XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Manovra di finanza pubblica e disegno di legge di bilancio 2005-2007. A.C. 5310 e A.C. 5311 - Commissione Finanze
Serie: Progetti di legge    Numero: 652    Progressivo: 6
Data: 06/10/04
Abstract:    Parte I: gli obiettivi di finanza pubblica per il 2005. Parte II: gli stati di previsione dell'entrata e del Ministero dell'economia e delle finanze. Parte III: schede di lettura sul disegno di legge finanziaria per il 2005.
Descrittori:
BILANCIO PREVENTIVO   FINANZA PUBBLICA
LEGGE FINANZIARIA   MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Organi della Camera: VI-Finanze
Riferimenti:
AC n.5310/14   AC n.5311/14

 

 

Servizio studi

 

progetti di legge

Manovra di finanza pubblica e
disegno di legge di bilancio 2005-2007

A.C. 5310 e A.C. 5311

Commissione Finanze

n. 652/6

 


xiv legislatura

6 ottobre 2004

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Finanze

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: FI0679

 


I N D I C E

 

PARTE I Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2005

Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2005. 3

La manovra di finanza pubblica per il 2005. 5

§      Le dimensioni della manovra. 5

§      Gli strumenti della manovra. 6

§      Il disegno di legge finanziaria. 6

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente. 10

§      Il quadro generale riassuntivo. 10

§      Le variazioni rispetto alle previsioni 2004. 11

Gli effetti sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato determinati dal disegno di legge finanziaria (A.C. 5310)14

La rideterminazione degli stanziamenti del bilancio dello Stato entro il limite di incremento del 2% (art. 3 del ddl finanziaria)16

La disciplina contabile: il bilancio dello Stato. 19

La disciplina contabile: la legge finanziaria. 24

Tavole allegate. L’evoluzione delle entrate e delle spese nel bilancio dello Stato  27

PARTE II Gli stati di previsione dell’entrata e del Ministero dell’economia e delle finanze

Stato di previsione dell’entrata - Tabella 1. 37

§      Sintesi del quadro generale. 37

§      Analisi per titoli e UPB delle entrate in termini di competenza. 41

§      Titolo I – Entrate tributarie. 41

§      Titolo II – Entrate extra-tributarie. 43

§      Titolo III – Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti44

§      Bilancio pluriennale. 44

§      Gli effetti delle disposizioni in materia di entrate contenute nel disegno di legge finanziaria  45


Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze - Tabella 2 (parte di competenza della Commissione finanze)47

§      Sintesi del quadro generale. 47

Stato di previsione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato - Annesso alla Tabella 2. 50

PARTE III Il disegno di legge finanziaria per il 2005

Articolo 8, comma 4 (Disposizioni regionali difformi dalla normativa statale in materia di IRAP e tassa automobilistica)53

Articolo 10, comma 4 (Nuove emissioni di titoli obbligazionari)58

Articolo 26, commi 1 e 2 (Assicurazione obbligatoria per gli immobili per danni derivanti da calamità naturali)63

Articolo 28, comma 1 (Dismissione immobili enti disciolti)72

Articolo 32, commi 1-3 (Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Dati relativi alle utenze)75

Articolo 32, commi 4-8 (Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Classamento degli immobili)87

Articolo 32, comma 9 (Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Base imponibile della TARSU)101

Articolo 32, commi 10-14 (Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Contratti di locazione)107

Articolo 32, comma 15 (Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Nullità dei contratti di locazione non registrati)118

Articolo 33, commi 1 e 2 (Contrasto dell’evasione in materia di IVA. Dichiarazioni telematiche e comunicazioni)125

Articolo 33, commi 3-5 (Recupero dell’IVA da autoveicoli di provenienza comunitaria)129

Articolo 33, commi 6-10 (Contrasto dell’evasione in materia di IVA. Comunicazione telematica di cessioni all’esportazione)132

Articolo 33, comma 11 (Solidarietà nel pagamento dell'IVA)135

Articolo 34, commi 1-12 (Pianificazione fiscale concordata)137

Articolo 34, commi 13-20 (Studi di settore)150

Articolo 34, comma 21 (Redditi soggetti a tassazione separata)163


Articolo 34, comma 22 (Decorrenza degli interessi su somme che costituiscono oggetto di riscossione)166

Articolo 34, comma 23 (Reato di omesso versamento di ritenute certificate)168

Articolo 34, comma 24 (Legittimazione ad agire dei concessionari della riscossione)170

Articolo 34, comma 25 (Discarico per inesigibilità)172

Articolo 34, comma 26 (Disposizioni in tema di ruoli e di poteri di riscossione)175

Articolo 34, commi 27-28 (Rilascio di garanzie e recupero coattivo)178

Articolo 34, comma 29 (Termine di decorrenza dell’applicazione dei ruoli differenziati)182

Articolo 34, commi 30-32 (Recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati)183

Articolo 34, comma 33 (Proroga dei termini per i ruoli relativi alle dichiarazioni presentate nel 2003)188

Articolo 34, comma 34 (Versamento ICI mediante il modello F24)190

Articolo 34, comma 35 (Dichiarazione stragiudiziale del terzo debitore del soggetto iscritto a ruolo)193

Articolo 34, comma 36 (Somme dovute, per inadempimento, dall’incaricato dell’incasso o dal garante del debitore)195

Articolo 34, comma 37 (Proroga della durata delle concessioni del servizio di riscossione)197

Articolo 35, commi 1-10 (Dismissioni di beni del demanio e del patrimonio)203

Articolo 35, comma 12 (Dismissioni immobili della difesa)212

Articolo 35, comma 13 (Immobili Guardia di finanza)220

Articolo 35, commi 14-17 (Altre disposizioni in materia di demanio)221

Articolo 35, comma 19 (Cartolarizzazioni - Vendita di strade nazionali assoggettabili a pedaggio)225


Articolo 35, comma 20 (Applicabilità del codice dei beni culturali nelle dismissioni)231

Articolo 36, commi 1-8 (Trattamento fiscale delle società cooperative a mutualità prevalente)234

Articolo 36, commi 9 e 10 (Modalità particolari di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto)241

Articolo 36, commi 11-16 (Riserve e fondi in sospensione di imposta)246

Articolo 36, commi 17-18 (Tabacchi lavorati)250

Articolo 36, commi 19-21 (Lotto)252

Articolo 36, commi 22-27 (Disposizioni in materia di videogiochi)255

Articolo 36, comma 28 (Detraibilità dell’IVA sugli acquisti dei motoveicoli e autoveicoli)260

Articolo 36, comma 29 (Redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)262

Articolo 36, comma 30 (Limite di deducibilità dei contributi di assistenza sanitaria dal reddito di lavoro dipendente.)264

Articolo 36, comma 31 (Regime speciale IVA per il settore agricolo)265

Articolo 36, comma 32 (Proroga delle esenzioni per le aree terremotate)267

Articolo 36, comma 33 (Agevolazioni per manutenzione e salvaguardia dei boschi)268

Articolo 36, comma 34 (Aliquota IRAP nel settore agricolo e della pesca)269

Articolo 36, comma 35 (Formazione e arrotondamento della proprietà contadina)270

Articolo 36, comma 36 (Benefìci fiscali e previdenziali per la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari)272

Articolo 36, comma 37 (Rinnovo delle agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)274


Articolo 36, commi 38-39 (Determinazione delle accise sui prodotti petroliferi)285

Articolo 36, comma 40-42 (Agevolazioni sul gasolio per gli autotrasportatori)289

Articolo 36, comma 43-44 (Esenzione dall’accisa per i biodiesel)294

Articolo 36, comma 45 (Proroga adozione regolamento per tariffa rifiuti urbani)299

 

 


PARTE I
Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2005

 


Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2005

 

Le previsioni macroeconomiche contenute nel DPEF 2005-2008, presentato nel luglio scorso, sono state confermate dalla Nota di aggiornamento presentata il 30 settembre.

Per il 2005, è prevista una crescita reale del PIL del 2,1%, (a fronte di una crescita tendenziale indicata nel DPEF all’1,9%).

Il tasso di crescita nel 2005 dovrebbe, pertanto, risultare sensibilmente superiore a quello stimato nel DPEF per il 2004 (1,2%).

 

Il PIL nominale dovrebbe registrare nel 2005 un incremento del 4,4% e, in valori assoluti, dovrebbe attestarsi a 1.413.847 milioni di euro.

 

Anche per gli anni successivi al 2005 la Nota di aggiornamento mantiene invariate le previsioni di crescita del PIL contenute nel quadro macroeconomico programmatico del DPEF 2005-2008. In particolare, si prevede una crescita del PIL reale del 2,2% nel 2006 e del 2,3% nel 2007 e nel 2008.

 

Per quanto concerne i saldi di finanza pubblica, la Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008 ha confermato, per il 2005, l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche fissato dal DPEF al 2,7% del PIL.

 

Rispetto al DPEF, la Nota di aggiornamento rivede la previsione della spesa per interessi per il 2005.

Il DPEF 2005-2008, infatti, indicava una spesa per interessi delle amministrazioni pubbliche pari a 5,3% del PIL (a fronte di una spesa per interessi tendenziale del 5,2%). Nella Nota di aggiornamento, la spesa per interessi nel 2005 è invece quantificata nel 5,1% del PIL.

 

Rimanendo invariato l’obiettivo di indebitamento netto, la revisione della previsione concernente la spesa per interessi comporta una riduzione, rispetto al DPEF, dell’obiettivo di avanzo primario per il 2005 di pari entità, vale a dire di 0,2 punti percentuali di PIL.

Pertanto, l’obiettivo di avanzo primario per il 2005, che nel DPEF era fissato al 2,6%, sulla base del quadro programmatico contenuto nella Nota di aggiornamento viene ridotto al 2,4%.

 

L’obiettivo di indebitamento netto fissato per il 2005 risulta migliore di 0,2 punti percentuali di PIL rispetto alla stima del deficit per il 2004, che, come confermato nella Sezione I della Relazione Previsionale e Programmatica, dovrebbe risultare pari al 2,9% del PIL.

 

Saldi di finanza pubblica per il 2005

(Valori in % del PIL)

 

 

DPEF 2005-2008 tendenziale

DPEF 2005-2008 programmatico

Nota di aggiornamento

 

Indebitamento netto

-4,4

-2,7

-2,7

 

Avanzo primario

0,8

2,6

2,4

 

Spesa per interessi

5,2

5,3

5,1

 

Indebitamento netto strutturale

-

-2,2

-2,2

Fabbisogno

5,9

4,2

n.d.

 

Debito pubblico/PIL

n.d.

104,1

104,1

 

PIL

1.409,8

1.409,8

1.413,9

 

 

Per quanto concerne gli anni successivi al 2005, la Nota di aggiornamento fissa un obiettivo di indebitamento netto pari per il 2006 al 2,0% del PIL, per il 2007 dell’1,4% del PIL e per il 2008 dello 0,9% del PIL.


La manovra di finanza pubblica per il 2005

Le dimensioni della manovra

Ai fini del raggiungimento degli obiettivi indicati nella Nota di aggiornamento del DPEF, la manovra di finanza pubblica ha la funzione di ricondurre il disavanzo tendenziale, vale a dire il disavanzo che si produrrebbe sulla base della legislazione vigente qualora non intervenissero ulteriori provvedimenti, ai valori programmatici.

A tal fine, occorre considerare gli effetti finanziari delle disposizioni contenute negli strumenti di attuazione della manovra di finanza pubblica in rapporto, piuttosto che al bilancio dello Stato, al conto economico delle amministrazioni pubbliche.

 

L’obiettivo di indebitamento netto del 2,7% del PIL, indicato nel DPEF e confermato nella Nota di aggiornamento, viene fissato a fronte di un andamento tendenziale che determinerebbe nel 2005 un disavanzo del 4,4% del PIL.

La manovra di finanza pubblica per il 2005 comporta, pertanto, un intervento correttivo netto corrispondente a 1,7 punti percentuali di PIL e, in valori assoluti, a 24 miliardi di euro.

 

Assumendo, infatti, la stima del PIL nominale per il 2005 contenuta nella Nota di aggiornamento, pari a 1.413,9 miliardi di euro, l’indebitamento netto tendenziale per il 2005 risulterebbe pari a 62,2 miliardi e l’indebitamento netto programmatico risulterebbe pari a 38,2 miliardi di euro.

 

Con riferimento al conto economico delle amministrazioni pubbliche, gli interventi inseriti nell’articolato del disegno di legge finanziaria dovrebbero determinare nel complesso, sulla base delle stime della relazione tecnica, un miglioramento dell’indebitamento netto di 15.432 milioni di euro, risultante:

§         da un aumento delle entrate per 5.743 milioni di euro (maggiori entrate per 7.204 milioni di euro e minori entrate per 1.461 milioni di euro);

§         da una riduzione delle spese per 9.689 milioni di euro (minori spese per 10.612 milioni di euro e maggiori spese per 923 milioni di euro).

 

Come indicato sia nella Sezione I della RPP che nella relazione tecnica del disegno di legge finanziaria, oltre gli interventi contenuti nel disegno di legge finanziaria è prevista, per il 2005, la realizzazione di un programma di dismissione del patrimonio immobiliare che dovrebbe garantire un flusso di entrate una tantum pari a 7 miliardi di euro.

 

L’effetto correttivo complessivo delle misure contenute nella finanziaria e delle dismissioni immobiliari ammonta, pertanto, a 22,4 miliardi di euro.

 

Tra l’importo complessivo della manovra, necessario per correggere gli andamenti tendenziali in modo da conseguire nel 2005 un indebitamento netto del 2,7% del PIL, e gli effetti delle misure contenute nel disegno di legge finanziaria e del previsto programma di dismissioni immobiliari sussiste pertanto una differenza di 1,6 miliardi di euro.

L’ulteriore miglioramento dei conti presumibilmente dovrebbe ricondursi ad un andamento della spesa per interessi migliore rispetto a quello considerato nel tendenziale.

Gli strumenti della manovra

La manovra di finanza pubblica per gli anni 2005-2007 viene effettuata attraverso i seguenti strumenti normativi:

§      il disegno di legge finanziaria: “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)” (A.C. 5310);

§      il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente: “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2005 e bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007” (A.C. 5311).

 

Secondo quanto indicato nella Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008, il Governo dovrebbe, inoltre, adottare “un apposito provvedimento che affianca la legge finanziaria”, nel quale saranno contenute “le misure per la competitività, lo sviluppo e per il potere d’acquisto”.

La Nota aggiunge che tale provvedimento che affianca la legge finanziaria “riporterà, tra l’altro, i dettagli della riforma fiscale”.

La risoluzione relativa alla Nota di aggiornamento, approvata dalla Camera nella seduta del 4 ottobre 2004, ha impegnato il Governo “a considerare come collegato il provvedimento destinato a contenere le misure di sostegno dello sviluppo, della competitività e del potere d'acquisto, da approvarsi, auspicabilmente, entro il termine di approvazione della legge finanziaria”.

Il disegno di legge finanziaria

Secondo le stime contenute nella relazione tecnica del disegno di legge finanziaria (A.C. 5310), gli interventi disposti dall’articolato dovrebbero determinare:

§      maggiori entrate per 7.204 milioni di euro (al netto dei proventi delle dismissioni immobiliari);

§      minori entrate per 1.461 milioni di euro;

§      minori spese per 10.612 milioni di euro;

§      maggiori spese per 923 milioni di euro.

Entrate

Per quanto concerne le entrate, le misure da cui, nel 2005, dovrebbero derivare gli effetti più significativi in termini di maggiore gettito sono le seguenti:

§      adeguamento degli studi di settore e ampliamento della platea dei soggetti interessati (art. 34, commi 13-20), che, considerando anche il conseguente aumento del gettito IRAP, dovrebbe determinare maggiori entrate per 3.808 milioni di euro;

§      disposizioni in materia di imposte sugli immobili e di imposte sulle locazioni (art. 32), da cui dovrebbe derivare un maggior gettito per 600 milioni di euro;

§      revisione della disciplina in materia di tassazione delle cooperative (art. 36, commi 1-8), che dovrebbe comportare maggiori entrate per 465 milioni di euro;

§      aumento dell’accisa sulle sigarette (art. 36, comma 17), da cui dovrebbe provenire un maggior gettito per 500 milioni di euro.

 

Tra le misure contenute nella finanziaria che determinano minori entrate, gli effetti finanziari più rilevanti sono attribuibili:

§      alla proroga dell’aliquota IRAP ridotta per il settore agricolo (art. 36, comma 34), che dovrebbe determinare minori entrate per 386 milioni di euro;

§      alla proroga del regime speciale IVA a favore dell’agricoltura (art. 36, comma 20), che dovrebbe determinare minori entrate per 242 milioni di euro.

Spese

Riguardo alle spese, per effetto del complesso degli interventi contenuti nell’articolato del disegno di legge finanziaria, dovrebbe determinarsi:

§      una riduzione della spesa corrente per 7.703 milioni di euro, di cui 6.183 milioni di euro dovuti alla riduzione della spesa corrente primaria e 1.520 milioni di euro dovuti alla riduzione della spesa per interessi;

§      una riduzione della spesa di conto capitale per 1.986 milioni di euro.

 

Con riferimento alla spesa corrente primaria (vale a dire alla spesa corrente al netto degli interessi), le misure dell’articolato del disegno di legge finanziaria dovrebbero determinare, per un verso, minori spese per 6.987 milioni di euro e, per l’altro, maggiori spese per 804 milioni di euro.

 

La riduzione della spesa corrente primaria dovrebbe essere assicurata in particolare dalle seguenti misure:

§      la rideterminazione degli stanziamenti di competenza e di cassa del bilancio dello Stato sulla base del limite di incremento del 2% rispetto alle previsioni dell’esercizio 2004, come risultanti a seguito delle riduzioni operate dal decreto-legge n. 168/2004 (art. 3); per effetto di tale rideterminazione dovrebbe determinarsi, con riferimento al conto economico delle amministrazioni pubbliche, una riduzione delle spese per 1.200 milioni di euro;

§      la nuova disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali (art. 6), ridefinita in relazione alla regola generale, imposta a tutte le amministrazioni pubbliche, di contenere l’incremento delle spese entro il limite del 2% rispetto agli stanziamenti dell’anno precedente; le nuove regole in materia di patto di stabilità interno dovrebbero comportare, nel 2005, in termini di conto economico delle amministrazioni pubbliche, minori spese per 1.270 milioni di euro;

§      le misure nel settore sanitario (art. 22), in base alle quali il livello complessivo della spesa del servizio sanitario nazionale per il 2005 viene determinato in 88.250 milioni di euro; rispetto all’entità della spesa sanitaria per il 2005 quantificata nel quadro tendenziale di finanza pubblica contenuto nel DPEF 2005-2008 in 92.434 milioni di euro, si determinerebbero risparmi per un importo complessivo di circa 4.250 milioni di euro.

 

La riduzione della spesa per interessi determinata da misure contenute nel disegno di legge finanziaria è pressoché integralmente riconducibile a quanto disposto dall’articolo 11, comma 4, ai sensi del quale il Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze “procede alla gestione delle nuove posizioni finanziarie attive di sua competenza”. In relazione a tale disposizione, secondo quanto indicato nella relazione tecnica, dovrebbe determinarsi nel 2005 una riduzione della spesa per interessi di 1.500 milioni di euro.

 

Nell’ambito dell’articolato della legge finanziaria, incrementi della spesa corrente primaria di dimensioni significative sono riconducibili essenzialmente alle disposizioni (art. 37, comma 1 e allegato 1) che prevedono il finanziamento delle leggi di spesa per le quali, in fase di attuazione, si sono registrati oneri superiori a quelli quantificati ai fini della copertura. I maggiori oneri correnti primari derivanti dal finanziamento delle eccedenze di spesa ammontano, con riferimento al conto economico delle amministrazioni pubbliche, a 508 milioni di euro.

 

Per quanto concerne le spese di conto capitale, le disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria dovrebbero determinare, da un lato, minori spese per 2.105 milioni di euro, dall’altro, maggiori spese per 119 milioni di euro.

 

Con riferimento al conto economico delle amministrazioni pubbliche, la diminuzione delle spese di conto capitale è dovuta, principalmente, alla limitazione ai pagamenti disposta dall’articolo 4. Ai sensi dell’articolo citato, per il 2005 è fissato nell’importo complessivo di 7.900 milioni di euro il limite imposto ai pagamenti da effettuare a valere sui fondi per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero delle attività produttive, sul fondo incentivi alle imprese del Ministero delle attività produttive e sugli stanziamenti relativi alla legge obiettivo.

Secondo quanto indicato dalla relazione tecnica, da tali limitazioni dovrebbero derivare nel 2005, in termini di indebitamento netto, minori spese per 2.060 milioni di euro.


Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

Il quadro generale riassuntivo

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2005 a legislazione vigente (A.C. 5311) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2005
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)    Entrate finali
   - di cui entrate tributarie

373.227
348.073

362.530
339.729

(2)    Spese finali

433.523

452.771

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

60.295

90.241

 

Il saldo netto da finanziare del bilancio a legislazione vigente per il 2005, corrispondente alla differenza tra le entrate finale e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 60.295 milioni di euro.

Il risparmio pubblico, che corrisponde al saldo corrente (differenza tra la somma delle entrate tributarie ed extratributarie e le spese correnti) assume un valore negativo di 17.354 milioni di euro.

L’avanzo primario (che è dato dalla differenza tra entrate finali e spese finali, esclusa la spesa per interessi) risulta di 12.407 milioni di euro.

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 90.241 milioni di euro.

Il risparmio pubblico in termini di cassa assume un valore negativo di 40.391 milioni di euro; il saldo primario risulta negativo per 17.535 milioni di euro.

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311) prevede:

 

BLV 2005
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)    Entrate finali
   - di cui entrate tributarie

397.576
372.422

386.879
364.078

(2)    Spese finali

461.446

480.695

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

63.870

93.816

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 24.349 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 27.820 milioni di euro.

 

Il ricorso al mercato (differenza tra le entrate finali e il complesso delle spese) risulta, al loro delle regolazioni debitorie e contabili, pari a 243.479 milioni di euro.

Le variazioni rispetto alle previsioni 2004

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2004, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento (A.C. 5095), le previsioni assestate come modificate per effetto della manovra operata con il decreto-legge n. 168 del 2004 e, infine, le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311).

I dati sono al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2004

Assestato
2004

assestato 2004 + D.L. n. 168/04

B.L.V.
2005

Entrate finali

367.895

371.060

372.665

373.227

Tributarie

336.271

339.299

340.903

348.073

Extratributarie

24.170

24.303

24.303

23.212

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

7.455

7.458

7.458

1.942

 

 

 

 

 

Spese finali

421.768

433.284

429.609

433.523

Spese correnti

378.847

387.189

385.254

388.638

- Spese correnti al netto interessi

303.949

312.284

310.351

315.936

- Interessi

74.898

74.905

74.903

72.702

Spese conto capitale

42.921

46.094

44.354

44.844

Rimborso prestiti

201.659

215.521

215.521

179.612

Spese Complessive

623.427

684.805

645.130

613.134

Risparmio pubblico

-18.407

-23.587

-20.048

-17.354

Saldo netto da finanziare

-53.873

-62.223

-56.943

-60.295

Avanzo primario

+21.025

+12.681

+17.962

+12.407

Ricorso al mercato (*)

-262.928

-291.025

-272.463

-243.479

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2005 evidenziano, rispetto alla legge di assestamento per il 2004 come modificata per effetto della manovra operata con il decreto-legge n. 168 del 2004, un peggioramento del saldo netto da finanziare di 3.352 milioni di euro, derivante:

§      da un incremento delle entrate finali di 563 milioni di euro;

§      da un incremento delle spese finali di 3.915 milioni di euro.

 

A differenza del saldo netto da finanziare, il saldo corrente (risparmio pubblico) del bilancio a legislazione vigente per il 2005 registra, rispetto alle previsioni assestate per il 2004, comprensive degli effetti del decreto-legge n. 168/2004, un miglioramento di 2.694 milioni di euro.

Il miglioramento del saldo corrente risulta da un incremento delle entrate correnti (+6.079 milioni di euro) superiore al contestuale incremento delle spese correnti (+3.385 milioni di euro).

Nonostante il miglioramento del saldo corrente, nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 si determina tuttavia, rispetto alle previsioni aggiornate per il 2004, un incremento del saldo netto da finanziare dovuto al peggioramento del saldo delle voci di conto capitale (per un importo complessivo di 6.047 milioni di euro).

 

L’avanzo primario (su cui si riflette la riduzione della spesa per interessi di 2.202 milioni di euro) si riduce di 5.555 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda più precisamente le entrate finali, l’incremento di 562 milioni di euro rispetto alle previsioni aggiornate per il 2004, è determinato da un notevole aumento delle entrate tributarie, pari a 7.170 milioni di euro, e da una riduzione sia delle entrate extratributarie (-1.091 milioni), che delle entrate del Titolo III, relative all’alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e rimborso di crediti (-5.516 milioni).

 

Le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 168/2004 avevano comportato, con riferimento al bilancio assestato per il 2004, un aumento delle entrate tributarie di 1.604 milioni di euro.

 

Riguardo alle spese iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2005, quelle di parte corrente registrano, rispetto al 2004, un incremento di 3.384 milioni di euro e quelle in conto capitale un incremento di 531 milioni di euro.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2005 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2004 corretto dalla manovra determinata dal D.L. n. 168/2004, una riduzione della spesa per interessi, pari a 2.202 milioni di euro. L’incremento delle spese correnti primarie ammonta pertanto a circa 5.585 milioni di euro.

La manovra operata con il decreto-legge n. 168/2004 ha determinato, con riferimento all’assestato 2004, una riduzione delle spese finali di circa 3.675 milioni di euro, di cui 1.935 milioni di riduzione della spesa corrente e 1.740 milioni di spesa in conto capitale.

 


Gli effetti sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato determinati dal disegno di legge finanziaria (A.C. 5310)

 

Secondo le stime fornite dal Governo, il complesso delle disposizioni introdotte daldisegno di legge finanziaria (articolato e tabelle), determinano sia un aumento delle entrate per 12.430 milioni di euro che un aumento delle spese per 1.145 milioni di euro.

 

L’incremento delle entrate è riconducibile principalmente all’aumento delle entrate tributarie (+5.082 milioni di euro) e all’aumento delle entrate per alienazione di beni patrimoniali (+7.000 milioni di euro).

 

Per quanto concerne le spese, le disposizioni contenute nella finanziaria determinano un aumento delle spese correnti primarie di 6.740 milioni di euro, una riduzione della spesa per interessi di 1.500 milioni di euro e una riduzione della spesa in conto capitale di 4.095 milioni di euro.

 

Per effetto delle variazioni recate alle previsioni di entrata e di spesa in conseguenza delle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria, i saldi del bilancio dello Stato per il 2004, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, risultano rideterminati nei seguenti valori:

§      il saldo netto da finanziare risulta pari a 49.011 milioni di euro (con un miglioramento, rispetto al bilancio a legislazione vigente, di 11.285 milioni);

§      il risparmio pubblico assume un valore negativo per 17.164 milioni di euro (con un leggero miglioramento rispetto al bilancio a legislazione vigente di 190 milioni);

§      un ricorso al mercato pari, al lordo delle regolazioni debitorie e contabili, a 234.008 milioni di euro (con un miglioramento rispetto al bilancio a legislazione vigente di 9.472 milioni).

 

I valori del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato, come dovrebbero determinarsi nel bilancio di previsione per il 2005 integrato con gli effetti del disegno di legge finanziaria, risultano pertanto inferiori ai limiti massimi stabiliti dall’articolo 1, comma 1, del disegno di legge finanziaria medesimo rispettivamente in 50.000 milioni di euro e in 298.000 milioni di euro.

Per quanto concerne il saldo netto da finanziare, il limite massimo di 50.000 milioni di euro fissato dal disegno di legge finanziaria coincide con il valore indicato nella Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008 (quadro riassuntivo del bilancio programmatico dello Stato per gli anni 2005-2007).

 

Nella tavola seguente sono illustrati gli effetti sul bilancio dello Stato per il 2005 del disegno di legge finanziaria.


(Allegato 8 alla relazione al ddl finanziaria 2005, pag. 96

 

Bilancio dello Stato - Quadro di sintesi previsioni 2005 - Competenza

(milioni di euro)

 

Assestato 2004

D.L. n. 168/04

Ass. 2004 +D.L. 168

BLV 2005

Legge finanziaria

Bilancio integrato 2005

 

 

 

 

 

Articolato

Tab. A-B

Tab. C

Tab. D

Tab. E

Tab. F

Totale

 

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tributarie

339.299

1.604

340.903

348.073

5.082

 

 

 

 

 

5.082

353.155

Extratributarie

24.304

0

24.304

23.212

348

 

 

 

 

 

348

23.560

Alien. e amm.to ecc.

7.458

0

7.458

1.942

7.000

 

 

 

 

 

7.000

8.942

ENTRATE FINALI

371.061

1.604

372.665

373.227

12.430

 

 

 

 

 

12.430

385.657

SPESE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spese correnti
(netto interessi)

312.283

-1.934

310.349

315.937

5.920

318

502

 

 

 

6.740

322.677

Interessi

74.905

0

74.905

72.702

-1.500

 

 

 

 

 

-1.500

71.202

Spese c/Capitale

46.094

-1.741

44.353

44.887

-401

650

10

1.406

-98

-5.662

-4.095

40.789

SPESE FINALI

433.282

-3.675

429.607

433.526

4.020

968

511

1.406

-98

-5.662

1.145

434.668

Rimborso prestiti

215.520

0

215.521

179.612

 

 

 

 

 

 

 

179.612

Risparmio pubblico

-23.585

3.538

-20.047

-17.354

1.010

-318

-502

-1.406

98

0

190

-17.164

Saldo netto da finanz.

-62.221

5.279

-56.942

-60.299

8.410

-968

-511

-1.406

98

5.662

11.285

-49.011

Ricorso al mercato

291.023

-5.279

275.463

243.480

-7.070

968

984

1.406

-98

-5.662

-9.472

234.008


La rideterminazione degli stanziamenti del bilancio dello Stato entro il limite di incremento del 2%
(art. 3 del ddl finanziaria)

 

L’articolo 3 del disegno di legge finanziaria fissa un limite di incremento del 2% agli stanziamenti di competenza e di cassa del bilancio di previsione dello Stato per il 2005.

Il limite viene calcolato assumendo come base le previsioni iniziali dell’esercizio 2004, come rideterminate per effetto delle riduzioni di spesa disposte dal decreto-legge n. 168/2004.

 

Secondo quanto espressamente previsto dall’articolo 3, la regola non si applica agli stanziamenti relativi a:

§      organi costituzionali;

§      spesa per interessi sui titoli di Stato;

§      prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi;

§      trasferimenti all’Unione europea.

Sono altresì escluse dall’applicazione del limite all’incremento gli stanziamenti relativi a limiti di impegno già attivati e a rate di ammortamento mutui.

Anche la spesa per il personale non è soggetta al vincolo previsto dall’articolo 3, in quanto, come si stabilisce nel medesimo articolo, gli stanziamenti per il personale sono determinati in corrispondenza degli andamenti tendenziali risultanti dai contratti già stipulati.

 

In positivo, l’articolo 3 prevede che il limite all’incremento interessi gli stanziamenti del bilancio dello Stato “aventi impatto diretto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni”.

 

Secondo quanto illustrato nella relazione tecnica, tale criterio comporta che la limitazione si applichi a determinate categorie di spesa.

In particolare, per quanto concerne le spese correnti, la limitazione riguarda le seguenti categorie:

§      categoria 2: consumi intermedi;

§      categoria 5: trasferimenti correnti a famiglie ed istituzioni sociali private;

§      categoria 6: trasferimenti correnti a imprese.

 

Per quanto concerne le spese in conto capitale, sono soggette a limitazione le seguenti categorie:

§      categoria 21: investimenti fissi lordi e acquisti di terreni;

§      categoria 23: contributi agli investimenti alle imprese;

§      categoria 24: contributi agli investimenti alle famiglie e alle istituzioni sociali private.

Peraltro, come illustrato nella relazione tecnica, gli stanziamenti relativi a trasferimenti correnti e a contributi agli investimenti, come risultanti dal bilancio a legislazione vigente per il 2005 e dagli effetti delle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria, ammontano complessivamente ad un importo che risulta inferiore rispetto a quello che si determinerebbe applicando la regola prevista dall’articolo 3 (vale a dire assumendo le previsioni iniziali del 2004, come modificate dal decreto-legge n. 168/2004 e aumentandole del 2%).

Per tali categorie di spesa, pertanto, le disposizioni dell’articolo 3 non comportano variazioni degli stanziamenti indicati nel bilancio a legislazione vigente.

 

Per quanto riguarda i consumi intermedi, il limite del 2% all’incremento degli stanziamenti comporta, rispetto alle previsioni per il 2005 risultanti dal bilancio a legislazione vigente e dal disegno di legge finanziaria, una riduzione per un importo complessivo di 1.130 milioni di euro.

Come mostrato nella relazione tecnica, infatti, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2005 e gli effetti delle disposizioni del disegno di legge finanziaria determinano stanziamenti per consumi intermedi per 12.000 milioni di euro, mentre l’incremento del 2% delle previsioni iniziali 2004, come successivamente ridotte dal decreto-legge n. 168/2004, determina un importo complessivo di 10.870 milioni di euro.

 

Anche per quanto concerne gli investimenti fissi lordi, le previsioni dell’articolo 3 comportano una riduzione degli stanziamenti per il 2005 di 800 milioni di euro.

L’aumento del 2% degli stanziamenti 2004 si traduce, infatti, in un importo complessivo di 5.373 milioni di euro, inferiore di 800 milioni di euro rispetto agli stanziamenti previsti per il 2005 (bilancio a legislazione vigente e disegno di legge finanziaria).

 

Le riduzioni concernenti i consumi intermedi e la spesa per investimenti saranno effettuate in sede di nota di variazioni. Pertanto, le relative previsioni contenute nel bilancio a legislazione vigente saranno rideterminate in modo da consentire risparmi di spesa per importi corrispondenti a quelli sopra indicati.

 

La relazione tecnica, peraltro, quantifica i risparmi di spesa rispetto all’importo complessivo degli stanziamenti delle due categorie interessate. L’articolo in esame non definisce le modalità con cui le riduzioni degli stanziamenti saranno distribuite tra le singole voci di bilancio.

In proposito, la relazione illustrativa indica che, per quanto concerne le spese non determinate per legge, la riduzione verrà effettuata “in maniera lineare per ciascuna Amministrazione”, salva la possibilità di diverse dislocazioni su segnalazione delle Amministrazioni medesime. Sembra pertanto, sulla base di questa indicazione, che la riduzione sugli stanziamenti discrezionali sia operata secondo valori percentuali identici con riferimento ai singoli stati di previsione, ma possa essere applicata in misura diversificata alle singole voci di bilancio, su richiesta dell’Amministrazione stessa.

Per quanto concerne le spese determinate per legge la riduzione verrà effettuata con riferimento alle relative autorizzazioni di spesa, anche attraverso rimodulazione nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.

 

Il comma 2 dell’articolo 3, impone il limite di incremento del 2% rispetto al 2004 anche alle riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata e all’utilizzo del fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine e del fondo di riserva per le spese impreviste.

Riguardo alle riassegnazioni alla spesa e all’utilizzo dei fondi di riserva si prevede, peraltro, la possibilità, “in casi di particolare necessità e urgenza” di superare il limite così stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Il decreto deve essere comunicato alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Il comma 3, prevede, infine, che anche le dotazioni delle voci inserite nella Tabella C siano rideterminate in coerenza con il limite del 2%.

Gli importi contenuti nella Tabella C del disegno di legge finanziaria già scontano tale rideterminazione. La previsione del comma 3 non implica, pertanto, ulteriori variazioni degli importi suddetti.


La disciplina contabile: il bilancio dello Stato

Il bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il bilancio con legge.

 

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio[1];

§      dal quadro generale riassuntivo.

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

L’approvazione del bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese iscritte in bilancio.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

Bilancio di competenza e di cassa

Per ciascuna unità previsionale di base viene indicata la previsione di competenza e quella di cassa.

Il bilancio dello Stato, pertanto, è un bilancio misto, vale a dire un bilancio redatto sia in termini di competenza che in termini di cassa.

 

Le dotazioni di competenza quantificano l’entità prevista delle entrate che le amministrazioni statali acquisiranno il diritto di percepire (entrate che si prevede di accertare) e l’entità prevista delle spese che le amministrazioni statali assumeranno l’obbligo di effettuare (spese che si prevede di impegnare).

Le dotazioni di cassa quantificano l’entità prevista delle entrate che saranno incassate (vale a dire versate in Tesoreria) e delle spese che saranno pagate (erogate dalla Tesoreria).

La competenza, pertanto, tiene conto del momento in cui sorge il titolo giuridico dal quale deriva l’entrata o la spesa; la cassa, invece, si riferisce al compimento, di fatto, delle operazioni di incasso e di pagamento.

 

Le previsioni di cassa sono determinate assumendo come limite massimo, per quanto concerne l’entrata, la massa acquisibile, e per quanto concerne la spesa, la massa spendibile.

La massa acquisibile e spendibile è data dalla somma della consistenza dei residui (rispettivamente attivi e passivi) e della dotazione di competenza.

 

Si definiscono residui attivi le entrate accertate, ma non incassate, vale a dire le entrate per le quali ha avuto luogo l’accertamento, ma, entro il termine dell’esercizio finanziario, non è stato effettuato il versamento in Tesoreria.

Si definiscono residui passivi le spese che sono state impegnate, ma non sono state pagate, perché non si è concluso entro la fine dell’esercizio il relativo procedimento di spesa.

In deroga al principio generale per il quale le somme stanziate che alla fine dell’esercizio non siano state impegnate costituiscono economie di bilancio, può essere autorizzata la conservazione in bilancio anche di somme non impegnate. Più precisamente, per gli stanziamenti relativi a spese in conto capitale è autorizzata, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non siano stati impegnati (residui di stanziamento o residui impropri).

 

Sono oggetto di approvazione parlamentare soltanto le previsioni di competenza e di cassa.

Per quanto riguarda i residui, che sono indicati a fini conoscitivi, la quantificazione nel disegno di legge di bilancio è effettuata in via presuntiva. L’esatto ammontare dei residui al 1° gennaio dell’anno di riferimento sarà determinato in sede di rendiconto relativo all’esercizio precedente.

La classificazione delle entrate e delle spese

Gli stanziamenti, sia di entrata che di spesa, sono classificati secondo i criteri dettati dall’art. 4, comma 1, della legge n. 94/1997.

 

In particolare, le entrate sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione;

§      Titoli, che sono individuati in numero di quattro. Titolo I: entrate tributarie; Titolo II: entrate extra-tributarie; Titolo III: entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti; Titolo IV: entrate derivanti da accensione di prestiti. I primi tre titoli rappresentano le entrate finali;

§      Unità previsionali di base, che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano una ripartizione delle unità previsionali di base ai fini della gestione e della rendicontazione.

 

Le spese sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione, e specificamente l’assunzione degli impegni di spesa e l’emissione dei titoli di pagamento;

§      Titoli, che sono individuati in numero di tre. Titolo I: spese correnti; Titolo II: spese in conto capitale; Titolo III: rimborso di passività finanziarie. I primi due titoli rappresentano le spese finali;

§      Unità previsionali di base che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano un’ulteriore ripartizione delle unità revisionali di base, effettuata tenendo conto dell’oggetto, del contenuto economico e funzionale, del carattere obbligatorio o discrezionale della spesa.

Le unità previsionali di base

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, come delineata dalla legge di riforma n. 94/1997 e dal conseguente decreto legislativo n. 279/1997, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 279/97, la determinazione delle UPB deve assicurare la rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi posti all'azione amministrativa dello Stato.

A tal fine, le unità previsionali di base sono articolate per centri di responsabilità amministrativa, che corrispondono alle strutture dell’amministrazione chiamate a gestire le risorse finanziarie.

All’interno di ciascun stato di previsione, le UPB della spesa sono ripartite, in primo luogo per centri di responsabilità amministrativa e, in secondo luogo, per titoli (spesa corrente, spesa in conto capitale, rimborso di passività finanziarie).

 

Al terzo livello, le UPB di spesa corrente sono distinte in:

§      spese di funzionamento;

§      spese per interventi;

§      spese per trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi;

§      spese per oneri del debito pubblico;

§      spese per oneri comuni.

 

Per la spesa in conto capitale, le UPB sono articolate in:

§      spese di investimento;

§      spese per oneri comuni;

§      altre spese.

 

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)      l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce.

b)      l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)      l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

 

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa.

I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

La ripartizione delle unità previsionali di base in capitoli viene effettuata successivamente all’approvazione e alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di bilancio, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

La classificazione funzionale e la classificazione economica

Per rendere più significativa la lettura del bilancio, la legge 468/1978 e successive modificazioni prevede che, in appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa siano ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica.

Queste ripartizioni, pur non essendo oggetto di votazione in Parlamento, hanno un rilevante valore conoscitivo.

In primo luogo la riforma del bilancio ha previsto la classificazione degli stanziamenti di spesa per funzioni-obiettivo (analisi funzionale), con l’intento di evidenziare la ripartizione delle risorse tra le diverse finalità della spesa, ovvero tra le diverse politiche di settore che si intendono attuare.

Oltre all’analisi funzionale, è prevista la classificazione per categorie (analisi economica), che mira ad evidenziare l’effetto che le spese di bilancio hanno sul sistema economico nazionale. Per questo, con la riforma del bilancio, si è previsto che le categorie economiche siano definite in conformità con gli schemi di classificazione del sistema di contabilità nazionale, che è identico per tutti i paesi membri della Comunità europea.

Anche per le entrate viene esposta una classificazione per categorie, che tuttavia non è ancora stata riformulata in base ai criteri della contabilità nazionale, ma fa riferimento, piuttosto, alla natura dei proventi.


La disciplina contabile: la legge finanziaria

 

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

 

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, anche di rilevanza costituzionale (CSM, CNEL, Corte dei Conti, Consiglio di Stato), autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).


Tavole allegate. L’evoluzione delle entrate e delle spese nel bilancio dello Stato

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola V     Andamento delle entrate finali per categorie economiche e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola VI    Andamento delle principali imposte e loro incidenza percentuale sulle entrate tributarie

 

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.


Tavola i - Andamento delle entrate finali per categorie economiche e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(Competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

CATEGORIE

RENDICONTO 2003

2004

2005

Previsioni definitive

Accertamenti

%

ddl assestato

%

BLV

%

I -     Imposte sul patrimonio e sul reddito

185.411

189.000

47,1

184.407

46,7

189.042

47,5

II -    Tasse e imposte sugli affari

124.548

133.832

33,3

132.104

33,5

133.331

33,5

III -   Imposte sulla produzione, consumi e dogane

28.239

28.598

7,1

27.438

7,0

30.044

7,6

IV -   Monopoli

8.308

8.056

2,0

9.112

2,3

8.957

2,3

V -   Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco

9.201

7.922

2,0

9.901

2,5

11.048

2,8

Totale Entrate Tributarie

355.707

367.408

91,5

362.962

92,0

372.422

93,7

VI -   Proventi speciali

667

630

0,2

618

0,2

618

0,2

VII -  Proventi dei servizi pubblici minori

4.717

7.861

2,0

6.572

1,7

6.594

1,7

VIII – Proventi dei beni dello Stato

419

304

0,1

442

0,1

438

0,1

IX -   Prodotti netti di aziende autonome e utili di gestione

2.526

2.564

0,6

2.426

0,6

2.426

0,6

X -    Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro

2.306

5.420

1,3

2.334

0,6

3.919

1,0

XI -   Recuperi, rimborsi e contributi

12.619

15.659

3,9

9.914

2,5

7.370

1,9

XII -  Partite che si compensano nella spesa

2.004

1.712

0,4

1.997

0,5

1.847

0,5

Totale Entrate Extratributarie

25.258

34.150

8,5

24.303

6,2

23.212

5,8

XIII -  Vendita di beni ed affrancazione di canoni

6.641

17.022

4,2

6.562

1,7

1.008

0,3

XIV -Ammortamento di beni patrimoniali

782

163

0,0

795

0,2

833

0,2

XV -  Rimborso di anticipazioni e crediti vari del Tesoro

1.098

764

0,2

101

0,0

101

0,0

Totale Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti

8.521

17.949

0,0

7.458

1,9

1.942

0,5

Totale Entrate Finali

389.486

401.558

100,0

394.723

100,0

397.576

100,0


 

Tavola II - Andamento delle principali imposte e loro incidenza percentuale sulle entrate tributarie

(Competenza – milioni di euro - dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

RENDICONTO 2003

2004

2005

 

Previsioni definitive

Accertamenti

%

Ddl assestato

%

BLV

%

Entrate tributarie

355.707

367.408

100,0

362.962

100,0

372.422

100,0

di cui:

 

 

 

 

 

 

 

IRPEF

127.951

132.081

35,9

133.596

37,1

147.060

39,5

IRPEG

30.361

30.364

8,3

28.289

7,9

27.144

7,3

ILOR

269

500

0,1

143

0,0

531

0,1

Imposte sostitutive

14.988

15.919

4,3

14.803

4,1

12.066

3,2

Ritenute a titolo di imposta definitiva

748

819

0,2

842

0,2

829

0,2

IVA, di cui:

102.019

05.392

28,7

104.889

29,1

110.816

29,8

-    scambi interni ed intracomunitari

91.259

94.242

25,7

93.224

25,9

97.887

26,3

-    importazione

10.760

11.150

3,0

11.665

3,2

12.929

3,5

Altri introiti diretti

1.056

1.427

0,4

1.099

0,3

948

0,3

Condoni e sanatorie, di cui

11.803

11.281

3,1

8.493

2,4

514

0,1

-   Condoni e sanatorie su tributi diretti

10.038

7.892

2,1

5.635

1,6

464

0,1

-   Condoni e sanatorie su tributi indiretti

1.765

3.389

0,9

2.858

0,8

50

0,0

Lotto, lotterie e giuochi

9.200

7.922

2,2

9.900

2,8

11.048

3,0

Accisa e imposta erariale di consumo su:

 

 

 

 

 

 

 

-       Oli minerali

22.134

21.916

6,0

21.239

5,9

23.303

6,3

-       Altri prodotti

6.005

6.514

1,8

6.030

1,7

6.655

1,8

Imposte sui generi di monopolio

8.306

8.052

2,2

9.101

2,5

8.954

2,4

Imposte sugli affari

1.101

1.265

0,3

1.188

0,3

1.370

0,4

Altri tributi indiretti

19.766

23.956

6,5

23.350

6,5

21.184

5,7


 

Tavola III – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

STATO DI PREVISIONE

RENDICONTO 2003

2004

2005

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

ddl assestato

%

BLV

%

Economia e finanze

272.621

258.655

57,3

276.774

58,9

270.062

58,5

Attività produttive

4.999

4.943

1,1

4.045

0,9

4.695

1,0

Lavoro e politiche sociali

65.693

65.566

14,5

66.228

14,1

67.071

14,5

Giustizia

6.576

6.600

1,5

7.829

1,7

7.111

1,5

Affari esteri

2.447

2.315

0,5

2.259

0,5

2.219

0,5

Istruzione, università e ricerca

50.910

51.873

11,5

51.399

10,9

50.797

11,0

Interno

25.714

25.387

5,6

25.730

5,5

24.937

5,4

Ambiente e territorio

1.721

1.687

0,4

1.416

0,3

1.155

0,3

Infrastrutture e trasporti

8.083

7.334

1,6

8.396

1,8

7.273

1,6

Comunicazioni

270

259

0,1

377

0,1

359

0,1

Difesa

21.373

21.221

4,7

20.851

4,4

20.793

4,5

Politiche agricole

1.714

1.677

0,4

1.525

0,3

1.481

0,3

Beni e attività culturali

2.570

2.738

0,6

2.242

0,5

2.211

0,5

Salute

1.402

1.374

0,3

1.156

0,2

1.281

0,3

Totale spese finali

466.093

451.630

100

470.227

100

461.446

100

 

 


 

 

Tavola IV – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

FUNZIONI-OBIETTIVO

BILANCIO 2004

2004

2005

 

Legge Bilancio

%

ddl assestato

%

BLV

%

1 -Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

422.821

64,6

442.766

64,6

405.699

63,3

2 –  Difesa

18.907

2,9

20.448

3,0

19.903

3,1

3 -Ordine pubblico e sicurezza

21.315

3,3

21.618

3,2

21.281

3,3

4 -Affari economici

52.460

8,0

54.157

7,9

52.489

8,2

5 -Protezione dell'ambiente

1.386

0,2

1.438

0,2

1.335

0,2

6 -Abitazioni e assetto territoriale

2.553

0,4

2.693

0,4

2.288

0,4

7 -Sanità

11.525

1,8

11.750

1,7

10.508

1,6

8 -Attività ricreative, culturali e di culto

8.718

1,3

14.282

2,1

11.362

1,8

9 –  Istruzione

47.843

7,3

48.947

7,1

48.420

7,6

10-  Protezione sociale

66.957

10,2

67.650

9,9

67.747

10,6

Spese complessive

654.485

100

685.749

100

641.032

100

 


Tavola V – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

CATEGORIE

RENDICONTO 2003

2004

2005

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

ddl assestato

%

BLV

%

Redditi da lavoro dipendente

76.746

77.387

17,1

79.257

16,9

80.865

17,5

Consumi intermedi

14.154

13.693

3,0

13.344

2,8

11.925

2,6

Imposte pagate sulla produzione

4.209

4.278

0,9

4.313

0,9

4.373

0,9

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

159.951

159.534

35,3

165.696

35,2

166.768

36,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

3.341

3.512

0,8

3.929

0,8

3.903

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

5.489

5.205

1,2

5.511

1,2

5.129

1,1

Trasferimenti all'estero

1.700

1.589

0,4

1.624

0,3

1.585

0,3

Risorse proprie cee

13.850

12.822

2,8

14.750

3,1

15.700

3,4

Interessi passivi e redditi da capitale

76.139

71.305

15,8

74.904

15,9

72.702

15,8

Poste correttive e compensative

42.984

41.520

9,2

50.837

10,8

44.049

9,5

Ammortamenti

782

163

0,0

795

0,2

833

0,2

Altre uscite correnti

5.147

586

0,1

9.053

1,9

8.626

1,9

Totale spese correnti

404.491

391.594

86,7

424.013

90,2

416.458

90,3

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

5.847

5.747

1,3

5.946

1,3

6.349

1,4

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

19.523

19.275

4,3

18.297

3,9

15.424

3,3

Contributi agli investimenti ad imprese

13.566

13.441

3,0

8.691

1,8

9.066

2,0

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

258

258

0,1

50

0,0

35

0,0

Contributi agli investimenti a estero

235

222

0,0

187

0,0

192

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

15.056

13.977

3,1

8.048

1,7

9.870

2,1

Acquisizioni di attività finanziarie

7.117

7.116

1,6

4.995

1,1

4.052

0,9

Totale spese conto capitale

61.602

60.036

13,3

46.214

9,8

44.988

9,7

Totale spese finali

466.093

451.630

100

470.227

100

461.446

100


Tavola VI – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

U.P.B. (III LIVELLO)

RENDICONTO 2003

2004

2005

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

ddl assestato

%

BLV

%

Funzionamento

81.419

81.649

18,1

80.666

17,2

80.225

17,4

Interventi

225.597

222.502

49,3

240.933

51,2

234.784

50,9

Oneri comuni

19.199

13.893

3,1

25.718

5,5

27.074

5,9

Trattamenti di quiescenza

1.460

1.573

0,3

1.110

0,2

1.046

0,2

Oneri del debito pubblico

76.816

71.977

15,9

75.586

16,1

73.329

15,9

Totale spese correnti

404.491

391.594

86,7

424.013

90,2

416.458

90,3

Investimenti

58.137

57.628

12,8

42.050

8,9

41.274

8,9

Altre spese in conto capitale

429

429

0,1

254

0,1

255

0,1

Oneri comuni

3.037

1.979

0,4

3.910

0,8

3.459

0,7

Totale conto capitale

61.603

60.036

13,3

46.214

9,8

44.988

9,7

Totale spese finali

466.093

451.630

100

470.227

100

461.446

100


PARTE II
Gli stati di previsione dell’entrata e del Ministero dell’economia e delle finanze

 


Stato di previsione dell’entrata - Tabella 1

Sintesi del quadro generale

Lo stato di previsione dell’entrata è predisposto secondo l’impostazione delineata dalla legge 3 aprile 1997, n. 94, recante modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, in materia di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio.

Esso recepisce gli effetti dell’accorpamento dei Ministeri, come previsto dal D.Lgs. n. 300/99, concernente “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, successivamente modificato dal decreto legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317. In particolare, l’attuale Ministero dell’economia e delle finanze deriva dall’accorpa­mento del Ministero del tesoro, bilancio e programmazione economica con il Ministero delle finanze.

Si evidenzia, inoltre, che in corrispondenza di ciascuna unità previsionale di base (UPB), viene indicata, tra parentesi, la codifica corrispondente alla classificazione economica delle entrate secondo i criteri adottati in contabilità nazionale per i conti del settore della pubblica amministrazione. Negli allegati 2 e 3 sono indicati, per ciascun aggregato della citata classificazione economica, rispettivamente l’ammontare degli introiti allo stesso riferiti e il numero dei capitoli che vi trovano collocazione.

 

Si ricorda che in base alla classificazione economica, le spese e le entrate, vengono articolate in categorie. Le principali categorie delle entrate del bilancio dello stato sono: imposte sul patrimonio e sul reddito, tasse e imposte sugli affari, imposte sulla produzione, consumi e dogane, monopoli, lotto, lotterie ed altre attività di giuoco, proventi dei beni dello stato, dei servizi pubblici minori e speciali, interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro.

La classificazione economica delle spese finali del bilancio dello stato è stata rielaborata secondo i criteri di contabilità nazionale previsti dal SEC95; le principali voci sono: redditi da lavoro dipendente, consumi intermedi, trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese, interessi passivi e redditi da capitale, investimenti fissi lordi e acquisti di terreni, contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e a imprese, acquisizioni di attività finanziarie.

 

Lo stato di previsione dell’entrata è articolato in UPB individuate in modo da far corrispondere a ciascuna di esse un unico centro di responsabilità amministrativa cui è affidata la relativa gestione.

Per quanto concerne le entrate tributarie, le UPB sono ulteriormente distinte a seconda che il gettito derivi dalla gestione ordinaria dei tributi ovvero dall’attività di accertamento e di controllo degli uffici finanziari.

Il predetto stato di previsione individua 37 centri di responsabilità amministrativa, per un totale di 150 UPB e 721 capitoli, con un incremento, rispetto al 2004, di 2 centri di responsabilità, 5 UPB e 22 capitoli .

 

Prima di procedere al confronto fra previsioni iniziali per il 2005, dati assestati 2004 e dati iniziali 2004, si ricorda che tutte le tabelle di analisi, salvo quando diversamente indicato, sono al netto dei rimborsi IVA (19.900 milioni nel 2005 e 18.774 milioni nel 2004) e delle regolazioni contabili connesse al recupero corrisposto dai concessionari ai sensi dell’art. 24, comma 37, della legge n. 449/97 (4.489 milioni nel 2004 e 4.889 milioni nel 2004).

Si ricorda che l'articolo 9 del D.L. n. 79 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 140 del 1997 reca disposizioni in materia di regolazione contabile dei minori versamenti connessi al recupero dell'acconto corrisposto dai concessionari ai sensi.

Il citato articolo ha posto a carico dei concessionari della riscossione l'obbligo di effettuare, entro il 15 dicembre di ogni anno, un versamento di acconto, nella misura del 20%, commisurato sulle somme riscosse nell'anno precedente in base alle disposizioni contenute nell'articolo 3, comma 138, della legge n. 662 del 1996.

 

La relazione al disegno di legge di bilancio (A.C. 5311/Tab. 1) pone a raffronto i dati a legislazione vigente 2005 con quelli assestati 2004.

Tuttavia i dati assestati 2003 contenuti nella Tabella 1 sono riferiti al disegno di legge di assestamento (A.C. 5095) senza considerare gli effetti determinati dalla manovra correttiva posta in essere con il decreto legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con  modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.

 

Come riporta la relazione illustrativa del disegno di legge, la previsione a legislazione vigente per il 2005 delle entrate tributarie è stata formulata tenendo conto dell’andamento registrato nei primi mesi del secondo semestre del 2004 e del quadro macroeconomico tendenziale delineato dalla Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008.

Tale quadro tiene conto, altresì, degli effetti finanziari derivanti dalla legge finanziaria per il 2004, e dei decreti-legge n. 168/2004 (legge n. 191/2004) e n. 269/2003 (legge n. 326/2003) e n. 209/2002 (legge n. 265/2002).

 

Nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311) le entrate finali previste per il 2005, al netto dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili (pari a 24.349 milioni di euro per il 2005), risultano pari a circa 373 miliardi di euro, così ripartiti:

-          348 miliardi per entrate tributarie;

-          23 miliardi per entrate extratributarie;

-          1,9 miliardi per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti.

 

Nella tavola seguente vengono poste a raffronto, in termini di competenza, analizzate per categorie, le previsioni di entrata contenute nel disegno di legge di assestamento 2004 (A.C. 5095), le previsioni assestate come modificate per effetto della manovra operata con il decreto-legge n. 168 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191/2004, e, infine, le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311).

 

I dati sono al netto dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili.

 

 

Entrate finali del bilancio dello stato

(competenza - valori in milioni di euro)

Categorie

Assestato 2004
(a)

assestato 2004 + D.L. 168/04
(b)

B.L.V.
2005
(c)

Differenza

(c-b)

I -  Imposte sul patrimonio e sul reddito

184.407

185.455

189.042

3.587

II -Tasse e imposte sugli affari

108.441

108.997

108.982

-15

III -Imposte sulla produzione, consumi e dogane

27.438

27.438

30.044

2.606

IV -  Monopoli

9.112

9.112

8.957

-155

V -Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco

9.901

9.900

11.048

1.148

Totale Entrate Tributarie

339.299

340.903

348.073

7.171

VI -  Proventi speciali

618

618

618

0

VII -Proventi dei servizi pubblici minori

6.572

6.572

6.594

22

VIII -   Proventi dei beni dello Stato

442

442

438

-4

IXProdotti netti di aziende autonome e utili di gestione

2.426

2.426

2.426

0

X -   Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro

2.334

2.334

3.919

1.585

XI -  Recuperi, rimborsi e contributi

9.914

9.914

7.370

-2.544

XII -Partite che si compensano nella spesa

1.997

1.997

1.847

-150

Totale Entrate Extratributarie

24.303

24.303

23.212

-1.091

XIII -Vendita di beni ed affrancazione di canoni

6.562

6.562

1.008

-5.554

XIV - Ammortamento di beni patrimoniali

795

795

833

38

XV -Rimborso di anticipazioni e crediti vari del Tesoro

101

101

101

0

Totale Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti

7.458

7.458

1.942

-5.516

Totale Entrate Finali

371.060

372.665

373.227

562

 

 


Per un raffronto tra le previsioni 2005 e l’assestamento 2004 relativo al gettito delle principali imposte, occorre considerare i dati al netto dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili, come esposti nella tavola seguente:

(valori in milioni di euro)      


Assestato 2004

assestato 2004 + D.L. 168/04

Previsioni
B.L.V. 2005

Differenza 2005 su Assestato
Valori assoluti

Imposte sul patrimonio e sul reddito

184.407

185.455

189.042

3.587

-    IRPEF

133.596

133.816

147.061

13.245

-    IRES (ex IRPEG)

28.289

28.289

27.144

-1.145

-    Imposta sostitutiva

8.120

8.120

7.651

-469

-    Ritenuta sui dividendi

320

320

285

-35

-    Sostitutive L. n. 662/1996

3.903

3.903

1.288

-2.615

-    Altre

10.179

11.007

5.613

-5.394

Tasse e imposte sugli affari

108.441

108.997

108.982

-15

-    Registro

4.437

4.507

4.914

407

-    Iva

86.115

86.115

90.916

4.801

-    Bollo

4.281

4.331

4.523

192

-    Assicurazioni

2.651

2.651

2.808

157

-    Ipotecaria

1.188

1.207

1.370

163

-    Concessioni governative

760

760

949

189

-    Successioni e donazioni

186

186

21

-165

-    Altre affari

8.823

9.240

3.481

-5.759

Imposte sulla produzione sui consumi e dogane

27.438

27.438

30.044

2.606

-    Oli minerali

20.437

20.437

22.507

2.070

-    energia elettrica

1.166

1.166

1.134

-32

-    Gas metano

3.634

3.634

4.162

528

-    Altre produzione

2.201

2.201

2.241

40

Monopoli

9.112

9.112

8.957

-155

-    Tabacchi

9.096

9.096

8.950

-146

Lotto, lotterie ed altre attività di gioco

9.900

9.900

11.048

1.148

-    Provento del lotto

8.129

8.129

8.562

433

-    Attività di gioco

832

832

721

-111

totale entrate tributarie

339.299

340.903

348.073

7.170

Analisi per titoli e UPB delle entrate in termini di competenza

Come precedentemente detto, la Nota preliminare al bilancio a legislazione vigente (A.C. 5311), essendo stata presentata il 30 settembre 2004, effettua un raffronto tra i dati del disegno di legge di assestamento 2004 nel testo presentato dal Governo (A.C. 5095) e il dato per il 2005 a legislazione vigente, senza tener conto degli effetti del decreto-legge n. 168 del 2004 (legge n. 191 del 2004).

 

L’analisi di seguito riportata pone a raffronto, limitatamente ai più significativi comparti delle entrate, l’evoluzione dei dati sulle entrate  - considerate al netto dei rimborsi IVA e della regolazione contabile per l’acconto ai concessionari – come determinate dall’assestamento per il 2004 comprendendovi anche gli effetti del decreto legge n. 168 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191 del 2004.

 

Si ricorda che i rimborsi IVA ammontano a 18.774 milioni per il 2004 e a 19.900 per il 2005, mentre l’anticipo ai concessionari è pari a 4.889 milioni per il 2004 e a 4.449 milioni per il 2005.

Titolo I – Entrate tributarie

Le variazioni delle entrate tributarie possono ricondursi essenzialmente a due ordini di fattori, e precisamente:

1)      variazioni connesse con l’evoluzione tendenziale del gettito;

2)      variazioni connesse a fattori legislativi, escluse quelle per le quali norme specifiche utilizzano entrate a copertura di oneri le cui variazioni di bilancio saranno introdotte in corso d’anno, in seguito all’emanazione di atti amministrativi.

 

L’ammontare complessivo delle entrate tributarie passa dai 340.903 milioni dell’assestamento 2004 integrato ai 348.073 milioni del BLV per il 2005, con un aumento di 7.171 milioni.

Si ricorda che la manovra finanziaria per il 2005 determinerà maggiori entrate tributarie per 5.082 milioni.

