XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Incentivi regionali per la crescita del sistema produttivo della regione Friuli-Venezia Giulia - A.C. 5498
Serie: Progetti di legge    Numero: 742
Data: 11/04/05
Descrittori:
ALIQUOTE DI IMPOSTE   FRIULI-VENEZIA GIULIA
IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITA' PRODUTTIVE ( IRAP )   IMPOSTE E TRIBUTI REGIONALI
REGIONI A STATUTO SPECIALE     
Organi della Camera: VI-Finanze
Riferimenti:
AC n.5498/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Incentivi regionali per la crescita del sistema produttivo della regione Friuli-Venezia Giulia

A.C. 5498

 

n. 742

 


xiv legislatura

11 aprile 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Finanze

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: FI0747


I N D I C E

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto. 4

§      Contenuto. 4

Elementi per l’istruttoria legislativa. 5

§      Necessità dell’intervento con legge. 5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. 5

§      Compatibilità comunitaria. 5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico. 7

Schede di lettura

§      1. Il contenuto della proposta di legge e i poteri della regione Friuli-Venezia Giulia in materia tributaria  11

§      2. La rimodulazione dell’aliquota dell’IRAP.. 14

§      3. La diminuzione dell’aliquota relativa all’IRES.. 22

§      4. La copertura finanziaria. 24

Proposta di legge

A.C. 5498 (on. Romoli ed altri) Disposizioni in materia di incentivi regionali per la crescita del sistema produttivo della regione Friuli-Venezia Giulia. 29

Riferimenti normativi

§      L.Cost. 31 gennaio 1963, n. 1 Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (artt. 4, numero 6, 49)37

§      D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (art. 77)39

§      D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali (artt. 3, 16, 39)40

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

5498

Titolo

Disposizioni in materia di incentivi regionali per la crescita del sistema produttivo della regione Friuli-Venezia Giulia

Iniziativa

On. Romoli ed altri

Settore d’intervento

Tributi

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date

 

§       presentazione alla Camera

16 dicembre 2004

§       annuncio

17 dicembre 2004

§       assegnazione

31 gennaio 2005

Commissione competente

VI

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, V, X e Questioni regionali

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

L’articolo 1 della proposta di legge in esame mira ad introdurre incentivi alla crescita del sistema produttivo della regione Friuli-Venezia Giulia, mediante la rimodulazione, da parte della stessa regione, dell’aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società (IRES).

L’articolo 2 prevede che alle minori entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni recate dall'articolo 1 in relazione alla rimodulazione dell’IRAP si provvede, a decorrere dall'esercizio finanziario entro il quale divengono efficaci, mediante corrispondente riduzione, di intesa con la regione Friuli-Venezia Giulia, delle anticipazioni mensili erogate alla regione dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 39, comma 2, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. In relazione alle disposizioni relative all’eventuale diminuzione dell’aliquota dell’IRES, si stabilisce che alle minori entrate si provveda mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti statali spettanti a qualsiasi titolo alla regione Friuli-Venezia Giulia, incluse le devoluzioni erariali in attuazione dello Statuto.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il provvedimento in esame tende ad autorizzare la regione Friuli-Venezia Giulia a disciplinare con propria legge la rimodulazione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e la riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (IRES), regolate con legge dello Stato.

Il provvedimento in esame reca inoltre norme in materia tributaria, riservata alla legge a norma dell’articolo 23 della Costituzione.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni recate dal provvedimento in esame intervengono sul sistema tributario dello Stato, materia che afferisce alla competenza esclusiva della legislazione statale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

Compatibilità comunitaria

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 17 marzo 2005 l’Avvocato generale della Corte di giustizia delle Comunità europee, Francis GeffroeyJacobs, ha depositato le proprie conclusioni relative alla causa[1], sollevata in via pregiudiziale innanzi alla Corte, sulla compatibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con il divieto comunitario di imposte sulle cifre d’affari diverse dall’IVA.

In particolare, l’Avvocato generale osserva che l’IRAP presenta tutte le caratteristiche essenziali dell’IVA, ovvero:

-        si applica in modo generale alle cessioni di beni o di servizi;

-        è proporzionale al prezzo di tali beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni intervenute;

-        è applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione;

-        grava sul valore aggiunto ai beni e ai servizi di cui trattasi.

La presenza delle quattro caratteristiche essenziali dell’IVA è, ad avviso dell’Avvocato generale, condizione necessaria e sufficiente perché un’imposta sia vietata ai sensi dell’art. 33 della sesta direttiva IVA[2]. Secondo la giurispru­denza costante, l’IRAP sarebbe pertanto incompatibile con il diritto comunitario, e i contribuenti avrebbero il diritto di ottenere il rimborso di tributi nazionali riscossi in violazione del diritto comunitario. Ad avviso dell’Avvocato generale esisterebbero tuttavia una serie di ragioni per limitare gli effetti nel tempo di una declaratoria di incompatibilità dell’IRAP con il diritto comunitario.

In primo luogo, il Governo italiano ha evidenziato, nel corso del dibattimento, il fatto che la normativa relativa all’IRAP è stata notificata in forma di progetto alla Commissione europea, la quale, in una risposta del 10 marzo 1997, rilevava come essa apparisse non incompatibile con la normativa comunitaria applicabile nel settore dell’imposta sul valore aggiunto. In secondo luogo, il Governo ha fatto valere le enormi somme potenzialmente implicate nei ricorsi per il rimborso del tributo che costituisce attualmente la principale se non l’unica fonte di entrate per le regioni, nonché i catastrofici effetti che l’accoglimento di tali ricorsi avrebbe quindi sul finanziamento delle Regioni.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Nel programma legislativo e di lavoro per il 2005 la Commissione europea sottolinea che concentrerà i propri sforzi su un progetto di base imponibile comune consolidata per la tassazione sulle società[3]. A tal fine, il gruppo di lavoro[4] del Consiglio dell’UE, istituito sul tema nel settembre 2004 e operante da novembre, prevede l’approfondimento di quattro aree principali:

-        principi generali fiscali;

-        elementi strutturali tradizionali della base imponibile delle imposte sulle società;

-        elementi addizionali di una base imponibile comune consolidata;

-        applicazione della base imponibile comune consolidata.

