XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||||
Titolo: | Disposizioni in materia di banche popolari - AA.CC. 2273-2599-2619-2875-3065 | ||||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 771 | ||||||
Data: | 09/06/05 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VI-Finanze | ||||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Disposizioni in materia di banche popolari AA.CC. 2273-2599-2619-2875-3065
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n. 771
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9 giugno 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Finanze
SIWEB
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File: FI0764.doc
I N D I C E
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ 1. La disciplina delle banche popolari
§ 2. Il dibattito sulla natura delle banche popolari e sulle prospettive di una loro riforma
§ 3. Il contenuto delle proposte di legge in esame
Testo a fronte tra le proposte di legge
A.A.CC. n. 2273-2599-2619-2875-3065
A.C. 2599 – Trasformazione delle banche popolari quotate in società per azioni di diritto speciale
A.C. 2619 – Disposizioni per la regolamentazione delle banche popolari
A.C. 2875 – Disposizioni in materia di banche popolari
A.C. 3065 – Disposizioni in materia di banche popolari cooperative
§ D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (artt. 29-37)
§ D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52 (artt. 136-144 e 148)
§ L. 3 ottobre 2001, n. 366 Delega al Governo per la riforma del diritto societario (art. 5)
Numero del progetto di legge |
2273 |
Titolo |
Disposizioni per la quotazione obbligatoria in borsa degli istituti di credito e modalità per l’esercizio del diritto di voto da parte dei soci azionisti di banche popolari. |
Iniziativa |
On. Antonio Serena |
Settore d’intervento |
Banche; mercati finanziari |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
8 |
Date |
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§ presentazione |
1° febbraio 2002 |
§ annunzio |
4 febbraio 2002 |
§ assegnazione |
27 giugno 2002 |
Commissione competente |
VI |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II |
Numero del progetto di legge |
2599 |
Titolo |
Trasformazione delle banche popolari quotate in società per azioni di diritto speciale. |
Iniziativa |
On. Giorgio Jannone |
Settore d’intervento |
Banche |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
6 |
Date |
|
§ presentazione |
3 aprile 2002 |
§ annunzio |
8 aprile 2002 |
§ assegnazione |
22 aprile 2002 |
Commissione competente |
VI |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II, V, XIV |
Numero del progetto di legge |
2619 |
Titolo |
Disposizioni per la regolamentazione delle banche popolari. |
Iniziativa |
On. Roberto Pinza ed altri |
Settore d’intervento |
Banche |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
7 |
Date |
|
§ presentazione |
9 aprile 2002 |
§ annunzio |
10 aprile 2002 |
§ assegnazione |
6 maggio 2002 |
Commissione competente |
VI |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II, V |
Numero del progetto di legge |
2875 |
Titolo |
Disposizioni in materia di banche popolari. |
Iniziativa |
On. Giancarlo Giorgetti ed altri |
Settore d’intervento |
Banche |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
5 |
Date |
|
§ presentazione |
19 giugno 2002 |
§ annunzio |
20 giugno 2002 |
§ assegnazione |
11 luglio 2002 |
Commissione competente |
VI |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II, V, X |
Numero del progetto di legge |
3065 |
Titolo |
Disposizioni in materia di banche popolari cooperative. |
Iniziativa |
On. Renzo Patria ed altri |
Settore d’intervento |
Banche |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
3 |
Date |
|
§ presentazione |
24 luglio 2002 |
§ annunzio |
25 luglio 2002 |
§ assegnazione |
16 settembre 2002 |
Commissione competente |
VI |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II, V, X, XIV |
La disciplina dell’attività bancaria è contenuta nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
La materia trattata afferisce alla materia della tutela del risparmio e dei mercati finanziari, che l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione rimette all’esclusiva potestà legislativa dello Stato.
Il 15 ottobre 2003 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora concernente la legislazione in materia di banche popolari, di cui decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario – TUB).
La Commissione prende in considerazione, in particolare, i seguenti aspetti della disciplina in questione:
1) la costituzione delle banche popolari in forma di società cooperative per azioni a responsabilità limitata, anche se in circostanze eccezionali e giustificate può esserne autorizzata la trasformazione in società per azioni;
2) la disponibilità di un voto per ciascun socio, indipendentemente dalla percentuale di azioni possedute;
3) il limite al possesso azionario, per ciascun socio, nella misura dello 0,5% del capitale sociale, ad eccezione degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari;
4) il requisito di un numero dei soci non inferiore a 200;
5) l’approvazione della qualità di socio da parte del consiglio di amministrazione. In mancanza di tale approvazione il proprietario delle azioni beneficia esclusivamente dei diritti patrimoniali inerenti alla sua partecipazione.
Ad avviso della Commissione, tali norme, poiché rendono più difficile o poco conveniente l’acquisto di azioni delle banche popolari, costituiscono una violazione del diritto comunitario, in particolare dell’articolo 43 (in materia di libertà di stabilimento), e dell’articolo 56 (in materia di circolazione dei capitali) del Trattato istitutivo della Comunità europea.
La Commissione riconosce che, a norma del Trattato, particolari ragioni di interesse generale potrebbero giustificare l’introduzione o il mantenimento di ostacoli all’esercizio delle libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali. Nel caso in esame, secondo la Commissione l’unica possibile giustificazione delle limitazioni imposte potrebbe essere il fatto che le banche popolari sono costituite in forma di società cooperative. In quanto società cooperative esse dovrebbero almeno in parte essere governate con spirito mutualistico, inteso come volontà dei soci di procurarsi tramite la società beni e servizi a condizioni più favorevoli di quelle praticate dal mercato. La Commissione dubita che le banche popolari possano essere considerate alla stregua di società cooperative dotate di spirito mutualistico e senza prevalente scopo di lucro, ritenendole invece assimilabili alle società lucrative.
Secondo fonti informali, la Commissione stessa non avrebbe ritenuto soddisfacenti le risposte fornite dal Governo italiano nel corso del 2004. In mancanza di ulteriori risposte adeguate da parte italiana, la Commissione potrebbe decidere – sempre secondo fonti informali – di dare corso alla seconda fase della procedura d’infrazione, inviando all’Italia un parere motivato.
Il 26 maggio 2005, a margine di una conferenza stampa, l’on. Giorgio La Malfa, Ministro per le politiche comunitarie, avrebbe dichiarato l’intenzione di chiedere alla Commissione europea ulteriori chiarimenti sui quesiti da essa formulati, prima d’inviare la risposta.
Si ricorda che il 21 ottobre 2004 la Commissione europea, applicando la disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato, ha ingiunto alla Germania di recuperare oltre 3 miliardi di euro (più gli interessi) concessi a sette banche regionali pubbliche[1].
L'indagine della Commissione era iniziata dopo che un gruppo di banche private tedesche aveva fatto notare come negli anni 1991-1998 alcuni Länder avessero trasferito alle banche pubbliche proprietà immobiliari in cambio di pagamenti a rate con un tasso d'interesse (dell’1%) inferiore al tasso di mercato (stimato dalla Commissione nel 6-7%).
La disciplina delle banche popolari è contenuta negli articoli da 29 a 32 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia:- di seguito: TUB).
In particolare, l’articolo 29 precisa che le banche popolari sono costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata.
Il valore nominale delle azioni non può essere inferiore a due euro.
Per quanto riguarda gli organi sociali, il comma 3 dell’articolo 29 stabilisce che la nomina dei membri degli organi di amministrazione e di controllo spetta esclusivamente ai competenti organi sociali. La vigente disposizione – rispetto al testo precedente che riservava la nomina all’assemblea dei soci – tiene conto delle nuove strutture organizzative introdotte dalla riforma del diritto societario.
Il comma 4 dell’articolo 29 stabilisce, inoltre, che alle banche popolari non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 14 dicembre 1947, n. 1577 (nota come legge Basevi),recante provvedimenti in materia di cooperazione.
Va peraltro rilevato che, già prima dell’entrata in vigore del TUB, la dottrina prevalente e la giurisprudenza avevano convenuto circa l’impossibilità di ricondurre le banche popolari nell’ambito della disciplina generale sulla cooperazione, definita dal decreto legislativo n. 1577 del 1947.
Il comma 2-bis dell’articolo 28 (introdotto, nel contesto della recente riforma del diritto societario, dal decreto legislativo 6 febbraio 2004, n. 37) precisa che, ai fini delle disposizioni fiscali di carattere agevolativo, sono considerate cooperative a mutualità prevalente le banche di credito cooperativo che rispettano i requisiti di mutualità previsti dall'articolo 2514 del codice civile[2] e i requisiti di operatività prevalente con soci previsti ai sensi dell'articolo 35 del TUB.
Il comma 1 dell’articolo 30 ribadisce il principio del voto capitario, già affermato dall’articolo 2538, secondo comma, del codice civile, in base al quale ciascun socio, a prescindere dal numero e dal valore delle azioni detenute, dispone di un solo voto. La disciplina del TUB, peraltro, non richiama le disposizioni del terzo comma dell’articolo 2538 c.c., in base al quale l’atto costitutivo può attribuire un maggior numero di voti (fino a cinque) alle persone giuridiche che partecipano a società cooperative.
Ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 30, nessun socio può detenere azioni in misura superiore allo 0,50% del capitale sociale.
Prima dell’entrata in vigore del TUB, il limite era stabilito – in misura non percentuale ma fissa – nell’importo di 15 ovvero di 7,5 milioni di lire, a seconda che il capitale fosse superiore o inferiore a 500 milioni di lire. La previsione di un limite espresso in termini percentuali ha introdotto un elemento di flessibilità nella determinazione della quota massima azionaria che può essere detenuta da ciascun socio: ne consegue che, nelle banche popolari di maggiori dimensioni, un singolo soggetto può detenere una quota di capitale di rilevante valore assoluto.
La banca, rilevato il superamento del limite, è tenuta a contestare al detentore la violazione del divieto. Le azioni eccedenti il limite debbono essere alienate entro un anno dalla contestazione; trascorso tale termine, i relativi diritti patrimoniali maturati fino all'alienazione delle azioni eccedenti vengono acquisiti dalla banca medesima.
Il limite dello 0,50% non si applica agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), per i quali valgono i limiti previsti dalla disciplina propria di ciascuno di essi.
I limiti all’investimento e alla composizione complessiva del portafoglio delle società di gestione del risparmio sono indicati nel provvedimento della Banca d’Italia del 20 settembre 1999, adottato in attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), il quale, per i fondi comuni aperti e chiusi, stabilisce che:
- il patrimonio di un fondo non può essere investito nella misura superiore al 20% del totale delle attività in deposito presso un’unica banca. Nel caso in cui i depositi siano presso la banca depositaria del fondo, tale limite è ridotto al 10%;
- i depositi presso banche di uno stesso gruppo, legate cioè da rapporti di controllo, non possono eccedere il 30% del totale delle attività del fondo;
- nel caso in cui i depositi siano presso banche del gruppo di appartenenza della SGR, le condizioni praticate al fondo debbono essere almeno equivalenti a quelle applicate dalla banca medesima alla propria clientela primaria.
Nel caso in cui il fondo detenga strumenti finanziari emessi da una banca presso la quale ha effettuato depositi, i limiti citati in precedenza debbono essere calcolati sommando il valore di tali strumenti a quelli dei depositi bancari in essere.
L’eccezione prevista per gli OICVM discende presumibilmente dal fatto che la partecipazione di tali soggetti in una cooperativa non risponde all’obiettivo di conseguire finalità di tipo mutualistico. In questo caso risulta particolarmente marcata la differenza fra banche popolari e banche di credito cooperativo, nelle quali la partecipazione risponde essenzialmente a finalità mutualistiche.
La possibilità di acquisire il controllo della banca popolare, superando il limite di possesso azionario, è quindi subordinata alla trasformazione della banca in società per azioni. In proposito, è stato sperimentato il ricorso ad un’OPA condizionata, mediante la quale l’offerente si è dichiarato disposto ad acquistare le azioni che assicurerebbero il controllo della società bersaglio, alla condizione espressa che l’assemblea di quest’ultima deliberi, e l’autorità di vigilanza autorizzi, la trasformazione in SpA (Capriglione).
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 30, il numero minimo dei soci non può essere inferiore a duecento. La definizione di una soglia minima di soci è verisimilmente diretta ad evitare che si costituiscano banche eccessivamente deboli sotto il profilo patrimoniale. Allo stesso scopo, qualora tale numero diminuisca, la compagine sociale dev’essere reintegrata entro un anno; in caso contrario, la banca è posta in liquidazione.
Il comma 5 dell’articolo 30 dispone circa il cosiddetto gradimento.
Prima dell’entrata in vigore del TUB, l’ingresso di nuovi soci era sempre sottoposto alla preventiva valutazione favorevole del consiglio di amministrazione.
Al riguardo, mette conto ricordare che in base all’articolo 2528 del codice civile, il quale subordina l’ammissione di nuovi soci al preventivo assenso degli amministratori, il gradimento costituirebbe una delle caratteristiche proprie della società cooperativa. Era stato rilevato – in vigenza delle disposizioni antecedenti la riforma del 2003 – che gli amministratori potrebbero esercitare il potere di esclusione in termini eccessivamente discrezionali, in tal modo violando il principio, tipico delle società cooperative, della cosiddetta porta aperta. A ciò ha inteso ovviare il legislatore con la riformulazione del citato articolo del codice civile, introducendo l’obbligo di motivare l’eventuale rigetto, prevedendo il termine di sessanta giorni per la sua comunicazione agli interessati e consentendo a questi ultimi di chiedere che sull'istanza si pronunzi l'assemblea. Inoltre, gli amministratori debbono illustrare, nella relazione al bilancio, le ragioni delle determinazioni assunte con riguardo all'ammissione dei nuovi soci[3].
Il TUB ha comunque provveduto a circoscrivere la discrezionalità degli amministratori, anche in ragione del fatto che nell’esercizio delle attività delle banche cooperative il carattere mutualistico risulta obiettivamente più circoscritto, onde appare meno stringente l’esigenza di una verifica delle ragioni che inducono i soggetti interessati a richiedere l’ingresso nella compagine sociale (Costi). È quindi stabilito che le delibere di rigetto delle domande di ammissione debbano essere motivate; in tal modo si afferma, per un verso, che non esiste un diritto di ammissione del richiedente e, per l’altro, che il potere rimesso all’organo di amministrazione non è illimitato, potendo la delibera essere impugnata dinanzi al collegio dei probiviri.
Per prassi consolidata, negli statuti delle società cooperative molto spesso si prevede un ulteriore organo sociale, il collegio dei probiviri. Tale organo ha il compito di risolvere eventuali controversie tra soci, o fra soci e società, riguardanti la gestione mutualistica o il rapporto sociale (come l’ammissione di nuovi soci, il recesso, l’esclusione). Lo scopo è di evitare che i conflitti si traducano in controversie di fronte all’autorità giudiziaria. In ogni caso, la giurisprudenza prevalente ha ridimensionato il ruolo di tale organo.
Peraltro, in genere si esclude che gli atti del collegio dei probiviri abbiano valore di lodo arbitrale e precludano quindi il successivo ricorso all’autorità giudiziaria. In altre parole, la funzione del collegio dei probiviri sarebbe soltanto quella di riesaminare le decisioni dell’assemblea e degli amministratori, al fine di prevenire una lite.
La speciale connotazione che assume l’istituto del gradimento nella disciplina delle banche popolari sarebbe in realtà ispirata a motivazioni capitalistiche e di mercato, oltre che all’esigenza di migliorare la patrimonializzazione delle banche interessate, piuttosto che costituire la mera trasposizione, nel comparto bancario, del principio cooperativistico della porta aperta.
Va da ultimo segnalato che, in base al comma 6 dell’articolo 30, fatti salvi i limiti generali relativi alla quota di capitale detenibile, ai soggetti ai quali non sia stata concessa l’ammissione resta la possibilità di continuare a detenere le azioni possedute godendo dei relativi diritti patrimoniali (dividendi, quota di liquidazione, opzione, assegnazione gratuita di azioni), senza l’esercizio dei diritti sociali (diritto di voto e di partecipazione alle assemblee).
Tale previsione risponde, evidentemente, all’obiettivo di favorire la circolazione delle azioni delle banche popolari, tanto più che le azioni possono essere trasferite anche per girata.
In sostanza – secondo la tesi prevalente – la scelta di ridimensionare l’incidenza della clausola di gradimento rispetto alla disciplina generale risponderebbe alla logica secondo cui l’aspirante socio dovrebbe essere garantito eminentemente nella sua veste di investitore di capitale. Ne seguirebbe che, nel caso specifico, verrebbero meno o comunque risulterebbero fortemente attenuate le ragioni che giustificano il placet in base alla normativa codicistica, vale a dire la valutazione del fatto che l’acquirente sia portatore dello stesso bisogno mutualistico degli altri soci.
In dottrina (Oppo e Marchetti) è stato affermato, in proposito, che per la legittimazione all’esercizio dei diritti patrimoniali non sarebbe sufficiente l’acquisto delle azioni ma occorrerebbe anche che il gradimento sia stato richiesto e non ottenuto.
In effetti, le azioni di alcune banche popolari sono trattate nei mercati regolamentati. In precedenza, ciò avveniva soltanto nel mercato ristretto; successivamente, la negoziazione è passata anche nel mercato principale (vedi elenco allegato).
A questo proposito, merita ricordare che relativamente alle società cooperative con azioni quotate in borsa l’articolo 135 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) stabilisce che le percentuali di capitale individuate nel codice civile per l'esercizio di diritti da parte dei soci sono rapportate al numero complessivo dei soci stessi. La disposizione è stata introdotta in conseguenza dell’abrogazione degli articoli del testo unico, che disciplinavano alcuni istituti posti a tutela delle minoranze, e della loro correlativa trasposizione nel codice civile.
Ai sensi dell’articolo 32, le banche popolari devono destinare almeno il 10% degli utili netti annuali a riserva legale. La quota di utili non assegnata a riserva legale ovvero ad altre destinazioni previste dallo statuto o non distribuita ai soci è destinata a beneficenza o assistenza. Risulta pertanto indeterminata la quota che può essere distribuita ai soci, la cui definizione è rimessa alla discrezionalità dello statuto e dell’assemblea. Ne consegue che, una volta sottratto l’importo da destinare a riserva o a scopi statutari, è consentita la distribuzione di tutta la restante parte degli utili ai soci.
L’articolo 2545-quinquies, primo comma, del codice civile rimette all’atto costitutivo delle società cooperative la determinazione delle modalità e della percentuale massima di ripartizione dei dividendi tra i soci cooperatori, alle condizioni stabilite dal comma secondo.
L’articolo 2514, primo comma, lettera a), pone limitazioni più rigide alla distribuzione di dividendi da parte delle cooperative a mutualità prevalente.
Va, inoltre, ricordato che le banche popolari possono emettere obbligazioni (articolo 12 del TUB).