Imposte sul patrimonio e sul reddito

In termini di competenza, le previsioni della categoria in esame, si osserva quanto segue:

 

Irpef – E’ previsto un gettito complessivo pari a 147.061 con un incremento di 13.245 milioni rispetto al dato assestato 2003 (U.P.B.1.1.1).

 

Ass. 2004

Ass. + DL 168

BLV 2005

Diff.

133.596

133.816

147.061

+13.245

 

 

Ires (ex Irpeg) – Le entrate per il 2005 sono stimate in 27.144 milioni, con una diminuzione di 1.145 milioni rispetto al dato assestato 2004.

 

Ass. 2004

Ass. + DL 168

BLV 2005

Diff.

28.289

28.289

27.144

-1.145

 

Imposte sostitutive – La previsione per il 2005 si attesta in 7.651 milioni, con una riduzione di 469 milioni rispetto al dato assestato.

 

Ass. 2004

Ass. + DL 168

BLV 2005

Diff.

8.120

8.120

7.651

-469

Tasse e imposte sugli affari

 

Ass. 2004

Ass. + DL 168

BLV 2005

Diff.

86.115

86.115

90.916

+4.801

 

Per quanto riguarda l’IVA su scambi interni e intracomunitari e l’IVA su importazioni, il bilancio a legislazione vigente per il 2005 indica complessivamente un incremento di 4.801 milioni, assestandosi a 90.916 milioni a fronte degli 86.115 milioni del dato assestato 2004.

Con riferimento ai rimborsi IVA (programmati per il 2005 in 19.900 milioni), si ricorda che il contribuente, per effetto del nuovo sistema di presentazione della dichiarazione unificata e di versamento di imposte e contributi introdotto dal D.Lgs. 241/97, può esercitare la facoltà di compensazione nell’ambito dei versamenti unificati, e comunque avanzare richiesta di rimborso a valere sul conto fiscale nel rispetto dei limiti degli importi previsti dalla normativa in argomento.


Lotto, lotterie ed altre attività di gioco

 

Ass. 2004

Ass. + DL 168

BLV 2005

Diff.

9.900

9.900

11.048

1.148

 

Il bilancio a legislazione vigente indica introiti per 11.048 milioni, con un incremento di 1.148 milioni rispetto al dato assestato.

Imposte sulla produzione, sui consumi e dogane

In questo comparto, con riferimento alla UPB «Accisa e imposta erariale di consumo sugli oli minerali», per la quale è previsto a legislazione vigente un gettito pari a 23.303 milioni, è preminente l’imposta di fabbricazione sugli oli minerali (cap. 1409), derivante dall’attività ordinaria di gestione, per la quale si indica una previsione di 22.507 milioni a fronte dei 20.437 del dato assestato per il 2004. Analogamente viene indicato un incremento di 528 milioni dell’imposta di consumo sul gas metano rispetto all’importo previsto a legislazione vigente.

Monopoli

Con riferimento all’unità previsionale «Imposte sui generi di monopolio», è previsto un gettito pari a 8.954 milioni per il 2005, con una riduzione di 155 milioni rispetto al dato assestato 2004, ascrivibile quasi interamente all’imposta sul consumo dei tabacchi, per la quale è indicata una previsione pari a 8.950 milioni.

 

Titolo II – Entrate extra-tributarie

Occorre preliminarmente ricordare che le entrate extra-tributarie assumono caratteristiche particolari (andamento sostanzialmente anelastico, oppure legato a fenomeni contingenti non predeterminabili), le quali, in molti casi, non consentono il ricorso a criteri di valutazione analoghi a quelli adottati per le entrate tributarie.

Per quanto riguarda le entrate extra-tributarie,il bilancio a legislazione vigente indica per il 2005, una previsione complessiva di 24.303 milioni, con un decremento di 1.091 milioni, rispetto al dato assestato per il 2004 (24.303 milioni).

Titolo III – Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

Il dato a legislazione vigente per il 2005 ammonta a 1.942 milioni, con una riduzione di 5.516 milioni rispetto ai 7.458 milioni del dato assestato 2004.

Analisi dei residui

Per quanto concerne i residui, nella relazione viene segnalato che la valutazione della loro consistenza presunta si fonda su considerazioni diverse per il comparto tributario e quello non tributario, in relazione alla differente natura dei residui provenienti da precedenti esercizi e alle circostanze che ne possono determinare lo smaltimento o l’accrescimento.

 

La seguente tabella rappresenta la consistenza presunta dei residui al 1° gennaio 2005, posta a raffronto con quelle iniziale e definitiva accertate al 1° gennaio 2004.

 

valori in milioni di euro

 

Residui presunti
1/1/2004

Residui accertati 1/1/2004

Residui presunti 1/1/2005

Variazioni assolute

Entrate tributarie

73.805

77.957

83.088

+5.131

Entrate extra-tributarie

50.743

60.560

61.401

+841

Alienazione e amm. di beni patrimoniali

28

34

34

-

TOTALE

124.576

138.551

144.523

+5.972

 

Bilancio pluriennale

A titolo informativo, di seguito si espone un quadro sintetico delle previsioni di competenza delle entrate per il triennio 2005-2007, formulate sulla base dei criteri illustrati nel quadro generale riassuntivo (A.C. 5311).

 

Bilancio triennale 2004-2006 a legislazione vigente

valori in milioni di euro

 

2005

2006

2007

Entrate tributarie

372.422

389.524

403.887

Entrate extra-tributarie

23.212

23.596

25.135

Alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

1.942

1.867

867

TOTALE

397.576

414.987

429.889

Gli effetti delle disposizioni in materia di entrate contenute nel disegno di legge finanziaria

In termini di competenza, secondo il quadro di sintesi delle previsioni per il 2005 riportato all’allegato 8 della relazione del disegno di legge finanziaria (A.C. 5310), gli interventi disposti dall’articolato determineranno maggiori entrate  per 12.430 milioni, di cui 5.082 nel comparto delle entrate tributarie, 348 dalle entrate extratributarie e 7 miliardi dalle alienazioni e dismissioni patrimoniali.

 

In particolare, nel 2005 un maggior gettito dovrebbe essere ascritto alle seguenti disposizioni:

§      disposizioni in materia di imposte sugli immobili e di imposte sulle locazioni (art. 32), da cui dovrebbe derivare un maggior gettito per oltre 500 milioni (600 milioni in termini di indebitamento);

§      adeguamento degli studi di settore e ampliamento della platea dei soggetti interessati (art. 34, commi 13-20), che, considerando anche il conseguente aumento del gettito IRAP, dovrebbe determinare maggiori entrate per 3.374 milioni di euro (3.808 milioni ai fini dell’indebitamento netto della P.A.);

§      precompilazione del modello F24,  che dovrebbe comportare introiti per 140 milioni;

§      disposizioni in materia di riscossione (art. 34, commi 22-33) per un ammontare pari a 350 milioni;

§      revisione della disciplina in materia di tassazione delle cooperative (art. 36, commi 1-8), che dovrebbe comportare maggiori entrate per 465 milioni;

§      liquidazione IVA mensile per soggetti erogatori di servizi pubblici per maggiori entrate (art. 36, comma 9) pari a 291 milioni;

§      l’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta (art. 36, commi 11-16) dovrebbe comportare maggiori entrate per 270 milioni;

§      aumento dell’accisa sulle sigarette (art. 36, comma 17), da cui dovrebbe provenire un maggior gettito per 500 milioni;

§      incremento della ritenuta sul gioco del Lotto (art. 36, comma 19) per 348 milioni;

§      introduzione di una ulteriore estrazione settimanale dell’Enalotto (art. 36, comma 20), che dovrebbe generare introiti per 120 milioni;

§      le disposizioni sui videogiochi (art. 36, commi 22-27) dovrebbero comportare maggiori entrate per 17 milioni.

 

Tra le misure contenute nella finanziaria 2005 che determinano minori entrate, gli effetti finanziari più rilevanti sono attribuibili:

§      alla proroga dell’aliquota IRAP ridotta per il settore agricolo (art. 36, comma 34), che dovrebbe determinare minori entrate per 386 milioni di euro in termini di indebitamento netto, ma che non ha alcun effetto sul saldo netto da finanziare;

§      alla proroga del regime speciale IVA a favore dell’agricoltura (art. 36, comma 31), che dovrebbe determinare minori entrate per 242 milioni di euro;

§      l’indetraibilità IVA per ciclomotori ed autoveicoli (art. 36, comma 28) dovrebbe generare minori entrate per 175 milioni.

 

Si ricorda, inoltre, la manovra di finanza pubblica per il 2005 prevede la realizzazione di un programma di dismissione del patrimonio immobiliare che dovrebbe garantire un flusso di entrate una tantum pari a 7 miliardi di euro.

 


Stato di previsione del Ministero dell’economia
e delle finanze - Tabella 2
(parte di competenza della Commissione finanze)

Sintesi del quadro generale

La Tabella 2 riguarda lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nel quale sono confluiti gli ex stati di previsione del Ministero delle finanze e del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, eccetto le risorse allocate presso i centri di responsabilità “Famiglia e solidarietà sociale” (trasferito al nuovo Ministero del lavoro e delle politiche sociali”) e ”Roma capitale” (trasferito al nuovo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti).

La soppressione del Ministero delle finanze ha determinato l’unificazione del centro di responsabilità “Gabinetto” con quello dell’ex Ministero del tesoro, nonché l’istituzione dei centri di responsabilità “Politiche fiscali” e “Guardia di finanza”.

 

La nuova struttura del Ministero dell’economia e delle finanze è, nel bilancio 2005, articolata in 9 centri di responsabilità, così definiti:

-          Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro;

-          Amministrazione generale del personale e dei servizi;

-          Tesoro;

-          Ragioneria generale dello Stato;

-          Politiche di sviluppo e di coesione;

-          Politiche fiscali;

-          Guardia di finanza;

-          Avvocatura generale dello Stato;

-          Servizio per la gestione spese residuali.

Le previsioni iniziali contenute nel bilancio per il 2004

Il bilancio a legislazione vigente per il 2005 prevede per lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze spese correnti pari a 247 miliardi in competenza e a 257,2 miliardi di autorizzazioni di cassa. La spesa in conto capitale viene indicata in 73,3 miliardi in competenza e in cassa. Il rimborso passività finanziarie ammonta a 179,6 miliardi in competenza e in cassa.

Le risorse complessive ammontano a 449,6 miliardi in competenza e a 459,8 miliardi per le autorizzazioni di cassa.

 

L’evoluzione delle risorse (competenza) destinate ai diversi centri di responsabilità del Ministero dell’economia e delle finanze viene riportata nella tavola seguente:

valori in milioni di euro

 

Bilancio 2004

Ass. 2004

variaz.

BLV
2005

Gabinetto del Ministro

556

536

-194

342

Amministrazione generale

2.365

2.630

-93

2.537

Tesoro

300.970

320.384

-34.697

285.687

Ragioneria generale dello Stato

116.205

114.626

-3.961

110.665

Politiche di sviluppo e di coesione

419

442

-195

247

Politiche fiscali

41.559

49.948

-3.970

45.978

Guardia di finanza

3.181

3.216

303

3.519

Avvocatura generale dello Stato

101

120

-14

106

Gestione spese residuali

545

360

212

572

TOTALE

465.902

492.263

-42.608

449.655

 

Analisi per centri di responsabilità e UPB dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (per la parte di competenza della Commissione finanze)

 

Centro di responsabilità 6 – Politiche fiscali

Rispetto al dato assestato 2004, tale centro di responsabilità registra un decremento della spesa, in termini di competenza, pari a 3.969 milioni, passando da 49.948 milioni delle previsioni assestate 2004 a 45.978 milioni delle previsioni 2005 a legislazione vigente.

La variazione è determinata da una diminuzione della spesa di parte corrente di 4.211 milioni, ascrivibile per 1.194 milioni all’UPB 6.1.2.2 “Restituzione e rimborsi IVA” e per 3.131 milioni all’UPB 6.1.2.12 “Regolazione, recuperi effettuati dai concessionari della riscossione e dalle banche”, compensata da un incremento della spesa in conto capitale per 242 milioni, riferiti all’UPB 6.2.3.12 “Crediti di imposta”.

 

 

Per quanto riguarda gli effetti del disegno di legge finanziaria per il 2005 sul centro di responsabilità 6 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, oltre agli eventuali effetti generalizzati delle disposizioni relative alla limitazione dell’incremento delle spese entro il 2%, si ricorda che la Tabella C della legge finanziaria provvede a determinare la dotazione annuale delle risorse destinate alle Agenzie fiscali. In particolare vengono disposte le seguenti riduzioni per ciascuna annualità del triennio 2005-2007:

§         Agenzia del Demanio: -2,018 milioni;

§         Agenzia del Territorio: -5,658 milioni;

§         Agenzia delle Dogane: -1,467 milioni;

§         Agenzia delle Entrate: -34,950 milioni.

 

Per quanto riguarda la dotazione della Scuola superiore dell’economia e delle finanze (UPB 6.1.2.13, cap. 3935) viene disposto, sempre in Tabella C, un incremento di 12,716 milioni per ciascuna annualità, determinandosi, quindi, per il 2005 uno stanziamento di 17,366 milioni, inferiore rispetto ai 17,736 milioni fissati per il 2004 dalla legge finanziaria corrispondente.

 

Centro di responsabilità 7 – Guardia di Finanza

Tale centro registra un incremento di 303 milioni della spesa complessiva, in termini di competenza, in quanto passa da 3.216 milioni delle previsioni assestate 2004 a 3.519 milioni delle previsioni 2005.

 

L’incremento delle risorse riguarda la spesa di parte corrente, ed è interamente riferita alle spese di funzionamento.

 

Si ricorda che nel centro di responsabilità 3 Tesoro è presente lo stanziamento in favore della CONSOB ai sensi del decreto-legge n. 95 del 1974, la cui dotazione annuale viene fissata dalla Tabella C della legge finanziaria (UPB 3.1.2.11, cap. 1560).

Per il 2005 la Tabella C prevede uno stanziamento pari a 27.191.000 euro, con una riduzione rispetto alla legislazione vigente di 577.000 euro[2].


Stato di previsione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato - Annesso alla Tabella 2

 

Lo stato di previsione dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato indica per il 2005 una riduzione delle entrate e delle spese pari a 470,7 milioni rispetto al dato assestato 2004.

 

Il raffronto fra le previsioni per l’anno 2005 e le previsioni assestate 2004 si presenta come segue:

(dati in milioni di euro)

 

Prev. Ass. 2004

Variazioni

Previsioni 2005

ENTRATE

 

 

 

Unità previsionali di parte corrente

1.291,8

55,9

1.347,7

Unità previsionali di parte capitale

8,0

-

8,0

Accensione prestiti

-

-

-

Gestioni speciali ed autonome

9.767,0

-526,6

9.240,4

Totale Entrate

11.066,8

-470,7

10.596,1

 

 

 

 

SPESE

 

 

 

Unità previsionali di parte corrente

1.256,8

48,0

1.304,8

Unità previsionali di parte capitale

39,7

7,6

47,3

Rimborso prestiti

3,3

0,3

3,6

Gestioni speciali ed autonome

9.767,0

-526,6

9.240,4

Totale Spese

11.066,8

-470,7

10.596,1

 

Per quanto riguarda le variazioni delle gestioni autonome le minori entrate per 526,6 milioni sono determinate dalle minori assegnazioni del Tesoro per la gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato, che si riducono da 9 miliardi a 8,5 miliardi di euro. Al riguardo si segnala che nel bilancio di previsione per il 2004 la dotazione del capitolo era pari a 3,7 miliardi.

Analoga evoluzione è riscontrabile sul fronte della spesa.

 

Quanto ai residui attivi si evidenzia una consistenza al 1° gennaio 2005 di 265,7 milioni, di cui 193,3 per le gestioni autonome. La consistenza dei residui passivi presunti è valutata in 524,3 milioni di euro, di cui 381,8 per le gestioni autonome.


PARTE III
Il disegno di legge finanziaria per il 2005


Articolo 8, comma 4
(Disposizioni regionali difformi dalla normativa statale
in materia di IRAP e tassa automobilistica)

 

 


4. Sulla base di quanto disposto dai commi 21 e 22 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, l'inizio ovvero la ripresa della decorrenza degli effetti, nel primo periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2004, concerne anche quelle maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive che siano state deliberate dalle regioni, antecedentemente al 31 dicembre 2003, in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale. Resta ferma, altresì, l'applicazione del predetto comma 22 dell'articolo 2 della legge n. 350 del 2003 alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle iguardanti la maggiorazione dell'ali
quota, nonché, unitamente al comma 23 del medesimo articolo, alle disposizioni regionali in materia di tassa automobilistica; le regioni possono modificare tali disposizioni nei soli limiti dei poteri loro attribuiti dalla normativa statale di riferimento ed in conformità con essa.


 

 

 

Il comma 4 disciplina

§       gli effetti che conseguono alla cessazione della sospensione di efficacia disposta dalle leggi finanziarie 2003 e 2004 per gli aumenti delle addizionali all’imposta sul reddito delle persone fisiche per (i comuni e) le regioni e per la maggiorazione dell’imposta regionale sulle attività produttive;

§       gli ulteriori effetti della sanatoria, anch’essa disposta dalla legge finanziaria per l’anno 2004, di talune disposizioni di leggi regionali in materia di IRAP e di tassa automobilistica, disposizioni delle quali la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale.

 

Confermando quanto già disposto in proposito dall’articolo 2, commi 21 e 22 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), il comma in esame stabilisce:

·         che a partire dal primo periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2004 riprendono, o iniziano a decorrere gli effetti di tutte le maggiorazioni di aliquota la cui efficacia è stata comunque sospesa sino a quella data;

·         che si estende anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte la sanatoria delle disposizioni con cui le regioni hanno modificato aliquote o altri elementi dell’IRAP e della tassa automobilistica in «difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale» e, cioè, in violazione dei limiti della loro potestà legislativa;

·         che anche queste ultime disposizioni potranno essere modificate in futuro dalle regioni soltanto nei limiti dei poteri loro attribuiti e che comunque, entro il periodo di imposta decorrente dal 1°gennaio 2007, la disciplina della tassa automobilistica deve essere resa conforme alla normativa statale in materia.

 

Più in generale, il richiamo fatto al comma 21 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, conferma la cessazione del ‘blocco’ che l’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), aveva introdotto all’esercizio della facoltà delle regioni e dei comuni di disporre aumenti delle addizionali dell’imposta sul reddito delle persone fisiche[3] e della facoltà delle regioni di maggiorare l’aliquota della imposta regionale sulle attività produttive[4]. L’assenza di ulteriore proroga conferma che quel ‘blocco’, secondo quanto dispone il citato comma 21, cessa a partire dal primo periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2004.

 

In particolare, per quanto positivamente dispone il comma in esame:

 

il primo periodo del comma 4 disciplina l’efficacia delle leggi regionali che, deliberate dalle regioni anteriormente al 31 dicembre 2003, hanno disposto maggiorazioni delle aliquote IRAP in misura o con modalità difformi da quanto previsto dalla normativa statale.

Si ricorda in proposito che ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997 (che ha istituito l’imposta regionale sulle attività produttive– IRAP) le regioni hanno la facoltà di variare fino ad un massimo di un punto percentuale l’aliquota ordinaria dell’imposta fissata in misura pari a 4,25% a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del medesimo decreto (a decorrere cioè dal 30 dicembre 1999). Le regioni possono inoltre differenziare quella variazione per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

Le regioni, in ogni caso, non possono fissare l’aliquota – per alcuna categoria di soggetti o settore di attività – in misura superiore a 5,25%.

Superando tale limite, la regione Lombardia (con l’articolo 1 della L. r. 18 dicembre 2001, n. 27 - finanziaria 2002) ha stabilito l’aumento dell’aliquota al 5,75% per i soggetti di cui agli art. 6 e 7 del D.Lgs. 446/1997 (banche, società finanziarie e di assicurazioni). Successivamente l’articolo 76 della L. R. 14 luglio 2003, n. 10, ha ricondotto quell’aliquota al 5,25% a decorrere dal 1° gennaio 2003

Analogamente, la regione Marche (L. R. 19 dicembre 2001, n. 35, articolo 1, commi 3-6) ha aumentato l’aliquota ordinaria a 5,51% (con esclusione di alcune categorie) e al 5,75% per i soggetti di cui agli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 446/1997 (banche, società finanziarie e di assicurazioni).

A seguito del ricorso con il quale il Governo ha impugnato la legge della regione Piemonte 5 agosto 2002, n. 20, la Corte costituzionale (sentenza n. 296/2003) ha confermato – anche alla luce del nuovo testo dell’articolo 119 della Costituzione introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 – che l’IRAP non può ritenersi imposta regionale e che pertanto le regioni possono introdurre variazioni alla sua disciplina soltanto limitatamente a quanto consente la normativa statale in proposito (D.Lgs. n. 446/1997). Le regioni hanno soltanto una limitata facoltà di variarne l’aliquota e possono disciplinarne le procedure applicative nel rispetto dei princìpi fissati dal citato D.Lgs. n. 446/1997.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale resa contro la legge regionale del Piemonte n. 20 del 2002 ha pertanto travolto – implicitamente – anche le citate leggi regionali della regione Lombardia e della regione Marche che – non colpite direttamente dalla pronunzia – erano divenute tuttavia soggette a eventuali ricorsi incidentali.

Alla sanatoria di quelle e di analoghe disposizioni in materia di tassa automobilistica sottoposte al giudizio della Corte costituzionale ha provveduto l’articolo 2, commi 22 e 23, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

Con le sentenze n. 296 e 297 del 22-26 settembre 2003 e n. 311 del 2-15 ottobre 2003, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni della citata legge regionale del Piemonte e delle leggi regionali n. 18 del 2002 della regione Veneto e n. 15 del 2002 della regione Campania che avevano disposto in materia di IRAP e di tassa automobilistica (regionale) «in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale»[5].

I citati commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 dispongono sostanzialmente la sanatoria dell’illegittimità che colpiva quelle disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP, in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale.

Stabiliscono, in particolare, che in quelle regioni l’applicazione delle dell’IRAP (e della tassa automobilistica) opera, fino al periodo d’imposta decorrente dal 1° gennaio 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), e che – entro la stessa data – le suddette regioni sono tenute a rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica.

Il primo periodo del comma in esame precisa che quella sanatoria si applica anche alle leggi regionali adottate antecedentemente al 31 dicembre 2003, data dalla quale decorrono gli effetti della sanatoria operata da comma 22.

 

Le disposizioni recate dal secondo periodo del comma in esame confermano gli effetti della sanatoria anche per le disposizioni di leggi regionali che sono intervenute, «in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale», in materia di IRAP con disposizioni diverse da quelle riguardanti la maggiorazione delle aliquote e in materia di tassa automobilistica[6].

L’ultima parte dello stesso periodo ripete e conferma – estendendola a tutte le leggi regionali sopra considerate – la disposizione, già presente nel comma 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2002, che consente alle regioni di conservare le disposizioni ‘sanate’ sino al periodo d’imposta che, per ciascuna di esse, decorre dal 1° gennaio 2007, stabilendo che entro tale termine esse devono rendere quelle disposizioni conformi alla normativa statale.


Articolo 10, comma 4
(Nuove emissioni di titoli obbligazionari)

 

 


4. In caso di nuove emissioni di titoli obbligazionari con rimborso del capitale in un'unica soluzione alla scadenza, è necessario che al momento dell'emissione venga costituito un fondo di ammortamento del debito o conclusa una operazione di swap per l'ammortamento dello stesso, secondo quanto disposto dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389.


 

 

Il comma 4 dispone che, in caso di nuove emissioni di titoli obbligazionari con rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza, è necessario, al momento dell’emissione:

-        che venga costituito un fondo di ammortamento del debito;

-        o, in alternativa, che venga conclusa un’operazione di swap per l’ammortamento dello stesso debito.

La disciplina recata dall'articolo 41 della legge n. 448 del 2001 e le norme di attuazione

Al riguardo, si deve ricordare che i commi 2 e 3 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) hanno modificato la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.

In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet). In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.

Questi metodi tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.

Il comma 3 ha abrogatoil primo periodo del comma 6 dell’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché l’articolo 3 del regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.

 

In tal modo, sono stati eliminati l'obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l'obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze), e per conoscenza al Ministero dell'interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.

 

Il regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389, all’articolo 1, prevede che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunicano entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.

L’articolo 2 (richiamato nel comma in esame) reca disposizioni sull’ammortamento del debito.

I contratti relativi alla gestione di un fondo per l'ammortamento del capitale da rimborsare o, alternativamente, per la conclusione di uno swap per l'ammortamento del debito possono essere conclusi soltanto con intermediari contraddistinti da adeguato merito di credito, così come certificato da agenzie di rating riconosciute a livello internazionale.

Le somme accantonate nel fondo di ammortamento possono essere investite esclusivamente in titoli obbligazionari di enti e amministrazioni pubbliche nonché di società a partecipazione pubblica di Stati appartenenti all'Unione europea.

 

Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004.

 

In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004).

Sono state inoltre enunziate alcune linee guida.

Il criterio dell'attività di coordinamento dell'accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento.

Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) dev’essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings.

 

Nel caso in cui i rating attribuiti dalle agenzie siano difformi tra loro, si deve prendere in considerazione quello più basso.

Il «rating adeguato» della controparte non dovrebbe essere inferiore a BBB/Baa/BBB. Pertanto qualora l'intermediario subisca una riduzione al di sotto di tale livello minimo, le posizioni accese dovranno essere chiuse al più presto.

Qualora sussista garanzia della «casa madre» della controparte, rileva il rating di essa.

 

Gli strumenti ammessi per l'investimento delle somme accantonate nel fondo o nello swap di ammortamento sono soltanto i titoli obbligazionari, emessi esclusivamente dagli emittenti indicati all’articolo 2, comma 2, del regolamento (enti e amministrazioni pubbliche e società a partecipazione pubblica di Stati dell’Unione europea)[7], che non dovranno essere ulteriormente strutturati mediante operazioni derivate le quali rendano il profilo di esposizione creditizia difforme da quello consentito. La selezione degli emittenti dei suddetti titoli dev’essere conforme allo spirito di riduzione del rischio creditizio. Nei contratti è raccomandata la massima trasparenza sui criteri con i quali i titoli conferiti al fondo di ammortamento sono selezionati ed eventualmente sostituiti, attribuendo la massima attenzione al rating. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento.

Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento.

La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.

I criteri d’individuazione degli intermediari

Per quanto concerne i criteri di individuazione degli intermediari per la conclusione dei contratti relativi alla gestione del fondo o dello swap di ammortamento, il Ministro dell’economia e delle finanze, nel corso dell’audizione tenuta il 21 luglio 2004 dinanzi alla Commissione Programmazione economica e bilancio del Senato della Repubblica, in tema di “Effetti e tecniche di controllo dei flussi di finanza pubblica in ordine all’andamento del debito con particolare riferimento alla componente non statale”, aveva evidenziato, quale elemento di criticità, che secondo l’attuale normativa che regola i rapporti fra gli enti locali e i loro tesorieri, con particolare riferimento all’articolo 221 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, non è possibile per gli enti stessi costituire fondi di ammortamento presso istituti o intermediari diversi dalle banche tesoriere.

 

Il richiamato articolo 221 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplina la gestione di titoli e valori. I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive scadenze. Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi dell'operazione. Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni

 

In relazione a ciò, il Ministro faceva notare che tale divieto costituisce un elemento ostativo all’applicazione di quanto disposto dall’articolo 2 del regolamento n. 389 del 2003, “in quanto la corretta e prudenziale gestione di tali fondi richiede un livello estremamente elevato di conoscenza finanziaria e capacità gestionale da parte degli intermediari, requisiti che non sempre le banche che svolgono il servizio di tesoreria soddisfano. Si configura così un conflitto tra i princìpi che ispirano la norma sul fondo di ammortamento e gli obblighi di tesoreria degli enti che, di fatto, impedisce la costituzione di tali fondi”. Concludeva perciò il Ministro segnalando l’opportunità di trovare una sede legislativa adeguata per introdurre una deroga specifica alle norme sulla tesoreria, in grado di rimediare a tale situazione conflittuale.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 9, comma 1, lettera d), del disegno di legge finanziaria per il 2005 prevede che per la gestione del fondo di ammortamento del debito di cui all’articolo 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001 non si applica il principio di accentramento di ogni deposito presso il tesoriere, stabilito dagli articoli 209, comma 3, e 211, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

 

Ai sensi dell’articolo 209, comma 3, ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere. Secondo l’articolo 211, comma 2, il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente.

 

Si osserva che, per la disciplina della costituzione del fondo di ammortamento del debito e dell’operazione di swap alternativamente prevista, la disposizione in esame rinvia all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389.

Il regolamento è stato emanato in base all’articolo 41, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il quale rimette a tale strumento le definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento dell’accesso degli enti locali al mercato dei capitali nonché delle norme relative all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati da parte dei medesimi enti.

Sarebbe opportuno chiarire se il rinvio abbia carattere formale (ossia s’intenda riferito alla fonte regolamentare richiamata con le sue eventuali future modificazioni) ovvero debba configurarsi come rinvio recettizio tendente a conferire forza di legge alle disposizioni del richiamato articolo 2 del D.M. n. 389 del 2003.

 


Articolo 26, commi 1 e 2
(Assicurazione obbligatoria per gli immobili
per danni derivanti da calamità naturali)

 

 


1. Al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, rientranti nelle tipologie di cui alla lettera b) del presente comma, con regolamento emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, sono dettate disposizioni dirette a prevedere l'introduzione di un regime assicurativo rispondente ai predetti obiettivi e a definirne le forme, le condizioni e le modalità di attuazione, sulla base dei seguenti criteri:

     a) estensione obbligatoria della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati destinati ad uso abitativo contro l'incendio, nonché graduale estensione dell'obbligo assicurativo del medesimo rischio alle polizze incendio già in atto, con esclusione dei fabbricati abusivi;

     b) copertura dei rischi derivanti dalle seguenti tipologie di calamità naturali: terremoti, maremoti, frane, alluvioni, inondazioni, fenomeni vulcanici;

     c) copertura dei danni che presentino le caratteristiche di catastrofalità stabilite per ciascuna delle tipologie di cui alla lettera b) dal Dipartimento della protezione civile sulla base delle proposte formulate dalla Commissione nazionale dei grandi rischi;

     d) correlazione dei premi assicurativi anche agli indici di rischio delle diverse aree del territorio nei diversi settori;

     e) definizione dei parametri cui fare riferimento per la determinazione del valore di ricostruzione a nuovo degli immobili da assicurare, sulla base di metodologie di calcolo elaborate da organismi specializzati e già in uso per l'assicurazione di rischi relativi agli immobili;

     f) previsione di franchigie e limiti di indennizzo;

     g) esclusione dell'intervento statale per i danni subiti da fabbricati non assicurati, appartenenti a persone giuridiche private, ovvero a persone fisiche con reddito ai fini IRPEF superiore a soglie da determinare allo scopo;

     h) definizione delle modalità per la coriassicurazione dei rischi, prevedendo, in via transitoria, in ragione della particolare rilevanza degli interessi nazionali coinvolti e della innovatività della disciplina, nonché in considerazione della peculiare natura dei rischi, la costituzione di un unico consorzio coriassicurativo tra le compagnie di assicurazione nel quale confluiscano i premi raccolti dagli assicuratori aderenti al consorzio e riferiti ai rischi di cui alla presente disposizione;

     i) previsione delle modalità di intervento del consorzio riassicurativo;

     l) previsione delle modalità di intervento dello Stato a garanzia delle attività consorzio riassicurativo;

     m) incentivazioni di natura fiscale nel rispetto del principio dell'invarianza del gettito;

     n) previsione di un regime applicativo transitorio.

2 Per i fini di cui al comma 1, lettera l), è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2005 per l'istituzione di un apposito fondo di garanzia, la cui gestione è affidata alla CONSAP spa.


 

 

L'articolo 26 reca disposizioni in materia di protezione civile.

 

Il comma 1 demanda ad un regolamento di delegificazione l’introduzione di un regime assicurativo obbligatorio per gli immobili privati destinati ad uso abitativo relativamente ai danni derivanti da calamità naturali.

 

Il regolamento dovrà essere emanato entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2005, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome, nonché l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).

 

Si segnala che il regolamento di delegificazione, in base al dettato dell'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988[8], dovrebbe operare, attraverso l'abrogazione delle disposizioni legislative vigenti e l'introduzione di nuove disposizioni di rango regolamentare conformi alle norme generali regolatrici della materia dettate dalla disposizione legislativa di delegificazione, nonché la sostituzione del regolamento alla legge quale fonte regolatrice in un determinato ambito. Le disposizioni in esame non indicano le norme – di rango legislativo o regolamentare – che sarebbero abrogate con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni regolamentari.

 

Il comma in esame definisce dodici criteri, cui il Governo dovrà attenersi in sede di adozione del regolamento:

 

§      previsione obbligatoria della copertura del rischio di calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati destinati ad uso abitativo contro l’incendio, nonché graduale estensione dell'obbligo assicurativo del medesimo rischio alle polizze incendio già in atto, con esclusione dei fabbricati abusivi;

§      definizione tassativa delle tipologie di calamità naturali da considerare ai fini del presente regime assicurativo: terremoti, maremoti, frane, alluvioni, inondazioni, fenomeni vulcanici;

§      limitazione della copertura ai soli danni chepresentino le caratteristiche di catastrofalità definite, per ciascuna tipologia di calamità, da parte del Dipartimento della protezione civile in base alle proposte della Commissione nazionale dei grandi rischi;

§      correlazione dei premi assicurativi anche agli indici di rischio delle diverse aree del territorio nei diversi settori;

§      definizione dei parametri cui fare riferimento per la determinazione del valore di ricostruzione a nuovo degli immobili da assicurare, sulla base di metodologie di calcolo elaborate da organismi specializzati e già in uso per l’assicurazione dei rischi relativi agli immobili;

§      previsione di franchigie e limiti di indennizzo;

§      esclusione dell’intervento statale per i danni subìti da fabbricati non assicurati, appartenenti a persone giuridiche private, ovvero a persone fisiche con redditi ai fini IRPEF superiori a soglie da determinare allo scopo;

§      definizione delle modalità per la coriassicurazione del rischio, prevedendo, in via transitoria, in ragione della particolare rilevanza degli interessi nazionali coinvolti e della innovatività della disciplina, nonché in considerazione della peculiare natura dei rischi, la costituzione di un unico consorzio coriassicurativo tra le compagnie di assicurazione, nel quale confluiscano i premi raccolti dagli assicuratori e riferiti ai rischi di cui alla presente disposizione;

§      previsione delle modalità d’intervento del consorzio riassicurativo;

§      previsione delle modalità d’intervento dello Stato a garanzia delle attività del consorzio riassicurativo;

§      incentivi di natura fiscale nel rispetto del principio dell’invarianza di gettito;

§      previsione di un regime applicativo transitorio.

 

Il comma 1 della disposizione in commento ha la finalità – come si legge nella relazione illustrativa – di sostituire gradualmente l’intervento statale,di natura contributiva e indennizzatoria, per danni derivanti da calamità naturali a immobili privati destinati ad uso abitativo, con il sistema assicurativo, estendendo obbligatoriamente la polizza antincendio sui nuovi fabbricati ai rischi derivanti da calamità naturali. Tale meccanismo sarà poi gradualmente esteso alle polizze antincendio già in essere, con esclusione di tutti i fabbricati abusivi. Conseguentemente, i fabbricati non assicurati non potranno ricevere indennizzi da parte dello Stato, ad esclusione di specifici casi che saranno disciplinati nell’ambito di un regime applicativo transitorio, ai sensi del comma 1, lettera n).

La relazione tecnica specifica che la disposizione non comporta maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Inoltre, non sono quantificabili gli eventuali effetti finanziari positivi sulla spesa pubblica derivanti dal nuovo regime, non essendo possibile prevedere le calamità che si verificheranno e non essendo del pari possibile correlare gli stati di emergenza passati con quelli futuri. Tra l’altro, l’intervento dello Stato sugli edifici privati in caso di calamità non è obbligatorio e viene autorizzato con specifiche disposizioni in relazione alle risorse disponibili da destinare allo scopo, secondo criteri di priorità stabiliti in ogni singola emergenza dalla protezione civile. Infine, la disposizione prevede un regime transitorio (che verrà però disciplinato solo con il regolamento di delegificazione) di cui allo stato non si possono conoscere durata ed effetti anche per l’impatto sul sistema assicurativo.

Normativa vigente

In base alla normativa vigente, l'assicurazione contro i rischi derivanti da calamità naturali ha natura sostanzialmente volontaria. Non esiste infatti alcuna forma di assicurazione obbligatoria contro i danni derivanti da calamità naturali (anzi, salvo patto contrario, in base all’articolo 1912 del codice civile l’assicuratore non è obbligato per i danni determinati da movimenti tellurici, guerra, insurrezione o tumulti popolari). Esistono invece singole fattispecie di contratti di assicurazione contro i danni, adottati comunque su base volontaria e dal cui ambito vengono di regola esclusi i danni derivanti da eventi catastrofici dovuti a terremoti, alluvioni, uragani, eruzioni, etc. Attualmente, pertanto, l'oggetto della disciplina delle assicurazioni contro i danni è costituito da una pluralità di fattispecie contrattuali, ciascuna delle quali dà luogo alla formazione e alla gestione di un cosiddetto "ramo" della medesima.

Per quanto attiene al regime dei singoli contratti che fanno capo a ciascun ramo – fatta eccezione per le assicurazioni dei rischi relativi ai trasporti marittimi e aerei, l’assicurazione per la responsabilità civile per la circolazione di autoveicoli e l'assicurazione dei crediti all'esportazione, nonché per altre assicurazioni di minore importanza previste da singole disposizioni del codice civile e di leggi speciali – esso è costituito da un insieme organico di norme di cui agli articoli 1904-1918 del codice civile relative agli aspetti generali e comuni di tutte le assicurazioni contro i danni, rimettendosi all'autonomia privata la determinazione di ogni specifico contenuto contrattuale sia in generale (le c.d. condizioni generali di polizza) sia nei singoli casi concreti (le c.d. condizioni particolari).

 

Con specifico riferimento ai rischi da calamità naturali, si ricorda che l'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, ha introdotto, a carico delle imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni contro i danni, l'obbligo di costituire una apposita riserva di equilibrio per rischi da calamità naturali, diretta a compensare nel tempo l'andamento della sinistralità. Con il D.M. 19 novembre 1996, n. 705, è stato emanato il regolamento di attuazione di tale norma: esso stabilisce che la quota da accantonare – a decorrere dall’esercizio 1995 – è pari al 2 per cento del premio relativo ai contratti di assicurazione dei rischi delle calamità naturali; l’importo massimo della riserva non può essere superiore al 75% dei premi dei rami danni nei quali sono ricompresi i rischi delle calamità naturali assicurati.

 

Successivamente, in occasione degli eventi alluvionali dei mesi di giugno e ottobre 1996, il decreto-legge 12 novembre 1996, n. 576, convertito dalla legge 31 dicembre 1996, n. 677, ha previsto, all’articolo 7, che il soggetto danneggiato che avesse eventualmente contratto una polizza assicurativa, avrebbe ricevuto il contributo dello Stato previsto solo fino alla concorrenza della differenza con i contributi erogati da altri soggetti (altri enti pubblici o compagnie assicuratrici), ricevendo altresì un’ulteriore somma pari all’importo dei premi assicurativi pagati nei cinque anni precedenti la data dell’evento.

Precedenti parlamentari

L'articolo 46 dell’A.C. 4489-A (d.d.l finanziaria per il 2004, testo approvato dalla V Commissione Bilancio della Camera dei deputati,demandava ad un regolamento di delegificazione l’introduzione, anche in deroga alla normativa vigente, di un regime assicurativo beni per gli immobili privati destinati ad uso abitativo relativamente ai danni da calamità naturali.

 

Il regolamento sarebbe stato emanato entro 180 giorni (il termine di 90 giorni previsto nel testo originario del disegno di legge era stato così modificato nel corso dell’esame al Senato) dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2004, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome, nonché l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).

 

L’articolo 46 definiva i criteri, cui il Governo avrebbe dovuto attenersi in sede di adozione del regolamento, in forma per gran parte analoga a quanto previsto dalla disposizione in commento.

 

L’articolo era stato oggetto di un approfondito dibattito nel corso dell’esame in Assemblea al Senato, anche in relazione alla presentazione di alcuni emendamenti soppressivi.

L’Assemblea del Senato aveva respinto tutti gli emendamenti all’articolo in esame.

Peraltro, il Governo ha accolto il seguente ordine del giorno G40.1 (Iervolino, Danzi, Ciccanti, Tunis, Trematerra, Cherchi, Gaburro):

 

“Il Senato,

premesso che in questi giorni è stato autorevolmente affermato "Occorre ideare un meccanismo per una polizza assicurativa volta a tutelare le persone ed i loro beni contro le calamità naturali", in modo da ridurre il gravame sulla spesa dello Stato ed assicurare, ai cittadini colpiti, più pronti e tempestivi interventi,

impegna il Governo affinché:

-        sia istituita una commissione interministeriale di studio con la partecipazione dei Ministeri delle attività produttive, dell’ambiente, delle politiche agricole, della istruzione università e ricerca, delle infrastrutture e trasporti, della conferenza Stato-Regioni nonché degli enti di ricerca (CNR ENEA INGV) attivi nel settore, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un suo delegato, con lo scopo di redigere le linee di un progetto mirato alla creazione di un sistema, eventualmente partecipato dallo Stato, di assicurazione obbligatoria, contro gli effetti delle calamità naturali;

-        nella stesura del progetto, si tenga conto delle esperienze in atto dei Paesi della Comunità Europea, degli USA e del Giappone, avvalendosi se del caso, a titolo di consultazione, della collaborazione delle associazioni di assicurazione e di riassicurazione presenti in Italia, nonché degli esperti operanti in seno ad associazioni dedicate purché senza fini di lucro.”

 

Si ricorda, inoltre, che il 20 novembre 2003 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287 del 1990, una segnalazione ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell'Economia e delle finanze, dell'Interno e delle Attività produttive, in merito alle disposizioni contenute nel citato articolo 46 del ddl finanziaria 2004.

L'Autorità rilevava che le disposizioni sarebbero state suscettibili di compromettere l'esplicarsi della concorrenza a danno dei consumatori e del benessere complessivo.

In particolare, nella segnalazione evidenziava che:

-        il collegamento della copertura contro i danni causati agli edifici dagli incendi con quelli derivanti da calamità naturale avrebbe potuto vanificare l'obiettivo perseguito di garantire a tutti la copertura assicurativa, in quanto i destinatari dell'obbligo assicurativo sarebbero stati selezionati sulla base di un criterio occasionale e estraneo all'effettiva esposizione al rischio di catastrofi naturali;

-        l’abbinamento obbligatorio tra l’assicurazione contro gli incendi e quella contro le catastrofi naturali, non essendo imposto da alcuna ragione tecnica, in quanto il verificarsi di un evento non implica di regola il verificarsi dell'altro, produrrebbe effetti anticoncorrenziali, espressamente vietati dalla disciplina comunitaria in materia di concorrenza;

-        l'imposizione dell’obbligo assicurativo per le calamità naturali contribuirebbe ad irrigidire la domanda dei consumatori, che sarebbero indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche se particolarmente gravose;

-        alle imprese non sarebbe consentita l'offerta di servizi differenziati secondo le necessità degli utenti e ciò produrrebbe il rischio di omogeneizzazione dell'offerta dei servizi assicurativi contro le calamità naturali.

 

Le disposizioni dell’articolo 46 del d.d.l. finanziaria per il 2004 nel testo approvato dalla Commissione V (Bilancio) della Camera dei deputati non sono state ricomprese nel testo dei tre maxi-emendamenti – sostitutivi degli articoli da 2 a 70 - presentati dal Governo ed approvati, con voto di fiducia, dall’Assemblea.

 

Nel corso dell’indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio, svolta dalle Commissioni riunite VI e X della Camera congiuntamente con le Commissioni riunite 6a e 10 a del Senato, nella seduta del 17 febbraio 2004, il presidente dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), interrogato incidentalmente sull’ipotizzata previsione dell’assicurazione obbligatoria contro i danni da calamità naturali, ha espresso l’opinione che essa, ove adottata, dovrebbe avere estensione generale, per consentire l’esplicarsi del criterio di mutualità che solo può permettere la ripartizione del rischio su base assicurativa. Il presidente dell’ANIA ha ipotizzato un costo annuo variabile tra 70 e 100 euro per persona in relazione a un’abitazione del valore di 100 mila euro. Ha per altro espresso l’avviso che, in caso di catastrofi di grave intensità, non sia possibile evitare l’intervento diretto dello Stato come “assicuratore finale”.

Precedenti proposte di legge in materia

Si ricorda che una disposizione di contenuto analogo a quella dell’articolo in esame era prevista dall’articolo 33 del testo iniziale del disegno di legge recante “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo - A.C. 5267 (provvedimento collegato alla legge finanziaria 1999). Il testo fu approvato con modificazioni dalla Camera e dalla Commissione bilancio al Senato. L’Assemblea del Senato deliberò nella seduta del 18 dicembre 1998 lo stralcio dell’articolo 39 (ex 33) dell’A.S. 3662-A, che divenne un autonomo disegno di legge (A.S. 3662-ter), il cui iter parlamentare, tuttavia, non andò oltre la fase dell’assegnazione alla 10a Commissione Industria.

Norme di analogo contenuto furono poi riproposte, sempre durante la XIII Legislatura, nel disegno di legge quadro sulle calamità naturali (A.C. 235 e abb.) non pervenuto ad approvazione.

 

Nel corso dell’attuale legislatura si segnala la proposta AC 3424 “Delega al Governo per l'assicurazione contro i rischi per eventi di marea nei comuni della laguna di Venezia” in corso di esame in sede referente presso l’VIII Commissione della Camera.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento prevede, per l’anno 2005, al fine di regolare le modalità di intervento dello Stato a garanzia dell’attività del consorzio assicurativo (art. 1, co. 1, lett. l) la costituzione, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo di garanzia, la cui gestione è affidata alla Consap SpA. A tale fine è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro.

 

Si ricorda che con la legge n. 359 del 1992, è stata disposta la trasformazione dell’INA (Istituto nazionale delle assicurazioni), in precedenza ente pubblico economico, in società per azioni.

La coesistenza, in quest’ultimo, di attività privatistiche e imprenditoriali (l’esercizio dell’assicurazione sulla vita in concorrenza con le altre compagnie private) e di funzioni di rilievo pubblicistico (la gestione dei fondi di garanzia e di solidarietà) ha reso inconciliabile la configurazione della nuova INA SpA con le caratteristiche proprie del precedente ente pubblico, poiché ne sarebbero derivati oneri e privilegi suscettibili di alterare, rispettivamente a vantaggio o a svantaggio dell’azienda, la par condicio concorrenziale con gli altri operatori assicurativi privati esistenti sul mercato.

Pertanto, dopo oltre un anno dalla trasformazione in società per azioni, è stata operata la scissione dell’INA, dalla quale è derivata, in veste di beneficiaria demandata allo svolgimento delle funzioni assicurative pubbliche, la Consap SpA, Concessionaria servizi assicurativi pubblici, con effetto dal 1° ottobre 1993.

Alla Consap, il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze, sono state attribuite – in regime di concessione del Ministero delle attività produttive, con atti concessori formalizzati nel febbraio 2004 – tutte le attività di rilievo pubblicistico che già formavano oggetto della concessione legale in capo all’INA.

Alle attività pubblicistiche ereditate dall’INA si sono aggiunte, nel corso del tempo, ulteriori funzioni pubbliche che il legislatore ha inteso attribuire alla Consap in quanto strettamente attinenti alle sue finalità istituzionali.

Pertanto, le attività oggi svolte dalla Consap sono le seguenti:

su concessione del Ministero delle attività produttive

§       gestione delle cessioni legali;

§       gestione del Fondo di garanzia per le vittime della strada;

§       gestione del Fondo di garanzia per le vittime della caccia;

§       gestione del Fondo di previdenza per gli addetti alle cessate imposte di consumo;

su concessione del Ministero dell’interno

§       gestione del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura;

§       gestione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso;

e infine

§       gestione delle funzioni di “Organismo di indennizzo” per l’Italia, attribuita dalla legge n. 39/02, in attuazione della IV Direttiva R.C. Auto n. 2000/26/CE.

Ad eccezione della gestione delle cessioni legali, che costituisce una missione di carattere transitorio della Società, destinata a venir meno nei prossimi anni con la definizione delle obbligazioni in essere con il sistema assicurativo, la gestione dei fondi garanzia e di solidarietà, nonché la recente funzione di Organismo di indennizzo rappresentano la missione istituzionale di carattere permanente della Consap, da sviluppare ulteriormente con l’acquisizione di nuovi ruoli di interesse pubblico nel campo dei servizi assicurativi.

Peraltro, proprio per l’esigenza di valorizzare l’esperienza acquisita dalla Società nello svolgimento delle attività strumentali alla gestione delle cessioni legali (prima fra tutte quella immobiliare) e – in relazione alle prospettive di breve termine di tale gestione – di cogliere nuove opportunità offerte dal mercato, si è proceduto nel tempo, da ultimo nel febbraio 2004, ad ampliare l’oggetto sociale dello statuto Consap SpA.

A seguito di tali modifiche statuarie, la Consap, oltre all’esercizio delle attività pubbliche sopraelencate, può assumere incarichi da parte di amministrazioni dello Stato o di altri soggetti pubblici o privati:

a)       per la gestione, valorizzazione e dismissione di patrimonio immobiliari;

b)       per la gestione di attività informatiche;

c)       per la prestazione di servizi di natura amministrativa.[9]

 

A tali funzioni si aggiungerebbe quella prevista dal comma 2 della disposizione in esame.


Articolo 28, comma 1
(Dismissione immobili enti disciolti)

 

 


1. Gli immobili di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 15 aprile 2002 n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, ivi compresi quelli individuati dal Decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1° luglio 2003, possono essere alienati anche nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.


 

 

Il comma 1 in esame stabilisce che gli immobili di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge n. 63 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2002, ivi compresi quelli individuati dal decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, possono essere alienati anche nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.

 

Il citato comma 1-bisdispone in merito alla definitiva soppressione degli enti pubblici di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, recante la "Soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale”.

Tale legge aveva appunto disposto la soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale, i cui scopi fossero cessati o non più perseguibili, o che si trovassero in condizioni economiche di grave dissesto o fossero nell'impossibilità concreta di attuare i propri fini statutari.

 

La lettera a) del comma 1-bis del decreto-legge n. 63 del 2002 prevede, di conseguenza, la cedibilità degli immobili secondo le modalità previste al capo I del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

 

Il capo I del decreto legge n. 351 del 2001 (articoli da 1 a 4) contiene le disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.

A tal fine, l'articolo 1 demanda ad appositi decreti dirigenziali dell’Agenzia del demanio il compito di individuare i singoli beni immobili dello Stato, distinguendoli tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio disponibile e indisponibile, al fine di procedere al riordino, alla gestione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato.

Su tali beni, l’articolo 2 consente al Ministro dell’economia e della finanze di ricorrere alla tecnica della cartolarizzazione per la dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e di altri enti pubblici.

Il medesimo articolo prevede che le operazioni possano essere effettuate attraverso l’emissione di titoli (aventi, sostanzialmente, natura di obbligazioni, anche per quanto concerne il trattamento tributario) ovvero l’assunzione di finanziamenti.

L'individuazione degli immobili da trasferire alla società per la cartolarizzazione e la disciplina dei casi in cui titoli o finanziamenti possono avvalersi, sia pure parzialmente, della garanzia dello Stato sono rimessi a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze.

L'articolo 3 disciplina i meccanismi di alienazione e di rivendita degli immobili da parte delle società veicolo.

L’inclusione nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile.

L’articolo 4 interviene in materia di conferimento di beni immobili a fondi comuni d’investimento immobiliare. A tal fine si autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, cui possono essere conferiti beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta ufficiale.

 

Il comma 1 in esame ricomprende nelle procedure di alienazione anche gli immobili di cui al decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 150 del 1° luglio 2003, recante l’individuazione degli immobili di proprietà degli enti soppressi da sottoporre alla procedura della cartolarizzazione.

 

Gli immobili indicati negli allegati al decreto stesso, sono, ai sensi dell’articolo 1, di proprietà degli enti soppressi.

Si tratta degli immobili dei seguenti enti soppressi: Associazione nazionale per il controllo della combustione (A.N.C.C); Cassa mutua provinciale di malattia per gli artigiani di: Udine, Imperia, Pistoia e Federazione nazionale; Cassa mutua per gli esercenti le attività commerciali di: Chieti, Firenze, Forlì, Salerno, Latina, L'Aquila e Varese; Cassa mutua provinciale di malattia per i coltivatori diretti di: Chieti, Pescara, Penne (Pescara), Massa-Carrara, Torino, Caserta e Federazione nazionale; Cassa mutua nazionale lavoratori giornali quotidiani (C.M.N.L.G.Q.); Ente nazionale lavoratori ciechi (E.N.L.C.); Istituto nazionale gestione imposte di consumo (I.N.G.I.C.); Istituto nazionale istruzione e addestramento nel settore artigiano (I.N.I.A.S.A.); Ente nazionale previdenza dipendenti da enti di diritto pubblico (E.N.P.D.E.D.P); Opera nazionale invalidi di guerra (O.N.I.G.); Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie (I.N.A.M.), Ente nazionale prevenzione infortuni (E.N.P.I.), Opera nazionale maternità e infanzia (O.N.M.I.), Ente nazionale per la previdenza e assistenza per le ostetriche (E.N.P.A.O.).

 

Ai fini delle procedure di alienazione degli immobili, il comma 1 in esame prevede la possibilità che possa essere effettuata nell'ambito dell'attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.

 

In ordine ai poteri della società, la lettera c) del comma 1-bis dell’articolo 9 del D.-L. n. 63 del 2002 prevede la possibilità di affidare la gestione della liquidazione nonché del contenzioso ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato.

A tal fine, la società può compiere qualsiasi atto di diritto privato, ivi incluse transazioni, cessioni di aziende, cessioni di crediti in blocco pro soluto e rinunzie a domande giudiziali, rinunzie a crediti.

Il compenso spettante alla società, i profili contabili del rapporto, nonché le modalità di rendicontazione e di controllo verranno disciplinati in base ad una apposita convenzione.

 

Tale attività di dismissione degli immobili è effettuata da Fintecna SpA, società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze.


Articolo 32, commi 1-3
(Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Dati relativi alle utenze)

 

 


1. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 6, primo comma:

          1) dopo la lettera e) è inserita la seguente:

          «e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l'edilizia, permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori ed ai progettisti dell'opera»;

          2) nella lettera g-ter), dopo le parole: «contratti di somministrazione di energia elettrica», sono inserite le seguenti: «di servizi telefonici, di servizi idrici e del gas,»;

     b) all'articolo 7:

          1) nel primo comma, le parole: «riguardanti gli atti di cui alla lettera g) dell'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «contenuti negli atti di cui alle lettere e-bis) e g) del primo comma dell'articolo 6»;

          2) nel quinto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine dell'emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all'applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati catastali identificativi dell'immobile presso cui è attivata l'utenza»;

          3) il sesto comma è sostituito dal seguente:

          «Le banche, la società Poste italiane spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dalla lettera g-quater) del primo comma dell'articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto od effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria»;

          4) l'undicesimo comma è sostituito dal seguente:

          «Le comunicazioni di cui ai commi dal primo all'ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate»;

          5) nel dodicesimo comma, le parole: «il Ministro delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «il Direttore dell'Agenzia delle entrate».

2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste dall'articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificato dal numero 2) della lettera b) del comma 1, a decorrere dal 1° aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società richiedono i dati identificativi catastali all'atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.

3. Con provvedimento di concerto dei Direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, sono stabilite le informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 9.


 

Il comma 1 apporta modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.

 

In particolare, la lettera a) modifica l’articolo 6, primo comma, di tale decreto integrando l’elenco degli atti in cui dev’essere indicato il codice fiscale.

 

Secondo la disciplina vigente, il numero di codice fiscale deve essere indicato nei seguenti atti:

a)       fatture e documenti equipollenti emessi ai sensi delle norme concernenti l'imposta sul valore aggiunto, relativamente all'emittente;

b)      richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso, relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto, esclusi gli atti degli organi giurisdizionali e quelli elencati nella tabella allegata al decreto;

c)       comunicazioni allo schedario generale dei titoli azionari, relativamente alla società emittente, ai soggetti da cui provengono se diversi dalla società emittente, agli intestatari o cointestatari del titolo, nonché agli altri soggetti per cui tale indicazione è richiesta nel modello di comunicazione approvato con decreto del Ministro per le finanze;

d)       dichiarazioni dei redditi previste dalle norme concernenti l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora Imposta sui redditi delle società), comprese le dichiarazioni dei sostituti d'imposta e i certificati attestanti le ritenute alla fonte operate dagli stessi, relativamente ai soggetti da cui provengono ed agli altri soggetti in esse indicati o indicati in elenchi nominativi la cui allegazione è prescritta da leggi tributarie; richieste di attestazione della posizione tributaria dei contribuenti e relative certificazioni degli uffici finanziari, limitatamente alle persone che hanno redditi propri; distinte e bollettini di conto corrente postale per i versamenti diretti alle esattorie delle ritenute alla fonte e delle imposte sui redditi, relativamente ai soggetti da cui provengono i versamenti; bollettini di conto corrente postale per il pagamento delle imposte dirette iscritte a ruolo, relativamente ai soggetti tenuti al pagamento; atti di delega alle aziende di credito previsti per il pagamento dell’IRPEF dall'art. 17 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, e conseguenti attestazioni di pagamento rilasciate dalle aziende delegate, relativamente ai soggetti deleganti; domande e note di voltura catastale, relativamente ai soggetti interessati; distinte e dichiarazioni di incasso da presentare ad enti delegati dal Ministero delle finanze all'accertamento e alla riscossione dei tributi, relativamente ai soggetti tenuti alla compilazione dei documenti; denunce di successione, relativamente al dante causa ed agli aventi causa; note di trascrizione, iscrizione ed annotazione, da presentare alle conservatorie dei registri immobiliari, con esclusione di quelle relative agli atti degli organi giurisdizionali;

e)       domande per autorizzazioni amministrative (specialità medicinali e simili, alimenti per la prima infanzia; esercizio di stabilimenti di acque minerali e di fabbriche di acque gassate o di bibite analcoliche; esercizio di stabilimenti termali o balneari; esercizio del commercio; importazione delle armi non da guerra; licenze di pubblico esercizio; esercizio delle arti tipografiche, litografiche o fotografiche; esercizio delle investigazioni per conto di privati; esercizio di rimessa di autoveicoli o vetture; produzione, commercio o mediazione di oggetti e metalli preziosi; concessioni di aree pubbliche; concessione del permesso di ricerca mineraria; autorizzazioni per la ricerca, estrazione e utilizzazione di acque sotterranee; licenze, autorizzazioni e concessioni per i servizi di autotrasporto di merci, per servizi pubblici automobilistici per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli; apertura e funzionamento di scuole non statali); domande di concessioni in materia edilizia e urbanistica rilasciate ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, relativamente ai beneficiari delle concessioni e ai progettisti dell'opera; domande ad amministrazioni statali per la concessione di contributi e di agevolazioni;

f)        domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e negli albi, registri ed elenchi istituiti per l'esercizio di attività professionali e di altre attività di lavoro autonomo, relativamente ai soggetti che esercitano l'attività; domande di iscrizione e note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi, od estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento nonché dichiarazioni di armatore, concernenti navi, galleggianti e unità da diporto soggette a registrazione; domande di iscrizione di aeromobili nel Registro aeronautico nazionale, note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli aeromobili soggetti ad iscrizione nel Registro aeronautico nazionale, nonché dichiarazioni di esercente di aeromobili soggette a registrazione;

g)       atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze di cui alla lettera e), relativamente ai soggetti beneficiari;

g-bis)   mandati, ordini ed altri titoli di spesa emessi dalle amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici, in esecuzione di obbligazioni diverse da quelle concernenti le borse di studio o derivanti da rapporti di impiego o di lavoro subordinato, anche in quiescenza, relativamente al beneficiario della spesa, tranne quelle derivanti da vincite e premi del lotto, delle lotterie nazionali e dei giochi e concorsi;

g-ter)    contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile ed alla assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; contratti di somministrazione di energia elettrica, relativamente agli utenti;

g-quater)   ricorsi alle commissioni tributarie di ogni grado relativamente ai ricorrenti e ai rappresentanti in giudizio.

 

È conferita al Ministro dell’economia e delle finanze la facoltà di escludere dall’obbligo atti, non indicativi di capacità contributiva, di cui alle lettere b) e d) e di aggiungere a quelli indicati alle lettere b) e e) altri atti indicativi di tale capacità, nonché di individuare, mediante decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale almeno novanta giorni prima della sua entrata in vigore, altre tipologie di atti nei quali dev’essere indicato il numero di codice fiscale.

 

Il numero 1) della lettera a) del comma in esame aggiunge al primo comma dell’articolo 6 del citato D.P.R. n. 605 del 1973 la lettera e-bis), che prescrive di indicare il codice fiscale nelle denunzie di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, nei permessi di costruire e in ogni altro atto di assenso, comunque denominato, in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera.

 

L’organizzazione dello sportello unico per l’edilizia è regolata dall’articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. A quest’ufficio, costituito dalle amministrazioni comunali, spetta curare tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunziarsi sull'intervento edilizio oggetto di richiesta di permesso o di denunzia di inizio attività.

In particolare, esso:

1)       riceve le denunzie di inizio attività e le domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia;

2)       fornisce informazioni sulle suddette materie;

3)       adotta, nelle medesime materie, i provvedimenti in tema di accesso ai documenti amministrativi;

4)       rilascia i permessi di costruire, i certificati di agibilità, le certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti per gli interventi di trasformazione edilizia del territorio;

5)       cura, nelle predette materie, i rapporti tra l'amministrazione comunale, il privato e le altre amministrazioni.

A norma dell’articolo 10 del medesimo testo unico, costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:

a)       gli interventi di nuova costruzione;

b)      gli interventi di ristrutturazione urbanistica;

c)       gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superficie, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.

Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività. Esse possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire.

Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo (articolo 11), in conformità con le previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, comunque subordinatamente all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione dell'attuazione delle stesse da parte del comune nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso (articolo 12). La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 11, è presentata allo sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio e dagli altri documenti eventualmente previsti, nonché da un'autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali (articolo 20).

