XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
---|---|---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||
Titolo: | Gli strumenti finanziari derivati | ||||
Serie: | Indagini conoscitive Numero: 14 | ||||
Data: | 25/10/04 | ||||
Abstract: | Schede di lettura, documentazione, normativa di riferimento. | ||||
Descrittori: |
| ||||
Organi della Camera: | VI-Finanze |
Servizio studi |
indagini conoscitive |
|||
Gli strumenti finanziari derivati |
|||
n. 14 |
|||
25 ottobre 2004 |
Camera dei deputati
Per ulteriori
approfondimenti e riferimenti bibliografici si rinvia al
dossier n. 14/1 (“Indicazioni bibliografiche e scelta di contributi
dottrinali”)
Dipartimento Finanze
SIWEB
I dossier
del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per
l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati
declina ogni responsabilità per la loro eventuale
utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: FI0667
INDICE
I. Gli strumenti finanziari derivati
1. La nozione
di strumento finanziario derivato
2. Alcuni tipi
di strumenti finanziari derivati.
2.5 Combinazioni di
contratti e di titoli
II. La
regolamentazione relativa agli strumenti finanziari derivati
1. Le norme
contenute nel testo unico della finanza
2. Le norme
contenute nei regolamenti della CONSOB..
3. La
regolamentazione emanata dalla Banca d’Italia
III. Impiego di
strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali
1.1 Disciplina generale per
la salvaguardia degli equilibri di bilancio degli enti locali.
1.2 Ricorso degli enti
territoriali all’indebitamento
2. Motivazioni
economiche del ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti
locali
IV. Le operazioni
delle piccole e medie imprese (PMI) in strumenti finanziari derivati
1. Gli
strumenti finanziari derivati venduti alle PMI
2. Il regime
delle operazioni con controparti qualificate
Debito, emissioni obbligazionarie e operazioni di swap delle regioni e degli enti locali
(Dati consegnati dal Direttore generale del Tesoro in occasione dell’audizione
svolta presso la Commissione bilancio del Senato della Repubblica nella seduta
pomeridiana del 24 marzo 2004)
Normativa di riferimento
Legge 23 dicembre1994, n. 724 - Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica (art. 35)
D.Lgs. 1 aprile 1996, n. 239 - Modificazioni al regime fiscale
degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari,
pubblici e privati (artt. 1-2)
D.M. 5 luglio 1996, n. 420 - Regolamento recante norme per
l'emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti locali
Legge 28 dicembre 2001, n. 448 - Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002) (art. 41)
D.M. 1° dicembre 2003, n. 389 - Regolamento concernente
l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle
città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché
dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, ai sensi dell'articolo 41,
comma 1, della L. 28 dicembre 2001, n. 448
Circ. 27 maggio 2004 - D.M. 1 dicembre 2003, n. 389, recante:
"Regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle
province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle
comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, ai
sensi dell'art. 41, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448".
Circolare esplicativa.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, per “strumenti finanziari derivati” devono intendersi:
a) i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi d’interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
b) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi d’interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
c) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d’interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
d) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
e) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.
In generale, con la definizione di “strumenti finanziari derivati” s’intendono attività finanziarie il cui valore è determinato da quello di altri titoli scambiati sul mercato. Tra questi, gli strumenti negoziati sui mercati regolamentati sono i futures e le opzioni; quelli scambiati sui mercati non regolamentati (over-the-counter)[1], rappresentati da contratti stipulati fra due parti, sono gli swap e i contratti forward.
L’etimologia del termine è in qualche modo connessa alla distinzione fra strumenti principali negoziati nel mercato dei pronti, rappresentanti le fondamentali voci di debito/credito o di attività/passività, e strumenti derivati, il cui profilo di costo /rendimento deriva dalle fluttuazioni dei parametri di costo/rendimento degli strumenti principali. I tentativi di definizione e di classificazione metodologica sono sempre parziali, specialmente perché le tecniche d’ingegneria finanziaria hanno completamente svincolato la sostanza dalla forma: la comparsa di nuove forme contrattuali è continua, sospinta, in particolare, dalla ricerca di nuovi profili di rischio o di rendimento che tutti gli investitori hanno attivamente condotto nello scenario di bassi tassi d’interesse della fine degli anni ’90.
Un tentativo di codificazione deve prendere avvio dal regolamento della Banca d’Italia del 2 luglio 1991 (in applicazione degli articoli 3 e 9 della legge 2 gennaio 1991), ove, all’articolo 49, comma 1, si legge che “si intende per: a) contratto derivato con titolo sottostante il contratto a termine su strumenti finanziari collegati a valori mobiliari; b) contratto derivato senza titolo sottostante il contratto a termine su strumenti finanziari collegati a tassi di interesse, a valute e a indici su valori mobiliari, tassi di interesse e su valute”.
Si ha qui la distinzione fra gli strumenti principali (quelli collegati a valori mobiliari, tassi, valute e indici) e quelli derivati (contratti a termine sugli strumenti principali).
Gli strumenti finanziari derivati sono descritti spesso come contratti a termine. Dal punto di vista civilistico il contratto a termine è positivamente disciplinato (articoli 1531 e seguenti del codice civile) ed è distinto da buona parte dei derivati, consistendo questi in forme contrattuali atipiche. Nell’operatività quotidiana è invece lecito riferire la connotazione di termine a qualsiasi contratto che preveda il differimento della prestazione, sia certa che incerta (come nel caso dell’opzione). I contratti derivati sono operazioni a termine in quanto caratterizzati dal regolamento differito dell’impegno.
Utile, benché risalente addietro nel tempo, è la definizione contenuta nel “Manuale della matrice dei conti” della Banca d’Italia (quarto aggiornamento dell’11 febbraio 1993), secondo cui “per contratti derivati si intendono i contratti orientati a modificare l’esposizione ai cosiddetti rischi di mercato (rischio di tasso di interesse, di tasso di cambio, di variazione dei corsi azionari) dei soggetti contraenti. Essi sono in genere caratterizzati da uno schema negoziale che prevede il regolamento a una data futura del differenziale fra il prezzo (o rendimento) corrente di uno strumento finanziario di riferimento e quello predeterminato nel contratto, oppure la consegna o l’acquisto a una data futura di uno strumento finanziario a un prezzo prefissato”.
Si introduceva quindi il tipico regolamento dei derivati a scadenza, quello per differenziale: in questo caso il capitale dell’operazione non è mai oggetto di scambio ma ha l’unica funzione di provvedere la base di riferimento per i calcoli che verranno svolti a scadenza, quando verrà determinato effettivamente l’importo di liquidazione. Il valore nominale del contratto è detto capitale nozionale.
Più completo è il provvedimento Banca d’Italia del 15 luglio 1992 concernente le “Istruzioni per la redazione del bilancio dell’impresa e del consolidato degli enti creditizi e degli enti finanziari”. In quella sede si fornisce un’elencazione delle operazioni “fuori bilancio” e, in particolare, dei “contratti derivati” suddivisi in:
a) contratti derivati con titolo sottostante (futures e options con titolo sottostante, contratti a premio);
b)
contratti derivati su valute (currency swap, domestic currency swap, currency options, etc.);
c)
contratti derivati
senza titolo sottostante collegati a tassi
d’interesse o a indici su valori
mobiliari, su tassi d’interesse, etc. (futures
senza titolo sottostante, interest
rate options, forward rate agreements, interest rate swaps, etc.).
In questa sede, più analitica, i derivati sono distinti dalle operazioni a termine, potendosi comunque accostare la parola “termine” al differimento della prestazione, in qualsiasi forma essa avvenga.
Fra le clausole accessorie di tali tipologie di contratti la “close-out netting” è una clausola che può essere prevista nei contratti derivati o in disposizioni di legge che prevede, al verificarsi di un determinato evento, la risoluzione anticipata dei rapporti in essere tra le parti e il pagamento del saldo netto risultante dalla compensazione delle rispettive obbligazioni. Il pagamento del saldo netto estingue le obbligazioni originarie.
Il cosiddetto “Idem”, acronimo di “Italian derivatives market”, è il mercato dei prodotti derivati su titoli azionari e indici di borsa, istituito dalla CONSOB con delibera del 2 novembre 1994, n. 8625. Attualmente vi vengono trattati contratti futures sull’indice di borsa Mib30 (Fib30), opzioni sullo stesso indice (Mibo30) e opzioni su singoli titoli azionari (Isoα).
I futures sono contratti standardizzati con cui le parti si impegnano a scambiarsi, a un prezzo predefinito e a una data futura, valute, valori mobiliari o beni. Tali contratti sono negoziati su mercati regolamentati, dove viene garantita la loro esecuzione.
In particolare, essi sono quotati su mercati specificamente organizzati, secondo modelli contrattuali i cui contenuti (importo minimo di negoziazione, scadenze, clausole, etc.) sono definiti dall’autorità di borsa competente. Sebbene i futures siano, nella sostanza, contratti a termine, in base a cui le controparti (acquirente e venditore) si impegnano a scambiarsi a un prezzo (futures price) e a una scadenza prefissati un bene specifico, essi sono anche valori mobiliari, poiché suscettibili di essere trasferiti immediatamente, grazie alla quotazione in una borsa.
L’elevato grado di tipicità rende questi contratti perfettamente fungibili tra loro e permette l’annullamento degli impegni di acquisto o di vendita tramite compensazione: in questo modo ciascun contraente, titolare di una posizione a termine e, quindi, obbligato a consegnare o ritirare un bene a una certa scadenza, semplicemente stipula un’operazione di segno opposto e regola la differenza tra prezzo iniziale e prezzo finale. Viene evitata, in questo modo, la consegna materiale del bene e questo semplifica l’operatività.
Anche sotto il profilo del rischio, i financial futures sono standardizzati, grazie all’intervento della società di regolamento e compensazione, che assume il ruolo di diretto contraente nei confronti di ambo le parti, agendo cioè come obbligato principale sia verso il compratore, sia verso il venditore.
La stipula di futures avviene sempre tramite l’intervento di un intermediario (broker) che accede alla borsa di negoziazione; i pagamenti, conseguenti ad acquisto e vendita, sono regolati dalla stanza di compensazione (clearing house), che in Italia assume la denominazione di Cassa di compensazione e garanzia. Tale ente si pone sempre come contropartita negoziale sia di acquirente che di venditore: le due parti non entrano mai in contatto, ed è per questo che l’operatività in futures non comporta rischi creditizi; la Cassa di compensazione garantisce l’adempimento alle parti e, in caso di inadempienza di una controparte (acquirente o venditore), provvede a regolare il dovuto.
L’operatività in futures si caratterizza per il cosiddetto sistema dei margini: acquirente e venditore, all’atto della compravendita, devono depositare una somma cauzionale (margine iniziale o di garanzia), che garantisce la Cassa di compensazione circa l’adempimento alla scadenza. Tale margine è una percentuale limitata dell’importo negoziato (variabile tra il 2% e il 10%): si tratta del tipico meccanismo della leva finanziaria[2]. Inoltre, la differenza rilevata quotidianamente tra i prezzi di chiusura del future viene liquidata dalla stanza di compensazione all’una o all’altra parte del contratto (meccanismo del marking-to-market).
I futures sono ormai fortemente diffusi in tutti i paesi del mondo e vi sono contratti disponibili su materie prime (commodity futures), su valute (currency futures), su tassi di interesse (interest rate futures), indici di borsa (stock index futures) nonché su indici particolari (indici immobiliari, assicurativi, etc.).
Uno dei future più diffusi è appunto il cosiddetto FIB30, contratto futures sull’indice di borsa Mib30, a termine, che fa riferimento all’indice dei trenta titoli azionari più importanti (blue chips).
Nel mercato dei futures, le posizioni aperte (open interest) sono rappresentate dal totale delle operazioni di compravendita a termine che non sono state chiuse dagli investitori con operazioni di segno inverso.
Con riguardo al grado di rischiosità degli investimenti in tali strumenti la CONSOB (documento sui rischi allegato al regolamento CONSOB n. 11522 del 1998) rileva, con riguardo al cosiddetto “effetto leva”, che «le operazioni su futures comportano un elevato grado di rischio. L'ammontare del margine iniziale è ridotto (pochi punti percentuali) rispetto al valore dei contratti e ciò produce il così detto "effetto di leva". Questo significa che un movimento dei prezzi di mercato relativamente piccolo avrà un impatto proporzionalmente più elevato sui fondi depositati presso l'intermediario: tale effetto potrà risultare a sfavore o a favore dell'investitore. Il margine versato inizialmente, nonché gli ulteriori versamenti effettuati per mantenere la posizione, potranno di conseguenza andare perduti completamente. Nel caso i movimenti di mercato siano a sfavore dell'investitore, egli può essere chiamato a versare fondi ulteriori con breve preavviso al fine di mantenere aperta la propria posizione in futures. Se l'investitore non provvede ad effettuare i versamenti addizionali richiesti entro il termine comunicato, la posizione può essere liquidata in perdita e l'investitore diventerà debitore di ogni altra passività prodottasi».
Con riguardo, invece, agli ordini e alle strategie finalizzate alla riduzione del rischio, ancora la CONSOB rileva che «talune tipologie di ordini finalizzate a ridurre le perdite entro certi ammontari massimi predeterminati possono risultare inefficaci in quanto particolari condizioni di mercato potrebbero rendere impossibile l'esecuzione di tali ordini. Anche strategie d'investimento che utilizzano combinazioni di posizioni, quali le "proposte combinate standard", potrebbero avere la stessa rischiosità di singole posizioni "lunghe" o "corte"».
Il currency swap è una tipologia di swap avente per oggetto lo scambio di determinati importi – di valore attuale netto equivalente – relativi ad attività e passività espresse in valute diverse. Le parti effettuano uno scambio iniziale di importi definiti, espressi in due diverse divise, al tasso di cambio corrente, seguito da un secondo scambio di segno opposto, alla scadenza. Così, per esempio, si acquista una somma di euro a pronti contro dollari al cambio corrente (spot) e si definisce immediatamente la rivendita, a una data futura, della stessa somma di euro contro acquisto di dollari, al cambio in essere a quella data, definito tramite i tassi d’interesse.
I currency swap trovano ragione di utilizzo nella tesoreria bancaria, per la gestione delle politiche di raccolta e impiego. Dal momento che la differenza fra cambio corrente e cambio a termine è funzione del differenziale fra i tassi pertinente alle due divise coinvolte nello scambio, lo swap si adatta agli arbitraggi.
Il currency swap è certamente la forma più semplice di swap valutario e ciò è dovuto al fatto che la scadenza è una sola; poi l’impiego si estingue.
L’equity swap ricalca, nel funzionamento, la struttura di un commodity swap: una parte (normalmente l’intermediario) paga il rendimento di un titolo azionario o di un indice alla controparte (normalmente l’investitore) che, in cambio, paga un tasso di interesse, fisso o variabile. I regolamenti dei flussi avvengono periodicamente (ogni tre mesi, nella forma più frequente) e gli importi sono calcolati per valore del contratto, che è nozionale, cioè non soggetto a scambio. Il capitale può essere ridefinito a ogni data di revisione: in questo caso il contratto si basa su un numero fisso di titoli, il cui valore muta nel tempo, oppure può essere fisso, cioè l’importo investito è costante e cambia il numero di titoli che compongono il contratto.
Gli swaps sui tassi d’interesse sono operazioni consistenti nello scambio di flussi finanziari tra operatori secondo determinate modalità contrattuali. Nel caso di uno swap sui tassi d’interesse, le controparti si scambiano flussi di pagamento di interessi calcolati su un capitale nozionale di riferimento in base a criteri differenziati (ad es. una controparte corrisponde un flusso a tasso fisso, l’altra a tasso variabile).
Con riguardo al grado di rischiosità degli investimenti in tali strumenti, la CONSOB (documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, allegato al regolamento CONSOB n. 11522 del 1998) avverte che «i contratti di swaps comportano un elevato grado di rischio. Per questi contratti non esiste un mercato secondario e non esiste una forma standard. Esistono, al più, modelli standardizzati di contratto che sono solitamente adattati caso per caso nei dettagli. Per questi motivi potrebbe non essere possibile porre termine al contratto prima della scadenza concordata, se non sostenendo oneri elevati.
Alla stipula del contratto, di norma il valore di uno swaps è sempre nullo ma esso può assumere rapidamente un valore negativo (o positivo) a seconda di come si muove il parametro a cui è collegato il contratto.
Prima di sottoscrivere un contratto, l'investitore deve essere sicuro di aver ben compreso in quale modo e con quale rapidità le variazioni del parametro di riferimento si riflettono sulla determinazione dei differenziali che dovrà pagare o ricevere.
In determinate situazioni, l'investitore può essere chiamato dall'intermediario a versare margini di garanzia anche prima della data di regolamento dei differenziali.
Per questi contratti è particolarmente importante che la controparte dell'operazione sia solida patrimonialmente, poiché nel caso dal contratto si origini un differenziale a favore dell'investitore esso potrà essere effettivamente percepito solo se la controparte risulterà solvibile.
Nel caso il contratto sia stipulato con una controparte terza, l'investitore deve informarsi della solidità della stessa e accertarsi che l'intermediario risponderà in proprio nel caso di insolvenza della controparte.
Se il contratto è
stipulato con una controparte estera, i rischi di corretta esecuzione del
contratto possono aumentare a seconda delle norme
applicabili nel caso di specie».
I contratti uniformi a termine sono contratti, stipulati in mercati regolamentati, che prevedono lo scambio di strumenti finanziari a termine, quali i futures e le opzioni sui futures, e le cui caratteristiche, relative alla scadenza, agli ammontari e alla specie di titoli oggetto del contratto, sono uniformi.
La “close-out netting”, come ricordato, è una clausola che può essere prevista nei contratti a termine o in disposizioni di legge, la quale, al verificarsi di un determinato evento, comporta la risoluzione anticipata dei rapporti in essere tra le parti e il pagamento del saldo netto risultante dalla compensazione delle rispettive obbligazioni. Il pagamento del saldo netto estingue le obbligazioni originarie.
Le opzioni, in generale, rappresentano il diritto di acquistare (call option) o di vendere (put option) uno strumento finanziario a un prezzo prefissato entro un termine o alla scadenza di esso.
I contratti cap e floor sui tassi d’interesse (strumenti OTC) equivalgono a portafogli di opzioni sui tassi d’interesse. A date prefissate, l’acquirente del cap ha il diritto di ricevere la differenza tra dati tassi di mercato e i valori dei tassi determinati nel contratto, se tale differenza è positiva. Con il contratto floor l’acquirente ha il diritto di ricevere la differenza, se positiva, tra i tassi del contratto e dati tassi di mercato.
I certificates sono strumenti finanziari (non OTC), diversi dai covered warrant, che replicano l’andamento di un’attività sottostante. Essi possono prevedere condizioni risolutive o la modifica delle caratteristiche contrattuali originarie al raggiungimento di determinati livelli di prezzo dell’attività sottostante.
Il warrant è uno strumento negoziabile (quindi non OTC) che conferisce al detentore il diritto di acquistare dall’emittente o di vendere a quest’ultimo titoli a reddito fisso o azioni secondo precise modalità.