Per quanto riguarda la trasformazione delle banche popolari, occorre in primo luogo ricordare che l’articolo 31 del TUB attribuisce alla Banca d’Italia la facoltà di autorizzare le trasformazioni di banche popolari in società per azioni.
L’autorizzazione deve rispondere all'interesse dei creditori ovvero ad esigenze di rafforzamento patrimoniale o anche a fini di razionalizzazione del sistema.
Per le stesse ragioni, la Banca d’Italia può autorizzare l’effettuazione di fusioni,alle quali prendano parte banche popolari, da cui risultino società per azioni.
Prima dell’entrata in vigore del TUB, alle banche cooperative era preclusa la possibilità di partecipare a fusioni ovvero di trasformarsi in società ordinarie a scopo di lucro. La modifica intervenuta sembra sostanzialmente riconducibile al fatto che il legislatore ha preso atto dell’avvenuto affievolimento dello scopo mutualistico nello svolgimento delle attività delle banche popolari. Si può, quindi, riscontrare già nell’ordinamento vigente un certo favor nei confronti della trasformazione delle banche popolari; appare indicativo, al riguardo, il disposto del comma 2 dell’articolo 31, che, nel subordinare l’adozione delle delibere di trasformazione e di fusione alle maggioranze prescritte dagli statuti per le modificazioni statutarie, consente, in caso di maggioranze differenziate, l’applicazione di quella meno elevata, salvo comunque il diritto di recesso dei soci.
Sotto questo profilo, la disciplina relativa alle banche popolari risponde già alla caratteristiche della specialità rispetto a quella propria delle altre banche, contenuta negli articoli 56 e 57 del TUB, concernenti, rispettivamente, le modifiche statutarie e le fusioni e le scissioni di banche. Infatti, le previsioni dell’articolo 31 subordinano l’autorizzazione della Banca d’Italia a specifici presupposti, che sono stati in precedenza richiamati. In sostanza, mentre per le banche ordinarie è sufficiente che la Banca d’Italia accerti che l’operazione non contrasta con l’obiettivo della sana e prudente gestione, nel caso delle banche popolari si richiedono quelle ulteriori condizioni che, sia pure genericamente, vengono richiamate al comma 1, dell’articolo 31.
Meno lontana è invece a questo proposito la disciplina delle banche popolari rispetto a quella prevista per le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente a seguito della riforma del diritto societario operata nel 2003. Infatti, la possibilità di trasformazione in società lucrativa è ora contemplata per queste cooperative, a determinate condizioni, dagli articoli 2545-decies e 2545-undecies del codice civile, tuttavia non applicabili alle banche popolari, per le quali prevalgono quindi le norme speciali del testo unico bancario.
L’articolo 5, comma 3, della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario) aveva esplicitamente escluso dall’ambito di applicazione delle disposizioni in essa contenute, per quanto concerne il riordino del sistema delle società cooperative, le banche popolari, le banche di credito cooperativo e gli istituti della cooperazione bancaria in genere, prevedendo che ad esse continuassero ad applicarsi le norme vigenti, salva l'emanazione di norme di mero coordinamento non incidenti su profili di carattere sostanziale della relativa disciplina.
Tuttavia, durante l’esame del disegno di legge di delega, nella seduta del 2 agosto 2001, l’Assemblea della Camera dei deputati approvò l'ordine del giorno Jannone n. 9/1137/5 - su cui il Governo si era rimesso all’Assemblea - impegnando il Governo ad assumere le necessarie iniziative al fine di prevedere la possibilità di trasformare le banche popolari quotate nei mercati regolamentati in società per azioni di diritto speciale, consentendo all'autonomia statutaria di fissare limiti al possesso azionario, al voto proporzionale e alle deleghe di voto, all'interno di limiti massimi fissati dal legislatore, e prevedendo altresì maggioranze particolarmente qualificate per le successive modifiche statutarie dei predetti limiti.
In estrema sintesi, la riforma prospettata dall’articolo 5 della legge n. 366 del 2001 si basa sulla distinzione fra la cooperazione costituzionalmente riconosciuta – riguardante le società che svolgono la propria attività prevalentemente in favore dei soci o che si avvalgono, nello svolgimento della propria attività, prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci – e le altre cooperative. Quanto alla prima tipologia, si prospettano, tra gli altri, i seguenti obiettivi:
- favorire la partecipazione dei soci alle deliberazioni assembleari;
- disciplinare la figura del gruppo cooperativo;
- riservare alle stesse cooperative un regime fiscale agevolato.
Quanto alle altre cooperative si prevede, tra le altre cose, che nell’esercizio della delega si debba:
- assicurare adeguata tutela ai soci finanziatori;
- disciplinare il diritto agli utili, i limiti alla distribuzione delle riserve e il ristorno riservando i più ampi spazi possibili all’autonomia statutaria;
- prevedere la possibilità di emissione di strumenti finanziari, anche partecipativi, al fine di incentivare il ricorso al mercato dei capitali;
- ampliare la possibilità di deleghe di voto;
- ammettere la deroga alla regola generale del voto capitario;
- prevedere la possibilità per le società cooperative di trasformarsi, con procedimenti semplificati, in società lucrative.
A seguito della complessiva riforma operata, in base a questi princìpi, con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, il successivo decreto legislativo 28 dicembre 2004, n. 310 (Integrazioni e correzioni alla disciplina del diritto societario e al testo unico in materia bancaria e creditizia) ha specificato, con l’introduzione di un apposito articolo 150-bis nel testo unico bancario, le disposizioni del codice civile che non trovano applicazione per le diverse categorie di banche cooperative.
Così, non si applicano né alle banche popolari né alle banche di credito cooperativo i seguenti articoli del codice civile:
1) disposizioni riguardanti la definizione dei caratteri di mutualità:
2513 (criteri per la definizione della prevalente mutualità);
2514, secondo comma (adozione delle clausole di mutualità con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria);
2545-octies (perdita del carattere di mutualità prevalente);
2) disposizioni riguardanti i nuovi strumenti finanziari con diritti particolari, introdotti dalla riforma del diritto societario:
2346, sesto comma (emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti a seguito dell'apporto anche di opera o servizi da parte dei soci o di terzi);
2349, secondo comma (assegnazione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni ai prestatori di lavoro dipendenti della società o di società controllate);
2526 (emissione di strumenti finanziari con diritti particolari);
2527, secondo e terzo comma (divieto di concorrenza e categorie speciali di soci);
2540, secondo comma (obbligo di assemblee separate per cooperative di grandi dimensioni);
2541 (assemblee speciali dei possessori degli strumenti finanziari);
2542, primo e quarto comma (nomina degli amministratori da parte dell’assemblea e loro scelta fra le categorie dei soci);
2544 secondo comma, primo periodo, e terzo comma (poteri dei possessori di strumenti finanziari con diritti particolari);
3) disposizioni comprese nella disciplina speciale del testo unico bancario o con essa incompatibili:
2519, secondo comma (applicazione delle norme previste per le società a responsabilità limitata in cooperative di piccole dimensioni);
2522 (numero dei soci);
2525 primo, secondo, terzo e quarto comma (valore delle azioni o quote e limiti di possesso da parte dei singoli soci);
2528, terzo e quarto comma (procedura per il gradimento e ricorso all’assemblea);
2530 secondo, terzo, quarto e quinto comma (procedura per l’autorizzazione al trasferimento di partecipazioni e ricorso al tribunale);
2538, secondo comma, secondo periodo, terzo e quarto comma (deroghe al voto capitario);
2543 (disposizioni sulla nomina dell’organo di controllo);
2545-bis (accesso dei soci agli atti dell’organo di amministrazione);
2545-quater (destinazione degli utili a riserva e ai fondi mutualistici);
2545-quinquies (limiti alla ripartizione degli utili e delle riserve);
2545-decies (trasformazione in società lucrativa);
2545-undecies, terzo comma (improcedibilità della trasformazione in mancanza di revisione dell’autorità di vigilanza);
2545-terdecies (liquidazione per insolvenza)
2545-quinquiesdecies (denunzia al tribunale);
2545-sexiesdecies (gestione commissariale);
2545-septiesdecies (scioglimento per atto dell’autorità);
2545-octiesdecies (sostituzione dei liquidatori).
L'atto costitutivo delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo può prevedere, determinandone i criteri, la ripartizione di ristorni ai soci secondo quanto previsto dall'articolo 2545-sexies del codice civile.
Alle banche popolari non si applicano inoltre i seguenti articoli del codice civile:
2512 (caratteristiche della mutualità prevalente e loro iscrizione in apposito albo);
2514 (requisiti statutari riferiti alla mutualità prevalente);
2530, primo comma (autorizzazione degli amministratori per il trasferimento delle quote o azioni).
Come si è ricordato in precedenza, l’ordinamento vigente (art. 31 del TUB) già prevede una normativa volta esplicitamente a promuovere la trasformazione delle banche popolari in S.p.A., anche mediante fusioni. La trasformazione dovrebbe rispondere all’obiettivo di favorire il rafforzamento patrimoniale oltre che a tutelare l’interesse dei creditori.
In effetti, successivamente all’entrata in vigore del TUB si è accelerato il processo di trasformazione delle banche popolari, tra le quali sono ormai numerose quelle che hanno abbandonato la forma cooperativa (si veda l’elenco allegato).
D’altra parte, la stessa natura di società cooperativa delle banche popolari è stata oggetto di valutazioni discordanti, sia da parte della dottrina, sia nella giurisprudenza. In particolare, autorevoli studiosi (Ferri, Gambino) e alcune pronunzie della giurisprudenza hanno affermato che, per le caratteristiche dell’attività svolta, le banche popolari non potrebbero ritenersi corrispondere alla sostanza delle cooperative, pur riproducendone la forma, essendo in esse assente, o quanto meno affievolito, lo scopo mutualistico.
La stessa Corte di cassazione (26 novembre 1985, n. 5887) ha rilevato, nelle banche popolari, la prevalenza della funzione bancaria su quella mutualistica; a questo riguardo, è stato altresì individuata, quale indicatore particolarmente significativo, la previsione di cui al comma 4 dell’articolo 29 del TUB, in base al quale alle banche popolari non si applica il D.Lgs. n. 1577 del 1947. Si è inoltre osservato che l’attività svolta dalle banche popolari nei confronti di terzi è largamente prevalente rispetto a quella rivolta ai soci.
Sottesa a tale impostazione sembra essere la valutazione per cui nelle banche popolari sarebbe riscontrabile soltanto l’elemento “strutturale” della mutualità, che si fonda sul modo d’organizzazione dell’attività, caratterizzata dal principio della “porta aperta” e del voto capitario, mentre non sarebbe presente il profilo cosiddetto funzionale, il quale attiene al rapporto tra l’ente e i soci, vale a dire all’esclusiva o prevalente direzione dell’attività a favore dei partecipanti. Tali profili sarebbe invece entrambi presenti nelle banche di credito cooperativo. In altri termini, le banche popolari presenterebbero soltanto un tasso ridotto di mutualità.
Sulla base di queste considerazioni è stato sostenuto da autorevole dottrina (Marchetti, Schlesinger), che la disciplina delle banche popolari configurerebbe le stesse come public company. La struttura delle banche popolari sarebbe infatti caratterizzata dalla pariteticità dei poteri dei soci e dal carattere democratico dell’assetto, garantito dal divieto di scalate e di concentrazioni.
Si segnala, al riguardo, che la relazione illustrativa della pdl 2619 sembra condividere tale interpretazione attribuendo alla natura, sia pure particolare, di public company l’effetto positivo di indurre gli amministratori delle banche popolari a “contemperare varie esigenze garantendo soddisfacenti livelli di efficienza e redditività”.
Un diverso orientamento (Rescigno) ha invece sostenuto che la disciplina delle banche popolari conterrebbe eccezioni tanto rilevanti, dal punto di vista sia qualitativo, sia quantitativo, rispetto alle regole strutturali proprie delle cooperative, da sancirne un allontanamento dalla mutualità, anche sotto il profilo strutturale. Le banche popolari costituirebbero una “aporia sistematica” in cui non sarebbe ravvisabile una corrispondenza tra il nomen cooperativo, la causa mutualistica e, appunto, la disciplina generale delle cooperative. In tal senso vengono richiamati il mutamento, disposto dal TUB, del parametro per il calcolo del limite massimo di partecipazione, che è passato dal valore nominale ad una percentuale del capitale sociale (0,50%), la deroga al limite del possesso azionario a favore degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e la disciplina del gradimento all’ammissione di soci.
Secondo un’ulteriore impostazione emersa in dottrina (Bassi), le banche popolari sarebbero configurabili come cooperative di produzione e non di consumo, in quanto volte al perseguimento del valore costituzionale della tutela del risparmio, di cui all’articolo 47 della Costituzione, privilegiando il momento dell’investimento. Il vantaggio mutualistico risiederebbe infatti nel maggior dividendo percepito dal socio, a differenza delle cooperative di consumo volte ad assicurare un risparmio di spesa ai propri associati.
Due fra le proposte di legge in esame prevedono un’incisiva riforma dell’attuale ordinamento delle banche popolari. Alcune delle modifiche prospettate a questo riguardo dalle proposte n. 2599 e 2619 coincidono; per questa parte, è ravvisabile una comune ispirazione, che trae origine da un’analisi sostanzialmente coincidente sugli elementi di precarietà della disciplina prevista dal TUB.
Non mancano, tuttavia, significative diversità. In linea generale, si può affermare che la proposta di legge n. 2599 prospetta una più marcata soluzione di continuità rispetto alla disciplina vigente. Tale orientamento discende dalla considerazione, espressa nella relazione di accompagnamento, secondo cui le banche popolari in genere (e quindi, non soltanto quelle quotate) avrebbero perso lo “scopo mutualistico degli esordi, essendosi allontanate definitivamente dall’alveo e dalla finalità delle banche cooperative”. A ciò si accompagna l’affermazione secondo cui per le banche popolari, analogamente agli altri istituti di credito, si porrebbe l’esigenza di dotarsi di un assetto organizzativo che consenta loro di competere efficacemente sul mercato. Sotto questo profilo vengono segnalati, quali indicatori dell’inadeguatezza della vigente disciplina, la persistente limitazione al diritto di voto dei soci, descritto come un unicum nel panorama creditizio mondiale, e gli “strumenti obsoleti” costituiti dal voto capitario e dalla clausola di gradimento, che rappresenterebbero un disincentivo all’investimento nelle banche stesse, sminuendo l’appetibilità dei relativi titoli.
La proposta di legge n. 2619 sembra invece ispirata all’obiettivo di superare i limiti risultanti dalla delega conferita dalla citata legge n. 366 del 2001 per la riforma del diritto societario, che precluderebbero alle banche popolari la possibilità di avvalersi di regimi utili al rafforzamento della competitività (reperimento del capitale di rischio, disciplina degli utili, aumento dell’autonomia statutaria, migliore articolazione dell’emissione di strumenti finanziari partecipativi e no). Viene quindi proposta una prospettiva evolutiva e volontaria delle banche popolari, allo scopo di evitare a queste ultime, pur senza snaturarne le caratteristiche tipiche, il rischio di vedersi “progressivamente marginalizzate in un mercato fortemente concorrenziale”. Tali caratteristiche vengono individuate nel ruolo svolto dalle banche popolari nel tessuto economico del paese, segnato dalla prevalenza di piccole e medie imprese che troverebbero nelle banche popolari un interlocutore privilegiato per le forti ramificazioni territoriali che le contraddistinguono.
Un diverso atteggiamento informa la proposta di legge n. 2273, che tende allo sviluppo del mercato dei capitali, considerato – per l’esiguo numero dei soggetti quotati – “poco rappresentativo della realtà economica italiana”. Per rafforzare tali mercati, la proposta impone in via generale la quotazione alle banche per le quali ne ricorrano le condizioni. La misura è giustificata nella relazione con riferimento sia alla trasparenza nella formazione dei prezzi e alla più agevole negoziabilità dei titoli, sia all’incremento delle opportunità per i risparmiatori, sia – con particolare riguardo alle banche popolari – al rafforzamento della compagine sociale e all’intensificazione delle caratteristiche di public company. Sono previste a questo fine modalità speciali per la quotazione e vengono introdotte connesse disposizioni modificative della disciplina delle banche popolari in materia di diritti dei soci e di partecipazione alle assemblee.
Le proposte di legge n. 2875 e n. 3065 rispondono invece a un diverso apprezzamento della normativa vigente, che viene considerata favorevolmente sia sul piano dell’organizzazione di questi istituti bancari, sia su quello della loro operatività nel sistema economico nazionale. In particolare, nella relazione alla proposta di legge n. 2875 si sostiene che “un ampio processo di ridimensionamento del credito popolare a favore di entità creditizie di tipo nazionale non aventi peculiare e forte riferimento al territorio contrasterebbe con gli interessi strategici dell’economia nazionale”, in particolare con il rischio di limitare il credito alle imprese minori. Dal punto di vista normativo, viene osservato che le banche popolari si collocano nell’àmbito generale dell’ordinamento cooperativo, cui non apparirebbe coessenziale lo scopo mutualistico, e che esse, “coerentemente con la loro natura non mutualistica, non hanno mai goduto di alcuna agevolazione fiscale o contributiva”. Coerentemente con queste considerazioni, la relazione alla proposta di legge n. 3065 non ravvisa “motivi di interesse generale o di rilevante opportunità” che obblighino a modificare un assetto normativo il quale consente la crescita di questi soggetti, pur in un sistema fortemente concorrenziale, e che, per le loro particolari caratteristiche, agevola l’accesso degli operatori minori al credito bancario. Le due proposte delineano tuttavia alcune misure legislative volte, da un lato, ad “accrescere la flessibilità del modello”, dall’altro a favorire la confluenza di una maggiore quota di risparmio “popolare” e “istituzionale” nel capitale di queste banche, anche attribuendo agli investitori che rappresentano tale risparmio (investitori “istituzionali” e compagnie d’assicurazione esercenti il ramo vita) una più incisiva possibilità di controllo sulla gestione.
Per quanto concerne la forma giuridica, si può rilevare che la formulazione dell’articolo 1 della pdl n. 2599 coincide sostanzialmente con quella dell’articolo 1 della pdl n. 2619. In entrambi i casi si afferma il principio per cui, quando si tratti di banche popolari quotate nei mercati regolamentati, debba essere obbligatoriamente adottata la forma giuridica della società per azioni di diritto speciale.
Va peraltro osservato che non si tratterebbe della disciplina generale prevista in materia dal codice civile né di quella di cui al TUB, prospettandosi un regime di carattere speciale.
Un’ulteriore novità, prevista da entrambe le proposte di legge, consiste nella previsione della specifica denominazione di “banche popolari S.p.A. di diritto speciale” che dovrebbe essere adottata dalle società quotate.
Si introducono, quindi, due elementi di novità, rispetto al regime vigente, entrambi in forma di obbligo giuridico e non rimesso alla discrezionalità statutaria ovvero dell’assemblea: l’assunzione di una forma giuridica specifica, mediante la trasformazione in S.p.A. di diritto speciale e l’obbligo di denominazione.