Nel programma di lavoro la Commissione ha inoltre annunciato la presentazione di una comunicazione/raccomandazione relativa all'applicazione sperimentale di un sistema di "tassazione nel Paese di residenza" per le piccole e medie imprese (PMI). La Commissione vorrebbe promuovere progetti pilota di tassazione secondo il regime fiscale del Paese di origine delle PMI che operano con filiali in più Stati membri; ciascuno Stato partecipante al progetto pilota potrebbe tuttavia continuare a tassare secondo il proprio regime fiscale la quota di profitto realizzata all'interno dei propri confini.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Le disposizioni in esame autorizzano la regione Friuli-Venezia Giulia a disciplinare con propria legge la rimodulazione dell’aliquota relativa all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e la riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

Coordinamento con la normativa vigente

Il provvedimento in esame prevede la rimodulazione dell’aliquota relativa all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui all’articolo 16, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e la riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (IRES), prevista dall’articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

 


Schede di lettura


1. Il contenuto della proposta di legge e i poteri della regione Friuli-Venezia Giulia in materia tributaria

Il contenuto della proposta di legge

L’articolo 1 della proposta di legge in esame mira ad introdurre incentivi alla crescita del sistema produttivo della regione Friuli-Venezia Giulia, mediante la rimodulazione, da parte della stessa regione, dell’aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società (IRES): ciò al fine precipuo di favorire la crescita degli investimenti del sistema produttivo regionale nel campo dell’innovazione e della ricerca e di contrastare la cessazione delle attività industriali localizzate nella regione, attirate dalla tassazione più favorevole offerta da aree limitrofe situate al di fuori del territorio nazionale.

Nel dettaglio, secondo il comma 1 dell’articolo 1, la regione Friuli-Venezia Giulia è autorizzata a disciplinare con propria legge la rimodulazione dell’aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società (IRES), prevista dall'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

 

Il richiamato articolo 16 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, recante l’istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali, stabilisce che l'imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l'aliquota del 4,25 per cento.

Il comma 3 dell’articolo 16 prevede che a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del decreto, le regioni hanno facoltà di variare l'aliquota fino ad un massimo di un punto percentuale. La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

L'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, stabilisce che l'IRES è commisurata al reddito complessivo netto con l'aliquota del 33 per cento.

 

Si specifica che la regione Friuli-Venezia Giulia dovrebbe disciplinare tali materie nell'ambito della potestà legislativa in materia di industria, di cui all'articolo 4, numero 6), dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1.

 

Il richiamato articolo 4 dello Statuto speciale disciplina la potestà legislativa della regione. Si prevede, in particolare, che, in armonia con la Costituzione, con i princìpi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonché nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre Regioni, la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie:

1)    ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto:

1-bis)ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni;

2)    agricoltura e foreste, bonifiche, ordinamento delle minime unità culturali e ricomposizione fondiaria, irrigazione, opere di miglioramento agrario e fondiario, zootecnia, ittica, economia montana, corpo forestale;

3)    caccia e pesca;

4)    usi civici;

5)    impianto e tenuta dei libri fondiari;

6)    industria e commercio;

7)    artigianato;

8)    mercati e fiere;

9)    viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse locale e regionale;

10)   turismo e industria alberghiera;

11)   trasporti su funivie e linee automobilistiche, tranviarie e filoviarie, di interesse regionale;

12)   urbanistica;

13)   acque minerali e termali;

14)   istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale.

I poteri della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia tributaria

A norma dell’articolo 5, primo comma, numero 3), dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, spetta alla Regione la potestà legislativa relativamente all’istituzione di tributi regionali prevista nell’articolo 51 del medesimo Statuto.

Tale potestà è subordinata all'osservanza dei limiti generali indicati nell'articolo 4: la Costituzione, i princìpi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e gli obblighi internazionali dello Stato, nonché il rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre Regioni. Dev’essere altresì esercitata in armonia con i princìpi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole materie.

Il titolo IV dello Statuto medesimo disciplina l’organizzazione finanziaria della Regione.

A norma dell’articolo 48, la Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i princìpi della solidarietà nazionale.

L’articolo 49 determina le quote dei proventi dello Stato, riscossi nel territorio della Regione, che sono ad essa devolute.

 

Esse sono, in dettaglio:

1)  sei decimi del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;

2)  quattro decimi e mezzo del gettito dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche;

3)  sei decimi del gettito delle ritenute alla fonte di cui agli articoli 23, 24, 25, 25-bis e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

4)  otto decimi del gettito dell'imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa all'importazione, al netto dei rimborsi effettuati ai sensi dell'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

5)  nove decimi del gettito dell'imposta erariale sull'energia elettrica, consumata nella regione;

6)  nove decimi del gettito dei canoni per le concessioni idroelettriche;

7)  nove decimi del gettito della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione.

 

L’articolo 51, nel disciplinare le entrate della Regione, consente ad essa di istituire tributi propri con legge regionale, in armonia col sistema tributario dello Stato, delle province e dei comuni, salva comunque la riserva del regime doganale all’esclusiva competenza dello Stato.

 

Infine, l’articolo 54 consente al Consiglio regionale di assegnare annualmente alle province e ai comuni una quota delle entrate della Regione allo scopo di adeguarne le finanze al raggiungimento delle finalità e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi.

 

Le norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale sono state dettate con il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114.

L’articolo 2, quinto comma, specifica le condizioni per l’istituzione di tributi propri da parte della Regione ai sensi dell'articolo 51 dello statuto. A questo fine, è prescritto che tali tributi siano disciplinati “in armonia con i princìpi del sistema tributario dello Stato, quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per i singoli tributi”.

Il successivo sesto comma consente alla Regione di istituire “tributi e contributi corrispondenti a quelli di competenza delle regioni a statuto ordinario in armonia con i princìpi stabiliti dalle leggi che li disciplinano”.

2. La rimodulazione dell’aliquota dell’IRAP

Le previsioni della proposta di legge

Per quanto concerne l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), si specifica che la facoltà conferita dall’articolo 1, comma 1, dev’essere esercitata secondo determinati princìpi e criteri direttivi.

In primo luogo, si prevede che la regione Friuli-Venezia Giulia ha facoltà di variare in diminuzione, fino ad un massimo di due punti percentuali, l'aliquota indicata al comma 1 dell'articolo 16 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in favore dei soggetti passivi di imposta di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b), del medesimo decreto legislativo, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2005.

