolo organico (perché impegnato presso il Ministero di giustizia, perché eletto al Consiglio superiore della magistratura o perché eletto ad una carica politica elettiva), questo periodo di tempo gli serva ai fini dello sviluppo della sua anzianità ma non ad altri fini. Sotto questo profilo la lettera m) è indubbiamente condivisibile.

L’emendamento 2.188 da noi proposto si prefigge altresì di aggiungere una incompatibilità geografica, di sede, per le funzioni elettive extragiudiziarie; pertanto, il magistrato che ha svolto una carica elettiva extragiudiziaria (quindi, non al Consiglio superiore, ma ad esempio al Parlamento) non solo non progredisce se non come anzianità, ma riteniamo inopportuno torni a svolgere le sue funzioni nella sede di provenienza. Per questo, l'emendamento in votazione si prefigge di introdurre anche l’incompatibilità di sede.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, intervengo per rettificare il parere espresso sull’emendamento 2.188. Su tale proposta modificativa il parere è favorevole.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, mi aveva molto stupito il parere contrario del relatore sull’emendamento 2.191. Ora intervengo sull’emendamento 2.188 nella preoccupazione che esso renda inammissibile l'emendamento 2.191, che non è identico, ma soltanto parzialmente analogo, in quanto estende tale incompatibilità alla carica elettiva presso la Regione.

In ogni caso, sono lieto della rettifica del parere del relatore, che mi auguro venga confermata dal Governo, perché mi sembrava che l'emendamento 2.191 così come l'emendamento 2.188 non potessero che essere accolti favorevolmente dalla maggioranza.

Sotto questo profilo, sollecito il voto favorevole anche nei confronti dell’emendamento 2.191, che fissa in ambito regionale l’incompatibilità di chi, eletto ad una carica politica, deve poi tornare alle sue funzioni.

 

PRESIDENTE. Chiedo al Ministro di pronunciarsi nuovamente sull’emendamento 2.188 dopo che il relatore ha modificato il proprio parere.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Prendo atto che l’Aula vuole essere forse più rigorosa del Governo e, quindi, mi rimetto al suo parere.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.188, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

E’ approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.189, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.190, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.191.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei comprendere meglio. Poco fa, nel dare la parola al collega Zancan, lei lo ha pregato di contenere il suo intervento nel tempo di un minuto e mezzo.

Signor Presidente, in maniera consapevole e convinta, abbiamo concordato che sul provvedimento in esame il contingentamento, pur se previsto, è soltanto teorico. In sostanza, i Capigruppo avevano convenuto - perlomeno così sappiamo - che si sarebbe rivista tutta la distribuzione dei tempi nel momento in cui si fosse esaurito il tempo a disposizione, pur nella disponibilità di alcuni Gruppi, che, riconosco, ne hanno già ceduto una parte a noi, ai DS e ai Verdi.

Signor Presidente, prima di proseguire i nostri lavori, vorrei comprendere quali sono i limiti reali di tempo di cui effettivamente disponiamo. Come può rilevare, non abbiamo richiesto nessuna verifica del numero legale e ci siamo limitati ogni tanto a chiedere la votazione con il sistema elettronico e ad illustrare una serie di emendamenti che per noi sono e restano fondamentali. Le sottopongo una valutazione politica di merito tecnico da inoltrare al Presidente del Senato. Se la valutazione è diversa, è evidente che anche noi assumeremo differenti e conseguenti decisioni.

Quindi, la prego di farmi avere notizie in proposito, di modo che i colleghi sappiano fin d’ora quali sono i tempi di cui dispongono. Infine, le chiedo la votazione elettronica sull’emendamento 2.191.

 

PRESIDENTE. Ricordo che in Conferenza dei Capigruppo si è parlato di una forma di autocontingentamento avente carattere di indirizzo, che gli Uffici hanno poi fissato in una determinata quantificazione al fine di avere un punto di partenza.

E’ ovvio che l’autocontingentamento non deve significare essere attaccati al secondo, ma neppure abusare del tempo che qualcuno della maggioranza potrebbe voler utilizzare per intervenire sul provvedimento.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, vorrei capire se il relatore, come ha già fatto sull’emendamento 2.188, modifica il suo parere anche sull’emendamento 2.191, che in sostanza regola la stessa materia dell’incompatibilità, estendendola all’ambito regionale. Questo è molto importante agli effetti del voto.

PRESIDENTE. Chiedo al relatore se intende modificare il suo parere sull’emendamento 2.191.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Il mio parere rimane contrario.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.191, presentato dalla senatrice Magistrelli e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.192.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.192, presentato dai senatori Dalla Chiesa e Cavallaro.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.193, identico all’emendamento 2.194.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Intervengo per fare una breve dichiarazione di voto favorevole sui due emendamenti in esame.

Comprendo bene quale sarà la loro sorte e non solo perché il relatore ha già annunziato il suo parere contrario, ma anche perché in effetti il meccanismo delle commissioni è ormai convalidato dalla parte del provvedimento che l’Aula ha già approvato.

Vorrei solo far presente un particolare di non lieve importanza. La struttura che è venuta delineandosi a seguito della parte del disegno di legge approvata fino ad ora è centrata non solo sui concorsi, cosa sulla quale abbiamo ampiamente discettato, ma sulla presenza di un numero impressionante di commissioni esaminatrici.

Sapete quante persone impegneranno queste commissione esaminatrici? Centoventuno, di cui 89 per le commissioni di nuova istituzione e 32 per la commissione che già esiste relativa al concorso per uditori e per la quale ho visto un emendamento inteso a ridurre il numero dei componenti.

Non solo, di queste 121 persone 26 saranno professori universitari di prima fascia e 18 magistrati di cassazione. Il dato significativo è che nell'articolo 12, che reca la copertura finanziaria per le spese derivanti da questa delega, nulla è detto quanto alle commissioni, il cui costo complessivo non so stimare con esattezza, ma certo è nell'ordine di alcuni milioni di euro.

Posto che l'articolo 12 non prevede una copertura specifica per questo, devo desumere che la copertura sarà individuata facendo ricorso alla borsa del Ministro della giustizia, il quale ha più volte lamentato la sottrazione di fondi per destinarli ad obiettivi ben più meritevoli di questo.

La scelta politica è una scelta di grave responsabilità di questo Ministero.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.193, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori, identico all'emendamento 2.194, presentato dal senatore Ayala e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.195, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione permanente ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 2.196 è improcedibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, per quanto riguarda questo emendamento a mia firma, vorrei proporre una correzione, nel senso che là dove si legge "classe dispendiale" deve leggersi "classe stipendiale".

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1000 (testo corretto), presentato dal relatore.

È approvato.

Passiamo all'emendamento 2.197, su cui la 5a Commissione permanente ha espresso parere contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, colleghi, alla lettera p) del comma 1 dell'articolo 2, si stabilisce una novità importante; la si può pensare come si vuole, si può essere o meno d'accordo, ma la novità è significativa.

Essa consiste nel fatto che un magistrato può svolgere il medesimo incarico per non più di dieci anni, salva la possibilità, ovviamente legata alle esigenze di servizio, di proroga per non più di due anni, che viene valutata da parte del Consiglio superiore della magistratura. La previsione è questa, si può condividere o non condividere.

L'emendamento da noi proposto, che vi suggerisco sinceramente di valutare e, se possibile, di votare, è testualmente articolato in questa maniera. Posto che l'adempimento dello stesso servizio può durare non più di dieci anni, posto che valutati i presupposti da parte del CSM si prevede una possibilità di proroga non superiore a due anni, il quesito è il seguente: se quel magistrato, decorsa anche la proroga dei due anni, è componente di un collegio di un tribunale impegnato in un importantissimo processo vicino alla conclusione, nella sciagurata ipotesi che quel magistrato non possa più far parte del collegio in oggetto perché oltre al decennio è scaduto anche il termine di proroga, il processo dovrebbe ricominciare daccapo. Ciò comporterebbe una dispersione di lavoro e di tempo che trovo assolutamente ingiustificata.

Approvando questo emendamento non si interviene sulla struttura prevista (massimo dieci anni salva una proroga di due anni), si evitano delle conseguenze negative, non auspicate da alcuno ma che purtroppo sono possibili e che si risolverebbero in una diseconomia processuale che veramente nessuno capirebbe.

Ipotizziamo che un processo, durato magari due anni, debba interrompersi e iniziare daccapo soltanto perché è scaduta la proroga di due anni di uno dei componenti del collegio. Ciò non può avere alcuna giustificazione né può essere accettato come rischio consequenziale alla riforma. Approvando l'emendamento 2.197 ci mettiamo al riparo da questo rischio.

Mantenendo il mio rispetto, sono sorpreso anche in questo caso del parere contrario del relatore che non è stato argomentato. Averi gradito prendere atto di un parere contrario supportato da una motivazione possibilmente convincente, tale da contrapporsi in maniera netta e chiara alla motivazione in senso favorevole all'emendamento che mi sono permesso di fornire ai colleghi.

PRESIDENTE. Senatore Ayala, su questo emendamento c'è un parere contrario della 5a Commissione permanente ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiedo anzitutto la votazione nominale con scrutinio simultaneo per superare il parere contrario della Commissione bilancio. Mi permetto di insistere con il relatore perché l'emendamento mi sembra obiettivamente pregno di buon senso.

So che il relatore potrà facilmente rispondere che è già prevista la proroga di due anni, oltre i dieci, all'interno della quale dovrebbe convivere ogni fisiologica esigenza processuale. Noi potremmo però trovarci nella condizione di non riuscire a contenere all'interno della proroga dei due anni quelle esigenze processuali, per cui un intervento esterno codificato vanificherebbe di fatto la possibilità di concludere il processo.

Sarebbe addirittura semplice per i difensori tentare di avvalersi di una proroga rigida per tentare di allungare i tempi al fine di non concludere il processo, che dovrebbe iniziare nuovamente. Per scongiurare tale eventualità, rinnovo l'invito al relatore di considerare l'opportunità, se non la necessità, di una clausola che consenta, di fronte a casi particolari, di concludere istruttorie processuali che sarebbero altrimenti vanificate.

Mi rivolgo sommessamente al relatore e al Ministro perché l'emendamento mi sembra - ripeto - pieno di buon senso.

PRESIDENTE. Il relatore intende pronunciarsi sulla richiesta?

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, credo di dover confermare il parere contrario. Vorrei far presente che in Commissione si discusse abbastanza lungamente di questo argomento e fu proposto un testo analogo, che è stato rigettato. In una materia del genere occorre chiedersi che cosa sia la "particolare rilevanza". Si tratta di definire la particolare rilevanza a fini estremamente delicati, che comportano lo spostamento da un ufficio oltre il termine di proroga di due anni.

A chi rimettiamo l'individuazione del concetto di "particolare rilevanza"? A chiunque rinviassimo tale indicazione, fosse pure un soggetto diverso da quello che si evince dal testo in esame, compiremmo un'opera normativa assolutamente non tranquillizzante. Non si può consegnare a chi deve decidere un concetto vago come quello di "particolare rilevanza": tutto può essere di particolare rilevanza.

Sono disponibile a considerare eventuali nuove formulazioni che superino tale concetto e tengano conto del fatto che, in una ordinata organizzazione di un ufficio, in una linea tendenziale verso il contenimento dei tempi dei processi per una durata decente, il termine di due anni deve essere osservato anche al momento dell'assegnazione per la conduzione o la partecipazione a dibattimenti destinati ad andare oltre quel termine.

Prevedere una simile clausola finale significherebbe di fatto, per la genericità del riferimento e per la natura di chiusura della clausola stessa, vanificare completamente il termine generale e il termine di proroga.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Senatore Ayala, lei, insieme al senatore Bobbio, è già intervenuto sul medesimo emendamento.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, la mia è una proposta telegrafica.

PRESIDENTE. Prego, senatore Ayala.

AYALA (DS-U). Comprendo la difficoltà del relatore ad accettare il testo dell’emendamento 2.197 così come formulato. Pertanto, propongo di accantonarlo per addivenire a una nuova formulazione che conservi l’esigenza che ci accomuna e, al contempo, permetta di soddisfarla attraverso un testo maggiormente condivisibile.

 

PRESIDENTE. Riformulando la proposta emendativa, dovete procurarvi anche la necessaria copertura finanziaria, perché vi ricordo che su questo emendamento la 5a Commissione ha espresso parere contrario.

Invito il relatore ad esprimersi sulla proposta di accantonamento.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, credo di aver manifestato abbastanza chiaramente le perplessità di fondo. Non sono contrario ad un accantonamento nell’ipotesi che si possa pervenire ad una formulazione che consenta di ovviare alle perplessità testé manifestate.

 

PRESIDENTE. Pertanto, l’emendamento 2.197 è accantonato.

Passiamo all'emendamento 2.198, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, come vede stiamo ricorrendo al metodo dell’autocontingentamento dei tempi che lei ha invocato. Su una serie di emendamenti che pure consideravamo importanti, infatti, non abbiamo chiesto la parola. Il 2.198, però, è un emendamento che rispecchia il tentativo, ripetutamente espletato, di introdurre nella nostra discussione, e ovviamente nel disegno di legge come dovrebbe scaturire dal dibattito parlamentare in corso, alcune innovazioni importanti sul piano organizzativo.

La nostra preoccupazione è stata quella di varare una riforma dell’ordinamento giudiziario che, oltre a parlare dello status dei magistrati e delle loro funzioni si riferisse anche ad un modello di organizzazione entro il quale sia più facile raggiungere buoni livelli di produttività e di efficienza.

Ciò che chiediamo con questo emendamento (come pure con quello di chiusura all’articolo 2, precisamente il 2.202, su cui interverrò successivamente) è che venga affiancato al magistrato capo dell’ufficio giudiziario un direttore amministrativo dell’ufficio appartenente ai ruoli dirigenziali del personale di cancelleria o segreteria.

È importante prevedere questa figura perché essa riuscirebbe a riassumere nella sua azione di direzione e di management interno al sistema giudiziario orientamenti volti a massimizzare la produttività dei mezzi e delle risorse impiegati, della strumentazione e anche delle risorse finanziarie su cui l’ufficio giudiziario può contare. Questa persona non agirebbe indipendentemente dal magistrato capo dell’ufficio giudiziario. Ho visto che alcuni colleghi sono intervenuti successivamente con un’altra proposta emendativa al fine di garantire il raccordo tra il magistrato capo dell’ufficio e il direttore amministrativo.

Si tratta di una preoccupazione avvertita anche da noi. È chiaro che il direttore amministrativo non può provocare un terremoto agendo discrezionalmente nell’organizzazione degli uffici. Però, la figura del direttore amministrativo riuscirebbe - a nostro avviso - ad immettere nel funzionamento quotidiano della giustizia quelle capacità di direzione, di attenzione ai problemi amministrativi e finanziari, di razionalizzazione delle risorse su cui tante volte sono intervenuti i colleghi di maggioranza e di opposizione in Commissione.

Quante volte abbiamo sentito parlare degli sprechi finanziari indotti da scelte discrezionali del singolo magistrato o di un gruppo di magistrati? Un direttore amministrativo dotato di maggior peso all’interno dell’organizzazione giudiziaria sarebbe un ottimo fattore di temperamento di questi eventuali sprechi e un ottimo interlocutore per il magistrato capo dell’ufficio, perché lo aiuterebbe a razionalizzare le risorse e a metterle più utilmente a disposizione dei programmi di azione e di intervento giudiziario elaborati nella sede competente, cioè quella del capo dell’ufficio.

Questa è l'innovazione che si cerca di introdurre e non credo che di fronte a ciò si possa dire che l'opposizione si limita ad esprimere dei no. Questa è una proposta secca, chiara, limpida di innovazione, nell'ordinamento giudiziario, del funzionamento degli uffici.

Questa è la ragione per la quale autocontingentandoci, signor Presidente, abbiamo ritenuto che su questo emendamento e sul successivo - sull’argomento torneremo anche alla Camera, perché credo sia un cavallo di battaglia per chi vuole riformare davvero l'ordinamento giudiziario - valga la pena intervenire, perché ci sembra che la maggioranza, che tante volte richiede - ripeto questo principio perché sembra quasi non passare - un'iniezione di capacità manageriali più alte nella pubblica amministrazione, di fronte ad una proposta che va esattamente in quella direzione, si ritrae quasi impaurita, non so se per timore delle reazioni della magistratura o per un altro tipo di pregiudizi, e non accetta la sfida. Questa sera vogliamo riproporla.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI, ministro della giustizia. Volevo intervenire su questo tema perché anche se il Governo non condivide la formulazione dell'emendamento, ne condivide però la ratio. La questione è estremamente semplice. Non si ha paura di nulla, ma semplicemente non è stato possibile per il momento trovare la necessaria copertura finanziaria che le posso garantire, senatore Dalla Chiesa, deve essere particolarmente congrua.

Siccome credo che questo tema debba essere comunque affrontato, e il Governo si ripromette di affrontarlo - mi fa piacere che anche l'opposizione lo voglia fare - nel corso dell'esame alla Camera, quindi sarebbe un peccato che venisse bocciato un emendamento sulla cui ratio sono tutti d'accordo, invito il senatore Dalla Chiesa a ritirarlo con l'impegno da parte del Governo, nei limiti del possibile - che sono sostanzialmente rappresentati dal recepimento della necessaria copertura - di affrontare nuovamente la questione alla Camera. È un tema estremamente serio, meritevole di essere considerato con analoga serietà.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Ministro, rilevo con soddisfazione questa disponibilità del Governo perché ritengo che questa sia una strada da seguire, una strada innovativa.

Di fronte al suo impegno ritiro l'emendamento e mi riprometto di trasformarlo in un ordine del giorno, in modo che rimanga traccia di tale impegno. Prendo atto con soddisfazione dell'orientamento del Governo.

PRESIDENTE. Questa posizione è riferibile anche all'emendamento 2.202?

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). In questo caso l'orientamento è un po’ più particolare, ma considerato l’atteggiamento del Governo prenderò molto poco tempo quando sarà posto in votazione.

 

PRESIDENTE. L'emendamento 2.198 è dunque ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 2.199, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.200, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.201.

 

MARITATI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, a mio avviso, si tratta di un emendamento molto importante. Siamo in quella che viene definita "doppia dirigenza". Se ne discute da molto tempo e credo che sia arrivato il momento di regolare i rapporti tra il magistrato e il funzionario nell'ambito di un ufficio.

La lettera q), del comma 1 dell'articolo 2 affronta questo problema. Al numero 1 si legge "di attribuire al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico".

Al numero 3) si prevede invece di "assegnare al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo". È a questo punto che si inserisce il nostro emendamento perché è noto che, salvo momenti del tutto eccezionali, comunque non preponderanti, l'attività del magistrato è sempre supportata da quella degli ausiliari, dei funzionari, degli impiegati dell'organizzazione giudiziaria.

Ora, nel momento in cui si applica la doppia dirigenza, costituirebbe a mio avviso un grave errore non suggerire la previsione indicata nell’emendamento 2.201, volto ad inserire dopo le parole "risorse di personale amministrativo", le altre "in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e del programma annuale delle attività".

Senza questo accorgimento, rischiamo che si creino conflitti che possono incidere seriamente sull’ordinaria amministrazione della giustizia negli uffici giudiziari, soprattutto nei grandi tribunali, nei grandi uffici giudiziari, ma non soltanto, bensì in tutti, perché vi sarà un irrigidimento delle funzioni e del ruolo del dirigente amministrativo, il quale si contrapporrà a quelle decisioni del tribunale che riterrà non di sua competenza.

È necessario che il legislatore, in questo momento cruciale, di svolta, preveda invece una norma di coordinamento, ed è questa, appunto, la norma di coordinamento: "in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e del programma annuale delle attività". Restano le due sfere di competenza, ma c’è un momento di raccordo indispensabile. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiedo su questo emendamento la votazione elettronica.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 2.201, presentato dal sentore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo all'emendamento 2.202, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo emendamento è in linea con quello che ho illustrato in precedenza e prevede che nei tribunali e nelle procure della Repubblica aventi sede nei capoluoghi di Regione venga istituito il direttore generale, cioè non soltanto il direttore amministrativo, ma una figura dotata di capacità e di un profilo squisitamente manageriale che collabori con il titolare dell’ufficio giudiziario nell’organizzazione generale dell’attività.

Credo che tutti i colleghi si rendano conto di come sia complessa l’attività di regolazione degli input e output del lavoro in un palazzo di giustizia, in una sede al cui interno lavorano migliaia di persone con livelli e funzioni differenti. Questo tipo di attività di regolazione non può essere gestita, a nostro avviso, da un magistrato, per quanto in una posizione apicale: è un’attività che dev’essere demandata a chi è portatore di competenze altamente specialistiche.

Chiediamo cioè che quanto è accaduto (l’ho detto in sede di discussione generale) in tutti i grandi servizi moderni avvenga anche nel settore giudiziario, cioè una duplicazione dei canali di autorità: un’autorità di tipo funzionale, che è legata all’esercizio dell’attività giudiziaria, e un’autorità di tipo burocratico, che invece sovrintende all’organizzazione delle risorse.

L’obiezione che è stata mossa prima dal collega Maritati, secondo la quale ci dev’essere una coerenza del titolare dell’attività burocratica con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio ci trova ovviamente del tutto consenzienti. È logico che vi sia una coerenza tra l’orientamento del direttore generale e quello del capo dell’ufficio e che quest’ultimo debba fissare le finalità dell’attività giudiziaria nel programma annuale delle attività.

Tuttavia, credo che questo debba avvenire in una situazione di concerto e, al tempo stesso, di divisione delle funzioni, così come avviene - lo abbiamo imparato - nelle grandi strutture ospedaliere e nelle grandi università, dove questa duplicazione ha portato soltanto enormi vantaggi.

Allora, una volta che abbiamo spiegato qual è il gradino successivo, che però è sulla stessa linea proposta con l’emendamento precedente, possiamo - mi rivolgo qui al signor Ministro - ritirare anche quest’emendamento, che rappresenta una specificazione dell’orientamento indicato nell’emendamento precedente, impegnandoci a fare nostra la preoccupazione che è stata espressa prima dal collega Maritati in un ordine del giorno, immaginando che il Governo lo accetti.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, chiedo scusa perché non ho seguito l’inizio dei lavori, quindi non so se l’emendamento della senatrice Alberti Casellati sia stato approvato o sia ancora accantonato. In ogni caso, dobbiamo tener conto anche di quell’emendamento.

È chiaro che si tratta di una questione che si tiene tutta assieme, per cui bisognerà formulare una soluzione che sia coerente anche con quanto approverà il Senato.

Ripeto, sono d’accordo sulla ratio della proposta, poi, però, ci sono molti problemi di carattere pratico e soprattutto finanziario da risolvere, per cui il Governo si impegna ad affrontare seriamente la materia e accoglie l’ordine del giorno derivante dalla trasformazione degli emendamenti 2.198 e 2.202.

 

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l’ordine del giorno G2.100 non verrà posto in votazione.

Dal momento che sono stati accantonati alcuni emendamenti riferiti all’articolo 2, non è possibile procedere alla votazione dell’articolo stesso.

Passiamo, pertanto, all’esame dell’articolo 3, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, l’emendamento 3.100 può apparire alquanto stravagante, anche rispetto alla posizione del Gruppo ed in generale al clima di favore che ha incontrato l’istituzione della cosiddetta Scuola superiore della magistratura.

Dico con sincerità, a costo di rimanere isolato e pur tuttavia invitando l’Aula a riflettere, che il favore con cui questa istituzione, peraltro più volte negli anni sognata, è stata accolta non merita particolare apprezzamento; mi pare anzi uno dei temi dove maggiormente vi è uno scadimento, in qualche misura un po’ compiaciuto e compiacente, verso le tensioni e le pulsioni corporative che spesso dimostra proprio la stessa magistratura.

Infatti, per quanto riguarda la Scuola, che si qualifica di formazione permanente, vi è intanto la necessità, come pure conclusivamente può apparire dal testo dell’emendamento, che essa sia collegata in maniera intrinseca e inscindibile al Consiglio superiore della magistratura. La mia proposta è volta ad eliminare ogni sapore di tutela corporativa di una modalità professionale che sia in qualche misura tralaticia e che quindi cristallizzi le capacità e le volontà della magistratura stessa.

Dico questo perché, intanto il Consiglio superiore della magistratura è già un organo costituzionale, al quale fanno capo più esperienze, alla cui volontà concorrono i rappresentanti della magistratura e anche del Parlamento, quindi sostanzialmente si tratta di un organo più avanzato sotto il profilo della rappresentanza istituzionale e costituzionale della magistratura.

Per altro verso, nell’emendamento si dà un ruolo fondamentale alla cosiddetta accademia, all’università. Infatti mi sembra, anche per l’esperienza pratica di diversi anni di attività professionale forense, che difficilmente il richiamo all’insegnamento della medesima magistratura può portare a quell’esperienza di magistratura, che non definirò creativa per non spaventare il collega Luigi Bobbio, ma che comunque voglio definire sicuramente additiva rispetto ai contenuti tradizionali a cui già è arrivata la giurisprudenza. E null’altro se non l’accademia, la scienza giuridica e la dottrina possono dare questo contributo di creatività.

Aggiungo, infine, a completamento che vi è anche un problema di docimologia, di valutazione di metodiche di insegnamento. Anche qui l’esperienza insegna che mentre sono spesso abbastanza goffi, e talvolta anche consolatori di non riuscite passioni accademiche, i tentativi delle categorie professionali di farsi, non giustizia ma lezione da sé, molto più professionale è un impianto che veda concorrere l’attività dell’università, che fra l’altro spesso è fatta da persone che hanno anche un’esperienza professionale, con degli innesti qualificanti di attività professionale.

Ecco perché si propone anche che con delle convenzioni sia non soltanto il mondo dell’università ma anche quelli della professione forense e della professione del magistrato a costruire una rete, tra l’altro ancora più snella. Anziché disegnare questa burocratica Scuola, mi sembra sia molto più utile una struttura molto snella e non costosa, per dare alla magistratura questa attitudine e capacità di formazione permanente, senza però confonderla con un’ennesima struttura burocratica che, oltretutto, ne appesantirebbe l’opera.

 

CALVI (DS-U). Signor Presidente, nel breve tempo che mi è concesso non intendo certamente illustrare la nostra opinione su un tema straordinariamente delicato quale è la Scuola superiore della magistratura.

Voglio invece esprimere alcuni concetti su quella che è stata un’aspirazione su cui hanno lavorato più generazioni, ma debbo dire anche la Commissione giustizia di questo Senato che l’anno scorso organizzò un viaggio in Francia per studiare proprio come lì si era realizzata, strutturata, governata e organizzata la Scuola della magistratura.

Noi avremmo forse dovuto immaginare la Scuola italiana come la Scuola francese, proprio perché la Francia ha una lunga tradizione di Stato unitario e di Stato che governa in modo serio, ragionevole e razionale le proprie strutture pubbliche. La Scuola superiore del pubblico impiego, in Francia, è certamente un modello a cui tutti dovrebbero guardare. La Scuola della magistratura in Francia, è anch’essa un modello a cui dovremmo in qualche modo guardare con attenzione.

Si realizza quindi la Scuola della magistratura, sia pure chiamata in modo diverso, ma non si realizza certamente nei modi in cui noi avremmo voluto e aspirato che fosse. Però, così sarà, a meno che alcuni degli emendamenti che successivamente avremo occasione di illustrare vengano accolti.

Debbo dare atto alla nostra Commissione giustizia che forse questo è uno dei punti sui quali con una discussione approfondita e serrata siamo riusciti in qualche modo - ne voglio dare atto anche al Ministro e all’intera Commissione - a passare da una ipotesi ad un’altra avvicinandoci in qualche modo a quello che era il modello da noi prefigurato. Certamente non siamo giunti ad ottenere un risultato pienamente positivo, ma sicuramente abbiamo in qualche modo limitato quei danni e quei guasti che la prima proposta governativa aveva presentato alla nostra attenzione.

Voglio fare una sola osservazione, signor Presidente: siamo di fronte ad uno strumento di delicatezza assoluta perché stiamo parlando di una Scuola che farebbe correre il rischio di indottrinare i magistrati. Se immaginassimo una Scuola la quale avesse come sua funzione quella di insegnare l’interpretazione della legge noi compiremmo un passo a ritroso di secoli nella cultura giuridica e nella storia della civiltà giuridica del nostro Paese.

La conquista del libero convincimento del giudice e della libertà nella interpretazione delle norme fa parte di una lunga storia culturale, dalla Scuola storica del diritto ad oggi, da Savigny ad oggi, che ha visto susseguirsi una serie di elaborati culturali e dottrinari di teoria generale del diritto che hanno portato all’identificazione della libera interpretazione del magistrato come uno dei momenti più alti della nostra storia giuridica.

La Scuola della magistratura rischia invece di divenire un luogo dove il magistrato viene indottrinato, un luogo dove si insegna al magistrato come interpretare la legge. Così non deve essere; ovviamente così non sarà, ma non deve assolutamente essere.

Bisogna essere molto attenti a che la Scuola superiore della magistratura non scivoli in questa deriva proprio perché in tal modo faremmo veramente passi indietro di secoli. Dobbiamo far sì che la Scuola superiore della magistratura sia luogo di formazione e di riflessione che abbia come momento propulsore proprio l’esperienza della magistratura, naturalmente con l’aiuto della dottrina e degli avvocati; foro e professori universitari possono fornire quel contributo esegetico affinché il magistrato lavori meglio, comprenda meglio e sia aiutato poi a scegliere liberamente l’interpretazione più logica, che gli consentirà di essere un giudice equilibrato e rispettoso delle sue funzioni.

Credo, pertanto, che la Scuola superiore della magistratura così dovrà essere, ma così sarà soltanto se avremo la forza e la capacità di dare una lettura diversa a questo istituto rispetto a quella portata alla nostra attenzione. In sostanza, quindi, ritengo che gli emendamenti al riguardo - quanto meno quelli da me ora illustrati - dovrebbero essere accolti proprio perché non si corrano questi rischi e si proceda sempre con maggiore forza alla tutela di una autonomia e di una indipendenza della magistratura che sono i capisaldi della nostra civiltà giuridica e del nostro sistema costituzionale. (Applausi del senatore Mascioni).

 

PRESIDENTE. Data l’ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

 

 


Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità (1296)

 

EMENDAMENTO 1.0.100 (TESTO 3) PRECEDENTEMENTE ACCANTONATO

1.0.100 (testo 3)

ALBERTI CASELLATI, ZICCONE

Approvato

Dopo l’articolo 1,inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

(Delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia.

2. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

c) riserva all’amministrazione centrale:

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

9) dei provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura;

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

3. Per gli oneri relativi alla locazione degli immobili, all'acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa annua massima di 5.610.000 euro a decorrere dall'anno 2004 cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2004-2006 nell'unità previsionale di base di parte corrente fondo speciale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

4. Per gli oneri relativi al personale valutati in 7.387.452 euro annui a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2004-2006 nell'unità previsionale di base di parte corrente fondo speciale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del presente comma, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, comma 2, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

5. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 1.

 

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 2.

(Concorsi per uditore giudiziario. Disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati. Competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che sia bandito un concorso per l’accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all’atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intende accedere;

2) che il concorso sia articolato in distinte prove di esame, scritte ed orali, con materie in parte comuni e in parte diverse, in relazione alla specificità della funzione prescelta;

3) che le commissioni di concorso siano distinte, eventualmente con un unico presidente, disciplinandone la composizione e le modalità di nomina dei componenti;

b) prevedere che siano ammessi ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; prevedere che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno superato il concorso per la professione di notaio;

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito;

7) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;

c) prevedere che:

1) la commissione esaminatrice di cui all’articolo 125-ter dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, abbia facoltà di circoscrivere le prove scritte a due delle materie indicate dall’articolo 123-ter, comma 1, dell’ordinamento giudiziario di cui al citato regio decreto, mediante sorteggio effettuato nelle ventiquattro ore antecedenti l’inizio della prima prova, quando il numero dei candidati sia superiore a millecinquecento; prevedere che in tale caso particolare attenzione sia dedicata in sede di prova orale alla materia che il sorteggio ha escluso;

2) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;

3) il concorso possa essere sostenuto per non più di tre volte;

d) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

1) funzioni giudicanti di primo grado;

2) funzioni requirenti di primo grado;

3) funzioni giudicanti di secondo grado;

4) funzioni requirenti di secondo grado;

5) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado;

6) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado;

7) funzioni direttive di primo grado;

8) funzioni direttive di secondo grado;

9) funzioni giudicanti di legittimità;

10) funzioni requirenti di legittimità;

11) funzioni direttive di legittimità;

12) funzioni direttive superiori di legittimità;

e) prevedere:

1) che, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura, possano essere svolte funzioni requirenti o giudicanti di primo grado; che, dopo gli otto anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, dopo i quindici anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni di legittimità;

2) che le funzioni di secondo grado, di legittimità e direttive siano attribuite dal Consiglio superiore della magistratura, previo concorso per titoli ed esami, e che quelle semi direttive giudicanti siano attribuite previa valutazione dei titoli;

3) le modalità del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, nonché i criteri di valutazione;

f)

1) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

2) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 1);

3) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera i), numero 6), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

4) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni requirenti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

5) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 4);

6) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata lettera i), numero 5), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

7) prevedere che i corsi di cui ai numeri 1) e 4) debbano essere espletati esclusivamente in occasione del primo passaggio a funzioni diverse;

8) prevedere che il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti, e viceversa, debba essere richiesto per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

g) prevedere che:

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello;

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

7) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

8) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

9) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale, di presidente del tribunale di sorveglianza e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

10) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A) allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché quelle di procuratore generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

h) prevedere che:

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di procuratore generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno dieci anni;

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

i)

1) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti;

2) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti;

3) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti;

4) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti;

5) prevedere, ai fini di cui al numero 2), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni giudicanti, costituita da tre magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

6) prevedere, ai fini di cui al numero 4), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni requirenti, costituita da tre magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

7) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

8) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

8.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti di secondo grado;

8.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni giudicanti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

9) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado;

10) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

10.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

10.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni requirenti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

11) prevedere, ai fini di cui al numero 8), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

12) prevedere, ai fini di cui al numero 10), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

13) prevedere che annualmente per la copertura del 75 per cento dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno sette anni le funzioni di secondo grado oppure con una anzianità di almeno quindici anni, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

14) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni diverse funzioni di legittimità. È fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 agosto 1998, n. 303;

15) prevedere l’istituzione di una commissione di concorso alle funzioni di legittimità composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

16) prevedere che i posti di cui ai numeri precedenti, messi a concorso e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura; che i posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura di cui ai numeri precedenti, e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota destinata a concorso; che i posti di cui al numero 13) messi a concorso e non coperti vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire ai sensi del numero 14) e viceversa;

l) prevedere che:

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, nella valutazione della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa e in un successivo colloquio;

2) il conferimento degli incarichi semi direttivi sia preceduto da una valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici; la commissione comunica l’esito delle valutazioni dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che sceglie tra quelli valutati positivamente, tenendo altresì conto della laboriosità e della capacità organizzativa dei magistrati;

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera h), e gli incarichi semidirettivi abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di anni quattro, rinnovabili a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di anni due;

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive e semidirettive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

6) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive, composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di secondo grado e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura; prevedere che la commissione comunichi gli esiti del concorso al Consiglio superiore della magistratura che forma la graduatoria e propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; prevedere il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni;

m) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo avvenga nella medesima sede e nelle medesime funzioni, anche in soprannumero. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

n) prevedere che:

1) le commissioni di cui alle lettere i) e l) siano nominate per tre anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

2) i componenti delle predette commissioni non siano immediatamente confermabili;

o) prevedere che:

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

I. prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

II. seconda classe: da sei mesi a due anni;

III. terza classe: da due a cinque anni;

IV. quarta classe: da cinque a tredici anni;

V. quinta classe: da tredici a venti anni;

VI. sesta classe: da venti a ventotto anni;

VII. settima classe: da ventotto anni in poi;

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso di cui alla lettera i), numeri 8.2) e 10.2), conseguono la quinta classe stipendiale;

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera i), numero 13), conseguono la sesta classe stipendiale;

p) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio;

q)

1) attribuire al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

2) indicare i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

3) assegnare al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo ed attribuirgli l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

4) prevedere che, entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; prevedere che il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; prevedere che, nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.

 

EMENDAMENTO 2.112 E SEGUENTI

2.112

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Nel comma 1, lettera d) i numeri da 1 a 12 sono sostituiti dai seguenti:

«1) funzione giudicanti e requirenti di merito, distinte in funzioni di primo e secondo grado;

2) funzioni giudicanti e requirenti di legittimità;

3) funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità».

2.113

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Nel comma 1, lettera d), dopo il numero 5) inserire il seguente:

«5-bis. funzioni semidirettive requirenti di primo grado».

e dopo il numero 6 inserire il seguente:

«6-bis) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado».

Conseguentemente nella lettera g) del medesimo comma, dopo il numero 7) inserire il seguente: «7-bis) prevedere che le funzioni semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore aggiunto della Repubblica, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni, e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni»; e dopo il numero 8) inserire il seguente: «8-bis) prevedere che le funzioni semidirettive requirenti di secondo grando siano quelle di avvocato generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni, e che abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni».

Conseguentemente nell’articolo 9, comma 1, sopprimere la lettera i).

2.114

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera d), dopo il numero 5, aggiungere il seguente:

«5-bis) funzioni semi direttive requirenti di primo grado;».

2.115

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera d), dopo il numero 6, inserire il seguente:

«6-bis) funzioni semi direttive requirenti di secondo grado».

2.116

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Improcedibile

Al comma 1 sostituire la lettera e) con le seguenti:

«e) prevedere che i magistrati siano sottoposti a valutazioni di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente;

e-bis) prevedere che la valutazione di professionalità debba riguardare la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno, nonché l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano circostanze atte a dimostrarla, specificando gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari ed i parametri per conseguire omogeneità di valutazioni;

e-ter) prevedere che i magistrati i quali hanno superato la terza valutazione di professionalità, nei termini di cui alla successiva lettera e-quater), possono concorrere per l’accesso alle funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, alle funzioni semidirettive ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e i magistrati i quali hanno superato la quinta valutazione di professionalità, nei termini di cui alla successiva lettera e-quater) possono concorrere per l’accesso alle funzioni di legittimità ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di secondo grado;

e-quater) prevedere che all’inizio di ogni anno il Consiglio Superiore della Magistratura individui quanti posti concernenti funzioni di secondo grado, di legittimità, semidirettivi e direttivi siano stati messi a concorso nell’anno precedente; definisca a quanti magistrati possano essere attribuite le corrispondenti funzioni nell’anno in corso, in base al numero dei posti in tal modo individuati, incrementato del 50% e proceda quindi alla valutazione di professionalità, sulla base del parere espresso dal Consiglio giudiziario, dei risultati delle ispezioni e di ogni altro utile elemento, assegnando adeguato punteggio e formulando la conseguente graduatoria, nonché legittimi a concorrere alle funzioni di cui alla lettera e-ter) i magistrati che si sono classificati in posizione non inferiore al numero come sopra individuato e disponga che i magistrati, i quali siano stati valutati positivamente ma si siano classificati in posizione inferiore, possano essere di nuovo classificati nel quadriennio successivo;

e-quinquies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio non positivo quando risultino deficienti uno o più parametri di valutazione e che in tal caso il Consiglio proceda a nuova valutazione dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. Ove tale secondo giudizio sia positivo, prevedere che il nuovo trattamento economico decorra solo dalla scadenza dell’anno;

e-sexies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri; che in tal caso il magistrato sia sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio, previa partecipazione ad uno o più corsi di qualificazione; che ove segua un secondo giudizio negativo, il magistrato sia dispensato dal servizio, secondo quanto stabilito dall’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946 n. 511, così come modificato dalla presente legge».

Conseguentemente sopprimere tutte le disposizioni dell’articolo 2 che disciplinano i concorsi e le valutazioni diverse dalla valutazione di professionalità sopra descritta, nonché la lettera t).

2.117

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Nel comma 1, lettera e) al numero 1, sopprimere le parole: «previo concorso per titoli ed esami».

Conseguentemente sopprimere i numeri 2 e 3.

2.118

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera e), numeri 1) e 2), sostituire le parole: «previo concorso per titoli ed esami», ovunque compaiano, con le parole: «previi scrutinio e prova pratica»; e sostituire il numero 3) con il seguente:

«3) le modalità dello scrutinio, stabilendo che esso si fondi principalmente su tutti gli elementi acquisiti attinenti la capacità, la laboriosità, l’equilibrio, la diligenza, la disponibilità al servizio; e le modalità della prova pratica, stabilendo che essa sia costituita dalla redazione di uno o più atti giudiziari tipici del grado o della funzione ai quali il magistrato intende accedere;».

2.119

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera e), numero 1), sopprimere, ove ricorrenti, le seguenti parole: «ed esami».

2.1002

IL GOVERNO

V. testo 2

Al comma 1, lettera e), il numero 2) è sostituito dal seguente:

«2) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità previo concorso per titoli ed esami e attribuisca tutte quelle direttive, nonché le semidirettive giudicanti, previo concorso per titoli».

2.1002 (testo 2)

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, lettera e), il numero 2) è sostituito dal seguente:

«2) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità previo concorso per titoli ed esami e attribuisca tutte quelle direttive, nonché le semidirettive giudicanti, previo concorso per titoli».

Conseguentemente, alla lettera l), al numero 1), sopprimere le parole: «e in un successivo colloquio» e al numero 2), sostituire le parole: «il conferimento degli incarichi semidirettivi sia proceduto da una valutazione» con le altre: «i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistono nella valutazione».

2.121 (testo 2)

MONCADA, IERVOLINO

Assorbito

Al comma 1, lettera e), il numero 2), è sostituito dal seguente:

«2) che le funzioni di secondo grado e di legittimità siano attribuite dal Consiglio superiore della magistratura, previo concorso per titoli ed esami, quelle direttive e quelle semi direttive giudicanti previo concorso per titoli».

2.120

ZANDA

Precluso dall'approvazione dell'em. 2.1002

Al comma 1, lettera e), numero 2), sopprimere le seguenti parole: «ed esami».

2.122

ZANDA

Precluso dalla non approvazione degli emm. 2.119 e 2.120

Al comma 1, lettera e), numero 3), sopprimere le seguenti parole: «ed esami, scritti ed orali».

2.503/1 (testo 2)

FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI

Respinto

All’emendamento 2.503 sostituire le parole: «sui temi attinenti alle stesse» con le seguenti: «sulle questioni di diritto poste a fondamento degli stessi e sui precedenti giurisprudenziali».

2.503

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera e), al numero 3) dopo le parole: «criteri di valutazione» inserire le seguenti: «, stabilendo, in particolare, che le prove d’esame consistano nella redazione, anche con l’impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse e fatto salvo quanto diversamente previsto dalla successiva lettera l) per il conferimento delle funzioni direttive;».

2.504

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera e), dopo il numero 3) inserire il seguente:

«3-bis) prevedere che i magistrati che in precedenza abbiano subito una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi e alle valutazioni di cui ai numeri 1 e 2 dopo un maggiore numero di anni non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dal numero 1 della presente lettera e dalle lettere g) ed h)».

2.123

MARITATI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN

Improcedibile

Al comma 1, lettera f), numero 1) sostituire la parola: «cinque» con la seguente: «tre».

2.124

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera f), numero 1) dopo le parole: «, i magistrati» inserire le seguenti: «ad eccezione dei Presidenti delle Corti d’Appello» e sopprimere le seguenti: «ed esami».

2.125

BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera f), numeri 1) e 4), sostituire le parole: «partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per» con la seguente: «chiedere».

Conseguentemente sopprimere i numeri 2), 3), 5) e 6) della stessa lettera.

2.126

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Id. em. 2.125

Al comma 1, lettera f), numeri 1) e 4), sostituire le parole da: «partecipare» a: «per» con la parola: «chiedere»; sopprimere i numeri 2, 3, 5, 6;».

2.127

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 2).

2.505

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera f), ai numeri 2) e 5), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, stabilendo, in particolare, che le prove d’esame consistano nella redazione, anche con l’impiego di prospettazioni e materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse».

2.128

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera f), numero 3), sopprimere le seguenti parole: «e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre».

2.129

MARITATI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, CALVI, AYALA, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera f), numero 4), sostituire la parola: «cinque» con la seguente: «tre».

2.130

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera f), numero 4), dopo le parole: «i magistrati» inserire le parole: «, eccetto i Procuratori Generali», e sopprimere le seguenti: «ed esami».

2.131

ZANDA

Respinto. Votato prima dell'em. 2.505

Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 5).

2.132

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera f), numero 6), sopprimere le seguenti parole: «e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre,».

2.133

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Le parole da: «Al comma 1» a: «circondario» respinte; seconda parte preclusa

Al comma 1, lettera f), numeri 8), sostituire la parola: «distretto» con le seguenti: «circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado».

2.134

CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN

Precluso

Al comma 1, lettera f), numero 8), sostituire la parola: «distretto», con la seguente: «circondario».

2.135

ZANDA

Precluso

Al comma 1, lettera f), numero 8), sostituire la parola: «distretto» con la seguente: «circondario».

2.136

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), apportare le seguenti annotazioni:

a) al n. 7) sostituire le parole da «previa valutazione» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni»;

b) al n. 8 sostituire le parole da «previa valutazione» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti in grado di appello negli ultimi sei anni»;

c) al n. 9 sostituire le parole da «previo concorso» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni»;

d) al n. 10 sostituire le parole da: «previo concorso» alla fine con le parole: «magistrati che abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni»;

e) sostituire il n. 11 con il seguente:

«11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte d’appello cui possono accedere magistrati che abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti in grado di appello negli ultimi otto anni»;

g) sostituire il n. 12 con il seguente:

«12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte d’appello cui possono accedere magistrati che abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti in grado di appello negli ultimi otto anni».

2.137

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 7) sopprimere le parole: «previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l)».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), sopprimere il numero 2.

2.138

BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), al numero 7), sostituire le parole da: «previa valutazione» sino a: «non meno di tre anni» con le parole: «magistrati che abbiano superato la terza valutazione di professionalità».

2.139

ZANDA

Precluso dalla reiezione dell'em. 2.114

Al comma 1, lettera g), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

«7-bis. funzioni semi direttive requirenti di primo grado siano quelle di Procuratore aggiunto negli ultimi tre anni cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;».

2.141

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 8) sopprimere le parole: «previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l)».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), sopprimere il numero 2.

2.142

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, BRUTTI MASSIMO, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 8) sostituire le parole: «previa valutazione» sino a: «non meno di otto anni» con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la quinta valutazione di professionalità».

2.143

ZANDA

Precluso dalla reiezione dell'em. 2.115

Al comma 1, lettera g), dopo il numero 8), aggiungere il seguente:

«8-bis. funzioni semi direttive requirenti di secondo grado siano quelle di Avvocato Generale della Procura Generale presso la Corte d’Appello cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;».

2.144

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 9) sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la terza valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l);»

e correlativamente nella lettera l), sostituire il numero 1), con il seguente:

«1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistono nella valutazione, da parte Consiglio Superiore della Magistratura, dell’attitudine alla dirigenza, intesa come capacità organizzativa, di programmazione, di gestione e di valorizzazione delle attitudini dei magistrati e dei funzionari, nonché della capacità di controllo amministrativo sull’andamento generale dell’ufficio e della capacità di attuare tempestivamente i necessari adattamenti organizzativi e gestionali; prevedere altresì che nella valutazione si tenga conto dei corsi di formazione specifica frequentati, delle esperienze direttive anteriori, ove esistenti, dell’enunciazione degli obiettivi e dei risultati conseguiti,».

2.145

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera g), numeri 9), sopprimere le parole: «ed esami».

2.146

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 10), sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la terza valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l);»

2.147

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera g), numeri 10), sopprimere le parole: «ed esami».

2.148

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 11) sopprimere le parole: «previo concorso per titoli ed esami».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), al numero 1, aggiungere, dopo le parole: «incarichi direttivi» le seguenti: «di primo grado».

2.149

BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 11), sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine, con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l)».

2.150

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 11), sopprimere le parole: «ed esami» ed, in fine, aggiungere le seguenti: «o siano procuratori generali».

2.151

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 12) sopprimere le parole: «previo concorso per titoli ed esami».

Conseguentemente, alla lettera l) del comma 1), al numero 1, aggiungere, dopo le parole: «incarichi direttivi» le seguenti: «di primo grado».

2.152

MARITATI, CALVI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Nel comma 1, lettera g), numero 12), sostituire le parole da: «previo concorso» sino alla fine con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla successiva lettera l)».

2.153

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 12), sopprimere le parole: «ed esami» ed, in fine, aggiungere le seguenti: «o siano Presidenti di Corte d’Appello».

2.154

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera h), sostituire nei numeri da 1) a 5), le parole: «previo concorso per titoli», con le seguenti: «previa specifica valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, della capacità di direzione e di organizzazione dell’ufficio con particolare riguardo ai profili della giurisdizione di legittimità».

2.155

ZANDA

Le parole da: «inserire le seguenti» a: «Cassazione,» respinte; prima parte preclusa

Al comma 1, lettera h), al numero 1), dopo le parole: «concorso per titoli» inserire le seguenti: «e su parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione,».

2.156

ZANDA

Precluso

Al comma 1, lettera h), al numero 3), dopo le parole: «concorso per titoli», inserire le seguenti: «e su parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione,».

2.157

ZANDA

Precluso

Al comma 1, lettera h), al numero 4), dopo le parole: «previo concorso per titoli», inserire le seguenti: «e su parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione,».

2.158

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera h), al numero 5), dopo le parole: «funzioni giudicanti», inserire le seguenti: «o requirenti».

2.159

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera i).

2.160

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera i), sostituire i numeri da 1 a 6 con i seguenti:

«i) 1) prevedere che, annualmente, ai posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di primo grado siano assegnati, in base ai trasferimenti, i magistrati che già esercitano funzioni giudiziarie e, per i posti di risulta, ai magistrati che hanno ultimato il tirocinio;

2) prevedere che per tutti i trasferimenti e le assegnazioni siano adottati criteri di trasparenza, anche basati su punteggi, che tengano conto delle attitudini, della cultura, della laboriosità, dei precedenti e dell’anzianità;

3) prevedere che, per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, si tenga conto, oltre che dei criteri di cui al n. 2, della capacità di direzione e di organizzazione dell’ufficio».

2.506

IL RELATORE

V. testo 2

Al comma 1, alla lettera i), ai numeri 1), 3), 7) e 9), dopo le parole: «previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura», inserire le seguenti: «su parere motivato del Consiglio giudiziario».

2.506 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera i), ai numeri 1), 3), 7) e 9), dopo le parole: «previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura», inserire le seguenti: «acquisito il parere motivato del Consiglio giudiziario».

2.162

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera i), al numero 2), sopprimere le seguenti parole: «ed esami, scritti e orali».

2.163

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera i), al numero 2), sostituire la parola: «cinque», con la seguente: «tre».

2.165

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera i), sostituire il numero 4), con il seguente:

«4) prevedere che la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di primo grado venga bandito un concorso per titoli, cui abbiano accesso previa valutazione del Consiglio giudiziario, magistrati che esercitano da almeno cinque anni le funzioni giudicanti».

2.166

MARITATI, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, CALVI, AYALA, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera i), al numero 4), sostituire la parola: «cinque», con la seguente: «tre».

2.167

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera i), al numero 7), sostituire le parole: «il 25 per cento dei posti», con le seguenti: «i posti», e le parole: «venga assegnato», con le seguenti: «siano assegnati».

2.169

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Precluso

Al comma 1, lettera i), sopprimere i numeri 8), 8.1) e 8.2).

2.170

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera i), sostituire il numero 8), con il seguente: «prevedere che la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado venga bandito un concorso per titoli, e che tali posti siano assegnati previa valutazione del Consiglio giudiziario».

2.171

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera i), al numero 9), sostituire le parole: «il 25 per cento dei posti», con le seguenti: «i posti», e le parole: «venga assegnato», con le seguenti: «siano assegnati».

2.172

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Precluso

Al comma 1, lettera i), sopprimere i numeri 10), 10.1), 10.2), 11 e 12).

2.600

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera i), sostituire i numeri 11) e 12) con il seguente:

«11) Il Consiglio superiore della magistratura nomina, per l’intero periodo della sua durata, la commissione speciale per le funzioni di legittimità, presieduta dal presidente aggiunto della Corte suprema di Cassazione o, in sua sostituzione, da un presidente di sezione titolare della Corte medesima che il Consiglio designa come supplente».

2.174

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera i), sostituire il numero 13) con il seguente:

«13) prevedere che annualmente i posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità siano assegnati, sulla base di una rigorosa valutazione della specifica attitudine a svolgere tali funzioni, a magistrati che abbiano esercitato con merito, per almeno cinque anni, le funzioni di secondo grado».

2.176

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Precluso

Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 14).

2.507

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera i), sostituire il numero 14) con il seguente:

«14) prevedere che annualmente i restanti posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità, a domanda, vengano assegnati, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura su parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione a magistrati che esercitino, da almeno cinque anni, diverse funzioni di legittimità. È fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 agosto 1998, n. 303».

Conseguentemente al numero 16) sopprimere le parole: «che i posti di cui al numero 13) messi a concorso e non coperti vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire ai sensi del numero 14 e viceversa;».

2.178

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera i), sopprimere i numeri 15) e 16).

2.179

AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso dall'approvazione dell'em. 2.507

Al comma 1, lettera i), numero 16), sostituire le parole da: «vengano riassegnati» sino alla fine, con le seguenti: «accrescano alle altre quote riservate sino ad esaurimento delle domande per ciascuna di esse».

2.508

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera i), dopo il numero 16) inserire il seguente:

«16-bis) prevedere che nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera si tenga conto prevalentemente dell’attività prestata dal magistrato nell’ambito delle sue funzioni, anche mediante esame a campione dei provvedimenti dallo stesso adottati, nonché delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto; prevedere, in particolare, che l’esame dei titoli sia incentrato, oltre che sulle eventuali pubblicazioni di carattere scientifico, su tutti i provvedimenti giudiziari depositati in cancelleria dal magistrato concorrente nel corso dei quattro trimestri dei precedenti cinque anni indicati dalla commissione a seguito di sorteggio;»

2.509/1

MARITATI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, CALVI

Ritirato

All’emendamento 2.509 sopprimere le parole: «ed anche mediante il parere motivato dei consigli giudiziari» ovunque esse ricorrano.

2.509

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera l) al numero 2) dopo le parole: «Consiglio superiore della magistratura che» inserire le altre: «, acquisiti ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni semidirettive con specifico riferimento alla pregressa esperienza del magistrato ed anche mediante il parere motivato dei consigli giudiziari,» e al numero 6) dopo le parole «comunichi gli esiti del concorso al Consiglio superiore della magistratura che» inserire le altre: «, acquisiti ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni direttive con specifico riferimento alla pregressa esperienza del magistrato ed anche mediante il parere motivato dei consigli giudiziari».

2.109a (testo corretto)

MUGNAI

Ritirato

Alla lettera «l» sostituire i nn. 3, 4, 5, con i seguenti:

«3) prevedere la temporaneità degli uffici direttivi e semidirettivi per una durata non superiore ad anni quattro, con possibilità del rinnovo dell’incarico per ulteriori due anni e con esclusione degli incarichi direttivi svolti presso la Corte di Cassazione, la Procura Generale presso la stessa Corte nonché presso il Tribunale superiore delle acque pubbliche;

4) prevedere che, alla scadenza del termine di cui alla precedente lettera a), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive e semidirettive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio ovvero in ipotesi di reiezione ai sensi di quanto previsto dalla lettera c) del seguente articolo, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

5) prevedere che, alla scadenza del termine di cui alla lettera a), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive semidirettive senza demerito, da accertarsi solo a seguito di eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari, in assenza di domande per il conferimento di altro ufficio direttivo ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive né semidirettive da lui scelte (di primo, secondo grado o di legittimità), eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze e con esclusione solo dell’Ufficio di Procura Nazionale Antimafia, purché nell’ufficio in cui il magistrato chieda di andare sia stato assegnato, a seguito di concorso, anche virtuale, o anche ai sensi di quanto disposto dall’articolo 12 della presente legge, almeno un altro magistrato con la stessa o con minore anzianità di servizio, anche se quest’ultimo non sia più in servizio nella sede e funzione cui chieda di essere assegnato il magistrato con incarico direttivo perdente posto;

5-bis) prevedere che, in caso di demerito, da accertare con l’irrogazione di qualsiasi sanzione disciplinare, il magistrato con incarico direttivo e semidirettivo che arrivi alla scadenza del termine sopra specificato, possa essere assegnato con concorso virtuale ai sensi di quanto sopra previsto solo ad incarichi con funzioni di primo grado;

5-ter) prevedere che ai magistrati assegnati ad un Ufficio giudiziario ai sensi della lettera c) del presente articolo non si applichi il limite minimo temporale per la permanenza in un ufficio giudiziario di cui all’articolo 194 del vecchio ordinamento giudiziario;

6) prevedere che i magistrati che, alla data in entrata in vigore dei decreti emanati in attuazione della presente legge, esercitano funzioni direttive e semidirettive mantengano le loro funzioni sino al compimento del termine dei sei anni complessivi previsto per i nuovi incarichi direttivi e semidirettivi, prorogabile, nel caso che abbiano già raggiunto o che raggiungano tale termine entro quattro anni dall’entrata in vigore dei decreti attuativi, a semplice domanda e qualora non sussista demerito, da accertarsi solo a seguito di eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari, per l’ulteriore periodo di quattro anni decorrenti dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti emanati in attuazione della presente legge, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni e ad essi si applica la normativa di cui alle lettere b), c) e d) di cui al presente articolo».

Conseguentemente, all’art. 9 sopprimere le lettere h) ed i).

2.181a

MUGNAI

Ritirato

Al comma 1, alla lettera l), sostituire i numeri 3, 4 e 5 con i seguenti:

«3) prevedere la temporaneità degli uffici direttivi e semidirettivi per una durata non superiore ad anni quattro, con possibilità di rinnovo dell’incarico per ulteriori due anni con esclusione degli incarichi direttivi svolti presso la Corte di Cassazione, la Procura generale presso la stessa Corte nonché presso il Tribunale superiore delle acque pubbliche;

4) prevedere che, alla scadenza del termine di cui alla precedente lettera a), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive e semidirettive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio ovvero in ipotesi di reiezione della stessa ai sensi di quanto previsto dalla lettera d) del presente articolo, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

5) prevedere che nel concorso per l’assegnazione di incarichi direttivi e semidirettivi le domande degli aspiranti ad incarico direttivo e semidirettivo che siano stati già titolari di incarico direttivo e semidirettivo e che abbiano cessato dallo stesso ai sensi della lettera a) del presente articolo, siano valutate con priorità assoluta rispetto alle istanze degli altri aspiranti, che potranno essere esaminate e valutate solo nel caso di accertata incapacità di tutti i magistrati che hanno esercitato funzioni direttive e semidirettive;

5-bis) prevedere che, alla scadenza del termine di cui alla lettera a), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive e semidirettive senza demerito, da accertarsi solo a seguito di eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari, in assenza di domande per il conferimento di altro ufficio direttivo e semidirettivo ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive né semidirettive da lui scelte (di primo, secondo grado o di legittimità), eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze e con esclusione solo dell’Ufficio di Procura Nazionale Antimafia, purché nell’ufficio in cui il magistrato chieda di andare sia stato assegnato, a seguito di concorso, anche virtuale, o anche ai sensi di quanto disposto dall’articolo 12 della presente legge, almeno un altro magistrato con la stessa o con minore anzianità di servizio, anche se quest’ultimo non sia più in servizio nella sede e funzione cui chieda di essere assegnato il magistrato con incarico direttivo perdente posto; prevedere che, in caso di demerito, da accertare con l’irrogazione di qualsiasi sanzione disciplinare, il magistrato con incarico direttivo e semidirettivo che arrivi alla scadenza del termine sopra specificato, possa concorrere solo a incarichi con funzioni non direttive né semidirettive;

5-ter) prevedere che ai magistrati assegnati ad un Ufficio giudiziario ai sensi della lettera d) del presente articolo non si applichi il limite minimo temporale per la permanenza in un ufficio giudiziario di cui all’articolo 194 vecchio ordinamento giudiziario;

5-quater) prevedere che la normativa di cui ai commi precedenti si applichi solo agli incarichi direttivi e semidirettivi assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura dopo la pubblicazione della presente legge sulla Gazzetta Ufficiale.

Conseguentemente, all’articolo 9 sopprimere le lettere h) ed i).

2.182

MONCADA, IERVOLINO

Approvato (*)

Al comma 1, lettera l), numero 3, sopprimere le parole: «e gli incarichi semidirettivi» al numero 5) sopprimere le parole: «e semidirettive».

________________

(*) Ritirato dai proponenti, è fatto proprio dal senatore D'Onofrio

2.183

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Id. em. 2.182

Al comma 1, lettera l), numero 3, sopprimere le parole: «e gli incarichi semidirettivi» e nel numero 5) sopprimere le parole: «e semidirettive».

2.1003

IL GOVERNO

Id. em. 2.182 (*)

Al comma 1, lettera l), nel numero 3, sopprimere le parole: «e gli incarichi semidirettivi» e nel numero 5) sopprimere le parole: «e semidirettive».

________________

(*) Ritirato dal Governo, è fatto proprio dal senatore Calderoli

2.185

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera l), al numero 4), sostituire le parole: «per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato» con le seguenti: «, per altre sedi anche del distretto di provenienza, con esclusione delle sedi del distretto competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;».

2.186

CALVI, MARITATI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera l), numero 5), sopprimere le parole: «e semidirettive».

2.187

DALLA CHIESA, CAVALLARO

Respinto

Al comma 1, lettera l), numero 6), sostituire le parole: «tre professori universitari», con le seguenti: «cinque professori universitari».

2.510

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera l), dopo il numero 6) inserire il seguente:

«6-bis) prevedere che ai fini di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive;».

2.511

IL RELATORE

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera l), inserire la seguente:

«l-bis) prevedere, per quanto non diversamente disposto, che le funzioni del Procuratore nazionale antimafia siano equiparate alle funzioni direttive di cui al numero 12 della lettera g) e che le funzioni dei magistrati addetti alla Direzione nazionale antimafia siano equiparate alle funzioni indicate nel numero 4 della medesima lettera g).

2.512

IL RELATORE

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera l), inserire la seguente:

«l-bis) prevedere, che le disposizioni dei numeri 1, 3, 5 e 6 della lettera l) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3, il magistrato che abbia esercitato le funzioni di procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi, in qualsiasi distretto, escluso quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;».

2.188

MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera m), primo periodo, dopo le parole: «anche in soprannumero» aggiungere le parole: «ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extra-giudiziaria, in una sede diversa vacante».

2.189

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, alla lettera m), sopprimere il secondo periodo.

2.190

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera m), secondo periodo, sopprimere le parole: «ovvero per mandato parlamentare».