In genere i warrant sono sottoscritti congiuntamente a un’emissione di obbligazioni (cum warrants) e sono da questa staccabili per essere scambiati separatamente sul mercato. Se esercitato, il warrant comporta l’emissione di nuove azioni da parte della società in cambio del pagamento del prezzo d’esercizio dell’opzione da parte del possessore.
I call-warrant e put-warrant sono opzioni cartolarizzate, cioè incorporate in un certificato e suscettibili di essere negoziate liberamente; diversamente, le opzioni sono contratti stipulati over-the-counter, cioè perfezionati tra due controparti e non negoziabili. L’aspetto e il funzionamento di questi warrant sono del tutto simili alle opzioni.
Il warrant su indici di borsa rappresenta il diritto di acquistare o vendere un indice a un livello di prezzo predefinito.
Nel caso dei currency e interest rate warrant, il bene che costituisce l’oggetto della facoltà d’esercizio non è più un titolo azionario, bensì una divisa o un indice rappresentativo di un tasso d’interesse. Rispetto alle più tradizionali opzioni, hanno normalmente una durata maggiore e fanno parte di una specifica emissione definita nelle caratteristiche e limitata nei volumi. Interessanti sono i warrant (call e put) che hanno come riferimento l’interest rate swap: il prezzo d’esercizio è il tasso di swap; lo strumento è utilizzato per speculazioni e arbitraggi. Gli interest rate spread warrant hanno per oggetto le differenze tra i rendimenti di due beni, per esempio BTP e Bund; anche i tassi a breve (LIBOR) possono essere coinvolti. Trattandosi di bene immateriale, le modalità di liquidazione sono del tutto simili a quelle dell’opzione su indici, cioè per differenziale. A volte il bene di riferimento è un indice azionario oppure un paniere di azioni (basket warrant).
Il covered warrant è uno strumento derivato (non OTC), che conferisce al detentore il diritto di comprare o vendere una prefissata attività sottostante a un determinato prezzo entro o a una certa scadenza. A differenza del warrant, il covered warrant viene emesso da un soggetto diverso dall’emittente dell’attività a cui è riferito il diritto di opzione. Esso può pertanto essere riferito anche a un’attività quale una merce o un indice azionario.
Il Mibo30 è un contratto di opzione sull’indice di borsa Mib30 (non OTC), con il quale una delle parti, dietro pagamento di un corrispettivo (premio), acquista la facoltà di incassare una somma determinata come prodotto tra il valore assegnato convenzionalmente a ciascun punto dell’indice Mib30 stabilito alla stipula del contratto (prezzo di esercizio) e il valore assunto dall’indice Mib30 il giorno in cui la facoltà è esercitata o alla scadenza. Il contratto è negoziato sul mercato telematico.
Nel mercato delle opzioni, le posizioni aperte (open interest) sono rappresentate dal totale delle operazioni di acquisto/vendita a termine che non sono state chiuse dagli investitori con operazioni di segno inverso.
Con riguardo al grado di rischiosità degli investimenti in tali strumenti, la CONSOB (documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, allegato al regolamento CONSOB n. 11522 del 1998) avverte che «le operazioni in opzioni comportano un elevato livello di rischio. L'investitore che intenda negoziare opzioni deve preliminarmente comprendere il funzionamento delle tipologie di contratti che intende negoziare (put e call)».
Con specifico riguardo all’acquisto di un’opzione, l’autorità di controllo sottolinea che «esso è un investimento altamente volatile ed è molto elevata la probabilità che l'opzione giunga a scadenza senza alcun valore. In tal caso, l'investitore avrà perso l'intera somma utilizzata per l'acquisto del premio più le commissioni. A seguito dell'acquisto di un'opzione, l'investitore può mantenere la posizione fino a scadenza o effettuare un'operazione di segno inverso, oppure, per le opzioni di tipo "americano", esercitarla prima della scadenza. L'esercizio dell'opzione può comportare o il regolamento in denaro di un differenziale oppure l'acquisto o la consegna dell'attività sottostante. Se l'opzione ha per oggetto contratti futures, l'esercizio della medesima determinerà l'assunzione di una posizione in futures e le connesse obbligazioni concernenti l'adeguamento dei margini di garanzia. Un investitore che si accingesse ad acquistare un'opzione relativa ad un'attività il cui prezzo di mercato fosse molto distante dal prezzo a cui risulterebbe conveniente esercitare l'opzione (deep out of the money), deve considerare che la possibilità che l'esercizio dell'opzione diventi profittevole è remota».
Con riferimento,
invece, alla vendita di un'opzione, la CONSOB avverte
che «essa comporta in generale l'assunzione di un rischio molto più elevato di
quello relativo al suo acquisto. Infatti, anche se il premio ricevuto per l'opzione venduta è fisso, le perdite che possono prodursi in
capo al venditore dell'opzione possono essere potenzialmente illimitate. Se il
prezzo di mercato dell'attività sottostante si muove in modo sfavorevole, il
venditore dell'opzione sarà obbligato ad adeguare i
margini di garanzia al fine di mantenere la posizione assunta. Se l'opzione venduta è di tipo "americano", il
venditore potrà essere in qualsiasi momento chiamato a regolare l'operazione in
denaro o ad acquistare o consegnare l'attività sottostante. Nel caso l'opzione venduta abbia ad oggetto contratti futures, il venditore assumerà una
posizione in futures e le connesse
obbligazioni concernenti l'adeguamento dei margini di garanzia. L'esposizione
al rischio del venditore può essere ridotta detenendo una posizione sul
sottostante (titoli, indici o altro) corrispondente a quella con riferimento
alla quale l'opzione è stata venduta»[3].
Nella prassi dei mercati finanziari, le combinazioni più frequenti sono quelle realizzate fra obbligazioni e strumenti finanziari derivati.
I titoli equity linked sono titoli strutturati il cui rendimento è legato all’andamento di una o più azioni quotate ovvero di indici rappresentativi di uno o più mercati azionari.
I titoli fixed reverse floater sono titoli strutturati caratterizzati da durate generalmente lunghe e da cedole fisse ed elevate nei primi anni di vita del titoli e successivamente correlate in maniera inversa all’andamento dei tassi d’interesse.
I titoli fund linked sono titoli strutturati il cui rendimento è legato all’andamento di uno o più fondi comuni di investimento.
I titoli reverse convertible abbinano a uno strumento di debito di tipo tradizionale un’opzione put, esercitabile alla scadenza dall’emittente nei confronti del sottoscrittore, su una quantità predefinita di un’attività finanziaria o di un parametro di largo mercato (cosiddetto sottostante), a un prezzo anch’esso prestabilito. In caso di andamento sfavorevole del sottostante, alla scadenza possono essere rimborsati anche a un valore inferiore a quello di sottoscrizione. Data questa caratteristica, i titoli reverse convertible non sono giuridicamente annoverabili tra gli strumenti obbligazionari.
I titoli sintetici sono attività finanziarie che, attraverso l’abbinamento di due o più strumenti finanziari (di cui solitamente almeno uno derivato), consentono di ottenere un’altra tipologia di strumenti finanziari. Ad esempio, un titolo di debito a tasso fisso abbinato a uno swap che prevede il pagamento del tasso fisso contro la corresponsione di un tasso variabile consente di riprodurre per “sintesi” un titolo di debito a tasso variabile. I titoli sintetici sono utilizzati, in particolare, per la copertura dei rischi di cambio e d’interesse.
I titoli strutturati sono titoli che incorporano all’interno di uno strumento di debito di tipo tradizionale un contratto derivato, solitamente di tipo opzionale. Diversamente dai titoli sintetici, le due componenti di un titolo strutturato (obbligazionaria e derivata) sono fuse all’interno di un unico strumento finanziario.
Gli strumenti derivati su crediti, che hanno registrato recentemente un’ampia diffusione sui mercati, non rientrano, attualmente, nella definizione di strumenti finanziari derivati offerta dall’articolo 1, comma 2, del testo unico della finanza.
In generale, i contratti derivati su crediti consentono di trasferire il rischio di credito relativo a una determinata attività finanziaria sottostante (reference obligation) da un soggetto che intende acquisire copertura dal suddetto rischio (protection buyer) a un soggetto che intende prestarla (protection seller).
Tra le più diffuse tipologie di contratti derivati su crediti si ricordano: i credit default swap, nei quali il protection seller, a fronte di un premio periodico, si impegna a effettuare un pagamento finale al protection buyer in caso di inadempienza da parte del soggetto cui fa capo la reference obligation; i credit spread swap, nei quali il protection buyer acquisisce il diritto di riscuotere dal protection seller una somma pari alla differenza tra lo spread di mercato e quello fissato dal contratto; i total rate of return swap, nei quali il protection buyer e il protection seller si scambiano rispettivamente l’ammontare complessivo dei flussi di cassa generati dalla reference obligation e i flussi di cassa legati a un tasso di interesse di mercato maggiorato o diminuito di un determinato spread.
In particolare, i credit linked notes sono titoli negoziabili che incorporano un contratto derivato su crediti. Il pagamento degli interessi, o degli interessi e del capitale, viene a dipendere dal verificarsi o meno di uno o più eventi – definiti credit events – riguardanti la solvibilità di un soggetto terzo.
Le norme di diritto positivo riguardanti gli strumenti finanziari derivati sono contenute, in primo luogo, nel decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.
Oltre alla ricordata definizione che di tali strumenti viene offerta dall’articolo 1, comma 2, il testo unico reca alcune norme espressamente riferite agli strumenti in esame, sia con riguardo all’attività svolta in quest’ambito dagli intermediari finanziari abilitati, sia in relazione all’applicazione delle ordinarie regole di diritto privato dettate dal codice civile.
In particolare, sotto il primo profilo, oltre all’operatività che su tali strumenti possono svolgere in via ordinaria le banche e le società d’investimento mobiliare, l’articolo 18, comma 3, stabilisce che gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, possono esercitare professionalmente nei confronti del pubblico, nei casi e alle condizioni stabiliti dalla Banca d'Italia, sentita la CONSOB, i servizi previsti dall'articolo 1, comma 5, lettera a), limitatamente agli strumenti finanziari derivati, nonché quelli previsti dall'articolo 1, comma 5, lettera c).
L’articolo 18, comma 5, autorizza poi il Ministro dell'economia e delle finanze a individuare, con regolamento adottato sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, al fine di tener conto dell'evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie, nuove categorie di strumenti finanziari (fra cui anche derivati), nuovi servizi d’investimento e nuovi servizi accessori, indicando quali soggetti sottoposti a forme di vigilanza prudenziale possono esercitare tali nuovi servizi.
Secondo la dottrina [G. PALMIERI, Commento all’art. 18, in G.F. CAMPOBASSO (a cura di), Testo unico della finanza, Torino, UTET,
2002, I, 140], «l’eventuale
selezione di nuovi strumenti non incide direttamente sul piano, estraneo al
testo unico, della loro validità o liceità, ma rende a questi applicabili le
regole ivi previste circa, ad esempio, i soggetti legittimati a porli in
essere, il contenuto dei contratti su cui si fondano, le regole di
comportamento da osservare nel loro svolgimento». Inoltre, circa il significato da attribuire all’aggettivo nuovi,
si ritiene (ibidem, 141) «che questo vada riferito non solo agli strumenti e ai
servizi che nella prassi non si sono ancora configurati, ma anche a quelli già
emersi, ma attualmente non compresi nell’elenco di cui all’art. 1, co. 5».
Con riguardo alla disciplina dei contratti, l’articolo 23, al comma 5, stabilisce che, nell'ambito della prestazione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell'articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l'articolo 1933 del codice civile.
Ai sensi del richiamato articolo 1933 del codice civile, non compete azione in giudizio per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti. Il perdente tuttavia non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l'esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode. La ripetizione è ammessa in ogni caso se il perdente è un incapace.
Con riguardo ai profili di distinzione rispetto al giuoco e alla scommessa e alla tutela giuridica da accordarsi alle posizioni soggettive nascenti dai contratti relativi a strumenti finanziari derivati, la dottrina [L. PICARDI, Commento all’art. 23, in G.F. CAMPOBASSO, (a cura di), Testo unico della finanza, Torino, UTET, 2002, I, 207 ss.] ricorda che l’assimilabilità del contratto differenziale al giuoco e alla scommessa era stata invece sostenuta in passato da autorevoli studiosi, sul presupposto che l’ancoraggio alle quotazioni di un titolo di borsa non differisce affatto dal puntare su un evento qualsiasi (v. così L. BIANCHI D’ESPINOSA, I contratti di borsa, Il riporto, in Trattato di diritto civile diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1969, XXXV, 2, 401; F. MESSINEO, L’affare differenziale improprio, in Operazioni di borsa e di banca, Milano, 1966, 75 ss.)
Di recente, tuttavia, una più approfondita valutazione delle modalità operative e della funzione economica complessivamente perseguita dalle parti ha portato ad escludere tale analogia (v. così AGOSTINELLI, Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, 128 ss.).
La disciplina recata dagli articoli 1933-1935 c.c. si fonda infatti su una considerazione del giuoco e della scommessa quali attività prive di una seria funzione economica, realizzate esclusivamente al fine di conseguire un guadagno attraverso l’attribuzione patrimoniale di una somma di denaro o di una cosa quale effetto della sorte e senza rivestire alcuna utilità se non quella della soddisfazione personale di partecipare al giuoco e al rischio a questo connesso (v. in tal senso, L. BUTTARO, Del gioco e della scommessa, in Commentario del Codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1970, sub artt. 1933-1935, 18 ss.; E. VALSECCHI, Il giuoco e la scommessa, La transazione, in Trattato di diritto civile diretto da Cicu, Messineo e Mengoni, Milano, 1986, XXXVII, 2, 39 ss.). Il legislatore del codice civile, quindi, pur senza vietare tale attività, ha fissato il principio dell’incoercibilità del debito di giuoco considerato alla stregua di un dovere sociale o morale.
Di contro, nelle operazioni con funzione di copertura, quali ad esempio l’interest rate swap o il contratto future usato come strumento di controllo dei rischi assunti dagli operatori sul mercato a pronti, è la struttura stessa dell’operazione che non coincide con quella propria della scommessa.
Manca infatti, a parere di tale dottrina, l’elemento della creazione artificiale del rischio, in quanto l’evento dedotto in contratto sarebbe comunque idoneo ad incidere sulla situazione patrimoniale delle parti: «aggravando le passività, riducendo la redditività degli investimenti, o determinando uno squilibrio fra le poste di bilancio (cd. mismatching)» (A. PERRONE, Contratti di swap con finalità speculative ed eccezioni di gioco, in Banca, borsa, tit. cred., 1995, III, 85; ANGELETTI, “Swaps transactions” ed eccezione di gioco, in Giur. it., 1996, 1, 2, 52 s.).
Seguendo tale percorso argomentativo, l’ambito di rilevanza della clausola di esenzione prevista dall’articolo 1933 sarebbe limitato ai contratti che perseguono finalità di speculazione o di arbitraggio, fra l’altro in un primo tempo ritenuti dalla giurisprudenza non meritevoli di una “piena tutela delle ragioni di credito” e pertanto qualificabili come ipotesi di scommessa (Trib. Milano, 23 novembre 1993 e 26 maggio 1994, in Banca, borsa, tit. cred., 1995, II, 80; Trib. Milano, 21 febbraio 1995, ibidem, 1996, 442).
La giurisprudenza immediatamente successiva, tuttavia, cambiava parere nel senso del riconoscimento di una piena meritevolezza di tutela delle ragioni originate da tali contratti: si è riconosciuta così l’estraneità dei contratti, la cui funzione economica non si esaurisce in un mero trasferimento di ricchezza da un contraente all’altro, al paradigma funzionale della scommessa (Corte d’Appello di Milano, 26 gennaio 1999, in Contratti, 2000, II, 255; Trib. Torino, 10 aprile 1998, in Giur. it., 1998, 1882).
Del resto, l’analisi delle condotte d’investimento e di risparmio tipiche dell’attuale economia e la prassi imprenditoriale rivelano come anche la presenza degli speculatori e degli arbitraggisti possa contribuire al buon funzionamento del mercato: assicurando i primi liquidità allo stesso, e impedendo i secondi divaricazioni fra i prezzi a pronti e quelli a termine (F. CARBONETTI, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, 47).
Si sottolinea, pertanto, che la ragione di tutelare pienamente, sul piano giuridico, i nuovi strumenti finanziari risiederebbe allora nell’efficiente allocazione delle risorse che essi sono in grado di assicurare, migliorando così l’andamento dei mercati e creando le condizioni per lo sviluppo economico [D. PREITE, Recenti sviluppi in tema di contratti differenziali semplici (in particolare caps, floors, swaps, index futures), in Diritto del commercio internazionale, 1992, fasc. 1, 174].
Con il decreto legislativo n. 415 del 1996, accogliendo le indicazioni provenienti da parte della dottrina [D. PREITE, Recenti sviluppi in tema di contratti differenziali semplici (in particolare caps, floors, swaps, index futures), cit., 173 ss. e 189 ss.], il legislatore aveva esentato dall’applicazione dell’art. 1933 c.c. l’intera categoria dei prodotti derivati a prescindere dall’uniformità del modello negoziale e dalla libera trasferibilità del contratto nel mercato secondario (compresi, quindi, gli strumenti OTC).
Il legislatore del testo unico della finanza ha poi sancito definitivamente la piena efficacia giuridica degli strumenti finanziari derivati, nella consapevolezza che l’obiettivo di creare un sistema finanziario stabile ed efficiente non potrebbe essere adeguatamente realizzato se all’alea insita nelle attività di negoziazione a termine si accompagnasse l’incertezza sull’effettiva disponibilità all’adempimento da parte del soggetto di volta in volta “svantaggiato” dalle variazioni dell’indice di riferimento, lasciando alla normazione secondaria il compito di rafforzare la tutela dell’investitore nelle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati.
Il regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari, adottato dalla CONSOB con delibera n. 11522 del 1° luglio 1998 e successivamente modificato, ha provveduto a specificare la disciplina recata dalle norme primarie relativamente agli strumenti finanziari derivati.
In particolare, con
riguardo al profilo delle informazioni tra
gli intermediari e gli investitori, l’articolo 28, comma 1, lettera b), stabilisce che, prima di
iniziare la prestazione dei servizi di investimento,
gli intermediari autorizzati devono, fra l’altro, consegnare agli investitori
il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari
derivati, di cui all'allegato n. 3 allo stesso regolamento.
L’articolo 28, comma 3, dispone che gli intermediari autorizzati debbono informare prontamente e per iscritto l'investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l'esecuzione delle operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si ridetermina in occasione della comunicazione della perdita all'investitore, nonché in caso di versamenti o prelievi. Il nuovo valore di riferimento è prontamente comunicato all'investitore. In caso di versamenti o prelievi è comunque comunicato all'investitore il risultato fino ad allora conseguito.