 

Come sopra ricordato, ai sensi del richiamato articolo 16 l'imposta viene determinata applicando al valore della produzione netta l'aliquota del 4,25 per cento, salvo specifiche eccezioni.

In particolare, il comma 3 dello stesso articolo 16 prevede che a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, le regioni hanno facoltà di variare l'aliquota fino ad un massimo di un punto percentuale.

La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

 

I soggetti passivi dell'imposta indicati all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b), del medesimo decreto legislativo sono coloro che esercitano una o più delle attività di cui all'articolo 2 dello stesso decreto.

 

Pertanto sono soggetti all'imposta:

a)    le società e gli enti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;

b)    le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del predetto testo unico, nonché le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all'articolo 51 del medesimo testo unico;

c)    le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui all'articolo 49, comma 1, del medesimo testo unico;

d)    i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui all'articolo 29 del predetto testo unico, esclusi quelli con volume di affari annuo non superiore a cinque o a quindici milioni di lire esonerati dagli adempimenti agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 34, comma 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dall'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, sempreché non abbiano rinunciato all'esonero a norma dell'ultimo periodo del citato comma 6 dell'articolo 34;

e)    gli enti privati di cui all'articolo 87, comma 1, lettera c), del citato testo unico n. 917 del 1986, nonché le società e gli enti di cui alla lettera d) dello stesso comma;

e-bis)  le Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nonché le amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.

 

Non sono soggetti passivi dell'imposta:

a)    i fondi comuni di investimento di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 77, alla legge 14 agosto 1993, n. 344, e alla legge 25 gennaio 1994, n. 86;

b)    i fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124;

c)    i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) di cui al decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, salvo quanto disposto nell'articolo 13.

 

Si chiarisce poi che le riduzioni di aliquota che vengono così concesse:

a)  possono cumularsi con quelle disposte ai sensi dell'articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

b)  possono cumularsi con ogni altra agevolazione tributaria prevista da leggi dello Stato o della regione.

 

Si rileva che la rimodulazione dell’aliquota IRAP così configurata soltanto per la regione Friuli-Venezia Giulia potrebbe essere qualificata come un regime agevolativo di carattere fiscale concretante un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo III-167 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, come tale incompatibile con il mercato comune europeo.

 

Il richiamato articolo III-167 stabilisce che:

“1. Salvo deroghe previste dalla Costituzione, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati membri, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

2. Sono incompatibili con il mercato interno:

a)       gli aiuti di carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti,

b)       gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali,

c)       gli aiuti confessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione europea che abroga la presente lettera.

3. Possono considerarsi compatibili con il mercato interno:

a)       gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni dove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo III-424, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale:

b)       gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;

c)       gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, quando non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune;

d)       gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune;

e)       le altre categorie di aiuti fissate da regolamenti o decisioni europei adottati dal Consiglio su proposta della Commissione.”

La giurisprudenza costituzionale sulla natura dell’IRAP e sulle relative competenze regionali

La Corte costituzionale ha avuto occasione di esprimersi sulla natura dell’imposta regionale sulle attività produttive con la sentenza 22-26 settembre 2003, n. 296.

Essa ha rilevato che «la circostanza che l’imposta sia stata istituita con legge statale e che alle regioni a statuto ordinario, destinatarie del tributo, siano espressamente attribuite competenze di carattere solo attuativo, rende palese che l’imposta stessa – nonostante la sua denominazione – non può considerarsi “tributo proprio della regione”, nel senso in cui oggi tale espressione è adoperata dall’articolo 119, secondo comma, della Costituzione, essendo indubbio il riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei princìpi del coordinamento con il sistema tributario statale. Ne discende che, allo stato, la disciplina sostanziale dell’imposta non è divenuta (…) oggetto di legislazione concorrente, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, ma rientra tuttora nella esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali, secondo quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera e)» (Diritto, 2).

In precedenza, la medesima Corte aveva espresso analoga valutazione – sia pure attraverso un più articolato percorso argomentativo – nella sentenza 14-22 aprile 1999, n. 138, decidendo un ricorso proposto dalla Regione siciliana con specifico riferimento alla disciplina della nuova imposta. Rigettando la censura mossa dalla Regione ricorrente, la Corte spiegava infatti che l’imposta regionale sulle attività produttive «si configura bensì come tributo proprio delle Regioni, nel senso in cui tale nozione, in contrapposizione alle "quote di tributi erariali", è utilizzata dall'articolo 119, secondo comma, della Costituzione, cioè nel senso di tributo istituzionalmente destinato ad alimentare la finanza della Regione nel cui territorio avviene il prelievo a carico della rispettiva collettività: ma è pur sempre un tributo "attribuito" alla Regione – come si esprime l'articolo 119 – dalla legge dello Stato, che ne definisce i caratteri e la disciplina fondamentale quanto a soggetti colpiti, presupposti e materia imponibile» (Diritto, 4).

Per quanto attiene ai poteri e alle competenze delle regioni, la già citata sentenza n. 296 del 2003 ha ricostruito il quadro normativo precisando che alle Regioni a statuto ordinario sono attribuiti una limitata facoltà di variazione dell'aliquota e il potere di regolare, con legge, le procedure applicative dell'imposta nel rispetto dei princìpi in materia di imposte sul reddito e di quelli recati dalla specifica disciplina del tributo, restando tuttavia ad esse preclusa ogni potestà eccedente quelle espressamente conferite. Essa ha concluso pertanto che una norma la quale si sostanziava nella deroga a disposizioni del decreto istitutivo in tema di soggetti passivi dell'imposta risultava lesiva dell’esclusiva competenza statale e, quindi, costituzionalmente illegittima.

Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, deve considerarsi – pur avendo riguardo alla particolarità del regime stabilito per la Regione siciliana – quanto ha chiarito la medesima Corte nella sentenza 24 marzo-14 aprile 1999, n. 111.

Con il ricorso proposto dalla suddetta Regione alla Corte costituzionale era stato impugnato il disposto del comma 158 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo cui la Regione stessa "provvede con propria legge all'attuazione" dei decreti legislativi emanati sulla base delle deleghe contenute nei commi da 143 a 149 dello stesso articolo, in tema di istituzione della nuova imposta regionale sulle attività produttive. Ad avviso della ricorrente Regione siciliana, tale norma sarebbe risultata in contrasto con la propria speciale autonomia, riconoscendo il solo potere di "attuare" le nuove disposizioni, mentre lo Statuto e le norme di attuazione dello stesso attribuirebbero ad essa il potere di istituire tributi propri nei limiti dei princìpi del sistema tributario dello Stato.