2.191

MAGISTRELLI, CAVALLARO, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «Il magistrato che ha rivestito la qualifica di consigliere comunale, provinciale o regionale; di assessore comunale, provinciale o regionale; di Sindaco, Presidente della provincia o Presidente della regione, nonché di deputato, senatore, ministro o Presidente del Consiglio dei ministri non può, alla scadenza del mandato o alla cessazione della carica nè nei cinque anni successivi, tornare a svolgere le proprie funzioni in Uffici giudiziari compresi nel territorio della Regione all’interno della quale precedentemente operava o nella quale era situato il collegio di elezione».

2.192

DALLA CHIESA, CAVALLARO

Respinto

Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «Il magistrato che assume la qualifica di consigliere comunale, provinciale o regionale; di assessore comunale, provinciale o regionale; di Sindaco, Presidente della Provincia o Presidente della regione, nonché di deputato, senatore, ministro o Presidente del consiglio dei ministri cessa di appartenere, all’atto della proclamazione dell’elezione o della nomina, all’ordine giudiziario».

2.193

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera n).

2.194

AYALA, MARITATI, CALVI, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Id. em. 2.193

Al comma 1, sopprimere la lettera n).

2.195

BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, dopo la lettera n) aggiungere la seguente lettera:

«n-bis) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dai pareri di cui alla lettera p); prevedere che tali valutazioni debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera o), della presente legge;».

Conseguentemente, all’articolo 3, comma 1, sopprimere la lettera t).

2.196

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Improcedibile

Al comma 1, sostituire la lettera o) con la seguente:

«o) prevedere che la progressione economica dei magistrati avvenga sulla base dell’anzianità e con riferimento alle funzioni di merito e di legittimità, fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente già conseguito».

2.1000 (testo corretto)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera o), numeri 2) e 3), sostituire le parole: «classe stipendiale» con le seguenti: «classe di anzianità».

2.197

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Accantonato

Al comma 1, lettera p), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare rilevanza nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine».

2.198

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI

Ritirato e trasformato, congiuntamente all'em. 2.202, nell'odg G2.100

Al comma 1, lettera q), sostituire i numeri 1), 2), 3) e 4), con i seguenti:

1) attribuire al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti relativi alla gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

2) attribuire alla figura del direttore amministrativo dell’ufficio – appartenente ai ruoli dirigenziali del personale di cancelleria o segreteria – la competenza ad adottare tutti gli atti relativi alla gestione efficace, efficiente ed economica delle risorse umane, strumentali e finanziarie dell’ufficio giudiziario, ivi compresi gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno;

3) prevedere opportuni strumenti di raccordo magistrato capo dell’ufficio giudiziario, in ordine alle decisioni relative allo svolgimento della funzione giudiziaria e direttore amministrativo dell’ufficio, in ordine alla gestione amministrativa dell’ufficio medesimo».

2.199

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera q), numero 2), dopo le parole: «riconoscendogli la competenza ad adottare», inserire le seguenti: «, di concerto con il magistrato capo dell’ufficio giudiziario,».

2.200

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera q), numero 3), dopo le parole: «dell’ufficio di cancelleria o di segreteria», inserire le seguenti: «, di concerto con il magistrato capo dell’ufficio giudiziario,».

2.201

CALVI, MARITATI, FASSONE, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera q), numero 3), dopo le parole: «risorse di personale amministrativo» inserire le seguenti: «in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e del programma annuale delle attività».

2.202

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Ritirato e trasformato, congiuntamente all'em. 2.198, nell'odg G2.100

Al comma 1, lettera q), dopo il numero 4) aggiungere il seguente:

«5) nei tribunali e nelle procure della Repubblica aventi sede nei capoluoghi di regione è istituito il direttore generale che, d’intesa con il magistrato capo dell’ufficio giudiziario, svolge le funzioni previste dai numeri precedenti; il direttore generale è nominato dal capo ufficio tra esperti di amministrazione giudiziaria; il relativo contratto di lavoro è di diritto privato, con durata quinquennale, salvo rinnovo alla scadenza o risoluzione anticipata con provvedimento motivato; le spese relative sono a carico del Ministero della giustizia che fissa annualmente il tetto della retribuzione».

 

ORDINE DEL GIORNO

G2.100 (già emm. 2.198 e 2.202)

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

in sede di esame del disegno di legge n. 1296

impegna il Governo ad affrontare e risolvere le problematiche inerenti la gestione amministrativa degli uffici giudiziari istituendo le figure direttive idonee e tenendo conto delle diverse necessità gestionali ed organizzative degli uffici stessi.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

ARTICOLO 3 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 3.

(Scuola superiore della magistratura. Tirocinio e formazione degli uditori giudiziari ed aggiornamento professionale e formazione dei magistrati)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari;

2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati;

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di diciotto mesi e che sia articolato in sessioni tendenzialmente di uguale durata presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari;

e) prevedere che nelle sessioni presso gli uffici giudiziari gli uditori possano effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocato, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari ed altre sedi formative, secondo quanto previsto dal regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998;

f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari siano seguiti da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;

g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;

h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla base di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso del tirocinio;

i) prevedere che, in caso di valutazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a sei mesi, e che in caso di ulteriore valutazione negativa l’uditore possa essere, a sua domanda e salvo controindicazioni assolute, destinato ad un ufficio della pubblica amministrazione, anche in soprannumero, da assorbire con successive vacanze;

l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);

n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

o) prevedere il diritto del magistrato a partecipare, a sua richiesta e se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare soltanto la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia rilasciato un parere che contenga elementi di verifica attitudinale, modulato secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

r) prevedere che il parere di cui alla lettera p) abbia validità per un periodo non superiore a sei anni;

s) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dai pareri di cui alla lettera p); prevedere che tali valutazioni debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera o), della presente legge;

u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.

 

EMENDAMENTI

3.100

CAVALLARO

Sostituire l’articolo 3 con il seguente:

«Art. 3. – (Formazione ed aggiornamento professionale ricorrente dei magistrati). – 1. Al fine di assicurare la formazione e l’aggiornamento professionale ricorrente dei magistrati, il Consiglio Superiore della Magistratura conclude convenzioni-quadro con il Consiglio Universitario Nazionale al fine di organizzare, in collaborazione con le Facoltà di Giurisprudenza delle Università italiane, corsi destinati agli uditori giudiziari ed ai magistrati in servizio.

2. Tali corsi possono svolgersi anche in contemporanea in più sedi universitarie uniformemente distribuite sul territorio nazionale, al fine di agevolare la frequenza dei magistrati in servizio, con frequenza almeno biennale.

3. Ai corsi sono chiamati, in qualità di docenti, professori universitari di ruolo, magistrati in servizio ed a riposo, avvocati ed esperti nelle materie di volta in volta trattate. La presidenza del corso spetta al Preside della Facoltà di Giurisprudenza nella quale si tiene il corso medesimo.

La nomina dei docenti spetta al Consiglio universitario, per i magistrati; al Preside della Facoltà di Giurisprudenza nella quale si svolge il corso, per i docenti universitari, ed al Consiglio Nazionale Forense per gli avvocati. Gli esperti vengono nominati d’intesa tra il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Preside della Facoltà di Giurisprudenza sede del corso.

4. La Convenzione-quadro di cui al primo comma definisce le materie, la durata di ciascun corso, il numero dei partecipanti e le modalità di partecipazione e frequenza, ivi comprese esperienze applicative presso istituzioni pubbliche o private, anche estere. Particolare attenzione è dedicata al tirocinio degli uditori giudiziari. La convenzione regola anche gli aspetti finanziari legati all’organizzazione dei corsi che gravano sul bilancio del Ministero della Giustizia.

5. A conclusione della frequenza del corso, il collegio dei docenti formula, per ciascun candidato, un giudizio di superamento o meno del corso stesso ed una valutazione complessiva che viene inserita nel fascicolo personale del magistrato. Il giudizio conseguito è considerato in sede di valutazione dei titoli per l’accesso alle funzioni superiori, ai sensi delle norme sull’ordinamento giudiziario.

6. L’uditore od il magistrato che non abbia superato il corso è ammesso a frequentare il corso immediatamente successivo. In caso di ulteriore esito negativo, esso cessa di appartenere al ruolo della magistratura e viene trasferito, a seguito di deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, ad altra amministrazione pubblica.

7. La frequenza ed il superamento di un corso di aggiornamento nei tre anni precedente costituisce requisito necessario per l’accesso alle funzioni superiori rispetto a quelle esercitate. In ogni caso, ogni magistrato deve frequentare un corso di aggiornamento nell’arco massimo di sei anni.

Conseguentemente sopprimere il riferimento alla Scuola superiore della magistratura ovunque ricorra nel testo del disegno di legge e sostituirlo con il richiamo ai corsi di cui al presente art. 3 modificato.

3.101

CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN

Al comma 1, sostituire la lettera a), con la seguente:

«a) prevedere l’istituzione della Scuola superiore della magistratura dotata di personalità giuridica, di autonomia amministrativa, finanziaria e contabile, quale struttura didattica stabilmente preposta:».

3.102

ZANDA

Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: «come ente autonomo».

3.103

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: «come ente autonomo».

3.104 (testo 2)

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera a), aggiungere alla fine del numero 1) e alla fine del numero 2) le seguenti parole: «curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico».

3.105

FASSONE, MARITATI, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN

Al comma 1, lettera a), numero 2), aggiungere dopo la parola: «formazione» la seguente: «permanente».

3.106

BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 2), aggiungere i seguenti:

«2-bis) alla promozione di iniziative e scambi culturali con le altre professioni giudiziarie;

2-ter) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione».

3.107

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:

«b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia posta alle dipendenze del Consiglio superiore della Magistratura al quale il Ministro della giustizia formula proposte e pareri sull’organizzazione e sul funzionamento della stessa; prevedere che la Scuola utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia e di altre amministrazioni statali con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero».

3.108

ZANDA

Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:

«b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale amministrativo del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero».

3.109

FASSONE, BRUTTI MASSIMO, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN

Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

«c-bis). prevedere che la Scuola superiore della magistratura possa contribuire alla formazione di magistrati stranieri, o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria».

3.110

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN

Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

«c-bis). prevedere che la Scuola superiore della magistratura possa organizzare incontri di studio e ricerca, e comunque promuovere iniziative culturali su argomenti giuridici e sull’organizzazione di sistemi e uffici giudiziari».

3.111

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: «diciotto mesi», con le seguenti: «due anni».

3.112

ZANDA

Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: «tendenzialmente di uguale durata presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari;», con le seguenti: «tendenzialmente della durata di un terzo presso la Scuola Superiore della magistratura e due terzi presso gli uffici giudiziari».

3.500

IL RELATORE

Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:

«d-bis) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere».

3.113

MONCADA, IERVOLINO

Sopprimere la lettera e).

3.300

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Al comma 1, lettera e), sostituire la parola: «possano», con la seguente: «debbano».

3.114

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «siano seguiti», con le seguenti: «ricevano insegnamento», e prima della parola: «assiduamente», aggiungere le seguenti: «siano seguiti».

3.115

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «scelti tra i docenti della scuola», con le seguenti: «di riconosciuta competenza e attitudine didattica».

3.501

IL RELATORE

Al comma 1, sostituire la lettera h), con la seguente:

«h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;».

3.502

IL RELATORE

Al comma 1, lettera i), sostituire le parole: «a sei mesi», con le altre: «a un anno», e sostituire le parole da: «l’uditore possa essere, a sua domanda e salvo», fino alla fine, con le altre: «egli sia dispensato dal servizio».

3.116

CALVI, MARITATI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera l), sostituire la parola: «due», con la seguente: «quattro», e dopo le parole: «dal Consiglio superiore della magistratura», inserire le seguenti: «su domanda, fra i magistrati che abbiano documentato particolare attitudine alla ricerca ed alla didattica».

3.503

IL RELATORE

Al comma 1, lettera l), all’ultimo periodo, dopo le parole: «prevedere che i componenti del comitato», aggiungere le seguenti: «diversi dal primo presidente della Corte di cassazione, dal procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati,».

3.117

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e che i componenti magistrati siano collocati fuori del ruolo organico».

3.118

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera n), sostituire le parole: «possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura,», con le seguenti: «tenga conto degli indirizzi formulati dal Consiglio superiore della Magistratura e possa avvalersi delle proposte».

3.119

ZANDA

Al comma 1, lettera n), sostituire le parole: «possa avvalersi», con le seguenti: «si avvalga».

3.301

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera n), sopprimere le parole: «del Consiglio superiore della magistratura, del Ministero della Giustizia».

3.120

AYALA, FASSONE, MARITATI, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera o), dopo le parole: «a funzioni superiori», aggiungere le seguenti: «o diverse».

3.504

IL RELATORE

Al comma 1, lettera p), sostituire le parole: «sia rilasciato un parere», con le altre: «sia formulata una valutazione».

Conseguentemente, alla lettera r), sostituire le parole: «il parere», con le altre: «la valutazione», e alla lettera t), sostituire le parole: «dai pareri», con le altre: «dalle valutazioni».

3.121

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera p), sostituire le parole: «un parere», con le altre: «, da parte dei componenti del comitato di gestione che hanno seguito il corso medesimo, una scheda».

Conseguentemente, alla lettera r), sostituire le parole: «il parere» con le altre: «la scheda», e alla lettera t), sostituire le parole: «dai pareri», con le altre: «dalla scheda».

3.122

BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, MARITATI, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1 sopprimere la lettera r).

3.123

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, sostituire la lettera s), con la seguente:

«s) prevedere che la Scuola possa promuovere, coordinare e sostenere corsi di aggiornamento professionale per magistrati su base distrettuale;».

3.124

MARITATI, CALVI, FASSONE, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, sopprimere la lettera t).

3.125

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, lettera t) sopprimere le parole: «, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità».

3.126

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Al comma 1, sopprimere la lettera u).

3.127

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Al comma 1, lettera u), sostituire le parole: «e non abbiano ottenuto i relativi posti» con le seguenti: «e non li abbiano superati»; e sostituire altresì le parole: «non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità» con le altre: «debbono essere sottoposti alle valutazioni periodiche di professionalità anche prima delle scadenze di cui alla lettera t).

 

ORDINE DEL GIORNO

G3.100

CENTARO

Il Senato,

rilevata l’essenziale importanza della funzione svolta dai giudici di pace per il funzionamento del sistema giudiziario,

considerata l’ineludibile esigenza di valorizzare il ruolo della magistratura onoraria,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di modificare l’articolo 7 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, prevedendo che i giudici di pace possano essere confermati nell’incarico senza alcun limite al numero delle conferme, fermo restando che l’esercizio delle funzioni non può essere protratto oltre il settantacinquesimo anno d’età e stabilendo altresì quale requisito per la conferma per un successivo quadriennio la frequenza di un apposito corso di aggiornamento professionale presso la Scuola di cui all’articolo 3, fermo in ogni caso quanto previsto dall’articolo 6 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni .

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

513a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDI' 18 DICEMBRE 2003
(Pomeridiana)

Presidenza del vice presidente CALDEROLI,
indi del presidente PERA

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio l’illustrazione degli emendamenti riferiti all’articolo 3, che ora riprendiamo.

 

ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, l’articolo 3 di cui oggi discutiamo e riguardo al quale ho presentato alcuni emendamenti è, a mio parere, uno degli articoli più importanti di questo disegno di legge, perché è quello che riguarda il tirocinio e la formazione degli uditori giudiziari e l’aggiornamento professionale dei magistrati. È pertanto un articolo che va esaminato con molta attenzione in ogni suo dettaglio.

Io, riferendomi anche agli emendamenti già illustrati ieri sera, proseguo con l’illustrazione di alcuni particolari la cui modifica potrebbe, a mio avviso, aumentare in modo consistente la qualità del disegno di legge.

Mi riferisco intanto all’emendamento 3.102, concernente la lettera a) del comma 1 dell’articolo 3, lettera che, come voi sapete, prevede l’istituzione della Scuola superiore della magistratura.

Si tratta di una decisione evidentemente rilevante, di un istituto di nuova creazione, che il nostro ordinamento non conosce. Il testo del disegno di legge prevede che la Scuola superiore venga istituita come ente autonomo, mentre l’emendamento 3.102 prevede la soppressione della dizione "ente autonomo".

Signor relatore, la Scuola superiore della magistratura è l’istituto delegato alla formazione dei magistrati in tutte le fasi della loro carriera. Si tratta di un istituto interno all’ordine giudiziario così com’è stato disegnato dal disegno di legge che stiamo discutendo.

Io francamente non capisco perché si debba pensare, per la Scuola superiore, ad un ente autonomo; quale vantaggio mi chiedo possiamo in qualche modo immaginare per il tirocinio e la formazione dei magistrati da un istituto di cui venga formalmente dichiarata l’autonomia.

Non capisco francamente quale obiettivo vogliamo raggiungere dichiarando ente autonomo una Scuola la quale viceversa mi sembra, ove la si voglia istituire, avrebbe tutto da guadagnare da una completa immedesimazione con l’ordine giudiziario. È come se noi pensassimo a un’accademia militare ente autonomo e non posta all’interno delle Forze armate o ad un’accademia di un’azienda al di fuori delle strutture tradizionali della stessa.

Permetta, signor relatore, permettetemi, onorevoli colleghi, anche due parole sull’emendamento 3.108, che definisce l’autonomia contabile e organizzativa della Scuola superiore.

L’emendamento 3.108 si riferisce ad una previsione normativa, secondo la quale la Scuola potrà utilizzare personale del Ministero della giustizia, non precisando di quale personale si tratti. Si suggerisce che sia specificato che si deve trattare di personale amministrativo.

L’inserimento di questa specifica indicazione circa un utilizzo del personale amministrativo all’interno della Scuola superiore è, a mio parere, assolutamente indispensabile. Richiamo su questo punto l’attenzione del relatore, soprattutto al fine di evitare che la Scuola superiore diventi l’ennesimo luogo dove vengano impiegati anche per funzioni organizzative ed amministrative magistrati, in questo modo sottraendoli ai loro compiti di istituto.

L’emendamento 3.112 cerca di equilibrare in un modo funzionale l’utilizzo del personale inviato nella Scuola superiore per tirocinio correggendo la dizione del disegno di legge che prevede un’uguale durata dell’impiego del personale giudiziario nella Scuola e presso gli uffici giudiziari.

I due impieghi, l’uno presso la Scuola superiore, l’altro presso gli uffici giudiziari, sono previsti nel provvedimento di per eguale durata. L’emendamento suggerisce, viceversa, che il magistrato svolga il tirocinio per due terzi presso gli uffici giudiziari e soltanto per un terzo presso la Scuola superiore.

Come vede, onorevole relatore, anche questo emendamento ha come obiettivo quello di cercare di impiegare il più possibile il personale giudiziario in compiti d’istituto, facendo svolgere le attività di tirocinio principalmente all’interno degli uffici giudiziari.

Infine, l’emendamento 3.119, che si riferisce alla lettera n) del comma 1 dell’articolo 3, prevede che le parole: "possa avvalersi" siano sostituite con le altre: "si avvalga" al fine di evitare che venga ripetuta in un testo di legge una dizione puramente discrezionale che non si adatta all’obiettivo che si vuole raggiungere.

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, l’emendamento 3.104 (testo 2), il primo della serie di cui sono primo firmatario, ha valore di simbolo. Io penso però che la politica sia anche costruzione di un universo simbolico. Quindi, confido che esso sarà accolto proprio per il valore che ha.

Si parla di Scuola superiore della magistratura, in Italia, da almeno vent’anni. Dico in Italia perché nel resto d’Europa se ne parla da parecchi decenni, anzi, da alcuni decenni è già stata istituita, se pensiamo che la Spagna è la sede della più antica scuola europea sin dal 1944 e che l’École nationale de la magistrature di Bordeaux è stata istituita nientemeno che nel 1958. Se ne parla in tutta Europa ed è stata istituita in tutta Europa: ho già menzionato la Spagna e la Francia; in Germania si annovera la Richterakademie; esiste in Olanda, in Svizzera, in Norvegia, in Portogallo e forse in altri Paesi.

Solo l’Italia, tra i Paesi più avanzati, ancora non ha provveduto all'istituzione della Scuola e se questo Governo lo farà, sebbene senatore dell'opposizione, debbo riconoscere che questo ne costituirà un notevole merito. Il punto critico è quale Scuola uscirà da questo disegno del Governo.

L'emendamento si propone semplicemente di aggiungere, tra i contenuti e gli obiettivi della Scuola, la cura che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico e credo valga la pena di insistere su questo, onorevoli colleghi.

Perché da tanto tempo si parla di Scuola della magistratura, in Italia, e non la si è ancora realizzata? Perché c'è un nodo costituzionale non facilmente risolvibile. Scuola significa trasmissione di conoscenze e la trasmissione di conoscenze, in qualche modo, modella il destinatario della trasmissione. La Scuola, quindi, può essere un veicolo di indottrinamento e la magistratura non può essere indottrinata. Questo è il nodo che siamo chiamati insieme a sciogliere e dico insieme perché, se davvero c'è un punto che esige una convergenza bipartisan, è proprio questo.

Qual è la difficoltà grossa? Una Scuola dovrebbe - deve - insegnare principalmente come si interpreta l'ordinamento giudiziario, ma ai magistrati non si può insegnare l’interpretazione, perché insegnare vuoi dire plasmarli, vuoi dire modellarli, vuol dire esercitare sulla magistratura quella influenza debole contro la quale noi siamo avvertiti e oppositori.

Allora, qual è il punto possibile di convergenza di questo nodo che involge delicate strutture costituzionali? Il punto possibile, a mio giudizio, è che una Scuola della magistratura deve insegnare le tre accezioni fondamentali del sapere, che sono il sapere vero e proprio, il saper fare e il saper essere.

Sapere come somma di conoscenze tecniche di cui il magistrato deve essere investito con altissimo grado di professionalità che l'Università e il concorso non assicurano perché egli deve costantemente aggiornarsi non solo sulle innovazioni normative, ma anche sulla sensibilità sociale che presiede all'uso delle proposizioni normative via via varate. Saper fare, perché il magistrato deve essere in grado di applicare le categorie giuridiche secondo le aspettative che la società rivolge alla magistratura nell'esercizio della giurisdizione. Saper essere è consapevolezza del proprio ruolo, consapevolezza della propria funzione, consapevolezza degli effetti sociali che le proprie decisioni in ogni caso proiettano assai al di là del caso deciso. Sapere, saper fare e saper essere sono tre componenti fondamentali di questa trasmissione di conoscenze di cui la Scuola vuol essere protagonista.

Allora, se le cose stanno così, la Scuola deve essere, per quanto possibile, rispettosa di questa eccezione rappresentata dal fatto che, mentre in altre scuole la committenza è diversa dai fruitori, in questo caso committenti e fruitori coincidono.

Sono i bisogni espressi dalla magistratura che devono trovare nella Scuola illuminazione e risposte.

Ecco perché insistiamo molto su un punto che, purtroppo, ci ha visti contrapposti in forza di pregiudizi difficili da sradicare. Noi riteniamo che la Scuola non può e non deve essere veicolo di indottrinamento; la Scuola deve essere essenzialmente espressione della magistratura, non nel senso di consolidare il concetto di corporazione e di turris eburnea, ma nel senso di essere l'espressione vera dei bisogni che nascono all'interno della magistratura stessa.

Pertanto, riteniamo molto importante che il preambolo, la targa di ingresso della Scuola sia la declinazione di questi tre profili fondamentali - tecnico, operativo e deontologico - ai quali essa deve ispirarsi.

Reputiamo importante che la Scuola - con questo passo ad illustrare l’emendamento 3.109 - abbia un respiro ed una dimensione europea. Chi lo dovesse negare in forza di preconcetti è invitato a verificare che il Consiglio superiore della magistratura, proprio in questi giorni, ha licenziato quattro poderosi volumi che attestano la dimensione europea ed internazionale dei corsi di formazione da esso attualmente gestiti.

Il tempo mi impedisce di illustrare gli altri emendamenti presentati, sui quali, signor Presidente, le chiedo sin d’ora di potermi esprimere in sede di dichiarazione di voto.

 

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, colleghi, illustro l’emendamento 3.300, che prevede di eliminare la discrezionalità sulle esperienze non strettamente collegate all’ambito giudiziario. Mi riferisco agli stage negli studi di avvocati, nelle banche, nelle assicurazioni, nelle industrie, che mi sembrano assolutamente indispensabili e che anzi devono essere resi obbligatori rispetto alla disposta discrezionalità.

Perché insisto sulla obbligatorietà di tali esperienze? Non solo per riguardo al signor Ministro, che giustamente le apprezza al di fuori del mondo giudiziario, ma anche perché nella benedetta Scuola superiore della magistratura che si va delineando e costruendo è difficile capire chi comanderà, chi darà gli indirizzi indispensabili.

Il consiglio direttivo della Scuola superiore dovrà - mi scuso per l’elencazione - sentire il parere del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei componenti dei Consigli universitari.

Si tratta di pareri di cui non si capisce significato rispetto al decidere, che è importante non soltanto sul piano dell’insegnamento ma anche rispetto alla carriera del magistrato. La Scuola superiore della magistratura dovrà, infatti, dare un parere che contenga elementi di verifica attitudinale.

Quindi, in sostanza, andrà in rotta di collisione con il dettato dell’articolo 105 della Costituzione, il quale prevede che sia il Consiglio superiore della magistratura a decidere le assegnazioni, i trasferimenti e le assunzioni dei magistrati. Questa scheda diventerà elemento fondante nei movimenti dei magistrati.

Rendere quantomeno obbligatoria e non soltanto discrezionale questa esperienza professionale credo sia il primo punto fermo rispetto ad una decisione del consiglio direttivo che, dopo aver sentito obbligatoriamente sette pareri, non si sa ancora in forza di che cosa deciderà il piano di studi, gli insegnamenti, le materie, i temi e i programmi trattati. Si costruisce così un bel contenitore senza conoscerne il contenuto, attività per la verità importante ma certamente poco utile ai fini di una corretta gestione dell’amministrazione della giustizia.

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 3.100, 3.101, 3.102, 3.103, 3.105 e 3.107.

Esprimo invece parere favorevole sugli emendamenti 3.104 (testo 2) e 3.106. In merito a quest’ultimo emendamento suggerisco una riformulazione del comma 2-bis), prevedendo la promozione di iniziative e scambi culturali anche con altre professioni giudiziarie; in questo modo verrebbe assorbito l'emendamento 3.110 di cui il senatore Calvi è primo firmatario.

Per quanto riguarda l'emendamento 3.108, ritengo sicuramente utile recuperare il testo - peraltro sostanzialmente identico al dettato del disegno di legge - nella parte relativa all’autonomia contabile, ferma restando però, dal mio punto di vista, la necessità di mantenere anche l’autonomia giuridica. Pertanto, il mio parere sull’emendamento sarebbe favorevole se il testo aggiungesse l’autonomia contabile alle altre forme di autonomia.

Esprimo ancora parere contrario sugli emendamenti 3.109, 3.110, 3.111 e 3.112.

L’emendamento 3.500, da me presentato, testimonia un’evidente presa d’atto che di fronte ad un doppio concorso, quindi ad una doppia commissione, la distinzione di funzioni non può non trovare un ulteriore primo momento di attuazione nelle differenti modalità di svolgimento del tirocinio degli uditori giudiziari.

Invito inoltre i presentatori a ritirare l'emendamento 3.113; diversamente il mio parere è contrario.

Esprimo ancora parere contrario sugli emendamenti 3.300 e 3.115, mentre il parere è favorevole sull’emendamento 3.114.

L'emendamento 3.501, da me presentato, intende corrispondere alla necessità di prevedere un atto conclusivo del tirocinio che rappresenti la carta d’ingresso all’esercizio delle funzioni.

L'emendamento 3.502 - di cui sono presentatore - va riformulato per consentire il superamento del parere contrario della 5a Commissione. Si dovrebbe chiarire che il concetto di dispensa è connesso alla cessazione dal servizio.

Il mio parere è contrario sugli emendamenti 3.116, 3.117, 3.118, 3.119, 3.301, 3.120, 3.121, 3.122, 3.123, 3.124, 3.125, 3.126 e 3.127, mentre, ovviamente, è favorevole sugli emendamenti 3.502 e 3.504, di cui sono presentatore.

Infine, esprimo parere favorevole all'ordine del giorno G3.100 del senatore Centaro.

 

VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il mio parere è conforme a quello espresso dal relatore.

Esprimo, inoltre, particolare apprezzamento per l'emendamento 3.104 (testo 2) perché integrare le finalità cui è deputata la Scuola superiore della magistratura mi sembra quanto mai opportuno.

 

PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 3.100 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 3.101, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.102, presentato dal senatore Zanda, identico all’emendamento 3.103, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.104 (testo 2).

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, avevo chiesta la parola per una dichiarazione di voto sull'emendamento 3.103, ma mi adatterò a farla sull'emendamento 3.104 al quale anche ho apposto la mia firma.

Con questo emendamento si chiede che l'organizzazione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari e l'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale vengano attuate sotto il profilo tecnico, operativo e deontologico.

Naturalmente questo emendamento è in stretta connessione con quello che lo precedeva, il 3.103, nel senso che una formazione che curi anche il profilo deontologico non può essere affidata all'esterno dell'organizzazione giudiziaria. Questo, come è stato ricordato da chi è intervenuto prima di me, è uno dei punti dirimenti sui quali abbiamo chiesto una disponibilità al Governo e alla maggioranza a tornare sui propri passi.

È chiaro che una scuola superiore della magistratura è in grado di offrire una formazione di tipo deontologico e di dare valori nel momento in cui li rappresenti nella forma più organica, quando sia cioè espressione di organi che abbiano un profilo costituzionale.

Nel momento in cui la scuola non ha un rapporto diretto con organi che abbiano un profilo di rilevanza costituzionale, come il Consiglio superiore della magistratura, ma viene prevista "come ente autonomo", dizione che nell'emendamento precedente chiedevamo di cancellare, il compito di intervenire sul profilo deontologico diventa estremamente più a rischio perché un ente autonomo dovrebbe curare il profilo della deontologia istituzionale.

Questa è una contraddizione in termini. Il collega Fassone è intervenuto in precedenza riproponendo qualcosa che ieri avevamo già proposto, la completezza del profilo professionale del magistrato, e ha richiamato oltre al sapere anche il saper fare e il saper essere.

Il saper fare può essere offerto anche da un ente autonomo ma il saper essere ritengo di no, perché i valori sono un bene immateriale e delicatissimo che può essere trasmesso soltanto da coloro che ne siano istituzionalmente portatori.

Questa è la ragione per cui prevedevamo che la formazione avvenisse sotto i profili tecnico, operativo e deontologico. Questo credo sia necessario, perché ogni scuola produce e riproduce valori.

Signor Presidente, lo sanno talmente bene tutti i nostri colleghi che le scuole producono e riproducono valori che anche i teorici della scuola privata sono favorevoli a quel tipo di esperienza formativa, proprio perché ritengono che produca e proponga valori parzialmente diversi, anche se possono essere compatibili con quelli della scuola pubblica.

Se allora pensiamo che i valori ai quali si rifà un magistrato, il suo saper essere, viene forgiato all'interno della scuola superiore della magistratura, questa Scuola superiore non può che essere espressione delle nostre istituzioni e derivare la sua legittimità da un rapporto forte, direi ombelicale con lo spirito della nostra Costituzione.

Questa è la ragione per cui questo emendamento ha una connessione diretta con quello precedente; poiché quest'ultimo è stato bocciato esprimo un voto favorevole sull'emendamento 3.104 condizionato in questo dal punto cui sono giunti così velocemente i nostri lavori.

Vorrei chiederle, signor Presidente, per quanto riguarda determinati emendamenti, una maggiore attenzione, perché ci autoconteniamo ma su alcuni è importante per noi intervenire.

 

PRESIDENTE. La ringrazio per l'autocontingentamento, ma vorrei ricordare che il Gruppo della Margherita e il Gruppo dei DS, anche rispetto alla divisione equa fra maggioranza e opposizione, hanno già superato il proprio tempo di mezz'ora. Credo vi sia stato spazio per tutti.

Metto ai voti l'emendamento 3.104 (testo 2), presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.105, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.106.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, anche per recepire alcune indicazioni del senatore Calvi, sarebbe utile riformulare il numero 2-bis nel seguente modo: "2-bis) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca".

In buona sostanza, l'intenzione condivisa è quella di agevolare in generale iniziative e scambi culturali, senza limitarli alle professioni giudiziarie, recependo l'indicazione relativa alla funzione generale di incontro culturale di cui dovrebbe essere promotore la Scuola superiore della magistratura.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accolgono la proposta di modifica.

 

CALVI (DS-U). Signor Presidente, accogliamo la modifica che è stata peraltro oggetto di un breve dialogo con il relatore. Il problema da noi posto è quello di dare alla Scuola superiore della magistratura, e quindi ai magistrati, la possibilità di un concorso di ricerca e di studio non solo con le altre professioni giuridiche, ma anche con la cultura giuridica del nostro Paese, quindi con l'università. Mi sembra che la formulazione proposta sia corretta.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, ritira a questo punto l'emendamento 3.110?

CALVI (DS-U). Con dolore lo ritiro, anche se la sostanza viene recepita.

 

PRESIDENTE. Colgo il dolore sul suo volto.

Metto ai voti l'emendamento 3.106 (testo 2), presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.107, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Chiedo al presentatore dell'emendamento 3.108 se accoglie la modifica proposta dal relatore.

 

ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, accolgo la richiesta del relatore al quale do atto di aver colto il senso della mia proposta, cioè la necessità della minore dispersione possibile di personale giudiziario in funzioni non proprie.

Raccomando pertanto l'approvazione dell'emendamento.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.108 (testo 2), presentato dal senatore Zanda.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.109.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, la proposta in votazione non rappresenta un punto di nevralgica importanza, mi sembra però significativa alla stessa stregua secondo la quale sono stati accordati un parere e un voto favorevoli all'emendamento 3.104.

Che la Scuola si presti ad offrire i suoi servizi anche a studenti di altra nazionalità non solo ha il valore simbolico di un respiro europeo e internazionale del quale abbiamo già discorso, ma serve soprattutto a propiziare una relazione di reciprocità. Anche i nostri aspiranti magistrati hanno un fortissimo interesse a completare la loro preparazione attraverso la presenza in scuole di Stati stranieri.

Ricordo soltanto alcune notazioni brevissime a proposito di incontri internazionali organizzati dal Consiglio superiore della magistratura: "Si pone sempre di più, anche in sede di interpretazione dei trattati internazionali, la questione della conoscenza del linguaggio giuridico proprio della lingua straniera nella quale vengono stilati gli atti normativi e le convenzioni internazionali.

Si pensi al controllo che la conoscenza delle lingue consente al magistrato circa l’effettivo rispetto, a garanzia dell’accusato in stato di arresto, del fondamentale dettato dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che gli riconosce il fondamentale diritto ad essere informato".

Confido che queste e altre considerazioni possano suggerire al relatore di modificare il proprio parere.

 

PRESIDENTE. Senatore Fassone, credo che la seconda parte dell’emendamento 3.106, già approvato, abbia una certa attinenza con quanto lei richiede nell’emendamento 3.109. Qual è il parere del relatore?

 

BOBBIO Luigi, relatore. Presidente, condivido quello che lei dice e comunque, avendo ascoltato la prospettazione fatta dal collega Fassone, per una maggiore e migliore concretezza di esposizione e per dare coerenza e congruità alla disposizione nel suo complesso, credo di poter mutare la mia opinione sull’emendamento 3.109, sul quale pertanto esprimo parere favorevole.

PRESIDENTE. Anche il Governo intende cambiare il proprio parere?

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.109, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

È approvato.

Ricordo che l’emendamento 3.110 è stato ritirato.

Passiamo all'emendamento 3.111, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, ho auspicato e auspico tuttora un tempo più lungo per l’espletamento del tirocinio. Tale richiesta nasce non da un capriccio o da un pretesto, ma dalla considerazione che sono cresciute di molto le funzioni monocratiche. Con la riforma del giudice unico, sono altissime le probabilità che l’uditore giudiziario che assume funzioni le gestisca da solo.

Ecco perché riteniamo necessario un lungo periodo di apprendimento e di formazione, in coerenza d’altronde con quanto avviene in Europa, alla quale abbiamo dichiarato di volerci omogeneizzare. Ricordo che in Francia il tirocinio ha una durata di 31 mesi (due anni e sette mesi), in Olanda di sei anni, in Germania di due anni (più tre come assessore), in Svezia di due anni e mezzo. In breve, in tutti gli altri Paesi il tirocinio ha una durata superiore a quella che noi proponiamo.

 

CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, chiediamo che questo emendamento venga posto in votazione, considerato il suo rilievo istituzionale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Calvi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 3.111, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.112.

 

ZANDA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, anche l’emendamento 3.112 riguarda la lettera d) del comma 1 dell’articolo 3. Richiamo l’attenzione del relatore, che ha già espresso parere contrario su questo emendamento, con il quale si prevede che il tirocinio abbia una durata di 18 mesi e sia articolato in sessioni.

Nel testo del disegno di legge, già si evidenzia una indeterminatezza delle sessioni, perché si afferma che le sessioni debbono essere tendenzialmente di uguale durata. Quindi, nel disegno di legge ci si rende conto della difficoltà di precisare la questione in una fase preliminare.

Mi sembra però che - rimanendo sempre questa indicazione della tendenzialità della prescrizione - poter distinguere e dare preferibilmente una maggior durata all'applicazione presso gli uffici giudiziari piuttosto che presso la Scuola, possa essere di grande aiuto per la formazione dell'uditore giudiziario.

Pertanto, raccomanderei al relatore di rivedere il suo giudizio negativo su questo emendamento, che penso possa effettivamente contribuire ad una migliore formazione dell'uditore giudiziario.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.112, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.500, presentato dal relatore.

È approvato.

L'emendamento 3.113 si intende ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 3.300, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.114, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.115, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.501.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, svolgerò una breve dichiarazione di voto assolutamente contraria a questo emendamento del relatore. Siamo qui di fronte ad una valutazione di estrema importanza, che ha la conseguenza di estromettere dalla magistratura persone che hanno già superato quel molto difficile concorso, che sappiamo poi essere un doppio concorso. L'emendamento del relatore prevede che ci possa essere anche una valutazione contraria all’idoneità.

Ma non possiamo in una norma di legge affidare questa valutazione di idoneità ad un concetto così atecnico e così approssimativo, visto che non stiamo decidendo di un concorso di bellezza, ma stiamo decidendo se un magistrato che ha superato un concorso sia o meno idoneo a fare il magistrato. Non possiamo affidare una tale scelta alla generica espressione: "tenendo conto di tutti i giudizi espressi".

Ma giudizi espressi da chi? In che termini? Attraverso quali criteri valutativi? Come è possibile che questa così generica espressione "tutti i giudizi espressi" si coaguli poi in una valutazione di inidoneità a fare il magistrato? Siamo di fronte - mi sembra - ad una norma talmente atecnica da meritare il voto contrario di questo Senato della Repubblica.

 

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Signor Presidente, il Gruppo Forza Italia voterà a favore di questo emendamento. Voglio ricordare che già oggi c'è una valutazione all'esito del tirocinio in ordine al conferimento delle funzioni. Ricordo anche che, quando io svolsi il tirocinio, uno dei primi in assoluto del concorso, di fronte ad una fattispecie che era di un tizio che entra in un appartamento privato scassinando, ipotizzò tre tipi di reato: violazione di domicilio, danneggiamento e furto.

Questo dà conto del fatto che, malgrado fosse il quarto del concorso in assoluto, in tutta Italia, non aveva ancora compreso il reato complesso con le circostanze aggravanti. Ipotizziamo anche una persona che sia psicolabile e che dimostri questa sua psicolabilità nel corso del tirocinio. Malgrado possa aver scritto monumenti giuridici nei propri temi, non credo sia il caso di ammetterlo all'esercizio delle funzioni.

E allora, considerato che comunque vi è un coacervo di valutazioni che seguono nel corso del tirocinio, e considerato che già da ora vi è la valutazione ai fini del conferimento delle funzioni, che possono essere e sono state - come ricorderà il collega Fassone - in alcuni casi addirittura ritardate, proprio quando vi erano problemi sotto vari profili, ritengo che questo emendamento debba essere accolto.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Che voleva la votazione elettronica glielo avevo letto negli occhi.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Zancan, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico. La psicolabilità va difesa.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 3.501, presentato dal relatore.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione). (Il tabellone elettronico indica una non omogeneità di voto nei banchi dell’opposizione).

Vedo un voto un po’ strano in questa occasione. Suggerirei una riflessione in una certa ala di quest’Aula.

Dichiaro chiusa la votazione.

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

PRESIDENTE. Mi era capitato di dare indicazioni alla maggioranza, ma adesso doverne dare anche all’opposizione mi pare curioso. Si sente la mancanza di disciplina da parte della senatrice Pagano.

PAGANO (DS-U). Siamo quasi in vacanza, signor Presidente.

PRESIDENTE. Non essendo presente il presidente Azzollini e quindi in attesa delle determinazioni della Commissione bilancio, accantonerei l’emendamento 3.502 e tornerei sull’argomento appena giunga il parere della stessa Commissione. Senatore Antonino Caruso, concorda?

 

CARUSO Antonino (AN). Signor Presidente, non so se alla 5a Commissione può essere utile l’ascolto delle poche cose che ho da dire ad illustrazione anche del nuovo testo dell’emendamento. Però procediamo come lei crede.

 

PRESIDENTE. Non vedendo il presidente Azzollini, temo che i componenti della Commissione siano riuniti, quindi ci avvarremo del documento cartaceo, eventualmente.

L’emendamento 3.502 è dunque accantonato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 3.116 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 3.503, presentato dal relatore.

È approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 3.117 è improcedibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.118.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che l’emendamento 3.118 riesca a limitare i danni; se sposiamo la teoria della riduzione del danno, questo è il momento di applicarla.

A me pare che, quando si parla di una Scuola superiore della magistratura come ente autonomo (lo dicevo prima), si corra il rischio di appaltarle la produzione e anche la riproduzione di valori e deontologie; allora, il raccordo con il Consiglio superiore della magistratura credo debba essere tenuto.

Le parole: "possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura" per definire l’operato della Scuola superiore della magistratura, le proprie strategie didattiche, credo debbano essere sostituite più utilmente con l’espressione: "tenga conto degli indirizzi formulati dal Consiglio superiore della magistratura", perché un conto è consentire a questo Consiglio superiore, che per poco non viene cancellato dalla Costituzione, di fare proposte di cui la Scuola può avvalersi e un conto è, invece, che il Consiglio superiore della magistratura, pur estromesso dalla gestione diretta della Scuola superiore, possa formulare indirizzi che essa ha il dovere di tenere in considerazione. Credo cioè che questa espressione ci consenta di mantenere un minimo filo diretto tra il Consiglio superiore della magistratura e la Scuola.

Mettere il Consiglio superiore della magistratura alla stregua di tutti gli enti e di tutti i soggetti che possono fornire dei consigli dei quali la Scuola può tener conto significa obiettivamente derubricarne il rango costituzionale.

Non so se ci si rende conto degli effetti che si stanno producendo. Penso che questa sia un’operazione grave, poiché il Consiglio superiore della magistratura diventa qualcosa che può essere paragonato all’ordine degli avvocati, oppure a un’università. Non è la stessa cosa.

Fra l’altro, credo in cuor mio che anche nella maggioranza alcuni di questi problemi possano essere capiti. Per esempio, l’intervento che ha svolto prima il senatore Centaro per contrastare ciò che ha detto il senatore Zancan è da me condiviso; ma con il suo intervento, che faceva giustamente riferimento anche alla qualità psicologica del magistrato, smentiva tutto quel castello di concorsi per titoli e per esami, perché sosteneva che il magistrato ha caratteristiche che non si limitano al tipo di conoscenze che ha (anche se poi ha fatto un esempio in cui le conoscenze non c’entravano) e faceva riferimento alla psicolabilità. Dunque, gli stessi princìpi enunciati un giorno vengono smentiti il giorno dopo.

Credo che questo emendamento, per quanto il relatore si sia espresso negativamente sul suo contenuto, ci aiuti a mantenere questo filo. Non è interesse di nessuno spezzare il filo che lega la Scuola superiore - che ormai è consolidato sia un ente autonomo - e il Consiglio superiore della magistratura e fare in modo che il Consiglio superiore formuli degli indirizzi e la Scuola nella sua autonomia ne tenga conto. Mettere il Consiglio alla stregua di un qualsiasi suggeritore, come potrebbe essere ogni ente privato o pubblico, significa cambiare la Costituzione. Rendiamocene conto.

Per questa ragione non solo mi dichiaro a favore, a nome del Gruppo della Margherita e di tutto il centro-sinistra, visto che i firmatari dell’emendamento 3.118 appartengono all’intera area, ma chiedo un ripensamento da parte della maggioranza e del Governo.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, svolgerò l’ultimo intervento su questo articolo, ma non posso fare altrimenti poiché esso contiene il nodo del problema. Conosco le sensazioni e addirittura le manifestazioni di diffidenza, se non di ostilità, verso il Consiglio superiore della magistratura.

Vi sono però quattro ordini di argomenti che giustificano la richiesta avanzata da questo emendamento: il primo è rappresentato dalla dimensione europea della quale abbiamo già più volte parlato e della quale con apprezzamento ho ottenuto conforto attraverso l’approvazione di alcuni emendamenti. Purtroppo, il tempo non mi permette di diffondermi sull’esame di quanto avviene nel resto d’Europa, ma se posso fare quella sgradevole cosa che è il citare se stessi, ricordo che ho fatto oggetto di lunga attenzione la materia della formazione dei magistrati in Europa e ad essa ho dedicato anni di impegno.

Posso assicurare sinteticamente che le varie scuole della magistratura sono diversamente ubicate nel contesto istituzionale nei vari Paesi d’Europa e non di rado sono alle dipendenze del Ministero della giustizia. In ogni caso, laddove esiste un organo di autogoverno della magistratura, esse operano tutte, sebbene in emanazione del Ministero, in stretto collegamento con gli indirizzi dell’organo di autogoverno.

Ed è talmente evidente che la legislazione che finora ha avuto modo di occuparsi di questa materia lo ha dato come scontato. Ho ricordato già in Commissione - mi perdonerà il Ministro, che dice che non porto argomenti nuovi, ma non ricevo obiezioni nuove ai miei argomenti - che la legge 21 novembre 1991, n. 374, affida al Consiglio superiore della magistratura la formazione dei giudici di pace.

Ho ricordato che il decreto n. 448 del 1988, a proposito del processo penale a carico dei minorenni, stabilisce la competenza del Consiglio superiore in tema di formazione; il decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 1988 stabilisce la competenza del Consiglio superiore.

Vi sono quindi un contesto europeo, un contesto normativo e - se mi è consentito citare un’autorità che credo tutti dovremmo riconoscere - le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica in data 29 ottobre 2003 presso il Consiglio superiore, che mi accingo a citare: "La consapevolezza dell’avanzamento del contesto europeo impone un salto di qualità nell’attività di formazione e aggiornamento dei magistrati. In tale direzione, anche in collegamento con analoghe istituzioni di altri Paesi, si è mosso il Consiglio superiore in occasione della predisposizione dei programmi di formazione".

Sono costretto ad interrompere la citazione poiché segue una lunga argomentazione di queste esigenze, che, d’altra parte, si sposa con il senso comune, perché chi se non il Consiglio superiore della magistratura può integrare la importante formazione di tipo accademico? Il sapere accademico, però, è un sapere organizzato e sistematico che ha tempi di elaborazione lunghi.

Quando interviene una legge è il Consiglio superiore della magistratura che deve disporre l’aggiornamento immediato e la disamina, lo studio di questa novità, perché dal giorno dopo i magistrati sono chiamati ad applicarla. Chi, se non il Consiglio superiore della magistratura, è in grado di socializzare le migliori pratiche, le migliori esperienze in materia di riciclaggio, in materia di nuove sensibilità che si formano nella separazione dei coniugi, in tante altre materie nelle quali l’immediatezza dell’esigenza dell’operare è per forza in anticipo sull’organizzazione del sapere accademico? Questo solo il Consiglio superiore della magistratura lo può individuare.

Pertanto, ritengo che si farebbe un grave errore, ispirato a quella intonazione rancorosa che ho detto e che mi è stata obiettata, ma che qui permane e che talora continua ad ispirare questa legge.

Mi auguro un ripensamento anche su questo punto e sono certo che sarebbe apprezzato non solo da me. (Applausi del senatore Maritati).

 

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Signor Presidente, il Gruppo Forza Italia voterà contro l’emendamento 3.118 muovendo dal quadro costituzionale attuale.

Il Consiglio superiore della magistratura è un organo di alta amministrazione di rango costituzionale che non ha, tra i suoi compiti, quello della formazione dei magistrati, ma che si è assunto meritoriamente (lo sottolineo), nell’assenza di una normativa e di un ente addetto a questo compito, la formazione e una serie di corsi culturali che si intersecano con il tirocinio degli uditori giudiziari.

Nel momento in cui viene ipotizzato questo organismo, che sarà il centro della formazione e del tirocinio degli uditori giudiziari, è evidente che ipotizzare anche l’obbligo di tener conto delle indicazioni del Consiglio superiore della magistratura sbilancia l’ottica della formazione del magistrato, che a mio parere deve tener conto dell’ottica dell’Università e di quella dell’Avvocatura e delle altre professioni forensi ai fini di una formazione assolutamente omogenea e complessiva, e non, per certi versi, diretta esclusivamente ad avere come base ineliminabile solo il Consiglio superiore della magistratura. Allora, si dovrebbe tener conto anche delle indicazioni del mondo universitario e del Ministero della giustizia, ma così ingesseremmo le possibilità di movimento della Scuola.

D’altro canto, già ora il CSM si avvale di relatori esterni per i propri corsi di formazione, a dimostrazione che la sensibilità alle novità non è solo nel CSM, ma anche nelle Università e nell’Avvocatura, visto che i loro rappresentanti vengono chiamati a svolgere compiti di aggiornamento.

 

SEMERARO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SEMERARO (AN). Signor Presidente, il Gruppo Alleanza Nazionale voterà decisamente contro l’emendamento 3.118. Riteniamo infatti che il dettato della proposta di legge vada nel segno della realizzazione di un sistema innovativo che non continui ad adagiarsi su quanto finora avvenuto, cioè sulle direttive e i sistemi predisposti e dettati dal Consiglio superiore della magistratura.

Ci rendiamo perfettamente conto che sostituire le parole "possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura" con le altre "tenga conto degli indirizzi" significhi sostanzialmente un totale annullamento dell’autonomia didattica della Scuola e un adagiarsi su quello che il Consiglio superiore della magistratura deve decidere e deve comunicare. D’altra parte, null’altro può significare se non l’adeguarsi agli indirizzi. La parola "indirizzi" significa tracciare i binari lungo i quali devono correre il sistema formativo e l’aggiornamento professionale.

Per questi motivi, proprio perché desideriamo fare un discorso decisamente innovativo e che la Scuola abbia l’autonomia gestionale e di comunicazione che le è propria, voteremo contro l’emendamento 3.118.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, esprimo il fermo convincimento mio e del Gruppo dei Verdi a favore di questo emendamento.

In sostanza, cosa significa che ci si può avvalere delle proposte del Consiglio superiore della magistratura quando già in premessa il suo parere deve essere sempre sentito? Non significa assolutamente niente, perché tali proposte saranno fatte dal Consiglio nazionale forense, dal Ministro e da tutti gli enti esplicitati nell’elencazione fatta in premessa. Il problema non sono i pareri, che sono discrezionali e non vincolanti, ma chi darà gli indirizzi a questa benedetta Scuola superiore della magistratura.

Il Consiglio superiore della magistratura dispone, ai sensi dell’articolo 105 della Costituzione, le assunzioni, le promozioni e i trasferimenti e nel vostro meccanismo dovrà utilizzare quella scheda valutativa che entra nel fascicolo personale del magistrato agli effetti della valutazione dei movimenti di quest’ultimo. Non può altro che essere il Consiglio superiore della magistratura a dare gli indirizzi; gli enti di cui in premessa sono liberi di dare il loro qualificato e ben valutato parere, ma l’indirizzo non può che essere dato dal Consiglio superiore della magistratura.

Da ciò il mio fermo voto favorevole.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 3.118, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.119, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.301, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 3.120 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 3.504, presentato dal relatore.

È approvato.

Risulta pertanto precluso l’emendamento 3.121.

Metto ai voti l'emendamento 3.122, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 3.123 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 3.124, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.125, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.126, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.127.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi riallaccio al parere espresso in precedenza ed anche quest’oggi dal collega Centaro, che spero non me ne voglia se uso in modo massiccio il principio al quale si è rifatto.

Prevedere che i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti siano sottoposti a valutazioni significa che queste ultime non sono necessarie per coloro che invece hanno sostenuto gli stessi concorsi conseguendo l’idoneità. Poiché questi ultimi sono fondati soltanto su un accertamento per esami e per titoli, l’importante principio prima richiamato dal senatore Centaro (secondo cui un magistrato potrebbe essere anche psicolabile e ciò non verrebbe accertato in un concorso per titoli e nemmeno in sede di esame) ritengo escluda la possibilità di pensare che dei magistrati, passati per una valutazione per titoli e per esami, non debbano essere valutati in relazione al complesso delle loro qualità ed attitudini.

Per queste ragioni, confortato dalle stesse parole dei colleghi che ho ascoltato oggi, secondo cui è giusta una valutazione complessiva del magistrato - come abbiamo cercato di richiamare inutilmente ieri - credo che per coerenza questo emendamento possa essere sostenuto anche dalla maggioranza.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.127, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Essendo stato accolto dal Governo, l’ordine del giorno G3.100 non verrà posto in votazione.

Essendo stato accantonato l’emendamento 3.502 (testo 2) non è possibile procedere alla votazione dell’articolo 3.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, ho presentato agli Uffici un emendamento aggiuntivo di un articolo all’articolo 3. Probabilmente è ancora oggetto di parere in sede di 5a Commissione.

PRESIDENTE. Sì, senatore Bobbio, è così. Pertanto, l'emendamento 3.0.100 è accantonato.

Passiamo all’esame dell’articolo 4, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l’articolo 4 affronta due temi molto difficili e oggetto di vibrate e accese discussioni, quello della riforma dei consigli giudiziari e quello dell'istituzione del consiglio direttivo della Corte di cassazione.

Il signor Ministro ha dichiarato con entusiasmo e con soddisfazione che attraverso la riforma dei consigli giudiziari questi vengono aperti alla società civile. Rispondo al signor Ministro, di cui apprezzo comunque l’entusiasmo, che sono tutt’affatto contrario a questo tipo di apertura che, sempre con ogni rispetto, mi sembra timida, populistica, demagogica, incapace di ottenere quegli effetti di svecchiamento, rinnovamento, modernizzazione, maggiore efficacia dei consigli giudiziari che sono nei voti di tanti e nei miei personali.

Signor Ministro, che utilità avranno i due rappresentanti regionali all’interno dei consigli giudiziari? Si tratterà di soggetti privi di qualsiasi competenza tecnica. Ricordo, fra l’altro, che avete escluso dalla possibilità di essere eletto chi ha svolto l’attività di avvocato, quanto meno in un periodo pregresso abbastanza lungo.

Poiché non si possono eleggere magistrati e poiché altra categoria è quella degli appartenenti alla carriera universitaria, siamo in presenza di un'anomala partecipazione, sia pure popolare, ad un'attività amministrativa tecnico-giudiziaria.

Sono assolutamente favorevole alla partecipazione del popolo ai giudizi attraverso l’istituzione delle giurie popolari ma non condivido l’eventualità che su problematiche tecniche vengano chiamati ad esprimersi con un parere assolutamente non qualificato, inconferente, inconducente, inconcludente i rappresentanti delle Regioni, privi di quelle nozioni tecniche che consentirebbero loro di non fare i pesci in barile e di non sedere nei consigli giudiziari solo per acquisire il gettone di presenza, cosa che degrada loro e gli stessi consigli.

Aggiungo, inoltre, che neanche i rappresentanti delle università avrebbero qualcosa in comune con i consigli giudiziari; essi, infatti, passerebbero da un’attività teorica, di docenza, ad un’attività sommamente pratica nella quale è necessario che gli esperti e gli operatori sul campo forniscano indicazioni concrete per consentire il funzionamento della macchina della giustizia regionale, per segnalare la presenza di vuoti, lacune, incertezze, per indicare dove si devono spostare le forze.

Noi abbiamo una visione (forse anche giusta) dell’amministrazione della giustizia come un esercito al servizio dei cittadini e della tutela dei loro diritti, schierato nell’area territoriale distrettuale regionale. Pertanto, sapere dove devono essere spostate le forze è certamente un compito giusto e corretto ma che può essere svolto solo da chi è a conoscenza della situazione di fatto ed è operatore sul campo.

Al contrario, ed è questo il punto fondamentale, è sommamente importante che venga valorizzato il ruolo non di una categoria professionale ma di quei tecnici chiamati dal dettato costituzionale (articolo 24) a rappresentare, difendere, tutelare, esercitare i diritti dei cittadini. Se si vuole finalmente esprimere una valutazione corrispondente a concretezza e a realtà sull’operato dei magistrati, è necessario che questi tecnici intervengano anche in questo ambito.

Mi rendo ben conto di sostenere una tesi che non è accolta unanimemente neppure all'interno dello schieramento dell'opposizione. Forse si risente della propria origine, ma se andiamo a guardare quello che deve essere un risultato di rispondenza alla realtà, perché mai un avvocato non deve pronunciare un giudizio adeguato rispetto all'operato di un magistrato che da anni conosce come onesto, leale e operoso servitore dello Stato e al contrario non esprimere un giudizio di disistima nei confronti di chi non è mai in ufficio, non è mai puntuale, è sgarbato, non fa il suo dovere, deposita le sentenze dopo tre o quattro anni? Questa mi sembra una valutazione che solo un tecnico può dare.

Chiedo quindi al signor Ministro di rivalutare l'esclusione degli avvocati rispetto al parere sui trasferimenti dei magistrati, dal momento che si tratterebbe di un parere sommamente qualificato, nell'interesse dell'amministrazione della giustizia.

Per quanto riguarda da ultimo il Consiglio direttivo della Cassazione, non si sa bene quest’organo a cosa servirà, signor Ministro; non c'è un indicazione dei suoi compiti, non è dato sapere quali funzioni avrà. A me sembra, mi scusi il paragone, un cappello su una struttura verticistica priva di utilità, un pennacchio non certamente utile all'amministrazione della giustizia. (Applausi dal Gruppo Verdi-U).

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, gli emendamenti a mia prima firma su questo articolo sono assai pochi e quindi le risparmierò ampi discorsi. Mi sembra però utile fare una considerazione di fondo.

Questo articolo andrebbe molto bene, da tempo si suggerisce la revisione della funzione, della normativa e della disciplina dei consigli giudiziari, se non ci fosse però l'articolo 2. A questo punto diventa quasi un fuor d'opera perché riflettiamo e ricordiamo cosa sono i consigli giudiziari, quando sono nati, quale è stato il compito che progressivamente è stato loro attribuito. I consigli giudiziari esistono da ben prima del Consiglio superiore della magistratura, esistono anche da ben prima della Costituzione repubblicana. Già ai tempi della monarchia esisteva un comitato che aveva il compito di riferire le conoscenze in ambito locale al procuratore generale del Re in sede centrale.

I consigli giudiziari dalla nascita, che ora ha più di un secolo, sono sempre stati il sensore locale di quello che era l'organo di governo della magistratura, o il Ministro, o il Re o l'organo di autogoverno. Sono sempre stati - ripeto - il sensore locale, lo specchio che sente da vicino quello che a livello centrale non si può conoscere ed in questa linea hanno sempre visto aumentare le loro competenze e nascere una serie di sollecitazioni a decentrare attività e competenze nell'ambito locale, una specie di piccolo federalismo giudiziario.

Questa è stata la linea di tendenza ed anche l’articolo 4, che, si badi bene, è nato nella prima stesura della delega che non conteneva ancora l'attuale articolo 2, aveva una sua logica e una sua funzione. Infatti, non essendo prevista quella barocca macchina concorsuale che il maxiemendamento di marzo ha introdotto, aveva un senso ed una razionalità attribuire maggiori competenze al consiglio giudiziario, posto che il meccanismo di avanzamento continuava ad essere quello delle valutazioni di professionalità su come ciascun magistrato svolge la sua attività; quindi il consiglio giudiziario, giustamente, doveva avere un'implementazione delle sue competenze e della sue responsabilità.

Poi è intervenuto l'articolo 2, che sposta radicalmente il baricentro delle valutazioni di professionalità sulla tecnica concorsuale; cosa restano a fare i consigli giudiziari? Tutta questa amplissima macchina, bella e democratica, con la presenza di altre voci ed articolazioni - gli avvocati, i professori, i rappresentanti del Consiglio regionale - girerà in grandissima parte a vuoto.

I nostri emendamenti non possono dare un po’ di razionalità alla materia perché, approvato ormai l'articolo 2, lo svuotamento fondamentale di competenze resterà; auspichiamo che quanto meno non vi sia una maggioranza di esterni. Sono perfettamente d'accordo, e non da oggi, che la corporazione non deve amministrarsi da sola e infatti il Consiglio superiore della magistratura, nella saviezza dei Costituenti, fu composto per due terzi da togati e per un terzo da laici, estranei alla magistratura ma di altissimo livello; anche i consigli giudiziari devono avere un analogo arricchimento da parte di voci esterne alla magistratura, ma non tali da mettere i magistrati in minoranza.

Gli emendamenti si propongono di rettificare la composizione affinché la componente esterna non sia paritaria e di evitare un fenomeno estremamente delicato sul quale ho avuto riconoscimenti nel corso dei lavori in Commissione. La presenza del foro è certamente importante per arricchire la tavolozza delle voci che devono pronunciare i giudizi sul magistrato, ma è estremamente inopportuno che a pronunciarsi sul magistrato sia l'avvocato fruitore del suo servizio quotidiano, proprio per l'indipendenza del magistrato e la parità degli avvocati; altrimenti si costituirebbe un privilegio nei confronti di colui che ha una qualche leva di influenza sul giudice davanti al quale contende con un altro.

Sotto questo profilo numerosi passi avanti sono già stati fatti; auspico che l'accoglimento degli emendamenti consenta di farne altri.

 

ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, il senatore Fassone, illustrando i suoi emendamenti, ha spiegato in modo esauriente anche il senso delle mie proposte, che tendono a riequilibrare la composizione dei consigli giudiziari presso le corti d'appello e i distretti. Come ha ben illustrato il senatore Fassone, i consigli giudiziari debbono mantenere la maggioranza di giudici togati al loro interno. La composizione qui prevista inserisce nell'ordinamento giudiziario un elemento che non da serenità ai giudici e non è idoneo a consentire un esercizio corretto del consiglio giudiziario.

Raccomando l'approvazione di questi emendamenti, signor relatore, perché ritengo sia un modo corretto di affrontare la composizione dei consigli.

 

AYALA (DS-U). Signor Presidente, accompagno in modo assai sintetico l'illustrazione dell'emendamento 4.110 con qualche considerazione di carattere più generale, perché i colleghi Fassone e Zanda hanno già esplicitato alcuni punti.