A norma dell’articolo 22 del medesimo testo unico, sono realizzabili mediante denunzia di inizio attività gli interventi non effettuabili liberamente (manutenzione ordinaria; interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche senza realizzazione di rampe, ascensori esterni o manufatti che alterino la sagoma dell'edificio; opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo aventi carattere geognostico o eseguite fuori del centro edificato) né soggetti a permesso di costruire, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente. Alla stessa condizione sono realizzabili varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non vìolano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. In alternativa al permesso di costruire, possono essere altresì realizzati mediante denuncia di inizio attività:

a)       gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);

b)      gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, esplicitamente dichiarate dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;

c)       gli interventi di nuova costruzione direttamente esecutivi di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

Le regioni a statuto ordinario, con legge, possono ampliare o ridurre l'àmbito applicativo delle predette disposizioni.

La denunzia di inizio attività è presentata allo sportello unico dal proprietario dell'immobile o da chi vi abbia titolo, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, unitamente a una dettagliata relazione, a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. La denunzia è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività (articolo 23).

 

Il numero 2) della medesima lettera a) modifica la lettera g-ter) dello stesso primo comma dell’articolo 6 del citato D.P.R. n. 605 del 1973, estendendo ai contratti di servizi telefonici, di servizi idrici e del gas l’obbligo di indicare il codice fiscale degli utenti, già previsto per i contratti di somministrazione di energia elettrica.

 

Può osservarsi a questo riguardo che, in forza della disposizione dell’articolo 6, ultimo comma, del citato D.P.R. n. 605 del 1973, che conferisce al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di individuare ulteriori tipologie di atti assoggettati all’obbligo d’indicazione del codice fiscale, non sarebbe strettamente necessario l’intervento mediante legge, che nondimeno appare opportuno – nella forma della novella legislativa – affinché l’intero elenco possa rinvenirsi in un unico atto normativo.

 

La lettera b) del comma 1 reca modificazioni all’articolo 7 del medesimo D.P.R. n. 605 del 1973.

 

L’articolo 7 disciplina le comunicazioni da inviarsi all'anagrafe tributaria.

Gli uffici pubblici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti gli atti di concessione, autorizzazione e licenza da loro emanati, per i quali l’articolo 6, lettera g), prescriva l’indicazione del codice fiscale.

Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura devono comunicare mensilmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione, ad eccezione di quelli relativi agli albi degli artigiani per i quali i medesimi enti provvedono all’iscrizione d'ufficio nei registri delle ditte.

Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, indicati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, devono comunicare annualmente all’anagrafe tributaria le iscrizioni, variazioni e cancellazioni.

Le aziende, gli istituti, gli enti e le società devono comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 (contratti di assicurazione e contratti di somministrazione di energia elettrica[10]);

Le aziende e gli istituti di credito e l'amministrazione postale (ora Poste SpA) nonché le società fiduciarie e gli intermediari finanziari sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro rapporti di conto o deposito o che comunque possa disporre del medesimo.

Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, ai quali l'anagrafe tributaria trasmette la lista degli esercenti attività professionale, devono comunicare all'anagrafe tributaria medesima i dati necessari per il completamento o l'aggiornamento della lista, entro sei mesi dalla data di ricevimento della stessa.

I rappresentanti legali dei soggetti diversi dalle persone fisiche, che non siano tenuti a presentare la dichiarazione od a fornire le notizie previste dall'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (dichiarazione di inizio, variazione e cessazione di attività ai fini dell’IVA), devono comunicare all'anagrafe tributaria, entro trenta giorni, l'avvenuta estinzione e le avvenute operazioni di trasformazione, concentrazione o fusione.

Gli amministratori di condominio negli edifici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori.

Le suddette comunicazioni devono indicare il numero di codice fiscale dei soggetti cui le comunicazioni stesse si riferiscono e devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell'ente o dalla persona che ne è autorizzata secondo l'ordinamento dell'ente stesso o, per le amministrazioni dello Stato, dalla persona preposta all'ufficio che ha emesso il provvedimento.

Le modalità delle comunicazioni sono stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Per l’esecuzione dei controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, il Ministro delle finanze può richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi ed imprese, anche limitatamente a particolari categorie, di effettuare comunicazioni di dati e notizie in loro possesso all'anagrafe tributaria.

 

Il numero 1) della lettera b) modifica il primo comma del citato articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973, estendendo l’obbligo di comunicazione all’anagrafe tributaria da parte degli uffici pubblici agli atti indicati nella lettera e-bis) dell’articolo 6, primo comma (introdotta dalla precedente lettera a), ossia alle denunzie di inizio attività, ai permessi di costruire e ad ogni altro atto di assenso comunque denominato, rilasciato in materia edilizia.

 

Il numero 2) della medesima lettera b) aggiunge un periodo alla fine del quinto comma dello stesso articolo 7, prescrivendo che, per l’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, i le aziende, gli istituti, gli enti e le società tenuti a comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 (specificamente i contratti di somministrazione di energia elettrica e, ora, quelli relativi a servizi telefonici, idrici e del gas) debbono comunicare anche i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attiva l’utenza.

 

Si ricorda a questo riguardo che l’articolo 8, commi da 1 a 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, aveva previsto l’invio di questionari, da parte dell’anagrafe tributaria tramite l’ente erogatore, agli utenti di forniture di energia elettrica nei fabbricati, al fine di acquisire il numero di codice fiscale dell'utente stesso e quello del proprietario, se diverso, nonché gli estremi catastali identificativi di ciascuna unità immobiliare e la sua superficie commerciale. Nel caso di contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge veniva prescritto al conduttore di indicare all'ente cui richiede la fornitura di energia elettrica, oltre al proprio, anche il numero di codice fiscale del proprietario, al quale era fatto obbligo di fornirlo.

Il Ministero delle finanze, mediante procedure automatizzate di elaborazione, doveva incrociare i dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, dal catasto e dalle comunicazioni degli enti erogatori di forniture di energia elettrica, provvedendo ad accertare i redditi o i maggiori redditi non dichiarati, con le modalità di cui all'articolo 41-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

 

Il numero 3) della medesima lettera b) sostituisce il sesto comma dello stesso articolo 7, adeguando ed estendendo l’elenco dei soggetti obbligati a rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di coloro che intrattengono rapporti o effettuano operazioni finanziarie con essi. A quest’obbligo, oltre alle banche, alla società Poste italiane SpA e agli intermediari finanziari (secondo quanto già previsto), sono pertanto assoggettati le imprese d’investimento, gli organismi d’investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio nonché ogni altro operatore finanziario, salvo il disposto dell’articolo 6, primo comma, lettera g-quater), del medesimo D.P.R. n. 605 del 1973, per i soggetti non residenti.

 

Secondo l’articolo 1, comma 1, lettera b), del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la nozione di banca (nella quale sono riunite le precedenti di azienda e istituto di credito) individua l'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria.

Secondo il successivo comma 2, lettera g), sono definiti intermediari finanziari i soggetti iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 106 del medesimo testo unico, il quale prevede che l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'Ufficio italiano dei cambi. Per l'iscrizione nell'elenco generale, tali soggetti debbono essere costituiti in società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata o società cooperativa, avente oggetto sociale esclusivo lo svolgimento delle attività finanziarie (fatte salve le riserve di attività previste dalla legge) e capitale versato non inferiore a cinque volte il capitale minimo previsto per la costituzione delle società per azioni; i titolari di partecipazioni e gli esponenti aziendali debbono possedere determinati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.

 

Le ulteriori definizioni rilevanti a questo proposito si ricavano dall’articolo 1, comma 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Sono imprese d’investimento le società d’intermediazione mobiliare (imprese, diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario, autorizzate a svolgere servizi d’investimento, aventi sede legale e direzione generale in Italia) nonché le altre imprese comunitarie ed extracomunitarie, diverse dalle banche, autorizzate a svolgere servizi d’investimento;

Sono organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR) i fondi comuni d’investimento e le SICAV (società di investimento a capitale variabile). Il fondo comune d’investimento è caratterizzato da un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote. La società d’investimento a capitale variabile (SICAV) è la società per azioni a capitale variabile, con sede legale e direzione generale in Italia, avente per oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l'offerta di proprie azioni al pubblico.

Sono società di gestione del risparmio (SGR) le società per azioni, con sede legale e direzione generale in Italia, autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio, il quale si realizza attraverso la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d'investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti, nonché la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante l'investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili.

 

La vigente formulazione della disposizione sostituita dal presente numero sottopone all’obbligo anche le società fiduciarie. Sono società fiduciarie e di revisione, a norma dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, le società, comunque denominate, che si propongono, sotto forma d’impresa, di assumere l'amministrazione dei beni per conto di terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni. Dalla competenza di tali società sono escluse le funzioni di sindaco di società commerciale, di curatore di fallimento e di perito giudiziario in materia civile e penale e in genere le attribuzioni di carattere strettamente personale riservate dalle leggi vigenti esclusivamente agli iscritti negli albi professionali e speciali. La costituzione e l’attività di tali società sono sottoposte ad autorizzazione amministrativa e a vigilanza governativa secondo la disciplina recata dal regio decreto 22 aprile 1940, n. 531, e, relativamente agli elementi informativi, dal decreto del ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 16 gennaio 1995 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 febbraio 1995, n. 29).

Le società fiduciarie sono fra l’altro soggette, così come le banche, la società Poste italiane SpA, le società d’intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, le società d’investimento a capitale variabile, gli intermediari finanziari e altri soggetti, agli obblighi d’identificazione e di conservazione delle informazioni previsti dal decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, recante attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite.

Per quanto concerne l’attività d’intermediazione finanziaria svolta dalle società fiduciarie si ricorda che l’articolo 60, comma  4, del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415 (Recepimento della direttiva CEE relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari e della direttiva CEE relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi) ha prescritto alle società fiduciarie, iscritte nella sezione speciale dell'elenco degli intermediari finanziari alla data della sua entrata in vigore, di introdurre nella loro denominazione sociale le parole «società di intermediazione mobiliare», consentendo ad esse di continuare a prestare il servizio di gestione di portafogli d'investimento, anche mediante intestazione fiduciaria; le stesse non possono essere autorizzate a svolgere servizi d’investimento diversi da quello di gestione di portafogli di investimento a meno che non cessino di operare mediante intestazione fiduciaria. Queste società divengono così soggette alle norme dello stesso decreto legislativo, non applicandosi le disposizioni in materia di società fiduciarie. L’articolo 199 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al citato decreto legislativo n. 58 del 1998, ha disposto il mantenimento in vigore, fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione, delle disposizioni previste dalla legge n. 1966 del 1939 e dall'articolo 60, comma 4, del decreto legislativo n. 415 del 1996. Per conseguenza, il regolamento in materia di intermediari del mercato mobiliare emanato con provvedimento della Banca d’Italia 4 agosto 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 18 settembre 2000, n. 218), ha compreso nella definizione di «società di intermediazione mobiliare» o «SIM» anche le società fiduciarie che, ai sensi dell'art. 60, comma 4 del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, prestano il servizio di gestione di portafogli di investimento, anche mediante intestazione fiduciaria.

Sembra pertanto potersi concludere che, a seguito della mancata riproduzione dell’indicazione delle società fiduciarie nella disposizione dell’articolo 7, sesto comma, del D.P.R. n. 605 del 1973 novellata dalla disposizione in commento, esse rimarranno sottoposte agli obblighi di rilevazione e conservazione ivi previsti in relazione al tipo di attività svolto.

 

Deve osservarsi che il rinvio operato dalla novella in commento alla lettera g-quater) del primo comma dell’articolo 6 appare erroneo, in quanto non sono ivi contenute disposizioni in materia di soggetti non residenti. Il riferimento appropriato sembra doversi rinvenire nel successivo secondo comma del medesimo articolo, il quale, al secondo periodo, dispone che “l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti già attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all'articolo 4, con l'eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all'estero”, provvedendo altresì per le ipotesi in cui non sia stato possibile acquisire tutti i dati indicati nell'articolo 4 (per le persone fisiche: il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il sesso e il domicilio fiscale;per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la denominazione, la ragione sociale o la ditta, il domicilio fiscale; inoltre, per le società, associazioni e altre organizzazioni senza personalità giuridica, gli elementi identificativi di almeno una delle persone fisiche che ne hanno la rappresentanza).

 

Il numero 4) della medesima lettera b) sostituisce l’undicesimo comma dello stesso articolo 7, stabilendo che le comunicazioni di cui ai commi dal primo all'ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica, e demandando ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate di definire le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati.

 

Il vigente articolo 7, undicesimo comma, attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di determinare, con decreto, le modalità delle comunicazioni. Per quanto riguarda le comunicazioni relative ai contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 il decreto stabilisce anche i termini entro cui devono essere date le comunicazioni[11].

La novella recata dalla disposizione in commento non modifica il regime delle comunicazioni previste dal nono comma dello stesso articolo 7 (comunicazioni dovute dagli amministratori di condominio degli edifici), il cui contenuto, modalità e termini continuano ad essere stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il numero 5) della medesima lettera b) modifica il dodicesimo comma dello stesso articolo 7, trasferendo dal Ministro delle finanze al direttore dell’Agenzia delle entrate il potere di chiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi e imprese, anche limitatamente a particolari categorie, per i controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, di effettuare comunicazioni di dati e notizie in loro possesso all'Anagrafe tributaria; stabilendo contenuto, termini e modalità delle comunicazioni medesime.

 

Il comma 2 stabilisce che dal 1° aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società che erogano energia elettrica, gas, servizi idrici e telefonici, tenuti alla comunicazione dei dati catastali identificativi degli immobili presso cui è attivata l’utenza (a norma dell'articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 605 del 1973, come modificato dal numero 2) della lettera b) del precedente comma 1), richiedono i dati identificativi catastali all'atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.

 

Il comma 3 rimette a provvedimento da emanarsi di concerto dai direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio la determinazione delle informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 9.

 

Si tratta dei contratti di fornitura di energia elettrica, gas, servizi idrici e telefonici, indicati al comma 2. Il riferimento al comma 9 dev’essere rettificato di conseguenza.

 


Articolo 32, commi 4-8
(Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Classamento degli immobili)

 

 


4. La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, ed il corrispondente valore medio catastale ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, si discosta significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 8. L'Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio.

5. I comuni, constatata la presenza di immobili non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate, la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

6. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 5, producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune.

7. Gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista dall'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come modificati dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, sono elevati rispettivamente a euro 258,00 e a euro 2.066,00.

8. Con provvedimento del Direttore della Agenzia del territorio, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, le modalità tecniche ed operative per l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 5 e 6.


 

 

I commi da 4 a 8 dispongono una parziale revisione del classamento delle unità immobiliari, attraverso due procedimenti diversi, l’uno relativo a porzioni di territorio (microzone), l’altro riferito a singole unità immobiliari. Secondo la relazione del Governo al disegno di legge, il primo procedimento si adatta ai comuni più grandi, laddove il secondo “è utilizzabile anche, e forse soprattutto, dai comuni di minore dimensione”.

 

L’articolo 61 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, definisce il classamento come l’operazione consistente “nel riscontrare sopraluogo per ogni singola unità immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria (...) che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe”, disponendo che le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria e alle caratteristiche che hanno all'atto del classamento.

 

Il nuovo catasto edilizio urbano è stato istituito con il regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249.

L’articolo 1 disponeva l'accertamento generale dei fabbricati e delle altre costruzioni stabili non censite al catasto rustico, allo scopo di accertare le proprietà immobiliari urbane e determinarne la rendita e di costituire un catasto generale dei fabbricati e degli altri immobili urbani che si denomina nuovo catasto edilizio urbano.

A norma dell’articolo 3, l'accertamento generale degli immobili urbani è eseguito per unità immobiliare in base a dichiarazione scritta presentata:

a)       dal proprietario o, se questi è minore o incapace, da chi ne ha la legale rappresentanza;

b)      per gli enti morali, dal legale rappresentante;

c)       per le società commerciali, legalmente costituite, da chi, a termini dello statuto o dell'atto costitutivo, ha la firma sociale;

d)       per le società estere, da chi le rappresenta nello Stato.

Per le associazioni, per i condomìni e per le società e le ditte diverse da quelle sopra indicate, anche se esistenti soltanto di fatto, sono obbligati alla dichiarazione l'associato, il condomino o il socio o il componente la ditta, che sia amministratore anche di fatto ovvero, se l'amministratore manca, tutti coloro che fanno parte dell'associazione, del condominio, della società o della ditta, ciascuno per la propria quota.

A norma degli articoli 4 e 5 si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, compresi gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, e come unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio.

L’articolo 6 disciplina la dichiarazione e individua i fabbricati da essa esenti. A norma dell’articolo 7, alla dichiarazione dev’essere allegata una planimetria in scala non inferiore a 1: 200, dalla quale si rilevi anche l’ubicazione di ciascuna unità immobiliare rispetto alle proprietà confinanti e alle strade pubbliche e private.

L’articolo 8 prevede che, per la determinazione della rendita, le unità immobiliari di gruppi di comuni, comune o porzione di comune, sono distinte, a seconda delle loro condizioni estrinseche ed intrinseche, in categorie e ciascuna categoria in classi. Per ciascuna categoria e classe è determinata la relativa tariffa, la quale esprime in moneta legale la rendita catastale con riferimento agli elementi di valutazione definiti dal regolamento.

L’articolo 9 definisce come rendita catastale la rendita lorda media ordinaria ritraibile previa detrazione delle spese di riparazione, manutenzione e di ogni altra spesa o perdita eventuale, stabilita con una percentuale per ogni classe di ciascuna categoria. Non sono detraibili decime, canoni, livelli, debiti e pesi ipotecari e censuari, nonché per imposte, sovraimposte e contributi di ogni specie.

L’articolo 10 dispone che la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici e altri fabbricati, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, nonché delle unità immobiliari che non sono raggruppate in categorie e classi per la singolarità delle loro caratteristiche (fabbricati a destinazione speciale o particolare), è determinata con stima diretta per ogni singola unità.

L’articolo 11 stabilisce che le singole categorie e classi e la relativa tariffa siano determinate, per ciascun gruppo di comuni, comune o porzione di comune. Contro le decisioni adottate a questo riguardo dalle commissioni censuarie provinciali l'amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali può ricorrere alla Commissione censuaria centrale. Secondo l’articolo 12, l'assegnazione di ciascuna unità immobiliare alla categoria e alla classe relativa, nonché l'accertamento della consistenza delle singole unità immobiliari e il calcolo delle relative rendite catastali, sono eseguite dall'Ufficio tecnico erariale, che compila una tabella nella quale, per ciascun comune o porzione di comune, in corrispondenza a ciascuna ditta e distintamente per unità immobiliare, sono indicate le rispettive categorie e classi nonché la consistenza e, per gli immobili a destinazione speciale o particolare, la rendita catastale. La tabella è pubblicata mediante deposito negli uffici comunali per il periodo di trenta giorni. Contro i dati pubblicati è dato ricorso agli interessati, a norma dell’articolo 13, in prima istanza alla commissione censuaria comunale (ora: distrettuale) e in seconda istanza alla commissione censuaria provinciale. Il diritto di ricorso in seconda istanza spetta anche all'ufficio tecnico erariale. Contro le decisioni pronunciate dalla commissione censuaria provinciale è ammesso il ricorso alla commissione censuaria centrale soltanto per questioni di massima e per violazioni di legge. Il termine per ricorrere è stabilito in trenta giorni (articolo 15)[12].

L’articolo 16 dispone che il nuovo catasto edilizio urbano è formato in base alle risultanze dell'accertamento generale dei fabbricati e alla valutazione della rispettiva rendita catastale. Esso è costituito dallo schedario delle partite, dallo schedario dei possessori e dalla mappa urbana.

L’articolo 19 dispone, fra l’altro, che i comuni possono ottenere gratuitamente con l'opera di propri incaricati, o a loro spese con l'opera dell'amministrazione, la copia della mappa del loro territorio e degli atti che costituiscono il nuovo catasto edilizio urbano.

L’articolo 17 ne prescrive l’aggiornamento continuo, in particolare rispetto alle persone dei proprietari o dei possessori dei beni nonché rispetto alle persone che godono di diritti reali sui beni stessi e allo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe. Le tariffe possono essere rivedute in sede di verificazione periodica o anche in dipendenza di circostanze di carattere generale o locale.

A questo fine, l’articolo 20 obbliga le persone e gli enti indicati nell'articolo 3 a denunziare, nei modi e nei termini stabiliti con regolamento, le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili. Nei casi di mutazioni che implichino variazioni nella consistenza delle singole unità immobiliari, la relativa dichiarazione deve essere corredata da una planimetria delle unità variate.

L’articolo 28 dispone che i fabbricati nuovi e ogni altra stabile costruzione nuova che debbono considerarsi immobili urbani, devono essere dichiarati all'Ufficio tecnico erariale entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati. La dichiarazione deve essere compilata per ciascuna unità immobiliare e corredata da una planimetria.

Lo stesso articolo prescrive ai  comuni di informare gli uffici tecnici erariali competenti per territorio circa le licenze di costruzione (ora: permessi di costruire) rilasciate a norma dell'articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150[13].

 

L’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, ne ha disposto la trasformazione nel catasto dei fabbricati. In particolare, per realizzare un inventario completo e uniforme del patrimonio edilizio, il Ministero delle finanze è stato incaricato di censire tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali e iscriverli, mantenendo tale qualificazione, nel catasto edilizio urbano, quindi denominato «catasto dei fabbricati», individuando altresì le unità immobiliari di qualsiasi natura non dichiarate al catasto, anche mediante ricognizione generale del territorio basata su informazioni derivanti da rilievi aerofotografici.

 

A seguito di ciò, con decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, è stato emanato il regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale.

Il catasto dei fabbricati rappresenta l'inventario del patrimonio edilizio nazionale. Il minimo modulo inventariale è l'unità immobiliare, costituita da una porzione di fabbricato, un fabbricato o un insieme di fabbricati ovvero da un'area, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.

Costituiscono oggetto dell'inventario tutte le unità immobiliari, come sopra definite, salve le eccezioni espressamente indicate nell’articolo 3, comma 3, del regolamento.

A ciascuna unità immobiliare e comunque ad ogni bene immobile, quando ne occorra l'univoca individuazione, è attribuito un identificativo catastale.

L’articolo 8 del medesimo decreto ha prescritto che, fino all'entrata in vigore delle nuove discipline di cui all'articolo 3, commi 154 e 156, della legge n. 662 del 1996, per le operazioni di accertamento e di classamento delle unità immobiliari da iscrivere al catasto dei fabbricati si applica, per quanto non in contrasto con le disposizioni del regolamento, la normativa vigente per il nuovo catasto edilizio urbano.

 

L’articolo 43, comma 154, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha previsto l'aggiornamento del catasto e la sua gestione unitaria con province e comuni, disponendo la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo, della qualificazione, della classificazione e del classamento delle unità immobiliari e dei terreni e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, da operarsi con regolamento sulla base dei princìpi fissati dalla legge, tra cui:

a)       articolazione del territorio comunale in microzone omogenee, operata dai comuni, secondo criteri generali uniformi;

b)      individuazione delle tariffe d'estimo di reddito facendo riferimento, al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalla unità immobiliare, ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare con esclusione di regimi legali di determinazione dei canoni;

c)       intervento dei comuni nel procedimento di determinazione delle tariffe d'estimo;

d)       revisione della disciplina in materia di commissioni censuarie;

e)       attribuzione della rendita catastale alle unità appartenenti alle varie categorie ordinarie con criteri che tengono conto dei caratteri specifici dell'unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l'unità è sita;

f)        fissazione di nuovi criteri per la definizione delle zone censuarie.

 

A ciò si è provveduto con il regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138.

L’articolo 1 definisce la zona censuaria come porzione omogenea di territorio provinciale, che può comprendere un solo comune o una porzione del medesimo, ovvero gruppi di comuni, caratterizzati da similari caratteristiche ambientali e socio-economiche. L'ambito territoriale del comune ovvero della zona censuaria, qualora costituisca porzione dello stesso, è ulteriormente articolato in microzone. Gli uffici provinciali del dipartimento del territorio, sentite le amministrazioni provinciali, provvedono alla revisione delle zone censuarie esistenti, in coerenza con le indicazioni fornite dai comuni in merito alle microzone.

A norma dell’articolo 2, la microzona rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonché nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori.

I comuni, nell'ambito del proprio territorio, provvedono a delimitare le microzone. In sede di prima applicazione, le deliberazioni del consiglio comunale dovevano essere adottate entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento. In mancanza, vi avrebbe provveduto il competente ufficio del dipartimento del territorio, entro i successivi centoventi giorni.

Qualora siano intervenute significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico ovvero nella dotazione di servizi e infrastrutture, i comuni, sentiti i competenti uffici del dipartimento del territorio ovvero su richiesta di essi, possono procedere ad una nuova delimitazione delle microzone, con deliberazione del consiglio comunale avente effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo.

L’articolo 3 stabilisce che le tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria sono determinate con riferimento alla superficie, la cui unità è il metro quadrato

Per la revisione dei quadri di qualificazione e classificazione, l’articolo 4 prevede che per ciascuna zona censuaria siano indicate tutte le categorie riscontrate nella zona censuaria stessa e il numero delle classi in cui ciascuna categoria è suddivisa. I quadri sono sottoposti all'approvazione della commissione censuaria provinciale competente per territorio.

L’articolo 5 disciplina la revisione delle tariffe d'estimo, da operarsi facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge e di valori e redditi occasionali ovvero singolari. Su questa base viene determinata la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali[14].

La revisione delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria consiste nella determinazione, per ogni zona censuaria, categoria e classe, della rendita catastale per unità di superficie, sulla base:

a)       dei canoni annui ordinariamente ritraibili, con riferimento ai dati di mercato delle locazioni;

b)      dei valori di mercato degli immobili, determinandone la redditività attraverso l'applicazione di saggi di rendimento ordinariamente rilevabili nel mercato edilizio locale per unità immobiliari analoghe.

Le suddette tariffe sono determinate come media dei valori reddituali unitari individuati con i criteri stabiliti nel presente articolo e con riferimento all'epoca censuaria 1996-1997.

L’articolo 6 prevede che i comuni, mediante conferenze di servizi indette per ciascuna zona censuaria, partecipino alla determinazione delle tariffe d'estimo, che, nel caso di dissenso espresso del comune, è rimessa alla competente commissione censuaria provinciale, cui spetta comunque l’approvazione delle tariffe medesime.

L’articolo 7 determina i criteri per la revisione delle rendite urbane delle unità immobiliari a destinazione speciale.

A norma dell’articolo 8, il classamento consiste nell'attribuire alle unità immobiliari a destinazione ordinaria la categoria e la classe di competenza e a quelle a destinazione speciale la sola categoria, con riferimento ai quadri di qualificazione e classificazione di cui all'articolo 4.

La categoria è assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l'unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali. La classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall'unità immobiliare nell'ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana e ambientale della microzona in cui l'unità stessa è ubicata, nonché dalle caratteristiche edilizie dell'unità medesima e del fabbricato che la comprende.

A norma dell’articolo 9, per ciascuna zona censuaria, i competenti uffici del dipartimento del territorio procedono alla revisione del classamento, sulla base:

a)       dell'articolazione del territorio comunalein microzone, definita ai sensi dell'articolo 2;

b)      dei quadri di qualificazione e classificazione, definiti ai sensi dell'articolo 4;

c)       dei criteri e dei fattori indicati nell'articolo 8, utilizzando le informazioni descrittive e censuarie presenti nella banca dati del catasto edilizio urbano e quelle rappresentate nelle schede descrittive delle microzone predisposte dai comuni, nonché le risultanze delle indagini immobiliari svolte in sede locale.

Nel corso delle operazioni di revisione  l'amministrazione comunale viene sentita per la perequazione del classamento tra le diverse microzone in cui risulta articolato il territorio.

I successivi articoli da 10 a 12 riguardano la disciplina delle commissioni censuarie.

L’articolo 13 stabilisce nel 1° gennaio 2000 la data di decorrenza dell'applicazione dei nuovi estimi catastali.

 

L'articolo 9, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha demandato a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle nuove tariffe d'estimo conseguenti all'attuazione delle decisioni delle commissioni censuarie provinciali e della commissione censuaria centrale, ovvero per tenere conto delle variazioni delle tariffe in altro modo determinatesi, prescrivendo l’inserimento delle nuove rendite negli atti catastali.

L’adempimento è stato eseguito con il regolamento recante determinazione delle tariffe d'estimo e delimitazione delle zone censuarie, emanato con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 6 giugno 2002, n. 159, che ha stabilito le nuove tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane situate nei comuni in esso indicati.

 

In particolare, il comma 4 prevede che i comuni chiedano agli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato, individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998, e il corrispondente valore medio catastale, ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, si discosta significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali. Per tale calcolo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate che, ai sensi del successivo comma 8, determina le modalità tecniche e applicative per la revisione. Esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, l'Agenzia del territorio, con provvedimento del suo direttore, apre il procedimento di revisione.

 

Il comma 5 reca disposizioni per l’integrazione o l’aggiornamento dei dati catastali.

I comuni, ove constatino l’esistenza di immobili non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali, debbono chiedere ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti d’aggiornamento redatti ai sensi del regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.

Secondo la relazione governativa al disegno di legge, l’intendimento della norma è di imporre l’adeguamento delle unità immobiliari che, a seguito di “modifica dell’assetto tipologico intrinseco, nonché del tessuto urbano in cui sono inserite, ha rese di fatto di categoria più elevata” rispetto a quella originariamente attribuita. L’esempio addotto è quello di abitazioni classificate in categorie economica, popolare e ultrapopolare (A3, A4 e A5) e commerciali (ad esempio magazzini e rimesse trasformati in negozi) ovvero di edifici che hanno perso le caratteristiche di fabbricato rurale.

 

Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.

L’articolo 1 individua i documenti tecnici richiesti per la presentazione delle dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione (art. 56 del D.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142) e delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni (art. 20 del R.D.-L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 8 aprile 1948, n. 514), unitamente ai relativi elaborati grafici, e approva i modelli per la loro redazione.

Le suddette dichiarazioni, ad eccezione di quelle finalizzate a procedimenti amministrativi iniziati d'ufficio, debbono essere sottoscritte da uno dei titolari di diritti reali sui beni denunziati e dal tecnico redattore degli atti grafici e contengono dati e notizie tali da consentire l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita catastale, senza visita di sopralluogo. Il dichiarante propone anche l'attribuzione della categoria, classe e relativa rendita catastale, per le unità a destinazione ordinaria, o l'attribuzione della categoria e della rendita, per le unità a destinazione speciale o particolare. Nelle stesse dichiarazioni sono riportati, per ciascuna unità immobiliare, i dati di superficie, espressi in metri quadrati. Tale rendita rimane negli atti catastali come «rendita proposta» fino a quando l'ufficio non provvede all’accertamento, anche a campione, e comunque, entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni, alla determinazione della rendita catastale definitiva. È facoltà dell'amministrazione finanziaria di verificare le caratteristiche degli immobili ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.

Per l'iscrizione in catasto, le unità immobiliari sono individuate attraverso parametri di identificazione definitivi, rappresentati da sezione, foglio, numero di mappale e di eventuale subalterno, che, ove non ancora attribuiti, vengono assegnati dall'ufficio tecnico erariale, su istanza dell'interessato, entro quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza medesima.

Le dichiarazioni, gli atti e le denunzie sono presentati su supporto magnetico secondo le istruzioni fornite dal dipartimento del territorio

L’articolo 2 disciplina la documentazione e il procedimento per la trascrizione delle volture.

Con provvedimento del direttore generale del dipartimento del territorio viene fissata la data a partire dalla quale sono eseguite automaticamente le volture catastali relative ad atti civili, giudiziari e amministrativi, la cui trascrizione viene eseguita presso conservatorie dei registri immobiliari meccanizzate, e vengono disciplinate le condizioni per l'esenzione dall'obbligo di presentazione delle domande di voltura, relative ai suddetti atti.

Per le volture catastali relative ad atti, la cui trascrizione viene eseguita presso conservatorie dei registri immobiliari non ancora meccanizzate, in sostituzione delle previste domande può essere presentata agli uffici tecnici erariali la nota di trascrizione redatta su supporto informatico.

Ai fini della registrazione di variazioni di diritti censiti in catasto, le unità immobiliari e le particelle sono individuate attraverso i parametri di identificazione definitivi, come sopra indicati.

Qualora vi sia discordanza tra la situazione dei soggetti titolari del diritto di proprietà o di altri diritti reali e le corrispondenti scritture catastali, è fatto obbligo al notaio e agli altri pubblici ufficiali di fare menzione, nell'atto e nella relativa nota di trascrizione, dei titoli che hanno dato luogo ai trasferimenti intermedi o delle discordanze.

Nel caso in cui l'atto traslativo non sia stato preceduto da una dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, è fatto obbligo al notaio e agli altri pubblici ufficiali roganti di riportare nello stesso atto nonché nella relativa nota di trascrizione la superficie convenzionale catastale, espressa in metri quadrati, certificata da un tecnico e accompagnata da planimetria catastale conforme a quella già presentata in catasto. La planimetria è presentata con le modalità prescritte dall'amministrazione finanziaria. Le stesse disposizioni si applicano ai soggetti obbligati alla presentazione delle dichiarazioni di successione.

L’articolo 3 disciplina la trasmissione telematica dei documenti indicati agli articoli 1 e 2.

L’articolo 4 consente la presentazione di una dichiarazione sostitutiva nel caso in cui le unità immobiliari, oggetto di dichiarazioni di nuova costruzione o di variazione, risultino prive di rendita catastale. Disciplina altresì l’aggiornamento della posizione catastale, consentendo ai proprietari o ai titolari di altro diritto reale di presentare a questo fine domanda di voltura corredata da relazione notarile (contenente gli estremi dei titoli pregressi, delle relative trascrizioni che hanno dato luogo a trasferimenti, costituzioni o estinzioni di diritti reali, e delle correlative domande di voltura, nonché altri elementi comunque giustificativi della legittimità delle variazioni catastali richieste), alla quale, ove la discordanza interessi i beni, è annessa apposita relazione tecnica, redatta da un professionista abilitato. Le suddette dichiarazioni e domande di voltura sono presentate su supporto informatico.

Gli uffici tecnici erariali possono utilizzare le informazioni in possesso dell'amministrazione finanziaria per integrare i dati iscritti in catasto e relativi alle unità immobiliari e ai soggetti.

 

La richiesta di aggiornamento inviata dai comuni deve contenere l’indicazione degli elementi constatati, compresa, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale. Essa è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, all’iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita.

Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

 

L’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 8 aprile 1948, n. 514, disciplina l’obbligo di dichiarazione dei fabbricati nuovi e di ogni altra stabile costruzione nuova. Per l’inosservanza di tale obbligo, il successivo articolo 31 prevede la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (da euro 10,33 a euro 103,29), a meno che il fatto costituisca reato più grave[15]. Il comma 7 dell’articolo in commento prevede l’elevazione della misura minima e massima della suddetta sanzione amministrativa, rispettivamente, a 258 e 2066 euro.

 

Il comma 6 prevede che le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 5, producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denunzia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune.

 

La disposizione prevede la retroattività degli effetti fiscali dell’aggiornamento delle rendite catastali conseguente al procedimento disciplinato dal comma 5. Tale effetto retroagisce al 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denunzia catastale, a condizione che il comune abbia determinato tale data e l’abbia indicata nella richiesta notificata al contribuente ai sensi del secondo periodo del medesimo comma 5. Ove non concorrano queste condizioni, retroagisce al 1° gennaio dell’anno in cui la richiesta è stata notificata.

 

La retroattività degli effetti fiscali prevista dalla disposizione in commento potrebbe apparire come deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.

 

Il citato articolo 3, che disciplina l’efficacia temporale delle norme tributarie, al comma 1, prescrive infatti che, con eccezione delle disposizioni d’interpretazione autentica, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, e che, relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

L’interpretazione giurisprudenziale della citata disposizione ammette tuttavia che il legislatore possa derogarvi con espressa e successiva norma di legge: afferma infatti la Corte di cassazione che, “in tema di efficacia nel tempo di norme tributarie, deve escludersi l'applicazione retroattiva, a meno che questa non sia espressamente prevista: e cioè il legislatore abbia testualmente disposto la retroattività come eccezione al principio generale della irretroattività” (Cass., sez. V, sent. 2 aprile 2003, n. 5015, Ministero delle finanze c. Soc. Raggiolo). Dato il rango ordinario dell’atto legislativo con cui è stato introdotto lo “statuto del contribuente”, tale interpretazione è conforme con i princìpi generali sulla successione delle leggi nel tempo ed è confermata dalla pratica legislativa, che ha reiteratamente derogato alle regole enunziate a questo proposito nella legge citata[16].

 

In realtà, la disposizione non reca una modificazione retroattiva alla disciplina sostanziale del tributo, bensì tende a far retroagire gli effetti di una situazione accertata fino alla data cui deve farsi risalire l’omissione dell’adempimento che avrebbe dovuto adeguare la situazione di diritto a quella di fatto. Sotto tale riguardo rileverebbe, in ipotesi, soltanto il termine di prescrizione o di decadenza stabilito per l’accertamento.

 

Il comma 3 dell’articolo 3 della citata legge n. 212 del 2000 stabilisce che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

 

Per maggiore chiarezza, ove con la generica espressione: “in deroga alle vigenti disposizioni” intenda riferirsi a tali termini, sarebbe opportuno specificarlo. Deve tuttavia rilevarsi la difficoltà pratica di applicazione, atteso che la disposizione comporterebbe l’esigenza di rettificare gli importi di tutte le imposte, stabilite sulla base delle rendite catastali, liquidate anche relativamente a periodi d’imposta risalenti assai addietro nel tempo.

 

Con il comma 7 vengono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro 2.066 gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’omissione delle dichiarazioni relative all’iscrizione dei fabbricati nuovi nel catasto, applicabile, secondo quanto disposto dal comma 5, ultimo periodo, dell’articolo in commento, anche in caso d’inottemperanza alle richieste di aggiornamento dei dati catastali formulate dai comuni a norma del medesimo comma 5.

 

La formulazione del presente comma fa riferimento alla “sanzione amministrativa prevista dall'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, come modificati dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384[17]. L’articolo 28 citato enunzia in realtà l’obbligo di dichiarazione, mentre la sanzione è contenuta nell’articolo 31, che per altro non si riferisce soltanto alle violazioni dei precetti contenuti nell’articolo 28, ma sanziona anche gli atti volti ad impedire l’accesso dei funzionari degli uffici tecnici erariali e dei componenti le commissioni censuarie alle proprietà private nonché la violazione degli articoli  3, 7 e 20 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939[18]. Occorre pertanto chiarire se l’incremento della sanzione debba riferirsi alle sole violazioni dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 28 o a tutte le fattispecie contemplate dall’articolo 31.

 

Il comma 8 rimette la determinazione delle modalità tecniche e operative per l'applicazione delle disposizioni dei commi 5 e 6 a un provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, che dev’essere adottato, previa intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

 


Articolo 32, comma 9
(Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Base imponibile della TARSU)

 

 


9. Al comma 3 dell'articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono aggiunti i seguenti periodi: «A decorrere dal 1° gennaio 2005, per gli immobili censiti nel catasto fabbricati, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio con i dati forniti dall'Agenzia del territorio, secondo modalità d'interscambio stabilite con provve­dimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la conferenza Stato-Città e autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti di cui all'articolo 63, se intestatari catastali, provvedono, a richiesta del Comune, a presentare all'Ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l'eventuale conseguente modifica, al comune, della consistenza di riferimento».


 

Il comma 9 interviene sulla disciplina delle denunzie relative alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Il presupposto dell’intervento è indicato dalla relazione governativa, secondo la quale le attività di accertamento svolte da alcune amministrazioni locali hanno consentito di ricuperare un rilevante scostamento (fino al 25-30 per cento) fra gli effettivi dati di superficie delle unità immobiliari e quelli denunziati dagli occupanti per la determinazione della tassa.

 

La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni è disciplinata dal capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.

L’articolo 58 prescrive ai comuni l’istituzione di una tassa annuale per il servizio relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa nell'ambito del centro abitato, delle frazioni, dei nuclei abitati ed eventualmente esteso alle zone del territorio comunale con insediamenti sparsi. La tassa è disciplinata con apposito regolamento comunale (il cui contenuto è indicato nell’articolo 68) e applicata in base a tariffa (deliberata dai comuni nei termini e modi stabiliti dall’articolo 69).

A norma dell’articolo 59, il regolamento del servizio di nettezza urbana stabilisce i limiti della zona di raccolta obbligatoria e l'eventuale estensione del servizio a zone con insediamenti sparsi, la forma organizzativa e le modalità di effettuazione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni. I comuni possono estendere il regime di privativa di smaltimento dei rifiuti a insediamenti sparsi siti oltre le zone perimetrate. Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta in regime di privativa, la tassa è dovuta in misura non superiore al 40 per cento della tariffa da determinare in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita. Nelle zone esterne al centro abitato in cui lo svolgimento del normale servizio sia limitato a determinati periodi stagionali, il tributo è dovuto in proporzione al periodo di esercizio.

L’articolo 61 prescrive che le misure minima e massima del gettito complessivo della tassa in relazione al costo di esercizio del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni.

L’articolo 62 regola presupposto della tassa ed esclusioni. La tassa è dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui è svolto il servizio. Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di inutilizzabilità nel corso dell'anno. Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto della parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione, in cui sia svolta un'attività economica e professionale, può essere stabilito dal regolamento che la tassa è dovuta in base alla tariffa prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a tal fine utilizzata.

A norma dell’articolo 63, sono soggetti passivi della tassa coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte. I componenti del nucleo familiare e coloro che usano in comune i locali o le aree sono responsabili in solido del pagamento. Sono escluse dalla tassazione le aree comuni del condominio, salvo che non siano detenute od occupate in via esclusiva. Disposizioni speciali riguardano i locali in multiproprietà e i centri commerciali integrati.

L’articolo 64 dispone circa la decorrenza della tassa. Essa è corrisposta in base a tariffa e commisurata ad anno solare ed è dovuta dal primo giorno del bimestre successivo a quello in cui ha avuto inizio l'utenza. Gli effetti della cessazione dell'occupazione o detenzione dei locali e aree decorrono dal primo giorno del bimestre solare successivo a quello in cui è stata presentata la relativa denunzia.

L’articolo 65 disciplina la misura della tassa e le tariffe. La tassa può essere commisurata o alla quantità e qualità medie ordinarie, per unità di superficie imponibile, dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo d’uso cui essi sono destinati (secondo le categoria indicate dall’articolo 68, comma 2), e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento.

Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.

L’articolo 66 prevede la facoltà di riduzione della tariffa in ragione di  particolari condizioni d’uso (abitazioni con unico occupante; abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale, limitato o discontinuo; locali, diversi dalle abitazioni, e aree scoperte adibiti ad uso stagionale o non continuativo, ma ricorrente; soggetti residenti o dimoranti all’estero; agricoltori occupanti la parte abitativa della costruzione rurale). L’articolo 67 riguarda invece le altre agevolazioni che i comuni possono prevedere sotto forma di riduzioni e, in via eccezionale, di esenzioni.

A norma dell’articolo 70 gli occupanti o detentori di locali e aree scoperte soggette alla tassa sono tenuti a presentare denunzia al comune, entro il 20 gennaio successivo all'inizio dell'occupazione o detenzione. Lo stesso obbligo è previsto per ogni successiva variazione rilevante ai fini del tributo. In occasione di iscrizioni anagrafiche o altre pratiche concernenti i locali ed aree interessati, gli uffici comunali sono tenuti ad invitare l'utente a provvedere alla denuncia nel termine previsto.

L’articolo 71 disciplina l’accertamento da parte del comune, da effettuarsi, in caso di denunzia incompleta o infedele, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della denunzia, e, in caso di omessa denunzia, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la denuncia doveva essere presentata. Il comune, ove non sia in grado di provvedere autonomamente, può stipulare convenzioni con soggetti privati o pubblici per l'individuazione delle superficie in tutto o in parte sottratte a tassazione.

La riscossione della tassa, secondo l’articolo 72, ha luogo mediante ruoli principali ovvero, con scadenze successive, nei ruoli suppletivi. In questi ultimi sono, di regola, iscritti gli importi o i maggiori importi derivanti dagli accertamenti nonché quelli delle partite comunque non iscritte nei ruoli principali. Gli importi sono riscossi in quattro rate bimestrali, riducibili a due su autorizzazione dell’amministrazione finanziaria. Il sindaco, per gravi motivi, può concedere la ripartizione fino a otto rate qualora vi siano compresi tributi arretrati.

L’articolo 73 consente ai comuni di rivolgere al contribuente motivato invito ad esibire o trasmettere atti e documenti, comprese le planimetrie dei locali e delle aree scoperte, e a rispondere a questionari, relativi a dati e notizie specifici; di chiedere agli amministratori dei condomìni e ai soggetti gestori dei servizi comuni in centri commerciali integrati l'elenco degli occupanti o detentori dei locali e aree; di utilizzare dati legittimamente acquisiti per altro tributo ovvero di richiedere ad uffici pubblici o di enti pubblici anche economici, in esenzione da spese e diritti, dati e notizie rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti.

Qualora il contribuente non adempia alle richieste, il personale incaricato, munito di autorizzazione del sindaco e previo avviso da comunicare almeno cinque giorni prima della verifica, può accedere agli immobili soggetti alla tassa ai soli fini della rilevazione della destinazione e della misura delle superficie.

L’articolo 75 disciplina i casi di rimborso del tributo.

L’articolo 76 stabilisce le sanzioni. Per l'omessa presentazione della denunzia, anche di variazione, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della tassa o della maggiore tassa dovuta, con un minimo di lire centomila (euro 51,65); per denunzia infedele la sanzione dal cinquanta al cento per cento della maggiore tassa dovuta o, se l'omissione o l'errore attengono ad elementi non incidenti sull'ammontare della tassa, da lire centomila a lire cinquecentomila (da 51,65 a 258,23 euro). La stessa sanzione si applica per le violazioni concernenti la mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti o la mancata restituzione di questionari o per la loro mancata, incompleta o infedele compilazione.

L’articolo 77 prevede la tassa giornaliera di smaltimento in caso di occupazione o detenzione temporanea (inferiore a 183 giorni di un anno solare, anche se ricorrente) di locali o aree pubbliche, di uso pubblico, o gravate da servitù di pubblico passaggio.

 

Con l’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, è stata istituita la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.

Essa è destinata a sostituire la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio indicato dal regolamento che definisce il metodo normalizzato. Entro tali termini, i comuni devono provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa medesima. In via sperimentale, i comuni possono introdurre il sistema tariffario anche prima di tale termine.

È prescritto che i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade e aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, siano coperti dai comuni mediante l'istituzione di una tariffa, da applicarsi nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale.

La tariffa, determinata dagli enti locali, è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi d’investimento e di esercizio.

Il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento è con regolamento predisposto dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali..

Sono previste agevolazioni per le utenze domestiche e per la raccolta differenziata delle frazioni umide e delle altre frazioni, ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti d’imballaggio che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori. Sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi. Dev’essere altresì assicurata la gradualità degli adeguamenti derivanti dalla sua applicazione.

La tariffa è applicata e riscossa dal soggetto che gestisce il servizio. La riscossione volontaria e coattiva può essere effettuata tramite ruolo, con l'obbligo del non riscosso per riscosso.

 

Il regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.

 

Secondo quanto precisato dal Ministero delle finanze con la circolare 17 febbraio 2000 n. 25/, la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti e la contemporanea entrata in funzione della tariffa decorrono dalle seguenti date:

a)       1° gennaio 2003 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi superiore all'85 per cento;

b)      1° gennaio 2005 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85 per cento;

c)       1° gennaio 2008 per i comuni che abbiano raggiunto, nell'anno 1999, un grado di copertura dei costi inferiore al 55 per cento, nonché per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, a prescindere, in quest'ultimo caso, dalla copertura raggiunta nel 1999.

 

Il comma in esame, integrando il comma 3 dell'articolo 70 del citato decreto legislativo n. 507 del 1993, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, per gli immobili censiti nel catasto fabbricati, la superficie di riferimento indicata nella denunzia presentata dai soggetti che occupano o detengono locali e aree soggette alla tassa non può essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138. Per gli immobili già denunziati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superficie che risultano inferiori alla predetta percentuale. La modifica è operata mediante confronto con i dati forniti dall'Agenzia del territorio, secondo modalità d'interscambio stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia, sentita la conferenza Stato-Città e autonomie locali.

 

Il regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, emanato con D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, determina, nell’allegato C, i criteri per il calcolo della superficie catastale.

In generale, nella determinazione della superficie catastale delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, i muri interni e quelli perimetrali esterni vengono computati per intero fino ad uno spessore massimo di 50 cm, mentre i muri in comunione nella misura del 50 per cento fino ad uno spessore massimo di 25 cm. La superficie dei locali principali e degli accessori, ovvero loro porzioni, aventi altezza utile inferiore a 1,50 m, non entra nel computo della superficie catastale. La superficie degli elementi di collegamento verticale, quali scale, rampe, ascensori e simili, interni alle unità immobiliari, è computata in misura pari alla loro proiezione orizzontale, indipendentemente dal numero di piani collegati. La superficie catastale viene arrotondata al metro quadrato.

Criteri specifici sono determinati per i diversi gruppi di unità immobiliari a destinazione ordinaria (R: Unità immobiliari a destinazione abitativa di tipo privato e locali destinati a funzioni complementari; P: Unità immobiliari a destinazione pubblica o di interesse collettivo; T: Unità immobiliari a destinazione terziaria).

 

Qualora negli atti catastali manchino gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti passivi del tributo, se intestatari catastali, su richiesta del comune, debbono presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.

 

Con il decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, è stato emanato il regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.


Articolo 32, commi 10-14
(Redditi immobiliari. Lotta al sommerso. Contratti di locazione)

 

 


10. Al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, dopo l'articolo 52 è aggiunto il seguente:

«Art. 52-bis.– (Liquidazione dell'imposta derivante dai contratti di locazione)1. La liquidazione dell'imposta complementare di cui all'articolo 42, comma 1, è esclusa qualora l'ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto in misura non inferiore al dieci per cento del valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, e successive modificazioni. Restano comunque fermi i poteri di liquidazione dell'imposta per le annualità successive alla prima».

11. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, dopo l'articolo 41-bis è inserito il seguente:

«Art. 41-ter. – (Accertamento dei redditi di fabbricati)1. Le disposizioni di cui agli articoli 32, comma 1, numero 7), 38, 40 e 41-bis non si applicano con riferimento ai redditi di fabbricati derivanti da locazione dichiarati in misura non inferiore ad un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del quindici per cento e il 10 per cento del valore dell'immobile.

2. In caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l'esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell'immobile.

3. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, il valore dell'immobile è determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni».

12. Le disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e 41-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotti, rispettivamente, dai commi 10 e 11, non trovano applicazione nei confronti dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

13. Il modello per la comunicazione di cui all'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e della Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia; la comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché degli uffici dell'Agenzia delle entrate, con la compilazione in formato elettronico del relativo modello e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L'Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell'interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero. La presentazione per la registrazione degli atti di cessione di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.

14. L'obbligo di comunicazione di cui al comma 13 trova applicazione anche nei riguardi dei soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare; la comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese. In caso di violazione dell'obbligo di cui al precedente periodo, si applica la sanzione amministrativa di cui al quarto comma dell'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191; in caso di seconda violazione, il sindaco del comune in cui operano i soggetti di cui al primo periodo, su segnalazione dell'Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi soggetti la sospensione per un mese della loro attività.


 

 

I commi da 10 a 15 contengono misure volte a contrastare e reprimere l’evasione e l’elusione delle imposte relative alle locazioni immobiliari.

 

Il comma 10 inserisce nel testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, un nuovo articolo 52-bis, riguardante la liquidazione dell'imposta derivante dai contratti di locazione.

 

L’imposta di registro sugli atti aventi ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari si applica sul valore dichiarato dalle parti nell’atto.

 

La nuova disposizione esclude la liquidazione della maggiore imposta derivante da accertamento (imposta complementare) qualora l'ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto in misura non inferiore al dieci per cento del valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, e successive modificazioni.

 

L’articolo 42 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, recante approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, definisce imposta  principale l'imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; imposta suppletiva l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio; imposta complementare l'imposta applicata in ogni altro caso.

Secondo la relazione del Governo al disegno di legge, il riferimento all’imposta complementare deve intendersi “nella sua accezione di maggiore imposta dovuta in conseguenza degli accertamenti operati dall’amministrazione tributaria dai quali emerga un imponibile diverso da quello apparente”.

L’articolo 52 del medesimo testo unico disciplina la rettifica del valore degli immobili e delle aziende. Qualora l’amministrazione finanziaria ritenga che i beni suddetti abbiano un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni, indicando – con i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche – gli elementi in base ai quali è stato determinato il valore, le aliquote applicate e il calcolo della maggiore imposta, nonché dell'imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso.

Il comma 4 prevede che non siano sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a ottanta volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, né i valori o corrispettivi della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli articoli 47 (enfiteusi) e 48 (nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione). Questa disposizione non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.

A norma del comma 5, i suddetti moltiplicatori di sessanta e ottanta volte possono essere modificati, in caso di sensibili divergenze dai valori di mercato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

I moltiplicatori sono attualmente fissati nelle seguenti misure dal decreto del Ministro delle finanze 14 dicembre 1991 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 17 dicembre 1991, n. 295), a seguito della revisione generale degli estimi del catasto edilizio urbano e del catasto terreni operata nel 1990:

-          terreni: 75,

-          categorie A (escluso A/10), B e C (escluso C/1): 100,

-          fabbricati categorie A/10 e D: 50;

-          fabbricati categorie C/1 ed E: 34.

L’articolo 3, commi 48 e 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato per il 1997), in attesa dell’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, ha rivalutato del 5 per cento le rendite catastali dei fabbricati, mentre quelle dei terreni, ai fini, tra le altre, dell’imposta di registro, sono state rivalutate del 25 per cento. Pertanto i moltiplicatori sopra indicati si applicano sull’importo risultante da tale rivalutazione.

L’articolo 2, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha rivalutato i suddetti moltiplicatori, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, e con decorrenza dal 1° gennaio 2004, nella misura del 10 per cento.

In luogo di questa rivalutazione del 10 per cento, l’articolo 1-bis, comma 7, del D.-L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2004, n. 191, ha rivalutato tali moltiplicatori, per i beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione[19] e ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, nella misura del 20 per cento. Questa rivalutazione si applica agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni apertesi e alle donazioni fatte a decorrere dalla data di entrata in vigore della citata legge di conversione.

 

La disposizione in commento mantiene comunque fermi i poteri di liquidazione dell'imposta per le annualità successive alla prima.

 

L’articolo 17, comma 3, del citato testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno.

La relazione del Governo al disegno di legge rileva che la novella, stante il suo carattere limitatore dell’attività di accertamento degli uffici, non innova rispetto all’obbligo di pagamento dell’imposta relativo ai contratti di durata pluriennale.

 

Il comma 11, introducendo nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, l'articolo 41-ter, disciplina l’accertamento dei redditi di fabbricati, derivanti da locazione.

 

Il capoverso 1 del nuovo articolo 41-ter esclude l’applicazione di alcuni poteri di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria relativamente a redditi di fabbricati, derivanti da locazione, dichiarati in misura non inferiore al maggiore tra i seguenti due importi:

a)      canone di locazione risultante dal contratto, ridotto del 15 per cento;

b)      un decimo del valore dell’immobile.

 

In particolare, non si applicano in questi casi le seguenti disposizioni del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973:

-        articolo 32, comma 1 [rectius: primo comma], numero 7), secondo cui gli uffici delle imposte possono richiedere, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle imposte dirette ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di zona, alle banche per quanto riguarda i rapporti con i clienti e all’Amministrazione postale (ora Poste italiane SpA) per quanto attiene ai dati relativi ai servizi dei conti correnti postali, ai libretti di deposito e ai buoni postali fruttiferi, copia dei conti intrattenuti con il contribuente con la specificazione di tutti i rapporti inerenti o connessi a tali conti, comprese le garanzie prestate da terzi, nonché ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi agli stessi conti mediante questionari redatti su modello approvato. Al ricevimento della richiesta, il responsabile della sede o dell'ufficio destinatario deve darne notizia al soggetto interessato;

-        articolo 38, riguardante la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d'imposta indicate nella dichiarazione.

 

L'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione – salvo quanto stabilito nell'art. 39 sull’uso delle scritture contabili – possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie raccolte, anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

L'ufficio può inoltre, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta.

Dal reddito complessivo determinato sinteticamente non sono deducibili gli oneri di cui all'art. 10 del testo unico delle imposte sui redditi.

La determinazione sintetica si applica anche quando il contribuente non ha ottemperato agli inviti a comparire, trasmettere atti o rispondere a questionari.

 

-        articolo 40, concernente la rettifica delle dichiarazioni dei soggetti diversi dalle persone fisiche;

-        articolo 41-bis: riguardante l’accertamento parziale che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, gli uffici delle imposte possono effettuare qualora, dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato o l'esistenza di deduzioni, esenzioni e agevolazioni in tutto o in parte non spettanti.

 

Il capoverso 2 del nuovo articolo 41-ter stabilisce, in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, una presunzione relativa (salva, cioè, per l’interessato la facoltà di provare il contrario) dell'esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; per la determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell'immobile.

 

Infine, il capoverso 3 rinvia all’articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 per la determinazione del valore dell'immobile, al quale fanno riferimento le disposizioni dei capoversi precedenti.

 

Come già si è esposto sopra, l’articolo 52, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro stabilisce i moltiplicatori da applicarsi alla rendita catastale per la determinazione del valore degli immobili.

 

Il comma 12 eccettua dall’applicazione delle disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, e 41-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotti rispettivamente dai precedenti commi 10 e 11, i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ossia sulla base degli accordi stipulati fra le associazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori (cosiddetto contratto concordato).

 

La legge 9 dicembre 1998, n. 431, reca la disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.

L’articolo 2 regola le forme di stipulazione e di rinnovo dei contratti di locazione, prevedendo contratti di durata non inferiore a quattro anni, automaticamente rinnovabili per ulteriori quattro anni salve particolari esigenze del locatore (comma 1).

In alternativa, il comma 3 prevede che le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, comunque non inferiore a tre anni (salvo quanto previsto dall’articolo 5 circa i contratti di natura transitoria), e altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo, il medesimo è prorogato di diritto per due anni, salve particolari esigenze del locatore (comma 5). Per favorire la realizzazione di tali accordi, il comma 4 consente ai comuni di deliberare agevolazioni relativamente all'imposta comunale sugli immobili (ICI).

L’articolo 4, al comma 2, rimette la determinazione dei criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell'immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti, ad apposito decreto adottato dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, sulla base di una convenzione fra le associazioni nazionali maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero in mancanza di accordo fra le stesse.

Il comma 3 demanda ad un ulteriore decreto degli stessi ministri la fissazione delle condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2, nonché i contratti transitori di cui all'articolo 5, in mancanza dei previsti accordi locali.

L’articolo 8 dispone agevolazioni fiscali conseguenti alla stipulazione dei contratti di locazione indicati all’articolo 2, comma 3 (esclusi i contratti di natura transitoria) nei comuni qualificati “ad alta tensione abitativa” [20].

 

Il comma 13 riguarda la comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, cui è tenuto chiunque venda, dia in locazione o in comodato un fabbricato o parte di esso, ovvero ne consenta a qualunque altro titolo l’uso esclusivo.

 

L’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59 (Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, prescrive che chiunque cede la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato.

La comunicazione può essere effettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Nel caso di violazione della suddetta disposizione si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire tre milioni (da 103,29 a 1549,37 euro). La violazione è accertata dagli organi di polizia giudiziaria, nonché dai vigili urbani del comune ove si trova l'immobile, ed è applicata dal sindaco. I proventi sono devoluti al comune.

 

Secondo il comma in esame, tale modello, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e dell’Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia.

La comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché degli uffici dell'Agenzia delle entrate, con la compilazione del modello in formato elettronico e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L'Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell'interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero.

 

L’articolo 3 del regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322,  consente la presentazione delle dichiarazioni per il tramite di banche convenzionate, uffici della società Poste italiane SpA mediante collegamento gratuito con l’Agenzia delle entrate attraverso il servizio telematico Entratel.

Il comma 3 individua i soggetti incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni:

a)       gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b)      i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

c)       le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni o la cui rilevanza nazionale sia riconosciuta con decreto del Ministero delle finanze, e le organizzazioni aderenti alle associazioni suddette (art. 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

d)       i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

e)       gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

A norma del comma 3-ter spetta loro un compenso, a carico del bilancio dello Stato, di 50 centesimi di euro per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa mediante il servizio telematico Entratel.

I commi 7, 7-bis e 7-ter disciplinano i termini per la trasmissione delle dichiarazioni di cui al medesimo regolamento. Per le banche e la società Poste italiane SpA il termine è stabilito in cinque mesi dalla data di scadenza del termine di presentazione ovvero, per le dichiarazioni presentate oltre tale termine, entro cinque mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni stesse. Gli altri soggetti presentano le dichiarazioni per le quali non è previsto un apposito termine entro un mese dalla scadenza del termine previsto per la presentazione alle banche e agli uffici postali. Le dichiarazioni consegnate successivamente al termine previsto per la presentazione delle stesse in via telematica sono trasmesse entro un mese.

A norma del comma 8, la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è consegnata dal contribuente alla banca o all'ufficio postale ovvero è trasmessa all'Agenzia delle entrate mediante procedure telematiche direttamente o tramite uno dei soggetti incaricati.

Il comma 11 rimette la determinazione delle modalità tecniche di trasmissione delle dichiarazioni ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

Il comma 13 dispone infine che ai soggetti incaricati della trasmissione telematica si applica l'articolo 12-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che consente il trattamento dei dati connessi alle dichiarazioni per le sole finalità di prestazione del servizio e per il tempo a ciò necessario, adottando specifiche misure per assicurare la riservatezza e la sicurezza delle informazioni.

 

Per la specifica finalità della comunicazione di cui all’articolo 12 del D.-L. n. 59 del 1978 non appaiono applicabili i termini di trasmissione previsti nei descritti commi 7, 7-bis e 7-ter del regolamento emanato con D.P.R. n. 322 del 1998. Non essendo prevista spesa a questo riguardo, all’attività dei medesimi non dovrebbe estendersi il compenso previsto dal comma 3-ter dello stesso regolamento. Presumibilmente il riferimento deve ritenersi limitato alla sola individuazione degli intermediari (non è chiaro per altro se fra essi debbano intendersi comprese anche le banche e la società Poste italiane o soltanto gli intermediari indicati nel comma 3 dell’articolo citato).

 

È disposto, infine, che la presentazione degli atti di cessione, di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978, per la loro registrazione tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.

 

A norma del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono soggetti a registrazione gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato, alcuni contratti verbali (locazione o affitto di beni immobili e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite; trasferimento e affitto di aziende esistenti nel territorio dello Stato e costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento sulle stesse e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite) e operazioni di società ed enti esteri (istituzione di sede, messa a disposizione di capitali di investimento o di esercizio e istituzione o trasferimento dell’oggetto principale dell’impresa nel territorio dello Stato) e gli atti formati all'estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l'affitto di tali beni.