La Corte, sulla base dell’esistente assetto dei rapporti fra lo Stato e la Regione siciliana nella materia, ha rilevato come «ad una ipotetica potestà tributaria liberamente esercitabile in ogni area, ad eccezione di quelle riservate allo Stato, e costituente una fonte di alimentazione della finanza regionale del tutto separata da quella statale, si sia sostituita una potestà residuale, esercitabile al margine, per così dire, della potestà tributaria dello Stato». Alla Regione rimane in fatto la possibilità di «intervenire legislativamente anche sulla disciplina dei tributi erariali, ma nei limiti segnati dai princìpi del sistema tributario statale e dai princìpi della legislazione statale per ogni singolo tributo». Si tratta dei limiti che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ricondotto, fra l’altro, «all' “esigenza fondamentale" di unitarietà del sistema tributario e a quella del coordinamento con la finanza dello Stato e degli enti locali, "affinché non derivi turbamento ai rapporti tributari nel resto del territorio nazionale" (sent. n. 9 del 1957)».

Confermando quindi la propria giurisprudenza, la Corte ha ritenuto non potersi considerare lesivo dell'autonomia regionale «che la legge statale – nel contesto di una disciplina volta a sostituire con nuovi tributi alcuni tributi erariali e locali esistenti, e a rivedere alcuni aspetti del regime di altri tributi erariali e locali – preveda una legislazione regionale volta ad "attuare" tale disciplina, nell'ambito e nei limiti, espressamente richiamati, della "speciale autonomia finanziaria" della Regione siciliana, come delineata nello Statuto e nelle norme di attuazione, e quindi anche con i margini di autonomia legislativa che alla Regione si riconoscono», annettendo anzi a tale previsione il carattere di clausola di salvaguardia della specialità dell'autonomia siciliana in questa materia (Diritto, 8).

Ancora con particolare riguardo alle speciali condizioni di autonomia attribuite alla Regione siciliana, nella già citata sentenza n. 138 del 1999, Diritto, 4, la Corte costituzionale rilevava come l’applicazione della nuova imposta dovesse collocarsi nel quadro dell’esistente ordinamento dei rapporti finanziari tra questa e lo Stato, costruito «non già sull'esercizio di una potestà impositiva del tutto autonoma della Regione, in spazi lasciati liberi dalla legislazione tributaria dello Stato, bensì sull'attribuzione alla Regione del gettito della maggior parte dei tributi erariali, riscosso nel territorio regionale, e di una potestà legislativa anche in ordine alla disciplina degli stessi tributi erariali, fermo restando che, in assenza di diverse disposizioni legislative regionali, si applicano nella Regione le disposizioni delle leggi tributarie dello Stato». La Corte riconosceva dunque come la Regione siciliana, nei riguardi di questo tributo, godesse, in primo luogo, «degli stessi spazi di autonomia riconosciuti a tutte le regioni, relativi alle "procedure applicative" dell'imposta e all'eventuale variazione, entro certi limiti, dell'aliquota», e inoltre – proprio in virtù della propria particolare autonomia legislativa estesa a tutti i tributi erariali il cui gettito regionalmente riscosso le è devoluto – beneficiasse di «una speciale clausola di salvaguardia di tale autonomia», espressa nell'articolo 3, comma 158, della legge n. 662 del 1996, richiamato dall’articolo 24, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, secondo cui la Regione siciliana “provvede con propria legge all'attuazione” dei decreti legislativi delegati, con le "limitazioni richieste dalla speciale autonomia finanziaria preordinata dall'articolo 36 dello Statuto regionale e dalle relative norme di attuazione".

Per la legittimità di tale clausola la Corte rinviava alla propria sentenza n. 111 del 1999.

Infine, in relazione alle disposizioni concernenti il ristoro delle province e dei comuni per gli effetti negativi derivanti dall’applicazione del nuovo tributo, la Corte rilevava: «Non può negarsi al legislatore statale, nel momento in cui dà attuazione a tale disegno, il potere di imporre alle Regioni un vincolo di destinazione (...) in ordine all'utilizzazione di una parte del gettito dell'IRAP, ad esse spettante, al fine di compensare il venir meno di altre fonti di alimentazione della finanza locale. Poiché anche nella Regione siciliana l'ordinamento della finanza locale, ivi compresa la disciplina dei trasferimenti finanziari, fa tuttora capo allo Stato, si giustifica che anche in Sicilia trovi applicazione il vincolo di destinazione in esame, mentre in altre Regioni speciali cui sono stati trasferiti maggiori poteri in tema di finanza locale ciò è demandato alla normazione locale, fermo però restando comunque il vincolo ad assicurare agli enti locali "le risorse finanziarie per compensare gli effetti finanziari negativi conseguenti all'attuazione" del decreto legislativo» (Diritto, 10).

Le disposizioni emanate dalla regione Friuli-Venezia Giulia in materia di IRAP

Le norme d’attuazione previste dall’articolo 24, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 sono state adottate con la legge regionale 25 febbraio 2000, n. 4, recante disposizioni inerenti all'istituzione e alla disciplina dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e altre disposizioni in materia tributaria.

 

L’articolo 2 rimette alla legge finanziaria della Regione, a decorrere dal terzo anno successivo a quello dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 446 del 1997, l’eventuale variazione delle aliquote e le altre misure di cui all'articolo 16 dello stesso decreto.

L’articolo 3 disciplina le forme di riscossione e di versamento in acconto.

La Sezione II stabilisce alcune agevolazioni territoriali e di categoria.

L’articolo 3-bis disciplina il computo del periodo di riferimento per benefìci relativi a diminuzioni di aliquota, nell’ambito del regime de minimis.

L’articolo 4 prevede l’erogazione di contributi compensativi in forma di credito d'imposta, da parte della regione, a favore degli operatori economici del Friuli-Venezia Giulia.

 

La disposizione specifica il principio enunziato nell’articolo 1, comma 3, ove si afferma che la Regione si avvale delle prerogative di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123[5], allo scopo di erogare crediti d'imposta.