Non c'è dubbio che i consigli giudiziari, che hanno alle spalle la lunga storia di cui si è parlato precedentemente, debbano essere aperti. È questo un pensiero maturato da lungo tempo anche all'interno della magistratura. Vi sono state posizioni talvolta contrapposte, personalmente sono sempre stato convinto della opportunità di aprire i consigli soprattutto all'apporto del mondo dell'avvocatura e non soltanto di esso.

Anche per la mia esperienza personale, sono assolutamente d’accordo con chi sostiene che i migliori giudici degli avvocati sono i giudici e che i migliori giudici dei giudici sono gli avvocati, perché lavoriamo ogni giorno a contatto, quindi ognuna delle due categorie è nelle migliori condizioni per valutare il lavoro dell’altra. Ritengo pertanto che l’apertura dei consigli giudiziari al mondo dell’avvocatura sia un passo avanti, una modernità, per usare un termine di moda.

Più in generale, l’apertura dei consigli giudiziari ad apporti anche estranei al mondo togato va fatta tenendo presente che da 45 anni nel nostro Paese esiste e funziona il Consiglio superiore della magistratura, che certamente non è composto solo da togati: vi è una componente di nomina parlamentare (a parte i membri di diritto, che comunque sono sempre togati, quindi nulla quaestio) che ha una sua calibratura di peso numerico, nel senso che è in minoranza rispetto alla componente togata.

Non riesco a vedere la ragione per cui dobbiamo decidere di modellare anche i consigli giudiziari, sulla strada già aperta dal Consiglio superiore della magistratura, sotto il profilo della composizione, e però calibrare diversamente l’origine delle componenti, stabilendo una parità tra togati e non togati. Rispetto le opinioni di tutti, purché abbiano un senso. Sarà un mio tremendo limite, uno dei tanti che mi affliggono, ma non riesco a capire il senso di questa difformità dei consigli giudiziari rispetto al CSM. Ripeto, è una delle tante cose che non riesco a capire, per cui la inserisco nel lungo elenco. La verità è che questo non ha senso.

Nell’ambito della componente non togata (passo così all’emendamento che intendo illustrare), vi sono due membri nominati dal consiglio regionale. Non c’è problema: è una scelta e può essere anche condivisibile. Si potrebbe comunque immaginare di modellarla guardando con un occhio un po’ strabico al CSM, dove - come ricordavo prima - c’è una componente di nomina parlamentare; a livello locale, l’organo che più somiglia al Parlamento è il consiglio regionale. Anche in questo caso, quindi, posso seguire l’impostazione scelta.

La mia preoccupazione, che costituisce l’oggetto, la ratio e la finalità dell’emendamento, è che si debba procedere con cautela: i membri indicati dal consiglio regionale devono essere nominati con maggioranza qualificata e tra persone che siano estranee al consiglio stesso. Devo spiegarne la ragione? Potrei dire intelligenti pauca, ma la spiegherò brevemente.

La maggioranza qualificata ci garantisce tutti dall’eventuale rischio che, in caso di nomina a maggioranza semplice, la maggioranza del consiglio nomini propri esponenti e le altre voci, pur rappresentate democraticamente all’interno del consiglio regionale, non si vedano rappresentate. La dura legge dei numeri che domina la vita delle assemblee comporterebbe una sorta di lottizzazione da parte della maggioranza di questi due posti all’interno del consiglio giudiziario.

Credo che ciò non sia nell’interesse di nessuno, anche perché - lo ricordo con una prospettazione di ordine più generale, che desidero inserire a questo punto - nel nostro Paese, piaccia o non piaccia (e a me personalmente piace molto), ormai si è consolidato il principio dell’alternanza. È quindi un grave errore di carattere ottico, che nella terminologia più appropriata si chiama "miopia", che una maggioranza, che è tale temporaneamente, si faccia le leggi pensando che sarà sempre maggioranza. È un errore, perché domani gli altri diventeranno maggioranza e quegli strumenti che si è pensato di costruire più o meno furbescamente, con una qualche finalità, saranno a disposizione di coloro che oggi sono minoranza e che domani prenderanno il posto dell’attuale maggioranza.

Tale considerazione impone a tutti - non mi riferisco alla maggioranza di oggi, né a quella di ieri - di ragionare con un senso istituzionale ancora più elevato di quello che istintivamente ciascuno di noi si porta dentro.

Questo è uno dei temi; non sembrerà il più importante, forse non lo è, ma di questo stiamo discutendo e nell’ambito di tale questione voglio invitare i colleghi a votare a favore di questo emendamento. Quando, infatti, stabiliamo l'accesso di rappresentanti del consiglio regionale all'interno del consiglio giudiziario, dobbiamo compiere una seconda, attenta valutazione: chi saranno (non mi riferisco alle presone fisiche, naturalmente), che legittimizzazione democratica e politica avranno questi due membri?

La maggioranza qualificata garantisce che saranno comunque frutto di un largo accordo, non faranno parte del consiglio regionale, quindi saranno dei membri probabilmente prestigiosi, estranei comunque al consiglio regionale, ma se scelti da una maggioranza qualificata, non saranno di nessuno, saranno di tutti. Se poi diversamente opinate, votate così: qualche vostra maggioranza si nominerà i suoi; quando finirete di essere maggioranza vi piangerete quelli degli altri.

 

ALBERTI CASELLATI (FI). Signor Presidente, a mio avviso è necessario riequilibrare le funzioni dei membri non togati all'interno dei consigli giudiziari. Io ritengo che la funzione dei membri non togati debba essere più pregnante, nel senso che debbano essere attribuite anche ai membri non togati tutte le funzioni dei togati. Diversamente ci sarà la possibilità che un vice presidente del consiglio direttivo si ritrovi ad essere un vice presidente addirittura dimezzato, perché ha funzioni e ruoli limitati a pochi aspetti all'interno del consiglio stesso.

 

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei farvi un discorso serio: non intendo applicare il contingentamento dei tempi, però qui adesso stiamo viaggiando nell'ordine dell'ora di sforamento per Gruppo rispetto ad un orario ancorché teorico. È ovvio che le 15 ore non posso riservarle esclusivamente all'opposizione.

I restanti emendamenti sono da considerarsi illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Esprimo parere contrario sugli emendamenti 4.100, 4.101, 4.102, 4.103, 4.105 (testo corretto), 4.106, 4.104 (testo 2), 4.107, 4.108, 4.109, 4.110, 4.111, 4.112, 4.113, 4.114, 4.115, 4.116, 4.117, 4.118 e 4.119.

Non posso, ovviamente, che essere favorevole ai miei emendamenti 4.500 e 4.501.

Per quanto riguarda l'emendamento 4.121, inviterei la presentatrice a riformularlo, sopprimendo dall'elenco numerico di cui alla lettera b) i numeri 2) e 3).

Invito al ritiro dell'emendamento 4.123 (testo 2); diversamente il mio parere è contrario.

Esprimo parere contrario sull'emendamento 4.124, mentre ritengo che, in caso di riformulazione dell'emendamento 4.121, l'emendamento 4.125 potrebbe essere ritirato dalla senatrice Alberti Casellati.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello del relatore. Concordo particolarmente con la richiesta di riformulazione dell’emendamento 4.121 perché nell’attuale formulazione potrebbe creare problemi di costituzionalità.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 4.100.

 

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, con l’emendamento 4.100 chiedo la soppressione dell’articolo 4. Ho letto con qualche sorpresa le modifiche introdotte circa il consiglio giudiziario e mi sembra che non soltanto si stravolga un sistema che, tutto sommato, aveva dato buoni risultati, ma anche che, invece di migliorarlo, lo si voglia riportare all’inizio del secolo scorso.

Cosa voglio dire? I consigli giudiziari furono istituiti nei primi anni del Novecento ed erano di nomina regia; erano una sorta di commissariati prefettizi che il potere centralizzato, il re e il Governo, avevano in loco; in altre parole, erano la longa manus, l’orecchio locale sulla magistratura e quindi si sarebbero potute assumere tutte le decisioni centrali, al vertice, avendo raccolto tutte le informazioni necessarie in loco. Questo erano i consigli giudiziari all’inizio del Novecento.

Naturalmente, questa struttura non poteva permanere con l’entrata in vigore della nostra Carta costituzionale, perché, essendo stati introdotti il principio dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura e il Consiglio superiore della magistratura, quella funzione di longa manus, di luogo di ausculto del potere centrale, non poteva permanere.

Lunghe battaglie furono condotte soprattutto negli anni Sessanta, quando si giunse all’elezione degli organismi democraticamente costituiti; penso agli avvocati, che per la prima volta hanno avuto la possibilità di entrare in un consiglio giudiziario e quindi di partecipare alla vita organizzativa della magistratura: è stata una grande conquista.

Questa conquista non viene cancellata, ma viene resa apparente e vana: infatti, non vi è più nessuna esigenza di questo tipo di valutazione (con tutte le prerogative che oggi hanno i consigli giudiziari nella valutazione della condotta del singolo magistrato, questa sì vista direttamente e da vicino) quando le progressioni di carriera vengono demandate a un meccanismo concorsuale che determina una struttura verticistica, piramidale della magistratura; quindi, a questo punto, quella presenza, che era il segno di una partecipazione democratica, ad esempio degli avvocati, nei consigli giudiziari, viene meno. (Applausi ironici del senatore Tirelli).

Questo è il problema fondamentale che vogliamo porre.

Perché ho detto all’inizio che ero sorpreso? Perché questa struttura federata, che andava rafforzata, viene invece mantenuta, in modo apparente, attraverso l’approvazione dell’articolo 2, e viene quindi svuotata di ogni sua effettiva capacità di esprimere valutazioni vere e reali sul processo di valutazione complessiva della magistratura.

Per tale motivo chiedo che sia rivista questa situazione e sia soppresso l’articolo 4. Ancor meglio potrò esporre in seguito, quando interverrò su un altro emendamento da me presentato, come in concreto si potrebbe (Richiami del Presidente) rimediare a questa grave violazione dei princìpi di strutturazione democratica nel processo di valutazione del giudice. (Applausi del senatore Fassone. Applausi ironici del senatore Tirelli).

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, abbiamo ripreso i nostri lavori oggi pomeriggio alle ore 15 e abbiamo completato l’esame dell’articolo 3, che riguarda la Scuola superiore della magistratura. Lei sa che anche rispetto a quell’articolo è stato necessario un accantonamento, in attesa dei pareri della 5a Commissione. Analogo problema abbiamo di fronte per l’articolo 4.

Riterrei ragionevole, a questo punto, incombendo la sessione di bilancio, sospendere la trattazione dei disegni di legge sull’ordinamento giudiziario.

Ci attende l’esame di articoli sui quali il disaccordo è totale. Sarebbe opportuno un rinvio per mantenere il clima di contrapposizione dialettica, anche se aspra. Riprendendo voci che aleggiano in Aula, rassegno a lei questa richiesta, signor Presidente, per verificare l’accordo da parte di tutti i Gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Ricordo a tutti che per poter procedere in tal senso è necessario l’accordo unanime dell’Assemblea.

 

TIRELLI (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIRELLI (LP). Signor Presidente, a Natale siamo tutti buoni e ci vogliamo bene, però, non c’è periodo dell’anno che debba permettere di essere presi per i fondelli. Parliamoci chiaro, signor Presidente! È iniziato l’iter di un provvedimento perfettibile nei vari passaggi in un ramo o nell’altro del Parlamento, modificabile a termini di Regolamento, ma sarebbe comunque il primo inizio di un cambiamento. Forse sono troppo semplicistico, ma deve essere chiaro che si sta parlando di chi vuole cambiare qualcosa e chi non vuole alcunché. Non facciamo finta che l’intenzione sia quella di cambiare, ma ognuno a modo suo.

La sinistra ha avuto a disposizione molti anni per attuare la riforma, senza farlo. Al primo accenno di riforma, dopo più di due anni di discussione in Commissione, si accorge della necessità di far sentire la propria voce e la fa sentire quando la maggioranza è determinata a portare a termine il provvedimento al nostro esame. Se la maggioranza viene meno alla sua determinazione, è logico che si finisce per dare ragione a chi ha avanzato la proposta di rinvio. Colleghi, pensateci bene! (Applausi dal Gruppo LP e del senatore Carrara).

 

PELLICINI (AN). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLICINI (AN). Signor Presidente, sono un profondo estimatore di parecchi colleghi della sinistra, in particolare di quelli che si occupano del settore della giustizia: i senatori Ayala, Calvi, Fassone, Maritati, Dalla Chiesa. Capisco il loro rovello (senza con ciò ricordare il magistrato Rovello, morto da poco in Sicilia). Capisco il loro punto di vista, perché la magistratura è stata per molti anni un corpo estraneo al Paese, come lo è stato l’Esercito. Sono figlio di un avvocato e i magistrati a quei tempi parlavano poco, erano pagati male, erano spesso mandati al fronte, dove lavoravano, erano persone umili. Per dirla con una frase che mi secca ogni tanto ripetere, visto che sono stato ufficiale di complemento dei Carabinieri nel settore sportivo, erano servitori dello Stato. Forse non bisogna abusare di questo termine. Praticamente, erano lo Stato.

Bisogna però ricordare anche che la magistratura nel 1947 venne capitanata dall’allora ministro di grazia e giustizia Togliatti, il quale vide perfettamente il futuro di una certa parte dello Stato, probabilmente in buona fede. Non voglio dire che Togliatti, in quanto comunista, fosse un anti-italiano. Togliatti era un comunista che pensava che l’Italia dovesse essere amministrata dai comunisti.

Ebbene, qual è oggi il problema? Discutiamo una legge, caro collega Tirelli, che deve essere portata avanti. Oggi cerchiamo la vostra collaborazione. Ho ascoltato ieri discorsi assolutamente sensati, tanto che mi sono, con una punta d’ironia, complimentato con il senatore Ayala, cui ho detto che, per quanto magistrato, fa dei discorsi bellissimi. Ovviamente, è una battuta.

PRESIDENTE. Senatore Pellicini, non intervengo spesso a difesa della magistratura, ma dire che, per quanto magistrato, un collega ha fatto dei discorsi bellissimi è troppo!

PELLICINI (AN). Era una battuta, signor Presidente, che forse lei non ha colto. Noi abbiamo il senso dello Stato, voi forse della Padania. Ho fatto una battuta, della quale mi vergogno e mi scuso. (Applausi ironici dal Gruppo LP). Mi rivolgo anche a voi, che siete una parte importante dello Stato, ancorché forse un po’ separata.

Allora, qual è il punto? Il punto è che non va bloccata la legge; il punto è che la riforma della magistratura è la riforma di una parte importante dello Stato e bisogna avere senso dello Stato. Allora, il problema è che dobbiamo evitare la conservazione. Il senatore Tirelli - che è un leghista doc, ma anche dop - ha detto che dobbiamo fare qualcosa, non come Governo di centro-destra, bensì come forze innovative, per fissare alcuni princìpi, ad esempio quello dell’incompatibilità. Non è possibile che un magistrato che mi ha inquisito diventi poi giudice di me medesimo inquisito. Ha risposto bene il senatore Ayala dicendo che lo si fa, ma non in secondo grado.

Dobbiamo quindi collaborare perché la magistratura - lo voglio affermare per Alleanza Nazionale - è lo Stato, è la garanzia del cittadino, è la Repubblica.

MARITATI (DS-U). Questa legge la rovina!

PELLICINI (AN). E allora bisogna in qualche modo superare gli schemi di parte e guardarci in faccia tutti, destra e sinistra, perché anche la sinistra è lo Stato. Questo è il punto.

MARITATI (DS-U). Leggila molto bene questa legge!

PELLICINI (AN). Chiedo scusa, senatore Maritati, vorrei terminare il mio intervento.

Vi sono avvocati che dopo vent’anni di onorato esercizio del mestiere di difensore possono essere giudici in Cassazione: è lo stesso principio dell’accesso alla magistratura anche dei giudici onorari, come del resto avviene nel Regno Unito, con la common law. Quando si dice che il magistrato va tutelato fino in fondo, si intende va tutelato anche fisicamente, con i carabinieri.

In altre parole, amici, torniamo ad essere il Parlamento repubblicano, il Parlamento che fa le leggi, il Parlamento che difende la Repubblica. Questo è lo scopo del dibattito; il resto, scusate, riguarda emendamenti forse importanti, ma che a volte fanno acqua. In altre parole, uniti per la Repubblica! (Applausi dai Gruppi AN e FI).

PRESIDENTE. Senatore Pellicini, devo interpretare il suo intervento come un invito a proseguire nei nostri lavori?

PELLICINI (AN). Signor Presidente, essendo lei padano mi rimetto alla sua saggezza.

 

PRESIDENTE. Non essendosi registrata l’unanimità di consenso rispetto alla richiesta avanzata dal senatore Manzione, per la contrarietà espressa dal senatore Tirelli, dobbiamo proseguire i nostri lavori, così come stabilito dal calendario.

Metto dunque ai voti l'emendamento 4.100, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.101.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, prendo atto che il mio appello non ha sortito effetto. È evidente che dobbiamo riprendere regolarmente lo svolgimento dei lavori dell’Assemblea.

Pertanto sull’emendamento 4.101 chiedo preventivamente la verifica del numero legale per controllarne la sussistenza. (Applausi ironici dal Gruppo LP e del senatore Carrara).

 

Verifica del numero legale

 

PRESIDENTE. È evidente che, alla luce anche della richiesta di verifica del numero legale, la Presidenza assumerà le determinazioni che erano state già fissate all’inizio del pomeriggio dalla Conferenza dei Capigruppo sul contingentamento dei tempi.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

MARITATI (DS-U). Vi sono molte luci accese cui non corrisponde nessun senatore! (Proteste dai banchi della maggioranza).

PRESIDENTE. Colleghi, state un po’ tranquilli. (Proteste dei senatori Ayala e Maritati).

In certi momenti è proprio il caso di dire che il bue dà del cornuto all’asino perché guardo da una parte e dall’altra. (Commenti dai banchi dell’opposizione).

Il Senato non è in numero legale, ma di pochissimo.

Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 17,01, è ripresa alle ore 17,22).

 

Presidenza del presidente PERA

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1296,

1050,1226,1258,1259,1260,1261,1367,1426 e1536

 

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Metto ai voti l'emendamento 4.101, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.102, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 4.103 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 4.106, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.104 (testo 2), presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 4.107 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 4.105 (testo corretto), presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 4.108 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 4.109, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.110, presentato dal senatore Ayala e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.111.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, con questo "benedetto" intervento della società civile nei consigli giudiziari - per riprendere l’espressione utilizzata dal Ministro - si dà spazio a soggetti nominati dal consiglio regionale ma si richiede che costoro non abbiano svolto nei cinque anni precedenti la professione di avvocato nell’ambito del distretto.

Non ritengo giusta questa esclusione. È vero che l’avvocato è un tecnico, ma è altrettanto vero che fa parte a pieno titolo della società civile e, specialmente se è nella condizione di pensionamento o di prepensionamento, può offrire un forte contributo di esperienza e di conoscenza e, quindi, può utilmente essere nominato dal consiglio regionale. Credo che tale esclusione sottragga persone di competenza e di esperienza e non faccia partecipare la società civile; è un'esclusione che non ha ragion d'essere e non si giustifica.

Per queste ragioni, chiedo che l'emendamento venga accolto.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.111, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.112, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione permanente ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 4.113 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 4.114, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.500, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.115, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.116, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.117.

 

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, questo emendamento si ricollega al discorso che ho avuto occasione di fare proprio pochi minuti fa circa la natura, la storia e le competenze del consiglio giudiziario.

L'emendamento propone di sostituire il comma 1, lettera s), numero 2), che attiene appunto alle competenze.

Noi reputiamo che il decentramento delle competenze rafforzi la territorialità della struttura e quindi a questo punto è opportuno che ci sia una maggiore attenzione e un potenziamento dei poteri delle strutture locali rispetto alla struttura centralizzata.

Ne ho già spiegato le ragioni, indicando la storia di questo istituto e come esso verrebbe, purtroppo, non solo depotenziato ma svuotato di significato. Questo emendamento pertanto tende a conferire nuovi poteri e nuova forza a questo istituto, proprio per restituirgli in qualche modo quelle competenze che l'articolo 2 gli ha sottratto.

In altre parole, alla proposta che è stata formulata nel testo del Governo e nel testo proposto dalla Commissione, dove si afferma che le competenze di cui al numero 2) sono anche la preparazione tecnico-professionale, la laboriosità e la diligenza (che sono certamente momenti essenziali), noi proponiamo di aggiungere che l'organo territoriale di controllo possa interloquire anche a richiesta del Consiglio superiore della magistratura, valutando oltre che l'attività giudiziaria e scientifica, la produttività, la capacità tecnica e l'equilibrio, nonché altri elementi che sono la disponibilità alle esigenze del servizio, il tratto con tutti i soggetti processuali e la deontologia.

Voglio soltanto ricordare che gli avvocati più volte hanno lamentato la condotta dei magistrati nei confronti dei vari soggetti processuali. Quante volte abbiamo visto scritto sulla porta dell’ufficio di alcuni pubblici ministeri che il pubblico e gli avvocati si ricevono soltanto dalle ore 11 alle ore 12 del mercoledì e poi in quell'ora non si trovano mai? Sarebbe necessaria quindi una maggiore severità di controllo nei confronti di costoro. Questa situazione certamente sarà maggiormente visibile ad un organismo che è sul territorio, rispetto ad un organismo centrale come il CSM.

Quindi, a questo punto, dire che le competenze dell'istituto attengono, oltre a quelle che ho elencato, anche al tratto nei confronti dei soggetti processuali e alla deontologia secondo me significa andare incontro a richieste che vengono dal mondo forense, per un maggior rigore da parte del magistrato che può essere oggetto di attenzione non solo dell'organo centrale ma anche di quello periferico, cioè del consiglio giudiziario.

Questo è il senso dell'emendamento 4.117 e non vedo ragione perché esso non debba essere accolto.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.117, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.501, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.118, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.119, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo all'emendamento 4.121, sul quale la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione e il relatore ha avanzato un invito alla riformulazione.

 

AZZOLLINI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, mi è stato chiesto di motivare il parere contrario. Il testo prevede che alcuni soggetti distanti dal luogo delle riunioni possano partecipare esclusivamente a certe riunioni e per certi argomenti. L'emendamento 4.121, sopprimendo la parola "esclusivamente" nonché la determinatezza degli argomenti, estende la possibilità di partecipare ad altre riunioni e per altri argomenti: è dunque evidente la mancanza di copertura finanziaria.

 

ALBERTI CASELLATI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTI CASELLATI (FI). Signor Presidente, avrei riformulato l'emendamento secondo le indicazioni del relatore ma, posto il parere contrario della Commissione bilancio, ritiro gli emendamenti 4.121 e 4.125.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 4.123 (testo 2) è improcedibile.

Passiamo all'emendamento 4.124, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

ZANCAN (Verdi-U). Ne chiediamo la votazione.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Zancan, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.124, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento 4.125 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 4.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, esprimo il mio voto complessivamente contrario all'articolo 4.

Rispetto alla composizione dei consigli giudiziari, signor Ministro, la sua buona intenzione ha lastricato le vie dell'inferno (Commenti dal Gruppo AN). È un proverbio, colleghi, che ha la sua saggezza. Il tentativo di far entrare nei consigli giudiziari esponenti della società civile si rivela - me lo consenta, signor Ministro - ipocrita. I componenti estranei sono infatti lasciati alla finestra perché nei veri momenti decisionali, quando bisogna esprimere un parere sull'efficienza e l'efficacia degli uffici giudiziari, cioè sui trasferimenti dei magistrati, i rappresentanti dei consigli regionali, dell'università e degli avvocati, fatti entrare con suono di grancassa, sono pregati di uscire. Nel loro conclave esclusivo decidono i magistrati.

Se si vuole fare una riforma, non formale bensì sostanziale, i nuovi componenti devono partecipare in condizioni di parità alla formulazione del parere, altrimenti non si eviterà il fenomeno per cui un magistrato di medio livello diventa un ottimo, eccelso, straordinario, magnifico e indefesso magistrato.

Se vogliamo togliere quelle aggettivazioni che critichiamo, dobbiamo riconoscere un momento decisionale agli esterni che vengono inseriti; non facciamoli entrare solo per dare un contentino, perché sarebbe un palliativo che nella sostanza non risolverebbe il problema.

Il consiglio direttivo della Corte di cassazione non ha un numero di membri prefissato (al riguardo, avevo proposto un emendamento che è stato respinto, ma ripeto la mia osservazione criticando in generale l’articolo 4), perché si è adottato il meccanismo che si applica soltanto agli alti organi costituzionali, secondo cui si stabilisce non il numero dei componenti, ma la percentuale. Ad esempio, nel Consiglio superiore della magistratura una determinata percentuale dei membri è nominata dal Parlamento e la restante da magistrati.

In questo caso, però, ciò non è possibile, perché le categorie che dovrebbero entrare a far parte del consiglio direttivo sono tre. Allora, l’indicazione della percentuale non è risolutiva: siccome vengono chiamati a far parte del consiglio direttivo della Cassazione non solo i magistrati, ma anche i professori universitari e gli avvocati, non si risolve il problema stabilendo che un terzo dei membri appartiene a queste due categorie e gli altri due terzi sono magistrati. Infatti, se i membri sono tre, chi si sceglierà tra il professore e l’avvocato?

Qual è la norma, visto che nel testo avete usato una "e" e non una "o" nell’elencare i componenti del consiglio direttivo? Sottopongo quindi alla vostra attenzione la necessità di cambiare almeno la "e" in "o", altrimenti una delle due categorie non potrà entrare nel consiglio e così si violerebbe la legge ogni volta che si formasse il consiglio direttivo della Cassazione.

Stabilendo un numero prefissato di membri del consiglio direttivo, si avrebbe anche il vantaggio che non vi sarebbero tutti generali e nessun soldato, come spesso succede nei nostri eserciti; infatti, potrebbe accadere che su 200 magistrati di Cassazione ben 195 facciano parte del consiglio direttivo.

Per evitare questo inconveniente, oltre a stabilire un numero prefissato di membri, si dovrebbero anche attribuire compiti ben precisi a questo consiglio direttivo. Si è creato un organo senza dire a cosa serve, cosa fa, quali sono gli indirizzi che deve seguire, visto che ogni magistrato, ogni sezione decide nella sua piena autonomia ed indipendenza.

Non si riesce a capire quali funzioni svolge questo consiglio, quali parametri regolano la sua attività direttiva (ferme restando, ovviamente, l’autonomia e l’indipendenza del singolo magistrato e della singola sezione). Ciò che dico suscita il dissenso del senatore Centaro, il quale però non mi fa cambiare opinione sul fatto che avete creato un apparato esornativo, privo di funzioni, che non è veramente utile all’amministrazione della giustizia.

Per queste ragioni, che ho espresso in sintesi ma in modo assolutamente convinto, il mio Gruppo voterà contro l’articolo 4 del disegno di legge in discussione.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questo articolo si manifesta ulteriormente la contraddizione profonda che attraversa il disegno di legge, tra i princìpi che vengono indicati (vi sono state anche polemiche di alto livello prima di questa legge, che ne hanno accompagnato il processo di legittimazione, per quanto questo è riuscito, presso l’opinione pubblica) e le implicazioni effettive della legge.

Uno degli obiettivi che si è dichiarato di voler raggiungere è quello dell'efficienza, dare cioè alla magistratura maggiore efficienza, maggiore determinatezza dei compiti, in modo tale che nessuno possa fuoriuscire dai propri confini e dalle responsabilità che gli sono istituzionalmente assegnate.

Come ricordava prima il collega Zancan, abbiamo un consiglio direttivo della Corte di cassazione del quale è prevista la composizione, ma non le funzioni. Noi stiamo introducendo con questa legge un organismo che non sappiamo a che cosa servirà; sarà un consiglio direttivo, ma non ne conosciamo compiti e confini. E dunque inevitabilmente sarà un organismo che inciderà negativamente sul livello di efficienza, perché o farà sorgere immediatamente conflitti di attribuzione, oppure successivamente nascerà una disputa su quali debbano essere i confini effettivamente riconosciuti.

È possibile che nell'esercizio della delega il Governo riesca a risolvere questo problema, e tuttavia, siccome il Governo non è delegato a definire quali sono i compiti di questo consiglio direttivo, se li definisse andrebbe al di là della delega. Non mi sembra un problema da poco. Noi stiamo introducendo questo consiglio direttivo. Questo consiglio direttivo c'è - e non credo di essere particolarmente malizioso nel pensarlo - perché contribuisce, nel polverone della ridistribuzione vera o presunta dei poteri, ad indebolire la funzione del Consiglio superiore della magistratura che è il vero obiettivo, il vero bersaglio di molti articoli di questa legge.

Questa legge ha un bersaglio costituzionale, e credo che questo debba essere detto con molta chiarezza. I consigli giudiziari tendono, per come sono stati concepiti, a prendersi a loro volta una fettina di questi poteri, che potenzialmente vengono confiscati dall'alto dal consiglio direttivo della Corte di cassazione, che per altro verso vengono usurpati - e uso a ragione questo termine - dalla Scuola superiore della magistratura come ente autonomo, e dall'altra parte vengono rosicchiati dai consigli giudiziari.

E allora anche qui nella composizione dei consigli giudiziari emerge una contraddizione. Scusate, colleghi, da anni si dice che bisogna ridurre il grado di politicizzazione della magistratura. Dopodiché abbiamo fatto una riforma del Consiglio superiore che innalza la percentuale dei componenti di nomina politica, e adesso concepiamo dei consigli giudiziari all'interno dei quali entrano coloro che vengono eletti dalle assemblee regionali, cioè di nuovo dei membri di nomina politica.

Saranno esterni ai consigli regionali, ma l'esperienza che abbiamo noi è che i trombati della politica andranno nei consigli giudiziari; quelli che non sono eletti da una parte rivendicheranno il diritto di entrare nei consigli giudiziari in nome e per conto delle Regioni. Oppure, quelli che hanno ormai un cursus honorum esaurito, logoro, sfibrato perché nessuno li vota più, andranno per delega dei partiti nei consigli giudiziari e amministreranno la giustizia. Ma, stante le nostre abitudini, nonché le dichiarazioni di principio che sono state fatte, e cioè che bisogna spoliticizzare la magistratura, vi sembra un bell'approdo? Vi sembra che questo articolo confermi le enunciazioni o le smentisca, come sono già state smentite in altre occasioni?

Questa è la ragione per cui ci sentiamo di votare convintamente contro questo articolo, che naturalmente poi sarà difeso con qualche gioco di parole, dato che si riesce sempre a far passare una cosa per quello che non è. Ma noi stiamo licenziando un articolo che continua ad avere come bersaglio un organo costituzionale, che introduce un principio di inefficienza, perché c'è un organismo nuovo di cui non si dice quali sono i compiti e che alza il livello di politicizzazione della politica. Complimenti! (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U).

 

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei farvi presente un problema. Avevamo detto che ci sarebbe stata una certa elasticità per quanto riguarda i tempi; era stata convenuta in uno stile da gentlemen agreement. Qui ci sono dei Gruppi - mi riferisco anche al suo, senatore Dalla Chiesa - che sono già oltre 24 minuti il tempo massimo a loro disposizione. Quindi, occorre un po' di ragionevolezza. La chiedo a tutti, perché un po' di sforamento era previsto, e la Conferenza dei Capigruppo lo aveva concesso - questo va bene! - ma così tanto mi pare eccessivo.

 

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Anche a lei, senatore Calvi, rivolgo la stessa raccomandazione.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, sarò particolarmente sintetico dopo questa sua osservazione.

Perché votiamo contro? Molti argomenti sono stati già esposti e li condivido tutti, ma ce n’è uno, se dovessi fare una sintesi di questa norma, che ritengo di dover sottolineare con forza.

Il consiglio giudiziario, se sarà attuato così come voi lo avete definito, sarà un ente inutile. Mi domando infatti e domando a tutti voi: le decisioni, le valutazioni del consiglio giudiziario oggi, alla luce di questa norma, quali effetti avranno? Nessun effetto significativo. Questo è diventato un ente assolutamente inutile, le sue valutazioni saranno complementari e marginali.

Vedete, noi abbiamo svuotato un istituto che rappresentava un momento di grande democrazia all’interno di una struttura rigida qual era quella del controllo della magistratura e lo abbiamo trasformato in una sorta di parcheggio ove appunto personaggi eletti da organismi istituzionali, quali le Regioni, andranno senza avere nessuna possibilità di incidere effettivamente nel percorso delle carriere e delle valutazioni dei magistrati. Di questo si tratta: avremo un consiglio giudiziario che sarà né più né meno uno dei tanti enti inutili che esistono nel nostro Paese.

Se dovesse esprimere un parere negativo, se dovesse censurare un magistrato, quale effetto otterrebbe? Come inciderebbe per impedire che quel magistrato progredisca in carriera? In nessun modo, per il semplice fatto che, avendo egli superato, alla luce dell’articolo 2, quei concorsi che voi avete fissato, quella valutazione, quella decisione diventerà assolutamente inutile, inefficace, non avrà nessuna possibilità di incidere sul percorso della carriera di quel magistrato. Questo è il punto.

Ho già ricordato che questo istituto, quando nacque all’inizio del secolo scorso, nacque come strumento di controllo e di informazione locale per riferire al centro quelle informazioni che soltanto localmente si potevano acquisire; era una sorta di prefettura della giustizia: era il prefetto che informava il Governo ed era un consiglio giudiziario di nomina regia - mi sembra fosse il 1904 - che informava i vertici dell’apparato statale su come regolarsi nella promozione, nella carriera dei singoli magistrati.

Le lunghe battaglie che sono state fatte per l’attuazione di istituti democratici dopo l’approvazione della Carta costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura e l’affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici hanno fatto sì che questo istituto diventasse invece un momento di controllo di straordinaria efficacia.

Ora bisognava potenziare questo istituto di controllo, bisognava rendere efficace quel controllo territoriale che avrebbe consentito a quegli organi di vertice (il Consiglio superiore della magistratura per primo) di poter decidere in modo efficace circa la carriera, circa le connotazioni professionali e deontologiche di quei magistrati.

Ora voi ci impedite, cioè impedite agli avvocati che sono presenti nei consigli giudiziari, di incidere; e gli avvocati credo che non verranno, perché non avranno tempo da perdere a partecipare a organismi che sono assolutamente inutili. Invece, questi poteri dovevano essere potenziati, occorreva far sì che questi organismi territoriali, nell’esprimere il loro giudizio, incidessero effettivamente sulla carriera dei magistrati. Voi, attraverso l’articolo 2, avete impedito questo processo di giudizi, questo processo che consentiva tale tipo di valutazione.

A questo punto la domanda che pongo è la seguente: se interviene una valutazione negativa del consiglio giudiziario, quali effetti avrà, quando il magistrato potrà superare per altre vie lo sbarramento del concorso e procedere in carriera? Ciò significa che, approvando l’articolo 4, avrete svuotato di qualsiasi contenuto ed efficacia il controllo del consiglio giudiziario.

Questa è la ragione per cui voteremo contro e continueremo ad osteggiarvi ogni qualvolta attraverso dichiarazioni stentoree di controllo della magistratura in effetti approvate leggi come quelle di riforma del Consiglio superiore. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Senatori, grazie a voi per il silenzio e a lei, senatore Calvi, per la conclusione del suo intervento.

 

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Signor Presidente, con l’articolo 4 che il Gruppo Forza Italia dichiara di approvare si vuole cominciare un’attività di decentramento dell’attività del Consiglio superiore della magistratura, che evidentemente vede nei consigli giudiziari dei passacarte che non fanno altro che intasare il lavoro del Consiglio superiore.

Si comincia ad ipotizzare il consiglio direttivo presso la Corte di cassazione che, vorrei dirlo ai colleghi Zancan e Dalla Chiesa, vede tracciati esplicitamente i propri compiti nella lettera e) del comma 1, che rinvia alle lettere s) e t), cioè i compiti dei consigli giudiziari. Quindi, non si avrà un organo senza compiti bensì provvisto di indicazioni assolutamente dirette e precise. La composizione e l’apertura agli avvocati e ad ai professori universitari comporta la creazione di un Consiglio superiore della magistratura in piccolo, decentrato, in sede periferica.

Ovviamente non si può prevedere, come si fa con il CSM, che in esso siedano un certo numero di avvocati o di professori universitari; si ipotizzano le categorie; poco importa che siano tutti componenti dell’una o dell’altra categoria. L’attuale sistema, che potrà essere sperimentato e ulteriormente accentuato, non penalizza il rapporto avvocato-magistrato.

Non vogliamo di certo che l’avvocato finisca per vendicarsi del magistrato nel momento in cui abbia avuto a che dire con questi, anche per futili motivi, e finisca per scaricare sulla valutazione dei requisiti e delle capacità tecniche ai fini della progressione in carriera questi rapporti esacerbati da momenti attinenti all’attività giurisdizionale.

Ecco perché questo comincia ad essere un primo esempio di decentramento del Consiglio superiore della magistratura per un’istruttoria più approfondita, tale da evitare al Consiglio superiore un'attività che si può svolgere in sede periferica e tale da far sì che le sue decisioni siano basate anche su valutazioni più ampie e approfondite.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 4, nel testo emendato.

È approvato.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, vorrei segnalare che saremmo in grado di sciogliere le riserve sugli emendamenti 1.101 e 2.197, il che ci consentirebbe di votare gli articoli 1 e 2.

In particolare, sull’emendamento 1.101 esprimo parere favorevole perché ho testé presentato l’emendamento 7.0.500 che, se approvato, regolamenterà la parte procedurale del procedimento disciplinare. Credo quindi che l’emendamento 1.101, sul quale ribadisco il mio parere favorevole, possa agevolmente essere approvato così da consentirci di votare l’articolo 1.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, prendo atto con soddisfazione dell’accoglimento da parte del relatore di un emendamento da noi presentato all’articolo 1.

Quanto all’emendamento di cui all’articolo 2, ho previsto una formulazione che non comporta grandi cambiamenti ma che sicuramente sarà idonea a far superare al relatore le sue perplessità; quindi, è verosimile che il relatore accolga la nuova formulazione.

A questo punto, signor Presidente, vorrei prospettare un’ipotesi di lavoro: sull’articolo 1 vi era un unico emendamento accantonato, che tale più non è e quindi sarà votato; lo stesso avverrà per l’articolo 2, sempre che, come io auspico - ma ho motivo di credere che così sarà -, il mio emendamento riformulato venga accolto dal relatore e verosimilmente approvato dall’Assemblea.

Ad ogni modo potremo poi votare l’articolo 2 perché non vi saranno più emendamenti accantonati; è inutile ricordare che l’articolo 3 lo abbiamo già votato, e pochi secondi fa abbiamo votato l’articolo 4. A questo punto, signor Presidente, prospetto a lei innanzi tutto, ma anche ai colleghi dell’Assemblea, che avremo - da qui a pochi minuti - votato i primi quattro articoli di questo complesso quanto importante disegno di legge.

Per sottolinearne l’importanza, Presidente, ricordo a tutti che l’articolo 1 attiene al contenuto della delega, quindi segna il percorso di tutti gli altri articoli; l’articolo 2 riguarda l’accesso in carriera, cioè i concorsi per uditore giudiziario, e mi pare di rilevanza notevole; l’articolo 3 riguarda la Scuola superiore della magistratura, che è novità di non secondaria importanza; l’articolo 4 che, ripeto, abbiamo appena votato, riguarda la riforma dei consigli giudiziari e l’istituzione del consiglio direttivo della Corte di cassazione.

Credo dunque di poter dire due cose: nel merito continuo a dissentire totalmente da quello che è stato votato - a scanso di equivoci -, ma per un lavoro iniziato ieri mattina si può dire che siamo arrivati a buon punto, senza nessuna soddisfazione da parte mia, ma certamente con soddisfazione da parte della maggioranza che queste norme ha voluto e ha votato.

A questo punto, signor Presidente, credo che vi siano ragioni di opportunità, di buonsenso e di rispetto non di nessuno in particolare, ma del nostro lavoro. Mi riferisco in particolare al successivo articolo 5, che attiene a uno dei temi, a mio parere, ma non soltanto a mio parere, più delicati di questa riforma, perché mette mano alla riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, che non è cosa di poco conto, anzi è un argomento impegnativo.

Pertanto, proprio perché è impegnativo - e su questo una voce dissenziente in Aula sarà molto difficile trovarla, a prescindere dalle appartenenze - mi permetto di chiudere, una volta votati i primi quattro articoli, e quindi completato il nostro lavoro sugli articoli 1 e 2, se non sia il caso di fermarci per affrontare questo argomento in una condizione diversa dall’attuale. Non è soltanto un problema di giorno o di ora: la finanziaria è incombente, le festività natalizie si avvicinano.

Abbiamo lavorato molto tutti (io purtroppo senza alcun successo, che ci posso fare, mi avete abituato così da due anni e mezzo: me ne farò una ragione prima o poi) però credo sia opportuno, sempre che ci sia l’accordo unanime dei Gruppi, fermarci qui.

 

PRESIDENTE. Prima di valutare la proposta del senatore Ayala, riprendiamo l’esame dell’articolo 1 e dell’emendamento 1.101, precedentemente accantonato. Ricordo che il relatore si è espresso in senso favorevole su tale proposta di modifica.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’emendamento in esame.

CASTELLI, ministro della giustizia. Il Governo esprime parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.101, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 1, nel testo emendato.

È approvato.

Riprendiamo ora l’esame dell’articolo 2 e degli emendamenti ad esso presentati, precedentemente accantonati.

Do lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sull’emendamento 2.511 (testo 2): "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l’ulteriore emendamento 2.511 (testo 2), esprime, per quanto di propria competenza, parere contrario".

Ricordo che sull’emendamento 2.197, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori, vi è il parere contrario della 5a Commissione permanente, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

Chiedo al senatore Azzollini se intende intervenire a tale proposito.

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, sto approfondendo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.511 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.512, presentato dal relatore.

È approvato.

Passiamo all’emendamento 2.197.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, intervengo per una migliore comprensione della situazione.

L’emendamento 2.197 è stato accantonato perché era necessaria, ed era stata richiesta, una sua riformulazione da parte del senatore Ayala. Non so se quest’ultimo abbia già presentato il testo riformulato. In ogni caso, è inutile che la 5a Commissione esprima il proprio parere sul vecchio testo.

PRESIDENTE. Chiedo al senatore Azzollini se vuole intervenire.

 

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, la sostituzione della parola "rilevanza" con la parola "complessità" non rappresenta un problema per la Commissione bilancio, per la quale i termini sono assolutamente identici.

Sull’emendamento 2.197 nutro una certa perplessità, a seguito della quale è stato espresso dalla Commissione bilancio un parere contrario. Rivolgo un quesito ai proponenti, al relatore e al Ministro relativo ad un caso specifico, chiedendo il loro parere.

In sostanza, vorrei sapere: se un magistrato impegnato in un certo processo di particolare rilevanza o complessità - entrambi i termini vanno bene - è al termine della carriera e deve andare in pensione, è espressamente escluso da quanto previsto nel vostro emendamento oppure no?

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Credo che il relatore, prima di esprimere il suo parere, debba essere a conoscenza della riformulazione dell’emendamento 2.197, che è molto semplice.

Poiché mi rendo conto che dobbiamo procedere per gradazione di problemi, il primo è ovvio a tutti ed è rappresentato dal parere della 5a Commissione. Se quest’ultimo rimane contrario, ci troviamo di fronte ad una certa situazione; se lo superiamo, proporrò al relatore la riformulazione del testo dell’emendamento.

Credo di poter rispondere alla legittima osservazione avanzata dal presidente Azzollini, il quale peraltro prospetta un caso limite. Se il magistrato deve andare in pensione, è chiaro che ci va, e la norma di cui all'emendamento non si riferisce certamente, né può essere applicata, a quell’ipotesi. Per questo motivo mi stupiva, ma adesso l’ho capita, la ragione in base alla quale la 5a Commissione ha espresso parere contrario.

L’emendamento 2.197, in buona sostanza, prospetta la seguente situazione. Un magistrato non può ricoprire per più di dieci anni il medesimo ufficio; può essere prevista una proroga di due anni, non oltre. L'emendamento pone il seguente caso: alla scadenza della proroga, il magistrato compone - ad esempio - un collegio di un processo che deve giudicare un rilevante numero di imputati con molte imputazioni, per il quale sono state celebrate numerose udienze e ne mancano poche alla sua conclusione.

Se quel magistrato non può più comporre il collegio, il processo deve ricominciare da capo. Dobbiamo evitare che ciò avvenga. Mi rendo conto che non possiamo prospettarlo per qualunque processo. Allora, nella prima formulazione, il riferimento era il seguente: "con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare rilevanza nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine".

Il relatore ha ragionevolmente considerato un po’ generica l’espressione "di particolare rilevanza". (Forte brusìo in Aula alle spalle del senatore Ayala). Non capisco il nervosismo che serpeggia nel mio Gruppo.

TURCI (DS-U). Si sta parlando di altro.

AYALA (DS-U). Se ascoltassero, sarebbe meglio! (Applausi del senatore Salvi). Non dico che devono ascoltare, ma almeno tacere!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, fate terminare l’intervento al senatore Ayala.

AYALA (DS-U). Confrontandoci informalmente con il relatore - non credo di svelare alcun segreto - abbiamo convenuto che sarebbe sufficiente sostituire l’espressione "particolare rilevanza" con l’altra "particolare complessità" perché in quest’ultima dizione la prospettazione è certamente più precisa (numero di imputati, numero di imputazioni, istruttorie dibattimentali particolarmente rilevanti). Un processo complesso è nozione diversa da un processo rilevante; può essere rilevante un processo a carico di un imputato la cui imputazione per varie ragioni può essere a sua volta rilevante, per esempio per il suo impatto sui mass media.

In questo senso propongo al relatore il nuovo testo dell’emendamento 2.197, augurandomi - ritengo di poterlo fare - che il suo parere possa essere favorevole. (Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'emendamento 2.197 (testo 2).

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, anche per il riferimento pronunciato dal senatore Ayala, ritengo che la sostituzione del termine "rilevanza" con il termine "complessità" possa soddisfare le perplessità cui avevo accennato ieri nel corso del dibattito.

Indubbiamente, il concetto di complessità è certamente più tecnico e, peraltro, già appartiene al mondo del processo penale, sia in relazione ad eventuali proroghe di termini di custodie cautelari che in relazione a proroghe di termini di indagini e di durata del dibattimento. È una nozione tecnica che sostanzialmente attiene il tipo e la quantità delle imputazioni e il numero degli imputati.

Pertanto, ritengo che sotto questo profilo si possa esprimere un parere favorevole sull’emendamento 2.197 (testo 2), considerando anche il fatto che la perplessità manifestata dalla 5a Commissione è indubbiamente superata, sia perché una proroga oltre il termine di pensionamento sarebbe totalmente fuori sistema, sia perché la disposizione in cui si inserisce - la lettera p) - fa riferimento alla durata dell’incarico direttivo.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, in questo caso la mia cultura non giuridica mi impone, forse per la prima e unica volta, di non essere d’accordo con il relatore.

Innanzitutto, rispondendo al quesito posto dal senatore Azzollini, affermo che non vi è dubbio che la fattispecie cui si è fatto riferimento non esiste perché è comunque cogente il termine di settantacinque anni e, quindi, non riguarda la questione in esame.

Al relatore Bobbio dico invece che i termini "rilevanza", "complessità" e quant’altro sono di tipo qualitativo. Mi scuso, ma per mia cultura preferisco parlare sempre in termini quantitativi.

Non vi è dubbio, quindi, che la lettera p) del comma 1 dell’articolo 2 stabilisce termini quantitativi precisi (dieci anni più due di proroga). È chiaro che quando abbiamo ideato questa fattispecie ci siamo posti il problema, che non sfugge. Quando in un processo è impegnato un magistrato che è costretto ad abbandonare il proprio incarico per vari motivi, il processo deve riprendere da capo.

Questo ovviamente è estremamente negativo ed il problema si pone già oggi nel caso di magistrati che vanno in pensione, che cambiano funzione: che entrano in ruoli extragiudiziali (moltissimi sono impegnati nell’apparato dello Stato o in missioni internazionali, oppure vengono eletti in Parlamento). Questa malaugurata ipotesi è già un dato fisiologico proprio dell’attività giurisdizionale.

In questo modo si crea un vulnus superiore e accogliendo l'emendamento 2.197 (testo 2) si apre la porta su uno spazio di cui non si conoscono bene i confini. Chi decide che il procedimento è di particolare complessità? Penso - non vi è il minimo dubbio sul tema - che sarà il CSM. Diamo in mano al CSM un'arma con la quale si va a svuotare assolutamente questa fattispecie e creiamo delle disparità. Non abbiamo più una norma precisa e cogente, ma una norma soggettiva attraverso la quale si possono anche creare ingiustizie.

Capisco che il problema c'è, però mi pare che l'emendamento 2.197 (testo 2) cerchi di risolverlo aprendo problematiche superiori a quelle da risolvere. Pertanto, il mio parere è contrario.

PRESIDENTE. Chiedo al senatore Azzollini di pronunciarsi sull’emendamento 2.197 (testo 2) in qualità di presidente della 5a Commissione.

 

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, stanti le precisazioni dei colleghi, ed in particolare l'ultima, poiché non si tratta solo del caso in cui il magistrato va in pensione ma di qualunque caso in cui il magistrato cessi dal servizio, e quindi dell’esplicita esclusione di qualsiasi caso in cui il magistrato cessi dal servizio, ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento modifico il parere su questo emendamento, che diventa di nulla osta.

Per le altre questioni non vi è nessun rilievo.

PRESIDENTE. Pertanto il problema del parere della 5a Commissione è superato grazie alla riformulazione da parte del senatore Ayala, che propone di sostituire, nell'emendamento 2.197, la parola "rilevanza" con la parola "complessità".

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, vorrei precisare che il parere negativo non è stato superato in quanto è stata sostituita la parola "rilevanza" con l'altra "complessità", cosa che per la 5a Commissione è totalmente irrilevante. Il parere cambia perché è stato assicurato dai proponenti, dal relatore e dal Governo che questa fattispecie non si applica in qualsiasi caso in cui il magistrato cessi dal servizio.

PRESIDENTE. La sua precisazione è chiarissima, senatore Azzollini.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, vorrei interloquire con il Ministro ed invitarlo a riconsiderare il suo parere contrario, ove possibile.

Pur rendendomi conto delle sue perplessità dal punto di vista generale del sistema organizzativo, bisogna sottolineare in primo luogo che il riferimento al concetto di complessità è realmente tecnico e ben poco si presta, anche nella consolidata lettura della giurisprudenza e degli organi scientifici, a valutazioni così elastiche da renderlo un fattore capace di minare il nuovo sistema che andiamo a costruire.

Va altresì detto che, trattandosi di ipotesi di legge delega, sarà il riferimento meramente concettuale a consentire all'autorità delegata, proprio in relazione ai parametri di lettura del termine "complessità", di definire concretamente e compiutamente, in modo che possa escludersi in radice ogni potenziale di eversione rispetto al sistema generale, il concetto di complessità nella fase applicativa della legge delega.

Credo quindi che il Ministro possa eventualmente riconsiderare il suo parere.

PRESIDENTE. Chiedo al ministro Castelli se, ascoltato l'intervento del relatore, intende aggiungere qualcosa.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, nel corso dell'esame di questo disegno di legge abbiamo cercato di compiere un grande sforzo di mediazione anche con l'opposizione. Mi sembra doveroso farlo anche e soprattutto nei confronti del relatore e pertanto il Governo si rimette all'Aula. (Applausi dai Gruppi FI e UDC).

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.197 (testo 2), presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Chiedo cortesemente, colleghi, dichiarazioni di voto rapide.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, sarò rapido, ma una dichiarazione di voto su un articolo così importante, sul quale abbiamo discusso a lungo la ritengo necessaria.

È necessaria anche per la rapidità, giustificabile, con cui il presidente Calderoli ieri ha condotto la discussione, che mi ha costretto a saltare l'intervento su un paio di emendamenti che, alla luce delle considerazioni fatte oggi, mi sembra interessante ricordare.

Il Ministro si è lasciato scappare, immagino anche per stanchezza, una frase infelice sul CSM.

CASTELLI, ministro della giustizia. La metterei per iscritto.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Per lei, signor Ministro, "non possiamo mettere quest’arma nelle mani del CSM", come si trattasse di una specie di delinquente, è una frase felicissima, che ripeterebbe e metterebbe per iscritto.

CASTELLI, ministro della giustizia. Non mi sono espresso così.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Cari colleghi, insisto perché spesso coloro che non seguono la materia non leggono tutti gli emendamenti. Avevamo cercato di garantire una spolicitizzazione della magistratura tramite due proposte che garantivano l'incompatibilità tra l'assunzione di incarichi di rappresentanza di partiti, in Parlamento, nei consigli comunali o regionali, e la permanenza nell'esercizio della funzione di magistrato escludendo, in via subordinata, la possibilità per il magistrato di tornare ad esercitare la funzione nello stesso posto in cui operava precedentemente all'assunzione dell'incarico.

Questi emendamenti, che garantivano una buona incompatibilità tra l'attività politica in campo aperto in rappresentanza di un partito e la funzione di magistrato, sono stati bocciati: perciò continuo a parlare di contraddizione tra i princìpi enunciati e il tipo di normativa che si sta approvando. Ringrazio il Presidente per il tempo concessomi.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, questo articolo è la metà del testo di legge; come testimone storico del percorso del Governo, vorrei dire che il Ministro, a cui piacciono i grafici, non ha tenuto una linea dritta, ma ha zigzagato con punte che si contrappongono. Dopo che il Ministro ha sostenuto per un anno la necessità degli esami, dopo una partenza assolutamente diversa con il maxiemendamento del luglio 2002, all'ultimo momento si passa alla progressione in carriera per titoli.

Signor Ministro, che Dio ce la mandi buona! Purtroppo questa legge è destinata a provocare disorganizzazione, ritardi e inefficienze. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, Mar-DL-U e della senatrice De Zulueta).

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà per un minuto.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, il nostro Gruppo non si è espresso sull'articolo 2, ma l'osservanza che devo al suo invito alla brevità mi costringe, con notevole malessere, a dire soltanto poche proposizioni per motivare il nostro voto fortemente contrario.

Questo è l'articolo dei concorsi e tanto fondate erano le nostre opposizioni di principio che il Governo e il relatore hanno notevolmente modificato l'atteggiamento iniziale. Ciò nonostante, la carriera del magistrato tornerà ad essere valutata esclusivamente sotto il profilo delle sue competenze tecniche; sarà considerato quel che il giudice sa, non quel che il giudice fa e questa è la prospettiva di una magistratura burocratica e conformista. Bisognerebbe dire molto di più, ma per ossequio alla sua richiesta, mi limito a questo, e ce n'è più che a sufficienza per giustificare il nostro no. (Applausi dal Gruppo DS-U e dei senatori Bedin e Soliani).

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 2, nel testo emendato.

È approvato.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, proporrei di accantonare l'articolo 5 e di procedere all'esame dell'articolo 6, che è totalmente privo di emendamenti.

 

PRESIDENTE. Non facendosi osservazioni, l'articolo 5, con i relativi emendamenti, è accantonato.

Passiamo all'esame dell'articolo 6.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, sono stato informato dagli uffici che è pervenuto il parere della 5a Commissione sull'emendamento 3.502 (testo 2), precedentemente accantonato. Se potessimo averne conto, si potrebbe procedere alla votazione.

 

PRESIDENTE. Do lettura del parere espresso dalla 5a Commissione: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l’ulteriore emendamento 3.502 (testo 2), esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta".

 

AZZOLLINI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AZZOLLINI (FI). Presidente, dal momento che anche questo parere è stato reso ai sensi dell’articolo 100 del Regolamento, lo illustro in Aula.

Poiché il relatore ha cambiato la dizione: "dispensato dal servizio" con l’altra: "cessa il rapporto di impiego", il nostro parere è favorevole. In tal modo, nel caso l’uditore giudiziario dopo un certo periodo di tempo non abbia superato determinate prove, si prevede che egli cessi dall’impiego, anziché consentirne il trasferimento ad un'altra pubblica amministrazione.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.502 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 3, nel testo emendato.

È approvato.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Presidente, propongo di concludere qui l’esame dei disegni di legge in titolo, per riprenderlo dopo la pausa delle festività natalizie.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, mi sembra che il lavoro svolto sia stato proficuo.

Dal momento che non sarò impegnato nelle prossime sedute dell’Aula, colgo l’occasione per augurare a tutti buone feste. (Applausi).

 

PRESIDENTE. La ringraziamo, signor Ministro, e ricambiamo.

Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità (1296)

 

ARTICOLO 3 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

Art. 3.

Approvato con emendamenti

(Scuola superiore della magistratura. Tirocinio e formazione degli uditori giudiziari ed aggiornamento professionale e formazione dei magistrati)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari;

2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati;

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di diciotto mesi e che sia articolato in sessioni tendenzialmente di uguale durata presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari;

e) prevedere che nelle sessioni presso gli uffici giudiziari gli uditori possano effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocato, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari ed altre sedi formative, secondo quanto previsto dal regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998;

f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari siano seguiti da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;

g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;

h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla base di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso del tirocinio;

i) prevedere che, in caso di valutazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a sei mesi, e che in caso di ulteriore valutazione negativa l’uditore possa essere, a sua domanda e salvo controindicazioni assolute, destinato ad un ufficio della pubblica amministrazione, anche in soprannumero, da assorbire con successive vacanze;

l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);

n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

o) prevedere il diritto del magistrato a partecipare, a sua richiesta e se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare soltanto la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia rilasciato un parere che contenga elementi di verifica attitudinale, modulato secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

r) prevedere che il parere di cui alla lettera p) abbia validità per un periodo non superiore a sei anni;

s) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dai pareri di cui alla lettera p); prevedere che tali valutazioni debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera o), della presente legge;

u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.

 

EMENDAMENTI

3.100

CAVALLARO

Improcedibile

Sostituire l’articolo 3 con il seguente:

«Art. 3. – (Formazione ed aggiornamento professionale ricorrente dei magistrati). – 1. Al fine di assicurare la formazione e l’aggiornamento professionale ricorrente dei magistrati, il Consiglio Superiore della Magistratura conclude convenzioni-quadro con il Consiglio Universitario Nazionale al fine di organizzare, in collaborazione con le Facoltà di Giurisprudenza delle Università italiane, corsi destinati agli uditori giudiziari ed ai magistrati in servizio.

2. Tali corsi possono svolgersi anche in contemporanea in più sedi universitarie uniformemente distribuite sul territorio nazionale, al fine di agevolare la frequenza dei magistrati in servizio, con frequenza almeno biennale.

3. Ai corsi sono chiamati, in qualità di docenti, professori universitari di ruolo, magistrati in servizio ed a riposo, avvocati ed esperti nelle materie di volta in volta trattate. La presidenza del corso spetta al Preside della Facoltà di Giurisprudenza nella quale si tiene il corso medesimo.

La nomina dei docenti spetta al Consiglio universitario, per i magistrati; al Preside della Facoltà di Giurisprudenza nella quale si svolge il corso, per i docenti universitari, ed al Consiglio Nazionale Forense per gli avvocati. Gli esperti vengono nominati d’intesa tra il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Preside della Facoltà di Giurisprudenza sede del corso.

4. La Convenzione-quadro di cui al primo comma definisce le materie, la durata di ciascun corso, il numero dei partecipanti e le modalità di partecipazione e frequenza, ivi comprese esperienze applicative presso istituzioni pubbliche o private, anche estere. Particolare attenzione è dedicata al tirocinio degli uditori giudiziari. La convenzione regola anche gli aspetti finanziari legati all’organizzazione dei corsi che gravano sul bilancio del Ministero della Giustizia.

5. A conclusione della frequenza del corso, il collegio dei docenti formula, per ciascun candidato, un giudizio di superamento o meno del corso stesso ed una valutazione complessiva che viene inserita nel fascicolo personale del magistrato. Il giudizio conseguito è considerato in sede di valutazione dei titoli per l’accesso alle funzioni superiori, ai sensi delle norme sull’ordinamento giudiziario.

6. L’uditore od il magistrato che non abbia superato il corso è ammesso a frequentare il corso immediatamente successivo. In caso di ulteriore esito negativo, esso cessa di appartenere al ruolo della magistratura e viene trasferito, a seguito di deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, ad altra amministrazione pubblica.

7. La frequenza ed il superamento di un corso di aggiornamento nei tre anni precedente costituisce requisito necessario per l’accesso alle funzioni superiori rispetto a quelle esercitate. In ogni caso, ogni magistrato deve frequentare un corso di aggiornamento nell’arco massimo di sei anni.

Conseguentemente sopprimere il riferimento alla Scuola superiore della magistratura ovunque ricorra nel testo del disegno di legge e sostituirlo con il richiamo ai corsi di cui al presente art. 3 modificato.

3.101

CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera a), con la seguente:

«a) prevedere l’istituzione della Scuola superiore della magistratura dotata di personalità giuridica, di autonomia amministrativa, finanziaria e contabile, quale struttura didattica stabilmente preposta:».

3.102

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: «come ente autonomo».

3.103

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Id. em. 3.102

Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: «come ente autonomo».

3.104 (testo 2)

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera a), aggiungere alla fine del numero 1) e alla fine del numero 2) le seguenti parole: «curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico».

3.105

FASSONE, MARITATI, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera a), numero 2), aggiungere dopo la parola: «formazione» la seguente: «permanente».

3.106

BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

V. testo 2

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 2), aggiungere i seguenti:

«2-bis) alla promozione di iniziative e scambi culturali con le altre professioni giudiziarie;

2-ter) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione».

3.106 (testo 2)

BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 2), aggiungere i seguenti:

«2-bis) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;

2-ter) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione».

3.107

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:

«b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia posta alle dipendenze del Consiglio superiore della Magistratura al quale il Ministro della giustizia formula proposte e pareri sull’organizzazione e sul funzionamento della stessa; prevedere che la Scuola utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia e di altre amministrazioni statali con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero».

3.108

ZANDA

V. testo 2

Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:

«b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale amministrativo del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero».

3.108 (testo 2)

ZANDA

Approvato

Al comma 1, lettera b), dopo la parola: «autonomia», inserire la seguente: «contabile».

3.109

FASSONE, BRUTTI MASSIMO, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

«c-bis). prevedere che la Scuola superiore della magistratura possa contribuire alla formazione di magistrati stranieri, o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria».

3.110

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

«c-bis). prevedere che la Scuola superiore della magistratura possa organizzare incontri di studio e ricerca, e comunque promuovere iniziative culturali su argomenti giuridici e sull’organizzazione di sistemi e uffici giudiziari».

3.111

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: «diciotto mesi», con le seguenti: «due anni».

3.112

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: «tendenzialmente di uguale durata presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari;», con le seguenti: «tendenzialmente della durata di un terzo presso la Scuola Superiore della magistratura e due terzi presso gli uffici giudiziari».

3.500

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:

«d-bis) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere».

3.113

MONCADA, IERVOLINO

Ritirato

Sopprimere la lettera e).

3.300

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera e), sostituire la parola: «possano», con la seguente: «debbano».

3.114

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «siano seguiti», con le seguenti: «ricevano insegnamento», e prima della parola: «assiduamente», aggiungere le seguenti: «siano seguiti».