La registrazione può essere prescritta in termine fisso o in caso d'uso.

Sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa.

Debbono registrarsi  in caso d'uso gli atti indicati nella parte seconda della tariffa e le scritture private non autenticate se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto. Si ha caso d'uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento.

Per gli atti non soggetti a registrazione (indicati in apposita tabella allegata al testo unico) non vi è obbligo di chiedere la registrazione neanche in caso d'uso; se presentati per la registrazione, l'imposta è dovuta in misura fissa.

È comunque ammessa la registrazione volontaria di un atto, su richiesta di chiunque vi abbia interesse, con il pagamento della relativa imposta.

 

Fra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, a norma dell’art. 1 della parte I della tariffa, sono annoverati gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere, gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, e, a norma dell’art. 5, le locazioni, gli affitti e i contratti di comodato di beni immobili[21].

L’articolo 13 del testo unico prescrive che la registrazione degli atti che vi sono soggetti in termine fisso deve essere richiesta entro venti giorni dalla data dell'atto se formato in Italia, entro sessanta giorni se formato all'estero. Termini speciali sono prescritti per taluni tipi di atti.

A norma dell’articolo 17, l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione. Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno.

 

Non appare chiaro i termini previsti per la richiesta di registrazione se siano compatibili con quello, assai più breve, prescritto per la comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza dall’articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 (che è di quarantotto ore dalla consegna dell'immobile).

 

Il comma 14 estende ai soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare l'obbligo di comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza. La comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese.

In caso di violazione, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 200 mila a lire tre milioni (da 103,29 a 1549,37 euro) prevista dal quarto comma dell'articolo 12 del citato decreto-legge n. 59 del 1978. In caso di recidiva, il sindaco del comune in cui operano i soggetti obbligati, su segnalazione dell'Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi la sospensione della loro attività per un mese.


Articolo 32, comma 15
(Redditi immobiliari. Lotta al sommerso.
Nullità dei contratti di locazione non registrati)

 

 

15. I contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

 

 

Il comma 15 prevede che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento,di unità immobiliari o di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli, se ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

 

Si tratta di una disposizione sanzionatoria che dalla mancata registrazione dei contratti sopra richiamati fa discendere la nullità degli stessi.

 

Si segnala che la relazione tecnica, pur essendo la norma collocata sotto il titolo III - “Disposizioni in materia di entrata”, non reca la quantificazione degli eventuali effetti positivi derivanti dalla norma sul bilancio dello Stato.

 

La disposizione in esame ha ad oggetto tutti i contratti di locazione, sia quelli ad uso abitativo, sia quelli ad uso commerciale, disciplinati sia dalle norme generali contenute nel codice civile (art. 1571-1614), sia da apposite leggi speciali.

Il contratto di locazione di unità immobiliari o di loro porzioni può avere ad oggetto:

§         immobili destinati ad uso abitativo;

§         immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.

 

La norma fa poi riferimento alle ipotesi di mancata registrazione di contratti che “comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni”: occorrerebbe precisare, soprattutto alla luce della gravità della sanzione comminata (la nullità del contratto), la definizione di “diritti relativi di godimento”, non rinvenibile nell’ambito della normativa vigente, né tantomeno in quello della elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria; si ricorda, infatti, come sia dottrina che giurisprudenza distinguono tra diritti reali di godimento (es:usufrutto, superficie), la cui caratteristica essenziale consiste nel rapporto immediato  che si instaura tra il soggetto titolare e la res oggetto di godimento e diritti personali di godimento (es:diritto del locatario e del comodatario) che, pur partecipando di alcune caratteristiche dei diritti assoluti (l’esistenza di un corrispondente e generale dovere di astensione), presuppongono una situazione di carattere relativo, esistendo un diritto di credito dal lato attivo ed un obbligo dal lato passivo.

Si ricorda altresì come sia gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali di godimento (articolo1, comma 1, della parte I della Tariffa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986), sia i contratti di comodato di beni immobili -da cui derivano diritti personali di godimento- (articolo 5, comma 4, della parte I della Tariffa di cui al D.P.R. n. 131) siano sottoposti all’obbligo di registrazione.

La nuova disciplina delle locazioni di immobili destinati ad uso abitativo.

La legge 9 dicembre 1998, n. 431, disciplina la sola locazione di immobili ad uso abitativo, non applicandosi quindi ad altri tipi di locazione, come ad esempio quella riguardante usi commerciali[22].

Il nucleo fondamentale del provvedimento è contenuto nell'articolo 2, ove si individuano due distinte tipologie contrattuali per le locazioni abitative. La prima tipologia (contratto libero) si basa fondamentalmente sulla libera contrattazione delle parti – pur essendo presenti elementi di vincolo nella durata minima del contratto e nella rinunzia alla possibilità di disdetta alla prima scadenza – mentre la seconda tipologia (contratto concordato) si basa sul sostanziale recepimento, da parte del locatore e del conduttore, di contratti-tipo stipulati in sede locale tra le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, anche sulla base dei criteri generali fissati dal decreto di cui all’articolo 4, comma 2. In questo caso, oltre alla durata minima del contratto – fissata per legge – il contratto-tipo disciplina anche altri elementi contrattuali quali ad esempio l’entità del canone. L'adozione di questa seconda tipologia contrattuale consente di godere di alcuni benefìci di natura fiscale (artt. 2, comma 4, artt.8, 10 e 11).

L'articolo 6 ridefinisce le procedure per il rilascio degli immobili, restituendo agli organi giudiziari la competenza in merito e sopprimendo quindi la competenza delle commissioni prefettizie. È previsto un periodo di sospensione di sei mesi, durante il quale sono sospese le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio e che può essere utilizzato dalle parti per rinnovare la locazione con le nuove tipologie contrattuali indicate all’articolo 2.

L’articolo 8 prevede l’introduzione di detrazioni IRPEF per i locatori del “secondo canale”, mentre l’articolo 10 contiene detrazioni IRPEF per i conduttori del medesimo canale a partire dal 2001. L'articolo 11 istituisce un Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione, la cui dotazione è quantificata ogni anno dalla legge finanziaria; ulteriori risorse possono essere messe a disposizione dalle singole Regioni e dai comuni.

 

Si ricorda che la disciplina sopra richiamata non si applica (art. 1 della L. n. 431 del 1998):

§       ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile qualora non siano stipulati  in forma concordata secondo contratti-tipo ( art. 2, co. 3);

§       agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;

§       agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche[23].

 

Dall’applicazione di tale disciplina sono altresì esclusi i contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile.

La locazione di immobili urbani destinati ad uso diverso da quello abitativo.

La c.d. legge sull’equo canone (legge 27 luglio 1978, n. 392, recante disciplina delle locazioni di immobili urbani)regola. all’articolo 27, la locazione e sublocazione di immobili urbani destinati ad uso diverso da quello abitativo, stabilendo che la durata dei contratti non può essere inferiore a sei anni se gli immobili siano adibiti ad una delle seguenti attività:

1)    industriali, commerciali e artigianali;

2)    di interesse turistico comprese tra quelle di cui all'articolo 2 della legge 12 marzo 1968, n. 326[24].

 

Tale disposizione si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere.

Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista per i diversi tipi di destinazione dell’immobile.

Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.

Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.

È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.

Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.

 

Si ricorda che tale disciplina deve ritenersi applicabile a tutti gli immobili urbani di qualunque specie – adibiti ad uso diverso da quello abitativo – in cui si eserciti una delle attività sopra richiamate. Pertanto essa si applica non soltanto agli edifici, ma anche ai fabbricati di qualunque tipo, alle superfici inedificate o aree nude e quindi ai terreni, in cui le predette attività sono esercitate[25].

La registrazione del contratto di locazione

Si ricorda che la legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, collegato alla manovra finanziaria 1998), ha introdotto all’articolo 21, comma 18, attraverso un’apposita modificazione al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, l'obbligo della registrazione per tutti i contratti di locazione e affitto di beni immobili di qualsiasi ammontare, purché di durata superiore ai 30 giorni complessivi nell'anno.

 

In particolare l’articolo 17 del D.P.R. n. 131 del 1986, come modificato sia dalla norma sopra richiamata, sia dalla legge n. 342 del 2000, in materia di cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili, stabilisce che :

§       l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237;

§       l'attestato di versamento relativo alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe deve essere presentato all'ufficio del registro presso cui è stato registrato il contratto entro venti giorni dal pagamento;

§       per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno. In caso di risoluzione anticipata del contratto il contribuente che ha corrisposto l'imposta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso. L'imposta relativa alle annualità successive alla prima, anche conseguenti a proroghe del contratto comunque disposte, deve essere versata con le modalità di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997;

L’unica eccezione a tale obbligo generalizzato di registrazione riguarda una serie di atti soggetti a registrazione solo in caso d'uso. Tra questi rientrano:

§       locazioni e affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno (parte seconda, articolo 2-bis, della tariffa annessa al D.P.R. n. 131 del 1986).  Il calcolo dei 30 giorni complessivi nell'anno deve essere fatto con riguardo all'unità immobiliare locata ed alle stesse parti contraenti. Fanno eccezione i contratti soggetti a IVA in base al principio di alternatività di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 131 del 1986[26].

 

Si ricorda che gli atti si registrano "in caso d'uso" solo quando vengono depositati presso le cancellerie giudiziarie per l'applicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti territoriali e i rispettivi organi di controllo. In particolare devono essere registrati in caso d'uso i contratti soggetti ad IVA.

 

L'obbligo della registrazione compete a notai e altri pubblici ufficiali, nel caso di contratti di locazione redatti in forma pubblica o per scrittura autenticata; alle parti contraenti (proprietario e inquilino, ossia locatore e conduttore), in caso di scrittura privata non autenticata. In quest'ultimo caso, indipendentemente dalla residenza del proprietario e dell'inquilino, o dalla ubicazione dell'immobile dato in locazione, qualsiasi ufficio del Registro o ufficio delle Entrate può ricevere l'atto per la registrazione.

Altri contratti, relativi ad immobili, soggetti a registrazione

La parte I della tariffa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986 prevede la registrazione per un’altra serie di contratti relativi ad immobili.

 

Fra questi rientrano, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della citata tariffa, gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali di godimento, compresi la rinunzia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi; ai sensi dell’articolo 3, gli atti di natura dichiarativa relativi a beni anche immobiliari; ai sensi dell’articolo 5, comma 4, i contratti di comodato di beni immobili; ai sensi dell’articolo 10, i contratti preliminari che riguardino beni immobili.

Determinazione dell’imposta di registro

L’art. 8 della legge n. 392 del 1978 (equo canone) dispone che le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del locatore e del conduttore in parti uguali.

Il pagamento spetta al locatore e al conduttore in parti uguali, ma entrambi rispondono in solido per il pagamento dell'intera imposta.

 

Per quanto attiene all’importo, l’imposta di registro dovuta – per gli immobili urbani e per i terreni non agricoli – è pari al 2% del canone annuo, con un minimo di 51,65 euro (articolo 5 e nota II della tariffa, parte prima, annessa al D.P.R. n. 131 del 1986)[27].

 

Se il contratto viene sciolto anticipatamente o non viene rinnovato alla scadenza il recesso o il mancato rinnovo deve essere comunicato all’Ufficio del registro mediante versamento dell’imposta fissa di 51,65 euro.

 

La disposizione non sembra essere considerata dal Governo direttamente produttiva di maggiori entrate, atteso che esse non vengono quantificate nella relazione tecnica. La ratio sembra pertanto doversi rinvenire nell’intendimento di rafforzare l’obbligo di registrazione, assistendolo con la previsione della sanzione di nullità del contratto in conseguenza dell’omissione di tale prescritto adempimento.

 

Accanto alle sanzioni di natura amministrativa -previste dalla normativa vigente- per la mancata registrazione dei contratti per i quali sussiste il relativo obbligo (sanzioni che possono variare da una a tre volte l’imposta dovuta), la disposizione in esame introduce, come già accennato, la ulteriore sanzione, di natura civilistica, della nullità del contratto (l’articolo 1418 del codice civile, nell’individuare le cause di nullità, dispone che “il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge”).

 

La nullità è la più grave forma di invalidità negoziale, essa comporta la definitiva inidoneità dell’atto a produrre gli effetti suoi propri: il contratto nullo, pertanto, è inefficace o senza effetto sin dal momento della sua stipulazione. L’iniziativa per la dichiarazione di nullità del contratto può originare da qualunque interessato, compreso il giudice al quale i privati si siano rivolti per far valere quanto pattuito; l’articolo 1422 del codice civile dispone poi che la azione per far valere la nullità sia imprescrittibile, fatti salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione. La terza fondamentale regola che governa la nullità è la assoluta impossibilità per le parti di procedere ad una convalida del contratto (art.1423).


Articolo 33, commi 1 e 2
(Contrasto dell’evasione in materia di IVA.
Dichiarazioni telematiche e comunicazioni)

 

 


1. Nell'articolo 3, comma 2, primo periodo, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le parole: «a lire 50 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ad euro 10.000».

2. All'articolo 8-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni:

     a) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

     «4-bis. Entro il termine previsto per la presentazione della comunicazione di cui ai precedenti commi, il contribuente presenta l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA nei cui confronti sono state emesse fatture nell'anno cui si riferisce la comunicazione nonché l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono state ricevute fatture. Per ciascun soggetto deve essere indicato l'importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con la evidenziazione dell'imponibile, dell'imposta nonché dell'importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti. Sono esonerati dagli obblighi previsti dal presente comma i contribuenti esonerati dall'obbligo di presentazione della dichiarazione, ai sensi dell'articolo 8, comma 1. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono individuati gli elementi informativi da indicare negli elenchi previsti dal presente comma nonché le modalità per la presentazione, esclusivamente in via telematica, degli stessi»;

     b) il comma 6, è sostituito dal seguente:

     «6. Per l'omissione della comunicazione ovvero degli elenchi, nonché per l'invio degli stessi con dati incompleti o non veritieri restano applicabili le disposizioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471».


 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 33 novellano il regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

 

Il comma 1, modificando l’articolo 3, comma 2, primo periodo, del D.P.R. n. 322 del 1998, riduce da 50 milioni di lire (25.822,84 euro) a 10.000 euro il limite del volume d’affari oltre il quale diventa obbligatoria la dichiarazione telematica.

 

In particolare il comma 2 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998 prevede che le dichiarazioni sono presentate in via telematica all'Agenzia delle entrate, direttamente o tramite gli incaricati indicati ai successivi commi 2-bis e 3, dai soggetti tenuti per il periodo d'imposta cui si riferiscono le predette dichiarazioni alla presentazione della dichiarazione relativa all'IVA, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari inferiore o uguale a lire 50 milioni, dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta di cui all'articolo 4, e dai soggetti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), dai soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi alla applicazione degli studi di settore.

Le predette dichiarazioni sono trasmesse avvalendosi del servizio telematico Entratel; il collegamento telematico con l'Agenzia delle entrate è gratuito per gli utenti.

 

Secondo la relazione governativa al disegno di legge, la disposizione, assoggettando un maggior numero di persone fisiche all’obbligo di trasmettere la dichiarazione per via telematica, “accelera i tempi di controllo, comportando un vantaggio anche per i contribuenti, in quanto vi sarà una notevole riduzione dei tempi relativi ai rimborsi d’imposta”.

 

Il comma 2, alla lettera a), aggiunge il comma 4-bis all’articolo 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Il nuovo comma 4-bis prevede che, entro il mese di febbraio (termine previsto per la presentazione della comunicazione dei dati relativi all'IVA riferita all'anno solare precedente), il contribuente presenta l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA nei cui confronti sono state emesse fatture nell'anno cui si riferisce la comunicazione, nonché l'elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono state ricevute fatture. Per ciascun soggetto dev’essere indicato l'importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con l'evidenziazione dell'imponibile, dell'imposta nonché dell'importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti.

Sono esonerati da tali obblighi i contribuenti che non devono presentare la dichiarazione, ai sensi del precedente articolo 8, comma 1[28].

 

La relazione del Governo al disegno di legge segnala che la disposizione “si è resa necessaria al fine di permettere all’Amministrazione di effettuare controlli più analitici, confrontando i dati del contribuente preso in esame con quelli di altri soggetti”.

 

Il comma 4-bis rinvia ad un provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale, per l’individuazione degli elementi informativi da indicare negli elenchi previsti dal presente comma, nonché delle modalità per la presentazione degli stessi esclusivamente in via telematica.

 

La compilazione dell’elenco dei clienti e dei fornitori era prevista dall’articolo 29 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell’IVA. L’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489, nell’ottica della “soppressione degli adempimenti superflui”, ha disposto l’abrogazione degli obblighi di compilazione degli elenchi dei clienti e dei fornitori collegati alla dichiarazione annuale IVA, e di allegazione alla stessa dei modelli IVA 101 e 102 di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1984 (pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 237 del 31 dicembre 1984), disponendo contestualmente, al successivo comma 2, l’abrogazione dell’articolo 29 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

La lettera b) del comma 2 sostituisce il comma 6 dell’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998, stabilendo che restano applicabili le disposizioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in caso di omissione della comunicazione ovvero degli elenchi, nonché in caso di invio degli stessi con dati incompleti o non veritieri.

 

Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, ha operato la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi. L’articolo 11 riguarda alcune violazioni in materia di imposte dirette e di IVA.

Poiché l’articolo 11 è articolato in sette commi, che prevedono sanzioni per diverse fattispecie, il richiamo di cui al nuovo testo del comma 6 in esame sembrerebbe doversi riferire al comma 1, che punisce con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila (258,23 euro) a lire quattro milioni (2.065,83 euro) le seguenti violazioni:

a)    omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria, anche se non richiesta dagli uffici o dalla Guardia di finanza al contribuente o a terzi nell'esercizio dei poteri di verifica e accertamento in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri;

b)    mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi nell'esercizio dei poteri di cui alla precedente lettera a) o loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere;

c)    inottemperanza all'invito a comparire e a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di finanza nell'esercizio dei poteri loro conferiti.

 

Il vigente comma 6 dell’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998, come modificato, da ultimo, dall'articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 435 del 2001, disciplina la sottoscrizione, la presentazione e la conservazione della dichiarazione relativa all'IVA rinviando all’applicazione delle disposizioni previste all'articolo 1, commi 2, 3 e 4 (modelli per la dichiarazione telematica, soggetti sottoscrittori), all'articolo 2, commi 7, 8, 8-bis e 9 (dichiarazioni presentate oltre i termini, integrazione e correzione delle dichiarazioni, proroga dei termini che scadono il sabato), e all'articolo 3 (modalità di presentazione e conservazione) dello stesso D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Si segnala che i predetti rinvii normativi non sono riprodotti nella formulazione sostitutiva del comma.


Articolo 33, commi 3-5
(Recupero dell’IVA da autoveicoli di provenienza comunitaria)

 

 


3. All'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, come modificato dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 luglio 2004, n. 224, dopo il comma 1-bis è aggiunto il seguente:

«1-ter. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 ottobre 1993, n. 427, i soggetti di imposta trasmettono attraverso lo sportello telematico dell'automobilista di cui al comma 1, entro il termine di quindici giorni dall'acquisto, il numero identificativo intracomunitario o, in presenza di successivi passaggi interni precedenti l'immatricolazione, il codice fiscale del fornitore, nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli».

4. Con decreto del Capo del Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabiliti i contenuti e le modalità delle comunicazioni di cui al comma 3.

5. Con la convenzione prevista dell'articolo 1, comma 1-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è definita la procedura di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate delle informazioni inviate dai soggetti di imposta ai sensi del comma 3.


 

 

I commi da 3 a 5 dell’articolo 33hanno lo scopo di contrastare le frodi relative all’IVA sui veicoli provenienti dagli Stati dell’Unione europea.

 

A tal fine, il comma 1 aggiunge il comma 1-ter all’articolo 1 del D.P.R. n. 358 del 2000.

 

Con il D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 è stato emanato, in attuazione dalla legge di semplificazione n. 50 del 1999, il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi. Il regolamento è stato recentemente oggetto di modifiche con il D.P.R. 2 luglio 2004, n. 224 (entrato in vigore l’8 settembre 2004).

Il regolamento ha istituito e disciplinato lo sportello telematico dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi. Sono escluse dall'applicazione del regolamento le immatricolazioni di veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo attraverso canali d'importazione non ufficiali, nonché i veicoli usati già in possesso di documentazione di circolazione rilasciata da uno di tali Stati. Sono altresì escluse le registrazioni della proprietà relative a veicoli nuovi importati da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo.

Il comma 1-bis, introdotto dal D.P.R. n. 224 del 2004, prevede un’apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane per definire le procedure per la trasmissione dei dati attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli nuovi e usati provenienti, attraverso circuiti non ufficiali di distribuzione, dagli Stati membri dell'Unione europea e, attraverso canali di importazione non ufficiali, da Stati aderenti allo spazio economico europeo.

 

Il comma 1-ter, introdotto dal comma 3 dell’articolo 33 in esame, prevede che, ai fini dell'applicazione dell'articolo 53, comma 3, del decreto-legge n. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 427 del 1993, i soggetti di imposta (che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli) trasmettono attraverso lo sportello telematico dell'automobilista, entro il termine di 15 giorni dall'acquisto, il numero identificativo intracomunitario o, in presenza di successivi passaggi interni precedenti l'immatricolazione, il codice fiscale del fornitore, nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e i loro rimorchi acquistati.

La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di 15 giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.

 

L’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 26 ottobre 1993, n. 427, stabilisce che i pubblici uffici non possono procedere all'immatricolazione, all'iscrizione in pubblici registri o all'emanazione di provvedimenti equipollenti relativi a mezzi di trasporto nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario, se non risultano adempiuti gli obblighi relativi all'applicazione dell'imposta. I pubblici uffici cooperano con i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria per il reperimento degli elementi utili ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta, della spettanza del rimborso, della repressione delle violazioni nonché ai fini dell'accertamento della sussistenza dei requisiti che qualificano come nuovi i mezzi di trasporto.

 

Il successivo comma 4 dell’articolo in esame rimette la determinazione del contenuto e delle modalità delle comunicazioni di cui al precedente comma 3 ad un decreto del capo del Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

Il comma 5 stabilisce che la procedura di trasmissione telematica delle informazioni, inviate dai soggetti di imposta che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli ai sensi del precedente comma 3, all'Agenzia delle entrate sarà definita con la convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane, prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, introdotto dal D.P.R. n. 224 del 2004, che ha modificato il D.P.R. n. 358 del 2000.

 

La relazione al disegno di legge sottolinea che “l’attività di monitoraggio e di controllo, effettuata generalmente in una fase precedente l’immatricolazione, non prevede ulteriori oneri e responsabilità a carico dell’acquirente finale e può fornire allo stesso un’ulteriore garanzia sul corretto adempimento degli obblighi vigenti da parte degli operatori economici del settore.”

 


Articolo 33, commi 6-10
(Contrasto dell’evasione in materia di IVA.
Comunicazione telematica di cessioni all’esportazione)

 

 


6. Nell'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è aggiunto il seguente periodo: «Nella prima ipotesi, il cedente o prestatore deve comunicare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta».

7. Ai fini del necessario coordinamento delle attività di controllo, da attuare secondo quanto disposto dall'articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'Agenzia delle entrate condivide con gli altri organi preposti ai controlli in materia di imposta sul valore aggiunto le informazioni risultanti dalle dichiarazioni, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17.

8. All'articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. È punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o il prestatore che omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, o la invia con dati incompleti o inesatti».

9. Chiunque omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, inserito dal comma 6, o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell'imposta evasa correlata all'infedeltà della dichiarazione ricevuta.

10. Il Direttore dell'Agenzia delle entrate determina, con suo provvedimento, i contenuti e le modalità della comunicazione di cui al comma 6.


 

 

Il comma 6 dell’articolo in esame novella il decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, recante disposizioni urgenti in materia di IVA, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, aggiungendo un periodo all’articolo 1, comma 1, lettera c), relativo alla dichiarazione di cessioni all’esportazione.

 

Il comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, subordina l’applicazione delle disposizioni di cui al primo comma, lettera c), e al secondo comma dell'articolo 8 del D.P.R. n. 633 del 1972 (relative alle cessioni all’esportazione, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e alle prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all'esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell'IVA), alla condizione che l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’imposta risulti da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, contenente l'indicazione del numero di partita IVA del dichiarante nonché l'indicazione dell'ufficio competente nei suoi confronti, consegnata o spedita al fornitore o prestatore, ovvero presentata in dogana, prima dell'effettuazione dell’operazione; la dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti.

 

L’ulteriore periodo aggiunto dal comma 6 in esame stabilisce che nella prima ipotesi (dichiarazione consegnata o spedita), il cedente o prestatore deve comunicare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica ed entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta.

 

Il successivo comma 10 rimette ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione del contenuto e delle modalità della comunicazione prevista al comma 6.

 

Il comma 7 dell’articolo in esame stabilisce che l'Agenzia delle entrate condivida con gli altri organi preposti ai controlli in materia di IVA le informazioni risultanti dalle dichiarazioni dell’intento di effettuare acquisti senza applicazione dell’imposta, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 746 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17 del 1984.

 

Tale attività di controllo dovrà essere attuata ai sensi dell'articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

La disposizione richiamata prevede che, per il necessario coordinamento dell'azione della Guardia di finanza con quella degli uffici finanziari, saranno presi accordi, periodicamente e nei casi in cui si debba procedere ad indagini sistematiche, tra la Direzione generale delle tasse e delle imposte indirette sugli affari e il Comando generale della Guardia di finanza e, nell'ambito delle singole circoscrizioni, fra i capi degli ispettorati e degli uffici e i comandi territoriali (secondo comma). Gli uffici finanziari e i comandi della Guardia di finanza, per evitare la reiterazione di accessi presso gli stessi contribuenti, devono darsi reciprocamente tempestiva comunicazione delle ispezioni e verifiche intraprese (terzo comma, primo periodo).

 

I commi 8 e 9 recano disposizioni sanzionatorie.

 

In particolare il comma 8, introduce nell’articolo 7 del  decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[29], il comma 4-bis, in base al quale èpunito con la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell'imposta, fermo l'obbligo del pagamento del tributo, il cedente o il prestatore che omette d’inviare, nei termini previsti, la comunicazione telematica di cessione all’esportazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge n. 746 del 1983, o la invia con dati incompleti o inesatti.

 

Inoltre, il comma 9 stabilisce che chiunque omette d’inviare nei termini previsti o invia con dati incompleti o inesatti la comunicazione telematica di cessione all’esportazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del citato decreto-legge n. 746 del 1983, la responsabilità in solido con il soggetto acquirente per il pagamento dell'imposta evasa correlata all'infedeltà della dichiarazione ricevuta.

 

Nonostante la diversa formulazione, sembra che i soggetti destinatari delle disposizioni contenute nei commi 8 e 9 siano identici. Sebbene infatti il soggetto della prima sia il “cedente o prestatore”, mentre nella seconda è “chiunque omette di inviare” la comunicazione, il soggetto obbligato all’adempimento cui si riferiscono le sanzioni è in ogni caso “il cedente o prestatore” (comma 6).

 


Articolo 33, comma 11
(
Solidarietà nel pagamento dell'IVA)

 

 


11. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l'articolo 60, è inserito il seguente:

«Art. 60-bis – (Solidarietà nel pagamento dell'imposta).1. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta degli organi competenti al controllo, sulla base di analisi effettuate su fenomeni di frode, sono individuati i beni per i quali operano le disposizioni dei commi 2 e 3.

2. In caso di mancato versamento dell'imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento della predetta imposta.

3. L'obbligato solidale di cui al comma 2 può tuttavia documentalmente dimostrare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell'imposta».


 

 

Il comma 11 introduce l’articolo 60-bis nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Il nuovo articolo 60-bis dispone, al comma 2, che il cessionario, qualora sia soggetto agli adempimenti IVA, è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta, in caso di mancato versamento dell'IVA da parte del cedente, relativamente alle cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale.

A norma del comma 3 è concessa al cessionario la possibilità di dimostrare, tramite esibizione di documenti, che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell'imposta.

Il comma 1 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi su proposta degli organi competenti al controllo (Agenzia delle entrate, Agenzia delle Dogane, Guardia di finanza), in base ad analisi effettuate sui fenomeni di frode all’IVA, l’individuazione dei beni soggetti alla disciplina sopra descritta.

 

La relazione governativa al disegno di legge segnala che la disposizione introdotta con l’articolo 60-bis è conforme all’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (sesta direttiva IVA), in base alla quale gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell'imposta sia responsabile in solido per il versamento dell'imposta.

La relazione sottolinea altresì che la norma proposta “è consigliata, per il suo forte connotato di deterrenza, dalla Commissione europea con la comunicazione 2004/260 del 16 aprile 2004” al Consiglio e al Parlamento europeo sull’utilizzo degli accordi di cooperazione amministrativa nella lotta antifrode in materia di IVA. Il Governo richiama l’applicazione di analoghe norme da parte di alcuni Stati europei nei settori del commercio di telefoni portatili e apparecchiature informatiche.


Articolo 34, commi 1-12
(Pianificazione fiscale concordata)

 

 


1. A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2005, è introdotto l'istituto della pianificazione fiscale concordata cui possono accedere i titolari di reddito d'impresa e gli esercenti arti e professioni. L'adesione alla pianificazione fiscale determina la definizione preventiva, per un triennio, della base imponibile caratteristica dell'attività svolta e comporta la limitazione dei poteri di accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria.

2. Non possono aderire alla pianificazione fiscale i titolari di reddito d'impresa e gli esercenti arti e professioni che:

     a) si sono avvalsi dei regimi forfetari di determinazione dell'imponibile o dell'imposta, per il periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003;

     b) non erano in attività al 1° gennaio 2002;

     c) hanno dichiarato ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569,00 euro nel periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003. A tal fine non si tiene conto dei ricavi e dei compensi di cui all'articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

     d) hanno omesso la presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2002 e al 31 dicembre 2003.

3. L'adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona con l'accettazione di importi, proposti ad ogni contribuente dall'Agenzia delle entrate, che definiscono per un triennio la base imponibile caratteristica dell'attività svolta, esclusi gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.

4. La proposta individuale è formulata sulla base di elaborazioni operate dall'anagrafe tributaria che tengono conto delle risultanze dell'applicazione degli studi di settore, dei dati sull'andamento dell'economia nazionale per distinti settori economici di attività, della coerenza dei componenti negativi di reddito e di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.

5. L'adesione alla proposta è comunicata dal contribuente entro trenta giorni dal suo ricevimento; nel medesimo termine, la proposta può essere altresì definita in contraddittorio con il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate, esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare una evidente infondatezza della stessa, sulla base dell'esistenza di:

     a) significative variazioni degli elementi strutturali nell'esercizio dell'attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;

     b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta divergenti sensibilmente, all'atto della definizione.

6. Per i periodi d'imposta oggetto di pianificazione, relativamente al reddito caratteristico d'impresa o di arti o professioni:

     a) sono inibiti i poteri spettanti all'amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;

     b) esclusa l'aliquota del 23 per cento, quella marginale applicabile ai fini dell'imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell'imposta sul reddito delle società, sono ridotte di 4 punti percentuali, per la parte di reddito dichiarato eccedente quello definito;

     c) è esclusa l'applicazione dei contributi previdenziali per la parte di reddito dichiarato eccedente quello definito; resta salva la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria.

7. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, all'ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l'aliquota media risultante dal rapporto tra l'imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d'affari dichiarato.

8. Per i periodi d'imposta oggetto di pianificazione sono inibiti i poteri spettanti all'amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

9. In caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione dei redditi, l'Agenzia delle entrate procede ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto dell'accordo nonché, per l'imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d'affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base dell'accordo, salve le ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

10. L'inibizione dei poteri di cui al comma 6, lettera a), e 8 non opera qualora sia constatata l'emissione o l'utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Nei confronti dei medesimi soggetti non operano i benefici di cui al comma 6, lettere b) e c).

11. Con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuate le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, trova applicazione la pianificazione fiscale concordata, sono definite le modalità di attuazione dei criteri di cui al comma 4 e sono emanate le relative norme di attuazione; con il medesimo regolamento, ai fini della progressiva entrata a regime della pianificazione fiscale concordata, sono altresì individuate le categorie di contribuenti che possono definire i redditi mediante la esclusiva accettazione degli importi proposti per uno o due periodi d'imposta.

12. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono definite le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all'articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione.


Il nuovo istituto della pianificazione fiscale concordata

I commi da 1 a 12 introducono, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2005, la pianificazione fiscale concordata.

Il nuovo istituto ha ad oggetto la determinazione anticipata dei redditi relativi ad un periodo triennale, permettendo in tal modo ai soggetti che se ne avvalgono una pianificazione della variabile fiscale e garantendo all’erario, nel contempo, un introito certo per quel determinato periodo.

 

L’accertamento con adesione del contribuente (o concordato) era stato reintrodotto nell’ordinamento tributario dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante appunto disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

 

Si ricorda che, ai sensi della legge 7 aprile 2003, n. 80, recante la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, l’articolo 3  prevede, fra i princìpi e criteri direttivi per la riforma dell'imposta sul reddito, la prosecuzione del processo di semplificazione degli adempimenti formali, il potenziamento degli studi di settore e l’introduzione del concordato triennale preventivo per l'imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo anche in funzione del potenziamento degli studi di settore.

Il concordato preventivo: cenni.

Con riguardo all’esistente istituto del concordato preventivo, la sua introduzione è prevista sia nell’articolo 6 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), sia nell’articolo 3 della legge n. 80 del 2003, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.

In particolare, con l’articolo 6 della legge n. 289 del 2002 è stato introdotto il concordato preventivo triennale, diretto a consentire la definizione preventiva, per la durata di tre anni, della base imponibile ai fini IRPEF e IRAP relativamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo realizzati nel triennio successivo. L’adesione al concordato, consentendo al contribuente di conoscere in via anticipata la misura delle imposte dovute nel triennio di riferimento, comporterebbe un vantaggio sotto il profilo della certezza dei costi da sostenere, in quanto l’onere tributario assumerebbe le caratteristiche di un costo fisso. Inoltre, in presenza di un eventuale ampliamento dell’attività e di un conseguente maggiore imponibile fiscale, quest’ultimo non avrebbe rilevanza ai fini delle imposte da pagare.

Si possono rilevare alcune differenze tra il concordato preventivo di cui all'articolo 6 della legge n. 289 del 2002 e quello prefigurato nella legge di delega per la riforma del sistema fiscale.

In primo luogo, l’articolo 6 della legge n. 289 del 2002, a differenza di quanto previsto nella legge delega, non fa esplicito riferimento agli studi di settore. Più in generale, il testo del citato articolo 6 non contiene specifiche indicazioni in merito all’individuazione dei criteri da adottare per la determinazione dell’imponibile oggetto del concordato.

Con l’articolo 33 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, si è introdotta una “disciplina sperimentale”, in attesa “dell’avvio a regime del concordato preventivo triennale”, e si è precisato che le disposizioni del medesimo articolo 33 non incidono, in ogni caso, sull’esercizio della delega legislativa di cui al richiamato articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80.

Nel dettaglio l’istituto del concordato preventivo consente di determinare l’ammontare minimo, ai fini fiscali, dei ricavi o compensi nonché del reddito di esercizio per ciascuno dei periodi di imposta oggetto del concordato, attraverso una procedura appositamente individuata.

In linea generale, la procedura consiste :

1.       nella rideterminazione dei ricavi o compensi riferiti al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001;

2.       nella rivalutazione degli importi di cui al punto precedente, al fine di determinare i redditi relativi alle annualità interessate dal concordato.

L’accesso al concordato preventivo è consentito a tutti i soggetti che esercitano attività d’impresa ovvero attività di lavoro autonomo. In sostanza, l’adesione all’istituto in esame può essere effettuata sia dai soggetti IRPEF che da soggetti IRPEG o IRES.

Non possono accedere al concordato i soggetti che:

a)       non erano in attività il 31 dicembre 2000;

b)       hanno dichiarato, nel periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2001, ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569 euro;

c)       nel predetto ammontare di ricavi o compensi, che coincide con il limite al di sopra del quale non si applicano gli studi di settore, non si considerano inclusi quelli relativi alla cessione di azioni o quote di partecipazioni in società non iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, di cui all’articolo 53, comma 1, lettera c), del TUIR;

d)       si sono avvalsi dei regimi forfetari di determinazione dell’imponibile o dell’imposta, in uno degli anni 2001 o 2003;

e)       non si impegnano a rispettare la condizione indicata nel comma 4 (v. infra) del medesimo articolo 33 per ciascun periodo di imposta oggetto di concordato.

I periodi d’imposta per i quali è fruibile il concordato sono quello in corso al 1° gennaio 2003 e il successivo. In altre parole, relativamente ai contribuenti per i quali l’esercizio sociale coincide con l’anno solare, il concordato preventivo è applicabile al biennio 2003-2004.

Il comma 3, lettera a), dell’articolo 33 precisa che il concordato preventivo ha effetto ai fini delle imposte sul reddito e, in talune ipotesi, dei contributi.

La lettera c) del comma 10 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha inseritonell’articolo 33 del richiamato decreto-legge n. 269 del 2003 il comma 7-bis, recante disposizioni in merito alla determinazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sui maggiori ricavi o compensi risultanti a seguito dell’adesione al concordato preventivo.

L’importo dei ricavi o compensi, relativi all’esercizio in corso al 1° gennaio 2001, non può essere inferiore a quello determinato a seguito dell’applicazione degli studi di settore o dei parametri.

Pertanto, nel caso in cui i ricavi o compensi dichiarati nel 2001 siano inferiori a quelli determinati in base agli studi di settore o parametri, il contribuente è tenuto, al fine di accedere al concordato, ad effettuare un adeguamento degli stessi e ad assolvere le relative imposte, con esclusione di sanzioni e interessi, sul maggiore imponibile calcolato.

Con riguardo alla determinazione degli imponibili nei periodi d’imposta interessati dal concordato, in particolare, il contribuente, dopo aver rideterminato i redditi del 2001, deve:

-          per il primo periodo di imposta oggetto del concordato, incrementare i ricavi o compensi nonché i redditi del 2001, rispettivamente, dell’8% e del 7%.

-          per il secondo periodo di imposta oggetto del concordato, incrementare i ricavi o compensi minimi concordati per il 2003, nonché il corrispondente reddito, come rideterminati ai sensi del punto precedente, rispettivamente del 5% e del 3,5%.

L’incremento degli importi sopra indicato può essere effettuato, nel primo periodo d’imposta, tramite adeguamento dei valori in sede di dichiarazione dei redditi.

Nel secondo periodo d’imposta, invece, l’adeguamento in dichiarazione è consentito solo se la misura dell’incremento necessaria per il raggiungimento della soglia minima non sia superiore al 10% dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili.

L’adesione al concordato preventivo comporta la determinazione agevolata delle imposte sul reddito e, in talune ipotesi, dei contributi.

In particolare, è previsto che :

-          sulla eccedenza del reddito d’impresa o lavoro autonomo dichiarato nei periodi d’imposta oggetto di concordato, rispetto a quello relativo al 2001, l’imposta è determinata separatamente.

Le aliquote d’imposta sono quelle previste dalla legge delega per la riforma tributaria: per i soggetti IRPEF (IRE dopo l’attuazione della riforma) il 23% oppure il 33%, a seconda che il reddito di impresa o di lavoro autonomo del 2001 ricada a meno nel primo scaglione previsto dalla riforma (100.000 euro); per i soggetti IRPEG (o IRES) l’aliquota è fissata al 33%;

-          per entrambi i periodi di imposta è facoltativo il versamento dei contributi previdenziali sulla parte di reddito eccedente la soglia minima determinata ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 33.

L’adesione al concordato preventivo avviene dietro presentazione, da parte dei soggetti interessati, di un’apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate.

L’adesione al concordato comporta, oltre alla determinazione agevolata delle imposte e dei contributi, anche la sospensione degli obblighi tributari di emissione dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale, a meno che il cliente non ne faccia espressa richiesta, nonché la limitazione dei poteri di accertamento.

In particolare, per i soggetti che si avvalgono del concordato preventivo, sui redditi d’impresa e di lavoro autonomo non possono essere eseguiti gli accertamenti di cui alle seguenti disposizioni:

1)       D.P.R. n. 600 del 1973, concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, e secondo comma, lettere a), d) e d-bis).

L’articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che, con riferimento ai redditi d'impresa delle persone fisiche, l'ufficio procede alla rettifica nei seguenti casi:

a)    quando gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto economico e dell'eventuale prospetto di cui al secondo comma dell'articolo 3 (lettera a) del primo comma dell’articolo 39);

b)    quando non sono state esattamente applicate le disposizioni del TUIR in materia di determinazione del reddito d’impresa (lettera b) del primo comma dell’articolo 39);

c)    quando l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) dell'articolo 32 del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del n. 3) dello stesso articolo, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell'ufficio (lettera c) del primo comma dell’articolo 39);

d)    quando l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dal citato articolo 32 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973 (primo periodo della lettera d) del primo comma dell’articolo 39). Il secondo periodo della lettera d) del primo comma dell’articolo 39 in parola prevede che l'esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti;

e)    quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. n. 600 del 1973 o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA (lettera d-bis del primo comma dell’articolo 39).

Il secondo comma dell’articolo 39 in parola stabilisce, inoltre, che, in deroga alle disposizioni del primo comma, l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:

-        quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

-        quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più scritture contabili prescritte dall'articolo 14 del medesimo D.P.R., ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

-        quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica.

2)       D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA, articolo 54, secondo comma, secondo periodo e articolo 55, secondo comma, numero 3.

L’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 reca disposizioni in materia di rettifica delle dichiarazioni ai fini IVA. In particolare, l’articolo 54, secondo comma, secondo periodo, dispone che le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da risultanze, dati e notizie a norma dell'articolo 53 (presunzione di cessione e di acquisto) o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Ai sensi dell’articolo 55, secondo comma, numero 3), gli uffici finanziari possono procedere all’accertamento induttivo nel caso in cui le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell’articolo 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, siano così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente[30].

Per quanto riguarda, infine la decadenza, si prevede che il mancato raggiungimento delle condizioni richieste dev’essere comunicato dal contribuente nella propria dichiarazione dei redditi. Le conseguenze che ne derivano sono:

a)       la decadenza dai benefìci previsti;

b)       l’avvio della procedura di accertamento parziale, sulla base dell’ammontare minimo dei ricavi o compensi previsto;

c)       la ripresa degli obblighi di documentazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello nel quale non sono state soddisfatte le condizioni richieste.

L’ambito soggettivo di applicazione del nuovo istituto della pianificazione fiscale concordata

Secondo il comma 1 dell’articolo in esame, all’istituto della pianificazione fiscale concordata  possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni.

 

Non possono tuttavia aderire alla pianificazione fiscale, ai sensi del comma 2, i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni che:

a)      si sono avvalsi dei regimi forfetari di determinazione dell’imponibile  o dell’imposta, per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003;

b)      non erano in attività al 1° gennaio 2002;

c)      hanno dichiarato ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569 euro nel periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003. A tal fine non si tiene conto dei ricavi e dei compensi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

La lettera c) del richiamato articolo 85 del testo unico delle imposte sui redditi fa riferimento ai corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. Se le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), si applica il comma 2 dell'articolo 44. 

La lettera d) richiama i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44 emessi da società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. 

La lettera e) fa riferimento ai corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, diversi da quelli di cui alla lettere c) e d) precedenti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. 

d)      hanno omesso la presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2002 e al 31 dicembre 2003.

 

Ai sensi del comma 11, le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, trova applicazione la pianificazione fiscale concordata dovranno essere individuate con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Con il medesimo regolamento, sono altresì individuate le categorie di contribuenti che possono definire i redditi mediante l’esclusiva accettazione degli importi proposti per uno o due periodi d’imposta, ai fini della progressiva entrata a regime della pianificazione fiscale concordata.

L’ambito oggettivo di applicazione

L’oggetto della pianificazione fiscale consiste nella definizione preventiva, per un periodo di tre anni, della base imponibile caratteristica dell’attività lavorativa svolta.

In particolare, secondo il comma 3, l’adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona con l’accettazione di importi, proposti ad ogni contribuente dall’Agenzia delle entrate, che definiscono per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività esercitata, con esclusione degli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.

Le modalità di applicazione

La pianificazione fiscale concordata è un istituto che si perfeziona con il consenso del contribuente, ove questi accetti la proposta di definizione della base imponibile avanzata dall’Amministrazione finanziaria.

Tale proposta, secondo il comma 4, è formulata al singolo contribuente sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria che devono tenere conto:

a)      delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore;

b)      dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività;

c)      della coerenza dei componenti negativi di reddito;

d)      di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.

Le modalità e le norme di attuazione di tali criteri sono definite, ai sensi del comma 11, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Lo stesso regolamento definisce le categorie di contribuenti cui è progressivamente applicata la pianificazione fiscale concordata.

 

Ai sensi del comma 5, il contribuente che voglia accettare la proposta deve comunicare l’adesione entro trenta giorni dal suo ricevimento.

 

Con riguardo alla natura giuridica dell’istituto, desumibile anche dalle concrete modalità di perfezionamento, si può ricordare come, con riferimento all’accertamento con adesione del contribuente previsto dal D.Lgs. n. 218 del 1997, l’alternativa che si era presentata alla dottrina consistesse nel considerare tale istituto come un atto unilaterale di accertamento posto in essere dall’amministrazione finanziaria, cui successivamente dà la propria adesione il contribuente destinatario dell’atto stesso, ovvero come un atto bilaterale a carattere transattivo (cfr. P. RUSSO, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Milano, 2002, 324 ss. nonché, per approfondimenti monografici, MARELLO, L’accertamento con adesione, Torino, 2000, e VERSIGLIONI, Accordo e disposizione nel diritto tributario, Milano, 2001).

 

Nello medesimo termine, tuttavia, la proposta può essere anche definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate.

La definizione in contraddittorio può aversi esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare l’evidente infondatezza della stessa, sulla base dell’esistenza di:

a)      variazioni significative degli elementi strutturali nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;

b)      dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta, che divergano sensibilmente al momento della definizione.

 

Secondo il comma 12, le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

Secondo l’articolo 2-bis del citato D.P.R. n. 322 del 1998, recante il regolamento sulle modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, nell'àmbito dei gruppi in cui almeno una società o ente rientra tra i soggetti di cui al comma precedente (ossia soggetti tenuti, per il periodo d'imposta cui si riferiscono le predette dichiarazioni, alla presentazione della dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari inferiore o uguale a lire 50 milioni; soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta; soggetti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi; soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi alla applicazione degli studi di settore), la presentazione in via telematica delle dichiarazioni di soggetti appartenenti al gruppo può essere effettuata da uno o più soggetti dello stesso gruppo avvalendosi del servizio telematico Entratel. Si considerano appartenenti al gruppo l'ente o la società controllante e le società da questi controllate, come definite dall'articolo 43-ter, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

Ai sensi del comma 3, ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:

a)    gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b)    i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

c)    le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

d)    i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

e)    gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Gli effetti derivanti dall’adesione

L’adesione alla pianificazione fiscale, secondo quanto disposto dal comma 1, determina innanzitutto la definizione preventiva, per un triennio, della base imponibile caratteristica dell’attività svolta, comportando, nel contempo, la limitazione dei poteri di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria.

Ai sensi del comma 7, con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili andrà applicata l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato: ciò, comunque, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali.

Con riguardo alla limitazione dei poteri di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, ai sensi del comma 8,  per i periodi d’imposta oggetto di pianificazione vengono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

 

L’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante l’istituzione e la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, stabilisce, in tema di rettifica delle dichiarazioni, che l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti una imposta inferiore a quella dovuta ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. L'infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli articoli 27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni annuali, deve essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli articoli 51 e 51-bis.

In particolare, il secondo periodo del secondo comma dispone che le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell'art. 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

 

L’articolo 55, recante norme in tema di accertamento induttivo, stabilisce che, se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all'accertamento dell'imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l'ammontare imponibile complessivo e l'aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell'art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33.

Ai sensi del secondo comma, numero 3), dello stesso articolo 55, tali disposizioni si applicano, in deroga alle disposizioni dell'articolo 54, anche quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi del medesimo articolo 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale d’ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.

 

Per il caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione dei redditi, il comma 9 prevede che l’Agenzia delle entrate proceda ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto dell’accordo nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base dell’accordo.

Sono comunque fatti salvi i casi di accadimenti straordinari e imprevedibili debitamente documentati, trovando applicazione, in queste ipotesi, il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

 

Il decreto legislativo n. 218 del 1997 reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, con riguardo alle imposte dirette, all’imposte sul valore aggiunto e alle altre imposte indirette.

 

Il comma 10 specifica che l’inibizione dei poteri di accertamento di cui al comma 6, lettera a), e 8 non opera qualora sia verificata l’emissione o l’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Nei confronti dei medesimi soggetti sono altresì preclusi i benefìci previsti dal comma 6, lettere b) e c).

Il risultato in termini di maggiore gettito per l’erario

La relazione tecnica al disegno di legge in esame (pag. 294) rileva che “ulteriore possibile maggiore gettito, che prudenzialmente non viene stimato, dovrebbe derivare dai commi da 1 a 11, dove si introduce l’istituto della pianificazione fiscale concordata”.


Articolo 34, commi 13-20
(Studi di settore)

 

 


13. Gli studi di settore previsti all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono soggetti a revisione, sentite le associazioni professionali e di categoria ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 62-bis, entro il quarto anno successivo a quello di entrata in vigore dello studio di settore ovvero dell'ultima revisione del medesimo; in ogni caso le risultanze degli studi di settore sono aggiornate ogni anno, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sulla base delle elaborazioni dell'ISTAT che individuano, in relazione ai dati di contabilità nazionale, indici differenziati per settore, territorio e dimensione dei soggetti interessati. Tali indici sono forniti dall'ISTAT alla Agenzia delle entrate entro il mese di gennaio di ciascun anno; il provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentite le associazioni professionali e di categoria, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo dello stesso anno ed ha effetto con riferimento ai redditi del periodo di imposta in corso al 31 dicembre dell'anno precedente.

14. Negli articoli 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate, rispettivamente, le seguenti modificazioni:

     a) al citato articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, al primo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente»; al primo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente»;

     b) al citato articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, al secondo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente»; al secondo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» sono inserite le seguenti: «anche telematicamente».

15. Al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell'istituto della pianificazione fiscale concordata, nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni:

     a) le parole da: «gli uffici delle imposte» a «delle imposte dirette» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni, e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

     b) dopo le parole: «non spettanti» sono inserite le seguenti: «nonché l'esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, possono limitarsi»;

     c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

16. Nel quinto comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni:

     a) le parole da: «l'ufficio dell'imposta» a: «indirette sugli affari» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni, e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione Regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

     b) dopo le parole: «l'esistenza di corrispettivi» sono inserite le seguenti: «o di imposta»;

     c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché l'imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all'articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

17. Nel comma 181 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, primo periodo dell'alinea, le parole: «alle altre categorie reddituali» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto,».

18. All'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1, le parole: «alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto»;

     b) al comma 2, le parole da: «qualora» a «indipendentemente» sono sostituite dalle seguenti: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e».

19. I commi 2 e 3 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono abrogati. La disposizione del periodo precedente ha effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2004.

20. All'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1:

          1) le parole: «il primo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «i periodi»;

          2) le parole: «nella dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «nelle dichiarazioni di cui all'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni,»;

          3) le parole: «per adeguare i ricavi o i compensi» sono sostituite dalle seguenti: «per adeguare gli stessi, anche ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive,»;

     b) al comma 2:

          1) le parole da: «Per il primo periodo d'imposta» a «revisione del medesimo,» sono sostituite dalle seguenti: «Per i medesimi periodi d'imposta di cui al comma 1,»;

          2) le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è»;

          3) le parole: «di presentazione della dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «del versamento a saldo dell'imposta sul reddito; i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un'apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e riportati nella dichiarazione annuale».


 

 

I commi da 13 a 20 introducono modifiche alla disciplina degli studi di settore, prevedendone la revisione d’intesa con le associazioni professionali e di categoria e l’aggiornamento annuale sulla base delle elaborazioni dell’ISTAT.

 

Gli studi di settore, così come introdotti dall’articolo 62-bis deldecreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo.

Ciascuno studio di settore risulta, in particolare, costituito da tante funzioni di ricavo e di compenso quanti sono i gruppi omogenei di contribuenti nei quali sono stati suddivisi tutti coloro che operano nello stesso settore di attività. La derivazione della funzione di ricavo prende le mosse dall’elaborazione di un’ampia struttura informativa attinente ai dati contabili ed extracontabili dei contribuenti, pervenendo alla determinazione di indici statistici specifici per ogni categoria economica ai quali è possibile ragguagliare la situazione del singolo contribuente.

Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.

 

Da ultimo, l’articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80, recante la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, ha previsto, fra i princìpi e criteri direttivi per la riforma dell'imposta sul reddito, per quanto riguarda le semplificazioni, il potenziamento degli studi di settore e, anche in funzione di questo, l’introduzione del concordato triennale preventivo per l'imposizione sul reddito d’impresa e di lavoro autonomo.

Gli obblighi di revisione periodica

Il comma 13 in esame prevede, innanzitutto, la revisione periodica degli studi di settore.

In particolare, si dispone che detti studi di settore siano sottoposti a revisione entro il quarto anno successivo a quello della loro entrata in vigore ovvero della loro ultima revisione.

La revisione è disposta sentite le associazioni professionali e di categoria, ai sensi del comma 1 dell’articolo 62-bis del citato D.-L. n. 331 del 1993.

In aggiunta all’obbligo di revisione quadriennale, le risultanze degli studi di settore devono in ogni caso essere aggiornate ogni anno, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sulla base delle elaborazioni dell'ISTAT che individuano indici differenziati per settore, territorio e dimensione dei soggetti interessati, in relazione ai dati di contabilità nazionale.

Gli indici così individuati devono essere forniti dall'ISTAT all’Agenzia delle entrate, perché si possa procedere alla revisione, entro il mese di gennaio di ciascun anno.

Il provvedimento del direttore della predetta Agenzia, da adottarsi sentite le associazioni professionali e di categoria, dev’essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro il 31 marzo. Tale provvedimento ha effetto con riferimento ai redditi del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre dell'anno precedente.

La trasmissione dei dati in via telematica

Il comma 14 in commento prevede, al fine di accelerare l’acquisizione delle informazioni al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, riducendo il rischio di errori e migliorando così, nel contempo, anche la qualità dei dati, la trasmissione in via telematica delle richieste e delle dichiarazioni fiscali. 

In particolare, la lettera a) del comma 14 provvede a modificare l’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante norme in materia di poteri degli uffici delle imposte sui redditi, nei seguenti termini:

1)      al primo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» vengono inserite le parole «anche telematicamente»;

2)      al primo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» sono sempre inserite le parole «anche telematicamente».

 

Come effetto di tali modifiche, per l'adempimento dei propri compiti gli uffici potranno:

1)      richiedere anche telematicamente, agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione e alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, ovvero attività di gestione e intermediazione finanziaria, anche in forma fiduciaria, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie. Alle società ed enti di assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono essere richiesti anche telematicamente, dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e all’individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite anche telematicamente, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte;

2)      richiedere anche telematicamente, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle imposte dirette ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di zona, alle banche, per quanto riguarda i rapporti con i clienti, e alla società Poste italiane SpA, per quanto attiene ai dati relativi ai servizi dei conti correnti postali, ai libretti di deposito e ai buoni postali fruttiferi, copia dei conti intrattenuti con il contribuente con la specificazione di tutti i rapporti inerenti o connessi a tali conti, comprese le garanzie prestate da terzi; ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi agli stessi conti possono essere richiesti anche telematicamente con l'invio di questionari alle banche e alla società Poste italiane. La richiesta dev’essere indirizzata al responsabile della sede o dell'ufficio destinatario, che ne dà notizia immediata al soggetto interessato; la relativa risposta dev’essere inviata anche telematicamente al titolare dell'ufficio procedente.

 

La lettera b)del comma 14 in esame provvede a modificare similmente l’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante norme in tema di poteri degli uffici in materia di imposta sul valore aggiunto, nei seguenti termini:

-        al secondo comma, numero 5), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «devono essere fornite» vengono inserite le parole «anche telematicamente»;

-        al secondo comma, numero 7), dopo le parole: «richiedere», «possono essere richiesti» e «deve essere inviata» vengono inserite le parole «anche telematicamente».

 

Come effetto di tali modifiche, per l'adempimento dei loro compiti gli uffici potranno:

1)      richiedere anche telematicamente agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione e alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, ovvero attività di gestione e intermediazione finanziaria, anche in forma fiduciaria, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie. Alle società ed enti di assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono essere richiesti anche telematicamente dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e alla individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite anche telematicamente, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte.

2)      richiedere anche telematicamente, previa autorizzazione dell'ispettore compartimentale delle tasse e imposte indirette sugli affari ovvero, per la Guardia di finanza, del comandante di zona, alle banche, per quanto riguarda i rapporti con i clienti, e alla società Poste italiane SpA, per quanto attiene ai dati relativi ai servizi dei conti correnti postali, ai libretti di deposito e ai buoni postali fruttiferi, copia dei conti intrattenuti con il contribuente con la specificazione di tutti i rapporti inerenti o connessi a tali conti comprese le garanzie prestate da terzi; ulteriori dati e notizie di carattere specifico relativi agli stessi conti possono essere richiesti anche telematicamente - negli stessi casi e con le medesime modalità - con l'invio di questionari alle banche e alla società Poste italiane. La richiesta dev’essere indirizzata al responsabile della sede o dell'ufficio destinatario, che ne dà notizia immediata al soggetto interessato; la relativa risposta dev’essere inviata anche telematicamente al titolare dell'ufficio procedente.

Accertamento parziale e rettifica delle dichiarazioni

I commi 15 e 16 modificano le norme in materia di accertamento parziale relativo alle imposte dirette e di rettifica delle dichiarazioni relative all’imposta sul valore aggiunto, provvedendo a rafforzare l’efficacia complessiva dell’azione di accertamento tributario, con riferimento sia alle modalità, sia all’oggetto dell’accertamento stesso.

Il comma 15, in particolare, al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell'istituto della pianificazione fiscale concordata, provvede a modificare il primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, in materia di imposte sui redditi.

Il citato articolo 41-bis, recante norme in tema di accertamento parziale, dispone che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, gli uffici delle imposte, qualora, dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società, associazioni ed imprese di cui all'art. 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, o l'esistenza di deduzioni, esenzioni e agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili.

 

Il comma 15 in esame introduce una serie di modificazioni nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 41-bis.

Innanzitutto, con riguardo ai soggetti che effettuano l’accertamento, «gli uffici delle imposte» vengono sostituiti con “i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate”.

Con riguardo alle informazioni in base alle quali iniziare e condurre l’accertamento, le “segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette” vengono sostituite dal riferimento agli accessi, ispezioni, e verifiche nonché alle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali.

Relativamente agli elementi che consentono di stabilire l’esistenza di violazioni fiscali, viene aggiunta l'esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter

 

Il richiamato articolo 36-bis reca norme in tema di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni; l’articolo 36-ter reca norme in tema di controllo formale delle dichiarazioni.

 

Con riguardo all’oggetto dell’accertamento, infine, oltre al reddito o al maggior reddito imponibili viene aggiunto il riferimento alla maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

 

Il decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

 

Con eguali finalità opera il comma 16, che provvede a modificare il quinto comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di imposta sul valore aggiunto.

 

Il citato articolo 54, recante norme in tema di rettifica delle dichiarazioni, dispone, al quinto comma, che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto, qualora dalle segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l'imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante.

 

Innanzitutto, con riguardo ai soggetti che effettuano l’accertamento, “l’ufficio dell’imposta” viene sostituito con “i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate”.

Con riguardo alle informazioni in base alle quali iniziare e condurre la rettifica, le “segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari” vengono sostituite dal riferimento agli accessi, ispezioni, e verifiche nonché alle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali.

Relativamente agli elementi che consentono di stabilire l’esistenza di violazioni fiscali, viene aggiunta l'esistenza di imposta in tutto o in parte non dichiarata.

Con riguardo all’oggetto dell’accertamento, infine, oltre all’imposta o alla maggiore imposta dovuta viene aggiunto il riferimento all'imposta o alla maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all'articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

 

Ai sensi del citato articolo 54-bis, recante norme in tema di liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni, avvalendosi di procedure automatizzate l'amministrazione finanziaria procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti. Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'amministrazione finanziaria provvede: a) a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione del volume d'affari e delle imposte; b) a correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni; c) a controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell'imposta risultante dalla dichiarazione annuale a titolo di acconto e di conguaglio nonché dalle liquidazioni periodiche di cui agli articoli 27, 33, comma 1, lettera a), e 74, quarto comma. Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l'esito della liquidazione è comunicato ai sensi e per gli effetti di cui al comma 6 dell'articolo 60 al contribuente, nonché per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione. I dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente.

 

Il decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, come ricordato, reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

Estensione degli accertamenti basati sugli studi di settore

I commi 17 e 18 provvedono ad estendere gli accertamenti previsti e basati su studi di settore, oltre alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto di accertamenti tributari, anche alle stesse categorie reddituali già oggetto di accertamento, nonché con riguardo ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Il comma 17, in particolare, provvede a modificare il comma 181 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

 

Il citato comma 181 stabilisce, al primo periodo, che, fino all’approvazione degli studi di settore, gli accertamenti di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), deldecreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, possono essere effettuati, senza pregiudizio della ulteriore azione accertatrice con riferimento alle altre categorie reddituali utilizzando i parametri di cui al comma 184 dello stesso articolo 3 ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari.

 

Per quanto riguarda gli accertamenti tributari richiamati, secondo il citato articolo 39, primo comma, lettera d), l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati può risultare dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'art. 33 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'art. 32. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.    

 

Il comma 17 in esame sostituisce il riferimento alle “altre categorie reddituali” con il riferimento “alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”, estendendo così gli accertamenti potenzialmente eseguibili.

 

Il comma 18 modifica l'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante disposizioni riguardanti l'accertamento basato sugli studi di settore e l'accertamento basato sui parametri.

 

Il citato articolo 70 dispone, al primo comma, che gli accertamenti basati sugli studi di settore di cui all'articolo 10, concernente modalità di utilizzazione degli studi di settore, della legge 8 maggio 1998, n. 146 (Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario), sono effettuati senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi.