Il comma 2 dell’articolo 4 autorizza infatti l'amministrazione regionale a concedere contributi compensativi, nella misura massima del 50 per cento degli oneri tributari effettivamente sostenuti a titolo di IRAP, alle imprese e agli esercenti arti e professioni aventi il domicilio fiscale nel territorio della Regione, nella forma di credito d'imposta, con riferimento agli oneri tributari sostenuti per i periodi d'imposta in corso al 1° gennaio 1999 e 2000 e dovuti alla Regione stessa. Il comma 4 precisa che, nei confronti dei soggetti aventi natura di impresa, detti contributi sono concessi ed erogati nell'ambito degli aiuti comunitari secondo la regola del de minimis[6]. Il comma 6 rimette al regolamento attuativo la determinazione delle categorie di soggetti agevolabili e dei criteri di priorità per la concessione dei contributi compensativi: deve aversi riguardo ai settori e alle categorie maggiormente svantaggiate dall'introduzione dell'IRAP, individuate sulla base delle risultanze di studi sui riflessi dell'introduzione del tributo sui contribuenti regionali. Il regolamento può prevedere massimali di intervento e limiti dimensionali differenziati in relazione ai soggetti aventi domicilio fiscale nelle aree maggiormente svantaggiate del territorio regionale per le attività insediate in tali aree.

 

L’articolo 5 autorizza la concessione di crediti d'imposta per la creazione di nuova occupazione, a decorrere dal 1° gennaio 2000 per la durata massima di sette periodi d’imposta, da destinarsi in via prioritaria alle imprese e nei settori caratterizzati da elevato impiego di manodopera rispetto agli altri fattori produttivi, con particolare riguardo al capitale.

 

L’articolo 7 consente di istituire, mediante leggi regionali di settore, incentivi a favore delle imprese nella forma del credito d'imposta.

 

La sezione III disciplina le modalità di esercizio delle attribuzioni spettanti alla Regione in materia di liquidazione, accertamento e riscossione dell'IRAP, nonché del relativo contenzioso.

 

L’articolo 11 devolve, dall'anno 2000, ai comuni e alle province del territorio regionale quote del gettito dell'IRAP, sostitutive del gettito per tasse di concessione comunale e per imposta comunale per l'esercizio di impresa, arti e professioni, pari a quanto spettante a titolo di quota sostitutiva per l'anno precedente, convenzionalmente incrementato del tasso programmato di crescita del prodotto interno lordo nazionale riferito al medesimo periodo come indicato dal documento di programmazione economico-finanziaria.

 

La legge regionale 26 febbraio 2001, n. 4 (legge finanziaria 2001), all’articolo 2, ha stabilito per il 2001 l’aliquota ridotta del 3,50 per cento in favore:

a)  delle piccole e medie imprese e dei liberi professionisti aventi la sede legale, ovvero la residenza, ovvero il domicilio fiscale nell'ambito del territorio regionale e – se costituite in forma d’impresa – rientranti, per numero di dipendenti, fatturato annuo e totale di bilancio, nei parametri dimensionali di cui alla normativa di adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione delle piccole e medie imprese, purché alla data del 1° gennaio 2001 non superassero il numero di cinque dipendenti per i settori dell'industria e dell'artigianato e di tre dipendenti per gli altri settori e i liberi professionisti (ovvero di otto e di cinque dipendenti se aventi sede in comuni o parti di essi rientranti nelle zone omogenee «B» e «C» dei territori montani);

b)  delle società cooperative tenute all'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, nonché dalle cooperative sociali aventi sede legale o domicilio fiscale nel territorio regionale.

 

Il beneficio è subordinato all’applicazione della regola del de minimis e limitato all’importo massimo da questa consentito.

 

La legge regionale 25 gennaio 2002, n. 3 (legge finanziaria 2002), all’articolo 2, ha confermato l’agevolazione per l’anno 2002, con limiti inferiori rispetto al numero dei dipendenti e con la previsione di un volume d’affari massimo per i liberi professionisti. Il successivo articolo 2-bis ha disposto l’esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

L’articolo 1 della legge regionale 29 gennaio 2003, n. 1 (Legge finanziaria 2003), ha confermato lo stesso beneficio per l’anno 2003.

 

L’articolo 1 della legge regionale 26 gennaio 2004, n. 1 (Legge finanziaria 2004), ha previsto, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2004 e per un massimo di cinque periodi d'imposta, una riduzione dell’aliquota dell’IRAP in favore delle nuove imprese artigiane nelle seguenti misure:

a)  1 per cento per le nuove imprese insediate nelle zone classificate montane;

b)  0,8 per cento per le nuove imprese insediate nelle altre aree del territorio regionale.

Anche l’applicazione di queste disposizioni è condizionata all’osservanza della regola de minimis.

3. La diminuzione dell’aliquota relativa all’IRES

Per quanto concerne la misura dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (IRES), la presente proposta di legge attribuisce alla regione Friuli-Venezia Giulia la facoltà di variare in diminuzione, fino ad un massimo di otto punti percentuali, l'aliquota commisurata al reddito complessivo netto dell'IRES, prevista dall'articolo 77 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2005.

 

Il ricordato articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, stabilisce che l'IRES è commisurata al reddito complessivo netto con l'aliquota del 33 per cento.

 

Viene specificato che la riduzione di aliquota così disposta si applica alla determinazione dell'imposta per la quale spetta alla regione Friuli-Venezia Giulia la compartecipazione ai proventi riscossi nel territorio della regione stessa nella misura stabilita dall'articolo 49, primo comma, numero 2), dello Statuto speciale di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e successive modificazioni.

 

Il richiamato articolo 49 dello Statuto speciale prevede la devoluzione alla regione delle seguenti quote fisse dei sottoindicati proventi dello Stato, riscossi nel territorio della regione stessa:

1)       sei decimi del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;

2)       quattro decimi e mezzo del gettito dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche;

3)       sei decimi del gettito delle ritenute alla fonte di cui agli artt. 23, 24, 25, 25-bis e 29 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;

4)       otto decimi del gettito dell'imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa all'importazione, al netto dei rimborsi effettuati ai sensi dell'articolo 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni;

5)       nove decimi del gettito dell'imposta erariale sull'energia elettrica, consumata nella regione;

6)       nove decimi del gettito dei canoni per le concessioni idroelettriche;

7)       nove decimi del gettito della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione.

La devoluzione alla regione Friuli-Venezia Giulia delle quote dei suddetti proventi erariali viene effettuata al netto delle quote devolute ad altri enti ed istituti.