Sotto il profilo della formulazione dei testi, si può osservare che entrambi omettono di inserire le relative disposizioni nell’ambito del TUB mediante appropriate novelle; si accentuerebbe in tal modo, il carattere di specialità della disciplina prospettata, tuttavia pregiudicando l’organicità della normativa in materia bancaria.
L’articolo 2, comma 1, delle due proposte n. 2599 e n. 2619 prevede, per le banche popolari costituite in forma di società cooperativa, la possibilità di trasformarsi in banche popolari S.p.A. di diritto speciale, secondo le modalità previste ai commi 2 e 3 dell’articolo 31 del TUB (quest’ultima precisazione è contenuta esclusivamente nella pdl n. 2619). Quest’ultima disposizione viene peraltro ribadita al successivo articolo 6, comma 1, della medesima pdl.
In ogni caso, resterebbe ferma la possibilità di trasformarsi in S.p.A. di diritto ordinario, secondo quanto previsto dallo stesso articolo 31.
In sostanza, per le banche popolari si prospettano le seguenti possibilità alternative:
a) esse possono continuare a mantenere la forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata;
b) esse possono continuare a trasformarsi, anche mediante fusioni, in società per azioni ordinarie, secondo le previsioni dell’articolo 31 del TUB;
c) esse possono adottare la forma giuridica di società per azioni di diritto speciale, sottoponendosi al regime previsto dalle pdl, secondo le modalità di cui all’articolo 31 del TUB;
d) esse debbono necessariamente costituirsi in forma di S.p.A. di diritto speciale quando siano quotate in mercati regolamentati.
Va peraltro osservato come dal tenore letterale dell’articolato sembri potersi desumere che l’eventuale trasformazione in S.p.A. di diritto speciale non comporta l’applicazione del comma 1 dell’articolo 31 del TUB; sembrerebbe quindi venir meno la competenza della Banca d’Italia ad autorizzare la trasformazione sulla base della verifica dei presupposti indicati al medesimo comma. Questa statuizione è espressamente formulata nella pdl n. 2619, che contempla l’applicabilità dei soli commi 2 e 3.
L’articolo 1, comma 1, della pdl n. 2875 mantiene invece la forma esclusiva della società cooperativa per azioni a responsabilità limitata, già prevista dall’articolo 29, comma 1, TUB, rispetto al quale la disposizione proposta risulta meramente confermativa, in conformità con quanto è stabilito dal comma 2, che ribadisce l’applicabilità della disciplina contenuta nel testo unico bancario. Il successivo comma 3 dichiara applicabili alle banche popolari, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti in materia di società cooperative e le norme delegate di riforma del diritto societario adottate ai sensi della legge 3 ottobre 2001, n. 366. La stessa previsione di applicabilità della disciplina del testo unico bancario e delle disposizioni di riforma del diritto societario è contenuta nell’articolo 1, comma 1, della pdl n. 3065.
Questa disposizione innova implicitamente l’orientamento della citata legge di delega, che eccettuava le banche popolari dall’àmbito di applicazione della nuova disciplina. Le norme frattanto adottate nell’esercizio della delega medesima hanno conformemente determinato il rapporto fra la disciplina speciale delle banche cooperative e quella generale delle società cooperative contenuta nel codice civile. Qualora s’intenda modificare tale assetto, occorre pertanto intervenire direttamente sulle disposizioni vigenti, in particolare l’articolo 150-bis del testo unico bancario.
L’articolo 2 della pdl n. 2599 reca ulteriori disposizioni:
- si stabilisce l’obbligo, per le banche popolari quotate nei mercati regolamentati, di trasformarsi in società per azioni entro 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 2);
In proposito, potrebbe risultare utile chiarire se la disposizione intenda prevedere un regime parzialmente derogatorio rispetto a quello indicato all’articolo 1, in base al quale le banche già esistenti e quotate non sarebbero tenute ad assumere la forma di SpA di diritto speciale.
- si precisa che gli istituti del voto capitario e del gradimento, nonché i limiti alla detenzione del capitale sociale, sono regolati dalla presente legge, in deroga alla disciplina vigente (comma 3);
- viene fatto obbligo agli amministratori delle banche popolari (presumibilmente quelle che accedano alla quotazione) di ottemperare a tutti gli adempimenti previsti dalla normativa per le società per azioni quotate che sono necessari allo scopo di mettere a conoscenza i terzi del nuovo status giuridico, nonché di apportare le conseguenti modifiche agli atti delle società (comma 3);
- viene previsto che alle assemblee societarie convocate o svolte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento sono legittimati a partecipare “con diritto di voto” tutti i soci detentori di azioni della banca popolare quotata, a prescindere dal fatto che abbiano o meno ottenuto il gradimento (comma 4);
- da ultimo, si stabilisce che i soci esercitano il proprio diritto di voto proporzionalmente al numero di azioni da ciascuno detenute senza, quindi, applicare il principio del voto capitario previsto dal comma 1 dell’articolo 30 del T.U. (comma 5).
Si rileva che la pdl n. 2619, all’articolo 6, comma 2, prevede che le modifiche statutarie successive alla trasformazione in “banca popolare S.p.A. di diritto speciale” che riguardino i limiti al possesso azionario, il voto multiplo, le deleghe di voto e il gradimento debbano essere approvate a maggioranza assoluta del capitale.
Si richiamano a questo proposito le disposizioni contenute nella pdl n. 2273, che prevedono la quotazione obbligatoria degli istituti di credito in borsa.
Si segnala, in via generale, che la formulazione lessicale della proposta sembra fare riferimento a soggetti, nozioni e istituti antecedenti la nuova disciplina bancaria e finanziaria (ad esempio, si parla di “istituti di credito”, nozione sostituita con quella di “banca” dal TUB del 1993, e di “borsa”, con specifico riferimento alla Borsa di Milano e alle altre borse valori italiane, invece che di “mercati regolamentati”, nozione che il testo unico della finanza del 1998 ha mutuato dalla disciplina comunitaria).
L’articolo 1 della pdl n. 2273 dispone che entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, le aziende di credito di qualunque categoria, che si trovano nelle condizioni previste dalla legge, debbano fare richiesta di quotazione dei rispettivi titoli azionari alla Borsa valori di Milano nonché, eventualmente, ad uno dei mercati ristretti operanti presso le borse valori italiane.
L’articolo 2 rimette alla CONSOB la verifica dell'esistenza delle condizioni per l'ammissione alla quotazione, prescrivendo che, in loro mancanza, le banche richiedenti debbano adeguarvisi entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
L’articolo 3 dispone, in via d’eccezione, che la quotazione o la negoziazione presso il mercato ristretto, nel caso di banche con almeno cinque sportelli, possa riguardare anche le azioni possedute da più di venti azionisti.
L’articolo 8 prevede che, in caso d’inottemperanza alle disposizioni della legge, i membri del consiglio di amministrazione sono puniti, “ove il fatto non comporti danno maggiore”, con l'ammenda di 5.165 euro, aggiornata annualmente in base al tasso d’inflazione rilevato dall'Istituto nazionale di statistica.
Le proposte di legge n. 2599 e 2619 intervengono in termini molto incisivi in ordine alla rideterminazione del limite massimo della partecipazione che può essere detenuta da ciascun socio. Rispetto all’attuale limite dello 0,5%, che già ha introdotto un criterio addirittura più flessibile rispetto a quello previgente, si prospetta un consistente incremento della quota massima che, nelle previsioni della pdl n. 2599, aumenterebbe di dieci volte, fino al 5% (al 4% nella pdl n. 2619). È comunque fatta salva la possibilità che gli statuti stabiliscano un limite più basso. Il favor verso l’elevazione del limite è particolarmente accentuato nel caso della pdl n. 2599, la quale stabilisce che, in ogni caso, la quota massima non può essere inferiore al 2%.
Va peraltro osservato che le due proposte non precisano se le disposizioni dell’articolo 3 si applicherebbero a tutte le banche popolari ovvero soltanto a quelle quotate nei mercati regolamentati, tenute ad assumere la veste di società per azioni.
Un ulteriore elemento di diversità fra le due proposte di legge concerne il regime previsto per gli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM). Infatti, ferma restando la previsione di un regime derogatorio rispetto a quello ordinario, la pdl n. 2599 manifesta un più accentuato favor fissando al 10% la quota massima che questi ultimi possono detenere. La pdl n. 2619 limita tale quota al 6%. Entrambe le proposte fanno salvi i limiti inferiori eventualmente previsti nella disciplina di vigilanza relativa a ciascun OICVM ovvero nello statuto della banca.
Qualora il socio detenga una quota superiore ai limiti indicati, resta sospeso l’esercizio del diritto di voto per la quota eccedente, restando salvi i diritti patrimoniali.
A quest’ultimo riguardo, si può osservare che la disposizione potrebbe risultare contraddittoria rispetto all’obiettivo di promuovere la circolazione della azioni.
La pdl n. 2619 – riprendendo quanto già previsto dall’articolo 30, comma 2, del TUB – stabilisce che la banca, dopo aver rilevato il superamento dei limiti di detenzione da parte sia dei soci ordinari, sia degli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari, contesta al detentore la violazione del limite. Le azioni eccedenti, salvo che derivino da operazioni di fusione o incorporazione, devono essere alienate entro un anno dalla contestazione della violazione.
Si osserva che, a differenza di quanto previsto dall’articolo 30, comma 2, del TUB (secondo cui, decorso il termine per l’alienazione, i diritti patrimoniali relativi alle azioni eccedenti sono acquisiti alla banca), la disposizione qui proposta non contiene alcuna espressa sanzione per il caso di violazione dell’obbligo.
Le pdl n. 2875 e n. 3065 non intervengono sulla determinazione generale del limite massimo al possesso di partecipazioni. Esse contemplano invece una disciplina derogatoria in favore di soggetti qualificati come investitori istituzionali.
In particolare, l’articolo 3 della pdl n. 2875 prevede – mediante novella all’articolo 30 del TUB – che gli investitori istituzionali, da indicarsi in apposito elenco predisposto dal Ministro dell’economia e delle finanze, possono acquisire partecipazioni nelle banche popolari quotate nei mercati regolamentati in misura singolarmente non superiore al 5% del capitale di ciascuna banca, salvi i più ridotti limiti previsti dalla disciplina propria di ciascuno di essi e dallo statuto della banca. In ogni caso, tali soggetti e gli organismi di investimento collettivo del risparmio, nel loro complesso, non possono detenere una quota maggioritaria del capitale della banca.
Il successivo articolo 5, introducendo un nuovo articolo 30-bis nel TUB, individua i soggetti iscrivibili nel suddetto elenco negli “investitori istituzionali che, sulla base di norme o dello statuto, sono tenuti ad una gestione cautelativa del loro patrimonio”, e in eventuali altri soggetti quali:
a) fondi pensione;
b) imprese di assicurazione esercenti il ramo vita;
c) fondazioni;
d) associazioni senza fini di lucro;
e) altri soggetti che gestiscono disponibilità di lungo periodo secondo criteri non speculativi.
Una disposizione analoga – ma non inserita organicamente nel testo unico bancario – è contenuta nell’articolo 2 della pdl n. 3065 , il quale prevede che gli investitori gestori di risparmio collettivo di lungo periodo o di disponibilità destinate a fini istituzionali possono acquisire partecipazioni nelle banche popolari quotate in misura non superiore al 4% del capitale di ciascuna banca, salvo i minori limiti previsti dalla disciplina relativa a ciascuno di essi o dallo statuto della banca. Agli investitori suddetti sono equiparate le compagnie di assicurazione esercenti il ramo vita.
Sarebbe opportuno chiarire meglio la determinazione dei soggetti cui è riferimento nelle descritte disposizioni, atteso che l’individuazione degli investitori istituzionali era demandata a decreti del Ministro del tesoro dall’articolo 4, comma 6, della legge. 25 gennaio 1994, n. 86 (Istituzione e disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi), abrogato dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, il quale vi ha sostituito la nozione di investitori professionali [in particolare, articoli 30, comma 2, e 100, comma 1, lettera a)].
Le pdl n. 2875 e 3065, in connessione con le disposizioni riferite alla partecipazione di investitori istituzionali, stabiliscono che, con espressa previsione statutaria, le banche popolari quotate nei mercati regolamentati possano conferire a questi il potere di eleggere i sindaci in rappresentanza della minoranza.
In particolare, l’articolo 5 della pdl n. 2875, introducendo un nuovo articolo 30-bis nel testo unico bancario, consente che venga prevista l’elezione su designazione degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e di altri investitori istituzionali partecipanti al capitale, inclusi in un apposito elenco predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze secondo le regole sopra descritte.
L’articolo 3 della pdl n. 3065 contempla analoga designazione da parte degli organismi di investimento collettivo del risparmio e degli investitori gestori di risparmio collettivo di lungo periodo o di disponibilità destinate a fini istituzionali (comprese le compagnie di assicurazione esercenti il ramo vita), partecipanti al capitale.
Un’ulteriore significativa modifica all’ordinamento vigente è costituita dalla previsione, contenuta in entrambe le proposte di legge n. 2599 e 2619, della possibilità di derogare al principio del voto capitario. Al riguardo, va peraltro osservato che mentre nella pdl n. 2619 la deroga è prospettata in termini di facoltà, rimessa all’autonomia statutaria, nella pdl. n. 2599 la deroga è espressa in forma di obbligo, pur demandandosi agli statuti la determinazione dei limiti di voto proporzionali rispetto al possesso azionario.
La pdl n. 2619 prevede inoltre che i limiti eventualmente stabiliti nello statuto, possano essere fissati anche in misura ponderata e secondo criteri di regressività rispetto al numero di azioni possedute.
In materia di deleghe di voto, entrambe le citate pdl affermano che la rappresentanza nelle assemblee sociali è permessa soltanto ad opera di un altro socio e nei casi previsti dall’atto costitutivo della banca. È comunque demandata agli statuti la determinazione del numero delle deleghe conferibili a ciascun socio, numero variabile da un minimo di 10 ad un massimo di 50 per la pdl n. 2599, e fissato in un massimo di 10 dalla pdl n. 2619. Quest’ultima, inoltre, prevede specificamente la disapplicazione delle disposizioni concernenti la disciplina delle deleghe di voto, recata dagli articoli da 136 a144 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria emanato con il D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF).
La disciplina delle deleghe di voto costituisce una delle modifiche più rilevanti del TUF. Nelle valutazioni della dottrina essa viene generalmente inserita fra gli strumenti a tutela delle minoranze, in quanto finalizzata ad un più intenso coinvolgimento dei piccoli azionisti nelle attività della società. Va peraltro ricordato che, in base al comma 4 dell’articolo 137 del TUF, le disposizioni in materia di deleghe di voto non si applicano alle società cooperative. Nelle previsioni dell’articolo 136 del TUF, la delega presuppone una “sollecitazione”, vale a dire la richiesta di conferimento di deleghe rivolta alla generalità degli azionisti. La sollecitazione è effettuata dall’intermediario, su incarico del committente, mediante la diffusione di un prospetto e di un modulo di delega. La sollecitazione è infatti riservata alle imprese di investimento, alle banche, alle società di gestione del risparmio, alle SICAV e alle società di capitali aventi per oggetto esclusivo l’attività di sollecitazione. Particolari disposizioni sono contenute, all’articolo 141, per quanto concerne la raccolta di deleghe effettuata da associazioni di azionisti.
Le disposizioni di cui all’articolo 4 comporterebbero, pertanto, il superamento del divieto previsto al comma 4 dell’articolo 137 del TUF. La dottrina ha peraltro osservato che la vigente preclusione all’utilizzo dello strumento della raccolta di deleghe dovrebbe valere anche con riferimento alle associazioni di azionisti, ai sensi dell’articolo 141 del TUF. È stato peraltro osservato (Presti) che in questo modo si priverebbero le banche popolari di un utile “contraltare” alle associazioni costituite tra azionisti dipendenti che attualmente esercitano un ruolo significativo nell’ambito di alcuni istituti bancari, trattandosi di soggetti particolarmente motivati a presenziare personalmente alle assemblee.
Non è mancato, inoltre, chi ha inteso il divieto dell’articolo 137 in termini restrittivi, interpretando la preclusione nel senso che essa sarebbe inapplicabile alle sollecitazioni di deleghe rivolte ai possessori di azioni di partecipazione cooperativa in vista dell’assemblea di categoria (Patroni-Griffi, Sandulli, Santoro).
Il vigente articolo 2539 del codice civile, nella formulazione introdotta dalla recente riforma del diritto societario, prevede che nelle cooperative disciplinate dalle norme sulla società per azioni ciascun socio possa rappresentare sino ad un massimo di dieci soci.
In precedenza, l’articolo 2534 ammetteva, in generale, la rappresentanza nell’assemblea nei soli casi previsti dall’atto costitutivo, soltanto per mezzo di altri soci e fino a un massimo di cinque.
La pdl n. 2875, all’articolo 2, rimette allo statuto la determinazione del numero massimo di deleghe che possono essere conferite, fino al massimo di dieci. Nello stesso limite, le autorità di vigilanza, in sede di valutazione dello statuto, possono indicare un numero inferiore – per le banche popolari quotate in mercati regolamentati – in relazione all’ampiezza e alla diffusione territoriale della compagine sociale.
La pdl n. 2273 stabilisce alcune disposizioni al medesimo riguardo, relativamente alle banche popolari quotate. In particolare, l’articolo 4, comma 3, riconosce il diritto di voto nelle assemblee ai soli soci rappresentati da persone fisiche e che detengono il numero di azioni che costituisce il quantitativo minimo negoziabile in borsa o presso il mercato ristretto. L’articolo 5 richiama le disposizioni dell'articolo 2372 del codice civile, escludendo la possibilità di deroga alle stesse da parte dell'atto costitutivo o dello statuto.
L’articolo 2372 del codice civile disciplina la rappresentanza dei soci nell'assemblea, prevedendo che, salva disposizione contraria dello statuto, i soci possono farsi rappresentare nell'assemblea, conferendo la rappresentanza per iscritto. I documenti relativi devono essere conservati dalla società. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente.
La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed è sempre revocabile, nonostante ogni patto contrario. Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato nella delega.
Se la rappresentanza è conferita ad una società, associazione, fondazione od altro ente collettivo o istituzione, questi possono delegare soltanto un proprio dipendente o collaboratore.
La rappresentanza, anche nel caso di girata delle azioni per procura, non può essere conferita né ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da essa controllate o ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste.
La stessa persona non può comunque rappresentare in assemblea più di venti soci o, se si tratta di società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, più di cinquanta soci se la società ha capitale non superiore a cinque milioni di euro, più di cento soci se la società ha capitale superiore a cinque milioni di euro e non superiore a venticinque milioni di euro, e più di duecento soci se la società ha capitale superiore a venticinque milioni di euro.