3.115

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «scelti tra i docenti della scuola», con le seguenti: «di riconosciuta competenza e attitudine didattica».

3.501

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, sostituire la lettera h), con la seguente:

«h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;».

3.502

IL RELATORE

V. testo 2

Al comma 1, lettera i), sostituire le parole: «a sei mesi», con le altre: «a un anno», e sostituire le parole da: «l’uditore possa essere, a sua domanda e salvo», fino alla fine, con le altre: «egli sia dispensato dal servizio».

3.502 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera i), sostituire le parole: «a sei mesi», con le altre: «a un anno», e sostituire le parole da: «in caso di ulteriore valutazione negativa l’uditore possa essere, a sua domanda e salvo», fino alla fine, con le altre: «da un'ulteriore valutazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego».

3.116

CALVI, MARITATI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Improcedibile

Al comma 1, lettera l), sostituire la parola: «due», con la seguente: «quattro», e dopo le parole: «dal Consiglio superiore della magistratura», inserire le seguenti: «su domanda, fra i magistrati che abbiano documentato particolare attitudine alla ricerca ed alla didattica».

3.503

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera l), all’ultimo periodo, dopo le parole: «prevedere che i componenti del comitato», aggiungere le seguenti: «diversi dal primo presidente della Corte di cassazione, dal procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati,».

3.117

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Improcedibile

Al comma 1, lettera m), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e che i componenti magistrati siano collocati fuori del ruolo organico».

3.118

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera n), sostituire le parole: «possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura,», con le seguenti: «tenga conto degli indirizzi formulati dal Consiglio superiore della Magistratura e possa avvalersi delle proposte».

3.119

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera n), sostituire le parole: «possa avvalersi», con le seguenti: «si avvalga».

3.301

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera n), sopprimere le parole: «del Consiglio superiore della magistratura, del Ministero della Giustizia».

3.120

AYALA, FASSONE, MARITATI, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Improcedibile

Al comma 1, lettera o), dopo le parole: «a funzioni superiori», aggiungere le seguenti: «o diverse».

3.504

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera p), sostituire le parole: «sia rilasciato un parere», con le altre: «sia formulata una valutazione».

Conseguentemente, alla lettera r), sostituire le parole: «il parere», con le altre: «la valutazione», e alla lettera t), sostituire le parole: «dai pareri», con le altre: «dalle valutazioni».

3.121

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera p), sostituire le parole: «un parere», con le altre: «, da parte dei componenti del comitato di gestione che hanno seguito il corso medesimo, una scheda».

Conseguentemente, alla lettera r), sostituire le parole: «il parere» con le altre: «la scheda», e alla lettera t), sostituire le parole: «dai pareri», con le altre: «dalla scheda».

3.122

BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, MARITATI, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1 sopprimere la lettera r).

3.123

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Improcedibile

Al comma 1, sostituire la lettera s), con la seguente:

«s) prevedere che la Scuola possa promuovere, coordinare e sostenere corsi di aggiornamento professionale per magistrati su base distrettuale;».

3.124

MARITATI, CALVI, FASSONE, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera t).

3.125

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera t) sopprimere le parole: «, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità».

3.126

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera u).

3.127

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera u), sostituire le parole: «e non abbiano ottenuto i relativi posti» con le seguenti: «e non li abbiano superati»; e sostituire altresì le parole: «non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità» con le altre: «debbono essere sottoposti alle valutazioni periodiche di professionalità anche prima delle scadenze di cui alla lettera t).

 

ORDINE DEL GIORNO

G3.100

CENTARO

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

rilevata l’essenziale importanza della funzione svolta dai giudici di pace per il funzionamento del sistema giudiziario,

considerata l’ineludibile esigenza di valorizzare il ruolo della magistratura onoraria,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di modificare l’articolo 7 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, prevedendo che i giudici di pace possano essere confermati nell’incarico senza alcun limite al numero delle conferme, fermo restando che l’esercizio delle funzioni non può essere protratto oltre il settantacinquesimo anno d’età e stabilendo altresì quale requisito per la conferma per un successivo quadriennio la frequenza di un apposito corso di aggiornamento professionale presso la Scuola di cui all’articolo 3, fermo in ogni caso quanto previsto dall’articolo 6 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 3

3.0.100

IL RELATORE

Accantonato

Dopo l'articolo 3 aggiungere il seguente:

«Art. 3-bis.

1. Nell'esercizio delle deleghe di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), il Governo deve prevedere che quando nei concorsi previsti dall'articolo 2 e dall'articolo 3 sia richiesto, esclusivamente o congiuntamente, l'esame dei titoli, l'esame abbia ad oggetto, oltre che le eventuali pubblicazioni di carattere scientifico, tutti i provvedimenti giudiziari depositati dal magistrato concorrente in quattro trimestri sorteggiati dalla commissione fra tutti i trimestri gennaio-febbraio-marzo, aprile-maggio-giugno e ottobre-novembre-dicembre dei cinque anni antecedenti».

 

ARTICOLO 4 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 4.

Approvato con emendamenti

(Riforma dei consigli giudiziari ed istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto per due terzi da magistrati con effettive funzioni di legittimità in servizio presso la medesima Corte e la relativa Procura generale, e per un terzo da componenti nominati tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione che siano iscritti da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;

b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;

c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il Primo Presidente ed il Procuratore generale della medesima Corte;

d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal Primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice-presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere o), p), s) e t) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da tre magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

g) prevedere che nei distretti nei quali prestano servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da cinque magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);

i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei Consigli dell’Ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;

l) prevedere che i componenti nominati dal consiglio regionale non possano svolgere, o aver svolto nei cinque anni precedenti, la professione di avvocato nell’ambito del distretto;

m) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente ed il procuratore generale della corte d’appello;

n) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice-presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

o) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;

p) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire due seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti ed un seggio ad un magistrato che esercita funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;

q) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di carriera non inferiore a venti anni;

r) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;

s) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite, oltre quelle già previste, le seguenti competenze:

1) approvazione delle tabelle su proposta dei titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;

2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, in occasione della progressione in carriera e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica;

3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;

4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;

5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;

7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

t) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera s), numero 1);

u) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera s), numeri 4) e 5);

v) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.

 

EMENDAMENTI

4.100

CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN

Respinto

Sopprimere l’articolo.

4.101

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

«a) Prevedere l’istituzione del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione composto da dodici membri, otto magistrati con effettive funzioni di legittimità in servizio presso la Corte e la relativa Procura Generale e due professori ordinari di Università in materie giuridiche e due avvocati, dopo venti anni di esercizio professionale che siano iscritti da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934 n. 36».

4.102

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera e) sostituire le parole: «e t)» con le seguenti: «t) e v)».

4.103

ZANDA

Improcedibile

Al comma 1, lettera f) sostituire le parole: «da tre magistrati in servizio presso» con le seguenti: «da cinque magistrati in servizio presso».

4.106

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera f), sopprimere le parole da: «e due dal consiglio regionale della regione» fino alle parole: «tra persone estranee al consiglio medesimo».

Conseguentemente, alla stessa lettera f), sostituire le parole: «quattro membri non togati», con le seguenti: «due membri non togati», nonchè sopprimere la lettera l) del medesimo comma 1.

4.104 (testo 2)

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera f) sostituire la parola: «quattro» con la seguente: «tre» e la parola: «due» con la seguente: «uno».

4.107

ZANDA

Improcedibile

Al comma 1, lettera g) sostituire le parole: «da cinque magistrati in servizio presso» con le seguenti: «da sette magistrati in servizio presso».

4.105 (testo corretto)

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), sopprimere le parole da: «e due nominati dal consiglio regionale della regione» fino alle parole: «tra persone estranee al consiglio medesimo».

Conseguentemente, alla medesima lettera g), sostituire le parole: «quattro membri non togati», con le seguenti: «due membri non togati», nonchè sopprimere le lettere l) e u) del medesimo comma 1.

4.108

ZANDA

Improcedibile

Al comma 1, lettera h) sostituire le parole: «siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto» con le seguenti: «siano sei, uno dei quali magistrati che esercitano funzioni requirenti e due giudicanti nel distretto».

4.109

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera i) dopo le parole: «delle università della regione» aggiungere le seguenti: «prevedendo altresì quale causa di incompatibilità per gli avvocati lo svolgimento delle funzioni di componente del consiglio dell’ordine degli avvocati, ed incompatibilità con riferimento alla pratiche concernenti magistrati addetti agli uffici giudiziari siti nel circondario del consiglio dell’ordine di provenienza dell’avvocato;».

4.110

AYALA, FASSONE, CALVI, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera l) dopo le parole: «dal consiglio regionale» inserire le parole: «siano nominati con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, e che».

4.111

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parole: «o aver svolto nei cinque anni precedenti».

4.112

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera l), dopo le parole: «nell’ambito del distretto», aggiungere le seguenti: «e non possano svolgerla nei successivi quattro anni;».

4.113

ZANDA

Improcedibile

Al comma 1, lettera p), sostituire le parole da: «in quanto compatibile così da attribuire due seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e un seggio ad un magistrato che esercita funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti» con le seguenti: «in quanto compatibile così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati e cinque seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti».

4.114

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sopprimere lettera q).

4.500

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera s), sopprimere le parole: «; oltre quelle già previste», e conseguentemente, dopo la lettera s), aggiungere la seguente:

«s-bis) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari».

4.115

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera s), numero 2), dopo le parole: «formulazione di pareri», aggiungere le seguenti: «delle valutazioni previste dal presente disegno di legge,».

4.116

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera s), numero 2), sopprimere la parola: «anche».

4.117

CALVI, FASSONE, MARITATI, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera s), numero 2), sostituire le parole: «della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni» con le seguenti: «dell’attività giudiziaria e scientifica, della produttività, della capacità tecnica, dell’equilibrio, della disponibilità alle esigenze del servizio, del tratto con tutti i soggetti processuali e della deontologia».

4.501

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera s), al numero 2), sostituire le parole: «in occasione della progressione in carriera» con le seguenti: «e comunque nelle ipotesi previste dall’articolo 2».

4.118

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera s), numero 6), dopo la parola: «adozione», aggiungere le seguenti: «su delega del Consiglio Superiore della Magistratura».

4.119

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera s), numero 7), sopprimere la parola: «anche».

4.121

ALBERTI CASELLATI

Ritirato

Al comma 1, lettera u), apportare le seguenti modificazioni:

a) sopprimere la parola: «esclusivamente»;

b) sostituire le parole: «4) e 5)» con le seguenti: «1), 2), 3), 4), 5) e 7)».

4.123 (testo 2)

MONCADA, IERVOLINO

Improcedibile

Al comma 1, sostituire la lettera v), con la seguente:

«v) gli avvocati che compongono il consiglio giudiziario possono prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s) numero 1), 4) e 5). I professori che compongono il consiglio giudiziario possono prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s) numero 4) e 5). I giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possono prendere parte alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s) numero 4) e 5), nonché a quelle relative alle tabelle degli uffici dei giudici di pace, al tirocinio e alla formazione, alle conferme e ai procedimenti disciplinari e alle decadenze dei giudici di pace di cui alla legge 21 novembre 1991, n. 374».

4.124

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera v), sopprimere le parole: «gli avvocati,».

4.125

ALBERTI CASELLATI

Ritirato

Al comma 1, lettera v), primo periodo, apportare le seguenti modificazioni:

a) sopprimere la parola: «solo»;

b) sostituire le parole: «4) e 5)» con le seguenti: «2), 3), 4), 5) e 7)».

 

ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

CAPO I

DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Art. 1.

Approvato con emendamenti e con lo stralcio del comma 2. Cfr anche seduta 510

(Contenuto della delega)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7, uno o più decreti legislativi diretti a:

a) modificare la disciplina per l’accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;

b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;

d) riorganizzare l’ufficio del pubblico ministero;

e) modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati e le relative sanzioni, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 7, uno o più decreti legislativi diretti a rideterminare le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari.

2-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l’istituzione dell’ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario dello stesso, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 8-bis.

3. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal centottantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

4. Il Governo è delegato ad adottare, entro i centoventi giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e la necessaria disciplina transitoria, diretta anche a regolare il trasferimento degli affari ai nuovi uffici, fissando i termini massimi entro cui occorre provvedere, prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 3.

5. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2-bis sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti un parere entro il termine di sessanta giorni dalla data della trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 5, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 ovvero dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2-bis, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8-bis.

 

EMENDAMENTO 1.101 PRECEDENTEMENTE ACCANTONATO

1.101

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «e le relative sanzioni», con le seguenti: «, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione».

 

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 2.

Approvato con emendamenti. Cfr anche sedute 510 e 511

(Concorsi per uditore giudiziario. Disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati. Competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere per l’ingresso in magistratura:

1) che sia bandito un concorso per l’accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all’atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intende accedere;

2) che il concorso sia articolato in distinte prove di esame, scritte ed orali, con materie in parte comuni e in parte diverse, in relazione alla specificità della funzione prescelta;

3) che le commissioni di concorso siano distinte, eventualmente con un unico presidente, disciplinandone la composizione e le modalità di nomina dei componenti;

b) prevedere che siano ammessi ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che:

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; prevedere che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno superato il concorso per la professione di notaio;

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito;

7) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;

c) prevedere che:

1) la commissione esaminatrice di cui all’articolo 125-ter dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, abbia facoltà di circoscrivere le prove scritte a due delle materie indicate dall’articolo 123-ter, comma 1, dell’ordinamento giudiziario di cui al citato regio decreto, mediante sorteggio effettuato nelle ventiquattro ore antecedenti l’inizio della prima prova, quando il numero dei candidati sia superiore a millecinquecento; prevedere che in tale caso particolare attenzione sia dedicata in sede di prova orale alla materia che il sorteggio ha escluso;

2) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;

3) il concorso possa essere sostenuto per non più di tre volte;

d) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

1) funzioni giudicanti di primo grado;

2) funzioni requirenti di primo grado;

3) funzioni giudicanti di secondo grado;

4) funzioni requirenti di secondo grado;

5) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado;

6) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado;

7) funzioni direttive di primo grado;

8) funzioni direttive di secondo grado;

9) funzioni giudicanti di legittimità;

10) funzioni requirenti di legittimità;

11) funzioni direttive di legittimità;

12) funzioni direttive superiori di legittimità;

e) prevedere:

1) che, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura, possano essere svolte funzioni requirenti o giudicanti di primo grado; che, dopo gli otto anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, dopo i quindici anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni di legittimità;

2) che le funzioni di secondo grado, di legittimità e direttive siano attribuite dal Consiglio superiore della magistratura, previo concorso per titoli ed esami, e che quelle semi direttive giudicanti siano attribuite previa valutazione dei titoli;

3) le modalità del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, nonché i criteri di valutazione;

f)

1) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

2) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 1);

3) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera i), numero 6), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

4) prevedere che, decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni requirenti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

5) disciplinare le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 4);

6) prevedere che la commissione esaminatrice sia quella indicata lettera i), numero 5), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

7) prevedere che i corsi di cui ai numeri 1) e 4) debbano essere espletati esclusivamente in occasione del primo passaggio a funzioni diverse;

8) prevedere che il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti, e viceversa, debba essere richiesto per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

g) prevedere che:

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello;

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

7) funzioni semi direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

8) funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6), magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

9) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale, di presidente del tribunale di sorveglianza e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

10) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A) allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L) allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché quelle di procuratore generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli ed esami, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

h) prevedere che:

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di procuratore generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno dieci anni;

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

i)

1) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti;

2) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti;

3) prevedere che annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti;

4) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti;

5) prevedere, ai fini di cui al numero 2), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni giudicanti, costituita da tre magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

6) prevedere, ai fini di cui al numero 4), l’istituzione di una commissione di concorso per l’assegnazione alle funzioni requirenti, costituita da tre magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

7) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

8) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

8.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti di secondo grado;

8.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni giudicanti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

9) prevedere che annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado;

10) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

10.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

10.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni requirenti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

11) prevedere, ai fini di cui al numero 8), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

12) prevedere, ai fini di cui al numero 10), l’istituzione di una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

13) prevedere che annualmente per la copertura del 75 per cento dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno sette anni le funzioni di secondo grado oppure con una anzianità di almeno quindici anni, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui all’articolo 3;

14) prevedere che per la copertura dei restanti posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni diverse funzioni di legittimità. È fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 agosto 1998, n. 303;

15) prevedere l’istituzione di una commissione di concorso alle funzioni di legittimità composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

16) prevedere che i posti di cui ai numeri precedenti, messi a concorso e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura; che i posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura di cui ai numeri precedenti, e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota destinata a concorso; che i posti di cui al numero 13) messi a concorso e non coperti vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire ai sensi del numero 14) e viceversa;

l) prevedere che:

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, nella valutazione della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa e in un successivo colloquio;

2) il conferimento degli incarichi semi direttivi sia preceduto da una valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici; la commissione comunica l’esito delle valutazioni dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che sceglie tra quelli valutati positivamente, tenendo altresì conto della laboriosità e della capacità organizzativa dei magistrati;

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera h), e gli incarichi semidirettivi abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di anni quattro, rinnovabili a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di anni due;

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive e semidirettive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

6) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive, composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di secondo grado e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura; prevedere che la commissione comunichi gli esiti del concorso al Consiglio superiore della magistratura che forma la graduatoria e propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; prevedere il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni;

m) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo avvenga nella medesima sede e nelle medesime funzioni, anche in soprannumero. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

n) prevedere che:

1) le commissioni di cui alle lettere i) e l) siano nominate per tre anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

2) i componenti delle predette commissioni non siano immediatamente confermabili;

o) prevedere che:

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

I. prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

II. seconda classe: da sei mesi a due anni;

III. terza classe: da due a cinque anni;

IV. quarta classe: da cinque a tredici anni;

V. quinta classe: da tredici a venti anni;

VI. sesta classe: da venti a ventotto anni;

VII. settima classe: da ventotto anni in poi;

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso di cui alla lettera i), numeri 8.2) e 10.2), conseguono la quinta classe stipendiale;

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera i), numero 13), conseguono la sesta classe stipendiale;

p) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio;

q)

1) attribuire al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

2) indicare i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

3) assegnare al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo ed attribuirgli l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

4) prevedere che, entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; prevedere che il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; prevedere che, nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.

 

EMENDAMENTI ALL'ARTICOLO 2 PRECEDENTEMENTE ACCANTONATI

2.511 (TESTO 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera g) al numero 4 aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia» e al numero 12, dopo le parole: «procuratore generale presso la Corte di appello» inserire le seguenti: «e di Procuratore nazionale antimafia».

2.512

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera l), inserire la seguente:

«l-bis) prevedere, che le disposizioni dei numeri 1, 3, 5 e 6 della lettera l) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3, il magistrato che abbia esercitato le funzioni di procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi, in qualsiasi distretto, escluso quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato;».

2.197

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

V. testo 2

Al comma 1, lettera p), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare rilevanza nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine».

2.197 (testo 2)

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera p), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine».

 

ARTICOLO 5 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 5.

Accantonato con i relativi emendamenti

(Riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua personale responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

b) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa delegare, sulla base di criteri predeterminati, uno o più magistrati del proprio ufficio al compimento di singoli atti o alla trattazione di uno o più procedimenti;

c) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa determinare i criteri cui i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri;

d) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica presso il tribunale;

e) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso;

f) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al procuratore generale presso la Corte di cassazione;

g) prevedere l’attribuzione al procuratore generale presso la corte di appello di poteri sostitutivi e di avocazione:

1) nei casi di accertata violazione dei termini di durata delle indagini preliminari, fermo altresì quanto previsto dagli articoli 412, comma 2, 413 e 421-bis del codice di procedura penale;

2) nei casi di accertata e grave violazione di norme processuali, anche non tutelate da sanzioni processuali;

3) nel caso di accertata e grave violazione delle disposizioni, delle procedure e dei provvedimenti in materia di coordinamento nell’ipotesi di indagini collegate o particolarmente complesse e che investano più circondari.

 

ARTICOLO 6 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 6.

Approvato

(Modifiche all’organico della Corte di cassazione e alla disciplina relativa ai magistrati applicati presso la stessa)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;

b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;

c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c), dopo almeno otto anni di servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo, possano essere nominati a posti vacanti nelle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera i), numero 13), in seguito a valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura espressa previa acquisizione del parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, e sempre che tali magistrati abbiano un’anzianità non inferiore a quindici anni;

e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole «di appello e».

 

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

517a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2004

(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente SALVI,

indi del vice presidente FISICHELLA

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta pomeridiana del 18 dicembre 2003 è stato accantonato l’articolo 5, nonché l’emendamento 3.0.100, ed è stato approvato l’articolo 6.

Do lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente su ulteriori emendamenti al disegno di legge in esame: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti 3.0.100 e 7.0.500, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo".

Procediamo all'esame dell'articolo 5, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

AYALA (DS-U). Signor Presidente, l'emendamento 5.100, come tutti gli emendamenti soppressivi, è di una chiarezza solare e meriterebbe di essere accolto - mi riferisco ovviamente soprattutto ai colleghi della maggioranza - perché con l'eliminazione del testo proposto dell'articolo 5 torneremmo al disegno di legge originario presentato dal ministro Castelli.

Tutti i colleghi ricorderanno che in quel testo non veniva in alcun modo toccato il ruolo del pubblico ministero e in particolare delle procure della Repubblica. Questo aspetto fu successivamente inserito con il maxiemendamento elaborato dai notissimi quattro saggi (in relazione ai quali la sola certezza di cui disponiamo è che sono quattro, come ho sempre detto e come mi piace ribadire).

Ritengo che quanto proposto con questo emendamento sia un’opera di contenimento del danno, perché comunque il disegno di legge al nostro esame, a giudizio non soltanto di chi parla, stravolge l'ordinamento giudiziario e ci consegna un modello di giudice che non è esattamente quello di cui un Paese moderno avrebbe bisogno.

La parte che riguarda il pubblico ministero è, tra le tante, una delle più allarmanti perché, in buona sostanza e procedendo per sintesi, si propone una figura di pubblico ministero che soggiace ad una verticizzazione dell'ufficio addirittura sul piano nazionale. Infatti non solo viene annullata qualunque autonomia e indipendenza del sostituto procuratore e il capo dell'ufficio assume una guida che definire personalizzata è poco (ma usiamo ugualmente questo termine), ma vi è un collegamento attraverso le procure generali che porta fino al procuratore generale della Cassazione.

Ho inoltre un fortissimo dubbio di costituzionalità, su come cioè possa coniugarsi questa verticizzazione dell'ufficio del pubblico ministero a livello addirittura nazionale con il precetto costituzionale che garantisce l'autonomia e l'indipendenza del pubblico ministero stesso.

È noto a chi ha una qualche dimestichezza con questi problemi che nel tempo, anche grazie ad un'attenta giurisprudenza della Corte costituzionale (ricordo tra le tante pronunce in particolare la sentenza n. 420 del 1995), si è giunti ad una precisazione del concetto di autonomia e indipendenza del pubblico ministero. È pacifico ormai da anni che quando si parla di indipendenza del pubblico ministero ci si riferisce in particolare a due aspetti della medesima, la cosiddetta indipendenza esterna e la cosiddetta indipendenza interna.

La prima è di facilissima comprensione ed è l'indipendenza del pubblico ministero rispetto agli altri poteri dello Stato. La seconda è più delicata sotto certi punti di vista, soprattutto per quanto riguarda l'equilibrio ordinamentale, ed è l'indipendenza del singolo pubblico ministero rispetto alla sua stessa organizzazione, all'ufficio di cui fa parte. Questa nozione di indipendenza interna è alla base - tanto per citare i riferimenti normativi più significativi - della direttiva n. 68 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, relativa al varo del nuovo codice di procedura penale, che appunto ha trovato una sua precisazione normativa in seno all'articolo 53 del codice di procedura penale, che fa riferimento all'indipendenza e all'autonomia del pubblico ministero in udienza.

Con il termine udienza è pacifico che non ci si riferisce soltanto all'udienza dibattimentale ma sostanzialmente a tutte le occasioni - e sono molte nel processo penale - in cui il pubblico ministero trova davanti a sé il giudice che controlla il suo operato.

Nel codice di procedura penale vigente sono sancite l'autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero anche in relazione all'ufficio di cui egli fa parte. Rimane la sovraordinazione del procuratore capo - sarebbe inutile sottolinearlo - ma questa è riferita fondamentalmente al potere di organizzazione e di direzione dell'ufficio, non certamente alle singole scelte che i sostituti sono chiamati a compiere nelle varie fasi del processo.

Avendo tutto ciò i riferimenti costituzionali e normativi che ho già richiamato, è evidente che il sovvertimento del ruolo del pubblico ministero si risolve in un vero e proprio attentato ordinamentale all'efficienza dell'ufficio del pubblico ministero. Se il sostituto è totalmente privo di autonomia in relazione a qualsivoglia scelta sia chiamato a compiere, tutto deve essere fatto soltanto se il capo dell'ufficio muove le sue scelte in quella direzione.

Non occorre avere una dimestichezza approfondita con la vita giudiziaria nella sua quotidianità per comprendere tale circostanza, basti pensare alle procure della Repubblica di media grandezza, ove è obiettivamente impossibile che un procuratore capo, essendo totalmente svuotata qualsiasi scelta del sostituto, possa presiedere all'indicazione della linea in relazione alle centinaia di scelte che l'ufficio è quotidianamente chiamato a compiere. Bisogna essere veramente incompetenti per immaginare una costruzione di questo genere.

L'unica ragione individuabile anche in questa norma è l'atteggiamento punitivo, se non ritorsivo, nei confronti della magistratura in genere e del pubblico ministero in particolare. I molti colleghi di buona memoria sanno che ciò che dico ha quanto meno un aggancio nella dialettica politico-parlamentare degli ultimi mesi, collocabile nel tempo. Le sezioni unite della Cassazione, malgrado la cosiddetta legge Cirami mai sufficientemente vituperata, ritennero che un noto processo non doveva essere trasferito a Milano e poteva svolgersi di fronte al giudice naturale, quello milanese. All'indomani di tale decisione, per bocca del Presidente del Consiglio dei ministri, ma anche di altri, si palesò un'intenzione punitiva nei confronti dei magistrati e venne fuori il famoso emendamento al cui interno è rinvenibile il nuovo testo riguardante l'ufficio del pubblico ministero, che non veniva in alcun modo toccato nel disegno di legge originario del Governo.

Signor Presidente, mi rendo conto che gli interventi dell'opposizione, specialmente su materie come quella che ci occupa, e più in generale in tema di giustizia, sono testimonianze. So bene che, per quanto le mie argomentazioni meritino una riflessione attenta da parte di tutti i colleghi, non sortirò alcun risultato e questo emendamento, come tante altre proposte dell'opposizione, sarà bocciato.

Arriveremo così ad avere una giustizia, almeno nelle intenzioni di chi propone questa norma, tendenzialmente più asservita; avremo un pubblico ministero che, grazie alla verticizzazione, sarà facilmente controllabile perché, in luogo del potere diffuso dei rappresentanti del pubblico ministero, avremo un potere concentrato nei capi dell'ufficio. Se tutto ciò è vero, anche attraverso questa norma la giustizia italiana sarà disarticolata.

 

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, gli emendamenti proposti tendono a porre rimedio ad una struttura che viene costruita come una gerarchia militare di tipo prussiano - una volta si sarebbe detto "rigida come un baccalà" - che è ben difficile possa aderire all’umano, troppo umano che è invece il contenuto delle vicende processuali. L’effetto della struttura che viene costruita sarà una fuga dalle procure e una paralisi delle stesse, con la conseguenza straordinaria che chi ha fatto della prevenzione e repressione dei reati, della tutela delle persone offese un vessillo elettorale si troverà nella pratica a disarmare questa struttura assolutamente fondamentale per il compito di repressione e prevenzione dei reati.

Prevedere che i sostituti procuratori debbono ubbidire a criteri di delega predeterminati significa costruire delle figure che avranno una personalità da ameba, che non potranno risolvere i casi concreti che si verificano all’istante, eventualmente in interrogatori che svolgono a tarda ora assolutamente lontani dal procuratore della Repubblica, magari giustamente intento al riposo notturno, e che quindi tali casi non risolveranno.

La pratica mostra che i tentativi di fissare criteri predeterminati nei processi (per esempio in materia di impugnazione, di citazione o denunzia di testimoni) sono tutti miseramente falliti perché il magistrato deve rispondere a giustizia secondo quanto richiede il caso concreto: è questo l’altissimo compito sia della funzione requirente, che della giudicante. Non si ricade in questo caso in criteri di vendita di beni di consumo o voluttuari in un supermercato. Siamo invece nell’ambito di criteri per dare giustizia al cittadino, alla parte offesa, signor Ministro, signori relatori. Quest’ansia di giustizia voi la state veramente tradendo attraverso una struttura che vuole semplicemente creare una Repubblica di 26 arconti, che sono i procuratori generali, che saranno naturalmente controllabili, attraverso il previo concerto, dal Governo.

Quanto alla prevista possibilità di avocazione attraverso la mera violazione processuale, a prescindere da un effettivo danno del processo, chi frequenta i tribunali, chi sa come vanno le cose, chi non fa esercitazioni astratte sulla pelle dei cittadini che chiedono giustizia tutte le mattine in tribunale sa perfettamente che intanto contano le violazioni processuali, in quanto incidono sui diritti dei cittadini.

Grazie a dio, non c’è un tribunale in cui sia presente l’ufficiale giudiziario all’udienza ma questo non significa che non si faccia giustizia quel mattino. Allora, se la mera violazione processuale valutata dal procuratore generale consentirà di avocare, o meglio di scippare il processo al sostituto, si avrà un potere enorme dei procuratori generali. E questo non significa amministrare giustizia attraverso dei sostituti attenti e precisi alle esigenze di giustizia, di libertà degli imputati, di eventuale sequestro dei beni nell’interesse delle persone offese.

La necessità del consenso del procuratore della Repubblica per tutti i casi di incidenza sui diritti reali e di libertà è un nonsenso, signor Ministro, nella pratica. Pensi soltanto a tutte le macchine sequestrate a Roma in una giornata: come si fa a pensare che il procuratore della Repubblica consenta, e con cognizione di causa, non mettendo semplicemente un visto. Infatti, se si vuole il visto, il procuratore della Repubblica può anche vistare tutto il giorno, ma il consenso significa apporre il visto dopo aver approvato, e questo vuol dire conoscere la vicenda processuale e conoscere, in materia di libertà, le ragioni dell’accusa e della difesa.

E allora, siccome tutto questo è impossibile, voi state costruendo una struttura astratta, che non risponderà ai criteri di prevenzione, che non risponderà alle esigenze di riparazione dei cittadini parti offese. Io credo perciò che correggere tutto questo sia un dovere assoluto e ritengo che l'accoglimento dei nostri emendamenti risponda anche ad un'esigenza di giustizia.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, colleghi, illustrerò gli emendamenti 5.500 e 5.501, nelle nuove formulazioni.

L'emendamento 5.500 (testo 2) tende a dare in maniera forte una preventiva risposta ad alcune delle osservazioni che sono state oggi poste dai colleghi Ayala e Zancan a sostegno dei loro emendamenti addirittura soppressivi dell'articolo 5. In primo luogo il mio emendamento opera una soppressione di carattere formale, posto che nel testo originario si fa costantemente riferimento al procuratore della Repubblica presso il tribunale, restando sostanzialmente fuori dalla disciplina la figura del procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, di talché si rende necessaria l'eliminazione del riferimento al tribunale, in modo tale che la dizione sia sufficientemente generica e ampia da ricomprendere tanto l'una quanto l'altra funzione di procuratore, l'altro ufficio.

Al di là di questa correzione formale, ma anche sostanziale, l'emendamento tende a prendere atto soprattutto della realtà dei grandi e grandissimi uffici di procura. In particolare, si spinge addirittura oltre quelle che sono state le pur catastrofiche prospettazioni (ma, ripeto, in parte poi fondate) fatte dai colleghi Ayala e Zancan, nella misura in cui si pone anche il problema, nell'ufficio di procura così ridisegnato (e, lo ribadisco dato che ne sono convinto, in maniera sicuramente più efficace, più stringente di quanto non sia attualmente) della vacatio del ruolo del procuratore. L’emendamento si fa infatti carico della possibilità che in un ufficio il procuratore possa mancare improvvisamente per una qualsivoglia ragione, pensando anche alla circostanza - se vogliamo più ordinaria, più terra terra, ma non per questo meno importante - delle semplici ferie del procuratore, al quale non si può chiedere di essere in servizio, ovviamente, 365 giorni all'anno.

E allora, in questo emendamento si prevede la possibilità che il procuratore della Repubblica individui taluni sostituti del suo ufficio, all'uno delegandosi la funzione di vicario per tutti i casi di improvvisa mancanza del procuratore nella sua funzione, ma comunque di mancanza strutturale, e gli altri affinché si possa loro affidare direttamente da parte del procuratore, ad esempio, la gestione di un intero settore di affari penali, o la gestione di singole vicende dell'ufficio di procura.

Credo che si tratti di una previsione assolutamente necessaria, nella misura in cui è necessario - ripeto - prendere atto della complessità di molti uffici di procura e della sostanziale ricostruzione che si fa. Non dimentichiamoci infatti che l'eliminazione del ruolo dei semidirettivi requirenti, cioè dei procuratori aggiunti, dagli uffici di procura dalla prospettazione di questo disegno di legge, con la centralizzazione del potere di direzione dell'ufficio, nonché - ed è bene ricordarlo - dell'assoluta responsabilità personale che viene a ricadere in capo al nuovo procuratore della Repubblica, poneva la necessità che, pur mantenendo questo filo diretto di responsabilità fra l'agire dell'ufficio e il suo vertice, lo stesso vertice potesse delegare taluni sostituti a compiere, sempre sotto la sua personale responsabilità - e questo è uno dei passaggi qualificanti della riforma - taluni atti da lui stesso individuati.

Inoltre, l'emendamento 5.500 (testo 2) si fa carico delle emergenze, o comunque - chiamiamole così - delle ordinarie emergenze, come, ad esempio, ciò che si verifica in caso di necessità di convalida di arresto, di fermo o di sequestro.

Per questi casi (quelli in cui si debba procedere, per esempio, a convalide di qualsiasi genere, con la conseguente necessità, per esempio in caso di convalida di arresto o di fermo, di chiedere anche la misura cautelare) viene proposta dal testo dell’emendamento una modifica che comporta la testuale eccezione dalla regola generale dell’agire diretto del procuratore, lasciandone la piena disponibilità della decisione in capo al sostituto affidatario del singolo affare penale.

L’emendamento 5.501 (testo 3) si illustra da sé. Esso tende sostanzialmente, da un lato, a far sì che il neointrodotto potere di avocazione del procuratore generale non ponga in dubbio l’attuale potere di avocazione del procuratore nazionale antimafia, che quindi si dichiara apertamente rimanere quello che è attualmente previsto dalla legge istitutiva; dall’altro pone il problema, risolvendolo, di regolamentare le modalità di impugnazione del provvedimento di avocazione - nuovo testo, chiamiamolo così - che fosse adottato dal procuratore generale.

 

PRESIDENTE. Do lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sull’emendamento 5.500 (testo 2): "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l’ulteriore emendamento 5.500 (testo 2), esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo nel presupposto che all’esercizio della funzione di vicario di cui alla lettera b) non siano associati specifici emolumenti o indennità".

Proseguiamo nell’illustrazione degli emendamenti.

 

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, siamo ormai nella fase terminale di questa grande fatica relativa alla modifica dell’ordinamento giudiziario. Io sono sempre più convinto che ogni modifica che il legislatore intenda introdurre, soprattutto quando questa incida, come nel caso di specie, su un sistema organico e consolidato, debba mostrare con chiarezza e con lealtà, da parte di chi sostiene la modifica, le ragioni che animano la riforma e le sue finalità.

In quest’Aula abbiamo sentito più volte le espressioni "spirito punitivo" o "spirito ritorsivo" e le ragioni di questa nostra valutazione, molto forte, molto severa, sono state indicate dai colleghi. Io però negli ultimi tempi ho approfondito questo aspetto e c’è qualcosa che non quadra, che non convince.

Non possiamo ritenere che per motivi ritorsivi l’attuale maggioranza sostenga e voglia far passare una legge che, se mai dovesse essere varata, se mai dovesse arrivare all’iter compiuto, porterebbe danni inimmaginabili all’amministrazione della giustizia. Non credo che per un motivo semplicemente ritorsivo noi oggi ci troviamo a dover discutere una modifica dell’assetto istituzionale del pubblico ministero che se, ripeto, attuata, non porterebbe a nessuno degli obiettivi che vengono indicati da parte del relatore e della maggioranza.

Oggi vige un sistema organizzativo del pubblico ministero che è il frutto di un lungo iter, un iter che io definisco attento e rispettoso dei princìpi costituzionali; un’indipendenza del magistrato che è fuori discussione, anche da parte della maggioranza, almeno sul piano teorico, un’indipendenza esterna e un’indipendenza interna. Allora, l’attività svolta soprattutto in sede di Consiglio superiore della magistratura, ma anche ad opera della magistratura associata, ha portato ad un pubblico ministero che oggi rappresenta, a mio giudizio, un momento di arrivo, perché dà al procuratore della Repubblica dei poteri ben definiti, però sulla base di regole.

Quello attuale è un sistema garantista. Amici della maggioranza, quante volte avete usato l’espressione "garantismo": ed è secondo voi garantista il sistema che oggi cercate di imporre, senza ragione, secondo me, ma solo con la forza dei numeri? Anche gli emendamenti presentati questa mattina all’ultimo momento denotano lo stato di confusione, se non di imbarazzo, in cui vi state muovendo.

Avete capito (non potevate non capirlo) che è assurda l’impostazione che avete dato a questa riforma. È un assurdo ritenere che un procuratore della Repubblica, sotto la sua personale responsabilità, possa seguire tutti gli affari di giustizia; avete voluto eliminare, però, la figura dell’aggiunto, che lo sostituisce e lo rappresenta secondo le regole, ma non lo esautora mai: figura che viene istituzionalizzata, nominata attraverso un regolare concorso da parte del Consiglio superiore della magistratura. Quindi, un aggiunto che ha una sua indipendenza, una sua autonomia rispetto al procuratore della Repubblica.

Oggi reintroducete improvvisamente, all’ultimo minuto utile, un emendamento che prevede la delega e la nomina di un vicario. Anche questo si inquadra in una visione personale di un ufficio che non può e non deve essere "personale". Deve esserci, in effetti, una responsabilità del procuratore, ma oggi non ci sarebbe questa personale responsabilità?

Chiedo al collega Bobbio, relatore del provvedimento in esame, il motivo che rende necessaria la nomina di un aggiunto, sotto la figura del vicario, se si è ritenuta superflua la figura dal punto di vista istituzionale. Evidentemente fa comodo alla vostra visione l’istituzione di una figura che, sotto la decisione discrezionale o l’arbitrio del capo dell’ufficio, viene nominata a sostituirlo: dunque, non più un regolare concorso, ma una nomina.

Questo vuol dire che in capo al procuratore della Repubblica il legislatore (oggi rappresentato da voi della maggioranza) intende attribuire tutti i poteri. Si tratta dunque, di una figura - secondo me - abnorme rispetto ai princìpi costituzionali e alla civiltà giuridica che abbiamo raggiunto a fatica in questi cinquant’anni. Una figura di procuratore che assommerà in sé tutti i poteri dell’ufficio di Procura non potendoli esercitare e lo farà solo attraverso la concessione di deleghe, soggette, come noi sappiamo, a revoca immotivata.

Ora non c’è tempo per ricordare. Sarebbe utile che i colleghi non addetti ai lavori, soprattutto quelli della maggioranza, si rendessero conto di quello che sta per accadere. È opportuno ricordare che oggi, con l’attuale sistema, il procuratore della Repubblica non è mortificato, ma ha i suoi poteri. C’è la necessità di seguire un procedimento penale o una indagine particolarmente delicata? Bene, il procuratore della Repubblica può autoassegnarsi l’affare giudiziario, quindi entrare nell’indagine e garantire con la sua presenza; questo, però, per una o due volte: farlo sempre non è possibile. Voi lo istituzionalizzate, però poi prevedete addirittura un meccanismo - che può essere definito soltanto fantasioso o assurdo - per cui nel corso dell’indagine, atto per atto, il procuratore della Repubblica possa servirsi di magistrati del suo ufficio.

Ma allora dov’è l’organicità? Pensiamo ad una di quelle indagini preliminari che fanno discutere: di volta in volta il procuratore della Repubblica incaricherebbe questo o quel sostituto di sua fiducia. Qual è la visione organica, la visione incisiva di una indagine complessa, che deve essere unitaria, che deve far capo ad uno o più magistrati che la seguono dal primo momento? Questi magistrati dovrebbero operare sotto la spada di Damocle di una revoca immotivata da parte del procuratore della Repubblica?

L’attuale sistema, ricordo, prevede la redazione di tabelle annuali, di regole, di criteri obiettivi e predeterminati in base ai quali vengono assegnati i vari incarichi e le questioni giudiziarie, le indagini, e prevede altresì il dovere per il sostituto di informare sistematicamente il procuratore, il quale ultimo può intervenire - ripeto - autoassegnandosi l’affare giudiziario o revocando la designazione per giustificati motivi, da indicare in maniera chiara: quindi per l’assegnazione motivi validi, obiettivi e predeterminati, e motivi altrettanto validi e obiettivi per la possibilità di revoca della designazione.

Allora non esiste assolutamente una necessità di trasformare la struttura del pubblico ministero: quali obiettivi si vorrebbe raggiungere, facendolo? Parliamo con chiarezza. Vi siete mossi con tutta la forza dei vostri numeri per modificare la struttura del pubblico ministero a fini - lo si è detto più volte ed io sotto certi aspetti ci credo - ritorsivi. Ma fate questo per raggiungere quale obiettivo? La ritorsione deve pur avere un senso.

Questa maggioranza immagina di restare qui a governare il Paese vita natural durante, oppure ci sarà un’alternanza o un cambiamento? Vi rendete conto di quello che state per varare? Vi rendete conto degli effetti negativi a livello istituzionale e a livello dell’intero sistema giudiziario? Che vuol dire ritorsivi? Ritorsivi contro chi? Forse contro alcuni magistrati che possono aver sbagliato? Si colpisce la struttura, in questo caso, senza raggiungere minimamente l’obiettivo che voi dite di voler perseguire, cioè una maggiore efficienza.

Infatti una maggiore efficienza, con questo sistema, non si raggiungerà mai, non è possibile. Noi otterremo delle procure costantemente in rivolta. Avremo l’effetto sommamente deleterio di magistrati che, timorosi di perdere gli incarichi, di non fare carriera, dovranno seguire le direttive di un capo. E se questo capo avesse quelle caratteristiche negative che voi non accettate e tanto dite di voler combattere, quale controllo sarà possibile su questo procuratore della Repubblica? Quale possibilità di una gestione - come dire - condivisa da un numero elevato di sostituti procuratori della Repubblica? (Richiami del Presidente).

In questo momento non c’è uno sbando delle procure; il problema è invece il fatto che l’azione giudiziaria svolta da alcuni magistrati non è stata gradita né accettata dall’attuale maggioranza. Allora se è questo che vi ha determinato e spinto a questo modo dissennato di riformare il codice e la struttura del pubblico ministero, voi ritenete, con questa riforma, di poter neutralizzare tale effetto? Niente affatto: avremo una concentrazione veramente inammissibile e pericolosa di poteri nelle mani di poche decine di procuratori della Repubblica che avranno un potere che non è paragonabile a quello di nessun altro funzionario, di nessun altro soggetto nell’ambito istituzionale complessivo.

Questa concentrazione di potere creerà un rilevante problema di responsabilità. E allora, amici della maggioranza, diciamoci la verità: è questo l’obiettivo che state perseguendo, non quello di riformare la struttura del pubblico ministero. (Il microfono si disattiva automaticamente). Ancora un minuto, signor Presidente.

PRESIDENTE. Non oltre, senatore Maritati, perché vi sono molti colleghi che intendono prendere la parola. La pregherei pertanto di concludere.

MARITATI (DS-U). La ringrazio, signor Presidente.

Dicevo che si intende portare la situazione ad un punto di esasperazione e di pericolosità per gli equilibri istituzionali, in modo che si renderà quasi naturale e necessario mettere queste poche decine di procuratori della Repubblica sotto la responsabilità di un organo politico, cioè il Ministero.

Questo è l’obiettivo che state perseguendo. Oggi vi muovete a piccoli passi; si tratta di una riforma che apparentemente non tocca l’indipendenza del pubblico ministero, ma l’obiettivo chiaro e inevitabile a cui si arriverà (temo anche da parte di chi non rappresentasse l’attuale maggioranza) se tale riforma passerà sarà quello di sottoporre il pubblico ministero al controllo del potere politico.

È per questo motivo che noi ci opponiamo e vi richiamiamo alla vostra responsabilità e al senso dello Stato.

 

PRESIDENTE. Mi permetto di ricordare a tutti i colleghi che il tempo è contingentato e viene rapidamente riducendosi, in particolare per alcuni Gruppi.

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, per doverosa economia di tempo mi limiterò ad illustrare l’emendamento 5.105, argomentando in chiave strettamente tecnica e costituzionale. So bene che le scelte politiche si sottraggono ad argomentazioni dimostrative. I valori non si pesano, non si confrontano, ma le scelte di tipo costituzionale tecnico devono accettare la cornice nella quale si muovono.

L’articolo 5 è incentrato sul concetto di delega e la delega consiste nel trasferimento di funzioni ad un soggetto che non ne è titolare. Noi proponiamo, invece, il mantenimento della dicitura attualmente vigente, cioè quella di designazione, perché la designazione è attivazione di poteri già esistenti in capo al soggetto designato. Questo è ciò che la Costituzione impone.

Signor Ministro, la Costituzione non recita: "Il procuratore della Repubblica ha l’obbligo di esercitare l’azione penale". Non recita nemmeno: "L’azione penale è obbligatoria". Afferma invece che: "Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale".

Quindi, ogni soggetto, ogni magistrato appartenente all’ufficio del pubblico ministero è già titolare di questa potestà e il capo dell’ufficio ha semplicemente il potere e il dovere di attivare tale potere indicando, di volta in volta, di quale affare deve occuparsi e per quale affare deve esercitare l’azione penale. Questo, signor Presidente, è il dibattito profondo che portò all’attuale articolo 70 dell’ordinamento giudiziario che voi intendete stravolgere.

È indiscutibile che l’ufficio di procura ha esigenze di coordinamento che non ha l’ufficio giudicante, ma queste potestà, che doverosamente vanno attribuite al capo, sono di tipo organizzativo e attinenti all’individuazione di criteri generali ai quali ciascun magistrato deve attenersi per omogeneità di comportamento dell’ufficio. Questo è indiscutibile, ed è ciò che l’articolo 70 afferma.

Voi andate molto oltre e trasferite il concetto di designazione in quello di delega. Come lei sa, il concetto di delega - e su questo la prego di richiamare l’attenzione - è previsto, ma per i funzionari di polizia che svolgono, su delega appunto, l’attività di pubblico ministero in udienza. Voi venite ad equiparare il magistrato della procura al funzionario di polizia. Credo che anche lei, signor Ministro, avrebbe qualche insofferenza se un dettato normativo equiparasse la sua alta funzione a quella di un funzionario del suo ufficio. Questo non è opportuno ed è sbagliato.

Signor Ministro, ciò è sbagliato anche per un altro motivo, ossia perché l’articolo 53 del codice di procedura penale, sul quale non potete intervenire perché non avete delega per modificare anche il codice, stabilisce che il pubblico ministero in udienza eserciti le sue funzioni in piena autonomia. Anche a questo riguardo, signor Ministro, lei sa quale dibattito ci fu in relazione alla scelta del concetto di udienza anziché di quello di dibattimento; vi era infatti chi pretendeva che l’autonomia sussistesse solo nel momento del giudizio, ma in sede di indagine il capo limitasse, o avesse comunque potere di limitare, tale autonomia.

Questa scelta non fu accolta e l’udienza si proietta ampiamente anche nell’ambito delle indagini preliminari, dal momento che sono udienze quella in cui si decide sul patteggiamento, quella del giudizio abbreviato, quella dell’incidente probatorio, l’udienza preliminare, la sede del riesame e altre situazioni minori. Come fate allora a rendere compatibile una situazione di totale subalternità, quale la delega presuppone, con una di piena autonomia, quale queste disposizioni prevedono, costellando anche tutta la fase delle indagini preliminari?

Ecco perché ritengo che questa scelta, a prescindere dalle opzioni politiche, sulle quali siamo in profondo disaccordo, ma che possiamo e dobbiamo accettare ve ne siano di diverse, non appartiene soltanto ad un campo di valori opinabili, bensì a quello dell’errore. È per questo che raccomando ulteriore meditazione su tale scelta che non altera la vostra impostazione monarchica, ma la rende, quanto meno, meno lontana dal dettato costituzionale. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Cavallaro).

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, desidero illustrare gli emendamenti a mia firma e del senatore Dalla Chiesa, tutti aventi ad oggetto la medesima sostanziale questione sulla quale anche noi, molto brevemente, vogliamo richiamare l’attenzione del Governo e dei colleghi dell’Assemblea.

Mi riferisco al problema dell’esercizio dell’azione penale e delle modalità attraverso le quali essa si estrinseca all’interno dell’ordinamento giudiziario.

Nessuno di noi nega che vi sia la necessità di un’efficace organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero; questa esigenza si avverte tanto più quando gli uffici del pubblico ministero sono complessi e organizzati e hanno bisogno sovente di articolate competenze professionali.

È noto che la proposizione dell’azione penale non è più astrattamente quella che poteva essere anche solo cinquant’anni fa, ma richiede un bagaglio di cognizioni e di competenze spesso altamente specializzate. Non v’è dubbio che non sono esattamente fungibili e che, quindi, devono essere fisicamente incardinate in uno o più soggetti dotati di una specifica qualità professionale. Ciò proprio in relazione alla considerazione - più volte evidenziata - che colui che promuove l’azione penale non è un ufficiale di polizia e quindi non si deve - né si può - limitare a compiere delle indagini, ma le governa e le dirige proprio nell’ottica di valutare se il risultato di quelle indagini produce poi in concreto la promozione dell’azione penale o se, invece, deve rimanere nel campo delle attività di mera polizia e ricerca di fatti costituenti reato.

Si tratta, pertanto, di una funzione altamente specializzata e sotto questo profilo non vi è nessuna preclusione - anzi non vi può essere - o pregiudizio a che la specializzazione comporti anche l’assegnazione di specifici incarichi, l’individuazione di professionalità.

Detto questo, occorre affermare l’altrettanto evidente principio che nel nostro sistema non vi è alcuna personalizzazione dell’azione penale: non esiste nessun soggetto - che sia un procuratore, un aggiunto o un sostituto - titolare in quanto tale dell’azione penale, proprio per il principio dell’assoluta fungibilità della stessa e per l’intestazione della medesima, a norma della Costituzione, agli uffici del pubblico ministero e non ai singoli pubblici ministeri.

Una volta chiarito tale concetto, è sufficiente trarre le conseguenze dalle due affermazioni svolte in precedenza: all’interno dell’ufficio del pubblico ministero sono compatibili tutte quelle forme anche di elevata organizzazione che tendono ad un migliore esercizio dell’azione e ad una sua concreta articolazione, mentre sono da combattere - anche se non si tratta di battaglie - e da non introdurre nell’ordinamento quelle forme che provocassero una gerarchizzazione tra soggetti all’interno dell’ufficio del pubblico ministero. Quindi, la bussola per valutare se una norma, anche sotto il profilo della costituzionalità, è coerente con i princìpi che abbiamo illustrato è solo questa; non vi è altra ragione per valutare ciò.

Tra l’altro, abbiamo cercato di introdurre questo principio non attraverso un gioco di parole perché appunto la nozione di designazione è nozione diversa dalla delega non solo dal punto di vista lessicale; mentre, infatti, la delega presupporrebbe un esercizio di un potere che viene dal delegante conferito al delegato, e quindi presupporrebbe quell’errore che vogliamo evitare, vale a dire di intestare l’azione penale al procuratore e non all’ufficio del pubblico ministero, sarebbe largamente possibile, dal punto di vista delle nostre proposte emendative, designare per singole funzioni (o anche per più funzioni) quelli che nella prassi vengono definiti singoli sostituti procuratori, o denominandoli in altro modo.

Aggiungo che questa è la fisiologia; la patologia di questi rapporti gerarchici l’abbiamo già sperimentata nel nostro sistema processuale. Non occorre ricordare quanti e quali porti delle nebbie e quante e quali archiviazioni sospette sono state, sotto l’imperio del sistema gerarchico, ampiamente criticate dalla pubblica opinione perché producevano, non soltanto nella giurisdizione, ma anche nelle attività di esercizio dell’azione penale, forme di ossequio, di transigenza e di non totale libertà o autonomia nell’esercizio dell’azione.

Tra l'altro, appartiene alla considerazione dei tempi che ormai sarebbe persino datata l'introduzione di una riforma che portasse ad una ulteriore gerarchizzazione, proprio perché la libertà è anche condizione per un'efficace esercizio dell'azione penale, in quanto non è pensabile che forme di controllo di carattere burocratico e gerarchico consentano l'effettuazione e la direzione strategica di indagini qualificanti in settori difficili.

Altro invece - e su questo del resto vi sono state innovazioni che la stessa magistratura ha introdotto - è un esercizio collegiale articolato, in quelle forme che le singole procure possono ottenere non nella burocratizzazione ma in un affidamento funzionale di responsabilità di governo organizzativo, fra l'altro modulando svolgimento e direzione delle indagini a seconda dei tipi di criminalità e di fenomeni che intendono combattere.

È di questi giorni - e quindi la citazione è addirittura banale - l'evidenza di una necessità di particolari competenze professionali e di particolari forme di organizzazione quando si tratta di combattere fenomeni di criminalità economica che erano addirittura sfuggiti a più gradi di controlli istituzionali. In questa direzione sarebbe non solo inutile ma dannosa un'organizzazione di tipo gerarchico o addirittura una sorta di catena di comando che rendesse impossibile la tempestività e l'efficacia dell'azione investigativa.

Per tutte queste considerazioni illustriamo complessivamente gli emendamenti che abbiamo presentato, manifestando al tempo stesso la contrarietà per l'impianto della legge. Tra l'altro ne comprendiamo poco i fini, se non quelli di una politica dell'oggi, ma quando si riforma l'ordinamento giudiziario non è ad essi che si dovrebbe guardare.

Quindi siamo contrari per ragioni di principio e non di bottega ad ogni forma di articolazione che non sia quella che abbiamo illustrato. (Applausi del senatore Manzione).

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sugli emendamenti 5.500 (testo 2) e 5.501 (testo 3), da me presentati.

Il parere è contrario su tutti gli altri emendamenti.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 5.100.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, riteniamo importante una dichiarazione di voto sull'emendamento soppressivo dell'articolo 5, che tutto è tranne che un sistema per riorganizzare l'ufficio del pubblico ministero.

Sappiamo che le finalità sono diverse e le motivazioni sono esplose in maniera evidente nel corso delle diverse cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario che si sono succedute la settimana scorsa nelle ventisei corti d'appello.

Questo dato avrebbe dovuto servire in qualche maniera al Governo e al relatore per comprendere come questo tipo di riforma obbedisca più ad istinti primordiali che ad una razionale capacità di rivisitare il sistema e per comprendere in che modo intervenire. Dico questo perché in molte occasioni anche i colleghi parlamentari del centro-destra hanno affermato la necessità di modificare quello che invece sta per essere approvato.

Vi è infatti questo strano doppio atteggiamento: quando i parlamentari si esprimono in maniera libera, in un contraddittorio aperto come può essere quello che nasce in sede di inaugurazione dell'anno giudiziario, hanno la capacità di rivisitare a tutto tondo le prospettazioni e gli istituti e di immaginare le soluzioni; quando si arriva in un'Aula parlamentare, sia essa la Camera o il Senato, si ha invece un atteggiamento totalmente diverso.

Se vi fosse stata la capacità di immaginare un modello organizzativo che riprendesse le considerazioni svolte da quanti hanno illustrato gli emendamenti vi sarebbe stato un concorso effettivo. Il modello che attraversa l'articolo 5 tende invece a gerarchizzare le procure, a sospendere libertà e autonomie che sono state una conquista non solo della magistratura ma della nostra società, a riprendere il diritto di avocazione sostanzialmente senza condizioni. La lettera g) dell'articolo 5 prevede infatti un'avocazione totalmente libera, reintroducendo un istituto appartenente alla preistoria della giustizia, che non ho bisogno di ricordare quanti problemi abbia determinato.

Si immagina un'organizzazione della giustizia di tipo piramidale, che negli anni Sessanta consentiva una promiscuità assoluta tra il potere politico e la magistratura; il clima era più sereno ma tale organizzazione era contraria alle conquiste previste dalla nostra Carta costituzionale, contraria alla tutela dei diritti generali di ciascuno.

L'emendamento in esame tenta di eliminare una delle maggiori abnormità introdotte dal maxiemendamento, di cui conosciamo l'origine temporale, con la modifica dell'iniziale previsione dell'articolo 5.

Signor Presidente, voteremo quindi a favore dell'emendamento soppressivo e ci auguriamo che da parte di tutti vi sia un risveglio di consapevolezza che, a volte, riesce ad affiorare singolarmente ma purtroppo coralmente resta spesso assopita.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 5.100, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.101, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.102, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.500 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

Risulta pertanto precluso l'emendamento 5.107.

Metto ai voti l'emendamento 5.103, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 5.104 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 5.105, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Risulta pertanto precluso l'emendamento 5.106.

Ricordo che l'emendamento 5.107 è precluso dall'approvazione dell'emendamento 5.500 (testo 2).

Metto ai voti l'emendamento 5.108, presentato dal senatore Zanda.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.109, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori, identico all'emendamento 5.110, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.111 (testo corretto), presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.112 (testo corretto), presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.113, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori, identico all'emendamento 5.114, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 5.115.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Dichiaro il nostro voto favorevole all'emendamento.

L'architettura disegnata dall'articolo 5 in tema di misure cautelari prevede l'assenso del procuratore della Repubblica in ogni situazione. Perché avete voluto introdurre questo ulteriore disposto? Sappiamo che è già prassi di gran parte degli uffici che il sostituto chieda l'assenso e in qualche modo la copertura del capo in tutti i provvedimenti delicati. E’ molto diverso, però, che sia il sostituto ad avere l’iniziativa che non essere il capo dell’ufficio a pretendere il controllo.

Perché lo volete? Se si trattasse di un controllo sulla ritualità, correttezza e legittimità della richiesta sarebbe superfluo perché c’è già il giudice per le indagini preliminari che a fronte di una richiesta illegittima direbbe no, è il giudice il tutore della legalità della cautela. Dunque, l’assenso del capo è rilevante solo nel caso speculare, in cui cioè il sostituto intenda chiedere una misura che il giudice accoglierebbe, e quindi legale, e il capo, per valutazioni di opportunità, ritiene che non debba essere chiesta.

Questo è assolutamente scorretto, è un'asimmetria perché una funzione di controllo nella parità di funzioni che la Costituzione sancisce all’articolo 107 è ammissibile solamente in funzione di un parametro costituzionale, cioè dell’esercizio dell’azione penale, un controllo sull’inerzia, non sull’attività. Quindi, questo ci pare un tema decisamente da respingere.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 5.115, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.116 (testo corretto), presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.117, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.118, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.119, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.120, presentato dal senatore Cavallaro, identico all’emendamento 5.121 (testo corretto), presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.122, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.123, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.124, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.125, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.126, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.127, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.501 (testo 3), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 5, nel testo emendato.

È approvato.

Ricordo che l’articolo 6 è stato approvato in una precedente seduta.

Passiamo all’esame dell’articolo 7, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, una norma che concerne i procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati è chiaramente di straordinaria importanza.

Questo Governo e questa maggioranza stanno tentando in tutti i modi di costruire la figura di un magistrato come burocrate intimidito, piccolo piccolo, schiacciato dall’ansia di procedimenti disciplinari sia per la sua attività di magistrato, sia per la sua attività di cittadino. Nessun Governo nella storia repubblicana aveva mai cercato di mettere gravemente in tal modo sotto controllo l’operato della magistratura, tentando di spingere il proprio controllo addirittura alla sacrosanta e indispensabile attività di interpretazione della legge.

Il signor relatore - che non vedo, ma non ha importanza - si è stracciato le vesti dicendo: chi si è mai sognato di vietare l’interpretazione delle leggi visto il sacrosanto principio fissato nell’articolo 12 delle preleggi?

Dimentica il senatore Bobbio che l'articolo 12 glielo abbiamo spiegato con precisi emendamenti in sede di Commissione giustizia; glielo abbiamo ricordato il senatore Fassone per primo e io per secondo o per terzo, ha poca importanza. Questo è il solito meccanismo legislativo di questo Governo e di questa maggioranza, che tira il sasso e poi ritira la mano, che tenta di introdurre delle norme e poi si vergogna di quello che ha tentato di introdurre, visto che c'è un limite a tutto, e di fronte a questo torna indietro e si straccia le vesti.

Noi pensiamo che così facendo state costruendo (prima ho parlato di un sostituto-ameba) un magistrato-ectoplasma, che non avrà rapporto con la vita e con il mondo, che sarà un burocrate il quale avrà timore di giudicare, avrà timore di interpretare la legge, avrà timore di dare giustizia. Guardate, è gravissimo che voi addirittura vogliate mettere sotto procedimento disciplinare chi non rispetta la volontà del legislatore. Avete dimenticato decine di anni di studi in materia. La volontà del legislatore è sommersa dal testo della legge, non c'è più.

Due o tre mesi fa, per parlare di cose concrete, noi abbiamo approvato il patteggiamento allargato e il Senato della Repubblica ha respinto un mio emendamento dove chiedevo di non applicare al giudizio di appello il patteggiamento allargato. Certamente i tecnici conoscono la sentenza della Cassazione a sezioni unite, che ha detto che invece non si applica al giudizio di appello. E dunque, signor Ministro, se fosse in vigore questo testo le Sezioni unite dovrebbero essere sottoposte a procedimento disciplinare.

Allora, per cortesia, cerchiamo di lasciar svolgere a ciascuno la propria funzione e, nel caso della magistratura, la sua alta funzione. Non cerchiamo di tagliare questa interpretazione del diritto, questo adeguamento della norma al diritto vivente, soprattutto questo adeguamento della norma alla migliore interpretazione rispetto alla Costituzione. Per cortesia, signor Ministro, signor Governo, signora maggioranza, dimenticate il rancore, lo spirito di vendetta, le rivendicazioni partitiche. Dimenticate tutto questo, perché voi qui state creando una struttura che è destinata a durare più di noi, più di tutti noi!

E allora, se così è, per piacere, non agite con spirito di vendetta. Lasciate che un magistrato libero, autonomo e indipendente sia garante del rispetto di quel patto sociale su cui si fonda certamente la Repubblica, certamente il potere delle Camere, certamente il potere del Senato.