 

L’emanazione delle disposizioni attuative della proposta di legge in esame in ordine alla determinazione dei soggetti beneficiari e alla determinazione della base imponibile alla quale si applica la riduzione dell'aliquota è demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la regione Friuli-Venezia Giulia, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale che dispone la riduzione dell'aliquota dell'IRES.

Anche per le riduzioni di aliquota relative all’IRES si chiarisce che le stesse possono cumularsi con ogni altra agevolazione tributaria disposta da leggi dello Stato o della regione.

 

Si rileva che la riduzione dell’aliquota IRES così configurata soltanto per la regione Friuli-Venezia Giulia potrebbe essere qualificata come un regime agevolativo di carattere fiscale concretante un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo III-167 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, come tale incompatibile con il mercato comune europeo.

4. La copertura finanziaria

L’articolo 2 della proposta di legge in esame prevede, al comma 1, che alle minori entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni recate dall'articolo 1 in relazione alla rimodulazione dell’IRAP si provvede, a decorrere dall'esercizio finanziario entro il quale divengono efficaci, mediante corrispondente riduzione, di intesa con la regione Friuli-Venezia Giulia, delle anticipazioni mensili erogate alla regione dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 39, comma 2, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.

 

Il richiamato articolo 39, recante norme in materia di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, prevede, al comma 1, che il CIPE su proposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, delibera annualmente l'assegnazione in favore delle regioni, a titolo di acconto, delle quote del Fondo sanitario nazionale di parte corrente, tenuto conto dell'importo complessivo presunto del gettito dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 50 e della quota del gettito dell'imposta regionale sulle attività produttive, di cui all'articolo 38, comma 1, stimati per ciascuna regione. Il CIPE con le predette modalità provvede entro il mese di febbraio dell'anno successivo all'assegnazione definitiva in favore delle regioni delle quote del Fondo sanitario nazionale, parte corrente, ad esse effettivamente spettanti. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a procedere alle risultanti compensazioni a valere sulle quote del Fondo sanitario nazionale, parte corrente, erogate per il medesimo anno.

Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze a concedere alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano anticipazioni mensili da accreditare ai conti correnti di cui all'articolo 40, comma 1, in essere presso la tesoreria centrale dello Stato, nei limiti di un dodicesimo dell'importo complessivo presunto del gettito dell'addizionale e della quota di imposta di cui al comma 1, alle stesse attribuiti, nonché delle quote del Fondo sanitario nazionale di parte corrente deliberate dal CIPE, in favore delle medesime regioni, in ciascun anno; nelle more della deliberazione del CIPE le predette anticipazioni mensili sono commisurate all'importo complessivo presunto dei gettiti dell'addizionale e della quota d'imposta predetti.

Ai sensi del comma 3, alla copertura dell'eventuale differenza tra l'ammontare dei gettiti di cui al comma 1 previsti in sede di riparto del Fondo sanitario nazionale e quello effettivamente riscosso dalle regioni si provvede mediante specifica integrazione del Fondo sanitario nazionale quantificata dalla legge finanziaria.

 

In relazione alle disposizioni relative all’eventuale diminuzione dell’aliquota dell’IRES, si stabilisce che alle minori entrate si provveda mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti statali spettanti a qualsiasi titolo alla regione Friuli-Venezia Giulia, incluse le devoluzioni erariali in attuazione dello Statuto.

Le disposizioni di attuazione verranno emanate, su iniziativa del Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d’intesa con la regione Friuli-Venezia Giulia, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale che prevedrà la riduzione dell’aliquota.

Il comma 2 dell’articolo 2 autorizza inoltre le compensazioni in corso di esercizio a valere sulle somme dovute dall'erario alla regione Friuli-Venezia Giulia a qualsiasi titolo.

Vengono altresì autorizzati, in sede di conguaglio, eventuali recuperi necessari anche a carico delle somme spettanti a qualsiasi titolo alla regione per gli esercizi successivi.


 

Proposta di legge
A.C. 5498

”Disposizioni in materia di incentivi regionali per la crescita del sistema produttivo della regione Friuli-Venezia Giulia”


 

N. 5498

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

ROMOLI, SARO, COLLAVINI, LENNA, MORETTI,
FONTANINI, MENIA, BALLAMAN

¾

 

Disposizioni in materia di incentivi regionali per la crescita
del sistema produttivo della regione Friuli Venezia Giulia

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il16 dicembre 2004

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi ! — La disposizione introdotta nel disegno di legge finanziaria 2005, che sospende gli aiuti di Stato nei confronti delle imprese che delocalizzino i propri impianti produttivi per trasferirli all’estero, va indubitabilmente accolta con favore, ma deve essere considerata un semplice primo passo in direzione di una riforma della fiscalità di impresa che liberi risorse per gli investimenti e accresca la competitività a livello internazionale.

Forte resta infatti il divario tra l’imposizione fiscale gravante sulle imprese in Italia e quella dei Paesi limitrofi, i quali reagiscono con maggiore vigore alla concorrenza dei Paesi emergenti.

La Repubblica Ceca, oltre a diverse agevolazioni relative all’imposta sul valore aggiunto (IVA) in favore degli investimenti, sta riducendo progressivamente l’imposizione sulle persone giuridiche e prevede di stabilizzarla nel 2006 al 24 per cento. Inoltre prevede, per i primi cinque anni, l’azzeramento della suddetta imposta per i grandi investitori esteri, con ulteriori bonus per i cinque anni successivi.

In Slovenia l’imposta sul reddito delle società è pari al 25 per cento, con agevolazioni del 20 per cento sulla somma investita, per gli investimenti già realizzati (ad esempio se l’impresa ha investito in nuove tecnologie).

La Repubblica Slovacca nel 2003 ha ridotto dal 25 per cento al 19 per cento l’imposta sul reddito delle persone giuridiche.

Anche l’Austria ha ridotto la tassazione sul reddito delle persone giuridiche dal 34 per cento al 25 per cento e inoltre il land della Carinzia eroga incentivi ai nuovi insediamenti industriali che arrivano a coprire fino al 25 per cento e in alcuni casi al 30 per cento degli investimenti.

L’Ungheria, pur avendo un’aliquota IVA media più alta, applica il 16 per cento sull’utile netto e il 20 per cento sui dividendi. Inoltre, le amministrazioni locali possono azzerare l’imposta comunale sulle attività , la cui aliquota massima è al 2 per cento per le imprese localizzate nel proprio territorio.