Il comma 4 del medesimo articolo 28 dispone che gli intermediari autorizzati debbano informare prontamente e per iscritto l'investitore ove il patrimonio affidato nell'ambito di una gestione si sia ridotto, per effetto di perdite effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla data d’inizio di ciascun anno, ovvero, se successiva, a quella d’inizio del rapporto, tenuto conto di eventuali conferimenti o prelievi. Analoga informativa dovrà essere effettuata in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale controvalore.
Con riguardo al contratto stipulato con l’investitore, l’articolo 30 stabilisce che lo stesso deve: a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche; b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso; c) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni; d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all'investitore a rendiconto dell'attività svolta; e) indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant; f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l'investitore per la prestazione del servizio.
Con riferimento ai rapporti tra intermediari e speciali categorie di investitori,
l’articolo 31 stabilisce, al comma 1, che, al di fuori
di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo
tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati
non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1,
fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5,
37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42,
43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b)
e c),
44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62[4].
Il comma 2 dello stesso articolo 31 specifica che per operatori qualificati si devono intendere gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attività esercitate dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal testo unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante.
Con riguardo alla
gestione di portafogli, l’articolo 37
dispone che il contratto con gli investitori deve, con riguardo agli strumenti
finanziari derivati, indicare se detti
strumenti possono essere utilizzati per
finalità diverse da quella di copertura dei rischi connessi alle posizioni
detenute in gestione.
L’articolo 38 specifica che, per caratteristiche della gestione si intendono, fra l’altro, la misura massima della leva finanziaria che l'intermediario può utilizzare.
Ai fini della definizione delle caratteristiche della gestione, ai sensi dell’articolo 39, formano categorie distinte di strumenti finanziari: a) titoli di debito; b) titoli rappresentativi del capitale di rischio, o comunque convertibili in capitale di rischio; c) quote o azioni di organismi d’investimento collettivo; d) strumenti finanziari derivati; e) titoli di debito con una componente derivativa (c.d. titoli strutturati).
Con riguardo alla leva finanziaria, secondo l’articolo 41, l'intermediario contrae per conto dell'investitore obbligazioni che lo impegnano oltre il patrimonio gestito qualora la leva finanziaria utilizzata superi l'unità. Ai fini della definizione delle caratteristiche della gestione, per leva finanziaria s’intende il rapporto fra il controvalore di mercato delle posizioni nette in strumenti finanziari e il controvalore del patrimonio affidato in gestione calcolato secondo i criteri previsti per i rendiconti trimestrali di cui all'allegato n. 5 del regolamento n. 11522 del 1998.
Ai sensi dell’articolo 43, infine, gli intermediari autorizzati possono effettuare operazioni aventi a oggetto vendite allo scoperto, contratti a premio e strumenti finanziari derivati esclusivamente a condizione che, in primo luogo, le operazioni suddette siano concluse con intermediari mobiliari autorizzati e soggetti a vigilanza di stabilità, e, in secondo luogo, i contratti a premio, gli strumenti finanziari derivati e quelli oggetto delle vendite allo scoperto siano negoziati in mercati regolamentati, salvo che i medesimi contratti non siano stipulati con finalità di copertura dei rischi connessi alle posizioni detenute in gestione.
La Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza sugli intermediari bancari e finanziari, ha posto regole particolari, in forza dell’articolo 53 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per i casi in cui tali intermediari svolgano attività relativa a strumenti finanziari derivati.
Ai sensi del richiamato articolo 53 del testo unico bancario, la Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), emana disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni.
Ove, inoltre, l’offerta di valori mobiliari incorpori o sia collegata a strumenti finanziari derivati, si potrà applicare, al ricorrere dei previsti presupposti, anche la forma di controllo prevista dall’articolo 129 del testo unico bancario.
Secondo tale articolo, le emissioni di valori mobiliari e le offerte in Italia di valori mobiliari esteri di importo non superiore a cento miliardi di lire o al maggiore importo determinato dalla Banca d'Italia sono liberamente effettuabili ove i valori mobiliari rientrino in tipologie previste dall'ordinamento e presentino le caratteristiche individuate dalla Banca d'Italia in conformità delle deliberazioni del CICR. Nel computo degli importi concorrono tutte le operazioni relative al medesimo emittente effettuate nell'arco dei dodici mesi precedenti.
Le emissioni di valori mobiliari e le offerte in Italia di valori mobiliari esteri non liberamente effettuabili sono comunicate alla Banca d'Italia a cura degli interessati.
La comunicazione ìndica le quantità e le caratteristiche dei valori mobiliari nonché le modalità e i tempi di svolgimento dell'operazione. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione, la Banca d'Italia può chiedere informazioni integrative.
L'operazione può essere effettuata decorsi venti giorni dal ricevimento della comunicazione ovvero, se richieste, delle informazioni integrative. Al fine di assicurare la stabilità e l'efficienza del mercato dei valori mobiliari, la Banca d'Italia, entro il medesimo termine di venti giorni, può, in conformità delle deliberazioni del CICR, vietare le operazioni non liberamente effettuabili ovvero differire l'esecuzione delle operazioni di importo superiore al limite determinato come sopra.
La Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, può individuare, in relazione alla quantità e alle caratteristiche dei valori mobiliari, alla natura dell'emittente o alle modalità di svolgimento dell'operazione, tipologie di operazioni sottratte all'obbligo di comunicazione ovvero assoggettate a una procedura semplificata di comunicazione. Può inoltre richiedere agli emittenti e agli offerenti segnalazioni consuntive riguardanti i valori mobiliari collocati in Italia o comunque emessi da soggetti italiani. Tali segnalazioni possono riguardare anche operazioni non attualmente soggette a comunicazione.
Per quanto concerne il trattamento prudenziale delle operazioni relative a strumenti finanziari derivati da parte delle banche, le Istruzioni di vigilanza, al titolo IV, dettano una serie di regole con riguardo al coefficiente di solvibilità, al coefficiente patrimoniale sui rischi di mercato, alla concentrazione dei rischi, all’organizzazione e ai controlli interni.
In generale, si può osservare come, a fronte di un’operatività dell’intermediario bancario in strumenti finanziari derivati, vengano richieste particolari configurazioni dei coefficienti patrimoniali.
In particolare, con riguardo al coefficiente di solvibilità (cap. 2, pagg. 23 e ss.), viene disposto, in generale, che nel calcolo dello stesso non debbano essere considerati i contratti derivati su tassi d’interesse e di cambio, su titoli di capitale e su altri beni negoziati in mercati ufficiali, nonché i contratti derivati su tassi di cambio – ad eccezione di quelli connessi all’oro – di durata originaria non superiore a 14 giorni.
A partire dal 31 dicembre 2000, le banche sono tenute ad effettuare il calcolo degli equivalenti creditizi dei contratti su tassi d’interesse e di cambio esclusivamente mediante il metodo del valore corrente.
Tale metodo consiste in un procedimento di calcolo che approssima il costo che la banca dovrebbe sostenere per trovare un altro soggetto disposto a subentrare negli obblighi contrattuali dell’originaria controparte negoziale, qualora questa sia insolvente. Il calcolo del valore corrente si effettua sommando il costo di sostituzione e l’esposizione creditizia futura, che si determina moltiplicando il valore nominale di ciascun contratto per determinate percentuali applicate in base alla durata residua delle operazioni.
Si prevede, inoltre, che il rischio di credito sui contratti derivati può essere ridotto dai seguenti tipi di compensazione contrattuale:
a) contratti bilaterali di novazione tra una banca e una sua controparte, in base ai quali le reciproche posizioni creditorie e debitorie sono automaticamente compensate in modo tale che con la novazione venga stabilito un unico importo netto e si dia quindi origine ad un unico nuovo contratto, giuridicamente vincolante, che si sostituisce ai contratti precedenti;
b) altri accordi bilaterali di compensazione tra la banca e la sua controparte.
La Banca d’Italia riconosce un effetto di riduzione del rischio alle
compensazioni contrattuali, in particolare, a condizione che:
1) la banca abbia stipulato con la controparte un accordo di compensazione
contrattuale che crea un’unica obbligazione, comprensiva di tutte le operazioni
incluse, di modo che nel caso di inadempimento della controparte per
insolvenza, bancarotta, liquidazione o per qualsiasi altra circostanza simile,
la banca ha il diritto di ricevere o l’obbligo di versare soltanto l’importo
netto dei valori positivi e negativi ai prezzi correnti di mercato delle
singole operazioni compensate;
2) la banca abbia messo a disposizione della Banca d’Italia pareri giuridici
scritti e motivati che inducano a ritenere che, nel caso di impugnazione in
giudizio, le autorità giudiziarie e amministrative competenti concluderebbero
che, nei casi indicati nel punto 1), i diritti e gli obblighi della banca sono
limitati all'importo netto di cui allo stesso punto 1), in conformità:
·
del diritto dello Stato nel quale
la controparte è costituita e, qualora una delle parti sia una succursale
estera di un'impresa, del diritto dello Stato in cui la succursale è situata;
·
del diritto che disciplina le
singole operazioni compensate;
·
del diritto che disciplina
qualsiasi contratto o accordo necessario per applicare la compensazione
contrattuale;
3) la banca abbia istituito procedure per garantire che la validità legale
della sua compensazione sia periodicamente riesaminata alla luce delle possibili
modifiche delle normative pertinenti.
La Banca d'Italia, dopo essersi consultata, se
necessario, con le altre autorità competenti in materia, accerta che la
compensazione contrattuale sia giuridicamente valida in base al diritto di
ciascuna delle giurisdizioni competenti.
Al capitolo 3 (pag. 12 e ss.) sono indicati i procedimenti da seguire per il calcolo del coefficiente patrimoniale sui rischi di mercato con riferimento alle operazioni relative a contratti derivati.
Al capitolo 5 (Allegato A, pagg. 13 e ss.) vengono indicate fra le classi di attività di rischio, tra l’altro, le operazioni fuori bilancio.
Con riguardo ai profili dell’organizzazione e dei controlli interni (cap. 11, pag. 7) si richiede che le banche valutino attentamente le implicazioni derivanti dall’ingresso in nuovi mercati o settori operativi, ovvero che comportino l’offerta di nuovi prodotti, dovendosi procedere preventivamente all’individuazione dei rischi e alla definizione di procedure di controllo adeguate, da sottoporre all’approvazione del consiglio di amministrazione.
Si fa presente altresì (cap. 11, pag. 10) la necessità che le banche definiscano politiche di gestione, di identificazione e di misurazione preventiva dei rischi operativi e dei rischi di regolamento, al fine di prevenire o ridurre le possibili perdite, a fronte della crescente complessità dell’attività bancaria.
Al riguardo, il CICR, con la delibera del 23 marzo 2004, ha inoltre disposto, avute presenti le raccomandazioni fornite in sede internazionale sulla gestione dei rischi da parte delle banche, che la Banca d’Italia, con riferimento all’attività svolta in comparti operativi connotati da un elevato grado di complessità e innovazione, emani disposizioni per definire le condizioni minime per operare nel comparto, con particolare riguardo ai requisiti di natura organizzativa e alle metodologie di valutazione dei profili di rischio.
Le stesse Istruzioni di vigilanza (tit. VII, cap. 1, sez. III) dispongono che lo statuto delle banche di credito
cooperativo debba prevedere che, nell'esercizio dell'attività in cambi e
nell'utilizzo di contratti a termine e di altri
prodotti derivati, le stesse banche non possono assumere posizioni speculative.
In particolare, esse devono contenere la propria "posizione netta aperta in cambi" entro il 2 per cento del patrimonio di vigilanza, potendo offrire contratti a termine – su titoli e valute – e altri prodotti derivati purché tali operazioni realizzino una copertura di rischi connessi ad altre attività.
In tema di trasparenza delle condizioni contrattuali, la Banca d’Italia ha provveduto ad emanare disposizioni in materia di raccolta in titoli da parte delle banche, con riguardo alle quali una disciplina specifica si è resa necessaria in considerazione della crescente complessità e diversificazione dei profili di rischio di tali emissioni.
È stato individuato (“Bollettino di vigilanza”, luglio 1999, I, pagg. 19 e ss.) il contenuto minimo del foglio informativo analitico, quale strumento attraverso il quale il risparmiatore dev’essere posto in grado di valutare correttamente l’investimento e i relativi rischi, secondo uno schema standardizzato articolato su tre sezioni, diretto a fornire al pubblico una specifica informativa sulle operazioni e a facilitare il confronto tra le varie offerte.
In particolare, nella sezione III dello schema del foglio informativo analitico, dedicata ai rischi dell’operazione, si è disposto (“Bollettino di vigilanza”, novembre 2000, I, pag. 8) che, ove non sia prevista la quotazione dei titoli in un mercato regolamentato, dovranno essere evidenziate le difficoltà che il sottoscrittore può incontrare nel disinvestimento di titoli non quotati, sia sotto il profilo pratico, sub specie dell’impossibilità di trovare una controparte acquirente, sia sotto il profilo economico, in quanto la vendita anticipata potrebbe avvenire a prezzo inferiore al valore nominale del titolo, dovendosi comunque indicare l’eventuale disponibilità dell’emittente a porsi come controparte della vendita.
Con riguardo alle esemplificazioni del rendimento dei titoli, in relazione ai casi in cui l’andamento dei parametri di
riferimento può comportare il rendimento nullo o negativo dei titoli e la
possibilità di rimborso del capitale al di sotto del valore di sottoscrizione,
devono altresì essere indicate tutte quelle situazioni che possano determinare
l'attivazione di eventuali clausole che comportino la corresponsione di tassi
non inferiori o non superiori a una certa soglia (c.d. floor e cap) ovvero che
possano predeterminare il rendimento dei titoli (clausole c.d. knock in oppure knock out).
Per quanto concerne l’illustrazione della componente derivativa implicita nei titoli con indicazione
del rendimento effettivo lordo, calcolato sulla base del prezzo di emissione e
del valore della suddetta componente derivativa, gli strumenti strutturati
andranno scomposti in una componente di tipo obbligazionario (acquisita dal
sottoscrittore) e in una o più componenti derivative (implicitamente o esplicitamente
acquisite dal sottoscrittore ovvero dall'emittente).
Le componenti derivative dovranno essere
specificamente descritte e valutate sulla base di metodologie diffuse sul
mercato (ad esempio, per le opzioni call e
put su sottostanti azionari, formula
di Black-Scholes o metodo binomiale)
nonché di parametri oggettivamente rilevati (ad esempio: volatilità storiche,
calcolate su base giornaliera, delle variazioni logaritmiche o percentuali dei
prezzi del sottostante relative ai 6-12 mesi precedenti; ultimo
rendistato/rendiob disponibile); le valutazioni dovranno riferirsi a una data
da specificare.
Andrà inoltre indicato il rendimento effettivo
lordo della sola componente obbligazionaria. Ai fini
del calcolo, verranno utilizzate le consuete formule
di capitalizzazione (composta o semplice), avendo cura di assumere, come prezzo
di sottoscrizione della componente obbligazionaria, il valore di emissione del
titolo strutturato al netto del valore delle citate componenti derivative
(opzioni). Di conseguenza, il prezzo di emissione del
titolo strutturato da indicare nel foglio informativo dev’essere diminuito del
valore delle componenti derivative acquisite dal sottoscrittore o maggiorato
del valore delle componenti derivative acquisite dall'emittente.
Ad esempio, come prezzo di emissione della sola
componente obbligazionaria andrà assunto:
a) nel caso di un titolo a capitale garantito con una o più cedole ancorate
direttamente all’andamento (performance)
di un sottostante azionario (index bond),
il prezzo di emissione del titolo strutturato diminuito del valore delle
opzioni call implicitamente acquisite
dal sottoscrittore;
b) nel caso di un titolo a capitale garantito con una o più cedole ancorate
inversamente all’andamento negativo di un sottostante azionario (tipologia reverse o reverse cliquet), il prezzo di emissione del titolo strutturato
aumentato del valore delle opzioni put implicitamente
acquisite dall’emittente, valutate al netto del valore delle opzioni put implicitamente acquisite dal
sottoscrittore;
c) nel caso di un titolo a capitale non garantito con una cedola predefinita e
facoltà per l'emittente di rimborsare il capitale sulla base del valore di
mercato alla scadenza di un sottostante azionario (tipologia reverse convertible), il prezzo di
emissione del titolo strutturato aumentato del valore delle opzioni put implicitamente acquisite
dall'emittente.
Nei casi sopra accennati, il rendimento effettivo lordo della sola componente obbligazionaria andrà calcolato tenuto conto, oltre che del prezzo di sottoscrizione di tale componente, delle eventuali cedole (a tasso fisso o variabile) non aleatorie e del prezzo di rimborso a scadenza.
Con riferimento alle regole di rappresentazione in bilancio delle
operazioni relative a strumenti finanziari derivati, la Banca d’Italia ha fornito (“Bollettino di vigilanza”, luglio 1999, I, pag. 3 e ss.) alcune
indicazioni in ordine alle corrette modalità di rilevazione nelle segnalazioni
di vigilanza e in bilancio dei titoli “reverse convertible”, che
rappresentano strumenti di raccolta di durata generalmente pari o inferiore
all’anno.
Essi prevedono la corresponsione di un tasso d’interesse fisso e
incorporano un’opzione a favore dell’emittente che dà
la facoltà a quest’ultimo di rimborsare alla scadenza il capitale dei titoli reverse convertible
mediante la consegna fisica di un predefinito numero di azioni di una società.
Il costo di tale forma di raccolta viene “ridotto”
dalla banca emittente con l’emissione di un’opzione analoga a quella implicita,
il cui premio può essere regolato in via anticipata ovvero alla data di
scadenza dell’opzione.
Al riguardo, i titoli in esame rientrano nella categoria dei c.d. “titoli strutturati” per i quali la matrice dei conti prevede espressamente l’obbligo di rilevazione come combinazione dei contratti di base che li compongono.
Il documento “I bilanci delle banche. Schemi e regole di compilazione” (3° aggiornamento del 30 luglio 2002) detta le regole generali per la rappresentazione delle operazioni relative a strumenti finanziari derivati nelle poste di bilancio degli intermediari bancari.
In particolare, per
quanto riguarda le operazioni relative
ad opzioni, si dispone, ad esempio, che i premi pagati e quelli incassati per l'acquisto
e per l'emissione di opzioni devono essere patrimonializzati e iscritti,
rispettivamente, nella voce 130 dell'attivo (“altre attività”) e nella voce 50
del passivo (“altre passività”) oppure, se d’importo apprezzabile, in voci
dell'attivo e del passivo appositamente istituite.
Sono inquadrati tra i premi per opzioni anche i
premi pagati sui derivati su crediti allocati nel portafoglio non
immobilizzato.
I premi relativi ad opzioni esercitate entro il previsto
termine di scadenza sono portati in aumento o in diminuzione, a seconda dei
casi, del prezzo delle attività sottostanti (se l'opzione comporta lo scambio
di capitali) oppure in diminuzione del differenziale incassato o pagato (se
l'opzione non comporta lo scambio di capitali).