PRESIDENTE. Senatore Zancan, mi corre l'obbligo di informarla che il suo Gruppo ha quasi esaurito il tempo a disposizione.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, colleghi, per quanto riguarda il mio emendamento 7.500, credo che sia necessario inserire fra i valori da salvaguardare, in relazione alla condotta del magistrato, anche il decoro. Però colgo l'occasione, in riferimento all'emendamento 7.101 del collega Maritati ed altri, per segnalare che in relazione a questo mio emendamento, e nella possibilità… (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, ma vi prego di ridurre il brusìo, perché il relatore una volta tanto, non in rapporto a questo disegno di legge, ma rispetto ai normali dibattiti parlamentari, sta interloquendo nel merito, e quindi è bene ascoltarlo.

BOBBIO Luigi, relatore. Grazie, Presidente. Colgo l'occasione per segnalare al collega Maritati e ai firmatari dell'emendamento 7.101 che i due emendamenti 7.500 e 7.101 potrebbero trovare una comune formulazione, su cui sarei senz'altro favorevole, nell'ipotesi in cui si tentasse una fusione fra i due testi, e in particolare il 7.101 fosse, rispetto al testo attuale, modificato con il riferimento, dopo la credibilità personale, ai valori del prestigio e del decoro del magistrato e del prestigio dell'istituzione.

Propongo quindi sostanzialmente di tentare una fusione fra i due testi che tenga conto anche del giusto riferimento che il vostro emendamento, colleghi, fa al prestigio dell’istituzione. Lo dico anticipando l’invito alla riformulazione e illustrando in questa maniera l’emendamento 7.500.

Per quanto riguarda l'emendamento 7.501, vorrei riformularne in questa sede il testo, nel senso che esso suonerebbe: "Al comma 1, lettera c), numero 3), sostituire le parole: "e sempre che" con la parola: "e"", con la conseguenza di modificare sostanzialmente, e in senso per me tranquillizzante, l’assetto complessivo della norma, che alla fine verrebbe chiamata a tenere conto non di un criterio alternativo rispetto all’altro ma, sostanzialmente, di entrambi i criteri di valutazione dell’inosservanza dell’obbligo di residenza.

L’emendamento 7.502 tende in buona sostanza a fare in modo che il dirigente d’ufficio non sia esente da responsabilità nel momento in cui si autoesenti sistematicamente da quell’assegnazione di lavoro all’interno dell’ufficio che è il suo compito principale nell’espletamento dei suoi doveri.

L’emendamento 7.503 va letto, e quindi lo illustrerò congiuntamente, in combinato disposto con il 7.504 (testo corretto). Inutile nascondersi, signor Presidente, cari colleghi, che questa parte del provvedimento, cioè l’articolo 7, comma 1, lettera c), numeri 9 e 10, costituisca uno dei punti nodali di questo disegno di legge e del momento emendativo dello stesso da parte dell’Assemblea.

È uno degli snodi principali, ovviamente in relazione alla materia di cui si occupa la norma in questione, e - giova premetterlo subito - entrambi questi emendamenti hanno nella mia intenzione non la funzione di modificare, ridurre o sminuire la portata e, diciamo, l’aspirazione normativa del testo originario, ma hanno la non meno, io ritengo, anzi assolutamente più importante funzione di evidenziare, attraverso una recuperata chiarezza del testo della disposizione, la finalità che il testo stesso vuole avere.

Sostanzialmente questa norma, originariamente e ormai normalmente, ma in maniera errata, da tutti individuata come la norma sull’interpretazione creativa, tende a conseguire un risultato fondamentale, che è forse il risultato più rilevante da un punto di vista istituzionale, ordinamentale, costituzionale che forse l’intero disegno di legge si prefigge di raggiungere.

È inutile nascondersi, ce lo siamo detti infinite volte dentro e fuori quest’Aula, che il tema del rapporto fra la politica (laddove con questa espressione di fa riferimento a potere legislativo ed esecutivo) e la magistratura (intesa come potere giurisdizionale) trova il suo momento di vera, reale, forte frizione nel momento dell’attività giurisdizionale, cioè nell’esercizio della funzione giudiziaria.

Orbene, è del tutto evidente che la funzione giudiziaria deve essere sempre e comunque ricondotta per definizione ad un testo normativo. Il presupposto, il prius logico e giuridico dell’esercizio concreto della funzione giudiziaria è, oltre ad un fatto, una norma di riferimento.

Ciò che la norma di cui stiamo parlando tende a ridisegnare è proprio questo sistema di carattere generale, per quanto esso possa sembrare ovvio e per quanto, al contrario, esso è stato per troppo tempo, per troppi anni, disatteso, al punto tale che oggi il solo parlare di questo argomento può suonare o suona - ad alcuni o a molti - come una bestemmia, come, per così dire, anomalia costituzionale, quando invece tende a rimuovere un’anomalia costituzionale. Tale anomalia costituzionale sta nel fatto che ciò che si vorrebbe mantenere da coloro che avversano questa disposizione, diciamocelo con chiarezza, è un’attuale, perdurante, persistente forma di esorbitanza di un ordine incaricato della gestione di un potere, in relazione all’esercizio di altri poteri di questo Stato.

Gli emendamenti servono a chiarire, anche agli occhi dei più incalliti detrattori - permettetemi di dirlo - in malafede, che questa norma non vuole in alcun modo conculcare, vietare o limitare la legittima, doverosa attività di interpretazione di una norma del diritto vigente, legittimamente adottata dai poteri che la Costituzione delega a fare ciò. Tant’è che l’emendamento 7.504 (testo corretto) propone in modo chiaro di introdurre - mi si permetta di citarne la lettera all’attenzione dei colleghi - al comma 1, alla lettera c), al numero 10), dopo le parole "non può dare luogo a responsabilità disciplinare l’attività di" le altre "interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale (…)".

Vale a dire che, a chiarimento, spero definitivo della materia, viene espressamente escluso che tutto ciò che nell’esercizio della funzione giudiziaria costituisca attività di interpretazione delle norme, nei pur assai ampi ambiti in cui la riconduce la disposizione dell’articolo 12 delle cosiddette preleggi, non è motivo di procedimento disciplinare, né - quindi - di sanzione disciplinare. Da oggi nessuno potrà dire - lo spero vivamente e me lo auguro -, senza dichiararsi strumentalmente in malafede, che questa disposizione tende a conculcare o a vietare o a limitare la libertà di interpretazione delle leggi dei magistrati italiani.

Qual è, allora, il senso della norma disciplinare? È un senso che - permettetemi di dirlo, cari colleghi dell’opposizione - non potreste non condividere, anzi, a mio avviso, dovreste condividere, visto che tutti siamo accomunati da un senso di rispetto e di richiamo al sistema costituzionale.

Ebbene, dispiace una volta di più dover richiamare princìpi che dovrebbero essere elementari, ma lo farò, in pochissimi minuti. Questo nostro Paese è retto da un sistema in cui il popolo è sovrano e i modi di esercizio della sovranità vengono tradizionalmente e correttamente individuati nei tre poteri fondamentali.

La Costituzione ha ritenuto che due di questi poteri fossero esercitati in via mediata dal popolo italiano attraverso suoi rappresentanti elettivi ai quali conferisce, in particolare, l’incarico di fare le leggi, cioè di dettare le regole che dovranno disciplinare la vita della collettività e quindi realizzare gli interessi dei cittadini italiani, facendo altresì carico ai rappresentanti parlamentari della responsabilità politica dell’ottemperanza o meno al mandato ricevuto. Ha ritenuto, poi, che l’altro potere nel quale si consacra la sovranità, cioè il potere giurisdizionale, fosse affidato alla gestione di un ordine, quello giudiziario, individuato non in via elettiva bensì in via di abilità, di possesso di conoscenze, cioè attraverso il concorso.

Ora è del tutto evidente che il sistema si tiene nella misura in cui - perdonatemi la brutta ma icastica espressione - ognuno di questi poteri fa la sua parte, svolge il suo ruolo. Si è parlato per troppi anni, in questo Paese, con l’avallo colpevole e doloso devo dire a questo punto, del Consiglio superiore della magistratura, per troppi decenni, di diritto vivente e di altre formulette analoghe che in realtà per troppo tempo hanno avuto la semplice funzione di coprire la debordanza di un potere dai limiti fissati dalla Costituzione.

Ogni qualvolta un magistrato, prendendo atto di un vuoto legislativo, ritenga di far cosa buona (e taccio su tutte le altre possibili motivazioni) pronuncia comunque una sentenza con la quale crea quella legge della cui mancanza dovrebbe invece limitarsi a prendere atto, non fa una cosa neutrale, non fa una cosa buona ma, nell’ambito del sistema, compie un atto dirompente perché il magistrato non è delegato dal popolo italiano a fare quella legge.

In conclusione, il Consiglio superiore, che avrebbe avuto, costituzionalmente parlando, il compito di cerniera di snodo nell’interagire corretto dei due poteri, quello legislativo e quello giudiziario, o meglio del giudiziario rispetto al legislativo, per troppo tempo ha mancato a tale sua funzione non sanzionando disciplinarmente questi comportamenti devianti e quindi sostanzialmente richiedendo che quanto meno questo Parlamento, questa manifestazione del potere politico nazionale legittimo varasse - e vi chiedo di farlo - una norma che stabilisce con chiarezza che non sanzionare disciplinarmente tali comportamenti significa mancare al proprio dovere.

 

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, vorrei chiederle di prendere in esame se, vista l’estrema delicatezza della materia e la prevedibile chiusura ad ora non lontana, non sia possibile allungare i tempi di spettanza dei Gruppi che lo richiedono. Comunque, questa è una sua valutazione.

PRESIDENTE. Senatore Fassone, normalmente, in questi casi, prima di procedere in maniera differente c’è la richiesta informale agli altri Gruppi; e siccome ve ne sono alcuni che hanno ancora diverso tempo a disposizione per l’esame del disegno di legge, mi permetto di suggerire di seguire questa strada.

FASSONE (DS-U). Valuteremo questa strada e la ringrazio, signor Presidente. Certamente non abbiamo condotto un’opposizione dilatoria e strumentale, solo per questo mi permettevo di chiederlo a lei o comunque ai Gruppi che intendessero assecondarci.

Mi limiterò dunque ad illustrare tra i molti solamente due emendamenti, il 7.133 e il 7.136. Quanto al primo, il testo licenziato dalla Commissione prevede come illecito disciplinare l’uso strumentale della qualità del magistrato che sia idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste. Noi ci proponiamo semplicemente di inserire l’avverbio "concretamente" per evitare che qualsiasi attività eventualmente di legittima critica, supportata dal prestigio del magistrato che la pone, possa essere interpretata come una attività atta a turbare, ad esempio, l’esercizio della funzione legislativa in itinere.

Ci sembra che tutti i "reati di opinione" - e questo tale sarebbe - siano già stati da tempo inquadrati dalla Corte costituzionale, nel senso che l’attività di pensiero, di parola e di opinione, per costituire illecito, deve essere concretamente idonea a turbare il valore tutelato dalla norma. Mi auguro quindi che questo emendamento sia accolto, non stravolgendo per nulla il testo.

Affido al relatore l’emendamento 7.136, in quanto è una notazione tecnica che mi sembra debba essere accolta per la sua evidente oggettività. Il testo licenziato dalla Commissione prevede che, nel caso di perdita dell’anzianità, compresa tra due mesi e due anni, come sanzione conseguente ad un accertato illecito disciplinare, vi sia una retrocessione nel ruolo tra un decimo e un quarantesimo dell’organico.

Signor Ministro, ciò rappresenta una possibile contraddizione interna al dispositivo della sentenza. Infatti, pur prendendo il valore minimo, ossia un quarantesimo dell’organico, esso corrisponde a circa 200-250 posti. Una perdita di anzianità contenuta nella quantità temporale (ad esempio due, quattro, sei o otto mesi) potrebbe portare ad una retrocessione nel senso di uno scivolamento non soltanto in coda al concorso, ma anche in coda al concorso che lo segue, la cui anzianità è minore di un anno o, talora, anche di due o tre anni.

Vi sarebbe quindi una contraddizione tra una decisione che infligge una perdita di anzianità, ad esempio, di sei mesi ed uno scivolamento all’indietro che penalizza anche nei confronti di chi è meno anziano di quei sei mesi. L’emendamento è volto unicamente ad evitare una disarmonia.

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi è un nuovo sistema audio, per il quale sono state inviate altresì istruzioni. Coloro che intendono prendere la parola sono pregati di prenotarsi prima del momento opportuno premendo l’apposito tasto, perché questo agevola l’attribuzione del microfono.

 

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, illustrerò brevemente, per il tempo a disposizione, l'emendamento 7.118 sul quale, in un certo senso, è intervenuto poc’anzi anche il relatore. Concordo con quest’ultimo solo per la parte del suo intervento in cui ammette che con i numeri 9) e 10) della lettera c) del comma 1 la maggioranza tocca il cuore del problema, e lo fa nel peggiore dei modi.

Il relatore ha sentito oggi la necessità di spiegare ripetutamente quale fosse la sua volontà, nonostante il primo ed il secondo emendamento in merito. Ha voluto spiegare e si è attardato; questo è il segno evidente che la volontà di chi scrive una norma redigendo un articolo può essere chiara nel momento della stesura del testo e non esserlo quando poi lo si legge e lo si interpreta. Il problema veramente cruciale è quello del nodo della giurisdizione, cioè il potere di interpretare la legge.

Il relatore sostiene che dovremmo essere d’accordo nel sanzionare chi si comportasse in un certo modo. Non so quali casi egli abbia in mente. Richiamerò semplicemente un principio fondamentale che la dottrina ha cercato di insegnarci, evidentemente senza grande risultato, ossia che l’interpretazione della norma finisce per divenire anch’essa fonte normativa, non nel senso di contraddire la fonte primaria, che è quella della legislazione, ma in quanto essa è necessaria e indispensabile.

Siamo contrari a questa previsione normativa non perché non vogliamo che i magistrati interpretino in maniera corretta la legge, ma perché siamo convinti che non si possano dettare norme sull’interpretazione, a meno che non si introduca il concetto di prova legale; e non è questo il caso. Cerchiamo, dunque, di eliminare almeno l’espressione "e la volontà" riferita alla legge. Chi dice quale sia la volontà della legge? Il legislatore, nell’emanare una norma, può indicare all’interprete quale sia la sua volontà? Non è questo il concetto e credo che sia veramente un errore peraltro mai commesso nella storia del Paese.

Dire ad un magistrato che è libero di interpretare e che è indipendente, ma che deve stare attento perché se interpreterà la legge contro la volontà del legislatore sarà punito, dal nostro punto di vista è inaccettabile. Su questo punto veramente non potremo mai convergere; esso ci divide perché scaturisce da una falsa interpretazione della Costituzione. Senatore Bobbio, non è vero che siamo tutti uniti dall’unico comune intento di perseguire i princìpi costituzionali. Se così fosse, non ci avreste imposto quelle leggi che già sono state dichiarate incostituzionali e non ci imporreste questo testo che cozza realmente con i princìpi costituzionali.

Non è possibile, sia dal punto di vista scientifico che in base ad una cultura giuridica consolidata, dire al magistrato che sarà punito nel momento in cui non interpreterà la legge secondo la volontà del legislatore. È una contraddizione gravissima. Ma c’è ancora tempo perché possiate riflettere; l’emendamento 7.118 ve ne dà l’opportunità. Sopprimendo al comma 1, lettera c), numero 9, le parole: "e la volontà" si sanerebbe, in parte, la grande rottura tra poteri dello Stato nei confronti dell’integrità della giurisdizione che, diversamente, si verrebbe a creare.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, intervengo nuovamente per illustrare i restanti emendamenti da me presentati.

Intendo riformulare la prima parte dell’emendamento 7.505 sopprimendo le parole da "sostituire" fino a ""sia" e". La prima parte del testo reciterebbe come segue: "Al comma 1, alla lettera d), al numero 2), dopo la parola: "abituale" inserire le altre (…)". Questo al fine di non dare per scontata la conoscenza di determinate situazioni soggettive di una persona con la quale il magistrato si trovi ad interagire per i casi della vita.

Per quanto riguarda l’emendamento 7.507, esso dovrebbe essere così riformulato: "Al comma 1, lettera d), sostituire il numero 6) con il seguente: "6) l’iscrizione, l’adesione o la partecipazione sotto qualsiasi forma a partiti o movimenti politici".

Desidero rilevare brevemente, in relazione a quanto affermato dal senatore Maritati all’inizio del suo intervento, che mi sembra strano che egli si meravigli del fatto che una volta tanto il relatore non si limiti a mere manifestazioni formali sia nella fase di espressione dei pareri sia durante l’illustrazione delle proprie proposte emendative. Il fatto che, tralasciando i casi minimali, il relatore ritenga opportuno concentrarsi e dilungarsi sull’illustrazione di quelli che - a suo avviso - rappresentano i passaggi qualificanti di un disegno di legge dovrebbe essere apprezzato da chi ha veramente a cuore una materia così delicata come quella al nostro esame.

In particolare, l'emendamento 7.507, ancorché nella nuova formulazione, rappresenta a mio avviso il secondo aspetto centrale, il secondo momento nodale, il secondo momento di alto significato politico, istituzionale, ordinamentale e costituzionale di questo disegno di legge. Esso si richiama ai valori e ai princìpi costituzionali dell'indipendenza, dell'autonomia e quindi dell'imparzialità del magistrato. La sua illustrazione va fatta congiuntamente a quella dell’emendamento 7.508.

Quest’ultimo va riformulato sopprimendo all'ultima riga la parola "mera". Quindi il testo risulterebbe il seguente: "6-bis) Ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza;".

Gli emendamenti 7.507 e 7.508 incidono su una norma che tocca il secondo aspetto fondamentale della materia, quello dell'imparzialità del magistrato e della ricaduta in termini disciplinari - che è indispensabile si abbia - qualora il magistrato sia colto con un singolo comportamento a violare il ben preciso e costituzionalmente rilevante dovere di imparzialità.

Se è vero - è bene dirlo con chiarezza - che indipendenza e autonomia sono valori di garanzia per tutti i cittadini italiani che ricadono a favore dei singoli magistrati chiamati a svolgere il proprio lavoro, è anche vero che indipendenza e autonomia rappresentano doveri del magistrato che voglia svolgere correttamente la propria funzione. Quindi l'imparzialità come corollario, come momento attuativo dei due diritti-doveri di autonomia e di indipendenza deve essere salvaguardata e tutelata, e, se necessario, imposta allo stesso modo dell'indipendenza e dell’autonomia quali valori di garanzia.

Mi è sufficiente a questo proposito (e sarei felice di avere anche in questo come nel caso precedente un consenso da parte dei colleghi dell'opposizione, nel quale non spero per ragioni meramente politiche) un semplice richiamo alle parole del Presidente della Repubblica. Senza tornare alle espressioni già usate molti anni fa dal presidente Pertini che si riferivano esplicitamente all'apparenza oltre che alla sostanza dell'imparzialità, anche il presidente Ciampi in occasione recente ha avuto modo di sottolineare con forza e con chiarezza la centralità e l'assoluta dominanza del valore e del dovere dell'imparzialità anche sotto il profilo dell'apparenza, per il magistrato che voglia svolgere correttamente, professionalmente e civilmente il proprio lavoro.

Cosa si vuole allora con questi emendamenti? Si vuole sostanzialmente che il magistrato adempia a quell'unico dovere in tema di imparzialità che può concretamente proporre al cittadino che gli si presenta davanti.

Si è detto infinite volte che quello che conta non è l'apparenza dell'imparzialità ma il fatto che il magistrato, qualunque sia la sua simpatia politica, faccia concretamente ciò che sente nel proprio animo.

Cari colleghi dell'opposizione, permettetemi di evidenziare che la sostanza dell'imparzialità appartiene nient’altro che al foro interno del magistrato, alla sua coscienza, alla sua onestà, ma ciò che appare al cittadino non è il foro interno del magistrato, bensì l'esteriorità del suo comportamento. L'unico aspetto che può tranquillizzare il cittadino in ordine all'imparzialità del giudice è il modo in cui quest’ultimo si pone e si propone all'esterno nei suoi confronti. Di qui il dovere di apparenza di imparzialità; basta con manifestazioni che danneggiano in modo a volte irreparabile il dovere di proporsi in maniera imparziale, che dovrebbe essere proprio di ogni magistrato.

Non vi è alcun profilo di incostituzionalità in questa previsione; lo avete detto e continuerete a dirlo in mille modi diversi, ma la sostanza non cambierà. È ben vero che ogni cittadino è tutelato dal diritto di libera manifestazione del pensiero, dal diritto di libera associazione e di libera espressione delle opinioni, ma è anche vero che il magistrato è assistito e tutelato anche da altre garanzie di autonomia e di indipendenza che gli sono peculiari a livello costituzionale. Illustri studiosi hanno già avuto modo di evidenziare che il magistrato, in presenza di varie garanzie costituzionali, non può invocarne a proprio comodo l'una o l'altra, non può essere un supercittadino. Gli si chiede semplicemente di far prevalere l'onestà intellettuale e il dovere di imparzialità, di tutelare da sé medesimo i propri diritti-doveri di autonomia e di indipendenza.

L'emendamento 7.509 si illustra da sé.

Ritiro gli emendamenti 7.511, 7.512 e 7.513.

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

BOBBIO Luigi, relatore. Nei casi in cui non mi pronuncerò espressamente, si intende che il parere è contrario.

Ho chiesto una riformulazione dell'emendamento 7.101; qualora la mia proposta sia accolta dai presentatori, ritiro l'emendamento 7.500, diversamente lo mantengo.

Suggerisco ai presentatori dell'emendamento 7.110 una lieve modifica, nel senso di spostare la parola "intenzionale", che dovrebbe sostituire l’altra "precostituita", subito dopo la parola "adozione"; con questa riformulazione il parere è favorevole.

Invito i presentatori a ritirare l'emendamento 7.111, diversamente il parere è contrario.

Esprimo parere favorevole sugli emendamenti 7.136 e 7.137, aventi come primo firmatario il collega Fassone, trattandosi di modifiche che migliorano sicuramente la congruità generale del sistema.

Esprimo parere favorevole anche sull’emendamento 7.141, in quanto certamente è corretto inserire il riferimento alla categoria dei delitti non colposi.

Per quanto riguarda l’emendamento 7.144, rivolgo ai colleghi un invito al ritiro nella misura in cui, come avranno visto, è stato presentato un emendamento a mia firma che riguarda la stessa materia, cioè la proceduralizzazione del procedimento disciplinare e che quindi potrebbe assorbire quello dei colleghi, o trovare addirittura la loro condivisione.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, esprimo un parere conforme a quello del relatore, ricordando che c’è un invito al ritiro - credo che il relatore sia d’accordo - anche sull’emendamento 7.124.

Vorrei commentare questa fase che sicuramente è stata una delle più contestate per il testo uscito dalla Commissione, sottolineando - mi rivolgo soprattutto al senatore Zancan - che non c’è assolutamente una marcia indietro da parte del Governo. Mi pare anzi che proprio il numero piuttosto elevato di emendamenti presentati dal relatore e il numero di emendamenti presentati dalla minoranza che sono stati approvati, siano la prova che il Governo è animato dall’intenzione di varare un testo che sia il più efficace possibile.

Ricordo anche - mi pare che ciò non sia stato rammentato in quest’Aula stamattina - che l’azione disciplinare che viene avviata dal Ministro non è legata anche alla sentenza, la quale è sempre nelle mani del Consiglio superiore della magistratura.

Da questo punto di vista credo che le garanzie siano anche eccessive. Ricordo che negli ultimi due anni il Ministro ha sollevato 91 azioni disciplinari che hanno avuto l’esito di due ammonimenti e tre censure. Mi pare che ciò si possa leggere in due modi: uno malizioso, che il Consiglio superiore della magistratura eserciti rispetto al Ministro una fortissima azione di autotutela; l’altro, che i magistrati dell’ispettorato hanno evidentemente dei metri di giudizio diversi da quelli del Consiglio superiore della magistratura.

Credo, però, che questo sia un tema che comunque nel prosieguo dovremo affrontare (spero, nel corso della legislatura), perché i dati che ho fornito sono la testimonianza che oggi quantomeno l’articolo 107 della Costituzione che dà al Ministro la facoltà di avviare l’azione disciplinare è stato completamente svuotato nella prassi e credo che questo sia un problema che va al di là delle maggioranze contingenti.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 7.100.

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, la dichiarazione di voto su questo emendamento è da intendersi sul complesso della materia, anche in relazione alle osservazioni testé formulate dal Ministro, che mi sembrano molto importanti.

Ritengo anche di dover richiamare, proprio per la serietà delle osservazioni che il Ministro ha formulato, un disegno di legge costituzionale recante la mia firma, che cerca di rimuovere alla radice uno dei vizi secondo me ineludibili dell’azione disciplinare affidata al Ministro proponendo, poiché si tratta di competenza affidata dalla Costituzione al Ministro, un organo speciale, un procuratore dell’azione disciplinare (eletto nel caso di quel disegno di legge dal Senato, ma era prima che si parlasse di Senato federale; ora si potrebbe stabilire che venga eletto dall’altra Camera, che secondo la riforma costituzionale dei poteri probabilmente è quella portatrice di interessi nazionali).

Dico questo perché ci sono varie ipotesi sulla scarsa efficacia dell'azione disciplinare, non ultima quella che non il Ministro in persona, ma l'ispettorato, cioè gli uffici del Ministro che promuovono l'azione disciplinare non abbiano chiaro il contesto delle attività e delle iniziative, o che non sappiano svolgere delle attività istruttorie tali da individuare in maniera nitida la violazione disciplinare e da convincere il Consiglio superiore della magistratura.

Vi è anche un'altra imprecisione che circola nella pubblica opinione, certamente non tra questi banchi, sulla quale si costruisce un altro dei dogmi qui evocati - secondo me del tutto scorrettamente - dal collega Bobbio, cioè una sorta di conflitto e disparità tra magistratura e politica. Vorrei perciò chiarire che la magistratura - lo sappiamo tutti - non ha alcuna impunità o immunità, come non ce l'ha la politica (cioè i parlamentari, perché il presidente di una Regione non ha nessuno scudo normativo) in questo momento. La politica, cioè i parlamentari, sono in questo momento coperti dall'articolo 68 della Costituzione e soltanto dalle norme di applicazione dell'articolo 68, secondo taluni abbastanza generose.

I magistrati non sono solo passibili di azione disciplinare; per ogni fatto costituente reato che essi commettano, sono regolarmente processati, fra l'altro con un meccanismo che di regola dovrebbe essere, almeno in teoria, di maggiore garanzia non per loro ma per i cittadini. Infatti i magistrati non vengono processati dai loro colleghi di ufficio, ma da colleghi territorialmente lontani che si presume conoscano meno le persone e quindi siano ancor più imparziali

Ovviamente questa è la teoria costituzionale e legislativa, tuttavia ciò va detto anche per far comprendere come la funzione disciplinare non sia l'ultima spiaggia, come pare da questo dibattito, ma si incardini all'interno di un sistema ed abbia una sua ratio ed una sua motivazione, come non sia l'unico modo per reprimere comportamenti scorretti da parte della magistratura.

Mi consentirà il collega Bobbio, ho sentito molte imprecisioni nella sua esposizione dei problemi di carattere generale, che non desidero affrontare sotto un profilo politico, ma sotto un profilo giuridico. Intanto, insistentemente si ripete che la magistratura, come il legislativo, è un potere. Ai sensi della nostra Costituzione (ritengo anche qui di dire cose ovvie, che però non sono state dette allo stesso modo) la magistratura è un ordine. Noi siamo un potere, il potere legislativo, la magistratura è un ordine. E non a caso lo è, tanto è vero che noi abbiamo scelto questa strada. Avremmo potuto costruire la magistratura come un potere se fossimo stati un Paese di common law nel quale la magistratura è elettiva e risponde anch'essa direttamente al popolo.

Noi abbiamo scelto la magistratura funzionariale, la magistratura continentale; è una magistratura di impiegati del popolo, non di eletti dal popolo, o di persone che si devono meritare la fiducia del popolo. Quindi è malposto ogni problema nel quale specularmente noi ci dovessimo confrontare con la magistratura. È tanto vero questo che parliamo, appunto, di funzione disciplinare.

La funzione disciplinare non si applica al parlamentare, noi non vi siamo soggetti; certo, siamo soggetti alla buona creanza ed ai nostri autonomi Regolamenti, ma non siamo censurabili sotto un profilo disciplinare, mentre ai magistrati si applica la valutazione ed il controllo di professionalità, che a noi non si applica. Una volta per fare i consiglieri comunali si doveva superare la prova di alfabetismo, adesso non c'è neanche più quella; quindi ciascuno di noi politici non deve dare ai cittadini se non la propria disponibilità ad essere eletto. I magistrati no, perché non devono essere eletti ma devono essere nominati in un certo modo, sulla base di un concorso, e garantire una specifica professionalità.

Detto tutto questo, l'altra imprecisione grave - mi consentirà il collega Bobbio - è che, secondo la sua interpretazione, la sua visione, qualora il magistrato individuasse una incompletezza o una lacuna dell'ordinamento, cioè una mancanza di legge, dovrebbe arrestarsi, cioè impedirsi di dare giustizia, e segnalare la cosa non sappiamo bene a chi. Questa sì, caro collega Bobbio, è una forma di interpretazione creativa delle norme, quella che lei oggi ci ha, diciamo così, servito in Aula!

Il magistrato deve dare giustizia, per il principio di completezza dell’ordinamento, per il principio dell’applicazione analogica della legge, per il principio cioè che non esiste fattispecie che la nostra magistratura (Richiami del Presidente) non debba e non possa regolare.

PRESIDENTE. Senatore Cavallaro…

CAVALLARO (Mar-DL-U). Ho finito.

PRESIDENTE. Anche perché lei sta ampiamente parlando su un altro emendamento.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Sto intervenendo in dichiarazione di voto generale.

PRESIDENTE. Ho capito, ma qui stiamo parlando di un emendamento, non di tutto il mondo.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Concludo dicendo che, anche sotto questo aspetto, peraltro già con la faticosa introduzione in più punti di molte clausole che contraddicono il principio di tipicità, io penso che noi ci potremmo ben accontentare di introdurre il principio della tipicità delle sanzioni disciplinari, essere molto rigorosi e prudenti nell’introduzione delle fattispecie che danno luogo alla sanzione disciplinare e soprattutto non inserire nulla che in qualche modo abbia contatto e contagio con l’esercizio della giurisdizione, la quale è retta da ben altre regole e non deve mai, in nessun modo essere in commistione o in collisione con la sanzione disciplinare. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.100, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Sull’emendamento 7.101 è stata accolta la richiesta del relatore di un nuovo testo, sul quale il suo parere immagino sia favorevole.

BOBBIO Luigi, relatore. Esatto.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.101 (testo 2), presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

È approvato.

Si intende quindi ritirato l’emendamento 7.500, mentre l'emendamento 7.103 è precluso.

Metto ai voti l'emendamento 7.102, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.104, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.105, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.106, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.501 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.502, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.107, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.108, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.109, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.110 (testo 2), presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

È approvato.

Sull’emendamento 7.111 è stato avanzato un invito al ritiro. Senatore Moncada, accetta tale invito?

MONCADA (UDC). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.112, identico agli emendamenti 7.113, 7.114 e 7.115.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, ringrazio anzitutto il Gruppo di Alleanza Nazionale che ha ceduto, per l’esattezza degli Uffici, tredici minuti al mio Gruppo.

Il comma 1, lettera c), numero 9), disciplina i rapporti tra magistratura e vita politica. È un tema di straordinaria importanza, che noi dobbiamo valutare non solo nel testo già proposto, ma anche nel testo del nuovo emendamento (così almeno ne trattiamo una volta sola) 7.507 del relatore, che tende sostanzialmente a sanzionare disciplinarmente l’iscrizione, l’adesione sotto qualsiasi forma e la partecipazione all’attività dei partiti politici (se ho ben compreso, ma credo di aver compreso esattamente).

Signor Presidente, signori colleghi, cosa significa allora adesione all’attività dei partiti politici? Siccome il relatore non ha neanche avuto "il ben dell’intelletto" (mi scusi per l’espressione, ma è dantesca) di aggiungere la parola "pubblica" alla parola "adesione", allora, signor relatore, signor Governo, signori senatori, supponiamo che un magistrato, all’interno di un talamo - legittimo o no - manifesti simpatia, adesione al raggruppamento politico dell’attuale Presidente del Consiglio e succeda poi (come succede spesso nelle faccende tra uomo e donna) che il buon rapporto che ha portato entrambi dentro il talamo si rompa e si spezzi, così che il coniuge, per vendetta, denunzi l’adesione del magistrato, avvenuta all’interno del talamo, ad un certo raggruppamento politico, dando luogo, quindi, ad un procedimento disciplinare.

Mi basta questo esempio per dirvi quale intrusione attui tale norma nella vita privata del magistrato e quanto poco essa risponda ad un magistrato che sappia giudicare la vita, perché ad essa partecipa, che non sia un ectoplasma chiuso sulle carte, che (come tutti gli ectoplasmi chiusi sulle carte) non capisca l’umanità, il mondo e la vita, in buona sostanza.

Quindi credo, signor relatore, che ella voglia ripensare, e con ella il Governo e la maggioranza, di aggiungere quantomeno la parola "pubblica" alla parola "adesione" ai partiti politici, altrimenti non potremo consentire a quella delazione che sarebbe assolutamente non commendevole e disdicevole.

Credo che soltanto l’iscrizione ai partiti politici crei vincoli, come già dicevano i nostri costituenti, ma non l’adesione, che non crea alcun vincolo: un magistrato va a votare e deve avere delle idee in politica. È soltanto l’iscrizione ai partiti politici che blocca e vincola, e quindi può dar luogo a quella carenza di libertà e di autonomia che deve esservi per i magistrati.

Ritengo, sotto questo profilo, che l’emendamento soppressivo in votazione sia la miglior soluzione. In ogni caso, attendo la modifica dell’emendamento 7.507 (testo 2) presentato dal relatore.

 

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Zancan, anche se - pure qui - forse siamo andati un po’ fuori tema.

Metto ai voti l'emendamento 7.112, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori, identico agli emendamenti 7.113, presentato dal senatore Zanda, 7.114, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori, e 7.115, presentato dal senatore Ayala e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.116, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.503, presentato dal relatore.

È approvato.

Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 7.117, 7.718 e 7.119.

Metto ai voti l'emendamento 7.120, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.504 (testo corretto), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.121, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.505 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.122, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.506, presentato dal relatore.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.123.

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, torniamo ad una questione particolarmente rilevante, sulla quale si è già espresso il collega Bobbio, rendendo note opinioni più che rigorose (nel qual caso sarei stato d’accordo), direi rigide sulla previsione, anche se essa viene riproposta con formulazione diversa all’Assemblea.

Superando anche i problemi sollevati da alcuni colleghi dell’opposizione sulla possibile costituzionalità di questa previsione, credo si possa accedere all’idea che il magistrato non debba essere iscritto a partiti politici, ma ritengo che oltre questo tipo di previsione non si possa andare.

Infatti, è così ampia la gamma dei comportamenti, delle scelte, degli interessi che un magistrato può manifestare nei confronti dei fermenti della società civile e delle trasformazioni anche del suo lavoro e della società con la quale entra in contatto in virtù della sua funzione, che andare oltre il divieto di iscrizione ai partiti politici e immaginare che la stessa adesione a movimenti che non siano dichiaratamente ed esclusivamente politici possa essere preclusa ad un magistrato significa decidere che un magistrato non può nemmeno interessarsi a questioni che magari in un primo momento (lo vorrei sottolineare, perché poi si procede con l’accetta a decidere come valutare i contesti) possono interessare cittadini non schierati politicamente, mentre poi, nei mesi successivi, da quell’interesse e da quel fermento generale che è presente nella società, precipita la costituzione di un movimento, che invece ha una natura più squisitamente politica.

Allora, siccome nella nostra storia ci sono stati di questi casi, cioè movimenti molto trasversali che alla fine si condensano in movimenti politici più precisi, con orientamenti ideologici, credo che il fatto di aver partecipato ad iniziative, occasioni od assemblee che quella intenzione non avevano possa essere poi pregiudicato dalla loro trasformazione successiva. Starei molto attento perché un magistrato, a questo punto, non solo ha il divieto di prendere parte alla lotta politica, e lo considero giusto, ma anche il divieto di partecipare ai grandi fermenti, ai grandi cambiamenti del mondo, vedendosi così preclusa anche la sua stessa curiosità culturale nei confronti del mondo che lo circonda e non penso che questo sia un bene.

Questa è la ragione per la quale abbiamo proposto che a quella previsione ci si fermi e non si vada oltre, per non colpire - qui sì - dei diritti che sono costituzionalmente garantiti e il cui esercizio non pregiudicherebbe l’imparzialità e nemmeno l’apparenza di imparzialità del magistrato. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Battafarano).

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.123, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.507/1 (testo 2), presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.507/2 (testo 2).

 

Verifica del numero legale

 

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

LONGHI (DS-U). Signor Presidente, il senatore D’Onofrio vota per tre.

GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, guardi il senatore D’Onofrio che vota per tre!

PRESIDENTE. Senatori segretari, segnalate qualcosa? (La senatrice segretario Dentamaro indica il banco dove siede il senatore D’Onofrio. Proteste dai banchi dell’opposizione. Il senatore D’Onofrio disinserisce una tessera). Se i colleghi rimanessero in Aula sarebbe sicuramente meglio.

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo pertanto la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 11,43, è ripresa alle ore 12,06).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1296,

1050,1226,1258,1259,1260,1261,1367,1426 e1536

 

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Metto ai voti l'emendamento 7.507/2 (testo 2), presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.507 (testo 2).

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, chiedo l’attenzione del relatore e dei colleghi su questo emendamento giacché la nuova stesura, ovviamente diversa dall’originaria, tiene conto di alcune nostre osservazioni critiche, ma conserva aspetti a mio avviso meritevoli di analisi. La mia valutazione circa l’ultima stesura dell’emendamento è la seguente: esso, nel formulare un divieto e nell’individuare una fattispecie di illecito disciplinare, ricorre a due formulazioni vaghe, elastiche ed estensibili.

La prima è quella che affianca all’iscrizione o all’adesione a partiti politici anche il divieto di partecipazione, in qualsiasi forma. Mi domando in che cosa si concretizzi la partecipazione come atto distinto dall’iscrizione o dall’adesione. È evidente che la partecipazione avviene a seguito dell’iscrizione ad un partito ed allora o si ha partecipazione nell’ambito di un rapporto già stabilito con il partito attraverso l’iscrizione oppure la partecipazione di cui si parla non può che indicare singole attività che possono consistere anche nell’essere presenti ad una iniziativa del partito.

È evidente che questa ipotesi, la partecipazione, che non si concretizza e non presuppone l'iscrizione ma che invece si risolve nell'intervento ad una iniziativa di un partito, non rientra nelle possibilità di limitazione attraverso la legge che sono legittimate dall'articolo 98, terzo comma, della Costituzione. Infatti l'articolo 98, terzo comma della Costituzione dice che: "Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per i magistrati (…)" e successivamente vengono menzionate altre categorie.

Il riferimento pertanto è chiaro e tassativo al diritto di iscriversi ai partiti politici. Come possiamo noi con legge ordinaria limitare il diritto dei magistrati a compiere attività che possano concretizzarsi anche soltanto nell'intervento ad una assemblea e nella presenza ad una iniziativa di qualsiasi genere promossa da un partito?

A mio avviso, anche l'altra formulazione pone problemi analoghi. Mi riferisco cioè a quella parte dell'emendamento del relatore che considera e qualifica come un illecito disciplinare l'iscrizione e la partecipazione in qualsiasi forma non solo a partiti ma anche a movimenti politici.

Richiamo ancora una volta l'attenzione sul fatto che l'articolo 98, terzo comma, della Costituzione contempla la possibilità di limitazione attraverso la legge al diritto di iscriversi ai partiti politici. Quando si parla nell'articolo 98, terzo comma, della Costituzione di partiti politici evidentemente si fa riferimento alla figura scolpita nell'articolo 49 della stessa Costituzione, ove per partiti politici si intendono determinate, specifiche strutture associative, associazioni che consentono di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

Cosa sono allora i movimenti politici ai quali l'emendamento del relatore fa riferimento? Se non si identificano con i partiti politici esse sono associazioni di vario genere che possono rappresentare segmenti dell'opinione pubblica, in grado di organizzare cittadini per il perseguimento di fini che riguardino la loro vita associata.

Quando parliamo di movimenti politici - e la letteratura politologica riferisce questa locuzione anche a organizzazioni labili che nascono intorno ad una rivendicazione, intorno ad un obiettivo relativo alla vita di taluni cittadini - parliamo di una situazione e di possibili fattispecie che ricadono pienamente nella previsione dell'articolo 18 della Costituzione, secondo il quale "I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. (…)".

Dunque l'articolo 18 della Costituzione garantisce alla generalità dei cittadini la libertà di associazione e in questo modo garantisce alla generalità dei cittadini la libertà e il diritto di partecipare a movimenti che perseguano scopi i quali, nella misura in cui vanno oltre la cerchia della vita individuale, possono e debbono essere definiti come scopi politici.

Signor Presidente, trovo ancora una conferma di questa mia opinione nel secondo comma dell'articolo 18 della Costituzione, il quale proibisce le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Le associazioni che perseguono scopi politici sono quindi lecite e garantite dalla Costituzione; si tratta di figure che ricadono nell'ambito della libertà di associazione tanto che il divieto costituzionale interviene soltanto quando esse si valgano di mezzi militari. Quando parliamo di movimenti politici, parliamo di associazioni; quando parliamo della partecipazione a movimenti politici, parliamo dell'esercizio del diritto di associazione garantito dall'articolo 18 della Costituzione. Per introdurre con legge ordinaria limitazioni a tale diritto sarebbe necessaria una previsione in Costituzione analoga a quella che introduce e legittima la possibilità di limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti.

Queste considerazioni mi inducono a ritenere che le formulazioni dell'emendamento del relatore nell'ultima stesura pongano seri problemi di costituzionalità. Invito perciò il relatore a riconsiderare la questione.

Signor Presidente, le anticipo che, se il testo dell'emendamento resterà immutato, stiamo valutando l'ipotesi di chiedere un voto segreto su una questione che consideriamo particolarmente rilevante. (Commenti dal Gruppo FI).

Mi sia consentito, infine, formulare un giudizio politico. Quando si usano formule così elastiche in materia di responsabilità disciplinare, è evidente che si crea un ampio ventaglio di possibilità di intervento da parte dei titolare dell'azione disciplinare e, segnatamente, da parte del Ministro della giustizia. Si creano cioè le condizioni per una serie di procedimenti disciplinari, magari destinati a concludersi con assoluzioni ma che hanno - se immaginiamo l'applicazione della norma in linea con gli indirizzi di politica del diritto propri di questo Governo e dell'attuale Ministro della giustizia - una forte valenza intimidatoria nei confronti dei magistrati.

Invitiamo il relatore a riconsiderare la questione e ci riserviamo di chiedere il voto segreto in modo tale che l'Assemblea possa valutare, secondo i termini del Regolamento, una questione che investe problemi e valutazioni di costituzionalità relativi all'esercizio di diritti di libertà. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

 

PRESIDENTE. Riassumo rapidamente la differenza che è stata sottolineata: una cosa è l'iscrizione, altra cosa è la partecipazione; una cosa è il partito, altra cosa è il movimento.

Per quanto riguarda i partiti vi è una norma costituzionale molto precisa, la nozione di movimento è invece molto più elastica, più labile. Ad esempio, il movimento per l'estensione del suffragio ebbe una valenza e una finalità politica; sarebbe stata storicamente preclusa l'adesione di un magistrato a tale movimento? No, perché si trattava di movimento teso all'ampliamento di diritti politici. Penso che occorra riflettere, se il relatore ritiene di esprimere la sua valutazione.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, intervengo sulla scorta della sua dichiarazione. Sarà giusto lasciare alla Camera la possibilità di approfondire ulteriormente il tema, ma vorrei nuovamente richiamare l'attenzione sul fatto che, non casualmente, tutti i colleghi dell'opposizione richiamano l'attenzione sull'articolo 98 della Costituzione, ben consapevoli che, se ci si limitasse a quella norma o se la norma in approvazione si richiamasse soltanto ad essa, si potrebbe nutrire qualche perplessità sul sistema.

È però del tutto evidente che non sono in discussione i diritti costituzionali, né il rapporto o la possibilità di interazione a livello costituzionale fra diritti di libertà in genere e l'articolo 98. È in discussione invece la volontà di tutelare la lettera e il contenuto dell'articolo 98 e soprattutto di garantire altri valori costituzionali, riguardanti i magistrati ma anche i cittadini, che nella fattispecie devono ritenersi prevalenti: autonomia, indipendenza, imparzialità del magistrato.

PRESIDENTE. Allora, lei lascia inalterata la previsione?

BOBBIO Luigi, relatore. Chiaramente nel testo riformulato.

PRESIDENTE. Certo, nel testo riformulato: "l'iscrizione, l'adesione o la partecipazione sotto qualsiasi forma a partiti o movimenti politici".

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, le mie considerazioni - come il relatore ha colto - si riferivano puntualmente a quest’ultima stesura che consideriamo non accettabile e che pone problemi di costituzionalità. Per questo mi permetto di chiedere ai colleghi l’appoggio necessario perché si possa ottenere da parte del Presidente che sia disposto il voto segreto su questo emendamento.

 

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, la questione avanzata dal senatore Massimo Brutti ci appare di particolare rilevanza; egli l’ha posta in modo molto chiaro e del resto anche lei, signor Presidente, l’ha riassunta in termini estremamente comprensibili.

Ho poco da aggiungere a quello che già il collega Massimo Brutti e lei avete affermato, se non la nostra personale e specifica preoccupazione in ordine ad un dispositivo di legge che appare avere tutti i crismi della incostituzionalità.

Poiché questo Parlamento ha già avuto modo di scontrarsi con i princìpi della Costituzione attraverso alcune interpretazioni piuttosto - diciamo così - disinvolte, penso che dovremmo trarre tesoro da questa esperienza ed essere particolarmente cauti nel nostro lavoro futuro.

Questo è uno di quei passaggi che ci impongono tale cautela. Infatti - e lo riassumo per l’ennesima volta - i princìpi fondamentali contenuti nella Costituzione all’articolo 18 affermano che i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente senza autorizzazioni per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale: è la libertà di associazione che va di pari passo con la libertà di espressione del proprio pensiero e con la libertà di articolazione della propria azione politica nell’ambito del corpo sociale.

Ora, questo principio fondamentale della Costituzione, ribadito nel Titolo IV dove si definiscono i rapporti politici, trova una sua esplicita limitazione all’articolo 98, già richiamato dal collega Dalla Chiesa. È chiaro che il principio generale può trovare delle limitazioni ed è chiaro, come afferma il relatore, che queste limitazioni possono avere la loro giustificazione nella necessità di salvaguardare altri princìpi.

L’esempio classico lo abbiamo laddove si sancisce il diritto per il cittadino di accedere all’elettorato passivo e però si stabilisce che la legge può limitare tale diritto stabilendo cause di ineleggibilità o di incompatibilità, è il caso tipico. Però, è altrettanto chiaro che dove c’è l’affermazione di un diritto generale soltanto la Costituzione può definire la limitazione dello stesso e la limitazione che la Costituzione stabilisce al diritto di partecipazione all’azione politica è estremamente articolata e specifica: è l’iscrizione al partito politico, e da questa specificità non possiamo uscire con una legge che non abbia il rango di legge costituzionale.

Quindi, io accompagno la preoccupazione del mio Gruppo, del Gruppo della Margherita, a quella già espressa dai colleghi e raccolta dal Presidente, e prego che su questo ci sia una riflessione più attenta. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

 

TIRELLI (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIRELLI (LP). Signor Presidente, colleghi, al di là di questi giusti e giustificati contorsionismi sull'interpretazione della costituzionalità o meno della norma proposta, essendo io, come è noto, un analfabeta dal punto di vista delle leggi dell'ordinamento giudiziario - dato che svolgo tutt'altro lavoro, pur essendo stato investito del ruolo di commissario nella Commissione giustizia - sono probabilmente abituato a vedere le cose in modo semplice, pur se forse interpretabile come semplicistico.

E allora, quando si propone una norma, penso che bisogna prefiggersi degli obiettivi. Gli obiettivi che abbiamo sentito in questa discussione sono fra loro assolutamente alternativi: il senatore Brutti attribuisce l'obiettivo di limitare la libertà di associazione, comunque una libertà costituzionalmente garantita, dei magistrati; il senatore Bobbio ha dato delle spiegazioni molto diverse. Io parto da un punto di vista differente: parto dal punto di vista di che cosa si vuole ottenere.

Secondo me si deve ottenere che il cittadino percepisca il giudice, colui che lo giudica in base alle leggi, come terzo ed imparziale. A questo punto, non vedo il rischio di limitare, neppure raramente, la libertà costituzionalmente garantita. In primo luogo perché, come sappiamo, i magistrati vengono poi giudicati da se stessi, o comunque da propri delegati eletti al Consiglio superiore della magistratura, e di conseguenza con la valutazione di una terza figura. Se non viene poi dato un giudizio di merito sull'appartenenza o meno, o un giudizio che comporti una sanzione disciplinare, non vedo come possa esserci tale limitazione.

La domanda che dobbiamo porci è che cosa vogliamo privilegiare tra un aspetto e l'altro: se è il cittadino che deve vedere il giudice in un certo modo, o se è il giudice che deve comportarsi, al di là della sanzione, in un certo altro modo. Dal mio punto di vista, dal punto di vista di chi ha intrapreso il percorso di questa profonda riforma dell'ordinamento giudiziario, dobbiamo garantire ai cittadini di vedere la magistratura in una certa ottica.

Si farà in modo di non andare a ledere nessun diritto, soprattutto quelli costituzionalmente garantiti, ma se noi con questa riforma non arriviamo ad un'azione e una chiarezza di questo tipo, forse sarebbe stato meglio non affrontare questo argomento, lasciando le cose come prima. Si sarebbe potuto, come è stato fatto nella scorsa legislatura, intervenire su tutto con una serie di riforme perché niente cambiasse.

Noi almeno agli occhi dei cittadini dobbiamo dimostrare che è convinzione di questo Governo e di questa maggioranza garantire, sì, quanto è previsto dalla Costituzione, ma garantire anche il cittadino e renderlo più sereno davanti a chi lo deve giudicare. (Applausi dal Gruppo LP).

 

CONSOLO (AN). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONSOLO (AN). Signor Presidente, colleghi, sarò assai breve. Io comprendo le osservazioni avanzate dal senatore Brutti e il richiamo vuoi all'articolo 98, vuoi all'articolo 18 della Costituzione.

Qui non si tratta di vietare dei diritti costituzionalmente garantiti: si tratta di gradare i vari concetti costituzionalmente garantiti, che vogliono il magistrato non solo soggetto esclusivamente alla legge, ma assolutamente indipendente.

Ora io mi chiedo e vi chiedo, colleghi, con grande serenità: un magistrato che appartenga a un movimento politico, prescindendo dall’iscrizione a un partito politico, e che manifesti apertamente le sue opinioni politiche, come può, oltre che essere, apparire imparziale al cittadino? Credo che questo sia il senso di quest’emendamento del relatore, il quale (lo sottolineo, colleghi) oltre a essere un parlamentare è un magistrato, quindi un intraneo all’ordinamento giudiziario e quindi, con quella particolare sensibilità che gli deriva dall’appartenenza alla magistratura, può aver colto questo problema.

E non si dica che l’articolo 98, terzo comma, della Costituzione è limitativo esclusivamente rispetto all’iscrizione, perché qualcuno può fondare un partito politico e non iscriversi ad esso e quindi, con un’interpretazione restrittiva del citato articolo 98, terzo comma, gli può appunto essere consentito di fondare un partito politico senza iscriversi al medesimo.

Il magistrato, come io lo giudico, dev’essere ed apparire imparziale, quindi non credo (e si vedano sul punto anche i lavori preparatori alla Costituzione e quello che dicevano i costituenti, che assai più di noi sapevano in materia) che questa norma sia limitativa del precetto costituzionale. (Applausi dai Gruppi AN e UDC).

 

ALBERTI CASELLATI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTI CASELLATI (FI). Signor Presidente, vorrei invitare l’opposizione a leggere la Costituzione nella sua complessità, perché il limite della partecipazione dei magistrati ad un’attività politica o associativa, così come contemplato nell’emendamento del senatore Bobbio, sta proprio nel principio costituzionale della salvaguardia dell’indipendenza della magistratura.

Non si tratta quindi (vorrei invitare i colleghi a leggere bene la Costituzione) di negare in questo caso il libero esercizio dei diritti politici, ma di garantire semplicemente il cittadino circa quell’indipendenza, autonomia e terzietà che i giudici rivendicano per sé. Il cittadino non deve mai essere messo nelle condizioni di poter contestare il lavoro del magistrato ritenendo che la giustizia sia diversa a seconda del colore politico di appartenenza.

Non si può pretendere di schierarsi apertamente, manifestando in pubblico, sui media il proprio credo politico e poi proclamarsi indipendenti. Sta qui la vera contraddizione: bisogna anche apparire indipendenti, non solo dire di esserlo. (Applausi dei senatori Travaglia, Carrara e Salzano).

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, testé avanzata dal senatore Brutti Massimo, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione a scrutinio segreto

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 7.507 (testo 2), presentato dal relatore.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, in relazione alla votazione testé svoltasi vorrei segnalare che per un errore la mia scheda non è stata correttamente inserita nel rilevatore, dunque penso che il mio voto non risulti; se così fosse, vorrei che risultasse la mia partecipazione al voto, naturalmente essendomi espresso conseguentemente a quanto avevo preannunciato.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto, senatore Massimo Brutti.

A seguito della votazione dell’emendamento 7.507 (testo 2) risultano preclusi gli emendamenti da 7.124 a 7.130.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.508/1.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, l'emendamento 7.508/1 non ha effetti epocali, però rappresenta un contributo a cercare di contenere i tanti danni che questo provvedimento - a mio giudizio - comporterà quando diverrà legge.

Sinteticamente ricordo che ci muoviamo nell’area del disciplinare, un settore estremamente delicato, in relazione al quale è avvertita largamente - anche da parte di chi parla - l’esigenza di un intervento, che deve essere soprattutto caratterizzato dall’abbandono delle generiche previsioni che in tema di responsabilità disciplinari dominano l’ordinamento giudiziario vigente per puntare verso quella che, con brutta parola che devo però usare, viene definita tipicizzazione dell’illecito disciplinare. Credo sia un tema su cui è difficile registrare dissensi. Questa parte del disegno di legge di delega al Governo si muove in quella direzione.

L’emendamento del relatore, rispetto al quale il mio subemendamento interviene con un tentativo di correzione, cita testualmente una ipotesi di numero 6-bis) da aggiungere all’attuale previsione. (Commenti del ministro Castelli).

Mi ero davvero rallegrato della notizia che il Ministro avrebbe votato a favore del mio subemendamento, ma ovviamente ci eravamo capiti male.

L’emendamento del relatore ha un suo pregio, signor Ministro. Lo cito testualmente, in quanto si tratta di una previsione che sarà poi concretamente formulata in sede di esercizio della delega che prevede, come ipotesi di illecito disciplinare, "ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato,"; sin qui sono d’accordo, ma l’emendamento a questo punto prosegue con la seguente dizione "anche sotto il profilo della mera apparenza;".

Questa aggiunta svilisce la chiarezza che è certamente insita nella prima parte dell’emendamento del relatore, gliene do pienamente atto. Infatti, se cominciamo a discutere della mera apparenza reinseriamo un rischio che ci allontana da una tipizzazione e ci riporta a far rivivere criteri elastici eccessivamente legati ad interpretazioni più o meno benevole ma possibilmente anche malevole, non possiamo mai escluderlo a priori.

Mi limito quindi a suggerire - avevo già annunciato che non si trattava di un subemendamento di portata epocale - di lasciare l’emendamento del relatore così come è concepito; si tratta di una formulazione che, nella sostanza, è da me condivisa perché mi sembra che si muova proprio nell’alveo di una progressione di certezza anche per il magistrato di quello che egli può fare e di quello che egli non deve fare pena la sanzione disciplinare. Eliminerei però il riferimento alla mera apparenza perché francamente mi sembra sia un modo per annacquare la bontà intrinseca dell’emendamento proposto dal relatore.

Chiedo quindi ai colleghi della maggioranza di approvare il mio subemendamento. Se così sarà, ciò che rimane dell’emendamento del relatore è certamente un contributo alla precisazione di ciò che è dal punto di vista disciplinare rilevante e non invece di quello che può diventare rilevante solo attraverso una interpretazione elastica del concetto di mera apparenza.

PRESIDENTE. Chiedo al relatore se intende intervenire.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Il parere rimane contrario. Vorrei soltanto evidenziare il fatto - che certo non sarà sfuggito al senatore Ayala - che l’emendamento 7.508 da me presentato, che fa seguito all’emendamento in questione, è stato riformulato eliminando la parola "mera", anche se il riferimento all’apparenza resta, perché secondo me è necessario per tutto quanto si è detto nella precedente discussione.

Effettivamente, senatore Ayala, il dato di "mera apparenza", che avrebbe potuto ingenerare letture capziose, è stato eliminato. Rimane soltanto il riferimento all’apparenza.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, ne prendo atto. Secondo me è già un passo avanti: abbiamo codificato il caso della moglie di Cesare, il cui problema non era di essere fedele a Cesare ma di apparire tale. Io avrei tolto completamente il riferimento all’apparenza. Comunque, un leggero passo avanti è stato fatto. Il mio dissenso, però, rimane fermo.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.508/1 (testo 2), presentato dal senatore Ayala e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.508 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.131, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori, identico all’emendamento 7.132, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.133, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.134, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.135, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.509, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.136, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.137, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.510, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.138, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.139.

 

AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AYALA (DS-U). Signor Presidente, un brevissimo intervento anche questo di natura non epocale. Nel disegno di legge al nostro esame all’articolo 7, lettera l), numero 1), si prevede testualmente: "sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione direttiva l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se abituale o grave". Francamente qui si tratta dell’eccesso opposto rispetto al precedente emendamento. Si parla di una interferenza abituale: chi stabilisce quando si è ripetuta tante volte da poter assurgere alla caratteristica di abituale?

Vedo finalmente, e me ne compiaccio, segni di assenso da parte del relatore e del senatore Centaro.

Suggerisco di sostituire la parola "abituale" con l'altra "ripetuta"; ciò sta a significare che pur non drammatizzando un unico intervento del capo ufficio non possiamo aspettare che esso venga ripetuto tante volte quante necessarie (e poi, necessarie rispetto a chi e a che cosa?) per poter diventare abituale; ci deve bastare che si tratti di un intervento che venga ripetuto e non sia occasionale. Tra l’occasionalità e l’abitualità, anche dal punto di vista tecnico-giuridico di normazione di chiarezza credo sia opportuno far riferimento al ripetuto comportamento.

Penso che questo emendamento, finalmente, sarà approvato, dal momento che il relatore dice di condividerlo; grazio quindi i colleghi di ulteriori argomentazioni.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunziarsi nuovamente sull’emendamento in esame.

BOBBIO Luigi, relatore. Esprimo parere favorevole sull’emendamento 7.139. Le argomentazioni illustrative del senatore Ayala hanno fatto ampiamente breccia!

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.139, presentato dal senatore Ayala e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.140, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.141, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.142, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Gli emendamenti 7.511, 7.143, 7.144, 7.512 e 7.513 sono stati ritirati.

Passiamo alla votazione dell'articolo 7.

 

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, noi abbiamo contrastato questa legge con tutte le energie possibili e anche, credo, con grande rigore e contrasteremo anche questo articolo, che ritengo fondamentale e decisivo.

Vorrei illustrare, sia pure brevemente, quali sono i problemi, che sono soprattutto legati ai criteri di valutazione della norma e alla gerarchia nella esegesi, nell’interpretazione.

All’articolo 7, comma 1, lettera c), numero 10), si afferma: "fermo quanto previsto dai numeri 3) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di valutazione del fatto e delle prove;". Escludendo che la valutazione della prova possa in qualche modo interferire o interloquire con un’azione disciplinare, rimane tuttavia il problema di vedere cosa prevedono i punti 3) e 9). Essi, come lei ricorderà, sono stati oggetto di una discussione assai ampia: si trattava della interpretazione creativa, che poi è stata modificata con l'emendamento 7.503 del relatore. In quest’ultimo si afferma: "9) l’adozione di atti e provvedimenti il cui contenuto palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volontà della legge (…)".

Vorrei soffermarmi brevemente proprio sull’espressione "volontà della legge". Signor Presidente, provengo da un’università come quella di Camerino, dove ha insegnato, e peraltro è anche nato, Emilio Betti, il primo e forse più grande studioso che ha introdotto il tema dell’interpretazione nelle nostre università. E a lui, naturalmente, voglio ispirarmi.

Un punto fermo è che non esiste nessuna gerarchia nell'interpretazione della legge, se non partendo dalla lettera della legge stessa.

Si è discusso a lungo in dottrina se la voluntas del legislatore possa essere tenuta presente o meno nell’interpretazione della norma; giammai pensare che la volontà del legislatore sia gerarchicamente anteposta ad ogni altra forma di interpretazione. Quindi, questo richiamo alla volontà della legge mi sembra veramente un tornare indietro.

Nel corso di queste lunghe discussioni abbiamo espresso l’accusa seria, forte e documentata che il Governo voglia far retrocedere la nostra civiltà giuridica a quella degli anni Cinquanta. Mi è venuto il dubbio però che si voglia tornare ancora più indietro. Infatti, la formulazione di questo emendamento mi ha ricordato l’articolo 12 del decreto 16-24 agosto 1790 dell’Assemblea con il quale il Governo dei giacobini stabilì che i tribunali dovevano rivolgersi al corpo legislativo ogni qualvolta ritenessero necessario interpretare una legge. In quel contesto storico si trattava certamente di un passo rivoluzionario, di straordinaria rilevanza; pensiamo solo a cosa fosse la magistratura: la bouche de la loi, il magistrato del re.

Il richiamo democratico alla necessità di rifarsi alla volontà del legislatore e quindi al corpo legislativo allora aveva una sua giustificazione storica. Oggi è veramente inconcepibile pensare di fissare una gerarchia nella esegesi delle norme. Il principio che abbiamo conquistato nel corso di questi decenni, dal punto di vista dottrinario innanzitutto, è stato proprio la libertà dell’interprete, naturalmente fino all’interpretazione abnorme; ed è quando è al di fuori della legge che viene colpita da sanzione l’attività del magistrato. Essa, invece, è svincolata da ogni forma di previsione e di inquadramento della gerarchia nella esegesi della norma.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, le ricordo che tra un minuto e mezzo il tempo complessivo a disposizione del suo Gruppo terminerà.