L’articolo 6 stabilisce, per le società quotate in borsa o presso il mercato ristretto, che hanno diritto ad intervenire all'assemblea gli azionisti iscritti al libro dei soci da almeno trenta giorni prima della data dell'assemblea, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2538 del codice civile (che richiede l’iscrizione da almeno novanta giorni). La società deve procedere all'iscrizione dei soggetti che ne fanno richiesta entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta stessa.
L’articolo 7 dispone infine che, ove la partecipazione all’assemblea sia subordinata al rilascio del biglietto di ammissione o ad altro documento, il rilascio di tale documento può avvenire sino all'atto dell'ingresso in assemblea.
L’articolo 5 delle pdl n. 2599 e n. 2619 dispone in merito alla cessione delle azioni. In particolare:
- la pld n. 2599 non prevede alcuna restrizione, salvo il caso che il soggetto acquirente di azioni in percentuale superiore al 2% del capitale sociale non sia dotato dei requisiti di onorabilità: in tal caso, il consiglio di amministrazione può non riconoscere all’acquirente lo status di socio e disporre il “congelamento” dei diritti di voto, fatti salvi i diritti patrimoniali;
In proposito, si può osservare che sarebbe opportuno chiarire se i requisiti di onorabilità sono quelli previsti dal TUB, che non viene esplicitamente richiamato.
- la pdl n. 2619 prevede, invece, che la cessione debba essere autorizzata dal consiglio di amministrazione. In caso di diniego, la delibera del consiglio di amministrazione deve motivare il rigetto, facendo riferimento all’interesse della società, alle disposizioni statutarie e alle caratteristiche tipiche della banca popolare di diritto speciale.
Viene disciplinata, in entrambe le proposte di legge, la disciplina del riesame della decisione di rigetto delle operazioni di cessione delle quote: analogamente a quanto già previsto nel TUB, la richiesta viene formulata dal collegio dei probiviri, costituito secondo lo statuto e integrato da un rappresentante dell’aspirante socio, entro un mese dalla comunicazione (al nuovo socio) della deliberazione del rigetto. A sua volta, il consiglio di amministrazione si pronuncia entro un mese dalla ricezione della richiesta di riesame.
Entrambe le proposte di legge prevedono infine (rispettivamente articoli 6 e 7) una disposizione finale di carattere generale, secondo la quale alle “banche popolari S.p.A. di diritto speciale” si applicano le disposizioni relative alle banche costituite in forma di società per azioni, in quanto compatibili.
La pdl n. 2273, all’articolo 4, stabilisce che le azioni di banche popolari quotate in borsa o presso il mercato ristretto sono liberamente trasferibili, e che è nullo ogni vincolo posto dall'atto costitutivo e dallo statuto. È esclusa l’applicazione degli articoli 2523 e 2525 del codice civile, nonché dell'articolo 30, comma 5, del testo unico bancario.
Gli articoli 2523 e 2525 del codice civile disciplinavano, rispettivamente, la trasferibilità delle quote e azioni e l’ammissione di nuovi soci. Le disposizioni su queste materie sono attualmente contenute negli articoli 2528 e 2530. L’articolo 150-bis del testo unico bancario esclude – per le banche popolari – l’applicabilità degli articoli 2528, commi terzo e quarto, e 2530, ad eccezione del sesto comma.
L’articolo 30, comma 5, del TUB disciplina la procedura per la deliberazione sulle istanze di ammissione a socio delle banche popolari e il riesame del diniego in caso di ricorso al collegio dei probiviri.
Prevede inoltre che, dopo la quotazione obbligatoria dei titoli delle banche popolari – ai nuovi soci non si applica il disposto dell'articolo 2525, terzo comma, del codice civile.
La disposizione qui richiamata prescriveva ai nuovi soci delle società cooperative, oltre all’importo della quota o azione, il versamento aggiuntivo di una somma determinata dagli amministratori tenuto conto delle riserve patrimoniali risultanti dall’ultimo bilancio.
La disposizione è in parte riprodotta nel vigente articolo 2528, secondo comma, del codice civile, secondo cui il nuovo socio deve versare, oltre l'importo della quota o delle azioni, il soprapprezzo eventualmente determinato dall'assemblea in sede di approvazione del bilancio su proposta dagli amministratori.
Nei confronti degli stessi soggetti viene comunque esclusa l’efficacia delle clausole dell'atto costitutivo e dello statuto che subordinino l'ammissione del socio al pagamento di somme ulteriori a qualunque titolo.
L’articolo 4 della pdl n. 2875, aggiungendo un nuovo comma all'articolo 30 del testo unico bancario, stabilisce che le banche popolari quotate nei mercati regolamentati possono procedere all'emissione di nuove azioni soltanto in via straordinaria e su conforme deliberazione dell'assemblea straordinaria.
Proposte di legge in materia di banche popolari
Serena |
Jannone |
Pinza ed
altri |
Giancarlo
Giorgetti ed |
Patria ed
altri |
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Art. 1.
1. Le banche popolari sono costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata o, per quelle quotate nei mercati regolamentati, in forma di società per azioni di diritto speciale denominate "banche popolari spa di diritto speciale" e sono soggette alla disciplina di cui alla presente legge. |
Art. 1.
1. Le banche popolari sono costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata o, per quelle quotate nei mercati regolamentati, in forma di società per azioni "speciale" denominata "banca popolare spa di diritto speciale" soggetta alla disciplina della presente legge. |
Art. 1. (Disposizioni generali).
1. Le banche popolari si costituiscono nella forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata. |
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Art. 2. 1. Ferma restando la disciplina dell'articolo 31 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per la trasformazione in società per azioni ordinaria, le banche popolari costituite in forma di società cooperativa possono trasformarsi in banche popolari spa di diritto speciale. |
Art. 2. 1. Ferma restando la disciplina dell'articolo 31 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per la trasformazione in società per azioni ordinaria, le banche popolari costituite in forma di società cooperativa per azioni possono deliberare la loro trasformazione in banche popolari spa di diritto speciale. In tale caso si applica l'articolo 31, commi 2 e 3, del citato testo unico. |
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3. Alle banche popolari si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti in materia di società cooperative e le disposizioni da adottare ai sensi della legge 3 ottobre 2001, n. 366. |
Art. 1. 1. Le banche popolari, società cooperative per azioni a responsabilità limitata, sono disciplinate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e dalla presente legge. Alle stesse banche si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al comma 3 dell'articolo 5 del decreto legislativo 3 ottobre 2001, n. 366. |
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2. Le banche popolari quotate nei mercati regolamentati devono assumere la forma di società per azioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. |
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3. Gli istituti del voto capitario, del gradimento ed i limiti alla detenzione del capitale sociale sono regolati dalle disposizioni della presente legge. Gli amministratori delle banche popolari devono provvedere a tutti gli adempimenti prescritti dalla legge per le società per azioni quotate al fine di rendere edotti i terzi, e di apportare le modifiche agli atti della società necessaria per l'adeguamento alla nuova normativa. |
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4. Alle assemblee convocate successivamente, ovvero che si tengono successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono legittimati a partecipare, con diritto di voto, tutti i soci detentori di azioni della banca popolare quotata, a prescindere dall'ottenuto gradimento. |
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5. I soci sono chiamati a deliberare e ad esercitare il proprio diritto di voto proporzionalmente al numero di azioni da ciascuno detenute. |
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Art. 3. 1. Nessun soggetto può detenere, direttamente o indirettamente, più del 5 per cento del capitale sociale, salvo che un limite più basso sia stabilito dallo statuto sociale, ma comunque non inferiore al 2 per cento, anche nell'ipotesi di cui al comma 2. |
Art. 3. 1. Nessun socio di una banca popolare costituita nelle forme di cui all'articolo 1 può detenere, direttamente o indirettamente, più del 4 per cento del capitale sociale, salvo un limite più basso stabilito dallo statuto. |
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2. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio non possono detenere azioni in misura eccedente il 10 per cento, salvo i limiti inferiori previsti nella disciplina propria di ciascuno di essi o di quelli stabiliti dallo statuto. |
2. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio non possono detenere azioni in misura eccedente il 6 per cento del capitale sociale, salvi limiti inferiori previsti dalla disciplina propria di ciascuno di essi o stabiliti dallo statuto. |
Art. 3. (Disposizioni in materia di partecipazioni nelle banche popolari).
1. All'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
"3-bis. Gli investitori istituzionali, indicati nell'elenco di cui articolo 30-bis, possono acquisire partecipazioni nelle banche popolari quotate nei mercati regolamentati in misura singolarmente non superiore al 5 per cento del capitale di ciascuna banca, salvo i più ridotti limiti previsti dalla disciplina propria di ciascuno di essi e dallo statuto della banca. Tali soggetti e gli organismi di investimento collettivo del risparmio, nel loro complesso, non possono detenere una quota maggioritaria del capitale della banca". |
Art. 2.
1. Gli investitori gestori di risparmio collettivo di lungo periodo o di disponibilità destinate a fini istituzionali possono acquisire partecipazioni nelle banche popolari quotate in misura non superiore al 4 per cento del capitale di ciascuna banca, salvo i più contenuti limiti previsti dalla disciplina relativa a ciascuno di essi o dallo statuto della banca. A tali fini, le compagnie di assicurazione esercenti il ramo vita sono equiparate agli investitori di cui al primo periodo. |
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3. La banca, rilevato il superamento dei limiti di cui ai commi 1 e 2, contesta al detentore la violazione del divieto. |
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4. Le azioni eccedenti i limiti di cui ai commi 1 e 2, ad eccezione di quelle derivanti da fusione od incorporazione, devono essere alienate entro un anno dalla contestazione. |
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3. In ogni caso, il diritto di voto per la parte eccedente il limite di cui al comma 1 resta sospeso, fatti salvi i diritti patrimoniali dei soci. |
5. In ogni caso l'esercizio del diritto di voto relativo alle azioni eccedenti i limiti di cui al presente articolo, resta sospeso, fermo restando l'esercizio dei diritti patrimoniali. |
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Art. 4. 1. Gli statuti devono prevedere limiti di voto proporzionali rispetto al possesso azionario.
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Art. 4. 1. Lo statuto può prevedere limiti al voto proporzionale, stabiliti, anche in misura ponderata e secondo criteri di regressività, in percentuale rispetto al possesso azionario. |
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Art. 4
3. Hanno diritto di voto nelle assemblee i soli soci rappresentati da persone fisiche e che detengono il numero di azioni che costituisce il quantitativo minimo negoziabile in borsa o presso il mercato ristretto.
Art. 5. 1. Per la rappresentanza nell'assemblea dei soci delle banche popolari le cui azioni sono quotate in borsa o presso il mercato ristretto si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2372 del codice civile. 2. E' inefficace ogni diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto.
Art. 6. 1. Per le società quotate in borsa o presso il mercato ristretto, hanno diritto ad intervenire all'assemblea gli azionisti che risultano iscritti al libro dei soci da almeno trenta giorni prima della data dell'assemblea, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2532 del codice civile. 2. La società deve procedere all'iscrizione dei soggetti che ne fanno richiesta entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta stessa. Art. 7. 1. Ove la partecipazione alla assemblea sia subordinata al rilascio del biglietto di ammissione o ad altro documento, il rilascio di tale documento può avvenire sino all'atto dell'ingresso in assemblea. |
2. Il socio non può farsi rappresentare nelle assemblee se non da altro socio e solo nei casi previsti dall'atto costitutivo. 3. Gli statuti determinano il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio, che in ogni caso non possono essere inferiori a dieci e superiori a cinquanta. |
2. Il socio non può farsi rappresentare nelle assemblee se non da un altro socio e nei casi previsti dall'atto costitutivo. Lo statuto determina il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio. In ogni caso non può essere conferita ad un socio un numero di deleghe superiore a dieci. |
Art. 2.
1. All'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti: "1-bis. Lo statuto determina il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio. In ogni caso, ciascun socio non può rappresentare più di dieci soci. 1-ter. Fermo restando il limite massimo di cui al secondo periodo del comma 1-bis, le autorità di vigilanza, nell'esercizio del potere di valutazione dello statuto, possono indicare un numero inferiore di deleghe conferibili in una banca popolare quotata nei mercati regolamentati, in relazione alla ampiezza ed alla diffusione territoriale del corpo sociale". |
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3. Ai fini previsti dal comma 2 non si applicano le disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, sezione III, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. |
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Art. 4. 1. Ai nuovi soci, acquirenti in borsa o presso il mercato ristretto delle azioni emesse da banche popolari, non si applica il disposto dell'articolo 2525, terzo comma, del codice civile. 2. Non sono efficaci, nei confronti degli acquirenti di cui al comma 1, le clausole dell'atto costitutivo e dello statuto che subordinano l'ammissione del socio al pagamento di somme ulteriori a qualunque titolo. (...) 4. Le azioni di banche popolari quotate in borsa o presso il mercato ristretto sono liberamente trasferibili. È nullo ogni vincolo posto dall'atto costitutivo e dallo statuto alla libera trasferibilità delle azioni. 5. Alle banche popolari le cui azioni sono quotate in borsa o presso il mercato ristretto non si applicano gli articoli 2523 e 2525 del codice civile, nonché l'articolo 30, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modiciazioni. |
Art. 5. 1. Le azioni possono essere liberamente cedute con effetto verso la società. |
Art. 5. 1. Le azioni della società non possono essere cedute con effetto verso la società medesima se la cessione non è autorizzata dal consiglio di amministrazione. |
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2. Solo nel caso in cui il soggetto che si rende acquirente di azioni in percentuale superiore al 2 per cento del capitale sociale non sia dotato dei requisiti di onorabilità, il consiglio di amministrazione può non riconoscere lo status di socio e disporre il congelamento dei diritti di voto, fatti salvi i diritti patrimoniali. |
2. Le delibere del consiglio di amministrazione di rigetto dell'autorizzazione di cui al comma 1 devono essere motivate con riferimento all'interesse della società, alle prescrizioni statutarie e alle caratteristiche tipiche della banca popolare di diritto speciale. |
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3. Il consiglio di amministrazione è tenuto a riesaminare la decisione di cui al comma 1 su richiesta del collegio dei probiviri, costituito ai sensi dello statuto e integrato da un rappresentante dell'aspirante socio. |
3. Il consiglio di amministrazione è tenuto a riesaminare la decisione sull'autorizzazione di cui al comma 1 su richiesta del collegio dei probiviri, costituito ai sensi dello statuto e integrato da un rappresentante dell'aspirante socio. |
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4. L'istanza di revisione deve essere presentata entro un mese dalla data della comunicazione della deliberazione e il collegio dei probiviri si deve pronunciare entro un mese dalla data della richiesta. |
4. La richiesta di riesame deve essere presentata entro un mese dalla comunicazione della deliberazione di rigetto; il consiglio di amministrazione si pronuncia entro un mese dalla ricezione della richiesta. |
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5. Coloro ai quali il consiglio di amministrazione abbia rifiutato l'ammissione a socio possono esercitare i diritti aventi contenuto patrimoniale relativi alle azioni possedute, ferma restando l'applicazione della disciplina di cui all'articolo 3. |
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Art. 6. 1. Alla delibera assembleare di trasformazione in banca popolare spa di diritto speciale si applica il comma 2 dell'articolo 31 del citato testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. |
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2. Le modifiche statutarie, successive alla trasformazione in banca popolare spa di diritto speciale, riguardanti i limiti al possesso azionario, il voto multiplo, le deleghe di voto e il gradimento devono essere approvate con la maggioranza assoluta del capitale sociale. |
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Art. 4. (Emissione di nuove azioni).
1. All'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, è aggiunto, in fine, il seguente comma: "6-bis. Le banche popolari quotate nei mercati regolamentati possono procedere all'emissione di nuove azioni soltanto in via straordinaria e su conforme deliberazione dell'assemblea straordinaria". |
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Art. 5. (Disposizioni in materia di sindaci di minoranza).
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dopo l'articolo 30 è inserito il seguente: "Art. 30-bis. (Sindaci di minoranza). - 1. Gli statuti delle banche popolari quotate nei mercati regolamentati prevedono che la nomina dei sindaci eletti dalla minoranza avvenga su designazione degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e di altri investitori istituzionali partecipanti al capitale, inclusi in un apposito elenco predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze predispone l'elenco di cui al comma 1, tenendo conto degli investitori istituzionali che, sulla base di norme o dello statuto, sono tenuti ad una gestione cautelativa del loro patrimonio, e di eventuali altri soggetti quali: a) fondi pensione; b) imprese di assicurazione esercenti il ramo vita; c) fondazioni; d) associazioni senza fini di lucro; e) altri soggetti che gestiscono disponibilità di lungo periodo secondo criteri non speculativi". |
Art. 3.
1. Le banche popolari quotate possono stabilire, con apposita previsione statutaria, che l'elezione dei sindaci in rappresentanza della minoranza avvenga su designazione degli organismi di investimento collettivo del risparmio e degli investitori di cui all'articolo 2, partecipanti al capitale. |
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Art. 6. 1. Alle banche popolari spa di diritto speciale si applicano le disposizioni per le banche costituite in forma di società per azioni in quanto compatibili con le disposizioni della presente legge. |
Art. 7. 1. Alle banche popolari spa di diritto speciale si applica la disciplina prevista per le banche costituite in forma di società per azioni in quanto compatibile con le disposizioni della presente legge. |
Art. 1 2. Resta ferma la disciplina delle banche popolari contenuta nel testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. |
Si veda, sopra, l’articolo 1, comma 1, primo periodo. |
Art. 1. 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aziende di credito di qualunque categoria, che si trovano nelle condizioni previste dalla legge, devono fare richiesta alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) ed al consiglio di borsa, ovvero al comitato del mercato ristretto, per le quotazione dei rispettivi titoli azionari alla Borsa valori di Milano nonché, eventualmente, ad uno dei mercati ristretti operanti presso le borse valori italiane. |
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Art. 2. 1. La CONSOB verifica l'esistenza delle condizioni per l'ammissione alla quotazione dei titoli di cui all'articolo 1. In caso di mancanza delle condizioni richieste, i soggetti di cui all'articolo 1 sono tenuti a provvedere al fine di adeguarsi ai requisiti richiesti entro il termine massimo di due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. |
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Art. 3. 1. A parziale modifica delle condizioni necessarie per accedere alla quotazione in borsa o alla negoziazione presso il mercato ristretto, la CONSOB può procedere alla quotazione presso la Borsa valori di Milano o alla negoziazione presso il mercato ristretto anche per le azioni che sono possedute da più di venti azionisti, a condizione che i soggetti di cui all'articolo 1 abbiano almeno cinque sportelli. |
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Art. 8. 1. In caso di mancata ottemperanza alle disposizioni di cui alla presente legge, i membri del consiglio di amministrazione sono puniti, ove il fatto non comporti danno maggiore, con l'ammenda di 5.165 euro, aggiornata annualmente in base al tasso di inflazione rilevato dall'Istituto nazionale di statistica. |
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N. 2273
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato SERENA ¾ |
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Disposizioni per la quotazione obbligatoria in
borsa degli istituti |
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Presentata il 1° febbraio 2002
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Onorevoli Colleghi! - Le borse valori del nostro Paese sono poco rappresentative della realtà economica italiana; la scarsa propensione alla quotazione delle nostre aziende è principalmente imputabile a ragioni storiche, peculiari del nostro Paese. Tali ragioni ancor oggi le possiamo riscontrare, da un lato, nel cosiddetto "capitalismo familiare", che comporta un azionariato poco diffuso, dall'altro nella presenza dello Stato in diversi settori dell'economia, in particolare in quello bancario, tramite il possesso di partecipazioni talvolta rilevanti.