Il comma 2 precisa che l'intervenuta definizione degli accertamenti basati sugli studi di settore ai sensi degli articoli 2 e 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, non esclude l'esercizio dell'ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali oggetto di adesione, qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi, indipendentemente dai limiti previsti dall'articolo 2, comma 4, lettera a), del citato decreto legislativo n. 218 del 1997 (il quale restringe tale facoltà di accertamento ulteriore all’ipotesi di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali sia possibile accertare un maggior reddito superiore al cinquanta per cento del reddito definito e comunque non inferiore a centocinquanta milioni di lire).

 

Il comma 18 in esame sostituisce, al primo comma dell’articolo 70, il riferimento alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi con il riferimento alle “medesime o alle altre categorie reddituali”, nonché con il riferimento ad “ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”.

Al comma 2, inoltre, viene rimossa la sopravvenienenza della conoscenza di nuovi elementi quale condizione per l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice con riferimento alle categorie reddituali oggetto di adesione.

Contribuenti con contabilità ordinaria ed esercenti arti o professioni

Il comma 19 prevede la possibilità di effettuare gli accertamenti sulla base degli studi di settore nei confronti dei contribuenti con contabilità ordinaria e degli esercenti arti e professioni senza subordinare ad alcuna condizione la possibilità di compiere gli stessi.

Il comma in esame abroga infatti i commi 2 e 3 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, recante disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2004.

 

Il richiamato articolo 10 della legge n. 146 del 1998, recante modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento, dispone, al comma 1, che gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui all'art. 62-sexies del D.-L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con periodo d'imposta pari a dodici mesi e con le modalità in esso indicate.

Il comma 2 stabilisce che nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria per effetto di opzione e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione solo se in almeno due periodi d'imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l'ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all'ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi d'imposta.

Ai sensi del comma 3, indipendentemente da quanto previsto al comma 2, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, l'ufficio procede ai sensi del comma 1 quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, risulta motivata l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o l'irregolarità delle scritture obbligatorie ovvero tra esse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti con il D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570.

 

L’abrogazione dei commi 2 e 3 fa pertanto venir meno le condizioni ivi indicate per l’esperimento degli accertamenti basati sugli studi di settore, così come previsti dal comma 1.

Adeguamento alle risultanze degli studi di settore

Il comma 20 modifica le norme che consentono l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore, in sede di dichiarazione annuale, senza il pagamento di sanzioni e di interessi, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto.

 

In particolare, il comma 20 modifica l'articolo 2 del regolamento che disciplina i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.

 

Il citato articolo 2, recante norme in tema di adeguamento alle risultanze degli studi di settore, dispone, al comma 1, che, per il primo periodo d'imposta in cui trovano applicazione lo studio di settore ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, non si applicano sanzioni e interessi nei confronti dei contribuenti che indicano nella dichiarazione dei redditi ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili per adeguare i ricavi o i compensi a quelli derivanti dall'applicazione dei predetti studi di settore.

Al comma 2 si stabilisce che, per il primo periodo d'imposta in cui trova applicazione lo studio di settore, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, l'adeguamento al volume di affari risultante dalla applicazione degli studi di settore può essere operato, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, senza applicazione di sanzioni e interessi, effettuando il versamento della relativa imposta entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

Per quanto concerne il richiamato comma 1, il comma 20 in esame provvede ad operare una serie di modifiche.

Innanzitutto, il riferimento al “primo periodo d’imposta” in cui dovrebbe trovare applicazione lo studio di settore viene sostituito dal riferimento ai periodi d’imposta nei quali lo stesso può trovare applicazione.

Il riferimento alla dichiarazione dei redditi, nella quale i contribuenti possono indicare ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili, viene sostituito dal riferimento alle dichiarazioni di cui all'articolo 1 del regolamento che disciplina le modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

 

Il richiamato articolo 1 del D.P.R. n. 322 del 1998, recante norme in tema di redazione e sottoscrizione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P, dispone, fra l’altro, che ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive le dichiarazioni sono redatte, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati entro il 15 febbraio con provvedimento amministrativo, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale e da utilizzare per le dichiarazioni dei redditi e del valore della produzione relative all'anno precedente ovvero, in caso di periodo d’imposta non coincidente con l'anno solare, per le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di approvazione.

 

I modelli di dichiarazione sono resi disponibili in formato elettronico dall'Agenzia delle entrate in via telematica. I modelli cartacei necessari per la redazione delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche non obbligate alla tenuta delle scritture contabili possono essere gratuitamente ritirati presso gli uffici comunali.

La dichiarazione è sottoscritta, a pena di nullità, dal contribuente o da chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. La nullità è sanata se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.

La dichiarazione dei soggetti diversi dalle persone fisiche è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale, e in mancanza da chi ne ha l'amministrazione anche di fatto, o da un rappresentante negoziale. La nullità è sanata se il soggetto tenuto a sottoscrivere la dichiarazione vi provvede entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.

La dichiarazione delle società e degli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, presso i quali esiste un organo di controllo, è sottoscritta anche dalle persone fisiche che lo costituiscono o dal presidente se si tratta di organo collegiale. La dichiarazione priva di tale sottoscrizione è valida, salva l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni.

In caso di presentazione della dichiarazione in via telematica, le disposizioni in tema di sottoscrizione si applicano con riferimento alla dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare.

 

Infine, il comma 20 in esame dispone che l’adeguamento dei ricavi e dei compensi è operato anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.

 

Con riguardo al comma 2 dell’articolo 1 del D.P.R. n. 195 del 1999, il comma 20 in esame provvede anche in relazione ad esso ad operare una serie di modifiche.

 

Innanzitutto, anche qui il riferimento al “primo periodo d’imposta” in cui trova applicazione lo studio di settore viene sostituito dal riferimento ai periodi d’imposta nei quali lo stesso può trovare applicazione.

 

In secondo luogo, si dispone che l’adeguamento, che attualmente “può essere operato”, debba invece essere necessariamente operato, senza applicazione di sanzioni e interessi, effettuando i relativi versamenti.

 

Infine, il riferimento al momento della presentazione dei redditi quale termine utile per il versamento delle imposte relative all’adeguamento viene sostituito dal riferimento al termine del versamento a saldo dell’imposta sul reddito.

Conseguentemente, viene disposto che i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un'apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, nonché riportati nella dichiarazione annuale.

 

Ai sensi del richiamato articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante norme in tema di registrazione delle fatture, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro.

Ai sensi del successivo articolo 24, recante norme in tema di registrazione dei corrispettivi, i commercianti al minuto e gli altri contribuenti possono fra l’altro annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte, distinto secondo l'aliquota applicabile, nonché l'ammontare globale dei corrispettivi di operazioni non imponibili. L'annotazione deve essere eseguita, con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo.


Articolo 34, comma 21
(Redditi soggetti a tassazione separata)

 

 


21. In esecuzione dell'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. La relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d'imposta 2001, è versata mediante modello di pagamento, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall'Agenzia. In caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'apposita comunicazione si procede all'iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, con l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all'articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.


 

 

Il comma 21 provvede ad attuare lo statuto del contribuente nella parte in cui si prevede che, prima dell’iscrizione a ruolo, ove esistano incertezze, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari, in relazione alla liquidazione delle imposte relative ai redditi soggetti a tassazione separata.

 

In particolare, il comma in esame dispone che, in esecuzione appunto dell'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo statuto del contribuente, l'Agenzia delle entrate deve comunicare ai contribuenti, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata.

 

Il richiamatoarticolo 6 della legge n. 212 del 2000, recante norme in tema di conoscenza degli atti e semplificazione, dispone, al comma 5, che prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell'ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione di tali disposizioni.

 

L’attività di liquidazione è svolta secondo le disposizioni contenute nell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, recante appunto norme in tema di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, secondo il quale, avvalendosi di procedure automatizzate, l'amministrazione finanziaria procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta

 

Al fine di semplificare gli adempimenti a carico del contribuente, il comma 21 in esame dispone che la relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d'imposta 2001, debba essere versata mediante modello di pagamento, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall'Agenzia.

 

Secondo il richiamato articolo 19, recante norme in tema di modalità di versamento mediante delega, i versamenti delle imposte, dei contributi, dei premi previdenziali ed assistenziali e delle altre somme, al netto della compensazione, sono eseguiti mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata.

La banca rilascia al contribuente un'attestazione conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, recante l'indicazione dei dati identificativi del soggetto che effettua il versamento, la data, la causale e gli importi dell'ordine di pagamento, nonché l'impegno ad effettuare il pagamento agli enti destinatari per conto del delegante. L'attestazione deve recare altresì l'indicazione dei crediti per i quali il contribuente si è avvalso della facoltà di compensazione.

 

Ove il contribuente non provveda ad effettuare il pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'apposita comunicazione, viene disposta l'iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.

 

In tali casi, è altresì disposta l’applicazione della sanzione di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all'articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.

 

Secondo il richiamato articolo 13 del D.Lgs n. 471 del 1997, recante norme in tema di ritardati od omessi versamenti diretti, chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall'amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Il comma 2 di tale articolo specifica che, fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.

Le sanzioni previste non si applicano comunque quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente

 

Con riguardo alla corresponsione degli interessi, il richiamato articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973 dispone che sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione e al controllo formale della dichiarazione o all'accertamento d'ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del 2,75 per cento annuo.

 


Articolo 34, comma 22
(Decorrenza degli interessi su somme che costituiscono
oggetto di riscossione)

 

 

22. Ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999, sono aggiunte, in fine, le seguente parole: «e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione».

 

 

Il comma 22 specifica che, nel caso di riscossione di somme dovute a seguito di controlli automatici ovvero a seguito di controlli formali, gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione concernente la determinazione della somma dovuta. Tale disposizione si applica con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999.

 

In particolare, il comma in esame stabilisce che ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, recante norme in tema di unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999, sia aggiunta, in fine, la disposizione secondo la quale gli interessi sulle somme che costituiscono oggetto di riscossione sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.

 

Il richiamato articolo 2 del D.Lgs. n. 462 del 1997, recante norme in tema di riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici, stabilisce che le somme che, in conseguenza dei controlli automatici compiuti ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Il comma 2 precisa che l'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta. In tal caso, l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo.

 

L’articolo 3 del medesimo D.Lgs. n. 462 del 1997, in tema di riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli formali, stabilisce, al comma 1, che le somme che, a seguito dei controlli formali compiuti ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni, possono essere pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 4 del predetto articolo 36-ter, con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega. In tal caso l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto a due terzi.

 

L’applicazione della disposizione in commento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999 trova fondamento nel fatto che le disposizioni del D.Lgs. n. 462 del 1997, per espresso disposto dell’articolo 5 dello stesso, hanno efficacia relativamente ai periodi d'imposta per i quali le dichiarazioni devono essere presentate a decorrere dalla suddetta data.

 


Articolo 34, comma 23
(Reato di omesso versamento di ritenute certificate)

 

 


23. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dopo l'articolo 10 è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. – (Omesso versamento di ritenute certificate).1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta».


 

 

Il comma 23 introduce nell’ordinamento la fattispecie criminosa di omesso versamento di ritenute certificate, comminando la reclusione da sei mesi a due anni per il sostituto d’imposta che non versa nei termini previsti ritenute operate e certificate per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 2 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, recante norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria, prevedeva una simile fattispecie di reato.

In particolare, il comma 1 stabiliva che chiunque, essendovi obbligato, avesse omesso di presentare la dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, se l'ammontare delle somme pagate e non dichiarate era superiore a lire cinquanta milioni per il periodo d'imposta, era punito con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda fino a lire cinque milioni. Non si considerava omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine prescritto o presentata ad un ufficio incompetente o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

Ai sensi del comma 2, veniva punito con l'arresto fino a tre anni o con l'ammenda fino a lire sei milioni chiunque, in qualità di sostituto d'imposta, al di fuori del caso di cui al comma 3, non avesse provveduto a versare, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale, ritenute alle quali era obbligato per legge relativamente a somme pagate, per un ammontare complessivo superiore a lire cinquanta milioni per ciascun periodo d'imposta. Non si teneva conto delle ritenute non versate che, in relazione al singolo percipiente, risultassero inferiori al 5 per cento delle ritenute ad esso relative.

Il comma 3 stabiliva che chiunque non avesse versato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare complessivo superiore a lire venticinque milioni per ciascun periodo d'imposta, era punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire tre milioni a lire cinque milioni; se il predetto ammontare complessivo era superiore a dieci milioni di lire ma non a venticinque milioni di lire per ciascun periodo d'imposta, si applicava la pena dell'arresto fino a tre anni o dell'ammenda fino a lire sei milioni.

Ai sensi del comma 4, se coesistevano i reati di mancata presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta e di mancato versamento delle ritenute di cui, rispettivamente, ai commi 1 e 2, si applicavano le sole pene previste al comma 2.

 

Il descritto articolo 2 del D.-L. n. 429 del 1982 è stato abrogato dall'art. 25 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

 

Il comma 23 in esame inserisce, dopo l’articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, il nuovo articolo 10-bis, che prevede il reato di omesso versamento di ritenute certificate.

Il soggetto attivo del reato è chiunque sia tenuto al versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai soggetti sostituiti nel versamento dell’imposta.

La condotta incriminata consiste nell’omissione del versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.

Tale condotta rileva, sotto il profilo penale, soltanto qualora l’ammontare delle ritenute non versate sia superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.

La pena consiste nella reclusione da sei mesi a due anni.

 


Articolo 34, comma 24
(Legittimazione ad agire dei concessionari della riscossione)

 

 

24. All'articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, dopo le parole: «costituisce titolo esecutivo» sono aggiunte le seguenti: «; il concessionario può altresì promuo­vere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».

 

 

Il comma 24 riconosce espressamente al concessionario della riscossione la legittimazione ad agire a tutela del credito iscritto a ruolo, esercitando le azioni cautelari e conservative nonché le altre azioni previste dalle norme ordinarie a tutela del creditore.

 

La norma – secondo quanto è esposto nella relazione illustrativa del Governo – ha il fine di eliminare ogni dubbio sulla legittimazione dei concessionari ad agire, consentendo loro, nell’ambito dell’autonomia di gestione ormai riconosciuta, di avvalersi di tutti gli strumenti di tutela del credito vantato previsti dalle norme ordinarie.

 

In particolare, il comma 24 in esame stabilisce che all'articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, sia aggiunta, in fine, la disposizione secondo la quale il concessionario può promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.

 

Il richiamato articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante norme in tema di espropriazione forzata, nella formulazione attuale prevede, al comma 1, che per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo.

 

La disposizione che si aggiunge al dettato del comma 1 dell’articolo 49, secondo quanto illustrato nella relazione governativa al disegno di legge, sembra fare riferimento alle azioni conservative, previste dagli articoli 2900 e 2901 del codice civile, all’azione cautelare prevista dall’articolo 2905 c.c., all’impugnazione della rinunzia all’eredità prevista dall’articolo 524 c.c. e ad ogni altra azione ordinaria.

 

Il richiamato articolo 2900 del codice civile disciplina l’azione surrogatoria, quale mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del debitore.

In particolare, l’articolo prevede che il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, possa esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.

L’articolo 2901 disciplina l’azione revocatoria, stabilendo che il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. Le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso quando sono contestuali al credito garantito. Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto. L'inefficacia dell'atto non pregiudica comunque i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione.

L’articolo 2905 disciplina il sequestro conservativo nei confronti del debitore o del terzo, stabilendo che il creditore possa chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione.

 


Articolo 34, comma 25
(Discarico per inesigibilità)

 

 


25. All'articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 2, lettera a), dopo le parole: «alla consegna del ruolo ovvero,» sono inserite le seguenti: «per i ruoli straordinari, entro il secondo mese successivo, nonché,»;

     b) al comma 4, dopo le parole: «di segnalare azioni cautelari ed esecutive» sono inserite le seguenti: «nonché conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».


 

 

Il comma 25, nell’ambito della disciplina del discarico per inesigibilità, da parte del concessionario, delle quote iscritte a ruolo, provvede:

a)      a differenziare i termini entro i quali la mancata notificazione della cartella di pagamento imputabile al concessionario costituisce causa di perdita al discarico, in relazione ai ruoli ordinari e ai ruoli straordinari;

b)      a riconoscere il potere dell’ufficio di segnalare al concessionario, fino al discarico, oltre alle azioni cautelari ed esecutive, anche le azioni conservative da intraprendere al fine di riscuotere le somme previste a ruolo, che vengono ora previste espressamente dall’articolo 49, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, a seguito della modificazione recata dal comma 24 dell’articolo 34 del disegno di legge in commento.

 

Con riferimento alla disciplina generale del discarico per inesigibilità, l'articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, dispone, al primo comma, che ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo, il concessionario trasmette, anche in via telematica, all'ente creditore, una comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione viene redatta e trasmessa con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze.

Costituiscono causa di perdita del diritto al discarico:

a) la mancata notificazione, imputabile al concessionario, della cartella di pagamento, entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo ovvero, nel caso previsto dall'articolo 32, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (indicazione delle rate da parte dell’ente creditore), entro il terzo mese successivo all'ultima rata indicata nel ruolo;

b) la mancata comunicazione all'ente creditore, anche in via telematica, con cadenza annuale, dello stato delle procedure relative alle singole quote comprese nei ruoli. La prima comunicazione è effettuata entro il diciottesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo. Tale comunicazione è effettuata con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze;

c) la mancata presentazione, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, della suddetta comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione è soggetta a successiva integrazione se, alla data della sua presentazione, le procedure esecutive sono ancora in corso per causa non imputabile al concessionario;

d) il mancato svolgimento dell'azione esecutiva su tutti i beni del contribuente la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema informativo del Ministero delle finanze, a meno che i beni pignorati non fossero di valore pari al doppio del credito iscritto a ruolo, nonché sui nuovi beni la cui esistenza è stata comunicata dall'ufficio ai sensi del comma 4;

d-bis) il mancato svolgimento delle attività conseguenti alle segnalazioni effettuate dall'ufficio ai sensi del comma 4;

e) la mancata riscossione delle somme iscritte a ruolo, se imputabile al concessionario; sono imputabili al concessionario e costituiscono causa di perdita del diritto al discarico i vizi e le irregolarità compiute nell'attività di notifica della cartella di pagamento e nell'àmbito della procedura esecutiva, salvo che gli stessi concessionari non dimostrino che tali vizi ed irregolarità non hanno influito sull'esito della procedura.

Ai sensi del comma 3, decorsi tre anni dalla comunicazione di inesigibilità, totale o parziale, della quota, il concessionario è automaticamente discaricato, e contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali i crediti erariali corrispondenti alle quote discaricate.

Secondo il comma 4, fino al discarico di cui al comma 3, resta salvo, in ogni momento, il potere dell'ufficio di comunicare al concessionario l'esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione e di segnalare azioni cautelari ed esecutive da intraprendere al fine di riscuotere le somme iscritte a ruolo.

 

Il comma 25 in esame, alla lettera a), modifica l'articolo 19, comma 2, lettera a), del D.Lgs. n. 112 del 1999 specificando che, per i ruoli straordinari, è causa di perdita del diritto al discarico, se imputabile al concessionario, la mancata notificazione della cartella di pagamento entro il secondo mese successivo alla consegna del ruolo.

Viene così stabilito un termine più ridotto rispetto a quello previsto per i ruoli ordinari, per i quali è causa di perdita del diritto al discarico la mancata notificazione, imputabile al concessionario, entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo.

 

Il comma 29 del disegno di legge in esame prevede che le disposizioni aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari), fra cui quella appena esaminata, siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° gennaio 2005.

 

Inoltre il comma 25, alla lettera b), inserisce nell’articolo 19, comma 4, del medesimo D.Lgs. n. 112 del 1999, che riconosce il potere dell’ufficio di segnalare al concessionario, fino al discarico, le azioni cautelari ed esecutive da intraprendere al fine di riscuotere le somme previste a ruolo, anche il riferimento alle azioni conservative e ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore, secondo quanto ora dispostodall’articolo 49, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, a seguito della modificazione recata dal comma 24 dell’articolo 34 del disegno di legge in commento.


Articolo 34, comma 26
(Disposizioni in tema di ruoli e di poteri di riscossione)

 

 


26. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 12, comma 3, dopo la parola: «contribuente,» sono aggiunte le seguenti: «la specie del ruolo,»;

     b) all'articolo 19, comma 4-bis, le parole: «ad espropriazione forzata» sono sostituite dalle seguenti: «alla riscossione coattiva»; nel medesimo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto»;

     c) all'articolo 25, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a pena di decadenza, entro l'ultimo giorno del quinto mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario».


 

 

Il comma 26, in relazione alla differenziazione fra ruoli ordinari e ruoli straordinari, dispone che nel ruolo stesso sia ora indicata la sua natura, e provvede a indicare i termini di notifica della cartella di pagamento, differenziandoli sempre in relazione alla natura ordinaria o straordinaria dei ruoli.

 

L’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, definisce oggetto e specie dei ruoli, che si distinguono in ordinari e straordinari. Questi  ultimi sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione.

 

Con riguardo, inoltre, al potere del concessionario di procedere ad espropriazione forzata nei confronti del fidejussore del debitore, sostituisce il riferimento all’istituto dell’espropriazione forzata con il riferimento, più generico, alla riscossione coattiva, onde ricomprendervi altre forme di tutela del credito.

 

In particolare, il comma 26 in esame, alla lettera a), modifica l’articolo 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

 

Il richiamato articolo 12 del D.P.R. n. 602 del 1973, recante norme in tema di formazione e contenuto dei ruoli, prevede che l'ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell'ambito territoriale cui il ruolo si riferisce. Il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell'ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo.

Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono stabiliti i dati che il ruolo deve contenere, i tempi e le procedure della sua formazione, nonché le modalità dell'intervento in tali procedure da parte del consorzio nazionale obbligatorio fra i concessionari.

Il comma 3 precisa che nel ruolo devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all'iscrizione.

 

Il comma 26, alla lettera a), aggiunge, fra le indicazioni necessarie previste dal citato comma 3, anche la specie del ruolo, se cioè questo sia ordinario o straordinario.

 

La lettera b)del comma 26 in esame modifica l'articolo 19, comma 4-bis,del D.P.R. n. 602 del 1973.

 

Tale articolo, recante disposizioni in tema di dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, prevede, al comma 4-bis, che se, in caso di decadenza del contribuente dal beneficio della dilazione, il fidejussore non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle generalità del fidejussore stesso, delle somme da esso dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il concessionario può procedere ad espropriazione forzata nei suoi confronti sulla base dello stesso ruolo emesso a carico del debitore.

 

Ai sensi dell’articolo 2910 del codice civile, in tema di oggetto dell'espropriazione, il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.

 

La lettera b) del comma 26 sostituisce ora il riferimento all’istituto dell’espropriazione forzata con il più ampio riferimento alla “riscossione coattiva”, al fine di eliminare possibili vincoli all’attività di autotutela del credito del concessionario nei confronti del garante inadempiente, considerato – si legge nella relazione illustrativa del Governo – che, stante la formulazione attuale, potrebbe risultare contestata l’iscrizione di ipoteca a carico del garante ovvero l’iscrizione del fermo di beni mobili registrati. 

 

Viene inoltre specificato che la riscossione coattiva è eseguita secondo le disposizioni di cui al titolo II dello stesso decreto n. 602 del 1973 (il quale disciplina appunto le forme della riscossione coattiva).

 

La lettera c) del comma 26, infine, provvede a reintrodurre un termine per la notifica della cartella di pagamento, differenziato a seconda del tipo di ruolo, ordinario o straordinario, modificando così l’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973.

 

L’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, nella vigente formulazione, prevede che il concessionario debba notificare la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, senza tuttavia prevedere alcun termine.

 

L’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 aprile 2001 n. 193, recante disposizioni integrative e correttive dei D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione, aveva eliminato ogni termine posto al riguardo.

 

Si provvede, pertanto, ad aggiungere la disposizione secondo la quale la notifica deve essere effettuata entro l'ultimo giorno del quinto mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario.

 

I termini così individuati sono previsti a pena di decadenza.

 

Il comma 29 del disegno di legge in esame prevede che le disposizioni aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari), fra cui quelle delle lettere a) e c) sopra esaminate, siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° gennaio 2005.


 

Articolo 34, commi 27-28
(Rilascio di garanzie e recupero coattivo)

 

 


27. Al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 8, comma 2, terzo periodo, le parole: «garanzia con le modalità di cui all'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «idonea garanzia mediante polizza fidejussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 8, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

     «3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante»;

     b) all'articolo 15, comma 2, le parole: «commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3 e 3-bis».

28. All'articolo 48, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le parole: «garanzia secondo le modalità di cui all'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «garanzia mediante polizza fidejussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 48, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante».


 

 

I commi 27 e 28, nel caso di rateizzazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione ovvero di conciliazione giudiziale, modificano la tipologia di garanzia che il contribuente è tenuto a prestare, disponendo che la stessa debba essere prestata mediante polizza fidejussoria o fideiussione bancaria.

 

Inoltre, nel caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate, facoltizzano il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate a provvedere all’iscrizione a ruolo delle somme dovute a carico del contribuente e del suo garante.

 

Nel dettaglio, la lettera a) del comma 27 modifica l’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

 

Tale articolo dispone che il versamento delle somme dovute per effetto dell'accertamento con adesione debba essere eseguito mediante delega ad una banca autorizzata o tramite il concessionario del servizio di riscossione competente in base all'ultimo domicilio fiscale del contribuente.

Il comma 2 prevede, fra l’altro, che le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, o in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire (euro 51.645,69). Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell'atto di adesione.

Per il versamento di tali somme il contribuente è tenuto a prestare garanzia con le modalità di cui all'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per il periodo di rateazione del detto importo, aumentato di un anno.

 

Il richiamato articolo 38-bis, recante norme in tema di esecuzione dei rimborsi relativi all’imposta sul valore aggiunto, prevede che gli stessi rimborsi siano eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione prestando, contestualmente all'esecuzione del rimborso e per una durata pari a tre anni dallo stesso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento, cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero fidejussione rilasciata da un'azienda o istituto di credito, comprese le casse rurali e artigiane indicate nel primo comma dell'articolo 38, o da un’impresa commerciale che a giudizio dell'Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità, o mediante polizza fidejussoria rilasciata da un istituto o impresa di assicurazione. Per le piccole e medie imprese, definite secondo i criteri stabiliti dal D.M. 18 settembre 1997 e dal D.M. 27 ottobre 1997 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per l’adeguamento alla nuova disciplina comunitaria, dette garanzie possono essere anche prestate dai consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 29 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, iscritti nell'apposita sezione dell'elenco previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, con le modalità e criteri di solvibilità stabiliti con decreto del Ministro delle finanze. Per i gruppi di società, con patrimonio superiore a 500 miliardi di lire risultante dal bilancio consolidato, la garanzia può essere prestata mediante la diretta assunzione da parte della società capogruppo o controllante, di cui all'articolo 2359 del codice civile, dell’obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, all'Amministrazione finanziaria, anche per il caso di cessione della partecipazione nella società controllata o collegata. In ogni caso la società capogruppo o controllante deve comunicare in anticipo all'Amministrazione finanziaria l'intendimento di cedere la partecipazione nella società controllata o collegata. La garanzia concerne anche crediti relativi ad annualità precedenti maturati nel periodo di validità della garanzia stessa. Dall'obbligo di prestazione delle garanzie sono esclusi i soggetti cui spetta un rimborso di imposta di importo non superiore a lire 10 milioni.

 

Tale tipologia di garanzia viene ora sostituita con un’idonea garanzia prestata mediante polizza fidejussoria o fidejussione bancaria: ciò al fine – si legge nella relazione illustrativa – di prevedere che le garanzie vengano rilasciate solo da alcuni soggetti particolarmente qualificati e di uniformare la disciplina delle garanzie in esame a quella prevista per la rateizzazione delle imposte iscritte a ruolo, secondo quanto disposto dall’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973.

 

La stessa lettera a) del comma 27 in esame inserisce nell’articolo 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997 il nuovo comma 3-bis, secondo il quale, in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante.

 

A fine di coordinamento delle norme esistenti con quelle inserite ex novo, la lettera b) dello stesso comma 27 provvede poi a integrare la disciplina delle modalità di versamento delle somme dovute a titolo di sanzione, di cui all’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997, con il riferimento al nuovo comma 3-bis, sopra esaminato.

 

Il comma 28, con gli stessi fini e modalità del comma 27, modifica le tipologie di garanzia e prevede il potere di iscrizione a ruolo, da parte del competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, in caso di mancato pagamento, in relazione alla riscossione rateale delle somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale.

 

Nel dettaglio, il comma 28 modifica, negli stessi termini operati dal comma 27, l’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

 

Tale articolo, recante disposizioni in materia di conciliazione giudiziale, prevede, fra l’altro, che ciascuna delle parti possa proporre all'altra parte la conciliazione totale o parziale della controversia. La conciliazione può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d'ufficio anche dalla commissione.

Il comma 3 prevede che, se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d'imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un'unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire, previa prestazione di idonea garanzia secondo le modalità di cui all'art. 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell'intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull'importo delle rate successive, comprensivo degli interessi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa data, e per il periodo di rateazione di detto importo aumentato di un anno.

 


Articolo 34, comma 29
(Termine di decorrenza dell’applicazione dei ruoli differenziati)

 

 

29. Le disposizioni del comma 25, lettera a), e del comma 26, lettere a) e c), si applicano con riferimento ai ruoli resi esecutivi successivamente al 1° gennaio 2005.

 

 

Il comma 29 in esame prevede che le disposizioni dell’articolo in esame aventi riguardo alla diversa qualità dei ruoli (ordinari e straordinari) siano applicate ai ruoli resi esecutivi dopo il 1° gennaio 2005.

 

Si ricorda che, a norma dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, i ruoli, nei quali sono iscritte le imposte, si distinguono in ordinari e straordinari; questi ultimi sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione e, secondo il disposto dell’articolo 15-bis, hanno ad oggetto l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo.

 

Tali disposizioni sono, in particolare:

a)      la lettera a)del comma 25, che prevede l’introduzione di un differente termine entro il quale la mancata notificazione della cartella di pagamento sia causa di perdita del diritto al discarico per inesigibilità del credito da parte del concessionario, in relazione ai ruoli straordinari;

b)      la lettera a)del comma 26, che introduce, fra le indicazioni necessarie che deve contenere il ruolo, anche quella relativa alla sua specie, se ordinario o straordinario;

c)      la lettera c)del comma 26, che introduce la previsione dei termini entro cui deve essere notificata la cartella di pagamento, differenziati a seconda che si tratti di ruolo ordinario o straordinario.

 


Articolo 34, commi 30-32
(Recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati)

 

 


30. Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall'articolo 60 del citato decreto n. 600 del 1973. La disposizione del periodo precedente non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.

31. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.

32. La competenza all'emanazione degli atti di cui al comma 30, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d'imposta.


 

 

Il comma 30 prevede che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati, anche parzialmente, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente, secondo le modalità previste dall’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.

 

L’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, prevede che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente debba essere eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche:

a)       la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall'ufficio delle imposte;

b)       il messo deve far sottoscrivere dal consegnatario l'atto o l'avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto;

c)       salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario;

d)       è in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. In tal caso l'elezione di domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;

e)       quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l'avviso del deposito prescritto dall'art. 140 del c.p.c. si affigge nell'albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere si ha per eseguita nell'ottavo giorno successivo a quello di affissione;

f)         non si applicano le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile.

L'elezione di domicilio non risultante dalla dichiarazione annuale ha effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento della comunicazione prevista alla citata lettera d).

Le variazioni e le modificazioni dell'indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica, o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell'ufficio della comunicazione prescritta. Se la comunicazione è stata omessa la notificazione è eseguita validamente nel comune di domicilio fiscale risultante dall'ultima dichiarazione annuale.

 

Per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati restano comunque ferme le attribuzioni e i poteri in materia di accertamento e di controlli previsti dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Gli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 recano norme in materia di accertamento e controlli da parte degli uffici delle imposte, prevedendo, fra l’altro, che questi controllano le dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, ne rilevano l'eventuale omissione e provvedono alla liquidazione delle imposte o maggiori imposte dovute; vigilano sull'osservanza degli obblighi relativi alla tenuta delle scritture contabili e degli altri obblighi stabiliti nello stesso decreto e nelle altre disposizioni relative alle imposte sui redditi; provvedono all’irrogazione delle pene pecuniarie e alla presentazione del rapporto all'autorità giudiziaria per le violazioni sanzionate penalmente. La competenza spetta all'ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata.

 

Gli articoli 51 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 recano norme in tema di attribuzioni e poteri degli uffici ai fini dell’accertamento e della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, prevedendo, fra l’altro, che gli stessi uffici controllano le dichiarazioni presentate e i versamenti eseguiti dai contribuenti, ne rilevano l'eventuale omissione e provvedono all'accertamento e alla riscossione delle imposte o maggiori imposte dovute; vigilano sull'osservanza degli obblighi relativi alla fatturazione e registrazione delle operazioni e alla tenuta della contabilità e degli altri obblighi stabiliti dallo stesso decreto; provvedono all’irrogazione delle pene pecuniarie e delle soprattasse e alla presentazione del rapporto all'autorità giudiziaria per le violazioni sanzionate penalmente. Il controllo delle dichiarazioni presentate e l'individuazione dei soggetti che ne hanno omesso la presentazione sono effettuati sulla base di criteri selettivi fissati annualmente dal Ministro delle finanze che tengano anche conto della capacità operativa degli uffici stessi.

 

La disposizione si applica anche per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati anche per la compensazione prevista dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

 

Secondo il citato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione dev’essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi:

a)       alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato articolo 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, e in tal caso non è ammessa la compensazione;

b)       all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'articolo 74;

c)       alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;

d)       all'imposta prevista dall'art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

e)       ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;

f)         ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;

g)       ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124;

h)       agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'articolo 20;

i)         al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall'art. 4 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85;

l)         alle altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri competenti per settore;

m)     al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.

 

La disposizione recata dal comma 30 in esame non si applica, tuttavia, alle attività di recupero delle somme di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.

 

L'articolo 1 del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, definisce le modalità per il recupero delle somme destinate agli autotrasportatori nella forma del riconoscimento di un credito d’imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994, per effetto dell'applicazione delle seguenti disposizioni:

a)       articolo 9 del decreto-legge 15 settembre 1990, n. 261, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 1990, n. 331;

b)       articolo 15 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1993, n. 162;

c)       articolo 1 del decreto-legge 23 maggio 1994, n. 309, convertito dalla legge 22 luglio 1994, n. 459;

d)       articolo 1 del decreto-legge 21 gennaio 1995, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 84;

e)       articolo 1 del decreto-legge 25 novembre 1995, n. 501, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 gennaio 1996, n. 11.

In particolare, le modalità di recupero stabilite costituiscono esecuzione di quanto disposto con le decisioni della Commissione delle Comunità europee n. 93/496/CEE, del 9 giugno 1993, e n. 97/270/CE, del 22 ottobre 1996, confermate dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 gennaio 1998 e del 19 maggio 1999.

Ai sensi del comma 3, in particolare, in ragione della natura del credito che consegue alle decisioni e alle sentenze sopra indicate, corrispondente alle somme rese disponibili a favore degli autotrasportatori a parziale copertura dell'incremento dei costi da essi subìti nei periodi d’imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994, l'attività di recupero delle predette somme è affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

L'articolo 1 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante norme per il completamento degli adempimenti comunitari a seguito di condanna per aiuti di Stato, stabilisce che in ulteriore attuazione della decisione della Commissione delle Comunità europee dell'11 dicembre 2001, relativa al regime di aiuti di Stato che l'Italia ha reso disponibile in favore delle banche, e fermo quanto disposto dall'articolo 5 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, le banche effettuano, entro la data del 31 dicembre 2002, il versamento di un importo pari alle imposte non corrisposte in conseguenza del predetto regime e relative ai periodi d’imposta nei quali tale regime è stato fruito, nonché degli interessi sull'importo dovuto, calcolati nella misura del 5,5 per cento annuo per il periodo intercorrente fra la data in cui il regime di aiuti è divenuto disponibile per ciascuna banca e la data di effettivo versamento. In caso di mancato versamento entro il 31 dicembre 2002, dal 1° gennaio 2003 è dovuta, oltre agli interessi, una sanzione pari allo 0,5 per cento per semestre o sua frazione, calcolata sulle somme di cui al periodo precedente.

In particolare, il comma 2 dispone che alla riscossione coattiva delle somme, effettuata ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvede il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, avvalendosi dell'Agenzia delle entrate.

 

Il comma 31 in esame stabilisce che, in caso di mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal D.P.R. n. 602 del 1972.

 

Il comma 32 specifica che la competenza all'emanazione degli atti di recupero, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d'imposta.

 

Ai sensi dell’articolo 31, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, la competenza spetta ordinariamente all'ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata.


Articolo 34, comma 33
(Proroga dei termini per i ruoli relativi
alle dichiarazioni presentate nel 2003)

 

 


33. In deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2006 per le dichiarazioni presentate nell'anno 2003.


 

 

Il comma 33 in esame proroga al 31 dicembre 2006 i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le dichiarazioni presentate nell'anno 2003.

 

Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), le somme dovute dai contribuenti sono iscritte in ruoli resi esecutivi a pena di decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dall'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.  

 

Il comma 33 precisa che la proroga viene effettuata in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212, recante lo Statuto del contribuente.

 

Il richiamato articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, reca disposizioni in tema di efficacia temporale delle norme tributarie. Al comma 3 esso prevede, in particolare, che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 1 della stessa legge n. 212 del 2000, al comma 1, prevede che le disposizioni della medesima legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.

 

Per quanto concerne le motivazioni della proroga, la relazione illustrativa del Governo afferma che il differimento di un anno del termine di decadenza per le iscrizioni a ruolo riferite alle dichiarazioni presentate nel 2003 si rende opportuno “per garantire la necessaria qualità dei ruoli”, considerato, per un verso, che l’articolo 2, comma 45, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha esteso la sanatoria agli omessi o ritardati versamenti relativi al periodo d’imposta 2002, rendendo necessario anche per tale annualità il trattamento delle dichiarazioni integrative, e, per altro verso, che si deve procedere alle iscrizioni a ruolo ai sensi dell’articolo 7, comma 5, dell’articolo 8, comma 3 e dell’articolo 9, comma 12, della medesima legge finanziaria per il 2003.

 

Gli articoli richiamati riguardano gli istituti della definizione automatica di redditi d’impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione (articolo 7), dell’integrazione degli imponibili per gli anni pregressi (articolo 8) e della definizione automatica per gli anni pregressi (9).

 


Articolo 34, comma 34
(Versamento ICI mediante il modello F24)

 

 


34. In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, il versamento dell'imposta comunale sugli immobili si esegue utilizzando esclusivamente il modello di pagamento unificato di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono stabiliti la misura dei compensi per la riscossione, nonché le modalità di rendicontazione e di riversamento.


 

 

Il comma 34 in esame dispone che il versamento dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) si debba eseguire utilizzando esclusivamente il modello di pagamento unificato di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (cosiddetto modello F24, che consente il versamento unitario per una pluralità d’imposte e di entrate, anche di natura erariale, e per contributi dovuti ad enti previdenziali e assistenziali).

 

In particolare, il richiamato articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunzie periodiche. Tale compensazione dev’essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi:

a)       alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato articolo 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, e in tal caso non è ammessa la compensazione;

b)       all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'articolo 74;

c)       alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;

d)       all'imposta prevista dall'art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (imposta regionale sulle attività produttive);

e)       ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;

f)         ai contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;

g)       ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124;

h)       agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'articolo 20;

i)         al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 31 della L. 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall'art. 4 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 marzo 1995, n. 85;

j)         l) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri competenti per settore;

k)       m) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.

 

Il comma in esame qualifica la previsione del pagamento mediante utilizzo esclusivo del modello F24 come deroga alle disposizioni di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

 

Secondo tale articolo, recante norme in tema di potestà regolamentare generale delle province e dei comuni, questi enti possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene all’individuazione e alla definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.

I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. Con decreto dei Ministeri dell’economia e delle finanze e della giustizia è definito il modello al quale i comuni devono attenersi per la trasmissione, anche in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti sulle entrate tributarie, nonché di ogni altra deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e delle tariffe di tributi.

Nelle province autonome di Trento e Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione.

Il Ministero dell’economia e delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità dinanzi agli organi di giustizia amministrativa.

La riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate di spettanza delle province e dei comuni viene effettuata con la procedura di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se affidata ai concessionari del servizio di riscossione di cui al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ovvero con quella indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, se svolta in proprio dall'ente locale o affidata agli altri soggetti menzionati alla lettera b) del comma 4.

 

La disposizione sembra fondarsi anche sulla considerazione esposta nella recente circolare del Ministero delle finanze - Dipartimento delle politiche fiscali, 7 giugno 2004, n. 2, nella quale si rilevava che “la disciplina dell'ICI relativamente alle modalità di pagamento, a causa dell'ampia autonomia regolamentare riconosciuta ai comuni sia dall'art. 52 e sia dall'art. 59 del D.Lgs. n. 446 del 1997, non risulta uniforme sull'intero territorio nazionale, con la conseguenza che il contribuente, per conoscere se l'ente locale ha adottato deliberazioni regolamentari  modificative o integrative del D.Lgs. n. 504 del 1992 e quale ne sia l'esatta portata, deve necessariamente rivolgersi al comune destinatario del pagamento dell'imposta. Né al riguardo possono ritenersi sufficienti gli avvisi di adozione dei regolamenti comunali che vengono pubblicati periodicamente nella Gazzetta  ufficiale, poiché, per loro stessa natura, sono estremamente sintetici nei contenuti”.

È opportuno ricordare, a questo riguardo, che la possibilità di pagamento mediante il modello F24, introdotta in via generale dalla disposizione in commento, è già operante per i comuni che, nell'esercizio della loro potestà regolamentare, hanno stipulato apposita convenzione con l'Agenzia delle entrate. In questi casi, l'ICI  può essere quindi pagata presso banche, agenzie postali e concessionari della riscossione, utilizzando il modello suddetto, contenente la  sezione denominata "I.C.I. ed altri tributi locali", approvato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 20 giugno 2002, ovvero – per i soggetti abilitati, mediante il servizio telematico Entratel. Con la risoluzione del 19 giugno 2002, n. 201, cono stati istituiti i necessari codici tributo.

 

Il comma in esame dispone infine che con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono stabiliti la misura dei compensi per la riscossione, nonché le modalità di rendicontazione e di riversamento.

 

 


Articolo 34, comma 35
(Dichiarazione stragiudiziale
del terzo debitore del soggetto iscritto a ruolo)

 

 


35. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l'articolo 75 è inserito il seguente:

«Art. 75-bis. – (Dichiarazione stragiudiziale del terzo).1. Il concessionario, prima di procedere ai sensi dell'articolo 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore».


 

 

Il comma 35 in esame inserisce nel D.P.R. n. 602 del 1973, recante le disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, una norma in base alla quale il concessionario, prima di procedere all’espropriazione forzata nei confronti dei terzi debitori del soggetto che è iscritto a ruolo, può chiedere agli stessi terzi di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore.

 

In particolare, viene inserito, dopo l’articolo 75 del D.P.R. n. 602 del 1973, il nuovo articolo 75-bis, rubricato: “Dichiarazione stragiudiziale del terzo”,secondo il quale il concessionario, prima di procedere ai sensi dell'articolo 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore.

 

Gli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile disciplinano l’istituto dell'espropriazione presso terzi di crediti del debitore vantati verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi.

In particolare, ai sensi dell’articolo 547 del codice di procedura civile, con dichiarazione all'udienza il terzo, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. 

Secondo l’articolo 548, se il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di rendere la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa.

 

Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, ai sensi dell’articolo 549, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo.

 

La disposizione in commento conferisce al concessionario della riscossione una facoltà esercitabile prima di promuovere il procedimento giudiziario di espropriazione.

Non è prevista una specifica sanzione per il caso in cui il terzo non accolga la richiesta del concessionario, né per il caso in cui la dichiarazione del terzo sia falsa.

In tale ultimo caso potrebbe eventualmente ritenersi applicabile la disposizione di cui all’articolo 485 del codice penale, ai sensi della quale chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

 


Articolo 34, comma 36
(Somme dovute, per inadempimento,
dall’incaricato dell’incasso o dal garante del debitore)

 

 

36. È effettuato mediante ruolo il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dall'incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.

 

 

Il comma 36 in esame dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dall'incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (entrate riscosse mediante ruoli), debba essere egualmenteeffettuato mediante ruolo.

 

Il richiamato articolo 17 dispone che si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali.

Il Ministro dell'economia e delle finanze può autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni interamente partecipate dallo Stato, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti. In caso di rilascio di tale autorizzazione, la società interessata stipula apposita convenzione con l'Agenzia delle entrate e l'iscrizione a ruolo avviene a seguito di un'ingiunzione, vidimata e resa esecutiva dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione della dislocazione territoriale dell'ufficio della società che l'ha richiesta.

 

La nozione di incaricato del servizio di intermediazione all’incasso non risulta definita in atti normativi. Essa sembra indicare in forma sintetica i soggetti abilitati a ricevere il pagamento degli importi dovuti.

A questo riguardo, l’articolo 28 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 13 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, stabilisce che il pagamento delle somme iscritte a ruolo può essere effettuato presso gli sportelli del concessionario, le agenzie postali e le banche, e, fuori del territorio nazionale, mediante bonifico bancario sul conto corrente bancario indicato dal concessionario nella cartella di pagamento.

Con decreto del Ministero delle finanze sono stabilite le modalità di pagamento, anche con mezzi diversi dal contante; a ciò si è provveduto con il decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate 28 giugno 1999 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 luglio 1999, n. 168).

 


Articolo 34, comma 37
(Proroga della durata delle concessioni del servizio di riscossione)

 

 

37. La durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provviso­riamente alla riscossione, è prorogata al 31 dicembre 2005.

 

 

Il comma 37 dispone la proroga, fino al 31 dicembre 2005,  della durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione.

 

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, l'estensione dei singoli àmbiti delle concessioni, comunque non inferiore al territorio di una provincia, è determinata, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, tenendo conto della necessità di garantire l'economicità e l'efficienza del servizio, in relazione alle caratteristiche geografiche e alle condizioni sociali ed economiche del territorio, del numero dei residenti e dell'ammontare delle entrate iscritte a ruolo nel biennio precedente l'avvio della procedura di affidamento.

La durata della concessione è fissata nell'atto di indizione della gara fino al termine massimo di dieci anni.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 12, in ogni caso di vacanza della concessione, in attesa del nuovo affidamento della gestione del servizio, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze viene nominato il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione scegliendolo, previo interpello, tra i soggetti aventi i requisiti richiesti dalla legge che ne facciano domanda.

Se nessuno di tali soggetti presenta domanda, è nominato commissario governativo il concessionario che abbia l'organizzazione più idonea a garantire temporaneamente lo svolgimento del servizio.

L'incarico di commissario governativo ha una durata di un anno ed è rinnovabile una sola volta per un altro anno. Esso può essere revocato in ogni momento.

Con riguardo alla titolarità dei rapporti concessorî, l’articolo 57 dispone che fino all'anno 2004 e anche in deroga all'articolo 12, comma 3, primo periodo, il servizio di riscossione resta affidato, nei singoli àmbiti, ai soggetti che, alla data del 1° luglio 1999, lo gestivano a titolo di concessionari o di commissari governativi e, nei casi di recesso, decadenza e revoca successivi a tale data, il servizio resta affidato al commissario governativo nominato ai sensi del medesimo articolo 12.

 

Il servizio della riscossione dei tributi nelle conclusioni dell’Indagine conoscitiva sull’amministrazione finanziaria

Le questioni connesse alla riscossione sono state tra gli argomenti di maggior rilievo trattati nel corso dell’indagine conoscitiva sull’amministrazione finanziaria condotta dalla Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati, così come illustrate nel documento conclusivo approvato nella seduta del 12 maggio 2004. 

 

La materia della riscossione dei tributi è regolata dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, recante delega al Governo per il riordino della disciplina relativa alla riscossione, e dai decreti legislativi in forza di essa adottati. Tra l’altro, la delega ha disposto:

a)       la limitazione dell’attività dei concessionari, quanto ai tributi erariali, alla ri-scossione mediante ruolo, limitazione parzialmente compensata dalla previsione di un ampliamento della facoltà di ricorrere ai servizi dei concessionari da parte degli enti locali;

b)       l’affidamento della riscossione mediante ruolo delle entrate proprie dello Stato, degli enti territoriali minori e degli enti pubblici, anche previdenziali, ai concessionari;

c)       la fissazione, come sopra ricordato, della durata massima delle concessioni in dieci anni, e la previsione che i concessionari debbano costituirsi in società di capitali (in particolare società per azioni) aventi specifici requisiti tecnici, finanziari e di professionalità;

c)d) la facoltà, conferita alle predette società, di svolgere in via parallela o collaterale al servizio di riscossione ulteriori attività economiche, quali il supporto alle attività tributarie e di gestione patrimoniale degli enti diversi dallo Stato;

d)       la facoltà, conferita ai contribuenti, di effettuare i versamenti diretti dei tributi anche mediante delega ai concessionari, per aumentare i canali di riscossione così da agevolare gli adempimenti degli stessi contribuenti;

e)       la possibilità, conferita agli enti diversi dallo Stato, di affidare ai concessionari la riscossione di tutte le proprie entrate, anche di natura non tributaria, mediante l'adozione di procedure ad evidenza pubblica;

f)         l’abrogazione dell'istituto del cosiddetto “obbligo del non riscosso per riscosso”, al fine di evitare di far gravare sui concessionari gli oneri finanziari connessi all’obbligo di anticipazione;

g)       la ridefinizione degli àmbiti territoriali da affidare alla competenza dei singoli concessionari, secondo il criterio dell'estensione almeno provinciale;

h)       la nuova regolamentazione dei meccanismi di retribuzione del servizio di ri-scossione, secondo criteri determinati, in particolare il collegamento del corrispettivo erogabile al concessionario a parametri definiti;

i)         l) l’introduzione di un meccanismo di salvaguardia del risultato economico delle singole gestioni dell'ultimo biennio precedente, tenendo conto dei maggiori ricavi della riscossione mediante ruolo e dei minori costi di gestione derivanti, entrambi, dall'applicazione della nuova disciplina della riscossione.

 

La delega ha trovato attuazione con l'emanazione di alcuni decreti legislativi (il D.Lgs. n. 37 del 1999; il D.Lgs. n. 46 del 1999; il D.Lgs. n. 112 del 1999, il D.Lgs. n. 326 del 1999, il D.Lgs. n. 193 del 2001).

Il decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, novellando il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha anche sostituito la qualifica di “esattore” con quella di “concessionario”.

Il decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, ha provveduto al riordino complessivo del servizio nazionale della riscossione, prevedendo, come ricordato, all’articolo 57, modificato dal decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, che il servizio della riscossione rimanga affidato fino al 31 dicembre 2004 ai soggetti che alla data dell’11 agosto 2002 (data di entrata in vigore della suddetta legge n. 178 del 2002) lo gestivano in qualità di commissari governativi.

In particolare l’articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 dispone che i compensi ai concessionari della riscossione debbano essere determinati in base ad una percentuale (aggio) applicabile alle somme iscritte a ruolo ed effettivamente riscosse. La definizione della misura dell'aggio è demandata a decreti da adottarsi con cadenza biennale dal Ministro dell’economia e delle finanze. Secondo quanto disposto dal comma 4, le modalità di erogazione dell'aggio vengono stabilite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze per i ruoli emessi da uffici statali, mentre per gli altri ruoli l'aggio viene trattenuto dal concessionario all'atto del versamento all'ente impositore delle somme riscosse. Il comma 5 prevede l'attribuzione a ciascun concessionario, a titolo di anticipazione della remunerazione, di una somma da determinarsi in percentuale al costo normalizzato. Infine, il comma 6 stabilisce che al concessionario spetta il rimborso delle spese derivanti dalle procedure esecutive, in base a criteri determinati.

La riforma ha modificato in modo radicale il sistema della riscossione, specializzando, in particolare, l'attività dei concessionari nel recupero dei crediti insoluti. Tuttavia, come hanno osservato i rappresentanti dell’Ascotributi, le società di riscossione, le quali debbono riscuotere coattivamente le imposte e i contributi previdenziali non pagati spontaneamente dai contribuenti, si trovano ad operare, nella gran parte dei casi, nei confronti di soggetti falliti e pertanto insolventi.

L’Ascotributi ha segnalato come nel 2002 siano entrati in vigore due provvedimenti legislativi (decreti-legge 8 luglio 2002, n. 138, e 24 dicembre 2002, n. 282) i quali hanno mutato drasticamente e radicalmente la riforma del 1999 e, soprattutto, hanno modificato l'equilibrio economico del sistema previsto e raggiunto nei due anni precedenti. Con il decreto-legge n. 138 del 2002 è stato cambiato il criterio di remunerazione del servizio per l'esercizio 2002-2003 ed è stato fissato un obiettivo d’incasso in proporzione molto elevata rispetto al complesso degl’importi da riscuotere, con forti penalità per il mancato raggiungimento dei risultati previsti: in questo caso i concessionari dovevano anticipare la differenza tra l'obiettivo eventualmente non raggiunto e le minori riscossioni conseguite nell'esercizio. Alla fine del 2002, nonostante il fortissimo incremento delle attività esecutive poste in essere, i concessionari hanno dovuto anticipare alle casse dello Stato l'importo di circa 1.000 milioni di euro perché, rispetto all'obiettivo di 2.300 milioni di euro, le somme effettivamente riscosse ammontavano a circa il 55 per cento.

Il decreto-legge n. 282 del 2002 ha comportato un aumento considerevole (dal 23 al 32 per cento) degli oneri di anticipazione a carico del sistema. I concessionari hanno anticipato 4.500 milioni di euro; aggiungendovi i 1.000 milioni di euro versati per la differenza tra l’obiettivo e il riscosso, si raggiunge un importo corrispondente a circa 11 mila miliardi di lire. Per queste somme i concessionari non percepiscono interessi né alcuna remunerazione finanziaria, benché il rientro comporti tempi lunghi e sia accompagnato dalle riscossioni. L’Associazione dei concessionari ha segnalato quindi i forti interessi passivi che gravano sui concessionari medesimi per tale gestione.

È stato ricordato altresì come il sistema della riscossione sia controllato per  circa l’80 per cento da quattro grandi istituti bancari: Banca Intesa, Monte dei Paschi, Unicredito, San Paolo-Imi. Si tratta di società quotate in borsa, le quali non consentono che le loro partecipate presentino bilanci in passivo. Perciò queste hanno dovuto operare ristrutturazioni e riduzioni di spesa, che hanno particolarmente inciso sul personale.

L’Ascotributi ha poi segnalato come i condoni tributari disposti dalla legge finanziaria per il 2003 determinino per i concessionari della riscossione uno svuotamento pressoché totale del fatturato lavorabile, rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi prefissati e arrestandone l’attività. Questo problema riguarda l'esercizio 2003-2004, durante il quale, se i contribuenti avranno fatto ampio ricorso al condono, i concessionari potranno registrare minore carico di lavoro ma oneri già assunti, con il rischio di dover ulteriormente ridurre il personale.

I rappresentanti di settore hanno indicato alcune modifiche del sistema normativo che a loro avviso si renderebbero necessarie: l’eliminazione di obiettivi di riscossione realisticamente non conseguibili; la soppressione delle penalità per il mancato raggiungimento dei predetti obiettivi; la determinazione di nuovi criteri di remunerazione, atti ad assicurare l'equilibrio economico del settore; la definizione di condizioni speciali per il periodo 2003-2004.

 

I rappresentanti di settore hanno altresì sollecitato il Governo e il Parlamento a indicare le prospettive per il 2005, anno nel quale cesseranno le concessioni attualmente in corso.

 

Il direttore dell'Agenzia delle entrate ha sottolineato che, prima della riforma del 1999, delineata dai decreti legislativi n. 46 e n. 112 del 1999, i concessionari (allora denominati esattori) godevano di rendite di posizione, in quanto, oltre a curare il recupero coattivo dei crediti, e quindi la riscossione coattiva dei ruoli, ottenevano anche remunerazioni legate ai versamenti spontanei. L'adempimento spontaneo degli obblighi tributari veniva effettuato attraverso i concessionari; per quest’attività, essi ottenevano remunerazioni tali da consentir loro di disinteressarsi dell'attività di recupero coattivo dei ruoli medesimi, o comunque di svolgerla con minore impegno. Già il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ha introdotto forme di compensazioni e agevolato il versamento spontaneo dei contribuenti attraverso il modello F24 (versamenti unitari per una pluralità d’imposte e di entrate, anche di natura erariale, e per contributi dovuti ad enti previdenziali e assi-stenziali): ne è conseguita una rilevante semplificazione delle procedure, che ha consentito ai contribuenti di adempiere più agevolmente e prontamente agli obblighi tributari e ha indirizzato, di fatto, i concessionari della riscossione al loro vero compito istituzionale: il recupero coattivo dei crediti, anche attraverso i nuovi strumenti messi a loro disposizione, quali il fermo amministrativo, le ipoteche, la possibilità di accedere all'Anagrafe tributaria, la possibilità d’intervenire direttamente sulle vendite in caso di espropriazioni forzate. Il direttore dell’Agenzia delle entrate ha per altro sottolineato come i risultati non siano stati assolutamente soddisfacenti, in quanto il gettito da riscossione coattiva non è cresciuto in misura significativa.

 

La proroga delle concessioni relative al servizio di riscossione

Il comma 37 in esame dispone ora la proroga, fino al 31 dicembre 2005,  della durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione.

 

Con riguardo al rinnovo,da parte dei comuni e delle province,dei contratti di affidamento dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei propri tributi e di tutte le altre entrate, conclusi con i soggetti ivi indicati (società miste, concessionari, soggetti privati iscritti all’albo dei soggetti abilitati), l’articolo 23-novies del decreto-legge n. 355 del 2003 ha soppresso, nell’articolo 52, comma 5, lettera b), numero 2), del D.Lgs. n. 446 del 1997, il riferimento al 30 giugno 2004, quale termine ultimo per il rinnovo stesso.

Il termine del 30 giugno 2004 è stato introdotto dall’articolo 2, comma 32, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003).

 

L’articolo 52 del D.Lgs. n. 446/1997 consente ai comuni e alle province di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie. In particolare il comma 5 dell’articolo 52, per quanto attiene all’accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, stabilisce che i regolamenti possono prevedere:

-        che tali attività siano svolte direttamente dall’ente locale, anche nelle forme associate previste dalla legge n. 142/1990 (successivamente sostituita dal T.U. n. 267/2000) (comma 5, lett. a);

-        che tali attività siano affidate a terzi (comma 5, lett. b), e precisamente, in alternativa, ai seguenti soggetti:

-        mediante convenzione, a aziende speciali o a società a prevalente capitale pubblico locale, i cui soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare le attività in questione, di cui all’articolo 53 dello stesso D.Lgs. n. 446/1997 (comma 5, lett. b), n. 1);

-        nel rispetto delle procedure vigenti, a società miste, oppure ai concessionari di cui al D.P.R. n. 43/1988 (successivamente sostituito dal D.Lgs. n. 112/1999), oppure ai soggetti iscritti nel suddetto albo di cui all’articolo 53 (comma 5, lett. b), n. 2).

 

L’articolo 2, comma 32, della legge finanziaria per il 2004 ha consentito, in quest’ultima ipotesi, il rinnovo dei contratti fino alla data di entrata in vigore di eventuali disposizioni normative di revisione del sistema della riscossione di cui al D.Lgs. n. 112/1999, e comunque non oltre il 30 giugno 2004, previa verifica della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse.

 

Con la soppressione del limite temporale del 30 giugno 2004, i comuni e le province potranno procedere al rinnovo dei contratti di affidamento dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei propri tributi e di tutte le altre entrate fino all’entrata in vigore di un eventuale provvedimento di riassetto del sistema delle concessioni.

 

Da ultimo, la risoluzione n. 7-00471 presentata presso la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati dagli onorevoli Benvenuto, Lettieri e Pistone il 28 settembre 2004,considerata, anche a seguito dell’indagine conoscitiva svolta, la necessità che vengano attentamente verificati i riflessi finanziari che deriverebbero per il bilancio dello Stato sia dal mantenimento dell'assetto attuale, sia dal passaggio ad un diretto coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni nell'attività di riscossione coattiva, e considerato che, in attesa dello svolgimento di tale verifica, sia opportuno procedere in via legislativa ad una breve proroga degli esistenti rapporti di concessione, tendeva ad impegnare il Governo ad inserire nel disegno di legge finanziaria una norma diretta a prevedere lo svolgimento della predetta verifica entro il 30 giugno 2005, anche avvalendosi di società di consulenza specializzate, nonché a prorogare al 31 dicembre 2005 le attuali concessioni del servizio di riscossione.

 

Da ultimo, nella seduta della Commissione del 6 ottobre 2004, i presentatori della risoluzione in discorso hanno manifestato, anche in considerazione del disposto recato dal comma in esame,  il proposito di riformulare lo stesso atto di indirizzo.

 


Articolo 35, commi 1-10
(Dismissioni di beni del demanio e del patrimonio)

 

 


1. Nell'ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l'Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, le quote indivise di beni immobili, i fondi interclusi nonché i diritti reali su immobili, dei quali lo Stato è proprietario ovvero comunque è titolare. Il prezzo di vendita è stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenuto conto della particolare condizione giuridica dei beni e dei diritti. Il perfezionamento della vendita determina il venir meno dell'uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione.

2. Le aree che appartengono al patrimonio e al demanio dello Stato, sulle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni hanno realizzato le opere di urbanizzazione di cui all'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono trasferite in proprietà, a titolo oneroso, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, al patrimonio indisponibile del comune che le richiede, con vincolo decennale di inalienabilità.

3. La richiesta di trasferimento di cui al comma 2 è presentata alla filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree oggetto di trasferimento.

4. Il corrispettivo del trasferimento di cui al comma 2 è determinato secondo i parametri fissati nell'elenco 2 allegato alla presente legge. I parametri sono aggiornati annualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2006, nella misura dell'8 per cento.

5. Le somme dovute dai comuni per l'occupazione delle aree di cui al comma 2, non versate fino alla data di stipulazione dell'atto del loro trasferimento, sono corrisposte, contestualmente al trasferimento, in misura pari a un terzo degli importi di cui all'elenco 2 allegato alla presente legge, per ogni anno di occupazione, nei limiti della prescrizione quinquennale. Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall'amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree di cui al comma 2, e restano compensate fra le parti le spese di lite.

6. I beni immobili che non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, di valore non superiore ai 200.000 euro, individuati con i decreti di cui all'articolo 1, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 351 del 2001, possono essere alienati direttamente dall'Agenzia del demanio a trattativa privata, se non aggiudicati in vendita, al prezzo più alto, a seguito di procedura di invito pubblico ad offrire, di durata non inferiore al mese, esperito telematicamente attraverso il sito internet della medesima Agenzia.