Per quanto concerne invece le operazioni
riguardanti i derivati su crediti,
se ne distinguono tre categorie:
1)
i contratti (“credit default product ”,“credit-linked notes”) nei quali
l’obbligo di adempiere all’obbligazione prevista dal contratto per il protection seller si ha al verificarsi
di un determinato credit event;
2)
contratti (“credit spread option”, “credit spread swap”) nei quali l’obbligo di adempimento del protection seller dipende dall’andamento
di mercato della reference obligation;
3)
contratti (“total rate of return swap”) nei quali il
protection buyer e il protection seller si scambiano,
rispettivamente, l’ammontare complessivo dei flussi di cassa generati dalla reference obligation e i flussi di cassa
legati a un tasso d’interesse di mercato maggiorato o diminuito di un
determinato spread (“reference rate”).
I derivati su crediti vanno ricondotti nel portafoglio non immobilizzato qualora la banca intenda detenerli con finalità di negoziazione.
In relazione alle diverse categorie di contratti, occorre
distinguere il caso in cui la banca che redige il bilancio è protection seller dal caso in cui la
banca che redige il bilancio è protection
buyer.
Nel primo caso, per le operazioni di importo
rilevante occorre introdurre una voce ad
hoc nella sezione “garanzie e impegni” dello stato patrimoniale riferita ai
derivati su crediti ove indicare l’esposizione verso la reference entity (valore nozionale). In caso contrario tali
esposizioni andranno convenzionalmente rilevate nella voce 20
“impegni”.
I premi ricevuti sui derivati su crediti vanno inquadrati secondo i
seguenti criteri:
1. tra i premi per opzioni (voce 50 del passivo dello stato patrimoniale) nel
caso di derivati classificati nel portafoglio non immobilizzato;
2. tra le commissioni attive (voce 40 del conto economico e nella parte C,
sezione 2.1, punto b) “derivati su
crediti” della nota integrativa) nel caso di derivati diversi da quelli
classificati nel portafoglio non immobilizzato.
Nell’attivo di stato patrimoniale i “titoli ospite”
riferiti alle “credit linked notes”
vanno indicati nella voce 50 “obbligazioni e altri titoli di debito”.
La banca protection buyer deve
invece rilevare l’underlying asset
tra i crediti garantiti da garanzie personali. Nel caso di contratti derivati
riferiti a un “basket
di debitori” va considerato garantito il credito del paniere prescelto
dalla banca ai fini del calcolo del coefficiente di solvibilità.
I premi pagati sui derivati su crediti vanno inquadrati secondo i
seguenti criteri:
1) tra i premi per opzioni (voce 130 dell’attivo dello stato patrimoniale), nel
caso di derivati classificati nel portafoglio non immobilizzato;
2) nelle commissioni passive (voce 50 del conto economico e nella parte C,
sezione 2.3, punto b) “derivati su
crediti” della nota integrativa), nel caso di derivati diversi da quelli
classificati nel portafoglio non immobilizzato.
A carico della banca – sia essa
protection buyer o protection seller – è posto l’obbligo di fornire, in nota integrativa,
l’informativa sui derivati su crediti, nonché l’indicazione delle
principali categorie di controparte negoziale (banche, società finanziarie etc.).
Nella relazione sulla gestione vanno inoltre illustrate le strategie aziendali sottostanti all’operatività in derivati creditizi.
Per quanto riguarda gli strumenti finanziari strutturati, costituiti dalla combinazione di
un contratto “ospite” (di regola, un’attività o una passività finanziaria) e di
uno strumento derivato incorporato che è in grado di modificare i flussi di cassa
generati dal contratto “ospite”, i
contratti derivati incorporati vanno separati dai contratti “ospite” e
rilevati come strumenti finanziari autonomi al verificarsi congiunto delle
seguenti condizioni:
a) le caratteristiche economiche e i rischi del
derivato incorporato non sono strettamente connessi con quelli del contratto
“ospite”;
b) il derivato incorporato può essere autonomamente
qualificato come un derivato.
L’autorità di vigilanza riporta poi alcuni esempi
di tipologie di strumenti finanziari strutturati nei quali il derivato
incorporato deve essere segnalato in modo separato.
Fra queste tipologie rientrano:
§
strumenti nei quali il
parametro di riferimento del contratto derivato incorporato è di differente
natura rispetto a quello che determina i flussi di cassa dello strumento “ospite”
(ad esempio, i titoli index-linked
e i titoli reverse convertible);
§
strumenti nei quali il
parametro di riferimento del contratto derivato incorporato, sebbene sia della
medesima natura dello strumento “ospite”, presenta un effetto leverage tale da dilatarne o contrarne
il valore di almeno due volte.
Il derivato incorporato non deve, invece, essere separato nei seguenti
casi pure riportati a titolo esemplificativo:
§
strumenti nei quali il
parametro di riferimento del contratto derivato incorporato è della medesima
natura di quello che determina i flussi di cassa dello strumento “ospite”,
salva la fattispecie precedentemente indicata (ciò implica che un titolo a
tasso indicizzato non può essere considerato come la combinazione di un titolo
a tasso fisso e di un interest rate swap);
§
contratti con clausole
di indicizzazione collegate al tasso d’inflazione;
§
contratti con opzioni
di rimborso anticipato.
Vengono illustrati poi, a titolo di esempio, i criteri di rilevazione da
applicare nel caso di titoli index-linked, reverse convertible e reverse
floater.
Con riguardo alle segnalazioni degli intermediari alla Centrale dei rischi, infine, le posizioni in strumenti finanziari derivati verranno rilevate a partire dal 1° gennaio 2005 (cfr. Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi – aggiornamento del 22 giugno 2004, cap. II, pag. 13).
In particolare, confluiranno nella categoria di censimento “derivati finanziari” i contratti derivati negoziati sui mercati over the counter .
Deve essere segnalato nella classe di dati “valore intrinseco” il differenziale positivo dell’operazione, ovvero il credito vantato dall’intermediario nei confronti della controparte alla data di riferimento della segnalazione, al netto degli eventuali accordi di compensazione contrattuale stipulati tra le parti.
La segnalazione dei contratti di opzione oggetto di rilevazione deve essere prodotta dall’intermediario acquirente dell’opzione (c.d. holder) a nome del venditore dell’opzione (c.d. writer).
Sono esclusi dalla rilevazione, oltre ai contratti derivati negoziati sui mercati ufficiali, i contratti derivati sui tassi di cambio di durata originaria non superiore a 14 giorni di calendario e i derivati interni (c.d. internal deals).
Nelle operazioni negoziate sui mercati over the counter, la segnalazione delle garanzie eventualmente rilasciate dall’intermediario in favore del contraente segue i criteri generali previsti per i crediti di firma.
In generale, le polizze vita index-linked sono caratterizzate da prestazioni ancorate a indici di riferimento, normalmente tratti dai mercati azionari. La polizza può prevedere la garanzia di un capitale o rendimento minimo.
Le polizze vita unit-linked, invece, forniscono prestazioni collegate al valore di fondi d’investimento; anche in tali casi, la polizza può prevedere la garanzia di un capitale o rendimento minimo.
Nella generalità dei casi gli assicuratori hanno provveduto alla copertura di questi impegni attraverso l’acquisto di titoli c.d. “strutturati” aventi prestazioni speculari a quelle offerte all’assicurato. In alcuni casi, peraltro, il titolo strutturato non rappresenta solo la copertura finanziaria degli impegni dell’assicuratore, ma la vera e propria entità di riferimento delle prestazioni. In tali fattispecie, pur non modificandosi le modalità di determinazione delle prestazioni, l’assicuratore trasferisce totalmente all’assicurato il rischio d’investimento.
Per quanto concerne la componente finanziaria delle polizze, le obbligazioni strutturate possono essere scisse in una componente obbligazionaria pura e in una componente opzionale che dà al sottoscrittore del titolo il diritto di guadagnare in relazione ad andamenti positivi degli indici o attività sottostanti. Il sottoscrittore dei titoli rinunzia così, in tutto o in parte, alla remunerazione ordinaria del titolo, espressa di norma in termini di pagamento di cedole d’interesse, ottenendo in cambio un diritto d’opzione.
L’obbligazione strutturata nasce, quindi, dalla combinazione di un titolo obbligazionario e di una opzione che consente all’investitore di “scommettere” sull’andamento di singoli strumenti finanziari, ovvero di indici sintetici.
Nel campo dei titoli strutturati l’innovazione finanziaria degli ultimi anni si è concretizzata soprattutto nell’introduzione di indici su un portafoglio di attività, che consentono la diversificazione dell’investimento, e nell’evoluzione delle opzioni esotiche (exotic options)[5].
Nella gestione degli investimenti connessi alle polizze linked assume un ruolo rilevante l’utilizzo degli strumenti finanziari derivati. L’estrema flessibilità con la quale possono essere modellate le esposizioni e attivate strategie di copertura, infatti, li rende particolarmente efficaci nelle politiche di gestione volte a replicare sinteticamente valori di riferimento (benchmark).
La vigilanza sull’utilizzo di strumenti derivati è basata su norme che incidono su diversi profili: linee guida relative al controllo interno, princìpi generali di gestione, volti soprattutto a garantire sicurezza e liquidabilità delle posizioni, condizioni per l’ammissibilità dell’utilizzo in relazione agli attivi a copertura, regole sull’informativa di bilancio e di vigilanza sull’attività svolta.
In generale, si può osservare che il controllo pubblico risulta diretto a definire limiti e modalità di utilizzazione prudenziali di tali strumenti che, comunque, non ne impediscano un uso proficuo da parte delle imprese (cfr. A. CORINTI, Utilizzo degli strumenti finanziari derivati da parte delle imprese di assicurazione, in Newfin – Osservatorio sull’innovazione finanziaria, Bancaria, 1999).
In particolare, la disciplina sull’utilizzazione degli strumenti derivati da parte delle imprese di assicurazione è contenuta nel provvedimento ISVAP del 24 settembre 1998, n. 981 G, che ha integrato le regole introdotte con il provvedimento del 19 luglio 1996 con riguardo all’impiego dei derivati in relazione ai contratti di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, recante l’attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita[6].
Per quanto riguarda la copertura delle riserve tecniche, in sintesi, è stabilito che i derivati possono essere utilizzati solo con intenti di copertura dai rischi o di gestione più efficace del portafoglio. È previsto inoltre che debbano presentare attivi sottostanti ammissibili a copertura delle riserve. Come corollario a tali regole, poi, è richiesto che le posizioni in derivati evidenzino sempre una correlazione finanziaria con gli attivi a cui si riferiscono.
Il derivato, pertanto, appare ammesso solo quale strumento di protezione del valore del portafoglio.
Per altro verso, a fronte di tali maggiori possibilità di utilizzo sono previsti requisiti più incisivi per l’ammissibilità a copertura, requisiti che attengono alla limitazione del rischio di controparte, alla garanzia di trasparenza del valore corrente e al fronteggiamento dei rischi di non agevole liquidabilità delle posizioni.
Con riguardo, poi, alla trasparenza delle informazioni che devono essere fornite al cliente dei servizi assicurativi, nella fase sia precontrattuale che contrattuale, oltre al contenuto minimo previsto dall’articolo 109 del citato decreto legislativo n. 174 del 1995, l’ISVAP, tenuto conto dello sviluppo e delle particolarità tecniche delle polizze index-linked e unit-linked, ha provveduto a individuare disposizioni specifiche relative a tali contratti [cfr. le circolari ISVAP del 24 luglio 2001, n. 451 (index-linked) e del 21 febbraio 2002, n. 474 (unit-linked), che hanno sostituito la precedente circolare del 15 gennaio 1998, n. 317].
Tali disposizioni, in particolare, disciplinano le modalità di redazione della nota informativa da consegnare alla clientela, integrandone le regole tradizionali, tenuto conto delle differenti modalità di determinazione delle prestazioni dei prodotti linked, soprattutto in termini di descrizione delle linee di investimento che caratterizzano i fondi per le polizze unit e in termini di illustrazione degli indici o valori di riferimento per le polizze index.
La nota informativa deve sostanzialmente richiamare l’attenzione del contraente sui rischi di natura finanziaria a suo carico, fornendo ad esso gli elementi utili per una consapevole valutazione, descrivendo, fra l’altro, la garanzia principale e le eventuali prestazioni accessorie offerte dall’impresa.
È stata altresì sottolineata la necessità che nella nota informativa delle polizze index siano dettagliatamente descritti, oltre al parametro di riferimento e alla sua modalità di costruzione, anche i meccanismi di collegamento delle prestazioni all’andamento del parametro nonché i meccanismi di determinazione dei valori di riscatto e riduzione e l’indicazione dei costi.
Tali disposizioni rendono poi obbligatoria l’esplicitazione dei caricamenti per le polizze unit-linked, attraverso l’indicazione di qualsiasi onere diretto o indiretto a carico del contraente. Per le polizze index-linked, considerate le loro particolarità tecniche, si richiede l’indicazione degli elementi, quale la parte di premio effettivamente investita, che consentano all’assicurato di valutare la redditività netta del prodotto, facendo comunque salva la facoltà di richiedere la misura dei caricamenti.
Infine, con la circolare del 10 giugno 2003, n. 507, l'ISVAP ha vietato la diffusione di polizze i cui indici o valori di riferimento delle prestazioni assicurate risultino costruiti o collegati, direttamente o indirettamente, a titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione o da derivati di credito.
La disciplina generale in materia di salvaguardia degli equilibri di bilancio degli enti locali è contenuta nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In particolare, ai sensi del comma 2 dell'articolo 193 del testo unico, l'organo consiliare, con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, deve effettuare, con delibera, la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi.
In tale sede, l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio, per il ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.
La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione.
A fine di riequilibrio possono essere utilizzate, per l'anno in corso e per i due successivi, tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili (comma 3 dell'art. 193).
Ai sensi del successivo articolo 194, con la suddetta deliberazione consiliare, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio e il disavanzo derivi da fatti di gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi in violazione delle regole previste per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
Per il finanziamento delle spese relative al ripiano dei debiti fuori bilancio, il comma 3 dell'articolo 194 del medesimo testo unico stabilisce che, ove non possa provvedersi con le entrate e le disponibilità indicate nel citato comma 3 dell'articolo 193, l'ente locale può far ricorso a mutui.
Il comma 4 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), ha precisato, nel contesto determinato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il regime applicativo di queste disposizioni.
In particolare, è ammesso il ricorso alla contrazione di mutui per il finanziamento di spese di parte corrente derivanti dalla copertura dei debiti fuori bilancio, limitatamente a quelli maturati anteriormente alla data di entrata in vigore della citata legge costituzionale n. 3 del 2001, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.
Il comma 2 ha inoltre stabilito che gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o la rinegoziazione dei mutui, anche con altri istituti, sempre in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano la riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell’eventuale retrocessione del gettito dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 1º aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni.
Per i mutui contratti prima del 31 dicembre 1996, la possibilità di rinegoziazione o di estinzione anticipata era stata disposta dall’articolo 49, comma 15, della legge n. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla finanziaria 1998).
Il riferimento alla conversione e alla rinegoziazione dei mutui amplia la gamma delle opzioni attraverso le quali possono essere conseguite condizioni di rifinanziamento più vantaggiose, prima limitata all'estinzione anticipata di passività derivanti da mutui. In tale contesto, si prevedono soluzioni che possono agevolare una continuità di rapporti tra istituto mutuante ed ente mutuatario.
Il disegno di legge finanziaria per il 2005 (A.C. 5310), all’articolo
10, prevede che lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di
Bolzano e gli enti locali che abbiano stipulato mutui con oneri di ammortamento anche
parzialmente a carico dello Stato siano tenuti a provvedere, se consentito
dalle clausole contrattuali, alla loro conversione
in titoli obbligazionari di
nuova emissione o alla loro rinegoziazione,
anche con altri istituti, qualora si verifichino condizioni di rifinanziamento che
– tenendo conto anche delle commissioni – consentano una riduzione del valore
finanziario delle passività totali. A questo fine viene
richiesta la costante osservazione dei tassi di mercato ed è prescritta
l’adozione delle misure suddette «allorché il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia
inferiore al tasso del mutuo di almeno un punto percentuale».
L’articolo 119 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 5 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nell’attribuire autonomia finanziaria di entrata e di spesa a comuni, province, città metropolitane e regioni, stabilisce, al sesto comma, che tali enti possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese d’investimento, esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti da essi contratti.
L’articolo 3, commi 16-21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha stabilito norme di attuazione della predetta disposizione.
Ai sensi del comma 16, i soggetti destinatari sono individuati nelle regioni a statuto ordinario, nei comuni, nelle province, nelle città metropolitane, nelle comunità montane, nelle comunità isolane e di arcipelago e nelle unioni di comuni[7]. Queste disposizioni si applicano, inoltre, ai consorzi ai quali partecipano enti locali[8], e alle aziende e organismi i cui rendiconti devono essere allegati al bilancio di previsione dell’ente locale, quali le aziende speciali e le istituzioni[9].
Sono invece escluse dall’applicazione di questa disciplina le società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici, in quanto la loro gestione economica e finanziaria è regolata dalle norme di diritto privato.
È demandata a leggi regionali la disciplina delle modalità e condizioni di indebitamento delle aziende sanitarie e ospedaliere e degli enti e organismi, in qualunque forma costituiti, dipendenti dalle regioni. Anche con riferimento a questi enti, comunque, la disciplina regionale dovrà prevedere la possibilità di ricorso all’indebitamento solo per finanziare spese d’investimento[10].
Il comma 21 dispone che rientrano nell’ambito soggettivo anche le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Per le regioni e le province autonome, per gli enti ed organismi da esse dipendenti, nonché per gli enti locali e gli altri enti ed organismi individuati nel comma 16 che hanno sede nel territorio delle regioni e delle province autonome le disposizioni in esame trovano applicazione sulla base delle esigenze di tutela dell’unità economica della Repubblica e in quanto espressione di princìpi generali del coordinamento della finanza pubblica.
Il comma 17 individua le operazioni che costituiscono indebitamento agli effetti dell’applicazione dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione. L’individuazione si fonda sulle regole di contabilità nazionale fissate dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali della Comunità (SEC 95), in rapporto alle quali vengono determinati i valori di deficit e di debito pubblico rilevanti ai fini delle disposizioni sui disavanzi eccessivi previste nel Trattato CE e nel Patto di stabilità e crescita.
La disposizione non fornisce una definizione generale,
ma ìndica specificamente le operazioni che si configurano come indebitamento. Viene peraltro demandato ad un decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, da adottare sentito l’ISTAT, la possibilità di modificare le tipologie di indebitamento individuate.
In ogni caso tali variazioni dovranno conformarsi ai criteri contabili
stabiliti, in ambito europeo, con riferimento al sistema europeo di contabilità
nazionale.
Per una definizione generale, desumibile dalle regole del SEC 95, si indica indebitamento delle amministrazioni pubbliche (government borrowing) ogni operazione di carattere finanziario che non ha impatto sul disavanzo (dal momento che quest’ultimo risulta essere il saldo delle operazioni di carattere economico, non di quelle finanziarie), ma che incrementa il debito.