Difatti, anche nel settore bancario, il numero delle aziende di credito quotate, rispetto a quelle operanti, è esiguo.
Tale situazione, se raffrontata ai Paesi più industrializzati, mette ancora più in evidenza la poca rappresentatività delle nostre borse valori.
La presente proposta di legge si prefigge di quotare aziende di credito che, pur presentando i requisiti di negoziabilità, non sono ancora approdate in borsa.
La quotazione delle azioni di tali aziende favorirebbe, attraverso la formazione dei prezzi, una maggiore trasparenza ed una più facile negoziabilità delle stesse.
L'aumento della massa dei titoli quotati creerebbe, inoltre, maggiori opportunità di investimento per i risparmiatori e quindi un ampliamento dell'azionariato delle aziende di credito; soprattutto, si permetterebbe alle banche popolari di rafforzare la loro natura di public company, impedendo forme di controllo di gruppi di potere sugli azionisti.
Negli articoli 4 e seguenti della presente proposta di legge, l'attenzione è esclusivamente rivolta alla banche popolari; essi hanno lo scopo di rimuovere gli impedimenti presenti negli statuti di tali aziende alla trasferibilità delle azioni, quali il gradimento della banca per l'iscrizione nel libro soci (articolo 4) e le limitazioni alla rappresentanza nelle assemblee degli azionisti (articolo 5). Per permettere a tali aziende la quotazione si prevede, infatti, di non applicare la cosiddetta "clausola di gradimento" oppure, in materia di rappresentanza nelle assemblee, di applicare quanto disposto dall'articolo 2372 del codice civile in sostituzione dell'articolo 2534 dello stesso codice, che prevede la possibilità di farsi rappresentare nelle assemblee solo da un altro socio, il quale non può rappresentarne più di cinque.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aziende di credito di qualunque categoria, che si trovano nelle condizioni previste dalla legge, devono fare richiesta alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) ed al consiglio di borsa, ovvero al comitato del mercato ristretto, per le quotazione dei rispettivi titoli azionari alla Borsa valori di Milano nonché, eventualmente, ad uno dei mercati ristretti operanti presso le borse valori italiane.
Art. 2. 1. La CONSOB verifica l'esistenza delle condizioni per l'ammissione alla quotazione dei titoli di cui all'articolo 1. In caso di mancanza delle condizioni richieste, i soggetti di cui all'articolo 1 sono tenuti a provvedere al fine di adeguarsi ai requisiti richiesti entro il termine massimo di due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 3. 1. A parziale modifica delle condizioni necessarie per accedere alla quotazione in borsa o alla negoziazione presso il mercato ristretto, la CONSOB può procedere alla quotazione presso la Borsa valori di Milano o alla negoziazione presso il mercato ristretto anche per le azioni che sono possedute da più di venti azionisti, a condizione che i soggetti di cui all'articolo 1 abbiano almeno cinque sportelli.
Art. 4. 1. Ai nuovi soci, acquirenti in borsa o presso il mercato ristretto delle azioni emesse da banche popolari, non si applica il disposto dell'articolo 2525, terzo comma, del codice civile. 2. Non sono efficaci, nei confronti degli acquirenti di cui al comma 1, le clausole dell'atto costitutivo e dello statuto che subordinano l'ammissione del socio al pagamento di somme ulteriori a qualunque titolo. 3. Hanno diritto di voto nelle assemblee i soli soci rappresentati da persone fisiche e che detengono il numero di azioni che costituisce il quantitativo minimo negoziabile in borsa o presso il mercato ristretto. 4. Le azioni di banche popolari quotate in borsa o presso il mercato ristretto sono liberamente trasferibili. E' nullo ogni vincolo posto dall'atto costitutivo e dallo statuto alla libera trasferibilità delle azioni. 5. Alle banche popolari le cui azioni sono quotate in borsa o presso il mercato ristretto non si applicano gli articoli 2523 e 2525 del codice civile, nonché l'articolo 30, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
Art. 5. 1. Per la rappresentanza nell'assemblea dei soci delle banche popolari le cui azioni sono quotate in borsa o presso il mercato ristretto si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2372 del codice civile. 2. E' inefficace ogni diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto.
Art. 6. 1. Per le società quotate in borsa o presso il mercato ristretto, hanno diritto ad intervenire all'assemblea gli azionisti che risultano iscritti al libro dei soci da almeno trenta giorni prima della data dell'assemblea, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2532 del codice civile. 2. La società deve procedere all'iscrizione dei soggetti che ne fanno richiesta entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta stessa.
Art. 7. 1. Ove la partecipazione alla assemblea sia subordinata al rilascio del biglietto di ammissione o ad altro documento, il rilascio di tale documento può avvenire sino all'atto dell'ingresso in assemblea.
Art. 8. 1. In caso di mancata ottemperanza alle disposizioni di cui alla presente legge, i membri del consiglio di amministrazione sono puniti, ove il fatto non comporti danno maggiore, con l'ammenda di 5.165 euro, aggiornata annualmente in base al tasso di inflazione rilevato dall'Istituto nazionale di statistica. |
N. 2599
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato JANNONE ¾ |
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Trasformazione delle banche popolari quotate |
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Presentata il 3 aprile 2002
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Onorevoli Colleghi! - L'avvento della moneta unica ha indubbiamente rafforzato l'accezione comunitaria del panorama politico ed istituzionale europeo, il change-over valutario e la incessante armonizzazione delle normative finanziarie rendono improcrastinabile il riesame delle legislazioni nazionali in considerazione dei principi fondanti dell'Unione europea.
In tale contesto vanno quindi rivisitate le normative più lontane dalle esigenze del mercato e dai princìpi di tutela dei diritti dei cittadini comunitari.
La legislazione vigente in materia di banche popolari quotate necessita di una adeguata attualizzazione che possa contemplare il ripristino delle prerogative dei soci, con particolare riguardo per l'esercizio del fondamentale diritto di voto.
In sintesi, risultano evidenti le motivazioni che supportano le tesi della presente proposta di legge:
a) le banche popolari, in generale, e quelle quotate in particolare, hanno finito per perdere lo scopo mutualistico degli esordi, essendosi allontanate definitivamente dall'alveo e dalle finalità della banche cooperative;
b) le banche popolari hanno sempre più esigenze proprie degli istituti bancari ordinari, con un'offerta diversificata dei prodotti finanziari e con un modello organizzativo che si avvicina sempre più a quello dei moderni istituti di credito;
c) la propensione delle banche popolari alla raccolta di capitali esteri necessari per la modernizzazione del comparto e per le indispensabili politiche di aggregazione ha reso evidente l'apertura delle stesse al mercato nazionale ed internazionale;
d) la contraddittorietà della stringente disciplina delle banche popolari trova la sua più grave espressione nelle banche popolari quotate che continuano a mantenere strumenti obsoleti, quali il voto capitario e la clausola di gradimento, che non solo disincentivano gli investimenti e sminuiscono l'appetibilità dei titoli, ma che riducono fortemente i più elementari diritti dei soci;
e) la limitazione del diritto di voto dei soci rappresenta un unicum nel panorama creditizio europeo e mondiale ed i competenti organismi istituzionali europei hanno già richiamato il nostro Paese in ordine al mancato rispetto del principio della "libera circolazione di capitali" tra soggetti europei;
f) il numero dei soci delle banche popolari quotate si avvicina al milione, a testimonianza di una partecipazione che, anche sotto il profilo numerico, palesa notevoli diversità alla storica matrice cooperativistica delle banche popolari.
Appare inoltre opportuno ricordare che, in data 2 agosto 2001, la Camera dei deputati ha approvato, con una maggioranza rappresentativa di tutti i gruppi parlamentari, un'ordine del giorno, a firma Jannone, Lettieri e Di Luca che così impegnava il Governo:
"La Camera,
considerato che la riforma delle banche popolari e degli istituti bancari della cooperazione bancaria non è ricompresa, in ragione della specificità della relativa disciplina, nella delega al Governo per la riforma delle società cooperative di cui all'articolo 5 del disegno di legge; tenuto conto che il settore sta vivendo una fase di intensa evoluzione che, fermo restando il forte radicamento nella realtà territoriali di origine, si caratterizza per una significativa crescita dei volumi intermediati e dei prodotti offerti alla clientela; tenuto conto che ciò nonostante l'attuale assetto normativo impone vincoli e rigidità che ostacolano le prospettive di ulteriore crescita; tenuto conto che l'attuale assetto normativo costituisce un unicum nel panorama europeo delle società quotate; rilevata la necessità di introdurre elementi di modernizzazione e flessibilità nel comparto delle banche popolari, con particolare riferimento alla possibilità di consentire la trasformazione delle stesse in società per azioni di diritto speciale; impegna il Governo ad assumere le necessarie iniziative onde prevedere la possibilità di trasformazione delle banche popolari quotate nei mercati regolamentati in società per azioni di diritto speciale, consentendo all'autonomia statutaria di fissare i limiti al possesso azionario, al voto proporzionale e alle deleghe di voto, all'interno di limiti massimi fissati dal legislatore, e preferendo altresì maggioranze particolarmente qualificate per le successive modifiche statutarie dei predetti limiti".
La disciplina delle banche popolari è attualmente caratterizzata da:
limitazione della partecipazione detenibile da un singolo socio: è stabilita nella misura percentuale dello 0,5 per cento del capitale sociale dall'articolo 30, comma 2, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, limite che pertanto non si applica agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari;
voto capitario: un voto per socio, indipendentemente dal numero di azioni possedute;
limitazione delle deleghe di voto: è possibile rilasciare delega solo ai soci per non più di cinque deleghe, ai sensi dell'articolo 2534 del codice civile;
disciplina del gradimento: non basta essere azionisti per essere soci. Lo status di socio può essere negato mediante l'esercizio della disciplina del gradimento.
Tali peculiarità evidenziano i seguenti profili di criticità del sistema:
scarsa appetibilità dei titoli delle banche popolari per mancanza di contendibilità, con conseguente difficoltà di esercizio di offerte pubbliche di acquisto;
prevalenza delle categorie di soci meglio organizzate: la disciplina delle deleghe di voto (solo ai soci e per non più di cinque deleghe, ai sensi dell'articolo 2534 del codice civile), favorisce le medesime (amministratori e dipendenti) a svantaggio delle altre (investitori ed utenti);
tale posizione privilegiata disincentiva il ricorso al capitale di rischio;
conseguente bassa efficienza complessiva della struttura;
la disciplina del gradimento consente de facto l'esclusione arbitraria di soggetti investitori.
Considerate tali premesse, il modello proposto con la presente proposta di legge, si basa sull'introduzione, in alternativa alla trasformazione per le sole banche popolari quotate al primo mercato in società per azioni ordinaria di cui all'articolo 31 del citato testo unico, della possibilità di trasformazione in società per azioni di diritto speciale.
Il modello suggerito prevede la modifica delle attuali caratteristiche essenziali:
a) limiti al possesso azionario: si può immaginare un innalzamento della soglia ad una percentuale inferiore o uguale al 5 per cento, consentendo tuttavia agli statuti di fissare un limite più basso, comunque non inferiore al 2 per cento. In caso di superamento dei limiti di possesso, si propone di introdurre una norma che consenta il permanere dei diritti patrimoniali, sterilizzando il diritto di voto per la parte che supera il massimo della partecipazione, senza alcun obbligo di alienazione di tale quota di eccesso;
b) la disciplina del gradimento: si propone di limitare tale facoltà, meglio disciplinando le differenze tra lo status di azionista e quello di socio. In pratica si può supporre che l'azionista:
divenga automaticamente socio qualora mantenga in proprietà le azioni per un certo periodo di tempo;
possa farne richiesta, indipendentemente da quanto sopra. In tale caso la qualità di socio può essere negata solo nel caso in cui egli detenga una partecipazione superiore al 2 per cento del capitale e non sia in possesso dei requisiti di onorabilità introdotti dalla normativa bancaria vigente;
c) il voto capitario: si propone di eliminare il voto proporzionale entro il tetto massimo del possesso azionario del 5 per cento;
d) le deleghe di voto: si propone di porre un limite massimo legale di cinquanta deleghe, consentendo agli statuti di fissare un limite inferiore in relazione alla struttura della singola società, ma comunque non inferiore a dieci. Pare equilibrata la soluzione che prevede che a rappresentare altri soci debbano essere necessariamente soci della banca.
Onorevoli colleghi, per comprendere le premesse e le finalità della presente proposta di legge basta osservare con attenzione i dati della tabella sottostante che si riferiscono al numero di dipendenti, di sportelli, alla capitalizzazione oltre che alla diffusione territoriale delle banche in esame.
A fronte di una capitalizzazione media di oltre 1.100 milioni di euro e di un numero medio di dipendenti di 4.400 unità (che diventano oltre 1.800 milioni di euro e 7.100 unità, se consideriamo i primi cinque istituti per capitalizzazione) risulta difficile affermare di essere di fronte a banche etiche, strettamente legate al rapporto socio-cliente, a logiche che non sono solo utilitaristiche o del tutto analoghe a quelle dei competitori del sistema.
Per dimensione e per distribuzione territoriale questi istituti sono vere e proprie imprese votate al business, tanto più che traggono sostegno finanziario dal mercato dei capitali in cui il legame mutualistico con il "socio azionista" è del tutto cancellato.
Banca |
N. Dipendenti |
N. Sportelli |
Regioni coperte |
B.P. Bergamo |
8.589 |
609 |
Lombardia, Marche, Campania Lazio Piemonte, Umbria, Abruzzo, Emilia, Molise, Liguria, Veneto |
B.P. Verona |
6.827 |
587 |
Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino, Emilia, Toscana, Marche, Lazio |
B.P. Novara |
6.735 |
529 |
Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia |
B.P. Milano |
6.300 |
500 |
Lombardia, Veneto, Emilia, Liguria, Piemonte, Friuli, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Puglia |
B.P. Lodi |
7.225 |
610 |
Lombardia, Veneto, Emilia, Liguria, Piemonte, Trentino, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia |
Comm. Indust. |
2.348 |
216 |
Lombardia, Veneto, Emilia, Piemonte, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio, Campania |
B.P. Intra |
750 |
60 |
Piemonte, Lombardia |
B.P. Cremona |
525 |
65 |
Lombardia, Veneto, Emilia |
B.P. Etruria |
521 |
79 |
Lazio, Toscana, Umbria, Marche |
|
n. dipendenti |
n. sportelli |
|
Totale |
39.820 |
3.255 |
|
Gli azionisti degli istituti menzionati superano nel loro insieme il milione di unità e spesso hanno acquisito i titoli sui mercati azionari senza conoscere i vincoli dell'esercizio del diritto di voto, vincoli che tra l'altro differiscono da istituto a istituto.
Il fine della presente proposta di legge è, quindi, quello di tutelare i diritti dei soci delle banche popolari quotate, armonizzando la normativa italiana sulla base del principio fondante della libera circolazione di capitali e della tutela dei diritti degli azionisti.
Il Parlamento ha già impegnato il Governo, con l'approvazione del citato ordine del giorno, alla predisposizione di una normativa che preveda la creazione di società per azioni di diritto speciale.
La nuova forma giuridica prevista per le banche popolari quotate, se rapportata alla vetusta ed obsoleta formula cooperativistica, risulterà senz'altro più rispettosa dei diritti dei soci, della normativa europea, delle esigenze di mercato.
proposta di legge ¾¾¾
|
Art. 1. 1. Le banche popolari sono costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata o, per quelle quotate nei mercati regolamentati, in forma di società per azioni di diritto speciale denominate "banche popolari spa di diritto speciale" e sono soggette alla disciplina di cui alla presente legge.
Art. 2. 1. Ferma restando la disciplina dell'articolo 31 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per la trasformazione in società per azioni ordinaria, le banche popolari costituite in forma di società cooperativa possono trasformarsi in banche popolari spa di diritto speciale. 2. Le banche popolari quotate nei mercati regolamentati devono assumere la forma di società per azioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. 3. Gli istituti del voto capitario, del gradimento ed i limiti alla detenzione del capitale sociale sono regolati dalle disposizioni della presente legge. Gli amministratori delle banche popolari devono provvedere a tutti gli adempimenti prescritti dalla legge per le società per azioni quotate al fine di rendere edotti i terzi, e di apportare le modifiche agli atti della società necessaria per l'adeguamento alla nuova normativa. 4. Alle assemblee convocate successivamente, ovvero che si tengono successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono legittimati a partecipare, con diritto di voto, tutti i soci detentori di azioni della banca popolare quotata, a prescindere dall'ottenuto gradimento. 5. I soci sono chiamati a deliberare e ad esercitare il proprio diritto di voto proporzionalmente al numero di azioni da ciascuno detenute.
Art. 3. 1. Nessun soggetto può detenere, direttamente o indirettamente, più del 5 per cento del capitale sociale, salvo che un limite più basso sia stabilito dallo statuto sociale, ma comunque non inferiore al 2 per cento, anche nell'ipotesi di cui al comma 2. 2. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio non possono detenere azioni in misura eccedente il 10 per cento, salvo i limiti inferiori previsti nella disciplina propria di ciascuno di essi o di quelli stabiliti dallo statuto. 3. In ogni caso, il diritto di voto per la parte eccedente il limite di cui al comma 1 resta sospeso, fatti salvi i diritti patrimoniali dei soci.
Art. 4. 1. Gli statuti devono prevedere limiti di voto proporzionali rispetto al possesso azionario. 2. Il socio non può farsi rappresentare nelle assemblee se non da altro socio e solo nei casi previsti dall'atto costitutivo. 3. Gli statuti determinano il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio, che in ogni caso non possono essere inferiori a 10 e superiori a 50.
Art. 5. 1. Le azioni possono essere liberamente cedute con effetto verso la società. 2. Solo nel caso in cui il soggetto che si rende acquirente di azioni in percentuale superiore al 2 per cento del capitale sociale non sia dotato dei requisiti di onorabilità, il consiglio di amministrazione può non riconoscere lo status di socio e disporre il congelamento dei diritti di voto, fatti salvi i diritti patrimoniali. 3. Il consiglio di amministrazione è tenuto a riesaminare la decisione di cui al comma 1 su richiesta del collegio dei probiviri, costituito ai sensi dello statuto e integrato da un rappresentante dell'aspirante socio. 4. L'istanza di revisione deve essere presentata entro un mese dalla data della comunicazione della deliberazione e il collegio dei probiviri si deve pronunciare entro un mese dalla data della richiesta.