7. Le alienazioni di cui al comma 6 non sono soggette alla disposizione di cui al comma 113 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente il diritto di prelazione degli enti locali territoriali. Non sono altresì soggette alla disposizione di cui al periodo precedente le alienazioni effettuate direttamente dalla Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica deserta, aventi ad oggetto immobili di valore inferiore a 500.000 euro; in caso di valore pari o superiore al predetto importo, il diritto di prelazione è esercitato dall'ente locale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell'Agenzia del demanio.

8. Relativamente agli immobili di cui al comma 6 è fatto salvo il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'Amministrazione competente.

9. Le disposizioni agevolative previste dalla normativa vigente in favore di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati, in materia di utilizzo di beni immobili di proprietà statale sono applicate in regime di reciprocità in favore delle Amministrazioni dello Stato che a loro volta utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà degli stessi enti.

10. Il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, è abrogato.


Comma 1 – Dismissione di quote di immobili, fondi interclusi e diritti reali

Il comma 1 dell’articolo 35, nell'ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, stabilisce che un decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze può autorizzare l’Agenzia del demanioa vendere a trattativa privata, anche in blocco, i seguenti beni e diritti, dei quali lo Stato è proprietario o titolare:

§         quote indivise di beni immobili;

§         fondi interclusi;

§         diritti reali su immobili.

La relazione del Governo al disegno di legge chiarisce che i beni di cui al comma in esame sono prevalentemente pervenuti allo Stato per il pagamento di debiti d’imposta o per eredità giacenti. Dagli stessi deriverebbero allo Stato solo oneri, in quanto l’assenza della totale titolarità comprometterebbe la gestione e l’utilizzo del bene. Si riscontrerebbero inoltre difficoltà di collocazione sul mercato.

Il prezzo di vendita dev’essere stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenendo conto della particolare condizione giuridica e difficile commerciabilità dei beni e dei diritti in questione. Il perfezionamento della vendita determina il venir meno dell'uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione, come ad esempio il diritto di prelazione.

Commi 2-5 – Cessione di aree agli enti locali

I commi 2-5 dell’articolo 35 disciplinano la cessione in proprietà ai comuni di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato sulle quali i comuni stessi abbiano realizzato, alla data di entrata in vigore della legge in esame, le opere di urbanizzazione[31], di cui all'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847.

Le aree cedute sono trasferite nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano ed entrano a far parte del patrimonio indisponibile del comune, il quale non le può alienare per i successivi dieci anni (comma 2).

Il trasferimento avviene a titolo oneroso e il relativo prezzo è determinato sulla base dei parametri contenuti nell’elenco 2, allegato al disegno di legge in esame. Il prezzo come sopra determinato si applica alle cessioni effettuate nell’anno 2005; per gli anni successivi è previsto un aumento nella misura dell’8 per cento annuo (comma 4).

 

Relativamente al citato elenco si segnala che la sua lettura non risulta del tutto perspicua. L’elenco è diviso in tre punti: il punto 1 stabilisce, in misura differenziata a seconda della classe dimensionale del comune, i valori unitari al metro quadrato delle aree con opere di urbanizzazione primaria. Il punto 2 stabilisce, ancora in misura differenziata, i valori unitari al metro quadro delle aree con opere di urbanizzazione secondaria (si evidenzia tuttavia che nella parte destra della relativa tabella si parla di “valori unitari delle opere”). Il punto 3 contiene coefficienti correttivi per zone territoriali omogenee, che si ritiene siano quelli di cui all’articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444[32]. In calce all’elenco si cita poi, per il calcolo del valore dell’indennizzo annuo, una tabella A che non risulta annessa al testo del disegno di legge.

 

I comuni interessati al trasferimento devono presentare alla filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente un’apposita richiesta, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree (comma 3). Non sono fissati termini per la presentazione della suddetta richiesta.

In occasione del trasferimento delle aree il comune è tenuto a versare allo Stato, oltre al prezzo d’acquisto come sopra determinato, anche l’eventuale corrispettivo per l’occupazione delle aree stesse che non risulti precedentemente corrisposto. Tale corrispettivo è pari ad un terzo del prezzo d’acquisto per ciascun anno di occupazione, nel limite massimo di cinque annualità, oltre le quali subentrano i termini di prescrizione.

Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall'amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree, e restano compensate fra le parti le spese di lite (comma 5).

 

La relazione illustrativa al disegno di legge in esame osserva che la norma in commento si limita a disciplinare situazioni di fatto esistenti e irreversibili, anche in considerazione della circostanza che la giurisprudenza ha sempre adottato in materia soluzioni di favore nei confronti degli enti locali.

Commi 6-8 – Cessione di immobili di limitato valore

Il comma 6 dell’articolo 35 individua particolari modalità per l’alienazione, da parte dell’Agenzia del demanio, dei beni immobili per i quali si verificano contemporaneamente tutte le seguenti condizioni:

§      i beni sono stati individuati con i decreti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410;

Il citato articolo 1, comma 1, del D.-L. n. 351 del 2001 ha demandato all’Agenzia del demanio di individuare, con propri decreti dirigenziali, i singoli beni facenti parte del patrimonio immobiliare dello Stato, distinguendo tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile.

§      i beni non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal citato D.L. n. 351 del 2001;

I beni immobili individuati ai sensi del sopra citato articolo 1, comma 1, del D.-L. n. 351 del 2001 possono essere trasferiti a titolo oneroso a società appositamente costituite, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, dello stesso D.-L. n. 351 del 2001, con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. L'inclusione nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile. I suddetti decreti contengono anche le modalità delle operazioni di dismissione, da effettuare mediante cartolarizzazione.

§      i beni hanno valore non superiore a 200.000 euro.

 

La procedura per la vendita degli immobili come sopra individuati si articola in due fasi, la seconda delle quali è meramente eventuale.

Innanzitutto viene esperita telematicamente, attraverso il sito internet dell’Agenzia del demanio, una procedura di invito pubblico ad offrire, di durata non inferiore al mese, con aggiudicazione in vendita al prezzo più alto.

 

Si segnala che non è espressamente prescritto che il prezzo di aggiudicazione debba essere eguale o superiore al valore attribuito al bene dall’Agenzia del demanio. Non è pertanto chiaro se il bene possa essere aggiudicato ad un prezzo inferiore al suo valore.

Qualora la procedura sopra descritta non dia luogo ad aggiudicazione in vendita, l’immobile può essere alienato a trattativa privata.

 

La disposizione in esame consente di evitare il ricorso al pubblico incanto, che sarebbe la procedura altrimenti necessaria, ai sensi dell’articolo 10 della legge 24 dicembre 1908, n. 783, per la vendita dei beni immobili il cui valore sia superiore a 30 milioni di lire (pari a 15.493,71 euro). Ai sensi dello stesso articolo 10, quando ricorrano speciali circostanze di convenienza o di utilità generale, l’Amministrazione è autorizzata a vendere beni immobili a trattativa privata o per licitazione privata fino al limite massimo di 75 milioni di lire (pari a 38.734,27 euro).

 

Il comma 7 dell’articolo 35 limita l’applicazione del diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali, di cui al comma 113 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

 

Il citato comma 113 prevede che, in caso di alienazione di beni immobili appartenenti allo Stato, gli enti locali territoriali possono esercitare il diritto di prelazione. Si ricorda che anche gli immobili facenti parte delle operazioni di cartolarizzazione sono esclusi dal diritto di prelazione in favore degli enti locali; inoltre, relativamente a tali immobili è previsto per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri soggetti pubblici l’espresso divieto di rendersene acquirenti. Tale divieto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare beni immobili ad uso non residenziale per destinarli a finalità istituzionali degli enti stessi (articolo 3, comma 17, del citato D.-L. n. 351 del 2001) o che intendono acquistare unità immobiliari residenziali per la loro assegnazione a conduttori in condizioni di disagio economico (articolo 3, comma 17-bis, del citato D.-L. n. 351 del 2001).

 

Il primo periodo del comma 7 prevede che le alienazioni di immobili di cui al precedente comma 6 non sono soggette al diritto di prelazione .

 

Il secondo periodo esclude dal diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali anche le alienazioni di immobili di valore inferiore a 500.000 euro effettuate direttamente dall’Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica andata deserta. È inoltre previsto che il suddetto diritto di prelazione spettante nei confronti degli immobili di valore pari o superiore a 500.000 euro[33] debba essere esercitato dall’ente locale territoriale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell'Agenzia del demanio.

 

Si segnala che l’espressione “determinazione a vendere” potrebbe indurre a ritenere che il diritto di prelazione debba essere esercitato nel momento in cui l’ente proprietario decide di porre in vendita il proprio immobile. Tale ipotesi contrasta però con il successivo riferimento alle condizioni della vendita che, per quanto riguarda il prezzo, possono essere note solo in seguito all’esito dell’asta pubblica o della trattativa privata. Quest’ultima interpretazione è inoltre coerente con la comune nozione di diritto di prelazione che, sebbene non unitariamente disciplinato, riconosce generalmente il diritto di soggetti determinati ad acquistare alle condizioni risultanti dall’accordo intercorso fra il proprietario e un terzo.

 

Si ritiene, quantunque non sia espressamente indicato, che gli immobili ai quali si applica il comma 7 in esame siano quelli che non sono compresi nelle operazioni di cartolarizzazione di cui all’articolo 3 del citato D.-L. n. 351 del 2001, in quanto per tali beni sono già previsti, come sopra riportato, non solo l’inapplicabilità del diritto di prelazione in favore degli enti locali territoriali, ma anche il divieto di acquisto da parte degli stessi enti.

 

Il comma 8 dell’articolo 35 fa salvo, per gli immobili di cui al precedente comma 6, il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'Amministrazione competente.

 

L’articolo 3, comma 99, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato da ultimo dall'articolo 43, comma 15, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevede, limitatamente ai beni immobili non destinati ad uso abitativo, analogo diritto di prelazione in favore dei concessionari e dei conduttori, nonché in favore di tutti i soggetti che, già concessionari, siano comunque ancora nel godimento dell'immobile oggetto di alienazione e che abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall'amministrazione competente, relativamente ai beni immobili e ai diritti immobiliari appartenenti al patrimonio dello Stato non conferiti a fondi immobiliari ma oggetto dei programmi di alienazione.

In detti programmi vengono altresì stabiliti le modalità di esercizio del diritto di prelazione previsto dal comma 113, i diritti attribuiti ai conduttori e gli obblighi a carico degli stessi secondo i criteri previsti dal secondo periodo della lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 (impegno del soggetto acquirente, in caso di rivendita frazionata degli immobili acquistati, a garantire il rispetto del diritto di prelazione degli eventuali conduttori, e obbligo di indicare un istituto bancario che si impegni a concedere mutui ipotecari a condizioni agevolate in favore dei conduttori stessi per l'acquisto dei beni in locazione).

Comma 9 – Utilizzazione di immobili di altri enti da parte dello Stato

Il comma 9 dell’articolo 35, a condizioni di reciprocità, estende alle amministrazioni dello Stato che utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati le disposizioni agevolative riconosciute dalla normativa vigente in favore dei suddetti enti che utilizzano beni immobili di proprietà statale.

La relazione illustrativa chiarisce che la normativa alla quale fa riferimento la disposizione in esame è quella contenuta nella legge 11 luglio 1986, n. 390, recante disciplina delle concessioni e delle locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e degli enti ecclesiastici.

 

L’articolo 1 della legge 11 luglio 1996, n. 390, disciplina le locazioni e concessioni stipulate tra l’Amministrazione finanziaria e i seguenti soggetti, aventi ad oggetto immobili non suscettibili, anche temporaneamente, di utilizzazione per usi governativi:

§       istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato;

§       enti pubblici, da individuare con apposito decreto del Ministro delle finanze, che fruiscono di contributi ordinari previsti e che perseguono esclusivamente fini di rilevante interesse culturale;

§       associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali;

§       altri enti, istituti, fondazioni o associazioni riconosciute che perseguono esclusivamente fini di rilevante interesse culturale e svolgono, in relazione a tali fini, attività sulla base di un programma almeno triennale;

§       cooperative sociali, associazioni di volontariato ed associazioni di promozione sociale che perseguono rilevanti finalità culturali o umanitarie.

Le stesse disposizioni si applicano inoltre alle concessioni, in favore di ordini religiosi, di immobili statali costituenti abbazie, certose e monasteri, per l’esercizio esclusivo di attività religiosa, di assistenza, di beneficenza e comunque connessa con le prescrizioni di regole monastiche.

Il canone dovuto per le concessioni e locazioni disciplinate dalla citata legge ha carattere ricognitorio e non può essere inferiore a 100.000 lire annue (pari a 51,65 euro), né superiore al 10 per cento del canone di mercato. Gli oneri per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile sono a carico del concessionario o del conduttore, così come gli oneri, le contribuzioni e gli obblighi di qualsiasi natura gravanti sull’immobile.

L’articolo 2 rimette a un decreto del Ministro delle finanze lo stabilimento dei criteri e delle modalità per la concessione o la locazione di beni immobili demaniali o patrimoniali dello Stato in favore di enti pubblici territoriali, ivi compresi gli enti parco nazionali, delle unità sanitarie locali, nonché di enti ecclesiastici, civilmente riconosciuti, della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati per legge sulla base delle intese di cui all'articolo 8 della Costituzione. A queste concessioni e locazioni si applicano le disposizioni dell'articolo precedente in materia di durata, canone e oneri.

Il relativo procedimento è ora disciplinato dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 2001, n. 41.

Comma 10 – Abrogazione del R.D.-L. n. 2000/1923, relativo alla permuta di immobili ad uso di pubblici uffici

Il comma 10 dell’articolo 35 abroga il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, recante norme per la permuta di immobili demaniali adibiti ad uso di pubblici uffici.

Il suddetto decreto-legge autorizza la pubblica amministrazione a permutare, senza limiti di valore, immobili adibiti a uffici pubblici, con altri immobili di minor valore, eventualmente anche da costruire, che abbiano la stessa o analoga destinazione. La differenza di valore deve essere corrisposta, mediante conguaglio in danaro, a favore dell'amministrazione demaniale

La relazione illustrativa osserva che tale normativa “può ritenersi superata di fatto da nuovi strumenti, quali Accordi di programma e Conferenze di servizi, che maggiormente si prestano a soddisfare interessi ed esigenze comuni che interessano più soggetti. Purtuttavia la mancata espressa abrogazione della norma in esame, del tutto incoerente con il nuovo quadro normativo[34], limita l’azione e rende difficile il coordinamento a livello normativo.”


Articolo 35, comma 12
(Dismissioni immobili della difesa)

 

 


12. Dopo il comma 13-bis dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono inseriti i seguenti:

«13-ter. In sede di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis, il Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l'Agenzia del demanio, individua entro il 31 gennaio 2005 beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e, a tal fine, consegnare al Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, all'Agenzia del demanio.

13-quater. Gli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e di cui ai commi da 6 a 8. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell'Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.

13-quinquies. Una quota fino al 100 per cento del valore determinato ai sensi del comma 13-quater è finalizzata al soddisfacimento delle esigenze del Ministero della difesa. A tale fine la Cassa depositi e prestiti concede al Ministero della difesa, entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, e comunque per un importo complessivo non superiore a 954 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.

13-sexies. Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti, entro il limite di cui al comma 13-quinquies, in relazione al valore degli immobili conferiti all'Agenzia del demanio dal Ministero della difesa, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Dicastero su appositi fondi relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi, da ripartire, nel corso della gestione sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.

13-septies. A valere sulle somme riassegnate al Ministero della difesa a seguito delle procedure di valorizzazione e dismissione dei beni immobili della difesa non più utili ai fini istituzionali, previste dai commi 13-bis e 13-ter, la somma di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009 è destinata all'ammodernamento ed alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, La Spezia e Taranto».


 

 

Il comma 12 modifica l’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introducendo cinque nuovi commi, da 13-ter a 13-septies, volti ad integrare la disciplina della dismissione degli immobili della difesa. La relazione tecnica al disegno di legge osserva che la novella in esame è finalizzata a contemperare le esigenze di valorizzazione e gestione produttiva degli immobili di proprietà dello Stato con le esigenze finanziarie manifestate dal Ministero della difesa.

L’articolo 27, commi 1-12, del citato D.-L. n. 269 del 2003 haintrodotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del T.U dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490 del 1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione, nell’ottica della loro eventuale utilizzazione sul mercato.

Il comma 13, in particolare,haesteso l’applicazione di alcune norme, relative alle valorizzazioni e dismissioni di immobilipubblici, contenute nel D.-L. 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), alle operazioni aventi ad oggetto gli immobili del Ministero della difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 e all’articolo 44, comma 1, della legge n. 448 del 1998, riguardo ai quali sia accertato il venir meno dell'interesse all'utilizzo per finalità militari, ovvero non risulti più economicamente conveniente la gestione diretta. Le norme appena citate saranno commentate più avanti.

Le disposizioni delle quali il comma 13 estende l’applicazione ai fini della valorizzazione dei beni sopra indicati sono le seguenti:

-          articolo 3, comma 15, del D.-L. n. 351 del 2001, che prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze possa convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre alla loro approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto delle procedure di cartolarizzazione[35];

-          articolo 3, comma 17, del D.-L. n. 351 del 2001, che esclude, relativamente ai trasferimenti di beni immobili effettuati secondo le procedure di cartolarizzazione, il diritto di prelazione spettante a terzi, l’acquisizione delle autorizzazioni previste dal testo unico sui beni culturali e ambientali, la proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali. Inoltre, il medesimo comma stabilisce il divieto di acquisto dei beni citati da parte delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri soggetti pubblici. Il divieto di acquisto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare immobili ad uso non residenziale per destinarli alle proprie finalità istituzionali;

-          articolo 80, commi 3-5, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003). Il comma 3 dell’articolo prevede, con riferimento ai beni trasferiti alla società Patrimonio dello Stato Spa (società costituita, ai sensi dell’articolo 7 del D.L. n. 63/2002, ai fini della valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato), l’utilizzo delle conferenze di servizi o degli accordi di programma allo scopo di definire iniziative per la valorizzazione dei beni medesimi. Lo stesso comma rimette poi ad un decreto del Ministro dell’economia la determinazione dei criteri per l’assegnazione agli enti locali, coinvolti nel procedimento di alienazione, di una quota del ricavato della vendita degli immobili, o, in alternativa, l’assegnazione di altri beni immobili.

I commi 4 e 5 dell’articolo 80 disciplinano un procedimento di acquisizione, da parte degli enti locali interessati, di beni immobili del patrimonio dello Stato, ubicati nel loro territorio, al fine della valorizzazione, recupero, riqualificazione ed eventuale ridestinazione d'uso dei beni stessi[36].

Il comma 13-bis del medesimo articolo 27 ha demandato all’Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, l’individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da inserire in programmi di dismissione per le finalità di cui al già citato articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate).

La vicenda della dismissione degli immobili della difesa

Appare opportuno fornire ora un quadro di sintesi della complessa vicenda della dismissione degli immobili della difesa. L’articolo 3, comma 112[37], della legge 23 dicembre 1996, n. 662, “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, ha previsto l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettandone le relative disposizioni procedurali e disponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[38].

Per quanto attiene alle procedure di dismissione il comma 112 dell’articolo 3 della legge n. 662 prevede quanto segue:

-        le alienazioni, permute, valutazioni e gestioni degli immobili possono essere effettuate previo conferimento di specifico incarico a società a prevalente capitale pubblico, avente particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare (lettera a);

-        per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990[39] (lettera b);

-        alla determinazione del valore dei beni da alienare e da ricevere in permuta[40] provvede la società affidataria tenendo conto della incidenza delle valorizzazioni conseguenti alle eventuali modificazioni degli strumenti urbanistici rese necessarie dalla nuova utilizzazione. La valutazione è approvata dal Ministro della difesa a seguito di parere espresso da una commissione di congruità nominata con decreto del Ministro della difesa, composta da esponenti dei Ministeri della difesa, del tesoro, delle finanze, dei lavori pubblici e da un esperto in possesso di comprovata professionalità nel settore, su indicazione del Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato (lettera c);

-        i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa e l'approvazione può essere negata qualora il contenuto convenzionale risulti inadeguato rispetto alle esigenze della Difesa anche se sopraggiunte successivamente all'adozione del programma (lettera d);

-        ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, il Ministero della difesa comunica l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia sulla eventuale sussistenza dell’interesse storico-artistico, individuando, in caso positivo, le singole parti degli immobili soggette a tutela. (lettera e). In merito a tale ultima previsione, va tuttavia segnalato che con l’articolo 16, comma 6, della legge 28 luglio 1999, n. 266, èstata estesa alle predette dismissioni l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base alle quali i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il previsto regolamento è stato approvato con D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283.

In seguito l’articolo 44 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, ha disposto la continuazione del programma di dismissioni appena illustrato, dettando ulteriori norme di attuazione. In particolare, in tema di assegnazione delle risorse derivanti dalle alienazioni e gestioni degli immobili, il comma 4 ha disposto che queste siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel complessivo limite di 1.400 miliardi, allo stato di previsione del Ministero della difesa. Altre disposizioni dell’articolo, alcune delle quali introdotte da interventi normativi successivi, sono state successivamente abrogate.

È quindi intervenuto l’articolo 43 dellalegge 23 dicembre 2000, n. 388(finanziaria 2001) che ha confermato, per le attività di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni immobili della difesa, l’applicazione delle norme dettate dai citati articoli 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e 44 della legge n. 448 del 1998, apportando alcune modifiche alla normativa vigente. Secondo quanto esplicitato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, la finalità di tale previsione è quella di salvaguardare la specificità delle iniziative di dismissione degli immobili in uso al Ministero della difesa, prevedendo per le successive alienazioni l’applicazione del procedimento seguìto per quelle già effettuate e utilizzando per tale processo la Società già risultata affidataria dell’incarico in seguito a svolgimento di gara esperita a livello europeo[41]. Tale soluzione consentirebbe, secondo quanto esposto nella relazione, di evitare lo svolgimento di ulteriori gare e di usufruire di un soggetto che ha ormai maturato esperienza nel settore.

In particolare il comma 9 prevede che il Ministero della difesa possa alienare i beni secondo le procedure della trattativa privata, purché il valore dei beni da alienare sia inferiore a 200.000 euro. Tale previsione introduce una semplificazione delle procedure attinenti all'alienazione degli immobili della difesa, caratterizzandosi la trattativa privata (rispetto agli altri procedimenti di gara, quali l'asta pubblica e la licitazione privata) per il carattere d’informalità e quindi per la maggiore snellezza dell'iter procedimentale. L'alienazione deve riguardare i beni valutati non più necessari per le esigenze della difesa, anche se gli stessi non siano ricompresi nei programmi di dismissioni di cui all'articolo 3, comma 112, legge n. 662/1996. Il secondo capoverso del comma in esame, analogamente a quanto disposto dall’articolo 44, comma 4, della legge n. 448/1998, sopra esposto, stabilisce inoltre che i proventi derivanti dalle alienazioni in questione siano assegnati al Ministero della difesa per il conseguimento degli obiettivi di ammodernamento e potenziamento operativo, strutturale e infrastrutturale delle Forze armate.

Il comma 10 stabilisce che, a valere sulle risorse derivanti dalle alienazioni effettuate e riassegnate al Ministero della difesa, la somma complessiva di 50 miliardi sia destinata alla ristrutturazione e all'ammodernamento degli arsenali della Marina militare di Taranto e della Spezia.

Il comma 14 consente al Ministero della difesa di avvalersi, per il compimento delle attività tecnico–operative di supporto alle dismissioni, di una società a totale partecipazione dello Stato, sia diretta che indiretta, derogando alle norme sulla contabilità generale dello Stato.

Infine l’articolo 27, comma 13, del decreto-legge n. 269 del 2003 haesteso l’applicazione delle norme relative alle valorizzazioni e dismissioni di immobilipubblici, contenute nel D.-L. n. 351 del 2001, già precedentemente citato.

 

Vediamo ora nel dettaglio il contenuto delle norme che il comma 12 dell’articolo 35 in esame intende introdurre nel citato articolo 27 del D.L. n. 269/2003, dopo il comma 13-bis, integrando il procedimento già disciplinato dai commi 13 e 13-bis dell’articolo, che si sono già commentati.

Il comma 13-ter prevede che nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis dell’articolo 27, più volte citati, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individui beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima. Tale adempimento deve essere compiuto entro il 31 gennaio 2005.

Il comma 13-quater stabilisce che gli immobili individuati e consegnati ai sensi del precedente comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al D.-L. n. 351 del 2001, già citato, e di cui ai commi da 6 a 8. L'Agenzia del demanio provvede alla stima degli immobili individuati, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.

Si segnala che il rinvio ai commi da 6 a 8, operato dal comma 13-quater appena commentato, appare equivoco. Essendo, infatti, contenuto in un comma che novella l’articolo 27 del D.-L. n. 269/2003, dovrebbe intendersi riferito ai commi 6-8 di tale articolo 27. Tuttavia, dalla lettura di detti commi e da quanto espressamente dichiarato nella relazione governativa al disegno di legge, appare evidente come il rinvio contenuto nel citato comma 13-quater debba riferirsi ai commi 6-8 del medesimo articolo 35 del disegno di legge in esame. Se tale interpretazione è esatta, sarebbe opportuno riformulare il testo espungendo dalla novella il riferimento in questione, che dovrebbe essere più correttamente collocato in separato comma dell’articolo in esame.

Il comma 13-quinquies prevede che una quota fino al 100 % del valore degli immobili, determinato dall’Agenzia del demanio ai sensi del precedente comma 13-quater, sia finalizzata al soddisfacimento delle esigenze del Ministero della difesa. La Cassa depositi e prestiti concede al Ministero della difesa, entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, e comunque per un importo complessivo non superiore a 954 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del medesimo D.-L. n. 269 del 2003. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.

L'articolo 5 del D.-L. n. 269 del 2003 ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. Il comma 8, in riferimento alle attività svolte dalla Cassa, e ripetendo la disposizione già contenuta nell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 284 del 1999, stabilisce che la Cassa depositi e prestiti SpA. possa assumere partecipazioni e svolgere le attività strumentali, connesse e accessorie ai propri compiti. Per le attività di finanziamento a favore degli enti pubblici, tra cui lo Stato, le regioni e gli enti locali, e degli organismi di diritto pubblico, il comma dispone che sia istituita una gestione separata che riguarda i profili contabili e organizzativi. Alla gestione separata possono essere assegnate partecipazioni azionarie di cui la Cassa depositi e prestiti SpA è titolare. Le partecipazioni da attribuire alla gestione separata sono individuate con il decreto ministeriale previsto dal comma 3 del medesimo articolo 5, che può anche disporre forme di razionalizzazione e concentrazione delle partecipazioni detenute dalla Cassa al momento della trasformazione. Sono assegnate alla gestione separata anche le attività strumentali, connesse e accessorie. La gestione separata, infine, può effettuare attività di assistenza e consulenza in favore dei soggetti beneficiari dei finanziamenti da essa concessi.

La relazione tecnica al disegno di legge osserva che proprio la previsione secondo cui le somme anticipate dalla Cassa depositi e prestiti sono rimborsate utilizzando gli introiti derivanti dalle dismissioni rende la norma appena esaminata neutrale per il bilancio dello Stato.

Si osserva che la norma appena esaminata fa riferimento ad un decreto emanato ai sensi del comma 13-ter. In realtà l’atto previsto da tale comma non è ivi espressamente individuato come decreto, facendosi solo riferimento all’individuazione dei beni da dismettere da parte della Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l’Agenzia del demanio. Sarebbe pertanto opportuno coordinare la formulazione delle due disposizioni.

Il comma 13-sexies dispone che le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti, entro il limite fissato dal precedente comma 13-quinquies, in relazione al valore degli immobili conferiti all'Agenzia del demanio dal Ministero della difesa, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Dicastero su appositi fondi, relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi. Tali fondi saranno ripartiti, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa. Del decreto dovrà essere data comunicazione, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.

Infine, il comma 13-septies stabilisce che una parte delle somme riassegnate al Ministero della difesa a seguito delle procedure di valorizzazione e dismissione degli immobili della difesa, previste dai commi 13-bis e 13-ter, sopra commentati, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009, sia destinata all'ammodernamento e alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, della Spezia e di Taranto.

Il comma ha contenuto analogo a quanto già previsto dall’articolo 43, comma 10, della legge n. 388 del 2000, sopra richiamato.

 

 


Articolo 35, comma 13
(Immobili Guardia di finanza)

 

 

13. Le finalità di cui all'articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, possono essere conseguite anche attraverso il ricorso alla locazione, anche finanziaria, con l'utilizzo delle risorse non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.

 

 

Il comma 13 dell’articolo 35 prevede che le finalità di contrasto all’evasione fiscale, di cui all’articolo 29 della legge n. 28 del 1999, da realizzarsi attraverso una migliore articolazione delle strutture del Corpo della Guardia di finanza sul territorio e una maggiore mobilità del suo personale, possano essere conseguite anche attraverso la locazione, anche finanziaria (leasing), degli immobili destinati a caserme e alloggi di servizio.

L’intervento previsto dal comma in esame è realizzato con utilizzo delle risorse, stanziate dal citato articolo 29 della legge n. 28 del 1999, non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.

L’articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, ha autorizzato la realizzazione di un programma per la costruzione, l’ammodernamento e l’acquisto di immobili destinati a caserme e alloggi di servizio per il Corpo della Guardia di finanza, al fine di assicurare una maggiore efficienza nell'attività di contrasto all'evasione fiscale. Il comma 4 del citato articolo 29 provvede alla copertura degli oneri per la realizzazione del programma.

Si segnala che l’articolo 29, comma 1, del D.-L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), ha successivamente previsto che una quota, da stabilire con decreto del Ministro dell’economia, delle risorse di cui al citato articolo 29 della legge n. 28 del 1999, non impegnate al termine dell’esercizio finanziario 2003, sia assegnata al fondo, nel quale affluiscono anche parte delle risorse derivanti dalla dismissione di beni immobili dello Stato, destinato alla spesa per i canoni di locazione degli stessi immobili dismessi.


Articolo 35, commi 14-17
(Altre disposizioni in materia di demanio)

 

 


14. Il comma 65 dell'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, è abrogato.

15. Per conseguire obiettivi di contenimento, razionalizzazione, ottimizzazione e programmazione della spesa pubblica destinata ad interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, fermo restando il quadro normativo vigente, ed in particolare le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, provvedono, ai fini del coordinamento, del monitoraggio e della ottimale gestione del patrimonio dello Stato a comunicare all'Agenzia del demanio:

     a) entro il 30 ottobre di ogni anno, gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, n. 898/IV, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2004, relativi all'esecuzione di interventi edilizi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato;

     b) i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. Identica comunicazione è dovuta in tutti i casi di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori;

     c) ogni tre mesi, il consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, eventualmente eseguiti nell'anno considerato;

     d) entro il 31 ottobre di ogni anno, le previsioni in ordine ai fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, nonché le previsioni in ordine alle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all'esecuzione delle predette finalità.

16. L'Agenzia del demanio elabora linee guida tecnico-operative per la formazione o l'aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo, e fornisce alle amministrazioni di cui al comma 15, il supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali.

17. L'Agenzia del demanio, entro il 30 aprile di ogni anno, presenta al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 16.


Comma 14 – Abrogazione art. 65, co. 17, L. n. 127/1997 (cessione gratuita di immobili agli enti locali)

Il comma 14 dell’articolo 35 abroga il comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. legge Bassanini-bis).

La relazione illustrativa del Governo afferma che la disposizione da abrogare è ormai superata alla luce della più recente legislazione in materia di valorizzazione dei beni demaniali, facendo in particolare riferimento alla legge 2 aprile 2001, n. 136, che ha introdotto nuove procedure per la valorizzazione e l’utilizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, intese a favorire il coinvolgimento dei comuni e degli altri enti locali che utilizzino l’immobile o nel cui territorio sia localizzato tale bene,e al D.-L. 25 settembre 2001, n. 351 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410), relativo a cartolarizzazioni e conferimento di immobili pubblici a fondi comuni d’investimento immobiliare.

 

Il citato comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, ha rimesso a un successivo regolamento[42] la disciplina dei casi e delle modalità con le quali i beni immobili dello Stato, iscritti in catasto nel demanio civile e militare, risultanti inutilizzati da almeno dieci anni, sono ceduti a titolo gratuito ai comuni, alle province e alle regioni che ne facciano richiesta. La cessione è poi effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle finanze, del tesoro e della difesa.

La cessione non può riguardare gli immobili:

§       che rientrano nel programma di dismissione di immobili della Difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

Il citato comma 112 prevede che, per le esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, sia realizzato un apposito programma di dismissioni. Gli immobili da inserire in tale programma sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze.

§         che siano stati conferiti nei fondi immobiliari istituiti ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.

Il citato art. 14-bis disciplina i fondi immobiliari con apporto pubblico. Le quote di questi fondi possono essere sottoscritte, entro un anno dalla loro costituzione, con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili, qualora l’apporto sia costituito per oltre il 51% da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.

 

Il suddetto regolamento di cui al comma 65 dell’articolo 17 della legge n. 127 del 1997 non è stato ancora emanato.

Commi 15-17 – Razionalizzazione degli interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato

I commi 15-17 dell’articolo 35 introducono una procedura per la programmazione omogenea e il monitoraggio degli interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, allo scopo di contenere, razionalizzare, ottimizzare e programmare la spesa pubblica destinata a tali interventi.

Viene espressamente fatta salva la normativa vigente, con particolare riferimento alle competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Il comma 15 pone a carico delle amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, l’obbligo di effettuare comunicazioni all’Agenzia del demanio aventi i seguenti oggetti e termini:

a)      comunicazione contenente gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, n. 898/IV[43], relativi all'esecuzione degli interventi edilizi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato. Tale comunicazione deve essere effettuata entro il 30 ottobre di ogni anno;

b)      comunicazione contenente i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. In caso di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori, ne deve essere data comunicazione all’Agenzia del demanio;

c)      comunicazione del consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali, nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge n. 109 del 1994, eventualmente eseguiti nell'anno considerato. Tale comunicazione deve essere effettuata ogni tre mesi;

d)      comunicazione delle previsioni dei fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, e comunicazione delle previsioni delle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all'esecuzione delle stesse finalità. Queste comunicazioni devo essere effettuate entro il 31 ottobre di ciascun anno.

 

A norma del comma 16, per l’adempimento degli obblighi introdotti dalle disposizioni in esame, l’Agenzia del demanio fornisce alle amministrazioni interessate il necessario supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali. La stessa Agenzia elabora inoltre le linee guida tecnico-operative per la formazione o l'aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo.

 

Il comma 17 prescrive che, entro il 30 aprile di ogni anno, l'Agenzia del demanio presenti al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 16.

 

La relazione tecnica segnala che in materia è stata già emanata una circolare (7 marzo 2003) della Presidenza del Consiglio dei Ministri rivolta a tutti i Ministeri. Tale circolare aveva incaricato l’Agenzia del demanio di definire le linee guida di programmazione e un sistema di monitoraggio degli interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, nell’ambito di un processo di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica. Poiché non tutte le Amministrazioni destinatarie della circolare hanno provveduto, ad oltre un anno di distanza, agli adempimenti prescritti a loro carico, probabilmente a causa della natura secondaria della fonte, il Governo ha ritenuto di recepire il contenuto della circolare in una norma di rango primario.


Articolo 35, comma 19
(Cartolarizzazioni - Vendita di strade nazionali assoggettabili a pedaggio)

 

 


19. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con uno o più decreti, avvia programmi di dismissioni immobiliari da realizzare tramite cartolarizzazioni, costituzioni di fondi immobiliari o cessioni dirette. In coerenza con quanto previsto dal primo periodo del presente comma, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere trasferiti, a prezzo di mercato, a società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, tratti della rete stradale nazionale di cui all'articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, suscettibili di assoggettamento a tariffa. Il prezzo è fissato con le modalità concordate tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le società interessate. Si applicano il secondo e il terzo periodo dell'articolo 7, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 138 del 2002.


 

 

Il primo periodo del comma 19 dell’articolo 35 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad avviare, con propri decreti, programmi di dismissione immobiliare. Tali programmi possono essere realizzati mediante:

§      cartolarizzazioni;

La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di prezzo iniziale, agli enti che hanno ceduto gli immobili.

Le cartolarizzazioni di immobili sono disciplinate dagli articoli 1-3 del D.-L. 25 settembre 2001, n. 351 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001 n. 410). In particolare, ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 del citato D.-L. n. 351, con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere trasferiti a titolo oneroso, a società appositamente costituite, beni immobili, riconosciuti di proprietà dello Stato ai sensi dell’articolo 1 dello stesso D.-L. n. 351. I suddetti decreti ministeriali determinano inoltre le caratteristiche dell’operazione di cartolarizzazione.

§      costituzioni di fondi immobiliari;

Con riferimento alla costituzione di fondi immobiliari si ricorda che l’articolo 4 del già citato D.L. n. 351 del 2001 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo beni immobili, a uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali. I beni da conferire sono individuati con uno o più decreti dello stesso Ministro. Tali decreti disciplinano inoltre le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo, nonché i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote.

§      cessioni dirette.

Le cessioni dirette sono disciplinate dalla legge 24 dicembre 1908, n. 783, recante unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato, e successive modifiche e integrazioni. Dovrà anche tenersi conto delle disposizioni introdotte dai precedenti commi dell’articolo 35 in esame.

 

Nell’ambito dei sopra citati programmi di dismissione immobiliare, il comma 19 prevede la dismissione di tratti della rete stradale nazionale.

Il secondo periodo del comma 19 prevede infatti che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possano realizzarsi dismissioni anche di tratti della rete stradale nazionale. La disposizione richiama in proposito l’articolo 7, comma 1-bis del decreto legge n. 138 del 2000.

 

Tuttavia, deve osservarsi che il rinvio normativo sembrerebbe doversi invece riferire alla “rete stradale nazionale di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461” (che rappresenta l’atto normativo recante la definizione analitica della rete stradale di interesse nazionale).

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge n. 138 del 2002 (introdotto dall’articolo 76 della legge finanziaria per il 2003[44]), avrebbe dovuto essere trasferita all'ANAS Spa, in conto aumento del capitale sociale la rete autostradale e stradale nazionale, già individuata con il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461.

Ma il decreto di trasferimento non è finora intervenuto[45].

 

Quanto alla rete stradale di interesse nazionale, si ricorda che, in attuazione del federalismo amministrativo (cd “leggi Bassanini”), il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 461 ha provveduto alla classificazione della rete autostradale e stradale di interesse nazionale. In base a tale classificazione, è stato previsto il trasferimento alle regioni di funzioni e competenze amministrative relativamente a circa due terzidei 46mila chilometri che compongono la rete viaria nazionale, mantenendo allo Stato i restanti 15.500 chilometri, più le autostrade e i trafori (per complessivi 6.400 chilometri).

Il criterio seguito è stato quello di "rete", nel senso che lo Stato deve continuare a gestire un sistema organico e funzionale di arterie in grado di assicurare i collegamenti importanti con gli altri Paesi, con i porti, gli aeroporti, gli interporti, nonché tutto il complesso dell’attuale rete autostradale. Contemporaneamente, le regioni diventano gestori stradali: una volta definiti gli aspetti strumentali e finanziari di questo passaggio di competenze, esse dovrebbero assicurare un più moderno funzionamento della rete viaria, in relazione alla maggiore conoscenza della realtà locale e ad una più diretta possibilità di dialogo tra gestore ed utente.

Con il DPCM 21 febbraio 2000  "Individuazione e trasferimento, ai sensi dell’art. 101, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998, delle strade non comprese nella rete autostradale e stradale nazionale", sono stati poi trasferiti al demanio delle regioni a statuto ordinario o al demanio degli enti locali territoriali competenti, le strade o i tronchi di strade, già appartenenti al demanio statale e non compresi nella rete stradale e autostradale individuata con il decreto legislativo n. 461 del 1999.

Successivamente, questa prima ripartizione è stata modificata – ma in misura molto limitata - con due DPCM del 21 settembre 2001, mentredi recente (27 settembre 2004) il Governo ha trasmesso al Parlamento quattro nuovi schemi di DPCM (n. 407, 408, 409, 410) recanti nuove proposte di modifiche delle tabelle relative alla rete stradale di interesse nazionale e a quelle della rete trasferita alle regioni. Gli schemi di DPCM (all’esame delle competenti Commissioni parlamentari) riguardano la rete stradale delle regioni Umbria, Abruzzo, Campania, Marche e determinerebbero, complessivamente, un ulteriore incremento della rete stradale di interesse nazionale (pari a 590,701 km).

 

Sul processo di trasformazione dell’ANAS in società per azioni, si ricordano i dati recentemente riportati nel corso della audizione presso le Commissioni riunite VIII e IX della Camera dei deputati (27 aprile 2004) dal Presidente e amministratore di ANAS Spa, Vincenzo Pozzi, In quella occasione il Presidente Pozzi ha dichiarato che “il percorso di trasformazione di ANAS in società per azioni, delineato dall'articolo 7 del decreto-legge n. 138, ha subito una serie di aggiornamenti ed integrazioni con la normativa successiva, a partire dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, per effetto della quale alcuni aspetti essenziali del processo di trasformazione stesso hanno ricevuto una migliore e più precisa configurazione rispetto alla originaria formulazione. La prima assemblea della società, svolta il 19 dicembre 2002, ha approvato lo statuto, perfezionando in tal modo, anche in sede amministrativa, il processo di trasformazione avviato sul piano normativo.

In pari data è stata stipulata la convenzione di concessione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, poi registrata alla Corte dei conti in data 20 febbraio 2003. Nell'atto di convenzione è possibile individuare dettagliatamente obblighi, competenze e facoltà inerenti le attività oggetto di concessione.

La convenzione disciplina, tra l'altro, i flussi finanziari a favore della società per le attività di manutenzione e d'investimento, nell'intento di realizzare quella certezza del quadro economico di riferimento, oggetto di specifica raccomandazione da parte della Presidenza del Consiglio, che trova formale espressione nella direttiva del 27 novembre 2002, dimostrando ancora una volta il grado di attenzione per i problemi della infrastrutturazione del paese e, quindi, l'interesse per i soggetti attuatori degli interventi.

L'atto convenzionale stipulato tra ANAS e Ministero delle infrastrutture e trasporti individua in misura dettagliata l'ambito operativo dell'ANAS prevedendo, oltre alle funzioni tradizionalmente esercitate, anche nuovi obiettivi consistenti, tra l'altro, nella valorizzazione del patrimonio stradale ed autostradale. Sul piano esterno, la nuova configurazione di ANAS SpA rende compatibili diversificazioni gestionali e sviluppi in settori accessori”.

 

Il comma in esame prosegue specificando tre elementi:

§      le tratte devono essere suscettibili di assoggettamento a tariffa;

§      il prezzo sarà fissato con modalità concordate fra il Ministero dell’economia e le società interessate;

§      si applicano il secondo e il terzo periodo del comma 1-bis, dell’articolo 7 del citato decreto-legge n. 138 del 2002.

 

Quanto al primo punto, l’assoggettamento a tariffa, si ricorda, in primo luogo, che nella relazione tecnica si annette un effetto delle disposizioni pari a 3 mld di euro di introito per lo Stato. Si deve ricordare, in proposito, che nel documento “Programma infrastrutture strategiche”, allegato al DPEF 2005-2008 si ricevano alcune indicazioni in merito alla tariffazione di quella parte di rete stradale con “caratteristiche molto vicine a quelle autostradali”. Tale parte sarebbe – secondo il documento citato – pari a 4.200 Km ed è attraversata giornalmente da un flusso superiore a 20.000 veicoli equivalente. Il documento affermava, in proposito, che “appare evidente quindi che se si elevassero a livello autostradale le caratteristiche dell’attuale rete e si riuscisse ad identificare un modello di tariffazione coerente con le caratteristiche dei vari segmenti che costituiscono tale rete, allora l’ANAS potrebbe, alla fine del prossimo biennio, disporre annualmente di un volano di risorse pari a 1,1 – 1,4 miliardi di euro”.

La relazione tecnica, invece, riporta che “l’ipotesi di pedaggio potrebbe riguardare in prospettiva circa 1500 Km di strade statali, fra quelle in esercizio e quelle in costruzione”, mentre ricorda che “ANAS gestisce direttamente circa 869 Km di rete autostradale sulla quale gli utenti transitano a titolo gratuito”.

Con una “precisazione” pubblicata sul sito del Ministero dell’economia (5 ottobre 2004) – il cui contenuto è stato sostanzialmente confermato dal Ministro dell’economia Siniscalco, nella seduta dell’Assemblea della Camera del 6 ottobre, in risposta all’interrogazione a risposta immediata dell’On. Tarantino (3-03795) – si chiarisce che “in relazione alla cessione di strade a pedaggio, disciplinata dall’articolo 35 della Finanziaria per il 2005, il MEF precisa che le interpretazioni apparse oggi sulla stampa non corrispondono alla realtà. Infatti: l’operazione riguarda la cessione a titolo oneroso di circa 1.500 km di strade statali, tra quelle in esercizio e quelle in costruzione, ad una società che è al di fuori del perimetro della Pubblica Amministrazione, ma controllata direttamente o indirettamente dallo Stato; la stima di 3 miliardi circa di introito per lo Stato non rappresenta pedaggi per gli automobilisti, ma è il prezzo pagato dalla società acquirente a seguito della cessione; la remunerazione dell’investimento, che avviene attraverso "pedaggi ombra" (shadow toll) pagati dall’Erario alla società acquirente in funzione del traffico effettivo, non grava sugli automobilisti”.

Si osserva che il testo dell’articolato, così come la relazione illustrativa e la relazione tecnica non fanno invece cenno a pedaggi ombra (che comporterebbero comunque una spesa, sia pure differita in un arco temporale indefinito).

 

Quanto al secondo elemento, relativo al prezzo di mercato che corrisponderebbe al trasferimento dei tratti della rete stradale nazionale, si rileva che, il testo della disposizione non chiarisce se il trasferimento debba avvenire attraverso una concessione o consista invece in un vero e proprio trasferimento di proprietà[46].

 

Infine, in merito al terzo elemento indicato dalla disposizione in commento – il richiamo alla disciplina dell’articolo 7, comma 1-bis, relativamente agli effetti del trasferimento della rete stradale – si osserva che tale richiamo riguarda il secondo e il terzo periodo del comma 1-bis, e quindi gli effetti della trascrizione (articolo 2644 del codice civile) e gli effetti sostitutivi dell'iscrizione dei beni in catasto.

Non viene invece richiamato il quarto periodo del comma 1-bis che recava una precisazione in merito al regime giuridico dei beni trasferiti. È stato specificato, in quella norma, che il trasferimento non avrebbe comunque modificato il regime previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 823 del codice civile beni che fanno parte del demanio pubblico, sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano, mentre, ai sensi dell’articolo 829, primo comma, il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato deve essere dichiarato dall'autorità amministrativa e dell'atto deve essere dato annunzio nella Gazzetta ufficiale.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 822 del codice civile, appartengono allo Stato e fanno comunque parte del demanio pubblico: il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia, nonché le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno altresì parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato: le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico, le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.

Ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 7 del decreto-legge n. 138 del 2002, pertanto, le strade trasferite in proprietà all’ANAS (in applicazione di quella normativa) non mutano comunque il loro regime giuridico (continuando quindi in ogni caso ad appartenere al demanio pubblico). Tale disposizione non è stata invece richiamata dall’articolo in commento che non prevede pertanto l’immutabilità del regime giuridico dei beni trasferiti in caso di trasferimento della proprietà ad un soggetto diverso dallo Stato.


Articolo 35, comma 20
(Applicabilità del codice dei beni culturali nelle dismissioni)

 

 

20. È fatta salva l'applicazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

 

Il comma 20 dell’articolo 35 introduce una norma di salvaguardia per i beni culturali e del paesaggio interessati dall’articolo 35 in esame, rimandando alle norme stabilite dal Codice dei beni culturali.

 

Si ricorda che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato il 22 gennaio 2004 (D.Lgs. 42/2004) ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2003, n. 137, ha regolato, agli articoli da 53 a 64 (Capo IV) la circolazione dei beni culturali in ambito nazionale.

In particolare, gli articoli 53-57 definiscono la nuova disciplina dell’alienabilità dei beni culturali di proprietà pubblica o di persone giuridiche private senza scopo di lucro. In primo luogo, si introduce il concetto di demanio culturale, al quale vengono ricondotti le tipologie di beni indicate all’articolo 822 del codice civile[47].

Il provvedimento distingue, in linea generale, tra due categorie di beni: beni in ogni caso inalienabili e beni alienabili a determinate condizioni.

Per quanto riguarda i beni in ogni caso non alienabili, il provvedimento amplia le tipologie attualmente previste (aree di interesse archeologico e monumenti nazionali), comprendendovi anche le raccolte di musei, pinacoteche e biblioteche, gli archivi e le opere d’arte contemporanea se facenti parte di raccolte (art. 54).

I rimanenti beni, se di appartenenza pubblica o di enti senza fine di lucro, sono alienabili previa verifica della mancanza di un loro interesse culturale ai sensi dell’articolo 12 e, negli altri casi, subordinatamente ad autorizzazione ministeriale nella quale sono indicate le prescrizioni affinché ne sia assicurata la tutela, la valorizzazione e il godimento da parte del pubblico (art. 55).

Mentre il sistema previgente operava una presunzione generale di interesse culturale, l’articolo 12 prevede che i beni in questione vengano assoggettati ad uno specifico procedimento di verifica, ferma restando, medio tempore, la loro sottoposizione alla disciplina di tutela (anche cautelare e preventiva: art. 28). L’articolo 12 riproduce, in larga misura, i contenuti dell’articolo 27 del D.-L. n. 269 del 2003[48].

L’articolo 27 del D.-L. n. 269 del 2003 aveva introdotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma, in particolare, è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del testo unico dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490/1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione[49].

Il 4 marzo 2004, presso la VII Commissione della Camera, il sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali, on. Bono, in risposta ad una interrogazione dell’On. Chiaromonte (n. 5-02938), ha dichiarato che “l’articolo 27 regola una procedura straordinaria imposta dalla necessità e dall’urgenza di provvedere ad una verifica rapida di alcuni beni demaniali al fine di poter poi avviare, se del caso, le relative opere di dismissione”. Il sottosegretario ha inoltre precisato che tale procedura ha “valenza temporale limitata”. Al contrario, l’articolo 12 del Codice regola “in via generale e stabile la materia della verifica a prescindere da ogni motivo contingente e per i fini di conoscenza e catalogazione (in sostituzione degli elenchi del patrimonio pubblico previsti dalla normativa di settore fina dal 1909 e, tuttavia, com’è noto, mai predisposti)”.

Si segnala, a tale proposito, che il D.M. 6 febbraio 2004 (Verifica dell’interesse culturale dei beni immobili di utilità pubblica) ha stabilito i criteri e le modalità per la predisposizione e la trasmissione degli elenchi e delle schede descrittive dei beni oggetto di verifica relativi alla sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico, per i quali è stata predisposta una scheda descrittiva contenente tutti i dati atti a compiere la verifica di cui all’articolo 27 citato.

 

L’articolo 60 del Codice, infine, riserva allo stato la facoltà di acquisire in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione. In proposito, si ricorda che è prevista la possibilità di acquistare, oltre che da parte dello Stato, anche da parte delle regioni e degli altri enti pubblici, nonché il ricorso (in circostanze nella quali il prezzo non sia stato fissato dall’alienante o non sia possibile stabilirlo) alla determinazione del prezzo da parte di un terzo (e, in ultima istanza, da parte del presidente del tribunale) in caso di mancata accettazione da parte dell’alienante della determinazione del prezzo medesimo da parte del Ministero.


Articolo 36, commi 1-8
(Trattamento fiscale delle società
cooperative a mutualità prevalente)

 

 


1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 6, commi 1, 2, e 3, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, l'articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all'Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile:

     a) per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;

     b) per la quota del 30 per cento degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi.

2. L'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, non si applica limitatamente alla lettera a) del comma 1.

3. L'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, si applica, limitatamente al reddito imponibile derivante dall'indeducibilità dell'imposta regionale sulle attività produttive.

4. Le previsioni di cui ai commi precedenti non si applicano alle cooperative sociali e loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.

5. Resta, in ogni caso, l'esenzione da imposte e la deducibilità delle somme previste dall'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.

6. Per le società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente resta ferma l'applicabilità dell'articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, esclusivamente con riferimento alla quota di utili netti annuali destinata a riserva minima obbligatoria, a condizione che lo statuto preveda la indivisibilità della predetta riserva.

7. Gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono indeducibili per la parte che supera l'ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90.

8. Le disposizioni dei commi da 1 a 7 si applicano a decorrere dai periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 36 riduce la quota degli utili destinati a riserve indivisibili delle società cooperative a mutualità prevalente la quale, ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1977, è esente da imposte sui redditi.

 

L’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, stabilisce che le riserve indivisibili delle cooperative e dei loro consorzi non concorrono a formare il reddito imponibile di tali soggetti passivi, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci, sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento.

Un primo intervento, a carattere transitorio, di riduzione della quota degli utili ai quali si applica il citato art. 12 della legge n. 904 del 1977 è stato adottato con il comma 4 dell’art. 6 del D.-L. 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.

Il citato comma 4 dell’art. 6, in attesa del riordino della disciplina tributaria delle società cooperative e loro consorzi, ha dettato disposizioni valide per i due periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2001. In particolare, la lettera a) del comma 4 ha limitato l'applicazione dell’art. 12 della legge n. 904 del 1977, nella parte che prevede l'esclusione dal reddito imponibile delle somme destinate a riserve indivisibili, al 39 per cento di quanto residua dopo l'accantonamento della quota di utili destinata alla riserva minima obbligatoria, la quale resta, comunque, esclusa dalla tassazione. La successiva lettera b), relativamente alle cooperative agricole e della piccola pesca e loro consorzi, ha elevato al 60 per cento la quota di utile netto annuale non soggetta a tassazione.

Poiché l’efficacia del sopra illustrato art. 6, co. 4, del D.-L. n. 63 del 2002 è cessata a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2003, la totalità degli utili netti delle società cooperative destinati a riserve obbligatorie sarebbe esente da imposta, ai sensi del citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977.

 

Il comma 1 in esame assoggetta a tassazione una quota degli utili destinati a riserve indivisibili, eccedenti le quote di cui ai commi 1-3 dell’articolo 6 del D.-L. n. 63 del 2002, per il commento dei quali si veda oltre. Tale quota è determinata:

a)      nella misura del 20% per le cooperative agricole e loro consorzi, di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi;

b)      nella misura del 30% per le altre cooperative e loro consorzi.

 

Il comma 1 dell’articolo 36 conferma quanto disposto dai commi 1-3 dell’articolo 6 del citato D.-L. n. 63 del 2002. Pertanto resta ferma l’esclusione dal reddito imponibile delle società cooperative delle quote di utili indicate nei citati commi.

 

Il comma 1 dell’articolo 6 del D.-L. n. 63 del 2002 prevede che le disposizioni di cui al citato articolo 12 della legge n. 904 del 1977 si applicano in ogni caso alla quota degli utili netti destinati alla riserva minima obbligatoria. Pertanto si conferma, ai fini delle imposte sui redditi, l’esenzione della suddetta quota degli utili che, ai sensi dell’art. 2545-quater del codice civile, non deve essere inferiore al 30% degli utili netti annuali per la generalità delle società cooperative, e al 70%, ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 385 del 1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), per le banche di credito cooperativo.

Il comma 2 del citato articolo 6 disciplina i c.d. ristorni[50] operati dalla società cooperative e loro consorzi. Tali somme non concorrono, per i soci, a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, né costituiscono valore della produzione netta, rilevante ai fini IRAP, a condizione che siano destinate ad aumento del capitale sociale[51]. Il secondo periodo del comma 2 disciplina l'ipotesi della successiva restituzione del capitale sociale costituito mediante la destinazione delle somme sopra indicate a titolo di ristorno. In tale ipotesi la restituzione dei ristorni precedentemente imputati ad incremento del capitale sociale è soggetta ad imposta ogniqualvolta le medesime somme, ove corrisposte immediatamente, senza la preventiva destinazione ad incremento del capitale sociale, sarebbero state assoggettate a tassazione, come è previsto per i ristorni relativi ad una maggiore remunerazione dei capitali impiegati o dell’opera prestata, che costituiscono, per il socio, redditi di capitale o di lavoro dipendente (si veda a tal proposito l’art. 7, co. 3, della legge n. 59 del 1992).

Le disposizioni del comma 2 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2001.

Il comma 3 del citato articolo 6 stabilisce che sugli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci finanziatori, purché persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, la ritenuta del 12,50% prevista dall'art. 26, co. 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, relativamente ai prestiti erogati alle condizioni[52] stabilite dall'art. 13 del D.P.R. n. 601 del 1973, si applica in ogni caso a titolo di imposta e non di acconto.

 

Il comma 1 in esame si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all'Albo delle cooperative - Sezione cooperative a mutualità prevalente, di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile.

 

Ai sensi delle citate disposizioni le società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, sono quelle che:

1)       svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

I criteri per la definizione della prevalenza sono dettati dall’articolo 2513 del codice civile.

Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci

 

Il comma 2 dell’articolo 36 dispone che sulla quota del 20% degli utili delle cooperative agricole e loro consorzi e delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi, destinati a riserve indivisibili, sottoposta a tassazione ai sensi della lettera a) del precedente comma 1, non si applicano neppure le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 10 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, consistenti nell’esenzione dalle imposte sui redditi.

 

Il citato articolo 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 prevede che i redditi conseguiti da società cooperative agricole e loro consorzi mediante l'allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci nonché mediante la manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci, sono esenti dalle imposte sui redditi.

Lo stesso articolo prevede inoltre che i redditi conseguiti dalle cooperative della piccola pesca e dai loro consorzi sono esenti dall'imposta sui redditi. Tale articolo contiene anche una definizione delle suddette cooperative, in relazione all’attività effettuata.

 

Si segnala che una disposizione, di natura transitoria, analoga al comma in esame, era contenuta nell’articolo 6, comma 4, lettera c), del citato D.-L. n. 63 del 2002.

 

Il comma 3 dell’articolo 36, limitando la portata delle agevolazioni di cui all’articolo 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, stabilisce che è esente dalle imposte sui redditi una quota del reddito imponibile delle società cooperative di produzione e di lavoro e loro consorzi corrispondente all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) pagata sul reddito imponibile. In tal modo, in presenza delle condizioni previste dal citato articolo 11, viene sostanzialmente superata l’indeducibilità dell’IRAP prevista dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.

 

Il citato articolo 11 del D.P.R. n. 601 del 1973 stabilisce che i redditi delle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi sono esenti dalle imposte sui redditi se l'ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità, comprese le somme erogate ai soci a titolo di integrazione delle retribuzioni, non è inferiore al 50% dell'ammontare complessivo di tutti gli altri costi, tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie. Se l'ammontare delle retribuzioni è inferiore al 50%, ma non al 25%, dell'ammontare complessivo degli altri costi, le imposte sui redditi sono ridotte alla metà.

Nella determinazione del reddito delle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi sono ammesse in deduzione le somme erogate ai soci lavoratori a titolo di integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti aumentati del 20%.

Per l’applicazione del citato articolo 11 alle società cooperative di produzione, i soci devono possedere determinati requisiti, espressamente indicati.

 

Anche il comma 3 dell’articolo 36 riprende un’analoga disposizione, di natura transitoria, contenuta nell’articolo 6, comma 4, lettera c), del citato D.-L. n. 63 del 2002.

 

Il comma 4 dell’articolo 36 esclude dall’applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 1-3 le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Pertanto alle cooperative sociali e ai loro consorzi si applicano integralmente, senza le limitazioni previste per le altre tipologie di cooperative, le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 12 della legge n. 904 del 1977 e dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, sopra illustrati.

 

Ai sensi dell’articolo 1 della sopra citata legge n. 381 del 1991, le cooperative sociali sono cooperative che hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:

a)       la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;

b)       oppure

c)       lo svolgimento di attività diverse, agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

 

Si segnala che anche le limitazioni alle agevolazioni fiscali disposte, in forma transitoria, dalle lettere da a) a c) del sopra illustrato articolo 6, comma 4, del D.-L. n. 63 del 2002 non erano applicabili alle cooperative sociali e ai loro consorzi (come disposto dal comma 6 dello stesso articolo 6).

 

Il comma 5 dell’articolo 36 fa salve l'esenzione da imposte e la deducibilità dei contributi versati dalle cooperative ai sensi dell’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.

 

L’articolo 11 della legge n. 59 del 1992 prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo possano costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Le società cooperative e i loro consorzi, aderenti alle suddette associazioni riconosciute, devono destinare alla costituzione e all'incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota pari al 3% degli utili annuali. Le società cooperative e i loro consorzi non aderenti alle suddette associazioni versano il corrispondente importo all’entrata del bilancio dello Stato; tali importi sono riassegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la copertura delle spese relative all’attività ispettiva di detto Ministero nei confronti delle cooperative.

 

Come si ricava anche dalla relazione tecnica al disegno di legge in esame, il comma 5 si applica anche alle cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente.

 

Il comma 6 dell’articolo 36 limita l’applicabilità dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1997 nei confronti delle società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente[53]. Per queste cooperative è esclusa dal reddito imponibile soltanto la quota di utili netti annuali destinata a riserva minima obbligatoria, a condizione che lo statuto preveda l’indivisibilità della predetta riserva.

 

Si ricorda che, come già osservato nel commento al precedente comma 1, la quota di utili netti destinati a riserva minima obbligatoria è del 30% per la generalità delle società cooperative (art. 2545-quater del codice civile) e del 70% per le banche di credito cooperativo (art. 37 del D.Lgs. n. 385 del 1993).

 

Il comma 7 dell’articolo 36 pone un limite alla deducibilità degli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi sulle somme versate dai soci persone fisiche. Tale limite corrisponde alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90.

 

La disposizione in commento fa riferimento, ai fini della deducibilità dei suddetti interessi, all’art. 13 del D.P.R. n. 601 del 1973, il quale prevede che i versamenti dei soci e le trattenute effettuate dalla società debbono essere finalizzate al conseguimento dell'oggetto sociale e non devono superare, per ciascun socio, la somma di quaranta milioni di lire (pari a 20.658,28 euro). Tale limite è elevato a ottanta milioni di lire (pari a 41.316,55 euro) per le cooperative di conservazione, lavorazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e per le cooperative di produzione e lavoro.

 

Il comma 8 stabilisce infine che le disposizioni di cui ai precedenti commi da 1 a 7 si applicano a decorrere dai periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003. Tale previsione si ricollega alla scadenza del periodo di applicazione delle disposizioni transitorie dettate dal più volte citato articolo 6, comma 4, del D.-L. n. 63 del 2002.