L’economia del nord-est d’Italia, trainante per l’intero Paese, gode della vicinanza della Mitteleuropa, ma è la prima a soffrirne quando i differenziali fiscali volgono eccessivamente a suo sfavore.

In particolare gli imprenditori del Friuli Venezia Giulia si connotano per la particolare fiducia nelle proprie capacità e nella rapidità con cui adottano decisioni anche di rilievo. Parafrasando i no global, sono in grado di « pensare locale ed agire globale ». Per questo motivo sono favorevoli alla nascita dell’Euroregione, per la quale, assieme alle istituzioni delle aree interessate, stanno facendo pressione sull’Unione europea: si tratta di riunire in un’unica area economico-industriale il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, la Slovenia, la Carinzia (Austria), l’Istria e la regione litorale-montana croata, con Trieste quale porto di sbocco e il Corridoio numero 5 quale asse di collegamento con l’obiettivo primario di armonizzare le politiche economiche e fiscali dell’area. Si tratta di un esperimento innovativo, nel più puro spirito del federalismo, nel quale le aree regionali trattano direttamente con Bruxelles.

D’altro canto, però , non vanno dimenticati i segnali di allarme lanciati dall’imprenditoria friulana e giuliana, concentrati in particolare sulla perdita di competitività. Il modello di sviluppo, basato su prodotti a basso contenuto tecnologico, che partivano dalla capacità di contenimento dei costi, non funziona più. Occorre uno slancio innovativo, nuovi investimenti tecnologici, prodotti di qualità superiore. Le conoscenze e la capacità di rischio non mancano: occorre un adeguato supporto economico, con la liberazione di risorse destinate allo sviluppo.

Ed è quello che la presente proposta di legge intende offrire, peraltro senza gravare sulle casse dello Stato.

L’articolo 1 infatti, dopo aver stabilito le finalità della legge, prevede la possibilità da parte della regione, in ottemperanza al dettato costituzionale, di rimodulare l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) sino al 2 per cento in meno dell’aliquota nazionale. Prevede inoltre la possibilità di ridurre l’imposta sul reddito delle società sino ad 8 punti in meno; la riduzione è applicata alla comparte­cipazione ai proventi riscossi nel territorio della regione stessa. Restano salve tutte le altre agevolazione di Stato o regionali già previste.

L’intento è chiarissimo: evitare la delocalizzazione verso aree fiscalmente più favorevoli e peraltro vicinissime, nonché liberare le risorse per lo sviluppo industriale.

Con l’articolo 2 si dispone, a copertura dei minori introiti fiscali nazionali, la corrispondente riduzione delle anticipazioni mensili commisurate all’importo complessivo presunto del gettito dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e della quota del gettito dell’IRAP, spettanti alla regione, nonché di ogni altro trasferimento statale di competenza regionale, ivi comprese le devoluzioni erariali in attuazione dello Statuto speciale.

Il « conto per Roma », insomma, è a somma zero; ma le possibilità di rilancio dello sviluppo del Friuli Venezia Giulia sono enormi.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

(Incentivi alla crescita del sistema produttivo della regione Friuli Venezia Giulia).

 

1. Nell’ambito della potestà legislativa in materia di industria, di cui all’articolo 4, numero 6), dello Statuto speciale della regione Friuli Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, al fine di favorire la crescita degli investimenti del sistema produttivo regionale nel campo della innovazione e della ricerca e di contrastare la cessazione delle attività industriali localizzate nella regione, la regione Friuli Venezia Giulia è autorizzata a disciplinare con propria legge la rimodulazione della aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui all’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e la riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (IRES), prevista dall’articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

2. L’autorizzazione di cui al comma 1 è attuata secondo i seguenti princý`pi e criteri direttivi:

a) a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2005, la regione Friuli Venezia Giulia ha facoltà di variare in diminuzione, fino ad un massimo di due punti percentuali, l’aliquota di cui al comma 1 dell’articolo 16 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in favore dei soggetti passivi di imposta di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), del medesimo decreto legislativo;

b) le riduzioni di aliquota disposte ai sensi della lettera a) possono cumularsi con quelle disposte ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, e si cumulano con ogni altra agevolazione tributaria disposta da leggi dello Stato o della regione;

c) a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2005, la regione Friuli Venezia Giulia ha facoltà di variare in diminuzione, fino ad un massimo di otto punti percentuali, l’aliquota commisurata al reddito complessivo netto dell’IRES, prevista dall’articolo 77 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

d) la riduzione di aliquota di cui alla lettera c) si applica alla determinazione dell’imposta per la quale spetta alla regione Friuli Venezia Giulia la compartecipazione ai proventi riscossi nel territorio della regione stessa nella misura stabilita dall’articolo 49, primo comma, numero 2), dello Statuto speciale di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di intesa con la regione Friuli Venezia Giulia, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale che dispone la riduzione dell’aliquota dell’IRES, sono emanate le disposizioni attuative della medesima legge in ordine alla determinazione dei soggetti beneficiari e alla determinazione della base imponibile alla quale si applica la riduzione dell’aliquota;

e) le riduzioni di aliquota disposte ai sensi della lettera c) si cumulano con ogni altra agevolazione tributaria disposta da leggi dello Stato o della regione.

 

Art. 2.

(Copertura finanziaria).

 

1. Alle minori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 1 si provvede:

a) in relazione alle disposizioni di cui alla lettera a) del comma 2 dell’articolo 1, a decorrere dall’esercizio finanziario entro il quale divengono efficaci, mediante corrispondente riduzione, di intesa con la regione Friuli Venezia Giulia, delle anticipazioni mensili erogate alla regione dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 39, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

b) in relazione alle disposizioni di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 1, mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti statali spettanti a qualsiasi titolo alla regione Friuli Venezia Giulia, ivi comprese le devoluzioni erariali in attuazione dello Statuto. Su iniziativa del Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di intesa con la regione Friuli Venezia Giulia, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale di cui alla citata lettera c) del comma 2 dell’articolo 1, sono emanate le disposizioni attuative della presente lettera.

2. Sono altresì autorizzate le compensazioni in corso di esercizio a valere sulle somme dovute dall’Erario alla regione Friuli Venezia Giulia a qualsiasi titolo e, in sede di conguaglio, eventuali recuperi che dovessero rendersi necessari anche a carico delle somme spettanti a qualsiasi titolo alla medesima regione per gli esercizi successivi.