CALVI (DS-U). Mi consenta allora di concludere in modo molto sintetico. Mi spiace davvero che mi sia rimasto così poco tempo perché si pone un problema molto serio: quello del rapporto tra l’interpretazione della norma e la responsabilità disciplinare. Avrei voluto fare un richiamo più cogente e più forte alle scelte che il Costituente volle fare istituendo il Consiglio superiore della magistratura quale organo garante dell’autonomia interna ed esterna, stabilendo un rapporto forte tra l’eguaglianza davanti alla legge - principio inderogabile - e l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

La conseguenza di questa asserzione è che il giudice è soggetto soltanto alla legge e che i magistrati si distinguono solo per le funzioni, esercitando un potere senza timore di punizioni e senza speranza di premi; esercitando le proprie funzioni in modo assolutamente indipendente. Appena alcuni giorni fa il procuratore generale Favara ha dichiarato che se si contesta il ruolo istituzionale della magistratura si ledono la funzione e i valori della giurisdizione e, quindi, le fondamenta stesse dello Stato democratico. Si tratta di un segno di quanto dannosa sia stata questa campagna prevaricante e proterva attraverso cui la magistratura è stata ripetutamente oggetto di attacchi e di denigrazioni; essa è stata accusata di essere un organismo portatore di vizi, di parzialità, di ignoranza e di nessuna virtù.

Ciò è straordinariamente grave soprattutto quando questa valutazione di ordine politico-culturale si traduce in una sanzione disciplinare nel momento più delicato, vale a dire nell’esercizio fondante il controllo di giurisdizione che è quello dell’interpretazione della norma; questo dovrebbe essere il momento in cui il giudice è il più libero possibile, lontano da qualsiasi condizionamento e ancora di più dalla minaccia di ottenere una sanzione disciplinare qualora si discosti dalla volontà del legislatore. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Misto-SDI).

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Margherita esprime un voto contrario sull'articolo 7 del provvedimento e, senza riprendere argomentazioni che sono già state sviluppate nel corso degli interventi precedenti da altri colleghi e dal sottoscritto, credo debba essere sottolineato un aspetto di questa legge che in questo articolo è particolarmente evidente.

La maggioranza ha messo a fuoco alcuni problemi, potrebbe prendersi il merito di averli individuati e risolti in modo conforme alle aspettative e al senso di equità e di giustizia dei cittadini, ma immette nella sua modalità di affrontare questi problemi veri una carica punitiva incomprensibile, o magari comprensibile in base ad una lettura politica che comunque a noi non è vietata, anzi in certi momenti è assolutamente consigliata.

Credo che tipizzare gli illeciti disciplinari, vietare l'iscrizione ai partiti politici, sottolineare la necessità di garantire una maggiore terzietà e imparzialità dei magistrati siano tutti obiettivi condivisibili, e la maggioranza avrebbe potuto portarsi a casa il successo di aver indicato al Paese la propria volontà di garantire per certi aspetti rilevanti una maggiore capacità di funzionamento della giurisdizione.

Ritengo che alcune cose debbano essere indicate e lo farò a titolo esemplificativo. Sono abbastanza d'accordo sul fatto che il magistrato non possa interpretare la legge in modo contrario alla lettera ed anche allo spirito desumibile dal processo di formazione della legge stessa, e su questo credo sia stata introdotta un'innovazione dalla legge di cui stiamo discutendo.

Tornando al contenuto creativo esso non ha nulla a che fare con un orientamento contrario alla lettera e allo spirito della legge. Il contenuto creativo spesso si basa sulle leggi e rappresenta l'introduzione di un elemento di vitalità intellettuale da parte del magistrato nell'atteggiamento complessivo della giurisprudenza rispetto ai fatti che accadono nella società. Il contenuto creativo, che comunque non può offendere lo spirito e la lettera della legge, a me sembra un elemento che cerca di proteggere non già questi ultimi, ma il massimo conformismo possibile da parte di chi è chiamato ad interpretarla.

Mi sembra ancora che vi siano formulazioni molto generiche per riprendere, penalizzare e punire il magistrato per comportamenti che ancora non sono prevedibili. Pensiamo ai comportamenti idonei a turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste: non si dice neanche idonei a turbare "concretamente" l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste. Rimaniamo, cioè, nell'ambito di una genericità che consente interventi di tutte le forme. Oppure, quando si parla di ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza, abbiamo pagine di una legge che indicano le violazioni del dovere di correttezza e si pensa che ce ne siano altre ancora che possono essere punite.

A me sembra quindi che questa individuazione di fattispecie ipergeneriche, sulle quali ci si riserva sempre la possibilità di intervenire con la sanzione di comportamenti del magistrato, voglia tenere il magistrato stesso sotto una spada di Damocle che non è rappresentata da una tipizzazione, perché la genericità è il contrario della tipizzazione.

Voglio infine sottolineare un aspetto che ha qualcosa di involontariamente comico, che è maturato nella nostra discussione. Gli interventi svolti oggi dai colleghi della maggioranza non hanno fatto altro che sostenere la necessità assoluta che il magistrato debba non solo essere, ma anche apparire imparziale e estraneo agli interessi di fazione politica.

Lei, senatore Bobbio, ha fatto un esempio mirabile per sinteticità, indicando come questa esigenza sia sentita così fortemente da poter compromettere l'esercizio di diritti costituzionalmente protetti da parte del magistrato. Ebbene, devo far rilevare al relatore e alla maggioranza che prima delle vacanze di Natale è stato discusso un emendamento, presentato dall'opposizione, che escludeva la possibilità per i magistrati che avessero vestito la casacca di un partito in Parlamento o che si fossero impegnati in una o più campagne elettorali a favore di un partito politico, di tornare ad esercitare le funzioni pregresse. Altro che apparire non al di sopra delle parti! Si tratta di magistrati che per due o tre legislature sono stati dichiaratamente parte politica.

Ebbene, il nostro emendamento è stato bocciato dalla maggioranza, la quale oggi ci viene a dire che il magistrato deve apparire assolutamente imparziale e non può partecipare neanche a una manifestazione culturale di partito, però può fare le campagne elettorali e stare in Parlamento a rappresentare un partito per due o tre legislature, fare le battaglie politiche più dure e poi ripresentarsi candido e immacolato nel suo distretto a svolgere la funzione di magistrato, magari dopo quindici anni. Vi è o no contraddizione tra il principio enunciato e l'applicazione pratica che trova nella legge? (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e delle senatrici Donati e Bonfietti).

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Dopo l'intervento del senatore Zancan, che invito a contenere il suo intervento, si può procedere alla votazione dell'articolo 7, se sussistono le condizioni. Ha facoltà di parlare, senatore Zancan.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, il senatore Calvi è stato fortunato nei suoi studi universitari e sono stato anch'io molto fortunato perché ho seguito il corso di filosofia del diritto del professore che quest'Assemblea, ieri, ha giustamente commemorato.

Signori senatori, a prescindere dalle idee politiche e dagli schieramenti, non si può scrivere in una norma legislativa che vi è la possibilità di sottoporre a procedimento disciplinare i provvedimenti contrari alla lettera e alla volontà della legge. Nessuno ha mai scritto, pensato, insegnato o sussurrato che esista una volontà della legge. Esiste una ratio della legge, ma è cosa tutt'affatto diversa. La legge vive una vita autonoma rispetto alla volontà del legislatore.

CONTESTABILE (FI). Chi lo dice?

ZANCAN (Verdi-U). Se si chiede al giudice non di interpretare e applicare la legge, bensì di ricercare innanzitutto una volontà della legge che non esiste, e se si sanziona disciplinarmente il giudice che dovesse compiere uno sbaglio in questa ricerca disperata e infruttuosa, allora si unisce all'errore la mancanza assoluta di tecnicità. Possiamo immaginare l'imbarazzo straordinario di fronte al quale si troverà il giudice che, dovendo interpretare la legge, ha un compito di straordinaria importanza e delicatezza.

In secondo luogo, la maggioranza ritiene che la mera adesione ad un movimento politico sia suscettibile di procedimento disciplinare.

Già è stato detto che un movimento politico può essere, per esempio per la soppressione della pena di morte; ora, pensare che un magistrato che firma o si pronunzi contro la pena di morte sia suscettibile di procedimento disciplinare è veramente una straordinaria sciocchezza. Anche ad ammettere, però, in linea di ipotesi non concessa, che questa adesione in qualsiasi forma, anche privata, ad un movimento politico sia suscettibile di procedimento disciplinare, una volta che si inizia il procedimento disciplinare, una volta che si condanna questa persona, qual è la condanna? L’unica condanna conseguente e logica sarebbe l’abiura.

Voi comprendete l’assoluta irrazionalità di tutto questo: voi addirittura chiedereste un’abiura, perché se l’adesione ad un movimento o una permanenza c’è già stata, quel magistrato non può più esercitare una professione per un comportamento che voi ritenete disciplinarmente rilevante, salvo che quella persona che ha aderito a quel movimento non abiura. Allora, ritorneremo ai procedimenti di abiura, ritorneremo ai roghi su cui si brucia chi ha espresso una opinione e questo, in forza di un criterio di indipendenza e di imparzialità che non significa affatto che una persona non abbia le sue idee, la sua vita, la sua partecipazione alla vita sociale. (Applausi dal Gruppo Verdi-U e della senatrice Bonfietti).

CONTESTABILE (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Senatore Contestabile, tenga presente che, se si va oltre certi tempi, poi devo rimandare la votazione dell’articolo e lei capisce cosa vuol dire votare un articolo ad inizio di seduta, vero?

CONTESTABILE (FI). Signor Presidente, rinuncio ad intervenire.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, sull'articolo 7 chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Dalla Chiesa, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell’articolo 7, nel testo emendato.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità (1296)

 

ARTICOLO 5 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE PRECEDENTEMENTE ACCANTONATO

Art. 5.

Approvato con emendamenti

(Riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua personale responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

b) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa delegare, sulla base di criteri predeterminati, uno o più magistrati del proprio ufficio al compimento di singoli atti o alla trattazione di uno o più procedimenti;

c) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa determinare i criteri cui i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri;

d) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica presso il tribunale;

e) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso;

f) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al procuratore generale presso la Corte di cassazione;

g) prevedere l’attribuzione al procuratore generale presso la corte di appello di poteri sostitutivi e di avocazione:

1) nei casi di accertata violazione dei termini di durata delle indagini preliminari, fermo altresì quanto previsto dagli articoli 412, comma 2, 413 e 421-bis del codice di procedura penale;

2) nei casi di accertata e grave violazione di norme processuali, anche non tutelate da sanzioni processuali;

3) nel caso di accertata e grave violazione delle disposizioni, delle procedure e dei provvedimenti in materia di coordinamento nell’ipotesi di indagini collegate o particolarmente complesse e che investano più circondari.

 

EMENDAMENTI

5.100

BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, AYALA, ZANCAN

Respinto

Sopprimere l’articolo.

5.101

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera a), con la seguente:

«a) prevedere che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale sia il titolare dell’azione penale,».

5.102

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera a), sopprimere la parola: «esclusivo».

5.500 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole: «presso il Tribunale» nonché la parola: «personale»; sostituire la lettera b) con la seguente:

«b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un magistrato del proprio ufficio alla funzione di vicario, nonché uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari;».

Alla lettera c), sopprimere le parole: «presso il Tribunale»; alla lettera d), sostituire le parole: «presso il Tribunale» con le seguenti: «ovvero di magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto».

Alla lettera e), sopprimere le parole: «presso il Tribunale».

5.103

MARITATI, AYALA, CALVI, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera a), dopo le parole: «sotto la sua personale responsabilità», inserire le seguenti: «qualora non designi altri magistrati addetti all’ufficio».

5.104

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Improcedibile

Al comma 1, lettera b), dopo le parole: «presso il tribunale», aggiungere le seguenti: «sia coadiuvato da uno o più procuratori aggiunti di cui uno vicario e».

5.105

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera b), sostituire la parola: «delegare» con la seguente: «designare», e nella lettera c), sostituire la parola: «delegati», con la seguente: «designati», e la parola: «delega», con la seguente: «designazione».

5.106

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Precluso

Al comma 1, lettera b), sostituire la parola: «delegare», con la seguente: «designare».

5.107

AYALA, MARITATI, CALVI, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso dall'approvazione dell'em. 5.500 (testo 2)

Al comma 1, lettera b), dopo le parole: «sulla base di criteri», aggiungere la seguente: «generali».

5.108

ZANDA

Respinto

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «uno o più magistrati del proprio ufficio, al compimento dei singoli atti o alla trattazione di uno o più procedimenti;», con le seguenti: «uno o più magistrati del proprio ufficio o i Procuratori aggiunti, quando l’ufficio ne sia dotato, al compimento di singoli atti o alla trattazione di uno o più procedimenti o all’organizzazione di singoli settori specialistici,».

5.109

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

5.110

CALVI, MARITATI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN

Id. em. 5.109

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

5.111 (testo corretto)

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

«c) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa indicare i criteri cui i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nelle determinazioni relative all’esercizio delle funzioni, con facoltà di revoca in caso di divergenza o inosservanza dei criteri;».

5.112 (testo corretto)

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: «con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri» con le seguenti: «con facoltà di revoca in caso di rilevante inosservanza dei criteri generali da parte del magistrato delegato, o di sua grave violazione di legge».

5.113

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera d).

5.114

BRUTTI MASSIMO, FASSONE, CALVI, MARITATI, AYALA, ZANCAN

Id. em. 5.113

Al comma 1, sopprimere la lettera d).

5.115

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera d), con la seguente:

«d) prevedere che qualora un magistrato dell’ufficio intenda richiedere, in procedimenti di particolare rilevanza sociale, e fatte salve eventuali disposizioni specifiche in relazione al singolo procedimento, l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale o incidente in modo grave su diritti reali, il magistrato procedente informi e consulti il capo dell’ufficio».

5.116 (testo corretto)

MARITATI, CALVI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera d), con la seguente:

«d) prevedere che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa richiedere, in relazione a procedimenti specifici, che il magistrato delegato, il quale intenda formulare richiesta di applicazione di una misura restrittiva della libertà personale, o incidente in misura grave su diritti reali, previamente informi e consulti il capo dell’ufficio;».

5.117

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera d), sostituire la parola: «previo» con la seguente: «su».

5.118

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera d), dopo la parola: «assenso», aggiungere le seguenti: «anche verbale».

5.119

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: «ovvero del procuratore o dei procuratori aggiunti da lui delegati».

5.120

CAVALLARO

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente, sopprimere l’articolo 7, comma 1, lettera c) numero 6.

5.121 (testo corretto)

MARITATI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, CALVI, ZANCAN

Id. em. 5.120

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente, sopprimere l’articolo 7, comma 1, lettera c) numero 6.

5.122

BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, AYALA, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera f).

5.123

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «al fine di verificare» con le seguenti: «in sede di verifica» e la parola: «nonché il» con le seguenti: «e del».

5.124

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).

5.125

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 2) con il seguente:

«2) nei casi di comprovata e grave violazione di norme processuali, dalle quali siano derivate rilevanti conseguenze processuali».

5.126

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), numero 2), sopprimere le parole: «anche non».

5.127

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera g), aggiungere il seguente numero:

«3-bis. nel caso di prolungata inerzia nell’esercizio dell’azione penale».

5.501 (testo 3)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera g), inserire le seguenti:

«g-bis) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;

g-ter) prevedere che, nei casi di avocazione continuino ad applicarsi le disposizioni di cui commi 6 e 6-bis dell’articolo 70 dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;».

 

ARTICOLI 7 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 7.

Approvato con emendamenti

(Norme in materia disciplinare nonché in tema di situazioni di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni.

b) prevedere:

1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio;

2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;

3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che ne compromettano la credibilità o il prestigio;

4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);

c) salvo quanto stabilito dal numero 10), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con l’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato, attuata mediante l’esercizio delle funzioni; ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza;

3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti, e sempre che ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità; ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza;

4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; l’abituale e ingiustificata esenzione dal lavoro giudiziario, compresa la redazione dei provvedimenti, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o del presidente di un collegio; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione dell’organo competente; ogni altra rilevante violazione del dovere di laboriosità;

5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui;

6) il tenere rapporti con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste dall’articolo 5, comma 1, lettera e);

7) l’adozione di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dar luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

9) l’attività di interpretazione di norme di diritto che palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volontà della legge o abbia contenuto creativo;

10) fermo quanto previsto dai numeri 3) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di valutazione del fatto e delle prove;

d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:

1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;

2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale o aver subìto condanna per gravi delitti non colposi o una misura di prevenzione, ovvero il trattenere rapporti di affari con una di tali persone;

3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente; lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento del dovere di laboriosità;

4) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nell’esercizio delle funzioni giudiziarie;

5) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;

6) l’iscrizione o l’adesione a partiti politici comunque gli stessi siano organizzati, ivi inclusi movimenti o associazioni o enti che perseguono finalità politiche o svolgono attività di tale natura, nonché la partecipazione a loro attività o iniziative di carattere interno ovvero ad ogni altra che non abbia carattere scientifico, ricreativo, sportivo o solidaristico;

7) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste e ogni altro comportamento tenuto in pubblico idoneo a compromettere in modo grave la credibilità della funzione giudiziaria, anche sotto il profilo dell’indipendenza, dell’imparzialità e della terzietà;

e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:

1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;

f) prevedere come sanzioni disciplinari:

1) l’ammonimento;

2) la censura;

3) la perdita dell’anzianità;

4) l’incapacità perpetua o temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;

5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

6) la rimozione;

g) stabilire che:

1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;

2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;

3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni; il conseguente spostamento in ruolo non possa essere inferiore ad un quarantesimo né superiore a un decimo dei posti in organico della relativa qualifica;

4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione semi direttiva sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;

5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo;

6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;

7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;

8) le sanzioni di cui ai numeri 3) e 6) siano eseguite mediante decreto del Presidente della Repubblica;

h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti;

2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);

4) ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

5) i comportamenti previsti dal, numero 2), primo periodo, della lettera c);

6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;

8) la scarsa laboriosità, se abituale;

9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale o grave;

11) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);

i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti, se gravi;

2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

l) stabilire che:

1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o di collaborazione direttiva l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se abituale o grave;

2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione di incarichi ed uffici vietati dalla legge o non autorizzati;

3) sia rimosso il magistrato che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;

m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;

n) integrare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che il trasferimento ad altra sede, o la destinazione ad altre funzioni, ivi previsti, avvengano secondo le norme procedurali che regolano il procedimento disciplinare di cui agli articoli 28 e seguenti dello stesso regio decreto legislativo, in quanto compatibili; prevedere altresì che, in caso di particolare urgenza, il trasferimento possa essere disposto anche in via cautelare e provvisoria; prevedere infine che la causa, anche incolpevole, legittimante l’intervento sia tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità;

o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;

p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato.

 

EMENDAMENTI

7.100

BRUTTI MASSIMO, CALVI, MARITATI, FASSONE, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera b), al punto 1), sopprimere le parole: «e equilibrio».

7.101

MARITATI, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, FASSONE, ZANCAN

V. testo 2

Al comma 1, lettera b), al numero 3), sostituire le parole da: «, ancorchè legittimi» sino alla fine del numero con le seguenti: «che compromettano la credibilità personale del magistrato o il prestigio dell’istituzione».

7.101 (testo 2)

MARITATI, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, FASSONE, ZANCAN

Approvato

Al comma 1, lettera b), al numero 3), sostituire le parole da: «, ancorchè legittimi» sino alla fine del numero con le seguenti: «che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione».

7.102

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «la credibilità o», con le seguenti: «in modo grave».

7.500

IL RELATORE

Ritirato

Al comma 1, alla lettera b), al numero 3), dopo le parole: «credibilità», inserire le seguenti: «, il decoro».

7.103

CAVALLARO

Precluso dall'approvazione dell'em. 7.101 (testo 2)

Al comma 1, lettera b), numero 3), sopprimere le parole: «o il prestigio».

7.104

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera c), numero 1), sostituire le parole da: «la consapevole», fino a: «dovere di imparzialità», con le seguenti: «l’inosservanza per errore inescusabile dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; ogni altra rilevante violazione del dovere di imparzialità».

7.105

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera c), numero 2), sopprimere le parole: «ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza».

7.106

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera c), sostituire il numero 3) con il seguente:

«3) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza semprechè ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei propri doveri d’ufficio».

7.501

IL RELATORE

V. testo 2

Al comma 1, lettera c), numero 3), sopprimere le parole: «, e sempre che ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità».

7.501 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera c), numero 3), sostituire le parole: «, e sempre che» con l'altra: «e».

7.502

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera c), numero 4), sostituire le parole: «l’abituale e ingiustificata esenzione dal lavoro giudiziario, compresa la redazione», con le seguenti: «il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario, compresa l’assegnazione a sè medesimo e la redazione».

7.107

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 6).

7.108

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera c), numero 6), dopo le parole: «il tenere», aggiungere la seguente: «abitualmente».

7.109

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 7).

7.110

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

V. testo 2

Al comma 1, lettera c), numero 7), sostituire la parola: «precostituita», con la seguente: «intenzionale».

7.110 (testo 2)

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera c), numero 7), dopo la parola: «adozione», inserire la seguente: «intenzionale».

7.111

MONCADA, IERVOLINO

Ritirato

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 9).

7.112

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 9).

7.113

ZANDA

Id. em. 7.112

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 9).

7.114

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Id. em. 7.112

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 9).

7.115

AYALA, FASSONE, MARITATI, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Id. em. 7.112

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 9).

7.116

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera c), sostituire il numero 9) con il seguente:

«9) l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza inescusabile;».

7.503

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera c), sostituire il numero 9) con il seguente:

«9) l’adozione di atti e provvedimenti il cui contenuto palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volontà della legge o costituisca esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero riservata ad altri organi costituzionali».

7.117

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera c), numero 9), sopprimere le parole: «e la volontà» e le parole: «o abbia contenuto creativo».

7.118

MARITATI, AYALA, CALVI, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera c), numero 9), sopprimere le parole: «e la volontà».

7.119

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera c), numero 9), sopprimere le parole: «o abbia contenuto creativo».

7.120

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 10).

7.504 (testo corretto)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera c), al numero 10), dopo le parole: «dai numeri 3)» inserire l’altra: «7)» e dopo le parole: «non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di» inserire le altre: «interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale né quella di».

7.121

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera d), numero 2), sostituire la parola: «comunque» con la seguente: «attualmente».

7.505

IL RELATORE

V. testo 2

Al comma 1, alla lettera d), al numero 2), sostituire le parole: «a questi consta essere» con l’altra: «sia» e dopo la parola: «abituale» inserire le altre: «professionale o per tendenza», sopprimere la parola: «gravi,» dopo le parole: «per delitti non colposi» inserire le altre: «alla pena della reclusione superiore a tre anni» e dopo le parole: «di prevenzione,» inserire le altre: «salvo che sia intervenuta la riabilitazione,».

7.505 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera d), al numero 2), dopo la parola: «abituale» inserire le altre: «professionale o per tendenza», sopprimere la parola: «gravi,» dopo le parole: «per delitti non colposi» inserire le altre: «alla pena della reclusione superiore a tre anni» e dopo le parole: «di prevenzione,» inserire le altre: «salvo che sia intervenuta la riabilitazione,».

7.122

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera d), numero 2), dopo la parola: «rapporti», aggiungere la seguente: «consapevoli».

7.506

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera d), numero 3), sostituire le parole: «del dovere di laboriosità» con le altre: «dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3)».

7.123

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera d), sostituire il numero 6) con il seguente:

«6) l’iscrizione a partiti politici».

7.507/1 (testo2)

CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

All’emendamento 7.507 (testo 2) sopprimere le parole: «l’adesione».

7.507/2 (testo 2)

MARITATI, CALVI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO

Respinto

All’emendamento 7.507 (testo 2) sopprimere le parole: «o movimenti».

7.507

IL RELATORE

V. testo 2

Al comma 1, lettera d), sostituire il numero 6) con il seguente:

«6) l’iscrizione o l’adesione a partiti politici comunque gli stessi siano organizzati, ivi inclusi movimenti o associazioni agli stessi equivalenti, nonché lo svolgimento di attività dirette a realizzarne gli scopi o i programmi;».

7.507 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera d), sostituire il numero 6) con il seguente:

«6) l’iscrizione, l’adesione o la partecipazione sotto qualsiasi forma a partiti o movimenti politici;».

7.124

MONCADA, IERVOLINO

Precluso

Al comma 1, lettera d), numero 6), sopprimere le parole da: «comunque» a «solidaristico».

7.125

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Precluso

Al comma 1, lettera d), numero 6), sopprimere le parole da: «comunque» fino a «solidaristico».

7.126

MARITATI, CALVI, AYALA, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera d), numero 6), sopprimere le parole: «movimenti o».

7.127

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera d), numero 6), sostituire le parole: «che perseguono finalità politiche o svolgono attività di tale natura» con le seguenti: «che svolgono attività politica».

7.128

BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, FASSONE, CALVI, ZANCAN

Precluso

Al comma 1, lettera d), numero 6), sopprimere le parole da: «, nonché la partecipazione» sino alla fine del numero.

7.129

MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera d), numero 6), sopprimere le parole da: «nonché la partecipazione» sino alla fine.

7.130

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Precluso

Al comma 1, lettera d), numero 6), sopprimere le parole da: «ovvero ad ogni altra» sino alla fine.

7.508/1

AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, MARITATI

V. testo 2

All’emendamento 7.508 sopprimere le parole: «, anche sotto il profilo della mera apparenza».

7.508/1 (testo2)

AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, MARITATI

Respinto

All’emendamento 7.508 (testo 2) sopprimere le parole: «, anche sotto il profilo dell'apparenza».

7.508

IL RELATORE

V. testo 2

Al comma 1, alla lettera d), dopo il numero 6), inserire il seguente:

«6-bis) Ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo della mera apparenza;».

Conseguentemente, al numero 7), sopprimere le parole da: «e ogni altro comportamento» fino alla fine del numero.

7.508 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, alla lettera d), dopo il numero 6), inserire il seguente:

«6-bis) Ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza;».

Conseguentemente, al numero 7), sopprimere le parole da: «e ogni altro comportamento» fino alla fine del numero.

7.131

MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, CALVI, ZANCAN

Respinto

Al comma 1, lettera d), sopprimere il numero 7).

7.132

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Id. em. 7.131

Al comma 1, lettera d), sopprimere il numero 7).

7.133

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera d), numero 7), dopo le parole: «è idoneo a turbare» inserire la seguente: «concretamente».

7.134

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera e), numero 1), sopprimere le parole da: «quando la legge» fino a: «pecuniaria».

7.135

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera e), numero 4), sopprimere le parole da: «anche» fino a: «proseguita».

7.509

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera f), numero 4), sopprimere le parole: «perpetua o».

7.136

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera g), numero 3), sopprimere le parole da: «il conseguente spostamento» sino alla fine.

7.137

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera g), numero 5), sostituire le parole: «non eccedente i due terzi» con le seguenti: «pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta conseguendo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta e quinta classe; ad un terzo, se alla sesta e settima classe».

7.510

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera g), numero 8), sostituire le parole: «ai numeri 3 e 6» con le seguenti: «al numero 6».

7.138

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 4).

7.139

AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera l), al numero 1), sostituire la parola: «abituale» con la seguente: «ripetuta».

7.140

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera l), al numero 2), sostituire le parole: «non autorizzati» con le seguenti: «per i quali sia stata rifiutata l’autorizzazione».

7.141

MARITATI, FASSONE, AYALA, CALVI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera l), numero 3), dopo le parole: «a pena detentiva» inserire le seguenti: «per delitto non colposo».

7.142

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, lettera m), secondo periodo, sostituire le parole da: «ad eccezione» sino a: «ovvero» con le seguenti: «primo periodo».

7.511

IL RELATORE

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera n) con le seguenti:

«n) prevedere l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;

n-bis) prevedere la modifica degli articoli 30 e 31 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, aggiungendo, come misura cautelare, la previsione del trasferimento d’ufficio a quella della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio;».

7.143

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Ritirato

Al comma 1, lettera n), sopprimere le parole: «di cui agli articoli 28 e seguenti dello stesso regio decreto legislativo, in quanto compatibili;».

7.144

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera n) inserire le seguenti:

«n-bis) prevedere che l’azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto; che entro un ulteriore anno segua la richiesta di fissazione della discussione davanti all’organo disciplinare; che entro un ulteriore anno segua la decisione; che siano previste tassative adeguate cause di sospensione dei termini anzidetti;

n-ter) che l’azione disciplinare possa essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, il quale ne dà comunicazione al Ministro della giustizia ed al Consiglio superiore della magistratura;

n-quater) che dell’inizio del procedimento sia data comunicazione, entro trenta giorni, al magistrato incolpato, con indicazione del fatto che gli viene addebitato; che l’incolpato possa farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, nonché, ove occorra, da un consulente tecnico;

n-quinquies) che gli atti di indagine siano compiuti con l’osservanza delle norme del codice di procedura penale, in quanto compatibili; che essi, qualora compiuti prima della comunicazione all’incolpato, ovvero senza previo avviso al difensore se già designato, siano annullabili se la nullità venga eccepita entro dieci giorni dalla conoscenza del loro compimento;

n-sexies) che la sezione disciplinare possa assumere, anche d’ufficio, tutte le prove che ritiene utili; possa disporre o consentire la lettura dei rapporti dell’Ispettorato, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici e degli atti dei fascicoli personali; possa disporre o consentire la lettura degli elementi di prova acquisiti nel corso delle indagini, nonché l’esibizione di documenti;

n-septies) che la sezione disciplinare deliberi immediatamente, dopo avere assunto le conclusioni del pubblico ministero e sentito la difesa dell’incolpato; che, se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, ne dichiari esclusa la sussistenza; che i motivi della decisione siano depositati entro trenta giorni dalla deliberazione; che avverso la pronuncia sia ammesso ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione;

n-octies) che siano disciplinate ipotesi di revisione, nonché di reintegrazione del magistrato sospeso cautelarmente, qualora sopravvenga sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere;».

7.512

IL RELATORE

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera o) con la seguente:

«o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nelle pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per essere destinati allo svolgimento di funzioni corrispondenti all’ex ottava qualifica funzionale, i magistrati dispensati dal servizio;».

7.513

IL RELATORE

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera p) con la seguente:

«p) ridisciplinare le ipotesi di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo l’impossibilità che possa consentirsi l’esercizio dell’attività di magistrato presso il medesimo ufficio giudiziario in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado o il coniuge esercitino la professione di magistrato o di avvocato o di notaio, e prevedendo altresì che, ove la causa di incompatibilità non venga rimossa, il Consiglio superiore della magistratura disponga il trasferimento d’ufficio del magistrato ad altra sede;» .

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾  XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

518a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2004

(Pomeridiana)

Presidenza del vice presidente CALDEROLI,

indi del vice presidente DINI

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1296) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità

(1050) MARINI ed altri. – Norme in materia di reclutamento e formazione dei magistrati e valutazione della professionalità

(1226) FASSONE ed altri. – Distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti

(1258) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di giudici e pubblici ministeri: ruoli, funzioni, carriere

(1259) COSSIGA. – Delega al Governo per la istituzione della Scuola superiore delle professioni legali

(1260) COSSIGA. - Delega al Governo in materia di carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, qualificazioni professionali dei magistrati, temporaneità degli uffici giudiziari direttivi nonché di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura

(1261) COSSIGA. – Delega al Governo in materia di adozione di un codice etico dei giudici e dei pubblici ministeri e relativa disciplina e incompatibilità

(1367) FASSONE ed altri. – Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità

(1426) CALVI ed altri. – Norme in materia di istituzione di un centro superiore di studi giuridici per la formazione professionale dei magistrati, in materia di tirocinio, di distinzione delle funzioni giudicanti e requirenti, di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità e norme in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, di incompatibilità e di incarichi estranei ai compiti di ufficio e di temporaneità degli incarichi direttivi

(1536) ALBERTI CASELLATI ed altri. – Separazione delle carriere dei magistrati

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

Approvazione, con modificazioni, del disegno di legge n. 1296, con il seguente titolo: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il consiglio di presidenza della Corte dei conti e il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico

Stralcio dell'articolo 8 del testo proposto dalla Commissione (Integrazione del disegno di legge n. 1296-bis)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296, 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.

Do lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sugli ulteriori emendamenti presentati: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti 9.500 e 10.0.500 (testo 3), esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo".

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta antimeridiana è stato approvato l’articolo 7.

Passiamo all’esame dell'emendamento 7.0.500 (testo corretto), che invito il relatore ad illustrare.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, la proposta in esame tende ad introdurre l’articolo 7-bis.

Svolgerò un’illustrazione molto breve dal momento che, nella sostanza, si tratta di un emendamento che affronta il procedimento disciplinare con l’intenzione di dare nuova sistemazione alla materia procedimentale. L’emendamento si fa carico di una necessità che viene ventilata da più parti da molto tempo, come del resto avevano manifestato di voler fare anche i colleghi dell’opposizione presentando un emendamento che è stato poi ritirato su mia espressa richiesta, attesa la presentazione da parte mia dell’emendamento 7.0.500 (testo corretto).

In effetti, si è trattato di affrontare e risolvere preliminarmente il problema legato alla scelta del tipo di processo e di modello processuale da applicare nel regolare la materia del procedimento disciplinare, ossia se rivolgersi e guardare al modello del processo civile ovvero a quello del processo penale.

Alcune valide ragioni deponevano anche nel senso di approcciare la materia con il modello civilistico, ma alla fine ha prevalso, nell'intenzione emendativa, l'innegabile similitudine esistente, addirittura proprio sotto il profilo strutturale e finalistico, tra il procedimento disciplinare e il processo penale; di talché l'emendamento in esame tende a disegnare la procedura per l'irrogazione eventuale della sanzione disciplinare e quindi la procedura per il procedimento disciplinare sul modello del codice di procedura penale vigente nel nostro Paese. Ciò, però, attesa la non ottima prova in termini di durata dei processi fino ad oggi data dal modello processuale penale vigente, non deve indurre facili timori circa la possibilità che anche il procedimento disciplinare basato su questo modello abbia una durata eccessivamente lunga.

Va anzitutto sottolineata (per limitarmi, ripeto, solo a talune considerazioni, essendo contenuta la struttura del nuovo modello di procedimento disciplinare sostanzialmente nella lettera dell'emendamento) la constatazione secondo la quale il procedimento disciplinare viene sostanzialmente diviso in due momenti: quello che in modo improprio possiamo definire dell'istruttoria e quello dell'udienza disciplinare.

Ebbene, l'aspetto saliente e significativo, che - ripeto - dovrebbe eliminare ogni timore circa una possibile eccessiva durata del procedimento disciplinare, è legato al fatto che nell'udienza disciplinare mantengono validità tutte le attività di indagine disciplinare espletate nella fase relativa, però viene in piena e forte attuazione il modello accusatorio, con la possibilità rimessa all'iniziativa dell'incolpato di chiedere l'esperimento di nuovi mezzi di prova o di risentire i testimoni già ascoltati nella fase dell'indagine disciplinare. Sostanzialmente, quindi, viene lasciata all'incolpato e alla sua difesa la possibilità di esercitare tutti i diritti di garanzia e di difesa propri del modello processuale penale vigente.

Un altro aspetto che tengo ad evidenziare, perché mi sembra estremamente significativo ed innovativo, è legato all'introduzione del principio dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare. Per la verità, tale principio viene scisso nel testo in due parti e si pone espressa considerazione alla titolarità dell'azione disciplinare da una parte in capo al Ministro e dall'altra in capo al procuratore generale.

Orbene, è del tutto evidente e di tutta chiarezza che un principio di obbligatorietà non si può far ricadere in capo all'autorità politica, ossia al Ministro della giustizia, il quale rimane titolare dell'azione disciplinare sotto la veste della sua attuale discrezionalità; viceversa, in relazione al procuratore generale, si è scelta la strada dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare con riferimento - e non avrebbe potuto essere diversamente - soltanto a quei casi in cui quest’ultima possa vertere su ipotesi di illecito disciplinare tipizzate; viceversa per quelle ipotesi di illecito disciplinare che non hanno un grado di tipicità particolarmente chiaro, netto ed elevato rimane anche per il procuratore generale la discrezionalità nell'esercizio dell’azione disciplinare.

Comunque, attesa la forte spinta alla tipicizzazione data all'illecito disciplinare con questo disegno di legge, è estremamente rilevante - a mio avviso - il tentativo di introdurre il principio dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare.

Non mi sembra vi siano altri punti che, in questa sommaria e riassuntiva descrizione, possano essere evidenziati.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Condivido il parere espresso dal relatore.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, ho dimenticato due passaggi relativi alla riformulazione dell'emendamento 7.0.500 (testo corretto). In primo luogo, alla lettera e), numero 7), il testo attuale prevede che "(…) Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 3 e 4 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate da un magistrato in servizio presso il Ministero della giustizia, designato dal Ministro". Prendendo atto del fatto che la gestione in concreto dell'azione disciplinare in questa fase deve essere comunque riservata ad un rappresentante della procura generale presso la Cassazione, questo periodo è riformulato nel seguente modo: "(…) le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione".

In secondo luogo, alla lettera l), numero 1), si fa riferimento ad una efficacia sospensiva del ricorso nei confronti del provvedimento impugnato. Questo periodo finale è soppresso.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, mi fa piacere che, anche a seguito di un colloquio con il relatore, che è cosa legittima e buona se serve a tale scopo, due dei quattro errori dell'emendamento siano stati eliminati. Ne rimangono, a mio avviso, ancora due: la mancata previsione, alla lettera e), della possibilità che l'udienza non sia pubblica per tutelare la riservatezza della parte, e la specificazione che il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio, ciò che è assolutamente ovvio non dovrebbe essere presente in un testo di legge.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.0.500 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

Passiamo all'esame della proposta di stralcio dell'articolo 8, deliberata dalla Commissione, da intendersi illustrata.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sulla proposta in esame.

CASTELLI, ministro della giustizia. Esprimo parere favorevole.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di stralcio dell’articolo 8, deliberata dalla Commissione.

È approvata.

Per effetto dello stralcio, l’articolo 8, che fa sistema con l’articolo 1, comma 2, già stralciato dall’Assemblea il 17 dicembre 2003, costituirà integrazione del disegno di legge n. 1296-bis.

Passiamo all’esame dell’articolo 8-bis, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 8-bis.100, 8-bis.101, 8-bis.102, 8-bis.104, 8-bis.106, 8-bis.108 e 8-bis.109.

Sull’emendamento 8-bis.103 rivolgo ai presentatori un invito al ritiro, altrimenti esprimo parere contrario.

Esprimo parere favorevole sugli emendamenti 8-bis.105, 8-bis.107, 8-bis.500 e 8-bis.501.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, mi conformo ai pareri espressi dal relatore.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 8-bis.100, presentato dal senatore Magnalbò e da altri senatori, identico agli emendamenti 8-bis.101, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, e 8-bis.102, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

L’emendamento 8-bis.103 si intende ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 8-bis.104, presentato dal senatore Cavallaro.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 8-bis.105, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

È approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 8-bis.106 è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 8-bis.107, presentato dal senatore Cavallaro.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 8-bis.108, presentato dal senatore Ayala e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 8-bis.500, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 8-bis.501, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 8-bis.109, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, proporrei una parziale riformulazione dell’articolo riguardante la copertura, perché da calcoli effettuati il 3 per cento non è sufficiente, bisognerebbe prevedere almeno il 4 per cento. Proporrei pertanto una riformulazione.

 

PRESIDENTE. Credo che in questa fase sia improponibile riformulare la copertura perché richiederebbe una nuova valutazione da parte della 5a Commissione. Forse era più utile farlo in un’altra sede.

CASTELLI, ministro della giustizia. Ritiro la proposta.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 8-bis.

 

CARUSO Antonino (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARUSO Antonino (AN). Signor Presidente, dichiaro il mio voto favorevole all’articolo.

PRESIDENTE. Senatore Caruso Antonino, la prego di alzare un po’ la voce perché non si sente. Non credo sia colpa sua, ma dipenda dal nuovo impianto audio che deve essere rodato.

CARUSO Antonino (AN). Sì, non sono convinto che l’acustica dell’Aula sia migliorata con il nuovo sistema.

Dicevo che voterò a favore dell’articolo perché sono convinto, per la verità, che la norma di copertura originariamente immaginata sia adeguata. Peraltro, giudico positivamente che il Ministro si sia fatto carico attraverso la proposta avanzata di dare maggior sicurezza all’aspetto finanziario.

Si tratta di una norma di grande rilievo nella riforma dell’ordinamento giudiziario perché istituisce in via sperimentale un ufficio del giudice prevedendo l’assunzione di neolaureati dotati di particolari capacità e requisiti culturali e di diploma di corso di studi. Costoro non dovranno assolutamente superare l’attuale sistema di amministrazione della giustizia per quanto riguarda gli ausiliari del giudice, cioè le funzioni amministrative: si tratta quindi di una nuova funzione che non si sovrappone assolutamente a quelle esistenti ma che, viceversa, mira a recuperare produttività da parte dei giudici stessi.

È una norma che è da anni invocata dai magistrati, i quali hanno più volte affermato che con l'introduzione di questa figura è inevitabile un aumento di produttività; è cosa che sta a cuore a questa maggioranza, e credo al Senato tutto, e quindi deve essere senz'altro introdotta.

Da ultimo aggiungo che, proprio perché si tratta di un fatto assolutamente nuovo nel panorama organizzativo di funzionamento del sistema giudiziario, la norma è concepita a carattere sperimentale proprio per verificare se gli effetti di recupero di maggiore produttività effettivamente si realizzeranno o meno. È quindi una norma che da questo punto di vista si colloca anche in maniera prudente.

Infine devo ricordare un aspetto interno alla disposizione, che è quello di consentire che il lavoro svolto dall'ausiliario del giudice possa per questi valere come tirocinio per il successivo esame di avvocato, piuttosto che come tirocinio per la partecipazione al concorso in magistratura. Dunque, una verifica alternativa sul campo di acquisizione di professionalità rispetto alle varie ipotesi che stanno per essere introdotte, o che sono state introdotte, nel nostro panorama normativo.

Questa è la ragione per cui voterò a favore di questa proposta della Commissione, che nasce da un emendamento da me a suo tempo presentato, invitando i colleghi del Senato a fare altrettanto.

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Intervengo per dichiarare il voto favorevole del mio Gruppo all'articolo 8-bis come emendato.

 

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (FI). Il Gruppo Forza Italia voterà a favore di questo articolo, che raccoglie una delle indicazioni formulate da anni dall'Associazione nazionale magistrati, quella di creare un ufficio del giudice che lo sollevi da una serie di incombenze che ritardano la sua attività decisionale anche nella stesura delle sentenze.

Noi auspichiamo che questo esperimento, certamente parziale, ma che, se funzionerà, potrà essere esteso a tutti gli uffici e a tutti i magistrati, possa dare una svolta alla produttività. È un esperimento che ha la sua origine nell'attività svolta dai magistrati del massimario della Cassazione, che svolgono questo tipo di attività di ricerca dei precedenti e di formazione di una scheda complessiva che fotografa l'andamento della causa e che allevia il magistrato da una serie di studi e comunque di perdite di tempo complessive.

È utile sottolineare, proprio per sgombrare il campo da dubbi di sorta, che questa figura non incide assolutamente sulle mansioni dei funzionari amministrativi. C'è chi ritiene che questa figura possa assolutamente entrare in quest'ambito. Nulla di tutto ciò; rimane ferma quella che è l'attribuzione dei funzionari amministrativi anche alla luce degli ultimi contratti collettivi. Questo tipo di ufficio è tutt'altra cosa, è alle dirette dipendenze del giudice e non entra nel complessivo procedimento e nei rapporti tra magistrato e funzionario amministrativo.

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Io avevo già evidenziato diverse perplessità su questa norma, che parte da un apprezzabile intento, quello di dare un aiuto al giudice.

Le mie perplessità sono che questo ruolo distinto di aiutante dell'ufficio del giudice troverebbe da un lato delle difficoltà con i ruoli già esistenti dei cancellieri, e soprattutto la previsione che abbia una durata biennale, la non alta ricompensa di 1.032 euro, finisce per illudere dei giovani, gli dà una momentanea occupazione, presenta il rischio di creare degli "spostati", e quindi è una soluzione a mio giudizio molto discutibile.

In ogni caso (ed è l’unica eccezione al "no" netto e deciso a questo testo di legge), annunzio su questo punto specifico il voto di astensione.

 

PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione dell’articolo 8-bis, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, mediante procedimento elettronico, che in questo caso è obbligatorio.

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell’articolo 8-bis, nel testo emendato.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1296,

1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, illustro solo l’emendamento 9.500, che reca una norma transitoria in assenza della quale, all’indomani dell’entrata in vigore della legge delegata, i magistrati assegnati in qualità di sostituti alla Direzione nazionale antimafia, pur avendo anzianità di servizio rilevanti, verrebbero in qualche maniera estromessi dalla possibilità di accedere a concorsi per le funzioni direttive di secondo grado. In sostanza questo emendamento tende a completare la disciplina transitoria che è già stata dettata in questo disegno di legge in relazione ad altre figure professionali di magistrati.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Esprimo ovviamente parere favorevole ad entrambi gli emendamenti.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. (Con il microfono disattivato). Esprimo parere conforme a quello del relatore, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Il parere del Governo è conforme. Amplifico io il parere del Ministro.

Metto ai voti l'emendamento 9.500, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 9.1000, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 9, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 10, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, le confermo che anche la sua voce arriva malissimo da questa parte, per una forma di par condicio fra Presidenza e Aula che è rispettata dai tecnici in maniera integrale.

Stiamo discutendo l’articolo 10 di questo provvedimento che non riusciamo assolutamente ad accettare per le motivazioni chiaramente leggibili che hanno improntato la condotta sia del Governo sia della maggioranza. Ancora di più, all’interno dell’articolo 10 vi è una serie di disposizioni che in qualche modo vorremmo contribuire a modificare.

In particolare, gli emendamenti 10.108 e 10.112, di cui sono primo firmatario, mirano a modificare la previsione che individua nell’ambito della magistratura contabile le cosiddette funzioni superiori giudiziaria e di controllo solamente tra quelle rese dai magistrati in servizio presso talune strutture. Tale principio non appare condivisibile, ed infatti nel disegno costituzionale la Corte dei conti, al pari del Consiglio di Stato, è una magistratura superiore nella sua configurazione unitaria. La qualificazione per entrambi gli istituti di magistratura superiore è contenuta nell’articolo 135 della nostra Costituzione.

D’altro canto, distinguere i magistrati della Corte dei conti sulla base delle concrete funzioni di volta in volta espletate, oltre che in contrasto con la predetta unitaria configurazione costituzionale, non appare condivisibile considerato che tutti i magistrati contabili da un lato sono potenzialmente idonei a svolgere qualsiasi funzione intestata all’organo, dall’altro operano un continuo avvicendamento all’interno dei collegi delle sezioni riunite.

Ebbene, proprio al fine di evitare questa anomalia sottopongo ancora una volta all’attenzione del relatore l’emendamento 10.108 che, al pari di altri che apparentemente hanno un contenuto letterale diverso, ma che sono animati dallo stesso spirito, tende ad evitare la distinzione dei ruoli all’interno della magistratura contabile, garantendo l’unitarietà della Corte dei conti. Le funzioni superiori giurisdizionali e di controllo vengono ad essere esercitate da tutti i magistrati contabili con qualifica non inferiore a consigliere, cui si accede mediante apposito concorso riservato a ben determinate categorie corrispondenti a quelle per consigliere di Stato. Il tutto con la garanzia della spesa che rimarrebbe invariata.

Immaginare, invece, un percorso all’interno del quale nella logica di gerarchizzare le magistrature si ritenga di individuare, per le funzioni superiori, soltanto quei magistrati che svolgono funzioni in determinate strutture ci sembra un criterio, oltre che discutibile da un punto di vista giuridico, anche minimale e risibile. Esso, infatti, non offre quelle garanzie rispetto all’unitarietà della Corte dei conti, alla professionalità dei magistrati e alla capacità di individuare in maniera corretta - ammesso che sia necessario - i magistrati che possono svolgere quelle funzioni superiori rientranti nella logica della proposta avanzata dal Governo e dal relatore. La nostra proposta, pur giungendo allo stesso risultato, lo fa attraverso meccanismi e percorsi garantisti dell’unitarietà della Corte dei conti e, al contempo, rispettando la professionalità specifica acquisita da tutti i magistrati.

Per questo motivo sottopongo per l’ultima volta alla valutazione del relatore la mia proposta, che non modificherebbe l’obiettivo che s’intende raggiungere, ma modificherebbe il percorso e garantirebbe il rispetto della Costituzione.

 

PRESIDENTE. Senatore Manzione, vi è un emendamento del relatore identico al suo, volto anch’esso a sopprimere il comma 2; si tratta precisamente dell’emendamento 10.800 che si trova nel fascicolo annesso.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, credo che i miei emendamenti s’illustrino da sé. In ogni caso, l’emendamento 10.800 si colloca sulla stessa linea testé illustrata dal collega Manzione. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non riesco a sentire niente. Al di là della scarsa funzionalità dell’impianto mi sia consentito esprimere un giudizio di tipo estetico: forse erano più adatti all’Aula i vecchi supporti in ottone rispetto a questi, che mi ricordano una plastica abbastanza approssimativa. Comunque, speriamo di riuscire a sentire i pareri.

Il collega in piedi dietro al relatore, che sta confabulando con la nota prima fila dei disturbatori d’abitudine, disturba i nostri lavori.

BOBBIO Luigi, relatore. C’è un vecchio detto napoletano che non cito in questo caso.

Signor Presidente, credo che l’emendamento 10.800 si illustri da sé.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, farò un’elencazione di tipo generale.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 10.100, 10.102, 10.103, 10.104, 10.105, 10.106, 10.106a e 10.107, sui quali vi è anche il parere contrario della 5a Commissione. Parere contrario altresì sugli emendamenti 10.108 e 10.109, così come sugli emendamenti 10.110, 10.111, 10.112 e 10.113, sui quali vi è il parere contrario della 5a Commissione. Esprimo infine parere contrario sugli emendamenti 10.114 e 10.115 e, ovviamente, favorevole sull’emendamento 10.500.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Immagino che sugli emendamenti 10.107, 10.108 e 10.109 vi sia il parere favorevole visto, che sono conformi all’emendamento 10.800 del relatore. Per i restanti emendamenti il parere è conforme a quello del relatore.

Chiedo scusa, ma devo dire che faccio veramente fatica ad ascoltare, non so se sia per il nuovo impianto oppure se è il mio udito che ha avuto un improvviso calo. Faccio fatica a seguire i lavori proprio per questioni di udito.

 

PRESIDENTE. Ci scusiamo per gli inconvenienti tecnici, signor Ministro.

Metto ai voti l'emendamento 10.100, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione permanente ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 10.102 e 10.103 sono improcedibili.

Metto ai voti l'emendamento 10.104, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione permanente ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 10.105, 10.106 e 10.106a sono improcedibili.

Metto ai voti l'emendamento 10.800, presentato dal relatore.

È approvato.

Risultano pertanto assorbiti gli emendamenti 10.107, 10.108 e 10.109 e preclusi gli emendamenti dal 10.110 al 10.500.

Metto ai voti l’articolo 10, nel testo emendato.

È approvato.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, le chiederei un breve accantonamento dell’emendamento 10.0.500 (testo 3) per un’ulteriore verifica di questo testo. Soltanto qualche minuto, nel frattempo possiamo procedere con gli articoli successivi.

 

PRESIDENTE. L'emendamento, pertanto, è accantonato.

Passiamo dunque all’esame dell’articolo 11, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, potrei già esprimermi sull’emendamento 11.100 del senatore Fassone…

PRESIDENTE. Che taglia la testa al toro.

BOBBIO Luigi, relatore. …perché è già regolato nella legge finanziaria, in particolare all’articolo 3. Ritiro dunque gli emendamenti 11.500 e 11.501 (testo 2).

PRESIDENTE. Quindi ha già espresso il parere favorevole sull’emendamento 11.100.

Invito pertanto il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Come ha ricordato il relatore, questa fattispecie è già stata prevista nella legge finanziaria e quindi l’articolo 11 diventa ultroneo.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 11.100, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori, interamente soppressivo dell'articolo.

È approvato.

Risulta pertanto precluso l’emendamento 11.101, mentre gli emendamenti 11.500 e 11.501 (testo 2) sono stati ritirati.

Passiamo all’esame degli emendamenti volti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l’articolo 11, che si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, vorrei avere un chiarimento in merito alla motivazione del parere contrario che la 5a Commissione ha espresso sull’emendamento 11.0.500 (testo 2) da me presentato. Infatti nella previsione di tale emendamento non vi è alcuna ricaduta in termini di spesa, posto che saremmo nell’ambito di trasferimenti su domanda, i quali non comportano alcun tipo di indennità.

 

PRESIDENTE. Senatore Bobbio, purtroppo ho ricevuto il parere contrario della 5a Commissione senza motivazione e non vedo neppure in Aula, in questo momento, il presidente Azzollini.

Poiché si tratta di un emendamento aggiuntivo, propongo di accantonarlo momentaneamente in attesa di ascoltare il presidente Azzollini, che prego gli Uffici di contattare.

Passiamo all’esame dell’emendamento 12.800 (testo 2), presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell’articolo 12.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’emendamento in esame.

BOBBIO Luigi, relatore. Il parere del relatore sull’emendamento 12.800 (testo 2) è favorevole.

CASTELLI, ministro della giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 12.800 (testo 2), presentato dal Governo.

È approvato.

Passiamo all’esame dell’articolo 13, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Esprimo parere contrario sull’emendamento 13.100 (testo 2) e favorevole sugli emendamenti 13.500 e 13.501, da me presentati.

Formulo un invito al ritiro relativamente all’emendamento 13.0.500.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 13.100 (testo 2), presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 13.500, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 13.501, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'articolo 13, nel testo emendato.

È approvato.

L’emendamento 13.0.500, sul quale è stato formulato un invito al ritiro, si intende ritirato.

Riprendiamo l’esame degli emendamenti precedentemente accantonati.

Senatore Bobbio, ritiene di voler usufruire di una sospensione tecnica di qualche minuto?

 

BOBBIO Luigi, relatore. No, signor Presidente. Anzitutto ritiro l'emendamento 3.0.100.

Penso altresì di potermi esprimere sull’emendamento 10.0.500 (testo 3), introduttivo dell’articolo 10-bis, sul quale esprimo parere favorevole.

Illustrerò tale emendamento molto rapidamente. Questa ipotesi di nuovo testo, che è il terzo proposto, in particolare nella previsione aggiuntiva all’ultima parte del primo comma, riguarda sostanzialmente l’introduzione del concetto di organo di autogoverno della magistratura contabile. L’emendamento trova ragione nell’esigenza di ricomprendere in questo articolo anche un’opportuna previsione relativa all’omologo organo di autogoverno della magistratura amministrativa.

Questa previsione adegua il criterio di elezione della relativa componente togata al principio della preferenza unica. Si tratta di un principio già vigente e non solo per l’organo di autogoverno della Corte dei conti, ma anche per il Consiglio superiore della magistratura, per effetto dell’ultima riforma del 2002. Viene introdotta in questo modo, per ciascun magistrato elettore, la possibilità di espressione di un solo voto di preferenza. Viene così, a mio avviso, eliminata quella che ormai costituisce una discrasia, ovviamente non sistematica, che residua nella sola magistratura amministrativa.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, sull’emendamento 10.0.500 (testo 3) mi rimetto alle decisioni dell’Aula.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 10.0.500 (testo 3), presentato dal relatore.

È approvato.

Colleghi, abbiamo terminato l’esame e la votazione degli emendamenti, fatta eccezione per gli emendamenti 11.0.100, 11.0.500 (testo 2) e 11.0.501 (testo 2), sui quali c’è stata una richiesta di chiarimento al Presidente della Commissione bilancio da parte del relatore.

In attesa di ottenere i richiesti chiarimenti dalla 5a Commissione, sospendo brevemente la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 17,20, è ripresa alle ore 17,35).

Riprendiamo i nostri lavori.

 

AZZOLLINI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, sono pronto ad esprimermi su una nuova formulazione dell’emendamento 11.0.500 (testo 2) che il relatore intende proporre.

Colgo l’occasione per dire che sul voto dell’articolo 8-bis erroneamente ho votato a favore mentre il mio voto è contrario, non per ragioni di merito ma connesse al parere reso dalla 5a Commissione sulla violazione dell’articolo 81.

PRESIDENTE. Sarebbe il colmo che il Presidente smentisse il parere della sua Commissione.

 

MORANDO (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORANDO (DS-U). Signor Presidente, a mia volta sono certo di essermi sbagliato nel mio voto dal momento che l’articolo 8-bis è palesemente scoperto sotto il profilo finanziario. Quindi, il mio voto è contrario e non favorevole come quello che ho erroneamente espresso.

PRESIDENTE. Onorevole relatore, il Presidente della 5a Commissione ci ha preannunciato una riformulazione dell'emendamento 11.0.500 (testo 2).

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, la riformulazione è la seguente: "1. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, si applica anche ai magistrati ordinari con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 2.

3. Dalla presente disposizione non possono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato".

PRESIDENTE. Senatore Bobbio, già che ci siamo mi può dare anche il parere sull’emendamento 11.0.100?

BOBBIO Luigi, relatore. Il parere è contrario.

 

AZZOLLINI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, sulla base dell’assicurazione da parte del relatore che nella legislazione vigente il trasferimento a domanda non comporta oneri per l’assenza di indennità aggiuntive o comunque oneri a carico della finanza pubblica, la nuova formulazione dell'emendamento 11.0.500 è conforme ai princìpi dell’articolo 81 della Costituzione.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame.

 

CASTELLI, ministro della giustizia. Posso confermare che a legislazione vigente, in forza di una previsione costituzionale, il magistrato, nei casi al di fuori di provvedimenti disciplinari, si trasferisce soltanto a domanda, e quindi non è prevista alcuna indennità di trasferimento. Pertanto patentemente questa norma dovrebbe essere a costo zero.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 11.0.100, presentato dal senatore Frau.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 11.0.500 (testo 3), presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 11.0.501 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione finale.

 

*DEL PENNINO (Misto-PRI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, annuncio il voto favorevole dei repubblicani su questo disegno di legge sulla riforma dell'ordinamento giudiziario perché apprezziamo il tentativo di introdurre norme volte a garantire criteri più rigorosi per l'accesso alla magistratura, una separazione delle funzioni tra magistratura giudicante e magistratura requirente, la tipizzazione degli illeciti disciplinari.

Non posso, peraltro, esimermi da alcune considerazioni analoghe a quelle già sviluppate in sede di discussione generale dal collega senatore Compagna. Non ritengo cioè che il complesso problema di un miglior funzionamento del nostro sistema giudiziario possa essere risolto da questo solo provvedimento, ma che occorra porre mano ad una revisione complessiva delle norme costituzionali sia per quanto riguarda i criteri di accesso alla magistratura, sia per quanto riguarda la composizione del CSM. In questo senso il senatore Compagna ed io presenteremo nei prossimi giorni un apposito disegno di legge.

Riteniamo infatti che il nostro sistema giustizia sia caratterizzato da due diversi mali: da un lato, la condizione di conflittualità dell'ordine giudiziario con gli altri poteri dello Stato, dall'altro una ormai congenita inefficienza, specie nel settore del contenzioso civile. Ma questi due aspetti, apparentemente contraddittori, hanno in realtà la stessa origine, cioè lo status della nostra magistratura.

Negli anni '50, e ancora negli anni successivi, il giovane che entrava in magistratura aveva il compito di interprete della legge. Buon magistrato era colui che forniva la lettura più fedele del testo normativo. Successivamente, a partire dagli anni '70, è stata introdotta la tesi secondo la quale l'interpretazione non è, né può essere, una semplice lettura, ma è sempre necessariamente un atto di creazione: tesi codesta che sul piano logico formale contiene ovviamente una sua parte di verità, ma che ha finito con l'aprire la strada alla possibilità per il giudice di superare gli invalicabili limiti linguistici del testo normativo.

Un processo lungo e complesso, di cui sarà interessante un giorno scrivere la storia, portò alla fine degli anni '80 alla creazione di un nuovo modello di magistratura, che si è completamente sostituito al precedente. Se questo è il punto di arrivo di un'evoluzione cinquantennale, sarebbe assolutamente illusorio pensare di spostare indietro le lancette della storia. E le stesse norme introdotte per limitare l'interpretazione creativa in questo disegno di legge non ci sembrano una soluzione del problema. Ciascuno di noi può preferire l'uno o l'altro modello di magistratura, ma sul piano pratico il passato non ammette restaurazioni. La realtà è che siamo di fronte a due modelli del tutto eterogenei, anzi opposti fra di loro, e che certi comportamenti, che sono scandalosi se raffrontati al vecchio modello della magistratura, diventano del tutto normali e conseguenti se riferiti al modello nuovo.

Indietro però non si torna.

In queste condizioni, quindi, credo che il nodo di fondo sia quello di modificare almeno parzialmente i criteri di selezione per l’accesso alla magistratura. Bisogna cioè incominciare a pensare a un sistema di elezione diretta popolare dei magistrati, almeno per quanto riguarda i ruoli dirigenti. È del resto una vecchia tesi avanzata dalla sinistra alla Costituente, dagli onorevoli Gullo e Laconi, ed è la sola soluzione che può farci superare le polemiche sulla legittimazione del ruolo interpretativo e creativo della magistratura.

Credo che questa sia una riflessione complessiva che noi dobbiamo fare. Certo, non si può pensare a una modifica radicale di tutto il nostro ordinamento giudiziario, perché sappiamo che una modifica troppo radicale può aggiungere vizi nuovi ai vecchi vizi; ma, quanto meno per quanto riguarda i ruoli direttivi, credo che questa sia una misura a cui dobbiamo seriamente pensare.

Come dobbiamo pensare a una riforma del Consiglio superiore della magistratura. Anche qui oggi assistiamo, rispetto al dibattito alla Costituente, a una strana inversione delle parti: alla Costituente fu la sinistra, in particolare gli onorevoli Togliatti e Laconi, a sostenere, con Calamandrei e Leone, la tesi di un Consiglio superiore della magistratura paritetico fra membri laici e membri togati. L’onorevole Togliatti ebbe a dichiarare che questa era una garanzia per impedire le chiusure corporative e la separatezza della magistratura rispetto agli altri poteri dello Stato. Ebbene, una riflessione sulla composizione del Consiglio superiore della magistratura credo sia qualche cosa che oggi deve essere fatta da tutti in uno spirito bipartisan.

Con il collega Compagna abbiamo pensato e indichiamo nel nostro disegno di legge una formula che era stata avanzata negli anni passati anche dall’allora ministro per le riforme istituzionali, onorevole Maccanico, cioè una composizione che ripeta il modulo della Corte costituzionale anche all’interno del Consiglio superiore della magistratura, attribuendo un ruolo di garanzia al Capo dello Stato e a quelli che saranno i membri del Consiglio superiore della magistratura da lui nominati, come elemento di equilibrio fra quelli di nomina politica e quelli eletti dai magistrati.

Ma a questo punto vi è un altro elemento che desidero sottolineare, perché fa parte del nostro dibattito di questi giorni. Nel disegno di legge, che affronteremo la prossima settimana, relativo alla riforma dell’ordinamento costituzionale, vi è una disposizione che riguarda il Consiglio superiore della magistratura. Ebbene, io credo che sia un grave errore introdurre una riformetta, una piccola modifica relativa alla nomina del Vice presidente in quella legge, perché questo significherebbe pregiudicare un più complessivo ragionamento (Richiami del Presidente) sulla riforma della composizione del Consiglio superiore della magistratura.