Art. 6. 1. Alle banche popolari spa di diritto speciale si applicano le disposizioni per le banche costituite in forma di società per azioni in quanto compatibili con le disposizioni della presente legge. |
N. 2619
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati PINZA, LETTIERI, LETTA, SANTAGATA, ¾ |
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Disposizioni per la regolamentazione delle banche popolari |
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Presentata il 9 aprile 2002
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Onorevoli Colleghi! - La legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 per la riforma del diritto societario all'articolo 5, comma 3 ha escluso le "(...) banche popolari, le banche di credito cooperativo e gli istituti della cooperazione bancaria in genere (...)" dalla nuova disciplina delle società cooperative.
E' noto che la banca popolare è una forma giuridica di esercizio collettivo dell'impresa bancaria assai complessa e, per molti versi, singolare.
La complessità della forma giuridica banca popolare è duplice.
Innanzitutto tale complessità concerne l'individuazione delle norme applicabili, per così dire la "topografia normativa" così come si è storicamente evoluta e progressivamente stratificata.
Le banche popolari, infatti, trovano riconoscimento nel nostro ordinamento quale forma di "banca cooperativa" e vengono sinteticamente disciplinate con disposizioni speciali (vale a dire di natura derogatoria rispetto alla disciplina più generale in tema di cooperative, per il resto integralmente applicabile) dagli articoli da 29 a 37 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB).
Complessa, in secondo luogo, è anche l'interpretazione delle norme applicabili, vale a dire la ricostruzione del modello organizzativo di esercizio collettivo dell'impresa (bancaria): e ciò per la difficoltà di coordinare discipline dettate in contesti differenti (e distanti) nonché l'assenza o la difficoltà di ricostruire princìpi regolatori propri del tipo "banca popolare" a partire da norme che sono dettate con una certa completezza solo per la diversa fattispecie generale "società cooperativa".
Come si è già richiamato, la legge delega n. 366 del 2001 esclude espressamente dalla riforma delle società cooperative le banche popolari.
E ciò con una duplice, e peraltro contraddittoria, conseguenza:
a) l'attuale disciplina codicistica non verrebbe meno, con l'approvazione dei decreti legislativi di attuazione della delega, dovendo restare in vigore per le "(...) banche popolari, le banche di credito cooperativo e gli istituti della cooperazione bancaria in genere";
b) l'esclusione peraltro delle società cooperative bancarie da una importante serie di modifiche riguardanti la competitività sul mercato (reperimento del capitale di rischio, disciplina degli utili, aumento dell'autonomia statutaria, migliore articolazione dell'emissione di strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi, eccetera).
L'iniziativa di riforma parte da un presupposto e cioè che il modello "banca popolare" ha avuto un sicuro successo di mercato. Basti considerare che negli ultimi anni le quote di mercato relative agli sportelli, ai depositi e agli impieghi si sono attestate intorno al 20 per cento del sistema e che, negli ultimi 20-25 anni, dette quote sono risultate in continua crescita.
Le lusinghiere performance economiche ed aziendali sia sul piano qualitativo che quantitativo sono dovute alla specificità della disciplina di corporate governance oltre che al forte radicamento locale.
In particolare l'assetto articolato della proprietà (particolare tipo di public company) composta da quattro categorie di soci (finanziatori puri, utenti, dipendenti e amministratori) costringe gli amministratori a contemperare le varie esigenze garantendo soddisfacenti livelli di efficienza e redditività.
Così il citato TUB, proprio in considerazione della funzione economica positivamente assolta in questi anni, ha ritenuto di salvaguardare il modello banca popolare dall'espansione della banca costituita in società per azioni, sia disciplinandolo sia condizionando il superamento del divieto di trasformazione delle cooperative in spa (decreto legislativo n. 481 del 1992, successivamente quasi integralmente abrogato dal TUB) alle condizioni poste dall'articolo 31, comma 1, dello stesso TUB.
Tale scelta preliminare va confermata.
In effetti, se si guarda ad un mercato effettivamente concorrenziale, efficiente e trasparente, non può non considerarsi come un sistema duale di grandi gruppi organizzati in spa - banche popolari e banche cooperative - sia sicuramente preferibile ad un sistema che preveda solo le grandi banche spa. E ciò specie se si tiene conto del tessuto economico del nostro Paese ove, data la prevalenza di piccole e medie imprese, la presenza di banche di medie dimensioni e con forti ramificazioni territoriali (ma svincolati da un rigido localismo) è elemento determinante dello sviluppo.
Oltretutto la banca popolare assolve oggi anche ad una precisa funzione di sostegno degli stessi enti locali, spesso attivi e concorrenti nella promozione dello sviluppo economico.
La presente proposta si muove quindi in una logica di riforma, evolutiva e volontaria, delle banche popolari escludendo forzature autoritative che ne snaturino le caratteristiche.
In effetti l'attuale disciplina ne ostacola la piena competitività sul piano della concorrenza e del ricorso al mercato dei capitali (ivi compresa la quotazione) a causa della eccessiva rigidità di una parte della disciplina tipica delle cooperative (alla quale peraltro la stessa legge n. 366 del 2001 introduce significativi elementi di deroga).
In particolare i punti critici riguardano: la rigidità della disciplina relativa al voto capitario, la limitazione delle deleghe di voto, i limiti al possesso azionario.
Sono tutti aspetti della normativa che, se non adeguati alla realtà di oggi, possono scoraggiare il reperimento del capitale di rischio.
Conseguentemente l'alternativa di fronte alla quale si trovano molte banche popolari è costituita o dal limitare il proprio sviluppo (a causa di una insufficiente capitalizzazione), e quindi rischiare di essere progressivamente marginalizzate in un mercato fortemente concorrenziale, ovvero trasformarsi in semplici spa perdendo quelle caratteristiche che ne hanno determinato il successo.
Se si considera che il successo, in termini di operatività delle banche popolari nel mercato va riferito anche alla loro particolare struttura organizzativa e che l'impedimento alla crescita deriva da determinate regole - limitazioni dell'attuale normativa del TUB, la soluzione che può prospettarsi è quella di individuare una disciplina alternativa rispetto a quella della trasformazione in spa "ordinaria": si tratta pertanto di introdurre un nuovo modello, che può definirsi "banca popolare spa di diritto speciale", caratterizzato, in deroga alla disciplina generale delle spa dal mantenimento di alcune caratteristiche tipiche che hanno di fatto determinato il successo delle banche popolari.
Ferma restando la disciplina del TUB per le banche popolari costituite in forma di società cooperative per azioni a responsabilità limitata, si propone di introdurre nel sistema la possibilità, in alternativa alla trasformazione in spa ordinaria di cui all'articolo 31 del TUB, di trasformazione in "spa di diritto speciale" caratterizzata da una specifica disciplina riguardante i limiti al possesso azionario, il diritto di voto, le deleghe ed il gradimento.
L'attuale disciplina (articolo 30, comma 2, del TUB) limita il possesso azionario allo 0,50 per cento del capitale che, unitamente alla previsione della perdita dei diritti patrimoniali relativi alle azioni eccedenti, costituisce una remora evidente all'acquisizione di quel capitale di rischio che è necessario per il raggiungimento delle dimensioni ottimali dell'impresa.
Per altro verso un eccessivo innalzamento del limite creerebbe uno squilibrio a favore dei soci investitori a danno delle altre categorie di soci delle banche popolari (dipendenti, utenti, amministratori).
All'articolo 3 della proposta si propone quindi di elevare tale limite al 4 per cento del capitale sociale, consentendo tuttavia all'autonomia statutaria di stabilire un limite più basso.
La percentuale, per gli organismi di investimento collettivo viene elevata al 6 per cento.
Si propone anche una sostanziale modifica delle conseguenze del superamento del limite rispetto all'attuale disciplina del TUB (articolo 30, comma 2) che costituisce una forte limitazione all'investimento di soci finanziatori e che non ha ragione di essere in una spa: il permanere dei diritti patrimoniali (in particolare i dividendi) sterilizzando il diritto di voto per la parte che supera il limite massimo stabilito dalla legge (o dallo statuto).
Si avrebbe quindi un incentivo per quegli investitori che non hanno interesse alla gestione, ma rivolgono la loro attenzione esclusivamente ai risultati economici.
Del resto la propensione all'investimento e al disinvestimento (e quindi il valore del titolo sul mercato) funzionerebbe quale controllo sulla capacità gestionale degli amministratori.
Peraltro una disciplina di questo tipo avrebbe come risultato anche quello di facilitare la circolazione dei titoli sui mercati regolamentati.
Il voto capitario costituisce certamente un ostacolo all'investimento nel capitale delle banche popolari.
All'articolo 4 della proposta si stabilisce che gli statuti "possano" prevedere limiti al voto proporzionale (tipico delle spa) fissandoli percentualmente, anche in misura ponderata e secondo criteri di regressività, rispetto al possesso azionario.
Attraverso la modulazione del diritto di voto si realizza una maggiore incidenza del socio finanziatore nelle decisioni assembleari, rendendo anche sotto questo profilo più appetibile l'investimento, senza pregiudicare l'equilibrio con le altre categorie di soci e comunque secondo logiche e scelte rimesse all'autonomia statutaria.
Rinviare, sul punto, all'autonomia degli statuti, consente alla società di regolare la disciplina in relazione alle esigenze proprie della singola impresa.
Nella stessa logica si pone la proposta di innalzamento del limite alla delegabilità del voto (determinata dallo statuto entro il limite massimo fissato in dieci dalla legge).
Infatti, la rigida disciplina vigente costituisce da un lato uno dei punti critici della democrazia interna delle banche popolari e dall'altro un disincentivo all'investimento.
L'aumento contestuale dei limiti di legge sia al possesso azionario che alle deleghe va quindi nella direzione di un forte incentivo all'investitore che vuole contare in sede di assemblea.
Peraltro la proposta di non applicare l'articolo 2351, primo comma, del codice civile, impone il permanere di un limite alla delegabilità dal voto.
Entrambe le norme consentono alla "spa di diritto speciale" di migliorare, senza peraltro perderle, alcune caratteristiche tipiche della disciplina delle banche popolari.
All'articolo 5 si propone il mantenimento della disciplina del gradimento anche per le "spa di diritto speciale".
Se, infatti, quest'ultima, come viene proposto, deve mantenere, seppure sostanzialmente modificate, le caratteristiche di struttura dei capitali e dell'organizzazione delle banche popolari cooperative, di tale struttura non può non far parte anche la "disciplina legale" del gradimento.
L'articolo 6 prevede l'applicazione del comma 2, dell'articolo 31 del TUB per la delibera assembleare di trasformazione in "banca popolare spa di diritto speciale" mentre stabilisce un quorum deliberativo (maggioranza del capitale sociale) per le successive modifiche statutarie riguardanti i limiti al possesso azionario, il voto multiplo, le deleghe di voto e il gradimento (caratteristiche del "tipo").
L'articolo 7 rinvia alla disciplina generale delle spa per quanto non espressamente previsto dalla legge.
In conclusione la presente proposta di legge ha come obiettivo quello di consentire alle banche popolari di stare sul mercato in maniera concorrenziale, acquisendo il capitale di rischio che consente a ciascuna di esse di raggiungere la dimensione ottimale.
Per conseguire tale obiettivo la disciplina proposta prevede il tipo "banca popolare di diritto speciale" caratterizzata, rispetto alla normativa della spa ordinaria, da modificazioni in tema di limiti al possesso azionario, diritto di voto e deleghe di voto, nonché da una disciplina del gradimento.
Tuttavia, in coerenza con i princìpi di riforma del diritto societario di recente approvati dal Parlamento, alla fissazione di rigide norme imperative si è preferita la fissazione di limiti massimi che garantiscono le caratteristiche del "tipo", consentendo all'autonomia statutaria di disciplinare la materia in relazione alle esigenze specifiche della singola impresa.
Trattandosi di aspetti dell'organizzazione sociale particolarmente delicati è sembrato opportuno prevedere quorum qualificati per eventuali modifiche statutarie riguardanti questa materia.
Il tipo societario del quale si propone l'introduzione nell'ordinamento giuridico costituisce uno strumento di duttilità del sistema bancario, la cui adozione viene rimessa, con maggioranze qualificate, alla scelta dei soci, unici in grado di apprezzarne la eventuale maggiore rispondenza agli scopi sociali.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Le banche popolari sono costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata o, per quelle quotate nei mercati regolamentati, in forma di società per azioni "speciale" denominata "banca popolare spa di diritto speciale" soggetta alla disciplina della presente legge.
Art. 2. 1. Ferma restando la disciplina dell'articolo 31 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per la trasformazione in società per azioni ordinaria, le banche popolari costituite in forma di società cooperativa per azioni possono deliberare la loro trasformazione in banche popolari spa di diritto speciale. In tale caso si applica l'articolo 31, commi 2 e 3, del citato testo unico.
Art. 3. 1. Nessun socio di una banca popolare costituita nelle forme di cui all'articolo 1 può detenere, direttamente o indirettamente, più del 4 per cento del capitale sociale, salvo un limite più basso stabilito dallo statuto. 2. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio non possono detenere azioni in misura eccedente il 6 per cento del capitale sociale, salvi limiti inferiori previsti dalla disciplina propria di ciascuno di essi o stabiliti dallo statuto. 3. La banca, rilevato il superamento dei limiti di cui ai commi 1 e 2, contesta al detentore la violazione del divieto. 4. Le azioni eccedenti i limiti di cui ai commi 1 e 2, ad eccezione di quelle derivanti da fusione od incorporazione, devono essere alienate entro un anno dalla contestazione. 5. In ogni caso l'esercizio del diritto di voto relativo alle azioni eccedenti i limiti di cui al presente articolo, resta sospeso, fermo restando l'esercizio dei diritti patrimoniali.
Art. 4. 1. Lo statuto può prevedere limiti al voto proporzionale, stabiliti, anche in misura ponderata e secondo criteri di regressività, in percentuale rispetto al possesso azionario. 2. Il socio non può farsi rappresentare nelle assemblee se non da un altro socio e nei casi previsti dall'atto costitutivo. Lo statuto determina il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio. In ogni caso non può essere conferita ad un socio un numero di deleghe superiore a dieci. 3. Ai fini previsti dal comma 2 non si applicano le disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, sezione III, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Art. 5. 1. Le azioni della società non possono essere cedute con effetto verso la società medesima se la cessione non è autorizzata dal consiglio di amministrazione. 2. Le delibere del consiglio di amministrazione di rigetto dell'autorizzazione di cui al comma 1 devono essere motivate con riferimento all'interesse della società, alle prescrizioni statutarie e alle caratteristiche tipiche della banca popolare di diritto speciale. 3. Il consiglio di amministrazione è tenuto a riesaminare la decisione sull'autorizzazione di cui al comma 1 su richiesta del collegio dei probiviri, costituito ai sensi dello statuto e integrato da un rappresentante dell'aspirante socio. 4. La richiesta di riesame deve essere presentata entro un mese dalla comunicazione della deliberazione di rigetto; il consiglio di amministrazione si pronuncia entro un mese dalla ricezione della richiesta. 5. Coloro ai quali il consiglio di amministrazione abbia rifiutato l'ammissione a socio possono esercitare i diritti aventi contenuto patrimoniale relativi alle azioni possedute, ferma restando l'applicazione della disciplina di cui all'articolo 3.
Art. 6. 1. Alla delibera assembleare di trasformazione in banca popolare spa di diritto speciale si applica il comma 2 dell'articolo 31 del citato testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. 2. Le modifiche statutarie, successive alla trasformazione in banca popolare spa di diritto speciale, riguardanti i limiti al possesso azionario, il voto multiplo, le deleghe di voto e il gradimento devono essere approvate con la maggioranza assoluta del capitale sociale.
Art. 7. 1. Alle banche popolari spa di diritto speciale si applica la disciplina prevista per le banche costituite in forma di società per azioni in quanto compatibile con le disposizioni della presente legge. |
N. 2875
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati GIANCARLO GIORGETTI, CE', BALLAMAN, BIANCHI CLERICI, BRICOLO, CAPARINI, DIDONE', GUIDO DUSSIN, LUCIANO DUSSIN, ERCOLE, FONTANINI, DARIO GALLI, GIBELLI, LUSSANA, MARTINELLI, FRANCESCA MARTINI, PAROLO, POLLEDRI, RIZZI, GUIDO GIUSEPPE ROSSI, SERGIO ROSSI, STUCCHI, VASCON ¾ |
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Disposizioni in materia di banche popolari |
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Presentata il 19 giugno 2002
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Onorevoli Colleghi! - Le banche popolari costituiscono un'importante realtà bancaria nel sistema economico del nostro Paese che trova, peraltro, rispondenza, a livello di Unione europea, in analoghi sistemi di banche cooperative. Le banche popolari, e in generale tutte quelle a matrice cooperativa, stanno, ovunque, rafforzando il proprio posizionamento nel mercato, soprattutto in virtù del loro carattere localistico: in Europa, la quota di mercato detenuta da banche cooperative ha ormai raggiunto il 17 per cento, livello significativamente superato in alcuni grandi Paesi, tra cui l'Italia. Nel nostro Paese, in particolare, nel periodo 1996-2001 sono aumentate da 24 a 44 le province nelle quali la quota di sportelli che fa capo alle banche popolari e alle loro controllate è superiore al 25 per cento.
Banche popolari: numero di province in cui la quota di sportelli delle banche popolari è maggiore del:
|
1996 |
2001 |
25% |
24 |
44 |
30% |
17 |
34 |
40% |
9 |
17 |
Fonte: Elaborazione su dati Società interbancaria per l'automazione.
Quota di sportelli sul totale sistema:
1996 |
|
19,7% |
2001 |
|
22,7% |
Fonte: Elaborazioni su dati Società interbancaria per l'automazione.
Alla crescente e capillare presenza delle banche popolari sul territorio, a cui corrisponde una quota di mercato delle stesse di oltre un quinto e una parte ancora maggiore della clientela bancaria, si accompagna un grado di rischiosità del credito notevolmente inferiore a quello del sistema e al tempo stesso una redditività mediamente più alta.
Banche popolari: profilo di rischiosità
Rapporto sofferenze lorde/impieghi totali
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Banche popolari |
Banche(*) |
1991 |
4,95 |
6,97 |
1996 |
8,21 |
11,07 |
2001 |
4,03 |
4,50 |
(*) Per il 1991 banche con racco1ta a breve termine.
Fonte: Banca d'Italia e Associazione nazionale banche popolari.
Banche popolari: profilo di redditività.
Risultato di gestione in percentuale dei fondi intermediati.
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Banche popolari |
Banche(*) |
1991 |
1,87 |
1,49 |
1996 |
1,85 |
1,23 |
2001 |
1,96 |
1,69 |
Fonte: Banca d'Italia e Associazione nazionale banche popolari.