Articolo 36, commi 9 e 10
(Modalità particolari di liquidazione e di versamento
dell'imposta sul valore aggiunto)

 

 


9. A decorrere dal 1° gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto contenute nei regolamenti di cui ai decreti del Ministro delle finanze del 24 ottobre 2000, n. 370, e n. 366, non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.

10. I soggetti di cui al comma 1 hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.


 

 

Il comma 9 stabilisce che, con decorrenza dal 1° gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità particolari di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto contenute nei regolamenti di cui ai decreti ministeriali del 24 ottobre 2000, n. 370 e n. 366, e riferite alle operazioni effettuate nei settori dei servizi di telecomunicazione, dei servizi di somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili e dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani, di fognatura e di depurazione,  non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.

 

 

Il D.M. 24 ottobre 2000, n. 366,reca disposizioni in materia di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni effettuate nel settore delle telecomunicazioni, con particolare riguardo ai relativi obblighi di fatturazione e di liquidazione

 

Al riguardo, l'articolo 22, primo comma, numero 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con il quale viene istituita l'imposta sul valore aggiunto, stabilisce che non è obbligatoria l'emissione della fattura, se non a richiesta del cliente, per le attività di commercio al minuto e assimilate. 

L'articolo 22, secondo comma, del medesimo decreto stabilisce che l’esclusione dell’obbligo di emissione della fattura, prevista nel comma precedente dello stesso articolo, possa essere estesa, con decreto del Ministro delle finanze, ad altre categorie di contribuenti che prestino servizio al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e importo limitato tali da rendere particolarmente onerosa l'osservanza dell'obbligo di fatturazione e degli adempimenti connessi. 

L’articolo 73, primo comma, lettera e), dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, rimette, tra l'altro, al Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione, con propri decreti, di particolari modalità e termini per l'emissione, numerazione e registrazione delle fatture, le liquidazioni periodiche e i versamenti relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica e simili.

L'articolo 74, primo comma, lettera d), dello stesso decreto stabilisce, in deroga a quanto disposto nei titoli primo e secondo, che l'imposta sul valore aggiunto è dovuta per le prestazioni dei gestori dei telefoni posti a disposizione del pubblico, nonché per la vendita di qualsiasi mezzo tecnico per fruire dei servizi di telecomunicazione, fissa o mobile, e di telematica, dal titolare della concessione o autorizzazione ad esercitare i servizi sulla base del corrispettivo dovuto dall'utente; il terzo comma del citato articolo 74 dispone che le modalità e i termini per l'applicazione delle disposizioni dei commi primo e secondo del medesimo articolo 74 sono stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Infine l'articolo 74, quarto comma, dello stesso decreto prevede per determinati enti e imprese la possibilità di essere autorizzati, con decreto del Ministro, ad eseguire le liquidazioni e versamenti trimestralmente anziché mensilmente senza che si applichino le disposizioni di cui all’articolo 33, relativo alle semplificazioni per i contribuenti minori in ordine alle liquidazioni e ai versamenti. 

 

Considerato che, per l'elevato numero delle operazioni poste in essere nei confronti degli utenti, i servizi di telecomunicazione rientrano tra i servizi di cui all'articolo 73, primo comma, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e ritenuta l'opportunità di avvalersi delle facoltà conferitegli dai detti articoli per quanto concerne la determinazione di particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate, nel territorio dello Stato, nel settore delle telecomunicazioni, il Ministro dell’economia e delle finanze ha adottato il regolamento di cui al D.M. n. 366 del 2000.

 

Ai fini del regolamento in discorso, costituiscono servizi di telecomunicazione l'emissione, trasmissione e ricezione di segni, segnali, scritti, immagini e suoni o informazioni di qualsiasi natura, resi tramite filo, radio, cavo, o altri mezzi o sistemi elettromagnetici, elettronici, ottici e similari all'uopo predisposti dalla tecnica. Si considerano altresì servizi di telecomunicazione la cessione e la concessione di diritti di utilizzazione dei mezzi o sistemi per le predette emissioni, trasmissioni o ricezioni, la distribuzione di segnali radiotelevisivi, via cavo o satellite, la messa a disposizione di reti in cavo o satellitari, l'autorizzazione all'accesso alle reti informatiche, nonché le altre operazioni accessorie o comunque connesse ai servizi in precedenza indicati, quando le stesse sono considerate parte integrante del servizio in forza delle previsioni contrattuali.

 

Tale regolamento prevede che per i servizi di telecomunicazione e per le altre operazioni accessorie o comunque connesse effettuate dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, le fatture possono essere emesse in unico esemplare e ordinate secondo serie articolate di numerazioni progressive; i corrispettivi soggetti all'imposta sono indicati complessivamente in fattura, distinti per aliquota, indipendentemente dalla loro spettanza al titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale.

Il secondo esemplare delle fatture può essere sostituito da distinte meccanografiche di fatturazione ovvero da supporti magnetici o di immagini riportanti tutti gli elementi indicati in ciascuna fattura.

Sulle fatture può essere indicato, in sostituzione del numero d’ordine progressivo, il numero telefonico completo di ciascun utente, ovvero altro idoneo codice identificativo. Nei confronti dello stesso utente può essere emessa un'unica fattura per prestazioni rese in relazione a contratti distinti.

L'emissione delle fatture relative ai contributi per nuovi collegamenti, traslochi, variazioni di abbonato e altre prestazioni accessorie al contratto di abbonamento, incassati presso locali aperti al pubblico, non è obbligatoria se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell'operazione. Le eventuali fatture potranno essere emesse entro novanta giorni dalla data di effettuazione dell'operazione.

Le liquidazioni, le dichiarazioni e i versamenti periodici di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, devono essere eseguiti dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare; entro tale mese devono essere presentate le relative dichiarazioni periodiche. Ai fini delle predette liquidazioni e dichiarazioni periodiche deve tenersi conto di tutte le operazioni per le quali le registrazioni devono eseguirsi in relazione al periodo cui le stesse si riferiscono.

 

È intervenuto parimenti ad adottare simili modalità applicative dell’IVA il D.M. 24 ottobre 2000 n. 370, con cui è stato emanato il regolamento recante appunto particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto nei confronti di contribuenti che gestiscono il servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati e il servizio di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta, da emanarsi ai sensi degli articoli 22, comma 2, e 73, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633

Il Ministro dell’economia e delle finanze, infatti, ha ritenuto opportuno avvalersi della facoltà conferitagli dalle disposizioni sopra ricordate per determinare particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni relative alla somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili, all'esercizio di lampade votive nei cimiteri, alla gestione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani e del servizio di fognatura e depurazione.

 

In particolare, per quanto riguarda la fatturazione delle operazioni, si dispone che per l'addebito dei corrispettivi relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento urbano, nonché per le operazioni relative al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati, di fognatura e depurazione, possono essere emesse bollette che tengono luogo delle fatture, anche agli effetti di cui all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sempreché contengano tutti gli elementi di cui all'articolo 21 del medesimo decreto, salvo il numero progressivo e il domicilio dell'utente, che possono essere sostituiti rispettivamente dalla numerazione toponomastica e dall'ubicazione dell'utenza. Nei confronti dello stesso cliente può essere emessa un'unica bolletta per le somministrazioni effettuate in relazione a uno o più contratti distinti. In tal caso la numerazione progressiva prevista dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, potrà essere sostituita da un numero di conto attribuito alle specifiche aggregazioni delle posizioni contrattuali.

Con riguardo alla registrazione dei corrispettivi, si possono effettuare le prescritte annotazioni indicando i totali delle distinte meccanografiche di fatturazione relative alle bollette-fatture emesse nel corso di ciascun trimestre solare, entro il mese successivo al trimestre stesso con riferimento alla data della loro emissione.

Per quanto concerne, infine, le dichiarazioni e liquidazioni periodiche, le annotazioni di liquidazione periodica previste dall'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, possono essere effettuate entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare ed entro lo stesso termine dev’essere eseguito il versamento della relativa imposta senza corresponsione degli interessi.

 

Il comma 9 in esame dispone ora che, a decorrere dal 1° gennaio 2005,  le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell'imposta sul valore aggiunto sopra esaminate non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.

 

Il comma 10 specifica che i soggetti che ricadono nelle previsioni dei decreti ministeriali n. 366 e n. 370 del 2000 e che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.

 

Nel testo del disegno di legge, l’indicazione dei destinatari della presente disposizione è operata mediante rinvio. Per altro il riferimento è operato al comma 1, invece che al comma 9, come correttamente deve intendersi, secondo che risulta anche dalla relazione governativa.

 

Secondo il disposto dell’articolo 23 del D.P.R. n. 633 del 1972, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro.

 

Ai sensi dell’articolo 24 del D.P.R. n. 633 del 1972, i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all'art. 22 possono annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte. L'annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo al giorno in cui le operazioni sono effettuate.


Articolo 36, commi 11-16
(Riserve e fondi in sospensione di imposta)

 

 


11. Le riserve e i fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 10 per cento. La disposizione del precedente periodo non si applica alle riserve per ammortamenti anticipati.

12. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle leggi 29 dicembre 1990, n. 408, 30 dicembre 1991, n. 413, e 21 novembre 2000, n. 342, compresi quelli costituiti ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, l'imposta sostitutiva di cui al comma 1 è ridotta al 4 per cento.

13. Le riserve e i fondi di cui al comma 11 e i saldi attivi di cui al comma 12, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della società e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta previsto dall'articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dall'articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e dall'articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.

14. L'imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio di cui al comma 11 ed è versata, in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.

15. L'imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l'imposta sostitutiva è imputata al capitale sociale o fondo di dotazione, la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga all'articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice.

16. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.


 

 

I commi da 11 a 16 dell’articolo 36 prevedono la possibilità di “affrancare” riserve e fondi in sospensione d'imposta, rendendole liberamente distribuibili ai soci, con il versamento di un’imposta sostitutiva.

 

Una previsione analoga a quella dei commi in esame era contenuta nell’articolo 4 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), prorogata di un anno dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.

Il citato articolo 4 della legge n. 448 del 2001 consentiva di affrancare, rendendole liberamente distribuibili ai soci, le riserve e gli altri fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o rendiconto dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2001. L’affrancamento era effettuato con il versamento di una imposta sostitutiva del 19 per cento.

L’imposta sostitutiva doveva essere liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2001 ed essere versata in tre rate annuali, nella misura del 45%, del 35% e del 20%, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dell’esercizio in corso, rispettivamente, alla data del 31 dicembre 2001, del 31 dicembre 2002, e del 31 dicembre 2003. Sull’importo delle rate successive alla prima erano dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente alle rate.

Le riserve e i fondi assoggettati all'imposta sostitutiva non concorrevano a formare il reddito imponibile dell'impresa. Si prevedeva, inoltre, l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva, che poteva essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve o ad altri fondi del bilancio o del rendiconto.

 

Il comma 11 dell’articolo in esame, in analogia con le richiamate disposizioni della legge n. 448 del 2001, stabilisce che le riserve e i fondi in sospensione d'imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte[54], ad imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 10 per cento.

Sono espressamente escluse dalla possibilità di affrancamento le riserve per ammortamenti anticipati.

 

Il comma 12 prevede un’aliquota ridotta dell’imposta sostitutiva, nella misura del quattro per cento, per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle seguenti disposizioni normative:

§      legge 29 dicembre 1990, n. 408;

La legge n. 408 del 1990 reca, tra le altre, disposizioni tributarie in materia di rivalutazione di beni delle imprese e di smobilizzo di riserve e fondi in sospensione di imposta.

§      legge 30 dicembre 1991, n. 413;

La legge n. 413 del 1991 (c.d. legge Formica) reca, tra le altre, disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese

§      legge 21 novembre 2000, n. 342, compresi i saldi costituiti ai sensi dell'articolo 14 della suddetta legge

L’articolo 10 della citata legge n. 342 del 2000 consente alle società e agli enti commerciali di rivalutare i beni materiali e immateriali, con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d’impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e in società collegate costituenti immobilizzazioni. Il sopra citato articolo 14 stabilisce che l’importo corrispondente ai maggiori valori iscritti in bilancio in corrispondenza della rivalutazione è accantonato in apposita riserva.

 

La relazione illustrativa osserva che, nelle ipotesi sopra indicate, la misura dell’imposta sostitutiva è ridotta in considerazione della circostanza che i saldi di rivalutazione hanno già “scontato” un’imposizione sostitutiva. 

 

Ai sensi del comma 13, le riserve e i fondi di cui al comma 11 e i saldi attivi di cui al comma 12 assoggettati all'imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa, della società o dell’ente. Lo stesso comma dispone che, in caso di distribuzione dei saldi attivi di cui al comma 12, non spetta il credito d’imposta previsto dalle seguenti disposizioni, le quali si riferiscono ai precedenti interventi di rivalutazione ricordati dal comma 12 dell’articolo 36 in esame:

§      articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408,

§      articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413,

§      articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.

 

Il comma 14 stabilisce che l’imposta sostitutiva dev’essere liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 e dev’essere versata in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.

 

Il comma 15 prevede, analogamente al precedente provvedimento sopra richiamato, l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva.

L'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere fatta, in tutto o in parte, a carico delle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l’imputazione è fatta al capitale sociale o fondo di dotazione, la norma precisa che la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga alle disposizioni contenute nell'articolo 2365 codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma.

 

L’articolo 2365 del codice civile prevede che l'assemblea straordinaria delibera, tra l’altro, sulle modificazioni dello statuto.

In base all’articolo 2445, primo comma, la riduzione del capitale, quando questo risulta esuberante per il conseguimento dell'oggetto sociale, può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci. Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che l'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, la quale deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.

 

In sostanza, per effetto del richiamo alle suindicate disposizioni del codice civile, la riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione per effetto dell'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere deliberata dall'assemblea ordinaria e l'avviso di convocazione deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, da mantenersi entro i suddetti limiti.

 

Infine, il comma 16 precisa che per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni, i rimborsi nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.


Articolo 36, commi 17-18
(Tabacchi lavorati)

 

 


17. Per l'anno 2005, con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è aumentata l'aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro.

18. Per il perseguimento di obiettivi di tutela e di difesa della salute pubblica, con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto conto anche dell'andamento del mercato e delle variazioni dei prezzi di vendita al dettaglio delle sigarette, possono essere individuati criteri e modalità di determinazione di un loro prezzo minimo di vendita al pubblico.


 

 

Il comma 17 dell’articolo 36 stabilisce che, per l’anno 2005, sarà aumentata, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati, in misura tale da assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro.

 

Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, lettera a), del D.-L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:

a)       sigarette...................... 58%;

b)       sigari e sigaretti............ 23%;

c)       tabacco da fumo........... 54%;

d)       tabacco da masticare... 24,78%;

e)       tabacco da fiuto............ 24,78%.

Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dal citato articolo 28, comma 1, lett. a), dell’articolo 28 del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.

Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.-L. 30 settembre 2003, n. 269,convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.

In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.-L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[55]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 18 dell’articolo 36 prevede che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, possano essere individuati criteri e modalità di determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico delle sigarette al fine di perseguire obiettivi di tutela e difesa della salute pubblica.

Il suddetto provvedimento direttoriale dovrà tenere conto anche dell’andamento del mercato e delle variazioni dei prezzi di vendita delle sigarette al dettaglio.


Articolo 36, commi 19-21
(Lotto)

 

 


19. Al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di gioco, le percentuali delle ritenute previste dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e 17, comma 4, della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono sostituite con una ritenuta unica del dieci per cento.

20. È istituita una ulteriore estrazione settimanale del concorso Enalotto, anche non abbinato all'estrazione del Lotto; con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le disposizioni attuative occorrenti per l'eventuale estrazione non abbinata a quella del Lotto.

21. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato possono essere istituite ulteriori estrazioni settimanali del gioco del Lotto.


 

 

Il comma 19 sostituisce le ritenute sulle vincite al Lotto previste, con diverse percentuali, dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e 17, comma 4, della legge 29 gennaio 1986, n. 25 , con una unica ritenuta del 10%.

 

Il D.P.R. n. 600 del 1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, stabilisce, all’articolo 30, che la ritenuta sulle vincite e sui premi del lotto, delle lotterie nazionali, dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici esercitati dallo Stato, è compresa nel prelievo operato dallo Stato in applicazione delle regole stabilite dalla legge per ognuna di tali attività di giuoco.

 

Il comma 19 in esame fa riferimento alle percentuali delle ritenute previste da due disposizioni legislative:

§       la legge n. 699 del 1967, recante Disciplina dell'Ente “Fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto” che, all’articolo 2, nono comma, assoggetta le vincite al lotto ad una ritenuta dell'1% in favore del Fondo. La medesima legge modifica la denominazione del Fondo in “Fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto”. Con la riforma del sistema del lotto operato dalla legge n. 528 del 1982, ai sensi dell’articolo 23 la citata ritenuta dell'1% sulle vincite al giuoco del lotto è devoluta al “Fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze” di cui al D.P.R. n. 211 del 1981;

§       la legge n. 25 del 1986, recante modificazioni alla legge n. 1293 del 1957, sulla organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, nonché disposizioni in materia di procedure contabili, all’articolo 17, quarto comma, stabilisce che dalla data di effettiva introduzione del servizio automatizzato del gioco del lotto ai sensi della legge n. 528 del 1982, in aggiunta al fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze, di cui al D.P.R. n. 211 del 1981, è istituito il fondo di previdenza per il personale dell'Amministrazione dei monopoli di Stato. Al predetto fondo è iscritto di diritto il personale dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, purché non iscritto ad altri fondi di previdenza. Il fondo è alimentato da una trattenuta del 2% sulle vincite al giuoco del lotto, nonché dai proventi netti della pubblicità sugli involucri dei fiammiferi.

Sulla destinazione delle ritenute è intervenuto l’articolo 3 della legge n. 662 del 1996, che, al comma 84, ha stabilito che le ritenute sulle vincite al giuoco del lotto, di cui al nono comma dell'articolo  2  della  legge  6  agosto  1967,  n.  699,   e   successive modificazioni, e al quarto comma dell'articolo 17 della  legge  29  gennaio 1986, n. 25, sono versate all'entrata del bilancio dello  Stato  e  restano acquisite all'erario.

 

Le ritenute dell’1% e del 2% affluiscono al capitolo 2328 (UPB 1.2.3) dell’entrata del bilancio dello Stato, che, nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311/Tab. 1) reca una dotazione di 108 milioni di euro (il dato assestato 2004 è pari a 129 milioni).

La relazione tecnica al disegno di legge finanziaria stima che l’innalzamento delle percentuali delle ritenute (+7%) produrrà un maggior gettito pari a circa 348 milioni di euro.

 

Il comma 19 motiva l’incremento delle ritenute dal 3% al 10% al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di giuoco.

 

Il comma 20 istituisce un’ulteriore estrazione settimanale del concorso Enalotto, anche non abbinato all'estrazione del Lotto.

 

Qualora l’ulteriore estrazione settimanale non venga abbinata all’estrazione del Lotto, un provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ne stabilirà le disposizioni attuative.

 

Con decreto ministeriale del 29 ottobre 1957 fu emanato il regolamento del concorso pronostici abbinato al giuoco del lotto, denominato Enalotto.

Il decreto del Ministro delle finanze del 10 ottobre 1997 ha modificato tale regolamento, sopprimendo il riferimento alla cadenza settimanale del giuoco, ora comunemente definito “Superenalotto”. Attualmente vengono effettuate due estrazioni settimanali (il mercoledì ed il sabato).

Il giuoco consiste nel pronosticare i primi numeri estratti nelle ruote del lotto di Bari, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Roma, indipendentemente dalla posizione dei sei pronostici rispetto all'ordine alfabetico delle ruote.

È prevista una ulteriore possibilità di vincita qualora si indovinino cinque dei sei numeri primi estratti nelle ruote del lotto e il numero primo estratto nella ruota di Venezia, denominato numero complementare “c.d. jolly”.

 

Infine il comma 21 prevede la possibilità di istituire ulteriori estrazioni settimanali del giuoco del Lotto, attraverso l’emanazione di un provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.


Articolo 36, commi 22-27
(Disposizioni in materia di videogiochi)

 

 


22. All'articolo 110, comma 7, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, la lettera b) è abrogata.

23. All'articolo 39, comma 7, secondo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita e,» sono abrogate.

24. All'articolo 39, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 7-bis è aggiunto il seguente:

«7-ter. La sanzione di cui alla lettera c) è applicata al gestore di apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 7, lettere a) e c), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino non conformi alle prescrizioni normative ed alle regole tecniche definite ai sensi dell'articolo 22, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».

25. All'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 3 ed al comma 4 le parole: «comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 7».

26. All'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, i commi 1 e 2 sono abrogati.

27. Il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.


 

 

I commi da 22 a 27 dell’articolo 36 intervengono sulla normativa in materia relativa a giuochi e scommesse, con particolare riferimento alla disciplina degli apparecchi e congegni da intrattenimento.

 

La materia è stata, da ultimo, oggetto di numerose novelle legislative ad opera dell’articolo 39, commi da 5 a 13-quinquies, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.

 

La relazione al disegno di legge finanziaria per il 2004 sottolinea che “i commi 22-27 rafforzano ulteriormente la tutela della liceità e regolarità del giuoco, nonché il contrasto all’evasione fiscale”.

 

Il comma 22 abroga la lettera b) del comma 7 dell’articolo 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza –  di seguito: TULPS).

 

Rispetto a quelli già indicati ai commi 5 e 6, il citato comma 7 individua ulteriori tipologie di apparecchi e congegni per il gioco lecito. Si tratta di:

§       apparecchi elettromeccanici privi di schermo (monitor) (gru, ruspe e redemption), attraverso cui si esprime l’abilità del giocatore (lettera a), i quali:

-          sono attivabili soltanto con l’introduzione di una moneta;

-          hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

-          consentono, immediatamente e direttamente dopo la partita, vincite di piccoli oggetti, non convertibili in denaro, di valore complessivo non superiore a 20 volte la giocata;

§       apparecchi automatici, semiautomatici e elettronici (lettera b):

-          in cui l’abilità e l’intrattenimento sono preponderanti rispetto all’alea;

-          che funzionano soltanto a moneta, non superiore a 50 centesimi di euro per partita;

-          che consentono il prolungamento o la ripetizione di ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, per un massimo di 10 volte.

§      apparecchi basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi, per i quali il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi (lettera c).

 

La lettera b) stabilisce, inoltre, che gli apparecchi indicati possono essere impiegati dal 1° gennaio 2004 soltanto se denunziati ai sensi dell’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 e se per essi siano state assolte le relative imposte, come richiesto dalla medesima disposizione. Dal 1° gennaio 2004, i medesimi apparecchi non devono più consentire il prolungamento o la ripetizione della partita; ove non ne sia possibile la conversione in apparecchi per il gioco lecito, essi sono rimossi. Il medesimo comma 7 precisa che per la conversione degli apparecchi restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

 

Come indicato nella relazione al disegno di legge finanziaria 2005, l’abrogazione della lettera b) ha lo scopo di “eliminare qualsiasi dubbio sulla illiceità degli apparecchi che consentono intrattenimento senza vincita in denaro, attraverso componenti minoritarie di alea”.

 

Il comma 23 abroga una parte del secondo periodo dell'articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2004.

 

Il comma 7 modifica la disciplina di cui al terzo periodo dell’articolo 110, comma 7, lettera b), del TULPS. n particolare, la formulazione del comma 7 prevede che il termine del 1º gennaio 2004 di vigenza del regime transitorio di liceità degli apparecchi, indicato all’articolo 110, comma 7, lettera b), terzo periodo, del TULPS è prorogato al 30 aprile 2004 relativamente ai soli apparecchi e congegni di cui al predetto comma 7, lettera b), per i quali, entro il 31 dicembre 2003, è stato rilasciato il nulla-osta di cui all’articolo 14-bis, comma 1, del D.P.R. n. 640 del 1972, e sono state assolte le relative imposte.

A decorrere dal 1º gennaio 2004, nei casi in cui non è stato rilasciato entro il 31 dicembre 2003 il citato nulla osta, e dal 1º maggio 2004, nei casi in cui è stato rilasciato il predetto nulla osta, gli apparecchi e congegni non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita.

Qualora gli apparecchi di cui alla citata lettera b) non siano stati convertiti in uno degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, ovvero comma 7, lettere a) e c), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931:

a)       gli stessi sono rimossi e demoliti entro, rispettivamente, il 31 gennaio 2004 e il 31 maggio 2004, secondo le modalità stabilite con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;

b)       ferme restando le sanzioni previste dal comma 9 del predetto articolo 110, i relativi nulla osta perdono efficacia;

c)       all’autorità amministrativa è preclusa la possibilità di rilasciare al gestore, ai sensi dell’articolo 38, commi 2 e 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ulteriori nulla osta per un periodo di cinque anni.

 

Il comma 23 in esame sopprime il riferimento alla possibilità che tali apparecchi consentano il prolungamento o la ripetizione della partita.

 

Il successivo comma 24 introduce all’articolo 39 del citato decreto-legge n. 269 del 2003 il comma 7-ter, prevedendo l’applicazione della sanzione di cui alla lettera c)si suppone del comma 7 – al gestore di apparecchi da intrattenimento indicati alle lettere a) e c) dell'articolo 110, comma 7, del R.D. n. 773 del 1931, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino difformi dalle prescrizioni normative e dalle regole tecniche definite ai sensi dell'articolo 22, comma 1, della legge n. 289 del 2002.

 

Il comma 1 dell'articolo 22 della legge n. 289 del 2002 prevede l’assoggettamento della produzione, l’importazione e la gestione degli apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento a “regime di autorizzazione” da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato[56], sulla base delle regole tecniche definite d'intesa con il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza. Tali regole sono state emanate con il D.M. 11 marzo 2003 (G.U. n. 60 del 13 marzo 2003).

Lo stesso comma 1 ha stabilito che sulla base delle autorizzazioni rilasciate, l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, in attesa del collegamento in rete obbligatorio entro il 31 dicembre 2003 (termine differito al 31 ottobre 2004 dal comma 5 dell’articolo 39 del decreto-legge n. 269 del 2003) per la gestione telematica degli apparecchi e dei congegni per il gioco lecito, organizza e gestisce un apposito archivio elettronico, costituente la banca dati della distribuzione e cessione dei predetti apparecchi e congegni per il gioco lecito.

 

Il comma 25 novella i commi 3 e 4 dell'articolo 38 della legge n. 388 del 2000, come sostituito dall’articolo 22, comma 2, della legge n. 289 del 2003, relativo al nulla osta rilasciato dall'Amministrazione finanziaria per gli apparecchi da divertimento e intrattenimento, disponendone l’introduzione anche per gli apparecchi indicati al comma 7 (apparecchi senza vincite in denaro) dell’articolo 110 del TULPS, di una verifica tecnica analoga a quella già prevista dal citato articolo 38 per gli apparecchi che consentono vincite in denaro (comma 6 dell’articolo 7 del TULPS).

 

A tal fine il comma 27 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, della legge n. 388 del 2000, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.

 

Il comma 26 abroga i commi 1 e 2 del citato articolo 38 della legge n. 388 del 2000, come sostituito dall’articolo 22, comma 2, della legge n. 289 del 2003.

 

Il citato comma 1 autorizzava il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato a rilasciare i nulla osta ai produttori e agli importatori degli apparecchi e congegni di cui all'articolo 110, comma 7, del TULPS, nonché ai loro gestori. A tal fine, con la richiesta di nulla osta per la distribuzione di un numero predeterminato di apparecchi e congegni, ciascuno identificato con un apposito e proprio numero progressivo, i produttori e gli importatori autocertificano che gli apparecchi e i congegni sono conformi alle prescrizioni stabilite dall'articolo 110, comma 7, del predetto testo unico, e che gli stessi sono muniti di dispositivi che ne garantiscono l’immodificabilità delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi, con l'impiego di misure, anche in forma di programmi o schede, che ne bloccano il funzionamento in caso di manomissione o, in alternativa, con l'impiego di dispositivi che impediscono l'accesso alla memoria. I produttori e gli importatori autocertificano inoltre che la manomissione dei dispositivi ovvero dei programmi o delle schede, anche solo tentata, risulta automaticamente indicata sullo schermo video dell'apparecchio o del congegno ovvero che essa è dagli stessi comunque altrimenti segnalata. I produttori e gli importatori approntano, per ogni apparecchio e congegno oggetto della richiesta di nulla osta, un'apposita scheda esplicativa delle caratteristiche tecniche, anche relative alla memoria, delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi, dei dispositivi di sicurezza, propri di ciascun apparecchio e congegno. I produttori e gli importatori consegnano ai cessionari degli apparecchi e dei congegni una copia del nulla osta e, sempre per ogni apparecchio e congegno ceduto, la relativa scheda esplicativa. La copia del nulla osta e la scheda sono altresì consegnate, insieme agli apparecchi e congegni, in occasione di ogni loro ulteriore cessione.

Il comma 2 prevede che i gestori degli apparecchi e dei congegni prodotti o importati dopo il 1º gennaio 2003 richiedono il nulla osta previsto per gli apparecchi e congegni dagli stessi gestiti, precisando per ciascuno, in particolare, l'appartenenza ad una delle tipologie di cui all'articolo 110, comma 7, del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.


Articolo 36, comma 28
(Detraibilità dell’IVA sugli acquisti dei motoveicoli e autoveicoli)

 

 

28. All'articolo 30, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: « 31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: « 31 dicembre 2005».

 

 

 

Il comma 28 proroga al 31 dicembre 2005 il regime di parziale indetraibilità dell’IVA relativa agli acquisti di ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 19-bis 1 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

L'articolo 19-bis1 del D.P.R. n. 633 del 1972 dispone, al comma 1, lettera c), l'esclusione della detrazione IVA per l'acquisto o l'importazione, la manutenzione e riparazione, la locazione finanziaria o il noleggio di ciclomotori, motocicli ed autovetture, come indicati alle lettere a) e c) dell’articolo 54 del codice della strada, non adibiti ad uso pubblico e che non formino oggetto dell'attività propria dell'impresa, salvo che per gli agenti e i rappresentanti di commercio.

 

L'articolo 30 della legge n. 388 del 2000 ha attenuato parzialmente la portata della disposizione di proroga, introducendo una parziale detraibilità, nella misura del 10% del relativo ammontare, per l’acquisto, l’importazione e l’acquisizione, mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio o simili, dei veicoli richiamati in precedenza. L'indetraibilità è ridotta al 50% nel caso di veicoli con propulsori non a combustione interna, ad esempio motori elettrici. L’IVA continua, invece, ad essere integralmente detratta per le spese di impiego, custodia, manutenzione e riparazione degli stessi veicoli.

 

L’indetraibilità dell’IVA in questione è stata prevista, dal comma 4 dell’articolo 30 della legge n. 388 del 2000, sino al 31 dicembre 2001 e successivamente estesa:

§       al 31 dicembre 2002 dall’articolo 9, comma 4, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002);

§       al 31 dicembre 2003 dall’articolo 2, comma 13, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003);

§       al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 17, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004);

 

Si ricorda che l’indetraibilità in questione si configura quale deroga alla disciplina di cui all'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 77/388/CEE in materia di sistema comune IVA (c.d. sesta direttiva IVA), che afferma il principio del diritto a deduzione integrale dell'IVA versata a monte da un soggetto passivo nel quadro della sua attività soggetta a imposta[57].

In proposito, la circolare n. 1/2001 dell’Agenzia delle entrate ha rilevato che la proroga di tale regime operata dalla legge n. 388 del 2000, nonché la previsione della parziale detraibilità, nella misura del 10%, per l’acquisto, l’importazione e l’acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, noleggio o simili dei veicoli richiamati in precedenza, erano fondate sulla "presa d'atto" formale adottata dal Comitato IVA, in data 14 novembre 2000, in relazione alla consultazione proposta dall'Italia, ai sensi dell'articolo 29 della sesta direttiva. L'Italia in tale sede s’impegnava a consentire una parziale detrazione dell'IVA sulle spese di acquisto e importazione dei predetti mezzi di trasporto, mantenendo l’indetraibilità dell'imposta per le spese di manutenzione e riparazione e per quelle di approvvigionamento di carburanti e lubrificanti.


Articolo 36, comma 29
(Redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)

 

 

29. All'articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per l'anno 2003 e per l'anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004 e 2005».

 

 

Il comma 29 modifica il comma 11 dell’articolo 2 della legge n. 289/2002, al fine di estendere anche al 2005, i benefìci fiscali relativi ai redditi di lavoro dipendente realizzati dai c.d. “frontalieri”.

 

Il comma 11 del richiamato articolo 2 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha disposto l'esenzione dall’IRPEF per una quota di redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera. In particolare, è inclusa nella base imponibile la quota dei richiamati redditi eccedente gli 8.000 euro.

Più precisamente, il richiamato beneficio spetta ai redditi di lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato[58].

L’esenzione, prevista dalla legge n. 289 del 2002, limitatamente al 2003, è stata estesa anche al 2004 dall’articolo 2, comma 12, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004).

 

La circolare n. 2/E del 2003, ribadendo, tra l’altro, quanto già contenuto nella circolare n. 1/E del 2001, esplicativa della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) ha precisato che la disposizione in esame si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria, San Marino, Stato Città del Vaticano) o in paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco) per svolgere la prestazione di lavoro.

Non rientrano, invece, nella previsione di cui all’articolo 2, comma 11, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di un periodo di 12 mesi.

A tali lavoratori si applica, invece, il regime di tassazione previsto dall'articolo 51 (già articolo 48), comma 8-bis, del TUIR, introdotto dall’articolo 36 della legge n. 342/2000 (c.d. collegato fiscale)[59].


Articolo 36, comma 30
(Limite di deducibilità dei contributi di assistenza sanitaria
dal reddito di lavoro dipendente.)

 

 

30. Per l'anno 2005 il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.

 

 

Il comma 30 fissa in 3.615,20 euro (equivalenti a lire 7.000.000 circa), il limite di deducibilità dal reddito di lavoro dipendente dei contributi di assistenza sanitariaversati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.

 

L’articolo 51 (ex articolo 48) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, come determinato dal decreto legislativo n. 344 del 2003, al comma 2, lettera a), fissa tale limite a 7 milioni di lire (3.615,20 euro) fino all'anno 2002; esso, nella disciplina attuale, è ridotto a 6 milioni di lire (3.098,74 euro) per l'anno 2003 e diminuito ulteriormente negli anni successivi, in ragione di 500.000 lire (258,23 euro) annue, fino a 3,5 milioni di lire (1.807,60 euro).

Per il 2005 l’importo sarebbe pertanto determinato in 5 milioni di lire (2.582,28 euro).

 

Peraltro, la suddetta lettera a) prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2003, l'importo deducibile, fermi restando i limiti summenzionati, sia pari alla differenza tra un valore base di lire 6.500.000 e la misura dei contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale [contributi, questi ultimi, deducibili ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera e-ter), del medesimo testo unico, entro un limite pari a lire: 3.000.000 per gli anni 2003 e 2004; 3.500.000 per gli anni 2005 e 2006; 4.000.000 a decorrere dal 2007][60].

 

Il comma 118 dell’articolo 3 della legge finanziaria per il 2003 aveva già fissato tale limite in euro 3.615,20 per il 2003 e per il 2004, evitando l’applicazione del limite più basso previsto a regime dall’articolo 51 del TUIR.


Articolo 36, comma 31
(Regime speciale IVA per il settore agricolo)

 

 


31. All'articolo 11 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, concernente il regime speciale per gli imprenditori agricoli, come modificato dall'articolo 19, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 5, primo e secondo periodo, le parole: «anni dal 1998 al 2004» sono sostituite dalle seguenti: «anni dal 1998 al 2005»;

     b) al comma 5-bis, le parole: « 1° gennaio 2005» sono sostituite dalle seguenti: « 1° gennaio 2006».


 

 

Il comma 31 dell’articolo 36, modificando l’articolo 11 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, interviene in materia di regime speciale IVA per il settore agricolo.

In particolare, la lettera a) del comma 31 proroga ulteriormente all’anno 2005 l’applicazione del suddetto regime speciale ai produttori che realizzino un volume di affari superiore a 40 milioni di lire (20.658,28 euro), differendo, di conseguenza, al 1° gennaio 2006 l’applicazione del regime ordinario per tali soggetti.

 

Il settore agricolo si è tradizionalmente avvalso di un regime IVA speciale, la cui disciplina è dettata dall'articolo 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, applicabile limitatamente ai produttori agricoli che nell’anno solare realizzino un volume di affari compreso tra 15 e 40 milioni di lire. La disposizione ha subìto significative modifiche, in particolare per effetto della riformulazione disposta dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 313 del 1997, che ha, inoltre, esteso con alcuni adattamenti, per gli anni 1998 e 1999, l’applicazione del regime agevolato in questione anche ai soggetti che realizzino un volume di affari superiore 40 milioni di lire (pari a 20.658,28 euro). Tale ultima previsione è stata successivamente prorogata, in considerazione delle difficoltà riscontrate dagli operatori del settore con riferimento agli adempimenti necessari al passaggio al regime ordinario, all’anno 2000, dall’art. 1 del D.L. n. 21/2000 (convertito dalla legge n. 92/2000); al 2001, con l’art. 31, co. 2, lett. a), della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001); al 2002, dall’art. 9, co. 8, lett. b), della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002); al 2003, dall’art. 19, co. 2, lett. b), della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) e, da ultimo, al 2004, dall’art. 2, co. 2, lett. b), della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004)[61].

Il regime speciale di cui al citato articolo 34 si differenzia, rispetto a quello ordinario, essenzialmente per i diversi criteri di detrazione e di applicazione dell'imposta. La detrazione dell’imposta, infatti, è forfetizzata in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare delle cessioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole .

In sostanza, gli agricoltori non detraggono dall'IVA sulle vendite dei prodotti agricoli l’imposta effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi, ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.

 

La stessa lettera a) del comma 36 in esame proroga, inoltre, anche per il 2005, l’applicazione dell’IVA alle cessioni di prodotti agricoli e ittici con le aliquote proprie dei singoli prodotti, ferma restando la detrazione sulla base delle percentuali di compensazione. Per i passaggi dei suddetti prodotti agli enti, alle cooperative e agli altri organismi associativi che si avvalgono del regime speciale, effettuati da parte di produttori agricoli, soci o associati che applicano lo stesso regime, l'imposta si applica con le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione.

 

Si ricorda che la legge 7 aprile 2003, n. 80, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, prevede, all’articolo 5, comma 1, lettera c), la razionalizzazione dei sistemi speciali IVA, in funzione della particolarità dei settori interessati.

Va infine evidenziato che la possibilità di applicare al settore agricolo un regime agevolato, mediante la forfetizzazione della detrazione, è espressamente prevista dall’articolo 25 della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva IVA), subordinatamente alle condizioni e ai presupposti indicati nel medesimo articolo.

 

La lettera b) del comma 36 proroga infine all’anno 2005 il regime speciale anche per le imprese che esercitano contemporaneamente più attività.

Si ricorda che, in base al comma 10 dell’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, come riformulato dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 313 del 1997, le attività svolte da una medesima impresa agricola, da cui derivino i prodotti assoggettati al regime speciale di cui al comma 1 dell’articolo 34, “sono in ogni caso unitariamente considerate”, ai fini dell’applicazione dell’articolo 36 dello stesso D.P.R..


Articolo 36, comma 32
(Proroga delle esenzioni per le aree terremotate)

 

 

32. Il termine previsto dall'articolo 43, comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166, prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall'articolo 2, comma 19, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2005.

 

 

Il comma 32 dell’articolo 36 proroga al 31 dicembre 2005 il termine per l’esenzione dalle imposte di bollo, registro, ipotecarie e catastali nonché dalle tasse di concessione governativa stabilita per atti, contratti, documenti e formalità occorrenti per la ricostruzione o la riparazione degli immobili distrutti o danneggiati nei comuni della valle del Belice, colpiti dagli eventi sismici del gennaio 1968.

 

Il comma 3 dell’articolo 43 della legge n. 166 del 2002 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti) aveva disposto l'esenzione in argomento con efficacia retroattiva, a decorrere dal 1° gennaio 1968 e fino al 31 dicembre 2002. La norma, infatti, era volta a rimuovere il contenzioso in atto circa l’individuazione nel regime applicabile alle fattispecie richiamate. In materia è successivamente intervenuto l’articolo 2, comma 19, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), che ha prorogato per l’anno 2004 il beneficio stabilito dal citato articolo 43, comma 3, della legge n. 166/2002, fissando al tempo stesso un limite massimo di spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2004.

 

Ai sensi della disposizione prorogata, non si fa luogo a restituzione di imposte eventualmente già pagate. Non è quindi ammessa la ripetizione, nei confronti dello Stato, di tributi che siano stati versati, ancorché non dovuti in base alla norma, sebbene introdotta con efficacia retroattiva.

 

La norma in esame, a differenza della precedente disposizione di proroga relativa all’anno 2004 (art. 2, co. 16, della L. n. 350 del 2003) non fissa alcun limite massimo di spesa.


Articolo 36, comma 33
(Agevolazioni per manutenzione e salvaguardia dei boschi)

 

 

33. All'articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».

 

 

Il comma 33 dell’articolo 36 proroga al 31 dicembre 2005 il termine relativo alla fruizione della detrazione IRPEF per gli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi.

 

Il richiamato beneficio è stato introdotto, per l’anno 2002, dall’articolo 9, comma 6, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), ai sensi del quale le disposizioni in materia di detrazione IRPEF sulle spese di ristrutturazioni previste dall’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 possono essere applicate, ai fini di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto geologico, anche alle spese sostenute per la manutenzione e salvaguardia dei boschi. Il richiamato comma 6, in particolare, ha previsto per il contribuente la facoltà di fruire della detrazione in cinque o in dieci quote annuali di pari importo.

L’articolo 19, comma 3, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha disposto la proroga del beneficio al 2003 e ha introdotto un limite massimo di spesa complessiva, cui è applicabile la detrazione, fissato in 100.000 euro.

L’articolo 2, comma 12, lettera c), della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha prorogato al 31 dicembre 2004 le disposizioni del citato articolo 19, comma 3, della legge n. 289 del 2002.

 

La misura della detrazione disposta dal comma in esame, non essendo espressamente prevista, sembrerebbe dover essere quella fissata nell’articolo 1 della legge n. 449 del 1997.

Si può osservare, inoltre, che, mentre nella legge n. 448 del 2001 le detrazioni sono destinate “ai fini dell'adozione urgente di misure di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto geologico”, la proroga disposta dalla legge n. 289/2002 è finalizzata ad “esigenze di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi da dissesto idrogeologico”.

 

Pertanto, la proroga per il 2003, così come quella disposta dal comma in esame per il 2005, sembrerebbe riguardare in modo esclusivo gli interventi realizzati per le esigenze di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di una particolare tipologia di dissesto geologico, quale appunto è il dissesto idrogeologico.


Articolo 36, comma 34
(Aliquota IRAP nel settore agricolo e della pesca)

 

 


34. All'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i cinque periodi d'imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per i sei periodi d'imposta successivi l'aliquota è stabilita nella misura dell'1,9 per cento; per il periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2005 l'aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».


 

 

Il comma 34 dell’articolo 36, modificando l’art. 45, co. 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997, fissa anche per il 2004 all’1,9%, anziché al 3,75%, l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP),relativamente ai soggetti operanti nel settore agricolo e della pesca. La disposizione in esame stabilisce inoltre che, per il periodo d’imposta 2005, l’aliquota è pari al 3,75%.

Occorre ricordare, in proposito, che l’articolo 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, include tra i soggetti passivi i produttori agricoli titolari di reddito agrario, ai sensi dell’articolo 32 del TUIR. Sono tuttavia esclusi dall’imposta i produttori agricoli con un volume d’affari annuo non superiore a 2.582,28 euro (5 milioni di lire) – ovvero a 7.746,85 euro (15 milioni di lire) se operano in comuni montani – che sono anche esonerati dagli adempimenti IVA.

Il comma 1 dell’articolo 45 del D.Lgs. n. 446 del 1997 aveva previsto, per il settore in esame, un’aliquota IRAP del 2,5% per il 1998 (primo anno di entrata in vigore dell’imposta) e aliquote crescenti per il successivo triennio. Tuttavia, disposizioni successive[62] sono intervenute di anno in anno sulla misura dell’aliquota, in modo tale che la stessa è stata sempre applicata, sin dal 1998, nella misura dell’1,9%, rinviando agli anni successivi l’entrata in vigore di aliquote in misura maggiore.

 


Articolo 36, comma 35
(Formazione e arrotondamento della proprietà contadina)

 

 

35. Il termine del 31 dicembre 2004, di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2005.

 

 

Il comma 35 dell’articolo 36 proroga al 31 dicembre 2005 il termine per le agevolazioni fiscali previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, già prorogate, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall’art. 2, comma 3, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004)[63].

Le citate agevolazioni fiscali sono dettate dalla legge 6 agosto 1954, n. 604 (e successive modifiche e integrazioni) e consistono nell’esenzione dall’imposta di bollo e nella riduzione delle imposte ipotecarie e di registro applicabili agli atti (di compravendita, permuta, affitto, concessione in enfiteusi, ecc.) posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina. Le suddette agevolazioni sono applicabili quando:

1.       l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;

2.       il fondo oggetto dell’atto sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà od enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso;

3.       l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro.

Il trattamento tributario agevolato, del quale si dispone la proroga, si può pertanto così riassumere:

-          l'imposta di registro è dovuta nella misura fissa di 129,11 euro (lire 250.000) (mentre l'aliquota ordinaria è pari al 15% del valore dichiarato nell'atto, oppure è ridotta all'8% in caso di acquisto da parte di un imprenditore agricolo a titolo principale);

-          l'imposta catastale è dovuta nella misura ordinaria dell'1% del prezzo dichiarato in atto;

-          l'imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di 129,11 euro (lire 250.000) (l'aliquota ordinaria è pari al 2% del valore);

-          il contratto è esente da imposta di bollo.


Articolo 36, comma 36
(Benefìci fiscali e previdenziali per la pesca costiera
e nelle acque interne e lagunari)

 

 

36. Per l'anno 2005 sono prorogate le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

 

 

Il comma 36 dell’articolo 36 proroga, per l'anno 2005, le disposizioni recate dall'articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), già prorogate per l'anno 2004 dall'articolo 2, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004).

 

Il citato articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha esteso, per gli anni 2001-2003, nel limite del 70%, i benefìci fiscali e previdenziali di cui agli articoli 4 e 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.

 

L’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, come successivamente modificato e integrato, prevede:

-          la concessione di un credito d'imposta a favore dei soggetti che svolgono attività produttiva di reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale[64]. Il credito d'imposta è attribuito in misura corrispondente all'IRPEF dovuta sulle retribuzioni e sui compensi – rispettivamente per lavoro dipendente ed autonomo – corrisposti ai marittimi che operano a bordo delle navi iscritte nel registro stesso. Il beneficio in esame vale ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative ai redditi suddetti e non concorre alla formazione del reddito imponibile dell'impresa. Il credito d'imposta è riconosciuto anche ai soggetti che, in base a rapporti contrattuali con l'armatore, esercitano a bordo di navi da crociera attività commerciali complementari, accessorie o comunque relative alla prestazione principale;

-          un abbattimento nella misura dell’80% – ai fini delle imposte sui redditi e a partire dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 1998 – del reddito derivante dall'utilizzo delle navi iscritte nel Registro internazionale. Anche tale agevolazione è stata estesa al reddito derivante dall'esercizio a bordo di navi da crociera delle attività ricordate al precedente punto, anche se esercitate da terzi in base a rapporti contrattuali con l'armatore.

 

In sostanza, con riferimento alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari (oggetto del comma in esame), l’estensione del beneficio di cui al sopra illustrato articolo 4 determina, secondo quanto specificato dalla circolare del Ministero delle finanze - Agenzia delle entrate 3 gennaio 2001, n. 1, al punto 1.8:

-          la concessione alle imprese stesse di un credito d’imposta in misura corrispondente al 70% dell’IRPEF dovuta sulle retribuzioni di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposte al personale di bordo imbarcato;

-          l’imponibilità del reddito derivante dall’esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi, nella misura del 44%.

 

L'articolo 6 del medesimo D.-L. n. 457 del 1997, come successivamente modificato e integrato, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 1998, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi al personale imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale; il beneficio concerne anche le quote a carico dei lavoratori.

 

Anche questo beneficio è stato esteso dall’articolo 11 della legge n. 388 del 2000 alle imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari nel limite del 70%: per questi soggetti l’esonero contributivo non è quindi totale, ma opera soltanto in tale misura.


Articolo 36, comma 37
(Rinnovo delle agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)

 

 


37. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2005, si applicano:

     a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all'articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l'aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;

     b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale di cui all'articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

     c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane ed in altri specifici territori nazionali, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1° ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

     d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all'articolo 6 del decreto-legge 1° ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

     e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all'articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

     f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al comma 2 dell'articolo 13 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

     g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui al comma 6 dell'articolo 21 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

     h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all'articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.


 

 

Il comma 37 dell’articolo 36 dispone l'applicazione di alcune agevolazioni in materia di accise di alcuni prodotti energetici dal 1° gennaio 2005 (data di entrata in vigore della legge finanziaria ai sensi del successivo articolo 38, comma 3) fino al 31 dicembre 2005.

Riduzione dell’accisa sulle emulsioni

La lettera a) prevede, sino al 31 dicembre 2005, il rinnovo della riduzione delle aliquote di accisa:

-          sulle emulsioni stabilizzate di olî da gas ovvero di olio combustibile denso con acqua, contenuta in misura variabile dal 12 al 15% in peso, idonee all’impiego nella carburazione e nella combustione, prevista dall’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) e più volte prorogata[65];

-          sulle medesime emulsioni stabilizzate autoprodotte e utilizzate, dai medesimi soggetti, per usi di trazione e di combustione, e limitatamente ai quantitativi necessari al fabbisogno dei soggetti stessi, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 del D..L. n. 452 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002[66].

 

Per effetto della disposizione in esame l’accisa per le emulsioni stabilizzate di olî da gas ovvero di olio combustibile denso con acqua sarà applicata nella misura di 256,70 euro per mille litri, a fronte dei 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri in vigore sino al 31 dicembre 2004, determinandosi, quindi un incremento di 11,54 euro per mille litri.

L’accisa per le citate emulsioni stabilizzate autoprodotte resta, invece, fissata nella misura originaria di 245,16 euro (474.693 lire) per mille litri.

 

L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.

Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, s’intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.

In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).

L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A.

L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato.

Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.

Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione, prevede l’applicazione di un’aliquota ridotta di accisa alle emulsioni acqua/gasolio e acqua/olio combustibile pesante a decorrere dal 1° ottobre 2000 e fino al 31 dicembre 2005, a condizione che tali aliquote differenziate siano conformi agli obblighi stabiliti dalla presente direttiva, in particolare alle aliquote minime di accisa.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tali agevolazioni, un costo stimabile in 9,95 milioni di euro per il 2005

Riduzione dell’accisa sul gas metano

La lettera b) del comma 37 ripropone per l’anno 2005 le disposizioni in materia di riduzione dell'accisa sul gas metano, nella misura del 40%, per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi annui.

 

Anche tale misura agevolativa, introdotta originariamente dall’articolo 24, comma 5, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), è stata oggetto di successive proroghe ad opera dell’articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 330/2001, per il periodo 1° luglio 2001-30 settembre 2001 e dell’articolo 4 del D.L. n. 356/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418/2001, per il periodo 1° ottobre 2001-31 dicembre 2001. Successivamente tale ultima disposizione è stata ulteriormente prorogata, da ultimo, fino al 30 giugno 2003, dall’articolo 21, comma 2, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e per il periodo 2 ottobre 2003-31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.

La misura dell’aliquota di accisa per il gas metano usato per combustione per usi industriali, era stata fissata in 0,012 euro (lire 24,2) per metro cubo dal DPCM 15 gennaio 1999, n. 287, adottato in attuazione dell'articolo 8 della legge n. 448/98, concernente la cosiddetta carbon tax.

Pertanto, in base alla disposizione in esame, la misura dell’aliquota è pari a 0,007 euro (14,52 lire) al metro cubo.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 88,76 milioni di euro per il 2005.

Agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso riscaldamento in particolari zone geografiche

La lettera c) del comma 37 dispone l’ulteriore proroga, sino al 31 dicembre 2005, dell’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso riscaldamento nelle zone geografiche individuate dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998.

 

La richiamata agevolazione si sostanzia in un’ulteriore riduzione del costo del gasolio da riscaldamento ovvero del costo del GPL[67].

Infatti, alla riduzione di costo introdotta dall’articolo 1 del D.P.R. n. 361 del 1999 (0,103 euro per litro di gasolio e 0,133 euro per chilogrammo di GPL), è stata aggiunta un’altra agevolazione dall’articolo 4 del D.-L. n. 268 del 2000, convertito dalla legge n. 354 del 2000. Tale beneficio consiste in una ulteriore riduzione del costo pari a 0,026 euro per ciascun litro di gasolio e per ciascun chilogrammo di GPL, limitatamente al periodo 3 ottobre-31 dicembre 2000. L’agevolazione è stata successivamente prorogata, per il periodo dal 1° ottobre 2001 al 31 dicembre 2001 dall’articolo 5 del D.-L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001, e, da ultimo, sino al 31 dicembre 2004 dall'articolo 21, comma 3, della legge finanziaria n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), come modificato dall’articolo 2, comma 12, lettera d), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004).

 

Per effetto della disposizione in esame, sino al 31 dicembre 2005 troverà applicazione l’ulteriore riduzione pari a 0,026 euro (50 lire) per ogni litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento e per ogni chilogrammo di GPL.

L’agevolazione totale consiste, pertanto, in una riduzione complessiva pari a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL.

 

Il suddetto beneficio, che non è cumulabile con altre agevolazioni in materia di accise, è applicabile ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nei comuni, o nelle frazioni dei comuni:

-    ricadenti nella zona climatica F di cui al D.P.R. n. 412/1993; vale a dire che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del medesimo D.P.R. n. 412/1993[68];

-    facenti parte di province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricade nella zona climatica F;

-    della regione Sardegna e delle isole minori, per i quali viene esteso anche ai gas di petrolio liquefatti confezionati in bombole;

-    non metanizzati ricadenti nella zona climatica E[69], di cui al citato D.P.R. n. 412/1993, e individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Il suddetto beneficio è applicabile altresì ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nelle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al predetto D.P.R. n. 412, esclusi dall'elenco redatto con il medesimo decreto del Ministro delle finanze, e individuate annualmente con delibera di consiglio dagli enti locali interessati[70].

 

Si ricorda che con la decisione 2001/224/CE del Consiglio, l’Italia è stata autorizzata, in deroga alle disposizioni della direttiva 92/82/CEE, ad applicare, sino al 31 dicembre 2006, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, aliquote ridotte di accisa sul gasolio domestico per riscaldamento e sul GPL usato come combustibile per il riscaldamento e distribuito dalle reti locali, a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 92/82/CEE. In base a tali disposizioni, l'aliquota minima dell'accisa, rispettivamente, sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata a 18 euro per 1.000 litri e a 0 euro per 1.000 litri.

 

La direttiva 2003/96/CE del Consiglio, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha disposto l’abrogazione, con effetto dal 31 dicembre 2003, della citata direttiva 92/82/CEE.

Peraltro, in base all’articolo 18 e all’allegato II alla direttiva 2003/96/CE, resta ferma la possibilità per l’Italia di applicare, sino al 31 dicembre 2006, l’aliquota ridotta sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento, sempre a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa previste dalla stessa direttiva.

Ai sensi all’articolo 9 della direttiva 2003/96/CE e dell'allegato I alla medesima direttiva, a decorrere dal 1° gennaio 2004 l'aliquota minima dell'accisa, rispettivamente, sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata a 21 euro per 1000 litri e a 0 euro per 1000 litri.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 54,9 milioni di euro per il 2005.

Reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa o con energia geotermica

La lettera d) del comma 37 rinnova sino al 31 dicembre 2005, le disposizioni in materia di agevolazione per il calore fornito dalle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero con energia geotermica.

In particolare, si dispone l'applicazione, dell’aumento di 0,015 euro (30 lire), per ogni chilowattora di calore fornito, della misura del credito di imposta previsto a favore dei soggetti che utilizzano, quale fonte di energia alternativa, le reti di riscaldamento alimentate con biomasse o con energia geotermica, di cui all’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge n. 448/1998.

 

L’aumento era già stato stabilito, per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2001, dall’articolo 27, comma 5, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) ed è stato prorogato, da ultimo, sino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17, comma 1, lettera c) del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.

 

Si ricorda che il comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998 ha disposto circa la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni sulla cosiddetta carbon tax, individuando, in particolare, alcune agevolazioni fiscali compensative. Tra le finalità ammesse a tali agevolazioni, la lettera f) prevede l’adozione di incentivi (nei confronti dei produttori) per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche E ed F, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilowattora di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente. Successivamente, l’articolo 60 della legge n. 342/2000 (cd. collegato fiscale) ha stabilito che la richiamata agevolazione sia usufruibile anche dagli impianti e dalle reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.

Con l’articolo 27, comma 5, della legge n. 388/2000 è stato previsto, per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2001, un ulteriore sconto, sempre sotto forma di credito d’imposta, di lire 30 per ogni chilowattora di calore fornito con le fonti energetiche individuate nella lettera f), del citato comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 488/98.

Da ultimo, si ricorda che l’articolo 29 della legge n. 388/2000 ha previsto la concessione, a partire dal 1° gennaio 2001, di un contributo, corrisposto nella forma del credito d’imposta, pari a lire 40.000 per ogni kw di potenza impegnata, a favore degli utenti che si collegano ad una rete di teleriscaldamento alimentata dall'energia geotermica o da biomassa. Ciò comporta una riduzione dei costi di allacciamento alla rete, di cui beneficiano i nuovi utenti che si collegano a tali reti, nonché gli utenti che aumentano la potenza impegnata.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria, trattandosi di un credito di imposta, indica, per il rinnovo di tale agevolazione, una perdita di gettito in termini di cassa pari a 11,1 milioni di euro per il 2005 e a 12 milioni di euro per il 2006.

Agevolazioni in materia di accisa sul gas metano per usi civili

La lettera e) del comma 37 prevede il rinnovo di agevolazioni in materia di accisa sul gas metano per usi civili.

In particolare, i comma in esame dispone l'applicazione fino al 31 dicembre 2005, della riduzione dell’aliquota d’accisa per i consumi di gas metano disposta, per gli anni 2001 e 2002, dall’articolo 27, comma 4, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001).

 

L'agevolazione è stata da ultimo prorogata sino al 31 dicembre 2004 dall’articolo 25del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.

 

L’agevolazione consiste nella applicazione dell’aliquota nella misura di euro 0,04 (lire 78,79), per metro cubo, per il gasolio utilizzato per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 cubi annui e ad euro 0,14 (lire 261,68), per metro cubo, per il gasolio utilizzato per gli altri usi civili.

 

Si ricorda che tale riduzione opera per i consumi di gas metano, per combustione per usi civili, nelle province nelle quali oltre il 70% dei comuni ricada nella zona climatica F, di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/98 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999).

Ricadono nella zona climatica F, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000, ai sensi del D.P.R. n. 412/93[71].

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica un costo stimabile per il rinnovo di tale agevolazione in 17,71milioni di euro per il 2005.

Riduzione di costo per il gasolio e il GPL da riscaldamento

La lettera f) del comma 37 proroga sino al 31 dicembre 2005 l’estensione della riduzione di costo del gasolio e del GPL, usati come combustibile per riscaldamento, alle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni facenti parte della fascia climatica E[72].

L’agevolazione si applica con riferimento alle parti di territorio comunale individuate con apposita delibera del consiglio comunale, ancorché la frazione non metanizzata sia ubicata nella sede municipale.

La riduzione di costo, pari complessivamente a 0,129 euro (lire 250) per litro di gasolio usato come combustibile e a 0,159 euro (lire 308) per chilogrammo di GPL è prevista dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448/1998, anch’essa prorogata al 31 dicembre 2005 dalla precedente lettera c) del comma 37 in esame (alla cui scheda si rinvia).

 

L’estensione della riduzione di costo alle suddette frazioni non metanizzate è stata disposta, limitatamente agli anni 2002 e 2003, dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) “in attesa della revisione organica del regime tributario dei prodotti energetici”.

Il comma 2 era stato adottato in riferimento alle norme di carattere interpretativo, introdotte dall’articolo 4, commi 2 e 3, del D.L. n. 268/2000, al fine di precisare il significato da attribuire alla locuzione “frazione di comune”, di cui alla citata lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge n. 448/1998.

Si ricorda, infatti, che il comma 2 dell’articolo 4 precisa che per "frazioni di comuni" si intendono le porzioni edificate di cui all'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412/1993[73], ubicate a qualsiasi quota, “al di fuori del centro abitato ove ha sede la casa comunale”, ivi comprese le aree su cui insistono case sparse.

Il successivo comma 3 del richiamato articolo 4 specifica, inoltre, che il riferimento alle frazioni non metanizzate dei comuni ricadenti nella zona climatica E si intende limitato alle sole frazioni non metanizzate della zona climatica E, appartenenti ai comuni metanizzati che ricadono anch'essi nella zona climatica E.

Con il comma 2 dell’articolo 13 della legge n. 448/1998, superando il dettato delle richiamate norme interpretative del citato D.L. n. 268 del 2000, si è inteso appunto consentire l’estensione della riduzione di costo anche alle frazioni solo parzialmente non metanizzate, compreso il caso in cui nelle medesime sia ubicata la casa comunale.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica per il rinnovo di tale agevolazione un costo stimabile in 19,13 milioni di euro per il 2005.

Regime agevolato per il gasolio destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine

La lettera g) del comma 37 proroga al 31 dicembre 2005 il regime agevolato di cui all’articolo 7, comma 1-ter, del D.L. n. 417/1991, convertito dalla legge n. 66/1992, concernente il gasolio destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine individuati dal D.M. 30 luglio 1993[74].

 

Ai sensi del comma 1-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 417/1991, il regime agevolato previsto per la benzina dall'articolo 7, comma 4, del D.L. n. 534/1987, a favore della zona franca di Gorizia e della provincia di Trieste, è stato esteso al gasolio, limitatamente al suo uso per autotrazione (n. 14 della tabella A allegata alla legge n. 700/1975, modificativa della legge n. 1438/1948, istitutiva del regime agevolativo per la zona di Gorizia), destinato al fabbisogno locale della provincia di Trieste e di comuni della provincia di Udine, così come individuati dal citato decreto ministeriale.