Costituiscono operazioni di indebitamento, ai sensi del comma 17:
- l’assunzione di mutui;
- l’emissione di prestiti obbligazionari;
- le operazioni di cartolarizzazione, nel caso in cui sussista almeno una delle seguenti condizioni:
a) cartolarizzazione di flussi futuri di entrata non collegati ad una attività patrimoniale preesistente;
b) cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all’85% del prezzo di mercato dell’attività oggetto di cartolarizzazione;
c) cartolarizzazioni accompagnate da garanzie fornite dalle amministrazioni pubbliche;
d) cartolarizzazioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche;
- la cessione di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche.
Il medesimo comma individua il complesso delle operazioni che costituiscono indebitamento non solo in positivo, ma anche in negativo, precisando che non costituiscono indebitamento le operazioni che comunque non comportano risorse aggiuntive.
A tal fine vengono indicate due caratteristiche atte a individuare le operazioni in esame:
1)
operazioni finalizzate a superare una momentanea carenza di liquidità; in tal caso l’elemento
qualificante pare doversi individuare nella brevità del termine entro cui saranno
restituite le risorse acquisite con l’operazione di finanziamento;
2)
operazioni che permettono di effettuare spese per le quali è in
ogni caso prevista in bilancio un’adeguata
copertura finanziaria. Il profilo decisivo qui pare essere dato dalla
certezza di risorse stanziate in bilancio o comunque
affluenti al bilancio dell’ente e destinate a far fronte alla spesa per la
quale viene assunto il finanziamento. Quest’ultimo, pertanto, si configura come
una mera anticipazione.
Il comma 18 individua l’elenco delle operazioni che rappresentano investimenti.
Anche in questo caso, variazioni possono essere apportate all’elenco mediante decreto ministeriale (comma 20).
Ai sensi del comma 18, costituiscono investimenti:
- l’acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria di fabbricati residenziali e non residenziali;
- la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
- l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzazione pluriennale;
- gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale.
Nell’ambito
della disciplina fiscale relativa al loro ammortamento, l’articolo 103 (ex articolo
68) del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ìndica come beni immateriali i
diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei
brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad
esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico;
- l’acquisizione di aree, anche attraverso esproprio, e la costituzione di servitù onerose;
- le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale, rispetto ai quali sono comunque fatti salvi i limiti previsti dagli ordinamenti degli enti interessati;
- i trasferimenti in conto capitale, nel caso in cui siano destinati alla realizzazione di investimenti da parte di un altro soggetto appartenente al settore delle amministrazioni pubbliche;
- i trasferimenti in conto capitale, se destinati a soggetti concessionari di lavori pubblici ovvero a soggetti operanti nel settore dei servizi pubblici (in quanto proprietari o gestori della rete o erogatori del servizio), a condizione che sia prevista la retrocessione degli investimenti all’ente committente; è compreso in questa tipologia di investimenti anche il finanziamento del soggetto concessionario di cui all’articolo 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1994, n. 109[11];
- gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi ed esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale, aventi finalità pubblica e volti al recupero e alla valorizzazione del territorio.
I piani
attuativi ed esecutivi sono strumenti con cui si attuano le previsioni urbanistiche
del piano regolatore generale (PRG). Il PRG può, infatti, trovare applicazione
in modo diretto ovvero attraverso i piani attuativi ed esecutivi, nei casi
previsti e sulle aree individuate da esso. Stante la
natura di piani sottordinati al PRG, i piani attuativi ed esecutivi possono
operare solo nell’ambito delle sue prescrizioni e non possono mai contrastare
con esso.
L’ultimo punto, corrispondente alla lettera i) del comma 18, rappresenta l’unica voce, tra quelle elencate nel presente comma, che si caratterizzi per la finalità, piuttosto che per la natura della spesa, e che possa pertanto prestarsi ad un’applicazione assai ampia (tutte le spese per la realizzazione di interventi di valorizzazione del territorio, rispondenti ai requisiti indicati, potrebbero esservi incluse).
Le altre tipologie di operazioni che rappresentano investimenti fanno riferimento ad operazioni relative a beni immobili, a beni mobili e a beni immateriali che si prestino ad un utilizzo pluriennale; alle partecipazioni azionarie; ai trasferimenti in conto capitale, nel caso in cui, comunque, siano destinati alla realizzazione di opere che rimangono nella disponibilità delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 19 vieta di ricorrere all’indebitamento per finanziare conferimenti volti alla ricapitalizzazione di aziende o società finalizzata al ripiano di perdite. In quest’ipotesi, infatti, nonostante che l’intervento dell’ente locale assuma la forma del conferimento, esso sostanzialmente rappresenta un finanziamento a ripiano di perdite di gestione.
In proposito, specifici compiti di controllo sono affidati all’ente finanziatore, che è tenuto ad acquisire l’individuazione specifica dell’investimento da finanziare e l’indicazione che l’ultimo bilancio dell’azienda o della società partecipata non presenta una perdita di esercizio.
Quest’ultima previsione sembra da porre in correlazione con le disposizioni del comma 15 dell’articolo 3, che prescrivono agli istituti finanziatori specifici obblighi di comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze rispetto alle operazioni finanziarie effettuate dalle amministrazioni pubbliche.
Riguardano la stessa materia gli articoli 202, 203 e 204 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
A norma dell’articolo 202, il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali è ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli investimenti. Può farsi ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio e per altre destinazioni di legge. Le relative entrate hanno destinazione vincolata.
L’articolo 203 subordina il ricorso all'indebitamento alla previa approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento e del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni. Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio annuale, contestualmente modificando il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione.
L’articolo 204 enunzia regole particolari per l'assunzione di mutui da parte degli enti locali (limite quantitativo, forma dell’atto e clausole obbligatorie).
Nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali, contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l’articolo 205 autorizza gli enti locali a contrarre prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.
L’emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali è disciplinata dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1995), e dal regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.
La disciplina consente a regioni, province, comuni e unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane e consorzi tra enti locali territoriali di deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti[12]. È esplicitamente previsto il divieto di finanziare spese di parte corrente. Poiché l’elenco annuale delle opere pubbliche che s’intende realizzare dev’essere accompagnato dai progetti preliminari (articolo 14 della legge n. 109 del 1994), l’emissione del prestito obbligazionario può essere effettuata sia relativamente ad una singola opera, sia riguardo all’intero piano annuale.
Per quanto riguarda le regioni, la legge n. 724 del 1994 rinvia alla disciplina contenuta nell'articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in base alla quale la facoltà di emettere titoli obbligazionari dev’essere esercitata mediante apposita legge regionale di autorizzazione entro precisi limiti quantitativi e contabili[13].
Nel caso di unioni di comuni, di comunità montane e di consorzi tra enti locali è peraltro previsto l'obbligo degli stessi di richiedere agli enti locali che ne fanno parte l'autorizzazione all'emissione dei prestiti obbligazionari.
Le aziende speciali degli enti non rientrano nella previsione dell’articolo 35, in quanto dispongono delle facoltà di emettere propri titoli obbligazionari, ai sensi dell’articolo 27-septies del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51) e dell’articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902.
Il regolamento, oltre a determinare le caratteristiche dei titoli obbligazionari e i criteri e le procedure che gli enti emittenti sono tenuti ad osservare per la raccolta del risparmio[14], definisce altresì l'ammontare delle commissioni di collocamento da corrispondere agli intermediari autorizzati e i criteri di quotazione sul mercato secondario.
Occorre sottolineare che la citata legge n. 724 del 1994 e il relativo regolamento di attuazione hanno inteso l’emissione di prestiti obbligazionari quale forma alternativa all’accensione di mutui per il finanziamento degli investimenti; l’emissione è quindi subordinata a condizioni che risultano sostanzialmente coincidenti con quelle previste per l’assunzione dei mutui, con particolare riferimento alla necessità di bilanci solidi, al limite di indebitamento, alla garanzia, al piano di ammortamento finanziario e all’utilizzazione del ricavato del prestito.
L'emissione dei prestiti obbligazionari ai sensi del richiamato articolo 35 della legge n. 724 del 1994 è subordinata a talune condizioni:
-
che gli enti
locali, anche nel caso in cui partecipino a consorzi o unioni di comuni, non si
trovino in situazione di dissesto o in situazioni strutturalmente deficitarie;
-
che dal conto
consuntivo del penultimo esercizio non risulti un disavanzo di amministrazione;
-
che sia stato
deliberato il bilancio di previsione dell'esercizio in cui è prevista
l'emissione del prestito;
-
che le regioni non
abbiano proceduto al ripiano di disavanzi di amministrazione ai sensi
dell'articolo 20 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 del 1993, convertito,
con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.
È inoltre stabilito che il valore di mercato degli investimenti dev’essere pari all'ammontare del prestito, e che gli interessi concorrono alla determinazione del limite d’indebitamento stabilito dalla normativa vigente per le rispettive tipologie di enti emittenti.
Il prestito deve essere pari al valore del progetto esecutivo cui fa riferimento; ove concorrano altre fonti di finanziamento, l’emissione obbligazionaria può essere effettuata soltanto per la quota non coperta.
Per gli enti locali in situazione di dissesto finanziario, che abbiano ottenuto dal Ministero dell’interno l’approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, in deroga al divieto disposto in linea generale, la disciplina prevede la possibilità di procedere all'emissione del prestito purché:
-
gli enti abbiano
registrato un avanzo di amministrazione nei conti consuntivi relativi
all'ultimo e al penultimo esercizio precedente quello dell'emissione del
prestito;
-
abbiano interamente
ripianato gli eventuali disavanzi di gestione dei servizi pubblici gestiti a
mezzo di aziende municipalizzate, provincializzate e speciali, nonché di
eventuali disavanzi di consorzi per la quota a carico del singolo ente. I
disavanzi da assumere a riferimento sono quelli risultanti dai conti consuntivi
del servizio pubblico relativi all'ultimo e al penultimo esercizio precedente
quello dell'emissione del prestito.
I conti consuntivi da assumere a riferimento, per verificare il rispetto delle condizioni sopra richiamate, non possono riguardare esercizi precedenti quello per il quale è stata approvata l'ipotesi di bilancio riequilibrato.
La durata del prestito obbligazionario non può essere inferiore a 5 anni né, nel caso di unione di comuni o consorzi fra enti locali, successiva alla prevista data di scioglimento dell'unione. In caso di fusione di comuni, il complesso dei rapporti giuridici derivanti dall'emissione del prestito è trasferito al nuovo ente.
Le caratteristiche
dei titoli obbligazionari emessi dagli enti locali sono:
-
possibilità di emettere
obbligazioni convertibili o con warrant
in azioni di società possedute dall’ente;
-
collocamento alla pari
(condizione soppressa dall’articolo 41, comma 3, della legge n. 448 del 2001. v. infra);
-
cedola fissa o
variabile con cadenza trimestrale, semestrale o annuale;
-
rendimento effettivo lordo
del prestito per i sottoscrittori non superiore al rendimento lordo dei titoli
di Stato di pari durata, maggiorato di un punto percentuale.
L’emissione dei titoli obbligazionari dev’essere deliberata dal Consiglio dell’ente; la delibera deve contenere tutti gli elementi relativi all’emissione stessa: importo, durata, cedola, modalità di rimborso, piano di ammortamento, investimento correlato. È previsto, inoltre, che i titoli debbano essere emessi al portatore, che siano stanziabili in anticipazione presso la Banca d'Italia e che possano essere ricevuti in pegno per anticipazioni da tutti gli enti creditizi. Alle emissioni obbligazionarie si applicano le norme sulla gestione cartolare dei BOT. Le emissioni sono sottoposte al benestare preventivo della Banca d'Italia nei limiti fissati dall'articolo 129 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385: tale benestare dev’essere espresso entro sessanta giorni dalla richiesta[15].
I titoli obbligazionari possono essere quotati sui mercati regolamentati ed essere riacquistati dall'ente emittente esclusivamente con mezzi provenienti da economie di bilancio.
L’estinzione anticipata del prestito obbligazionario potrà avvenire esclusivamente utilizzando il ricavato di alienazioni di beni patrimoniali disponibili.
Relativamente alle emissioni in valuta, l’articolo 2 del medesimo regolamento emanato con il decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420, prescrive la copertura del rischio di cambio mediante una corrispondente operazione di swap che trasformi, per l'emittente, l'obbligazione in valuta estera in un'obbligazione in valuta nazionale, senza introdurre elementi di rischio. L'operazione dovrà essere effettuata da intermediari di provata affidabilità ed esperienza nel settore, con riferimento anche alla valutazione loro assegnata dalle maggiori agenzie di rating.
Il comma 1 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica, ha conferito al Ministero dell'economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all'accesso al mercato dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni.
A tal fine i predetti
enti sono tenuti a comunicare periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria.
La definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento nonché dell’invio dei dati sono demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, recante altresì le norme relative all’ammortamento del debito e all’utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti.
A quest’adempimento si è provveduto con il decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389.
I commi 2 e 3 hanno modificato la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.
In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet). In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.
Questi metodi tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.
Il comma 3 ha abrogato il primo periodo del comma 6 dell’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché l’articolo 3 del regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.
In tal modo, sono stati eliminati l'obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l'obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze), e per conoscenza al Ministero dell'interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.
Il regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389, all’articolo 1, prevede che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunicano entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.
Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro, che entro dieci giorni può indicare, con determinazione motivata, il momento più opportuno per l'attuazione dell'operazione. In mancanza, l'operazione potrà essere conclusa entro venti giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione, nei casi di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, e nei termini indicati dagli enti in tutti gli altri casi. Restano escluse dalla comunicazione preventiva le operazioni di provvista con oneri a carico del bilancio dello Stato, per le quali si applicano le specifiche disposizioni di legge.
Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR.
L’articolo 2 reca disposizioni sull’ammortamento del debito.
I contratti relativi alla gestione di un fondo per l'ammortamento del capitale da rimborsare o, alternativamente, per la conclusione di uno swap per l'ammortamento del debito possono essere conclusi soltanto con intermediari contraddistinti da adeguato merito di credito, così come certificato da agenzie di rating riconosciute a livello internazionale.
Le somme accantonate nel fondo di ammortamento possono essere investite esclusivamente in titoli obbligazionari di enti e amministrazioni pubbliche nonché di società a partecipazione pubblica di Stati appartenenti all'Unione europea.
L’articolo 3 riguarda specificamente le operazioni in strumenti derivati.
Qualora le operazioni d’indebitamento siano effettuate in valute diverse dall'euro, è prescritta la copertura del rischio di cambio mediante «swap di tasso di cambio», definito come «contratto tra due soggetti che assumono l'impegno di scambiarsi regolarmente flussi di interessi e capitale espressi in due diverse valute, secondo modalità, tempi e condizioni contrattualmente stabiliti».
Sono inoltre consentite le seguenti operazioni derivate:
a) «swap di tasso d’interesse» tra due soggetti che assumono l'impegno di scambiarsi regolarmente flussi di interessi, collegati ai principali parametri del mercato finanziario, secondo modalità, tempi e condizioni contrattualmente stabiliti;
b) acquisto di «forward rate agreement» in cui due parti concordano il tasso d’interesse che l'acquirente del forward s’impegna a pagare su un capitale stabilito ad una determinata data futura;
c) acquisto di «cap» di tasso d’interesse in cui l'acquirente viene garantito da aumenti del tasso d’interesse da corrispondere oltre il livello stabilito;
d) acquisto di «collar» di tasso d’interesse in cui all'acquirente viene garantito un livello di tasso d’interesse da corrispondere, oscillante all'interno di un minimo e un massimo prestabiliti;
e) altre operazioni derivate contenenti combinazioni di operazioni di cui alle lettere precedenti, in grado di consentire il passaggio da tasso fisso a variabile e viceversa al raggiungimento di un valore limite predefinito o quando sia trascorso un periodo di tempo predeterminato;
f) altre operazioni derivate finalizzate alla ristrutturazione del debito, solo qualora non prevedano una scadenza posteriore a quella associata alla sottostante passività. Dette operazioni sono consentite ove i flussi con esse ricevuti dagli enti interessati siano uguali a quelli pagati nella sottostante passività e non implichino, al momento del loro perfezionamento, un profilo crescente dei valori attuali dei singoli flussi di pagamento, ad eccezione di un eventuale sconto o premio da regolare al momento del perfezionamento delle operazioni, non superiore all’1 per cento del nozionale della sottostante passività.
Le suddette operazioni derivate sono consentite esclusivamente in corrispondenza di passività effettivamente dovute e possono essere indicizzate esclusivamente a parametri monetari di riferimento nell'area dei Paesi appartenenti al Gruppo dei Sette più industrializzati.
Al fine di contenere l'esposizione creditizia verso le controparti delle operazioni derivate indicate nel medesimo articolo 3, è consentita la conclusione di contratti soltanto con intermediari contraddistinti da adeguato merito di credito, così come certificato da agenzie di rating riconosciute a livello internazionale. Qualora l'importo nominale delle operazioni derivate complessivamente poste in essere dall'ente territoriale interessato arrivi a superare i 100 milioni di euro, l'ente dovrà progressivamente tendere, attraverso le operazioni successive all'entrata in vigore del presente decreto, a far sì che l'importo nominale complessivo delle operazioni stipulate con ogni singola controparte non ecceda il 25 per cento del totale delle operazioni in essere.
Per le regioni, le disposizioni contenute negli articoli 2 (Ammortamento) e 3 (Strumenti derivati) del regolamento medesimo si applicano fino all'emanazione di specifiche normative regionali.
L’articolo 10, comma 4, del disegno di legge finanziaria per il 2005 (A.C. 5310) rinvia all’articolo 2 del testé descritto regolamento emanato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389, per la determinazione delle modalità di costituzione del fondo di ammortamento o di realizzazione dell’operazione di swap, e – in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo – determina nello Stato, nelle regioni, nelle province autonome di Trento e di Bolzano e negli enti locali i destinatari dell’obbligo già previsto a questo riguardo a carico degli enti territoriali.
Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004.
In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004).
Sono state inoltre enunziate alcune linee guida.
Il criterio dell'attività di coordinamento dell'accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento.
Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) dev’essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings.
Nel caso in cui i rating attribuiti dalle agenzie siano difformi tra loro, si deve prendere in considerazione quello più basso.
Il «rating adeguato» della controparte non dovrebbe essere inferiore a BBB/Baa/BBB. Pertanto qualora l'intermediario subisca una riduzione al di sotto di tale livello minimo, le posizioni accese dovranno essere chiuse al più presto.
Qualora sussista garanzia della «casa madre» della
controparte, rileva il rating di essa.
Gli strumenti ammessi per l'investimento delle somme accantonate nel fondo o nello swap di ammortamento sono soltanto i titoli obbligazionari, emessi esclusivamente dagli emittenti indicati all’articolo 2, comma 2, del regolamento (enti e amministrazioni pubbliche e società a partecipazione pubblica di Stati dell’Unione europea)[16], che non dovranno essere ulteriormente strutturati mediante operazioni derivate le quali rendano il profilo di esposizione creditizia difforme da quello consentito. La selezione degli emittenti dei suddetti titoli dev’essere conforme allo spirito di riduzione del rischio creditizio. Nei contratti è raccomandata la massima trasparenza sui criteri con i quali i titoli conferiti al fondo di ammortamento sono selezionati ed eventualmente sostituiti, attribuendo la massima attenzione al rating. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento.
Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento.
La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.
Dettagliate indicazioni sono fornite circa le tipologie di operazioni derivate ammesse.
Oltre agli swap di tasso di cambio a copertura del rischio di cambio nel caso di indebitamento in valuta, sono quelle espressamente indicate nelle lettere da a) a d) dell’articolo 3, comma 2, del regolamento, da intendersi nella forma «plain vanilla»[17].
In particolare dagli swap di tasso d’interesse di cui alla lettera a) va esclusa qualsiasi forma di opzionalità; le lettere b), c) e d) si riferiscono esclusivamente all'acquisto da parte dell'ente degli strumenti ivi citati (forward rate agreement, cap o collar di tasso d’interesse). Sono impliciti nell'acquisto del collar l'acquisto di un cap e la contestuale vendita di un floor, consentita unicamente al fine di finanziare la protezione dal rialzo dei tassi d’interesse fornita dall'acquisto del cap. Il livello del tasso a carico dell'ente allo scattare delle soglie deve essere coerente sia con i tassi vigenti sul mercato sia con il costo della passività antecedente alla conclusione dell'operazione derivata.
Le «altre operazioni derivate» previste alle lettere e) e f) debbono in ogni caso essere riconducibili a combinazioni delle operazioni indicate alle lettere da a) a d).
Il divieto di un «profilo crescente dei valori attuali», previsto dalla lettera f), va riferito, nell'ambito dell'operazione derivata, ai flussi di pagamento da parte dell'ente. Tale prescrizione è volta ad evitare operazioni derivate i cui flussi di pagamento da parte dell'ente vengano concentrati in prossimità della scadenza. L'eccezione dell'eventuale sconto o premio, non superiore all'1% del nozionale della sottostante passività, è stata prevista per consentire la ristrutturazione della passività in presenza di condizioni di mercato diverse rispetto al momento in cui la stessa è stata contratta. Tale sconto o premio dev’essere regolato contestualmente alla data d’inizio (regolamento) dell'operazione derivata e si applica esclusivamente alle indicate operazioni di ristrutturazione. Il comma 3 circoscrive al mercato monetario, vale a dire ai tassi d’interesse a breve termine, l'ambito dei parametri cui possono essere indicizzate tutte le descritte operazioni derivate.
Non sono ammessi gli strumenti derivati che contengono leve o moltiplicatori dei parametri finanziari (ad esempio, pagare due volte il tasso Euribor), né operazioni derivate riferite ad altre operazioni derivate preesistenti, in base alla considerazione che nessun derivato è configurabile come una passività.
Nel caso in cui si verifichi una variazione della passività sottostante ad un derivato, ad esempio perché è stata rinegoziata o convertita oppure perché ha raggiunto un ammontare inferiore a quanto inizialmente previsto, la posizione nello strumento derivato può essere riadattata sulla base di condizioni che non determinino una perdita per l'ente; solo nel caso in cui l'ente ritenga di dover chiudere la posizione nello strumento derivato è ammissibile la conclusione di un derivato uguale e di segno contrario con un'altra controparte.
Per la determinazione del rischio di credito degli intermediari valgono le stesse regole indicate in relazione ai fondi e agli swap d’ammortamento.
Il limite massimo del 25 per cento ammesso per ogni singola controparte sull'importo nominale totale delle operazioni derivate in essere, ove superi i 100 milioni di euro, non impone la rimodulazione delle operazioni derivate concluse prima dell’entrata in vigore del regolamento. Di queste dovrà tuttavia tenersi conto prima della conclusione di nuove operazioni derivate. Sono escluse dal computo di tale limite le operazioni interamente assistite dalla garanzia su valori mobiliari o immobiliari (collateral).
La prima operazione può essere conclusa con una sola controparte. Con le operazioni successive l’ente procederà ad equilibrare la propria esposizione, tendendo gradualmente all'obiettivo del 25 per cento. Per controparti appartenenti ad uno stesso gruppo, il limite dev’essere riferito all'intero gruppo.
Infine, atteso il rischio inerente all'attività in derivati, la circolare raccomanda agli enti di fare altresì riferimento alle norme del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998 e successive modificazioni (in particolare articoli da 25 a 31) e al "Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari" ad esso allegato.
Per quanto concerne i criteri d’individuazione degli intermediari
per la conclusione dei contratti relativi alla
gestione del fondo o dello swap di
ammortamento, il Ministro dell’economia
e delle finanze, nel corso dell’audizione
tenuta il 21 luglio 2004 dinanzi
alla Commissione 5a (Programmazione economica e bilancio) del Senato della Repubblica, in tema di
“Effetti e tecniche di controllo dei flussi di finanza pubblica in ordine
all’andamento del debito con particolare riferimento alla componente non
statale”, aveva evidenziato, quale elemento
di criticità, che secondo l’attuale normativa che regola i rapporti fra gli
enti locali e i loro tesorieri, con particolare riferimento all’articolo 221
del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, non è possibile per gli enti stessi
costituire fondi di ammortamento presso istituti o intermediari diversi dalle
banche tesoriere.
Il richiamato articolo 221 del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, disciplina la gestione di titoli e valori. I titoli di proprietà
dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle
loro rispettive scadenze. Il tesoriere provvede anche
alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali,
d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria,
contenente tutti gli estremi identificativi dell'operazione. Il regolamento di
contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni
In
relazione a ciò, il Ministro faceva notare che tale divieto costituisce
un elemento ostativo
all’applicazione di quanto disposto dall’articolo
2 del regolamento n. 389 del 2003, “in quanto la corretta e prudenziale
gestione di tali fondi richiede un livello estremamente elevato di conoscenza
finanziaria e capacità gestionale da parte degli intermediari, requisiti che
non sempre le banche che svolgono il servizio di tesoreria soddisfano. Si
configura così un conflitto tra i princìpi che ispirano la norma sul fondo di ammortamento e gli obblighi di tesoreria degli enti che,
di fatto, impedisce la costituzione di tali fondi”. Il Ministro concludeva perciò segnalando l’opportunità di trovare una
sede legislativa adeguata per introdurre una deroga specifica alle norme sulla tesoreria, in grado di rimediare
a tale situazione conflittuale.
Al riguardo, si segnala
che l’articolo 9, comma 1, lettera d),
del disegno di legge finanziaria per il
2005 (A.C. 5310) prevede che per la gestione del fondo di ammortamento del debito di cui
all’articolo 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001 non si applica il
principio di accentramento di ogni deposito presso il tesoriere, stabilito
dagli articoli 209, comma 3, e 211, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del
2000, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali[18].
La diffusione degli strumenti finanziari derivati è fenomeno recente, che s’inquadra nell’elaborazione di strategie finanziarie volte a permettere ai soggetti operanti sul mercato di garantirsi da rischi finanziari[19] connessi alla loro attività o di realizzare una gestione attiva dell’indebitamento, adeguandolo all’evoluzione delle condizioni di mercato per fruire delle opportunità derivanti dalle oscillazioni dei tassi d’interesse.
Un accorto impiego di questi strumenti può consentire infatti di modificare le caratteristiche del debito esistente, ristrutturandolo in maniera conveniente e riducendo per conseguenza l’esposizione complessiva, senza estinguerlo anticipatamente o rinegoziarne le condizioni (operazioni che possono essere in talune circostanze onerose o impossibili).
Ad esempio, attraverso un contratto di interest rate swap è possibile ottenere su un debito a tasso d’interesse fisso effetti corrispondenti all’applicazione di un tasso variabile, o viceversa, ovvero mutare l’indice di riferimento per un debito contratto a tasso d’interesse variabile, o, ancora, modificare i tempi di pagamento degli interessi o del capitale.
L’operazione può servire per ristrutturare l’intero debito pregresso oppure quote di esso, ad esempio per diversificarne le caratteristiche in modo da ridurre il rischio complessivo. La diversificazione può riferirsi a tre elementi: tipo d’indicizzazione (tasso fisso o variabile con differenti indici); scadenza (breve, media, lunga); divisa (valuta nazionale o estera).
Le decisioni a ciò relative si fondano su una tecnica di gestione integrata dell’attivo e del passivo (cosiddetto Asset liability management) che prevede un’analisi articolata in quattro passaggi:
1) determinazione del rischio complessivo attuale, mediante raccolta dei dati sulla struttura del bilancio che individui, in un periodo pluriennale, le conseguenze derivanti dalla scadenza delle attività e delle passività in esso presenti;
2) effetto di possibili variazioni dei tassi d’interesse nel periodo considerato;
3) confronto tra il rischio effettivo risultante dalle analisi sub 1) e 2) con il rischio voluto, ossia il livello di rischio che s’intende affrontare;
4) eventuale introduzione di strumenti finanziari volti a ridurre l’esposizione al rischio, tenendo conto anche dei costi dei relativi contratti.
Le descritte operazioni finanziarie possono risultare per converso svantaggiose qualora le scelte operate si fondino su un’analisi erronea.
Può infatti verificarsi che le scelte compiute non siano corrispondenti alla struttura di attività e passività del bilancio del soggetto che le compie, sia perché invece di diversificare la struttura del debito ne accentuino gli squilibri, sia perché nel determinare le date per la regolazione periodica dei flussi di pagamento non siano stati adeguatamente considerati gli andamenti di cassa delle parti (con conseguente rischio di mancanza di liquidità).
I rischi tipici di queste operazioni sono il rischio legato alle variazioni di valore degli indici di riferimento o delle attività sottostanti, e il rischio di credito.
Il primo si concreta, per i contratti di swap, in un andamento dei tassi d’interesse diverso dalle previsioni sulla cui base è stata impostata l’operazione. Esso risulta tanto maggiore quanto più lungo è l’orizzonte temporale del rapporto, che rende difficile prevedere gli andamenti futuri dei tassi e, quindi, la convenienza delle scelte da operarsi inizialmente. Per il suo contenimento possono essere utilizzate opzioni cap e collar, che accrescono ovviamente il costo del contratto. Qualora l’andamento del mercato sia diverso da quello atteso, è inoltre possibile valutare la convenienza dell’uscita da un’operazione di swap, che può realizzarsi attraverso un’operazione di effetto contrario (reversing), ovvero con la cessione ad un terzo (assigning) o, infine, con mediante accordo con la controparte per porre termine al contratto dietro pagamento del suo valore di mercato (unwinding).
Il secondo si riferisce alla possibilità d’insolvenza della controparte con cui è stato stipulato il contratto. Esso può venire stimato sulla base del merito di credito (rating) di tale soggetto. Nell’esecuzione del contratto, è minore se i termini per la regolazione dei flussi di pagamento delle due parti coincidono (con versamento del solo differenziale). Sul complesso dei rapporti contrattuali può venire limitato attraverso un’opportuna diversificazione delle controparti.
Come si è visto dall’esposizione normativa precedente, l’applicazione di queste tecniche alla finanza degli enti territoriali è assai recente, poiché in precedenza l’indebitamento di essi consisteva in mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti (a tasso fisso) o con istituti bancari (a tassi stabiliti entro i limiti massimi fissati dall’autorità di Governo). L’esigenza di una gestione più attenta e responsabile del debito di questi enti, con la cessazione di talune forme di sostegno a carico della finanza statale, ha imposto la ricerca di finanziamenti a condizioni di mercato.
In questo contesto si è sviluppato l’impiego delle emissioni obbligazionarie, le cui condizioni dipendono dall’andamento del mercato e dal merito di credito degli enti emittenti, per il quale può rendersi necessario il rilascio di un rating da parte delle agenzie specializzate.
Nel medesimo quadro, la dottrina ha segnalato le opportunità che potevano sorgere anche in favore degli enti locali dall’impiego di strumenti innovativi di finanza derivata, in relazione alle caratteristiche della loro gestione finanziaria.
In primo luogo, si è rilevato che lo sfasamento temporale esistente tra flussi di uscita e di entrate nei loro bilanci (a data tendenzialmente fissa i primi, con periodicità spesso irregolare i secondi, nella forma sia dei trasferimenti statali sia delle entrate proprie) impone una gestione indipendente di attivo e passivo.
Inoltre si è osservato che nella gestione del passivo di tali enti può riuscire utile diversificare la struttura del debito, sovente concentrato in alcune categorie di tasso, con il principale fine di renderla più flessibile, riducendo i rischi connessi all’oscillazione, e di realizzare economie sugli interessi da pagare nel breve periodo.
Per l’impiego di swap a questo fine si è rilevata l’esigenza di considerare non singole posizioni debitorie, bensì l’esposizione complessiva dell’ente; è stata ricordata altresì la necessità di analizzare previamente le tendenze del mercato per desumerne proiezioni di medio e lungo periodo sul possibile andamento dei tassi, di adottare obiettivi di copertura caratterizzati da basso livello di rischio, di verificare i risultati dell’operazione nel corso del suo svolgimento per rimodularne le caratteristiche secondo l’evoluzione del mercato.
Inoltre, si è richiamata l’opportunità di comparare la convenienza dell’impiego degli strumenti finanziari derivati rispetto ad altre possibili forme di ristrutturazione del debito (estinzione o rinegoziazione) e, comunque, le diverse condizioni offerte dagli operatori e l’adeguatezza degli elementi dei contratti – la cui conformazione può essere modellata in aderenza alle specifiche necessità del caso – rispetto alle effettive esigenze dell’ente.
Il ricorso al mercato degli strumenti finanziari derivati può essere determinato, come si è visto dall’esame delle funzioni economiche cui assolvono tali strumenti, dall’esigenza di copertura di rischi cui sia soggetto il contraente ovvero da finalità di speculazione.
Soprattutto nelle fasi di ripresa economica, all’imprenditore può essere spesso proposta, al momento del rilascio di un affidamento bancario, anche la sottoscrizione di un prodotto di copertura sul debito appena contratto, che lo cauteli nei confronti di eventuali rialzi dei tassi.
Tuttavia può accadere, in presenza di condizioni di mercato avverse, che alla scadenza del contratto ovvero anche in costanza dello stesso, per il meccanismo della ricostituzione dei margini, l’imprenditore che abbia sottoscritto tali strumenti possa subire perdite anche rilevanti cui, solitamente, si cerca di riparare proprio acquistando un altro derivato.
Secondo quanto riportato da notizie di stampa (I. BUFACCHI, Faro Consob sui derivati alle PMI, in Il Sole-24 ore del 21 agosto 2004), la CONSOB avrebbe di recente avviato una verifica ricognitiva sul fenomeno degli strumenti finanziari derivati strutturati venduti alle imprese di dimensione piccola e media.
Ciò in conseguenza, fra l’altro, del fatto che molte fra tali imprese avrebbero subìto ingenti perdite, causate dal ribasso dei tassi intervenuto dalla fine del 2000 a oggi, per aver acquistato strumenti finanziari derivati a copertura del rischio di rialzo dei tassi d’interesse, autodichiarandosi nella contrattazione finalizzata all’acquisto di tali strumenti, “operatori qualificati” ai sensi della normativa regolamentare della CONSOB.
A tale riguardo, la CONSOB, verificata l’entità del fenomeno, starebbe considerando l’opportunità di modificare il comma 2 dell'articolo 31 del regolamento in materia di intermediari, che riguarda la definizione di “operatore qualificato”.
Con riguardo alle regole di contabilizzazione delle operazioni relative a strumenti finanziari derivati, le imprese quotate dovranno poi applicare il nuovo principio contabile internazionale “IAS 39” (International Accounting Standards), che obbliga le stesse imprese a rivedere contabilmente le posizioni aperte su tali strumenti dovendo ristrutturare swap e option ove si rivelino di natura speculativa.
Obiettivo dei nuovi IAS è quello di favorire la convergenza globale dei princìpi contabili a livello mondiale, garantendo la massima trasparenza verso gli investitori onde evitare il ripetersi di improvvise crisi d’impresa quali, ad esempio, i casi ENRON e Parmalat.
In particolare, obiettivo dello IAS 39 – secondo cui, in generale, tutte le attività finanziarie devono essere valutate al valore di mercato (fair value) – è quello di fornire una metodologia contabile standardizzata per evidenziare i prodotti derivati utilizzati, rispettivamente, a fini di speculazione e di copertura dei rischi.
Nel dettaglio, i prodotti derivati devono essere iscritti a bilancio, non potendo essere più off-balance sheet items, e viene introdotta una rigida distinzione tra derivati usati a scopo di copertura e derivati utilizzati, anche parzialmente, per fini speculativi.
Per la contabilizzazione delle coperture finanziarie, secondo l’approccio del fair value hedge il prezzo di mercato dell’oggetto coperto e quello dello strumento di copertura variano entrambi al variare dei prezzi di mercato, dovendo tali mutamenti di prezzo essere tutti riportati nel conto economico.
Si ritiene che l’applicazione dello IAS 39 comporterà per le aziende industriali, quale conseguenza principale, una modifica delle procedure riguardanti la gestione della tesoreria e i sistemi inerenti alla contabilità e al bilancio. Un aspetto positivo potrà essere rappresentato dall’incentivo per le imprese a definire politiche aziendali di gestione del rischio, mettendo a punto procedure per il controllo dei rischi finanziari.
Come già ricordato nel paragrafo relativo alle norme contenute nei regolamenti della CONSOB, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati l’articolo 31 del regolamento n. 11522 del 1998[20] stabilisce, al comma 1, che, ad eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27[21], 28[22], 29[23], 30[24], comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32[25], commi 3, 4 e 5, 37[26], fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38[27], 39[28], 40[29], 41[30], 42[31], 43[32], comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44[33], 45[34], 47[35], comma 1, 60[36], 61[37] e 62[38].
Il comma 2 dello stesso articolo 31 specifica che per operatori qualificati si debbono intendere gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie d’assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal testo unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari, espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante.
In tema di regolamentazione delle operazioni con controparti qualificate devesi ora tenere conto anche del disposto recato dall’articolo 24 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari.
Tale articolo, in particolare, stabilisce che gli Stati membri possono riconoscere come controparti qualificate le imprese di investimento, gli enti creditizi, le imprese di assicurazioni, gli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e le loro società di gestione, i fondi pensione e le loro società di gestione, altre istituzioni finanziarie autorizzate o regolamentate secondo il diritto comunitario o il diritto interno di uno Stato membro, le imprese che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva a norma dell'articolo 2, paragrafo 1, lettere k) e l), i Governi nazionali e i loro corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il debito pubblico, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali.
Gli Stati membri possono altresì riconoscere come controparti qualificate altre imprese che soddisfano requisiti adeguati determinati in precedenza, comprese soglie quantitative. Nel caso di un'operazione per la quale la potenziale controparte rientra in un'altra giurisdizione, l'impresa di investimento tiene conto dello status di tale altra impresa, come stabilito dalla legislazione o dalle misure dello Stato membro nel quale l'impresa è stabilita.