I soggetti che costituiscono il credito popolare sono poi legati da interessi strategici omogenei, definiti dalla natura privata delle banche popolari; dalla proprietà diffusa e frazionata che le caratterizza, articolata su quattro categorie di soci (finanziatori puri, clienti, dipendenti e amministratori); dal loro forte radicamento nel territorio; dalla vicinanza che esse esprimono, più e meglio di altre banche locali, alle famiglie e alle imprese minori.
Tali comuni riferimenti determinano comportamenti uniformi che assicurano un governo dell'impresa sano ed equilibrato, l'attenzione alle economie locali coniugata all'offerta di servizi di elevata qualità, un'allocazione del credito che previene fenomeni di razionamento nei confronti degli operatori di minore dimensione, a cui tendenzialmente indurrebbe l'aumentata concentrazione del sistema.
Come dichiarato dal Governatore della Banca d'Italia in occasione della recente assemblea dell'Istituto, si può allora concludere che le banche popolari, con i loro peculiari comportamenti e "con il loro originale Statuto (...) arricchiscono l'articolazione del nostro sistema bancario", rendendolo più adeguato alla struttura produttiva nazionale, ove prevalgono le piccole e medie imprese, e quindi specificamente idoneo a sostenere lo sviluppo del Paese.
In effetti, occorre rilevare che alle famiglie produttrici, alle imprese artigiane e alle piccole e medie imprese si riferisce, secondo stime ufficiali, circa il 75 per cento degli occupati e il 60 per cento della ricchezza prodotta annualmente dai settori non finanziari dell'economia.
Ove si considerassero le disposizioni vigenti come un ostacolo alla piena competitività sul piano della concorrenza, al ricorso del mercato dei capitali e alla crescita, ovvero si desse per scontata una scarsa contendibilità delle banche popolari - tuttavia ridottesi da 100 a 39 nell'ultimo decennio - così eliminando, di conseguenza, ogni difesa istituzionale della cooperativa popolare, si perverrebbe a distruggere una formula di successo, frutto di una evoluzione di circa 140 anni.
Ciò, in ultima analisi, potrebbe produrre guadagni borsistici, ma senza certezze sulla validità dei sottostanti progetti di impresa che, viceversa, rappresenta l'unica razionale motivazione della riallocazione della proprietà; eliminerebbe dal mercato creditizio efficaci concorrenti; tenderebbe ad accrescere, senza ragioni di interesse generale, la concentrazione dell'attività economica e finanziaria.
Un ampio processo di ridimensionamento del credito popolare a favore di entità creditizie di tipo nazionale non aventi peculiare e forte riferimento al territorio, contrasterebbe con gli interessi strategici dell'economia nazionale. Quasi certamente nel medio-lungo periodo esso produrrebbe fenomeni di razionamento del credito alle imprese minori come ricordato in più occasioni da economisti e da vertici istituzionali italiani e stranieri. La stessa recente affermazione del Governatore della Banca d'Italia circa l'attuale assenza di razionamento del credito o di peggioramento delle condizioni alle piccole unità produttive va infatti interpretata alla luce della accresciuta presenza territoriale delle banche popolari, concomitante al processo di aggregazione del sistema.
Quota dell'attivo di bilancio delle banche popolari rispetto al sistema (valori in percentuale).
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Banche |
Banche |
Banche |
1995 |
16,4 |
36,7 |
26,1 |
2000 |
37,7 |
47,8 |
33,0 |
Fonte: Centrale dei bilanci bancari - ABI, ACRI, Assbank, Assopopolari.
Gli effetti negativi di un eventuale drastico ridimensionamento del credito popolare sulla struttura produttiva, sull'occupazione e, in generale, sulla complessiva situazione economico-sociale del Paese non sarebbero certo lievi.
Per l'ulteriore buon funzionamento della banca popolare deve allora essere rispettata la logica sottesa al modello: il voto capitario e le limitazioni alla sua delegabilità, il limite al possesso e il gradimento vanno mantenuti.
Il voto capitario è, infatti, strumento di legame della banca popolare al territorio ed è tipico e imprescindibile della struttura cooperativa. Esso permette agli "stakeholder" di esprimere, con lo stesso peso dei maggiori possessori di azioni, le istanze locali, genuinamente e senza pericolo di "distorsioni capitalistiche". Il voto multiplo ne contaminerebbe il principio. Le deleghe in numero eccessivo lo snaturerebbero.
Al gradimento in realtà si ricorre in misura limitata, specie nel caso di banche popolari quotate, dato che i diritti patrimoniali circolano comunque liberamente. Tuttavia esso non può considerarsi un mero retaggio del passato quando si abbia presente che per partecipare alla gestione di una società fortemente caratterizzata, come quella cooperativa, appare logico ed equo richiedere almeno una manifestazione di volontà; questo fa sì che si configuri allora come un elemento positivo, da conservare.
Occorre, invece, accrescere la flessibilità del modello; una flessibilità tale da consentire all'autonomia statutaria, vigilata dalla Banca d'Italia, di migliorare il funzionamento degli organi di governo societario e di soddisfare esigenze specifiche, specie se connesse alla quotazione e alla congiunta presenza di soci aventi particolari connotazioni, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio a lungo termine (ad esempio, fondi pensione) e altri investitori istituzionali (ad esempio, fondazioni e in generale tutti i soggetti privati e pubblici con patrimoni da gestire cautelativamente).
A tali soggetti, per loro natura non interessati ad essere coinvolti nella gestione delle banche - nelle quali potrebbero tuttavia far confluire cospicue quantità di risparmio "popolare" e "istituzionale" - ma solo ad esercitare in maniera efficace il controllo, si prevede di consentire una partecipazione al capitale più elevata dello 0,50 per cento, così stimolando la loro convenienza all'investimento, oltre che la possibilità di una più incisiva azione di controllo, utilizzando a loro beneficio la disposizione di cui all'articolo 148, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
L'estensione alle banche popolari quotate di questa norma si è finora rivelata sterile. Una disposizione diretta a precisare che lo scopo di essa - assicurare che un membro del collegio sindacale sia eletto dalla minoranza - è egualmente soddisfatto nelle banche popolari quotate quando la nomina avvenga su designazione degli investitori istituzionali, appare pienamente rispondente alle finalità della norma stessa.
Appare inoltre opportuno assimilare le compagnie di assicurazione esercenti il ramo vita, tradizionali investitori interessati al rendimento e alla stabilità nel tempo dello stesso, agli altri investitori istituzionali ai fini della partecipazione al capitale delle banche popolari.
Complessivamente per tali vie si amplierebbe in maniera significativa il mercato dei titoli delle banche popolari.
Gli impulsi generati dai cambiamenti intervenuti nel sistema bancario sono stati colti in pieno dalle banche popolari, che hanno profittato dell'occasione, non solo per accrescere l'efficienza e l'efficacia globali della categoria, ma anche per rafforzare la stabilità delle singole banche e dell'intero comparto. L'ampio processo di concentrazione che ne è derivato è stato realizzato in larghissima parte all'interno della categoria e senza costi per la collettività.
Banche popolari: profilo strutturale
|
Banche popolari |
Banche popolari SpA controllate da cooperative popolari |
Banche SpA controllate da cooperative popolari |
1991 |
103 |
- |
- |
1996 |
77 |
20 |
12 |
2001 |
44 |
24 |
32 |
Fonte: Associazione nazionale banche popolari.
Inoltre, le banche popolari hanno contribuito attivamente, assumendosi oneri non indifferenti, al riassetto e alla riallocazione della proprietà del resto del sistema bancario, smentendo nei fatti talune valutazioni d'immobilismo e di scarsa contendibilità.
Occorre ancora osservare che la maggiore "stabilità" degli amministratori (permanenza media nei consigli di amministrazione di 7 anni a fronte dei 5 anni rilevati per le banche Spa) deriva non tanto da autoreferenzialità, quanto dal fatto che essi sono espressione delle forze rappresentative del territorio di insediamento (società civile, economia, mondo della cultura) la cui struttura è solo lentamente mutabile, e per ciò stesso dei soci nel loro complesso più che di una loro parte. D'altro canto, la normativa vigente offre già all'autonomia statutaria strumenti in grado di accrescere anche la partecipazione dei soci alla vita della società. Parliamo di assemblee separate, di voto per corrispondenza, di voto di lista.
Se poi si verificassero casi anomali, in cui elementi di autoreferenzialità fossero individuati nella partecipazione all'assemblea dei soci-dipendenti, l'opportuno utilizzo statutario delle previsioni sulle deleghe di voto imposte alle banche popolari quotate dalle autorità di vigilanza potrebbe concorrere a neutralizzare l'indesiderato fenomeno. Il che motiva la puntuale previsione dell'articolo 2 della proposta di legge, che, introducendo i commi 1-bis e 1-ter dell'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, recanti norme in materia di voto per delega, assume particolare rilievo sotto i profili della più ampia partecipazione dei soci alle assemblee, rafforzando così il carattere democratico della governance delle banche popolari.
A completamento del quadro, appare infine necessario considerare criticamente l'affermazione disinformata e disinvolta secondo cui le banche popolari hanno perso lo "scopo mutualistico". Al riguardo va rilevato che la storia di queste banche comincia nel 1864 ed è solo con il codice di commercio del 1882 che viene introdotta nell'ordinamento una disciplina generale della società cooperativa, che però non richiede lo scopo mutualistico come essenziale al contratto. Successivamente, il codice del 1942 considera la società cooperativa come uno dei modelli organizzativi delle imprese, l'unico che possa essere utilizzato da quelle che hanno scopo mutualistico. Le banche popolari non si sono quindi allontanate dall'unico modello che rilevi per il legislatore, quello normativo e, coerentemente con la loro natura non mutualistica, non hanno mai goduto di alcuna agevolazione fiscale o contributiva.
Da tutte le precedenti considerazioni discende l'opportunità di una legge che, nel rispetto dei princìpi che sono alla base del successo di queste banche, introduca alcuni ulteriori elementi di flessibilità che consentano loro di meglio rispondere alle esigenze connesse all'evoluzione del contesto in cui operano. Cosa a cui giudichiamo di poter provvedere con l'articolato che segue.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Disposizioni generali).
1. Le banche popolari si costituiscono nella forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata. 2. Resta ferma la disciplina delle banche popolari contenuta nel testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. 3. Alle banche popolari si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti in materia di società cooperative e le disposizioni da adottare ai sensi della legge 3 ottobre 2001, n. 366.
Art. 2. (Voto per delega).
1. All'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti: "1-bis. Lo statuto determina il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio. In ogni caso, ciascun socio non può rappresentare più di dieci soci. 1-ter. Fermo restando il limite massimo di cui al secondo periodo del comma 1-bis, le autorità di vigilanza, nell'esercizio del potere di valutazione dello statuto, possono indicare un numero inferiore di deleghe conferibili in una banca popolare quotata nei mercati regolamentati, in relazione alla ampiezza ed alla diffusione territoriale del corpo sociale".
Art. 3. (Disposizioni in materia di partecipazioni nelle banche popolari).
1. All'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dopo il comma 3 è inserito il seguente: "3-bis. Gli investitori istituzionali, indicati nell'elenco di cui articolo 30-bis, possono acquisire partecipazioni nelle banche popolari quotate nei mercati regolamentati in misura singolarmente non superiore al 5 per cento del capitale di ciascuna banca, salvo i più ridotti limiti previsti dalla disciplina propria di ciascuno di essi e dallo statuto della banca. Tali soggetti e gli organismi di investimento collettivo del risparmio, nel loro complesso, non possono detenere una quota maggioritaria del capitale della banca".
Art. 4. (Emissione di nuove azioni).
1. All'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, è aggiunto, in fine, il seguente comma: " 6-bis. Le banche popolari quotate nei mercati regolamentati possono procedere all'emissione di nuove azioni soltanto in via straordinaria e su conforme deliberazione dell'assemblea straordinaria".
Art. 5. (Disposizioni in materia di
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dopo l'articolo 30 è inserito il seguente: "Art. 30-bis. (Sindaci di minoranza) - 1. Gli statuti delle banche popolari quotate nei mercati regolamentati prevedono che la nomina dei sindaci eletti dalla minoranza avvenga su designazione degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e di altri investitori istituzionali partecipanti al capitale, inclusi in un apposito elenco predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze predispone l'elenco di cui al comma 1, tenendo conto degli investitori istituzionali che, sulla base di norme o dello statuto, sono tenuti ad una gestione cautelativa del loro patrimonio, e di eventuali altri soggetti quali: a) fondi pensione; b) imprese di assicurazione esercenti il ramo vita; c) fondazioni; d) associazioni senza fini di lucro; e) altri soggetti che gestiscono disponibilità di lungo periodo secondo criteri non speculativi". |
N. 3065
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati PATRIA, BLASI, CROSETTO, SARO, ZORZATO ¾ |
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Disposizioni in materia di banche popolari cooperative |
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Presentata il 24 luglio 2002
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Onorevoli Colleghi! - In occasione della recente assemblea dell'Istituto, il Governatore della Banca d'Italia ha affermato che: "Le banche popolari con il loro originale Statuto coniugano l'attenzione delle economie locali con l'offerta di servizi di elevata qualità; arricchiscono l'articolazione del nostro sistema bancario.
Il numero delle banche popolari da 100 alla fine del 1992 è diminuito a 39, per lo più attraverso acquisizioni e fusioni all'interno della stessa categoria. La quota di mercato è salita dal 12 al 15 per cento. Sono banche caratterizzate in genere da buoni parametri di efficienza".
Anche alcuni autorevoli colleghi, presentatori di progetti di legge di riforma della disciplina delle banche popolari (atto Camera n. 2042 e atto Senato n. 1522) riconoscono che il modello della banca popolare ha avuto un sicuro successo di mercato, in termini di quote relative agli sportelli, ai depositi e agli impieghi, tanto che "negli ultimi 20-25 anni dette quote sono risultate in continua crescita. Le lusinghiere performance economiche ed aziendali sia sul piano qualitativo che quantitativo sono dovute alla specificità della disciplina di corporate governance oltre che al forte radicamento locale. In particolare l'assetto articolato della proprietà (particolare tipo di public company) composta da quattro categorie di soci (finanziatori puri, utenti, dipendenti e amministratori) costringe gli amministratori a contemperare le varie esigenze garantendo soddisfacenti livelli di efficienza e redditività. In effetti, se si guarda ad un mercato effettivamente concorrenziale, efficiente e trasparente, non può non considerarsi come un sistema duale di grandi gruppi organizzati in spa e banche popolari e banche cooperative sia sicuramente preferibile ad un sistema che preveda solo le grandi banche spa. E ciò specie se si tiene conto del tessuto economico del nostro Paese ove, data la prevalenza di piccole e medie imprese, la presenza di banche di medie dimensioni e con forti ramificazioni territoriali è elemento determinante dello sviluppo".
Lo stesso processo di innovazione del diritto societario, culminato nella legge delega 3 ottobre 2001, n. 366, recante i princìpi e criteri direttivi ai quali il Governo dovrà attenersi nella riforma organica della normativa societaria, è pervenuto a risultati in piena sintonia con questi giudizi. Infatti il principio fissato al comma 3 dell'articolo 5, disposizione espressamente dedicata alla società cooperativa e la sua stessa collocazione a chiusura del citato articolo, stanno a significare che le banche popolari mantengono la natura di società cooperativa, per quanto rette da regole parzialmente diverse a motivo della specialità dell'attività svolta.
Non si ravvedono pertanto motivi di interesse generale o di rilevante opportunità che obblighino a modificare un assetto normativo che consente tuttora alle banche popolari, da un lato, di continuare a crescere pur in un sistema fortemente concorrenziale e, dall'altro, di garantire attraverso la loro capillare presenza sul territorio l'accesso al credito degli operatori di minore dimensione, loro clientela di elezione. Un attento studioso del credito popolare, docente all'università di Bergamo, ha infatti affermato: "Il modello popolare funziona perché riunisce intorno a un solo obiettivo (l'accrescimento dell'efficienza, ma soprattutto dell'efficacia) tutti i grandi stakeholders della banca: non soltanto i capitalisti, ma tutti i legittimi portatori di interessi che ruotano attorno a un istituto di credito".
Stante anche il fatto che il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, già consente alle banche popolari la possibilità di abbandonare lo status di società cooperativa, non sembrano allora sussistere determinanti ragioni per una eventuale trasformazione in società per azioni (spa) di diritto speciale, tipologia societaria sconosciuta al nostro ordinamento, non avendone il mondo delle imprese avvertito l'esigenza; formula presumibilmente transitoria, in quanto rende più agevole il successivo passaggio della banca popolare cooperativa alla spa ordinaria.
D'altro canto la normativa vigente offre al modello ampi spazi di flessibilità; attraverso l'autonomia statutaria si possono introdurre strumenti in grado di accrescere la partecipazione dei soci alla vita della società: assemblee separate, voto per corrispondenza, voto di lista. Tali spazi si possono ulteriormente accrescere al fine di migliorare il funzionamento del governo societario e di soddisfare esigenze specifiche connesse alla quotazione e alla presenza di soci con particolari connotazioni, quali gli investitori istituzionali di lungo periodo.
Sulla base dell'esperienza, risulta che gli operatori non speculativi - fondi pensione e enti istituzionali nazionali ed esteri - non sono interessati a mutare il loro ruolo di investitori finanziari in quello di gestori di imprese, ma piuttosto condizionerebbero la possibilità di investire risorse maggiori ad un ampliamento dei limiti di partecipazione loro posti e ad una migliore e più ampia informazione sulla gestione. Questi investitori non sono, secondo lo studioso citato in precedenza, in contraddizione, bensì in profonda continuità con l'idea fondante della banca popolare, perché sono essi stessi uno strumento di democrazia economica. La banca popolare, infatti, nasce come veicolo di democrazia societaria, per favorire il concorso di tanti piccoli proprietari nell'indirizzo e nella gestione di una banca locale. Gli investitori istituzionali, come i fondi pensione e le altre categorie di gestori professionali del risparmio, sono anch'essi uno strumento di democrazia economica, perché difendono le ragioni dei piccoli azionisti in maniera più agguerrita, documentata, puntuale, precisa, di quanto i singoli risparmiatori non possano fare da soli.
Quanto alla "inadeguatezza del modello popolare rispetto alle aspettative degli investitori e dei mercati" una analisi apparsa sul più importante quotidiano economico nazionale rivela che dal 2 novembre 1998 al 31 maggio 2002, vale a dire in una fase negativa del mercato, mentre il "Mib bancario ha perso il 5,6 per cento le Popolari quotate hanno mostrato una buona capacità di muoversi in controtendenza".
E', inoltre, di questi giorni lo studio con cui Prometeia ha analizzato l'andamento dei titoli bancari. Viene evidenziato che il calo del Roe del 2001 è stato minimo per le banche popolari; "sotto l'aspetto del price/earning, poi, emerge che si è ridotto fortemente lo scarto delle banche popolari rispetto alle spa".