Per questi ultimi, il quantitativo di detto prodotto è pari al 40% di quello indicato al n. 14 della citata tabella A; per la provincia di Trieste il quantitativo dello stesso prodotto è pari all'80% del contingente indicato al n. 14 della medesima tabella A. Come precisato nella circolare n. 243/D, nel 2001 le medesime province hanno beneficiato del contingente relativo all’anno 1997, indicato nel decreto del Ministro dell’industria del 28 gennaio 1998.

L’articolo 21, comma 6, della legge n. 289 del 2002, prorogato dalla disposizione in esame, ha modificato il limite massimo di quantità di gasolio che può essere oggetto dell’agevolazione in parola, fissandolo in 23 milioni di litri per la provincia di Trieste e 5 milioni per la provincia di Udine.

 

Si segnala che la riduzione delle aliquote di accisa sugli oli minerali consumati nelle province di Udine e Trieste è espressamente consentita, sino al 31 dicembre 2006, dal richiamato allegato II, punto 8, alla direttiva 2003/96/CE.

Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 13,55 milioni di euro per il 2005.

Gasolio utilizzato per le coltivazioni sotto serra

La lettera h) del comma 37 dispone la proroga, per l’anno 2005, dell’esenzione da accisa del gasolio usato per le coltivazioni sotto serra.

 

L’agevolazione è stata introdotta nella sostanza dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268, convertito dalla legge 23 novembre 2000, n. 354, relativamente al periodo 3 ottobre 2000–31 dicembre 2000. Tale articolo 5 prevedeva l’applicazione, per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra, di un’aliquota pari allo 0%[75] di quella applicata sul gasolio usato come carburante[76]. Con successivi provvedimenti è stata invece disposta l’esenzione da accisa. In particolare, l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) ha disposto l’applicazione di tale agevolazione per il primo semestre 2001; successivamente, l’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001, e l’articolo 3 del D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001, hanno stabilito la proroga dell’agevolazione, rispettivamente al 30 settembre 2001 e al 31 dicembre 2001. L’articolo 13, comma 3, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002) ha disposto la proroga per tutto il 2002, mentre il comma 4 dell’articolo 19 della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) ha disposto la proroga del beneficio per tutto il 2003. Da ultimo la proroga al 31 dicembre 2004 è stata prevista dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004).

 

Il comma 4dell’articolo 2 della legge finanziaria 2004rinvia, per le modalità applicative, alle disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454, adottato, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 21/2000, convertito dalla legge n. 92/2000.

Il decreto ministeriale reca il regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli e orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.

In particolare, l’articolo 2, comma 3, stabilisce che per usufruire delle agevolazioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, i soggetti interessati devono presentare una apposita richiesta, anche per il tramite delle organizzazioni di categoria, all'ufficio, incaricato dalla regione o dalle province autonome, del servizio relativo all'impiego di carburanti agevolati per l'agricoltura, competente in base all'ubicazione dei terreni. L'ufficio controlla la regolarità delle richieste effettuando, anche con l'ausilio di collegamenti telematici, gli eventuali accertamenti sui dati esposti, e determina, per ciascun soggetto beneficiario, i quantitativi complessivi dei prodotti da ammettere all'impiego agevolato per i lavori da svolgere nell'anno solare.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria indica, per il rinnovo di tale agevolazione, un costo stimabile in 26,8 milioni di euro per il 2005, determinato per 22,3 milioni quale minore introito accise e 4,5 milioni quale minore introito IVA.


Articolo 36, commi 38-39
(Determinazione delle accise sui prodotti petroliferi)

 

 

38. Per l'anno 2004 non si fa luogo all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. La presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

39. È abrogato il comma 4 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

 

 

L’articolo 36 in esame stabilisce, al comma 38, che per il 2004 non si fa luogo all’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

 

L'articolo 8 della legge n. 448/1998 (collegato alla finanziaria 1999), in applicazione del Protocollo di Kyoto,ha introdotto un aumento del carico fiscale sulle emissioni di anidride carbonica, attraverso la rimodulazione graduale delle accise sui prodotti petroliferi e l’introduzione dal 1999 di un’imposta di lire 1.000 per tonnellata sui consumi di carbone, coke di petrolio e bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua impiegati negli impianti di combustione (c.d. carbon tax).

In base alle disposizioni di tale articolo, viene fissata una serie di “aliquote obiettivo”, riportate nell’allegato 1 previsto dal comma 4annesso alla stessa legge n. 448/1998, delle accise sui prodotti petroliferi da raggiungere entro il 31 dicembre 2004 con aumenti annuali che saranno decisi da una commissione istituita presso il CIPE.

 

Il comma 5 dell'articolo 8 della legge n. 448/1998 prevede che fino al 31 dicembre 2004, le misure delle aliquote delle accise sugli oli minerali, i quali valgono come aumenti intermedi per il raggiungimento progressivo delle misure “a regime” indicata per il 2005 dal comma 4 del medesimo articolo 8, devono essere stabilite con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione appositamente nominata presso il CIPE, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

La prima variazione alla misura delle accise è stata introdotta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 1999.

L'intervento sulle accise e il meccanismo applicativo della c.d. carbon tax hanno dovuto, tuttavia, tenere conto degli andamenti dei prezzi internazionali del petrolio.

Nella seconda metà del 1999, infatti, l’andamento del mercato internazionale del petrolio ha comportato un forte aumento del prezzo del greggio, con conseguente innalzamento del carico fiscale sui prodotti petroliferi. Per contenere l’onere tributario gravante sui prodotti in questione, e in particolare per compensare l’aggravio dell’IVA derivante dall’aumento dei prezzi del petrolio, sono stati adottati una serie di provvedimenti che hanno ridotto le aliquote delle accise sugli oli minerali e disposto la sospensione dell’applicazione degli aumenti di aliquota di cui al richiamato articolo 8 della legge n. 448 (a partire dal D.L. n. 383/99, convertito dalla L. n. 496/99), con il quale è stata introdotta la cosiddetta carbon tax.

Contestualmente, è stata sospesa per gli anni 2000 (articolo 2 del D.L. n. 268/2000, convertito dalla legge n. 354/2000) e 2001 (dell'articolo 2 del D.L. n. 356/2001, convertito dalla L. n. 418/2001) l’emanazione dei D.P.C.M. previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge n. 448/1998, con i quali avrebbero dovuto essere fissati gli aumenti intermedi delle aliquote delle accise sugli oli minerali, ai fini del raggiungimento delle misure da applicare dal 1° gennaio 2005, indicate in un apposito allegato alla medesima legge n. 448 (c.d. carbon tax). Il comma 7 dell'articolo 21 della legge n. 289 del 2002 ha previsto che anche per il 2002 non si facesse luogo all’emanazione del DPCM in precedenza richiamato. Da ultimo l’articolo 17, comma 2, del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003 ha riproposto tale deroga anche per il 2003.

 

Il secondo periodo del comma 38 in esame reca una deroga alla disposizione relativa all’entrata in vigore delle norme contenute dal disegno di legge finanziaria per il 2004, fissato, dal successivo articolo 38, comma 3, al 1° gennaio 2005.

La deroga introdotta dal comma 38 prevede che la disposizione relativa alla mancata emanazione per il 2004 del citato D.P.C.M. di definizione degli aumenti intermedi delle aliquote di accisa sugli olî minerali entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della stessa legge finanziaria per il 2005nella Gazzetta ufficiale.

 

Tale deroga è correlata alla disposizione contenuta al successivo comma 39, che dispone l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 (collegato alla legge finanziaria per il 1999).

 

Il citato comma 4 provvede a rideterminare con decorrenza dal 1° gennaio 2005 la misura delle aliquote delle accise vigenti di cui alla voce "Oli minerali" dell'allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e al numero 11 della allegata Tabella A, nonché la misura dell'aliquota stabilita nel comma 7 per carbone, coke di petrolio e bitume emulsionato impiegati negli impianti di combustione, come indicate nella Tabella 1 allegata alla stessa legge n. 448 del 1998.

 

La seguente tavola riproducono l’evoluzione della misura delle aliquote di accisa (espressa in euro) per i prodotti petroliferi, determinata dai diversi provvedimenti richiamati in precedenza, ponendole a raffronto con quella stabilita dall’Allegato 1 della legge n. 448 del 1998, riportata ultima colonna, che sarebbero state applicate a decorrere dal 1° gennaio 2005.


 

PRODOTTO

IMPORTI

 

DPCM 15/01/99

DL 383/99

DM 29/12/99

DM 23/02/00

DM 17/03/00 (*)

Art. 24
L. 388/00 (**)

DM 13/01/03

(***)

Legge 448/98 (****)

Benzina (per mille litri)

578,24

565,33

563,18

561,02

556,72

556,72

 

594,05

Benzina senza piombo (per mille litri)

541,84

528,93

526,78

524,63

520,32

520,32

 

594,05

Petrolio lampante o cherosene (per mille litri)

337,49

 

 

 

 

 

 

391,60

Olio da gas o gasolio (per mille litri):

403,21

390,30

388,15

386,00

381,69

381,69

 

467,84

Olio combustibile usato per riscaldamento
(per mille Kg)

 

 

 

 

 

 

 

 

-  ad alto tenore di zolfo (ATZ)

128,27

 

 

 

 

 

 

435,94

-  a basso tenore di zolfo (BTZ)

64,24

 

 

 

 

 

 

218,49

Olio combustibile per uso industriale
(per mille Kg)

 

 

 

 

 

 

 

 

-  ad alto tenore di zolfo (ATZ)

63,75

 

 

 

 

 

 

128,73

-  a basso tenore di zolfo (BTZ)

31,39

 

 

 

 

 

 

62,04

Gas di petrolio liquefatti (GPL) (per mille Kg)

 

 

 

 

 

 

 

 

-  usato come carburante

284,77

271,86

269,71

267,56

263,25

263,25

 

206,58

-  usato come combustibile per riscaldamento

189,94

177,03

174,69

172,34

167,64

145,19

 

206,58

Gas metano (per metro cubo):

 

 

 

 

 

 

 

 

-  per autotrazione

0,011

0,007

0,006

0,005

0,004

0,004

 

0,05

-  per combustione per usi industriali

0,012

 

 

 

 

 

 

0,02

-  per combustione per usi civili :

 

 

 

 

 

 

 

 

a)   per usi domestici di cottura cibi e produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1 (CIP n. 37 del 26 giugno 1986)

0,045

0,041

0,04

0,039

0,037

0,029

0,04

0,05

Mezzogiorno

0,039

0,034

0,034

0,033

0,031

0,024

 

0,04

b)   per uso riscaldamento individuale a tariffa T2 fino a 250 metri cubi annui

0,079

0,076

0,074

0,073

0,072

0,064

0,04

0,08

Mezzogiorno

0,039

0,034

0,034

0,033

0,031

0,024

 

0,04

c)   per altri usi civili

0,173

0,168

0,168

0,168

0,166

0,159

0,17

0,18

Mezzogiorno

0,124

0,120

0,119

0,118

0,117

0,110

 

0,13

Carbone impiegato negli impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg):

2,63

 

 

 

 

 

 

21,61

Coke di petrolio impiegato negli impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg)

3,52

 

 

 

 

 

 

30,59

Bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua, denominato Orimulsion (NC 2714), impiegato in impianti di combustione – direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24/11/88 (per mille Kg)

2,06

 

 

 

 

 

 

15,92

 

(*)        Aliquote di accisa prorogate al 31/12/2000 dal DM 27/09/00.

(**)       Aliquote di accisa prorogate al 30/09/2001 dall’articolo 1 del DL n. 246/01, convertito dalla L. n. 330/01; al 31/12/01 dal DL. n. 356/01.

(***)     Aliquote in vigore dal 01/01/03 al 31/12/03, ai sensi dell’articolo 14 della L. n. 289/02. Precedentemente analoghe aliquote erano state determinate per l’anno 2002 dal DM 25/03/02, sempre in attuazione dell’articolo 14 della L. n. 289/02.

(****)   Aliquote vigenti alla data del 1° gennaio 2005.


L’abrogazione del comma 4 dell’articolo 8 della legge n. 448 del 1998 e dell’annesso allegato 1 disposta dal comma 39 dell’articolo 36 in esame impedisce l’applicazione, a decorrere dal 1° gennaio 2005, della misura delle aliquote di accisa degli indicati prodotti petroliferi, che, come evidenziato nella tavola, risultano assai più elevate di quelle attualmente vigenti.


Articolo 36, comma 40-42
(Agevolazioni sul gasolio per gli autotrasportatori)

 

 


40. A decorrere dal 1° gennaio 2004 e fino al 31 dicembre 2004, l'aliquota prevista nell'allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate è ridotta di euro 33,21391 per mille litri. Per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all'articolo 7, comma 15, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, la riduzione di aliquota di cui al periodo precedente è limitata ad euro 16,03656 per mille litri.

41. La riduzione prevista al comma 40, primo periodo, si applica altresì ai seguenti soggetti:

     a) agli enti pubblici ed alle imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;

     b) alle imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;

     c) agli enti pubblici e alle imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

42. Per ottenere il rimborso di quanto spettante, anche mediante la compensazione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, i destinatari del beneficio di cui ai commi 40 e 41 presentano, entro il 30 giugno 2005, apposita dichiarazione ai competenti uffici dell'Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277. Tali effetti, anche per l'agevolazione fiscale di cui al predetto regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, rilevano altresì ai fini delle disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.


 

 

Il comma 40 dell’articolo 36 in esame dispone per il periodo 1° gennaio 2004 - 31 dicembre 2004 la riduzione di 33,21391 euro per mille litri dell'aliquota prevista nell'allegato I al decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi) per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate.

 

L’Allegato I al decreto legislativo n. 504 del 1995 indica per il gasolio usato come carburante un’aliquota di 747.470 lire (386,036 euro) per mille litri.

 

L'articolo 5 del D.L. 452/2002, al comma 1, prorogava al primo semestre del 2002l'applicazione della riduzione dell'aliquota di accisa per il gasolio impiegato da determinate categorie di esercenti l'attività di trasporto merci e persone, introdotta dal D.L. 265/2000 e successivamente prorogata con vari provvedimenti. In merito alla misura della riduzione, essa è stata di:

-          171.000 lire per mille litri di prodotto per il periodo 1° settembre 2000-31 dicembre 2000 (D.L. n. 265/2000, convertito dalla legge n. 343/2000; D.M. 19 marzo 2001);

-          112.000 lire per mille litri di prodotto (pari a 57,84 euro) per il periodo 1° gennaio 2001-30 giugno 2001 (articolo 25 della legge n. 388/2000, modificato dal D.L. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001; D.M. 9 ottobre 2001);

-          83.800 lire per mille litri di prodotto (pari a 443,28 euro) per il periodo 1° luglio 2001-31 dicembre 2001 (articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito dalla legge n. 330/2001, modificato dall'articolo 8 del D.L. 356/2001; D.M. 1 febbraio 2002);

-          83.800 lire per mille litri di prodotto (pari a 43,28 euro) sono state confermate anche per il periodo 1° gennaio 2002-31 luglio 2002 e 1° agosto 2002-31 dicembre 2002 (articolo 5 del D.L. 452/2001, convertito nella legge n. 16/2002; articolo, comma 4-bis del D.L. 138/2002, modificato dalla legge n. 178/2002);

-          l’applicazione dell’aliquota di 43,28 euro per mille litri di prodotto è stata confermata per il periodo 1° gennaio 2003 - 31 dicembre 2003 dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 16 del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.

 

L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa.

Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, si intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.

In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).

L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A, di seguito riportato.


 

 

1° gennaio 2004

1° gennaio 2010

Benzina con piombo (in euro per 1.000 litri)

Codici NC 2710 11 31, 2710 11 51 e 2710 11 59

421

421

Benzina (in euro per 1.000 litri)

Codici NC 2710 11 31, 2710 11 41, 2710 11 45 e 2710 11 49

359

359

Gasolio (in euro per 1.000 litri)

Codici NC da 2710 19 41 a 2710 19 49

302

330

Cherosene (in euro per 1.000 litri)

Codici NC 2710 19 21 e 2710 19 25

302

330

GPL (in euro per 1.000 kg)

Codici NC da 2711 12 11 a 2711 19 00

125

125

Gas naturale

(in euro per gigajoule, potere calorifico superiore)

Codici NC 2711 11 00 e 2711 21 00

2,6

2,6

 

L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato.

Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II.

Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione ricomprende la riduzione dell'aliquota dell'accisa sul gasolio utilizzato dagli operatori del trasporto su strada fino al 1° gennaio 2005, che non può essere inferiore a 370 euro per 1000 litri a decorrere dal 1° gennaio 2004.

 

Ai sensi del paragrafo 11 dell’articolo 18 l’Italia può applicare, fino al 1° gennaio 2008, per la definizione di usi commerciali di cui all'articolo 7, paragrafo 3, lettera a)[77], un peso a pieno carico massimo ammissibile non inferiore a 3,5 tonnellate.

 

Il secondo periodo del comma 40 limita la riduzione di aliquota a 16,03656 euro per mille litri (anziché 33,21391 euro) per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all'articolo 7, comma 15, della legge n. 488 del 1999.

 

In realtà, il comma 15 dell’articolo 7 della legge n. 488 del 1999 ha sostituito la lettera e) del comma 10 dell'articolo 8 della legge n. 448 del 1998, che individuava i soggetti destinatari delle maggiori entrate derivanti dalla carbon tax introdotta dell’articolo stesso.

In particolare, le maggiori risorse venivano destinate a compensare la riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva non inferiore a 11,5 tonnellate da operare, ove occorra, anche mediante credito d'imposta pari all'incremento, per il medesimo anno, dell'accisa applicata al gasolio per autotrazione.

 

Con il D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, è stato emanato il regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci. L’articolo 1 prevede che, a decorrere dal 16 gennaio 1999, la riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti l’attività di autotrasporto merci è determinata in un ammontare pari agli incrementi dell'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione rapportata ai consumi di tale prodotto nei periodi di riferimento. Il credito derivante da tale riduzione, sempreché di importo non inferiore a 25 euro, può essere utilizzato dal beneficiario in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero riconosciuto al medesimo mediante rimborso della relativa somma, secondo le modalità stabilite dal regolamento stesso.

Il D.P.C.M 15 gennaio 1999, recante determinazione degli aumenti intermedi della misura delle aliquote delle accise sugli olî minerali, ha disposto il primo incremento del gasolio per autotrazione di 17.177 euro per mille litri di prodotto, fissandone l’aliquota a 403,21 euro.

Negli anni successivi non è stato emanato il relativo decreto (si veda la scheda relativa all’articolo 36, commi 38-39).

 

Il comma 41 identifica i soggetti che, oltre agli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate indicati al comma 40, beneficiano della riduzione indicata al primo periodo del medesimo comma (33.21391 euro per mille litri). Si tratta di:

a)      enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione; si tratta di attività di trasporto pubblico locale, come definite e disciplinate dal citato D.Lgs. n. 422 del 1997, nell’ambito del processo di decentramento di funzioni alle regioni ed agli enti locali previsto dalla legge n. 59/97. 

b)      imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e al decreto legislativo n. 422 del 1997;

c)      enti pubblici e imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

 

La disposizione in esame conferma i soggetti destinatari dell'agevolazione già ricompresi dalla normativa precedente e individuati dall’articolo 5 del decreto-legge n. 452/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 16 del 2002.

 

Il comma 42 disciplina le modalità di rimborso di quanto spettante in relazione alla riduzione, specificando che il rimborso è fruibile anche mediante compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, a seguito di apposita dichiarazione da presentare entro il 30 giugno 2005 agli uffici dell'Agenzia delle Dogane secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, emanato con D.P.R. n. 277 del 2000.

 

Anche in questo caso, la norma ribadisce il contenuto del comma 4 dell’articolo 5 del citato decreto-legge n. 452/2001.

 

L’ultimo periodo del comma 42 prevede che il credito d’imposta non concorre alla formazione del valore aggiunto ai fini dell’applicazione dell’IRAP, oltre che della determinazione del reddito ai fini IRPEF e IRPEG.

 

Va al riguardo ricordato che, in linea generale, l'articolo 11, comma 3 del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che i contributi erogati a norma di legge concorrono, in ogni caso, alla formazione della base imponibile IRAP. Tale disposizione ha lo scopo di attrarre a tassazione IRAP tutti i contributi erogati a norma di legge, anche se non imponibili ai fini delle imposte sui redditi. Il trattamento previsto dalla disposizione in esame introduce, quindi, una deroga al principio generale affermato nel D.Lgs. n. 446 del 1997.

 

Anche in questo caso, la norma ribadisce il contenuto del comma 4 dell’articolo 5 del citato decreto-legge n. 452/2001, come integrato dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 209 del 2002, convertito dalla legge n. 265 del 2002.


Articolo 36, comma 43-44
(Esenzione dall’accisa per i biodiesel)

 

 


43. Il comma 6 dell'articolo 21 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell'ambito di un programma della durata di sei anni, a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 30 giugno 2010, il biodiesel, puro o miscelato con oli minerali, è esentato dall'accisa nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, sono determinati i requisiti che gli operatori, ed i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione con gli oli minerali consentite, le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al regolamento adottato con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali 25 luglio 2003, n. 256. Per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 61.

6.1. Entro il 1° settembre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovra compensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è eventualmente rideterminata la misura della agevolazione di cui al medesimo comma 6.

6.2. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari».

44. L'efficacia delle disposizioni di cui al comma 43 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.


 

 

Il comma 43 dell’articolo 36 modifica l’articolo 21 (prodotti sottoposti ad accisa) del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi), sostituendone il comma 6 in tema di accisa sul biodiesel[78].

 

Il citato articolo 21, comma 6, del D.lgs. n. 504 del 1995 come modificato, da ultimo, dall’articolo 21 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), stabilisce che le disposizioni del precedente comma 2 del medesimo articolo 21 - il quale prevede che determinati prodotti, espressamente indicati nello stesso comma, sono soggetti a vigilanza fiscale e, se destinati ad essere usati, se messi in vendita o se usati come combustibile o carburante, sono sottoposti ad accisa secondo l'aliquota prevista per il combustibile o il carburante per motori equivalente - si applichino anche al prodotto denominato biodiesel, ottenuto dalla esterificazione di olî vegetali e loro derivati, usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili.

Inoltre, si dispone che la fabbricazione o la miscelazione con gasolio, o altri olî minerali, del prodotto denominato biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale; da ciò conseguirebbe la tassazione al momento dell’immissione in consumo.

La disposizione prevede che il biodiesel, puro o in miscela con gasolio o con olî combustibili in qualsiasi percentuale, sia esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellatenell’ambito di un programma triennale, tendente a favorirne lo sviluppo tecnologico.

Si rimette, poi, ad un decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, la determinazione dei requisiti degli operatori, delle caratteristiche tecniche degli impianti di produzione, nazionali ed esteri, nonché delle caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, delle modalità di distribuzione e dei criteri di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. La disposizione è stata attuata con l’emanazione del decreto 25 luglio 2003, n. 256, recante il regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul prodotto denominato biodiesel.

 

L’ultimo periodo del comma 6 prevede che per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 61 del D.Lgs. n. 504/95, che riconduce la tassazione del biodiesel, usato per riscaldamento, nell’ambito del regime di accisa non armonizzata, di cui al citato articolo 61.

 

Ilsuccessivo comma 2 dell’articolo 21 della legge n. 388 del 2000, stabilisce che, al fine di promuovere l’impiego del biodiesel come carburante per autotrazione, il Ministro dell’industria è autorizzato alla realizzazione di un progetto pilota che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 4, del decreto del Ministro delle finanze del 22 maggio 1998, n. 219, preveda l’avvio al consumo del biodiesel puro presso utenti in rete, a partire dalle aree urbane a maggiore concentrazione di traffico.

Il citato comma 4 stabilisce che il biodiesel puro e le miscele gasolio-biodiesel con contenuto in biodiesel superiore al 5% sono avviati al consumo solo presso utenti extrarete. Le miscele gasolio-biodiesel con contenuto in biodiesel in misura pari o inferiore al 5% che rispettano le caratteristiche del gasolio previste dalla normativa vigente possono essere avviate al consumo sia presso utenti extrarete che in rete. Queste miscele possono essere immagazzinate promiscuamente con gasolio.

 

Il comma 43 dell’articolo 36 in esame novella il comma 6 dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 504 del 1995 prevedendo, nell’ambito di uno specifico programma di pari durata, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî mineralia decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 30 giugno 2010 nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate.

 

La disposizione in esame fornisce una definizione tramite codice del biodiesel (codice NC 3824 90 99), mentre il testo vigente fa riferimento al biodiesel come al prodotto ottenuto dalla “esterificazione di oli vegetali e loro derivati”.

Analogamente, mentre il testo vigente ha sottoposto ad esenzione il biodiesel, puro o in miscela con gasolio o con olî combustibili in qualsiasi percentuale, la nuova versione del comma 6 fa genericamente riferimento al “biodiesel puro o miscelato con oli minerali”.

 

L’agevolazione risulta conforme con le disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

Infatti l’articolo 16 della direttiva stabilisce che, gli Stati membri possono applicare, sotto controllo fiscale, esenzioni o riduzioni dell'aliquota di imposta ai prodotti soggetti ad accisa di cui all'articolo 2 quando questi sono costituiti da uno o più dei prodotti seguenti o li contengono:

§       i prodotti di cui ai codici NC da 1507 a 1518,

§       i prodotti di cui ai codici NC 3824 90 55 e da 3824 90 80 a 3824 90 99 per i loro componenti derivati dalla biomassa,

§       i prodotti di cui ai codici NC 2207 20 00 e 2905 11 00 che non siano di origine sintetica,

§       i prodotti derivati dalla biomassa, inclusi i prodotti di cui ai codici NC 4401 e 4402.

Le esenzioni o le riduzioni per i prodotti di cui al paragrafo 1 possono essere concesse, nell'ambito di un programma pluriennale, tramite autorizzazione rilasciata da un'autorità amministrativa ad un operatore economico per più di un anno civile. La durata dell'esenzione o della riduzione così autorizzata non può superare sei anni consecutivi. Questo periodo è eventualmente rinnovabile.

Nell'ambito di un programma pluriennale oggetto di autorizzazione rilasciata da un'autorità amministrativa prima del 31 dicembre 2012 gli Stati membri possono applicare l'esenzione o la riduzione di cui al paragrafo 1 dopo il 31 dicembre 2012 e fino al termine del programma pluriennale, senza facoltà di rinnovo.

 

La disposizione in esame rinvia all’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, per la determinazione:

§      dei requisiti che gli operatori, e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale;

§      delle caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova;

§      delle percentuali di miscelazione con gli oli minerali consentite;

§      delle modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori.

 

In attesa dell'entrata in vigore del suddetto decreto ministeriale trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al regolamento adottato con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali 25 luglio 2003, n. 256, previsto dalla normativa vigente per il programma triennale previsto dalla legge n. 388 del 2000.

 

Poiché nel testo dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 504 del 1995 è già presente un comma 6-bis, il comma 43 dell’articolo 36 in esame introduce i commi 6.1 e 6.2.

 

In particolare, il comma 6.1 prevede entro il 1° settembre di ciascuno dei sei anni di validità del programma, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi ai costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente.

Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovra-compensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del citato programma, è eventualmente rideterminata la misura della agevolazione.

 

Al fine di un più razionale impiego delle risorse economiche disponibili, per ogni anno di validità del citato programma il comma 6.2 dispone che i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, vengano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno.

In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

 

Infine, il comma 44 dispone che l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 43 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.


Articolo 36, comma 45
(Proroga adozione regolamento per tariffa rifiuti urbani)

 

 


45. All'articolo 11, comma 1, lettera a), del regolamento recante norme per l'elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, come modificata dall'articolo 31, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni».


 

 

L'art. 36, comma 45, aumenta da 5 a 6 anni la durata massima della fase di transizione entro la quale i comuni, che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%, sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani.

Si ricorda che la durata massima del periodo transitorio è già stata aumentata da alcune disposizioni contenute nelle precedenti leggi finanziarie:

§      il comma 21 dell'art. 31 della legge finanziaria per il 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289) lo ha aumentato da tre a quattro anni;

§      il comma 116 dell’art. 4 della legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350)  lo ha portato da quattro a cinque anni.

 

La tariffa per la gestione dei rifiuti urbani è stata istituita dall’art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), che, nel testo modificato dall’art. 1 della legge n. 426 del 1998 e dall’art. 33 della legge n. 488 del 1999, ha contestualmente disposto la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, sopra ricordato, entro i quali i comuni devono provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la nuova tariffa. La tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale[79].

L’art. 11 del D.P.R. n. 158 del 1999, emanato in attuazione del comma 5 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997, disciplina il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo da coprirsi con le entrate tariffarie e per la determinazione della tariffa di riferimento. In particolare, il comma 1 stabilisce che gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima cosi articolata:

a)       tre anni per i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%;

b)       cinque anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l'85%;

c)       otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%;

d)       otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.

In materia, a fini di chiarimento interpretativo, è successivamente intervenuta la circolare 17 febbraio 2000, n. 25/E del Ministero delle finanze.

 

Si osserva, in primo luogo, che la disposizione in esame interviene solo sulla lettera a) dell’articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 158 del 1999, cioè i comuni che abbiano raggiunto nell'anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85%. Tuttavia, con la fine del 2004 verrebbe a scadenza anche il termine assegnato ai comuni che abbiano raggiunto, alla stessa data, un grado di copertura dei costi tra il 55 e 1'85% (lettera b) del comma 1 dell’articolo 11). Paradossalmente, si avrebbe pertanto l’effetto di un periodo transitorio più breve concesso ai comuni che hanno raggiunto una percentuale di copertura minore.

 

Si osserva, inoltre, che la disposizione è formulata come modifica testuale di una norma di rango secondario, con conseguenti effetti di “legificazione” parziale di un regolamento (effetti peraltro già prodotti dall’articolo 31, comma 21, della legge n. 289 del 2002).

 

 



[1]     A seguito della riforma del Governo introdotta con il decreto legislativo n. 300/1999 e con il successivo D.L. n. 217/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 317/2001, si è proceduto all’accorpamento di alcuni stati di previsione della spesa, passati, infatti, dai precedenti 18 agli attuali 14.

[2]   Nel 2004 la dotazione del cap. 1560 ammontava inizialmente (legge finanziaria per il 2004) a 27.768.000 euro, che sono stati ridotti di 1.110.000 euro (-4%) dalla manovra correttiva disposta dal decreto-legge n. 168 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191 del 2004.

Lo stanziamento per il 2005, come definito nella Tabella C del disegno di legge finanziaria 2005, è determinato in coerenza con la previsione, recata dall’articolo 3, di un tetto massimo del 2% di incremento delle spese.

A tal fine l’incremento del 2% è stato applicato alla dotazione a legislazione vigente 2004, come ridotta per effetto del citato decreto-legge n. 168 del 2002.

Bilancio a legislazione vigente 2004

 

27.768.000

Riduzione D.L. n. 168/2004

-

1.110.000

SUB-TOTALE

=

26.658.000

Incremento 2%

+

533.000

Tabella C Finanziaria 2005

=

27.191.000

 

[3]     L’addizionale regionale all’IRPEF è determinata nella misura dello 0,9% ai sensi dell’articolo 50, comma 3, del D.Lgs. n. 446/97, come modificato dal decreto legislativo n. 56 del 2000. Tuttavia, il medesimo comma 3, prevede la facoltà, per ciascuna regione, di maggiorare la suddetta aliquota, con proprio provvedimento da pubblicare in Gazzetta Ufficiale entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello cui l’addizionale si riferisce. La misura dell’addizionale non può, in ogni caso, superare l’aliquota dell’1,4%[3].

L'addizionale comunale all’IRPEF è stata istituita dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998. L’aliquota dell’addizionale è distinta in due parti, la prima delle quali è rappresentata da un’aliquota di compartecipazione, fissata annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione delle aliquote erariali di IRPEF. Tale aliquota, peraltro, non ha finora ricevuto attuazione (cfr., al riguardo, la scheda relativa al comma 18 dell’articolo 2 in esame).

La seconda parte consiste, invece, in un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. In particolare, ai sensi del richiamato articolo 1, l’ente locale può deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell’aliquota non può, in ogni caso, essere superiore allo 0,5%. Per quanto riguarda il primo anno di applicazione, la risoluzione ministeriale n. 36/E del 16 marzo 2000 ha chiarito che l’aliquota dell’addizionale comunale non può superare la misura dello 0,2%, indipendentemente dal fatto che nell’anno precedente il Comune non abbia esercitato la facoltà di deliberare l’applicazione dell’addizionale stessa.

[4]     Il D.Lgs. n. 446/97, emanato in attuazione della legge n. 662/96, ha previsto la istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)[4], il cui gettito spetta alle regioni nel cui territorio è esercitata l’attività.

Ai sensi dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 446/97, l’aliquota ordinaria IRAP, per le imprese commerciali[4], è fissata in misura pari a 4,25%. Tuttavia, il comma 3 del medesimo articolo 16 dispone che, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del medesimo decreto, le regioni hanno la facoltà di variare la predetta percentuale fino ad un massimo di un punto percentuale. Ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 506/99, la richiamata variazione dell’aliquota può essere operata a decorrere dal 30 dicembre 1999. La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi

[5]     Più dettagliatamente:

-          La regione Piemonte ha previsto, con l’art. 1 della legge regionale 5 agosto 2002, n. 20, che, a decorrere dal 2001, l’Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici invernali di Torino 2006 è esonerata dal versamento dell’IRAP e dai relativi obblighi contabili[5].

L’art. 2 della stessa legge regionale dispone l’esenzione permanente dal pagamento della tassa automobilistica regionale per gli autoveicoli alimentati a gas metano, già dotati di dispositivo per la circolazione con gas metano all'atto dell'immatricolazione, e gli autoveicoli elettrici.

Infine l’art. 4 della suddetta legge proroga al 31 dicembre 2003 il termine del 31 dicembre 2002, fissato per il recupero delle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1999.

La sentenza n. 296/2003, con riferimento all’art. 1, ha osservato che l’IRAP è stata istituita ed è interamente disciplinata da normativa statale (D.Lgs. n. 446/1997), anche se destinatarie del tributo sono le regioni nel cui territorio il valore della produzione netta è realizzato. Le regioni stesse hanno una limitata facoltà di variare l’aliquota e possono disciplinare, nel rispetto dei principi fissati dal citato D.Lgs. n. 446/1997, le procedure applicative dell’imposta. Ne consegue che questo non è un tributo proprio della regione, nel senso di cui all’art. 119, secondo comma, della Costituzione (che si riferisce invece alle imposte istituite con legge regionale).

Anche in materia di tassa automobilistica regionale[5], alle regioni a statuto ordinario è stato attribuito solo il gettito della tassa, unitamente all’attività amministrativa connessa alla sua riscossione, nonché un limitato potere di variazione dell’importo originariamente stabilito con decreto ministeriale, restando invece ferma la competenza esclusiva dello Stato per ogni altro aspetto della disciplina sostanziale della tassa stessa. Nemmeno tale tassa può dunque essere definita tributo regionale.

-          La regione Veneto, con l’art. 2, co. 1, della legge regionale 9 agosto 2002, n. 18, ha prorogato al 31 dicembre 2003 il termine del 31 dicembre 2002, fissato per il recupero delle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1999.

-          La Corte Costituzionale, con sentenza n. 297/2003, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma sopra citata sulla base delle considerazioni già utilizzate per la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 4 della legge regione Piemonte n. 20/2002.

-          La regione Campania, con l’art. 24, co. 2, della legge regionale 26 luglio 2002, n. 15, ha prorogato al 31 dicembre 2003 il termine del 31 dicembre 2002, fissato per il recupero delle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1999.

-          La Corte Costituzionale, con sentenza n. 311/2003, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma sopra citata sulla base delle considerazioni già utilizzate per la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 4 della legge regione Piemonte n. 20/2002.

[6]     Si ricordano in proposito, per quanto riguarda la Tassa automobilistica,

Piemonte, L. r. 23/9/03, n. 23 Diposizioni in  materia di tassa automobilistica nuove tariffe a decorrere dal 1° gennaio 2004 + disciplina – impugnati artt. 5 e 6 esenzioni (soggetti non compresi nella normativa statale e tariffe differenti per la “massa rimorchiabile”

Toscana; L. r. 22/9/2003, n. 49 : Norme in materia di tasse automobilistiche art. 3 esenzioni non conformi normativa statale , che sono state impugnate con ricorso n. 91/2003

Lazio; L. r. 27/2/2004, n. 2 finanziaria 2004 art. 6 perdita di possesso – esenzione dal pagamento  – rimborso, legge impugnata con ricorso n. 55/2004

Lombardia: L. r. 24/3/2004, n. 5 modifica la L. r. 10/2003 (a decorrere dal 1/1/2003) esenzioni dal pagamento – impugnata ricorso n. 57/2004

Quanto all’IRAP, la già ricordata legge regionale del Piemonte n. 20 del 2002, che ha disposto l’esenzione dall’IRAP del Comitato per i giochi olimpici.

[7]     Secondo la circolare, «per società a partecipazione pubblica si intendono società con una quota di partecipazione diretta rilevante/di controllo detenuta da Stati appartenenti all'Unione europea, facendo riferimento ai principi previsti nell'art. 2359 nel codice civile italiano. Nel caso in cui una società pubblica venga privatizzata, si raccomanda che i titoli da questa emessi eventualmente presenti nel fondo di ammortamento vengano sostituiti dal momento in cui detta sostituzione non comporti una perdita per il fondo. Qualora emergano forti segnali di rischio derivanti dalla privatizzazione, la sostituzione andrebbe comunque valutata anche nel caso in cui comporti una perdita».

[8]     Si ricorda che il comma 2 dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988, nel disciplinare i regolamenti di delegificazione, stabilisce che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

[9]     Le notizie riportate sull’attività della Consap sono state tratte dal relativo sito internet (www.consap.it)

[10]    A seguito della modificazione recata dalla lettera a) del presente comma, la stessa comunicazione diverrà obbligatoria anche per i contratti relativi a servizi telefonici, idrici e del gas.

[11]    A ciò si è provveduto con i decreti ministeriali 29 dicembre 1977, 27 gennaio 1978, 15 novembre 1989, n. 400, 18 giugno 1993 (modificato con D.M. 25 settembre 1993), 29 dicembre 1993, n. 598. Con i decreti ministeriali 6 maggio 1978 e 22 giugno 1978 sono state approvate, rispettivamente, modalità di comunicazione all'anagrafe tributaria delle iscrizioni, variazioni e cancellazioni nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio e degli atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze elencate nella lettera e) dell'art. 6 del D.P.R. n. 605 del 1973. Il citato D.M. 22 giugno 1978 è stato successivamente modificato dal D.M. 30 giugno 1979, come sostituito dall'art. 1 del D.M. 27 maggio 1988, n. 273. Ulteriori norme in materia sono state dettate con D.M. 17 settembre 1999, modificato dal D.M. 23 marzo 2000 (che ha inoltre abrogato il citato D.M. 22 giugno 1978), con D.M. 21 ottobre 1999, con D.M. 21 ottobre 1999, con D.M. 27 giugno 2000, con D.M. 27 giugno 2000 e con Provv. 5 marzo 2002.

[12]    Per la disciplina delle commissioni censuarie si vedano gli articoli da 16 a 40 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, recante perfezionamento e revisione del sistema catastale.

[13]    L'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, è stato abrogato dall'art. 136 del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto (1° gennaio 2002). Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute negli artt. 8,12 e 15 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001, riguardanti il permesso di costruire.

[14]    Il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, all’articolo 37, comma 2, stabilisce che le tariffe d'estimo e i redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare sono sottoposti a revisione quando se ne manifesti l'esigenza per sopravvenute variazioni di carattere permanente nella capacità di reddito delle unità immobiliari e comunque ogni dieci anni. La revisione è disposta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previo parere della Commissione censuaria centrale e può essere effettuata per singole zone censuarie. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i comuni interessati. Il comma 3 prevede che le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall'anno di pubblicazione del nuovo prospetto delle tariffe nella Gazzetta Ufficiale, ovvero, nel caso di stima diretta (per i fabbricati a destinazione speciale), dall'anno in cui è stato notificato il nuovo reddito al possessore iscritto in catasto. Se la pubblicazione o notificazione avviene oltre il mese precedente quello stabilito per il versamento dell'acconto di imposta, le modificazioni hanno effetto dall'anno successivo.

[15]    La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 39 della L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione era stato elevato dall'art. 1 del D.Lgs.C.P.S. 5 ottobre 1947, n. 1208, dall'art. 114, primo e terzo comma, della citata L. n. 689 del 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, secondo e quinto comma, (quest'ultimo con riguardo alla misura minima), della stessa legge, nonché dall'art. 8, comma 1, del D.L. 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 1989, n. 384.

[16]    Deroghe al principio di irretroattività sono state disposte con il comma 3 dell'art. 5 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e con il comma 1 dell'articolo 10 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che ha sostituito il comma 5 dell'articolo 3 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507. Contengono invece proroghe di termini per gli accertamenti l'art. 18, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; l'art. 27, comma 9, della L. 28 dicembre 2001, n. 448, l'art. 10, comma 1, l'art. 11, comma 1, e l'art. 31, comma 16, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificata dall'art. 5-bis del D.-L. 24 dicembre 2002, n. 282, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione; l'art. 1, comma 2-octies, del D.-L. 24 giugno 2003, n. 143, aggiunto dalla relativa legge di conversione; l'art. 37 del D.-L. 30 settembre 2003, n. 269; l'art. 2, comma 33, della L. 24 dicembre 2003, n. 350.

[17]    L’articolo 8, comma 1, del D.L. 30 settembre 1989, n. 332, dispone fra l’altro che le pene pecuniarie stabilite in misura fissa per le violazioni in materia tributaria sono sestuplicate se i relativi importi risultano determinati con provvedimenti normativi emanati fino al 31 dicembre 1975.

[18]    I commi primo e secondo dell’articolo 31 del R.D.-L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, dispongono:

“Per le operazioni di formazione e di conservazione del nuovo catasto edilizio urbano i funzionari degli uffici tecnici erariali, ed i componenti le commissioni censuarie, espressamente delegati e muniti di speciale tessera di riconoscimento, hanno diritto di accedere alle proprietà private dietro preavviso scritto di almeno sette giorni.

Chiunque fa opposizione è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 a meno che il fatto costituisca reato più grave. Con la stessa pena è punito colui che non adempie gli obblighi di cui agli articoli 3, 7, 20 e 28”.

[19]    Ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 8, del medesimo decreto-legge n. 168 del 2994, per beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione si intendono a questo fine gli immobili per i quali non ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della tariffa, parte prima, annessa al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

[20]    Ulteriori benefìci – limitati all’anno 2004 – sono previsti dal D.-L. 13 settembre 2004, n. 240, recante misure per favorire l'accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio, nonché integrazioni alla legge 9 dicembre 1998, n. 431 (all’esame delle Camere per la conversione in legge).

[21]    L’obbligo di registrazione, indipendentemente dall’ammontare del corrispettivo, è stato introdotto dalla novella recata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro dall’articolo 21, comma 18, della legge n. 449 del 1997. Unica eccezione è quella prevista  dall'art. 2-bis della tariffa, parte seconda, allegata al testo unico, che annovera tra gli atti  soggetti a registrazione soltanto in caso d'uso le locazioni e gli affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno con riferimento ai rapporti con lo stesso locatario e affittuario.

[22]    Si ricorda che prima della riforma della disciplina della locazione di immobili ad uso abitativo, la materia era disciplinata dalla L. n. 392 del 1978 “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”, la cd. Legge sull’equo canone. Tale legge è stata in parte abrogata dalla L. n. 431 del 1998.

[23]    Comma così modificato dall'art. 2 della L. 8 gennaio 2002, n. 2.

[24]    Vedi, anche, l'art. 4, comma 9-bis, del D.-L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

[25]    Cfr. Cass. 4 aprile 1986, n. 2332; Cass. 16 giugno 1986 n. 3993;  Cass. 4 luglio 1986 n. 4409; Cass. 9 maggio 1991 n. 5157.

[26]    Cfr. la nota all’art. 1 della tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

[27]    Per i contratti aventi una durata superiore a trenta giorni ma inferiore ad un anno l’imposta è pari al 2% di quello che sarebbe il canone annuo, con un minimo di 51,65 euro.

[28]    Si tratta dei contribuenti che nell'anno solare precedente hanno registrato esclusivamente operazioni esenti dall'imposta di cui all'articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, salvo che siano tenuti alle rettifiche delle detrazioni di cui all'articolo 19-bis2 del medesimo decreto, ovvero abbiano registrato operazioni intracomunitarie, nonché i contribuenti esonerati ai sensi di specifiche disposizioni normative.

[29]   Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, concerne la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[30]    L’articolo 54 precisa, inoltre, che l’ufficio può procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l'inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture o da altri documenti appositamente individuati.

Il quinto comma dell’articolo 54, in analogia con quanto previsto dall’articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 per le imposte dirette, prevede che, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto, qualora dalle segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l'imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante.

[31]    Ai sensi della disposizione citata, le opere di urbanizzazione primaria sono:

a)       strade residenziali;

b)       spazi di sosta o di parcheggio;

c)       fognature;

d)       rete idrica;

e)       rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas;

f)         pubblica illuminazione;

g)       spazi di verde attrezzato.

Le opere di urbanizzazione secondaria sono:

a)       asili nido e scuole materne;

b)       scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo;

c)       mercati di quartiere;

d)       delegazioni comunali;

e)       chiese ed altri edifici religiosi;

f)         impianti sportivi di quartiere;

g)       centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;

h)       aree verdi di quartiere.

[32]    Secondo l’articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti), sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:

A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;

C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

[33]    Si ritiene opportuno segnalare che la disposizione fa riferimento al valore dell’immobile e non al suo prezzo di vendita.

[34]    La relazione tecnica cita in particolare il D.-L. n. 351 del 2001, relativo a cartolarizzazioni e conferimento di immobili pubblici a fondi comuni di investimento immobiliare, e il D.-L. n. 269 del 2003, il quale, agli articoli 26 e seguenti, contiene ulteriori disposizioni in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico.

[35]    E’ inoltre stabilito che con i decreti di cui al comma 1 dello stesso articolo 3 (i quali definiscono le modalità dell’operazione di cartolarizzazione) sono stabiliti i criteri per l'assegnazione, agli enti territoriali interessati dal procedimento, di una quota (compresa tra il 5% e il 15%) del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.

[36]    A tal fine, entro il 30 aprile di ciascun anno gli enti territoriali devono fare richiesta di detti beni all’Agenzia del demanio, la quale, su conforme parere del Ministero dell’economia, anche in ordine alle modalità e alle condizioni della cessione, comunica la propria eventuale disponibilità entro il 31 agosto dello stesso anno.

[37]    La legge 23 dicembre 1997, n. 449, collegata alla manovra finanziaria per il 1998, all'articolo 17, comma 36, ha introdotto una norma interpretativa del citato comma 112 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo la quale sono fatti salvi gli effetti delle procedure negoziali che erano in corso tra il Ministero della difesa ed altre pubbliche amministrazioni, alla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dallo stesso comma 112 (emanato in data 11 agosto 1997) e finalizzate al trasferimento di beni immobili già destinati ad uso pubblico dai piani regolatori generali.

[38]    In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M 11 agosto 1997, recante "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Il decreto contiene un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili, divisi a seconda della regione in cui essi sono collocati. In nota a ciascun immobile, è riportata l’indicazione dell’attuale uso del bene stesso. In data 12 settembre 2000, è stato poi emanato un nuovo D.P.C.M., contenente un ulteriore elenco di nuovi beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da dismettere. Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 che ha provveduto ad espungere dall’elenco degli immobili già individuati 10 di essi, in relazione ad “una aggiornata valutazione delle esigenze strutturali ed infrastrutturali delle Forze armate”. Quindi, con D.P.C.M. 20 ottobre 2003, è stato espunto l'immobile militare denominato Caserma «Palmanova» (aliquota) di Viterbo. Infine, con D.P.C.M. 27 febbraio 2004, è stato espunto un ulteriore immobile, denominato caserma “Papa”.

[39]    Con riguardo agli accordi di programma relativi alla dismissione dei beni immobili dell'amministrazione della difesa, l’articolo 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. “collegato ordinamentale”, ha disposto che, nell’ambito dei predetti accordi, possa essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota non superiore al 20 per cento del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a “scomputo” del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.

[40]   L’estensione dell'ambito di applicazione della procedura per la determinazione del valore dei beni sia alle vendite che alle permute è stata fatta dall’articolo 43, comma 11, della legge n. 388/2000, che viene diffusamente commentata più avanti.

[41]    Il relativo bando di gara è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 15 settembre 1997. In seguito allo svolgimento delle procedure di gara è risultata affidataria la società CONSAP.

[42]    Tale regolamento avrebbe dovuto essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Conferenza Stato-Città e autonomie locali.

[43]    Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 30 giugno 2004, n. 151.

[44]    Legge 27 dicembre 2002, n. 289.

[45]    Notizie di stampa riportano che “il Tesoro, il Ministero delle infrastrutture e l’ANAS avrebbero rinunciato a portare a termine questa operazione”. Secondo un’intesa raggiunta fra i soggetti indicati “Piuttosto il Demanio avrebbe trasferito in concessione all’ANAS il patrimonio che sarebbe rimasto di proprietà statale” (Il Sole 24 ore, 6 ottobre 2004, Ticket vero solo su 700 Km di nuove autostrade).

[46]    La Relazione tecnica, invece, indica in una “concessione quarantennale” il contenuto del negozio prefigurato. Si rileva che l’elemento della durata (e quindi il rapporto di tipo concessorio) sembrerebbero peraltro elementi imprescindibili ai fini di una quantificazione delle due grandezze economiche coinvolte: il prezzo e la tariffa.

[47]    Si ricorda ai sensi dell’articolo 822 del codice civile fanno parte del demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico, le raccolte dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle pinacoteche. Caratteristiche tipiche dei beni demaniali sono l’inalienabilità (art. 823 c.c.) e l’imprescrittibilità o inusucapibilità. La demanialità è stabilita in base a disposizioni di legge. Peraltro, è rimesso ad atti amministrativi l’accertamento della corrispondenza dei singoli beni alle caratteristiche fisiche del genere investito della demanialità. Tali atti hanno carattere meramente dichiarativo e non costitutivo e consistono generalmente nell’iscrizione dei beni negli appositi elenchi formati dall’amministrazione e approvati con decreti presidenziali o ministeriali pubblicati nella Gazzetta ufficiale. La cessazione della demanialità di un bene può essere determinata, oltre che da fatto naturale, da un atto volontario dell’amministrazione la quale deliberi di sottrarre il bene al servizio cui l’aveva destinato in precedenza (art. 829, primo comma c.c.). Il passaggio dei beni dal demanio al patrimonio dello Stato (c.d. sdemanializzazione) deve essere dichiarato dall’autorità amministrativa con atto di cui deve essere dato annuncio nella Gazzetta ufficiale.

[48]    Decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici".

[49]    In questa sede può essere utile ricordare, inoltre, che nella materia di vendita dei beni culturali si è registrato nel recente passato una complessa stratificazione normativa, che ha dato luogo, non di rado, a difficoltà interpretative. L’art. 3, co. 99-105, della legge collegata alla manovra finanziaria 1997 (legge n. 662/1996, modificata e integrata più volte) ha introdotto norme volte ad accelerare, con misure procedurali di vario tipo, il processo di dismissione dei beni culturali. Il co. 100 dell’art. 3, in particolare, fa rinvio, per le valutazioni di interesse storico e artistico sui beni da alienare a un apposito regolamento (prevedendo, in attesa della sua emanazione, una specifica procedura alternativa). Successivamente, nel quadro delle nuove misure per la dismissione del patrimonio immobiliare statale, l’art. 32 della legge n. 448/1998 (legge finanziaria per il 1999) ha previsto che nel caso di immobili di interesse storico e artistico l’alienazione (o il conferimento a società per azioni incaricate della valorizzazione del patrimonio medesimo) debba avvenire secondo i criteri fissati da un apposito regolamento. Il regolamento in questione è stato successivamente adottato con il D.P.R. n. 283/2000(c.d. “regolamento Melandri”), che ha dettato una organica disciplina della materia, prevedendo, in particolare, un divieto generale di vendita salva, in specifici casi, l’autorizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali. Il regolamento in questione, tuttavia, non ha trovato applicazione concreta, anche in considerazione del fatto che l’adozione di una nuova disciplina sulla cartolarizzazione e la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico (che ha preso le mossa dal D.L. n. 351/2001) ne avrebbe comportato (secondo alcuni) la tacita abrogazione (il DPR n. 283/2000 è stato infine abrogato dal Codice).

[50]    L’istituto del ristorno costituisce uno degli strumenti tecnici mediante i quali i soci si avvalgono delle prestazioni attraverso cui si esplica l’attività della società. Esso è rappresentato dalla restituzione ai soci di parte del prezzo di beni o servizi acquistati o dalla maggiore remunerazione del lavoro e in genere dei conferimenti di beni e servizi effettuati, ed è possibile solo se risulta in utile l'attività che la cooperativa svolge con i soci.

[51]    La disposizione del citato art. 6, co. 2, si applica alle cooperative che prevedono la facoltà di destinare somme a titolo di ristorno in favore dei soci. Si tratta, in particolare:

§          delle somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi (art. 3, co. 2, lett. b), della legge n. 142 del 2001);

§          delle somme attribuite dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (art. 12 del D.P.R. n. 601 del 1973).

[52]    Le condizioni stabilite dal citato art. 13 del D.P.R. n. 601 del 1973 sono:

§          i versamenti e le trattenute devono essere effettuati esclusivamente per il conseguimento dell'oggetto sociale e non devono superare, per ciascun socio, gli importi espressamente indicati;

§          gli interessi corrisposti sulle predette somme non devono superare la misura massima degli interessi spettanti ai detentori di buoni postali fruttiferi aumentata di 2,5 punti percentuali.

[53]    Per i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente si veda il commento al precedente comma 1.

[54]    La possibilità di affrancamento parziale non era prevista dalla citata legge n. 448 del 2001.

[55]    Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.

[56]    In base alla disciplina previgente l'installazione di apparecchi da intrattenimento e da gioco di abilità richiedeva il rilascio della licenza di Pubblica Sicurezza, da parte del Comune nel cui territorio è ubicato l'esercizio, "previo nulla osta dell'Amministrazione finanziaria" (art. 86, terzo comma, del T.U.L.P.S.), nonché la dichiarazione di inizio attività al competente Ufficio della S.I.A.E (art. 19 del D.P.R. n. 640 del 1972), cui doveva essere allegato l'elenco degli apparecchi installati (D.M. 12 aprile 1990).

[57]    La Corte di giustizia delle Comunità europee ha affermato, con giurisprudenza costante, che il diritto alla detrazione previsto dagli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva, costituendo una parte integrante e fondamentale del meccanismo dell'imposta, non può, in linea di principio, essere soggetto a limitazioni.

[58]    L’articolo 3, comma 2, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) aveva disposto la totale esclusione dei redditi in argomento dalla base imponibile fiscale, per gli anni 2001 e 2002.

[59]    Il comma 8-bis dell’articolo 51 definisce specifiche modalità per la determinazione del reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa qualora, nell’arco di dodici mesi, la permanenza all’estero sia protratta per un periodo superiore a 183 giorni. In tal caso, il reddito imponibile viene determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto interministeriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 317/1987, convertito dalla legge n. 398/1987, che disciplina le modalità di calcolo dei contributi per i regimi assicurativi per i lavoratori italiani operanti all'estero.

[60]    Tale deducibilità è subordinata alla condizione che i fondi in esame siano stati istituiti o adeguati ai sensi dell'art. 9 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

[61]    Queste stesse norme hanno contemporaneamente disposto la proroga dell’applicazione dell’IVA alle cessioni di prodotti agricoli e ittici con le aliquote proprie dei singoli prodotti.

[62]    Le disposizioni che hanno modificato l’art. 45, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997 sono:

-          art. 4, co. 1, del D.Lgs. n. 422/1998;

-          art. 6, co. 17, della legge n. 488/1999 (finanziaria 2000);

-          art. 6, co. 12, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001);

-          art. 7, co. 9, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002);

-          art. 19, co. 1, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003);

-          art. 2, co. 1, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004).

[63]    Le precedenti proroghe sono previste dalle seguenti disposizioni normative:

-          art. 26, co. 3, della legge n. 590/1965: proroga al 30 giugno 1983;

-          art. 25 del D.L. n. 463/1983 (convertito dalla legge n. 638/1983): proroga al 30 giugno 1988;

-          art. 1 della legge n. 349/1988: proroga al 31 dicembre 1991;

-          art. 70, co. 3, della legge n. 413/1991: proroga al 31 dicembre 1993;

-          art. 2, co. 2, del D.-L. n. 542/1996, conv., con modif., dalla L. n. 649/1996: proroga al 31 dicembre 1997;

-          art. 4, co. 14, della legge n. 449/1997 (collegato 1998): proroga al 31 dicembre 1999;

-          art. 10, co. 3, della legge n. 488/1999 (finanziaria 2000): proroga al 31 dicembre 2001;

-          art. 52, co. 22, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002): proroga al 31 dicembre 2003.

[64]    Il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale (Registro internazionale) è stato istituito dall’articolo 1 del medesimo D.-L. n. 457 del 1997. Vi sono iscritte, a seguito di specifica autorizzazione del Ministero dei trasporti e della navigazione (ora delle infrastrutture e dei trasporti), le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. È diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente:

a) le navi che appartengono a soggetti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea;

b) le navi che appartengono a soggetti non comunitari;

c) le navi che appartengono a soggetti non comunitari, in regime di sospensione da un registro straniero non comunitario, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea.

Non possono comunque esservi iscritte le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto.

[65]    Al 30 settembre 2001 dall’articolo 1 del D.L. n. 246/2001, convertito dalla L. n. 330/2001; al 31 dicembre 2001 dal D.L. n. 356/2001, convertito dalla legge n. 418/2001; al 30 giugno 2002, dal D.L. n. 452/2001, convertito dalla L. n. 16/2002; al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138/2002, convertito dalla L. n. 178/2002, al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della L. n. 289/2002 e al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla L. n. 326/2003.

[66]    In particolare, ai sensi del citato comma 1-bis e del successivo comma 1-ter, i soggetti interessati possono usufruire delle richiamate agevolazioni a condizione che:

§          tali emulsioni abbiano le caratteristiche tecniche indicate nel decreto del Ministero delle finanze 20 marzo 2000, emanato in attuazione dell’articolo 12, comma 3, della L 488/99, contenente le caratteristiche tecniche delle emulsioni di olio da gas ed olio combustibile denso con acqua destinate alla trazione ed alla combustione;

§          il fabbisogno annuo dei soggetti utilizzatori di cui al precedente comma 1-bis ecceda il quantitativo di litri 100.000 per le emulsioni di oli da gas con acqua, e di chilogrammi 100.000 per le emulsioni di olio combustibile denso con acqua.

Quanto alle modalità per l’autoproduzione, nonché all’impiego e al controllo delle emulsioni in oggetto, il successivo comma 1-quater rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che non risulta allo stato emanato.

L’accisa agevolata, introdotta dall’articolo1, comma 1-bis, del D.L. n. 452/2001, convertito dalla L. n. 16/2002 è stata prorogata; al 31 dicembre 2002, dal D.L. n. 138/2002, convertito dalla L. n. 178/2002, al 30 giugno 2003 dall’articolo 21 della L. n. 289/2002 e al 31 dicembre 2004 dall’articolo 17 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla L. n. 326/2003.

[67]    Si ricorda che il richiamato articolo 8 della legge n. 448/1998 dispone l’utilizzo di parte dei maggiori proventi che dovrebbero derivare dalla c.d. carbon tax per la concessione di misure compensative degli aumenti delle accise, dirette tra l’altro a consentire, a decorrere dal 1999, una riduzione del costo del gasolio da riscaldamento non inferiore a lire 200 per ogni litro ed una riduzione del costo del GPL da riscaldamento corrispondente al contenuto di energia del gasolio medesimo.

[68]    Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).

[69]    Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412/1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.

[70]    Con la determinazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane del 23 gennaio 2001 sono state approvate le istruzioni per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448/1998, come sostituito dall’articolo 12, comma 4, della legge n. 488/1999. Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 17-bis del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 ha stabilito che la disposizione contenuta nel numero 4) della lettera c) del comma 10 dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, "si interpreta nel senso che l'ente locale adotta una nuova delibera di consiglio solo se è mutata la situazione di non metanizzazione della frazione".

[71]    Per “gradi-giorno” di una località si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è il grado-giorno (GG).

[72]    Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. 412/1993 sono compresi nella zona E i comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000.

[73]    Si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 412/1993, stabilisce che i comuni aventi porzioni edificate del proprio territorio a quota superiore rispetto alla quota della casa comunale (quota indicata nell'allegato A del medesimo DPR n. 412), qualora detta circostanza, per effetto della rettifica dei gradi-giorno, comporti variazioni della zona climatica, possono, mediante provvedimento del Sindaco, attribuire esclusivamente a dette porzioni del territorio una zona climatica differente da quella indicata in allegato A. Il provvedimento deve essere notificato al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e all'ENEA e diventa operativo qualora entro 90 giorni dalla notifica di cui sopra non pervenga un provvedimento di diniego ovvero un provvedimento interruttivo del decorso del termine da parte del Ministero dell'Industria. Una volta operativo il provvedimento viene reso noto dal Sindaco agli abitanti mediante pubblici avvisi e comunicato per conoscenza alla regione ed alla provincia di appartenenza.

[74]    L’agevolazione in argomento era stata da ultimo prorogata al 31 dicembre 2004 dall’articolo 21, comma 6, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), come integrata dall’articolo 2, comma 12, lettera e) della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004).

[75]    La versione originaria del sopra citato articolo 5, comma 5, del D.L. n. 268 del 2000 prevedeva l’applicazione dell’accisa nella misura del 5% dell’aliquota del gasolio utilizzato come carburante. La misura dello 0% è stata introdotta dalla legge di conversione n. 354 del 2000.

[76]    Si segnala che la Commissione UE, con lettera in data 18 febbraio 2004 (pubblicata sulla GUCE C n. 69 del 19 marzo 2004), ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del Trattato CE nei confronti dell’aiuto di Stato previsto dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268 (Aiuto C 6/04 – ex NN70/01).

[77]    Trasporto di merci per conto terzi o per conto proprio, effettuato con un autoveicolo a motore o un autoveicolo con rimorchio, adibito esclusivamente al trasporto di merci su strada, avente un peso a pieno carico massimo ammissibile pari o superiore a 7,5 tonnellate.

[78]    Il “biodiesel” è un estere di oli vegetali di colza, girasole, palma etc., ottenuto previo trattamento con metanolo. Tale prodotto viene assimilato al gasolio desolforato, ha minor potere calorifico, e costa all’incirca tre volte di più.

[79]    La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. In via sperimentale i Comuni possono attivare il sistema tariffario anche prima del termine di cui al comma 1 dell’art. 49.