Gli Stati membri assicurano che l'impresa d’investimento che conclude operazioni con siffatte imprese ottenga dalla sua eventuale controparte la conferma esplicita che quest'ultima accetta di essere trattata come controparte qualificata. Gli Stati membri autorizzano l'impresa di investimento ad ottenere tale conferma sotto forma di accordo generale o in relazione alle singole operazioni.
Gli Stati membri possono riconoscere come controparti qualificate soggetti di paesi terzi equivalenti alle categorie di soggetti determinati con le modalità di cui sopra.
Per garantire l'applicazione uniforme della direttiva alla luce dei cambiamenti nella prassi di mercato e per facilitare il buon funzionamento del mercato unico, la Commissione può adottare misure di esecuzione che precisino, tra l’altro, i requisiti adeguati determinati in precedenza, comprese soglie quantitative, in base ai quali un'impresa può essere considerata come controparte qualificata.
[1] Il
mercato cosiddetto “over-the-counter”
è un mercato non soggetto al controllo di un’apposita autorità che lo
regolamenti.
L’espressione,
nel linguaggio finanziario, definisce le operazioni di compravendita di titoli
non quotati, oppure le contrattazioni di titoli quotati che avvengono al di fuori
della borsa. Caratteristica delle operazioni over-the-counter è la trattativa diretta fra il titolare
dell’attività finanziaria, o un
suo
rappresentante, e
l’acquirente, fatta di solito per telefono. La determinazione del prezzo
rispetta naturalmente la legge della domanda e dell’offerta, però
l’assenza di procedure standardizzate e di controlli, sia prima che dopo
l’operazione, può lasciare spazio a
manovre non ortodosse, almeno secondo i canoni dei mercati ufficiali.
La definizione di “over-the-counter”
può, nella prassi, riferirsi anche allo strumento
finanziario derivato che non è destinato alla circolazione (cosiddetto “derivato OTC”), in
quanto non standardizzato e non incorporato in un titolo.
Con
riguardo al grado di rischiosità degli
investimenti, la CONSOB, nel
documento sui rischi allegato al regolamento n. 11522/98, avverte che
gli
intermediari possono eseguire operazioni su strumenti derivati fuori da mercati
organizzati. L'intermediario a cui si rivolge l'investitore potrebbe anche
porsi direttamente in contropartita del cliente (agire, cioè, in
conto proprio). Per le operazioni effettuate fuori dai mercati organizzati può
risultare difficile o impossibile liquidare una posizione o apprezzarne il
valore effettivo e valutare l'effettiva esposizione al rischio. Per questi
motivi, tali operazioni comportano l'assunzione di rischi più elevati. Le norme
applicabili per tali tipologie di transazioni, poi, potrebbero risultare
diverse e fornire una tutela minore all'investitore. Prima di effettuare tale
tipo di operazioni l'investitore deve assumere tutte le informazioni rilevanti
sulle medesime, le norme applicabili e i rischi conseguenti.
[2] Infatti, la c.d. leva finanziaria è un indicatore di
struttura finanziaria volto a cogliere il peso relativo del capitale di rischio
e dei mezzi di terzi nel passivo delle imprese. Tale indicatore, in particolare,
risulta costituito dal rapporto tra i debiti
finanziari (a breve, a medio e a lungo termine) e il totale dei mezzi di
finanziamento.
[3] Con riguardo agli altri fattori fonte di
rischio comuni alle operazioni in futures e opzioni, la CONSOB avverte che
l'investitore deve informarsi presso il proprio intermediario circa i termini e
le condizioni dei contratti derivati su cui ha intenzione di operare. Particolare
attenzione deve essere prestata alle condizioni per le quali l'investitore può
essere obbligato a consegnare o a ricevere l'attività sottostante il contratto
futures e, con riferimento alle opzioni, alle date di scadenza e alle modalità
di esercizio. In talune particolari circostanze le condizioni contrattuali potrebbero
essere modificate con decisione dell’organo di vigilanza del mercato o della
clearing house al fine di incorporare gli effetti di cambiamenti riguardanti le
attività sottostanti.
Condizioni
particolari di illiquidità del mercato nonché l'applicazione di talune regole
vigenti su alcuni mercati (quali le sospensioni derivanti da movimenti di
prezzo anomali c.d. circuit breakers) possono poi accrescere il rischio di
perdite rendendo impossibile effettuare operazioni o liquidare o neutralizzare
le posizioni. Nel caso di posizioni derivanti dalla vendita di opzioni ciò
potrebbe incrementare il rischio di subire delle perdite.
Si
aggiunga che le relazioni normalmente esistenti tra il prezzo dell'attività
sottostante e lo strumento derivato potrebbero non tenere quando, ad esempio,
un contratto futures sottostante ad un contratto di opzione fosse soggetto a
limiti di prezzo mentre l'opzione non lo fosse. L'assenza di un prezzo del
sottostante potrebbe rendere difficile il giudizio sulla significatività della
valorizzazione del contratto derivato.
Infine,
i guadagni e le perdite relativi a contratti denominati in divise diverse da
quella di riferimento per l'investitore potrebbero essere condizionati dalle
variazioni dei tassi di cambio.
[4] Per
l’esplicitazione del contenuto delle disposizioni richiamate si veda, infra, alla parte IV, il paragrafo 2 con
le relative note.
[5] Le opzioni esotiche nascono dallo sviluppo degli
elementi caratterizzanti le opzioni call
e put, strumenti questi ultimi che danno diritto, rispettivamente
all’acquisto o alla vendita di un’attività finanziaria, a un prezzo d’esercizio
prefissato (strike price), alla data
di scadenza (european option) o per
tutta la durata dell’opzione (american
option).
Con il termine "esotiche" si definiscono le opzioni non riconducibili alle tipologie classiche delle european e delle american options, che
possono esaminarsi secondo la seguente classificazione:
a) opzioni in cui variano i termini standard delle opzioni call e put (ad esempio, le opzioni Bermudian
si caratterizzano per il fatto di essere una via di mezzo tra le opzioni
europee e quelle americane per quanto riguarda il periodo di esercizio, potendo
il diritto essere esercitato più volte a date determinate);
b) opzioni in cui gli elementi costitutivi dipendono
dall’andamento stesso dell’attività sottostante (path-dependent) (ad esempio le
opzioni Look back, per le quali il
prezzo d’esercizio di riferimento è il miglior valore, per il detentore,
registrato dall’opzione nell’arco della sua durata);
c) opzioni multifattori, cioè basate su più attività (ad esempio
le opzioni rainbow, per le quali il pay-off risulta determinato sulla base
del prezzo più elevato raggiunto da una o più attività sottostanti l’opzione).
[6] Il richiamato articolo
30, comma 2, dispone che, qualora le prestazioni previste in un contratto siano
direttamente collegate a un indice azionario o ad altro valore di riferimento
diverso da quello rappresentato dal valore delle quote di un organismo
d’investimento collettivo in valori mobiliari oppure dal valore di attivi
contenuti in un fondo interno detenuto dall'impresa di assicurazione, le
riserve tecniche relative a tali contratti debbono essere rappresentate con la
massima approssimazione possibile dalle quote rappresentanti il valore di
riferimento oppure, qualora le quote non siano definite, da attivi di adeguata
sicurezza e negoziabilità che corrispondano il più possibile a quelli su cui si
basa il valore di riferimento particolare.
[7] Oltre
le regioni, si tratta dei soggetti che sono compresi nella
definizioni di enti locali contenuta nel testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali (articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 267 del 2000). Per le comunità isolane o di arcipelago, alle quali si applica la disciplina relativa
alle comunità montane, si veda l’articolo 29 del medesimo D.Lgs. n. 267 del 2000.
[8] Ai
sensi dell’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 267 del
2000, la disciplina del testo unico, salvo disposizioni contrarie, si applica
ai consorzi ai quali partecipano enti locali, con esclusione di quelli che
gestiscono attività di rilevanza economica e imprenditoriale e ai consorzi per
la gestione dei servizi sociali, pur non essendo compresi nella definizione di
enti locali, si applica la disciplina del testo unico, salvo disposizioni
contrarie.
[9] Ai
sensi dell’articolo 172, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n.
267 del 2000, al bilancio di previsione dell’ente locale sono allegate le
risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende
speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l'esercizio
di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il
bilancio si riferisce. Per la disciplina delle unioni di comuni si veda
l’articolo 32 del medesimo D.Lgs. n. 267 del 2000. La
natura giuridica, l’organizzazione e il funzionamento delle aziende speciali e
delle istituzioni sono disciplinati dall’articolo 114.
[10] L’articolo
12 del D.Lgs. 28 marzo 2000, n. 76 (Princìpi fondamentali e norme di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in
attuazione dell'articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208),
disciplina i bilanci degli enti dipendenti dalla regione, prevedendo che essi sono
approvati nei termini e nelle forme stabiliti dalla
disciplina regionale e pubblicati nel Bollettino ufficiale della
regione. La struttura dei bilanci in questione corrisponde a quella del
bilancio regionale.
[11] Ai
sensi dell’articolo 19, comma 2, della legge n. 109 del 1994, le concessioni di
lavori pubblici sono contratti conclusi in forma scritta fra un imprenditore e
un’amministrazione aggiudicatrice, aventi ad oggetto la progettazione
definitiva, la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori pubblici, o di
pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente
e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica. La controprestazione a favore del concessionario consiste
unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente
tutti i lavori realizzati. Ove necessario, il soggetto concedente
assicura al concessionario il perseguimento dell'equilibrio
economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare, anche
mediante un prezzo, stabilito in sede di gara.
[12] Le
obbligazioni possono essere emesse esclusivamente a fronte di un preciso
investimento chiaramente individuato, e il ricavo netto dell’emissione
dev’essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle
acquisizioni che si intendono effettuare. L’emissione
di titoli non può dunque essere in alcun caso operazione di acquisizione
di mezzi finanziari non finalizzati.
[13] In
base al disposto dell'articolo 10 della legge n. 281 del 1970, l'importo
complessivo delle annualità di ammortamento per
capitale e interessi dei prestiti contratti in estinzione, sommato a quello dei
mutui, non può superare il 25% dell'ammontare complessivo delle entrate
tributarie della regione (art. 9 della legge n. 181 del 1982); inoltre, la
legge regionale deve specificare l'incidenza dell'operazione sui singoli
esercizi finanziari futuri, nonché i mezzi finanziari per la copertura dei relativi
oneri. La legge regionale di autorizzazione deve altresì
disporre che l'emissione dei prestiti obbligazionari sia deliberata dalla
giunta regionale, cui spetta determinarne le condizioni e le modalità, su
parere conforme del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio,
ai sensi delle disposizioni vigenti.
[14] È
opportuno sottolineare che l'indebitamento mediante
titoli degli enti territoriali si configura come raccolta di risparmio, definita dall'articolo 11, comma 1, del
testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) come
l'attività che si esercita attraverso l'acquisizione di fondi con obbligo di
restituzione sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma. L'elemento
qualificante della fattispecie è pertanto costituito dall'obbligo della
restituzione, che vale a distinguere la raccolta di risparmio in oggetto dalla
raccolta di risparmio cosiddetto "di rischio". Più specifico è invece
il criterio che individua la nozione di "sollecitazione del pubblico
risparmio", che presuppone un'operatività limitata ai mercati
regolamentati.
[15] Deve
osservarsi che la disposizione ha carattere speciale rispetto al disposto dell’articolo 129 del D. Lgs. n.
385 del 1993, il quale, in via generale, prescrive soltanto la comunicazione
delle emissioni eccedenti l’importo di 100 miliardi di lire alla Banca
d’Italia, che, entro il termine di venti giorni, può, in conformità delle
deliberazioni del CICR, vietarle ovvero differirne l'esecuzione.
[16] Secondo
la circolare, «per società a
partecipazione pubblica si intendono società con
una quota di partecipazione diretta rilevante/di controllo detenuta da Stati
appartenenti all'Unione europea, facendo riferimento ai principi previsti
nell'art. 2359 nel codice civile italiano. Nel caso in cui una società pubblica
venga privatizzata,
si raccomanda che i titoli da questa emessi eventualmente presenti nel fondo di
ammortamento vengano sostituiti dal momento in cui detta sostituzione non
comporti una perdita per il fondo. Qualora emergano forti segnali di rischio derivanti
dalla privatizzazione, la sostituzione andrebbe comunque
valutata anche nel caso in cui comporti una perdita».
[17] Nello
swap plain vanilla una delle controparti riceve periodicamente (di
solito ogni semestre) un pagamento variabile legato ad un indice (ad es.
Libor), e paga un tasso d’interesse fisso (ad es. il rendimento di una
particolare categoria di titoli di Stato aumentato di
un differenziale).
[18] Ai
sensi dell’articolo 209, comma 3,
del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali, ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale
e viene gestito dal tesoriere. Secondo l’articolo
211, comma 2, il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente.
[19] Diversamente
dai rischi puri, in cui il
verificarsi dell’evento determina una perdita certa e che possono pertanto
essere coperti soltanto mediante lo strumento assicurativo, i rischi finanziari comportano, a seconda dell’andamento del parametro di riferimento, la
possibilità di un guadagno o di una perdita: per la loro copertura può essere
quindi utilizzato uno strumento finanziario.
[20] Attuazione, per quanto concerne la disciplina degli intermediari,
del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico della finanza.
[21] Secondo
l’articolo 27, in tema di conflitti d’interessi degli intermediari,
gli intermediari autorizzati vigilano per l'individuazione dei conflitti
d’interessi. Non possono effettuare operazioni con o
per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un
interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla
prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di
società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per
iscritto l'investitore sulla natura e sull'estensione del loro interesse
nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per
iscritto all'effettuazione dell'operazione. Ove l'operazione sia conclusa
telefonicamente, l'assolvimento dei citati obblighi informativi e il rilascio
della relativa autorizzazione da parte dell'investitore devono
risultare da registrazione su nastro magnetico o su altro supporto equivalente.
Ove gli intermediari autorizzati, al fine dell'assolvimento degli obblighi di
cui sopra, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l'indicazione,
graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi.
[22] Ai
sensi dell’articolo 28, in tema di informazioni
tra gli intermediari e gli investitori, prima della stipulazione del contratto
di gestione e di consulenza in materia d’investimenti e dell'inizio della prestazione
dei servizi d’investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli
intermediari autorizzati devono: a)
chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti
in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi
d’investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto
di fornire le notizie richieste deve risultare dal
contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione
sottoscritta dall'investitore; b)
consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti
in strumenti finanziari. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio
di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate
sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del
servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte
d’investimento o disinvestimento. Gli intermediari autorizzati informano
prontamente e per iscritto l'investitore appena le operazioni in strumenti
derivati e in warrant da lui disposte
per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato
una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei
mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l'esecuzione delle
operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si
ridetermina in occasione della comunicazione della perdita all'investitore,
nonché in caso di versamenti o prelievi. Il nuovo valore di riferimento è
prontamente comunicato all'investitore. In caso di versamenti o prelievi è comunque comunicato all'investitore il risultato fino ad allora
conseguito. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto
l'investitore ove il patrimonio affidato nell'ambito di una gestione si sia
ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o
superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla
data di inizio di ciascun anno, ovvero, se successiva,
a quella di inizio del rapporto, tenuto conto di eventuali conferimenti o
prelievi. Analoga informativa dovrà essere effettuata
in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale
controvalore. Gli intermediari autorizzati mettono sollecitamente a
disposizione dell'investitore che ne faccia richiesta
i documenti e le registrazioni in loro possesso che lo riguardano, contro
rimborso delle spese effettivamente sostenute.
[23] Secondo
l’articolo 29, in tema di operazioni non
adeguate, gli intermediari autorizzati si astengono dall'effettuare con o
per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto,
frequenza o dimensione. A tali fini, gli intermediari autorizzati tengono conto
delle informazioni di cui all'articolo 28 e di ogni
altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. Essi, quando
ricevono da un investitore disposizioni relative ad
un’operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni
per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l'investitore
intenda comunque dare corso all'operazione, gli
intermediari autorizzati possono eseguire l'operazione stessa solo sulla base
di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici,
registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia
fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
[24] Secondo
l’articolo 30, in tema di contratti con gli investitori, gli
intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di
tale contratto è consegnata all'investitore. Il contratto con l'investitore
deve: a) specificare i servizi
forniti e le loro caratteristiche; b)
stabilire il periodo di validità e le modalità di
rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del
contratto stesso; c) indicare le
modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni; d) prevedere la frequenza, il tipo e i
contenuti della documentazione da fornire all'investitore a rendiconto
dell'attività svolta; e) indicare e
disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di
ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia
delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per
l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e
warrant; f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente
convenute con l'investitore per la prestazione del servizio. Tali disposizioni
non si applicano alla prestazione dei servizi: a) di collocamento, ivi compresi quelli di offerta
fuori sede e di promozione e collocamento a distanza; b) accessori, fatta eccezione per quelli di concessione di
finanziamenti agli investitori e di consulenza in materia di investimenti in
strumenti finanziari.
[25] Secondo
l’articolo 32, in tema di negoziazione, nella prestazione dei
servizi di negoziazione, gli intermediari autorizzati eseguono gli ordini rispettando
la priorità di tempo nella loro ricezione. Il rifiuto di
eseguire un ordine dev’essere prontamente comunicato all'investitore.
Ferma restando la disciplina di cui al regolamento previsto dall'articolo 25,
comma 2, del testo unico della finanza, gli intermediari autorizzati eseguono
in conto proprio o in conto terzi le negoziazioni alle migliori condizioni
possibili con riferimento al momento, alle dimensioni e alla natura delle operazioni
stesse. Nell'individuare le migliori condizioni possibili si ha riguardo ai
prezzi pagati o ricevuti e agli altri oneri sostenuti direttamente o
indirettamente dall'investitore. Tali condizioni si considerano soddisfatte nel
caso in cui la negoziazione sia eseguita: durante
l'orario ufficiale di negoziazione, come definito dal regolamento previsto
dall'articolo 25, comma 2, del testo unico, in un mercato regolamentato; al di
fuori dell'orario ufficiale di negoziazione, come definito dal regolamento
previsto dall'articolo 25, comma 2, del testo unico, in un mercato
regolamentato o in un sistema di scambi organizzati. Nella prestazione del
servizio di negoziazione per conto proprio gli intermediari autorizzati
comunicano all'investitore, all'atto della ricezione dell'ordine, il prezzo al
quale sono disposti a comprare o a vendere gli strumenti finanziari ed eseguono
la negoziazione contestualmente all'assenso dell'investitore; sul prezzo
pattuito non possono applicare alcuna commissione. Nella prestazione del
servizio di negoziazione per conto terzi, ferma
restando l'applicazione delle commissioni e delle spese, il prezzo praticato
all'investitore è esclusivamente quello ricevuto o pagato dall'intermediario.