 




[1]     Causa 475/03. Vedi dossier  RUE  “Compatibilità dell’IRAP con la normativa comunitaria - Conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia nella causa C- 475/03” del 18 marzo 2005.

[2]     In particolare, l’art. 33, par. 1 della direttiva 77/388/CEE (Sesta direttiva IVA), secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, vieta agli Stati membri di introdurre o mantenere imposte, diritti e tasse che abbiano il carattere di imposte sulla cifra d’affari. Tale disposizione mira a preservare il sistema comune dell’IVA introdotto dalla direttiva in questione, evitando che vengano introdotte imposte – sostanzialmente analoghe all’IVA – che sfuggono all’armonizzazione ritenuta necessaria per il funzionamento del mercato interno.

[3]     Al riguardo, si ricorda che Il 7 luglio 2004 la Commissione europea ha presentato due documenti di lavoro relativi, rispettivamente, alla creazione di una base imponibile comune per l’imposizione sulle società e alla tassazione delle piccole e medie imprese nello Stato d'origine.

[4]     L’istituzione di un gruppo di lavoro per approfondire il tema è stata deliberata dal Consiglio ECOFIN del 10-11 settembre 2004, a seguito della presentazione di due documenti di lavoro da parte della Commissione europea.

[5]     Il decreto legislativo  31 marzo 1998, n. 123, reca disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese. L’articolo 12, comma 2, precisa che i princìpi desumibili dal decreto costituiscono princìpi generale dell'ordinamento giuridico e prescrive alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano di adeguare i rispettivi ordinamenti, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, alle norme fondamentali in esso contenute, secondo le previsioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

[6]     La materia è regolata dalla Comunicazione della Commissione dell’Unione europea del 6 marzo 1996 (Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 6 marzo 1996, n. C 68). L'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE vieta, con alcune possibilità di deroga, "gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza" e che incidano sugli scambi tra Stati membri. Per altro, non tutti gli aiuti hanno un impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra Stati membri: ciò vale in particolare per gli aiuti di importo assai poco elevato, che sono per la maggior parte ma non esclusivamente accordati alle piccole e medie imprese, principalmente nell'ambito di regimi gestiti da enti locali o regionali. Perciò, nel 1992, la Commissione introdusse una regola detta de minimis, che fissava una cifra assoluta quale soglia di aiuto al di sotto della quale si può considerare inapplicabile l'articolo 92, paragrafo 1, e l'aiuto non è più soggetto all'obbligo di previa notifica alla Commissione ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 3. La comunicazione qui richiamata ha modificato la regola de minimis prevedendo che:

-        l'importo massimo totale dell'aiuto rientrante nella categoria de minimis è di 100.000 ECU su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto;

-        tale importo comprende qualsiasi aiuto pubblico accordato quale aiuto de minimis e non pregiudica la possibilità del beneficiario di ottenere altri aiuti in base a regimi autorizzati dalla Commissione;

-        tale importo comprende tutte le categorie di aiuti, indipendentemente dalla loro forma e obiettivo, ad eccezione degli aiuti all'esportazione, che sono esclusi dal beneficio della misura.

-        Gli aiuti pubblici da prendere in considerazione ai fini del rispetto del massimale di 100.000 ECU sono quelli concessi dalle autorità nazionali, regionali o locali, a prescindere dal fatto che le risorse provengano interamente dagli Stati membri o che le misure siano cofinanziate dalla Comunità tramite i fondi strutturali, in particolare il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR).

      La regola de minimis, benché interessi prioritariamente le piccole e medie imprese, è applicabile a prescindere dalle dimensioni delle imprese beneficiarie. Non si applica tuttavia ai settori disciplinati dal trattato CECA, alla costruzione navale, al settore dei trasporti e agli aiuti concessi per spese relative ad attività dell'agricoltura o della pesca.

      Quando gli aiuti vengono erogati in forma diversa dalla sovvenzione diretta in denaro, ai fini dell'applicazione del limite previsto devono essere convertiti in equivalente sovvenzione. Le altre forme più comunemente utilizzate per la concessione di aiuti di modesta entità sono i prestiti agevolati, gli sgravi fiscali e le garanzie sui prestiti. La conversione dev’essere operata calcolando al lordo, ossia senza dedurre l'imposta eventualmente applicabile all'aiuto. Se l'aiuto non è soggetto ad imposizione, come nel caso di certi sgravi fiscali, dev'essere preso in conto il valore nominale dell'aiuto, che è allo stesso tempo netto e lordo. Qualsiasi aiuto da erogarsi ad una data futura deve essere scontato al valore attuale, secondo il tasso di riferimento in vigore al momento della concessione dell'aiuto. Le sovvenzioni vanno tuttavia considerate come se fossero erogate in una sola volta anche se sono versate in più quote.

      L'equivalente sovvenzione di un prestito agevolato per un dato anno è pari alla differenza tra gli interessi che sarebbero dovuti al tasso d'interesse di riferimento e quelli effettivamente pagati. L'equivalente sovvenzione di uno sgravio fiscale è il risparmio in termini d’imposta realizzato nell'anno in questione. Anche in questo caso le economie d'imposta che saranno realizzate nel corso degli anni successivi devono essere scontate al loro valore attuale, applicando il tasso d'interesse di riferimento.

      Per le garanzie sui prestiti, l'equivalente sovvenzione per un dato anno può essere calcolato in due modi:

-        allo stesso modo dell'equivalente sovvenzione di un prestito a tasso agevolato: previa detrazione dei premi versati, l'agevolazione è pari alla differenza tra il tasso d'interesse di riferimento e il tasso effettivamente ottenuto grazie alla garanzia dello Stato; oppure

-        come differenza tra l'importo del debito residuo garantito, moltiplicato per il coefficiente di rischio (probabilità di mancato rimborso), e il premio versato, ossia:

-          (importo garantito × rischio) - premio.

      La concessione di un aiuto de minimis o le modalità di un regime che preveda la concessione di aiuti di questo tipo devono comportare espressamente la condizione che qualsiasi altro aiuto supplementare, concesso alla medesima impresa a titolo della regola de minimis, non deve far sì che l'importo complessivo degli aiuti de minimis di cui l'impresa beneficia ecceda il limite di 100.000 ECU su un periodo di tre anni. Gli Stati debbono instaurare adeguate forme di controllo.