Credo quindi (e introduco sin d’ora questo elemento di riflessione) che sarebbe opportuno stralciare quella norma per ricomprenderla in una generale revisione delle norme costituzionali che riguardano l’ordinamento giurisdizionale. (Applausi dal Gruppo FI).

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, preannuncio il voto contrario dei senatori di Rifondazione Comunista al provvedimento al nostro esame.

Questo Governo ci ha abituati alle peggiori aberrazioni, sul piano legislativo e non solo, purtroppo. Sul tema della giustizia, poi, non c'è stato disegno di legge, proposta di riforma, che non abbia sollevato polemiche con l’indignazione di quanti hanno a cuore il tema delle garanzie, dei diritti e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

La legge Cirami, la madre di tutte le leggi vergogna, atto notorio con il quale l'attuale classe dirigente del Paese formalizzava la propria determinazione a garantire l'impunità, insieme al lungo elenco di atti che abbiamo più volte denunciato in quest’Aula, hanno fatto scempio della giustizia che sebbene necessitava di riforme, questo Governo ha inteso soggiogare ai propri interessi.

Di tutto questo, la controriforma dell'ordinamento giudiziario che ci troviamo a dover votare altro non è che un ulteriore passaggio: una prosecuzione logica della crociata del vostro "imperatore" Silvio Berlusconi, che sta portando allo sfascio le istituzioni del nostro Paese.

I vostri mostruosi disegni di legge non suscitano nemmeno più il clamore iniziale, tanto rientra ormai nel senso comune democratico del Paese la consapevolezza, che quando il Governo in carica legifera in materia di giustizia (ma lo stesso vale per le televisioni e per l'intera partita del conflitto di interessi), non solo la Costituzione subisce colpi di maglio che ne mettono seriamente a rischio la tenuta, ma la natura stessa della legge - in principio norma astratta e generale - viene stravolta in nome degli interessi particolari del Presidente del Consiglio e dei suoi più stretti "amici".

La riforma dell'ordinamento giudiziario che state per approvare è una legge che, come è già stato sostenuto, solleva numerosi dubbi di incostituzionalità.

Si tratta di un testo pervaso da un’ispirazione punitiva nei confronti della magistratura: ispirazione tanto più censurabile in quanto motivata da circostanze contingenti e dalla volontà di tutelare interessi particolari.

Nel merito, la normativa è palesemente strumentale, intesa a introdurre un assetto gerarchico, burocratico e piramidale della magistratura, funzionale al suo controllo politico: sta in questo proposito la fonte del connotato autoritario che la informa.

Lo scenario che immaginiamo, e che forse voi della maggioranza sognate, è quello di un sistema in cui i magistrati non devono pensare e tanto meno esprimere liberamente il proprio pensiero, dunque, non sono cittadini come gli altri; per di più, non possono esercitare la propria funzione, dal momento che tra loro e la legge si frappone un giudice politico che valuterà la loro attività giurisdizionale misurandone il grado di "creatività" (cioè di compatibilità con le aspettative, i desideri e gli interessi prevalenti).

L'attacco che muovete all'indipendenza e all'autonomia della magistratura non mette in discussione soltanto i diritti dei magistrati, ma anche quelli di ciascuno di noi, che rischiamo di essere sottoposti a indagini e a giudizi da una magistratura sorvegliata e richiamata all'ordine.

Non ci vuole una grande fantasia per capire che tutte queste misure obbediscono a un fine preciso: ritornare indietro di una cinquantina d’anni, riportare il nostro sistema giudiziario al periodo in cui i magistrati - rampolli della buona borghesia - erano anche politicamente omogenei alle classi dominanti e al potere politico. Nessun giudice si sognava di rompere le scatole se qualche operaio veniva schedato o ucciso dall'inosservanza delle norme sulla sicurezza nel lavoro. Nessun magistrato si intestardiva nella ricerca di fantomatiche collusioni tra mafia e politica (semplicemente perché era cognizione comune che la mafia non esisteva). E tanto meno si permetteva di indagare su presunti reati commessi da imprenditori e uomini politici.

La "battaglia" contro la magistratura è un pezzo fondamentale della guerra alle istituzioni democratiche e persegue due obiettivi fondamentali: garantire l'impunità dei potenti e trasformare il sistema giudiziario in un'arma a loro disposizione contro avversari e ostacoli di qualsiasi natura.

L'onorevole Berlusconi è persuaso di incarnare il Governo, considera che l’Esecutivo riflette la volontà della maggioranza parlamentare e crede fermamente che quest'ultima sia l'unica depositaria della legittimazione democratica. Egli pensa che nella sua persona risieda lo spirito vivente della democrazia e non tollera che altri poteri, altri organi, altre articolazioni della sfera istituzionale e della società civile attraversino la sua strada e ostacolino i suoi propositi. Ora, è indubbio che il suo Governo attraversi un momento di grave difficoltà.

Il Governo traballa, avverte la precarietà degli equilibri su cui si fonda e che considerava all'inizio saldissimi. Ma non per questo è disposto a rivedere i propri progetti, a riscrivere in termini meno ambiziosi i propri programmi. Come un giocatore disperato sceglie di rilanciare, pensando che nulla sia peggio della sua cacciata.

Il voto contrario di Rifondazione Comunista su questo provvedimento si spiega perché siamo contro questa idea, per accelerare la cacciata del Governo, e impedire lo sfascio delle istituzioni e il disastro del Paese. (Applausi dai Gruppi Misto-RC e DS-U).

 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, dichiaro il più fermo e deciso voto contrario sul provvedimento che l’Aula si accinge a votare.

Anche volendo abbandonare il pur necessario piano dei princìpi per limitarci a verificare semplicemente la futura efficienza di questo nuovo ordinamento giudiziario, signor Ministro, lei che si dichiara così attento al piano dell’efficienza sia certo che questo nuovo ordinamento giudiziario non funzionerà. Questo perché ha disegnato un magistrato piccolo piccolo, preoccupato soltanto dei suoi titoli per gli esami e altresì di non incorrere in provvedimenti disciplinari anche per fatti attinenti all’esercizio dei suoi diritti costituzionali.

Non funzionerà perché il magistrato sarà distratto dai suoi normali incombenti da un tour de force di esami assolutamente dissennati. Non funzionerà, perché disegna una struttura della magistratura verticistica, apicale, quando la Costituzione vuole divisioni soltanto per funzioni.

Non funzionerà, signori senatori - e ognuno di questi non funzionamenti, da persona che sta sul campo da quarant’anni, è per me una sofferenza fisica prima che un’opposizione politica -, perché con la separazione delle carriere voi avrete un pubblico ministero che perderà la cultura della giurisdizione e sarà pericolosissimamente vicino al potere esecutivo. Non funzionerà perché anche qui una rotazione senza senso, dissennata, degli uffici creerà riserve di posti e quindi una dislocazione di forze in punti vuoti che non consentirà un funzionamento dell’amministrazione della giustizia.

Ancora, non funzionerà perché avete attivato una Scuola della magistratura che non ha una direzione e, come Arlecchino "servitor di due padroni", sarà un Arlecchino "servitor di sei padroni": dovrà chiedere sei pareri a sei enti distinti e diversi e perciò non funzionerà.

Non funzioneranno i consigli giudiziari, perché voi li avete demagogicamente aperti ai rappresentanti dei Consigli regionali, ai rappresentanti dell’Avvocatura e dell’università, che però avranno una funzione esornativa, non pratica e quindi di nessuna utilità.

Non funzioneranno le procure militarizzate e gerarchizzate, dove il sostituto sarà appunto destituito di poteri autonomi; e se non funzionano le procure voi non risponderete all’esigenza di prevenzione e repressione dei reati che nasce e sale dal Paese. Voi non potete creare delle procure che non funzioneranno e dire poi che siete accanto alle vittime dei reati. Fare questo è una contraddizione in termini.

Ancora, non funzionerà il procedimento disciplinare. Guardate che il fatto di prevedere un procedimento disciplinare a fronte della mera adesione ad un movimento politico è gravissimo; mera adesione - ripeto - ad un movimento politico, anche sacrosanta.

Voi che siete tanto pronti a parole a rivendicare la libertà di pensiero create una categoria che non ha più pensiero, non ha più vita. Voi svuotate di contenuto queste persone, perché in realtà voi non state facendo un ordinamento giudiziario, voi state compiendo una vendetta. Questo è il punto fondamentale. Voi state creando una categoria che non ha più dignità, perché se io non posso neanche più firmare un appello contro la pena di morte non ho più dignità.

Voi state creando una categoria che sarà presto deserta, perché nessuno potrà accettare di essere sottoposto a procedimento disciplinare quando espone le sue idee e le espone davanti alla collettività attraverso un giusto esercizio dei suoi diritti politici.

Allora, se è così, se guardando a un anno e otto mesi di lavoro debbo constatare che il Governo e la maggioranza hanno cambiato idea tantissime volte, talora anche in forza di rilievi dell’opposizione (e questo cambiamento di idee dimostra che avete idee assai poco chiare), il punto di arrivo è che non avete migliorato di un ette il punto di partenza.

Voi create un ordinamento giudiziario che rappresenta lo sfascio totale delle strutture giudiziarie, quelle strutture giudiziarie che sono necessarie per il Paese, perché senza di esse non può esserci recupero dei risarcimenti per le parti offese; senza processi non c’è recupero di quel patto sociale rispetto a chi metta in atto una violazione del patto sociale stesso e merita comunque di avere un giusto processo. Voi avete dissestato, state dissestando e vi accingete a dissestare. Per fortuna, secondo i tempi, il vostro dissesto incomincerà molto vicino al maggio 2006: è l’unica nota consolatoria che abbiamo in questo momento!

Il popolo italiano sarà il primo ad essere penalizzato da tale riforma, perché i processi saranno più lenti, perché l’inefficienza aumenterà e voi annullerete questa macchina, che già stenta oggi a funzionare, fermandola per sempre. Siamo certi che il popolo italiano, che è poi l’unico riferimento e che sarà certamente penalizzato da tutto ciò, quando forse non sarà ancora entrata in vigore la presente legge vi risponderà con lo stesso fermissimo no che io, personalmente e a nome del mio Gruppo, vi rispondo in questo momento. (Applausi dai Gruppi Verdi-U e DS-U e del senatore Sodano Tommaso).

 

TIRELLI (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIRELLI (LP). Signor Presidente, come talvolta si dice, tanto tuonò che piovve! Dopo due anni e mezzo di temporali e di sommovimenti in cielo (ma non solo), finalmente, anche se non ci troviamo dinanzi ad un acquazzone vero e proprio, i tuoni hanno partorito una pioggerellina che è ancora poco intensa, ma rappresenta tuttavia un inizio.

Condividiamo la proposta di legge che spero passerà il vaglio del Senato quest’oggi, anche se vi sono aspetti su cui abbiamo discusso. Il mio Gruppo è contento che si affronti la gestione dell’ufficio della procura in un modo che, anche se demonizzato dall’opposizione, rende finalmente responsabile il procuratore capo dell’azione penale dotandolo di mezzi (cioè la scelta dei sostituti) che gli permettano di gestire l’ufficio e di assumerne la responsabilità.

Si tratta di una sistemazione che è stata condivisa anche dall’opposizione, viste le votazioni che si sono succedute, soprattutto in riferimento all’articolo che riguarda la maggiore efficienza dell’ufficio del giudice, accompagnandolo con professionalità che gli permettano di concentrarsi sul lavoro di tipo più qualificato, avendo alle spalle il lavoro preparatorio svolto dagli assistenti.

Sono particolarmente contento dell’articolo 7, che condividiamo completamente. Infatti, al di là di quanto è stato paventato nelle valutazioni dei colleghi della minoranza, vogliamo che la figura del giudice, del magistrato, sia al di sopra di ogni sospetto. È pur vero che ciò vale in tutti i campi: qualsiasi professionista deve avere una immagine che lo renda, anche all’apparenza, garante delle proprie prestazioni. Ma mentre il comune cittadino può cambiare un professionista rivolgendosi ad un altro quando vuole, la Costituzione prevede che nessuno possa essere distolto dal giudice naturale predeterminato per legge.

Da ciò scaturisce l’esigenza che un cittadino, che si trova di fronte ad un magistrato di cui non accetta l’immagine pubblica o la cui immagine pubblica non lo tranquillizza, sia comunque garantito dalla legge, dal Parlamento, il quale con le sue iniziative legislative ha il dovere di tranquillizzare il cittadino. Per questi motivi siamo favorevoli all’articolo 7 e non pensiamo che esso sia foriero di disgrazie, come previsto da qualcuno.

Finalmente, in questa giornata, arriviamo all’obiettivo dell’attesa riforma. Certo, abbiamo avuto qualche problema. Ci sono state discussioni all’interno della maggioranza, nella quale vi è stato qualche mal di pancia, soprattutto di chi è più vicino, legittimamente, ai magistrati.

Presidenza del vice presidente DINI

(Segue TIRELLI). Il senatore Fassone, dal canto suo, ha puntualmente ipotizzato che l’approvazione del disegno di legge in esame comproverebbe una mancanza di interventi adeguati. Il collega Zancan, che ora non vedo, si è stracciato le vesti prefigurando scenari apocalittici, con aule dei tribunali trasformate in gironi da inferno dantesco, previsione che onestamente non mi sento di avallare. Ma il collega Zancan ci ha abituato a queste fosche previsioni, che per fortuna non si avverano mai.

C’è stato qualche ripensamento. Lo stesso Ministro ha dovuto mettere da parte il suo cuore rivoluzionario e adattarsi non dico a dei compromessi, ma a dei cambiamenti di direzione che hanno reso possibile una larga convergenza della maggioranza sul provvedimento.

Anche noi della Lega Padana abbiamo messo da parte le nostre ansie rivoluzionarie e con volontà ci siamo seduti per risolvere questo problema. Qualche mal di pancia c’è stato, ma come diceva Jerome K. Jerome "a nessuno viene il mal di mare stando a terra". A qualcuno sarà anche venuto un po’ di mal di mare, ma finalmente siamo in navigazione, finalmente affrontiamo una stagione di riforme - devo dire per la prima volta - che è il motivo per cui l’elettorato ci ha mandato qui quasi tre anni fa.

Spero che questo sia solo l’inizio e mi auguro che questa riforma non sia l’ultima. E' solo una delle riforme necessarie (e spero venga presto portata a termine), è solo un preambolo a riforme ben più importanti che stiamo affrontando in questo momento. Non è una colpa fare le riforme, come afferma qualcuno, bensì il nostro compito, quello che ci hanno indicato gli elettori, e se veniamo meno a tale compito commettiamo come minimo - per stare in tema - il reato di omissione di atti di ufficio.

Per tali motivi siamo favorevoli al disegno di legge in esame. (Applausi dal Gruppo LP e del senatore Compagna).

 

CALLEGARO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALLEGARO (UDC). Signor Presidente, signor Ministro, l’ordinamento giudiziario è vecchio di circa sessant’anni. Sono cambiati i tempi, sono cambiate le istituzioni, sono cambiati soprattutto gli uomini, quindi la riforma era urgente e improcrastinabile. Da una certa parte, da quella parte, si sono uniti senza conoscersi, convivono senza amarsi, sono tenuti insieme da un unico collante, quello di essere sempre e comunque contro: intanto siamo contro, poi una motivazione si troverà. Di questo passo però credo che prima o poi si divideranno senza nemmeno rimpiangersi.

Da questa parte, dalla mia parte, si è peraltro continuato per troppo tempo a sfiorare delle certezze senza mai toccarle. Ora finalmente una scelta è stata fatta. La si è proposta al dibattito dappertutto, attraverso i media, nelle Commissioni e ora in Aula. Si potrà essere d’accordo su alcuni punti, si potrà dire che vi sono delle lacune, però sulle regole fondamentali bisogna assolutamente concordare. Sul principio dell’assoluta divisione dei poteri occorre essere d’accordo. Non si può cedere per nessun motivo.

Chi scalpita di fronte ad ogni proposta, tirando in ballo l’indipendenza della magistratura, deve anche rendersi conto che non si può cadere nella dipendenza dalla magistratura. Tutti i problemi sulla separazione delle carriere, sulla terzietà dei giudicanti, sui limiti dell’interpretazione delle leggi sono nati proprio da uno sconfinamento dell’ordine giudiziario nel territorio del potere legislativo.

Finalmente siamo di fronte ad un disegno di legge organico, che contempla un po' tutto ciò che riguarda la magistratura, a cominciare dall'accesso. A questo proposito, vi sono numerose novità. Ad esempio, non ci si accontenta più di una preparazione meramente teorica e nozionistica, ma si pretende dal candidato anche una preparazione pratica, concreta.

Inoltre, si passa alla progressione di carriera abbandonando quell'automatismo che tanti danni ha prodotto. Proprio nella discussione generale un collega (se non erro, il senatore Zancan) ha ricordato che, quando era un giovane avvocato, si presentò davanti alla porta dell'ufficio di un magistrato chiedendo di poter parlare con lui; l'usciere, però, gli disse di lasciar stare perché il magistrato stava studiando, facendo quindi intendere che non andava disturbato.

Se devo essere sincero, preferisco un magistrato che sia occupato a studiare, a prepararsi per un concorso, piuttosto che un magistrato che non è presente - come è capitato e come capita ancora - perché è andato a sciare, a giocare a tennis o perché impegnato in altre amene occupazioni. Una carriera automatica porta proprio ad una mancanza di interesse, di sprint, di incentivo: tanto basta invecchiare e la carriera è assicurata!

Ora farò solo qualche breve accenno ad alcuni temi particolari, dei quali si è molto parlato.

In merito alla separazione delle funzioni fra magistrati requirenti e giudicanti, non capisco il motivo di tanto stupore, dal momento che si tratta semplicemente di attuare la filosofia del nuovo codice di procedura civile del 1987 e delle modifiche apportate nel 1989 all'articolo 111 della Costituzione. Il pubblico ministero è una delle due parti; è il capo della polizia giudiziaria. Il giudicante, invece, deve essere terzo, al di sopra delle parti, deve avere uguale distanza dalle parti stesse. A mio avviso, ciò non mortifica l'indipendenza della magistratura, anzi la esalta. L'autonomia della magistratura, poi, è una garanzia per tutti i cittadini.

Si è discusso anche in ordine al tema dell'interpretazione creativa, ma nel merito l'ultimo emendamento presentato dal relatore ha eliminato ogni discussione, così come un altro emendamento del relatore ha fatto cadere ogni discussione in ordine al problema della tipicizzazione degli illeciti disciplinari, riguardante l'appartenenza a partiti o ad altri equivalenti raggruppamenti o movimenti. Per la verità, è un po' superficiale affermare che il magistrato è un uomo come tutti gli altri e che, quindi, ha il diritto di avere proprie idee, un proprio modo di pensare e di vedere le cose.

Tutto ciò è vero, però dobbiamo sempre tenere presente che l'esigenza non è tanto quella di difendere i diritti dei magistrati, quanto quella di difendere i diritti dei cittadini. Un cittadino in procinto di essere giudicato da un magistrato che qualche giorno prima ha partecipato ad un corteo o si è schierato in una manifestazione può quantomeno avere la tremarella, perché sa che avrà di fronte un giudice non imparziale, non al di sopra delle parti, non equidistante dalle parti. Infatti, partecipando a quel corteo o a quella manifestazione, il magistrato ha già espresso le proprie idee.

Si è parlato, infine, di gerarchizzazione della procura, di ritorno all'antico e di regresso. Chiedo, però, se si preferiscono l'unicità e l'efficienza dell'ufficio di un pubblico ministero a quegli spettacoli che ci hanno propinato determinate procure, come ad esempio quelle di Palermo, Napoli, Messina e Brescia. Senza alcun dubbio, io opto per l'unicità e l'efficienza dell'ufficio del pubblico ministero.

Sono questi sostanzialmente gli aspetti più discussi, sono però anche quelli che hanno toccato di più l'opinione pubblica. È inutile negare che quest’ultima sta attraversando un periodo di scarsa fiducia nei confronti della magistratura. Svolgo da quarant'anni la professione di avvocato e ricordo benissimo i tempi in cui il magistrato era portato da tutti in palmo di mano, in cui del magistrato si aveva il massimo rispetto perché da lui usciva, se non la verità, una certa approssimazione di verità, se non la giustizia, una certa approssimazione di giustizia.

Oggi, purtroppo, non è più così. Il disegno di legge in esame tenta di riportare nella pubblica opinione tranquillità e fiducia nella magistratura, la convinzione che la magistratura è la garanzia di tutti i cittadini.

Considero pertanto epocale il provvedimento che stiamo per votare e quindi l’UDC lo voterà con convinzione, sperando che abbia vigore per tanto tempo quanto lo abbiamo atteso. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).

 

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo circa due anni chiudiamo la discussione di un provvedimento particolarmente impegnativo, uno dei disegni di legge più di sistema licenziato in questa legislatura dal Senato. È un provvedimento che porta in sé le tracce della fatica perché, leggendolo, sembra di vedere la stratigrafia di una città antica, con tutti gli strati delle distruzioni successive e della edificazione finale.

Dentro questi diversi gradi di lettura abbiamo tutta la contingenza di uno scontro politico e di preoccupazioni eminentemente politiche: non politiche per il funzionamento della giustizia ma per i rapporti tra il potere esecutivo e il potere giudiziario. Ne è venuta fuori una legge scritta in modo molto macchinoso; lo ammetteranno anche i colleghi della maggioranza: si fa molta fatica a orientarsi in queste norme e a cogliere - se non fosse per il dibattito di due anni - il filo logico che accomuna orientamenti e princìpi. È un provvedimento scritto male e in genere si dice che chi scrive male non pensa bene. È un provvedimento pieno di rimandi e di non detti, come abbiamo cercato di dimostrare e di ricordare con alcuni riferimenti specifici nel corso del dibattito sia in Aula sia in Commissione.

Torno su quello che considero l'architrave interpretativo della discussione e della legge. Sono stati dichiarati buoni princìpi ma ne è sortita una legge che non rispetta quei princìpi. La maggioranza ha indicato obiettivi al Paese, spesso condivisibili, ma ha fatto una legge che tradisce quei princìpi. Nessuno di noi si sarebbe tirato indietro, lo abbiamo detto ripetutamente, di fronte alle esigenze di avere una giustizia più imparziale, di avere magistrati più preparati e più responsabili, di avere una tipizzazione degli illeciti disciplinari, di avere una magistratura meno esposta alle possibilità della politicizzazione dei propri interventi e delle proprie decisioni.

Tuttavia, questi obiettivi condivisibili sono stati inseguiti formalmente producendo spaccature successive all’interno del Parlamento, ma anche tra il potere politico e la stessa magistratura, tra il Governo e la stessa magistratura, perché l’applicazione pratica di questi enunciati nella legge è traditrice.

Credo che questo ci aiuti un po’ a leggere in filigrana quello che stiamo facendo. Da un lato, si dice - ci è stato detto anche qui - che, contrariamente alle previsioni apocalittiche dell’opposizione, il Consiglio superiore della magistratura oggi funziona benissimo, che non ce n’è mai stato uno così efficiente: così efficiente che gli si sottraggono dei compiti e delle funzioni, così efficiente che si decide di intervenire sull’architettura costituzionale, perché questa è una legge che intacca alcuni lineamenti della nostra Costituzione, sottraendo delle funzioni al Consiglio superiore della magistratura per trasferirle altrove. Il Consiglio superiore della magistratura è un organo di rilevanza costituzionale che risulta impoverito da questa legge a vantaggio di altri luoghi dentro i quali si produce giurisdizione.

Si sostiene di volere una giustizia meno politica, però vi invito a cogliere questa costante, cari colleghi: avete mutato le proporzioni nel Consiglio superiore della magistratura a vantaggio della componente politica, avete introdotto con questa legge nei consigli giudiziari una componente di nomina politica, nella prossima riforma costituzionale che riguarda la Corte costituzionale vi accingete ad allargare ancora la quota di nomina politica.

Vi è, cioè, il rifiuto a parole della magistratura che obbedisce a dei convincimenti politici, ma sicuramente c’è il perseguimento organico, lineare di una magistratura che venga governata da organi nei quali la componente di nomina politica tende ad allargarsi, dai consigli giudiziari fino alla Corte costituzionale. Questo che cos’è? È indipendenza della magistratura dalla politica? Credo che debba comunque essere spiegato perché chi propone di spoliticizzare la magistratura continua ad aumentare negli organi di governo della magistratura la quota di nomina politica. Questo è un bel mistero e ci torno.

Come è un bel mistero la vostra bocciatura di un nostro emendamento che tendeva a rompere definitivamente i rapporti tra l’attività politico-partitica e l’attività giudiziaria. Continuo a chiedere per quale ragione un magistrato che entra in politica, prende parte alle campagne elettorali e fa lotta politica per dieci o per quindici anni può tornare tranquillamente a fare il magistrato. È un emendamento che abbiamo presentato e che è stato bocciato da coloro stessi che sostengono che pure l’apparenza deve essere salvaguardata. Mi domando un cittadino, di fronte a un ex uomo di partito quale apparenza di imparzialità può nutrire al proprio interno, scusate. Sono decisioni che sono state prese qui dentro. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

Allora, i princìpi ai quali ci ispiriamo quali sono? Quali sono questi princìpi di efficienza?

L’efficienza è stata cercata poco con questa legge, perché gli obiettivi che si intendevano perseguire potevano essere indicati con una legge che non toccasse i princìpi e i lineamenti costituzionali, potevano essere ricercati con una legge che non inficiasse l’unità funzionale di coloro che amministrano la giurisdizione così come accade, per esempio, con il doppio accesso alla magistratura con il doppio concorso. Sarebbe stato anche importante, credo meritorio, da parte della maggioranza sostenere che esistono percorsi di formazione professionale distinti tra coloro che esercitano funzioni distinte, ma il doppio accesso significa ratificare non l’unicità della funzione del magistrato ma la doppiezza, la duplicità della funzione.

A me pare, ancora, che la struttura gerarchica come è stata indicata non farà che rallentare il funzionamento della giustizia. Mi ha colpito, signor rappresentante del Governo, vedere all’inaugurazione dell’anno giudiziario che gli esponenti del Governo sono stati costretti a leggere un discorso messo tra virgolette a nome del Ministro; forse lei non l’ha fatto ma il rappresentante del Ministero sì. Mi ha colpito vedere gli "ambasciatori" del Ministro di fronte ai magistrati non poter esprimere i concetti del Ministro con le loro parole ma dover leggere un documento tra virgolette. Ebbene, in quel documento letto tra virgolette era indicata la priorità dei problemi della giustizia oggi: al primo posto i rapporti tra potere legislativo e potere giudiziario, al secondo posto il tempo dei processi.

Io avrei avuto almeno il pudore di invertire la priorità e di dire che il primo problema in Italia è il tempo dei processi e che la riforma della giustizia deve provvedere anzitutto a fornire una giustizia equa e veloce ai cittadini. Ma non è questo visibilmente l'obiettivo prioritario di questa legge, che obbedisce a quella priorità che è stata candidamente enunciata dal Ministro all'inaugurazione dell'anno giudiziario. E noi, allora, stiamo operando con questa legge all'interno di un clima che non è incoraggiante. Non è vero che l'opposizione ha detto sempre dei no; io credo che l'opposizione abbia cercato di esprimere una sua cultura dentro questo lungo dibattito, proponendo, facendo emendamenti e cercando di esprimere un bisogno vero di mutamento dell'ordinamento giudiziario.

Vedete, quello che ci distingue, e che rappresenta poi il vero discrimine, è tra coloro che pensano che una riforma della giustizia non si possa fare avendo un timore referenziale nei confronti delle opinioni dei magistrati e coloro che invece non solo non vogliono avere alcun timore referenziale, ma sono animati da spirito punitivo nei confronti dei magistrati. C'è un abisso tra non avere timore referenziale ed essere animati da uno spirito punitivo!

Questa è una legge che purtroppo incarna lo spirito punitivo, ed io non credo che produrrà delle conseguenze apocalittiche, perché questa democrazia ha dimostrato di avere i suoi anticorpi, ma sicuramente non farà migliorare il funzionamento della giustizia; essa indica un cattivo atteggiamento del potere politico nei confronti delle proprie responsabilità di Governo e nei confronti del principio di indipendenza della magistratura, indica una sottovalutazione nei fatti da parte del Parlamento di quelli che sono i problemi più urgenti della giustizia. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U. Congratulazioni).

 

MUGNAI (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUGNAI (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, quella che ci accingiamo a votare non è affatto una riforma contro la magistratura, come surrettiziamente si è cercato di far credere, ma, nell'interesse di tutti i cittadini, è volta al recupero dell'efficienza del sistema giustizia attraverso un ordine giudiziario che operi rigorosamente nel solco della Costituzione.

Non sono affatto in discussione, cari colleghi, indipendenza ed autonomia della magistratura; semmai si sono volute e dovute correggere quelle derive ideologiche e quelle eccessive dilatazioni dei ruoli, primo fra tutti quello del Consiglio superiore della magistratura, che hanno determinato delle distorsioni nel sistema giudiziario ormai non più tollerabili dal corpo sociale. Negare che nel Paese vi sia un diffuso senso di distacco tra i cittadini e i magistrati, un radicato senso di sfiducia verso il sistema giustizia, sarebbe l'ipocrita negazione di un dato di fatto di amara, generale consapevolezza. E non vi è dubbio che l'attuale insoddisfacente assetto dell'ordinamento giudiziario, da tutti riconosciuto, abbia pesantemente contribuito a determinare tale situazione. Ci avviamo, tra l'altro, verso uno spazio giudiziario comune europeo. Ed ancor più necessaria si appalesa, quindi, la riorganizzazione della macchina della giustizia.

La riforma dell'ordinamento giudiziario vuole dare una risposta soprattutto all'aspetto strutturale della crisi di tale settore, affrontando il nodo legato in senso ampio alla professionalità dei magistrati attraverso la riforma dei criteri che regolano l'ingresso in carriera, la separazione delle funzioni, la professionalità dei magistrati, la loro progressione in carriera. E quale modo migliore, onorevoli colleghi, per farlo se non combattere il falso mito dell'automatismo delle carriere ed il pernicioso vizio dell'eccesso di autoreferenzialità, con le derive corporative che ne sono discese e ne discendono e quegli eccessi di autonomia individuale, stigmatizzati, peraltro, dallo stesso relatore di minoranza, laddove ha convenuto sulla necessità di un robusto codice deontologico quale antidoto a questo preoccupante fenomeno.

Ed è in questo solco virtuoso che si collocano, quindi, i pilastri della riforma incentrati: sulla formazione, attraverso l’istituzione di un’apposita scuola, limitando così l’autoreferenzialità del Consiglio superiore della magistratura e, purtroppo, della magistratura tutta; sulla progressione in carriera, legata al merito e regolata dal meccanismo dei concorsi, l'unico che può ragionevolmente garantire l’indispensabile rispetto di tale fondamentale principio, escludendo decisioni discrezionali troppo spesso legate a logiche del tutto indipendenti dalle qualità del candidato. E ciò senza pregiudizio per l'attività dello stesso candidato, anzi di stimolo alla stessa, venendo infatti esaltata la formazione ottenuta attraverso il lavoro; sulla separazione delle funzioni requirente e giudicante fin dalla fase iniziale, attuata mediante distinti concorsi e precise regole per il passaggio da una funzione all'altra, che, nel rispetto del dettato costituzionale, esalta quel principio di terzietà del giudice che costituisce il cardine di un sistema giudiziario degno di tal nome, contribuendo tra l’altro sensibilmente a ricostruire un clima di fiducia nel rapporto tra cittadini ed amministrazione della giustizia; infine, sulle disposizioni in materia disciplinare, che hanno quale unico scopo - lo sottolineo - quello di tutelare il primario diritto del cittadino ad essere giudicato da un magistrato formalmente e sostanzialmente imparziale senza conculcarne l'indispensabile attività interpretativa, ma evitando che travalichi in altra funzione, sia essa legislativa che amministrativa.

Ed al riguardo, onorevoli colleghi, non possono esservi equivoci se vogliamo un magistrato che sia esclusivamente il fedele applicatore della legge.

Forse questa riforma non risolverà tutti problemi, ma certamente è un passo avanti quasi epocale rispetto al nulla che abbiamo ereditato e all’inerzia di chi ci ha preceduto. Quindi, convintamente Alleanza Nazionale la voterà. (Applausi dai Gruppi AN e UDC e del senatore Salzano).

 

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro il voto contrario del Gruppo Democratici di Sinistra-l’Ulivo.

Il disegno di legge in questione reca la data del 29 marzo 2002. Sono passati da allora quasi due anni di confronto serrato e corretto, rispettoso, maturo su taluni punti e su taluni princìpi; due anni nei quali molte delle nostre tesi, delle nostre proposte sono state prese in considerazione, ma i punti cruciali, critici per noi, non si sono scalfiti.

Voi, signori del Governo e della maggioranza, avevate di fronte un’occasione che non è iperbolico definire storica. Storica perché pretesa dalla VII disposizione finale della Costituzione e perché attesa da oltre mezzo secolo.

Potevate e dovevate metter mano a uno statuto della magistratura nel suo complesso, ordinaria e onoraria, in tutte le figure frastagliate che sono emerse negli ultimi lustri: non l’avete fatto.

Potevate e dovevate partire soprattutto dallo stato di sofferenza oggettiva dell’amministrazione della giustizia e dei cittadini che ad essa sono costretti a rivolgersi per agire non sul modello processuale, ma sul comportamento degli operatori, attraverso quella costruzione di valori simbolici che è lo sfondo costante di una legge di grande respiro come questa: non l’avete fatto.

Potevate e dovevate far comprendere che l’indipendenza della magistratura è indipendenza del giudicare, ma è responsabilità nel gestire il lavoro del giudizio, valorizzando quella cultura dell’organizzazione che sta faticosamente diffondendosi tra i magistrati: non l’avete fatto.

Potevate e dovevate far diventare carne e sangue della magistratura non la categoria della soggezione, ma le conquiste culturali del rito accusatorio, che ha trasformato il processo da riaffermazione dell’ordine giuridico violato a conflitto tra tutela della società e diritti di libertà.

Potevate e dovevate sottolineare la cultura delle regole e non del risultato e invece avete avviato una separazione delle carriere di fatto che a questo porterà.

Tutto questo dovevate fare e invece cosa avete fatto? Meritocrazia, controllo, censura: questi sono i tre cardini della riforma. Meritocrazia su un merito inteso in modo distorto; controllo come orientamento di un’indipendenza che in qualsiasi modo la si riguardi è comunque attenuata; censura su ciò che il magistrato può e deve fare al di fuori dell’esercizio della professione.

Certo, molte delle nostre osservazioni sono state prese in esame e ne avete fatti di passi indietro: la scuola presso la Cassazione non c’è più; non ci sono più le commissioni per l’avanzamento in Cassazione formate all’interno di una rosa presentata dal Ministro; i concorsi per titoli ed esami sono stati edulcorati; il vicario in procura rappresenta, in fondo, quell’aggiunto che abbiamo ripetutamente sollecitato; l’interpretazione creativa è saltata; la partecipazione ad attività lato sensu politiche è stata ridimensionata. Dico tutto ciò non per un revanscismo che sarebbe infantile, ma perché ciò dimostra che questa legge era nata con intenti punitivi che si sono scontrati con il senso della realtà, con il limite della Costituzione e - se mi è consentito - anche con la fermezza della nostra opposizione.

Cosa è rimasto nonostante questi passi indietro? I punti critici di cui ho parlato: la concorsualità sulla quale non tornerò, se non per affermare che, al di là della sottrazione di energie nel lavoro giudiziario, che sarà comunque inevitabile, al di là del fatto che misurerete, nonostante gli emendamenti del relatore, quello che il giudice sa e non quello che fa, avete ricondotto il testo ad una riproposizione di una gerarchia implicita contraria all’articolo 107 della Costituzione.

Abbiamo impiegato trent’anni per cercare di capire e far capire che il giudice d’appello non è un giudice superiore, ma successivo. Avete ribaltato questa concezione faticosamente assunta. Avete introdotto una struttura gerarchica e monarchica dell’ufficio del procuratore della Repubblica, dimenticando proprio quei valori simbolici che si accompagnano a riforme di questo tenore. Mi permetta, signor Ministro, di leggere poche righe di uno studioso profondo degli ordinamenti giudiziari, il Damasca. Egli afferma che quando il pubblico ministero è inquadrato in una piramide di potere statale chiaramente non potrà calzare lo stesso paio di scarpe che porta l’imputato; anche il pubblico ministero di livello meno elevato ha legami con il centro del potere statuale. Il cittadino, in una contesa che voi e noi abbiamo sempre ritenuto debba essere paritaria (l’uguaglianza delle parti), non si troverà più di fronte un alto dignitario dello Stato, ma il potere nella sua interezza, attraverso la filiera del sostenuto, del capo e del capo nominato attraverso il concerto con il Ministro. Anche questo non è positivo.

Infine, l’ultimo baluardo sul quale siamo riusciti a incidere solo minimamente - purtroppo - e che giustifica, quindi, la nostra forte opposizione è quello della limitazione delle libertà politiche del magistrato. Molto è già stato detto e non tornerò sulla diatriba partiti, movimenti e quant’altro. Mi sia consentito però leggere poche righe che riguardano un suo predecessore, signor Ministro. Il 6 giugno 1944 il primo Guardasigilli dell’Italia liberata emanava la circolare n. 285 che lei, signor Ministro, potrà trovare nei suoi archivi. Essa rimuoveva il divieto per i magistrati, introdotto dal regime fascista, di pubblica professione di fede politica e di iscrizione ad associazioni o a partiti politici. In essa si affermava che la partecipazione alla vita politica è un dovere civico; che sarebbe un privilegio odioso per i funzionari dell’ordine giudiziario contrastare loro l’adempimento di questo dovere, limitando a priori nei loro riguardi l’esercizio dei diritti politici al semplice atto del dare il proprio voto alle elezioni. Questo Ministro si chiamava Arangio Ruiz ed era di specchiata fede liberale.

La legge - come ho detto e credo fermamente - è creazione di valori simbolici, e i valori simbolici che usciranno da questo ordinamento sono pesantemente negativi. L’effetto di questa riforma, signor Ministro, non sarà né un giorno in meno nella durata dei processi né un errore giudiziario in meno né un grammo in meno del pesante disservizio della giustizia.

Sarà semplicemente una magistratura un po’ più tecnica e un po’ meno indipendente; un po’ più conformista e burocratica e un po’ meno coraggiosa, quel coraggio che tutti chiediamo quando pretendiamo l’esposizione della medesima nel contrasto alla criminalità organizzata e terroristica; sarà un po’ più intimidita e un po’ meno convinta di quel principio al quale io ho sempre prestato grandissima fede, e cioè che in questo mestiere fare molto di più del proprio dovere è esattamente il proprio dovere. Molti oggi lo praticano, molti di meno lo praticheranno domani.

Per questi motivi e per molti altri che l’economia di tempo non mi consente di riprendere, confermo il voto negativo del nostro Gruppo. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com e Misto-RC. Congratulazioni).

 

ALBERTI CASELLATI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTI CASELLATI (FI). Signor Presidente, signori senatori, Forza Italia voterà questa legge di riforma dell’ordinamento giudiziario convinti come siamo che essa costituisca un passo importante e fondamentale, certamente non il solo, certamente non l’unico verso la soluzione della crisi della giustizia; una crisi che ingenera sfiducia nelle istituzioni e che può condurre i cittadini all’idea che si possano percorrere ipotesi alternative rispetto ai tracciati della legalità.

Una riforma che riguarda ogni aspetto dell’attività del magistrato: la vita, l’organizzazione, l’accesso come reclutamento, la carriera legata al merito e non ad automatismi temporali, la funzione requirente e giudicante. Una riforma che si presenta necessaria perché l’attività giurisdizionale oggi incide sempre di più sull’aspetto dei rapporti non solo giuridici, ma anche sociali ed economici del cittadino e quindi contribuisce a definire la democrazia.

L’importanza e la delicatezza del ruolo del magistrato ci impongono quindi di rispondere ad una domanda: ma quale magistrato noi vogliamo? Attraverso la riforma noi abbiamo tentato di definirlo e caratterizzarlo: un magistrato indipendente ed autonomo, imparziale, adeguatamente formato, professionalmente capace. Un magistrato che, in definitiva, fornisca ai cittadini una risposta efficiente e tempestiva.

Contro questa riforma vi è stata la consueta levata di scudi di parte della magistratura, sostenuta dall’opposizione, fondata unicamente sulla consueta rivendicazione della propria indipendenza e della propria autonomia che sarebbero state lese dalle modifiche apportate dal nuovo testo.

Non vi è stata, neppure per un attimo - e ce la saremmo aspettati - una riflessione costruttiva per così dire interna sulla condizione della giustizia italiana, su eventuali diverse modalità organizzative per rendere più efficiente il lavoro, sul triste primato di essere il Paese che ha subìto il maggior numero di condanne da parte della Corte di giustizia europea per l’elefantiaca lentezza dei processi, una lentezza che finisce per condurre ad una giustizia negata.

Neppure per un attimo si è considerato che, così amministrata, la legge non è uguale per tutti e che la giustizia diventa fonte di inaccettabili diseguaglianze fra i cittadini che colpiscono i più deboli economicamente, perché non tutti si possono permettere di affrontare i costi di un contenzioso che si protrae per anni.

Si è analizzato il problema giustizia e la riforma riducendola ad una questione di status del magistrato, di tutela di prerogative, di difesa di poteri supremi, ma in questo modo si squilibra il dibattito perché si allontana la giustizia dal cittadino, si crea una barriera tra cittadini ed istituzioni incidendo sullo stesso concetto di democrazia.

Noi crediamo che questo sia il grande equivoco che mina il dibattito sulla giustizia e sulle riforme. Ogni qualvolta si parla di giustizia e di riforma della giustizia si sente ripetere il solito ritornello, ormai ciclicamente da quarant’anni, che si vuole attentare all’autonomia e all’indipendenza dei magistrati, ma non c’è niente di più falso. Nessuno vuole toccare l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati.

Ma è necessario capire che l’interpretazione della legge non può produrre sentenze creative e che l’autonomia e l’indipendenza trovano il loro limite e il loro confine nella legge.

La magistratura non è libera nella scelta di valori e degli interessi da tutelare come se fosse una sorta di terza Camera, ma deve operare attraverso processi che seguono le regole imposte dalla legge e non per processi che vogliono ricercare una propria verità, magari riscrivendo la storia politica del nostro Paese.

Si vuole una magistratura libera e indipendente, ma non una politica libera ed indipendente. Si vuole una magistratura che non risponda a nessuno del suo operato, ma poi si boccia il lodo Maccanico-Schifani e si grida allo scandalo rispetto al ripristino delle prerogative parlamentari abolite nel 1993, non rendendosi conto che non si tratta di ingiuste e ingiustificate guarentigie, ma di strumenti di libertà, presidi della libertà del Parlamento e quindi del popolo sovrano di cui il Parlamento è espressione democratica.

Ed allora, vi sono sempre due pesi e due misure; ci sono concetti che variano a seconda degli interessi che si agitano. È necessario quindi stabilire un tavolo delle regole che dia certezza ai cittadini; certezza che esistano regole uguali per tutti.

Per valutare correttamente la riforma dell’ordinamento giudiziario bisogna cambiare ottica, ponendo al centro dell’attenzione non il magistrato, bensì il servizio giustizia, inteso come funzione fondamentale dello Stato e diritto fondamentale del cittadino. Bisogna considerare che il magistrato non rappresenta il fine della giustizia, ma il mezzo e che, quindi, il suo ruolo deve essere organizzato con quelle modalità e caratteristiche che rendono più efficiente il servizio che deve fornire al cittadino.

Ecco quindi la necessità che ci siano più severi criteri di accesso alla magistratura e la progressione di carriera sia determinata da una vaglio di professionalità e non dal mero decorso degli anni di servizio.

E non si venga a dire, come è stato detto, che qualunque forma di valutazione della qualità del lavoro del magistrato incide sulla sua libertà morale: non esiste nessun lavoro al mondo che prescinda da un controllo della professionalità, senza che ciò condizioni minimamente la sfera di autonomia personale.

Vi è quindi la necessità che siano distinte le funzioni requirenti e giudicanti, nodo fondamentale per garantire al cittadino una giustizia equa ed imparziale. Se i magistrati che hanno accusato possono successivamente giudicare, appare intuitivamente comprensibile come ciò costituisca una stortura antigarantista e come ciò leda l’immagine del giudice e della sua terzietà.

Ecco infine il divieto per il magistrato di svolgere pubblicamente attività politica in qualsiasi forma, perché il divieto di schieramento risponde ad una irrinunciabile garanzia di terzietà della magistratura rispetto al cittadino: non si può pretendere di schierarsi apertamente manifestando in pubblico, ai media, il proprio credo politico e poi proclamarsi indipendenti. Bisogna anche apparire indipendenti, non solo dire di esserlo. Intuitivo è infatti il sospetto di parzialità che aleggerebbe su un magistrato notoriamente vicino ad uno schieramento politico chiamato a giudicare esponenti di quella stessa area o dell’area contrapposta.

Non si tratta quindi, come ho sentito dire oggi, di negare il libero esercizio dei diritti politici, ma di garantire ai cittadini quell’indipendenza, autonomia e terzietà che i giudici rivendicano per sé.

Il cittadino non può essere messo nelle condizioni di poter contestare il lavoro del magistrato, ritenendo che la giustizia sia diversa a seconda del colore politico di appartenenza.

In definitiva, stiamo approvando una buona legge, con la convinzione che l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, che questa riforma salvaguarda, non sono una prerogativa che pretende il magistrato ma valori che vogliamo noi e che difendiamo con forza per proteggere i cittadini e per garantire la giustizia nell’ambito di un vero Stato di diritto. (Applausi dai Gruppi FI, AN, LP e UDC. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Passiamo ora alla proposta di coordinamento, che sarà votata per alzata di mano dopo l’intervento integrativo del relatore, senatore Luigi Bobbio.

 

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, facendo riferimento alla proposta di coordinamento già distribuita, desideravo illustrare in modo sintetico alcuni passaggi aggiuntivi che figurano nella nuova proposta.

In particolare, l’accoglimento di alcuni emendamenti e la riformulazione dell’emendamento 7.0.500 rendono necessarie le seguenti integrazioni: al punto 11), nel titolo, sostituire le parole: "e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità" con le seguenti: "per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico";

al punto 12), all'articolo 7-bis, introdotto dall'emendamento 7.0.500, al comma 1, alla lettera e), al numero 7), aggiungere in fine le seguenti parole: "o da un suo sostituto", con riferimento alla sostituzione del procuratore generale nell’ipotesi della necessità di rappresentare il pubblico ministero nel procedimento disciplinare all’indomani dell’accoglimento dell’impugnazione da parte del Ministro;

al punto 13), all'articolo 7-bis, introdotto dall'emendamento 7.0.500, al comma 1, alla lettera l), al numero 1), aggiungere in fine le seguenti parole: "Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato".

Questa è un’indicazione necessaria che in qualche modo evita che dal testo approvato possa derivare l’impropria conseguenza che anche la sentenza disciplinare possa essere ritenuta immediatamente esecutiva, cosa che sarebbe asistemica.

 

CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, data l’importanza di questa legge chiedo la votazione con il sistema elettronico.

 

PRESIDENTE. A norma dell’articolo 103, comma 5, del nostro Regolamento, le proposte di coordinamento si votano necessariamente per alzata di mano. Il Regolamento, all’articolo 120, comma 3, prevede invece che la votazione finale sul provvedimento avvenga mediante votazione nominale con scrutinio simultaneo trattandosi di un disegno di legge di delega.

Metto ai voti la proposta di coordinamento C1 (testo 2), presentata dal relatore.

È approvata.

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari, indíco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge n. 1296, nel testo emendato, con il seguente titolo: "Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il consiglio di presidenza della Corte dei conti e il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico".

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B) (Applausi dai Gruppi FI, AN, LP e UDC).

Restano pertanto assorbiti i disegni di legge nn. 1050, 1226, 1258, 1259, 1260, 1261, 1367, 1426 e 1536.


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità (1296) V. nuovo titolo

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il consiglio di presidenza della Corte dei conti e il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296) (Nuovo titolo)

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 7

7.0.500 (testo corretto)

IL RELATORE

V. testo 2

Dopo l’articolo 7, inserire il seguente.

«Art. 7-bis.

(Norme in materia di procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f) il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, salvo quanto previsto dal numero 7 della lettera e), e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;

b) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata;

2) entro un anno dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio é di sei mesi e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;

3) il corso dei termini sia sospeso:

a) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non é più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

b) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui é pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

c) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

d) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;

c) prevedere che:

1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

2) l’azione disciplinare può essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte di cassazione il quale ne dà comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;

3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbono comunicare al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;

4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2 determinano a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;

5) il procuratore generale presso la Corte di cassazione può contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2, ultimo periodo.

d) stabilire che:

1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione deve essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5 della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;

2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, sono nulli, ma la nullità non può essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;

3) per l’attività di indagine si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero può richiedere altro magistrato in servizio presso la Procura generale della Corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;

5) al termine delle indagini, il procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invia alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dà comunicazione all’incolpato; il fascicolo é depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;

e) prevedere che:

1) il procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto;

2) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione, possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il procuratore generale presso la Corte di cassazione;

3) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;

4) il decreto di cui al numero 3 sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato;

5) nel caso in cui il procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto;

6) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 5, possa richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;

7) decorsi i termini di cui al numero 6, sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decide in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 3 e 4. Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 3 e 4 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate da un magistrato in servizio presso il Ministero della giustizia, designato dal Ministro;

f) prevedere che:

1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolge la relazione;

2) l’udienza è pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, può comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;

3) la sezione disciplinare può assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, può disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; può consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero e dell’incolpato. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

4) la sezione disciplinare delibera immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero e la difesa dell’incolpato; questi deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;

5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiara esclusa la sussistenza;

6) i motivi della sentenza sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;

7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare è data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;

g) stabilire che:

1) l’azione disciplinare è promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3 della lettera b);

2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso.

h) prevedere che:

1) a richiesta del Ministro della giustizia o del procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;

2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione può essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;

3) al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5 della lettera g) dell’articolo 7;

4) il magistrato riacquista il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3 della lettera m);

i) prevedere che:

1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il procuratore generale presso la Corte di cassazione possono chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;

2) la sezione disciplinare convoca il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provvede dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;

3) la sospensione può essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;

4) si applicano le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4).

l) prevedere che:

1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare l’incolpato, il Ministro della giustizia e il procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Il ricorso ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;

2) la Corte di cassazione decide a Sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.

m) prevedere che:

1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso ha diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;

2) la sospensione cautelare cessa di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;

3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare.

n) prevedere che:

1) in ogni tempo è ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

a) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

b) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli – già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;

c) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;

2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;

3) la revisione può essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;

4) l’istanza di revisione è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

5) nei casi previsti dal numero 1, lettere a) e c), all’istanza deve essere unita copia autentica della sentenza penale;

6) la revisione può essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1 e 2 e con le modalità di cui ai numeri 4 e 5 della presente lettera;

7) la sezione disciplinare acquisisce gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiara inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2, o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4 ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, dispone procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;

8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione é ammesso ricorso alle Sezioni unite penali della Corte di cassazione;

9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revoca la precedente decisione;

10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione ha diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati;

o) prevedere che il procuratore generale presso la Corte di Cassazione debba promuovere l’azione disciplinare:

1) nei casi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera c), numero 1), ad esclusione dell’ultimo periodo, numero 2), ad esclusione dell’ultimo periodo, numero 3), ad esclusione dell’ultimo periodo, numero 4), ad esclusione dell’ultimo periodo, nonché numeri 5), 6), 7) e 8);

2) nei casi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera d), numero 3, primo periodo, e numero 5) limitatamente all’ipotesi della partecipazione ad associazioni segrete;

3) nei casi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera e) numero 1;

4) nei casi previsti dall’articolo 9 della legge 23 aprile 1988, n. 117, per quanto già non stabilito nei precedenti numeri 1, 2 e 3».

7.0.500 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Dopo l’articolo 7, inserire il seguente.

«Art. 7-bis.

(Norme in materia di procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f) il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, salvo quanto previsto dal numero 7 della lettera e), e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;

b) stabilire che:

1) l’azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata;

2) entro un anno dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio é di sei mesi e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;

3) il corso dei termini sia sospeso:

a) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non é più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

b) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui é pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

c) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

d) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;

c) prevedere che:

1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

2) l’azione disciplinare può essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte di cassazione il quale ne dà comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;

3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbono comunicare al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;

4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2 determinano a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;

5) il procuratore generale presso la Corte di cassazione può contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2, ultimo periodo.

d) stabilire che:

1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione deve essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5 della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;

2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, sono nulli, ma la nullità non può essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;

3) per l’attività di indagine si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero può richiedere altro magistrato in servizio presso la Procura generale della Corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;

5) al termine delle indagini, il procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invia alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dà comunicazione all’incolpato; il fascicolo é depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;

e) prevedere che:

1) il procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto;

2) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione, possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il procuratore generale presso la Corte di cassazione;

3) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;

4) il decreto di cui al numero 3 sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato;

5) nel caso in cui il procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto;

6) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 5, possa richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;

7) decorsi i termini di cui al numero 6, sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decide in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 3 e 4. Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 3 e 4 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione;

f) prevedere che:

1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolge la relazione;

2) l’udienza è pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, può comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;

3) la sezione disciplinare può assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, può disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; può consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero e dell’incolpato. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

4) la sezione disciplinare delibera immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero e la difesa dell’incolpato; questi deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;

5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiara esclusa la sussistenza;

6) i motivi della sentenza sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;

7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare è data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;

g) stabilire che:

1) l’azione disciplinare è promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3 della lettera b);

2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso.

h) prevedere che:

1) a richiesta del Ministro della giustizia o del procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;

2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione può essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;

3) al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5 della lettera g) dell’articolo 7;

4) il magistrato riacquista il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3 della lettera m);

i) prevedere che:

1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il procuratore generale presso la Corte di cassazione possono chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;

2) la sezione disciplinare convoca il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provvede dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;

3) la sospensione può essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;

4) si applicano le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4).

l) prevedere che:

1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare l’incolpato, il Ministro della giustizia e il procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale;

2) la Corte di cassazione decide a Sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.

m) prevedere che:

1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso ha diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;

2) la sospensione cautelare cessa di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;

3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare.

n) prevedere che:

1) in ogni tempo è ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

a) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

b) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli – già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;

c) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;

2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;

3) la revisione può essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;

4) l’istanza di revisione è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

5) nei casi previsti dal numero 1, lettere a) e c), all’istanza deve essere unita copia autentica della sentenza penale;

6) la revisione può essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1 e 2 e con le modalità di cui ai numeri 4 e 5 della presente lettera;

7) la sezione disciplinare acquisisce gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiara inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2, o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4 ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, dispone procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;

8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione é ammesso ricorso alle Sezioni unite penali della Corte di cassazione;

9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revoca la precedente decisione;

10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione ha diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati;

o) prevedere che il procuratore generale presso la Corte di Cassazione debba promuovere l’azione disciplinare:

1) nei casi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera c), numero 1), ad esclusione dell’ultimo periodo, numero 2), ad esclusione dell’ultimo periodo, numero 3), ad esclusione dell’ultimo periodo, numero 4), ad esclusione dell’ultimo periodo, nonché numeri 5), 6), 7) e 8);

2) nei casi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera d), numero 3, primo periodo, e numero 5) limitatamente all’ipotesi della partecipazione ad associazioni segrete;

3) nei casi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera e) numero 1;

4) nei casi previsti dall’articolo 9 della legge 23 aprile 1988, n. 117, per quanto già non stabilito nei precedenti numeri 1, 2 e 3».

 

ARTICOLO 8 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 8.

STRALCIATO

(REVISIONE DELLE CIRCOSCRIZIONI TERRITORIALI DEGLI UFFICI GIUDIZIARI)

1. NELL’ATTUAZIONE DELLA DELEGA DI CUI ALL’ARTICOLO 1, COMMA 2, IL GOVERNO, AL FINE DI RAZIONALIZZARE LA DISTRIBUZIONE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI SUL TERRITORIO DELLO STATO, SI ATTIENE AI SEGUENTI PRINCÌPI E CRITERI DIRETTIVI:

A) RIDEFINIRE I CONFINI DEI DISTRETTI DELLE CORTI D’APPELLO, DEI CIRCONDARI DEI TRIBUNALI E DELLE CIRCOSCRIZIONI TERRITORIALI DEGLI UFFICI DEL GIUDICE DI PACE;

B) ISTITUIRE, OVE NECESSARIO, NUOVE CORTI D’APPELLO, NUOVI TRIBUNALI OVVERO NUOVI UFFICI DEL GIUDICE DI PACE, ATTRAVERSO LA FUSIONE TOTALE O PARZIALE DEL TERRITORIO RICOMPRESO NEGLI ATTUALI DISTRETTI, CIRCONDARI O CIRCOSCRIZIONI TERRITORIALI E DEI RELATIVI UFFICI, OVVERO LA SOTTRAZIONE DI PARTE DEL TERRITORIO DI DUE O PIÙ DISTRETTI, CIRCONDARI O CIRCOSCRIZIONI TERRITORIALI LIMITROFI, OVVERO MEDIANTE L’ACCORPAMENTO DI UNA O PIÙ CORTI D’APPELLO, E L’ACCORPAMENTO O LA SOPPRESSIONE DI TRIBUNALI O UFFICI DEL GIUDICE DI PACE GIÀ ESISTENTI;

c) tenere conto, ai fini indicati alla lettera b), dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, delle caratteristiche dei collegamenti esistenti tra le varie zone e la sede dell’ufficio, nonché del carico di lavoro atteso, in materia civile e penale;

d) finalizzare gli interventi di cui alle lettere a) e b) alla realizzazione di un’equa distribuzione del carico di lavoro e di una adeguata funzionalità degli uffici giudiziari;

e) prevedere, anche in deroga alle disposizioni della legge 24 aprile 1941, n. 392, e delle altre norme di edilizia giudiziaria, la possibilità, con decreto del Ministro della giustizia, di dislocare immobili dell’ufficio giudiziario al di fuori del distretto, circondario ovvero circoscrizione territoriale;

h) prevedere, limitatamente ai tribunali il cui circondario è stato oggetto di revisione da parte del decreto legislativo 3 dicembre 1999, n. 491, la possibilità di istituire, nel medesimo comune, più uffici di tribunale, ciascuno con esclusiva competenza per una parte del territorio.

 

PROPOSTA DI STRALCIO

S8.1

LA COMMISSIONE

Approvata

Stralciare l'articolo 8.

 

ARTICOLO 8-BIS INTRODOTTO DALLA COMMISSIONE

ART. 8-BIS.

Approvato con emendamenti

(Istituzione in via sperimentale dell’ufficio del giudice)

1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 2-bis, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:

1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;

2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;

3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;

4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice, successivi alla pronuncia della sentenza;

5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;

b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l’attività dell’ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;

c) prevedere che l’organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;

d) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari avvenga, per la Corte di cassazione, in ragione di un’unità per ogni presidente di sezione e di un’unità ogni due consiglieri di cassazione; prevedere che la restante parte degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;

e) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d) sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;

f) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;

g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l’assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta, per la Corte di cassazione, dal primo presidente della stessa e, per gli altri uffici giudiziari, dai presidenti di corte d’appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che il primo presidente della Corte di cassazione possa delegare tali funzioni ad altro magistrato membro del Consiglio direttivo della Corte e che i presidenti di corte d’appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;

h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 105/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;

i) prevedere che il primo presidente della Corte di cassazione e i presidenti delle corti d’appello provvedano, mediante affissione nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l’assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso; il primo presidente della Corte di cassazione e i presidenti delle corti d’appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:

1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;

2) il conseguimento di lauree in altre discipline;

3) le pubblicazioni prodotte dall’interessato al momento della presentazione della domanda;

4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;

5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;

6) l’aver eventualmente svolto la pratica forense o frequentato una delle scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

l) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonché costituisca titolo preferenziale per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie;

m) prevedere le caratteristiche di atipicità dei contratti di cui alla lettera g), anche in relazione alla loro durata massima, alla loro non rinnovabilità oltre la prima volta, all’orario di lavoro, alla trasferibilità da un ufficio all’altro con attribuzione della relativa facoltà ai soggetti di cui alla medesima lettera g), al vincolo di segretezza in relazione agli atti conosciuti e alle notizie apprese nel corso dello svolgimento dell’attività, alle condizioni di risoluzione o di recesso dai contratti stessi;

n) prevedere, anche mediante attribuzione al Ministro dell’obbligo di provvedervi con proprio decreto, che i criteri di valutazione dei titoli preferenziali, a parità dei quali vigerà il principio della priorità della domanda, siano definiti preventivamente in via generale;

o) prevedere che i contratti di cui alla lettera g) contemplino la previsione di una retribuzione annua articolata su tredici mensilità ciascuna di importo pari a euro 1.032, al netto delle imposte e degli oneri previdenziali, e che la stessa non sia soggetta a scatti in relazione all’anzianità per l’intera durata dei contratti stessi, ma solo a rivalutazione su base annua in misura pari alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati; prevedere che gli stessi contratti contemplino altresì la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.

2. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante l’istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell’anno.

3. La somma derivante dal gettito dell’imposta di cui al comma 2, versata all’entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.

4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 entrano in vigore contestualmente al decreto legislativo di cui al comma 2-bis dell’articolo 1 e cessano di avere efficacia allo scadere del periodo sperimentale ivi previsto.

 

EMENDAMENTI

8-BIS.100

MAGNALBÒ, TOFANI, PELLICINI, BALBONI, BEVILACQUA, BATTAGLIA ANTONIO, COZZOLINO, DE CORATO, DEMASI, MASSUCCO, MEDURI, PONTONE, SEMERARO, SERVELLO, TATÒ, ULIVI

Respinto

Sopprimere l’articolo.

8-bis.101

CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN

Id. em. 8-bis.100

Sopprimere l’articolo.

8-bis.102

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Id. em. 8-bis.100

Sopprimere l’articolo.