[26] Secondo
l’articolo 37, in tema di contratti con gli investitori, in
aggiunta a quanto stabilito dall'articolo 30, il contratto con gli investitori
deve: a) indicare le caratteristiche
della gestione; b) individuare
espressamente le operazioni che l'intermediario non può compiere senza la
preventiva autorizzazione dell'investitore; ove non siano previste restrizioni
indicare espressamente tale circostanza; c)
con riguardo agli strumenti finanziari derivati, indicare se detti strumenti
possono essere utilizzati per finalità diverse da quella di copertura dei
rischi connessi alle posizioni detenute in gestione; d) indicare se l'intermediario è autorizzato a delegare a terzi
l'esecuzione dell'incarico ricevuto, specificando, nel caso in cui la delega
non riguardi l'intero portafoglio, gli strumenti finanziari, i settori o i
mercati di investimento con riferimento ai quali
l'autorizzazione viene rilasciata e, in ogni caso, gli eventuali limiti e
condizioni dell'autorizzazione; e)
specificare che l'investitore può recedere in qualsiasi momento dal contratto
ovvero disporre, in tutto o in parte, il trasferimento o il ritiro dei propri
valori, senza che a esso sia addebitata alcuna penalità. Il contratto con
l'investitore deve altresì indicare se l'intermediario è autorizzato a fare
uso, in relazione alle caratteristiche della gestione
prescelta, della leva finanziaria e in che misura. In tale caso, il contratto
deve indicare il limite massimo di perdite al raggiungimento delle quali l'intermediario
è tenuto a riportare la leva finanziaria a un valore
pari a uno, nonché l'avvertenza che l'uso di una misura della leva finanziaria
superiore all'unità può provocare, in caso di risultati negativi della
gestione, perdite anche eccedenti il patrimonio conferito in gestione e che,
pertanto, l'investitore può trovarsi in una situazione di debito nei confronti
dell'intermediario. Dal momento del recesso, gli intermediari autorizzati non
possono compiere atti di gestione sul patrimonio gestito salvo che detti atti
si rendano necessari al fine di assicurare la
conservazione del patrimonio stesso. Essi possono altresì eseguire le
operazioni già disposte dall'investitore e non ancora eseguite salvo che le
stesse non siano già state revocate.
[27] Secondo
l’articolo 38, in tema di caratteristiche della gestione, per
caratteristiche della gestione si intendono: a) le categorie di strumenti finanziari
nelle quali può essere investito il patrimonio gestito e gli eventuali limiti; b) la tipologia delle operazioni che
l'intermediario può effettuare sui suddetti strumenti finanziari; c) la misura massima della leva
finanziaria che l'intermediario può utilizzare; d) il parametro oggettivo di riferimento al quale confrontare il
rendimento della gestione.
[28] Secondo
l’articolo 39, in tema di categorie
di strumenti finanziari, ai fini
della definizione delle caratteristiche della gestione, formano categorie distinte
di strumenti finanziari: a) titoli di
debito; b) titoli rappresentativi del
capitale di rischio, o comunque convertibili in
capitale di rischio; c) quote o
azioni di organismi di investimento collettivo; d) strumenti finanziari derivati; e) titoli di debito con una componente derivativa (c.d. titoli
strutturati). Nell'ambito delle suddette categorie, costituiscono parametri
generali di differenziazione degli strumenti finanziari: a) la valuta di denominazione; b)
la negoziazione in mercati regolamentati; c)
le aree geografiche di riferimento; d)
le categorie di emittenti (emittenti sovrani, Enti
soprannazionali, emittenti societari); e)
i settori industriali. Costituiscono parametri specifici di
differenziazione degli strumenti finanziari: a) con riferimento ai titoli di debito: 1. la durata media finanziaria (duration); 2. il merito creditizio dell'emittente
(rating) ottenuto da agenzie di
valutazione indipendenti; b) con
riferimento ai titoli rappresentativi del capitale di rischio: il grado di capitalizzazione
dell'emittente; c) con riferimento
alle quote o azioni emesse da organismi di investimento collettivo: 1. la conformità degli organismi stessi alle disposizioni
dettate dalla normativa comunitaria; 2. la volatilità;
d) con riferimento agli strumenti
finanziari derivati non utilizzati per finalità di copertura e ai titoli
strutturati: il risultato finanziario a scadenza (c.d. pay-off).
[29] Secondo
l’articolo 40, in tema di tipologia
delle operazioni, ai fini della
definizione delle caratteristiche della gestione, formano tipologie distinte di operazioni: a)
le compravendite a pronti; b) le
compravendite a termine; c) le
vendite allo scoperto; d) le
compravendite a premio; e) le operazioni
di prestito titoli e di riporto; f) i
pronti contro termine.
[30] Secondo
l’articolo 41, in tema di leva finanziaria, l'intermediario
contrae obbligazioni per conto dell'investitore che lo impegnano oltre il
patrimonio gestito qualora la leva finanziaria utilizzata superi
l'unità. Ai fini della definizione delle caratteristiche della gestione, per leva finanziaria s’intende il rapporto
fra il controvalore di mercato delle posizioni nette in strumenti finanziari e
il controvalore del patrimonio affidato in gestione calcolato secondo
determinati criteri.
[31] Secondo
l’articolo 42, in tema di parametri oggettivi di riferimento, ai
fini della definizione delle caratteristiche della gestione, l'intermediario
deve indicare all'investitore un parametro oggettivo di riferimento coerente
con i rischi a essa connessi al quale commisurare i
risultati della gestione. Tale parametro deve essere costruito facendo
riferimento a indicatori finanziari elaborati da
soggetti terzi e di comune utilizzo.
[32] Secondo
l’articolo 43, in tema di
prestazione del servizio, gli
intermediari autorizzati provvedono a formalizzare e
conservare apposita documentazione da cui risultino: a) le analisi e le previsioni sulla base delle quali vengono
assunte le strategie generali d’investimento; b) la descrizione delle strategie deliberate. Gli intermediari autorizzati
dispongono l'esecuzione delle operazioni sulla base delle strategie generali
d’investimento preventivamente definite tenendo conto delle informazioni
concernenti gli investitori di cui dispongono nonché
delle disposizioni particolari impartite dai medesimi. Gli intermediari
autorizzati imputano gli ordini separatamente a ciascun investitore prima della
loro trasmissione all'incaricato dell'esecuzione, ed esigono che le operazioni
da essi disposte per conto degli investitori siano
eseguite alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alla
dimensione e alla natura delle operazioni stesse e vigilano affinché tali
condizioni siano effettivamente conseguite. Nell'individuare le migliori
condizioni possibili si ha riguardo ai prezzi pagati o ricevuti e agli altri
oneri sostenuti direttamente o indirettamente dagli investitori. Le suddette
condizioni si considerano soddisfatte nel caso in cui le operazioni siano eseguite in un mercato: durante l'orario ufficiale di
negoziazione, come definito dal regolamento previsto dall'articolo 25, comma 2,
del testo unico della finanza, in un mercato regolamentato; al di fuori
dell'orario ufficiale di negoziazione, come definito dal regolamento previsto
dall'articolo 25, comma 2, del testo unico, in un mercato regolamentato o in un
sistema di scambi organizzati. Gli intermediari autorizzati possono effettuare operazioni aventi a oggetto vendite allo
scoperto, contratti a premio e strumenti finanziari derivati esclusivamente a
condizione che: a) le operazioni
suddette siano concluse con intermediari mobiliari autorizzati e soggetti a
vigilanza di stabilità; b) i
contratti a premio, gli strumenti finanziari derivati e quelli oggetto delle
vendite allo scoperto siano negoziati in mercati regolamentati, salvo che i
medesimi contratti non siano stipulati con finalità di copertura dei rischi
connessi alle posizioni detenute in gestione. Gli intermediari autorizzati
possono concludere per finalità di impiego del
patrimonio gestito operazioni di riporto e di prestito titoli aventi a oggetto
esclusivamente strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati; dette
operazioni sono concluse con intermediari mobiliari autorizzati, soggetti a
vigilanza di stabilità. Gli intermediari autorizzati possono effettuare
operazioni di pronti contro termine per finalità di impiego del patrimonio
gestito esclusivamente a condizione che: a)
dette operazioni siano concluse con intermediari mobiliari a ciò autorizzati e
soggetti a vigilanza di stabilità; b)
dette operazioni abbiano a oggetto titoli emessi o garantiti da Stati
appartenenti all'OCSE o da enti internazionali di carattere pubblico, ovvero
titoli emessi nell'attività di raccolta del risparmio per l'esercizio del
credito da banche di Stati appartenenti all'OCSE; c) l'operazione a pronti sia effettuata al prezzo di mercato
ovvero, ove trattasi di titoli non ammessi alle negoziazioni in mercati
regolamentati, a un prezzo pari a quello risultante dal prudente apprezzamento
dell'intermediario.
[33] Secondo
l’articolo 44, in tema di strumenti finanziari non negoziati in
mercati regolamentati, gli intermediari autorizzati possono inserire nei
portafogli dei singoli investitori strumenti finanziari non negoziati in
mercati regolamentati in misura non superiore al 25% del controvalore dei patrimoni
stessi; le relative operazioni devono essere concluse
con intermediari mobiliari a ciò autorizzati e soggetti a vigilanza di
stabilità. La percentuale può essere superata a condizione che l'investitore abbia rilasciato a seguito della proposta dell'intermediario
la propria preventiva e specifica autorizzazione scritta all'esecuzione di ogni
singola operazione. Nel richiedere l'autorizzazione, gli intermediari
autorizzati comunicano all'investitore almeno i seguenti elementi che devono
essere riportati in premessa all'autorizzazione: a) lo strumento finanziario oggetto dell'operazione, evidenziando
che lo stesso non è negoziato in alcun mercato regolamentato; b) la quantità e il prezzo
prevedibilmente applicato all'operazione, nonché il
suo prevedibile controvalore complessivo; c)
le ragioni per le quali ritengono opportuna o comunque utile per l'investitore
l'operazione. I singoli strumenti finanziari di cui al comma
1 non possono superare il limite del 10% del controvalore del patrimonio gestito
per conto dell'investitore. Nel caso di superamento dei previsti limiti,
per cause diverse dagli acquisti effettuati sulla base delle citate
autorizzazioni, la posizione deve essere riportata entro i limiti nel più breve
tempo possibile tenendo conto dell'interesse dell'investitore. Tali
disposizioni non si applicano agli strumenti finanziari di cui all'articolo 45,
comma 1. Gli strumenti finanziari oggetto di
collocamento finalizzato all'ammissione alle negoziazioni in mercati
regolamentati sono trattati alla stessa stregua degli strumenti finanziari
ammessi alle negoziazioni in detti mercati.
[34] L’articolo 45, in tema di conflitti d’interessi nel servizio di
gestione, stabilisce fra l’altro che le disposizioni
di cui all'articolo 27 non si applicano alle operazioni in conflitto
d’interessi derivante da rapporti di gruppo o dalla prestazione congiunta di
più servizi quando tali operazioni hanno ad oggetto i seguenti strumenti
finanziari, a condizione che la natura dei singoli conflitti sia descritta nel
contratto e che l'investitore le abbia espressamente autorizzate nel contratto
medesimo: a) titoli di debito emessi
o garantiti da Stati appartenenti all'OCSE; b)
titoli di debito emessi da enti internazionali di carattere pubblico; c) titoli di debito emessi da banche o
altri emittenti con sede in uno Stato appartenente all'OCSE e negoziati in un
mercato di uno Stato appartenente all'OCSE o aventi un rating massimo ottenuto da agenzie di valutazione indipendenti; d) titoli di debito emessi o garantiti
da Stati non appartenenti all'OCSE, da banche o da altri emittenti aventi sede
in uno Stato non appartenente all'OCSE, ma negoziati in un mercato di uno Stato
appartenente all'OCSE e aventi un rating
massimo ottenuto da agenzie di valutazione indipendenti; e) quote o azioni di organismi di investimento collettivo aventi
sede in Stati appartenenti all'OCSE; f) titoli
di debito emessi o garantiti da Stati non appartenenti all'OCSE e negoziati in
un mercato di uno Stato non appartenente all'OCSE; g) titoli di debito emessi da banche o da altri emittenti con sede
in Stati non appartenenti all'OCSE, negoziati in un mercato di uno Stato non
appartenente all'OCSE e aventi un rating
massimo ottenuto da agenzie di valutazione indipendenti; h) azioni e altri titoli di capitale di emittenti aventi sede in
uno Stato appartenente all'OCSE negoziati in un mercato di uno Stato
appartenente all'OCSE; i) quote o
azioni di organismi di investimento collettivo con sede in Stati non
appartenenti all'OCSE negoziate in un mercato di uno Stato appartenente
all'OCSE. Le disposizioni di cui all'articolo 27 non si applicano alle
operazioni in conflitto d’interessi derivante da rapporti di gruppo o dalla
prestazione congiunta di più servizi quando tali operazioni hanno ad oggetto strumenti finanziari diversi da quelli sopra
richiamati, a condizione che la natura dei singoli conflitti sia descritta nel
contratto e che l'investitore le abbia espressamente autorizzate nel contratto
medesimo. Gli strumenti finanziari inseriti nel portafoglio di
ogni singolo investitore, per effetto di tali operazioni, non possono superare
il 25% del suo controvalore. Le operazioni comportanti il superamento del
predetto limite sono consentite nel rispetto, per ogni
singola operazione, delle disposizioni di cui all'articolo 27. Ogni singolo
strumento finanziario inserito nel portafoglio di ogni
singolo investitore in base alle disposizioni del presente comma non può
comunque superare il 5% del suo controvalore. Le disposizioni di cui
all'articolo 27 non si applicano alle operazioni in conflitto d’interessi
derivante da rapporti di affari propri o di società
del gruppo, a condizione che la natura dei singoli conflitti sia descritta nel
contratto e che l'investitore le abbia espressamente autorizzate nel contratto
medesimo.
[35] Secondo
l’articolo 47, in tema di
concessione di finanziamenti agli
investitori, in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 30, il contratto con
gli investitori deve indicare i tipi di finanziamento previsti, il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati o i
criteri oggettivi per la loro determinazione, nonché gli eventuali maggiori
oneri applicabili in caso di mora; la possibilità di variare in senso
sfavorevole all'investitore il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione
deve essere espressamente indicata nel contratto con clausola specificamente
approvata dall'investitore. Configura concessione di finanziamenti
l'effettuazione di operazioni di pronti contro
termine, di riporto, di prestito titoli e di ogni altra analoga operazione
finalizzata all'acquisizione da parte dell'investitore a titolo di provvista di
somme di denaro o strumenti finanziari contro pagamento di un interesse: a) il cui ricavato sia destinato
all'esecuzione di operazioni relative a strumenti finanziari nelle quali
interviene l'intermediario; b) in cui
l'intermediario acquisisca dall'investitore, a fronte del finanziamento
concesso, adeguate garanzie; di regola, gli strumenti finanziari costituiti in
garanzia sono gli stessi oggetto delle operazioni di cui alla lettera a). Il valore degli strumenti
finanziari acquisiti in garanzia deve risultare
congruo rispetto all'importo del finanziamento concesso.
[36] Secondo
l’articolo 60, in tema di attestazione degli
ordini, nella prestazione dei propri servizi, gli intermediari autorizzati
rilasciano agli investitori, all'atto del ricevimento degli ordini presso la propria
sede legale o le proprie dipendenze, una attestazione cartacea contenente: a) il nome dell'investitore; b) l'orario, qualora rilevante con riferimento
alle modalità di esecuzione, e la data di ricevimento dell'ordine; c) gli elementi essenziali dell'ordine e
le eventuali istruzioni accessorie. Gli intermediari autorizzati registrano su
nastro magnetico o su altro supporto equivalente gli ordini impartiti
telefonicamente dagli investitori. I promotori finanziari incaricati dagli
intermediari autorizzati di ricevere ordini fuori dalla
sede legale o dalle dipendenze rilasciano agli investitori, all'atto del
ricevimento degli ordini, una attestazione cartacea contenente gli elementi
sopra citati. Qualora gli ordini siano ricevuti per
via telefonica, i promotori finanziari sono tenuti alla registrazione. Tali
obblighi si applicano anche alle revoche degli ordini disposte dagli
investitori. Le disposizioni in esame si applicano anche agli ordini ricevuti
da società di gestione del risparmio nell'ambito del collocamento diretto,
anche fuori sede, di quote di fondi comuni di investimento
di propria istituzione o per i quali svolgono la gestione. Le medesime
disposizioni si applicano agli ordini ricevuti da SICAV nell'ambito del
collocamento diretto, anche fuori sede, di ordini di
propria emissione.
[37] L’articolo 61, in tema di
informazioni sulle operazioni
eseguite, stabilisce fra l’altro che nella prestazione dei servizi di
negoziazione, gli intermediari autorizzati inviano al domicilio
dell'investitore per ogni operazione eseguita, entro il settimo giorno
lavorativo successivo a quello di esecuzione, una nota relativa all'operazione
stessa in cui sono distintamente riportate le seguenti informazioni: a) l'orario, qualora rilevante con
riferimento alle modalità di esecuzione, e la data di esecuzione
dell'operazione; b) il tipo di
operazione; c) il mercato
regolamentato in cui l'operazione è stata eseguita ovvero se la stessa è stata
eseguita fuori mercato; d) lo
strumento finanziario e le quantità oggetto dell'operazione; e) il prezzo praticato, unitario e
totale; f) se la controparte
dell'investitore è costituita dall'intermediario; g) le commissioni e le spese addebitate; h) gli eventuali effetti fiscali; i) il termine e le modalità di liquidazione dell'operazione. Nella
prestazione del servizio di ricezione e trasmissione di ordini,
gli intermediari autorizzati provvedono all'invio della nota entro il settimo
giorno lavorativo successivo a quello in cui si è avuta conferma
dell'esecuzione dell'ordine trasmesso. La presente disposizione non si applica
nel caso di ordini relativi a operazioni di
collocamento. Nella prestazione del servizio di collocamento, ivi inclusa
l'attività di offerta di strumenti finanziari fuori
sede, gli intermediari autorizzati provvedono all'invio della nota di cui al
comma 1 entro il settimo giorno lavorativo successivo a quello di conclusione
dell'operazione di collocamento. Qualora si verifichino
le condizioni per un riparto degli strumenti finanziari, da cui consegua
l’esecuzione parziale dell'ordine ricevuto, la nota deve indicare
esplicitamente tali condizioni.
[38] L’articolo 62, in tema di rendicontazioni periodiche, stabilisce fra l’altro che il contratto relativo alla prestazione dei servizi di negoziazione e di ricezione e trasmissione di ordini può prevedere l'invio agli investitori, in alternativa a quanto previsto dall'articolo 61, di un rendiconto mensile. Il rendiconto è inviato entro quindici giorni lavorativi dalla data di chiusura del periodo di riferimento. Nella prestazione del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento, gli intermediari autorizzati inviano al domicilio dell'investitore almeno con cadenza trimestrale il rendiconto relativo al periodo di riferimento. Il rendiconto è inviato entro quindici giorni lavorativi dalla data di chiusura del periodo di riferimento. Nella prestazione del servizio accessorio di finanziamento di cui all'articolo 1, comma 6, lettera c), del testo unico, gli intermediari autorizzati inviano al domicilio dell'investitore il rendiconto relativo ai finanziamenti concessi.