Tutte queste considerazioni trovano puntuale riscontro negli elementi della presente proposta di legge, in linea peraltro con gli orientamenti manifestati negli ambiti dell'Unione europea in materia di società cooperativa. Va rilevato, infatti, che in sede comunitaria il principio generale informatore in materia di deliberazioni assembleari è il voto per testa; esso può anche subire temperamenti, ma senza modificare la forma societaria; tali temperamenti rappresentano facoltà riservata all'autonomia statutaria; è, comunque, fatta salva l'eventuale diversità delle legislazioni nazionali.
proposta di legge ¾¾¾
|
Art. 1. 1. Le banche popolari, società cooperative per azioni a responsabilità limitata, sono disciplinate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e dalla presente legge. Alle stesse banche si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al comma 3 dell'articolo 5 del decreto legislativo 3 ottobre 2001, n. 366.
Art. 2. 1. Gli investitori gestori di risparmio collettivo di lungo periodo o di disponibilità destinate a fini istituzionali possono acquisire partecipazioni nelle banche popolari quotate in misura non superiore al 4 per cento del capitale di ciascuna banca, salvo i più contenuti limiti previsti dalla disciplina relativa a ciascuno di essi o dallo statuto della banca. A tali fini, le compagnie di assicurazione esercenti il ramo vita sono equiparate agli investitori di cui al primo periodo.
Art. 3. 1. Le banche popolari quotate possono stabilire, con apposita previsione statutaria, che l'elezione dei sindaci in rappresentanza della minoranza avvenga su designazione degli organismi di investimento collettivo del risparmio e degli investitori di cui all'articolo 2, partecipanti al capitale. |
GRUPPI BANCARI POPOLARI |
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|
|
|
Cod. Abi |
Banche |
Sede |
|
|
|
5390 |
Gruppo Etruria |
Arezzo |
|
|
|
5424 |
Gruppo Creditizio Banca Popolare di Bari |
Bari |
|
|
|
5026 |
Gruppo Banche Popolari Unite |
Bergamo |
5428 |
Banca Popolare di Bergamo S.p.A. |
Bergamo |
3186 |
B@Nca 24-7 S.p.A. |
Bergamo |
3067 |
Banca Carime S.p.A. |
Cosenza |
5308 |
Banca Popolare di Ancona S.p.A. |
Jesi |
5048 |
Banca Popolare Commercio Industria S.p.A. |
Milano |
10633 |
Centrobanca S.p.A. |
Milano |
3165 |
Iw Bank S.p.A. |
Milano |
5352 |
Banca Popolare di Todi S.p.A. |
Todi |
|
|
|
5856 |
Gruppo Banca Popolare dell'Alto Adige |
Bolzano |
|
|
|
5019 |
Gruppo Banca Popolare di Cividale |
Cividale |
5484 |
Banca di Cividale S.p.A |
Cividale |
|
|
|
5164 |
Gruppo Creditizio Bipielle |
Lodi |
5013 |
Banca Valori S.p.A. |
Brescia |
5228 |
Banca Popolare di Crema S.p.A. |
Crema |
5512 |
Banca Popolare di Cremona S.p.A. |
Cremona |
6015 |
Cassa di Risparmio di Livorno S.p.A. |
Livorno |
5630 |
Banca Bipielle Network S.p.A. |
Lodi |
6200 |
Cassa di Risparmio di Lucca S.p.A. |
Lucca |
5204 |
Banca Popolare di Mantova S.p.A. |
Mantova |
6245 |
Banca Caripe S.p.A. |
Pescara |
6255 |
Cassa di Risparmio di Pisa S.p.A. |
Pisa |
3275 |
Banca Eurosistemi S.p.A. |
Roma |
10632 |
Efibanca S.p.A. |
Roma |
|
|
|
5262 |
Gruppo Bancario Banca Popolare Pugliese |
Matino |
|
|
|
5584 |
Gruppo Banca Popolare di Milano |
Milano |
3045 |
Banca Akros S.p.A. |
Milano |
3204 |
Banca di Legnano S.p.A. |
Legnano |
6075 |
Cassa di Risparmio di Alessandria |
Alessandria |
|
|
|
5387 |
Gruppo Banca Popolare dell'Emilia Romagna |
Modena |
5414 |
Banca Popolare di Aprilia S.p.A. |
Aprilia |
6040 |
Cassa di Risparmio Provincia dell'Aquila S.p.A. |
Aquila |
5392 |
Banca della Campania S.p.A. |
Avellino |
5256 |
Banca Popolare di Crotone S.p.A. |
Crotone |
7535 |
Banca del Monte di Foggia S.p.A. |
Foggia |
5550 |
Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.A. |
Lanciano |
5398 |
Banca Popolare del Materano S.p.A. |
Matera |
5640 |
Banca Popolare di Ravenna S.p.A. |
Ravenna |
1015 |
Banco di Sardegna S.p.A. |
Sassari |
5676 |
Banca di Sassari S.p.A. |
Sassari |
6365 |
Crv Cassa di Risparmio di Vignola S.p.A. |
Vignola |
|
|
|
5418 |
Gruppo Bancario Veneto Banca |
Montebelluna |
5787 |
Banca Meridiana S.p.A. |
Bari |
3031 |
Banca di Bergamo S.p.A. |
Bergamo |
3291 |
Banca Italo Romena S.p.A. |
Treviso |
3035 |
Banca del Garda S.p.A. |
Verona |
|
|
|
5018 |
Gruppo Banca Popolare Etica |
Padova |
|
|
|
5036 |
Gruppo Bancario Banca Agricola Popolare |
Ragusa |
|
|
|
5696 |
Gruppo Banca Popolare di Sondrio |
Sondrio |
|
|
|
5216 |
Gruppo Credito Valtellinese |
Sondrio |
3078 |
Banca dell'Artigianato e dell' Industria S.p.A. |
Brescia |
3512 |
Credito Artigiano S.p.A. |
Milano |
3019 |
Credito Siciliano S.p.A. |
Palermo |
3053 |
Bancaperta S.p.A. |
Sondrio |
3492 |
Cassa San Giacomo S.p.A. |
Sondrio |
|
|
|
5142 |
Gruppo Bancario Banca di Credito Popolare |
Torre del Greco |
|
|
|
5548 |
Gruppo Bancario Banca Popolare di Intra |
Verbania - Intra |
3159 |
Intra Private Bank S.p.A. |
Milano |
5597 |
Banca Popolare di Monza e Brianza S.p.A. |
Monza |
|
|
|
5188 |
Gruppo Bancario Banco Popolare di Verona e Novara |
Verona |
3336 |
Credito Bergamasco S.p.A. |
Bergamo |
3102 |
Aletti & C. Banca di Investimento S.p.A. |
Milano |
5608 |
Banca Popolare di Novara S.p.A. |
Novara |
|
|
|
5728 |
Gruppo Bancario Banca Popolare di Vicenza |
Vicenza |
5132 |
Banca Nuova S.p.A. |
Palermo |
6020 |
Cassa di Risparmio di Prato S.p.A. |
Prato |
Fonte: Associazione Nazionale fra le Banche Popolari.
BANCHE POPOLARI INDIPENDENTI |
||
|
|
|
Cod. Abi |
Banche |
Sede |
|
|
|
5385 |
Banca Popolare di Puglia e Basilicata |
Altamura |
|
|
|
5372 |
Banca Popolare del Cassinate |
Cassino |
|
|
|
5496 |
Banca Popolare di Cortona |
Cortona |
|
|
|
5296 |
Banca Popolare di Fondi |
Fondi |
|
|
|
5297 |
Banca Popolare del Frusinate |
Frosinone |
|
|
|
5232 |
Banca Popolare di Lajatico |
Lajatico |
|
|
|
5015 |
Banca Popolare Provinciale Lecchese |
Lecco |
|
|
|
5572 |
Banca Popolare di Marostica |
Marostica |
|
|
|
5060 |
Banca Cooperativa Cattolica |
Montefiascone |
|
|
|
5792 |
Banca Popolare Valconca |
Morciano Romagna |
|
|
|
5023 |
Banca Popolare di Sviluppo |
Napoli |
|
|
|
5772 |
Banca Popolare Sant'Angelo |
Palermo |
|
|
|
5156 |
Banca di Piacenza |
Piacenza |
|
|
|
5652 |
Banca Popolare S. Felice Sul Panaro |
S. Felice Panaro |
|
|
|
5602 |
Banca Popolare Vesuviana |
S. Giuseppe Vesuviano |
|
|
|
5104 |
Banca Popolare del Lazio |
Velletri |
|
|
|
5116 |
Banca Cooperativa Valsabbina |
Vestone |
Fonte: Associazione Nazionale fra le Banche Popolari.
Capitalizzazione delle banche popolari quotate in Borsa
al 30 dicembre 2004
(Capitalizzazione in milioni di euro)
BORSA - SEGMENTO BLUE CHIP |
||
BANCA POPOLARE DI LODI |
2.409,32 |
|
BANCA POPOLARE DI MILANO |
2.703,53 |
|
BANCHE POPOLARI UNITE |
5.036,19 |
MIB30 |
BANCO POPOLARE DI VERONA E NOVARA |
5.535,04 |
MIB30 |
-CREDITO BERGAMASCO* |
1.198,49 |
|
|
|
|
BORSA - SEGMENTO STAR |
|
|
BANCA POPOLARE DI INTRA |
576,96 |
|
BANCA POPOLARE DELL'ETRURIA E DEL LAZIO |
463,42 |
|
|
|
|
BORSA - SEGMENTO ORDINARIO 1 |
|
|
CREDITO VALTELLINESE |
612,64 |
|
-CREDITO ARTIGIANO** |
415,71 |
|
-BANCO DI SARDEGNA RSP*** |
95,12 |
|
|
|
|
MERCATO EXPANDI (EX - MERCATO RISTRETTO) |
|
|
BANCA POPOLARE DELL'EMILIA ROMAGNA |
2.591,33 |
|
BANCA POPOLARE DI SONDRIO |
2.102,01 |
|
* Controllata dal Banco Popolare di Verona e Novara
** Controllata dal Credito Valtellinese
*** Controllata dalla Banca Popolare dell'Emilia Romagna
Fonte: Associazione Nazionale fra le Banche Popolari.
Struttura del sistema finanziario italiano
Tipo intermediario |
Situazione al 31 dicembre 2003 |
Situazione al 31 dicembre 2003 |
||||
Numero intermediari |
Numero intermediari |
|||||
Inclusi nei gruppi |
Non inclusi nei gruppi |
Totale |
Inclusi nei gruppi |
Non inclusi nei gruppi |
Totale |
|
Gruppi bancari |
|
|
82 |
|
|
83 |
Banche di cui: |
225 |
563 |
788 |
227 |
551 |
778 |
- Banche S.p.A. |
197 |
47 |
244 |
198 |
44 |
242 |
- Banche popolari |
18 |
20 |
38 |
18 |
19 |
37 |
- Banche di credito cooperativo |
10 |
435 |
445 |
11 |
428 |
439 |
- Succursali di banche estere |
|
61 |
61 |
|
60 |
60 |
Fonte:Relazione del Governatore all’Assemblea generale ordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia sull’esercizio 2004, Roma, 2005, Bozze di stampa (pag. 360)
Banche residenti in Italia: situazione dei conti per categoria
(consistenze di fine periodo in milioni di euro)
Anni |
Attivo |
Passivo |
||||||||||
Impieghi a residenti |
Titoli al valore contabile |
Rapporti interbancari |
Sofferenze ed effetti propri insoluti e al protesto |
Operazioni pronti contro termine |
Azioni e partecipazioni |
Capitali fruttiferi sull’estero |
Depositi in lire/euro di residenti(2) |
Obbligazioni |
Rapporti interbancari |
Operazioni pronti contro termine |
Provvista sull’estero |
|
|
Banche sotto forma di S.p.A.(1) |
|||||||||||
2003 |
823.510 |
97.384 |
225.177 |
45.249 |
50.309 |
71.408 |
150.683 |
468.569 |
292.035 |
212.309 |
114.913 |
213.720 |
2004 |
852.201 |
96.199 |
239.090 |
48.067 |
52.555 |
71.949 |
175.859 |
490.021 |
324.132 |
229.467 |
127.291 |
211.285 |
|
Banche popolari |
|||||||||||
2003 |
96.845 |
19.505 |
16.334 |
3.710 |
3.250 |
18.039 |
15.561 |
63.712 |
33.234 |
23.633 |
11.508 |
16.461 |
2004 |
108.414 |
16.493 |
19.127 |
3.692 |
4.678 |
19.256 |
14.063 |
68.550 |
36.664 |
23.867 |
11.259 |
19.092 |
|
Banche di credito cooperativo |
|||||||||||
2003 |
64.770 |
22.653 |
6.038 |
1.960 |
65 |
930 |
1.228 |
52.224 |
26.458 |
1.513 |
6.228 |
217 |
2004 |
73.996 |
23.031 |
6.020 |
2.169 |
87 |
1.010 |
1.292 |
56.310 |
31.251 |
1.423 |
6.466 |
198 |
(1) Sono inclusi gli istituti centrali di categoria e di rifinanziamento.
(2) L’aggregato include le operazioni in euro.
Fonte:Relazione del Governatore all’Assemblea generale ordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia sull’esercizio 2004, Roma, 2005, Appendice, Bozze di stampa (pagg. 160-161).
Indicatori di rischiosità degli impieghi
(dati di fine di periodo in milioni di euro e valori percentuali)
Anni |
Impieghi(1) |
In rapporto agli impieghi(1) |
Sofferenze rettificate Sofferenze contabili |
|||
Partite anomale di
cui: |
Sofferenze rettificate |
Nuove sofferenze rettificate(2) |
||||
|
|
Intero sistema |
|
|||
2002 |
1.028.608 |
6,5 |
4,5 |
4,8 |
1,0 |
106,5 |
2003 |
1.090.940 |
6,7 |
4,7 |
5,1 |
1,2 |
108,5 |
2004 |
1.151.170 |
6,6 |
4,7 |
5,0 |
0,9 |
106,9 |
|
|
Banche spa |
|
|||
2002 |
883.961 |
6,5 |
4,1 |
4,9 |
1,0 |
106,5 |
2003 |
922.551 |
6,8 |
4,9 |
5,4 |
1,2 |
108,4 |
2004 |
962.679 |
6,8 |
5,0 |
5,4 |
0,9 |
106,6 |
|
|
Banche popolari |
|
|||
2002 |
87.746 |
6,1 |
4,1 |
4,4 |
1,0 |
106,2 |
2003 |
101.673 |
5,4 |
3,7 |
4,0 |
1,2 |
109,0 |
2004 |
112.326 |
4,9 |
3,3 |
3,6 |
0,7 |
109,0 |
|
|
Banche di credito cooperativo |
|
|||
2002 |
56.901 |
6,8 |
3,2 |
3,5 |
0,9 |
107,5 |
2003 |
66.716 |
6,5 |
2,9 |
3,2 |
0,9 |
109,9 |
2004 |
76.165 |
6,3 |
2,9 |
3,1 |
0,9 |
109,5 |
(1) Al lordo delle sofferenze e degli effetti insoluti e al protesto. Dati relativi ai rapporti con la clientela residente delle unità operanti in Italia e all’estero.
(2) Rapporto tra il flusso di sofferenze rettificate e gli impieghi totale dell’ano precedente al netto dei pronti contro termine attivi, degli interessi netti da addebitare alla clientela e delle sofferenze rettificate.
Fonte:Relazione del Governatore all’Assemblea generale ordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia sull’esercizio 2004, Roma, 2005, Appendice, Bozze di stampa (pag. 210).
Cost-income ratio e ROE
Anni |
Sistema bancario |
||
Banche spa |
Banche popolari |
Banche di credito cooperativo |
|
|
Cost-income ratio(1) |
||
2002 |
59,6 |
60,8 |
69,4 |
2003 |
57,9 |
59,9 |
67,1 |
2004 |
57,6 |
57,5 |
66,9 |
|
ROE(2) |
||
2002 |
6,2 |
7,4 |
6,0 |
2003 |
6,8 |
5,8 |
6,7 |
2004 |
11,4 |
9,6 |
7,5 |
(1) Il cost-income ratio è il rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione.
(2) Il ROE (Return on equity) è l’indice di redditività del capitale. Si ricava dal rapporto tra l’utile netto e i mezzi propri (patrimonio netto) della società.
Fonte:Relazione del Governatore all’Assemblea generale ordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia sull’esercizio 2004, Roma, 2005, Appendice, Bozze di stampa (pag. 212).
Patrimonio di vigilanza e coefficiente di solvibilità(1)
(dati di fine periodo in milioni di euro)
Anno |
Patrimonio di base |
Patrimonio supplementare |
Patrimonio di vigilanza |
Coefficiente di solvibilità (valore percentuale) |
Eccedenze patrimoniali |
Deficienze patrimoniali |
|||
di cui: passività subordinate(2) |
Numero banche deficitarie |
Ammontare deficienze |
|||||||
|
Totale sistema |
||||||||
2004 |
112.887 |
42.380 |
38.506 |
149.157 |
11,6 |
47.457 |
2 |
5 |
|
|
Principali gruppi bancari(3) |
||||||||
2004 |
55.495 |
26.402 |
25.157 |
78.198 |
11,4 |
23.781 |
- |
- |
|
|
Banche spa |
||||||||
2004 |
80.465 |
34.417 |
31.372 |
110.246 |
11,6 |
34.833 |
2 |
5 |
|
|
Banche popolari |
||||||||
2004 |
19.403 |
7.212 |
6.907 |
25.192 |
10,2 |
5.429 |
- |
- |
|
|
Banche di credito cooperativo |
||||||||
2004 |
12.862 |
740 |
226 |
13.559 |
16,9 |
7.124 |
- |
- |
|
(1) Segnalazioni consolidate per i gruppi bancari e segnalazioni individuali per le banche non appartenenti a gruppi. Sono escluse le succursali di banche estere.
(2) Compresi gli strumenti innovativi di capitale e gli strumenti ibridi di patrimonializzazione.
(3) Primi sei gruppi bancari per totale dell’attivo.
Fonte:Relazione del Governatore all’Assemblea generale ordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia sull’esercizio 2004, Roma, 2005, Appendice, Bozze di stampa (pag. 213).
[1] Gli istituti bancari in questione sono: WestLB, Bankgesellschaft Berlin, Bayerische Landesbank, Norddeutsche Landesbank, Landesbank Hessen-Thuringen e Hsh Nordbank.
[2] L’articolo 2514 del codice civile determina i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente. Per potersi considerare tali, esse debbono prevedere nei propri statuti:
a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;
d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
[3] Analogamente, l’articolo 2530 del codice civile subordina la cessione di quote alla preventiva autorizzazione degli amministratori. In questo caso, la recente riforma ha previsto una più intensa forma di tutela dei diritti patrimoniali del socio che intenda cedere la partecipazione, prevedendo un termine per la comunicazione della decisione al socio richiedente e stabilendo che il diniego debba essere motivato e che contro di esso il socio possa proporre opposizione al tribunale.