8-bis.103

MAGNALBÒ, TOFANI, PELLICINI, BALBONI, BEVILACQUA, BATTAGLIA ANTONIO, COZZOLINO, DE CORATO, DEMASI, MASSUCCO, MEDURI, PONTONE, SEMERARO, SERVELLO, TATÒ, ULIVI

Ritirato

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 8-bis. - (Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario). – 1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 2-bis, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituire la figura professionale del funzionario giudiziario per l’espletamento delle attività amministrative in materia civile e penale indicate nelle lettere r) e s), possono espletare tale attività i funzionari di cancelleria in servizio presso le articolazioni centrali e periferiche dell’Amministrazione giudiziaria, di cui all’articolo 17-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall’articolo 7, comma 3, della legge 15 luglio 2002, n. 145;

b) prevedere che il personale di cui alla lettera a) possa presentare domanda per l’inquadramento nel ruolo organico dei funzionari giudiziari, di cui alla successiva lettera e), entro e non oltre i termini stabiliti con il regolamento di cui alla successiva lettera v), prevedendo che all’atto della presentazione della domanda i soggetti interessati possano chiedere di mantenere il ruolo di direzione e coordinamento dei servizi cui erano preposti nella sede di appartenenza;

c) prevedere che gli uffici del funzionario giudiziario abbiano sede presso tutti gli uffici giudiziari previsti dall’articolo 1 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;

d) prevedere che la nomina del funzionario giudiziario avvenga con decreto del direttore generale del personale e della formazione del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi del Ministero della giustizia, da adottare entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della domanda di cui alla precedente lettera b);

e) fissare il ruolo organico del funzionario giudiziario, in sede di prima attuazione della presente legge, nel limite massimo di 2.500 unità, salvo ampliamento successivo, da determinare con decreto del Ministro della giustizia;

f) prevedere che il funzionario giudiziario possa assumere possesso dell’ufficio entro trenta giorni dalla comunicazione della nomina, a pena di decadenza e in caso di vacanza dell’ufficio del funzionario giudiziario o di impedimento dello stesso, prevedere che le funzioni siano svolte da altro funzionario dello stesso ruolo in servizio nello stesso circondario. Se la vacanza o l’impedimento si protrae per oltre sei mesi si provvede a nuova designazione;

g) prevedere che per la nomina a funzionario giudiziario siano richiesti i seguenti requisiti:

1) cittadinanza italiana;

2) non avere riportato condanne per qualsiasi delitto non colposo; non avere procedimenti penali in corso al momento della nomina in ruolo; non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o sicurezza;

3) essere in possesso della laurea in giurisprudenza o laurea equipollente, ferma restando, in sede di prima applicazione della presente legge, la previsione di cui all’articolo 17-bis, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ed avere svolto senza demerito le funzioni di direzione di uffici o sezioni, e tutte le funzioni proprie ed inerenti alla ex carriera direttiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie per un periodo non inferiore a cinque anni;

h) prevedere che la nomina a funzionario giudiziario deve essere effettuata, previo accertamento dei requisiti di cui alla precedente lettera g), a favore di funzionari capaci di assolvere degnamente, per prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni previste dal presente articolo;

i) prevedere che il Ministro della giustizia, con proprio decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, determini il punteggio da attribuire ai seguenti titoli di preferenza:

1) superamento degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio di attività professionali e alla docenza in ambito giuridico ed economico;

2) superamento di corsi di specializzazione o di perfezionamento o master post-universitari in materie giuridico-economiche, conseguiti presso università o istituti riconosciuti dello Stato, o di un Paese membro dell’Unione europea, ovvero di un Paese con il quale vige un accordo di reciprocità per il riconoscimento dei titoli;

3) conoscenza di due lingue parlate in Stati membri dell’Unione europea;

4) buona conoscenza e utilizzo dei sistemi informatici;

l) prevedere che il Ministero della giustizia organizzi periodicamente corsi di formazione ed aggiornamento professionale per i funzionari giudiziari presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione o presso altro organo dell’Amministrazione della giustizia;

m) prevedere che si applichino al funzionario giudiziario le disposizioni in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità di cui all’articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

n) prevedere che i funzionari giudiziari mantengano lo status di impiegati civili dello Stato, appartenenti all’Amministrazione della giustizia, e siano sottoposti al trattamento giuridico ed economico previsto per gli stessi;

o) prevedere che ai funzionari giudiziari spettino lo stipendio tabellare e le indennità accessorie, compresa l’indennità di amministrazione, previste per i profili di appartenenza e che ai funzionari giudiziari spetti altresì un’indennità integrativa annuale di posizione pari a 6.000 euro al netto delle trattenute previdenziali e fiscali, valida ai fini pensionistici. All’adeguamento dell’indennità si provvede in sede di contrattazione decentrata ai sensi degli articoli 40 e 41 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;

p) prevedere che il funzionario giudiziario immesso nel ruolo, che abbia svolto per cinque anni l’attività di cui alla precedente lettera a) e per tre anni le attività di cui alla precedente lettera b), in deroga alle norme che disciplinano l’accesso alla dirigenza, di cui all’articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possa accedere nell’ambito delle dotazioni organiche determinate dall’Amministrazione della giustizia, alla dirigenza di seconda fascia previa valutazione dei risultati conseguiti;

q) prevedere che i funzionari giudiziari non possano essere destinati ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in primo grado, sono iscritti negli albi professionali di avvocato o di procuratore o nell’albo dei consulenti tecnici, né comunque, ad uffici giudiziari avanti ai quali i loro parenti od affini svolgono abitualmente attività professionale autonoma;

r) prevedere che vengano trasferite al funzionario giudiziario in materia civile le seguenti funzioni di natura amministrativa:

1) nomina di arbitro ai sensi degli articoli 810, secondo comma, 811 e 813, terzo comma, del codice di procedura civile;

2) deposito del lodo ai sensi dell’articolo 825, terzo comma, del codice di procedura civile;

3) formazione e revisione dell’albo dei consulenti tecnici ai sensi degli articoli da 14 a 21 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile;

4) iscrizione di periodici e quotidiani nel relativo registro, ai sensi degli articoli 5, 6 e 7 della legge 8 febbraio 1948, n. 47;

5) provvedimenti di cui agli articoli 17 e 18 della legge 7 marzo 1996, n. 108;

6) provvedimenti relativi alle esecuzioni mobiliari e immobiliari, fatta salva la fase di opposizione, ai sensi dei capi II e IV del titolo II del libro III del codice di procedura civile;

7) emissione di decreti ingiuntivi ai sensi degli articoli 641, 647 e 654 del codice di procedura civile;

8) provvedimenti relativi all’apertura delle successioni di cui agli articoli 747, primo, terzo e quarto comma, e 783, primo comma, del codice di procedura civile;

9) legalizzazione di atti e documenti per l’estero, ai sensi dell’articolo 33, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

10) competenze in materia di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario, di cui all’articolo 82 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;

11) provvedimenti relativi all’apposizione e rimozione dei sigilli, di cui al capo II del titolo IV del libro IV del codice di procedura civile;

12) apertura di cassette di sicurezza ai sensi degli articoli 1840 e 1841 del codice civile;

13) provvedimenti in materia di copia e collazione di atti pubblici di cui agli articoli da 743 a 746 del codice di procedura civile;

14) attività di cui all’articolo 2016 del codice civile in materia di ammortamento di titoli;

15) correzione di errori materiali nei casi di cui agli articoli 287 e 288 del codice di procedura civile;

s) prevedere che siano trasferite al funzionario giudiziario in materia penale le seguenti funzioni di natura amministrativa:

1) competenze in materia di casellario giudiziale di cui all’articolo 40 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto legislativo 14 novembre 2002, n. 313;

2) liquidazione dei compensi, ai sensi dell’articolo 232 del codice di procedura penale e degli articoli 82, 83, 104, 105, 115, 116, 117, 118, 141, 142, 143, 168, 169 e 171 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;

3) provvedimenti di cui agli articoli 151 e 154 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;

4) provvedimenti in materia di stato civile di cui agli articoli 31, 32, 34, 48, 49, comma 3, 59, 75, 76, 77, 78, 95, 96, 98 e 100 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396;

5) procedimento per la scelta dei giudici popolari, di cui agli articoli 16, 17, 18, 19, 22, 24, 25, 27, 30, 32 e 33 della legge 10 aprile 1951, n. 287, e successive modificazioni. I provvedimenti del funzionario giudiziario sono impugnabili dinanzi all’autorità giudiziaria secondo le norme previste dal codice di procedura civile, dal codice di procedura penale e dalle leggi speciali;

t) prevedere che gli affari pendenti, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle materie attribuite alla competenza del funzionario giudiziario dalle precedenti lettere r) e s) siano disciplinate ai sensi delle disposizioni vigenti prima della predetta data, fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui alla successiva lettera v);

u) prevedere che in tutte le disposizioni di legge richiamate dalle lettere r) e s), le parole: "giudice", "pubblico ministero", "procuratore della Repubblica", "presidente del tribunale", "tribunale" siano sostituite rispettivamente dalle seguenti: "funzionario giudiziario" ed "ufficio del funzionario giudiziario";

v) prevedere ai fini della copertura degli oneri che con regolamento adottato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, siano emanate le disposizioni di attuazione del presente articolo;

z) prevedere che per gli atti ed i provvedimenti di competenza del funzionario giudiziario, per ciascun grado del giudizio, sia dovuto il contributo unificato di iscrizione al ruolo, previsto dall’articolo 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, incrementato di 3 euro».

8-bis.104

CAVALLARO

Respinto

Al comma 1, lettera a), aggiungere, dopo il numero 5) il seguente:

«5-bis) svolge, su delega del giudice, il tentativo di conciliazione delle parti, qualora previsto nelle norme processuali vigenti».

8-bis.105

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Al comma 1, lettera d), sopprimere le parole da: «avvenga» sino a: «la restante parte degli ausiliari»; e conseguentemente nella lettera g), sopprimere le parole: «per la Corte di cassazione dal primo presidente della stessa, e per gli altri uffici giudiziari», nonché le parole: «che il primo presidente della Corte di cassazione possa delegare tali funzioni ad altro magistrato membro del Consiglio direttivo della Corte, e»; sopprimere altresì, nella successiva lettera i), le parole: «il primo presidente della Corte di cassazione e», ovunque compaiano.

8-bis.106

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Improcedibile

Al comma 1, lettera f), sopprimere le parole: «e sia rinnovabile per una sola volta».

8-bis.107

CAVALLARO

Approvato

Al comma 1, lettera h), sostituire le parole: «105/110» con le seguenti: «108/110».

8-bis.108

AYALA, CALVI, MARITATI, FASSONE, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera i).

8-bis.500

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera i), al numero 6), sostituire le parole: «frequentato una delle scuole» con le seguenti: «conseguito diploma presso le scuole».

8-bis.501

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettera i), dopo il numero 6), inserire il seguente:

«6-bis) l’aver conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162».

8-bis.109

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parola da: «sia equiparato» a «nonché».

 

ARTICOLO 9 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 9.

Approvato con emendamenti

(Disciplina transitoria)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 4, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 2 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998/1999;

b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera f) e dai numeri 8.2), 10.2) e 13) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui all’articolo 3;

c) prevedere che i magistrati, in servizio alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, possano richiedere entro un anno dalla predetta data, nei limiti dei posti vacanti, il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura;

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c) possano partecipare al concorso di cui ai numeri 2) e 4) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2, anche in assenza del requisito di esercizio per almeno cinque anni delle diverse funzioni;

e) prevedere che le norme di cui ai numeri 8.2) e 10.2) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dal decreto di nomina ad uditore giudiziario;

f) prevedere che le norme di cui al numero 13) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dal decreto di nomina ad uditore giudiziario;

g) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere e) e f) continuino ad applicarsi le norme in vigore anteriormente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 2 per il conferimento delle funzioni di appello e di quelle di legittimità, nonché per il conferimento degli uffici semi direttivi e direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera g), numeri 7), 8), 9), 10), 11) e 12). Le assegnazioni sono disposte nell’ambito delle quote previste dall’articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 7), 9) e 14). È fatta salva la facoltà per i magistrati di partecipare ai concorsi;

h) prevedere che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, esercitano funzioni direttive mantengano le loro funzioni sino al compimento del termine di cui all’articolo 2, comma 1, lettera l), numero 3) e, nel caso abbiano raggiunto il detto termine, per l’ulteriore periodo di due anni decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

i) prevedere che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, esercitano funzioni semi direttive requirenti mantengano le loro funzioni per due anni dalla predetta data, decorsi i quali, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

l) prevedere che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera p), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi per un ulteriore biennio; prevedere che coloro i quali, alla medesima data, non abbiano compiuto il periodo di dieci anni lo completino e possano permanere nell’incarico per un ulteriore biennio;

m) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 6 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:

1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;

2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;

n) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 6 per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera m).

 

EMENDAMENTI

9.500

IL RELATORE

Approvato

Dopo la lettera g), inserire la seguente:

«g-bis) prevedere che, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, lettera i), n. 13), ai sostituti procuratori generali in servizio presso la Direzione nazionale antimafia alla data di acquisto efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dello stesso articolo 2, possano, a domanda, essere conferite le funzioni requirenti di legittimità secondo le modalità previste dal numero 14 della lettera i) del medesimo articolo».

9.1000

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, lettere h) ed i), dopo la parola: «prevedere» inserire le seguenti: «senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato».

 

ARTICOLO 10 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

CAPO II

MODIFICA DELLA DISCIPLINA PER L’ACCESSO ALLE FUNZIONI PRESSO ORGANI DI GIURISDIZIONE SUPERIORE AMMINISTRATIVA

Art. 10.

Approvato con un emendamento

(Modifica della disciplina per l’accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a modificare i numeri 1) e 3) del primo comma dell’articolo 19 della legge 27 aprile 1982, n. 186, stabilendo che i posti che si rendono vacanti nella qualifica di consigliere di Stato siano conferiti:

a) in ragione di un quarto, ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale che ne facciano domanda e che abbiano almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica. La nomina ha luogo previo giudizio favorevole espresso dal consiglio di presidenza a maggioranza dei suoi componenti, fermo restando il disposto di cui all’articolo 12, primo comma, della citata legge n. 186 del 1982, previo parere di una commissione presieduta dal presidente dello stesso consiglio di presidenza e formata dai componenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 7 della medesima legge, nonché dai due presidenti di sezione del Consiglio di Stato e dai due presidenti di tribunale amministrativo regionale più anziani nelle rispettive qualifiche; il parere è reso in base alla valutazione dell’attività giurisdizionale svolta e dei titoli, anche di carattere scientifico, presentati, nonché dell’anzianità di servizio. I magistrati dichiarati idonei sono nominati consiglieri di Stato, conservando, agli effetti del quarto comma dell’articolo 21 della legge n. 186 del 1982, l’anzianità maturata nella qualifica di consigliere di tribunale amministrativo regionale;

b) in ragione della metà, mediante concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici, al quale possono partecipare i magistrati dei tribunali amministrativi regionali con almeno un anno di anzianità, i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità, i magistrati della Corte dei conti, nonché gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità, i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, appartenenti a carriere per l’accesso alle quali sia richiesta la laurea in giurisprudenza. Il concorso è indetto dal presidente del Consiglio di Stato nei primi quindici giorni del mese di gennaio. I vincitori conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso stesso. La metà dei posti disponibili annualmente messi a concorso è riservata ai magistrati dei tribunali amministrativi regionali con la qualifica di consigliere; in tale quota riservata non possono essere nominati altri candidati, salva l’applicazione dell’articolo 20 della citata legge n. 186 del 1982 per i posti eventualmente rimasti vacanti.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’accesso alle funzioni giudiziarie superiori presso la Corte dei conti, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i magistrati della Corte dei conti si distinguano, secondo le funzioni, in: presidente, procuratore generale, presidente di sezione e procuratori regionali, consiglieri delle sezioni centrali e vice procuratori generali, consiglieri delle sezioni regionali e vice procuratori regionali, primi referendari, referendari;

b) prevedere che le promozioni a consigliere delle sezioni centrali di controllo ovvero delle sezioni regionali o a vice procuratore regionale siano conferite, a scelta, ai primi referendari che abbiano prestato, con la qualifica di primo referendario, almeno sei anni di effettivo servizio, ivi compresi quelli prestati con la qualifica di referendario antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge;

c) prevedere che nell’ambito della Corte dei conti le funzioni superiori giudiziarie e di controllo siano esercitate dai magistrati in servizio presso le sezioni riunite, le sezioni giurisdizionali centrali di appello, la procura generale, la sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, la procura generale presso la sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana;

d) prevedere che la disposizione dell’articolo 11, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, continui ad applicarsi ai magistrati della Corte dei conti in servizio alla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo emanato nell’esercizio della delega di cui al presente comma;

e) prevedere che al concorso pubblico, per titoli ed esami teorico-pratici, per il conferimento delle qualifiche di consigliere delle sezioni giurisdizionali centrali e di vice procuratore generale, possano partecipare:

1) i magistrati delle sezioni e delle procure regionali della Corte dei conti con almeno un anno di anzianità, nonché i magistrati delle sezioni centrali di controllo;

2) i magistrati dei tribunali amministrativi regionali e gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità;

3) i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità;

4) i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, appartenenti a carriere per l’accesso alle quali sia richiesta la laurea in giurisprudenza;

f) prevedere che le promozioni alle qualifiche di cui alla lettera a) siano disposte con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri, previo parere di promovibilità del consiglio di presidenza della Corte dei conti;

g) prevedere che con regolamento approvato dal Consiglio dei ministri, sentito il consiglio di presidenza della Corte dei conti, siano stabilite le norme di attuazione e le modalità di svolgimento del concorso di cui alla lettera e);

h) apportare alla tabella B allegata alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345, le modifiche derivanti dalle disposizioni di cui al presente comma;

i) prevedere che i magistrati della Corte dei conti, in servizio alla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo emanato nell’esercizio della delega di cui al presente comma, mantengano l’idoneità all’esercizio delle funzioni superiori;

l) prevedere che i magistrati della Corte dei conti in servizio alla data di acquisto di efficacia del decreto legislativo emanato nell’esercizio della delega di cui al presente comma, disponibili allo svolgimento delle funzioni giudiziarie superiori, possano farne istanza al consiglio di presidenza che formerà un apposito elenco; prevedere che i relativi posti di funzione che si rendano disponibili vengano assegnati a seguito di concorso per titoli ed anzianità tra gli iscritti all’elenco; prevedere che, esaurito il predetto elenco, i posti di funzione che si rendano disponibili vengano conferiti per il 50 per cento ai consiglieri delle sezioni centrali di controllo, delle sezioni regionali ed ai vice procuratori regionali che ne facciano richiesta e, per il restante 50 per cento, ai vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici di cui alla lettera e);

m) prevedere che dall’attuazione della delega di cui al presente comma non possano derivare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere sarà compensato mediante la riduzione, nella dotazione organica del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero di posti che si renda necessario, determinato con decreto del presidente della Corte dei conti sentito il consiglio di presidenza.

3. Ai fini dell’esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 1.

 

EMENDAMENTI

10.100

DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Respinto

Sopprimere l’articolo.

10.102

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Improcedibile

Sostituire il comma 1 con il seguente

«1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto ad apportare le seguenti modifiche al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, recante Testo unico delle leggi del Consiglio di Stato, alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante Istituzione dei tribunali amministrativi regionali ed alla legge 27 aprile 1982, n. 186, recante Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei Tribunali Amministrativi Regionali:

a) prevedere che il Consiglio di Stato eserciti le proprie funzioni giurisdizionali presso la sede di Roma e presso corti di giustizia amministrativa aventi sede presso le città di Milano, per le Regioni Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta, Venezia, per le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto e per le Province di Trento e di Bolzano, Firenze, per le Regioni Abruzzo, Marche, Molise, Toscana ed Umbria, Napoli, per le Regioni Campania, Basilicata, Puglia, Palermo, per le Regioni Calabria, Sardegna, Sicilia;

b) prevedere che ciascuna corte di giustizia amministrativa eserciti le proprie funzioni di giudice d’appello in relazione ai provvedimenti dei tribunali aventi sede nella propria circoscrizione, nonché in unico grado per i casi in cui il Consiglio di Stato esercita tale giurisdizione in base alla normativa attualmente vigente;

c) prevedere che le corti di giustizia amministrativa siano presiedute da un presidente di sezione del Consiglio di Stato;

d) prevedere le norme per la risoluzione delle questioni di competenza fra le diverse corti di giustizia amministrativa. anche nell’ipotesi di appelli connessi avverso sentenze di tribunali diversi, le forme per la sottoposizione delle questioni di maggiore importanza, e di quelle che possono comportare contrasti giurisprudenziali, alle Sezioni Unite del Consiglio di Stato, la composizione di queste, le norme transitorie per la trasmissione alle corti di giustizia amministrativa delle cause, di loro competenza, attualmente pendenti presso il Consiglio di Stato;

e) prevedere che i magistrati amministrativi non possano in nessun caso essere applicati contemporaneamente a sezioni giurisdizionali e consultive;

f) prevedere che i consiglieri di Stato ed i consiglieri di tribunale amministrativo regionale siano inquadrati nella qualifica di consiglieri della giustizia amministrativa;

g) prevedere che i magistrati con la qualifica di referendario e primo referendario esercitino le loro funzioni presso i tribunali amministrativi regionali;

h) prevedere che i magistrati amministrativi inquadrati nella qualifica di consigliere della giustizia amministrativa svolgano le proprie funzioni presso il Consiglio di Stato, le corti di giustizia amministrativa ed i tribunali amministrativi regionali e che i consiglieri della giustizia amministrativa in servizio presso i tribunali amministrativi regionali esercitino anche le funzioni di presidente delle sezioni staccate e quelle previste dall’articolo 6, secondo e quarto comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186;

i) prevedere la soppressione del capo III e dell’articolo 16. comma terzo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199;

j) prevedere l’istituzione di nuove sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale nelle regioni Piemonte, Sardegna, Toscana, Veneto».

10.103

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Improcedibile

Sostituire il comma 1 con il seguente

«1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto ad apportare le seguenti modifiche al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, recante il Testo unico delle leggi del Consiglio di Stato, alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034 recante la Istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali ed alla legge 27 aprile 1982, n. 186, recante Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei Tribunali Amministrativi Regionali:

a) prevedere che il Consiglio di Stato eserciti le proprie funzioni giurisdizionali presso la sede di Roma e presso corti di giustizia amministrativa aventi sede presso le città capoluogo di regione;

b) prevedere che ciascuna corte di giustizia amministrativa eserciti le proprie funzioni di giudice d’appello in relazione ai provvedimenti dei tribunali aventi sede nella propria circoscrizione, nonché in unico grado per i casi in cui il Consiglio di stato esercita tale giurisdizione in base alla normativa attualmente vigente;

c) prevedere che le corti di giustizia amministrativa siano presiedute da un presidente di sezione del Consiglio di Stato;

d) prevedere le norme per la risoluzione delle questioni di competenza fra le diverse corti di giustizia amministrativa, anche nell’ipotesi di appelli connessi avverso sentenze di tribunali diversi, le forme per la sottoposizione delle questioni di maggiore importanza, e di quelle che possono comportare contrasti giurisprudenziali, alle Sezioni Unite del Consiglio di Stato, la composizione di queste, le norme transitorie per la trasmissione alle corti di giustizia amministrativa delle cause, di loro competenza, attualmente pendenti presso il Consiglio di Stato;

e) prevedere che i tribunali amministrativi regionali giudichino in composizione monocratica per la definizione dei ricorsi concernenti le controversie in materia di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 69, settimo comma, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le controversie introdotte con ricorsi depositati anteriormente alla data del 1º gennaio 1995, unitamente alle controversie a queste connesse, ivi comprese quelle proposte con i motivi aggiunti, con esclusione, in ogni caso, delle controversie di cui all’art. 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e delle controversie in materia urbanistica di cui all’art. 34 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, disciplinando le procedure per l’applicazione dei magistrati amministrativi alle predette funzioni, sulla base di criteri deliberati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;

f) prevedere l’istituzione di nuove sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale nelle regioni Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto».

10.104

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Respinto

Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto ad apportare le seguenti modifiche al Regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, recante il Testo unico delle leggi del Consiglio di Stato, alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034 recante la Istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali ed alla legge 27 aprile 1982, n. 186 recante l’Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei Tribunali Amministrativi Regionali:

a) prevedere che i magistrati amministrativi non possano in nessun caso essere applicati contemporaneamente a sezioni giurisdizionali e consultive;

b) prevedere che il passaggio dalle sezioni consultive a quelle giurisdizionali del Consiglio di Stato e da quelle giurisdizionali a quelle consultive del medesimo possa avere luogo, a domanda e previa selezione concorsuale per esami, dopo almeno cinque anni di permanenza nella sezione;

c) prevedere la soppressione del capo III e dell’art. 16, comma III, del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199».

10.105

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Improcedibile

Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. In attuazione del principio dell’unicità di accesso e di carriera, con esclusione di automatismi collegati all’anzianità di servizio, ai ruoli della magistratura amministrativa, dettato dall’articolo 7, primo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, come modificato dall’articolo 18 della legge 21 luglio 2000, n. 205, il Governo è delegato ad adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto ad apportare le seguenti modifiche al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, recante Testo unico delle leggi del Consiglio di Stato, alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante Istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali ed alla legge 27 aprile 1982, n. 186, recante Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei Tribunali Amministrativi Regionali:

a) prevedere che i consiglieri di Stato ed i consiglieri di tribunale amministrativo regionale siano inquadrati nella qualifica di consiglieri della giustizia amministrativa;

b) prevedere che i magistrati con la qualifica di referendario e primo referendario esercitino le loro funzioni presso i tribunali amministrativi regionali;

c) prevedere che ogni magistrato con cadenza almeno quinquennale sia sottoposto a valutazione di professionalità da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con particolare riguardo alla laboriosità, alla capacità d’aggiornamento professionale, all’eventuale svolgimento d’incarichi direttivi;

d) prevedere che annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado presso il Consiglio di Stato vengano assegnati a domanda a magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali che abbiano svolto per almeno otto anni la funzione giudicante di primo grado, previo superamento di concorso per titoli ed esami, le cui prove siano specificamente orientate a verificare la professionalità acquisita nell’esercizio della funzione giudicante;

e) prevedere che annualmente il 50% dei posti vacanti nella funzione consultiva del Consiglio di Stato venga assegnato a domanda a magistrati dei tribunali amministrativi regionali che abbiano svolto per almeno un anno le funzioni giudicanti di primo grado, previo superamento di concorso per titoli ed esami, le cui prove siano specificatamente orientate a valutare un ampio e approfondito possesso di conoscenze sul piano della normativa statale, regionale e comunitaria, al fine di assicurare la professionalità necessaria per lo svolgimento della funzione consultiva;

f) prevedere le norme transitorie relative all’assegnazione, a domanda, delle funzioni giurisdizionali di secondo grado ai magistrati, che svolgono attualmente funzioni giudicanti di primo grado, già in possesso della relativa anzianità, secondo i princìpi di cui al successivo art. 6-bis della presente legge;

g) prevedere che le commissioni esaminatrici dei concorsi di cui alle precedenti lettere i) e j) siano composte da membri esterni ai ruoli della Magistratura Amministrativa, in grado di assicurare adeguata competenza ed imparzialità;

h) prevedere che continui ad applicarsi ai magistrati amministrativi in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al presente comma, ai fini giuridici ed economici, la disposizione di cui all’articolo 50, settimo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186 nella parte in cui riduce le anzianità stabilite negli articoli 17 e 18 della medesima legge;

i) prevedere che i magistrati amministrativi inquadrati nella qualifica di consigliere della giustizia amministrativa svolgano le proprie funzioni presso il Consiglio di Stato e che i consiglieri della giustizia amministrativa in servizio presso i tribunali amministrativi regionali esercitino anche le funzioni di presidente delle sezioni staccate e quelle previste dall’articolo 6, secondo e quarto comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186;

j) prevedere che le funzioni di presidente di sezione del Consiglio di Stato possano essere svolte esclusivamente da magistrati che hanno concretamente svolto funzioni di appello almeno da 10 anni. Le funzioni di presidente di tribunale amministrativo regionale, di presidente di sezioni staccate di TAR e quelle previste dall’articolo 6, comma secondo e quarto della legge 27 aprile 1982, n. 186, possano essere svolte esclusivamente da magistrati che hanno svolto le funzioni di primo grado per almeno 5 anni;

k) prevedere che per il conferimento della qualifica di presidente di tribunale amministrativo regionale viene integralmente computata l’anzianità maturata nelle qualifiche di consigliere di tribunale amministrativo, primo referendario e referendario;

l) prevedere che all’atto dell’unificazione delle qualifiche di consigliere di Stato e di consigliere di tribunale amministrativo regionale, l’anzianità di servizio è riconosciuta integralmente e che ai fini dell’attribuzione delle funzioni di presidente di sezione staccata di TAR e di quelle previste dall’articolo 6, commi secondo e quarto della legge 27 aprile 1982, n. 186, l’attuazione della presente lettera non comporta il superamento in ruolo dei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali da più di tre anni alla data di entrata in vigore della presente legge».

10.106

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Improcedibile

Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. Al fine di giungere ad una maggiore articolazione ed efficienza della giustizia amministrativa, nello spirito del titolo V della Costituzione della Repubblica, garantendo la necessaria terzietà del giudice amministrativo, come disposto dall’art. 111 della Costituzione della Repubblica, ed in attuazione del principio dell’unicità di accesso e di carriera, con esclusione di automatismi collegati all’anzianità di servizio, ai ruoli della magistratura amministrativa, dettato dall’art. 7, primo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, come modificato dall’art. 18 della legge 21 luglio 2000, n. 205, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto ad apportare modifiche al Regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, recante "Testo unico delle leggi del Consiglio di Stato", alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante "Istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali" ed alla legge 27 aprile 1982, n. 186, recante "Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei Tribunali Amministrativi Regionali":

a) prevedere che il Consiglio di Stato eserciti le proprie funzioni giurisdizionali presso la sede di Roma e presso corti di giustizia amministrativa aventi sede presso le città capoluogo di regione;

b) prevedere che ciascuna corte di giustizia amministrativa eserciti le proprie funzioni di giudice d’appello in relazione ai provvedimenti dei tribunali amministrativi regionali e delle sezioni staccate aventi sede nella propria circoscrizione, nonché in unico grado per i casi in cui il Consiglio di Stato esercita tale giurisdizione in base alla normativa attualmente vigente;

c) prevedere che le corti di giustizia amministrativa siano presiedute da un presidente di sezione del Consiglio di Stato;

d) prevedere le norme per la risoluzione delle questioni di competenza fra le diverse corti di giustizia amministrativa, anche nell’ipotesi di appelli connessi avverso sentenze di tribunali diversi, le forme per la sottoposizione delle questioni di maggiore importanza, e di quelle che possono comportare contrasti giurisprudenziali, alle Sezioni Unite del Consiglio di Stato, la composizione di queste, le norme transitorie per la trasmissione alle corti di giustizia amministrativa delle cause, di loro competenza, attualmente pendenti presso il Consiglio di Stato;

e) prevedere che i magistrati amministrativi non possano in nessun caso essere applicati contemporaneamente a sezioni giurisdizionali e consultive;

f) prevedere che i consiglieri di Stato ed i consiglieri di tribunale amministrativo regionale siano inquadrati nella qualifica di consiglieri della giustizia amministrativa;

g) prevedere che i magistrati con la qualifica di referendario e primo referendario esercitino le loro funzioni presso i tribunali amministrativi regionali;

h) prevedere che ogni magistrato con cadenza almeno quinquennale sia sottoposto a valutazione di professionalità da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con particolare riferimento alla laboriosità, alla capacità d’aggiornamento professionale, all’eventuale svolgimento d’incarichi direttivi;

i) prevedere che annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado presso il Consiglio di Stato vengano assegnati a domanda a magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali che abbiano svolto per almeno otto anni la funzione giudicante di primo grado, previo superamento di concorso per titoli ed esami, le cui prove siano specificamente orientate a verificare la professionalità acquisita nell’esercizio della funzione giudicante;

j) prevedere che annualmente il 50% dei posti vacanti nella funzione consultiva del Consiglio di Stato venga assegnato a domanda a magistrati dei tribunali amministrativi regionali che abbiano svolto per almeno un anno le funzioni giudicanti di primo grado, previo superamento di concorso per titoli ed esami, le cui prove siano specificatamente orientate a valutare un ampio e approfondito possesso di conoscenze sul piano della normativa statale, regionale e comunitaria, al fine di assicurare la professionalità necessaria per lo svolgimento della funzione consultiva;

k) prevedere che il passaggio dalle sezioni consultive a quelle giurisdizionali del Consiglio di Stato e da quelle giurisdizionali a quelle consultive del medesimo possa avere luogo, a domanda e previa selezione concorsuale per esami, dopo almeno cinque anni di permanenza nella sezione;

l) prevedere le norme transitorie relative all’assegnazione, a domanda, delle funzioni giurisdizionali di secondo grado ai magistrati, che svolgono attualmente funzioni giudicanti di primo grado, già in possesso della relativa anzianità, secondo i principi di cui al successivo art. 6-bis della presente legge;

m) prevedere che le commissioni esaminatrici dei concorsi di cui alle precedenti lettere i) e j), nominate dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, siano composte da membri esterni ai ruoli della Magistratura Amministrativa, in grado di assicurare adeguata competenza ed imparzialità;

n) prevedere che continui ad applicarsi ai magistrati amministrativi in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al presente comma, ai fini giuridici ed economici, la disposizione di cui all’art. 50, settimo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186 nella parte in cui riduce le anzianità stabilite negli articoli 17 e 18 della medesima legge;

o) prevedere che i magistrati amministrativi inquadrati nella qualifica di consigliere della giustizia amministrativa svolgano le proprie funzioni presso il Consiglio di Stato, le corti di giustizia amministrativa ed i tribunali amministrativi regionali e che i consiglieri della giustizia amministrativa in servizio presso i tribunali amministrativi regionali esercitino anche le funzioni di presidente delle sezioni staccate e quelle previste dall’articolo 6, secondo e quarto comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186;

p) prevedere che le funzioni di presidente di sezione del Consiglio di Stato possano essere svolte esclusivamente da magistrati che hanno concretamente svolto funzioni di appello almeno da 10 anni. Le funzioni di presidente di tribunale amministrativo regionale, di presidente di sezioni staccate di TAR e quelle previste dall’articolo 6, comma secondo e quarto, della legge 27 aprile 1982, n. 186, possano essere svolte esclusivamente da magistrati che hanno svolto le funzioni di primo grado per almeno 5 anni;

q) prevedere che per il conferimento della qualifica di presidente di tribunale amministrativo regionale viene integralmente computata l’anzianità maturata nelle qualifiche di consigliere di tribunale amministrativo, primo referendario e referendario;

r) prevedere che all’atto dell’unificazione delle qualifiche di consigliere di Stato e di consigliere di tribunale amministrativo regionale, l’anzianità di servizio è riconosciuta integralmente e che ai fini dell’attribuzione delle funzioni di presidente di sezione staccata di TAR e di quelle previste dall’articolo 6, commi secondo e quarto della legge 27 aprile 1982, n. 186, l’attuazione della presente lettera non comporta il superamento in ruolo dei magistrati in servizio presso i TT.AA.RR. da più di tre anni alla data di entrata in vigore della presente legge;

s) prevedere che i tribunali amministrativi regionali giudichino in composizione monocratica per la definizione dei ricorsi concernenti le controversie in materia di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 69, settimo comma, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le controversie introdotte con ricorsi depositati anteriormente alla data del 1º gennaio 1995, unitamente alle controversie a queste connesse, ivi comprese quelle proposte con i motivi aggiunti, con esclusione, in ogni caso, delle controversie di cui all articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e delle controversie in materia urbanistica di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’articolo 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, disciplinando le procedure per l’applicazione dei magistrati amministrativi alle predette funzioni, sulla base di criteri deliberati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;

t) prevedere la soppressione del capo III e dell’articolo 16, comma terzo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199;

u) prevedere l’istituzione di nuove sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale nelle regioni Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto».

10.106a

CENTARO

Improcedibile

Dopo il comma 1 inserire il seguente:

«1-bis) Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere che continui ad applicarsi ai magistrati amministrativi in servizio alla data di acquisto di efficacia della disposizione di cui al comma 1, ai fini giuridici ed economici, la disposizione di cui all’articolo 50, settimo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, nella parte in cui riduce le anzianità stabilite negli articoli 17 e 18 della medesima legge»

Conseguentemente, al comma 3, dopo le parole: «commi 1», inserire: «1-bis».

10.800

IL RELATORE

Approvato

Sopprimere il comma 2.

Conseguentemente, al comma 3, sostituire le parole: «delle deleghe di cui ai commi 1 e 2» con le seguenti: «della delega di cui al comma 1».

10.107

IOANNUCCI

Assorbito

Sopprimere il comma 2.

10.108

MANZIONE, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, BATTISTI

Assorbito

Sopprimere il comma 2.

10.109

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Assorbito

Sopprimere il comma 2.

10.110

IOANNUCCI

Precluso

Sostituire il comma 2 con i seguenti:

«2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere che nell’ambito della Corte dei conti le funzioni superiori giurisdizionali e di controllo siano esercitate da tutti i magistrati con qualifica non inferiore a consigliere;

b) prevedere che al concorso pubblico, per titoli ed esami teorico-pratici, per il conferimento della qualifica di consigliere della Corte dei conti possano partecipare:

1. i magistrati della Corte dei conti, i magistrati dei Tribunali amministrativi regionali e gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità;

2. i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità;

3. i funzionari della carriera direttiva della Presidenza della Repubblica, del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e della Corte Costituzionale con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 con almeno quattro anni di anzianità, in possesso della laurea in giurisprudenza;

c) prevedere che con regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, siano stabilite le norme di attuazione e le modalità di svolgimento del concorso pubblico di cui alla lettera b);

d) apportare alla tabella B allegata alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345, e successive modificazioni e integrazioni, le modifiche derivanti dalle disposizioni che precedono, prevedendo che la dotazione organica della qualifica di consigliere non sia inferiore al numero dei consiglieri in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo;

e) prevedere che il Consiglio di presidenza della Corte dei conti effettui una ricognizione annuale dei posti resisi disponibili nel ruolo organico dei consiglieri, provvedendo a conferirli per il settantacinque per cento ai primi referendari della Corte dei conti e, per il restante venticinque per cento, ai vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici di cui alla lettera b);

f) prevedere che all’attuazione della delega di cui al presente comma non derivino oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere sarà compensato mediante la riduzione, nella dotazione organica della qualifica iniziale del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero dei posti che si renda necessario, determinato con decreto del Presidente della Corte dei conti, sentito il Consiglio di presidenza.

2-bis. La disposizione di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, continua ad applicarsi ai magistrati della Corte dei conti in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge. Dall’attuazione della delega di cui al presente comma non derivano oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere viene compensato mediante la riduzione, nella dotazione organica della qualifica iniziale del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero di posti che si renda necessario, determinato con decreto del Presidente della Corte dei Conti, sentito il Consiglio di Presidenza.

2-ter. Tutti i magistrati della Corte dei conti con qualifica non inferiore a consigliere compongono i vari collegi delle sezioni riunite della Corte dei conti, mediante idonea turnazione stabilita dal Consiglio di presidenza.

10.111

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Precluso

Sostituire il comma 2 con i seguenti:

«2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere che nell’ambito della Corte dei conti le funzioni superiori giurisdizionali e di controllo siano esercitate da tutti i magistrati con qualifica non inferiore a consigliere;

b) prevedere che al concorso pubblico, per titoli ed esami teorico-pratici, per il conferimento della qualifica di consigliere della Corte dei conti possano partecipare:

1. i magistrati della Corte dei conti, i magistrati dei Tribunali amministrativi regionali e gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità;

2. i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità;

3. i funzionari della carriera direttiva della Presidenza della Repubblica, del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e della Corte costituzionale con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 con almeno quattro anni di anzianità ed in possesso della laurea in giurisprudenza;

c) prevedere che con regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, siano stabilite le norme di attuazione e le modalità di svolgimento del concorso pubblico di cui alla lettera b);

d), apportare alla Tabella B allegata alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345 e successive modificazioni e integrazioni, le modifiche derivanti dalle disposizioni che precedono, prevedendo che la dotazione organica di Consigliere non sia inferiore al numero dei consiglieri in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo;

e) prevedere che il Consiglio di presidenza della Corte dei conti effettui una ricognizione annuale dei posti resisi disponibili nel ruolo organico dei consiglieri, provvedendo a conferirli per il settantacinque per cento ai primi referendari della Corte dei conti e, per il restante venticinque per cento, ai vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami teorico pratici di cui alla lettera b);

f) prevedere che dall’attuazione della delega di cui al presente comma non derivino oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere sarà compensato mediante la riduzione, nella dotazione organica iniziale del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero di posti che si renda necessario, determinato con decreto del Presidente della Corte dei conti, sentito il Consiglio di presidenza;

2-bis. La disposizione di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117 continua ad applicarsi ai magistrati della Corte dei conti in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge. Dall’attuazione della delega di cui al presente comma non derivano oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere viene compensato mediante la riduzione, nella dotazione organica della qualifica iniziale del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero di posti che si renda necessario, determinato con decreto del Presidente della Corte dei conti, sentito il Consiglio di presidenza;

2-ter. Tutti i magistrati della Corte dei conti con qualifica non inferiore a consigliere compongono i vari collegi delle sezioni riunite della Corte dei conti, mediante idonea turnazione stabilita dal Consiglio di presidenza».

10.112

MANZIONE, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, BATTISTI

Precluso

Sostituire il comma 2 con i seguenti:

«2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata i vigore della presente legge, un decreto legislativo con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che nell’ambito della Corte dei conti le funzioni superiori giurisdizionali e di controllo siano esercitate da tutti i magistrati con qualifica non inferiore a consigliere;

b) prevedere che al concorso pubblico, per titoli ed esami teorico-pratici, per il conferimento della qualifica di consigliere della Corte dei conti possano partecipare:

1. i magistrati della Corte dei conti, i magistrati dei Tribunali amministrativi regionali e gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità;

2. i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità;

3. i funzionari della carriera direttiva della Presidenza della Repubblica, del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e della Corte Costituzionale con almeno quattro armi di anzianità, nonché i dirigenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con almeno quattro anni di anzianità, in possesso della laurea in giurisprudenza;

c) prevedere che con regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, siano stabilite le norme di attuazione e le modalità di svolgimento del concorso pubblico di cui alla lettera b);

d) apportare alla tabella B allegata alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345 e successive modificazioni e integrazioni, le modifiche derivanti dalle disposizioni che precedono, prevedendo che la dotazione organica della qualifica di consigliere non sia inferiore al numero dei consiglieri in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo;

e) prevedere che il Consiglio di presidenza della Corte dei conti effettui una ricognizione annuale dei posti resisi disponibili nel ruolo organico dei consiglieri, provvedendo a conferirli per il settantacinque per cento ai primi referendari della Corte dei conti e, per il restante venticinque per cento, ai vincitori del Concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici di cui alla lettera b);

f) prevedere che all’attuazione della delega di cui al presente comma non derivino oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere sarà compensato mediante la riduzione nella dotazione organica della qualifica iniziale del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero dei posti che si renda necessario, determinato con decreto del Presidente della Corte dei conti, sentito il Consiglio di presidenza.

3 La disposizione di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, continua ad applicarsi ai magistrati della Corte dei conti in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge. Dall’attuazione della delega di cui al presente comma non derivano oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Al fine di assicurare l’effettivo rispetto del principio di invarianza della spesa ogni eventuale maggiore onere viene compensato mediante la riduzione, nella dotazione organica della qualifica iniziale del personale di magistratura della Corte dei conti, del numero di posti che si renda necessario, determinato con decreto del Presidente della Corte dei Conti sentito il Consiglio di Presidenza. Tutti i magistrati della Corte dei conti con qualifica non inferiore a consigliere compongono i vari collegi delle sezioni riunite della Corte dei conti, mediante idonea turnazione stabilita dal Consiglio di presidenza.

10.113

BATTISTI

Precluso

Sostituire il comma 2 con il seguente:

«2. Per la riforma dell’ordinamento della Corte dei conti il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata i vigore della presente legge, un decreto legislativo con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i magistrati della Corte dei conti si distinguono secondo le funzioni in: presidente; procuratore generale; presidenti di sezione e procuratori generale; consiglieri e vice procuratori; primi referendari, referendari e sostituti procuratori;

b) prevedere che nell’ambito della Corte dei conti le funzioni superiori giurisdizionali e di controllo siano esercitate dai consiglieri in servizio presso le sezioni riunite, le sezioni giurisdizionali centrali d’appello, la procura generale, la sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, la procura generale presso la sezione giurisdizionale per la Regione siciliana;

c) prevedere che al concorso pubblico, per titoli ed esami teorici-pratici, per il conferimento delle qualifiche indicate al punto b) al quale possono partecipare:

i magistrati della Corte dei conti, con almeno un anno di anzianità;

i consiglieri di Stato, e gli avvocati di Stato;

i magistrati dei tribunali amministrativi e i procuratori dello Stato con almeno un anno di anzianità;

gli avvocati con almeno 5 anni di iscrizione all’album degli avvocati;

i magistrati ordinari e militari con qualifica non inferiore a consigliere di corte di appello;

i professori universitari associati od ordinari di materie giuridiche;

i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con almeno quattro anni di anzianità, in possesso della laurea in giurisprudenza;

d) prevedere che tutti i magistrati in servizio alla data di efficacia del decreto legislativo di cui al presente comma, disponibili allo svolgimento delle funzioni superiori giurisdizionali e di controllo, una volta raggiunta la qualifica di consigliere, siano a tutti gli effetti equiparati ai consiglieri che esercitano le funzioni superiori;

e) prevedere che i posti disponibili nelle funzioni superiori, siano, in via transitoria, man mano che si rendano disponibili, conferiti ai magistrati di cui al punto d) sulla base della anzianità e della professionalità specifica, fino ad esaurimento degli interessati;

f) prevedere che, a regime, i posti disponibili nelle funzioni superiori siano attribuiti nella misura del 75 per cento ai magistrati della Corte dei conti che abbiano raggiunto la qualifica di consigliere, tenendo conto della anzianità e della professionalità specifica degli interessati, e, nella restante percentuale tramite il concorso pubblico previsto al punto b);

g) prevedere che le funzioni di controllo sulle amministrazioni dello Stato siano esercitate dalle sezioni riunite in sede di controllo articolate in collegi in relazione alla diversa tipologia di controlli attribuiti dall’ordinamento, con contenstuale soppressione delle sezioni centrali di controllo e passaggio dei magistrati in servizio nelle nuove articolazioni delle sezioni riunite incaricate di svolgere le specifiche funzioni delle sezioni soppresse;

h) prevedere che la disposizione dell’articolo 11 comma 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117 continui ad applicarsi ai magistrati in servizio alla data di efficacia del decreto legislativo di cui al presente articolo;

i) mantenere per quanto attiene all’accesso alla qualifica di referendario e alla progressione di carriera dei magistrati le disposizioni normative attualmente vigenti;

j) prevedere che gli oneri derivanti dalla attuazione della delega siano coperti mediante riduzione di un congruo numero di unità nella dotazione organica della qualifica iniziale del personale di magistratura».

10.114

BATTISTI, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MANZIONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI

Precluso

Al comma 2, sopprimere la lettera c).

10.115

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO

Precluso

Al comma 2, lettera d), dopo le parole: «della Corte dei conti» aggiungere le seguenti: «e dei Tribunali amministrativi regionali».

10.500

IL RELATORE

Precluso

Al comma 2, lettera l), dopo le parole: «un apposito elenco;» aggiungere le seguenti: «prevedere che, ai fini della formazione dell’elenco di cui sopra, ai consiglieri di nomina governativa è riconosciuta un’anzianità pari a quella prevista per l’acquisizione della qualifica di consigliere di cassazione, in aggiunta a quella maturata in servizio presso la Corte dei conti;».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 10

10.0.500 (TESTO 3)

IL RELATORE

Approvato

Dopo l’articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Modifica della disciplina concernente il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’articolo 10, della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186 con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;

b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;

c) prevedere che, per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di Presidenza, della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.

2. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 1».

 

ARTICOLO 11 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

CAPO III

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INDENNITÀ DI TRASFERTA, FINANZIARIE E PER L’EMANAZIONE DI UN TESTO UNICO

Art. 11.

Soppresso

(Indennità di trasferta)

1. Ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale, a quelli in servizio presso le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e presso le sezioni giurisdizionali centrali della Corte dei conti e la relativa procura generale compete l’indennità di trasferta per venti giorni al mese, escluso il periodo feriale, ove residenti fuori dal distretto della Corte di appello di Roma.

 

EMENDAMENTI

11.100

FASSONE, CALVI, AYALA, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Approvato

Sopprimere l’articolo.

11.500

IL RELATORE

Ritirato

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 11. - (Disposizioni in materia di indennità per i magistrati destinati a funzioni giudiziarie superiori nonché modifiche alla legge 4 maggio 1998, n. 133). – 1. Ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale, nonché a quelli in servizio presso le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e presso le sezioni giurisdizionali centrali della Corte dei conti e la relativa Procura generale, è attribuita per cinque anni a decorrere dall’assunzione delle relative funzioni oppure, per i magistrati che già le svolgono, a decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, un’indennità mensile determinata in base all’importo previsto quale diaria giornaliera per il trattamento di missione dalla tabella A allegata alla legge 18 dicembre 1973, n. 836, come modificata dalla legge 26 luglio 1978, n. 417, e successivamente da ultimo rideterminato con decreto del Ministro del tesoro 11 aprile 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 1985.

2. L’indennità di cui al comma 1 spetta in tutti i casi in cui i magistrati, residenti fuori dal distretto della Corte di appello di Roma, assumano o abbiano assunto le funzioni di legittimità o le funzioni giurisdizionali superiori presso la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato o la Corte dei conti.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano nell’ipotesi di trasferimento di cui all’articolo 21, sesto comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, per le quali non compete alcuna indennità.

4. All’articolo 2, comma 1, della legge 4 maggio 1998, n. 133, le parole: "per quattro anni" sono sostituite dalle seguenti: "per cinque anni"».

11.501 (testo 2)

IL RELATORE

Ritirato

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 11. - (Disposizioni in materia di indennità per i magistrati destinati a funzioni giudiziarie superiori). – 1. Ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa Procura generale, nonché a quelli in servizio presso le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e presso le sezioni giurisdizionali centrali della Corte dei conti e la relativa Procura generale, è attribuita per cinque anni a decorrere dall’assunzione delle relative funzioni oppure, per i magistrati che già le svolgono, a decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, un’indennità mensile determinata in base all’importo previsto quale diaria giornaliera per il trattamento di missione dalla tabella A allegata alla legge 18 dicembre 1973, n. 836, come modificata dalla legge 26 luglio 1978, n. 417, e successivamente da ultimo rideterminato con decreto del Ministro del tesoro 11 aprile 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 1985.

2. L’indennità di cui al comma 1 spetta in tutti i casi in cui i magistrati, residenti fuori dal distretto della Corte di appello di Roma, assumano o abbiano assunto le funzioni di legittimità o le funzioni giurisdizionali superiori presso la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato o la Corte dei conti.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano nell’ipotesi di trasferimento di cui all’articolo 21, sesto comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, per le quali non compete alcuna indennità».

11.101

ZANCAN, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, PAGLIARULO, MALABARBA, SODANO TOMMASO

Precluso

Al comma 1, sopprimere le parole: «di legittimità».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 11

11.0.100

FRAU

Respinto

Dopo l’articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. Ai magistrati è fatto divieto di elettorato passivo entro cinque anni dall’abbandono delle funzioni giudiziarie.

Il Governo è delegato ad emanare entro un anno dall’approvazione della presente legge i provvedimenti necessari, con l’osservanza dei seguenti criteri direttivi:

a) modificare le leggi elettorali nazionali per le elezioni al Parlamento europeo, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica al fine di rendere applicativo il principio previsto dal presente articolo 11-bis a partire dalla prossima legislatura;

b) modificare le leggi elettorali per le regioni, le province e ai comuni al fine di rendere applicativo il principio previsto dall’articolo 11-bis entro un periodo di cinque anni».

11.0.500 (testo 2)

IL RELATORE

V. testo 3

Dopo l’articolo 11, aggiungere il seguente:

«Art. 11-bis.

1. Le disposizioni di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266 e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100 si applicano anche ai magistrati ordinari con trasferimento degli stessi, a domanda, nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266 o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 2».

11.0.500 (testo 3)

IL RELATORE

Approvato

Dopo l’articolo 11, aggiungere il seguente:

«Art. 11-bis.

1. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, si applica anche ai magistrati ordinari con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 2

3. Dalla presente disposizione non possono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato».

11.0.501 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Dopo l’articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Proroga in via transitoria dell’esercizio delle funzioni di Procuratore nazionale antimafia)

1. In deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera h), dell’articolo 9 della presente legge e dal comma 3 dell’articolo 76-bis dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 3 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia, alla data di entrata in vigore della presente legge, è prorogato nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite per un ulteriore periodo di due anni dopo la scadenza del termine massimo indicato nel comma 3 del citato articolo 76-bis».

 

ARTICOLO 12 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 12.

Non posto in votazione. (*)

(Copertura finanziaria)

1. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui all’articolo 3, è autorizzata la spesa massima di 2.519.276 euro per l’anno 2003 e di 5.038.552 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 60.219 euro per l’anno 2003 e 120.438 euro a decorrere dall’anno 2004 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato di cui all’articolo 3, comma 1, lettera l).

2. Per le finalità di cui all’articolo 4 è autorizzata la spesa massima di 244.850 euro per l’anno 2003 e di 489.700 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 8.522 euro per l’anno 2003 e 17.044 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi alla lettera a) del comma 1 del predetto articolo 4, 236.328 euro per l’anno 2003 e 472.656 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi alle lettere f) e g) del medesimo comma.

3. Per le finalità di cui all’articolo 11 la spesa prevista è determinata in 2.096.840 euro per l’anno 2003 e 3.844.206 euro a decorrere dall’anno 2004. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978.

4. Agli oneri indicati nel presente articolo, pari a 4.860.966 euro per l’anno 2003 e a 9.372.458 euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

5. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

________________

(*) Approvato l'emendamento 12.800 (testo 2) interamente sostitutivo dell'articolo

 

EMENDAMENTO

12.800 (TESTO 2)

IL GOVERNO

Approvato

Sostituire l’articolo 12 con il seguente:

«Art. 12. - (Copertura finanziaria). – 1. Per le finalità di cui all’articolo 2, comma 1, lettera o) numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in 2.462.899 euro a decorrere dall’anno 2004; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 5), 6), 11), 12) e 15) nonché lettera l), numero 6) è autorizzata la spesa massima di 594.589 euro a decorrere dall’anno 2004.

2. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), è autorizzata la spesa massima di 13.353.900 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 1.716.000 euro a decorrere dall’anno 2004 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, 3.733.500 euro a decorrere dall’anno 2004 per le spese di funzionamento, 2.800.000 euro a decorrere dall’anno 2004 per il trattamento economico del personale docente, euro 4.860.000 a decorrere dall’anno 2004 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, 112.400 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi al funzionamento del Comitato direttivo di cui all’articolo 3, comma 1, lettera l) e 132.000 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi al funzionamento dei Comitati di gestione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera m).

3. Per le finalità di cui all’articolo 4, la spesa prevista è determinata in 489.700 euro a decorrere dall’anno 2004, di cui 17.044 euro, a decorrere dall’anno 2004, per gli oneri connessi al comma 1, lettera a), e 472.656 euro a decorrere dall’anno 2004 per gli oneri connessi al comma 1, lettere f) e g).

4. Per le finalità di cui all’articolo 6, la spesa prevista è determinata in 1.404.141 euro a decorrere dall’anno 2004.

5. Agli oneri indicati nel presente articolo, pari a 18.305.229 euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede:

a) quanto a 17.519.019 euro, a decorrere dall’anno 2004, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

b) quanto a 786.210 euro, a decorrere dall’anno 2004, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge finanziaria.

6. Il Ministro dell’economia e delle finanze, provvede al monitoraggio dell’attuazione dei predetti articoli 2, 3, 4, 6 e 11, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2, della legge n. 468 del 1978.

7. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

 

ARTICOLO 13 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 13.

Approvato con emendamenti

(Testo unico)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

2. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del comma 5 dell’articolo 1.

 

EMENDAMENTI

13.100 (TESTO 2)

CALVI, AYALA, FASSONE, MARITATI, ZANCAN, DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE

Respinto

Al comma 1, sostituire la parola: «quattro» con la seguente: «tre».

13.500

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1, dopo le parole: «il testo unico delle disposizioni» inserire la seguente: «legislative» e dopo le parole: «con tutte le altre disposizioni» inserire la seguente: «legislative».

13.501

IL RELATORE

Approvato

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

«2-bis. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INTRODURRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 13

13.0.500

BEVILACQUA, PELLICINI

Ritirato

Dopo il capo III, aggiungere il seguente:

«Capo III-bis

ISTITUZIONE DEL RUOLO DI COMPLEMENTO DEI MAGISTRATI ONORARI

Art. 13-bis.

1. È istituito il ruolo di complemento dei magistrati onorari e ad esaurimento a cui accedono, a domanda, i giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari, incaricati di funzioni giudiziarie ai sensi degli articoli 42-ter, 42-quater, 42-quinquies, 42-sexies, 42-septies, 43-bis, 71, 71-bis e 72 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge o che abbiano prestato servizio nelle predette funzioni per almeno un triennio».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 3 PRECEDENTEMENTE ACCANTONATO

3.0.100

IL RELATORE

Ritirato

Dopo l’articolo 3, aggiungere il seguente:

«Art. 3-bis.

1. Nell’esercizio delle deleghe di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), il Governo deve prevedere che quando nei concorsi previsti dall’articolo 2 e dall’articolo 3 sia richiesto, esclusivamente o congiuntamente, l’esame dei titoli, l’esame abbia ad oggetto, oltre che le eventuali pubblicazioni di carattere scientifico, tutti i provvedimenti giudiziari depositati dal magistrato concorrente in quattro trimestri sorteggiati dalla commissione fra tutti i trimestri gennaio-febbraio-marzo, aprile-maggio-giugno e ottobre-novembre-dicembre dei cinque anni antecedenti».

 

PROPOSTA DI COORDINAMENTO

C1

IL RELATORE

V. testo 2

1) Inserire l’articolo 1-bis (introdotto dall’emendamento 1.0.100 testo 3) dopo l’articolo 9, sotto il seguente capo: "Capo II - Delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia".

2) All’articolo 2, comma 1, lettera e), numero 3) aggiungere, in fine, le parole: "e semidirettive".

3) All’articolo 2, lettera g):

a) ai numeri 7) e 8) sostituire le parole: "previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6)," con le seguenti: "previo concorso per titoli,";

b) ai numeri 9), 10), 11) e 12) dopo le parole: "previo concorso per titoli" sopprimere le seguenti: "ed esami".

4) All’articolo 2, alla lettera l):

a) al numero 1), dopo le parole : "e scientifici," sopprimere le seguenti: "nella valutazione" e spostare alla fine del medesimo numero 1) il secondo ed il terzo periodo del numero 6);

b) al numero 2), dopo le parole: "consistenti in lavori giudiziari e scientifici" inserire le seguenti: "della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa" e conseguentemente al medesimo numero 2), dopo le parole: "sceglie tra quelli valutati positivamente" sopprimere le seguenti: "tenendo altresì conto della laboriosità e della capacità organizzativa dei magistrati";

c) al numero 6), dopo le parole: "funzioni direttive" inserire le seguenti: "e alle funzioni semidirettive".

5) All’articolo 3, lettera a), sostituire il numero 4) con il seguente: "4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;".

Conseguentemente sopprimere la lettera c-bis) introdotta dall’emendamento 3.109.

6) All'articolo 3, alla lettera o), dopo le parole: "aggiornamento professionale e" inserire le seguenti: "a quelli".

7) All'articolo 4, alla lettera a), dopo la parola: "composto" inserire le seguenti: ", oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c),".

8) All’articolo 4, lettera e), sostituire le parole: "lettere o), p), s) e t)" con le seguenti: "lettere o), p), s), t) e v)".

9) All’articolo 7, comma 1, lettera d), spostare la seconda parte del numero 3) in un autonomo numero 3-bis).

10) All’articolo 7, comma 1

a) alla lettera g), numero 4), primo periodo, sostituire le parole: "incarico direttivo o di collaborazione semidirettiva" con le seguenti: "incarico direttivo o semidirettivo" e, nel secondo periodo, dopo la parola "direttive", ovunque ricorra, inserire le seguenti "o semidirettive";

b) alla lettera l), numero 1), sostituire le parole: "incarico direttivo o di collaborazione direttiva" con le seguenti: "incarico direttivo o semidirettivo".

11) Nel titolo, sostituire le parole: "e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità" con le seguenti: "per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico".

C1 (testo 2)

IL RELATORE

Approvata

1) Inserire l’articolo 1-bis (introdotto dall’emendamento 1.0.100 testo 3) dopo l’articolo 9, sotto il seguente capo: "Capo II - Delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia".

2) All’articolo 2, comma 1, lettera e), numero 3) aggiungere, in fine, le parole: "e semidirettive".

3) All’articolo 2, lettera g):

a) ai numeri 7) e 8) sostituire le parole: "previa valutazione da parte della commissione di cui alla lettera l), numero 6)," con le seguenti: "previo concorso per titoli,";

b) ai numeri 9), 10), 11) e 12) dopo le parole: "previo concorso per titoli" sopprimere le seguenti: "ed esami".

4) All’articolo 2, alla lettera l):

a) al numero 1), dopo le parole : "e scientifici," sopprimere le seguenti: "nella valutazione" e spostare alla fine del medesimo numero 1) il secondo ed il terzo periodo del numero 6);

b) al numero 2), dopo le parole: "consistenti in lavori giudiziari e scientifici" inserire le seguenti: "della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa" e conseguentemente al medesimo numero 2), dopo le parole: "sceglie tra quelli valutati positivamente" sopprimere le seguenti: "tenendo altresì conto della laboriosità e della capacità organizzativa dei magistrati";

c) al numero 6), dopo le parole: "funzioni direttive" inserire le seguenti: "e alle funzioni semidirettive".

5) All’articolo 3, lettera a), sostituire il numero 4) con il seguente: "4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;".

Conseguentemente sopprimere la lettera c-bis) introdotta dall’emendamento 3.109.

6) All'articolo 3, alla lettera o), dopo le parole: "aggiornamento professionale e" inserire le seguenti: "a quelli".

7) All'articolo 4, alla lettera a), dopo la parola: "composto" inserire le seguenti: ", oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c),".

8) All’articolo 4, lettera e), sostituire le parole: "lettere o), p), s) e t)" con le seguenti: "lettere o), p), s), t) e v)".

9) All’articolo 7, comma 1, lettera d), spostare la seconda parte del numero 3) in un autonomo numero 3-bis).

10) All’articolo 7, comma 1

a) alla lettera g), numero 4), primo periodo, sostituire le parole: "incarico direttivo o di collaborazione semidirettiva" con le seguenti: "incarico direttivo o semidirettivo" e, nel secondo periodo, dopo la parola "direttive", ovunque ricorra, inserire le seguenti "o semidirettive";

b) alla lettera l), numero 1), sostituire le parole: "incarico direttivo o di collaborazione direttiva" con le seguenti: "incarico direttivo o semidirettivo".

11) Nel titolo, sostituire le parole: "e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità" con le seguenti: "per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il consiglio di presidenza della Corte dei conti e il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico".

12) All'articolo 7-bis, introdotto dall'emendamento 7.0.500, al comma 1, alla lettera e), al numero 7), aggiungere in fine le seguenti parole: "o da un suo sostituto".

13) All'articolo 7-bis , introdotto dall'emendamento 7.0.500, al comma 1, alla lettera l), al numero 1), aggiungere in fine le seguenti parole: "Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato" .